Sei sulla pagina 1di 7

PIRANDELLO

Luigi Pirandello nacque il 28 giugno 1867 a Girgenti, l'attuale Agrigento. Il padre


Stefano era discendente di una famiglia di imprenditori e la vita familiare non era
serena, soprattutto a causa della personalità prevaricatrice del padre, e proprio da
allora Pirandello iniziò ad avere l'idea della famiglia come trappola. Dopo il liceo si
iscrisse alla facoltà di lettere, dove si laureò e approfondì la conoscenza della
letteratura tedesca e pubblicò la sua prima raccolta di versi, Mal giocondo (1889).
Nel 1893 scrisse il suo primo romanzo, L'esclusa, e dal 1897 iniziò a comporre
drammi per il teatro. Nello stesso anno ottenne un incarico di insegnante di lingua
italiana all'Istituto Superiore di Magistero di Roma. Il 1903 per Pirandello e la sua
famiglia fu un anno drammatico, infatti una frana distrusse la miniera di zolfo in cui
il padre aveva in vestito tutto il suo capitale. La moglie, alla notizia del disastro
finanziario, ebbe una crisi nervosa che si manifestò prima come paralisi isterica che
la costrinse a letto per lungo tempo e la tormentò per tutta la vita. Mentre assisteva
la moglie malata, Pirandello compose in pochi mesi il suo romanzo più famoso, Il fu
Mattia Pascal, pubblicato a puntate sulla rivista “nuova antologia” nel 1904. Inoltre
iniziò anche a dare lezioni private di italiano e tedesco per guadagnare e spinto da
alcune compagnie teatrali, convertì alcune novelle in opere teatrali.
Nel 1919 Pirandello prese la decisione di ricoverare la moglie in una clinica per
malattie mentali, dove rimase fino alla morte, avvenuta nel 1959.
Nel 1922 abbandonò l’insegnamento e cominciò a viaggiare all’estero. Nel 1924
dopo il delitto Matteotti si iscrisse al partito fascista e firmò il Manifesto degli
intellettuali fascisti di Gentile. Nel 1934 ricevette il Premio Nobel per la letteratura
e nel 1936 morì.
Pirandello compose molte novelle e nel 1922 iniziò il progetto di scrivere una
novella al giorno per un anno e uscirono 15 raccolte, arrivando a 225 novelle. Alcune
novelle sono ambientate in Sicilia e raccontano il mondo contadino, altre sono di
ambiente romano, inoltre Pirandello mette in scena personaggi stravolti e privi di
punti di riferimento, e lo fa con atteggiamento umoristico che spinge oltre i fatti.
Nel 1905 scrisse il saggio L’umorismo, pubblicato nel 1908. Nella seconda parte
dell’opera definisce il concetto di umorismo distinguendo la comicità, come
l’avvertimento del contrario che porta alla risata, e l’umorismo come il sentimento
del contrario, che porta alla riflessione e ad un atteggiamento più problematico su
fatti all’apparenza comici. L’umorismo consiste in questo processo, che provoca
reazioni contrastanti, cioè la risata e il pianto.
Pirandello dice che la vita è un flusso continuo che cerchiamo di fermare in forme
stabili perché noi siamo già forme fissate, ma non è quello che noi siamo veramente
ma ciò che pensiamo di essere.
UNO, NESSUNO E CENTOMILA
Uno, nessuno e centomila è l’ultimo romanzo di Pirandello, frutto di una lunga
elaborazione che va dal 1910 alla pubblicazione nel 1926.
La struttura di questo romanzo è semplice ed è costituito da 8 libri, ognuno
suddiviso in capitoletti.
La vita del protagonista Vitangelo Moscarda, un giorno viene sconvolta dalla moglie
che gli fa osservare che il suo naso pende un po’ a destra e guardandosi allo
specchio Vitangelo si accorge per la prima volta della sua imperfezione. Da qui nel
protagonista iniziano una serie di considerazioni, cioè non si vede come lo vedono
gli altri e gli altri vedono in lui cose che egli ignora e le immagini che gli altri hanno
di lui sono centomila ed egli non si riconosce in nessuna di queste. Quindi Vitangelo
Moscarda è insieme, uno e centomila e anche nessuno siccome non è possibile
definire la sua identità.
Anche lui come Mattia Pascal si ribella e cerca di cancellare la propria immagine di
figlio inetto di un banchiere. Infatti entra nella banca e esige di occuparsi
direttamente degli affari e dei beni che gli spettano, inoltre inizia a compiere azioni
che portano la moglie e i soci a considerarlo pazzo. Un giorno mentre Vitangelo
tenta di abbracciare l’amica della moglie, Anna Rosa, viene colpito da un colpo di
pistola sparato dalla donna. Quindi una nuova maschera si posa sul volto di
Vitangelo, cioè quella dell’amante adultero. La donna viene accusata di tentato
omicidio ma al processo Moscarda la scagiona e decide di andare a vivere in un
ospizio, diventato nessuno.
Come Mattia Pascal, anche Moscarda si ribella all’identità che gli altri gli hanno
attribuito e si fa protagonista attivo e consapevole della sua liberazione. Inoltre
scopre la vita autentica attraverso la rinuncia al desiderio di essere uno per tutti.
Pirandello non si ispira alla tradizione letteraria ma si basa su una lingua rapida e
nervosa, che riduce la distanza tra lo scritto e il parlato, inoltre la sintassi è ricca di
esclamazioni e interrogativi.

IL FU MATTIA PASCAL
Il Fu Mattia Pascal è il terzo romanzo di Pirandello composto in 4 mesi e pubblicato
nel 1904.
Il protagonista, Mattia Pascal, vive in un piccolo paese della Liguria in una situazione
opprimente. Dopo aver trascorso una giovinezza agiata, in cui non si è minimamente
preoccupato di gestire il patrimonio familiare, ha scoperto che l’amministratore
nominato dalla madre, lo ha ridotto in rovina ed è anche diventato il marito della
ragazza di cui Mattia era innamorato. Mattia quindi sposa un’altra donna, Romilda
Pescatore, e trova un lavoro come bibliotecario. Prigioniero di una vita familiare
insostenibile, fatta di continui litigi con la moglie e la suocera, decide di fuggire
all’estero. Si ferma a Montecarlo dove comincia a giocare al casinò e qui riesce a
vincere una grande somma di denaro.
Mentre sta tornando a casa in treno, legge sul giornale che è stato ritrovato il
cadavere di un suicida, identificato proprio in Mattia Pascal. Quindi decide di farsi
credere morto e di cominciare una nuova vita con il nome di Adriano Meis e inizia a
viaggiare in Italia e Germania, ma presto avverte il vuoto di una vita senza radici e
relazioni sociali. Decide quindi di stabilirsi a Roma e qui si innamora di Adriana.
Durante una seduta spiritica, il cognato ruba una parte del denaro di Adriano Meis e
l’accaduto provoca nel protagonista una serie di riflessioni, cioè, privo di una vera
identità non può denunciare il ladro, e non può neanche sposare Adriana. Quindi
decide di tornare al suo paese e riprendere la sua vecchia identità, e finge il suicidio
di Adriano Meis. Ma una volta giunto nel suo paese, Mattia Pascal si trova di fronte
a una realtà cambiata, infatti la moglie si è risposata con il suo migliore amico, e
anche il suo lavoro di bibliotecario è stato dato a un’altra persona. Mattia decide
quindi di scrivere le sue memorie, ormai rassegnato a restare fuori dalla vita e ad
essere il fu Mattia Pascal.
I temi principali del romanzo sono:
- La famiglia vista come nido o come prigione, cioè mentre la famiglia in cui Mattia
Pascal nasce è rappresentata come un nido, la vita coniugale con la moglie e la
suocera è considerata una prigione soffocante, che lascia come unica alternativa la
fuga. Il motivo si ricollega alla vicenda autobiografica di Pirandello.
- L’inettitudine: cioè Mattia Pascal confessa nella prima parte del romanzo che in
gioventù aveva lasciato che la vita gli scivolasse addosso. Solo con la fuga da casa
sembra superare la sua inettitudine, cioè la sua insoddisfazione della vita, ma è solo
una breve condizione, infatti anche in Adriano Meis non riesce a uscire dalla sua
passività.
- La crisi d’identità: Mattia Pascal rappresenta la crisi d’identità dell’uomo e si
configura come un emarginato dalla vita, incapace di capire chi sia realmente.
- La trappola della vita: la storia di Mattia Pascal è l’esempio dell’impossibilità di
fuggire alla trappola dell’esistenza, infatti Mattia Pascal assume una nuova identità
credendo di poter vivere un’altra vita ma si tratta solo di un’illusione.
- Il gioco d’azzardo: che oltre ad essere una giustifica per la fuga di Pirandello, è
anche simbolo della casualità della vita contro cui possono fare poco la ragione e la
volontà umana.
ITALO SVEVO
Italo Svevo, cioè Ettore Schmitz, nacque a Trieste nel 1861 da una famiglia borghese
ebraica. La madre era italiana mentre il padre era austriaco e da questo si spiega il
suo nome d’arte, infatti c’è un legame con l’Italia, Italo, e con la Germania, cioè
Svevo dagli Svevi. Svevo studiò sia l’italiano che il tedesco e poi il padre lo mandò in
un istituto commerciale ed ebbe la possibilità di leggere filosofi come
Schopenhauer.
Nel 1880 in seguito al fallimento dell’industria di famiglia, Svevo trovò un lavoro
nella Banca di Vienna dove rimase per 18 anni e nello stesso tempo collaborò con il
giornale ‘’l’indipendente’’, scrivendo recensioni teatrali e articoli letterari. Due anni
dopo fu pubblicato il suo primo romanzo chiamato ‘’Una Vita’’ che però non fu
considerato. Poi sposò la cugina di famiglia benestante e contribuì a migliorare la
sua condizione economica e sociale. Successivamente lasciò la banca e diventò
direttore della fabbrica del suocero e l’impegno richiesto per questo nuovo lavoro lo
portò ad abbandonare le pubblicazioni, anche a causa del mancato successo
letterario, infatti nel 1898 aveva pubblicato il secondo romanzo, Senilità ma anche
questo venne ignorato.
Lo scoppio della prima guerra mondiale nel 1914 fermò l’attività della fabbrica e
Svevo si dedicò all’approfondimento della psicoanalisi e alla fine della guerra scrisse
‘’la coscienza di Zeno’’. Questa nuova opera prese l’attenzione del pubblico grazie a
Montale che rimase colpito dai 3 romanzi di Svevo e gli dedicò un saggio chiamato
‘’Omaggio a Italo Svevo’’. Infine Svevo morì nel 1928.
UNA VITA
Una vita è il primo romanzo di Svevo del 1892 che fu ignorato dalla critica ufficiale e
narra la vicenda di un giovane di ventidue anni, Alfonso Nitti, che dalla campagna si
trasferisce in città per lavorare presso la banca del Signor Maller Incapace di
adattarsi alla noiosa e ripetitiva vita da impiegato, insoddisfatto delle proprie
condizioni economiche e sociali e amareggiato dall’ignoranza dei colleghi, coltiva la
propria passione letteraria per riscattarsi dalla mediocrità in cui vive. Un giorno
conosce Annetta, la figlia del suo principale, i due cominciano a frequentarsi, anche
se la loro differente condizione sociale rende la relazione difficile.
Quando Annetta decide di parlare col padre per convincerlo ad acconsentire al
matrimonio, il giovane progetta di allontanarsi dalla città. La domestica di casa
Maller, Francesca, che vede di buon occhio la relazione tra due perché pensa di
poterne trarre vantaggio, avverte Alfonso della volontà di Annetta e gli consiglia di
non partire ma
Alfonso però non fa nulla e si convince di voler rinunciare a lei.
Tornato a casa, trova la madre gravemente malata e l’assiste fino alla morte.
Quando rientra in città, viene a sapere che Annetta si è fidanzata con il cugino
Macario che, agli occhi di Alfonso ha sempre rappresentato la figura del vincente.
Inoltre scopre di essere stato cambiato di ufficio e decide di affrontare Maller in
un’accesa discussione, poi chiede anche un colloquio con Annetta, ma al suo posto
trova il fratello di lei, Federico, che lo sfida a duello. Convinto di uscirne sconfitto e
di non poter più riconquistare l’amore di Annetta e la stima dei colleghi, Alfonso si
uccide.

Al centro della vicenda c’è la figura dell’inetto, cioè un perdente incapace di cogliere
le occasioni e che non riesce a impegnarsi per realizzare le proprie aspirazioni e
caratterizzato da un’autoillusione che gli fa credere di essere ciò che non è. Il
protagonista Alfonso Nitti è un impiegato che vive una vita vuota e non riesce a
instaurare un rapporto con i colleghi e perde l’occasione di un matrimonio e di
conquistare successo. Quindi costretto a vivere in un mondo che premia solo i
coraggiosi e schiacciato dalla propria inettitudine, decide di suicidarsi. La storia si
svolge a Trieste e l’ambiente in cui Alfonso si muove è quello borghese, inoltre la
narrazione si svolge in terza persona e la presentazione dei fatti segue un ordine
cronologico e avviene secondo il punto di vista del protagonista. La trama è povera
di fatti e il romanzo si svolge intorno all’analisi del protagonista, alla descrizione del
suo modo di agire e dei suoi pensieri, desideri e aspirazioni.
SENILITA’
Senilità è il secondo romanzo di Svevo pubblicato nel 1927 e venne ignorato dalla
critica.
La vicenda è ambientata a Trieste ed Emilio, è un piccolo-borghese con aspirazioni
letterarie, costretto a un impiego che non lo soddisfa.
La trama ruota intorno alla storia del fallimento di un uomo, Emilio Brentani, un
impiegato con la passione della letteratura che vive con la sorella Amalia, dal
carattere introverso. Emilio, che si rammarica di aver sprecato il suo talento
letterario, guarda con invidia lo scultore Balli, un uomo favorito da un enorme
successo con le donne. Emilio si innamora di Angiolina, una bella e giovane donna
incontrata per caso ma egli non vorrebbe farsi coinvolgere in una storia d’amore
impegnativa, ma, nonostante i consigli di Balli, si abbandona totalmente al fascino di
lei e ne accetta il passato e le ripetute bugie.
Una volta deciso a lasciare Angiolina, Emilio scopre che la sorella Amalia, si è
innamorata segretamente di Balli e intanto quest’ultimo si è innamorato di
Angiolina, che si è riavvicinata per una notte a Emilio. Amalia, che di nascosto abusa
dell’etere, cioè un liquido che produce gli effetti dell’alcool, inizia a dare segni di
squilibrio, intanto Emilio, dopo un nuovo incontro con Angiolina che continua con le
sue bugie, rompe il rapporto in modo violento. Intossicata dall’etere, Amalia muore
ed Emilio riprende la propria vita, confondendo nella sua mente il ricordo della
sorella con quello dell’amata.
Il romanzo si chiama Senilità cioè vecchiaia, non in senso fisico ma spirituale e
l’attenzione dell’autore si concentra sul carattere psicologico dei personaggi e
sull’analisi dei rapporti che stabiliscono. Anche questo romanzo ha per protagonista
un inetto incapace di vivere, condannato a una condizione di precoce senilità, diviso
tra il buio della propria vita da impiegato e la speranza di riscatto. La narrazione ha
un andamento cronologico ed è affidata ad una voce narrante che si esprime in
terza persona e il narratore segue le vicende interiori del protagonista.
In quest’opera sono presenti spunti autobiografici, infatti la vicenda si svolge a
Trieste e il protagonista è un inetto che vive tra il rimpianto di una carriera
letteraria irrealizzata e la monotonia di una vita destinata al fallimento.
LA COSCIENZA DI ZENO
L’opera ha una struttura originale ed è costituita da otto capitoli:
dopo la Prefazione e il Preambolo ci sono le memorie di Zeno, poi l’ottavo capitolo
è composto dalle pagine di un diario che Zeno scrive e che invia al proprio
psicoanalista.

Il protagonista, per liberarsi da una nevrosi che condiziona il suo rapporto con gli
altri e con sé stesso, si sottopone alla cura psicoanalitica del Dottor S, che gli
propone come terapia di scrivere la propria autobiografia, quindi Zeno il compito e
scrive pezzi della sua vita secondo le libere associazioni. Nella brevissima Prefazione
il dottor S dichiara di voler pubblicare le memorie di Zeno, per vendicarsi della
scelta del paziente di sottrarsi alla cura. Nel Preambolo Zeno spiega le difficoltà
incontrate nel recuperare la memoria del proprio passato e mostra grandi dubbi
sull’efficacia della cura cui si è sottoposto.
Nei capitoli successivi il protagonista racconta i ricordi che sono apparsi alla sua
coscienza, organizzati attorno a circostanze e eventi importanti, cioè:
- “Il fumo” (cap. 3) in cui Zeno analizza il vizio del fumo ripercorrendo vent’anni
della propria vita, caratterizzati dal desiderio mai realizzato, di smettere di fumare.
- “La morte di mio padre” (cap. 4) in cui Zeno traccia un ritratto del padre, verso il
quale mostra di nutrire un sentimento di odio, nonostante le ripetute dichiarazioni
di affetto.
- “La storia del mio matrimonio” (cap 5) in cui Zeno racconta le circostanze che
l’hanno portato a sposare Augusta, pur essendo innamorato della sorella.
- “La moglie e l’amante” (cap. 6) pur vivendo un matrimonio felice, per noia Zeno
tradisce la moglie con una cantante, e tormentato dal rimorso, vorrebbe
interrompere questa relazione, senza però riuscirci
- ‘’Storia di un’associazione commerciale’’, cap.7, in cui lavorando insieme al
cognato, Zeno scopre i limiti negli affari che portano la loro associazione a falli, ma
quando il cognato muore, Zeno salva l’impresa.
- ‘’Pisco-analisi’’, cap. 8, costituito dalle pagine di un diario in cui racconta che dopo
mesi di psicoanalisi, Zeno si sente peggio di prima e quindi decide di sospendere la
terapia.
La Coscienza di Zeno è scritta in prima persona e ciò comporta che il punto di vista
sia quello interno alla coscienza del protagonista che non conosce il punto vi sita
degli altri. Inoltre le bugie sono per Zeno, un modo di costruirsi autogiustificazioni
per zittire la propria coscienza e dimostrarsi innocente da ogni colpa. La coscienza di
Zeno non è un romanzo autobiografico e ogni episodio diventa qualcosa di nuovo e
di originale e questo romanzo è considerato un romanzo psicoanalitico.
La narrazione è caratterizzata dall’ironia, infatti Zeno guarda con atteggiamento
ironico il proprio passato, minimizzando l’importanza degli eventi e costruendo la
sua innocenza.
Nel 1918 Svevo fece la traduzione dell’opera di Freud sul sogno e l’interesse della
psicoanalisi si presentò quando il cognato si era sottoposto alle cure di Freud,
inoltre il lavoro sull’opera di Freud sarà indispensabile per la stesura del romanzo ‘’la
Coscienza di Zeno’’.

Potrebbero piacerti anche