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Metodologia della ricerca storico-musicale

7/11/2022 - lezione 1
Problematiche relative alla stesura di un testo di natura musicologica. Di base, saper effettuare
una ricerca; come si fa una ricerca?
CALENDARIO DELLE LEZIONI: lunedì 11.30-13.30. Novembre 7-14-23 (a Venezia è festa
e il conservatorio è chiuso il 21)-28 Dicembre 5-12-19 Gennaio 9-16-23 (mercoledì)

Da studiare 3 saggi, tratti dall’enciclopedia di …? che riguardano le biblioteche, le opera


omnia, la ricerca musicologica, la figura del musicologo.
La prova di idoneità consiste in alcune domande su questi saggi; e poi la presentazione di due
abstract, ossia la sintesi di un testo musicologico. Immagina di aver scritto una tesi, di cui devi
fare l’abstract, ossia il riassunto – utile per la commissione, o per un convegno – della tesi.
Parentesi sulla bibliografia di una ricerca, o tesi. La bibliografia è l’elenco delle fonti (questo è
il termine giusto) utilizzate per la ricerca. Le fonti possono essere primarie o secondarie. Le
fonti primarie:
• La composizione di cui mi sto occupando (manoscritto o edizione a stampa corretta
dall’autore)
• Lettere, scritti, pensieri del compositore; dipende dal punto di vista del ricercatore se
uno di questi testi è una fonte primaria o secondaria
Nella bibliografia si inseriscono solo le opere citate o anche quelle che sono state fonte di
ispirazione? La corrente di pensiero principale è che si mettono solo testi che sono stati
direttamente citati nella tesi.
L’abstract deve essere sintetico, veloce e di facile lettura, ma completo. Il titolo deve essere
identico a quello della tesi. L’abstract non prevede la bibliografia; tuttavia per l’idoneità,
l’abstract va costruito su una bibliografia. Quindi bisogna presentare anche la bibliografia
dell’ipotetica tesi.
Cos’è lo spartito? E’ una riduzione per voce e pianoforte di un melodramma. Le altre sono
parti o partiture.
La prima cosa per scrivere una tesi è cominciare dall’indice.
Poi inizia la ricerca dei testi; la cosa migliore è usare www.iccu.sbn.it (sistema bibliotecario
nazionale, istituto centrale per il catalogo unico). opac.sbn.it è il catalogo nazionale, dove si
può fare una ricerca su tutte le biblioteche del territorio nazionale.
La ricerca si fa tramite parole chiave, titoli, autori.
Per quanto riguarda Venezia, c’è il catalogo polovea.sebina.it che raccoglie le biblioteche di
Venezia.
Quali sono le principali tipologie di fonti secondarie? Il Repertorio Internazionale della
Letteratura Musicologica (RILM, Répertoire International de Littérature Musicale) – siamo nel
campo delle fonti secondarie – è sia cartaceo che online (non consultabile direttamente, ma
tramite abbonamento) e fornisce informazioni sulle fonti secondarie inerenti alla composizione
di nostra ricerca. Ci sono articoli, libri, dissertazioni, recensioni e commentari. Ecco cosa
troviamo nel RILM:
➔ Articoli: in raccolte di saggi (un saggio è come un articolo più consistente), articoli
sciolti; nei periodici (i quotidiani sono considerati da alcuni periodici, da altri no). I
periodici sono fondamentali, perché rappresentano la parte più aggiornata della ricerca
(il volume esce sempre con un po’ di ritardo sulla ricerca più aggiornata). Ad esempio
La nuova rivista musicale italiana. A scaffale, solitamente, le biblioteche espongono
solo i numeri più recenti delle riviste, tutto il resto non è a scaffale ma in magazzino, e
bisogna fare richiesta per consultarli. Ci possono essere utili anche i quotidiani
(quotidiani e periodici si possono trovare anche a parte della biblioteca, o all’interno
della biblioteca, in una emeroteca). [anche le voci di dizionari ed enciclopedie possono
essere considerate articoli]. Esistono anche i periodici monografici, dove possiamo
trovare un solo argomento per edizione pubblicata (ad esempio la rivista musicale
italiana, prima di diventare la Nuova rivista musicale italiana.
➔ Festschriften (Festschrift): sono scritti celebrativi, per ricordare o celebrare uno
studioso, un accademico, un professore universitario, scritti da persone che hanno
avuto a che fare con la personalità celebrata e con il suo campo di studi.
➔ Atti di convegno: si incaricano i relatori di un convegno di mettere per iscritto le
relazione portate a voce durante il convegno.
➔ Libri: raccolte di saggi (sono pur sempre libri). Anche gli scritti celebrativi possono
essere compresi nella sezione dei libri. Monografie: libri che trattano un solo
argomento. Esistono anche i periodici monografici, dove possiamo trovare un solo
argomento per edizione pubblicata (ad esempio la rivista musicale italiana, prima di
diventare la Nuova rivista musicale italiana; in questo caso vengono inseriti anche nella
categoria libri. Anche gli atti di convegno si possono trovare in questa categoria.
Traduzioni.
➔ Dissertazioni: tesi di dottorato, tesi.
➔ Commentari: ad esempio i programmi di sala (sono considerati sempre letteratura
musicologica); note e guide all’ascolto inserite nei CD.
➔ Recensioni: categoria che riguarda la critica musicale (come anche il programma di
sala, che è una tipologia di critica musicale). Possiamo avere articoli di quotidiano, o
periodico; recensioni di libri… ci sono articoli che recensiscono qualcosa ma anche
articoli che recensiscono articoli.
Metodologia della ricerca storico-musicale
14/11/2022 - lezione 2
Le quattro categorie degli strumenti e delle fonti utili per una tesi o un documento di ricerca.
(Fonti: primare e secondarie)
• Letteratura delle fonti
• Letteratura musicologica
◦ primaria
◦ secondaria
• Strumenti di supporto alla ricerca
Torniamo sul concetto di fonte primaria: è quella che ha origine in un periodo che possiamo
considerare vicino alla pratica, al contesto, all’opera musicale, al personaggio di cui ci dà dalle
informazioni. Si colloca in un periodo vicino all’oggetto della nostra ricerca (non
necessariamente coincidente). Può essere un oggetto ma anche altro; è una cosa che può
avere degli attori: chi ha partecipato personalmente all’evento musicale, ad esempio (non
necessariamente un musicista). Ad esempio uno spettatore di un concerto, può diventare fonte
primaria (perché ha ascoltato direttamente l’artista suonare e darci le sue informazioni anche
dopo tanti anni); nel caso specifico si tratta di una fonte orale.
Partiamo invece dalle fonti scritte: con fonte scritta si intendono tutti i dati tramandati da un
qualsiasi sistema segnografico (parole scritte, o notazione musicale, o altro).
Le fonti scritte possono essere dirette quando consentono di avere autonomamente e senza
mediazioni dati e informazioni (su componimenti, su eventi musicali, insomma l’oggetto della
nostra ricerca).
Quali sono le fonti scritte dirette con cui abbiamo a che fare di solito? Sono i documenti
musicali:
• partiture,
• spartiti
• parti
• intavolature – che è un sistema grafico utilizzato da liutisti, chitarristi, cembalisti,
organisti, che indica corde e tasti
• trattati musicali
e quelli testuali:
• testi verbali che fanno parte integrante o accessoria dell’oggetto della nostra ricerca –
ad esempio il programma della Sinfonie Phantastique di Berlioz, oppure i libretti
d’opera
Poi ci sono le fonti scritte indirette:
• materiale archivistico: locandine, recensioni, programmi di sala
• fonti legislative e normative; ad esempio le fonti epigrafiche e sfragistiche. Sfragistica è
la scienza che studia i sigilli; l’epigrafica studia ciò che è riportato su una superficie di
pietra (ad esempio una lapide al cimitero su cui sono riportate informazioni su un
autore)
• fonti cronachistiche, cioè le cronache musicali dell’epoca
• fonti letterarie in generale: diari, epistole (o i quaderni di conversazione di Beethoven)
• fonti emerografiche, cioè i quotidiani
Torniamo a fare pratica di ricerca sull’opac sbn. La differenza tra articoli e saggi sta soprattutto
nella lunghezza (l’articolo è più breve del saggio) inoltre l’articolo di solito è scritto in colonne.
Cos’è uno spoglio? Quando ho di un periodico l’estrapolazione di saggi o articoli in esso
contenuti, e li vado ad inserire online nel sistema ISBN.
Infine parliamo delle fonti non scritte, dirette o indirette.
Ad esempio, una intervista audio o video a un musicista è una fonte diretta, non scritta, che
può essere primaria o secondaria, a seconda di quale sia l’oggetto della ricerca (se l’oggetto
della mia ricerca è il musicista intervistato, allora sarà una fonte primaria – se riguarda un
argomento altro, di cui parla il musicista, allora è una fonte secondaria).
Le fonti non scritte dirette possono essere:
✔ fonti orali o audiovisivi (o anche solo materiale audio), come ad esempio la
registrazione di un concerto dal vivo
✔ documenti visivi e sonori; la distinzione rispetto alle fonti orali o audiovisivi è molto
sottile, ma si può dire che i documenti visivi e sonori descrivono l’evento sonoro in sé,
cioè non l’esecuzione vera e propria ad esempio del concerto, ma la riproduzione della
registrazione (mediata attraverso il mezzo di registrazione e riproduzione)
Metodologia della ricerca storico-musicale
23/11/2022 - lezione 3
Infine abbiamo le fonti non scritte indirette:
✔ interviste
✔ fonti iconografiche musicali
✔ fonti archeologiche (ad esempio vasi dipinti antichi)
✔ arredi, strutture architettoniche, e altri oggetti che riguardano sia la produzione musicale
che la fruizione musicale (ad esempio quanti biglietti venivano strappati in una
determinata stagione teatrale in un teatro)
✔ strumenti musicali, siamo nel campo dell’organologia
✔ documenti fotografici e cinematografici-non sonori. (questi possono essere messi anche
tra le fonti non scritte dirette)
✔ fonti ibridate: quelle che hanno a che fare con il digitale e lo scritto (es. Wikipedia, ecc.)

Letteratura delle fonti. Di che si tratta? Sono diverse cose: si tratta dell’insieme delle
conoscenze, dei documenti che ci parlano delle fonti. Spiegano l’oggetto della ricerca.
C’è una letteratura delle fonti scritte e una letteratura delle fonti non scritte.
Letteratura delle fonti scritte si divide in letteratura delle fonti musicali e fonti non musicali.
La letteratura delle fonti scritte musicali sono le edizioni musicali, sia a stampa che
manoscritte.
Nella letteratura delle fonti non musicali troviamo le edizioni di testi non musicali: lettere,
cronache, epistolari, fonti d’archivio varie.
LETTERATURA DELLE FONTI MUSICALI
Le riproduzioni anastatiche di opere a stampa o manoscritti; si tratta di una riproduzione
inalterata in bianco e nero oppure a colori di un lavoro; non è una fotografia; tutte le note
editoriali, la legenda, ecc., vengono messe a parte in modo da lasciare integra la visione
dell’originale.
Le edizioni diplomatiche; può essere “a mo’ di fac-simile” (cioè una fotografia), oppure
stampata in caratteri moderni (ad esempio una notazione neumatica trasformata in scrittura
musicale moderna, come una riproduzione anastatica). La caratteristica dell’edizione
diplomatica è che la fonte che viene riprodotta è un testimone unico (cioè di quella
composizione ho un unico esemplare).
Le edizioni critiche, il cui obiettivo è di arrivare alla versione più compiuta secondo l’intenzione
dell’autore. A differenza dell’edizione diplomatica deve fare i conti con più testimoni, occorre
fare un confronto tra le varie fonti cioè una collazione. Occorre fare spesso una scelta tra i
testimoni, di quelli che tramandano l’opera. Si fa la collazione, si confrontano i testimoni, e
nella seconda fase si fa una cernita e si sceglie tra i testimoni quelli più vicini alla volontà
dell’autore. Quindi l’edizione critica riguarda solo lavori che hanno una tradizione multipla (cioè
più testimoni).
Edizioni secondo Urtext (dal prefisso tedesco “ur” che significa “antico, primo”); l’edizione
Urtext quindi viene dalla fonte più antica. Vengono prese in considerazione diversi testimoni,
ma ne viene scelto uno, ritenuto dal revisore quello più fedele e vicino all’idea dell’autore. E’
un’edizione rivolta principalmente agli esecutori, che non vogliono porsi problemi di filologia.
Infine c’è l’edizione pratica; fatta per i bambini che iniziano a suonare, o i dilettanti.
LETTERATURA DELLE FONTI NON MUSICALI
I corpora epigrafici – raccolte di fonti, documenti, iscrizioni su supporto “duro” (epigrafe, inciso
sulla pietra).
Edizioni di fonti legislative, processi legislativi
Edizioni di fonti cronachistiche e letterarie, cioè un letterato che ci dà informazioni su concerti,
persone, ecc.
Edizioni di epistolari, o di diari.
I resoconti di viaggi, ad esempio gli autori che descrivono la musica che ascoltano durante i
loro viaggi all’estero
Edizioni di fonti emerografiche, giornali, ecc.
LETTERATURA DELLE FONTI NON SCRITTE
Si tratta fondamentalmente di repertori o cataloghi. Riproducono, censiscono e classificano
tutta una serie di documenti, secondo un ordine variabile.
Abbiamo i repertori iconografici, i corpora archeologici, i cataloghi delle collezioni (ad esempio i
cataloghi delle collezioni di strumenti, di partiture, di libretti). Corpora archivistici, ad esempio
corpora o archivi digitalizzati (ad esempio un importante archivio online di iconografia musicale
che vedremo in seguito). Repertori catalografici, ad esempio l’ICCD (Istituto Centrale per il
Catalogo e la Documentazione – del ministero dei beni culturali).
Una cosa da considerare è l’introduzione alle edizioni, ad esempio dei fac-simile, che di solito
hanno un apparato molto sviluppato di introduzioni, note, ecc. Un tempo esisteva la SPES
(Studio Per le Edizioni Scelte), simile alla casa editrice Arnaldo Forni di Bologna (esistente fino
al 2017); entrambe erano case editrici specializzate in pubblicazione di copie anastatiche (non
solo musicali). Adesso esiste il sito www.maremagnum.com dove è possibile reperire anche
testi antichi e rari; simile è la www.limantiqua.com

Ritorniamo sull’edizione critica. La lavorazione dell’edizione critica ha diverse fasi, che sono:
➔ recensio
➔ collatio
➔ stemma codicum
➔ eliminatio codicum de scriptorum
Inoltre, un’edizione critica musicale presenta anche:
➔ La trascrizione del testo musicale stesso; il testo viene trascritto e disposto in partitura,
anche se è stato tramandato in parti staccate o in intavolatura.
➔ Segni diacritici (accenti, diesis, ecc); ci informano della natura delle correzioni, delle
integrazioni.
➔ Eventuali immagini
➔ Introduzione
➔ a volte anche una Prefazione
➔ apparato critico
Qual è la differenza tra Introduzione e Prefazione? L’introduzione è una “scheda tecnica”
narrata, una descrizione del testo che si va a leggere. La prefazione, se scritta dall’autore
stesso è una spiegazione delle motivazioni che hanno portato alla scrittura del testo, alle
scelte; se è scritta da un’altra persona, è come una presentazione, con una nota critica.
Metodologia della ricerca storico-musicale
28/11/2022, quarta lezione.
Il 19 dicembre “tour guidato” della biblioteca del conservatorio, a gruppetti
I segni diacritici secono Paul Maas. (quelli più utilizzati)
➔ Parentesi quadre: uno dei sistemi per indicare le aggiunte del revisore è mettere i segni
diacritici tra parentesi quadre [ ]; questo indica un punto lacunoso, in cui però si è abbastanza
sicuri di cosa manca.
➔ Al posto delle parentesi quadre si possono usare anche le forcelle uncinate: < >. Si
tratta sempre di un’evidenziazione di un’azione compiuta dal revisore. Dentro ci sta una
congettura, un’ipotesi; è una possibilità, non è detto che sia giusto o sicuro. L’ipotesi può
essere fatta su una congettura armonica, stilistica, di prassi; o se nella stessa composizione ci
sono dei punti simili.
➔ Un caso particolare è quello dell’atatèsi, che può essere indicata tra parentesi graffe:
{ }. Oppure la doppia parentesi quadra: [[ ]]. Cos’è l’atatesi? Quando c’è un errore evidente, si
mette dentro le parentesi graffe; è un elemento che esiste sulla fonte, ma è ritenuto un
evidente errore.
➔ Infine, si può trovare una croce (crux desperationis), un punto in cui non c’è speranza di
trovare una soluzione. E’ un punto dubbio, ma non ci sono strumenti per dire che è sbagliata, o
per fare ipotesi… non c’è una soluzione filologica. Si usa anche quando siamo di fronte a parti
illeggibili o mancanti di un manoscritto, in cui è impossibile fare ipotesi.
➔ Altra opzione, le linee tratteggiate (per le legature, le linee…)
Se fatta bene, un’edizione critica ha anche delle immagini, delle foto dei testimoni che sono
stati utilizzati per l’edizione. Serve anche una prefazione e un’introduzione. Inoltre vanno
specificati con grande cura i criteri editoriali, cioè i criteri di trascrizione usati dal revisore; di
solito c’è una tabella che riporta sigle, segni diacritici utilizzati e cosa rappresentano.
Infine altra parte importantissima dell’edizione critica è l’apparato critico, cioè una descrizione
dettagliata della revisione stessa:
• contiene la descrizione delle fonti, cioè dei testimoni che hanno tramandato l’opera;
• si descrive la qualità dei testimoni, il loro stato, la loro collocazione, la loro storia;
• c’è la classificazione delle fonti, cioè una specie di albero genealogico delle fonti, ossia
lo stemma codicum. E’ un albero rovesciato, dove la radice è quel testimone a cui si
dovrebbe riferirsi
• viene spiegata in maniera discorsiva la differenza tra il testimone che è stato scelto per
l’edizione e gli altri testimoni; le ragioni per cui sono stati esclusi
• possono essere presenti i suggerimenti per l’esecuzione; riguarda legature, segni di
arcata, ecc. Questi segni sono inseriti nel testo, ma nell’apparato critico può essere
descritto come vanno eseguiti.
Esiste poi l’edizione storico-critica; esiste in filologia, è una edizione molto amata, ma in
ambito musicale è difficile da definire. Non si limita solo a dar conto delle cose che dà
l’edizione critica, ma dà anche dei dati utili a comprendere la genesi dell’opera, il contesto, la
funzione. Sembrerebbe essere una edizione critica con aggiunto un apparato storico che dà un
sacco di informazioni sull’opera (non sulla composizione). In filologia musicale esiste differenza
tra opera e composizione; la composizione è l’oggetto, scritto su carta; l’opera è quando la
composizione viene rappresentata, entra nel circuito culturale. In pratica l’opera è la
composizione arricchita della tradizione di grandi musicisti che la rivisitano, e queste
rivisitazioni entrano nella tradizione, diventa il modo di utilizzare quella composizione.
Confronta il saggio “Opera Omnia e Monumenta”.
Nell’opera omnia devono essere inserite anche le fonti incomplete.
Un’altra edizione è la scientifico-pratica; è un’edizione moderna che è affidabile, corretta, ma
non dà conto sul processo di revisione critica e delle fonti. Dà una serie di indicazioni che non
sono presenti sui testimoni (ad esempio la realizzazione dei trilli, o la notazione di legature di
portamento che non sono riportate sul testimone originale). Ha un’impaginazione e una qualità
di carta migliori.
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La letteratura musicologica
La letteratura musicologica ha un taglio specialistico: può avere un indirizzo analitico, storico,
estetico.
Si fa riferimento alla letteratura musicologica nell’indagine riguardante una tesi su un’opera
musicale. Per prima cosa ad esempio andremo a cercare una monografia, un testo che parla
solo ed esclusivamente dell’argomento della nostra ricerca; vicino a questa cercherò anche
delle opere collettive, cioè atti di convegno, contributi nei periodici, articoli o saggi,
dissertazioni e tesi di laurea.
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I periodici
Quali vanno consultati quando si fa un lavoro di ricerca?
• La Rivista Musicale Italiana (1894-1946, bimestrale e dal ‘46 trimestrale) e la Nuova
Rivista Musicale Italiana (dal 1966)
• La Rivista Italiana di Musicologia (dal 1966), è una rivista pubblicata dalla casa editrice
Olschi. Esce solitamente due volte all’anno.
◦ [alla fine degli anni ‘60 nasce l’interesse per la musica etnica, da cui fiorisce
l’interesse per la musica antica, in passato ritenute la stessa cosa]
• Chigiana, rassegna annuale di studi musicologici, frutto degli studi dell’accademia
Chigiana di Firenze.
• Musica/realtà, quadrimestrale nato nel secondo dopoguerra dall’idea di musicologi
interessati alla musica “impegnata” del secondo novecento
• Le fonti musicali italiane; è una rivista specializzata sull’attività di ricerca riguardanti la
musica antica
• Culture musicali, dedicata al crossover, pubblicazione della Società Italiana di
Musicologia, semestrale. Riguarda la musica di tradizione orale e le sue contaminazioni
con la musica colta.
• La cartellina, rivista specifica di musica corale (dagli anni 70)
• L’organo, specializzata nella musica organistica
• La rivista internazionale di musica sacra, trimestrale.
• Musica domani, rivista di pedagogia musicale
• Imago Musicae, rivista di iconografia musicale
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La musicologia secondaria
Le enciclopedie, i dizionari biografici, tutte le opere che utilizzano delle voci; oppure le guide e i
repertori. Si tratta di lavori di sintesi fatti sulla musicologia primaria, cioè sulle ricerche fatte dai
musicologi.
Da segnalare l’enciclopedia in 5 volumi da cui sono stati tratti i saggi oggetto di studio del
corso, che non va a voci ma ad argomenti, a soggetti: Enciclopedia della musica di Jean-
Jacques Nattiez.
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Quando nasce la filologia (in generale)? Uno dei primi filologi è stato Petrarca; ma la filologia
nasce in ambito umanistico, nel ‘400 (Poliziano…). Per la musica bisogna aspettare il
positivismo per vedere la nascita della musicologia.
La filologia musicale apre gli archivi e inizia a catalogare, ordinare e censire i materiali antichi
che erano a disposizione. E’ un processo ancora in corso tutt’oggi. La catalogazione è una
delle operazioni più complesse e difficili.
Il punto centrale della filologia è lo studio della tradizione, intesa in ambito filologico, ossia
l’azione del tramandare un testo. Questa è la tradizione di un testimone. Come si tramanda un
testo? Ad esempio copiandolo a mano, o stampandolo… La filologia, attraverso lo studio della
tradizione, ci porta al testimone più vicino all’idea originale dell’autore. Il passare del tempo, la
tradizione, comporta il crearsi di errori; a volte abbiamo delle stratificazioni di errori, detti anche
corruzioni. Ma comporta anche la produzione di varianti, cioè versioni alternative del testo. La
filologia si occupa di emendare, di correggere gli errori e di individuare tra le varianti alternative
quella più vicina alla forma compiuta dell’autore.
La storia degli errori di un’opera ci interessa se lavoriamo dal punto di vista musicologico, più
che dal punto di vista pratico dell’esecutore. Il filologo musicale è una specie di detective che
va a fare una ricerca sui tipi di scrittura (paleografia), sui supporti (tipi di carta, inchiostri…), le
rilegature (che permettono ad esempio di fare una datazione della partitura), la decorazione
(per la musica antica).
La prossima volta vediamo il metodo Lachmanniano.
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Piccola esercitazione in classe.
La musica di Martucci. Bibliografia essenziale
• Giuseppe Martucci: Saggio biografico-critico, di Alberto Fano, Milano 1950 (Curci)
• Giuseppe Martucci: da Capua all’Accademia di Santa Cecilia, a cura di Antonio
Rostagno, Pier Paolo De Martino, Roma 2012 (Accademia Nazionale di Santa Cecilia)
• Giuseppe Martucci, di Folco Perrino, Novara (Centro Studi Martucciani)
Metodologia della ricerca storico-musicale
5/12/2022, lezione 5

Cos’è la filologia in musica?


Qual è l’oggetto della filologia? La filologia si occupa tecnicamente di un testo inteso come
documento di cultura. La filologia in genere si occupa di testi. Questo è l’oggetto della filologia.
Ma qual è lo scopo della filologia? Riportare il testo alla forma più vicina a quella che aveva
quel testo quando l’autore l’ha considerato compiuto; o nella sua forma più avanzata (può
essere infatti un testo incompleto, incompiuto). Questa forma non coincide per forza con
l’ultima redazione del testo; può essere una intermedia, può essere anche la prima (ad
esempio Bruckner). Non sempre la forma più vicina all’intenzione dell’autore è il manoscritto;
potrebbe essere un’edizione a stampa, con le correzioni dell’autore.
La filologia esiste solo dove esiste un testo; quando si dice “questa è un’esecuzione filologica”
dal punto di vista della filologia è un modo di dire errato, perché l’esecuzione è un fare, una
prassi, non un testo.
Un testo musicale è considerato testo filologico anche se non contiene tutte le informazioni utili
all’esecuzione di quel testo. Un testo può essere lacunoso rispetto agli aspetti esecutivi; la
notazione neumatica adiastematica (in campo aperto, senza righi) ad esempio non dà
l’indicazione degli intervalli, ma solo della direzione della melodia – è un testo incompleto, ma
non importa, per la filologia quello è ancora un testo oggetto di studio. Alcune cose di cui si
occupa la filologia musicale sono molto lacunose, al punto di essere praticamente ineseguibili.
Come nasce la filologia? Nella musica arriva dagli studi letterari. Nel medioevo non esisteva,
dobbiamo aspettare l’umanesimo, il rinascimento; serviva a emendare, a pulire, a correggere
le storture che si erano andate accumulandosi nei testi antichi. Lorenzo Valla, ad esempio
prende i testi greci e latini e opera una ricostruzione del testo secondo quella che era stata la
volontà ultima, quella più vicina alle intenzioni dell’autore. La musica ancora nel 400 non
recepisce la lezione della filologia letteraria. Perché? Perché la musica del 400 italiano è divisa
in due: da una parte la musica improvvisata su dei testi letterari; dall’altra parte, la musica dei
fiamminghi era scritta per l’occasione, e quindi non necessitava di strumenti filologici. Sono
forme e composizioni per la maggior parte nuove. Ma soprattutto, nel 400 in musica, non
esistevano fonti antiche, al contrario del mondo letterario e di quello delle arti figurative. Non si
sapeva come fosse la musica degli antichi greci e romani.
Come si arriva alla filologia in musica? Attraverso la musica che, nell’800, era considerata
musica antica: la passione secondo Matteo di Bach, ritrovata e ri-editata da Mendelssohn.
Diventa una scienza nell’ambito musicologico nella seconda metà dell’800 in Germania, con lo
studio dei materiali d’archivio. Nasce su quella che poi noi considereremo la musica
rinascimentale e barocca; c’è l’esigenza nell’800 di ripubblicare testi di un passato recente,
anche grazie ai vari nazionalismi e l’esigenza di riportare in auge i patrimoni musicali nazionali.
Per molti esecutori la partitura “filologica” è traumatica, perché abituati alle “incrostazioni”
accumulatesi sulla partitura nel corso dei secoli.
La filologia ha a che fare con la tradizione, cioè l’azione del tramandare un testo. Qual è la
tradizione di un dato testo? E’ stato tramandato così… un manoscritto, un’edizione a stampa,
ecc.
Cosa comporta la tradizione di un testo? Tramandare un testo comporta la creazione e
l’accumulo di errori – tecnicamente detti corruzioni. Inoltre la tradizione comporta anche
varianti, che non sono corruzioni, ma versioni alternative di parti del testo (non di tutto il testo).
Ad esempio una sonata di Domenico Scarlatti che ha alcune differenze in alcune parti, ad
esempio 5 battute sono diverse in due edizioni diverse.
Quindi lo scopo della filologia è quello di ripulire e correggere gli errori, e di individuare tra le
varianti alternative al testo quella più vicina alla forma considerata compiuta dall’autore.
Con le varianti si apre un mondo, perché trovare quella più vicina all’intenzione dell’autore è un
grosso guaio.
Gli errori sono dovuti a copiature, ricopiature del testo, a partire da un archetipo – che non è
detto che sia la versione più vicina alla volontà dell’autore, ma è la radice da cui derivano tutte
le copiature. Gli errori sono anche fonti di informazioni per gli storici (non tanto per i filologi); ci
portano in un mondo parallelo, quello dei copisti, dei trascrittori. Per i filologi gli errori sono
importanti perché fanno parte dell’albero genealogico che deve essere ricostruito.
Anche i tipi di scrittura (che sono oggetto di studio della paleografia) sono interessanti per i
filologi; un altro oggetto di studio sono i supporti, carta, pietra, pergamena, ecc. Informazioni
importanti possono essere derivate anche dalla rilegatura e la decorazione di un testo. Il
filologo alla fine è un detective.
Questo metodo di organizzare la filologia è il metodo Lachmaniano, dal nome del filologo Karl
Lachman, detto anche metodo stemmatico. Il problema che si pone anche il metodo di
Lachman è: quanto oggettiva è la filologia? La filologia è oggettiva? No; c’è sempre una parte
di interpretazione da parte del filologo, perché la documentazione che si ha a disposizione non
è mai completamente esaustiva. Una buona edizione filologica è anche il frutto di scelte
soggettive dello studioso che l’ha pubblicata.
L’aspetto degli errori e delle varianti è importante per il filologo perché si viene anche a
conoscenza di aspetti della fruizione del testo nel tempo. Fruire un testo non significa solo
ascoltare il testo, ma anche suonarlo, per il tramite dell’esecutore che diventa tanto più
interprete quanto più va a modificare nell’esecuzione il testo originale dell’autore. Si apre il
mondo delle scuole interpretative; le informazioni derivate dagli errori e le varianti ci dà
informazioni sul modo che nel tempo gli interpreti avevano di eseguire il testo.
Ricordare la differenza tra testo e opera. Per un filologo è più importante il testo o l’opera?
Ovviamente il testo; il resto è oggetto di indagine da parte degli storici, sociologi, ecc.
Esiste anche la storia della ricezione, che fa parte della storia della fruizione; cioè come il
pubblico recepisce una data opera in un dato momento.
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Cosa sono le varianti?
Le varianti sono lezioni alternative possibili di una porzione di testo musicale/testuale (può
essere anche un libretto d’opera, o il testo di una cantata, il programma di una sinfonia, ecc.).
Ci sono le varianti di tradizione: sono dovute ad una arbitraria sostituzione (da parte di chi
l’ha copiata) di una parte di testo.
Ci sono le varianti d’autore, cioè quelle varianti dovute a correzioni in corso d’opera, o a volte
anche dopo la pubblicazione dell’opera, da parte dell’autore. Le varianti d’autore possono
essere di più tipi:
• Varianti instaurative quando si inserisce una sezione, una parte di testo, che prima non
esisteva
• Varianti sostitutive, che sono vere e proprie correzioni: l’autore sostituisce una sezione
con un’altra
• Varianti destitutive, quando si eliminano intere porzioni di testo, senza sostituirle con
altre.
• Varianti alternative, quando si trovano più lezioni (più porzioni di testo), senza però che
l’autore ne abbia scelta una in particolare
Parliamo delle fasi di elaborazione di un testo da parte dell’autore:
• schizzi o abbozzi; ci sono quasi sempre, dalla musica barocca in poi.
• stesure successive
Sia negli schizzi che nelle stesure successive, possiamo trovare varianti d’autore.
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Che cos’è la critica del testo? Comprende tutte le operazioni di ricerca, verifica, datazione,
finalizzate a definire il grado di vicinanza o parentela con il testo considerato “finito dall’autore”.
Sono le operazioni necessarie e fondamentali per arrivare a un’edizione a stampa. I due
principali metodi di critica del testo musicale – finalizzata all’edizione – sono
• metodo Lachmaniano
• metodo Bedieriano (da Bedier, filologo francese, un po’ più tardo di Lachman)
Noi vediamo il metodo Lachmaniano.
Cosa prevede il metodo Lachmaniano? Quali sono le fasi di ricostruzione del testo?
• Per prima cosa individuare i testimoni, cioè le copie che tramandano un testo. Un testo
può essere ad esempio la sonata op. 1 di Pinco Pallino, mentre i testimoni sono tutti
quelle edizioni che tramandano il testo
• Recensio; raccolta e classificazione di tutti i testimoni. Ad ogni testimone viene
assegnata una sigla, per non confonderli (di solito lettere dell’alfabeto greco).
• Collatio cioè confronto tra i testimoni raccolti, per ricostruire l’albero genealogico delle
copie che tramandano il testo, cioè lo stemma codicum; tracciamo cioè la filiazione tra i
testimoni. La collatio lavora sugli errori, che sono utilissimi per tracciare la filiazione
delle copie. Negli stemma codicum non è detto che tutte le copie indicate nell’albero
genealogico siano esistenti; alcune possono essere andate perdute per sempre.
Tuttavia attraverso lo studio delle copie, possiamo arrivare a determinare che esistano
testimoni intermedi tra altri di cui non abbiamo traccia.
• Eliminatio codicum de scriptorum è l’eliminazione delle copie-figlie inutili (per il filologo,
nella ricostruzione). Perché sono inutili? Perché non aggiungono niente di nuovo ai fini
della revisione filologica, e creerebbero solo confusione. Non vengono quindi inserite
nello stemma codicum. Restano solo le copie degne di fede, che tendono ad essere più
vicine all’idea dell’autore.
Dopo tutto questo processo si giunge al testimone che risulta essere il più vicino all’intenzione
dell’autore e all’edizione critica.
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Per la prova di idoneità bisogna:
• conoscere i tre testi pdf
• esporre due abstract con relativa bibliografia
Esercitazione: creazione di un abstract in 30 minuti. L’argomento generale è Domenico
Scarlatti; bisogna scegliere un argomento specifico per una ipotetica tesi. Per prima cosa
bisogna cercare una bibliografia, e in base a quella bibliografia si può costruire un abstract.
Iniziamo le ricerche dalla biblioteca del conservatorio di Venezia, per stilare una bibliografia.
Poi l’abstract sarà breve, massimo 10 righe.
• Domenico Scarlatti, di Ralph Kirkpatrick, 1984
• Scarlatti, Alessandro e Domenico, due vite in una, di Roberto Pagano, 1985
• Le sonate di Domenico Scarlatti: contesto, testo, interpretazione, di Enrico Baiano, 2014
• Domenico Scarlatti: Grosse Jubilaen im Europaischen Jahr der Musik: Ascona, 24
August-30 oktober 1985, (1986)
Forme, linguaggi e sistemi
7 dicembre 2022, lezione …
Analisi della fuga in mi bemolle minore dal primo libro del clavicembalo ben temperato. A
pagina due abbiamo uno “strettissimo” (fa-sib; sib-mib; solb-do) che è particolare perché il
profilo ritmico del soggetto viene modificato. A pagina 3 (edizione Ricordi) abbiamo all’inizio
uno stretto col soggetto alla dominante inverso (sib-mib – quarto stretto); allo stretto
successivo abbiamo lo stretto inverso.
È una fuga a tre parti:
• prima parte: esposizione (si chiude alla seconda battuta della ultima accollatura della
prima pagina)
• seconda parte: caratterizzata da stretti molto ravvicinati
• terza parte: inizia alla fine della terza pagina, sul finire della quarta accollatura; è
caratterizzata da ulteriori procedimenti, come l’aggravamento del soggetto (ottavo
stretto)
Metodologia della ricerca storico-musicale
12 dicembre 2022, lezione …

Riguardo agli abstract. Solitamente nell’abstract non si inserisce la bibliografia. Ogni abstract
ha un titolo. Come vanno riportati i libri in una bibliografia? Cognome dell’autore; titolo e
sottotitolo del libro in corsivo; luogo di pubblicazione; casa editrice; anno di pubblicazione ed
eventuale edizione. Vedere pagina 13 del pdf inviato via mail.
L’abstract è un riassunto; quindi deve essere un unico testo (in un unico paragrafo), e non ci
sono note a piè di pagina.
Il 23 gennaio ci sarà un’esercitazione in presenza su saggi che trattano specifici argomenti di
filologia su testi operistici.

Rinvii bibliografici:
• autore (nome e cognome) in maiuscoletto
• titolo e sottotitolo dell’opera in corsivo
• eventuale numero dei volumi in cifre arabe seguite da voll (3 voll.)
• luogo di edizione
• editore
• data
• collana tra parentesi tonde, senza virgolette, seguita da virgola e numero progressivo
del volume all’interno della collana
• pagine citate (p. - pp.), separate da trattino o da virgola, a seconda se sono citate come
‘range’ o come pagine singole
esempi:
REINHARD STROHM, L’opera italiana nel Settecento, Venezia, Marsilio, 1991, pp. 124-137.
VICTOR TURNER, From Ritual to Theater: The Human Seriousness of Play, New York,
Performing Arts Journal Publications, 1982, pp. 182 ss. (= seguenti; citazione da pagina 182 in
poi)
Come usare le virgolette all’interno dei testi: «testo citato “citazione all’interno del testo citato”
testo citato»
L’altro uso delle virgolette basso è quello di evidenziare i titoli dei periodici, o citazione di versi
o brani di testo.
esempio:
MARTHA FELDMAN, Magic Mirrors and the ‘Seria’ Stage: Thoughts toward a Ritual View,
«Journal of American Musicological Society», XLVIII, 1995, pp. 423-484: 430
alla fine di questa citazione bibliografica, le pag. 423-484 indicano l’estensione dell’articolo;
430 si riferisce alla pagina dove c’è la citazione.
La bibliografia va ordinata in ordine alfabetico crescente; anche se la bibliografia è divisa in
blocchi, va ordinata all’interno dei blocchi in ordine alfabetico.
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Il 19 dicembre 2022 ci sarà un incontro in presenza nella biblioteca del conservatorio.

Si tratterà di edizioni particolari custodite in biblioteca (a stampa e manoscritte). Vedremo la


storia del manoscritto musicale a partire dal ‘600. Tra i manoscritti c’è di tutto; il manoscritto è
più difficile da organizzare in tipologie rispetto al materiale a stampa. Ma la maggior parte di
questo materiale non è pensata come libro, per questo motivo è così eterogeneo: è materiale
pensato per l’utilizzo, è materiale d’uso pratico, non pensato per l’edizione a stampa. Il libro
invece è pensato per una biblioteca.
Se noi pensiamo a un libro, i fogli di un libro sono tutti uguali; mentre nei manoscritti
difficilmente abbiamo i fogli organizzati in fogli uguali tra loro (a meno che non sia una
raccolta).
Il ‘600 è pieno di manoscritti musicali, nonostante la stampa musicale (esclusiva) esistesse
con Petrucci già dal 1501 – prima esistevano testi che includevano anche parti musicali.
Petrucci è stato un editore di origini marchigiane che ha operato a Venezia. Tuttavia, la stampa
musicale non era accessibile a tutti. Il libro di musica stampato era un oggetto molto costoso
nel ‘500 o nel ‘600; quindi per l’uso pratico si va avanti coi manoscritti, per la gioia dei copisti.
Nel ‘600 si passa definitivamente dalla pergamena alla carta, nel bene e nel male: la carta è
più pratica, leggera e maneggevole; tuttavia una volta che è scritta, può avere dei problemi: gli
inchiostri acidi dell’epoca diventano difficilmente leggibili dopo un po’ di tempo; inoltre mentre
sulla pergamena si può “grattare” via l’inchiostro, sulla carta non è possibile, quindi il copista (e
il compositore con lui) deve essere molto attento e preciso. L’inchiostro sulla carta diventa una
traccia permanente non più cancellabile; quindi il compositore dà al copista tutte le indicazioni
possibili e immaginabili; e se il copista è stato bravo nel suo lavoro, ci mette anche la sua
firma. E la firma del compositore.
Nel ‘600 nascono repertori, forme e generi che prima non esistevano. Evolve anche
l’organologia degli strumenti. Questo comporta che comincino nuove forme di grafia, ad
esempio la partitura, che prima non esisteva. Questa esigenza nasce soprattutto dall’opera di
tipo impresariale (non tanto l’opera di corte), che deve essere eseguita in posti diversi; il
compositore allora si porta dietro solo la partitura, e le parti vengono fatte dal copista del posto
(invece di portarsi dietro una valigia di parti per l’orchestra).
Quasi mai si trova l’edizione a stampa della partitura di un’opera; si trova invece l’edizione a
stampa del libretto. La partitura stampata sarà una rarità fino almeno alla metà del ‘700;
semplicemente non si usa, la partitura solitamente è manoscritta. Quando si trovano le
partiture stampate, si trovano pochissime indicazioni di esecuzione; la partitura stampata ha
come destinazione infatti la biblioteca, per essere conservata, non per essere eseguita. Le
indicazioni di esecuzioni si trovano di solito nelle parti staccate.
Un’altra curiosità di queste partiture manoscritte, è il fatto di non avere il “libro” vero e proprio:
è una serie di fogli staccati, anche di dimensioni diverse; c’è l’esigenza infatti di fare tagli e
adattamenti per i cantanti (esigenze di registro, capricci, arie di baule…).
Un’altra cosa interessante del ‘600 sono le raccolte di arie ed ariette; sono fondamentali
perché di molte opere teatrali non abbiamo nulla, se non queste raccolte fatte da appassionati
dell’epoca, che incaricavano un copista di raccogliere alcune arie preferite, tratte da opere
teatrali. Queste raccolte di arie spesso rappresentano l’unica testimonianza di un’opera andata
perduta. Vale anche per la musica strumentale. Ci sono anche raccolte di cantate (cantate da
camera profane).
Poi c’è il mondo della musica sacra. Avendo la chiesa più mezzi economici, troviamo molta
musica a stampa di carattere sacro.
Cos’è l’imprimatur? Il fatto che la musica possa passare la censura; questo riguarda la musica
vocale in generale, che quindi presenta un testo soggetto a censura. L’imprimatur ere il
permesso da parte della censura di stampare il testo.
Nel caso delle opere, una delle cose importanti è la particella; l’esempio che si fa in questo
caso è quello de Il pomo d’oro (1667) di Antonio Cesti, le cui musiche per danza avevano
avuto così successo da essere trascritte a parte nelle particelle, in pochi pentagrammi e in
maniera molto sintetica (omettendo i ritornelli di tradizione, ecc.).
Altra fonte importante sono le partiture che il compositore forniva all’editore (diversa dalla
partitura su cui lavora l’autore).
Quando sul manoscritto non abbiamo il nome dell’autore, datazioni, o altro, possiamo
attribuirlo tramite lo studio della filigrana della carta. O dal segno delle vergelle, i fili metallici
che organizzano la trama della carta stessa.
Metodologia della ricerca storico-musicale
19 dicembre 2022, lezione n. […]

La visita alla biblioteca del conservatorio è stata rimandata al 9 gennaio 2023

Il problema dell’opera dal punto di vista della filologia qual è? Che la filologia si è accostata al
melodramma molto tardi. Per la filologia pura, l’opera è stata per molto tempo oggetto di
pregiudizio; l’aveva considerato un prodotto “basso”, perché popolare. Il momento di svolta per
l’opera italiana si è avuto con la casa editrice Ricordi e con l’edizione dell’opera omnia di Verdi;
con la collaborazione dell’università di Chicago si è approntata l’edizione critica di tutte le
opere di Verdi, iniziata nel 1983 – è un’operazione ancora non terminata. Nel frattempo sono
state iniziate anche le edizioni critiche di Rossini, Bellini, Donizetti (1988), sempre ad opera
dell’editore Ricordi. L’edizione di Capuleti e Montecchi di Bellini è del 2003. “L’ultimo arrivato” è
Puccini, per quanto riguarda le edizioni critiche.
Oltre al pregiudizio di base, perché la filologia si è rifiutata per tanto tempo di occuparsi del
melodramma? Perché la tradizione operistica è una tradizione ininterrotta, che non ha mai
avuto un punto di termine, e questo è un problema per la filologia (convenzionalmente la
tradizione del melodramma si fa terminare con l’opera di Puccini – ma fino a quel punto era
ininterrotta dal ‘600). La filologia si occupa di opere che si sono interrotte nella loro tradizione,
opere che rischiano di andare perdute; ad esempio le sonate di Domenico Scarlatti non hanno
una tradizione ininterrotta, a un certo punto Scarlatti ha smesso di scrivere le sonate e non è
continuato quel tipo di composizione. In una tradizione ininterrotta, le stratificazioni diventano
tantissime, e questo crea un sacco di problemi per la ricerca filologica.
Inoltre il melodramma è soggetto al cambiamento del gusto, delle tecniche vocali e strumentali.
Se cambia la tecnica, cambia anche il modo di eseguire un certo passaggio, indicato in una
certa maniera. Ciò significa che la filologia in base al cambiamento delle tecniche e del gusto,
deve cambiare il suo atteggiamento nei confronti dell’edizione critica; un’edizione critica fatta
nell’800 è diversa da una fatta nel ‘900. Anche per questo si arriva molto tardi alla filologia
operistica.
Il testo del melodramma quindi non resta mai alterato (sia il testo musicale che il libretto), ma
subisce sempre modifiche, nel corso della storia della sua interpretazione. Spesso i cantanti
imponevano ai compositori delle modifiche delle loro parti, che venivano tenute in
considerazione poi per le successive edizioni a stampa.
Il libretto è uno strumento pensato per il pubblico; quindi è scritto in una maniera che non è
funzionale all’esecuzione. Tante volte nel libretto compaiono parti che vengono invece tagliate
nella partitura musicale. Questo succede non solo nell’opera italiana, ma anche nei generi
omologhi stranieri (ad esempio il Singspiel… spesso le parti recitate vengono
abbondantemente tagliate).
L’opera pucciniana mette più in difficoltà il filologo, perché non si presenta mai un’edizione che
sia siglata come definitiva dall’autore stesso. Di questo autore (come di altri), bisogna prendere
in considerazione anche le parti d’orchestra, gli spartiti canto-piano, ecc. Inoltre le partiture
manoscritte sono spesso lacunose (come anche in Verdi); non viene scritto per esteso tutto
quello che va suonato, ma usa delle abbreviazioni o delle stenografie che erano in uso
corrente all’epoca, ma che magari oggigiorno non si conoscono più. Va considerata anche la
bozza per i revisori, che ci dà molte indicazioni sulle ultime stesure di un’opera. Probabilmente
per questo l’opera critica di Puccini è iniziata molto più tardi rispetto agli altri autori, per ragioni
tecniche e pratiche e per gli enormi problemi che questo lavoro comportava.
Oltre ai problemi riguardanti le linee vocali, anche le parti d’orchestra presentano problemi: ad
esempio non venivano scritte nel corso dell’800 le legature. Fare l’edizione critica significa
anche integrare con tutti i segni che all’epoca non venivano inseriti.

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