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Bach

L’attività creativa di Bach, come di tanti altri compositori del tempo, nasce con il preciso
scopo di soddisfare un'esigenza pratica suggerita dalle particolari situazioni nelle quali
opera.
Un requisito indispensabile era la capacità di creare entro i termini di una ben
determinata e radicata tradizione.
La maniera di concepire la creazione musicale era determinata in primo luogo dalla
necessità di approntare partiture sempre nuove in tempi brevi. Seguire i modi di
scrittura dominanti nella tradizione facilitava indiscutibilmente l'esercizio del mestiere
compositivo. Bach scrisse almeno una cantata a settimana per molti anni.
DI norma stendeva la partitura senza indicarne la strumentazione, poi la provava al
cembalo.
Nutrì uno straordinario interesse per le opere altrui, antiche o moderne, che egli copiava
di proprio conto, prassi faticosa ma consueta nel Settecento. Da questo studio scaturì la
perfetta padronanza in ogni campo della musica.
Particolare predisposizione a raccogliere, espandere ed esaurire nella propria musica
elementi stilistici e formali comuni agli inizi del Settecento, e a fonderli con la propria
eredità luterana radicata nella scrittura polifonica.
A sollecitare l’estro inventivo di Bach è soprattutto
- il rigore dei procedimenti contrappuntistici;
- attenzione costante alla forza dell'imitazione canonica, al ricco tessuto di
correlazioni motiviche, alla maniera sempre nuova di presentare il materiale
tematico (variazione);
- Concentrazione del materiale tematico: un’idea ridotta alla sua più pura
essenzialità viene elaborata fino al limite delle sue possibilità. L'elaborazione
dell’idea musicale avveniva in maniera del tutto spontanea, a dimostrazione della
grande padronanza tecnica che egli possedeva.

Fuga

Tipo di composizione fondata su procedimenti contrappuntistici imitativi. La fuga non


adotta uno schema strutturale ben preciso, viene considerato piuttosto un procedimento
compositivo basato sulla tecnica della elaborazione contrappuntistica rigorosa, severa e
sapiente di un unico elemento tematico (denominato soggetto). Unico vincolo formale
della fuga è la presentazione iniziale del soggetto alternativamente nelle diverse parti o
voci, nella tonica e poi nella dominante (risposta), presente contemporaneamente ad un
libero controcanto denominato controsoggetto. L’esposizione è strutturata in modo che il
soggetto e la risposta compaiano almeno una volta in tutte le singole parti che
costituiscono l’intreccio polifonico. Le entrate del soggetto devono effettuarsi su altezze
diverse, ma senza alcun ordine prestabilito di successione.
La fuga può avere due o più soggetti, ciascuno dei quali presenta una propria esposizione.
Può anche avere più di un controsoggetto, che a volte sostituisce completamente il
precedente.
Il materiale espositivo viene elaborato secondo i principi della modulazione (riesposizioni
del soggetto o di frammenti di esso in nuove tonalità), della variazione (il soggetto e altri
motivi dell’esposizione sono trasformati melodicamente e ritmicamente, possono essere
disposti per moto contrario o retrogrado ecc), e dell’imitazione libera o canonica.
L’elaborazione presenta zone alterne di tensione e distensione che molto spesso
culminano in episodi denominati stretti, in cui il soggetto e la risposta sono presentati a
distanze ravvicinate rispetto a quelle dell’esposizione.
La fuga è una conversazione tra un insieme di voci in cui nessuno accompagna e nessuno
prevale. (Vogler)
Nel XVI secolo il termine “fuga” si riferiva all’impiego di un tipo particolare di tecnica
contrappuntistica, quella dell’imitazione canonica.
Intorno al 1600 i tedeschi usavano il termine come sinonimo di ricercare o di canzone
francese.
Dalle antiche composizioni di questo tipo Bach si contraddistingue per l’impianto
strettamente tonale che governa il discorso musicale, con tutte le attrazioni armoniche
gravitanti intorno a centri tonali ben definiti.l Furono proprio le esigenze del nuovo sistema
tonale, articolato nei due modi maggiore e minore, a ispirare la conformazione dei soggetti e
a regolare il piano delle modulazioni.

Das wohltemperierte Clavier, oder Praeludia, und Fugen durch alle Tone und
Semitonia

Molte fughe di Bach furono concepite con finalità didattiche. Tra questi lavori figura la
monumentale raccolta Il clavicembalo ben temperato ovvero Preludi e Fughe attraverso
tutti i toni e semitoni. La raccolta consiste in due parti: il Libro I (BWV 846-869) fu
terminato a Kothen nel 1722, mentre il Libro II (BWV 870-893) venne messo insieme a
Lipsia nel 1744, sfruttando in parte pezzi scritti in precedenza.
Ogni libro contiene 24 preludi e fughe, uno per ogni tonalità maggiore e minore, disposti
secondo l’ordine tonale della scala cromatica (da Do maggiore a Si minore).
L’intenzione di Bach è quella di sfruttare tutte le possibilità tecniche offerte dagli strumenti a
tastiera (cembalo, spinetta, clavicordo e l’organo che i tedeschi indicavano con il termine
Klavier) di suonare in tutte le tonalità con l’aiuto del sistema di accordatura “temperato”,
concepito allo scopo di superare le differenze di intonazione esistenti fra diesis e bemolle
negli strumenti a tastiera: l’ottava fu pertanto suddivisa in dodici semitoni uguali (diesis
enarmonicamente equivalente al bemolle).
Tra coloro che nel Cinquecento e il Seicento proposero accordature fondate sul
temperamento equabile figurano Vincenzo Galilei (Discorso intorno alle opere di Zarlino,
1589) e Giovanni Maria Artusi (L’Artusi, overo Delle imperfettioni della moderna musica,
1600)
Tra i compositori che sperimentarono questo sistema di intonazioni figura Joann C.F.
Fischer, autore della raccolta Ariadne musica (1702), che certamente servì da modello a
Bach per il suo CBT.
Nel frontespizio autografo del Libro I si legge che la raccolta fu concepita “ad uso della
gioventù studiosa e musicale e ancora a ricreazione di coloro che sono già versati nella
musica”.
Nei preludi, che svolgono una funzione introduttiva alle fughe, l’esecutore è posto di fronte a
una varietà di atteggiamenti stilistici e tecnici. Nel secondo libro i preludi hanno maggior
ampiezza rispetto a quelli del primo.
Le fughe impiegano una straordinaria varietà di procedimenti formali, di modelli compositivi,
di soluzioni nello sviluppo della trama contrappuntistica, si da costruire un compendio di tutte
le possibilità di una scrittura fugata monotematica.

Clavier-Ubung

Altra raccolta creata per finalità didattiche sono gli Esercizi per tastiera edite in quattro
parti nel 1731, 1735, 1739 e 1741.
La prima parte comprende sei suites intitolate Partite (BWV 825-830), ciascuna preceduta
da un entrée
La seconda parte si propone di trasferire alla tastiera i tratti stilistici della musica orchestrale
italiana e francese.
- Il Concerto italiano fu creato espressamente per un clavicembalo a due manuali,
indispensabili per ottenere gli effetti di piano e forte ad imitazione del contrasto fra il
“tutti” e il “solo”, caratteristica propria del concerto vivaldiano sul quale Bach si era
formato negli anni di Weimar.
- Come le suites orchestrali, l’Ouverture francese si apre con una ouverture alla Lully
in tre sezioni (Adagio-Allegro-Adagio)
La terza parte comprende quattro duetti da eseguire su organo.
La quarta parte porta il titolo di “Aria con 30 differenti variazioni per clavicembalo con due
manuali” ma è generalmente nota con come Variazioni Goldberg, scritte per questo giovane
clavicembalista allievo di Bach al servizio di Dresda del barone von Keyserlingk, il quale
commissionò il lavoro. Con la sua struttura logica e rigorosa oltre che di grande difficoltà
esecutiva, l’opera è un compendio enciclopedico delle più diverse tecniche tastieristiche:
arpeggi rapidi, impiego del trillo nelle voci interne, scale, giochi ritmici alla Scarlatti
(variazione 23), passaggi per terze. Il basso e la sua struttura armonica vengono conservati
essenzialmente per tutte le variazioni.

L’Offerta musicale e l’Arte della fuga

Nell’ultimo decennio della sua vita Bach prestò particolare attenzione alla dimensione
astratta, speculativa, razionale e calcolata della creazione musicale, richiamandosi alle fonti
delle tecniche musicali arcaiche basate sul rigore della scrittura contrappuntistica.
L’Offerta musicale (BWV 1079) del 1747 e L’Arte della fuga (BWV 1080) del 1740-50
costituiscono insieme alla Variazioni Goldberg le sillogi più stupefacenti per magistero
tecnico della sperimentazione contrappuntistica bachiana.
Ciascun ciclo, pur essendo caratterizzato da caratteristiche proprie, ha in comune
l’assunzione di un unico elemento tematico che viene manipolato in maniera sistematica fino
al limite delle possibilità, secondo i processi della scrittura fugata e della imitazione
canonica.
L’Offerta musicale presenta più volte uno stesso tema chiamato thema regium perchè
proposto da Federico II “il Grande” di Prussia, su cui Bach improvvisò una fuga a tre voci
quando si recò nella residenza reale di Potsdam a sud di Berlino nel maggio 1747. Di ritorno
a Lipsia, Bach preparò e fece stampare un ciclo di tredici brani di forma e lunghezza diverse
basate sul thema regium. In apertura del primo foglio della prima edizione, dedicata a re
Federico, si legge l’acrostico Regis Iussu Cantio Et Reliqua Canonica Arte Resoluta (pezzo
realizzato per ordine del re e altri brani risolti secondo l’arte del canone) dove le iniziali
formano la parola RICERCAR, titolo dei brani più importanti della raccolta.
L’opera è costituita da nove canoni, una fuga canonica, due fughe (arcaicamente chiamate
Ricercar, di cui una a sei voci) e una sonata a tre per flauto (strumento di re Federico),
violino e basso continuo.
L’arte della fuga è l’opera in cui Bach dimostra di saper unire la più esperta padronanza
della tecnica contrappuntistica a un impareggiabile spontaneità e ad una qualità espressiva
inconfondibile.
Nella partitura autografa mancano le indicazioni relative all’organico, al tempo, alla dinamica,
e il titolo originale fu aggiunto a posteriori da Johann C. Altnikol, genero e allievo di Bach.
L’opera fu indubbiamente concepita per lo studio e destinata ai conoscitori dei sistemi
contrappuntistici più complessi.
Si compone di 19 brani tutti basati su un unico tema, e arrangiati in ordine di complessità
sempre crescente. 14 contrapuncta, 4 canoni e una fuga finale a tre soggetti, il terzo dei
quali viene annunciato sulle note che secondo la nomenclatura tedesca corrispondono al
nome di Bach (B: Sib; A: La; C: Do; H: Si)
Tutti i costrutti della composizione sono posti in stretta relazione tra loro e ogni idea
musicale trova coerente continuazione con la successiva. Si tratta di una modalità di
pensiero molto vicina alle teorie filosofiche dei razionalisti tedeschi

Le cantate e le passioni

Eseguite nell'ambito della funzione religiosa luterana, avevano il compito di suggerire ai


fedeli motivi di meditazione e riflessione sui testi evangelici. La musica svolgeva la funzione
di complemento al sermone.
Sin dal XVII secolo, la cantata sacra era stata ampiamente praticata nei paesi luterani.
I testi, spesso in tedesco ma a volte anche in latino, erano tratti dalla Bibbia, specialmente
dai vangeli.
Intorno al 1700 sulla cantata sacra luterana si fece sentire l’influsso dell’opera seria e della
cantata da camera italiana mediante l’introduzione del recitativo e di molti tipi di arie,
soprattutto di quella col da capo. Questo genere di cantata richiedeva un nuovo tipo di testo
con una versificazione differenziata che fosse funzionale alle tre possibilità dell’esecuzione
solista (recitativo, arioso e aria) oltre che ai brani per coro. All'invenzione dei testi da
musicare provvidero numerosi poeti minori, spesso pastori luterani, preoccupati di attuare
un’interpretazione individuale e personalizzata dei fatti biblici. I testi evangelici vennero
interpolati con libere intersezioni poetiche di carattere meditativo-sentimentale basate sulle
letture sacre del giorno (o nel caso delle Passioni sul particolare periodo liturgico).
A favorire il sorgere di queste nuove tendenze letterarie fu il movimento religioso tedesco
sotto il nome di “Pietismo”, che si basava sul diritto dell’individuo di sentire spontaneamente
la propria religione. I pietisti cercavano Dio soprattutto nell’intimo della propria anima
piuttosto che nei dogmi della teologia razionale, che essi ritenevano soffocasse lo spirito.
Nelle preghiere e nei canti essi pertanto sentivano il bisogno di ripudiare le formule troppo
aride e pedanti, per abbandonarsi a una fede che sgorgasse dall’intimo del cuore.
La musica italiana del melodramma e della cantata offriva un modello straordinario e una
vasta gamma di strumenti espressivi funzionali alla realizzazione di situazioni affettive.
Nelle sue cantate Bach adopera una molteplicità di combinazioni testuali con una
distribuzione dei pezzi solistici e corali continuamente mutevole di cantata in cantata.
La maggior parte delle cantate contengono recitativi, duetti e arie e terminano di regola con
una strofa di corale a quattro voci prevalentemente omofono.
Moltissime cantate presentano all’inizio un grandioso coro con ritornelli strumentali
concertanti; la melodia del corale viene eseguita da una voce in valori lunghi e
contrappuntata liberamente dalle altre voci. Il testo del brano di apertura è spesso desunto
da un passo della Bibbia.
Nella tecnica compositiva entrano in gioco sezioni in stile imitativo sull’esempio del mottetto,
a volte con l’impiego di alcuni artifizi tecnici per raffigurare musicalmente il significato di
singole parole.
Nella cantata per la Domenica di Pasqua “Cristo giacque nei vincoli della morte” (BWV 4)
Bach svolge diversamente l’una dall’altra ognuna delle strofe del famoso corale di Lutero. La
melodia del corale è presente come cantus firmus in veste ritmica sempre diversa.
Tra le cantate più intensamente drammatiche figura “Gesù, che la mia anima” (BWV 78),
dove si racconta l’episodio della guarigione dei dieci lebbrosi. La composizione va
considerata come una meditazione sulla redenzione e sull’amore di Cristo per il peccatore.
Delle cinque passioni che Bach scrisse soltanto due ci sono pervenute in forma completa: la
Passione secondo Giovanni (1724) e la Passione secondo Matteo (1727), entrambe
concepite nello schema formale della “Passione-oratorio”, elaborata su un testo poetico
ispirato al tema della Passione di Cristo. L’impianto generale era identico a quello della
cantata sacra:
- brani per coro in stile mottetistico;
- corali liturgici armonizzati e intonati dal coro;
- recitativi semplici e accompagnati, ariosi;
- arie solistiche a più voci
Il testo è formato da:
- narrazione evangelica tratta della Bibbia
- liberi testi poetici per le aria, gli ariosi, i cori più ampi, con funzione di commento al
testo evangelico
- corali liturgici.

Nella produzione bachiana sono presenti anche tre lavori denominati oratori, che non sono
altro che ampie cantate. Si tratta di:
- Oratorio per l’Ascensione BWV 11, articolato in 9 brani
- Oratorio di Pasqua BWV 249
- Oratorio di Natale BWV 248, tra le opere più vaste di Bach: sei parti per un totale di
sessantaquattro brani per le feste liturgiche comprese tra il Natale e l’Epifania.
Nella Passione secondo Matteo Bach attinge all’intero repertorio delle forme tratte dalla
musica sacra e profana per utilizzarle nell’interpretazione musicale dell’argomento biblico più
sublime. Già dalle sue dimensioni si rivela l’ambizione di far più di quanto sia mai stato fatto
fino a quel momento nel genere della Passione-oratorio, una scelta senza dubbio compiuta
consapevolmente. La materia centrale compositiva di questa passione si trova nei brani lirici,
ovvero nelle intense riflessioni sulle singole scene della storia della Passione.
Le due opere sono inoltre caratterizzate dalla ricchezza di elementi stilistici che Bach
impiega per illustrare il testo.
Grande capolavoro della musica sacra è la Messa in Si minore BWV 232 per voci soliste,
coro e complesso strumentale. A differenza delle cantate sacre i diversi brani furono
realizzati in un arco di tempo molto lungo. La partitura consta di 25 numeri, di cui 16 sono
cori, tre duetti e sei arie solistiche.
Per alcuni brani Bach adottò il procedimento della parodia, che consisteva nel reimpiego e
adattamento di materiale musicale precedentemente composto.
Nella Messa si fa ricorso a più stili fra loro contrastanti. Alcuni cori sono caratterizzati da
procedimenti contrappuntistici tipici del cosiddetto “stile antico”, altri invece sono scritti nel
più moderno stile concertato.
Come molti altri maestri nordici del suo tempo Bach fa un uso ampio e consapevole di figure
retorico musicali per illustrare e rappresentare determinate parole e concetti suggeriti dal
testo poetico.

Le opere strumentali di Bach

Tra i lavori strumentali più celebri figurano i sei concerti conosciuti con il nome di Concerti
brandeburghesi BWV 1046-1051. Si tratta di opere composte durante il periodo di Weimar
e di Kothen: probabilmente furono concepite come una sorta di piccolo campione
dimostrativo delle varie risorse esecutive associate al genere del concerto solistico o
d’insieme.
Ad ogni concerto corrisponde un organico di volta in volta differente.
Bach reinterpreta il modello vivaldiano e lo arricchisce della scrittura contrappuntistica e di
una rigorosa coerenza costruttiva. Mentre però in Vivaldi vige in genere il criterio della
differenziazione fra il “solo” e il “tutti”, in bach vi è frequentemente un’integrazione tra gli
episodi del “tutti” e le sezioni del “solo”, che spesso sono legati tematicamente tra loro.
Nell’ultimo dei concerti per la prima volta viene conferito al clavicembalo un ruolo di prestigio
in mezzo all’orchestra con estesi passi solistici piuttosto che essere relegato alla semplice
funzione di strumento che realizza il basso continuo.
Tra i lavori orchestrali figurano inoltre le quattro Ouvertures BWV 1066-1069, composizioni
di stile francese adattissime all’ambientazione festosa e cerimoniosa di corte.
Prevaleva all’epoca l’uso di indicare con il termine ouverture la suite di danze che seguiva il
brano di apertura di ciascun lavoro strumentale.
Bach ha inoltre scritto un considerevole numero di lavori cameristici, nei quali a volte il
clavicembalo svolge la funzione di strumento concertante come non era mai stato prima di
allora.
Un posto di rilievo occupa la raccolta di tre sonate e tre partite per violino solo senza
accompagnamento (BWV 1001-1006). Sono lavori che richiedono un esecuzione polifonica
altamente virtuosistica alla quale si accompagna una ricchezza espressiva tipica dello stile
bachiano. Le sonate seguono lo schema di quattro tempi - adagio, fuga, andante, allegro -
mentre le partite adottano una successione di danze, perlopiù concepite secondo il classico
schema della suite - allemanda, corrente, sarabanda, giga.
La secolare arte organistica trova in Bach il coronamento supremo. Il repertorio organistico
di questo periodo si era indirizzato verso l’arte della variazione su corale, della fantasia su
corale e specialmente del preludio-corale destinato a precedere l’esecuzione vocale del
corale stesso. Alle composizioni per organo egli dedicò buona parte delle sue energie
creative. Durante il periodo di Weimar Bach progettò di portare a termine la composizione di
tanti preludi organistici quanti ne erano necessari per l’intero anno liturgico, ma dei 164
corali programmati solo 45 vennero completati e furono compresi nella raccolta intitolata
Piccolo libro d’organo BWV 599-644. Dichiaratamente didattico è l’intento della raccolta,
che reca nel frontespizio del manoscritto autografo la seguente intitolazione:
Piccolo libro d’organo nel quale si dà ad un organista principiante un metodo per eseguire in
tutte le maniere un corale e nel medesimo tempo per perfezionarsi nello studio del pedale
(non facoltativo) [...]
Bach possedeva una straordinaria conoscenza di tutte le possibilità espressive e tecniche
dell’organo.

Gli oratori inglesi di Handel

Frutto di un’esperienza teatrale vissuta di persona nei teatri italiani durante la sua gioventù e
del contatto con le partiture dei musicisti più in vista del tempo (Scarlatti,Hasse e altri), il
dramma musicale di Handel pone l’accento sulla brillantezza e sulla potenza espressiva del
canto virtuosistico, che vuol dire preponderanza delle arie solistiche, scarsità dei brani a più
voci e inesistenza del coro.
Per le sue opere Handel si avvalse quasi esclusivamente di libretti italiani.
Compositore versatile e cosmopolita, egli si rivolse anche al genere dell’oratorio religioso in
lingua inglese, una specie di teatro epico non scenico destinato ad essere eseguito a teatro
o in grandi saloni, raramente in chiesa. Il soggetto era generalmente tratto dall’Antico
Testamento, ma non sempre. Dal 1732 al 52 Handel compose venti oratori inglesi, alcuni dei
quali godettero di una fortuna ininterrotta in Inghilterra e in Germania.
Nel 1732 Handel presentò al pubblico di Londra l’elaborazione di un lavoro scritto un
decennio di anni prima, l’Esther, che diventò il prototipo degli oratori handeliani. Il grande
successo di quest’opera lo spinse a comporre altri oratori su testi sacri come Deborah e
Athalia del 1733, prima di passare al gruppo di oratori epici su soggetti biblici aperto da Saul
(1739) e concluso dallo Jephta (1752).
La ragione del successo degli oratori handeliani va ricercata in diversi fattori, in primo luogo
nella grandiosità di concezione e nella straordinaria vigoria espressiva della veste musicale
che egli seppe dare ai soggetti biblici. In molti oratori il coro ha la funzione predominante e
come nella tragedia greca sta contemporaneamente dentro (personaggio collettivo) e fuore
dell’azione (commento o meditazione sugli episodi salienti). L’attenzione che egli dedica al
coro si inscrive nella tradizione del canto corale e si ricollega alla pratica degli anthems
(cantate su testi in inglese). Handel si dedicò a questo genere scrivendo 11 anthems per la
cappella privata del duca di Chandos (noti appunto come Chandos Anthems,1717-1720) e
altri 4 per l’incoronazione di Giorgio II (Coronation Anthems, 1727).
Handel seppe interpretare i gusti e le tendenze del pubblico inglese. Pur non avendo
destinazione liturgica, gli oratori di Handel erano ammirati perché si conformavano agli ideali
religiosi morali e politici che infiammavano l’Inghilterra in quegli anni. L’elevatezza morale
che sovrasta i racconti biblici era pertanto motivo di grande interesse per un largo settore
dell’opinione pubblica inglese del tempo. I libretti mettono infatti in risalto le virtù morali, il
coraggio e l’amicizia, l’amor di pace, la giustizia, l’obbedienza e via dicendo.
Nel Messiah (1742) viene affrontato il tema cruciale della vera natura e missione di Cristo.
Le tre parti del libretto fondono in un tutto unico frammenti delle profezie, brani dai Vangeli,
le Lamentazioni, i Salmi. Numerosi sono i brani corali (21), il più famoso dei quali è
l’Halleluja!. Ampio impiego trovano inoltre le arie solistiche di stile operistico(16), mentre
modesta è la presenza di recitativi (8 accompagnati e 5 semplici).
Altro fattore che contribuì alla fortuna di Handel presso il pubblico inglese fu la vena
patriottica sottintesa nei soggetti biblici. In un’era di espansione coloniale e commerciale, ma
anche di pericolo proveniente dall’esterno (la Scozia minacciava la reggenza degli
Hannover) che stava attraversando la nazione inglese, bisognava stimolare lo zelo
patriottico, rinsaldare la fiducia e l’orgoglio del Paese. A questo scopo alcuni oratori
handeliani funzionavano perfettamente, poiché celebrano gli affetti sublimi e le eroiche
imprese della nazione ebraica. L’analogia con gli ebrei dell’Antico Testamento era
seducente agli occhi degli inglesi di quest’epoca. Specialmente in Israel in Egypt e in
Judas Maccabaeus, ampio spazio è dedicato ai momenti di pericolo o di incertezza che
vengono superati con l’aiuto di Dio. Il coro in particolare è portavoce delle aspirazioni della
nazione ebraica e non a caso rappresenta in questi lavori l’elemento vistoso di attrazione per
l’ascoltatore. Nell’Israel in Egypt compete al coro un ruolo drammatico rispetto ai personaggi
individuali e talvolta la scrittura corale viene impiegata in funzione pittorico-descrittiva.

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