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TESI N.

8 MUSICA POPOLARE E TEATRO NEL MEDIOEVO TROVATORI E MENESTRELLI

La monodia profana nel medioevo: alcune premesse


Sacro e profano nel Medioevo
Lespressione poetica e musicale del Medio Evo si caratterizza per una commistione di sacro e
profano, di spirituale e mondano, di cristianesimo e attaccamento ad usanze pagane; la musica
da un lato un mezzo al servizio della liturgia ufficiale della Chiesa romana (non
dimentichiamo che la cultura era detenuta almeno fino allXI secolo dai centri religiosi),
dallaltro strumento per dilettare la societ feudale (aristocratici, piccoli nobili, borghesi
professionisti e studenti universitari). Lo sviluppo che ricevettero le citt durante la cosiddetta
rinascita del Mille spian la strada ad un affrancamento della produzione artistica dal controllo
e dallinflusso fino ad allora esercitato dal clero, che a poco a poco perse il vecchio monopolio
nella formazione scolastica.
La musica profana resta a lungo di tradizione orale
Se nelle scholae cantorum la musica inizi ad essere fissata per iscritto (si visto che ci
avvenne per ragioni legate alla volont di mantenimento del repertorio concepito come sacro, e
per motivi connessi ad esigenze mnemotecniche degli esecutori), negli ambienti profani le
musiche resteranno di trasmissione orale almeno fino al 1300.
La musica nella vita quotidiana
Ogni attivit sociale era scandita da segnali sonori:
-

gli orari di lavoro,

lapertura delle porte di un borgo

i pagamenti dei tributi

le sedute dei tribunali

pericoli imminenti.

I gruppi sociali pi potenti avevano veri stendardi musicali rappresentativi del loro status: le
trombe e i corni rappresentavano il monarca e i feudatari segnalandone la presenza (erano
connotativi del potere costituito).
La poesia concepita per essere intonata
Al di l della musica profana funzionale allattivit sociale vi era una musica composta per lotium
delle corti feudali. La poesia nel Medio Evo era spesso composta per essere rivestita di suono.

La monodia profana in latino (IX-XI sec.)


Le pi antiche reliquie di canti profani a noi giunte sono databili intorno al secolo IX e rientrano nel
fervore creativo che diede vita ai tropi, alle sequenze, al dramma liturgico.
1) MONODIE SU CLASSICI LATINI
I pi antichi cimeli della musica profana medioevale si distinguono in due gruppi, il primo dei
quali comprende l'intonazione neumatica di testi poetici di Orazio, dell'Eneide virgiliana e
di Boezio. Sebbene la lettura non sia sempre univoca per colpa della notazione che ancora
adiastematica, questi frammenti testimoniano la continuit dell'attenzione rivolta ai classici
specialmente nel periodo carolingio e un modo di approccio, quello musicale, assai
significativo.
2) I PLANCTUS
Pi ricco di suggestioni il secondo gruppo, composto da un manipolo di composizioni epicostoriche, tra le quali predominano i compianti (planctus) per la morte di personaggi illustri.
Una decina di questi canti profani raccolta in un solo manoscritto proveniente da San Marziale
(ora a Parigi, Bibl. Nat., lat. 1154) redatto nel secolo IX e forse neumato poco dopo.
Il Planctus de obitu Karoli (per la morte di Carlo Magno) in versi a sistema accentuativo alterna con il ritornello
Heu mibi misero! distici non privi di rude solennit che invitano tutte le regioni a piangere la morte del grande
imperatore. A riprova del legame con le melodie chiesastiche, nella notazione di questo planctus ricorre il quilisma,
sicura tessera di riconoscimento delle cantilene liturgiche ornate.
In Mecum timavi saxa, novem flumina... Paolino patriarca di Aquileia (m. 802) esprime il suo lamento per Enrico
duca del Friuli morto in combattimento contro gli Avari. Se il carme fu composto nel 799, anche la melodia
indubitabilmente uno dei cimeli musicali pi vetusti, se non altro perch ci trasmessa identica in un codice di
Berna del secolo X: indice che gi quell'epoca essa aveva conosciuto una cospicua notoriet. Pur richiamandosi a
vicende profane, il componimento ebbe destinazione liturgica essendovi palese la solenne gravit della preghiera.
Imbevuta nel testo di reminiscenze liturgiche e musicalmente derivata da fonte ecclesiastica anche l'anonima
celebrazione della battaglia combattuta a Fontenoy tra i figli di Ludovico il Pio, il 25 giugno dell'anno 841: Aurora
rora cum primo mane .... Di poco posteriore e con gli stessi caratteri il Planctus Hugonis abbatis (Hug dulce
nomen...), forse un figlio naturale di Carlo Magno perito mentre si prodigava a sedare le contese tra i successori di
Ludovico.

I 'planctus' di Abelardo
Una posizione di rilievo nella storia della lirica profana detiene Pietro Abelardo (1079-1142),
di cui ci pervenuto anche un inno liturgico con melodia: O quanta qualia sunt illa sabbata.
Loriginalit di Abelardo emerge soprattutto nei sei planctus, che celano sotto immagini bibliche
i casi del suo sventurato amore per Eloisa. Dal punto di vista della versificazione i planctus
costituiscono un banco di prova delle possibilit tecniche offerte a un poeta del secolo XII. In
una ritmica perfettamente sillabica o determinata dall'accento intensivo, rivendica ai propri versi
variet di movenze (accanto al ritmo binario usa quello ternario) e li combina arditamente in
nuove strutture strofiche penetrate da un fitto gioco di rime e di assonanze.Il segno della novit
attribuibile ad Abelardo sta appunto nel legame in qualsiasi modo lo si voglia interpretare tra
il planctus latino e un canto d'amore.

3) I CARMINA GOLIARDICI
Della lirica profana nel secolo XI sicura testimonianza la raccolta dei cosiddetti Carmina
Cantabrigensia (un codice scritto nella Renania, attualmente alla Biblioteca Universitaria di
Cambridge, Gg. 5.35). Vi figurano composizioni in forma di sequenza, alcune delle quali
ispirate a vari temi (elogio di imperatori, ritmi scherzosi, canzoni amorose, ecc.). Si distingue
per la piana cantabilit l'invito amoroso improntato al Cantico dei Cantici Iam, dulcis amica,
venito, in strofe tetrastiche, il cui schema musicale ABCD. I Carmina burana (fine XIII)
composti dagli studenti (laici e clerici) e dai goliardi (clerici vagantes) che inneggiavano al
gioco, alla libidine e spesso diventavano sottili mezzi per una satira a sfondo sociale (celebri i
che prendono il nome dallabbazia tedesca di benediktbeuren. In queste monodie spesso si usava
la tecnica della parodia o del contrafactum. La poesia dei goliardi assimilava le differenti
esperienze lirico-musicali dellalto medioevo: sequenze, lais, innodie, introducendo pure testi in
volgare.

Trovatori (XII sec. Francia del Sud, langue dOc)

Bernart de Ventadorn

Arnaut Daniel

Marcabru

Raimbaut Vaqueiras

La nuova poesia per musica in lingua provenzale (la langue doc era la lingua della Francia del
Sud) sbocci alla fine del 1000 nelle stesse regioni che erano state all'avanguardia nel fervore
creativo di tropi, versus, sequenze e drammi; non a caso vers si denominarono le composizioni dei
primi trovatori; e trovatore deriva da tropare, cio fare dei tropi. Il perimetro cronologico della
lirica trobadorica copre duecento anni: 1086 (Guglielmo IX duca dAquitania, primo mitico
trovatore) 1284 (morte di Guiraut Riquier, uno degli ultimi trovatori)

Lorigine dellarte trobadorica incerta: i legami con la tradizione liturgica sono evidenti sia a
livello etimologico, sia sul piano formale: la struttura della sequenza imparentata con il Lai, e le
melodie con forme recitative simili alla salmodia sono gestite intorno a uno o anche a due poli
con sezioni sillabiche e melismatiche (anche se lambitus delle melodie dei trovatori pi ampio di
quello dei canti liturgici). Oltre allipotesi liturgica, per spiegare lorigine di quelle liriche c pure
lipotesi araba che imparenta le poesie trobadoriche a quelle arabe sia per la tematica amorosa, sia
per la condivisione di schemi strofici (quello arabo pi usato era lo zagial AAAx BBBx).
1130-1220: il periodo di massima fioritura con i maggiori rappresentanti appartenenti a diverse
classi sociali:
a) giullari: Marcabru (1150?), Bernard de Ventadorn (1140-1200)
b) ricchi mercanti: Peire Vidal (1175-1205) Folchetto da Marsiglia (1150-1231) che poi divenne
vescovo!)
c) piccola nobilt feudale: Raimbaut de Vaqueiras, Jaufre Rudel, Arnaut Daniel, Guiraut de
Bornelh)
d) chierici: Peire Cardenal, Gui Folqueis (futuro Papa Clemente IV)
e) grandi nobili: Guglielmo IX duca dAquitania
La tradizione trovadorica si configur come un fenomeno intellettuale di vasto raggio coinvolgente
tutte le classi che possedevano un certo grado di cultura. Meno riconosciuti sul piano sociale i
giullari (joculatores da Jocus) esecutori itineranti di corte in corte; considerati invece uomini di
fiducia dei feudatari i menestrelli (ministerium significava servizio fisso a corte). Entrambi
erano professionisti che diventarono meri esecutori delle musiche applicate alle poesie composte
dai trovatori (che comunque erano anche interpreti delle proprie composizioni).
N.B. Le ultime considerazione degli storici tendono a fare coincidere trovatore e jongler.
Repertorio e fonti
Uno dei lati pi appariscenti della poesia trobadorica e trovierica l'enorme sproporzione tra il
numero delle poesie (circa 5000) e quello delle melodie conservate (circa un terzo); dei soli
trovatori abbiamo 2542 testi e 264 melodie. Tuttavia altri aspetti peculiari vanno ricordati: pur
cominciando la fioritura della poesia provenzale tra il finire del secolo XI e l'inizio del XII, nessuno
dei manoscritti che ne conservano le melodie anteriore al 1250 e taluni sono del 1300; inoltre la
loro notazione non appartiene, in generale, all'ars mensurabilis e, come possiamo ormai
immaginare, la loro trascrizione rimane nell'incertezza per quanto concerne il ritmo.
Generalmente l'attribuzione dei testi poetici sicura, mentre sussistono perplessit per
l'assegnazione di talune melodie sia per la disparit delle attribuzioni, sia perch siamo lontani dal
conoscere con precisione quali trovatori-poeti abbiano dato anche la melodia ai propri testi: le
uniche fonti di informazione al riguardo sono le vidas, la cui scarsa attendibilit stata in troppi casi
provata. A rendere pi complesso il problema della paternit melodica si aggiungono talora le

versioni assai distanti testimoniate per un identico testo; spesso non si tratta solo di varianti, ma di
vere redazioni differenti. Lesistenza di versioni multiple per singoli canti da collegarsi alla loro
trasmissione orale. Le discordanze presenti tra i manoscritti non sembrano infatti rientrare nella
normale tipologia degli errori grafici. Di conseguenza non possediamo nessuna delle canzoni nella
forma originale; il cantore reputava di essere fedele al presunto originale (ma un concetto che
non esisteva allepoca) quando introduceva le sue variazioni. Per questo repertorio dunque bisogna
ricostruire nel modo criticamente pi valido il testo e la melodia cos come ci sono documentati da
una determinata fonte, che testimone sicuro dell'ambiente e del periodo in cui fu redatta.
Il tema centrale della produzione poetica dei trovatori lamor cortese. La donna diventa nella
nuova concezione trobadorica una figura desiderata ma mai raggiunta, da corteggiare e omaggiare a
tal punto da avvicinare tale forma di devozione cavalleresca al culto della Vergine Maria.
Le forme musicali principali erano:
Il VERS = forma pi arcaica priva di ripetizioni interne
La CANSO = sistema di rime: ab/ab/cde: melodia A = sui versi 1-2; rip. melodia A = sui versi 3-4;
melodia B = sui versi 5-7. Sottocategorie di cans erano distinte in base al soggetto trattato:
-Pastorela (dialogo tra cavaliere e umile ragazza concepito come schermaglia amorosa)
-Alba (addio allalba di due amanti richiamati da un amico sentinella)
-Sirventes (basato su temi moraleggianti e a sfondo politico)
- Tenso (in forma dialogica e che poteva dare spunto ad una sorta di certame poetico)
- Planh (equivalente del planctus in latino).
Assai complessa e varia l'organizzazione delle rime allinterno delle coblas (stanze): il modello
pi comune quello delle coblas unissonas che hanno lo stesso schema di rime e di melodie. Se ne
ha un esempio in questa canso di Bernard de Ventadorn che con Jaufr Rudel e Marcabru tra
i pi celebri rappresentanti della I generazione di trovatori
melodia
1. Lanquan li jorn son lonc en may A
Quando le giornate sono lunghe, a maggio,
M'es belhs dous chans d'auzelhs de lonh, B
m' grato il dolce canto d'uccelli di lontano,
E quan mi suy partitz de lay A
e quando mi sono partito di l,
Remembram d'un'amor de lonh: B
mi ricordo d'un amore di lontano.
Vau de talan embroncx e clis C
Vado con animo imbronciato e depresso,
Se que chans ni flors d'albespis D
s che n canto, n fiore di biancospino
Nom platz plus que l'yverns gelatz
B
pi non mi piace dell'inverno gelato.
[...]
5. Be tenc lo Senhor per veray A
Ben tengo il Signore per verace
Per qu'ieu veirai l'amor de lonh; B
e perci vedr l'amore di lontano;
Mas per un ben que m'en eschay A
ma per un bene che me ne viene
N'ai dos mals, quar tan m'es de lonh. B
ne ho due mali, poich tanto m' lontano.
Ai! car me fos lai pelegris, C
Ah!
ch'io
fossi
l
pellegrino,
Si que mos fustz e mos tapis D
cos che il mio bordone e il mio saio
Fos pels sieus belhs huelhs remiratz!
B
dai suoi begli occhi fossero ammirati!

Nella seconda met del secolo le ricerche formali presero il sopravvento sull'ispirazione e si
diramarono in due direzioni: il trobar ric, una tendenza tesa a sperimentare le variet della
versificazione rappresentata da Arnaut Daniel; il trobar clus, caratterizzato dalle sottigliezze del
pensiero, che ebbe tra i massimi protagonisti Guiraut de Borneill. In generale si osserva che, a
confronto con la complessit degli schemi metrici, le melodie suonano come improvvisazioni
fissate nella memoria in modo assai tradizionale e semplice; inoltre appare inverosimile che si sia
usata la notazione nel comporle.
La fortuna di Arnault Daniel
Dante Alighieri menziona Daniel nella Divina Commedia collocandolo tra i lussuriosi, nel Canto
XXVI del Purgatorio, insieme a Guido Guinizzelli che nel poema lo indica a Dante riferendosi a lui come
il migliore dei poeti che hanno scritto in volgare:

O frate, - disse, - questi ch'io ti cerno


col dito, - e addit un spirto innanzi, fu miglior fabbro del parlar materno.
Versi d'amore e prose di romanzi
soverchi tutti: e lascia dir li stolti
che quel di Lemos credon ch'avanzi.

(Purg. XXVI, 115-120)


Questi versi che Dante fa pronunciare a Guinizzelli sono stati oggetto di vari studi e contrastanti
interpretazioni. Sulla base dell'espressione versi d'amore e prose di romanzi alcuni ritennero che
Arnaut fosse stato autore anche di scritti in prosa, scritti che sarebbero poi andati perduti (gli fu
attribuito persino un Lancillotto). Questa tesi, che pure trov sostenitori di prestigio, come Luigi Pulci
nel Morgante e Torquato Tasso, Discorsi del poema eroico, stata oggi decisamente abbandonata. Nei
versi successivi, attraverso le parole di Guinizzelli, Dante sostiene la superiorit di Arnaut su Guiraut
de Bornelh (quel di Lemos, cosiddetto con riferimento alla regione francese del Limosino della
quale Guiraut era originario) che altri consideravano il migliore dei Trovatori.
L'incontro tra Dante e Arnaut inizia con i seguenti versi:

Io mi feci al mostrato innanzi un poco,


e dissi ch'al suo nome il mio disire
apparecchiava grazioso loco.

(Purg. XXVI,136-138)
Nei versi successivi Dante fa parlare Arnaut nella materna lingua provenzale:

El cominci liberamente a dire:


Tan m'abellis vostre cortes deman,
quieu no me puesc ni voill a vos cobrire.
Ieu sui Arnaut, que plor e vau cantan;
consiros vei la passada folor,
e vei jausen lo joi qu'esper, denan.
Ara vos prec, per aquella valor

que vos guida al som de l'escalina,


sovenha vos a temps de ma dolor!.
Poi s'ascose nel foco che li affina.

(Purg., XXVI, 139-148)


(Tanto mi piace la vostra cortese domanda/ che io non mi posso n voglio a voi celare./ Io sono
Arnaldo, che piango e vado cantando;/ afflitto vedo la passata follia,/ e lieto vedo, davanti (a me) la
gioia che spero./ Ora vi prego, in nome di quel valore che vi guida alla sommit della scala,/ al
tempo opportuno vi sovvenga del mio dolore).
Il nome di Arnaut ricorre pi volte nel De Vulgari Eloquentia dove si fa spesso riferimento alla sua
tecnica compositiva (ad indicem).
Anche Petrarca nel Trionfo d'amore (IV, 40 ss) lod le sue composizioni e di lui scrisse:

Fra tutti il primo Arnaldo Daniello


gran maestro d'amor; challa sua terra
Ancor fa onor col suo dir novo e bello.

Importante la sua influenza su poeti catalani come Jordi de Sant Jordi, Andreu Febrer e Cerver de
Girona.
Va ricordato che alcuni studiosi, tra primo e secondo Ottocento, (Friedrich Diez, Giovanni Galvani, Alfred
Jeanroy, tra gli altri) si mostrarono estremamente critici verso lopera di Daniel che da questi fu
accusato di freddo virtuosismo e bollato con aggettivi quali banale, frivolo, puerile e bizzarro.
Nel XX secolo, invece, fu particolarmente apprezzato da Ezra Pound che lo consider il pi grande
poeta mai vissuto e tradusse in inglese i suoi versi. Particolare l'approccio di Pound che studi
Daniel con l'occhio del poeta pi che del filologo, interessato quindi soprattutto allo studio di
alcune forze, alcuni elementi, o qualit - come egli stesso dichiar - che erano operanti nelle
letterature medievali [...] e che sono ancora certamente operanti nelle nostre. La cosiddetta sestina
di Arnaldo, diffusa da Dante e Petrarca, infatti, fu usata in tempi pi recenti da Giosu Carducci,
Gabriele d'Annunzio, Giuseppe Ungaretti e Franco Fortini.

Trovieri (XIII sec. Francia del Nord, langue dOil)


I giullari itineranti, gli spostamenti di artisti a seguito di matrimoni tra casate aristocratiche e la
comunione forzata di popoli diversi che limpresa delle crociate comport, furono i tre principali
veicoli di trapianto del repertorio trobadorico nei territori di lingua doil (base del francese moderno
Nord della Francia) a partire dal 1120 ca. (in quellanno Eleonora dAquitania, nipote di
Guglielmo IX primo leggendario trovatore, and in sposa a Luigi VII di Francia portandosi il
seguito di corte tra cui Bernart de Ventadorn).
Il pi antico troviere conosciuto uno dei pi illustri autori di romanzi versificati, Chrtien de
Troyes, autore del Perceval le Gallois, cui Wagner ispir il suo Parsifal. Nel secolo XIII la vita
musicale della Francia settentrionale, con il rinnovamento del patrimonio paraliturgico e i primi
monumenti polifonici della scuola di Notre-Dame, fu profondamente trasformata e la stessa
monodia oscill tra l'antica fonte d'ispirazione (troubadours) e i nuovi modelli. Tra il 1219 e il 1236

Gautier de Coinci scrisse chansons alla Vergine attingendo indifferentemente per le melodie alle
sequenze, ai lais e ai conducti polifonici: indice d'una coesistenza di forme e di gusti a prima vista
inconciliabili. Dagli inizi del secolo XIII si fece pi consistente l'influsso delle forme musicali fisse
di origine popolareggiante: ne risentirono le musiche di Thibaut de Champagne (1201-53) e,
soprattutto, le composizioni del pi alto talento trovierico: Adan de la Hale (1230 ca.-88 ca. ),
autore del celebre Li Geus de Robin et de Marion, azione scenica composta forse per la corte di
Napoli, alle cui sezioni cantate e danzate egli adatt refrains e chansons. Furono gli estremi bagliori
di un'arte che, esportata fuori dal territorio francese insieme con quella dei troubadours, aveva gi
suscitato imitatori ed epigoni in quasi tutti i paesi d'Europa.
La proporzione tra i testi rinvenuti e le musiche pi equilibrata in questo repertorio rispetto
a quello trovadorico: su circa 2400 testi poetici abbiamo 1700 brani musicali alcuni in
notazione quadrata.
Alcuni generi sono direttamente derivati dalla tradizione dei trovatori:

Chanson = Canso;

Aube = Alba;

Pastourelle = Pastorela (Adam de la Halle sviluppa da una pastourelle il primo esempio di


teatro musicale profano il Jeu de Robin et de Marion forse composto per la corte di Napoli).

La Chanson trovierica poteva avere un primo finale di cobla aperto e uno chiuso:
Versi 1-2
Musica A (vert)
Rime ab

3-4
A (clos)
Ab

5-6
B
cd

La forma del Lai prevedeva una seconda cobla con musica B, la prima vert, la seconda clos.
Altri generi sono caratterizzati da un impianto narrativo che si rifaceva alle Chanson de geste (la pi
celebre la Chanson de Roland) evidente nella Chanson de toile dove una dama lamentava le sue
pene damore; oppure da un impianto formale con strutture ripetitive:
-

Rondeaux schema v.1A v.2B v.3A v.1A v.4A v.5B v.1A v.2B

Ballade tre stanze intonate sulla stessa musica A A B

Virelai schema identico alla ballata italiana: AB CC AB AB

Estampida = musica strumentale del 1200-1300 con sezioni denominate puncta che si
ripetevano due volte.

Lo schema melodico fondamentale della chanson trovierica AB AB' CDEF, ecc., dove B e B'
differiscono soltanto nella cadenza finale: B = ouvert (cadenza sospensiva) e B' = clos (cadenza
conclusiva). Da questo schema modello sono derivate molte varianti, soprattutto in rapporto alla

posizione e alle iterazioni dei refrains (= ritornelli), nel cui gioco sarebbe possibile identificare i
primi esempi di rondeau e virelai. Uno schema strofico nella forma del rondeau si coglie in
Amereis mi vous:
Amereis mi vous, cuers dous,
AB
a cui j'ai m'amour donne?
Nuit et jours je pens a vous.
AA
Amereis mi vous, cuers dous?
Je ne puis durer sans vous,
AB
vostre grans biauteis m'agreie.
Amereis mi vous, cuers dous,
AB
a cui j'ai m'amour donne?

Mi amerete, o dolce cuore,


cui ho dato il mio amore?
Notte e giorno io penso a voi.
Mi amerete, o dolce cuore?
Io non posso durare senza di voi,
tanto mi piace la vostra gran belt.
Mi amerete, o cuore dolce,
cui ho dato il mio amore?

Tra le forme, assai diffusi furono i jeux-partis intonati alternativamente da due interlocutori sulla
stessa melodia, con un envoi (commiato) finale. Si leggano le prime due strofe (sezioni dialogiche)
del jeu-parti tra uno sconosciuto giovane e il re Thiebaut di Navarra:
1. Bons rois Thiebaut, sire, consoilliez moi: A
Une dame ai mout lonctemp ame B
De cuer leal, saichiez en bone foi, A
Mais ne li os descovrir ma pense; B
Tal paour ai que ne mi soit vee C
De li l'amors qui me destroint souvent, D
Dites, sire, qu'en font li fin amant? E
Souffrent il tuit ausi si grant dolour, F
Com il dient dou mal qu'il ont d'amor? G
2. Clers, je vos lo et pri que toigniez quoi; A
Ne dites pas por quoi ele vos he, B
Mais servez tant et faites le, porqoi A
Qu'ele saiche ce que vostre cuers be, B
Que par servir est mainte amors done. C
Par moz coverz et par cointes semblanz D
Et par signes doit on venir avant, E
Qu'ele saiche le mal et la dolor F
Que fins amis trait por li nuit et jor.
G

Re
Thiebaut,
sire,
consigliatemi:
ho molto amato e a lungo una signora,
con cuore leale e in buona fede;
ma non oso scoprirle il mio pensiero,
tale

il
timore
che
rifiuti
l'amore
che
sovente
mi
strugge.
Ditemi, sire, che fanno i sinceri amanti?
Soffrono davvero un dolore cos intenso
come dicono, per la pena che viene d'amore?
Giovane, vi prego vivamente che stiate sereno;
non chiedete perch ella vi abbia in odio,
ma siate suo servo e fate ch'ella sappia ci
di cui abbisogna il vostro cuore,
poich per servire molto amore dato.
Si deve procedere con parole allusive
e
sguardi
accorti
e
segni,
perch sappia la sofferenza e il dolore
che un sincero amante notte e giorno ha per lei

Il lai presenta spesso la struttura della coppia strofica propria della sequenza, dalla quale
sembra derivato.

Monodie profane in Germania: Minnesanger e Meistersinger

Sebbene l'esistenza d'una tradizione musicale autoctona non possa essere negata ai paesi di lingua
tedesca (si ricordino i canti goliardici), una ricca documentazione a noi giunta testimonia la nascita
d'un movimento ispirato agli ideali e ai modi della poesia e della musica francese e provenzale. La
presenza del troviere Guiot de Provins tra il seguito di Beatrice di Borgogna, che nel 1156 and

sposa all'imperatore Federico Barbarossa, assicura che almeno a quella data deve farsi risalire
l'inaugurazione di pi fitti rapporti tra l'arca francese e quella germanica. Tali scambi si effettuarono
sia grazie alla trasmissione di canzonieri, sia per i viaggi o per il soggiorno di giullari francesi nelle
corti germaniche. E noto, del resto, che intorno al 1200 Peire Vidal giunse fino all'Ungheria.
Minnesnger il termine con cui furono designati i poeti-musici tedeschi. Il loro movimento,
Minnesang (da Minne = amor cortese e Sang = canto), prese le mosse, a quanto pare, dalla Baviera
e dall'Austria, ma una seconda corrente, attraverso il basso Reno, lo introdusse in Renania, Turingia
e Svizzera.
I termini cronologici si possono fissare all'incirca tra il 1170 e la met del 1300 e abbracciano due
o tre fasi creative, sulla cui delimitazione gli specialisti non sono peraltro concordi.
La produzione dei Minnesnger ci conservata in fonti piuttosto tardive rispetto al loro periodo: le
principali sono il canzoniere di Jena (secolo XIV; 91 melodie) e quello di Colmar (secolo XVI;
contiene 107 melodie, alcune delle quali appartengono gi al pi tardo genere dei Meisterlieder).
La dipendenza dai modelli francesi fu pressoch totale fino al 1200: per questo periodo si
conoscono soltanto melodie presenti in fonti franco-provenzali le quali, con ogni probabilit, furono
adottate nel momento in cui si composero i testi tedeschi. Anche in seguito la creazione dei testi
risent fortemente del repertorio francese per il contenuto e le forme, per le immagini poetiche, la
terminologia cortese e la struttura strofica; analogie molto strette, del resto, si notano nelle melodie.
Per ognuno dei generi si riscontrano denominazioni corrispondenti:

Lied = chanson = canso

Tagelied = aube = alba

Wechsel = jeu-parti = tenso

Spruch = sirventes

usata di preferenza la forma di Bar (poema, canzone), la cui struttura poetico-musicale consiste
nella ripetizione di due Stollen (corrispondono ai piedi o mutazioni della nostra ballata), cui si
aggiunge l'Abgesang (ad esempio: AB+AB+CDE...); assai spesso l'Abgesang utilizza in vari modi
il materiale melodico degli Stollen creando rime musicali come AB+AB+CDB: in tal caso si ha il
tipo di canzone a rotundello. Nel Lied l'amore verso la gentildonna tende ad assumere aspetti pi
idealisti, quasi una devozione di natura cavalleresca; accanto al tema amoroso ricorrono con
frequenza l'esaltazione della natura e gli argomenti religiosi.
Tra i Minnesnger della prima generazione i pi noti sono: Friedrich von Hsen, Hartmann von der
Aue (autore anche del poema narrativo Der arme Heinrich), Reinmar il Vecchio e Rudolf von Fenis.
Uno stile pi personale rivelano i rappresentanti del secondo periodo: Walther von der
Vogelweide (autore tra l'altro d'un noto Palstinalied che si riferisce alla crociata del 1228 e

impronta la sua melodia su Lanquan li jorns on lonc en may di Jaufre Rudel); Wolfram von
Eschenbach (diventer il Wolfram nel Tannhuser wagneriano); Heinrich von Meissen, denominato
il Frauenlob forse perch in una tenzone canora aveva difeso il termine Frau (signora) invece di Wip
(donna); con la sua morte (1318) cominci il declino del Minnesang. Per ognuno di questi cantori
possibile indicare il modello o i modelli franco-provenzali da cui trassero ispirazione per le loro
opere.
Come la corrispondente produzione romanza, i Minnelieder presentano problemi d'interpretazione
ritmica, con la fondamentale differenza che la versificazione germanica fondata sul numero degli
accenti forti e non esige uguaglianza numerica delle sillabe non accentate. Ci impedisce che la
'teoria modale' possa essere applicata sistematicamente nelle trascrizioni.

Meistersinger e Geisslerlieder
L'eredit del Minnesang fu, in certo senso, assunta dal Meistersang (da Meister = maestri e Sang =
canto), che tuttavia si distinse dal primo per essere estraneo agli ambienti di corte e per
rappresentare l'espressione della classe borghese-cittadina.
Si soliti dividere il Mestersang in due filoni: il primo formato da cantanti girovaghi (il
rappresentante tipico Behaim); il secondo da scuole con sede stabile. Alle origini di queste ultime
istituzioni sta la figura dello stesso Frauenlob, che fu a capo della scuola di Magonza, il centro pi
autorevole dei Meistersinger prima che Hans Sachs (1494-1576) portasse a pari importanza la
scuola di Norimberga.
Per la loro analogia con i canti penitenziali, soprattutto italiani, e per aver anticipato alcuni tratti del
corale luterano, vanno inoltre ricordati i Geisslerlieder (Geissler = flagellanti), un repertorio di canti
popolari religiosi fiorito nell'Europa settentrionale nel secolo XIV, durante l'infuriare della peste
nera.

Penisola iberica e Italia: le Cantigas di Santa Maria e le Laude


La collocazione geografica favor un massiccio irradiamento della lirica provenzale anche in
Spagna e Portogallo. Non solo le corti di Catalogna, Castiglia e Aragona accolsero numerosi
trovatori, ma gli stessi signori catalani si esercitarono nel poetare (la parlata del Limosino era usata
in Catalogna prima che si imponesse il catalano). L'influsso provenzale si prolung in certe regioni
fino al secolo XV, ma la collezione pi grandiosa della monodia iberica era gi stata raccolta da

Alfonso X el Sabio,

re di Castiglia e di Len dal 1252 al 1284: si tratta delle Cantigas de Santa

Maria.
Con il termine cantigas si designavano i componimenti tanto sacri come profani della letteratura
gallego-portoghese. In questa lingua erano gi state composte sette canciones de amor attribuite al
joglar

Martin Codx

(inizio del secolo XIII), sei delle quali ci sono pervenute con una melodia in

notazione amensurale: un minuscolo precedente a paragone delle oltre 400 canzoni che formano la
raccolta di Alfonso. Per comprendere l'humus culturale dal quale sbocciarono le cantigas, basti
ricordare che il pi tardo dei trovatori, Guiraut Riquier, dimor a lungo alla corte di Alfonso.
Le cantigas celebrano in prevalenza i miracoli della Vergine e si ispirano ai Miracles de Notre
Dame del monaco troviere

Gautier de Coinci;

ci sono pervenute in alcune fonti, tre delle quali

conservano anche le melodie; sono anonime, ma non da escludere che alcune appartengano allo
stesso re Alfonso. La struttura strofica predominante ricalca quella del virelai francese: aperta da
un ritornello (estribillo), cui segue la estrofa chiusa nuovamente dall'estribillo; ma all'interno di
questo schema le varianti sono numerose. Un altro elemento derivato dalla tradizione francese la
presenza delle due cadenze sospensiva e conclusiva (overt e clos). Secondo Higinio Angls, editore
e studioso delle melodie delle cantigas, a redigere alcune delle fonti spagnole sarebbero stati tecnici
consumati nella paleografia musicale e perfettamente al corrente delle innovazioni musicali
europee, ivi compresa la produzione polifonica, a differenza dei copisti francesi e provenzali, i quali
erano pi letterati che musici; ancor meno preparati sarebbero stati i notatori dei laudari italiani, dai
quali sembra conosciuta soltanto la notazione quadrata gregoriana. [...]
Circa l'origine del modello strofico o dei modelli strofici impiegati nelle cantigas, dai primi decenni
del nostro secolo gode buona fortuna l'ipotesi d'un influsso arabo, che vede nello schema dello
zagial araboandaluso (e cio un tristico con volta e ritornello) il precedente metrico-strofico della
lirica romanza. Non mancano tuttavia studiosi che sostengono l'illogicit di attingere in repertori
diversi quei modelli che la stessa lirica sacra e profana in latino proponeva a poeti e musici. Perfino
lo schema del virelai, ad esempio, ricorre in componimenti mediolatini e addirittura in Spagna. Il
problema molto complesso e non esige, meno che mai in questa sede, una soluzione apodittica; si
devono peraltro tenere distinti i due aspetti, quello letterario e quello musicale. Se nell'ambito
metrico e poetico i canali di derivazione possono essere individuati o, pi esattamente, intravisti,
nulla di simile si verifica in campo musicale: per quanto concerne le melodie la teoria dell'influsso
arabo , fino ad oggi, una mera ipotesi.

Le Laudi

In Italia la poesia trobadorica ebbe una serie di effetti: le forme della ballata, tenzone, sirventese ne
furono direttamente influenzate; i poeti di scuola siciliana (Jacopo Protonotaro, Cielo dAlcamo)
cos come quelli della scuola toscana (Guinizzelli, Cavalcanti) o altri del nord (Sordello da Goito)
furono influenzati dai trovatori (alcuni di essi trovano spazio nella Divina Commedia: Arnaud
Daniel nel Purgatorio); cionondimeno alle forme poetiche (che recano nelle loro etimologie un
retaggio musicale: ballata, sonetto, canzone) non corrispose una prassi esecutiva monodica, che fu
forse appannaggio di giullari e improvvisatori (sappiamo peraltro che i poeti siciliani avevano una
formazione giuridico-notarile e non chiesastico-aristocratica come i trovatori; gli stessi poeti filosofi
dello stil novo incaricavano musicisti specializzati per intonare i loro testi: si pensi al Casella di
Dante).
Fu la nuova visione francescana del culto a dare nuovo impulso alla poesia religiosa in volgare (il
Cantico delle creature del 1224) e alla musica concepita come mezzo di lode innalzato da frati che
si facevano chiamare giullari di Dio (purtroppo il codice di Assisi che riporta le Laudes
creaturarum pone solo righi musicali senza note). La sensorialit mondana della musica era dunque
piegata alla devozione durante processioni che riflettevano il nuovo bisogno di forme penitenziali (i
fedeli sfilavano scalzi cantando laude, altri si autoflagellavano con cilici). I primi esempi di laudi si
registrano tra il 1200-1250: i Laudesi della beata vergine a Firenze nel 1233; o anche le Laude
dei Servi di Bologna. Furono dunque le nascenti confraternite di laici (per la maggior parte tutti di
estrazione sociale elevata) a promuovere il canto delle laude raccolti in sillogi dette Laudari (ne
sono giunte 200 ca.).
1) I Laudesi (la prima confraternita nacque a Siena nel 1267 in una chiesa domenicana) diffusero
la Lauda lirica e una relativa prassi esecutiva elaborata che necessitava di codici notati (ne
possediamo solo due integri: il Codice Cortonese 91 con 46 melodie con notazione quadrata su
tetragramma e il Magliabechiano della Nazionale di Firenze con 89 melodie).
2) I Disciplinati (movimento nato a Perugia nel 1260 da Raniero Fasani) svilupparono invece le
laude drammatiche sul tema della passione incentivando i primi esempi di teatro volgare italiano
(i manoscritti non recano notazione musicale anche se erano per certo cantati).
Laudesi e Disciplinati dunque percorsero strade con esiti diversi: i secondi crearono il teatro volgare
italiano (i manoscritti che li riguardano non hanno notazione musicale, ma sappiamo che le loro
laude erano cantate su due schemi melodici: quello pasquale e quello passionale); ai Laudesi
va riconosciuto il merito della diffusione delle laude liriche (i cui temi variano secondo il calendario
liturgico) e d'una prassi esecutiva tecnicamente curata; donde la necessit di strumenti idonei, come
i codici notati, due esemplari dei quali sono giunti integri fino a noi. Tuttavia, prima di descrivere
queste fonti, da menzionare un evento di vitale importanza nella protostoria della lauda, anteriore

alla formazione dei manoscritti pervenuti: voglio dire l'adozione dello schema strofico della ballata
profana. Malgrado l'infittirsi delle ricerche negli ultimi anni, l'interrogativo circa il responsabile del
fortunato trapianto rimane aperto: i candidati cui la critica ha dato via via preferenza sono Guittone
d'Arezzo, Jacopone da Todi e Garzo, l'unico nome di rimatore che, nel generale anonimato, appare
per auto-attribuzione nelle fonti.
Le melodie delle laude procedono di preferenza per intervalli congiunti ad andamento sillabico e
sono realizzate in rapporto dialettico tra solista e coro; le raffinatezze trovadoriche sono assenti e
forte linflusso della modalit ecclesiastica bench si prefigura una tensione verso i toni moderni
minore e maggiore. Il problema della definizione del ritmo permane anche per questo repertorio non
mensurato: le interpretazioni pi convincenti sono quelle che si basano sul rapporto tra testo e
musica portando in direzione di una variet interpretativa contro un assetto monotono e omogeneo
(del resto i testi stessi prevedevano versi irregolari secondo quello che si definisce anisosillabismo).
Nulla sarebbe pi lontano dal vero quanto la valutazione tendente a livellare nell'omogeneit
o, ancor peggio, nella monotonia le melodie delle laude dugentesche. L'analisi attenta rivela
una variet insospettata: dalla modulazione raffinata, al sapore di canto popolare;
dall'intonazione processionale semplice e austera, alla canzone a ballo; dal cantare narrativo e
drammatico che insiste sulle note ribattute (si pensi alla stanza di De la crudel morte de
Cristo), al tono ora eccitato, ora sereno e disteso e sicuro.

Uffici drammatici e dramma liturgico


Al confine tra ambito sacro e sfera profana si collocano alcune drammatizzazioni degli episodi
biblici ed evangelici di pi forte pathos. I primi esempi di generi liturgico-musicali con velleit
drammatiche sono i cosiddetti Uffici drammatici.
1) Gi nel IX sec. si verific una concezione dellUfficium concepito in maniera unitaria e
interamente versificato (forse sulla spinta offerta dagli Inni). Antifone e responsori, che prima
potevano non avere alcun nesso fra loro, sono ordinati secondo un ordine logico che conferisce
carattere narrativo (tanto che si parla di Historiae o Uffici metrici) e al posto dei testi in prosa si
colloca un assetto in esametri (altro segno della sudditanza nei confronti della classicit degli
ambienti culturali carolingi). Con gli uffici versificati si diffondono una serie di modelli
melodici poi ripetuti anche per testi diversi e in regioni distanti.
2) Gli Uffici drammatici nascono invece dalla tendenza alla drammatizzazione del rito che si fece
pi evidente tra IX e X secolo. La messa gi in s un dramma, inteso tuttavia secondo un
codice di natura simbolica e non di tipo mimetico come il linguaggio teatrale. Ciononostante
il racconto della passione per sua natura si prestava ad essere reso in forma drammatica (basti
pensare che era affidato a tre diaconi che leggevano le parti dei diversi personaggi). Nel periodo
carolingio dunque si intensificano racconti dialogizzati sulla passione, morte e risurrezione del

Cristo (il primo modello era il tropo basato sul dialogo tra gli angeli e le tre Marie al sepolcro:
Quem queritis in sepulchro o christicolae? Jesum Nazarenum crucifixum o caelicolae) e le
processioni, nelle quali per i celebranti con i paramenti sacri erano gli attori e i testi
restavano le antifone e i responsori dellUfficio. Graduale fu il trapasso verso ladozione del
linguaggio teatrale mimetico che impose abbigliamento adeguato e apparati scenici,
approfondimento psicologico dei personaggi impersonati non pi dallagente liturgico bens da
attori chierici o anche laici.
Il Dramma liturgico affonda dunque le sue origini nel tropo Quem queritis, che trov collocazione
autonoma nel Mattutino di Pasqua (la fonte il Tropario di Winchester) seguito da antifone che
prolungavano il dialogo fino al canto finale (Te deum laudamus) posto a conclusione del piccolo
dramma liturgico per musica in una sola scena (poi denominato Visitatio sepulchri), che conobbe
enorme diffusione in tutta Europa. A tale nucleo originario nei secoli XIII e XIV andarono ad
aggiungersi altre scene, con testi metrici non biblici e su melodie nuove.
Sempre legati al tema della passione sono poi i Planctus Mariae, dialoghi tra Giovanni, Cristo e
Maria; e il Peregrinus che rievoca il dialogo tra due discepoli e Cristo sulla via di Emmaus. Altri
episodi drammatizzati potevano riguardare personaggi biblici (il pianto di Rachele sui figli morti) o
del nuovo testamento (la conversione di Paolo, la risurrezione di Lazzaro). Il codice di Fleury
contiene alcuni drammi legati ai miracoli di S.Nicola (uno di essi Il figlio di Getrone sviluppa
addirittura una sorta di leitmotive primitivo per caratterizzare melodicamente i numerosi
personaggi). Un esempio di primo melodramma sacro fu il Ludus Danielis scritto alla fine del XII
secolo in latino e in ambiente scolastico: le ampie proporzioni, la variet musicale (50 melodie) la
caratterizzazione dei personaggi e la richiesta di scene di massa ne fanno una sorta di unicum.

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