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Luigi Pirandello è considerato uno tra i più grandi drammaturghi del ventesimo secolo.

In esso troviamo
difatti, un senso d’avanguardia che aprirà la strada a molto di quello che è venuto dopo in campo teatrale e
letterario. Le varie innovazioni si dislocano durante tutta la produzione del poeta, che è possibile suddividere
in quattro fasi: la fase del teatro siciliano, del teatro umoristico/grottesco, del teatro nel teatro e infine il
teatro dei miti. Le principali caratteristiche innovative del teatro pirandelliano si vanno a formare soprattutto
durante la seconda e terza fase. Qui Pirandello comincia il distacco dalle correnti veriste e naturaliste per
avvicinarsi al decadentismo. Pirandello infatti vive e descrive la crisi del suo tempo (il crollo dei valori, la
solitudine, l’alienazione, …) e a suo modo fugge dalla realtà che lo circonda, non si impegna nella politica e
non ricopre ruoli sociali.
Grazie alla sua formazione conosce le profonde contraddizioni della società borghese tra la fine
dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, e tali aspetti verranno affrontati attraverso un’attività artistica estesa
a tutti i generi letterari. Secondo il poeta il compito dell’arte era quello di mettere a nudo le contraddizioni
dell’esistenza: l’essere e l’apparire. Tutto questo attraverso la poetica dell’umorismo il quale fa divertire e
ridere, ma anche riflettere, mostrando le storture della società o facendoci sorridere di noi stessi. L’umorismo
non va però confuso con la comicità, la quale fa divertire e ridere in modo immediato e spontaneo. Alla base
dell’umorismo è posto il contrasto tra la “forma” e la “vita” dell’individuo, cioè tra il ruolo imposto dalla
società e ciò che è composto dalle pulsioni che fermentano sotto la “forma”. Un altro tema affrontato
dall’autore è difatti la “disgregazione dell’io”: le relazioni impongono agli individui dei ruoli, costringendoli
ad indossare delle maschere creando così un “gioco delle parti” in cui l’io si frantuma in tante identità
molteplici. Dunque nella seconda fase si fa dominante il rovesciamento paradossale del dramma borghese,
ambientato nello spazio convenzionale del salotto che diventa una “stanza della tortura”, luogo simbolico
della condizione umana nella società, dove ha sede un’infelicità stagnante. Nella terza fase invece Pirandello
sviluppa l’idea che l’arte dovesse “parlare anche agli occhi”. A tal scopo ripristinerà una tecnica teatrale di
Shakespeare, il “palcoscenico multiplo”, in cui si vedono contemporaneamente varie scene in vari ambienti.
Inoltre andrà ad abolire anche la barriera ideale tra palco e pubblico, la “quarta parete”, che nel teatro
tradizionale manteneva l’illusione della scena.
Tutto queste tecniche sono presenti anche in “La stranezza”, film ispirato alla vita di Pirandello e che
racconta la genesi di uno dei maggiori capolavori pirandelliani, coesione di tutti gli aspetti più rivoluzionari:
“Sei personaggi in cerca di autore”. In questo il pubblico non si trova più protetto dalla sua funzione di
spettatore, ma coinvolto in una dimensione che mostra tutto ciò che dovrebbe essere nascosto. In questo
modo i drammi del metateatro pirandelliano non conoscono una vera e propria conclusione: lo spettatore ne
esce turbato, i dubbi su quella realtà rappresentata non vengono sciolti e tutto resta sospeso. Da ciò si evince
l’adesione di Pirandello alla corrente relativista: secondo il poeta non si poteva arrivare ad una conoscenza
autentica e oggettiva delle cose. Dunque la realtà esiste solo all’interno di noi stessi e le verità di ciascun
individuo sono semplici opinioni, tutte equivalenti. Il teatro di Pirandello distrugge le convenzioni, elimina la
barriera tra realtà e finzione, tra autore e personaggio, tra pubblico e attore ed è per questo che può essere
considerato a tutti gli effetti una vera e propria rivoluzione.

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