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LUIGI PIRANDELLO

Vita
Egli nacque nel 1867 presso Girgenti, da una famiglia di agiata condizione borghese.
Si iscrisse all’Università di Palermo,poi alla facoltà di lettere a Roma.
Nel frattempo inizia la produzione letteraria scrivendo poesie e una tragedia.
L’esperienza degli studi in Germania fu importante per lo scrittore, lo mise in
contatto con la cultura tedesca e con gli autori romantici, che lo influenzarono sulle
teorie riguardanti l’umorismo.
Nel 1893 scrisse il suo primo romanzo “L’esclusa” e diede alle stampe una prima
raccolta di racconti “Amori senza amore”.
Sposó Maria Antonietta Portulano.
Pubblicó articoli e saggi su varie riviste, tra cui il “Marzocco” che aveva come
collaboratori pure Pascoli e D’annunzio.
Scrisse la sua prima commedia “Il nibbio”.
Dissesto economico
Un allagamento della miniera di zolfo in cui il padre aveva investito il suo patrimonio
causó un dissesto economico della famiglia.
Alla notizia del disastro la moglie ebbe una crisi che sfoció in follia. La convivenza
con la donna costituì per Pirandello un tormento continuo, che può essere visto
come “trappola” che imprigiona e soffoca l’uomo.
Anche l’esistenza di Pirandello, fu segnata dall’esperienza della declassazione del
passaggio da una vita di agio borghese ad una condizione di piccolo borghese, con i
suoi disagi economici.
Questo fatto gli forní lo spunto per la rappresentazione del grigiore soffocante della
vita piccolo borghese, ma soprattutto il suo rifiuto del meccanismo sociale alienante,
sentito come una “trappola”.
Lo scrittore raccolse poi in vari volumi le novelle pubblicate sui giornali e riviste,
suscitando poca attenzione nella critica, che lo considerava un umorista “minore”.
L’attività teatrale
Dal 1910 ebbe il primo contatto con il mondo del teatro, attraverso la
rappresentazione di due atti unici: Lumìe di Sicilia e La morsa.
Dal 1915 venne messa in scena a Milano, la prima commedia in tre atti, “Se non
così”.
Dal 1920 il teatro di Pirandello cominciò a conoscere il successo di pubblico.
I drammi pirandelliani furono conosciuti e rappresentati in tutto il mondo.
Dal 1925 assunse la direzione del teatro d’Arte di Roma.
L’esperienza del Teatro d’Arte fu resa possibile anche dal finanziamento dello Stato.
Si iscrisse al Partito Fascista, e gli servì per ottenere appoggi da parte del regime.
Negli ultimi anni lo scrittore seguì particolarmente la pubblicazione organica delle
sue opere, in numerosi volumi: le Novelle per un anno e me Maschere nude, in cui
venivano sistemati i testi drammatici.
La visione del mondo ( il vitalismo)
I testi narrativi e drammatici di Pirandello insistono su alcuni nodi concettuali.
Alla base della visione Pirandelliana vi è una concezione vitalistica, che è uguale a
quella di varie filosofie contemporanee.
La vita è intesa come eterno divenire.
Tutto ciò che si stacca da questo flusso,assume una forma distinta e individuale che
si rapprende, si irrigidisce e comincia, secondo Pirandello, a morire.
Così avviene dell’identità personale dell’uomo. Noi siamo parte indistinta
nell’universale ed eterno fluire, ma tendiamo a cristallizzarci in delle forme
individuali, a fissarci in una realtà che noi stessi creiamo, in una personalità coerente
e unitaria.
Questa personalità è un’illusione è scaturita solo dal sentimento soggettivo che noi
abbiamo del mondo, che ci proietta in un cerchio di luce e ci separa fittiziamente dal
resto della vita.
ad esempio, un individuo può crearsi di se stesso l’immagine gratificante dell’onesto
lavoratore, del buon padre di famiglia, mentre gli altri magari lo fissano senza
rimedio nel ruolo dell’ambizioso senza scrupoli o dell’adultero.
Queste forme in realtà sono delle costruzioni fittizie,delle maschere che noi stessi ci
imponiamo e che ci impone il contesto sociale. Sotto queste maschere non c’è un
volto definito, immutabile: non c’è nessuno.
Pirandello condusse una critica serrata al concetto di identità personale, di “io“, su
cui si era fondata una lunga tradizione filosofica e da cui si appellava abitualmente la
coscienza comune.
Questa teoria della frantumazione dell’io è un dato storicamente significativo: nella
civiltà novecentesca entra in crisi sia l’idea di una realtà oggettiva, organica definita
univocamente interpretabile con gli schemi della ragione, sia di un soggetto forte,
unitario, coerente, sicuro di ogni rapporto con la realtà. L’io si disgrega, si smarrisce
si perde nel naufragio di tutte le certezze.
È questo il periodo dell’affermarsi di tendenze spersonalizzante nella società:
l’instaurarsi del capitale monopolistico, che annulla l’iniziativa individuale e nega la
persona dissolvendola in grandi apparati produttivi anonimi.
L’uomo si smarrisce e diviene una particella isolata e alienata nella folla anonima.
L’individuo non conta più, Leo si indebolisce, perde la sua identità, si frantuma in
una serie di stati incoerenti. Pirandello è uno degli interpreti più acuti di questi
fenomeni e questo si riflette nelle sue teorie e nelle sue costruzioni letterarie. La
presa di coscienza di questa inconsistenza dell’io suscita nei personaggi pirandelliani
smarrimento e dolore. L’avvertire di non essere “nessuno “l’impossibilità di
consistere in un’identità provoca : angoscia ed orrore, un senso di solitudine.
queste forme sono viste come una “trappola“, come un “carcere” in cui l’individuo si
dibatte, lotta invano per liberarsi.
la società gli appare come nel “enorme pupazza data“, una costruzione artificiosa e
fittizia, che isola irreparabilmente l’uomo dalla “vita“, lo conduce alla morte anche
se gli apparentemente continua a vivere.
Nelle novelle e nei romanzi la critica di Pirandello si appunta sulla condizione piccolo
borghese mentre, il teatro predilige ambienti alto borghesi.
L’istituto in cui si manifesta per eccellenza la “trappola“ della “forma“ che
imprigiona l’uomo, separandolo dall’immediatezza della vita, èla famiglia.
Pirandello coglie il carattere opprimente dell’ambiente familiare, il suo grigiore
avvilente, le tensioni segrete, i rancori, le ipocrisie.
L’altra “Trappola“ e quella economica, costituita dalla condizione sociale e dal
lavoro, almeno a livello piccolo borghese: i suoi eroi sono prigionieri di una
condizione misera e stentata, di lavori monotoni e frustranti.
Da questa “trappola“ non si dà per Pirandello una via d’uscita storica: il suo
pessimismo è totale, non gli consente di vedere altre forme di società diverse.
la società borghese del suo tempo che egli indaga non è per lui che la
manifestazione particolare di una condizione universale. L’unica via di relativa
salvezza che si dà ai suoi eroi e la fuga nell’irrazionale: nell’immaginazione che
trasporta verso un altro ove è fantastico, come per l’impiegato Belluca di “Il treno ha
fischiato” Che sogna paesi lontani e attraverso questa evasione posso portare lo
pressione del suo lavoro e della famiglia,composta da tre cieche, due figliole vedove
con sette nipoti da mantenere; oppure nella follia, che è lo strumento di
contestazione per eccellenza, in Pirandello, delle forme fasulle della vita sociale.
il rifiuto della vita sociale dal luogo nell’opera pirandelliana ad una figura ricorrente,
emblematica: il “forestiere della vita“, colui che “ha capito il giuoco“, ha preso
coscienza del carattere del tutto i tizi del meccanismo sociale e si esclude, si isola.
questo personaggio rifiuta di assumere la sua “parte”, osserva gli uomini
imprigionati dalla “trappola“ con un atteggiamento “umoristico“.
caratteristico della visione pirandelliana è dunque un radicale relativismo
conoscitivo: non si dà una verità oggettiva fissata a priori una volta per tutte.
Ognuno alla sua verità, che nasce dal suo modo soggettivo di vedere le cose.
ne deriva un evitabile incomunicabilità fra gli uomini: essi non possono intendersi,
perché ciascuno fa riferimento alla realtà come per lui e non sa, ne può sapere,
come sia per gli altri.
Nella visione umoristica di Pirandello la realtà si sfalda in una pluralità di frammenti
che non hanno un senso complessivo. Questa radicale apertura della visione del
mondo, questa crisi della totalità collocano Pirandello già oltre il decadentismo, in
un clima tipicamente novecentesco. Così avviene per la crisi dell’io. Il decadentismo,
come già nel Romanticismo, nella sua fuga da una realtà storica negativa, che
portava la chiusura gelosa nella soggettività, poneva L’io al centro del mondo, o
meglio, identifica sostanzialmente il mondo con L’io.
LA POETICA
L’UMORISMO

Testo si compone di una parte storica, in cui l’autore esamina varie manifestazioni
dell’arte umoristica, e di una parte teorica, in cui viene definito il concetto stesso di
umorismo.
Luigi Pirandello, per la prima volta, parla di umorismo in senso esplicito, facendo una
differenza con il comico. Il comico non è altro che l’avvertimento del contrario, che
nasce dal contrasto tra l’apparenza e la realtà e che genera la risata, emblema di una
situazione contraria a quella che dovrebbe essere normalmente. Si tratta, però, di
una risata superficiale, che non porta subito alla riflessione: l’autore siciliano, con il
famosissimo passo della “vecchia signora”, arriva poi a dare una definizione di
umorismo:
“Vedo una vecchia signora, coi capelli ritinti, tutti unti non si sa di quale orribile
manteca; e poi tutta goffamente imbellettata e parata d’abiti giovanili. Mi metto a
ridere. Avverto che quella vecchia signora è il contrario di ciò che una vecchia
rispettabile signora dovrebbe essere. Posso così, a prima giunta e superficialmente,
arrestarmi a questa impressione comica. Il comico è appunto un avvertimento del
contrario. Ma se ora interviene in me la riflessione, e mi suggerisce che quella
vecchia signora non prova forse nessun piacere a pararsi così come un pappagallo,
ma che forse ne soffre e lo fa soltanto perché pietosamente s’inganna che, parata
così, nascondendo così le rughe e la canizie, riesca a trattenere a sé l’amore del
marito molto più giovane di lei, ecco che io non posso più riderne come prima,
perché appunto la riflessione, lavorando in me, mi ha fatto andar oltre quel primo
avvertimento, o piuttosto, più addentro: da quel primo avvertimento del contrario
mi ha fatto passare a questo sentimento del contrario. Ed è tutta qui la differenza tra
il comico e l’umoristico.”
L’umorismo nasce, quindi, in un secondo momento: è il sentimento del
contrario. È generato dalla riflessione, dall’accettazione di una triste realtà e dal
contrasto tra apparenza e realtà, maschere e vera personalità. E se prima di fronte
all’immagine della vecchia signora il genere umano sghignazza in una grossolana
risata, adesso la riflessione genera un sentimento di compassione: colei che cerca di
nascondere il peso dei suoi anni dietro abiti eleganti e fascino spietato, fa pena
all’animo umano che, riflettendo, percepisce la sua debolezza, la paura di
invecchiare, la fragilità umana.

L’ATTEGGIAMENTO UMORISTICO
Lo scrittore deforma l’uomo rendendo i suoi gesti e movimenti paradossali,
portandolo all’estremo dell’’inverosimiglianza e dell’assurdo i casi comuni della vita.
Da tutto questo meccanismo assurdo scaturisce forzatamente il riso, ma è un riso
sempre accompagnato, in nome del sentimento del contrario, da una pietà dolente
per un’umanità così avvilita, per la sofferenza senza riscatto, per la pena di vivere
così.

NOVELLE PER UN ANNO


Pirandello scrisse novelle per tutto l’arco della sua attività creativa, racchiuse
all’interno di Novelle per un anno (24 volumi).
Riflettono il mondo non ordinato e disgregato in una miriade di aspetti precari e
frantumati.
Scritte nei primi anni della sua vita.

NOVELLE SICILIANE
Scambiate molto spesso per opere veriste, le novelle di questa raccolta trattano la
vita siciliana di provincia o di campagna.
Viene rappresentato un mondo diverso, lontano dall’indagine scientifica sui
meccanismi della società e della lotta per la vita.
L’autore mette in luce e coglie il grottesco della vita siciliana, un mondo disordinato
e folle.

NOVELLE PICCOLO BORGHESE


Novelle che trattano la condizione di piccoli borghesi, meschina, grigia e frustrata.
Pirandello mette in luce la trappola in cui questi esseri sono prigionieri.
Trappola costituita da una famiglia oppressiva e soffocante, da un lavoro monotono
e meccanico che intristisce l’individuo..
L’analisi dell’autore si appunta con feroce lucidità sulle convenzioni sociali che
impongono all’uomo maschere fittizie e ruoli fissi, spegnendo la spontaneità e
l’immediatezza della vita.
Esempio principale: Il treno ha fischiato.

LA TRAPPOLA, dalle Novelle per un anno


Fu pubblicata sul Corriere della Sera il 23 maggio 1912.
Spiega la concezione della vita di Pirandello.
Essa si articola come un colloquio interiore di un uomo, Fabrizio, certo che
l’esistenza sia una Trappola, perché porta sempre alla morte. L’essere umano è
diviso tra la vita e l’apparenza, cioè la forma.
La forma è un concetto basilare in Pirandello, poiché l’uomo, secondo lui, non è mai
sé stesso, ma si sforza di interpretare sempre una parte.
Per Fabrizio, le donne sono il congegno diabolico del destino, perché attraggono
l’uomo spingendolo a riprodursi e a procreare altri sventurati che saranno in ogni
caso in Trappola.
Anche lui è stato abbagliato da una donna sposata, che non poteva avere figli e che
ha strappato a lui una gravidanza, per poi ritornare dal marito.
Fabrizio starà da solo con il vecchio padre infermo e paralizzato, condannato a quel
destino dal padre di suo padre che senza rendersi conto lo ha fatto nascere 76 anni
prima.
Per Fabrizio, infatti, ogni genitore è il carnefice dell’individuo che genera e che
sostiene di amare, perché lo condanna a morte.
Il racconto non presenta quasi andamento narrativo, intreccio o personaggi.
Si tratta di un monologo di un individuo anonimo, che confessa ad un interlocutore
indeterminato i propri pensieri.
Il testo è molto importante, perché qui Pirandello sintetizza alcuni temi essenziali,
alla base di tutta la sua opera narrativa e drammatica.
Si afferma l’inconsistenza della persona, una costruzione artificiale, una realtà che
noi stessi ci diamo e che maschera una realtà più profonda.
Al di sotto di essa vi è una pluralità di stati di coscienza.
La realtà però è vita, è un flusso continuo, e assumere una precisa personalità
individuale significa distaccarsi da questa vita, fissarsi in una forma e morire.
Ogni condizione individuale è una trappola che ci imprigiona, staccandoci dal flusso
vitale. Dunque è significativo che la trappola della novella si concretizza nel rapporto
uomo-donna, che genera la società.
L’idea dell’inconsistenza della personalità come proiezione fittizia della nostra
soggettività è espressa anche nel Fu Mattia Pascal.
Nel romanzo però, in una prospettiva mistica il morire è visto come il cadere
dell’illusione che ci tiene prigionieri; nella novella invece la visione è più tragica, ed
esprime l’orrore per la trappola che imprigiona l’uomo.
Ne segue una visione cupa e mortuaria.
Nella contrapposizione tra vita e forma possiamo scorgere un nucleo profondo e
autentico della visione dello scrittore, il suo rifiuto per le organizzazioni sociali,
costrittive e soffocanti e la sua nostalgia di un’immediatezza spontanea.

Gli uomini, sostiene ancora, sono tutti già morti, perché fissi nei loro ruoli, sotto le
loro maschere, ma non vivono davvero, non partecipano di quel flusso vitale che è
appunto l'esistenza.

IL TRENO HA FISCHIATO, dalle Novelle per un anno


La Novella fu pubblicata sul Corriere della Sera il 22 febbraio 1914, poi nel volume
trappola nel 1915.

RIASSUNTO
Il protagonista della novella è Belluca, un uomo modesto senza particolari qualità,
un contabile dedito all’arido lavoro di ufficio, fatto di conti e calcoli, sottomesso e
indifeso e per questo zimbello sia del capoufficio e dei colleghi, sia dei familiari.
Il racconto procede a ritroso. Nella prima parte della novella, il lettore viene a
conoscenza di quanto accaduto, non con la narrazione dei fatti ma attraverso i
dialoghi tra i colleghi d’ufficio del protagonista, che narrano del ricovero di Belluca
in  ospedale psichiatrico, preda di un’improvvisa alienazione mentale, dopo che si è
scagliato contro il proprio capo ufficio.
Belluca, irreprensibile lavoratore, sempre sottomesso e mite, si è infine ribellato.
Dopo anni di angherie in cui a testa bassa ha continuato a svolgere il proprio lavoro
in maniera scrupolosa e irreprensibile, senza reagire minimamente ai richiami, alle
battute e agli scherzi crudeli di colleghi e del capoufficio, una mattina si presenta in
ufficio in ritardo, con un’aria stordita e serafica, e vi trascorre l’intera giornata in
maniera inconcludente. Ripreso, per una volta giustamente, dal capoufficio, Belluca
reagisce inveendo e farneticando contro di lui. Urlando racconta di un treno che ha
fischiato nella notte e che lo ha portato lontano. Viene creduto pazzo. Quindi,
imbragato in una camicia di forza, viene portato all’ospizio dei matti mentre egli
continua ad imitare il fischio del treno ed a raccontare di viaggi in posti lontani.
A questo punto del racconto si inserisce la voce del narratore che spiega al lettore,
in qualità di vicino di casa del Belluca, che tipo di vita questi conducesse, oppresso
non solo da un’umiliante condizione lavorativa ma anche da una squallida vita
familiare, dovendo provvedere a moglie, suocera e sorella della suocera, tutte
affette da cecità, e alle 2 figlie vedove con i loro 7 bambini. Avendo tutte quelle
bocche da sfamare egli si era procurato altro lavoro da svolgere a casa fino a notte
tarda, tra le urla e gli strilli dei litigiosi componenti della sua famiglia.
In questa squallida situazione, al limite della sopportazione, chiusa nella monotonia
di giorni sempre uguali, in cui nulla sembrava potesse cambiare, una notte succede
qualcosa che cambia tutto. E’ Belluca stesso a raccontarlo: il fischio di un treno,
squarcia, all’improvviso la cappa opprimente sotto la quale da anni egli vive. Il
fischio del treno lo scuote e gli apre una via di uscita, quando si rende conto che la
vita è fatta anche di fantasia e immaginazione.
Un evento banale come il fischio del treno consente a Belluca di trovare uno spazio
di evasione, in cui immaginare viaggi in paesi sconosciuti, ciò gli permetterà di
continuare la sua miserrima vita, dopo che egli, dimesso dall’ospedale e scusatosi
con il suo Capoufficio, riprenderà la vita di sempre.
Belluca esce da questa vicenda trasformato perché capisce che estraniandosi di
tanto in tanto nel mondo del sogno egli riuscirà a sentirsi meno schiavo  di una vita
alienata, libero di viaggiare con la fantasia.

ANALISI DEL TESTO

Tematiche
Le tematiche affrontate sono tipicamente pirandelliane:
* La falsità di un mondo basato su ciò che appare e non su ciò che è. La vicenda
viene infatti osservata da 3 punti di vista:
* Nell’ottica convenzionale dei colleghi d’ufficio per i quali la sola spiegazione
plausibile del comportamento di Belluca è la pazzia;
* Nell’ottica del narratore che conoscendo i particolari della squallida vicenda
familiare del protagonista, ne giustifica il comportamento ribelle e ne ricerca il
significato;
* Nell’ottica dello stesso protagonista che svela il vero significato dell’evento del
fischio del treno che gli permette di trovare una interiore dimensione esistenziale.
* L’equivoco esistenziale essere/apparire alla fine si risolve: visto dall’esterno
Belluca può apparire pazzo mentre in realtà ha solo ritrovato la sua dimensione
umana.
* La concezione relativistica della realtà e dell’uomo per cui non esiste una sola
verità ma ne esistono tante. La realtà obiettiva non esiste perché un fatto può
essere interpretato in moltissimi modi diversi. La realtà è la somma di tante verità,
di tanti microcosmi quanti sono gli uomini.

Il fulcro narrativo
La vicenda si svolge entro limiti paradossali ma rispecchia la situazione di molte
persone che possono resistere all’alienazione e alla solitudine solo ritagliandosi un
piccolo spazio in una realtà diversa nel sogno.
Solo alla fine della novella si comprendono il comportamento di Belluca e la sua
insubordinazione al capoufficio.
Il fischio del treno è l’evento apparentemente insignificante che costituisce invece il
fulcro narrativo del racconto e che sconvolge la vita del protagonista.  Evidenzia un
concetto che spesso sta alla base dell’opera pirandelliana: il fatto che a volte basta
un evento insignificante per rivoluzionare tutta la vita di una persona. Nel caso
specifico la folgorazione improvvisa del fischio del treno rende consapevole il
protagonista di voler recuperare la propria dignità e la propria libertà, seppur in
limitati momenti di viaggio nella fantasia.
Il fischio del treno rappresenta il simbolo della riconquistata libertà.
Il fischio di quel treno nel cuore della notte spalanca per Belluca prospettive nuove e
mai esplorate e lo mette di fronte alla totale mancanza di evasione e leggerezza
nella sua vita.
Il protagonista comprende l’importanza, di tanto in tanto, di concedersi dei
momenti di libertà e evasione da tutto, fosse anche nel mondo del sogno e della
fantasia.

Stile
Da un punto di vista stilistico la novella può essere divisa in 3 parti:
* La parte iniziale della novella ha un ritmo narrativo convulso che coinvolge
emotivamente il lettore e riflette il punto di vista esterno, dei colleghi del
protagonista. Il tono è umoristico e vuole evidenziare l’incapacità degli estranei di
capire veramente la realtà.
* La seconda parte rispecchia il punto di vista del narratore che partecipa alla
narrazione per spiegare e capire la realtà dei fatti. Il ritmo narrativo rallenta.
* La parte finale vede il narratore immedesimarsi nel protagonista e comprenderne
perciò i comportamenti. Anche in questo caso emerge nella conclusione l’umorismo
pirandelliano laddove a Belluca vengono concesse di tanto in tanto, nella monotonia
della vita quotidiana, delle brevi pause di fuga dal mondo reale inseguendo
il “fischio del treno”.
Pirandello utilizza diverse metafore per descrivere il personaggio del protagonista:
* “Casellario ambulante” per mettere in evidenza l’aridità e l’ottusità di una persona
considerata un archivio umano;
* “vecchio somaro” per far risaltare la limitatezza di vedute e la sopportazione alle
fatiche e ai maltrattamenti.
Anche la similitudine “come una bestia bendata” richiama la figura metaforica del
somaro per evidenziare la situazione di ottusità e abbruttimento in cui viveva il
protagonista quando tutti lo consideravano invece un essere normale.
Nell’opera riscontriamo il forte contrasto tra quella che tutti sembrano definire follia
(l’improvvisa ribellione di Belluca) e la realtà dei fatti: la vera follia è adeguarsi alla
vita di tutti i giorni rinunciando al sogno e alla libertà.
I ROMANZI
L’ESCLUSA E IL TURNO
Scritta nel 1893 è ambientata in Sicilia, parla di una donna accusata ingiustamente di
un adulterio che viene cacciata dal marito.
Il romanzo ha legami con il naturalismo (il quadro di un costume provinciale, arcaico
è chiuso, con cui si scontra una donna intelligente alla ricerca di un’emancipazione
che il meccanismo sociale rende impossibile).
TRAMA
L’opera affonda le sue radici in una cittadina della provincia siciliana durante gli
ultimi anni dell’800. L’autore infatti lavora sullo sfondo tipico della letteratura
verista, ricca di dinamiche sociali ben descritte nei loro pregiudizi e nelle loro
sanzioni; a questo aggiunge una vicenda che rimanda ai paradossi del dramma
esistenziale, del contrasto fra sostanza e apparenza. Qui la condotta del singolo si
basa sul “cosa dirà la gente”, il timore dello scandalo diventa il credo su cui
impostare la propria vita e le proprie relazioni. L’arretratezza e l’ignoranza della
gente assecondano le maldicenze, la curiosità e l’ipocrisia. Al pregiudizio si
accostano il formalismo e il maschilismo.
La società delineata da Pirandello nell’Esclusa evidenzia come il matrimonio si riduca
a rapporti gerarchici precostituiti dove l’uomo è il padre-padrone e la donna un
soprammobile in attesa di sistemazione. Il rapporto di coppia esclude ogni forma di
dialogo aperto ed egualitario, coprendo sotto la vernice del formalismo gli impulsi e i
sentimenti autentici. Dal romanzo emerge anche il relativismo conoscitivo, ovvero
l’esistenza di diverse realtà soggettive; i personaggi sono dunque certi di possedere
la verità, dimostrando l’inesistenza di una realtà oggettiva.
Protagonista della vicenda è la giovane Marta sposata con Rocco Pentagora. Pur
essendo incinta del marito, la ragazza viene scacciata da questi perché ritenuta
colpevole di adulterio. Il fondamento di questa pesante accusa è la corrispondenza
( più filosofico-letteraria che amorosa), che la giovane ha avuto con un suo
ammiratore, l’avvocato Gregorio Alvignani. Marta è disprezzata da tutti e nemmeno
in famiglia riesce a trovare comprensione per la sua sfortunata condizione. Iniziano
così una serie di disgrazie che colpiscono la famiglia Ajala: la morte del padre
Francesco, la nascita di un bimbo senza vita, la malattia di Marta, il tracollo
economico dovuto al fallimento della conceria, che dopo la morte del padre fu
affidata a Paolo Sistri.
Ripresasi, Marta non si abbandona alla commiserazione, ma riprende gli studi
(sostenuta dalla madre Agata e dall’unica amica rimastale, Anna) e vince il concorso
per insegnare all’Istituto magistrale della sua città. Rappresentando questo un
malcontento per molti, Marta venne trasferita a Palermo.
Inizia qui la seconda parte del romanzo che si sviluppa nell’anonimato della grande
città. Marta tenta con fatica e dignità di ricostruirsi una vita, senza tuttavia
nascondere il brutto passato che la tormenta. La sua bellezza però attira le
attenzioni, per altro non gradite, di molti colleghi; ma il caso le fa incontrare
nuovamente Gregorio Alvignani divenendo questa volta la sua amante. Intanto
Rocco, ormai convintosi dell’innocenza della moglie, farà di tutto per incontrarla e
riportarla a casa.
STILE E TEMATICHE
La narrazione de L’esclusa è caratterizzata da ampie descrizioni, prediligendo
soprattutto l’aspetto psicologico, sociale e culturale. Si alternano quindi sequenze
descrittive e riflessive, lasciando poco spazio a quelle narrative. Il linguaggio
utilizzato è caratterizzato dal dialetto e frequente è l’uso di metafore, similitudine e
iperboli.
Il tema fondamentale de L’esclusa è ovviamente quello dell’incomprensione e del
malinteso che allargato fino all’estremo da una logica rigida può anche suggerire
quello, tipicamente pirandelliana, della fatale solitudine e incomprensione reciproca
degli essere umani; ma è anche, il tema fondamentale, quello umanissimo
dell’eterna gelosia e dell’eterno orgoglio, collocato in un ambiente adattissimo a
scavare tra essi un abissso sempre più profondo. Ambiente che in questo romanzo
ha un proprio peso ma non giustifica tutta la vicenda, ma concorre a crearla e a
sostenerla in un vivo intreccio drammatico.
UNO, NESSUNO E CENTOMILA
Fu pubblicato nel biennio 1925-26, ed è una delle opere più importanti.
Questo romanzo si collega al Fu Mattia Pascal, riprendendo il tema della crisi
d’identità, il quale rasenta i limiti della follia. Ha come protagonista Vitangelo
Moscarda, un uomo benestante che abita nel piccolo paesino di Richieri. Il nodo
cruciale del romanzo si ritrova in particolare modo nell’osservazione che la moglie fa
a Vitangelo Mosca per quanto riguarda il suo aspetto fisica: il suo naso infatti
penderebbe leggermente verso destra. Viene così a conoscenza di altre sue piccole
imperfezioni e capisce che , dei piccoli difetti, ignorati da lui stesso, erano invece
familiari a chi gli stava intorno. Moscarda si rende conto che gli altri si fanno di lui
un’immagine diversa da quella che egli si è creato di se stesso. Scopre di non essere
“uno” come credeva fino ad allora , ma “centomila” nel riflesso delle prospettive
degli altri , e quindi “nessuno”. In un crescente bisogno di autenticità, Vitangelo
compie atti inusuali e folli agli occhi di chi lo conosceva prima delle crisi: sfratta una
famiglia per poi regalarle un appartamento nuovo; decide di liquidare la banca
ereditata dal padre per riavere indietro i suoi risparmi. Ferito gravemente da
un’amica della moglie, colta da un raptus inspiegabile di follia, al fine di evitare lo
scandalo cede tutti i suoi averi per fondare un ospizio per poveri, e degli stesso vi si
fa ricoverare, estraniandosi totalmente dalla vita sociale. Con questa scelta trova
una sorta di guarigione , rinunciando ad ogni identità e abbandonandosi al puro
fluire della” vita” , rifiutandosi di fissarsi in alcuna “forma”.
Il romanzo porta alle estreme conseguenze la crisi dell’identità che era stata
sottoposta in Fu Mattia Pascal : l’eroe non si limita più ad una condizione negativa ,
ma trasforma la mancanza d’identità in una condizione positiva, gioiosa , libera da
ogni limitazione.
Uno, nessuno e 100.000 porta anche all’estremo la disgregazione della forma
romanzesca già sperimentata con le prove narrative precedenti. Si tratta anche qui
di una narrazione retrospettiva da parte del protagonista, ma essa non si concreta
più nelle forme organiche del memoriale scritto o del diario, bensì resta allo stato
puramente magmatico e informale di un interrotto monologo. Gli interventi del
narratore nella narrazione sono assenti, il narratore è interno e coincide con col
protagonista della vicenda che parla in prima persona e non si può considerare
onnisciente poiché non guarda nella mente degli altri personaggi; non può dunque
conoscerne il pensiero.
Solo nella seconda parte il filo di un intreccio comincia a dipanarsi, ma anche
l’organicità del racconto, la concatenazione logica e coerente delle cause ed effetti .
IL FU MATTIA PASCAL
Il terzo romanzo di Pirandello, pubblicato nel 1904.
È la storia paradossale di un piccolo borghese, imprigionato come sempre nella
“trappola” di una famiglia insopportabile e di una misera condizione sociale che si
trova improvvisamente libero e padrone di se, e apprende di essere ufficialmente
morto in quanto la moglie e la suocera lo hanno riconosciuto nel cadavere di un
annegato. Mattia Pascal inizia a costruirsi una nuova identità. Soffre perché la sua
identità falsa lo costringe all’esclusione dalla vita degli altri. Decide pertanto di
rientrare nella sua vecchia identità, tornando in famiglia, ma scopre che la moglie si
è risposata ed ha avuto una figlia da un altro. Non gli resta quindi che adattarsi alla
sua condizione consapevole di non essere più nessuno.

Si assiste all’introduzione della poetica dell’umorismo. La realtà attraverso il gioco


paradossale del caso viene ridotta a meccanismo bizzarro e assurdo. Scatta il
sentimento del contrario, tragico e comico, serio e ridicolo.
La novità investe anche l’impianto narrativo. Il romanzo è raccontato dal
protagonista stesso, in forma retrospettiva in quanto Mattia Pascal al termine della
vicenda affida ad un memoriale la sua esperienza.
Il punto di vista è soggettivo, parziale che non fornisce una prospettiva certa sugli
eventi.
Pirandello è consapevole dell’impossibilità di scrivere un romanzo tradizionale, in un
età che ha visto crollare le certezze in una totalità ordinata del reale, per chi alla
narrazione unisce la riflessione su di essa: un una prefazione metanarrativa il Mattia
narratore scarta ironicamente tutti i modelli di racconto ottocenteschi

Il fu Mattia Pascal
LA LIBERAZIONE DALLA TRAPPOLA
Mattia Pascal ha ereditato dal padre una grossa fortuna ma è ridotto in miseria da
un amministratore che si impossessa del patrimonio. Mattia si vendica seducendo la
nipote di questo amministratore, Malagna, mettendola incinta. Viene costretto a
sposarla ma il matrimonio si rivela un inferno, per la suocera e per la moglie. Anche
la misera condizione sociale pesa su di lui, dopo una giovinezza adagiata si deve
adattare ad un impegno squallido, quello di bibliotecario.
Il piccolo borghese prigioniero di una trappola sociale costituita dalla famiglia
oppressiva e da un lavoro frustante, che divengono metafore di una condizione
esistenziale assoluta , di una trappola metafisica che mortifica e spegne le mobilità
della vita.
Mattia cerca di rompere con la fuga il meccanismo che lo imprigiona: lascia il paese
di nascosto per cercare fortuna in America. Ma due fatti intervengono a modificare
la sua condizione: una vincita all roulette di Montecarlo e la notizia della propria
morte. Mattia si trova così libero dalla duplice trappola, la misera condizione e la
famiglia.
Mattia così cerca di costruirsi una nuova identità. E comincia a mutare radicalmente
il suo aspetto fisico e si trova un nuovo nome Adriano Meis, e completa l’opera
immaginando un contesto alla sua nuova personalità, una storia passata, una
famiglia.
LA LIBERTÀ RAGGIUNGIBILE
Adriano Meis ben presto prova un senso di vuoto e di solitudine. Soffre ad essere
escluso dalla vita degli altri. Però il protagonista non si sente libero perché è
attaccato al comune concetto di identità e persino alla trappola della famiglia e delle
relazioni sociali.
La nuova identità è una costruzione fittizia, l’identità falsa rivela un modo traumatico
la verità sull’inconsistenza dell’io e il personaggio non è in grado di reggerla perché
resta legato alla concezione comune.
L’errore dell’eroe consiste nel non essere stato capace di vivere davvero la sua
libertà, rifiutando ogni identità individuale, nell’essersi costruito una nuova forma
più falsa quindi ancora più limitante.

I LEGAMI INSCINDIBILI CON L’IDENTITÀ PERSONALE.


Adriano Meis non resistendo più alla sua condizione di forestiere dell vita decide di
reimmergersi nel flusso vitale.
Adriano si innamora di Adriana ma non è capace di elevarsi alla condizione di
filosofo estraniato dalla realtà sociale e sente il richiamo della trappola.
Pur amando Adriana l’eroe non può stabilire un legame con lei perché socialmente
non esiste.
Adriano Meis scopre la sua condizione, di essere escluso da quella vita sociale quindi
si libera della falsa identità simulando un suicidio e riprende l vecchia identità di
Mattia Pascal.

TEATRO
Esistono alcuni momenti nella storia della letteraturaChe segnano una
rivoluzione,Un cambiamento epocale. Una di questi è la del teatro di Pirandello.
L’interesse di Pirandello per il teatro ha radici lontane ma l’amore per le scene si
rinnova durante gli anni in cui studia a Roma, dove frequenta molti teatri. Tra il 1915
e 1916 scrive vari testi in siciliano e in lingua , tra cui ricordiamo O Pensaci
Giacuminu e Lumìe di Sicilia. Il suo teatro è un tipo che gioca sulla deformazione e
sull’assurdo, che però l’attore tende a ridurre l’arriverò della farsa. I testi teatrali di
Pirandello sono prima di tutto delle storie paradossali, che riflettono una vita
claustrofobica per risolverla in gesti folli e anticonvenzionali, che ribaltano la realtà
e deridono l’eccessiva serietà del mondo. Se il mondo è una gabbia, il teatro deve
mostrare il momento di ribellione e di disordine che, anche all’interno di una
prigione, può cambiare il senso delle cose. Con il suo teatro Pirandello distrugge le
convenzioni, elimina la barriera tra realtà e finzione, tra autore e personaggio, tra
pubblico e attore.  Il suo teatro può essere diviso in 3 fasi:
 Il teatro del grottesco, rappresenta situazioni di vita di tutti i giorni dimostrandone
la paradossalità e la contraddizione, approfondendo i temi della maschera e della
trappola. Appartengono a questa fase testi come Il giuoco delle parti e Così è (se vi
pare).
 Il teatro nel teatro, o metateatro, svela la finzione della rappresentazione teatrale.
Famosissima la trilogia del teatro nel teatro, che comprende Sei personaggi in
cerca d’autore, Questa sera si recita a soggetto e Ciascuno a modo suo.
 Il teatro del mito, tipico degli ultimi anni, tratta tematiche arcaiche e predilige
l’elemento fantastico, come ne I giganti della montagna.

LO SVUOTAMENTO DEL DRAMMA BORGHESE


Il contesto teatrale in cui Pirandello veniva inserirsi era quello del dramma borghese
di impianto naturalistico, che si incentrava sostanzialmente sui problemi della
famiglia e del denaro, vale a dire sull’adulterio e sulle difficoltà economiche.era un
dramma serio, che spesso indulgeva all’enfasi al sentimentalismo, si fondava sulla
verisimiglianza, sulla produzione fedele della vita quotidiana, sulla proposizione di
personaggi a tutto tondo. Pirandello apparentemente riprende quei temi, ma porta
la logica delle convenzioni borghesi alle estreme conseguenze, sino a farla esplodere
all’interno.i ruoli imposti dalla società borghese, vengono assunti con estremo
rigore, sino a giungere al paradosso e all’assurdo, e così vengono smascherati nella
loro inconsistenza. In Così è ( se vi pare), Il signor Ponza tiene relegata la moglie nel
suo alloggio, alle periferia di una cittadina di provincia, perché la suocera, signora
Frola , Non possa vederla se non da lontano. L’uomo afferma che si tratta realtà
della seconda moglie, essendo la prima, la figlia della signora Frola, morta in un
terremoto; l’anziana donna è pazza, sostiene sempre il genero, ed è convinta che si
tratti ancora di sua figlia. A sua volta la signora frolla afferma che è pazzo il genero, e
che la donna relegata in casa è davvero la figlia, che si finge una seconda moglie per
assecondare il marito. Il caso suscita la curiosità di tutta la cittadina, i cui abitanti,
con indiscrezione che sconfina nella crudeltà, si affannano per venire alla luce la
verità.al termine compare la sigla in scena la signora Ponza, velata; tutti ritengono di
poter finalmente avere la soluzione dell’enigma, di sapere se ha ragione il signor
Ponza o la signora frolla, ma la donna delude le aspettative, poiché si limita ad
affermare :” io sono colei che mi si crede”, “ e per me nessuna!nessuna!nessuna. In
tal modo Pirandello porta sulla scena il suo relativismo assoluto, che contesta la
pretesa di definire una volta per tutte una verità oggettiva, e sottopone a critica
l’idea comune gelida personale.
LA RIVOLUZIONE TEATRALE DI PIRANDELLO
In questi drammi Pirandello sconvolge due capisaldi del teatro borghese
naturalistico, la verisimiglianza e la psicologia. Gli spettatori non hanno l’illusione di
trovarsi di fronte a nuovo mondo naturale, del tutto simile a quello in cui sono
abituati a vivere, ma vedono un mondo stravolto, ridotto alla parodia e all’assurdo,
in cui i casi della vita normale sono forzati all’estremo e deformati, assumendo la
fisionomia stranite, artificiosa difatti i personaggi non sono caratteri corposi, ma
personaggi scissi, sdoppiati, contraddittori. A questo processo di riduzione
all’assurdo si aggiunge anche il particolare linguaggio adottato da Pirandello in
questi drammi: un linguaggio concitato, convulso, fatto di continue interrogazioni,
esclamazioni, sospensioni, mezze frasi che danno l’idea dell’agitarsi delle passioni
come nel vuoto. I recensori e il pubblico però, non erano preparati a queste novità e
restavano sbalorditi dalla loro forza di rompente. Inizialmente per questi motivi il
teatro di Pirandello ebbe scarso successo di pubblico.
IL GROTTESCO
Con il piacere dell’onestà e con il gioco delle parti Pirandello si accosta decisamente
alla poetica del teatro grottesco, definita anche “fase umoristica “, poiché il
“grottesco “ non è che la forma che l’arte umoristica assume sulla scena. I due
drammi citati danno corpo concreto, nelle strutture, questi principi: in essi il tragico
è sempre estraniato dal comico, che appunto come l’ombra goffa che il tragico si
trascina continuamente dietro, viceversa il comico rivela sempre, suo fondo, un
nucleo di tragica serietà. Approfondisce temi della maschera e della trappola.

DIFFERENZE DRAMMA BORGHESE E PIRANDELLIANO


TEMI : nel dramma borghese sono la quotidianità della vita borghese
contemporanea, con i suoi problemi economici suoi conflitti interni.mentre nel
dramma pirandelliano in genere è rappresentata la quotidianità della vita borghese,
con i suoi ruoli stereotipati, ma i casi della vita normale sono forzati all’estremo e
deformati.
COSTRUZIONE DEGLI INTRECCI: nel dramma borghese vi è la verosimiglianza degli
eventi rappresentati e logica consequenzialità tra cause ed effetto. Nel dramma
pirandelliano gli eventi sono inverosimili, assurdi, è il meccanismo che di regola
sfugge alla logica convenzionale.
PERSONAGGI: nel dramma borghese vi sono personalità a tutto tondo, unitarie e
coerenti; non hanno dissidi interiori. Mentre i personaggi del dramma pirandelliano
sono personaggi scissi, sdoppiati, contraddittori, oppure lucidamente consapevole
del razionalità e dell’insensatezza del reale.hanno conflitti interiori l’individuo è
travolto dagli eventi e sono folli
Tono: nel dramma borghese e serio.nel dramma pirandelliano vi è un tono
grottesco: intima fusione di serio e ridicolo, tragico e comico.
Linguaggio: nel dramma borghese e prosaico e realistico, che riprende la
quotidianità.nel dramma pirandelliano è agitato, convulso, fatto di continue
interrogazioni, esclamazioni, sospensioni, sottintesi, frasi interrotte poiché deve
rappresentare lo sdoppiamento dell’individuo.
Atteggiamento ideologico: nel dramma borghese interpreta e diffonde i valori
borghesi fondamentali: la famiglia, lavoro, rispettabilità. Nel dramma Pirandelliano
Critica le convenzioni nella vita borghese e le certezze comunemente condivise;
perché vita e famiglia sono delle trappole.
Retroterra culturale: il dramma borghese via il positivismo sul versante filosofico e
naturalismo su quello letterario.nel dramma pirandelliano e razionalismo è il
vitalismo; teoria psicologiche che mette in discussione dell’io.
IL “TEATRO NEL TEATRO” (riflette sulla natura stessa dell’opera teatrale)
La Trilogia metateatrale
Nel 1921, con Sei Personaggi in cerca d’autore, Pirandello porta allo scoperto il
rifiuto, investendo direttamente i temi, intrecci e convenzioni teatrali nel tempo. I
personaggi a cui allude il titolo, un Padre e una Madre, un figlio, una figliastra , una
bambina , un giovinetto, sono nati vivi dalla mente di un autore , ma questi si è
rifiutato di scrivere il loro dramma, che è proprio un “drammone” borghese a forti
tinte, basato sul classico triangolo adulterino, su conflitti familiari, lutti. Pertanto si
presentano su un palcoscenico dove una compagnia sta provando una commedia ,
affinché gli attori diano al loro dramma quella forma che l’autore non volle fissare.
Così Pirandello mette in scena la sua impossibilità di scriverlo proprio per il suo
carattere” romantico”. Emerge però anche l’impossibilità di rappresentarlo: non solo
per la mediocrità degli attori, ma per l’incapacità intrinseca del teatro di rendere
sulla scena ciò che uno scrittore ha concepito. I sei personaggi costituiscono così un
testo metateatrale , dove, attraverso l’azione scenica, si discute del teatro stesso. Il
dramma, suscitò l’indignazione fuoribonda dal pubblico, impreparato a un discorso
d’avanguardia che sconvolgeva le convenzioni del teatro corrente, ma in seguito
andò incontro ad un trionfale successo.
Se nei Sei Personaggi veniva affrontato il problema del conflitto dei personaggi e
attori, in CIASCUNO A SUO MODO propone il conflitto tra gli attori e il pubblico ,
offrendo una sorte di rappresentazione di secondo grado, in cui viene mostrato il
pubblico che irrompe in scena. “Questa sera recita a soggetto “, a sua volta, affronta
il conflitto tra gli attori e il regista; che vuole ridurre gli attori a puri strumenti, ma gli
attori si ribellano e lo cacciano, recitando liberamente.

ENRICO IV(recita di carnevale)


Al ciclo del teatro nel teatro si collega per certi aspetti un altro grande capolavoro di
questo periodo, Enrico IV, Che si stacca dal grottesco per un’ambizione alla tragedia.
In una villa solitaria nella campagna umbra vive rinchiuso da vent’anni un uomo che,
impazzito per una caduta da cavallo durante una mascherata in costume, si è fissato
nella parte che vi rappresentava, quella dell’imperatore medievale Enrico IV. Nella
villa si introduce la donna che un tempo egli amava, Matilde, con l’amante Tito bel
credi e la figlia Frida. Un dottore, mascherando la figlia com’era un tempo la madre
durante la cavalcata storica, vuol provocare nel pazzo uno shock che lo riconduca la
ragione. Ma Enrico Quarto rivela di essere rinsavito da molti anni e di essere
rinchiusa nella sua parte per disgusto di una società corrotta. Così facendo, è anche
rimasto escluso dalla vita, fuggendogli poco a poco. Ora vorrebbe riappropriarsene,
vivere ciò che non ha vissuto, possedendo la donna che non aveva potuto avere, nell
forma di allora, cioè non Matilde ormai vecchia ma la giovane Frida. Belcredi
interviene per difendere la fanciulla, ma Enrico IV lo uccide con la sua spada.Così da
quel momento, sarà costretto a chiudersi di nuovo, per sempre, nella sua pazzia.
Il dramma si collega al ciclo del “teatro nel teatro” perché anche qui avviene una
recita in scena, quella di “Enrico IV” (il nome vero del personaggio non è mai
rivelato: egli si identifica con la parte), definito appunto il “grande mascherato”. La
finzione dell’eroe non è che la prosecuzione cosciente, rigorosa, portata all’estremo,
della finzione che è di tutti. Enrico IV, con la sua “recita”, costringe anche agli altri a
mascherarsi e a recitare per assecondarlo , ma proprio così mette in luce la finzione
di cui sono prigionieri nella vita. Verso la sua maschera l’eroe ha un atteggiamento
ambivalente: da un lato ne prova fastidio, sente la nostalgia della “vita”; dall’altra è
vista come un rifugio dalla commedia sociale che disgusta. Con Enrico VI ricompare
la grande figura dell’eroe estraniato dalla vita che guarda dall’alto la miseria della
commedia mondana. Ma anch’egli è doppio, scisso, non è un eroe disumano nella
sua purezza : è turbato da passioni, rimpianti che lo legano alla vita. Il gesto finale,
che lo riconduce alla follia, è una sorta di manifestazione di un’incapacità di vivere.
SEI PERSONAGGI IN CERCA DI AUTORE
Struttura del testo: Gli spettatori, entrando in sala, trovano il sipario alzato e il
palcoscenico senza scena. Entra un macchinista , inchiodando delle assi. Il direttore
di scena lo allontana, perché gli attori devono provare una nuova commedia, Il
giuoco delle parti di Pirandello. Entrano in scena poi gli attori, Che chiacchierano tra
di loro, e comincia la prova, interrotta da una discussione fra il capocomico e il
primo attore. Già questo inizio del dramma segna una rottura radicale con le
convenzioni teatrali del realismo ottocentesco. Il sipario era il confine che doveva
separare la platea dal palcoscenico, cioè la realtà della finzione teatrale: solo così,
per una convenzione accettata, la finzione poteva essere vissuta dagli spettatori
come realtà, a cui partecipare emotivamente.l’illusione convenzionale è spezzata da
Pirandello: gli spettatori hanno inizialmente l’impressione di non assistere uno
spettacolo, ma di cogliere realmente, la compagnia mentre sta provando una
commedia.a questo punto dal fondo della sala entrano sei figure, che portano
maschere. Sono i sei personaggi: essi sono stati concepiti dalla mente di un autore,
pertanto, come ritiene Pirandello, creature vive di una propria vita, dipendenti
Achille create. Tuttavia l’autore si è rifiutato di scrivere il loro dramma. Essi hanno
invece bisogno di di vivere tale dramma che lo liberi dalla forma in cui sono
imprigionati. Si rivolgono pertanto alla compagnia affinché la loro vicenda, se non a
potuto trovare espressione nell’opera letteraria del drammaturgo, posso almeno
prendere vita sulla scena, nella rappresentazione teatrale. Dopo l’iniziale
sbalordimento il capocomico gli attori accettano di recitare il dramma dei
personaggi.
La vicenda del dramma non scritto: Il padre ha scoperto che tra la moglie il proprio
segretario è nato un sentimento: egli decide di assecondarlo, e spinge la moglie a
vivere con l’amante, a formarsi o nuova famiglia, abbandonando il figlio nato
dall’unione legittima. Il padre, con morboso compiacimento, negli anni successivi
assiste al crescere della nuova famiglia, alla nascita di tre bambini, e segue l’infanzia
della figliastra.questo è un certo modo l’antefatto.per le difficoltà economiche, la
madre, rimasta vedova, è costretta lavorare come sarta per l’atelier di Madama
Pace; ma in realtà la famiglia può sopravvivere perché la figliastra si prostituisce
nell’atelier, che maschera una casa d’appuntamenti. Qui un giorno giunge il padre,
e, senza saperlo, sto per avere un rapporto con la figliastra che egli non ha
riconosciuto, ma sopraggiunge a tempo la madre a impedire l’unione quasi
incestuosa. Il secondo “atto“, per così dire, è costituito dalla morte della bambina, la
figlia minore, che per disgrazia affoga nella vasca del giardino, e del giovinetto, che si
spara un colpo di pistola.
L’impossibilità di scrivere il dramma: come si vede, nel racconto e delle battute, si
delinea un drammone a forti tinte, come l’incontro del padre e della figliastra o la
morte il ragazzi, un dramma tipicamente ottocentesco. Ma Pirandello, non hai
inteso ho fatto scrivere quel dramma; al contrario, ha voluto promettere scena
l’impossibilità di scrivere un dramma del genere, nonché di rappresentarlo sulla
scena; questo, è il vero soggetto dell’opera.nella fase del grottesco Pirandello aveva
accettato le strutture convenzionali del dramma borghese, ma le aveva svuotate
portandole all’assurdo e riducendole a meccanismi ridicoli, rendendo le
grottesche.qui prosegue su questa strada, ma fa ancora un passo avanti, di portata
decisiva: non si accontenta più di svuotare il dramma borghese dall’interno, ma lo
rifiuta del tutto.
L’impossibilità di rappresentare il dramma: Oltre che letteratura drammatica,
Pirandello vuole sottoporre a critica la pratica scenica del suo tempo.la figliastra
afferma che l’autore non ha voluto scrivere il loro dramma per avvilimento o per
sdegno del teatro, così come il pubblico solitamente lo vede e lo vuole. Così, nel
testo, in una logica critica sono presentati gli attori della compagnia, che appaiono
dei mestieranti chiusi nei loro schemi stereotipati.si può cogliere di quel giudizio che
Pirandello dava del teatro dei suoi anni. Ma c’è di più: Pirandello è convinto che la
rappresentazione scenica in assoluto, prescindere dalla maggiore o minore bravura
degli attori, costituisca inevitabilmente un tradimento, deformazione dell’idea
dell’autore. Ricapitolando, sei personaggi sono la storia di una rappresentazione
teatrale che non si può fare, per due motivi: 1. perché l’autore si rifiuta di scrivere il
dramma dei personaggi; 2. Perché gli ho detto io non sono in grado di dar forma
all’idea concepita dall’autore.
I temi cari alla “filosofia” pirandelliana: attraverso questo discorso“ metateatrale“,
che mette in scena il conflitto fra autore e letteratura drammatica del tempo, fra
autore e attori, Pirandello allude poi metaforicamente ad un altro ordine di temi, A
tre motivi centrali della sua visione del mondo.
1) L’impossibilità di comunicare: che nasce dal fatto che ciascuno di noi ha in sé
una visione soggettiva che resta sconosciuta agli altri, perché non possiamo
mai riconoscerci nella visione che gli altri hanno di noi.
2) Il rapporto verità- finzione e l’inconsistenza della persona individuale:se le
persone reali sono costruzioni fittizie, non possiedono maggiore realtà dei
personaggi della finzione letteraria. Anzi, non certo senso i personaggi
letterari sono più veri dei personaggi viventi, perché questi mutano
continuamente, sono pure di stati eterogenei e incoerenti recenti, mentre
personaggio artistico a veramente una vita sua per cui è sempre qualcuno;
mentre l’uomo può non essere “nessuno”
3) Infine, il conflitto vita-forma.
L’ ULTIMA PRODUZIONE TEATRALE
IL PIRANDELLISMO
La successiva produzione drammatica di Pirandello, che prosegue tra gli anni 20 e gli
anni 30, tende a riprodurre gli schemi di quella precedente, ma informe macchinose
ed artificiose. In certo modo Pirandello giunge quasi a proporre la caricatura di se
stesso.e questa è la fase che stata definita “pirandellismo”, è che non caratterizza
solo lo scrittore, ma vari suoi imitatori.

UN CAMBIAMENTO DI POETICA
Già sul finire degli anni 20 compaiono però la produzione dei tre di Pirandello nuove
direzioni di ricerca, che rilevano un cambiamento di poetica rispetto a quella
dell’umorismo e del grottesco.l’umorismo tendeva a scomporre la realtà, svelando
contraddizioni;Di qui deriva la riduzione degli intrecci narrativi e drammatici a
meccanismi assurdi E l’impostazione raziocinante, tesa ad a naturalizzare quelle
situazioni paradossali mediante linguaggio spezzato.si è anche visto che è intenzione
con cui siete non c’è umoristica, comparivano nei testi pirandelliani tendenze legate
a un certo misticismo e irrazionalismo .ora tali tendenze prendono decisamente il
sopravvento. Anche linguaggio muta: il discorso assume forme di liricità ispirata ed è
fusa.
I “MITI” TEATRALI
Di questo clima mutato sono espressione i tre cosiddetti miti pirandelliani: si tratta
di testi teatrali che non rappresentano più la realtà sociale borghese
contemporanea, ma si collocano in un atmosfera mitica e simbolica, utilizzando
elementi leggendari, meravigliosi.l’azione si svolge di norma i luoghi separati dalla
realtà storica contemporanea, luoghi essenzialmente dell’immaginario.in questi
spazi “altri“ si producono eventi prodigiosi, sovrannaturali. Il testo più significativo è
i Giganti della Montagna

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