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BARBARA FORESTI

Male di luna dalla novella pirandelliana al film Kaos dei fratelli Taviani.

I temi del fiabesco dal testo alla pellicola


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iabesco_dal_testo_alla_pellicola

Sul principio, una storia di meschinità: una madre ha


dato sua figlia in sposa a Batà, invece che a Saro.
Ha preferito un poveraccio che possiede un po’ di
“roba”, al bel ragazzo di cui Sidora è innamorata, ma
senza un soldo e quanto mai disordinato.

Il matrimonio è stato celebrato da venti giorni quando


lo sposo, al sorgere della luna piena, dà strani segni
di dolore, come di lupo mannaro. Attribuisce la
malattia alla luna: la storia della sua esposizione da
bambino all’incantamento cosmico viene rievocata
dallo stesso uomo in piazza.

La suocera conviene sul compromesso di assistere la


figlia a ogni ciclo lunare, e ne approfitta per risarcirla
dell’amore di Saro. Solo che il giovane prende paura
delle urla e non consuma la notte d’amore. La
“vendetta” di Sidora non ha luogo e la luna, “beata e
dispettosa” sorride.

“E nel ritrarsi verso la porta, scorse anch’egli dalla


grata della finestrella alta, nella parete di faccia, la luna che, se di là dava tanto male al marito, di
qua pareva ridesse, beata e dispettosa, della mancata vendetta della moglie”.

I fratelli Taviani scelgono questa storia, Male di luna, e poche altre novelle di Pirandello per
raccoglierle in un film e raccontare la Sicilia per come loro l’hanno letta sulle sue pagine e vissuta
in prima persona. Ne nacque, nel 1984, la pellicola Kaos che, nello specifico per Male di luna
(ribattezzato nel film Mal di luna), ci offre l’occasione di analizzare alcuni aspetti particolari che si
sono mantenuti dal testo pirandelliano alla pellicola. Grazie alle numerose interviste ai due registi
toscani, molte sono le circostanze in cui è stato loro richiesto di parlare della versione
cinematografica dell’opera dell’autore agrigentino.

A tre anni dalla realizzazione del film Vittorio Taviani dichiara: “Questo Pirandello di Kaos è un
Pirandello forse un po’ più inedito, è il Pirandello che ha questa complicità, questa tenerezza,
questa partecipazione dolorosa alla vita della sua gente in Sicilia e in particolare i contadini che
vivono sulla terra, che faticano sulla terra, che lavorano con le loro forze, con i loro dolori, con le
loro superstizioni, con le loro magie. [...] (e vi dirò fra parentesi che Pirandello diceva “questi
miei racconti, badate bene, non sono miei ma sono della mia balia, Maristella, che da
piccino mi raccontava le fiabe della sua gente e io non ho fatto altro che riprendere queste
vecchie storie e farle mie”). Allora questo contatto con la terra noi lo dobbiamo a Pirandello, noi lo
dobbiamo a Maristella, questa contadina che chissà com’era fatta fisicamente, sarei molto curioso
di conoscerla”.

Vittorio Taviani ha ancora ben chiaro il contributo fondamentale di colei che fu fonte viva di quei
racconti, e viva è rimasta la sua curiosità verso questo personaggio femminile. Nel 1993 i Taviani
vengono nuovamente interrogati in merito alla compresenza di cultura contadina e filastrocche
all’interno del film. Riportiamo le loro rispettive risposte, a partire da quella di Paolo:[...] Noi
veniamo da una città, non si può dire che San Miniato sia un paese, semmai una cittadina di
grandi tradizioni, una città di campagna, e abbiamo vissuto, sebbene borghesi, all’interno di una
realtà contadina, che poi ora si è trasformata, ma che nella prima parte della nostra infanzia e
adolescenza era ancora molto legata a questa prospettiva. [...]. Quindi tutte quelle conquiste della
cultura contadina che sono il gusto del raccontare, come dicevamo prima, cioè il gusto della
affabulazione, l’uso delle filastrocche, l’uso della musica, l’uso del canto, l’uso di
tramandarsi modi di dire e di rappresentazione fanno parte di una cultura che non va
dimenticata, che non va riprodotta passivamente, ma va utilizzata proprio in questo nostro
mestiere che è il mestiere dello spettacolo.

Aggiunge Vittorio: D’altra parte quando noi siamo andati a preparare Kaos ci siamo resi conto che
in questo nostro modo di muoverci in fondo c’era qualcuno ben più grande che ci aveva preceduto,
perché volevamo raccogliere in Sicilia tutto ciò che ci veniva dai racconti di Pirandello e
avevamo sul comodino in albergo le sue novelle, che conoscevamo, ma che da tempo non
avevamo più letto. E invece, rileggendo le novelle, lì ci siamo resi conto che una grande messe di
racconti popolari erano già raccolti da Pirandello. Infatti Pirandello non è che se li è inventati,
questi non sono altro che la trascrizione moderna, diversa, pirandelliana, che è tutto dire,
dei racconti che Pirandello da bambino sentiva fare dalla sua tata Maristella, una donna del
popolo che lo accompagnava a scuola, alla sera lo metteva a letto e gli raccontava le storie della
sua tribù, diciamo, che era delle campagne siciliane. Pirandello si ricorda di queste storie e le
reimmette in una realtà assolutamente diversa, frantumata che è il mondo di Pirandello, ma
la grandezza di Pirandello sta proprio in questo incontro fra questo passato, che è ancora pieno di
umori, e la realtà drammatica e tragica del suo tempo. Tutt’oggi quella di Pirandello continua ad
essere una realtà che dà molta luce anche se una luce funesta sulla nostra vita.

Ancora una volta, è Vittorio a porre l’accento sulla figura di Maristella. Il particolare più importante
sulla figura di questa balia cantastorie emerge durante un’intervista ben più recente ad opera di
Guido Bonsaver: “Avevamo deciso, dopo la Sardegna di Padre padrone e la Toscana di La notte
di San Lorenzo, di fare un film sulla Sicilia, una regione che ci è nel cuore, da sempre. [...] E
allora siamo andati in Sicilia per cercare delle storie siciliane da raccontare sullo schermo. Girando
di paese in paese, la sera sul comodino tenevamo alcune opere siciliane, una su tutte le novelle di
Pirandello. Finché una mattina, eravamo dalle parti di Ragusa, ci siamo detti “ma cosa stiamo
cercando? La magia di questi posti ce l’ha evocata tante volte Pirandello, e allora fermiamoci
sulla sua opera”. La scelta di Pirandello era avvallata dal fatto che lui stesso aveva detto che
molte delle sue storie non erano veramente sue, bensì di Maristella, la famosa balia contadina
che, contravvenendo alla volontà dei genitori, raccontava a Pirandello bambino queste
storie della terra siciliana”.

Riassumendo, quindi, Maristella si occupava quotidianamente del piccolo Luigi, ma è alla sera,
nella fase embrionale del notturno che si intensifica e rafforza la complicità fra Pirandello
bambino e la sua balia: nella notte l’infante e la contadina rigenerano e arricchiscono il
tramandarsi di quelle storie “segrete”, di quei racconti che i genitori non dovevano sapere
venissero narrati.
"Chi è la vittima e chi il mostro?".
I personaggi scambiano i propri ruoli → nell’ultima parte della novella Saro improvvisamente
dimostra un carattere moralmente superiore.

Nella novella "Male di Luna" sono presenti varie dicotomie, allegoricamente espresse dai
seguenti personaggi:

Batà: dietro all'irrazionale e scatenato lupo mannaro (Batà soffriva di licantropia),


si nasconde un uomo consapevole e pentito del fatto di nascondere
volontariamente la propria malattia per farsi amare.

SIDORA: durante la storia passa da essere corteggiata dal cugino Saro a essere
lei a corteggiarlo.

MADRE DI SIDORA: prima è favorevole al fatto che la figlia sposi Batà (in quanto
proprietario di "roba", ovvero di ricchezze materiali, di proprietà rurali); dopo
l'episodio di licantropia (dove Sidora scopre la malattia di Batà) acconsente a far
restare Saro in casa della figlia Sidora durante il plenilunio, benché le avesse
impedito di sposarlo.

SARO: da seduttore e amante di Sidora diventa tremante di paura per la


trasformazione di Batà, fino a giungere addirittura a soccorrerlo, dimostrando così
solidarietà maschile.

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