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VITA
Egli nacque nel 1867 presso Girgenti, da una famiglia di agiata condizione borghese.
Si iscrisse all’Università di Palermo,poi alla facoltà di lettere a Roma.
Nel frattempo inizia la produzione letteraria scrivendo poesie e una tragedia. L’esperienza degli studi in
Germania fu importante per lo scrittore, lo mise in contatto con la cultura tedesca e con gli autori
romantici, che lo influenzarono sulle teorie riguardanti l’umorismo.
Nel 1893 scrisse il suo primo romanzo “L’esclusa” e diede alle stampe una prima raccolta di racconti “Amori
senza amore”.
Sposó Maria Antonietta Portulano.
Pubblicó articoli e saggi su varie riviste, tra cui il “Marzocco” che aveva come collaboratori pure Pascoli e
D’annunzio.
Scrisse la sua prima commedia “Il nibbio”.
Dissesto economico
Un allagamento della miniera di zolfo in cui il padre aveva investito il suo patrimonio causó un dissesto
economico della famiglia.
Alla notizia del disastro la moglie ebbe una crisi che sfoció in follia. La convivenza con la donna costituì per
Pirandello un tormento continuo, che può essere visto come “trappola” che imprigiona e soffoca l’uomo.
Anche l’esistenza di Pirandello, fu segnata dall’esperienza della declassazione del passaggio da una vita di
agio borghese ad una condizione di piccolo borghese, con i suoi disagi economici.
Questo fatto gli forní lo spunto per la rappresentazione del grigiore soffocante della vita piccolo borghese,
ma soprattutto il suo rifiuto del meccanismo sociale alienante, sentito come una “trappola”.
Lo scrittore raccolse poi in vari volumi le novelle pubblicate sui giornali e riviste, suscitando poca attenzione
nella critica, che lo considerava un umorista “minore”.
L’ATTIVITA TEATRALE
Dal 1910 ebbe il primo contatto con il mondo del teatro, attraverso la rappresentazione di due atti unici:
Lumìe di Sicilia e La morsa.
Dal 1915 venne messa in scena a Milano, la prima commedia in tre atti, “Se non così”.
Dal 1920 il teatro di Pirandello cominciò a conoscere il successo di pubblico.
I drammi pirandelliani furono conosciuti e rappresentati in tutto il mondo.
Dal 1925 assunse la direzione del teatro d’Arte di Roma.
L’esperienza del Teatro d’Arte fu resa possibile anche dal finanziamento dello Stato.
Si iscrisse al Partito Fascista, e gli servì per ottenere appoggi da parte del regime.
Negli ultimi anni lo scrittore seguì particolarmente la pubblicazione organica delle sue opere, in numerosi
volumi: le Novelle per un anno e me Maschere nude, in cui venivano sistemati i testi drammatici.
LA POETICA
L’UMORISMO
Testo si compone di una parte storica, in cui l’autore esamina varie manifestazioni dell’arte umoristica, e di
una parte teorica, in cui viene definito il concetto stesso di umorismo.
Luigi Pirandello, per la prima volta, parla di umorismo in senso esplicito, facendo una differenza con il
comico. Il comico non è altro che l’avvertimento del contrario, che nasce dal contrasto tra l’apparenza e la
realtà e che genera la risata, emblema di una situazione contraria a quella che dovrebbe essere
normalmente. Si tratta, però, di una risata superficiale, che non porta subito alla riflessione: l’autore
siciliano, con il famosissimo passo della “vecchia signora”, arriva poi a dare una definizione di umorismo:
“Vedo una vecchia signora, coi capelli ritinti, tutti unti non si sa di quale orribile manteca; e poi tutta
goffamente imbellettata e parata d’abiti giovanili. Mi metto a ridere. Avverto che quella vecchia signora è il
contrario di ciò che una vecchia rispettabile signora dovrebbe essere. Posso così, a prima giunta e
superficialmente, arrestarmi a questa impressione comica. Il comico è appunto un avvertimento del
contrario. Ma se ora interviene in me la riflessione, e mi suggerisce che quella vecchia signora non prova
forse nessun piacere a pararsi così come un pappagallo, ma che forse ne soffre e lo fa soltanto perché
pietosamente s’inganna che, parata così, nascondendo così le rughe e la canizie, riesca a trattenere a sé
l’amore del marito molto più giovane di lei, ecco che io non posso più riderne come prima, perché appunto
la riflessione, lavorando in me, mi ha fatto andar oltre quel primo avvertimento, o piuttosto, più addentro:
da quel primo avvertimento del contrario mi ha fatto passare a questo sentimento del contrario. Ed è tutta
qui la differenza tra il comico e l’umoristico.”
L’ATTEGGIAMENTO UMORISTICO
Lo scrittore deforma l’uomo rendendo i suoi gesti e movimenti paradossali, portandolo all’estremo
dell’’inverosimiglianza e dell’assurdo i casi comuni della vita.
Da tutto questo meccanismo assurdo scaturisce forzatamente il riso, ma è un riso sempre accompagnato, in
nome del sentimento del contrario, da una pietà dolente per un’umanità così avvilita, per la sofferenza
senza riscatto, per la pena di vivere così.
NOVELLE SICILIANE
Scambiate molto spesso per opere veriste, le novelle di questa raccolta trattano la vita siciliana di provincia
o di campagna.
Viene rappresentato un mondo diverso, lontano dall’indagine scientifica sui meccanismi della società e
della lotta per la vita.
L’autore mette in luce e coglie il grottesco della vita siciliana, un mondo disordinato e folle.
Essa si articola come un colloquio interiore di un uomo, Fabrizio, certo che l’esistenza sia una Trappola,
perché porta sempre alla morte. L’essere umano è diviso tra la vita e l’apparenza, cioè la forma.
La forma è un concetto basilare in Pirandello, poiché l’uomo, secondo lui, non è mai sé stesso, ma si sforza
di interpretare sempre una parte.
Per Fabrizio, le donne sono il congegno diabolico del destino, perché attraggono l’uomo spingendolo a
riprodursi e a procreare altri sventurati che saranno in ogni caso in Trappola.
Anche lui è stato abbagliato da una donna sposata, che non poteva avere figli e che ha strappato a lui una
gravidanza, per poi ritornare dal marito.
Fabrizio starà da solo con il vecchio padre infermo e paralizzato, condannato a quel destino dal padre di suo
padre che senza rendersi conto lo ha fatto nascere 76 anni prima.
Per Fabrizio, infatti, ogni genitore è il carnefice dell’individuo che genera e che sostiene di amare, perché lo
condanna a morte.
Il racconto non presenta quasi andamento narrativo, intreccio o personaggi.
Si tratta di un monologo di un individuo anonimo, che confessa ad un interlocutore indeterminato i propri
pensieri.
Il testo è molto importante, perché qui Pirandello sintetizza alcuni temi essenziali, alla base di tutta la sua
opera narrativa e drammatica.
Si afferma l’inconsistenza della persona, una costruzione artificiale, una realtà che noi stessi ci diamo e che
maschera una realtà più profonda.
Al di sotto di essa vi è una pluralità di stati di coscienza.
La realtà però è vita, è un flusso continuo, e assumere una precisa personalità individuale significa
distaccarsi da questa vita, fissarsi in una forma e morire.
Ogni condizione individuale è una trappola che ci imprigiona, staccandoci dal flusso vitale. Dunque è
significativo che la trappola della novella si concretizza nel rapporto uomo-donna, che genera la società.
L’idea dell’inconsistenza della personalità come proiezione fittizia della nostra soggettività è espressa anche
nel Fu Mattia Pascal.
Nel romanzo però, in una prospettiva mistica il morire è visto come il cadere dell’illusione che ci tiene
prigionieri; nella novella invece la visione è più tragica, ed esprime l’orrore per la trappola che imprigiona
l’uomo.
Ne segue una visione cupa e mortuaria.
Nella contrapposizione tra vita e forma possiamo scorgere un nucleo profondo e autentico della visione
dello scrittore, il suo rifiuto per le organizzazioni sociali, costrittive e soffocanti e la sua nostalgia di
un’immediatezza spontanea.
Gli uomini, sostiene ancora, sono tutti già morti, perché fissi nei loro ruoli, sotto le loro maschere, ma non
vivono davvero, non partecipano di quel flusso vitale che è appunto l'esistenza.
RIASSUNTO
Il protagonista della novella è Belluca, un uomo modesto senza particolari qualità, un contabile dedito
all’arido lavoro di ufficio, fatto di conti e calcoli, sottomesso e indifeso e per questo zimbello sia del
capoufficio e dei colleghi, sia dei familiari.
Il racconto procede a ritroso. Nella prima parte della novella, il lettore viene a conoscenza di quanto
accaduto, non con la narrazione dei fatti ma attraverso i dialoghi tra i colleghi d’ufficio del protagonista, che
narrano del ricovero di Belluca in ospedale psichiatrico, preda di un’improvvisa alienazione mentale, dopo
che si è scagliato contro il proprio capo ufficio.
Belluca, irreprensibile lavoratore, sempre sottomesso e mite, si è infine ribellato. Dopo anni di angherie in
cui a testa bassa ha continuato a svolgere il proprio lavoro in maniera scrupolosa e irreprensibile, senza
reagire minimamente ai richiami, alle battute e agli scherzi crudeli di colleghi e del capoufficio, una mattina
si presenta in ufficio in ritardo, con un’aria stordita e serafica, e vi trascorre l’intera giornata in maniera
inconcludente. Ripreso, per una volta giustamente, dal capoufficio, Belluca reagisce inveendo e
farneticando contro di lui. Urlando racconta di un treno che ha fischiato nella notte e che lo ha portato
lontano. Viene creduto pazzo. Quindi, imbragato in una camicia di forza, viene portato all’ospizio dei matti
mentre egli continua ad imitare il fischio del treno ed a raccontare di viaggi in posti lontani.
A questo punto del racconto si inserisce la voce del narratore che spiega al lettore, in qualità di vicino di
casa del Belluca, che tipo di vita questi conducesse, oppresso non solo da un’umiliante condizione
lavorativa ma anche da una squallida vita familiare, dovendo provvedere a moglie, suocera e sorella della
suocera, tutte affette da cecità, e alle 2 figlie vedove con i loro 7 bambini. Avendo tutte quelle bocche da
sfamare egli si era procurato altro lavoro da svolgere a casa fino a notte tarda, tra le urla e gli strilli dei
litigiosi componenti della sua famiglia.
In questa squallida situazione, al limite della sopportazione, chiusa nella monotonia di giorni sempre uguali,
in cui nulla sembrava potesse cambiare, una notte succede qualcosa che cambia tutto. E’ Belluca stesso a
raccontarlo: il fischio di un treno, squarcia, all’improvviso la cappa opprimente sotto la quale da anni egli
vive. Il fischio del treno lo scuote e gli apre una via di uscita, quando si rende conto che la vita è fatta anche
di fantasia e immaginazione.
Un evento banale come il fischio del treno consente a Belluca di trovare uno spazio di evasione, in cui
immaginare viaggi in paesi sconosciuti, ciò gli permetterà di continuare la sua miserrima vita, dopo che egli,
dimesso dall’ospedale e scusatosi con il suo Capoufficio, riprenderà la vita di sempre.
Belluca esce da questa vicenda trasformato perché capisce che estraniandosi di tanto in tanto nel mondo
del sogno egli riuscirà a sentirsi meno schiavo di una vita alienata, libero di viaggiare con la fantasia.
Il FULCRO NARRATIVO
La vicenda si svolge entro limiti paradossali ma rispecchia la situazione di molte persone che possono
resistere all’alienazione e alla solitudine solo ritagliandosi un piccolo spazio in una realtà diversa nel sogno.
Solo alla fine della novella si comprendono il comportamento di Belluca e la sua insubordinazione al
capoufficio.
Il fischio del treno è l’evento apparentemente insignificante che costituisce invece il fulcro narrativo del
racconto e che sconvolge la vita del protagonista. Evidenzia un concetto che spesso sta alla base dell’opera
pirandelliana: il fatto che a volte basta un evento insignificante per rivoluzionare tutta la vita di una
persona. Nel caso specifico la folgorazione improvvisa del fischio del treno rende consapevole il
protagonista di voler recuperare la propria dignità e la propria libertà, seppur in limitati momenti di viaggio
nella fantasia.
Il fischio del treno rappresenta il simbolo della riconquistata libertà.
Il fischio di quel treno nel cuore della notte spalanca per Belluca prospettive nuove e mai esplorate e lo
mette di fronte alla totale mancanza di evasione e leggerezza nella sua vita.
Il protagonista comprende l’importanza, di tanto in tanto, di concedersi dei momenti di libertà e evasione
da tutto, fosse anche nel mondo del sogno e della fantasia.
Stile
Da un punto di vista stilistico la novella può essere divisa in 3 parti:
* La parte iniziale della novella ha un ritmo narrativo convulso che coinvolge emotivamente il lettore e
riflette il punto di vista esterno, dei colleghi del protagonista. Il tono è umoristico e vuole evidenziare
l’incapacità degli estranei di capire veramente la realtà.
* La seconda parte rispecchia il punto di vista del narratore che partecipa alla narrazione per spiegare e
capire la realtà dei fatti. Il ritmo narrativo rallenta.
* La parte finale vede il narratore immedesimarsi nel protagonista e comprenderne perciò i
comportamenti. Anche in questo caso emerge nella conclusione l’umorismo pirandelliano laddove a Belluca
vengono concesse di tanto in tanto, nella monotonia della vita quotidiana, delle brevi pause di fuga dal
mondo reale inseguendo il “fischio del treno”.
Pirandello utilizza diverse metafore per descrivere il personaggio del protagonista:
* “Casellario ambulante” per mettere in evidenza l’aridità e l’ottusità di una persona considerata un
archivio umano;
* “vecchio somaro” per far risaltare la limitatezza di vedute e la sopportazione alle fatiche e ai
maltrattamenti.
Anche la similitudine “come una bestia bendata” richiama la figura metaforica del somaro per evidenziare
la situazione di ottusità e abbruttimento in cui viveva il protagonista quando tutti lo consideravano invece
un essere normale.
Nell’opera riscontriamo il forte contrasto tra quella che tutti sembrano definire follia (l’improvvisa ribellione
di Belluca) e la realtà dei fatti: la vera follia è adeguarsi alla vita di tutti i giorni rinunciando al sogno e alla
libertà.
I ROMANZI
L’ESCLUSA E IL TURNO
Scritta nel 1893 è ambientata in Sicilia, parla di una donna accusata ingiustamente di un adulterio che viene
cacciata dal marito.
Il romanzo ha legami con il naturalismo (il quadro di un costume provinciale, arcaico è chiuso, con cui si
scontra una donna intelligente alla ricerca di un’emancipazione che il meccanismo sociale rende
impossibile).
Trama
L’opera affonda le sue radici in una cittadina della provincia siciliana durante gli ultimi anni dell’800.
L’autore infatti lavora sullo sfondo tipico della letteratura verista, ricca di dinamiche sociali ben descritte
nei loro pregiudizi e nelle loro sanzioni; a questo aggiunge una vicenda che rimanda ai paradossi del
dramma esistenziale, del contrasto fra sostanza e apparenza. Qui la condotta del singolo si basa sul “cosa
dirà la gente”, il timore dello scandalo diventa il credo su cui impostare la propria vita e le proprie relazioni.
L’arretratezza e l’ignoranza della gente assecondano le maldicenze, la curiosità e l’ipocrisia. Al pregiudizio si
accostano il formalismo e il maschilismo.
La società delineata da Pirandello nell’Esclusa evidenzia come il matrimonio si riduca a rapporti gerarchici
precostituiti dove l’uomo è il padre-padrone e la donna un soprammobile in attesa di sistemazione. Il
rapporto di coppia esclude ogni forma di dialogo aperto ed egualitario, coprendo sotto la vernice del
formalismo gli impulsi e i sentimenti autentici. Dal romanzo emerge anche il relativismo conoscitivo, ovvero
l’esistenza di diverse realtà soggettive; i personaggi sono dunque certi di possedere la verità, dimostrando
l’inesistenza di una realtà oggettiva.
Protagonista della vicenda è la giovane Marta sposata con Rocco Pentagora. Pur essendo incinta del marito,
la ragazza viene scacciata da questi perché ritenuta colpevole di adulterio. Il fondamento di questa pesante
accusa è la corrispondenza ( più filosofico-letteraria che amorosa), che la giovane ha avuto con un suo
ammiratore, l’avvocato Gregorio Alvignani. Marta è disprezzata da tutti e nemmeno in famiglia riesce a
trovare comprensione per la sua sfortunata condizione. Iniziano così una serie di disgrazie che colpiscono la
famiglia Ajala: la morte del padre Francesco, la nascita di un bimbo senza vita, la malattia di Marta, il
tracollo economico dovuto al fallimento della conceria, che dopo la morte del padre fu affidata a Paolo
Sistri.
Ripresasi, Marta non si abbandona alla commiserazione, ma riprende gli studi (sostenuta dalla madre Agata
e dall’unica amica rimastale, Anna) e vince il concorso per insegnare all’Istituto magistrale della sua città.
Rappresentando questo un malcontento per molti, Marta venne trasferita a Palermo.
Inizia qui la seconda parte del romanzo che si sviluppa nell’anonimato della grande città. Marta tenta con
fatica e dignità di ricostruirsi una vita, senza tuttavia nascondere il brutto passato che la tormenta. La sua
bellezza però attira le attenzioni, per altro non gradite, di molti colleghi; ma il caso le fa incontrare
nuovamente Gregorio Alvignani divenendo questa volta la sua amante. Intanto Rocco, ormai convintosi
dell’innocenza della moglie, farà di tutto per incontrarla e riportarla a casa.
STILE E TEMATICHE
La narrazione de L’esclusa è caratterizzata da ampie descrizioni, prediligendo soprattutto l’aspetto
psicologico, sociale e culturale. Si alternano quindi sequenze descrittive e riflessive, lasciando poco spazio a
quelle narrative. Il linguaggio utilizzato è caratterizzato dal dialetto e frequente è l’uso di metafore,
similitudine e iperboli.
Il tema fondamentale de L’esclusa è ovviamente quello dell’incomprensione e del malinteso che allargato
fino all’estremo da una logica rigida può anche suggerire quello, tipicamente pirandelliana, della fatale
solitudine e incomprensione reciproca degli essere umani; ma è anche, il tema fondamentale, quello
umanissimo dell’eterna gelosia e dell’eterno orgoglio, collocato in un ambiente adattissimo a scavare tra
essi un abissso sempre più profondo. Ambiente che in questo romanzo ha un proprio peso ma non
giustifica tutta la vicenda, ma concorre a crearla e a sostenerla in un vivo intreccio drammatico.
IL FU MATTIA PASCAL
Il terzo romanzo di Pirandello, pubblicato nel 1904.
È la storia paradossale di un piccolo borghese, imprigionato come sempre nella “trappola” di una famiglia
insopportabile e di una misera condizione sociale che si trova improvvisamente libero e padrone di se, e
apprende di essere ufficialmente morto in quanto la moglie e la suocera lo hanno riconosciuto nel cadavere
di un annegato. Mattia Pascal inizia a costruirsi una nuova identità. Soffre perché la sua identità falsa lo
costringe all’esclusione dalla vita degli altri. Decide pertanto di rientrare nella sua vecchia identità,
tornando in famiglia, ma scopre che la moglie si è risposata ed ha avuto una figlia da un altro. Non gli resta
quindi che adattarsi alla sua condizione consapevole di non essere più nessuno.
Si assiste all’introduzione della poetica dell’umorismo. La realtà attraverso il gioco paradossale del caso
viene ridotta a meccanismo bizzarro e assurdo. Scatta il sentimento del contrario, tragico e comico, serio e
ridicolo.
La novità investe anche l’impianto narrativo. Il romanzo è raccontato dal protagonista stesso, in forma
retrospettiva in quanto Mattia Pascal al termine della vicenda affida ad un memoriale la sua esperienza.
Il punto di vista è soggettivo, parziale che non fornisce una prospettiva certa sugli eventi.
Pirandello è consapevole dell’impossibilità di scrivere un romanzo tradizionale, in un età che ha visto
crollare le certezze in una totalità ordinata del reale, per chi alla narrazione unisce la riflessione su di essa:
un una prefazione metanarrativa il Mattia narratore scarta ironicamente tutti i modelli di racconto
ottocenteschi
Il fu Mattia Pascal
LA LIBERAZIONE DALLA TRAPPOLA
Mattia Pascal ha ereditato dal padre una grossa fortuna ma è ridotto in miseria da un amministratore che si
impossessa del patrimonio. Mattia si vendica seducendo la nipote di questo amministratore, Malagna,
mettendola incinta. Viene costretto a sposarla ma il matrimonio si rivela un inferno, per la suocera e per la
moglie. Anche la misera condizione sociale pesa su di lui, dopo una giovinezza adagiata si deve adattare ad
un impegno squallido, quello di bibliotecario.
Il piccolo borghese prigioniero di una trappola sociale costituita dalla famiglia oppressiva e da un lavoro
frustante, che divengono metafore di una condizione esistenziale assoluta , di una trappola metafisica che
mortifica e spegne le mobilità della vita.
Mattia cerca di rompere con la fuga il meccanismo che lo imprigiona: lascia il paese di nascosto per cercare
fortuna in America. Ma due fatti intervengono a modificare la sua condizione: una vincita all roulette di
Montecarlo e la notizia della propria morte. Mattia si trova così libero dalla duplice trappola, la misera
condizione e la famiglia.
Mattia così cerca di costruirsi una nuova identità. E comincia a mutare radicalmente il suo aspetto fisico e si
trova un nuovo nome Adriano Meis, e completa l’opera immaginando un contesto alla sua nuova
personalità, una storia passata, una famiglia.
LA LIBERTÀ RAGGIUNGIBILE
Adriano Meis ben presto prova un senso di vuoto e di solitudine. Soffre ad essere escluso dalla vita degli
altri. Però il protagonista non si sente libero perché è attaccato al comune concetto di identità e persino alla
trappola della famiglia e delle relazioni sociali.
La nuova identità è una costruzione fittizia, l’identità falsa rivela un modo traumatico la verità
sull’inconsistenza dell’io e il personaggio non è in grado di reggerla perché resta legato alla concezione
comune.
L’errore dell’eroe consiste nel non essere stato capace di vivere davvero la sua libertà, rifiutando ogni
identità individuale, nell’essersi costruito una nuova forma più falsa quindi ancora più limitante.
UN CAMBIAMENTO DI POETICA
Già sul finire degli anni 20 compaiono però la produzione dei tre di Pirandello nuove
direzioni di ricerca, che rilevano un cambiamento di poetica rispetto a quella
dell’umorismo e del grottesco.l’umorismo tendeva a scomporre la realtà, svelando
contraddizioni;Di qui deriva la riduzione degli intrecci narrativi e drammatici a
meccanismi assurdi E l’impostazione raziocinante, tesa ad a naturalizzare quelle
situazioni paradossali mediante linguaggio spezzato.si è anche visto che è intenzione
con cui siete non c’è umoristica, comparivano nei testi pirandelliani tendenze legate
a un certo misticismo e irrazionalismo .ora tali tendenze prendono decisamente il
sopravvento. Anche linguaggio muta: il discorso assume forme di liricità ispirata ed è
fusa.
I “MITI” TEATRALI
Di questo clima mutato sono espressione i tre cosiddetti miti pirandelliani: si tratta
di testi teatrali che non rappresentano più la realtà sociale borghese
contemporanea, ma si collocano in un atmosfera mitica e simbolica, utilizzando
elementi leggendari, meravigliosi.l’azione si svolge di norma i luoghi separati dalla
realtà storica contemporanea, luoghi essenzialmente dell’immaginario.in questi
spazi “altri“ si producono eventi prodigiosi, sovrannaturali. Il testo più significativo è
i Giganti della Montagna