La diffusione della musica strumentale nel XVI secolo
Nel corso del Cinquecento assistiamo alla graduale emancipazione della musica strumentale dalla dipendenza dei modelli vocali; la dipendenza dalla vocalità rientrava all'interno del concetto rinascimentale dell’imitazione della natura. Parte del repertorio musicale dell'epoca prevedeva la sostituzione delle voci con gli strumenti, di qui l'uso nei titoli delle raccolte a stampa dell'espressione “per cantare e suonare”. I brani di musica d'insieme però non erano destinati a strumenti particolari e comunemente si indicava sulla partitura l'espressione “per ogni sorte di strumenti”. Con l'allontanamento della musica vocale si apre la via al virtuosismo strumentale e alla registrazione scritta delle pratiche improvvisative. La diffusione del dilettantismo strumentale portò anche alla nascita di un uno speciale tipo di notazione musicale chiamato intavolatura che prescriveva al suonatore la posizione che dovevano avere le dita sui tasti o sulle corde. La diffusione della musica strumentale influì notevolmente anche sull'evoluzione della costruzione degli strumenti che venivano pertanto perfezionati. La fabbricazione degli strumenti a fiato, d'ottone e legno avveniva nel nord Europa, mentre nelle officine italiane si sviluppava la costruzione di strumenti ad arco. Tra la fine del Cinquecento e i primi anni del Seicento venne riconosciuta qualità espressiva e virtuosistica superiore al violino rispetto agli altri strumenti musicali e pertanto si assistette all'espansione del repertorio musicale destinato a questo strumento. Funzioni e usi della musica strumentale solistica e d’insieme Sia in ambito ecclesiastico che profano la musica strumentale era utilizzata con la funzione di intonazione o come pre, post o interludio a eventi liturgici. Fin dal Cinquecento il repertorio strumentale era utilizzato anche per accompagnare la danza e pian piano assunse una forma stilizzata e domestica, come musica da camera, diffusa tra i dilettanti. Inizialmente gli strumenti musicali erano presenti nelle cappelle vescovili e poche chiese, mentre era diffuso generalmente l’organo. Solo alla fine del secolo gli strumentisti ebbero un posto stabile nelle cappelle ecclesiastiche e utilizzati nel servizio liturgico. Ruolo fondamentale fu svolto da Venezia, che, come abbiamo detto, era insofferente ai dettami derivanti dalla Controriforma nella limitazione degli strumenti. Qui i musicisti, al servizio ello Stato veneziano, dovevano intervenire ogniqualvolta il Doge presenziava alle funzioni religiose. Un primo tentativo di istituire un complesso strumentale a S. Marco, si ebbe nel 1568 quando si assoldarono 12 strumentisti, ma fu solo con Monterverdi, maestro di cappella, che nel 1614 si ebbe un’orchestra permanente e retribuita di 16 suonatori. I procedimenti compositivi I primi procedimenti compositivi del periodo sono caratterizzati dal semplice contrappunto alla melodia (melodia vocale, una chanson o una danza) o dalla imitazione di motivi identici o variati. Gli episodi si alternano secondo il principio della varietà e del contrasto e lo ritroviamo soprattutto nella fantasia e nella toccata. Ricercare, fantasia, capriccio Il termine ricercare appare per la prima volta nei testi di Spinacino ai primi del Cinquecento per indicare composizioni a carattere improvvisativo e rapsodico che sfruttano la tecnica dello strumento. Nella metà del secolo appare il ricercare imitativo basato sul principio della imitazione; i ricercari appartennero soprattutto al settore della pedagogia piuttosto che a quello della prassi musicale. Questa è la principale differenza dalla fantasia con il ricercare, ovvero che mentre il primo è diretto allo studio, la fantasia è diretta alla prassi esecutiva; essa è una forma più libera più brillante e meno rispettosa del contrappunto, anche imitativo, che contraddistingue il ricercare. Tomás de Santa Maria definì la fantasia come una concatenazione di passi in cui si alternano consonanze e dissonanze con variazione del tema. Nella seconda metà del secolo diminuiscono i motivi imitative, di solito da 3 a 5, aumentando il numero delle sezioni dedicato a ciascuno di essi. Il capriccio era anch’esso una forma assai inventiva piena di artifici contrappuntistici. I tre termini erano spesso intercambiabili. Tra le prime opere ricordiamo quelle di Vincenzo Ruffo (1508-1587) con i Capricci in musica a tre voci dove il tema trattato in stile imitativo e contrappuntistico viene presentato sempre variato con alterazioni sempre diverse. I ricercari veneziani sono caratterizzati da uno stile austero, lineare, dal ritmo squadrato e solenne dove i pochi soggetti tematici, intrecciati a dei controsoggetti, sono lunghi e ampiamente sviluppati. I maestri napoletani arricchiscono il ricercare con singolari arditezze armoniche. Canzona Come detto in precedenza nel Cinquecento era in uso trascrivere in forma strumentale le chanson soprattutto per il liuto ma solo nella seconda metà del secolo si cominciò ad assistere ad una produzione consistente di composizioni per tastiera basate sul modello della chanson. La canzona, chiamata spesso chanson francese era molto simile al ricercare imitativo e fu importante per lo sviluppo della sonata e del concerto. L’influenza della chanson francese la abbiamo avuta grazie ai rapporti stretti tra il re di Francia e l’Italia, ricordiamo che la figlia di Luigi XII sposò Ercole II D’Este. La chanson francese aveva come caratteristica l’inclinazione alla musica a programma, ovvero una musica altamente descrittiva che esaltava gli elementi poetici del testo attraverso l’uso onomatopeico restando legata al contrappunto imitativo. Le canzoni di Andrea Gabrieli erano in forma ABA dove la sezione mediana aveva carattere polifonico, dominata da motivi brevi ed una scrittura omofonica accordale con chiari effetti d’eco per mezzo dei cori spezzati. Fu Claudio Merulo a discostare la canzona strumentale dalla prassi esecutiva francese. Esse sono in 4 o 5 sezioni diversificate per invenzione tematica e per lo stile compositivo, a volte le prime due sezioni presentano la stessa idea tematica variata. Le canzoni di fine ‘500 e inizio ‘600 sono destinate all’organo, a complessi strumentali o ai fiati. Caratteristica delle canzoni strumentali di Giovanni Gabrieli è l’uso di due o più gruppi strumentali a fini di contrasto sonoro rendendo possibile l’abbandono della polifonia imitativa in favore della scrittura omofonico-accordale ed avvicinandosi alle tendenze della monodia vocale ed alla prassi del basso continuo. Gabrieli fu il primo a utilizzare il termine sonata per indicare brani strumentali di insieme anche se non era uso distinguere il termine dalle canzoni e pertanto una prima distinzione la abbiamo grazie a Michael Praetorius (1571-1621) che affermava che mentre le sonate erano gravi e solenni, le canzoni trascorrevano gaie e rapide. Sonata Da circa metà del ‘600 il termine canzona lascia il posto a quello di sonata per indicare la successione di sezioni brevi e contrastanti, fino a venti, dove ogni sezione viene chiamato tempo e movimento e richiede definizioni agogico espressive come allegro, adagio, grave ecc. i tempi lenti erano più estesi mentre quelli veloci erano in stile contrappuntistico imitativo. La sonata poteva essere per 1,2,3,4 parti strumentali più il basso continuo. Tra i compositori del tempo ricordiamo Biagio Marini (1587-1663), bresciano, violinista virtuoso che operò a Venezia, Parma, in Germania, Bruxelles, Ferrara e Vicenza. Le novità del suo stile erano le introduzioni lente ed il collegamento tematico tra le varie sezioni ed il fatto che nelle musiche ad eco indicava la disposizione degli strumenti al fine di intensificare gli effetti espressivi in armonia con la teoria degli affetti. Nel ‘600 l’ordine dei movimenti prevede l’alternanza lento-veloce. Toccata Nei primi anni del XVI secolo appare un’altra forma strumentale chiamata toccata derivata da una ricerca estemporanea sullo strumento che condivide con il ricercare la funzione preludiante. Destinata soprattutto all’organo, da toccare, era caratterizzato da passaggi veloci, scale e accordi per stabilire il modo del brano che ad essa seguiva. Poiché erano improvvisate, ne abbiamo poche in forma scritta. *La musica da ballo Nel secondo ‘500 le musiche da ballo servivano per accompagnare i balli di società ed erano pertanto appartenenti alla musica di consumo, pian piano però si affranca da questo uso e viene affidata alla prassi musicale della musica da camera. Tale genere è prettamente accordale, omofonica di stile semplice e con accordi che scandiscono la regolarità ritmica. La melodia predomina ed è affidata alla parte superiore. Dalla unione di più danze accoppiate, in genere con ritmi contrastanti, nasce la suite che era composta da alcune delle seguenti danze: pavana, saltarello, corrente, allemanda, sarabanda, giga ed altre. La suite per clavicembalo in Francia ed in Germania Tra gli autori francesi ricordiamo Jacques Champion Chambonnières (1601-1672) che ci lascia circa 150 brani in forma manoscritta, dalla successione delle danze spettava all’esecutore sceglierne alcune per creare una suite. Lo stile francese influenzò molto quello tedesco tra cui Jacob Froberger (1616-1667) che dette alla suite l’assetto fondamentale che sarà mantenuto in futuro e consistente nello stabilire la successione delle danze anziché lasciarle alla volontà dell’esecutore. Girolamo Frescobaldi (1583-1643) Frescobaldi è uno dei maggiori esponenti della musica strumentale del 600, in particolare di quella tastieristica. Egli riesce ad accumulare sapientemente l'arte del contrappunto con lo stile espressivo derivante dalla seconda pratica di Monteverdi. Nacque e visse a Ferrara e nel 1604 si trasferì a Roma dove rimase fino alla sua morte; la sua attività musicale si svolgeva prettamente all'interno delle accademie che si tenevano periodicamente presso i palazzi signorili. Con la parola Accademia si designava un ritrovo intellettuale legato a dibattiti su poesia, filosofia e letteratura dove si intercalavano interventi musicali. Come virtuoso noto in ambito romano soprattutto per le capacità improvvisative. Compose due libri di toccate stampate a Roma nel 1615 e nel 1627; le sue dodici fantasie colpiscono per la ricchezza immaginosa della variazione tematica. Grande è la varietà dei procedimenti usati nei ricercari costruito intorno ad una regola compositiva che l'autore impone a sé stesso e che chiama obbligo: l’obbligo svolge la sua funzione di fondamento dell'intera composizione e viene modificato ritmicamente con varietà di valori ed accenti o temi secondari. Il primo libro di capricci del 1624 comprende 12 composizioni caratterizzate dalla scrittura polifonica in cui l’autore si propone di risolvere sempre più nuovi e difficili problemi compositivi. Arcangelo Corelli (1653-1713) Fortemente influenzato dal repertorio tastieristico di Frescobaldi, il secondo Seicento conobbe per lungo tempo l'opera di Corelli che svolse la sua carriera soprattutto a Roma. Egli si esibiva oltre che nelle accademie, all'interno dei palazzi dei suoi protettori, anche all'interno delle sfarzose esecuzioni musicali che si svolgevano nelle chiese romane. L'arte di Corelli si ispira alla stilizzazione dei generi musicali del Seicento e dei modi di scrittura violinistici da cui fa derivare una razionale semplicità al fine di mantenere sempre un effetto naturale dello strumento; in questo troviamo una delle ragioni della fortuna di Corelli che, rinunciando di proposito alle trovate virtuosistiche dei suoi predecessori, persegue continuamente uno stile compositivo basato sul controllo e l'equilibrio stilistico formale e dove l'elemento cantabile è sfruttato appieno soprattutto nei tempi lenti. Corelli non fu estremamente fecondo e compose un totale di 72 opere divise in sei raccolte ciascuna di 12 composizioni tra sonate da chiesa, da camera e concerti grossi.