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LIBERTA’ E FOLLIA

LUIGI PIRANDELLO

Luigi Pirandello nasce a Girgenti (oggi Agrigento) nel 1867 e intraprende gli studi
letterari laureandosi a Bonn dove per qualche anno rimane a lavorare come lettore
di lingua italiana; già nel 1889, prima ancora di laurearsi, pubblica la sua prima opera
creativa, una raccolta di poesie, “Mal giocondo”, a cui seguirà l’anno seguente
“Pasqua di Gea”. I primi anni del ‘900 sono anni molto importanti per la produzione
pirandelliana con la pubblicazione di due romanzi (“L’esclusa” e “Il turno”), di una
raccolta di novelle (“Amori senza amore”) e di un saggio sull’ “Umorismo” che
costituisce una chiave di lettura molto importante per la opera. Nel 1904 pubblica a
puntate sulla rivista “Nuova Antologia” il romanzo “Il fu Mattia Pascal” e si sposa
con Maria Antonietta Portulano; qui si inserisce un dato autobiografico molto
importante perché la moglie si ammalerà ben presto, accusando i sintomi di una
grave malattia mentale che la porterà al ricovero e lo scrittore vivrà da vicino
questa esperienza accostandosi per la prima volta ad un tema che spesso ricorrerà
nella sua produzione artistica: la follia.
In quegli stessi anni, l’autore comincia a lavorare alla produzione teatrale che, dopo
i primi tentativi falliti, lo porterà al grande successo di pubblico con la
rappresentazione delle commedie “Pensaci Giacomino!”, “Liolà”, “Così è (se vi pare)”
e più tardi di quello che è considerato il testo teatrale più rivoluzionario dell’autore
“Sei personaggi in cerca d’autore” . Nel frattempo Pirandello decide di raccogliere
tutta la produzione novellistica in “Novelle per un anno”; il progetto, anche se non
completato, era quello di racchiudere in una sorta di ciclo temporale tutte le
sfaccettature dell’esistenza umana.
Nel 1934 gli viene conferito il Nobel per la letteratura e , due anni dopo, nel 1936
muore durante la composizione del dramma “I giganti della montagna”.
I dati fondamentali della sua narrativa possono essere così riassunti:
1. la constatazione dei lati assurdi e contraddittori della vita
2. il contrasto tra ciò che si è e ciò che gli altri si aspettano da noi
3. l'incomunicabilità e l'incomprensione
4. il peso insostenibile dei pregiudizi moralistici della società
5. le situazioni portate sempre al limite della verosimiglianza fino al paradosso,
il contrasto tra apparenza e realtà
6. l’illusione, a tratti, di poter disporre della propria esistenza.
Questi dati sono molto evidenti nella storia paradossale di Mattia Pascal. Questo
personaggio emblematico vive sulla propria pelle, a volte con ironia, a volte con
drammaticità, il contrasto tra l’uomo e la società, cerca di dare una spiegazione
logica agli avvenimenti di cui è protagonista, ma deve alla fine arrendersi
concludendo che è inutile “…voler estrarre la logica dal caso, come dire il sangue
dalle pietre…”.
Trama del romanzo: "Mattia Pascal"
Il protagonista del romanzo, Mattia Pascal, conduce una vita profondamente
infelice: ha subito un grave dissesto economico, svolge un lavoro che non lo
soddisfa, in casa viene maltrattato dalla moglie e dalla suocera. Ereditata una
discreta somma, decide di andare a Montecarlo e lì, sorretto dalla fortuna, vince
una grossa somma di denaro.
Mentre è sul treno, sulla via del ritorno, casualmente legge su un giornale la notizia
della sua stessa morte (il corpo di un suicida infatti è stato scambiato per il suo).
Dopo un primo momento di sgomento, Mattia decide di cogliere questa impensabile
occasione per cambiare vita.
Dunque cambia nome, si fa chiamare Adriano Meis, si trasferisce a Roma e si
innamora di una donna, ma poi si rende conto che non può sposarla perché di fatto
lui "non esiste", in quanto la sua esistenza poggia su un'enorme bugia. Così alla fine
finge di suicidarsi per riappropriarsi della sua vera identità. Torna al suo paese, ma
iormai sono passati due anni e nessuno lo riconosce: la moglie si è risposata e ha una
bambina. Deciderà allora di tornare al suo lavoro di bibliotecario dove scriverà la
sua storia e ogni tanto porterà i fiori sulla sua stessa tomba.
Il “caso” dunque è per Pirandello molto simile a quel “fato” che per i Greci è al di
sopra di ogni cosa, anche degli dei e governa gli uomini e le loro azioni ben al di là
della loro stessa volontà. “Mattia Pascal” alias “Adriano Meis” cerca in tutti i modi
di ribellarsi a ciò che la vita gli presenta, a ciò che la società gli impone, ma i suoi
tentativi finiscono tutti miseramente davanti alla constatazione che non si può
vivere nella condizione di uomo fuori della società e dei suoi schemi perché ognuno
di noi ha un suo ruolo e non è altro che un personaggio sul palcoscenico della vita
costretto a recitare la sua parte fino in fondo.
Pirandello dunque studia i suoi personaggi e affonda dentro la loro psicologia per
capire la forza e la contraddizione dei sentimenti fino a definire l’uomo “… un erma
bifronte che ride, per una faccia, del pianto della faccia opposta…”, una creatura
alla perenne ricerca di una sua identità che deve scontrarsi comunque contro il
muro dell’incomprensione.
Nelle opere di Pirandello non esiste un unico punto di vista dal quale guardare la
storia o giudicare il personaggio, ma si alternano tante diverse angolature, cambiano
continuamente le prospettive come se l’autore volesse ricordare al lettore che non
può e non deve esistere una sola verità.

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