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Il discorso diretto e indireto

Per riferire in un testo, parlato o scritto, le parole pronunciate da qualcuno, si possono usare due
tecniche espressive: il discorso diretto e il discorso indiretto. A esse si aggiunge anche la tecnica
del discorso indiretto libero, caratteristica della narrativa moderna.

Il discorso diretto
Il discorso diretto riporta direttamente le parole di chi parla, così come sono state pronunciate:

L’uomo allora disse: «Sono stanco morto e preferisco andare a letto subito».
Perché sia chiaro che le parole riportate sono proprio quelle pronunciate da chi parla, esse sono
sempre introdotte da due punti /: / e chiuse tra virgolette alte /“ ”/ o basse /« »/:

L’uomo allora chiese: «Scusi, dov’è piazza San Carlo?».


Talvolta, invece delle virgolette, l’inizio del discorso diretto è segnalato, dopo i due punti, da una
lineetta /– /:

L’uomo allora chiese: – Scusi, dov’è piazza San Carlo?


Nel discorso diretto, dunque, chi racconta che cosa ha detto un’altra persona introduce in primo
piano la voce di tale persona: egli ha il ruolo di un semplice testimone che si limita a citare
esattamente le parole della persona in questione lasciando a lei la responsabilità di ciò che dice.

Il discorso indiretto
Il discorso indiretto riporta le parole altrui facendole riferire da un narratore, il quale non cita le
parole, ma le riformula in una proposizione subordinata retta da un verbo dichiarativo come dire,
domandare, rispondere, ribattere o da un verbo che esprime un comando come ordinare,
intimare, ingiungere, prescrivere, comandare, ecc.:

L’uomo allora disse che era stanco morto e che preferiva andare a letto subito.
Nel discorso indiretto, dunque, chi riferisce un discorso inserisce le parole altrui all’interno della
propria narrazione: non interrompe la sua esposizione per far parlare direttamente l’interessato e
spesso sintetizza opportunamente le cose che sono state dette.
En el español de México
se utiliza la perífrasis del
futuro con copretérito
“que no se lo iba a decir”
o “que no se lo diría”.
Il discorso indiretto libero
Per riferire in un testo le parole pronunciate da qualcuno, oltre al discorso diretto e al discorso
indiretto, esiste un terzo modo: il cosiddetto discorso indiretto libero. Esso consiste nel riferire le
parole di chi parla in modo diretto e oggettivo, ma senza adoperare verbi dichiarativi che le
introducano e congiunzioni subordinanti:

L’uomo si sentiva tranquillo e non lo tacque: aveva o non aveva fatto tutto quello che pote potva
fare? Ora il suo compito era finito e poteva tornarsene tranquillamente a casa. Qualcuno di noi
voleva seguirlo? Per lui non c’erano problemi. Prendessimo, dunque, le nostre cose e, salutati
gli amici, ci mettessimo al più presto in cammino. (A. Serristori)
Questo procedimento espressivo, che fonde insieme talune caratteristiche del discorso diretto e
del discorso indiretto, permette di evitare la pesantezza delle subordinazioni che sono tipiche del
discorso indiretto, perché pone in primo piano le parole di chi parla senza interrompere con le
battute del discorso diretto la continuità narrativa-descrittiva del testo. Usato per la sua
immediatezza e la sua oggettività dal romanziere verista Giovanni Verga e, con intendimenti
diversi, da Italo Svevo e da Luigi Pirandello, il discorso indiretto libero è una caratteristica
peculiare della narrativa moderna.

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