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RIASSUNTO-4-OPERA BUFFA DELLA SECONDA META’ DEL ‘700

Il grande successo dell’Opera Buffa nella seconda metà del ‘700 è determinata in parte dall’incontro
della musica napoletana e la fantasia Veneziana, intorno alla metà del ‘700 l’Opera Buffa raggiunge
la fisionomia che la renderà immutata per tutto il secolo diventando un fenomeno di dimensioni
Europee, grazie al commediografo e librettista Veneziano Carlo Goldoni che è stato il più influente
librettista comico del ‘700 come Metastasio lo è stato per l’Opera seria, Goldoni mantiene nel
corso della sua vita dei legami con il Teatro dell’Opera anche se di musica a differenza di
Metastasio, ne sapeva ben poco.
Dà vita a quella forma dell’Opera Comica in 2/3 Atti traendo molti elementi della Commedia per
Musica Napoletana, con Goldoni la struttura del libretto diventa più variegata, le vicende sono più
caricaturali e abbiamo la presenza anche di personaggi Seri.
Contribuisce al passaggio verso una vena sentimentale e patetica dell’Opera Buffa, introducendo un
elemento di tinta più patetica, commovente e sentimentale, che proviene dal genere della Comedie
Larmoyante, Commedia Lacrimosa che fa riferimento al romanzo del romanziere Inglese Samuel
Richardson intitolato Pamela del 1740 e che ebbe un enorme fortuna in tutta Europa.
In questi libretti di Goldoni ci sono effetti comici, satirici, ma sempre fondati sul il contrasto degli
stili che possono essere di stile caricaturale, patetico, eroico, ecc. e il tema costante è il conflitto
sociale tra le diverse classi con al centro come protagonista l’Amore fra due personaggi di classe
diversa; anche la Natura è uno dei temi che ricorre spesso nei libretti o il rapporto tra città e la
campagna come nel libretto “Il Filosofo di Campagna” del 1754 che ebbe una grandissima fortuna
quando venne presentata a Venezia con musica di Baldassarre Galuppi, Veneziano.
Galuppi e Goldoni collaborarono per molto tempo con 20 brani comici come “Arcadia in
Brenta” del 1749 dove troviamo il motivo del teatro nel teatro, cioè la commedia che ha come
protagonista se stessa, il racconto narra infatti di un gruppo di viaggiatori che si preparano ad
eseguire una commedia.
Il lavoro più importante di Goldoni è quello che funge da elemento che fa transitare verso questa
nuova vena sentimentale dell’Opera Buffa e che si avvicina alla commedia lacrimosa e in
particolare ricava il libretto da una sua commedia in prosa intitolata proprio Pamela derivata dal
romanzo epistolare Pamela di Richardson e da questa commedia nasce un libretto “Cecchina o sia
La buona figliuola” musicata da Egidio Romualdo Duni del 1756 ed eseguita a Parma, Duni era
un compositore di formazione Napoletana, ma questa versione viene messa da parte quando nel
1760 apparve quella di Nicolò Piccinni uno degli ultimi rappresentanti della scuola Napoletana che
appunto nel ‘60 mette in musica il libretto di Goldoni e che ha un enorme successo in tutti i teatri
d’Europa, si tratta di una vicenda lacrimevole piena di accenti patetici con Cecchina orfana che
presta servizio dal Marchese di Conchiglia, dopo una serie di ostacoli posti dalla Marchesa
Lucinda e dal suo fidanzato Midoro i due si innamorano e si sposano con un lieto fine, dal
momento in cui il soldato Tagliaferro riconosce in lei le sue nobili origini.
Quest’Opera da il via al genere Semiserio con all’interno sia elementi dell’Opera Buffa che di
quella Seria, con matrice di fondo dell’Opera Comica.
I personaggi della trama si dividono in tre livelli stilistici ed espressivi differenti basati sulla loro
diversa estrazione sociale; le parti Serie interpretate dai Nobili Lucinda e Armidoro, le parti di
Mezzo Carattere che appartengono ad un registro stilistico intermedio e sonpo quelle dei due
innamorati il Marchese e Cecchina e poi le parti Buffe dei popolani, del soldato Tagliaferro,
Paoluccia, Sandrina e Mengotto.
La musica di Niccolò Piccini cerca di mettere in rilievo i diversi comportamenti di questi
personaggi di differente estrazione sociale e questi tre piani stilistici vanno a sovrapporsi nei pezzi
solistici e si amalgamano poi nei concertati d’insieme; alle parti Serie sono affidate le Arie col Da
Capo di taglio più virtuosistico, con espressioni ricercate tipiche dell’Opera Seria, con fioriture,
ampi salti intervallari ecc..
Mentre i personaggi Comici si esprimono con una certa informalità, con ripetizioni di parole ed
un’intonazione sillabica.
Al Marchese e a Cecchina sono dedicati pezzi più malinconici con una serie di inflessioni
patetiche.
Sempre in quest’opera nella versione di Piccinni, viene dato rilievo ai finali d’insieme che si
trovano alla fine dei tre atti, Piccinni costruisce i finali con sezioni e tonalità diversi che si adatta
proprio al mutare del clima espressivo, troviamo momenti più comici e momenti patetico
sentimentali.
Questo tipo di Concertati finali diventa sempre più la struttura centrale di queste Opere e si tratta di
un pezzo utile al compositore per realizzare attraverso la musica azioni, sentimenti, passioni di tutti
i personaggi; verso la fine del ‘700 i pezzi d’insieme aumentano anche nell’Opera Seria e lo si
vedrà più avanti con Mozart, in particolare con La Clemenza di Tito del 1791, dove si trovano un
numero di Concertati pari a quello delle Arie, 11 e 11.
Per quanto riguarda le Arie i compositori di quel periodo utilizzano varie tipologie di Forme, non si
segue uno schema generalizzabile e si riscontra una certa varietà musicale e di struttura nelle Arie di
queste Opere che rappresenta una scelta del compositore e del librettista che può cambiare la
struttura dei versi e in questo modo suggerisce al compositore la scelta di tempi o di metri di
misure differenti e contrastanti.
Nei pezzi d’insieme Col passare del tempo, oltre che nei finali d’atto, sono inseriti anche in altri
momenti dell’opera dove la loro importanza scenica è più necessaria, come nei cantati, all’inizio di
un atto, che fanno da introduzione e svolgono la funzione di immettere l’ascoltatore subito
nell’azione e di presentare i caratteri dei personaggi, un esempio è il sestetto che introduce l’atto I°
del “Socrate Immaginario” di Giovanni Paisiello, proveniente dalla scuola Napoletana, su libretto
di Giovanni Battista Lorenzi; il sestetto si basa su due melodie che sono utili per differenziare in
modo netto i due gruppi di personaggi in scena, la trama è particolarmente simpatica .
Le opere comiche di Paisiello ebbero enorme successo in Italia e nel resto d’Europa e i suoi
concertati diventano il modello da imitare per molti operisti dell’epoca; della stessa opera
Nel finale del I° Atto che si presenta come un enorme costruzione divisa in 10 sezioni ben distinte
utilizzando quello che all’epoca si chiamava il “Finale a Catena” ovvero formato appunto da una
catena di sezioni musicali diverse ogni una con le proprie caratteristiche ritmiche, melodiche, tonali
ecc. ci sono 10 sezioni, catene diverse:
Si può dire che ad influenzare il linguaggio musicale di questo genere di Opera sono stati
sicuramente i musicisti di formazione napoletana come Piccinni, Paisiello, Cimarosa.
Paisiello è nato a Roccaforzata Taranto nel 1740, si forma a Napoli, compone oltre 50 brani Buffi,
visse anche a San Pietroburgo come direttore dell’Opera Italiana poi si ferma poi a Vienna dove
compone “Il Re Teodoro di Venezia” su libretto di Gian Battista Casti; Opera importante
sopratutto per i pezzi d’insieme dove presenta la tecnica del Crescendo sfruttata poi da
Gioacchino Rossini più avanti e da altri operisti del tempo.
Domenico Cimarosa era invece originario di Aversa Caserta 1749, si forma anch’egli a Napoli e
lavora a San Pietroburgo e di ritorna si ferma a Vienna dove compone “Il Matrimonio Segreto” su
libretto di Giuseppe Bertati che ebbe un enorme successo.

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