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PIRANDELLO
I ROMANZI, LE NOVELLE, IL
TEATRO
LE OPERE
Pirandello ha scritto molto e le sue opere sono note in tutto il mondo. Ha spaziato attraverso diversi generi dai romanzi
al teatro. Tra le opere maggiori sono da sottolineare:
2. 7 romanzi
Molte delle novelle sono state trasposte in opere teatrali note come «Pensaci, Giacomino!», «Così è (se vi pare)», «La patente»
ecc.
I personaggi sono spesso degli inetti e dei vinti ed in generale, le tematiche principali sono
La famiglia subita come un peso di doveri e responsabilità, un luogo di finzione e adempimento di convenzioni sociali;
La maschera: i protagonisti sono paralizzati in ruoli da cui non possono uscire, che si sono attribuiti da soli o che la società ha
provveduto ad attribuir loro.
La follia: quando esplode la tensione accumulata per anni, alcuni protagonisti delle novelle subiscono irrimediabilmente la
compromissione dell'equilibrio precario della normalità che è solo apparente.
I ROMANZI
IL FU MATTIA PASCAL
UNO, NESSUNO E CENTOMILA
I QUADERNI DI SERAFINO GUBBIO OPERATORE
Mattia Pascal vive a Miragno, un immaginario paese della Liguria. Il padre gli ha lasciato una
discreta eredità, che presto però va in fumo a causa degli imbrogli di un cattivo amministratore.
Mattia per vendicarsi di lui, compromette la nipote Romilda ed è costretto a sposarla, trovandosi a
convivere anche con la suocera che lo disprezza. La vita familiare è un inferno e Mattia è un modesto
bibliotecario, per questo decide di allontanarsi da casa.
A Montecarlo vince alla roulette un'enorme somma di denaro e per caso legge su un giornale della
IL FU sua presunta morte. Questo errore nel riconoscimento del cadavere, gli dà finalmente la possibilità
di cambiare vita.
MATTIA
Cambia il suo nome in Adriano Meis e comincia a viaggiare, stabilendosi a Roma come pensionante
in casa del signor Paleari dove si innamora della figlia di lui, Adriana, e vorrebbe sposarla.
Ma la nuova identità fittizia non gli consente di sposarsi, né di denunciare Terenzio (un altro
PASCAL pensionante) che lo ha derubato, perché Adriano Meis per l'anagrafe non esiste. Finge quindi un
suicidio per poter riprendere la vera identità di Mattia Pascal, ma tornato a Miragno dopo due anni,
nessuno lo riconosce e la moglie è ormai risposata e con una bambina. Non gli resta che chiudersi
in biblioteca a scrivere la sua storia e portare ogni tanto dei fiori sulla propria tomba.
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Mattia Pascal è un antieroe moderno che per sfuggire alla sorte che il destino gli ha affidato,
approfitta di un malinteso per crearsi una nuova vita, una nuova occasione. Le vicende che lui
stesso, in prima persona, narra al lettore, raccontano di un uomo inetto, mediocre, in balia di
domande esistenziali e disorientato davanti al corso, a volte banale, della propria esistenza.
Pirandello affronta in questo romanzo il tema della ricerca dell'identità reale, una necessità insita in
tutti gli uomini, ma conclude che è impossibile andare oltre la propria maschera.
Questo romanzo narra la vicenda di Serafino, un cineoperatore di una casa cinematografica, che
quotidianamente annota in un diario tutti gli avvenimenti che riguardano quelli che lavorano nel suo
ambiente, in particolare la storia di un'attrice russa, grande seduttrice di uomini, Varia Nestoroff.
Serafino si sente totalmente alienato dal suo lavoro tant'è che poi afferma: "Finii d'esser Gubbio e
diventai una mano". Nella scena finale del romanzo Serafino riprende meccanicamente con la
sua cinepresa una scena terribile: l’attore Aldo Nuti sta girando una scena in cui deve uccidere
una tigre; tuttavia, invece di rivolgere l'arma verso l'animale, egli uccide la Nestoroff. Rimane però
Serafino, che sta filmando la scena, diviene muto per lo shock e rinuncia ad ogni forma di
SERAFINO
sentimento e di comunicazione, diventando tutt’uno con la macchina da presa.
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GUBBIO
In un momento in cui i futuristi, e in generale tutta una tradizione ottocentesca e positivistica,
esaltavano le macchine e la tecnologia come fattori rivoluzionari di progresso e di miglioramento
sociale, Pirandello svolge, al contrario, una sua convinta polemica contro la macchina, colpevole, ai
OPERATORE
suoi occhi, di mercificare la vita e la natura. Nel romanzo l'esistenza viene presentata come una
corsa, tutto è all'insegna della fretta, non c'è tempo per riflettere neanche sul significato della morte.
La meccanizzazione ha ormai reso schiavo l'uomo ed è responsabile della perdita di gran parte dei
valori e dell’identità.
Anche l'intellettuale è coinvolto in questo processo, restandone vittima: non ha più niente da dire
perché non ha più possibilità di intervento critico. La meccanizzazione ha tolto la possibilità di dare
un senso al vita.
Decide quindi di cambiare vita anche a costo della propria rovina economica. Il
UNO,
protagonista arriverà alla follia in un ospizio, dove però si sentirà libero da ogni regola, in
quanto le sue sensazioni lo porteranno a vedere il mondo da un'altra prospettiva.
Vitangelo Moscarda conclude che, per uscire dalla prigione in cui la vita rinchiude, non
NESSUNO E
basta cambiare nome proprio perché la vita è una continua evoluzione, il nome
rappresenta la morte. L'unico modo per vivere in ogni istante è vivere attimo per attimo la
vita, rinascendo continuamente in modo diverso.
CENTOMILA _____________________________________________________________
Vitangelo Moscarda è il "forestiere della vita", colui che ha capito che le persone sono
"schiave" degli altri e di se stesse.
Egli vede gli altri vivere in questa trappola, ma neanche lui ne è completamente libero: il
fatto che la gente l'abbia preso per pazzo è la dimostrazione che non è possibile
distruggere le centomila immagini, a lui estranee, che gli altri hanno di lui.
Il rifiuto totale della persona comporta la frantumazione dell'io, perché esso si dissolve
completamente nella natura. Pieno di significati è il rifiuto del nome, che falsifica ed
imprigiona la realtà in forme immutabili, quasi come un'epigrafe funeraria. Al contrario
della vita, che è un divenire perenne.
IL METATEATRO
SEI Il Padre si è separato dalla Madre, dopo aver avuto da lei il Figlio.
PERSONAGGI
La Madre, sollecitata dal Padre, si ricostruisce una famiglia con il segretario che lavorava in casa loro e ha da
lui tre figli: la Figliastra, la Bambina e il Giovinetto.
Morto il segretario la famiglia cade in miseria, tanto che la Figliastra è costretta a prostituirsi nell'atelier di
IN CERCA
Madama Pace. Qui si reca abitualmente il Padre. Padre e Figliastra non si riconoscono e l'incontro viene
evitato appena in tempo dall'intervento della Madre. Tormentato dalla vergogna e dai rimorsi, il Padre
accoglie in casa la Madre e i tre figli. Ciò provoca il risentimento del Figlio e la convivenza diventa
D’AUTORE -
insostenibile.
Gli attori, nonostante gli sforzi, non riescono a rappresentare il dramma reale dei Personaggi, i loro
sentimenti fondamentali, il vero essere di ciascuno: il dolore della Madre, il rimorso del Padre, la vendetta
TRAMA
della Figliastra, lo sdegno del Figlio. Sulla scena tutto appare falso.
Questa incomunicabilità, che rende la vita autentica irrappresentabile, culmina nella scena finale in cui la
storia finisce in tragedia, senza avere la possibilità di comprendere se essa sia reale o no: la Bambina
annega nella vasca del giardino e il Giovinetto si spara.
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In quest’opera vediamo
- il passaggio dalla persona al personaggio, dall'avere forma all'essere forma.
- L’eliminazione dello spazio artistico, disintegrazione dello spazio teatrale.