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CRESCENTINI, Girolamo

di Maria Borgato - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 30 (1984)

CRESCENTINI, Girolamo. - Nato in Urbania (prov. di Pesaro) il 2 febbr. 1762, vi apprese i primi
elementi musicali (si ignora chi siano stati i suoi maestri), trasferendosi all'età di dodici anni a
Bologna, per seguire le lezioni di canto presso Lorenzo Gibelli. In seguito ai progressi ottenuti,
dopo quattro anni di studio, il suo stesso maestro gli procurò un contratto con il teatro
Argentina di Roma, dove il C. grazie alla sua straordinaria voce di sopranista debuttava nel
1778, interpretando ruoli femminili nell'Olimpiade di P. Anfossi e nell'Enea nel Lazio di A.
Borroni.

Da questo momento cominciò la rapida ascesa del C., che raccolse consensi unanimi presso
quasi tutte le platee nazionali ed estere, meritando il titolo di "Orfeo italiano". Dopo essere
apparso a Livorno nell'Artaserse di L. Cherubini, a Padova, a Venezia, a Torino e ancora a
Roma, nell'anno 1785 affrontò per la prima volta a Londra un pubblico straniero, ma la critica
lo giudicò mediocre e lo spinse quindi a lasciare l'Inghilterra, preferendogli G. F. Tenducci (cfr.
Heriot); il Mount Edgcumbe per giustificare questo insuccesso scriveva: "Per lealtà verso
Crescentini diremo che quando si trovava qui era assai giovane e non aveva ancora raggiunto
quella perfezione che poi gli ha meritato la fama di cantante di primo piano" (cfr. Heriot, p.
142).

Il C. comunque non tornò più in Inghilterra e riprese la sua carriera nei teatri italiani,
riscuotendo trionfali successi.

Nel 1786 apparve alla Scala nell'Impermestra di S. Rispoli e nell'Ariarte di A. Tarchi, quindi dal
1787 al 1789 si fermò per due anni a Napoli, dove si esibì al teatro S. Carlo. In questo periodo
G. Paisiello componeva per lui il Catone in Utica e Fedra, mentre P. Guglielmi gli dedicava
l'oratorio Debora e Sisara. Nel 1790 lo ritroviamo a Padova e a Roma, nel '91 a Bologna con la
Morte di Semiramide di G. B. Borghi, e ancora fra il' 92 e il' 93, in occasione del carnevale, al
teatro Argentina nell'Olimpiade di A. Tarchi e nella Semiramide di S. Masolini.
Contemporaneamente si ebbero altre sue prestazioni a Venezia, Genova e Padova, dove G.
Andreozzi componeva per lui Amleto.

Stimolato dalla sua personalità artistica anche N. Zingarelli compose per lui Apelle e
Campaspe (Venezia, teatro La Fenice, 18 nov. 1793) e Giulietta e Romeo (Milano, teatro alla
Scala, 30genn. 1796), opera in cui il C. raggiunse il vertice della sua arte e al cui successo
contribuì la preghiera da lui stesso composta, "Ombra adorata aspetta", che gli permise di
sfoggiare tutte le sue possibilità vocali, suscitando il delirio del pubblico.

Durante un'esecuzione di quest'aria venne ascoltato da E.T.A. Hoffmann che espresse su di lui
giudizi entusiastici, venati molto spesso da suggestioni romantiche: "Io sentivo estasiato i
suoni che provenivano da un altro mondo e che mi avviluppavano con consolazione.... Il canto
correva come un fiume argentino tra fiori splendidi. Egli è capace di arrivare a un effetto
irresistibile attraverso le cose più semplici". Sembra che più tardi questo stesso ruolo gli abbia
procurato da parte di Napoleone la nomina di cavaliere della Corona ferrea, mentre secondo
l'Allgemeine musikalische Zeitung questa carica sarebbe stata conferita in occasione di una
recita degli Orazi e Curiazi, composta per lui da D. Cimarosa.

Più tardi l'opera Giulietta e Romeo venne ripetuta a Venezia, unitamente all'Issipile di G.
Marinelli e agli Orazi e Curiazi che il grande sopranista eseguì ancora a Milano nel 1798,
insieme a Meleagro di N. Zingarelli.

I contatti del C. con i teatri stranieri ripresero nel '97, allorché assunse impegni artistici a
Vienna e successivamente a Lisbona, dove, a seguito dei successi ottenuti, il suo contratto si
prolungò per la durata di quattro anni. Ritornato in Italia, si esibì nel 1804 a Milano nello
Alonzo e Cora di S. Mayr e nella Giulietta e Romeo di N. Zingarelli, mentre, nell'estate dello
stesso anno, inaugurò a Piacenza un nuovo teatro all'aperto, dove insieme agli Orazi e Curiazi
si rappresentò Famori, ossia L'eroe delle Indie, composta per lui da S. Mayr. Nello stesso anno
si recò a Vienna per trenta rappresentazioni teatrali e raccolse entusiastici consensi,
ottenendo dall'imperatore l'incoronazione in palcoscenico e la nomina a maestro di canto
della famiglia imperiale con stipendio a vita.

Il C., però, non poté espletare lungamente questo incarico poiché, con l'invasione francese a
Vienna nel 1805, Napoleone sottraeva alla corte il celeberrimo cantante e lo invitava a Parigi,
senza che questi avesse alcuna possibilità di scelta. Nella capitale francese il sopranista si esibì
soltanto negli spettacoli di corte, sempre con grande successo, ed ottenne da parte di
Napoleone un trattamento economico considerevole. Il soggiorno a Parigi durò fino al 1812,
quando il C., non sopportando il clima parigino, chiese congedo all'imperatore e rientrò in
Italia, stabilendosi prima a Bologna e poi a Roma, dove restò fino al 1816, senza più cantare,
per lo meno in pubblico.

Nominato maestro di canto presso il Collegio reale di S. Pietro a Majella, si recò in quello
stesso. anno a Napoli. Qui ebbe occasione di incontrare L. Spohr, al quale confessò con
rammarico il declassamento della vecchia scuola di canto italiana, mentre con S. Mayr lamentò
la decadenza musicale del conservatorio e della città che lo ospitava. A Napoli rimase fino alla
morte, il 24 apr. 1846.
Non sembra che dalla sua scuola di canto siano usciti valenti artisti, eccezion fatta per A. Tosi
e L. Rossi, mentre, quando ancora era nella carriera, si giovarono dei suoi insegnamenti I.
Colbran e V. Camporese.

Come artista, significativo è il giudizio che di lui dà il Fétis: "Crescentini fut le dernier grand
chanteur qu'ait produit l'Italie: en lui a fini la série de virtuoses sublimes enfantés par cette
terre classique de la mélodie...". E ancora in Heriot leggiamo: "Ammirato per la dolcezza della
sua voce pura ed agile e per il suo canto espressivo, gli occorreva solo un po' più di potenza
per uguagliare Pacchierotti. Ben presto venne considerato superiore al Marchesi, per lo meno
da tutti coloro che giudicavano il gusto, la misura e la spontaneità superiori a un'esecuzione
brillante ma meccanica".

Giudizi estremamente positivi sul C. ritroviamo nello Scudo, che dal suo canto apprezzava
soprattutto le inflessioni patetiche, dichiarando che nessun artista, compreso G. Porta, era
riuscito a raggiungere tanta bravura nel ruolo di Romeo, dell'opera di N. Zingarelli. Il giovane
Schopenhauer ne decantò la bella voce quasi soprannaturale che avrebbe potuto gareggiare
con le più belle voci femminili soprattutto per il timbro argenteo e cristallino che gli
consentiva di ottenere effetti di grande dolcezza particolarmente nei pianissimo; a queste
qualità vocali si aggiungevano doti di ottimo attore nonostante il fisico pesante e sgraziato.
Affascinato dalla sua arte fu anche Alfred de Vigny che ne La canne de jonc, descrivendo una
rappresentazione degli Orazi e Curiazi al teatro di corte di Parigi, magnificò la sua voce.

Per quanto riguarda la sua personalità F. Haböck afferma che il C. non era esente da una certa
vanità bambinesca e, a riprova di ciò, racconta come durante una rappresentazione pretese
che fossero cambiati i costumi del primo tenore perché più eleganti dei suoi.

Le straordinarie capacità vocali del C. e il suo gusto musicale sono testimoniati non solo dai
successi teatrali e dalle critiche, ma da numerose raccolte di esercizi per la vocalizzazione che
dimostrano una conoscenza approfondita del canto e dei problemi con esso connessi.
L'andamento vocale di questi brani denota la cura del compositore di aderire alle esigenze
naturali del cantante, senza rinunciare all'introduzione di passi arditissimi che riflettono le
personali capacità virtuosistiche.

Nella prefazione alla Raccolta di esercizi per la vocalizzazione (Paris s. d.; Leipzig s. d., ma
1811) il C., oltre a raccomandare un'esercitazione costante dell'organo vocale, al fine di
superare le difficoltà tecniche, ammonisce l'esecutore a una lettura attenta della scrittura
musicale, con tutti i segni di espressione che le sono propri e, soprattutto, a non dimenticare
che l'ultimo e più importante fine dell'esecutore è quello di toccare il cuore di chi ascolta. Da
quest'ultima esortazione risalta chiaramente l'esperienza non solo del virtuoso ma
dell'interprete che, al di sopra di qualunque mezzo tecnico, è attento all'esaltazione dei valori
musicali ed espressivi.

Tra le sue composizioni si ricordano: Sei cantate e diciotto ariette a voce sola con
accompagnamento di Fortepiano, Bologna s. d.; Tre cavatine per voce sola con
accompagnamento di pianoforteop. 50, ibid. s. d.; Dodici ariette italiane
coll'accompagnamento di Chitarra, Vienna 1797; Pezzi (otto) di canto a una voce con
accompagnamento di Pianoforte intitolati laPartenza - l'Incertezza - il Pianto - l'Eroica
separazione - l'Amor timido - l'Indifferenza - la Gelosia, Paris s. d.; Ariette inedite per voce
soladi soprano con accompagnamento di pianoforte, Napoli s. d.; compose inoltre per l'opera
Giulietta eRomeo di Zingarelli il rondò "Ombra adorata aspetta", per soprano e strumenti, di
cui è conservata una partitura manoscritta nella biblioteca del Conservatorio di S. Pietro a
Majella di Napoli (ms. 22.6.16) e la preghiera di Romeo "Sommo Ciel, che il cor" per soprano
con accompagnamento di pianoforte (Ibid., ms. 22.6.31); le arie "Oh, Dio, mancar mi sento",
"Non temer dell'Indo, in riva" e "Piccola arietta per voce di soprano con accompagnamento di
Forte-piano", il cui manoscritto autografo è conservato nella bibiblioteca del Liceo musicale di
Bologna (Civico Museo bibliogr. musicale; ms. 3, 223); al C. è attribuito anche il rondò "Vieni
agli amplessi miei" inserito nell'Axur di A. Salieri (Napoli, S. Pietro a Majella, ms. 22.6. 16).

Delle sue numerose opere di carattere didattico si ricordano in particolare, oltre ai già citati
Esercizi per la vocalizzazione con una prefazione in italiano e in francese sull'arte del canto,
Paris e Leipzig s. d., ma 1811: Nuovi esercizi, ossia studi di canto per uso del vocalizzo, op. 2,
Milano s. d.; Raccolta completa di esercizi di musica, Napoli s. d.; Solfeggi progressivi per
soprano e altre pregevoli raccolte di esercizi di tecnica vocale.

Bibl.: Notizie in Allgemeine musikal. Zeitung, II (1799), pp. 31, 376; IV (1802), p. 600; V
(1803), p. 528; VI (1804), pp. 543, 618, 760, 777; VII (1805), p. 571; VIII (1806), pp. 59-301;
XII (1810), p. 218; XIII (1811), p. 736; XIV (1812), p. 249; XIX (1817), pp. 134, 196, 611; XXIV
(1822), pp. 301, 319; XXVII (1825), p. 632; XXXIII (1831), p. 153; XXXVIII (1836), p. 314;
XXXIX (1837), pp. 96, 614; XLI (1839), p. 854; XLVIII (1846), p. 854; XLIX (1847), p. 708; A. De
Vigny, La vie et la mort du capitaine Renaudou La canne de jonc, in Oeuvres complètes, Paris
1965, p. 403; N. E. Cattaneo, in Gazzetta musicale di Milano, 1846, p. 220; F. Romani, ibid., p.
180; E. T. A. Hoffmann, Kreisleriana, DerDichter und der Komponist, Leipzig s. d., pp. 19 ss.; P.
Scudo, Joséphine Grassini, in Revue desDeux Mondes, il genn. 1852, pp. 148-59, F. Caffi, Storia
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317 ss.; F. Florimo, La scuola musicale diNapoli e i suoi conservatori, Napoli 1882, 11, pp. 29,
270, 294, 361, 408, 413, 428; IV, pp. 252 s.; L. Mastrigli, Manuale del cantante, Milano 1890, p.
8; G. Gaspari, Catalogo della bibl. del Liceo musicale di Bologna, I, Bologna 1890, p. 317; III,
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Cantanti evirati celebri, Roma 1920, p. 103 e passim; Catal. delle opere musicali, Città di
Modena, P.Lodi, Bibl. Estense, Bologna 1923, pp. 213 ss.; F. Haböck, Die Kastraten undihre
Gesangskunst, Stuttgart 1927, pp. 12-79, 123, 172, 254, 263, 271, 273, 293, 297, 368 ss., 460,
467, 486; A. Della Corte, L'interpret. musicale e gli interpreti, Torino 1951, pp. 509, 536; L.
Spohr, Selbstbiographie, Basel 1954, 1, p. 333; A. Heriot, I castrati del teatro d'opera, Milano
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B. Croce, I teatri di Napoli, II, Napoli 1968, pp. 536 s.; M. Rinaldi, Due secoli di musica alteatro
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Geschichte u. Gegenwart, XV, coll. 1639 s.; The New Grove Dict. of Music andMusicians, V, p.
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