Sei sulla pagina 1di 9

Luigi Pirandello

Vita
Pirandello nasce ad Agrigento nel 1867 da una famiglia agiata
(proprietari terrieri). Studia lettere a Roma e a Bonn, dove si laurea in
glottologia con una tesi sul dialetto di Girgenti. Si sposa e si
stabilisce a Roma dove inizia a insegnare e scrive le prime novelle e
pubblica il romanzo L’esclusa (1901) farà inoltre amicizia con Luigi
Capuana ossia il teorico del verismo.
Nel 1903 l'allagamento di una miniera di zolfo, in cui il padre aveva
investito molto riduce la famiglia in miseria. La notizia causa nella
moglie di Pirandello una gravissima crisi, la quale costringerà
Pirandello a far chiudere la moglie in un manicomio. Sempre nel
1908 pubblicherà il “Saggio sull’umorismo”.
In questo periodo pubblica a puntate sulla “Nuova Antologia” il
romanzo il fu Mattia Pascal.
L’aggravarsi della malattia della moglie, porta Luigi Pirandello ad
avvicinarsi alle nuove teorie sulla psicoanalisi di Sigmund Freud. Ma
proprio in questi anni la sua attività teatrale incomincia a dare i
frutti migliori.
Nel 1934 gli viene assegnato il Nobel per la letteratura e lui
risponderà scrivendo sulla macchina da scrivere 36 volte
pagliacciate.

A sessant'anni abbandona l'insegnamento, fonda una sua


compagnia (Teatro d’Arte) (Opere: Enrico IV, Ciascuno a suo modo).
Continua a scrivere poesie e novelle, pubblica il romanzo “Uno,
nessuno e centomila”. Morirà di polmonite.
Pensiero
Comicità e Umorismo
Nel saggio “L’umorismo” Pirandello fa una differenza tra comicità e
umorismo:
 Comicità definita come “avvertimento del contrario”, nasce dal
contrasto tra l’apparenza e la realtà.
 Umorismo definito come “sentimento del contrario”, nasce da
una considerazione meno superficiale della situazione.
Dunque mentre la comicità genera immediatamente la risata
perché mostra subito la situazione evidentemente contraria a
quella che dovrebbe normalmente essere, l'umorismo nasce da
una riflessione che genera una sorta di compassione da cui si
origina un sorriso di comprensione.
L'umorismo è meno spietato della comicità che giudica in
maniera immediata.
Per chiarire meglio il concetto l’autore nel suo saggio fa l’esempio
della «vecchia signora» che fa ridere perché «goffamente
imbellettata e parata d’abiti giovanili». Ma se pensiamo che essa
«non prova forse nessun piacere a pararsi così come un
pappagallo», anzi ne soffre e lo fa soltanto perché s’inganna di
nascondere «le rughe e la canizie» e «trattenere a sé l’amore del
marito molto più giovane di lei», allora non possiamo più riderne,
ma solo sorriderne: è subentrata in noi la pietà.
Vita e forma
Pirandello concepisce la vita come un flusso inarrestabile in
continuo divenire tuttavia l’uomo in balia di questo flusso, a
differenza degli altri esseri viventi tenta di opporsi costruendo delle
“forme fisse” nelle quali poter riconoscersi ma che finiscono col
legarlo a delle maschere le quali rappresentano i ruoli che
rivestiamo nella società, i doveri e le abitudini.
Chi cerca di liberarsi dalla prigione delle finzioni (togliersi la
maschera) per mettere a nudo il suo vero volto, scopre che la sua
identità è inscindibile dalle maschere che indossa.
Secondo Pirandello infatti solo la follia è il mezzo con cui ogni uomo
riuscirebbe ad evadere dalla condizione alienante impostagli dalla
società e quindi recuperare la propria identità. (Follia unica via di
fuga dalle trappole).
[La follia è uno dei temi centrali di Pirandello perché la vide da vicino
con la moglie]

Relativismo psicologico/conoscitivo
Dal contrasto tra la vita e la forma nasce il “relativismo psicologico”,
se non possiamo conoscere la verità su noi stessi poiché non
possiamo rimuoverci le maschere a maggior ragione non possiamo
conoscere la verità sul mondo esterno. Non c’è quindi una verità
oggettiva ma tante realtà che ciascuno di noi crea dal suo particolare
punto di vista.
Secondo Pirandello l'uomo nasce in una società precostituita dove a
ognuno viene assegnata una parte. Ognuno di noi è obbligato a
seguire il ruolo e le regole che la società impone, solo per
l'intervento del caso può accadere di liberarsi di una forma per
assumerne un'altra, dalla quale non sarà più possibile liberarsi per
tornare indietro, come accade al protagonista de Il fu Mattia Pascal.

L'uomo dunque non può capire né gli altri né tanto meno sé stesso,
poiché ognuno vive una maschera dietro la quale si agita una
moltitudine di personalità diverse e inconoscibili.
Queste riflessioni vengono approfondite nel romanzo Uno, nessuno
e centomila:
 Uno: perché ogni uomo crede di essere unico
 Centomila: perché ogni uomo dietro la maschera ha tante
personalità
 Nessuno: perché se l’uomo ha centomila personalità diverse è
come se non ne possedesse nessuna. È incapace di afferrare il
suo vero io.

L’incomunicabilità
Il relativismo conoscitivo porta al problema dell’incomunicabilità
tra gli uomini poiché ogni uomo ha un proprio modo di vedere la
realtà. L’incomunicabilità discende inoltre dalla natura del
linguaggio perché una parola può non avere lo stesso significato per
due persone. (ambiguità linguaggio)

Per Pirandello l’uomo è costretto a vivere in uno stato di solitudine


e incomprensione indossando una maschera che la società gli ha
dato.
[Frammentazione dell’io: ognuno di noi ha molteplici sfaccettature
della propria personalità e indossa sempre una maschera]
OPERE
Scrive 225 novelle dall'inizio della sua carriera fino a pochi anni
prima della morte sotto il titolo di “Novelle per un anno”.

IL FU MATTIA PASCAL
Il fu Mattia Pascal è il primo romanzo pienamente “umoristico”
scritto nel 1904.
È la vicenda, raccontata in prima persona, di Mattia Pascal, un
bibliotecario. Tormentato dalla suocera e dalla moglie, fugge di casa
e va a Montecarlo, dove vince una forte somma alla roulette. Sulla
via del ritorno legge su un giornale la notizia della sua morte e scopre
che i suoi congiunti hanno creduto di riconoscerlo nel cadavere di un
suicida trovato vicino al paese. Mattia decide allora di sfruttare la
situazione per costruirsi la vita libera e autentica che non ha mai
vissuto: cambia nome, si fa chiamare Adriano Meis, si stabilisce a
Roma, si innamora e si vuole sposare, ma scopre ben presto che,
senza un riconoscimento burocratico della sua identità virgola non
può portare a termine nessun progetto. Inscena allora un secondo
suicidio e ritorna a casa, ma neppure qui c'è posto per lui. si riduce
allora a vivere nella polverosa biblioteca del paese punto di tanto in
tanto va a fare una visita alla sua tomba e virgola se qualche curioso
gli chiede come si chiama, risponde: “Eh mio caro...Io sono il fu
Mattia Pascal”.
La trama segue uno schema che tornerai molte altre opere di
Pirandello: Un evento casuale consente al protagonista di uscire dalla
prigione della forma e di assaporare per un attimo una libertà totale,
ma l'emancipazione si rivela illusoria.
Mattia Pascal è ridotto a vivere come un non forestiere della vita,
solo, senza casa e senza meta. Il personaggio che narra in prima
persona è diviso in tre incarnazioni:
1. Il Mattia Pascal prima del presunto suicidio
2. Adriano Meis
3. Il Mattia Pascal “resuscitato”
Mattia Pascal tenta di rimuovere la maschera ma non ci riesce e alla
fine ne indossa solo un’altra. Cercare di uscire dalla “forma” genera
un’emancipazione solo illusoria.

Uno, nessuno e centomila


“Uno, nessuno e centomila” scritto nel 1906; è la sintesi più radicale
delle sue concezioni relativistiche sulla scomposizione della
personalità.
Vitangelo Moscarda, il protagonista, un borghese agiato con una vita
tranquilla, un giorno la moglie gli fa una banale osservazione
riguardante il suo naso; lui non se ne era mai accorto e scopre così
che l'immagine che si era creata di sì non corrisponde a quella che gli
altri hanno di lui. Questa presa di coscienza provoca una serie di
reazioni a catena: perde tutte le certezze su di sé, sui rapporti con gli
altri, sul mondo, e comincia a comportarsi in modo stravagante
abbandonandosi a gesti e agli altri sembrano inconsulti. Alla fine
Moscarda si ritrova ricoverato nell’ospizio di mendicanti costruito
con il suo denaro. Giunto alla certezza di non essere “uno”, ma
“centomila” e perciò “nessuno” Moscarda può finalmente
abbandonare il proprio nome e la propria individualità per
identificarsi con tutte le parvenze del mondo esterno: alberi, nuvole,
erba, vento.
 UNO: perché ogni persona crede di essere un individuo unico
 CENTOMILA: perché l’uomo ha tante personalità
 NESSUNO: perché se l’uomo ha tante personalità diverse
allora è come se non ne avesse nessuna
La lingua dei romanzi è una lingua rapida e nervosa, la sintassi è agile
e movimentata, ricca di esclamazioni ed interrogazioni, il lessico e
perlopiù medio con aggettivi che mirano a sottolineare le
caratteristiche grottesche dei personaggi e delle situazioni. Queste
scelte linguistiche conferiscono alla narrativa di Pirandello un
andamento vivace che si potrebbe definire teatrale.

I personaggi di Pirandello sono personaggi nevrotici, grotteschi


tanto che a vederli fanno ridere, però se riflettiamo sul perché
assumino un determinato comportamento capiremo che è una
valvola di sfogo. L’uomo si sente oppresso dai canoni che la società
gli imposta ma allo stesso tempo non può liberarsene.

Teatro
A questo punto Pirandello, come abbiamo visto, si occupò di teatro,
fu anche regista. Il suo teatro prende il nome di “Teatro dello
specchio” = teatro di svelamento.
Scriverà moltissime opere che vengono divise in base alla fase di
maturazione:
 Prima fase: il teatro siciliano (La patente)
 Seconda fase: il teatro umoristico
 Terza fase: il teatro nel teatro (metateatro), in cui Pirandello
afferma che se la vita è una finzione allora il teatro è una
finzione al quadrato perché è la rappresentazione della realtà
(Sei personaggi in cerca di autore)
 Quarta fase: il teatro dei miti, fatto di trame favolose
ambientate su sfondi fantastici e fuori tempo (La nuova colonia,
Lazzaro)
Tra le opere teatrali di Pirandello quelle più importanti sono:

COSI’ È (SE VI PARE) scritta nel 1917


Una parabola astratta sull’impossibilità di conoscere la verità.
In una cittadina di provincia giungono il signor Ponza con la moglie la
signora Frola, sua suocera. Il comportamento strano della signora
Ponza, che, comunica con la madre solo per mezzo di bigliettini,
suscita una curiosità nel piccolo mondo dei notabili del paese. I Nuovi
venuti vengono così, uno per uno, a spiegare la propria verità di
fronte a ciò. Secondo la signora Frola il genero proibisce alla moglie
di comunicare con lei per una forma di folle gelosia, che lei accetta; il
signor Ponza implora che non le diano ascolto, perché la suocera è
impazzita dopo la morte della figlia. Ma chi è il vero pazzo? E chi è
veramente la signora Ponza? Nella scena conclusiva la giovane donna
finalmente compare; ma il suo volto è velato, e, di fronte alle
domande, risponde: “Per me, io sono colei che mi si crede”.
La Struttura della commedia stuzzica fino all'ultimo la curiosità degli
spettatori, per poi deluderle le attese, lasciando aperto l'enigma.

LA PATENTE
La patente affronta il tema del contrasto fra ciò che siamo e ciò che
pensano di noi. Di fronte a questa società, che impone all'individuo
una "maschera" odiosa e opprimente, l'uomo non può ribellarsi,
ma solo accettare il proprio destino.

Potrebbero piacerti anche