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6 - GLI ALBORI DEL MELODRAMMA

la storia dell’Opera si apre nel 1600 per dare al messaggio musicale una più accentuata
espressività, principio alla base della chiamata la nuova musica dello stile monodico.
Fino al 1637, anno di apertura del 1° teatro d’opera destinato a un pubblico pagante a Venezia.
Fino a questo momento, l’opera si svolge nella cornice di una festa di corte, all’interno di un
palazzo nobile ed ha quindi un carattere di eccezionalità e di irripetibilità perché di fatto viene
realizzata un opera per un occasione particolare ma non c’è l’idea di ripeterla, c’è una prima e li
finisce.
A partire dalla metà del ‘600 si istituzionalizza un nuovo genere di produzione operistica che si
consolida prima nei teatri di Venezia, dopo di che in tutta l’Italia ed in fine in tutta Europa.
Da quel momento la produzione dei musicisti e compositori viene influenzata da questo nuovo
genere.
Abbiamo molte fonti musicali e documentarie riguardo la produzione operistica del ‘700 e del ’800,
sono poche le fonti delle partiture teatrali pervenute e sono molto scarsi i resoconti critici sugli
spettacoli dell’epoca.
Per molti lavori operistici del periodo ci sono rimasti solo i testi, libretti in sostanza.
Nelle poche partiture pervenuteci, ci sono indicazioni sommarie, si trovano le parti vocali, la parte
del basso continuo e sono considerate delle semplici tracce delle esecuzioni dell’epoca che
comportavano una certa libertà ed elasticità per gli interpreti, non abbiamo molti particolari
inerenti all’armonizzazione dei bassi o specifiche indicazioni riguardo gli strumenti da utilizzare e
nemmeno le fioriture e le ornamentazioni vocali.
Questo perché non esisteva il diritto di autore e la partitura non era protetta nella sua integrità,
c’era una sola singola copia che era di proprietà del teatro che se le teneva e andava quasi sempre
persa.
Le prime testimonianze scritte di un’attività teatrale con musica le abbiamo nel repertorio sacro del
dramma liturgico, perché nei monasteri e nelle chiese la liturgia spesso era vissuta con gesti e azioni
in cui la componente musicale aveva un ruolo molto importante e sopratutto con le feste solenni il
palcoscenico era la chiesa stessa e gli attori erano i chierici che interpretavano un testo interamente
cantato con un abbigliamento appropriato, nel XI° Sec. era molto diffuso un Tropo Pasquale
chiamato “Quen queritis”- Chi cercate-, con un dialogo tra l’angelo del sepolcro che chiede alle
donne che vanno a cercare il corpo di Gesù- Chi cercate, cantata a Pasqua.
Da qui abbiamo l’impulso per una serie di drammatizzazioni durante il giorno di Pasqua che
vengono un po alla volta sempre più ampliate con dialoghi più complessi fino ad arrivare ad un
dramma che veniva chiamato “Visitatio sepulcri” diffuso in varie parti d’Europa, abbiamo
numerosi fonti contenenti questo testo.
Questi brani liturgici utilizzavano in prevalenza il latino ma ne esistevano anche alcuni con il testo
in volgare come i “Planctus” , o vi erano dei canti tratti dalla sfera popolare come i “Conductus
monodici” chiamati così perché accompagnavano le processioni d’entrata ed uscita dei personaggi.
Nei Planctus i più famosi abbiamo nel ‘300 il Planctus Marie di Cividale del Friuli, con delle
precise indicazioni registiche per ciascuno dei personaggi.
Abbiamo delle prime forme di drammi in musica nel contesto liturgico già nel medioevo; un ruolo
fondamentale è quello delle corti del rinascimento italiano dove il canto solistico o corale veniva
utilizzato molto frequentemente sulla scena all’interno di varie tipologie di spettacoli allestiti per
avvenimenti di vario tipo eccezionali e solenni come matrimoni, visite di personaggi illustri, ecc.
Per esempio nel 1480 fu data a Mantova la rappresentazione della favola di Orfeo di Angelo
Poliziano interpretata dal poeta cantore Baccio Ugolini, si tratta di un brano pastorale e Baccio
Ugolini interpretava il testo cantando e accompagnandosi sulla lira da braccio.
Dopo di che verso la fine del ‘500 fra un atto e l’altro di una commedia recitata si inserivano come
diversivi i cosi detti Intermedi, questi Intermedi utilizzavano scene spettacolari ingegnose
macchine teatrali e musiche vocali e strumentali, purtroppo però della maggior parte di questi
intermedi la musica è andata perduta e non abbiamo nessun tipo di testimonianza.
Questi Intermedi utilizzati a Firenze diventarono così vasti nelle dimensioni da superare
l’importanza delle commedie e il pubblico era più interessato ad assistere agli intermedi che ai vari
atti della commedia parlata.
Ebbero un grande successo 6 Intermedi basati sui testi di OTTAVIO RINUCCINI rappresentati a
Firenze nel 1589, per le nozze di Ferdinando I° de Medici e di Cristina Di Lorena; venivano
eseguiti tra gli atti della commedia “LA PELLEGRINA” di Girolamo Bargagli, le musiche
erano di diversi compositori come Luca MARENZIO, Giulio CACCINI, Jacopo PERI e Emilio
De’ CAVALIERI, in questo caso le musiche vennero stampate a Venezia nel 1591 per Il successo
che questi intermedi.
Diverse città italiane cercano di seguire l’esempio di Firenze ma bisognerà attendere la comparsa
dell’opera vera e propria affinché la musica diventi l’elemento essenziale dello spettacolo.
Un altro contesto che spinge verso l’avvento della comparsa dell’opera e quello del repertorio
popolare della commedia dell’arte, un tipo di repertorio che era lasciato in genere
all’improvvisazione degli attori e che inizia ad essere fissato in particolare dal ‘500 in poi.
Sappiamo però che, in questo repertorio della commedia dell’arte la musica era molto presente, è
attestato da documenti figurativi in cui vediamo gli attori nell’atto di suonare uno strumento
musicale.

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