Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
stesso anno sposa ad Agrigento Maria Antonietta Portulano. Nel 1896 scrive la sua prima
commedia, Il Nibbio. Nel frattempo pubblica saggi e articoli su varie riviste, tra cui il “Marzocco”,
che tra i collaboratori aveva anche Pascoli e D’Annunzio. Nel 1903, a causa di un allagamento della
miniera di zolfo in cui il padre aveva investito, avviene il dissesto economico della famiglia di
Pirandello. A questa notizia la moglie ha una crisi che sprofonda in follia. La convivenza con la
donna, ossessionata da una gelosia patologica, diventa un tormento, e ciò può essere visto come il
germe della sua concezione dell’istituto familiare come “trappola” che imprigiona e soffoca
(1904-1915). Scrive inoltre soggetti per film per l’industria cinematografica. Il passaggio alla
condizione di piccolo borghese fornisce a Pirandello lo spunto per la rappresentazione del grigiore
soffocante della vita piccolo borghese, condotta in tante novelle . Dal 1910 Pirandello ha il primo
contatto con il teatro, rappresentando Lumìe di Sicilia e La morsa. Dal 1915 la produzione teatrale
dell’onestà, il giuoco delle parti. Ci troviamo nel periodo della prima guerra mondiale, e Pirandello
si trova tra gli interventisti, considerando l’entrata in guerra come il compimento del processo
risorgimentale italiano. Dal 1920 il teatro di Pirandello inizia ad avere un enorme successo: del
1921 sono i Sei personaggi in cerca di autore, che rivoluzionano il linguaggio drammatico. I drammi
e in America. Dal 1925 assume da direzione del Teatro d’arte a Roma. Si iscrive al partito fascista,
così da avere appoggi da parte del regime, anche se la sua adesione al Fascismo ha caratteri
ambigui e difficilmente definibili. Negli ultimi anni di vita Pirandello si dedica alla pubblicazione
organica delle sue opere: Novelle per un anno (novelle) e Maschere nude (teatro). Nel 1934 gli
viene assegnato il Premio Nobel per la Letteratura. Si ammala di polmonite e muore nel 1936,
La forma. Tutto ciò che si stacca da questo flusso e assume forma distinta e individuale si
irrigidisce e comincia a morire. Questo avviene nell’identità personale dell’uomo. Noi siamo
parte indistinta nell’universale ed eterno fluire della vita, ma tendiamo a cristallizzarci in forme
individuali, a fissarci in una realtà che noi stessi ci diamo, in una personalità che vogliamo
La maschera. Tuttavia, non solo noi stessi ci fissiamo in una forma. Anche gli altri, con cui
viviamo in società, attraverso il loro punto di vista particolare ci danno determinate forme. Noi
crediamo di essere uno per noi stessi e per gli altri, in realtà siamo tanti individui diversi a
seconda di chi ci guarda. Ciascuna di queste forme è una maschera che noi stessi ci imponiamo,
e che ci impone il contesto sociale. Sotto questa maschera non c’è un volto immutabile: non c’è
nessuno, nel senso che c’è un fluire indistinto e incoerente di stati in perenne trasformazione,
dunque un istante più tardi non siamo quello che eravamo prima.
Ci troviamo dunque di fronte alla disgregazione dell’io, eco della situazione sociale novecentesca:
entra in crisi l’idea di una realtà ordinata e definita, e l’io si disgrega, si smarrisce. Tutto ciò a causa
dell’uso delle macchine, che meccanizzano l’esistenza dell’uomo, e le metropoli moderne, in cui
prevale la folla anonima. L’individuo non conta più, l’io di indebolisce e perde la sua identità. La
dolore. L’avvertire di non essere nessuno provoca angoscia e dolore, genera un senso di solitudine
tremenda.
La trappola. Inoltre, l’individuo soffre ad essere fissato in altre forme in cui non può
riconoscersi. Queste forme sono sentite come una trappola, come un carcere in cui l’individuo
si dibatte e lotta invano per liberarsi. La società appare a Pirandello come un’enorme
pupazzata, una costruzione artificiosa e fittizia, che isola l’uomo dalla vita, lo impoverisce e lo
irrigidisce.
Alla base delle opere pirandelliane vi è il rifiuto delle forme della vita sociale, dei suoi istituti, dei
ruoli che essa impone, e un bisogno di autenticità e spontaneità. Le convenzioni e le finzioni su cui
opprimente dell’ambiente familiare, il suo grigiore, gli odi, i rancori, le ipocrisie. L’altra trappola è
L’unica salvezza che hanno gli eroi pirandelliani è la fuga nell’irrazionale. Il rifiuto della vita sociale
dà luogo alla figura del forestiero della vita, colui che ha preso coscienza del carattere fittizio del
meccanismo sociale e si isola, guardando vivere gli altri dall’esterno della vita e dall’alto della sua
irrisione e pietà. Si tratta della “filosofia del lontano”: consiste nel contemplare la realtà da
un’infinita distanza, in modo da vedere in una prospettiva straniata tutto ciò che l’abitudine fa
considerare normale, così da coglierne l’assurdità. Se la realtà è un continuo divenire, essa non
può essere fissata in schemi e moduli. Il reale è multiforme, polivalente, e le prospettive da cui può
conoscitivo: non si dà una verità oggettiva fissata a priori, ma ognuno ha la sua verità, che nasce
dal suo modo di vedere le cose. Da ciò nasce l’incomunicabilità tra gli uomini: essi non possono
capirsi, perché ognuno fa riferimento alla realtà che è per lui. Questa incomunicabilità accresce il
senso di solitudine dell’individuo che si scopre nessuno, mettendo in crisi la possibilità di rapporti
sociali. Pirandello viene fatto abitualmente rientrare nell’ambito del Decadentismo. Tuttavia,
Pirandello è già al di fuori di questa corrente. Alla base del Decadentismo vi è la fiducia in un
ordine misterioso che unisce tutta la realtà in una fitta rete di corrispondenze, in un sistema di
analogie universali che collegano io e mondo. Per Pirandello invece la realtà non è totalità
organica, ma si sfalda in una pluralità di frammenti che non hanno un senso compiuto. Non resta
allora che prendere atto dell’incoerenza e della mancanza di senso del reale.
Pirandello porta l’esempio di una vecchia signora che si unge i capelli, si trucca goffamente e si
agghinda come una giovanetta. La prima reazione nel vederla è quella di ridere, avvertendo il lato
comico della situazione, perché la vecchia è il contrario di ciò che dovrebbe essere una donna alla
Ma poi interviene la ragione: la vecchia signora ha paura della vecchiaia e crede di allontanarla o
nasconderla, addobbandosi in quel modo. Questo è il momento del “sentimento del contrario”,
perché alla comicità subentra la pietà per il dramma penoso della povera donna. Le opere di
Pirandello sono tutti umoristici : i personaggi umoristici, ci ispirano comicità e pietà, perché
OPERE
Pirandello iniziò la sua attività letteraria come poeta, ma le sue raccolte di versi hanno scarsa
importanza artistica, anche se contengono motivi ironici, umoristici e drammatici che saranno poi
ripresi nelle opere successive. Tra le raccolte di versi ricordiamo:
Le novelle
Le novelle dovevano essere 365, quanti sono i giorni dell’anno. Lo suggerisce anche il titolo della
raccolta definitiva: Novelle per un anno, in cui confluirono le raccolte precedenti (Amori senza
amore, Beffe della morte e della vita ecc…). Pirandello però ne scrisse solo 246. Alcune di esse,
risentono dell’esperienza verista, che viene però rivissuta in modo originale, con una sensibilità e
un’inquietudine di impronta decadente. Come solitamente avviene in chi vive in un’età di
un’arte originale, tipicamente pirandelliana. Verista è la maniera in cui l’autore ritrae la realtà
umana e sociale; verista è la descrizione minuziosa e impietosa dei personaggi e degli ambienti;
verista è il suo rifiuto dei languori e dei sentimentalismi romantici; verista è, infine, la sua prosa
che procede scabra, serrata, piena di neologismi e meridionalismi. Tuttavia, del Verismo rifiuta il
Pirandello la rappresentazione della realtà deve essere appassionata, ironica accompagnata dagli
interventi dello scrittore, che giudica, accusa e condanna. Inoltre i personaggi di Pirandello sono
tipi più complessi, piccolo-borghesi irrequieti. Essi sono dei vinti, vittime di un destino assurdo e
crudele, ma spesso da vinti diventano ribelli e cercano di uscire dalla forma che li condanna a
questa pena. Così, già nelle novelle ritroviamo la dialettica di apparenza e realtà, che è il tema
centrale delle opere di Pirandello. Ciula scopre la Luna . Ciaula è un povero minatore che lavora
tutto il giorno sotto terra e ritenuto dagli altri incapace di capire e provare sentimenti umani. La vicenda è
ambientata in Sicilia e Cacciagallina, colui che sorveglia il lavoro dei minatori, quando doveva prendersi uno
sfogo, se la prendeva con Zi’ Scarda. Quest’ultimo se la prendeva con Ciaula. Un giorno Zi’ Scarda dice a
Ciaula che avrebbero dovuto lavorare tutta la notte, ma lui ha paura del buio. Ha paura del buio da quella
volta che il figlio di Zi’ Scarda ebbe un grave incidente in seguito allo scoppio di una mina. A quello scoppio
tutti avevano smesso di lavorare ed erano andati sul luogo dell’incidente, tutti tranne Ciaula, che atterrito
era scappato a ripararsi in un antro noto soltanto a lui. Nella fretta di andare là, gli si era spenta la lumiera
che faceva luce e aveva cercato di trovare l’uscita dalla galleria. In quel momento ebbe paura. Il lavoro con
Zi’ Scarda cominciò e quella notte, all’uscita dalla galleria vide la luna, o meglio la scopre perché non l’ha
mai vista prima: la sua emozione è così grande e intensa che scoppia a piangere.
Ciaula rappresenta tutti gli uomini che, oppressi dall’oscurità dell’angoscia, aspirano al chiarore delle
I romanzi di Pirandello
I romanzi di Pirandello sono 7: L’esclusa . L’opera affonda le sue radici in una cittadina della provincia
siciliana durante gli ultimi anni dell’800. Qui un orizzonte limitato e pettegolo fruttifica nel terreno soffocato
del pregiudizio, la condotta del singolo si basa sul “cosa dirà la gente”, il timore dello scandalo diventa il
credo su cui impostare la propria vita e le proprie relazioni. L’arretratezza e l’ignoranza della gente
maschilismo. Pirandello delinea una società in cui il matrimonio è ridotto a rapporti gerarchici precostituiti,
esclude un dialogo aperto ed egualitario, coprendo sotto la vernice del formalismo gli impulsi e i sentimenti
autentici. Il turno. Un innamorato deve aspettare il suo turno per sposar la donna amata dopo la
morte di altri 2 mariti. Il fu Mattia Pascal, Suo marito. Il Fu Mattia Pascal è un romanzo autobiografico
e lo racconta in prima persona. Il protagonista è sposato con una donna che non ama e ha una vita povera
da bibliotecario in Liguria. Un giorno fugge da casa dopo una serie di litigi con la moglie schizofrenica. Dopo
non molto tempo viene trovato un cadavere che viene riconosciuto dalla suocera come il suo.
Il protagonista, dopo aver letto la scioccante notizia sul giornale, decide di sfruttare l’occasione per crearsi
una nuova identità. Così si fa chiamare Adriano Meis e va a vivere a Roma. Dopo un po’ di tempo vince una
grossa somma al casinò che lo fa diventare benestante. Finché un giorno s’innamora della figlia del
proprietario del suo appartamento di Roma e lei lo ricambia; la coppia è felice, ma non si può purtroppo
sposare perché il protagonista ha una falsa identità e si accorge di non essere più nessuno. Perciò torna a
casa dalla moglie scoprendo che si è già risposata e nessuno in paese lo riconosce più perché tutti lo
credevano morto.
i. I vecchi e i giovani
Uno, nessuno e centomila Il protagonista è Vitangelo Moscarda. Un giorno la moglie gli fa notare
di avere il naso un po’ storto, difetto di cui lui non si è mai accorto e da quel momento è
ossessionato dall’idea che gli altri lo vedano in modo diverso da come si vede lui. Dopo la
rivelazione diffonde fra molta gente i suoi dubbi e trova in loro moltissimi difetti, di cui
probabilmente non si erano mai accorti.Infatti, noi notiamo facilmente i difetti altrui e non ci
accorgiamo dei nostri. Consapevole ormai che ciascuno di noi si immagina diversamente da come
lo vedono gli altri, Moscarda vuol fare il tentativo di osservare la propria immagine allo specchio
come se quel corpo riflesso non appartenesse a lui ma a un estraneo. Fa delle riflessioni su se
stesso e pensa che ognuno può fare di lui il Moscarda che voleva, oggi in un modo e domani in un
altro, secondo i casi e gli umori…
IL TEATRO
Il teatro rappresenta la parte più valida ed interessante della produzione artistica di Pirandello. Egli
vi giunse piuttosto tardi, infatti debuttò a Roma al teatro Metastasio il 9 dicembre 1910, con La
morsa e Lumìe di Sicilia. Poi, a mano a mano che si maturava in lui il distacco dal Verismo verso il
Decadentismo, si dedicò ad esso quasi completamente, comprendendo che la sua visione tragica
della vita, calata in situazioni drammatiche, dolorose, umoristiche e paradossali, poteva trovare
nell’azione scenica più che nella narrativa il mezzo espressivo più adatto ed efficace. Pirandello
chiamò il suo teatro “teatro dello specchio”, perché in esso si rappresenta la vita nuda, cioè senza
maschera, con le sue reali verità e amarezze, che palpitano sotto il velo dorato delle ipocrisie e
delle convenzioni sociali, così che chi assiste, si vede come in uno specchio così com’è e diventa
migliore. Pirandello credeva nella forza del teatro, che poteva correggere la tristezza degli uomini
attraverso un tono ”grottesco” (fusione di serio/ridicolo ,tragico/comico). Alla base del suo teatro
dunque c’è questa forte esigenza morale di strappare gli uomini dalle menzogne, perché il mondo
si rinnovi secondo giustizia, verità e libertà. Pirandello compose complessivamente 43 tra drammi
e commedie, inseriti nella raccolta Maschere Nude.