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L’OPERA SERIA TRA IL ‘600 E IL ‘700 CAP.

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Verso la fine del ‘600 i librettisti hanno dovuto prestare più attenzione all’adattamento del testo
delle Arie all’azione di entrata e uscita dei personaggi sulla scena che era, nel ‘600, abbastanza
casuale, poi nel ‘700 questo movimento viene regolato da un procedimento più razionale chiamato
“lieçon des scenes”, cioè legame tra le scene, che deriva dal teatro di prosa classico francese e che
consiste nella successione degli episodi che si articolano in modo che in scene consecutive abbiano
almeno un personaggio sulla scena che funge così da legame fra le varie scene, quando non c’è più
nessun personaggio si ha una mutazione della scena e quindi della scenografia.
In un opera in totale ci sono dalle sei alle sette mutazioni di scena, due per ogni atto, se si hanno tre
atti e succede ogni volta che un personaggio esce o entra nel palcoscenico.
Con i Librettisti che aderiscono agli ideali dell’Accademia dell’Arcadia e della tragedia francese il
melodramma del ‘700 subisce alcune mutazioni infatti si decide di semplificare le trame, di ridurre
il numero delle scene e anche delle Arie per render più comprensibile e scorrevole la trama,
eliminando tutti i personaggi e episodi comici, per questo si distinguerà in Opere Serie ed Opere
Buffe che vedremo in seguito.
Le trame di questi libretti erano tratti in genere da opere Greche sopratutto quelle di Corneille e
Racinne, che trattavano i valori come la Costanza, l’Amicizia, la Fedeltà e il potere assoluto del
Sovrano.
Questo tipo di dramma era abbastanza elitario e il grande pubblico non comprendeva appieno il
linguaggio dei testi e la musica, solo gli aristocratici colti, la classe dominante, che con i loro gusti
andavano a determinare le trame, i contenuti dei libretti, li comprendevano appieno, loro a teatro si
alloggiavano nei palchetti mentre il resto del pubblico era in platea o in galleria, i posti che
costavano meno, e non avevano nessuna influenza nel trattare il carattere delle opere che erano
destinate alla classe dominante.
Tutte queste modifiche e cambiamenti furono graduali e furono il risultato di un orientamento
diffuso all’epoca.
Tra i Librettisti che contribuiscono all’innovazione di questi libretti abbiamo il veneziano Apostolo
Zeno che scrisse 36 libretti di argomento storico e mitologico, il suo lavoro fu fondamentale per
l’impostazione dell’Opera Seria che si basa sul principio del razionalismo dell’Arcadia, Zeno
è tra i fondatori della sede per l’Arcadia di Venezia detta “Accademia degli Animosi” fondata nel
1698, dopo di che, dal 1718 al 1729, Zeno ricopri l’incarico di Poeta di Corte a Vienna.
Va da sé quindi che i libretti di Zeno furono utilizzati nel corso di tutto il ‘700 dai compositori più
importanti dell’epoca perché funzionavano molto bene.
Un altro librettista fondamentale in questo periodo è il romano Pietro Metastasio, che scrive 27
drammi, su libretti per musica, scritti in maniera molto funzionale alle esigenze musicali e mantiene
allo stesso tempo uno stile poetico elevato e perfeziona la struttura delle opere secondo i precetti
dell’Accademia dell’Arcadia che vi entra a far parte, nel gruppo di questi intellettuali, nel 1718.
I drammi scritti da Metastasio diventano un modello che ogni librettista cerca di seguire nell’arco
di tutto il ‘700, fra l’altro il periodo di ascesa al successo di Metastasio come librettista,
corrisponde con quello dell’affermazione di una nuova generazione di cantanti che raggiunge un
altissimo livello di abilità dal punto di vista della prassi esecutiva superiore a quella dei cantanti del
secolo precedente e aumentano le improvvisazioni, i lunghi vocalizzi e le articolazioni delle Arie
che fanno parte delle nuove composizioni.
Metastasio si forma e studia a Roma, poi sarà attivo sia a Napoli che a Venezia e a Roma.
Importante sarà l’incontro con i nuovi compositori della scuola Napoletana che hanno studiato nei
quattro conservatori noti di Napoli.
I primi drammi Seri scritti da Metastasio vengono musicati dal compositore calabrese Leonardo
Vinci, Metastasio aveva un buon rapporto con i compositori con cui lavorava e anche con alcuni
cantanti tra i più importanti dell’epoca che erano considerate della vere e proprie star come per
esempio il soprano Marianna Bulgarelli Benti soprannominata la Romanina in quanto proveniva
da Roma, per la quale scrive il primo Dramma Serio musicato dal pugliese Domenico Sarro
intitolato “Didone Abbandonata” del 1724, poi stringe amicizia con Carlo Broschi detto il
Farinelli, evirato, il più grande ed acclamato cantante del secolo.
Come Zeno anche Metastasio viene chiamato a Vienna nel 1730 come poeta di Corte incarico che
gli permette di vivere con agiatezza fino alla morte, continuando comunque ad avere rapporti e
contatti epistolari con librettisti, cantanti, musicisti e altri compositori; ebbe fama per tutta la vita e
anche dopo.
Nell’opera “Arca Serse” che venne musicata nel corso del ‘700 da 80 compositori con qualche
modifica, perché era un opera che funzionava molto bene.
Tra i compositori che hanno messo in musica questi drammi seri di Metastasio abbiamo il tedesco
Johann Adolf Hasse nato vicino ad Amburgo nel 1699, ha scritto più di 70 opere teatrali, fa parte
della prima generazione di musicisti che studiano nei conservatori Napoletani, era considerato il più
italianizzato dei compositori tedeschi del ‘700.
Aveva legami con molti compositori italiani con i quali aveva studiato come Alesandro Scarlati e
Nicolò Porpora, soggiornò spesso in Italia e scrive molte Opere Serie;
a Napoli Hasse viene in contatto con Metastasio che determinerà il suo orientamento per la
produzione di Opera Seria.
Più tardi nel 1733 sarà maestro di cappella a Dresda, continua a mantenere contatti con l’Italia, in
particolare con Venezia dove morirà nel 1763, ma in particolare mantiene contatti con Vienna dove
si trova Metastasio, fra i due si crea un perfetto sodalizio tant'è che Hasse si considera un discepolo
di Metastasio e musicherà quasi tutti i drammi scritti da lui.
Il suo primo successo fu, nel 1730 a Venezia, Arca Serse, al successo contribuì l’impiego di un
teatro, che all’epoca era importantissimo, il S. Giovanni Grisostomo ma anche la presenza di
cantanti di primo piano tra cui il Farinelli e la soprano Francesca Cuzzoni detta la Parmigiana in
quanto proveniente da Parma.
Quest’opera ebbe un enorme successo sia in Italia che in Europa, a Londra nel 1734 ebbe un
strepitoso successo tant’è che Farinelli chiede al fratello Riccardo Broschi di aggiungere altre Arie
di maggior difficoltà per far risaltare le sue doti canore al pubblico londinese.
Sulle particolari qualità vocali di Farinelli, uno storico dell’epoca Charles Burney scrisse nel 1771
”Il Viaggio musicale in Italia” ( ed, edt 1979 ) dove descrive il cantato di Farinelli, come si può
vedere anche nell’ascolto del film su Farinelli.
Metastasio era ben consapevole della destinazione dei suoi testi e li costruisce in maniera calibrata
ed equilibrata tenendo conto del virtuosismo canoro, perché erano proprio quelle arie che attiravano
il pubblico; i concetti essenziali sono quelli della Virtù, dell’Amicizia, della Fedeltà, dell’Eroismo,
tutti concetti che prevalgono sui sentimenti Amorosi.
Abbiamo la celebrazione, l’omaggio per un potere Assolutista, di un Re o di un Principe, che
influenza il destino degli altri personaggi e che hanno una funzione risolutiva alla conclusione del
Dramma, quindi la forza risolutiva finale avviene grazie, al contesto, all’ambiente stesso dei
personaggi e spesso avviene grazie a un momento di riconoscimento e generosità del Sovrano, la
vicenda del Dramma, solitamente in tre Atti, si sviluppa in modo da far convergere tutte le azioni
sulla catastrofe finale del terzo Atto, catastrofe che viene sfiorata per poi terminare con un lieto fine.
Con la costruzione equilibrata di questi libretti Metastasio permette l’alternarsi di sentimenti
differenti tra loro contrastanti, ne accentua al massimo la distinzione formale tra momenti recitativi
e quelli delle Arie, quindi le fasi dinamiche a cui si porta avanti l’azione sono affidate
esclusivamente ai recitativi mentre le Arie esprimono i principali stati d’animo in cui il personaggio
si trova a conclusione di un’azione portata avanti dal recitativo.
In questi libretti, il merito di Metastasio è quello di avere saputo creare un intreccio che si basa su
un piano molto equilibrato di queste situazioni affettive contrastanti e per far ciò, cioè raggiungere
una coerenza drammatica è necessario distribuire le arie solistiche che esprimono appunto gli affetti
e i sentimenti in modi estremamente calcolato.
Nell’opera seria di Metastasio abbiamo al massimo da 25 a 30 Arie, solo 1 o 2 duetti e in genere
solo un Tutti finale in cui appaiono tutti i personaggi che non sono mai più di 6 o 7 al massimo;
non troveremo mai 2 Arie successive uguali ma solo Arie di tipo contrastante.
Importante era anche il loro posizionamento di queste Arie all’interno degli Atti che doveva essere
funzionali al fenomeno del divismo dei cantanti, in genere si collocava in modo strategico l’Aria tra
le più gettonate alla fine di una scena prima dell’uscita del personaggio che la cantava che cosi
poteva uscire tra gli applausi del pubblico, raramente venivano inserite all’inizio della scena proprio
per questo motivo
Ogni aria aveva il compito di rappresentare un sentimento, un’immagine di tipo astratto che potesse
commuovere lo spettatore, per cercare di raffigurare queste immagini il compositore utilizzava un
corredo di figurazioni ritmiche e melodiche usato sia alla voce che agli strumenti, per esempio il
tremulo degli archi o con sincopi. Per un aria di guerra Trombe e timpani e ritmi puntati per la
caccia corni, per le Onde un flusso di semicrome per i Fulmini, scale discendenti e ascendenti
rapide ( come in Tancredi e Clorinda di Monteverdi ), molto ricche di questi Spunti sono le
cosidette “Arie di Similitudine” in qui il personaggio assorto nei suoi pensieri più intimi si esprime
per metafore e si paragona a qualche fenomeno della natura.
Tra queste Arie di Similitudine a partire dal 1720 hanno successo le “Arie di Tempesta”.
Il centro del testo poetico di queste Arie è la comparazione metaforica della Tempesta, in genere
della tempesta marina con il tormento d’amore del personaggio, concetti di smarrimento,
indecisione, terrore ecc.; per quanto riguarda la componente musicale questo tipo di aria comprende
degli elementi che rende vivida la rappresentazione della Tempesta, con tempo mosso in 4 /4, con
tonalità maggiore, ritmi sincopati, linea vocale del cantante è altamente virtuosistica con profilo
ondeggiante che imita le onde con scale e arpeggi e salti melodici ecc.
A volte segue una seconda parte del testo in cui viene proposta un immagine rassicurante con la
tempesta che si placa, con l’evocazione di un porto o di un a bonaccia, con contrasto della musica in
contrasto con la prima, di carattere Patetico e cantabile: A Tempesta B si Placa e A ritorna la
Tempesta.
Tra queste abbiamo oltre “Son Qual Nave Agitata” scritta da Riccardo Broschi, fratello di
Farinelli per l’Arca Serse di Hasse , ma anche sempre sul testo dell’Arca Serse di Metastasio
abbiamo la versione di Leonardo Vinci intitolata “Vò Solcando un Mar Crudele”, anche questa
versione ebbe un enorme successo, nell’Ascolto si può notare il carattere imitativo naturalistico
della linea vocale in particolare si sente che il sibilo del vento viene rappresentato con trilli e un
movimento della linea vocale ondulante.
Abbiamo ascoltato Franco Faggioli.
La maggior parte delle arie rappresentano un carattere affettivo astratto, generico perché avvolte
vengono realizzate anche senza tener conto di una precisa situazione drammatica del libretto e
questo perché, come abbiamo già visto, non era insolito prendere delle arie di un opera e trasferirle
in un altra, per questo motivo spesso anche Metastasio mette in piedi delle arie che rappresentano
un determinato sentimento rimanendo sul generico in modo da poterle riutilizzare in opere
successive, questa pratica corrispondeva al sistema musicale del periodo e anche al sistema
economico; i cantanti più celebri portavano con sé nel loro repertorio delle arie che non erano
specificatamente destinate ad un opera ma che erano adatte a esaltare le loro doti vocali che
potevano inserire al momento opportuno in una nuova Opera quando quelle presenti non gli
soddisfacevano ed erano chiamate “Arie di Baule” perché se le portavano dietro nei loro
spostamenti e che inserivano quando non gli piacevano quelle scritte dal compositore.
In questo periodo si usava l’Aria col Da Capo quindi la struttura A B A, struttura che impone a
Metastasio la spartizione del testo di queste arie in due strofe ciascuna che contiene lo stesso
numero di versi, ma l’innovazione di Metastasio rispetto agli altri poeti riguarda l’assoluta
regolarità della metrica e della ritmica delle due strofe, perché, per esempio Zeno e altri librettisti
davano una forma irregolare ai versi delle Arie mettendo insieme anche versi di metro differente
con accentazione differente mentre Metastasio usa dei versi in un unico metro in genere il
Settenario, quindi abbiamo le due strofe, ciascuna di 4 o 3 versi Settenari e grazie a questa
simmetria era più facile articolare delle sezioni, dei periodi musicali aderenti appunto alla poesia, la
forma musicale è determinata dall’assetto, dalla forma poetica, quindi per forza di cose bisogna
prendere proprio il testo dell’Aria come punto di riferimento e poi la scrittura dell’intero brano
musicale.
Oltre a Hasse abbiamo anche l’italiano Giovanni Battista Pergolesi , nato a Jesi vicino ad Ancona
nel 1710, studia a Napoli nel conservatorio dei Poveri di Gesù Cristo e morirà a Pozzuoli a soli 26
anni nel 1736 dopo un intensa carriera tra Napoli e Roma.
Ebbe un enorme successo ma sarà più tardi, intorno alla metà del secolo, che la sua fama raggiunge
tutta Europa grazie alla “Querelle des Bouffons” , cioè Disputa dei Buffoni, che consiste in una
disputa tra due fazioni della Parigi del ‘700.
In sostanza, dopo un’esecuzione di un opera di Pergolesi nel 1752 intitolata “La Serva Padrona”
su libretto di Gennarantonio Federico del 1733, ci fu un conflitto tra sostenitori del Teatro Lirico
Francese che fa riferimento alle “Tragedie” di Lully e le nuove correnti musicali Italiane aderenti
appunto a pergolesi e quindi alla tradizione Napoletana, la cosa stupefacente fu che tra i sostenitori
dell’Opera italiana vi erano degli intellettuali Francesi di primo piano tra cui Jean Jacques
Rousseau e Denis Diderot che preferivano l’Opera di Pergolesi per la sua semplicità,
piacevolezza nei confronti della complessità dei lavori dell’Opera francese da Lully a Rameau.
Altri esponenti di questo nuovo indirizzo sono i compositori della Scuola Napoletana che si
affermano tra il 1720 e il 1730 tra cui Domenico Sarro, Nicola Porpora, Leonardo Vinci e di
Hasse ( il tedesco italianizzato ).
Per quanto riguarda il complesso strumentale di queste Opere, l’Orchestra era a tre o quattro parti di
violini, una viola e un Basso con quando possibile il raddoppio degli strumenti a fiato con il violino
che raddoppiava la parte vocale all’unisono, nelle arie cantabili più lente ed espressive di solito gli
strumenti fanno un accompagnamento di crome regolari ( taa-taa-taa )oppure con quello che è
detto “Ritmo alla Lombarda” cioè con semicroma seguita da una croma col punto ( ta-taaa ).
Il Recitativo di questo genere è utile per realizzare le parti dinamiche dell’azione, quindi porta
avanti l’azione, il tempo prosegue nel recitativo e si arresta nelle Arie e funge da collante delle varie
Arie.
Nell’Opera Italiana ci sono due tipi di Recitativo: quello Semplice o Secco e quello Accompagnato
o Strumentale.
Il primo, quello Secco, è quello utilizzato di più e sostiene in modo semplice la voce solo con gli
strumenti del Basso Continuo, i letterati del ‘700 avevano delle oppinioni molto negative su questo
recitativo perché risultava spesso tedioso, ripetitivo, molto lungo e troppo convenzionale; ad un
certo punto nel ‘700 addirittura con questo tipo di Recitativo Secco non si usavano più le alterazioni
in chiave ma si trovano di volta in volta con uno stile declamato simile al parlato.
Mentre nel ‘600 lo stile e le funzioni dell’aria e del recitativo non sempre erano divisi in modo netto
e preciso, e molte arie dei Recitativi erano sorrette dallo stesso tipo di accompagnamento col ritmo
del Basso Continuo, a partire dal ‘700 diviene abituale accompagnare le Arie e i momenti Ariosi
con l’Orchestra e via via si userà sempre più questo accompagnamento che appartiene al Recitativo
accompagnato da strumenti che intervengono.
A inizio ‘700 questo tipo di Recitativo era collocato in apertura di un cambiamento di scena in
genere di carattere notturno, abbiamo scene lugubri dove il personaggio da sfogo a sensazioni di
carattere malinconico in genere, inizialmente si usavano almeno due scene che aumenteranno via
via nel corso del secolo.
Come nella “Didone Abbandonata” di Sarro su testo di Metastasio, che ne troviamo sei e siamo
nel 1724; ma questo genere di accompagnamento non va utilizzato in tutta l’opera ma solo per
determinate scene di alta temperatura emotiva che aumenta il pathos, infatti Metastasio ritiene che
vada usato parsimoniosamente per non fare perdere la sua l’efficacia.
Nel corso del secolo aumenta l’uso dei Recitativi e dalla seconda metà del ‘700 si usano per la
maggior parte i Recitativi accompagnati con la conseguente diminuzione dei Recitativi Secchi.
Abbiamo ascoltato il finale opera del “Didone Abbandonata” con esempi dei due recitativi ben
distinti.

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