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LIBRO MUNDAY

Capitolo 1
Il concetto di traduzione
Il termine traduzione assume diversi significati: può riferirsi all’argomento generale, al prodotto, o
al processo. Il processo traduttivo fra due diverse lingue scritte prevede che il traduttore modifichi
un testo originale (il testo di partenza o TP) scritto nella lingua verbale originale (la lingua di partenza
o LP) per arrivare ad un testo scritto (il testo di arrivo o TA) in una diversa lingua verbale (la lingua di
arrivo o LA). Questo tipo di traduzione è detta interlinguistica ed è una delle tre categorie di
traduzione descritte dallo strutturalista Roman Jakobson nel saggio fondamentale “Aspetti linguistici
della traduzione”. Le categorie di Jakobson sono:
traduzione intralinguistica: la quale avviene attraverso segni della stessa lingua , con un passaggio
da un registro alto ad uno basso , e riformulando una frase con altre forme della stessa lingua.
Traduzione interlinguistica: viene definita come la traduzione vera e propria, ovvero è la
traduzione tra due sistemi linguistici diversi
Traduzione intersemiotica: è la traduzione che passa da un insieme di sistemi linguistici a un
sistema di segni non necessariamente linguistici.

Cosa sono gli studi sulla traduzione?


Nel corso della storia le traduzioni scritte e orali hanno ricoperto funzioni cruciali nella
comunicazione umana. Tuttavia lo studio della traduzione come materia accademica ha avuto inizio
soltanto negli ultimi anni 60. Nel mondo anglofono questa disciplina è riconosciuta grazie allo
studioso statunitense Holmes, il quale descrive la disciplina come un interesse verso l’insieme dei
problemi raggruppati intorno al fenomeno del tradurre e delle traduzioni. Gli studi sulla traduzione
hanno acquisito maggior rilievo sotto due punti di vista molto evidenti. Prima di tutto, si è verificato
un notevole aumento di insegnamenti specializzati di traduzione e interpretazione a livello di corsi
sia di laurea che post-laurea, orientati verso la formazione di futuri traduttori e interpreti
commerciali professionisti. L’altro punto di vista , riguarda invece il moltiplicarsi di convegni, libri e
riviste sulla traduzione in diverse lingue
Breve storia della disciplina
In Cina nel I secolo a.C. è la traduzione dei sutra buddisti a inaugurare un lungo dibattito sulla
traduzione. La traduzione biblica occupava gran parte dell’Occidente e gran parte del periodo
storico fino al 900. La traduzione biblica e la casa degli scontri tra ideologie contrastanti , la quale
durante la lunga storia della pratica traduttrice dei testi sacri la Chiesa non permise che il testo
originale venisse interpretato , avvenne quindi una traduzione letteraria ( parola per parola ) ,
impronta la parola di Dio è sacra e tutti coloro che praticarono una traduzione interpretata vennero
accusati di eresia. Fino all’istituzionalizzazione in quanto disciplina nella seconda metà del 900 , oltre
alle numerose riflessioni di singoli studiosi e pensatori che costellarono due mila anni di storia, la
traduzione veniva utilizzata come strumento di apprendimento dei corsi di lingue moderne. Ciò
contribuì al fatto che venisse considerata per lungo tempo una disciplina “minore”. Negli anni 50
iniziarono ad emergere approcci allo studio della traduzione più sistematica E spesso orientati verso
approcci e metodi della linguistica per dare una dignità poco scientifica gli studiosi della traduzione.
Nel I secolo a.C. ci fu la prima definizione sistematica fatta da Cicerone di quella che veniva
considerata la traduzione ad sensum/ ad verbum , ovvero la traduzione che avveniva lettera per
lettera dove la parola venne considerata come un’unità traduttiva di base. Ad verbum ad sensum
delineava questa posizione, ovvero avere una traduzione libera che lasciava emergere il senso che
il traduttore credeva di avere inteso o una traduzione fedele alla lettera in cui molto spesso si
rischiava di perdere il senso complessivo del testo. Cicerone usa la traduzione per arricchire la
latinità , nel tradurre si rese conto che la resa letteraria parola per parola faceva perdere il senso
generale che voleva esprimere. La massima ciceroniana era quella di tradurre senso per senso. Nel
IV secolo a.C. San Girolamo opera in un contesto diverso adottando la traduzione ad sensum per
tutti i testi tranne quelli sacri. Leonardo bruni scrisse quello che è considerato come il primo
trattato della modernità sulla traduzione, e afferma i quesiti di un buon traduttore. Introduce
quindi un nuovo termine : traductio, per sottolineare la dinamicità del processo di traduzione. Nel
medioevo la traduzione biblica e il dibattito su fedeltà e sacre scritture portarono a una messa in
discussione del rapporto di verticalità tra originale e traduzione. In questo periodo storico Lutero nel
1524 fece una traduzione della Bibbia in tedesco, la vulgata nella quale propone la fedeltà della
lingua in cui si traduce, ma si tratta di una fedeltà al senso del testo e non alla lettera, parla quindi
di quella che oggi noi definiamo pragmatica, ovvero l’uso e il contesto della lingua che non possono
essere allontanati affinché si giunga ad un senso generale del prodotto. Già partire da Lutero, la
traduzione non si ritiene indegna del testo da cui proviene e il rapporto verticale tra originale e
traduzione diventa un rapporto orizzontale , poiché la traduzione inizia ad essere considerata come
un prodotto del punto di partenza, destinata ad un uso concreto con la medesima dignità del testo
originale. Negli Stati Uniti la traduzione, e soprattutto la traduzione letteraria, fu promossa nelle
università negli anni Sessanta attraverso il concetto del laboratorio di traduzione. Basati sui
laboratori di lettura e sui laboratori di scrittura creativa, essi erano pensati come vetrina per
l’introduzione di nuove traduzioni e per un dibattito sui principi più fini del processo traduttivo.
Parallelamente a questo approccio esisteva anche quello della letteratura comparata, nel quale la
letteratura veniva studiata e paragonata a livello transnazionale e transculturale attraverso la lettura
di letteratura in traduzione. Un’altra area nella quale la traduzione divenne oggetto di ricerca è
l’analisi contrastiva, ovvero lo studio di due lingue a contrasto il cui scopo è quello di individuare
differenze generali e specifiche tra le stesse, approccio che però non considerava fattori
fondamentali come quelli socioculturali e pragmatici. L’approccio allo studio della traduzione più
sistematico e più orientato verso la linguistica, cominciò ad emergere negli anni Cinquanta e
Sessanta in Vinay e Darbelnet , Mounin e Nida. Questo approccio scientifico iniziò a delineare
delineare il territorio della ricerca accademica in traduzione. . La parola scienza fu usata da Nida nel
titolo del suo libro del 1964, Towards a Science of Translating

La mappa di Holmes/Toury
Un saggio fondamentale nel campo come disciplina è ‘’The name and nature of translation studies’’
di holmes definito da Gentzler e Snell-Hornby statuto fondante del campo di studi sulla traduzione.
Holmes propone un impianto generale che descrive gli ambiti affrontati dagli studi sulla traduzione.
Questo impianto fu successivamente presentato come grafico illustrato da Toury, Gli obiettivi delle
problemi
1. La descrizione dei fenomeni relativi alla traduzione ( teoria descrittiva della traduzione)

1. La costituzione di principi general mirati a spiegare e prevedere tali fenomeni ( teoria della
traduzione)
La sezione teorica è suddivisa in teoria generali e parziali, Per ‘’generale’’ Holmes si riferisce alle
pubblicazioni che tentano di descrivere o rendere conto di ogni tipo di traduzione e di trarre
generalizzazioni che siano rivelanti per la traduzione, Gli studi teorici ‘’parziali’’ sono delimitati
secondo alcuni parametri:
1. Le teorie delimitate dal mezzo sono suddivise a seconda che si tratti di traduzione automatica
o umana, con ulteriori suddivisioni a seconda che la macchina lavora automaticamente o
come sussidio ad un traduttore umano
1. Le teorie delimitate dall’area sono limitate a specifiche lingue o gruppi di lingue o culture.

1. Le teorie delimitate dal grado sono teorie linguistiche che sono state limitate a un livello
specifico , ovvero il livello lessicale o di frase.
2. Le teorie delimitate dalla tipologia testuale si occupano di tipologie e generi testuali precisi,
questi approcci si affermarono con la ricerca di Reiss e Vermeer
3. Le teorie delimitate dal periodo temporale si riferiscono a teorie e traduzioni limitate in base
a specifici periodi di tempo.
4. Le teorie delimitate dal problema possono riguardare problemi specifici, come l’equivalenza
negli anni 60-70 oppure quesiti di più ampia portata , come quello riguardante l’esistenza di
universali nella lingua tradotta.

L’altra sezione all’interno della ricerca ‘’pura’’ nella mappa di Holmes è quella denominata come
descrittiva, la quale ha tre fulcri :l’analisi del prodotto, l’analisi della funzione, e l’analisi del
processo. Questi sono:
1. Gli studi descrittivi orientati verso il prodotto analizzano traduzioni esistenti. Questo
approccio può comprendere la descrizione o l’analisi di un’unica coppia TP-TA o un’analisi
comparata di diverse versioni dello stesso TP in una o più LA. Questi studi sull’analisi della
traduzione prendono in esame un determinato periodo di tempo, lingua o tipologia di
testo/discorso. Infine, gli studi descrittivi possono essere diacronici (che seguono cioè lo
sviluppo attraverso il tempo) o sincronici (focalizzati su un singolo punto o periodo
temporale).
1. Con studi descrittivi orientati verso la funzione Holmes indica la descrizione della funzione
delle traduzioni nella situazione socioculturale ricevente: si tratta dunque di uno studio di
contesti piuttosto che di testi. Alcuni aspetti che potrebbero venir presi in esame sono ad
esempio quali libri sono stati tradotti, quando e dove, e quale influenza hanno esercitato.
1. Gli studi descrittivi orientati verso il processo si occupano della psicologia della traduzione,
ovvero del tentativo di scoprire che cosa accade nella mente di un traduttore.

Nonostante questa tassonomia, Holmes insiste nel sottolineare che si possono avere anche più
limitazioni insieme.La sezione ‘’applicata’’ dello schema di Holmes riguarda:
- La formazione del traduttore con metodi didattici, tecniche di valutazione
- Sussidi alla traduzione che riguarda i dizionari, grammatiche e risorse informatiche
- La critica della traduzione che riguarda la valutazione delle traduzioni , compresa
l’attribuzione di voti alle traduzioni degli studenti e la revisione di traduzioni pubblicate

Un’altra area menzionata da Holmes è la politica della traduzione, egli vede lo studioso di
traduzione impegnato nella consulenza relativa al posto occupato dalla traduzione nella società.
Holmes stesso si occupa di sottolineare che le aree teoriche, decrittive e applicate esercitano
un’influenza l’una sulle altre. Il fatto che Holmes abbia dedicato due terzi della sua attenzione agli
aspetti puri della teoria e della descrizione riflette senza dubbio i suoi interessi di ricerca piuttosto
che una mancanza di possibilità per il lato applicato. Eppure era precisamente la spaccatura tra
teoria e pratica che Holmes cercava di colmare. Con l’accrescersi dell’interesse sugli studi sulla
traduzione, le manifestazioni e gli effetti di tale spaccatura divennero più evidenti, situazione
chiaramente riportata da Kitty van Leuven-Zwart. La studiosa infatti descriveva il timore dei docenti
di traduzione che la teoria togliesse spazio alla formazione pratica e il punto di vista dei traduttori,
secondo i quali la traduzione era un’arte e come tale non poteva essere teorizzata.

Sviluppi dagli anni Settanta


Il picco raggiunto dagli studi sulla traduzione a partire dagli anni Settanta ha visto venire alla ribalta
diverse aree della mappa di Holmes e l’analisi contrastiva è stata rilegata ai margini. La Germania ha
visto la nascita di teorie incentrate sulle tipologie testuali (Reiss) e sulla finalità testuale (la
Skopostheorie di Reiss e Vermeer), mentre l’influenza hallidayana legata all’analisi del discorso e alla
grammatica sistemico-funzionale, che vede il linguaggio come atto comunicativo in un contesto
socio-culturale, è stata applicata alla traduzione in una serie di pubblicazioni di studiosi quali Bell,
Baker e Hatim e Mason. Un centro importante è stato Tel Aviv, dove Itamar Even Zohar e Gideon
Toury hanno portato avanti l’idea del polisistema letterario, nel quale, diverse letterature e diversi
generi, comprese le opere tradotte e non tradotte, si trovano a competere per il predominio. In
questo caso, un volume fondamentale fu la raccolta di saggi curata da Hermans e intitolata The
Manipulation of Literature: Studies in Literary Translation, dal quale derivò il nome della
Manipulation School. Gli anni Novanta hanno visto l’inserimento di nuove scuole e concetti. Ad
esempio, la ricerca su traduzione e genere guidata da Sherry Simon in Canada, la scuola cannibalista
proposta da Else Vieira e la teoria postcoloniale della traduzione, tutte proseguite di buon passo nel
primo decennio del nuovo millenio. Una caratteristica importantissima è stata l’interdisciplinarietà
degli studi sulla traduzione. Una interdisciplina, come ben sappiamo, sfida il modo di pensare
convenzionale promuovendo e venendo incontro a nuovi collegamenti fra diversi tipi di conoscenza
e tecnologie. Willard McCarty nel suo saggio intitolato Humanities computing as interdiscipline ha
definito l’interdisciplina, utilizzando una sorta di metafora, come il commerciante fenicio tra le
nazioni colonizzate. E allo stesso modo, la disciplina degli studi sulla traduzione è essa stessa il
mercante fenicio fra discipline già affermate, quali la linguistica, le lingue moderne e gli studi
linguistici, la letteratura comparata, gli studi culturali, la filosofia, la sociologia e la storia. Altri
rapporti di tipo secondario, si evidenziano quando si tratta dell’area degli studi applicati, quali la
formazione dei traduttori. Ad esempio, sarebbe opportuno che i corsi di traduzione specializzata
prevedessero degli elementi introduttivi delle discipline nel cui ambito i futuri traduttori si
propongono di lavorare, come la giurisprudenza, la politica, la medicina, e le scienze

Capitolo 2
La teoria della traduzione prima del XX secolo
Parola per parola o senso per senso ?
Fino alla seconda metà del XX secolo, la teoria occidentale della traduzione sembrava essere
bloccata nella sterile diatriba sulla triade composta da traduzione letterale, libera e fedele. La
distinzione fra traduzione parola per parola e senso per senso risale a Cicerone e San Girolamo e
rappresenta la base per i testi chiave della traduzione scritta in epoche più moderne. In epoca latina
la traduzione parola per parola comportava la sostituzione di ogni singola parola del TP con il suo
equivalente grammaticale più vicino in latino. Ciò avveniva perché i romani leggevano i testi tradotti
a fronte con il testo greco di partenza. Cicerone delineò il suo approccio alla traduzione in De optimo
genere oratorum (testo più antico contenente riflessioni sulla traduzione), specificando di aver
tradotto da oratore (e non da interprete), cioè producendo un discorso che emozionasse chi lo
ascoltava, non parola per parola, ma mantenendo, seppur con parole diverse ogni carattere e ogni
efficacia delle parole stesse. In epoca latina la traduzione parola per parola era esattamente questo,
la sostituzione di ogni parola det TP con l’equivalente grammaticale più vicino al latino. La
denigrazione della traduzione parola per parola da parte di Cicerone e Orazio sottolinea il fine di
produrre un testo esteticamente piacevole e cretivo nella LA, ebbe grande influenza nei secoli
successivi. San Girolamo,Padre della Chiesa e il più celebre di tutti i traduttori, in un’opera che
sarebbe divenuta nota come la Vulgata editio, revisionò e corresse le precedenti traduzioni in latino
del Nuovo Testamento e, per il Vecchio Testamento, decise di riprendere in mano il testo originale,
l’hebraica veritas (ebraico), questo riuscì a diventare la versione ufficiale della Bibbia della chiesa
cattolica latina per contrastare le nuove traduzioni bibliche nel segno della Riforma protestante. La
sua strategia traduttiva viene formulata in De optimo genere interpretandi, Difendendosi dall’accusa
di avere tradotto in maniera inesatta, Girolamo espone i criteri da lui ritenuti indispensabili per una
buona traduzione. La maniera migliore di tradurre da una lingua all’altra, secondo Girolamo, è
quella di riprodurre il senso del testo, non l’esatto significato di ogni singola parola. La dichiarazione
di Girolamo è solitamente interpretata come un riferimento a ciò che divenne nota come traduzione
‘’letterale’’ e traduzione ‘’libera’’. Girolamo rifiuta l’approccio parola per parola in quanto
un’adesione cosi impersonale al TP produceva una traduzione assurda che oscurava il significato
dell’originale.Dall’altra parte l’approccio senso per senso permetteva al senso o al contenuto del TP
di essere tradotto.
Martin Lutero
Nella società occidentale le questioni relative alla traduzione letterale e libera furono legate dopo
San Girolamo alla traduzione della Bibbia e dei testi religiosi e filosofici. Leonardo Brubi dimostrò
particolare interesse per il mantenimento dello stile dell’autore originale, che egli vedeva come un
amalgama tra l’ordine e il ritmo delle parole e la raffinatezza dell’eleganza dell’originale. Bruni
riteneva che questo fosse l’unico modo corretto di tradurre e a tali requisiti stilistici si poteva far
fronte per mezzo della cultura e dell’erudizione del traduttore, il quale doveva possedere
un’eccellente conoscenza della lingua originale nonché una notevole abilità letteraria nella propria
lingua. Per quanto concerneva la Bibbia la preoccupazione della Chiesa cattolica romana era quella
di proteggere il significato di ‘’corretto’’ e ‘’ufficiale’’ delle Scritture. Qualunque interpretazione che
si allontanasse dall’interpretazione riconosciuta, poteva subire accuse di eresia ed essere censurata .
Una sorte peggiore spettava ai traduttori. I progessi nello studio e nella conoscenza delle lingue
bibliche e della cultura dei classici , portarono a una rivoluzione nella pratica della traduzione della
Bibbia che dominò la produzione libraria del 16 secolo in Europa. La traduzione non letterale o non
riconosciuta venne ad essere vista e utilizzata come un’arma contro la Chiesa, e l’esempio più
rilevante è la traduzione che Lutero fece del Nuovo Testamento nel 1522 e del vecchio testamento
nel 1534, nella varietà di tedesco centro-orientale. Lutero ebbe un ruolo chiave nella Riforma, così
come, linguisticamente, il suo uso di un dialetto regionale ampiamente diffuso, apportò un grande
contributo al consolidamento di quella forma di tedesco come varietà standard. Gli furono rivolte
delle accuse secondo le quali , egli avrebbe alterato le sacre scritture nelle proprie traduzioni , e si
difese nella sua Epistola sull’arte del tradurre del 1530. L’accusa era che il tedesco implicasse che
l’atto di fede dell’individuo fosse sufficiente per valutarla , e ciò rendeva superfluo le opere della
legge. Lutero replicò affermando che la sua traduzione in tedesco era pura e chiara. Lutero segue S.
Girolamo nel suo rifiuto per una traduzione parola per parola , che non sarebbe in grado di
comunicare lo stesso significato del TP e potrebbe risultare incomprensibile. Sebbene la traduzione
di Lutero della diatriba tra traduzione letterale e libera non mostrino alcun reale progresso rispetto
la posizione di S.Girolamo, la sua inclusione del linguaggio della gente comune all’interno della
Bibbia e le sue osservazioni sulla traduzione furono di fondamentale importanza.

Fedeltà , spirito, verità


I concetti già individuati da Flora Amos , quali fedeltà, concretezza e il termine stesso traduzione,
sono concetti esplorati anche da Louis Kelly. Kelly esamina nel dettaglio la storia della teoria della
traduzione in Occidente , partendo dagli insegnamenti degli scrittori dell’antichità e tracciando la
storia di quelli che definisce i termini di fedeltà, spirito e verità. Non fu infatti prima della fine del 17
secolo che si iniziò a pensare alla fedeltà come aderenza al significato piuttosto che alle parole
dell’autore. Kelly descrive i due significato di spirito e verità, la parola spirito denota l’energia
creativa o l’ispirazione propria della letteratura, S.Agostino lo utilizzò per intendere lo spirito Santo e
S,Girolamo lo utilizzò in entrambi i sensi . Per S.Agostino spirito e verità erano interconnessi , e la
verità aveva il senso di contenuto , invece per S,Girolamo, la verità significava il testo ebraico
originale, al quale era ritornato per la sua Vulgata. Kelly osserva che non fu prima del 12 secolo che
si creò una completa corrispondenza fra verità e contenuto. E’ facile osservare come nella
traduzione dei testi sacri si sia verificata un’interconnessione tra fedeltà , spirito, verità. Tuttavia nel
17 secolo la fedeltà , fu considerata come più che una semplice aderenza alle parole, e lo spirito
aveva perso il senso religioso che possedeva originariamente.

Primi tentativi verso una teoria della traduzione sistematica: Dryden, Dolet e Tyler
L’Inghilterra del XVII di Denham , Cowley e Dryden segnò un’importante passo avanti nella teoria
della traduzione. La traduzione verso l’inglese era all’epoca quasi esclusivamente limitata alle
trasposizioni in versi greci e latini, alcune delle quali erano libere. Gli approcci come quelli di Cowley
e Dryden , sono motivati dalla volontà di contrastare l’inevitabile perdita di bellezza in traduzione
attraverso l’uso dell’ingegno o invenzione , con lo scopo di creare una nuova bellezza. John Dryden
scrive il processo traduttivo che avrebbe in poche epoche successi un enorme impatto sulla teoria e
la pratica della traduzione. Nella proliferazione alla propria traduzione delle Epistole di Ovidio nel
1680, Dryden riduce la traduzione a tre categorie
Metafasi: traduzione parola per parola e riga per riga, che corrisponde alla traduzione letterale;
Parafrasi: traduzione libera o senso per senso (fedele al senso)
Imitazione: è un’opera che prende spunto artistico dal TP, cioè abbandona sia le parole che il senso.
Dryden critica i traduttori che adottano la metafasi, giudicandoli degli ‘’ imitatori verbali’’.
Analogamente rifiuta l’imitazione, poiché permette al traduttore di diventare maggiormente visibile
ma commette ‘‘il più grande torto alla memoria e alla reputazione dei defunti’’. Egli predilige
dunque , la parafrasi, raccomandando di evitare imitazioni e metafasi. Il modello triadico proposto
da Dryden avrebbe avuto una notevole influenza sulle successive pubblicazioni sulla traduzione, ma
è anche vero che egli stesso cambia la sua posizione verso un punto intermedio fra parafrasi e
traduzione letterale. Etienne Dolet pubblica La manière de bien traduire d’une langue en aultre e
individua 5 principi secondo cui il traduttore deve :
1 capire il senso e il materiale dell’autore originale
2 avere un’ottima conoscenza delle due lingue;
3 evitare la resa del testo originale parola per parola;
4 deve evitare forme insolite e di origine latina;
5 mettere insieme e collegare le parole in modo eloquente al fine di evitare goffaggini;
Anche qui la preoccupazione è quella di riprodurre il senso e di evitare una traduzione parola per
parola , ma l’enfasi su un TA naturale era radicata nel desiderio di rafforzare la struttura e
l’indipendenza del nuovo volgare francese. Alexander Fraser Tytler pubblica Essay on the principles
of translation che è definito come il primo studio sistematico della traduzione in inglese. Invece
della descrizione incentrata sull’autore proposta da Dryden, Tyler propone una definizione di una
traduzione incentrata sul lettore della lingua di arrivo e al posto dei cinque principi di Dolet, elabora
tre leggi o regole generali:
1 la traduzione deve fornire una riproduzione completa delle idee dell’opera originale;
2 lo stile e il modo di scrivere devono avere lo stesso carattere dell’originale;
3 la traduzione deve possedere tutta la naturalezza della composizione originale;
La prima legge si ricollega ai primi due principi di Dolet, in quanto si riferisce al fatto che il traduttore
debba possedere una perfetta conoscenza dell’originale, deve essere competente nella materia e
deve fornire una fedele trasfusione del senso e del significato, la seconda si riferisce al quinto
principio, e tratta lo stile dell’autore e implica che il traduttore da una parte individui ‘’la vera
natura’’ dello stile , e dall’altra che abbia abilità per ricrearla nella LA. La terza legge afferma la
necessità di trasmettere ‘’tutta la naturalezza della composizione’’ del TP. Tyler considera questo
compito diffcile e afferma che l’imitazione pedissequa deve essere evitata , poiché perde la
naturalezza e lo spirito del’’originale. Tyler stesso riconosce che le prime due leggi rappresentano
due opinioni sulla traduzione ampiamente divergenti. Possono essere visti come i poli della fedeltà
al contenuto e alla forma , o come riformulazioni delle diade senso per senso e parola per parola.
Tuttavia egli elenca le proprie leggi in ordine di relativa importanza, una tale classificazione
gerarchica conquista maggiore importanza nella teoria della traduzione più moderna , per esempio
nel dibattito sulla perdita e il guadagno in traduzione.

Schleiermacher e la valorizzazione dell’elemento ‘altro’


Nel 1813 il teologo e traduttore Schleiermacher scrisse un trattato sulla traduzione estremamente
autorevole ( Sui diversi modi del tradurre).Egli è riconosciuto come il fondatore della moderna
teologia protestante e della moderna ermeneutica, un approccio Romantico all'interpretazione
basato non sulla verità ma sul sentimento e la comprensione interiore dell'individuo.
Schleiermacher distingue due diversi tipi di traduttore che lavorano su diversi tipi di testo. Questi
sono:
1 Dolmetscher, che traduce testi commerciali
2 Ubersetzer, che lavora su testi eruditi e artistici.

Il secondo tipo opera su un livello creativo più elevato. La domanda di Schleiermacher riguarda
come sia possibile avvicinare lo scrittore del TP al lettore del TA. Egli si spinge al di là della questione
della traduzione parola per parola e senso per senso, letterale fedele e libera, e osserva che esistono
solo due percorsi disponibili per il ''vero'' traduttore. O il traduttore lascia il più possibile in pace lo
scrittore e gli muove incontro il lettore , o lascia il più possibile in pace il lettore e gli muove incontro
lo scrittore. Quella prediletta da Schleiermacher è la prima , ovvero muovere il lettore contro lo
scrittore. Ciò implica non scrivere come avrebbe fatto l'autore se avesse scritto in tedesco, ma
piuttosto dare al lettore, attraverso la traduzione, l'impressione che egli, come tedesco, riceverebbe
dalla lettura dell'opera in lingua originale. Il traduttore quindi deve adottare un metodo traduttivo
''alienante''. Tale approccio ha diverse conseguenze, tra le quali

1. se il traduttore cercare di comunicare la medesima impressione che lui stesso ha ricevuto dal
TP, questa impressione dipenderà anche dal livello di istruzione e di comprensione dei lettori
del TA , il quale sarà probabilmente diverso da quello del traduttore
1. potrebbe essere necessario un linguaggio specifico della traduzione , per esempio
compensando in un punto con una parola creativa dove altrove altrove il traduttore abbia
dovuto accontentarsi di un'espressione trita che non può trasmettere l'impressione dell'altro

La teoria della traduzione in Gran Bretagna nei secoli XIX e XX


In Gran Bretagna, il secolo XIX e l'inizio del XX secolo ebbero come fulcro lo status del TP e la forma
della TA. Tipica del secolo è la polemica fra Francis Newman e Matthew Arnold, riguardante la
traduzione di Omero. Newman sottolineava l'estraneità dell'opera attraverso una traduzione
arcaicizzante, che egli considerava rivolta al pubblico. Questo punto di vista fu avversato da Arnold, il
quale si fa autore di un metodo traduttivo trasparente. Arnold raccomanda al suo pubblico di
mettersi nelle mani degli studiosi, i quali sono gli unici ad essere qualificati per paragonare l'effetto
del TA a quello del TP. Bassnett affermò che un tale atteggiamento portò sia a una devalorizzazione
della traduzione( poiché il TA non poteva mai essere grande come il TP), sia a una marginalizzazione(
le traduzioni dovevano essere prodotte solo per una elite selezionata)

Verso una teoria della traduzione contemporanea


Steiner , nella sua prima storia della traduzione, propone un elenco degli autori che hanno detto
qualcosa di fondamentale sulla traduzione, affermando che ci si è soffermati a lungo su alternative
come spirito, lettera, parola e senso. Altri teorici moderni concordarono nell'affermare che il
principale problema di ciò che fu scritto sulla traduzione in questo periodo consiste nel fatto che i
criteri di giudizio erano vaghi e soggettivi, e che i giudizi stessi erano altamente normativi. Come
reazione a tanta vaghezza e a tali contraddizioni, nella seconda metà del XX secolo la teoria della
traduzione fece vari tentativi per ridefinire i concetti di ''letterale'' e ''libera'' in termini funzionali,
per descrivere il significato in termini scientifici e per creare tassonomie sistematiche dei fenomeni
traduttivi

Capitolo 3
Equivalenza ed effetto equivalente
Roman Jakobson : la natura del significato linguistico e dell'equivalenza
Dopo aver definito i tre tipi di traduzione, Jakobson procede ad analizzare le questioni chiave di
questo tipo di traduzione, particolarmente il signficato linguistico e l'equivalenza. Jakobson segue la
relazione determinata da Saussure tra il significante e significato, i quali insieme formano il segno
linguistico. Tuttavia, tale segno è arbitrario o immotivato. Jakobson sottolinea che è possibile capire
il significato di una parola anche se non abbiamo mai visto o avuto esperienza del concetto della
cosa nella vita reale, come per esempio i termini della mitologia che i lettori moderni hanno letto
anche se non hanno mai incontrato la sostanza nella vita reale. Jakobson procede a considerare il
problema dell’equivalenza di significato tra parole in lingue diverse. Egli sottolinea che non c’è un
equivalenza assoluta fra le unità codificate e offre un esempio di cheese che non è uguale al russo
syr, poiché con questi due termini si intendono due tipi di formaggio diversi. Nella descrizione di
Jakobson, la traduzione interlinguistica consiste nel sostituire in una lingua dei messaggi non ad
unità distinte ma interi messaggi dell’altra lingua. Perché il messaggio sia equivalente le unità di
codice dovranno essere diverse poiché esse appartengono a due sistemi di segni, i quali
suddividono la realtà in modo diverso. Jakobson afferma che “l’equivalenza nella differenza è il
problema centrale del linguaggio e l’oggetto fondamentale della linguistica”. Dunque, il problema di
significato e equivalenza si concentra sulle differenze nella struttura e nella terminologia delle
lingue, piuttosto che su qualunque incapacità di una lingua di rendere un messaggio. Secondo
Jakobson le differenze tra lingue si concentrano intorno alle forme grammaticali e lessicali
obbligatorie. Vi sono alcuni esempi di differenze, esse sono:
a livello di genere
a livello di morfologia
a livello di campi semantici.
Soltanto la poesia, nella quale la forma esprime il senso e nella quale la fonologia è sentita come
un’affinità semantica, è considerata da Jakobson come intraducibile e richiede una trasposizione
creatrice. Le questioni di significato, equivalenza e traducibilità diventano un tema costante degli
studi sulla traduzione degli anni ‘60 e furono affrontati da un nuovo approccio scientifico elaborato
dallo studioso americano Nida.
Nida e la ‘’scienza del tradurre’’
La teoria della traduzione di Nida si sviluppò a partire dal suo lavoro pratico di traduzione e
organizzazione della traduzione della Bibbia. La sua teoria prese forma concreta nelle opere
principali degli anni 60, Towards the science of Translating , e il volume a quattro mani The Theory
and Practice of Translation . Nida tenta di trasportare la traduzione un’epoca scientifica, tramite
l’inclusione di recenti teorie nel campo della linguistica. L’approccio di Nida prende in prestito
concetti e terminologia sia dalla semantica e dalla pragmatica sia dal lavoro di Chomsky sulla
struttura sintattica che fu la base della teoria della grammatica generativo-trasformazionale.

La natura del significato: sviluppi nella semantica e nella pragmatica


Nida descrive vari approcci “scientifici al significato”in relazione agli studi portati avanti dai teorici
della semantica e della pragmatica. Cruciale è l’allontanamento dall’idea superata una parola
ortografica abbia un significato fisso e un avvicinamento a una definizione funzionale di significato,
nella quale una parola acquisisce un significato attraverso il suo contesto. Il significato viene
scomposto in un significato linguistico, significato referenziale e significato emotivo. Una serie di
tecniche viengono presentate come sussidio al traduttore nel determinare il significato dei diversi
elementi linguistici. Le tecniche per determinare il significato referenziale ed emotivo sono
incentrate sull’analisi della struttura delle parole e sulla differenziazione di parole simili in
campi semantici affini. Tali tecniche comprendono la strutturazione gerarchica, la quale
differenzia serie di parole a seconda del loro livello, e le tecniche di analisi componenziale. Queste
ultime tendono ad individuare e discriminare caratteristiche specifiche una serie di parole affini.
Un’altra tecnica è quello dell’analisi della struttura semantica nella quale Nida separa visivamente i
diversi significati di spirit a seconda delle loro caratteristiche. L’idea centrale di questa analisi è
quella di stimolare il traduttore a prendere coscienza del fatto che il senso di un termine complesso
è variabile e condizionato dal suo contesto. Le associazioni legate alle parole sono il loro valore
connotativo e queste sono considerate come appartenenti al campo della pragmatica o della lingua
dell’uso. Nida sottolinea l’importanza del contesto per la comunicazione quando si ha a che fare con
significati metaforici e con modi di dire culturalmente complessi. In generale, le tecniche di analisi
della struttura semantica vengono proposte come mezzo per chiarire ambiguità, delucidare passaggi
oscuri e individuare differenze culturali. Possono servire anche come punto di paragone fra diverse
lingue e culture.

L’influenza di Chomsky
Il modello generativo-trasformazionale di Chomsky analizza le frasi in una serie di livelli collegati tra
loro e governati da regole. Le caratteristiche di questo modello sono:

(1)Le regole relative alla strattura generano una struttura profonda o sottostante che viene (2)
traformata dalle regole trasformazionali che collegano una struttura sottostante a un’altra per
produrre (3) una struttura superficiale finale che essa stessa soggetta alle regole fonologiche e
morfemiche.

Le relazioni strutturali descritte in questo modello sono considerate da Chomsky come una
caratteristica universale del linguaggio umano.Le più basilari di queste strutture sono le frasi
nucleari, che sono frasi semplici, attive e dichiarative che richiedono un livello minimo di
trasformazione. Nida incorpora alcune caratteristiche del modello di Chomsky nella sua ‘’scienza’’
della traduzione e in particolare nota che il modello fornisce al traduttore una tecnica per
decodificare il TP e una procedura per codificare il TA. Dunque la struttura superficiale del TP è
scomposta degli elementi base della struttura profonda, questi vengono trasferiti nel processo
traduttivo e poi ristrutturati semanticamente e stilisticamente la struttura superficiale del TA. La
descrizione del processo di Nida e Taber pone l’accento sui vantaggi scientifici e pratici di questo
metodo. “Kernel” è una parola chiave in questo modello. Proprio come le frasi nucleari erano le
strutture più basilari del modello di Chomsky iniziale, allo stesso modo secondo Nida e Taber, esse
rappresentano gli elementi strutturali di base a partire dai quali la lingua costruisce le sue elaborate
strutture superficiali. Le frasi nucleari si ottengono dalla struttura superficiale del TP attraverso un
processo riduttivo di trasforma zione a ritroso ,la quale prevede un’analisi che si serve di quattro tipi
di categorie funzionali:

azioni o eventi (verbi)


oggetti (sostantivi)
astratti (aggettivi)
relazionali (congiunzioni/preposizioni).

Nida afferma che tutte le lingue possiedono fra le 6 e le 12 strutture kernel di base. E’ al livello delle
frasi nucleari che il messaggio viene trasferito nella lingua ricevente prima di essere trasformato
nella struttura superficiale in tre fasi: ‘’literal transfer’’, ‘’minimal transfer’’, ‘’literary transfer’’

Equivalenza formale e dinamica e il principio dell’effetto equivalente


I termini riferiti alla traduzione letterale, libera e fedele sono stati scartati da Nida in favore di due
orientamenti di base o tipi di equivalenza: equivalenza formale ed equivalenza dinamica.
Equivalenza formale: focalizza l’attenzione sul messaggio stesso , sia nella forma che nel contenuto
La preoccupazione è che il messaggio della LA si avvicini il più possibile ai diversi elementi
della LP. L’equivalenza formale è orientata verso la struttura del TP, il quale è fortemente influente
nel determinare l’accuratezza e la correttezza. Tipiche equivalenze formali sono le ‘’traduzioni-
glossa’’ che forniscono un’approssimazione della struttura del TP.
Equivalenza dinamica: funzionale o dinamica, si basa su quello che Nida chiama il ‘’principio
dell’effetto equivalente”, secondo il quale la relazione fra riceventi e messaggio di arrivo deve essere
la stessa che esisteva fra riceventi e messaggio originali. Il messaggio deve essere adatto alle
necessità linguistiche e alle aspettative culturali del ricevente deve tendere alla totale naturalezza
dell’espressione. La naturalezza è lo scopo dell’equivalenza dinamica. Questo approccio orientato al
ricevente considera gli adattamenti di grammatica lessico e riferimenti culturali come essenziali allo
scopo di ottenere la naturalezza.
Secondo Nida il successo della traduzione dipende dal raggiungimento di una reazione equivalente
e pone quattro requisiti di base di una traduzione: deve avere senso, deve trasmettere lo spirito e la
maniera dell’originale, deve presentare una forma di espressione naturale scorrevole e delle
produrre una reazione simile all’originale. È interessante notare la somiglianza con i principi della
traduzione di Tytler alla fine del 17º secolo

L’importanza dell’opera di Nida


Il ruolo chiave ricoperto da Nida consiste nell’aver indicato la strada da seguire per un
allontanamento dalla rigida equivalenza parola per parola. Il suo apporto è stato fondamentale per
l’introduzione nella teoria della traduzione di un orientamento verso il ricevente. Tuttavia i concetti
da lui elaborati sono stati criticati per una serie di ragioni ed è interessante notare che il dibattito
continuò su importanti riviste di traduzioni fino agli anni 90. La critica al carattere soggettivo del
lavoro di Nida, solleva la questione relativa alla possibilità che la sua teoria della traduzione non sia
effettivamente scientifica. Mentre le tecniche di analisi del significato e della trasformazione delle
frasi nucleari in strutture superficiali, sono applicate in modo sistematico, rimane discutibile il fatto
che un traduttore segua nella pratica tali procedure. Tuttavia, la descrizione dettagliata che Nida
offre di reali situazioni e fenomeni produttivi è una risposta importante alla larghezza delle
pubblicazioni sulla traduzione che l’hanno preceduta. Uno dei critici più feroci di Nida, Edwin
Gentzler, partendo da una prospettiva decostruzionista, scredita il lavoro di Nida per il suo punto di
vista teologico e proselitista. Secondo Gentzler, l’equivalenza dinamica serve a convertire i riceventi
al discorso e alle idee dominanti del cristianesimo protestante. Anche altri gruppi religiosi lo hanno
criticato in quanto ritengono che i cambiamenti necessari a raggiungere l’equivalenza dinamica
rasentino il sacrilegio. Tuttavia, con il suo lavoro sul campo negli anni 60, il suo affrontare
quotidianamente problemi produttivi reali e pratici, e il suo tentativo di formare traduttori in grado
di lavorare in culture molto diverse, Nida ottiene ciò che pochi dei suoi predecessori avevano
tentato: apportò un notevole contributo alla creazione di una procedura analitica sistematica per i
traduttori che lavorano con tutte le tipologie testuali, e introdusse nel quadro traduttivo i riceventi
del TA e le loro aspettative culturali. L’approccio linguistico sistematico di Nida ha esercitato una
notevole influenza, nonostante le critiche, sono numerosi e importanti gli studiosi di traduzione
come Newmark e Koller

Newmark: traduzione semantica e comunicativa


Newmark prende le mosse dalla linea di Nida orientata verso il ricevente, ritenendo che il successo
dell’effetto equivalente è illusorio e che il conflitto fra le varie scuole e il divario fra LP e LA resterà
sempre il problema dominante nella teoria e pratica della traduzione. Newmark suggerisce di
restringere il divario sostituendo i termini precedenti parlando invece di traduzione “semantica” e
“comunicativa”. La descrizione di traduzione comunicativa ricorda l’equivalenza dinamica di Nida nel
fatto che cerca di creare sul lettore del TA, mentre la traduzione semantica presenta somiglianze con
l’equivalenza formale di Nida. Tuttavia, Newmark prende le distanze dal principio dell’effetto
equivalente poiché l’effetto è assente se il testo non rientra nello spazio e nel tempo della LA.
Inoltre, Newmark osserva che la traduzione semantica differisce da quella letterale del fatto che
essa rispetta il contesto, interpreta e addirittura spiega. Al contrario, la traduzione letterale è la
versione estrema dell’idea della resa parola per parola e rimane molto vicina al lessico e dalla
sintassi del TP

Differenze tra traduzione semantica e comunicativa Newmark

Parametro Traduzione semantica Traduzione comunicativa


Focus sul trasmittente/ Focus sui processi mentali del Soggettiva, incentrata sul lettore
destinatario trasmittente in quanto individuo del TA, orientata verso una lingua e
una cultura specifica
Cultura Resta all’interno della cultura della Trasferisce elementi stranieri nella
LP cultura della LA
Tempo e origine Non è fissa in alcun tempo/ spazio Effimero e radicato nel suo
e deve essere rifatta per ogni contesto coevo
generazione
Rapporto con il TP Sempre inferiore al TP, con perdite Può essere ‘migliore’ del TP, con
di significato aggiunta di forza e chiarezza
nonostante la perdita di contenuto
semantico
Uso della forma della LP Lealtà all’autore del TP (variazioni Rispetto per la forma della LP ma la
nella norma del TP riprodotte nel ‘lealtà’ alle norme della LA ha
TA) precedenza
Forma della LA Più complessa, goffa, dettagliata; Più semplice, scorrevole, chiara;
tendenza ad ipertradurre tendenza a ipotradurre
Appropriatezza Per la letteratura seria, Per la grande maggioranza dei testi
autobiografie, dichiarazioni non letterari, tecnico e informativo,
politiche, pubblicità,
Criterio di valutazione Accuratezza nella riproduzione del
significato del TP
Koller:Korrespondenz e Äquivalenz
Gli studi di Nida risultarono determinanti in Germania, dove il termine comune che indica gli studi
sulla traduzione è Übersetzungwissenschaft. Tra gli studiosi più eminenti negli anni 70 e 80 ci sono
Wilss, Otto Kade e Neubert. Sull’equivalenza svolse ricerche importanti anche Koller, il quale
esamina il concetto di “equivalenza” e il termine ad essa connesso “corrispondenza”. La
corrispondenza ricade nel campo della linguistica contrastiva, la quale paragona due sistemi
linguistici e descrive le differenze e le somiglianze in termini contrastivi. I suoi parametri sono quelli
della langue di Saussure e gli esempi forniti da Koller sono quelli dell’individuazione dei falsi amici e
dei segnali di interferenza lessicale, morfologica e sintattica. L’equivalenza si riferisce in termini
equivalenti all’interno di specifiche coppie e contesti fra TP e TA. Il parametro è quello della parole
di Saussure. È importante notare che con sottolinea che mentre la corrispondenza è indicativo della
competenza della lingua straniera, sono la conoscenza e l’abilità nel equivalenza ad essere indicative
della competenza in traduzione.
Koller distingue: relativa
 Denotativa
anche cinque tipi di equivalenza:
all’equivalenza del contenuto extralinguistico di un testo. Koller la chiamano
Equivalenza denotativa: è relativa all’equivalenza del contenuto extralinguistico di un testo. Altri
teorici , la chiamano ‘’invariabilità di contenuto’’
Equivalenza connotativa: si riferisce alle scelte lessicali. Koller osserva che questo tipo di equivalenza
viene chiamata anche ‘’equivalenza stilistica’’
Equivalenza testo- normativa : è relativa alle tipologie testuali , per cui i diversi tipi di testo si
comportano in modi differenti.
Equivalenza pragmatica o equivalenza comunicativa: è orientata verso il ricevente del messaggio o
testo. Corrisponde all’equivalenza dinamica di Nida
Equivalenza formale : si riferisce alla forma e all’estetica del testo, comprende giochi di parole o
caratteristiche stilistiche individuali del TP. Questa virnr anche chiamata equivalenza espressiva

Koller procede poi con l’individuazione di diversi tipi di equivalenza in base ai punti centrali della
loro ricerca e sottolinea successivamente come ciò possa essere d’aiuto al traduttore e quale sia il
ruolo della teoria della traduzione. Il punto cruciale è di nuovo la necessità che le equivalenze siano
gerarchicamente ordinate a seconda della situazione comunicativa, ma la questione è ancora
aperta. Koller propone un elenco dell’analisi testuale traduttivamente rilevante secondo le seguenti
voci: funzione linguistica,caratteristiche del contenuto, caratteristiche linguistico-stilistiche,
caratteristiche statico-formali, caratteristiche pragmatiche

Capitolo 4
Lo studio del prodotto e del processo traduttivo

Il modello di Vinay e Derbelnet


Vinay e Dalbernet eseguirono un’analisi stilistica comparativa di francese e inglese, prendendo in
esame testi in entrambe le lingue, osservando le differenze e individuando le diverse strategie e
procedure traduttive. L’influenza del loro saggio è stata molto ampia: ha formato la base per un
volume sulla traduzione francese-tedesco e due volumi sulla traduzione inglese-spagnolo.
Le due strategie traduttive generali individuate da Vinay e Dalbernet sono la traduzione diretta e la
traduzione obliqua, che rievocano la divisione tra traduzione letterale e libera. Le due strategie
comprendono sette procedure

Della traduzione diretta fanno parte:


Prestito: trasferimento della forma dalla LP alla LA (perestroika, jeans, etc.)
Calco: trasferimento letterale di una forma del TP nel TA
Traduzione letterale: si tratta di una traduzione parola per parola, i quali studiosi descrivono come la
più comune fra lingue della stessa famiglia,e la prescrivono come buona traduzione. Tuttavia Vinay e
Darbelnet , affermano che il traduttore può giudicare ‘’inaccetabile’’ la traduzione letterale se : da
un significato diverso, non ha significato , è impossibile per ragioni strutturali

Della traduzione obliqua fanno parte:


Trasposizione: sostituzione (obbligatoria o opzionale) di una parte del discorso con un’altra parte,
senza che il senso venga alterato
Modulazione: operazione che cambia il punto di vista della LP e l’aspetto semantico. Può essere
obbligatoria o opzionale. La modulazione è un’operazione giustificata , qualora, benchè letterale,
una traduzione risulti in un enunciato grammaticalmente corretto che è tuttavia considerato
inadatto nella LA. Vinay e Dalbernet danno molta importanza alla modulazione in quanto pietra di
paragone di un buon traduttore, mentre la trasposizione mostra semplicemente una padronanza
molto buona della lingua di arrivo
Equivalenza: per quei casi in cui le lingue descrivono la stessa situazione con mezzi stilistici e/o
strutturali diversi (es. idiomatismi, proverbi, etc.)
Adattamento: implica un cambiamento nei riferimenti culturali, laddove questi non avrebbero senso
nella LA

Le sette categorie traduttive operano su tre livelli: lessico, strutture sintattiche, messaggio.
Il termine “messaggio” è utilizzato per indicare l’enunciato e la sua situazione o contesto
metalinguistico. Vengono introdotti due ulteriori termini che guardano oltre il livello lessicale:
l’ordine delle parole struttura tematica e connettori. Questo livello di analisi preannuncia in parte il
più elevato livello di analisi basata sul testo e sul discorso. Un ulteriore importante parametro preso
in considerazione da Vinay e Dalbernet è quello relativo alla “servitù” e “opzione”: la servitù, si
riferisce alle trasposizioni e modulazioni obbligatorie dovute a una differenza fra due sistemi linguistici
,
l’opzione, si riferisce ai cambiamenti non obbligatori che sono dovuti allo stile e alle preferenze
individuali del traduttore
Questa è una differenza fondamentale. Vinay e Dalbernet sottolineano che è l’opzione a dover
rappresentare la principale preoccupazione del traduttore. Il ruolo del traduttore è dunque quello di
fare una scelta fra le opzioni disponibili per esprimere le sfumature del messaggio. Gli autori
proseguono fornendo l’elenco di cinque passi che il traduttore può seguire nel passaggio da TP a TA:
individuare le unità traduttive, analizzare il testo nella LP, ricostruire contesto metalinguistico del
messaggio, valutare gli effetti stilistici, produrre e revisionare il TA. I primi quattro passaggi vengono
seguiti anche da Vinay e Dalbernet nella loro analisi di traduzioni pubblicate. Per quanto riguarda la
questione fondamentale dell’unità traduttiva” gli autori rifiutano la parola singola e considerano
l’unità traduttiva come l’insieme di un’unità lessicologica e unità di pensiero e la definiscono come
segmento più piccolo dell’enunciato i cui segni sono collegati in modo tale da non dover essere
tradotti singolarmente. Per facilitare l’analisi nei casi di traduzione obliqua, Vinay e Dalbernet
suggeriscono di numerare le unità traduttive sia nel TP sia nel TA. Le unità che hanno lo stesso
numero in ogni testo possono poi essere paragonate per vedere quale procedura traduttiva sia
stata applicata.
Catford e gli spostamenti traduttivi
Benchè Vinay e Darbelnet non usino la parola spostamento (shift) nella descrizione dello
spostamento traduttivo , è in realtà a questo che si riferiscono. Catford segue il modello linguistico
di Firth e Halliday, che analizza linguaggio in quanto comunicazione e che opera funzionalmente nel
contesto, e su una serie di livelli diversi e gradi. Per ciò che riguarda la traduzione Catford fa
un’importante distinzione fra la corrispondenza formale e l’equivalenza testuale. Per corrispondenza
formale, si intende qualunque categoria della LA che si può dire occupare, lo stesso posto nella
‘’economia’’ della LA di quello occupato nella LP da una data categoria della LP. Per equivalenza
testuale, con cui si intende qualunque testo o porzione di testo nella LA che appare come
l’equivalente di un dato testo o porzione di testo nella LP. L’equivalenza testuale è collegata a una
particolare coppia TP-TA, mentre l’equivalenza formale è un concetto più generale basato sul
sistema e che interessa una coppia di lingue. Secondo Catford, quando questi due concetti collidono
si verifica uno slittamento traduttivo che sono, pertanto, “allontanamenti dalla corrispondenza
formale nel passaggio tra LP e LA” Catford nota due tipi di spostamenti : spostamento di livello e
spostamento di categorie. Uno spostamento di livello è un fenomeno espresso da elementi diversi in
lingue diverse, come grammatica e lessico, es.: condizionale francese reso con voce lessicale in
inglese. Uno spostamento di categorie è diviso in quattro tipi di spostamento : strutturali, di classe ,
unità , e intra-sistemici.
Spostamenti strutturali: è la forma di spostamento più comuni, che implica per lo più uno
spostamento nella struttura grammaticale. Ad esempio le strutture pronome soggetto+verbo+
compl.oggetto dell’inglese, tradotte con una struttura pronome indiretto+verbo+soggetto in
spagnolo e italiano
Spostamenti di classe: si tratta di spostamenti da una parte del discorso a un’altra. Un esempio
fornito da Cadford è il paragone fra l’inglese a medical student e il francese un ètudient en medicine,
dove l’oggetto premodificatore in inglese medical viene tradotto con l’espressione avverbiale
qualificativa en medicine.
Spostamenti di unità: si tratta di spostamenti nei quali l’equivalente traduttivo nella La si trova a un
grado diverso rispetto alla LP. ‘’ il grado’’ si riferisce qui alle unità linguistiche gerarchiche di frase,
gruppo, parola.
Spostamenti intra-sistemici: si tratat di spostamenti che hanno luogo quando i sistemi di LP e LA
sono approssivimativamente corrispondenti ma in cui ‘’la traduzione implica la selezione di un
termine non corrispondente nel sistema TA’’ Ad esempio il termine in inglese advice ( singolare)
diventa des conseils ( plurale) in francese.

Il volume di Catford rappresenta un importante tentativo verso l’applicazione sistematica alla


traduzione dei progressi nel campo della linguistica. Tuttavia, la sua analisi degli spostamenti intra-
sistemici tradisce alcune delle debolezze del suo approccio, in quanto ci sono degli aspetti che si
fondano sulla probabilità, ma anche per le sue radici della linguistica contrastiva. La principale critica
al volume di Catford,è che i suoi esempi sono quasi tutti idealizzati, ovvero inventati e non tratti da
traduzioni reali e decontestualizzati. L’autore non prende in considerazione testi interi, né si sposta
al di là del livello della frase. Di particolare interesse è l’affermazione di Catford il quale afferma che
l’equivalenza traduttiva dipenda da caratteristiche comunicative,quali funzione, pertinenza,
situazione futura piuttosto che soltanto da criteri linguistici formali, tuttavia, come nota Catford
stesso, decidere che cosa sia funzionalmente rilevante in una determinata situazione è
inevitabilmente una questione di punti di vista

Il contributo della Scuola Ceca sugli spostamenti traduttivi.


Altri contributi sul tema degli spostamenti traduttivi furono forniti dalla Scuola Ceca negli anni ’60-
70, introducendo un aspetto letterario , ovvero quello della funzione espressiva, o stile di un testo.
L’innovativa opera di Jiri levy’ sulla traduzione letteraria, si inserisce nella tradizione della linguistica
strutturale. Levy’ si occupa della struttura superficiale del TP e TA, dedicando particolare attenzione
alla traduzione poetica. Egli vede la traduzione letteraria come uno sforzo sia riproduttivo , sia
creativo,con lo scopo di raggiungere un effetto estetico equivalente. Anche Levy’ offre una
descrizione delle caratteristiche dei testi nei quali potrebbe rendersi necessario raggiungere
l’equivalenza. Tale caratteristiche sono: significato denotativo, connotazione, arrangiamento stilistico,
sintassi, ripetizione di suono, lunghezza vocalica e articolazione. La loro importanza varia in bse al
testo. Per tale motivo, lunghezza vocalice e articolazione non devono variare nel doppiaggio, mentre
il significato denotativo è centrale nei testi tecnici non deve variare. Levy’ vede il lavoro traduttivo
nel mondo reale come ‘’pragmatico’’. L’approccio pragmatico è la traduzione come processo
decisionale, come un gioco dettato da specifiche istruzioni. Levy’ afferma che il traduttore decide
una delle soluzioni possibili che permette il massimo dell’effetto con il minimo sforzo, questo viene
anche chiamato strategia minimax.
František Miko si concentra sugli “spostamenti di espressione” o di stile, sostenendo che il
mantenimento del carattere espressivo o stile del TP sia lo scopo principale del traduttore. Miko
sufferisce un’analisi dello stile secondo categorie quali: operatività, iconicità,soggettività,
affettazione,prominenza,e contrasto. Anton Popovič collega il concetto di shift alla tensione
dialettica sulla traduzione letterale/libera e vede lo spostamento come risultato dell’impegno
consapevole del traduttore che mira all’adeguatezza della traduzione. Questa adeguatezza di
traduzione è definita come sinonimo sia di fedeltà all’originale, sia come equivalenza funzionale di
elementi sia nell’originale sia nella traduzione, che mirano a un’identità espressiva con una parte
invariabile di significato identico.
Il gruppo ceco: dall’eredità del formalismo russo alle radici dei Translation Studies
Le radici della prima fase dei Translation Studies si trovano nel formalismo russo e riflettono implicitamente
alcuni dei suoi presupposti (focus sulla letterarietà). Hanno il merito, però, di contribuire alla rivalutazione
postmoderna del linguaggio grazie ad una visione altamente dinamica e produttiva del linguaggio. Con il
contributo di tre studiosi cechi – Jiří Levý, František Miko e Anton Popovič – si mostra il momento di
transizione dal formalismo russo al paradigma che sarà poi adottato dai Translation Studies e dal gruppo di
studiosi olandesi. L’eredità del formalismo russo nei Translation Studies si manifesta nel gruppo ceco
attraverso:
l’analisi di testi reali, per una ricerca delle caratteristiche capaci di rendere un testo un’opera letteraria;
l’attenzione alla diacronia e al rapporto tra i testi e le diverse tradizioni letterarie; -
l’apertura a nuove problematiche e ad un approccio critico ed evolutivo alla disciplina

Il gruppo cecoslovacco
Anton Popovič: prosegue quanto portato avanti dal gruppo ceco con il lavoro comparativo per ottenere un -
confronto delle analogie e delle differenze tra originale e opera tradotta, con cui giunge al concetto di shift
(cambiamento, trasposizione) ammesso non come problema ma come parte inevitabile del processo
traduttivo. Popovic afferma che ogni metodo di traduzione è determinato dalla presenza o assenza di
trasposizioni ai vari livelli della traduzione, ovvero tutto quello che sembra nuovo rispetto all’originale o
non compare dove ce lo si sarebbe aspettato, può essere interpretato come un cambiamento. Di norma in
una traduzione possiamo dunque aspettarci dei cambiamenti perché la questione dell’identità e della
differenza rispetto all’originale non può mai essere risolta senza lasciare qualche residuo; l’identità infatti,
non può essere l’unico aspetto che caratterizza il rapporto. In un simile approccio, l’equivalenze e le
differenze diventano importanti alla stessa maniera e si ammette una “tensione dialettica lungo l’asse
fedeltà/libertà”.Invece di criticare l’assenza di identità tra originale e testo tradotto, Popovič cerca di
motivare questa impossibilità andando ad analizzare il residuo ,emerge così il ruolo della traduzione come
mediazione.

Il processo cognitivo della traduzione


L’analisi degli spostamenti traduttivi è mirata alla descrizione del fenomeno della traduzione per
mezzo di un esame e di una classificazione dei cambiamenti che si possono osservare paragonando
coppie di TP e TA. Si tratta di un mezzo per descrivere ciò che costituisce il prodotto della
traduzione, ma esistono limiti in merito a ciò che essa può dirci sull’effettivo processo traduttivo.
Tuttavia, altri modelli scelgono approccio diverso, basato sull’osservazione, l’analisi e la spiegazione
dei processi cognitivi di traduttori stessi. Pertanto, la teoria del senso della traduzione, portata
avanti da Seleskovitch e Lederer e applicata allo studio dell’interpretazione di conferenza,
spiega la traduzione come un processo in tre fasi che comprende:
Lettura e comprensione: tramite l’utilizzo della competenza linguistica e della conoscenza del mondo
per cogliere il senso del TP. La componente linguistica deve essere compreso in riferimento al
significato esplicito e implicito, nel tentativo di recuperare l’intenzione autoriale. Secondo Lederer la
conoscenza del mondo che possediamo è deverbalizzata, teorica, generale, enciclopedica e
culturale ed è attivata in modo diverso in diversi traduttori da diversi testi
Deverbalizzazione: è una fase intermedia essenziale a far si che il traduttore eviti la
transcodificazione e i calchi, ed è sviluppata per spiegare i processi traduttivi dell’interprete.

Ri-espressione: è la fase in cui si costituisce e si dà forma al TA sulla base della comprensione


deverbalizzata del senso

Una quarta fase, è la verifica, nella quale , il traduttore ritorna sul TAeffettuandone una valutazione

Questo modello può sembrare abbastanza simile al modello di Nida di analisi, trasferimento e
ristrutturazione.Ma piuttosto che porre l’accento su una rappresentazione strutturale della
semantica, la teoria del senso mette in risalto il verificarsi dell’elaborazione cognitiva deverbalizzata.
Tuttavia la deverbalizzazione, caposaldo della storia del senso, è in effetti sviluppata teoricamente al
di sotto delle sue potenzialità a causa dei problemi insiti nell’osservazione del processo. Se la
deverbalizzazione avviene in uno stato non verbale nella mente, come può il ricercatore ottenervi
accesso, se non attraverso la forma ricostituita dell’output verbalizzato a seguito della fase di ri-
espressione? Dal punto di vista della teoria della pertinenza, Ernst-August Gutt postula
la traduzione come esempio di comunicazione basata su un modello causa-effetto di inferenza e
interpretazione; ogni comunicazione successiva è presentata come dipendente dalla capacità del
comunicatore di garantire che il suo intento informativo venga colto dal ricevente. Questo obiettivo
si raggiunge facendo sì che lo stimolo sia ottimamente pertinente fino al punto che il ricevente può
aspettarsi di ricavare effetti contestuali adeguati, senza impiegare uno sforzo inutile. I traduttori, da
parte loro, devono far fronte a una situazione simile e hanno diverse responsabilità: devono
decidere se e come sia possibile comunicare l’intento informativo, se tradurre descrittivamente o
interpretativamente, quale debba essere il livello di somiglianza con il TP. Tali decisioni
sono basate sulla valutazione da parte del traduttore dell’ambiente cognitivo del ricevente.
Per la buona riuscita della comunicazione, il traduttore e il ricevente devono condividere dei
presupposti di base relativi, alla somiglianza che viene ricercata e le intenzioni del traduttore devono
combaciare con le aspettative del ricevente. Gutt rifiuta i modelli produttivi come quello dell’analisi
del registro e quello degli studi descrittivi. Egli afferma che la traduzione come comunicazione può
essere spiegata utilizzando soltanto concetti teorici di pertinenza ,e afferma che non è necessario
sviluppare una teoria della traduzione separata, con concetti e impianto teorico propri.Nella
progettazione del proprio modello del processo traduttivo, Roger Bell attinge a concetti linguistici
quali l’analisi della struttura semantica, a categorie dell’analisi del discorso quali la
transitività/modalità/coesione e all’elaborazione psicolinguistica. Egli postula un processo che
comprende analisi e sintesi, ciascuna delle quali avviene in tre aree ( sintassi, semantica e
pragmatica) . Questo modello è destinato a rimanere ipotetico, poiché Bell non lo corrobora con
prove empiriche e i testi esplicativi sono decontestualizzati. Altri teorici hanno cercato di ottenere
dati sperimentali mirati alla spiegazione dei processi decisionali in traduzione adottando metodi
quali i “think aloud protocols”, nel quale al traduttore viene chiesto di verbalizzare i propri processi
mentali

Capitolo 5
Teorie funzionali della traduzione
Tipologia testuale
La ricerca di Katharina Reiss negli anni 60 parte dal concetto di equivalenza e prende in
considerazione il testo ,come livello sul quale viene raggiunta la comunicazione e sul quale si deve
ricercare l’equivalenza. Il suo approccio funzionale mira una sistematizzazione della valutazione
delle traduzioni, e mette in relazione le tre funzioni con le loro corrispondenti dimensioni
linguistiche e con le tipologie testuali o le situazioni comunicative nelle quali vengono utilizzate.
Reiss riassume le caratteristiche di ciascuna tipologia in :
- Semplice comunicazione di fatti: informazioni, conoscenza, opinioni. La dimensione
linguistica utilizzata per trasmettere le informazioni è del tipo logico o referenziale, il
contenuto o argomento è il fulcro principale della comunicazione, e la tipologia testuale è
informativa
- Composizione creativa: l’autore utilizza la dimensione estetica del linguaggio. L’autore o
mittente, viene portato in primo piano, così come la forma del messaggio, e la tipologia
testuale è espressiva
- Produrre reazioni comportamentali: lo scopo della funzione appellativa è quella di
convincere o persuadere il lettore o ricevente del testo, ad agire in una certa maniera. La
forma del linguaggio è dialogica, il fulcro è appellativo , Reiss chiama questa tipologia
testuale , operativa
- Testi automediali: quali film e spot pubblicitari visivi e parlati , che integrano le altre tre
funzioni con immagini, musica. Si tratta della quarta tipologia di Reiss che viene
rappresentata nella Tabella.

Tipoligia testuale Informativa Espressiva Operativa


Funzione linguistica Informativa( Espressiva ( esprime Appellativa ( tenta di
rappresenta oggetti e l’atteggiamento del attrarre il ricevete del
fatti) mittente) testo)
Dimensione linguistica Logica Estetica Dialogica

Fulcro del testo Incentrato sul Incentrato sulla forma Incentrato sulla
contenuto funzione appellativa
Il TA deve Trasmettere il Trasmettere la forma Ottenere la reazione
contenuto referenziale estetica desiderata
Metodo traduttivo Posa semplice, Metodo identificativo, Adattiva, effetto
esplicitazione se adottare la prospettiva equivalente
richiesta dell’autore del TP

Alcuni esempi di varietà testuali o generi associati a ciascuna delle tre tipologie testuali vengono
rappresentati da Chesterman. Seguendo questo schema,il lavoro documentario è la varietà testuale
che rappresenta la tipologia più pienamente informativa, la poesia è una tipologia altamente
espressiva, l’annuncio pubblicitario è la tipologia più operativa. Tra questi poli si posiziona una serie
di tipologie ibride: una biografia potrebbe stare fra la tipologia informativa ed espressiva, un
sermone fra la informativa e l’operativa. Nonostante l’esistenza di tali tipologie ibride, Reiss afferma
che la trasmissione della funzione predominante del TP , è il fattore determinante secondo il quale il
TA viene giudicato e suggerisce dei metodi traduttive specifici a seconda della tipologia testuale, Tali
metodi sono:
- Il TA di un testo informativo deve tramettere il contenuto referenziale o concettuale del
TP. La traduzione deve essere in prosa semplice , senza ridondanze.
- Il TA di un testo espressivo deve trasmettere la forma estetica e artistica del TP. La
traduzione deve utilizzare il metodo identificativo, nel quale il traduttore adotta il
punto di vista dell’autore del TP.
- Il TA di un testo operativo deve produrre del ricevente del TA la reazione desiderata.
La traduzione deve impiegare il metodo adattivo , tramite il quale si crea tra i lettori
del TA un effetto equivalente.
- I testi audiomediali richiedono ciñ che Reiss chiama metodo integrativo, che ovvero
integra le parole con immagini e musica

Reiss elenca inoltre una serie di direttive intralinguistiche e extralinguistiche secondo le quali
si può valutare l’adeguatezza di un TA. Si tratta di :
- Criteri intralinguistici: caratteristiche semantiche, lessicali, grammaticali e stilistiche
- Criteri extralinguistici: situazione, tempo, argomento, luogo, ricevente, mittente e
implicazioni affettive ( umorismo ironia emozioni)

Benché i criteri siano interconnessi tra loro, la loro importanza varia a seconda della tipologia
testuale. Per esempio un testo incentrato sul contenuto ha come scopo la conservazione
dell’equivalenza semantica. In modo analogo Reiss sostiene che per esempio,la metafora debba
essere mantenuta in un testo espressivo piuttosto che informativo, nel quale sarà sufficiente una
traduzione semplice. Ci sono poi delle occasioni nelle quali la funzione del TA è differente da quella
del TP, come per esempio un testo concepito come satira della società del TP, ma letto a scopo di
intrattenimento nel TA. Oppure, un TA può avere delle funzioni comunicative diverse rispetto al TP,
come per esempio un testo di una campagna elettorale di un paese.

Discussioni dell’approccio basato sulla tipologia testuale


Il contributo di Reiss è importante perché vostra teoria della traduzione al di là delle considerazioni
relative ai livelli linguistici inferiori, unicamente delle parole sulla pagina, addirittura al di là
dell’effetto che creano. Tuttavia, questo metodo è avuto delle critiche. La prima si riferisce
all’esistenza solo di tre funzioni linguistiche, la quale è collegata alla traduzione funzionalista di
Reiss, Christiane Nord, aggiunge la funzione fàtica ripresa da Jakobson, che si riferisce al tipo di
linguaggio che stabilisce o mantiene un contatto fra le parti coinvolte nel processo comunicativo. La
seconda critica è relativa al modo in cui i metodi proposti da Reiss debbano essere applicati nel caso
di un testo specifico. Persino il metodo logico della prosa semplice per un testo informativo può
essere messo in discussione. Contributi recenti, si sono spostati dalla metafora linguistica a quella
concettuale, che rappresenta e organizza le percezioni della realtà. La traduzione dei testi
commerciali verso l’inglese richiede più della semplice attenzione nei confronti del valore
informativo del TP. La biografia potrebbe avere anche una funzione appellativa, in quanto tenta di
persuadere il lettore ad adottare un determinato punto di vista nei confronti dell’argomento
trattato, un annuncio pubblicitario, benchè solitamente appellativo, può avere anche una funzione
artistico-espressiva. Inoltre, nella scelta del metodo traduttivo da utilizzare entrano in gioco molti
altri fattori oltre alla tipologia testuale; infine, anche il ruolo e lo scopo del traduttore stesso
incidono sulla strategia traduttiva adottata.

L’approccio integrato di Mary Snell Hornby


Nel suo volume del 1988 Translation Studies: An Integrated Approach, Snell-Hornby passa in
rassegna una vasta gamma di diversi concetti linguistici e letterari, cercando di inserirli in un
approccio traduttivo integrato di ampia portata. Prende in prestito l’idea di prototipi per la
categorizzazione delle tipologie testuali. A seconda della tipologia presa in considerazione, integra le
aree di studio relative alla storia culturale, studi letterari e per la traduzione legale, economica,
medica e scientifica. Snell-Hornby spiega che lo schema deve essere letto come un continuum senza
demarcazioni nette. Questo viene integrato da un modello stratificato che procede dal più generale
(A) al particolare (F). Nel livello generale (A) Snell- Hornby intende integrare la traduzione letteraria,
generalista e specializzata in un unico continuum piuttosto che isolarle in base a singole aree
traduce dire convenzionali. Il livello B indica tipologie testuali produttivi che di base, il livello C
mostra le discipline non linguistiche legate alla traduzione (compresa la conoscenza
dell’ambiente socioculturale), il livello D si occupa del processo traduttivo (incluse comprensione del
TP, enfasi sul TA e funzione comunicativa di TA). Il livello E copre aree della linguistica pertinente alla
traduzione, il livello F tratta gli aspetti fonologici della traduzione per la scena del doppiaggio. Si
tratta di un tentativo di riunire diverse aree della traduzione e di gettare un ponte fra la traduzione
commerciale e quella artistica descritte da Schleiermacher nel 1813. Eppure ci si deve interrogare
sull’effettiva fattibilità di simile tentativo di incorporare tutte le tipologie traduttive in una struttura
analitica così dettagliata e di vasta portata; è inevitabile trovare delle incongruenze. Anche se alcune
divisioni sono discutibili, l’eliminazione di rigide divisioni tra diverse tipologie di linguaggio deve
essere accolta a braccia aperte. Non esiste la necessità che gli studi sulla traduzione si concentrino
esclusivamente sulla traduzione letteraria o su quella tecnica. Tuttavia si potrebbe sostenere che
non c’è motivo per supporre che prendere in considerazione tutti tipi di linguaggio produca
necessariamente risultati più utili per l’analisi delle traduzioni o per la formazione del
traduttore.

Azione traduttiva
Il modello dell’azione traduttiva riprende dei concetti dalla teoria della comunicazione e dalla teoria
dell’azione con lo scopo di fornire un modello e delle linee guida applicabili a una vasta gamma di
situazioni traduttive. L’azione traduttiva considera la traduzione come un’interazione umana mirata
allo scopo e al risultato, che si concentra sul processo della traduzione in quanto composti di
trasmissione del messaggio. La traduzione interlinguistica viene descritta come azione traduttiva da
un testo di partenza e come un processo comunicativo che implica una serie di ruoli e di
partecipanti: l’iniziatore (chi necessita della traduzione), il committente, il produttore del TP, il
produttore del TA (traduttore), l’utilizzatore del TA (per esempio del materiale per l’insegnamento), il
ricevente del TA (destinatario). Ognuno di questi partecipanti ha i suoi specifici scopi primari e
secondari, nel quale vengono analizzati i ruoli dei diversi partecipanti all’azione traduttiva. Nel
caso del traduttore gli scopi possibili sono il guadagno economico, l’adempimento del contratto
e l’elaborazione del messaggio del testo. Il traduttore potrebbe non essere esperto della tipologia
testuale né della materia specifica. L’azione traduttiva si concentra molto sulla produzione di un TA
che sia funzionalmente comunicativo per il ricevente. Ciò significa che la forma e il genere del TA
devono essere guidati da ciò che è funzionalmente adatto nella cultura di arrivo. Ciò che è
funzionalmente adatto deve essere determinato dal traduttore che all’esperto dell’azione traduttiva
e
il cui ruolo è quello di assicurarsi che la trasposizione interculturale avvenga in modo soddisfacente.
Nelle operazioni traduttive del testo, il TP viene analizzato unicamente per il suo profilo di
costruzione e funzione Le caratteristiche pertinenti sono descritte secondo la suddivisione
tradizionale tra contenuto (strutturato dalla “tettonica”, formato da informazioni fattuali e strategia
comunicativa complessiva) e forma (strutturata dalla “trama” suddivisa in terminologia e elementi
coesivi).
Le necessità del ricevente costituiscono i fattori determinanti per il TA; quindi per quanto riguarda la
terminologia, un termine tecnico in un manuale potrebbe richiedere chiarimenti dell’utilizzatore
non tecnico del TA e per mantenere la coesione lo stesso termine dovrà essere tradotto nello stesso
modo in tutto il testo.

Discussione del modello dll’azione traduttiva


Il modello dell’azione traduttiva pone la traduzione all’interno del contesto socioculturale dove
trova posto anche l’interazione fra il traduttore e l’istituzione iniziatrice. È gradita l’inclusione in
questo modello delle limitazioni imposte dalla traduzione commerciale reale poiché, si occupa
di alcune delle decisioni che i traduttori devono affrontare. Tuttavia il modello può essere
soggetto a critiche come quella relativa alla complessità del gergo, che non aiuta il singolo
traduttore nella spiegazione delle situazioni traduttive pratiche. Inoltre delude il mancato tentativo
di
prendere in considerazione nel dettaglio la differenza culturale o i tipici termini proposti dai modelli
a orientamento culturale. Anche Nord esprime disaccordo con l’indifferenza del modello
dell’azione traduttiva nei confronti del TP, sottolineando che se da una parte la funzionalità è il
criterio più importante della traduzione, dall’altra non permette al traduttore licenza assoluta. Deve
esserci un rapporto fra il TP e il TA e la natura di tale rapporto è più marcata del fine o skopos.

Skopostheorie
La parola skopos fu introdotto nella teoria della traduzione da Hans J. Vermeer degli anni 70 per
indicare il fine di una traduzione e dell’azione del traduttore. L’opera di maggior importanza sulla
Skopostheorie è Groundwork for a general theory of translation, volume scritto da Vermeer e Reiss.
Benché la Skopostheorie sia apparsa prima del modello dell’azione traduttiva di Holz-Mänttäri,
potrebbe essere vista come una parte della stessa teoria,perché si occupa di un’azione traduttiva
basata su un TP che deve essere negoziata ed eseguita e che ha un fine e un risultato. La
Skopostheorie si concentra soprattutto sul fine della traduzione, che determina i metodi e le
strategie traduttive da adottare. Il risultato è il TA, che Vermeer chiama translatum. Pertanto, nellla
Skopostheorie, sarà cruciale che il traduttore sia a conoscenza del motivo per cui un TP deve essere
tradotto e di quale sarà la funzione del TA. Reiss e Vermeer mirano a formulare una teoria della
traduzione generale per tutti i testi. La prima parte del loro volume espone una spiegazione
dettagliata della Skopostheorie di Vermeer mentre la seconda parte adatta il modello funzionale
delle tipologie testuali di Reiss alla teoria generale. Le regole basilari della teoria sono:
1. Il TA è determinato dal suo skopos
2. Un TA è un’offerta di informazioni in una cultura e lingua d’arrivo che riguarda un’offerta
di informazioni in una cultura e lingua di partenza (importante perché mette in relazione il
TP e il TA con la loro funzione nei loro rispettivi contesti linguistico-culturali)
3. Un TA non dare inizio a un’offerta di informazioni in maniera chiaramente reversibile
(indica che la funzione di un TA nella sua cultura d’arrivo non è necessariamente la stessa
che aveva nella cultura di partenza
4. Un TA deve essere coerente al suo interno
5. Un TA deve essere coerente con il TP
6. Le cinque regole menzionate sono applicate in ordine gerarchico e la regola dello skopos è
quella predominante

Le regole 4 e 5 si riferiscono alle norme generali dello skopos relative alle modalità di valutazione del
successo del trasferimento di azione e informazioni, ovvero la regola della coerenza e la regola della
fedeltà. La regola della coerenza afferma che il TA deve essere interpretabile come coerente con la
situazione del ricevente del TA. La regola della fedeltà afferma che deve esserci coerenza fra il TA e il
TP (informazioni sul TP ricevute dal traduttore, l'interpretazione che il traduttore offre di queste
informazioni e informazioni che vengono codificate per i riceventi del TA).L’ordine gerarchico delle
regole significa che la coerenza intertestuale è di minore importanza rispetto alla coerenza che a sua
volta è subordinata alla regola dello skopos. Tale minimizzazione dello status del TP ha creato
notevoli polemiche. Tuttavia, un vantaggio importante della Skopostheorie è che essa offre la
possibilità di tradurre lo stesso testo in modi diversi a seconda del fine del TA e della consegna che è
stata data al traduttore.Perché l’azione traduttiva si è appropriata al caso specifico, lo skopos deve
essere dichiarato esplicitamente o implicitamente dal committente. Vermeer afferma che l’incarico
deve comprendere un obiettivo e le condizioni secondo le quali tale obiettivo deve essere raggiunto.
La natura del TA è determinata in primo luogo dal suo skopos e dall’adeguatezza. In Reiss e Vermeer
l’adeguatezza descrive i rapporti esistenti

Discussioni della Skopostheorie


Nord e Schaffner prendono in esame alcune delle critiche rivolte da altri studiosi alla Skopostheorie
fra le quali:
Quella che si propone come una teoria generale è in realtà valida soltanto per i testi non letterari. I
testi letterari vengono considerati privi dello scopo specifico o molto più complessi stilisticamente.
L’approccio della tipologia testuale di Reiss la Skopostheorie di Vermeer prendono in
considerazione
fenomeni funzionali diversi e non possono essere accorpate.
La Skopostheorie non dedica sufficiente attenzione alla natura linguistica del TP né alla
riproduzione delle
micro caratteristiche nel TA.

Vermeer risponde alla prima osservazione sottolineando che obiettivi, fini, funzioni e le intenzioni
sono attribuiti alle azioni. Per quanto riguarda la seconda critica, Vermeer si chiede fino a che punto
la tipologia del TP determina il metodo traduttivo e qual è la logica alla base del collegamento fra la
tipologia del TP e lo skopos della traduzione. La terza critica e affrontata in modo particolare da un
altro teorico funzionalista, Nord con il suo modello di analisi testuale orientata alla traduzione. Altre
critiche riguardano il gergo utilizzato come per esempio traslatum che non offre un contributo allo
sviluppo della teoria della traduzione, nella quale esistono già termini utilizzabili, e che le questioni
differenze culturali devono giocare un ruolo fondamentale nella decisione relativa al modo in cui lo
skopos deve essere raggiunto

Analisi testuale orientata alla traduzione


Il volume di Nord presenta un modello funzionalista più dettagliato che incorpora elementi
dell’analisi testuale e che analizza l’organizzazione testuale a livello frastico o superiore. Nord opera
una distinzione fra due tipologie base di prodotto traduttivo, la traduzione documentale e la
traduzione strumentale:
La traduzione documentale serve come il documento di una comunicazione di una cultura di
partenza fra l’autore e il ricevente del TP. È il caso della traduzione letteraria, nella quale il TA
permette al ricevente di avere accesso alle idee del TP ma nella quale il lettore è consapevole del
fatto che si tratti una traduzione. Altri esempi sono la traduzione parola per parola e letterale e la
traduzione esotizzante.
La traduzione strumentale serve come strumento indipendente di trasmissione di un messaggio di
una nuova azione comunicativa della cultura di arrivo ed è pensata per soddisfare il proprio scopo
comunicativo senza che il ricevente sia consapevole di leggere o ascoltare un testo che è stato
precedentemente usato in una differente situazione comunicativa e la funzione può essere la stessa
sia per il TP sia per il TA. Un esempio può essere un manuale o qualcosa che serve a istruire il
ricevente del TA nello stesso modo in cui il TP istruisce il suo ricevente.

In realtà Nord si propone principalmente di fornire un modello di analisi del TP che sia applicabile a
tutte le tipologie testuali e le situazioni traduttive. Il modello si basa su un concetto funzionale e
permette la comprensione della funzione delle caratteristiche del TP e la scelta di strategie
traduttive appropriate per il fine ultimo della traduzione. Il modello condivide molte premesse del
lavoro di Reiss e Vermeer ma dedica più attenzione alle caratteristiche del TP, prevede l’analisi di
una serie complessa di fattori extratestuali e di caratteristiche intratestuali del TP interconnessi tra
loro. In un altro suo libro Nord aveva proposto una versione più flessibile in questo modello,
sintetizzando molti degli elementi descritti evidenziando tre aspetti dell’approccio funzionalista che
sono utili nella formazione del traduttore:
L’importanza dell’incarico traduttivo : deve fornire per entrambi i testi le seguenti informazioni:
funzioni testuali desiderate, destinatari, momento il luogo della ricezione del testo, mezzo di
comunicazione, il perché il testo è stato scritto e perché deve essere tradotto
l ruolo dell’analisi del TP : una volta paragonati profili TP e TA si può analizzare il TP per decidere le
priorità funzionali della strategia traduttiva. I fattori intratestuali per l’analisi del TP sono
l’argomento, contenuto, presupposizioni sul testo di partenza, composizione (micro e macro
struttura), elementi non verbali, lessico, la struttura della frase, caratteristiche soprasegmentali.
La gerarchia funzionale dei problemi tradotti : si deve decidere la funzione desiderata della
traduzione, si devono determinare quegli elementi funzionali che dovranno essere adattati alla
situazione dei riceventi del TA, la tipologia traduttiva determina lo stile traduttivo (source o target
oriented), si possono dunque affrontare i problemi del testo a un livello linguistico inferiore.

Sotto molti aspetti questo approccio sintetizzato riunisce i punti di forza delle varie teoria
funzionalista e dell’azione:
l’analisi della commissione della traduzione porta avanti il contributo di Holz-Mänttäri,
le funzioni testuali desiderate proseguono concetto di skopos di Reiss e Vermeer senza mettere lo
skopos sopra a tutto,
l’analisi del TP dedica alla dovuta attenzione alla funzione comunicativa e alle caratteristiche del
genere e della tipologia e del linguaggio del TP ma senza la rigidità di altre tassonomie.

Capitolo 6
Il modello hallidayiano di linguaggio e discorso
Il modello di analisi del discorso di Halliday si basa su quella che egli chiama grammatica sistemico-
funzionale, è concepito per lo studio del linguaggio come comunicazione, vede il significato delle
scelte linguistiche dell’autore e mette in relazione queste scelte con una struttura socioculturale più
ampia. Nel modello di Halliday esiste una forte interrelazione fra le realizzazioni superficiali delle
funzioni linguistiche e la struttura socioculturale. Il genere inteso come tipologia testuale
convenzionale associata a una funzione comunicativa specifica, è condizionato dall’ambiente
socioculturale e determina altri elementi all’interno della struttura sistemica. Il primo è il registro,
che include tre elementi variabili: campo (ciò di cui si scrive), tenore (chi sta comunicando e con chi),
modo (la forma della comunicazione).Ognuna delle variabili del registro è associata a un aspetto nel
significato. Questi aspetti, che insieme formano la semantica discorsiva di un testo, sono le tre
metafunzioni: ideativa, interpersonale e testuale. Le metafunzioni sono costruite o realizzate dalla
lessico-grammatica, ovvero le scelte di formulazione e struttura sintattica.
• Il campo di un testo è collegato al significato ideativo che è realizzato attraverso schemi di
transitività (tipologie verbali, strutture attive o passive ecc),
• il tenore di un testo è collegato al significato interpersonale che è realizzato attraverso schemi
di modalità (verbi e avverbi modali),
• il modo di un testo è collegato al significato testuale che viene realizzato attraverso le
strutture tematiche e informative (l’ordine degli elementi della proposizione) e la coesione è
il modo in cui il testo rimane lessicalmente coerente.

L’analisi delle metafunzioni occupa un posto di estrema rilevanza in questo modello. I collegamenti
fra gli schemi lessico-grammaticali delle metafunzioni significano che l’analisi degli schemi di
transitività, modalità, struttura tematica e coesione di un testo rivelano il modo in cui operano le
metafunzioni e in cui il testo crea significato. Tuttavia, la grammatica di Halliday è estremamente
complessa ed è questo il motivo per cui nel presente studio si è scelto di operare una selezione e di
semplificare quegli elementi che risultano di particolare rilevanza per la traduzione. Nel caso il
primo modello, quello di Juliane House, il concetto centrale è l’analisi del registro.
Il modello di House per la valutazione della qualità della traduzione
Benché esistano alcune somiglianze tra le categorie e l’analisi testuale del modello di House e il
modello hallidayano, il primo modello presenta degli sviluppi importanti. House rifiuta la nozione di
appropriatezza traduttiva più orientata verso pubblico di arrivo come errata e perciò basa proprio
modello su un’analisi comparativa TP-TA che porta a una collocazione della qualità della traduzione.
Il modello originario provocò critiche che vennero poi affrontate nella successiva edizione e alcune
di queste fanno eco a dibattiti come la natura, la complessità e la terminologia delle categorie
analitiche utilizzate e l’assenza nei studi di House dei testi poetici. Il modello di House integra alcune
delle sue prime categorie con un’analisi del registro di chiaro stampo hallidayano come campo,
tenore e modo. Il modello comprende un paragone del profilo testuale di TP e TA e trae spunto da
varie e complesse tassonomie, ma lo si può riassumere come l’analisi del registro sia del TP sia del
TA, secondo le loro realizzazioni attraverso mezzi lessicali, sintattici e testuali. Questi ultimi si
riferiscono a dinamiche tematiche ( struttura tematica e coesione), collegamento proporzionale
(addivo – and, in addition, avversivo – but, however) e collegamento iconico (parallelismo di
strutture).
Nel modello di House il registro comprende una grande varietà di elementi. Il campo si riferisce
all’argomento e all’azione sociale e comprenderà ciclicità degli elementi lessicali. Il tenore include la
provenienza temporale, geografica e sociale del mittente e la sua posizione intellettuale, emotiva o
affettiva. Esiste in questo un elemento di individualità così come succede per la posizione. Infine, il
modo si rapporta al canale e a livello di partecipazione fra mittente e destinatario.

Il modello funziona così


1 Viene prodotto un profilo del registro del TP
2 A questo viene aggiunta una descrizione del genere del TP realizzato dal registro
3 Insieme questi due punti permettono di effettuare un’affermazione della funzione per il TP, che
comprende la componente ideativa interpersonale di quella funzione
4 Lo stesso processo descrittivo viene effettuato per il TA
5 Il profilo del TA viene paragonato a quello del TP e viene prodotto un bilancio di discrepanze o
errori, categorizzato a seconda del genere e delle dimensioni situazionali di registro e genere
6 Viene poi effettuato un bilancio di qualità della traduzione
7 Infine si può categorizzare la traduzione come appartenente a uno dei seguenti tipi: traduzione
palese o nascosta.

Una traduzione palese è un TA che non si propone come un originale; è questo il caso della
traduzione il quale discorso è legato a una particolare cultura di partenza, momento e contesto
storico, e della traduzione di opere letterarie, che sono legate alla loro cultura di partenza. House
ritiene che con tali traduzioni l’equivalenza debba essere ricercata a livello di lingua, testo, registro,
genere. È per questo motivo che House suggerisce che si debba ricercare una equivalenza
funzionale di secondo livello. Una traduzione nascosta è una traduzione che nella cultura di arrivo
detiene lo status di un testo di partenza originale. Il TP non è particolarmente collegato alla cultura o
al pubblico di partenza,sia il TP sia il TA si rivolgono direttamente ai propri rispettivi riceventi. La
funzione della traduzione nascosta è quella di ricreare, riprodurre, e può rappresentare nel testo
tradotto la funzione dell’originale nella sua cornice linguistico- culturale e del suo universo di
discorso. Questo obiettivo viene raggiunto senza portare il lettore del TA all’interno dell’universo di
discorso del TP; ne consegue che l’equivalenza è necessario al livello del genere e della singola
funzione testuale, ma il traduttore deve applicare quello che House chiama il “filtro culturale”,
modificando elementi culturali e dando quindi l’impressione che il TA sia l’originale. House sostiene
che la distinzione tra traduzione palese e nascosta costituisce un continuum piuttosto che una
coppia gli opposti. Inoltre, lo scopo deve essere quello di produrre una versione nascosta piuttosto
che una traduzione nascosta. Versione è anche il termine usato per descrivere modifiche nel genere
all’appartenenza non forzate.

L’analisi di Baker a livello testuale pragmatico:un libro di testo per traduttori


Dopo House, l’altra teorica che ha avuto una notevole influenza sulla formazione dei traduttori è
Mona Baker. Baker si occupa dell’equivalenza a una serie di livelli: della parola, sovralessicale,
grammaticale, tematico, strutturale, coesivo e pragmatico. Di particolare interesse è la sua
applicazione dell’approccio sistemico alla struttura tematica e alla coesione, e l’integrazione del
livello pragmatico

Strutture tematiche e informatiche


L’approccio di Baker è tipico di molti studiosi di traduzione che fanno un uso dettagliato della
terminologia della grammatica funzionale e dell’analisi del discorso, poiché dedica la maggior parte
della sua attenzione alla funzione testuale. Baker si concentra maggiormente su considerazioni di
tipo tematico, paragonando la nominalizzazione e le forme verbali in posizione tematica in una
relazione scientifica in portoghese brasiliano e inglese. Baker propone una struttura tematica
diversa allo scopo di rispettare le convenzioni di genere degli abstract in lingua inglese. Ciò implica
l’uso della forma nominalizzata analysis, che viene mantenuta in posizione tematica e l’aggiunta di
una forma verbale passiva differente. Il problema inerente a questo tipo di studio risiede nel fatto
che la struttura tematica è messa diversamente in lingue diverse. Baker offre una serie di esempi da
lingue quali il portoghese, lo spagnolo e l’arabo. Si tratta di lingue con coniugazione verbale nelle
quali spesso il verbo è collocato in prima posizione, o posizione “tematica”. La
conseguente omissione del pronome soggetto crea inevitabilmente un diverso schema tematico.
Baker delinea anche il modello di struttura tematica chiamato prospettiva funzionale di frase il quale,
nel suo prendere in considerazione sia il dinamismo comunicativo sia l’ordine delle parole, molta
più adatto alle lingue con un frequente ordine verbo-soggetto. Ciò nonostante, Baker conclude
affermando che un importante vantaggio dell’approccio sistemico-funzionale sta nel fatto che è
molto più immediato della sua attuazione: il tema è in prima posizione, sempre.
Il punto più importante per l’analisi tematica del TP è che il traduttore deve essere consapevole
della relativa pacatezza delle strutture tematica informativa. Baker sottolinea che ciò può essere
d’aiuto nell’aumentare la nostra consapevolezza delle scelte significative fatte da coloro che parlano
e scrivono nel corso della comunicazione e può aiutare a decidere se sia appropriato tradurre,
utilizzando una forma marcata. Ciò che è mancato varia da lingua a lingua.
Il fatto che la funzione testuale sia stata trattata con più frequenza in opere sulla teoria della
traduzione è forse dovuto all’attenzione dedicata a questa funzione da parte di importanti opere
monolingui nella linguistica testuale

Coesione
Blum-Kulka, nello studio Shifts of cohesion and coherence in translation, ipotizza che la maggiore
esplicitazione dei legami di coesione possa essere una strategia generale adottata dai traduttori e
mostra come i cambiamenti relativi alla coesione possano causare spostamenti funzionali nei testi.
Anche la coesione, l’altro elemento della metafunzione testuale, è stata oggetto di diversi studi. Uno
studio ipotizza che una maggiore esplicitazione dei legami di coesione possa essere una strategia
generale adottata da tutti traduttori. I cambiamenti relativi alla coesione in traduzione possono
causare spostamenti funzionali nei testi. Come nel caso della struttura tematica, sono sotto molti
aspetti la densità e la progressione dei legami di coesione in un testo a essere importanti. È possibile
che questa rete di rapporti debba essere diversa fra TP e TA, poiché le reti di coesione lessicale non
saranno identiche in tutte le lingue. Baker propone l’idea, supportata da brevi brani e dalle loro
traduzioni, che il portoghese preferisca la ripetizione lessicale all’utilizzo di pronomi e che l’arabo
preferisca la ripetizione lessicale alla variazione. Anche il TA deve essere coerente, ovvero essere
coeso logicamente nella mente del suo ricevente. Questo aspetto a che fare con la pragmatica,
argomento dell’ultimo capitolo del volume di Baker
Pragmatica e traduzione
Baker prende in considerazione vari aspetti dell’equivalenza pragmatica in traduzione e applica
concetti linguistici pertinenti alla trasposizione interlinguistica. Baker definisce la pragmatica “lo
studio dell’uso della lingua, è lo studio del significato in quanto trasmesso e manipolato dai
partecipanti a una situazione comunicativa”.
I tre concetti pragmatici principali sono coerenza, presupposizione e implicatura.
La coerenza di un testo è collegata alla coesione, “dipende dalle aspettative e dall’esperienza del
mondo di colui che ascolta” che, naturalmente, possono essere divergenti per lettori di TP e TA. La
presupposizione, è collegata alla coerenza, viene definita da Baker come “interferenza pragmatica”
perché collegata alle conoscenze linguistiche ed extralinguistiche necessarie per recuperare il
messaggio del mittente e che il ricevente si presume possieda. Mona Baker dedica particolare
attenzione al concetto di implicatura, un’altra forma di interferenza pragmatica che la studiosa definisce
come “ciò che viene inteso o implicato dal parlante piuttosto che ciò che viene detto” Il concetto fu
sviluppato da Paul Grice, il quale descrisse una serie di regole o massime, che si trovano all’opera in una
normale conversazione cooperativa. Sono le massime di:
 Quantità: fornisce la qualità di informazioni necessaria, non fornirne troppe o troppo poche
 Qualità : Di solito ciò che sai essere vero o ciò che sei in grado di sostenere
 Pertinenza : Ciò che dici deve essere pertinente alla conversazione
 Modo: Di ciò che devi dire in un modo che sia appropriato al messaggio che intendi trasmettere e
che sia comprensibile al ricevente.

Alcuni teorici aggiungono la massima della cortesia. I partecipanti alla conversazione presumono che la
persona con la quale parlano stia seguendo queste regole e che stiano cooperando cercando di
trarre significato da ciò che viene detto. A sua volta, anche l’altra persona tende a cooperare in ciò
che dice e nel modo in cui lo dice. Chiaramente, anche i contesti linguistico-culturali sono di cruciale
importanza nel limitare la gamma di implicature. Le regole possono anche essere deliberatamente
ignorate per ottenere un effetto umoristico. Particolari problemi sorgono per il traduttore
quando il TA opera secondo regole diverse, come nel caso dell’umorismo. I traduttori
devono essere pienamente consapevoli dei diversi principi di cooperazione in atto nelle rispettive
lingue e culture

Hatim e Mason. Il livello semiotico di contesto e discorso


Altri due contributi sviluppatisi a partire dal modello hallidayano della linguaggio hanno esercitato
una particolare influenza sugli studi sulla traduzione negli anni 90: Basil Hatim e Ian Mason.
Entrambi gli autori dedicano particolare attenzione alla realizzazione in traduzione delle funzioni
ideativa e interpersonale integrando nel proprio modello un livello semiotico del discorso. Un
esempio dell’analisi delle funzioni di Hatim e Mason è il loro esame di un brano chiave tratto dal
romanzo spostamento della funzione ideativa del testo. La conclusione di Hatim e Mason è che lo
schema ricorrente degli spostamenti nel TA ha cambiato il modo di agire del personaggio, benché gli
autori osservino anche che la ragione alla base di tali spostamenti possa essere l’interpretazione del
romanzo di generale da parte del traduttore. Hatim e Mason prendono in considerazione gli
spostamenti di modalità (funzione interpersonale) con un esempio relativo alla difficoltà incontrata
da interpreti in formazione nella riconoscimento e nella traduzione di un condizionale francese che
esprime dubbio o accusa nel corso di un dibattito al Parlamento Europeo. Le basi di un modello per
l’analisi testuale di Hatim e Mason integrano e si spingono oltre all’analisi del registro di House e
l’analisi pragmatica di Baker. I due autori uniscono il tipo di analisi bottom-up discussa nell’esempio
tratto da Camus ad una considerazione del livello semiotico del testo di tipo top-down. La lingua e il
testo vengono considerati come realizzazioni di messaggi socioculturali ed i rapporti di potere. Essi
rappresentano il discorso nel suo senso più ampio, definito come “modalità di oralità e scrittura che
prevedono che i gruppi sociali adottino un particolare atteggiamento nei confronti di alcune aree
dell’attività socioculturali”. Anche idioletto e dialetto svolgono una funzione semiotica. Il ricorrere
sistematico di una caratteristica volutamente funzionale del linguaggio di certi personaggi viene
descritta come un oggetto degno dell’attenzione del traduttore. È improbabile che le peculiarità e le
connotazioni del dialetto possano essere replicate facilmente in qualsiasi cultura di arrivo. Inoltre, si
potrebbero interporre le convenzioni del genere letterario. Benché Hatim e Mason propongano
delle basi per un modello di analisi del testo, si occupano di un vasto numero di concetti. Non è
chiaro se il loro approccio costituisca un modello che possa essere applicato nel senso tradizionale
del termine. In alternativa, le proposte degli autori possono essere interpretate come un elenco di
elementi da prendere in considerazione nell’analisi della traduzione. In particolare, si concentrano
sull’individuazione di elementi dinamici e stabili, che vengono presentati come un continuum e
collegati alla strategia traduttiva. I testi di partenza più stabili potrebbero richiedere un approccio
piuttosto letterale mentre nel caso di testi di partenza più dinamici il traduttore deve affrontare
sfide più interessanti e quella della traduzione letterale potrebbe non essere più un’opzione fattibile

Critiche agli approcci alla traduzione basati sull’analisi del discorso e del registro
I modelli di analisi del discorso sono diventati estremamente diffusi fra numerosi teorici della
traduzione che adottano un approccio linguistico e rappresentano un modo utile di affrontare la
struttura linguistica e il significato di un testo. Tuttavia, è famosa la critica mossa da Stanley Fish al
modello hallidayano, colpevole di essere troppo complicato nella sua categorizzazione della
grammatica e di presentare una corrispondenza univoca apparentemente inflessibile fra struttura e
significato. Alcune applicazioni alla letteratura hanno pertanto adottato un approccio più flessibile,
ovvero che giudica quegli elementi che sembrano dei maggiore utilità e integra allo stesso tempo
anche alcuni punti della critica letteraria. Per quanto riguarda House ci si chiede se sia possibile
recuperare l’intenzione autoriale e la funzione del TP tramite l’analisi del registro. Anche se fosse
possibile, il modello di House si basa sulla scoperta di discrepanze fra TP e TA, le quali possono
indicare errori di traduzione di essere causate da altre strategie traduttive come esplicitazione o
compensazione. Molti degli esempi riportati vengono dall’inglese, ma ciò causa problemi nell’analisi
di altre lingue europee con una struttura più flessibile e questo problema diventa più serio se si
tenta di imporre una simile analisi contrastiva del discorso su lingue non europee.
Le differenze linguistiche non sono ovviamente indicative di differenze culturali e Venuti è uno dei
critici che sostengono che gli approcci basati sulla linguistica proiettino un modello conservatore di
traduzione che limiterebbe il ruolo del traduttore nell’innovazione e nel cambiamento culturale.
Venuti cita poi le regole di Grice e le critica per il modo in cui sostengono una strategia traduttiva
fluida e addomesticante e Baker stessa è consapevole della parzialità culturale delle regole.
Sono Hatim e Mason a compiere un maggiore sforzo verso l’integrazione di una nozione hallidayana
all’interno della propria analisi della non è. I loro risultati sono illuminanti ma il loro fulcro rimane
incentrato sulla linguistica

Capitolo 7
La teoria dei polisistemi
La teoria dei polisistemi fu sviluppata negli anni Settanta dallo studioso israeliano Itamar Even-Zohar
prendendo in prestito idee dai formalisti russi degli anni Venti, i quali avevano lavorato sulla
storiografia letteraria. La letteratura è parte della struttura sociale, culturale e letteraria e il
concetto chiave è quello di sistema, nel quale si verifica una dinamica continua di mutamento e di
lotta per raggiungere la posizione principale all’interno del canone letterario. Even-Zohar sottolinea
che la letteratura tradotta opera come sistema:
1) Nel modo in cui la LA seleziona le opere da tradurre;
2) Nel modo in cui le norme, i comportamenti e le linee di condotta traduttive vengono influenzati
da altri co-sistemi
La letteratura viene concepita come polisistema, termine per riferirsi alla letteratura di una
determinata cultura / società come un insieme di sistemi letterari, o polisistema, che comprende sia
quelli che sono tradizionalmente considerati forme canonizzate (forme "alte" come la poesia
epica) e forme non canonizzate ( forme "basse" come la letteratura per bambini, thriller, narrativa
popolare, tutta la letteratura tradotta, ecc. Spesso gli scrittori di rilievo producono le traduzioni più
importanti e queste rappresentano un fattore di spicco nella formazione di nuovi modelli per la
cultura di arrivo, introducendo nuove poetiche, tecniche e così via. Even-Zohar fornisce 3 casi
principali nei quali la letteratura tradotta occupa la posizione primaria:
1) Quando una letteratura “giovane” è in fase di formazione e guarda inizialmente a letterature più
“vecchie” alla ricerca di modelli già pronti;
2) Quando una letteratura è “periferica” o “debole” e importa quei generi letterari di cui è carente;
3) Quando si verifica una svolta cruciale nella storia letteraria, nella quale i modelli consolidati non
sono più considerati sufficienti,
oppure quando esiste un vuoto nella letteratura del paese.

Se la letteratura tradotta assume una posizione secondaria , allora rappresenta un sistema periferico
all’interno del polisistema. Non esercita un’influenza rilevante sul sistema centrale e diventa persino
un elemento conservatore, che mantiene forme convenzionali e si conforma alle norme letterarie
del sistema di arrivo. Even-Zohar sottolinea che questa posizione secondaria è quella “normale” per
le letterature tradotte. Gentzer sottolinea come la teoria dei polisistemi rappresenti un importante
passo avanti per gli studi sulla traduzione. I vantaggi di questa teoria sono moltepli:
 La letteratura viene studiata di pari passo con le forze sociali, storiche e culturali
 Even- Zohar si allontana dallo studio isolato dei testi individuali e si muove verso lo studio
della traduzione all’interno dei sistemi culturali e letterari nel contesto in cui opera
 La definizione non prescritta di equivalenza e adeguatezza lascia spazio a una variazione che
dipende dalla situazione storica e culturale del testo.

Genztel delinea anche delle critiche alla teoria dei polisistemi tra le quali:
 La generalizzazione eccessiva verso ‘’leggi universali’’ della traduzione sulla base di dati
relativamente scarsi
 La dipendenza eccessiva del modello formalista, storicamente creatosi negli anni ’20 , che
stando al modello di Even-Zohar stesso relativo alle tendenze in evoluzione, potrebbe non
essere adeguato ai testi tradotti negli anni ‘60
 La tendenza a porre l’accento sul modello astratto invece che sulle limitazioni ‘’reali’’ poste
su testi e traduttori
 La questione riguardante la misura in cui il presunto modello scientifico sia veramente
oggettivo

Nonostante questo, la teroia dei polisistemi ha avuto una profonda influenza sugli studi sulla
traduzione, spingendo la disciplina verso un’osservazione meno prescrittiva della traduzione
all’interno dei suoi diversi contesti
Toury e gli studi descrittivi sulla traduzione
Ad affiancare Even-Zohar a Tel Aviv c’era Toury: dopo il suo primo contributo sui polisistemi relativo
alle condizioni socioculturali che determinano la traduzione della letteratura straniera in ebraico,
toury si concentrò sulla creazione di una teoria generale della traduzione. In Descriptive Translation
Studies – And Beyond esprime la necessità di sviluppare un ramo descrittivo e adeguatamente
sistematico della disciplina, che sostituisca gli studi isolati e fini a se stessi che erano diventati la
norma. Secondo Toury le traduzioni occupano prima di tutto una posizione nel sistema sociale e
letterario della cultura di arrivo. Egli riprende e amplia la teoria dei polisitemi, nella quale include
una descrizione del prodotto e il ruolo più ampio ricoperto dal sistema socio-culturale, proponendo
3 fasi:

 posizionare il testo all’interno del sistema della cultura di arrivo;


 paragonare il TP e il TA alla ricerca di spostamenti;
 tentare di arrivare a generalizzazioni, ricostruendo il processo traduttivo per questa coppia di
TA- TP

Un importante passo aggiuntivo è la possibilità di ripetere queste fasi per altre coppie di testi simili
allo scopo di ampliare il corpus e di mettere insieme un profilo descrittivo delle traduzioni a seconda
di genere, periodo, autore. In tal modo, Le norme relative a ogni tipo di traduzione possono essere
individuate con lo scopo ultimo di presentare leggi di comportamento per la traduzione in generale.
Il secondo passo della metodologia di Toury è una delle aree più controverse. Le decisioni relative
alla scelta dei segmenti TP-TA da analizzare e a quali siano i rapporti tra essi è un apparato che
secondo Toury deve essere fornito dalla teoria della traduzione. Tuttavia, lo studioso ammette
anche, che in pratica, nessuna traduzione è mai pienamente ‘’adeguata’’ per questa contraddizione,
e per il suo concetto di ipotetico elemento invariabile come universale. Nel suo libro del 1995, Toury
abbandona il concetto di invariabile. Ciò che rimane nel suo modello è una ‘’mappatura’’ del TA sul
TP , che ‘’produce una serie di coppie associate ‘’. Questo è un tipo di paragone che, come ammette
lo studioso è inevitabilmente ‘’parziale e indiretto’’

Il concetto di norme del comportamento traduttivo


Lo scopo di Toury è di mettere a fuoco le tendenze di comportamento traduttivo, di fare
generalizzazioni relative ai processi decisionali del traduttore e successivamente di “ricostruire” le
norme che sono state messe all’opera nella traduzione e formulare ipotesi che possano essere
verificate in studi descrittivi successivi. Queste norme sono limitazioni socioculturali specifiche di
una cultura, società e periodo. Si sostiene che un individuo le acquisisca attraverso il processo
generale di istruzione e socializzazione. Toury considera la traduzione come un’attività governata
da norme, e tali norme “determinano l’equivalenza manifestata nelle traduzioni effettive”
Nonostante Toury si concentri sull’analisi del prodotto traduttivo , sottolinea che è semplicemente
allo scopo di individuare i processi decisionali del traduttore. La sua ipotesi è che le norme che
hanno prevalso nella traduzione di un particolare testo possano essere ricostruite da due tipo di
fonti:
 Dall’analisi dei testi, i prodotti di un’attività governata da norme. Ciò indicherà inoltre i
processi adottati dal traduttore e, di conseguenza, le norme che sono entrate in azione.
 Dalle esplicite dichiarazioni relative alle norme fatte da traduzioni ,case editrici, recensori e
altri partecipanti all’atto traduttivo. Ma Toury avverte che tali dichiarazioni esplicite
potebbero essere incomplete o parziali in favore del ruolo ricoperto dai rispondenti nel
sistema socioculturale ed è quindi meglio evitarle.
Toury osserva diversi tipi di norme che operano in diverse fasi del processo traduttivo. La norma
iniziale di base si riferisce a una scelta generale fatta dai traduttori. I traduttori possono
sottomettersi alle norme realizzate nel TP o a quelle della cultura o lingua di arrivo. Se si sceglie il TP
allora il TA sarà adeguato , se invece prevalgono le norme della cultura di arrivo, allora il TA sarà
accettabile. I due poli di adeguatezza e accettabilità si trovano alle estremità di un continuum poiché
nesuna traduzione è mai completamente adeguata o accettabile. Altre norme, di livello inferiore,
descritte da Toury sono le norme preliminari e le norme operative. La politica traduttiva si riferisce a
fattori che determinano la selezione di testi per la traduzione in una lingua, cultura o periodo
specifici. L’immediatezza della traduzione si riferisce alla possibilità che la traduzione avvenga
attraverso una lingua tramite. Le norme operative descrivono la presentazione e la materia
linguistica del TA. Le norme di matrice riguardano la completezza del TA (omissione, ricollocazione,
aggiunta di brani e note a piè di pagina); le norme linguistico-testuali regolano la selezione del
materiale linguistico del TA , quali elementi lessicali, espressioni e caratteristiche stilistiche. Toury
introduce il termine di equivalenza traduttiva ma insiste nel sottolineare che si tratta di una nozione
diversa da quella tradizionale. Toury sottolinea che le norme sono un concetto gradato poiché non
ci si può più aspettare che il comportamento di un traduttore sia completamente sistematico.
Queste norme sono di diversa intensità e variano da un comportamento che è obbligatorio a
tendenze che sono comuni ma non obbligatorie a un comportamento che è tollerato.
Leggi della traduzione
Toury spera che l’individuazione complessiva di norme negli studi descrittivi permetta la
formulazione di ‘’leggi’’ probabilistiche della traduzione e, di conseguenza, di ‘’universali della
traduzione’’. Le leggi proposte da Toury sono:
 Legge della maggior standardizzazione che afferma che in traduzione, le relazioni testuali
che sono in vigore nell’originale sono spesso modificate, talvolta fino al punto di essere
ignorate, a favore di opzioni abituali offerte dal repertorio di arrivo. Si riferisce allo
sconvolgimento degli schemi ricorrenti del TP in traduzione e alla selezione di opzioni
linguistiche più comuni nella LA. Ciò si verifica se la traduzione assume una posizione debole
e periferica nel sistema della cultura di arrivo
 La legge dell’interferenza: vede l’interferenza dal TP al TA come una sorta di default.
L’interferenza si riferisce al fatto che le caratteristiche linguistiche del TP vengono copiati nel
TA negativamente oppure positivamente. Solitamente l’interferenza è tollerata
maggiormente se la lingua da cui si traduce è prestigiosa e quella in cui si traduce non lo è.

Il modello di Toury in azione


Toury nel 1995 presenta una serie di case studies in cui prende in esame delle “coppie congiunte” o
binomi (coppie di quasi sinonimi che appaiono assieme come unità singola, es.: law and order, able
and talented). Toury descrive l’importanza di queste espressioni nella letteratura ebraica (dalla
Bibbia in poi in ebraico antico, dalla fine del XVII sec. in poi nell’ebraico) e nelle traduzioni in ebraico
queste coppie appaiono molto più spesso che nei testi originali. A volte tali coppie fanno sì che il TA
sia del 30% più lungo del TP. Sulla base di questi dati Toury propone una possibile generalizzazione
da verificare anche in altri contesti linguistici e culturali, e cioè che l’uso di “coppie congiunte “possa
rappresentare un universale della traduzione verso sistemi che sono giovani o ‘deboli’”.
L’ooservazione della letteratura tradotta come parte di un sistema gerarchico illustra il modo in cui
gli studi descrittivi siano interconnessi con la teoria dei polisistemi.
Discussione del contributo di Toury
Metodo di Toury pone le fondamenta per le successive ricerche di tipo descrittivo. Nel 1993,
Gentzler sottolinea 4 aspetti dell’approccio di Toury che hanno avuto un impatto considerevole sugli
studi della traduzione:
 Abbandono nozioni univoche di corrispondenza e di equivalenza linguistica o letteraria
 Attenzione sul ruolo delle tendenze letterarie nel sistema della cultura di arrivo
 Destabilizzazione dell’idea di messaggio originale con identità fissa
 Integrazione sia del testo originale sia di quello tradotto nella rete semiotica di sistemi
culturali intersecati tra loro
La natura ad hoc della mappatura di TP-TA significa che il modello di Toury non è pienamente
obiettivo e replicabile. Altri elementi della metodologia di Toury vengono messi in discussione da
Hermans, ovvero, la sua ambivalenza rispetto al concetto di equivalenza , l’aleatorietà dei termini
adeguatezza e accettabilità perché usati spesso con connotazione valutativa (Hermans propone la dicitura TT-
oriented e ST-oriented). Inoltre mette in dubbio la posizione orientata al TA di Toury . Questa rischiava di
trascurare, alcuni dei complessi fattori ideologici e politici , quali lo status del TP all’interno della propria
cultura. I contributi successivi di Toury mostrarono in effetti una maggiore attenzione al rapporto tra i fattori
socioculturali e le scelte linguistiche e, benchè valga la pena notare che i teorici dei sistemi, in generale,
hanno limitato la loro analisi alla traduzione letteraria, il modello descrittivo si presta in realtà all'esame della
traduzione di testi non narrativi o tecnici. Le critiche espresse da Gentzler nei confronti dei primi contributi
sui polisistemi , sono state rivolte allo studioso , quali: esiste ancora una tendenza alla generalizzazione a
partire dai case study, poiché le leggi che Toury propone sono per alcuni aspetti riformulazioni di convinzioni
diffuse a proposito della traduzione. Le stesse due leggi di Toury sembrano essere in una certa misura
contradditoria o almeno sembrano tirare in direzioni opposte, come la legge della standardizzazione , la quale
desrive descrive norme orientate al TA , mentre la legge dell'interferenza , che è orientata al TP. Toury
risponde ad alcune di queste critiche sottolineando che le leggi sono spiegazioni probabilistiche a diversi
livelli della lingua. Difende il termine ''legge'' piuttosto che universali. Come sostiene Toury, non è possibile
concepire i concetti ''universali'' della traduzione , quali l'esplicitazione , come applicabile a ogni atto di
traduzione , nessuna caratteristica della traduzione è uniersale. Pym difende Toury e cerca di risolvere ogni
contraddizione insita in queste leggi,proponendo un possibile mezzo per unificare le due leggi sulla base del
concetto di rischio e ricompensa , ovvero, i traduttori tenderanno a evitare i rischi standardizzando la lingua e
convogliando l'interferenza , se e quando non esistono ricompense che li spingano a fare altrimenti.
Chesterman suggerisce che possano esistere diversi tipi di universali e propone una divisione in S-universals
(che derivano dal confronto tra TP e TA e comprendono le leggi di Toury) e T-universals (che nascono dal
confronto tra le traduzioni e testi nativi nella LA).

Le norme traduttive di Chesterman


Il concetto di norme di Toury si concentra principalmente sulla loro funzione di categoria descrittiva
per l'individuazione di schemi traduttivi. Chesterman afferma che tutte le norme esercitano una
pressione prescrittiva. Propone infatti un'altra serie di norme che coporno l'area delle norme iniziali
e operative di Toury. Si tratta di norme di prodotto o di aspettativa , e norme procedurali o
professionali.
Le norme di prodotto o aspettativa sono stabilite dalle aspettative dei lettori di una traduzione in
merito a come una traduzione dovrebbe essere. I fattori che governano queste norme
comprendono : la tradizione traduttiva dominante nella LA, le convenzioni discorsive del genere
analogo nella LA; le considerazioni di tipo ideologico ed economico. Chesterman fa delle
osservazioni in merito a queste norme ovvero
1. Le norme di aspettativa permettono giudizi valutativi sulle traduzioni poiché i lettori
possiedono un'idea di quella che è una traduzione ''appropriata'' o ''accettabile'' della
specifica varietà testuale ed esprimono approvazione per un traduttore che si adegui a tali
aspettative.
2. Le norme di aspettativa vengono talvolta avvalorate da un'autorità di norma di qualche tipo.

Le norme professionali regolano il processo traduttivo stesso. Sono subordinate e determinate dalle
norme di aspettativa. Chesterman propone tre tipi di norme professionali.
La norma di responsabilità sono delle norme etiche , che riguardano gli standard professionali di
integrità e accuratezza. Il traduttore accetterà la responsabilità del lavoro prodotto per il
committente e il lettore.

La norma di comunicazione è una norma sociale. Il traduttore, ovvero ‘l’esperto’’ di comunicazione,


lavora per garantire la massimo comunicazione fra le parti

La norma di relazione è una norma linguistica che concerne la relazione fra TP e TA. Chesterman
rifiuta gli stretti rapporti di equivalenza e vede il traduttore come giudice dell’appropriatezza della
relazione ‘’a seconda della tipologia testuale , dei desideri del committente, delle intenzioni dello
scrittore originale e delle presunte necessità dei potenziali lettori’’

Altri modelli di studi descrittivi sulla traduzione: Lambert e van Gorp e la Manipulation
School
A seguito dell’influenza di Even-Zohar e dei primi contributi di Toury alla teoria dei polisistemi , la
International Comparative Literature Association tenne diversi incontri e convegni sul tema della
letteratura tradotta. Di particolare spicco erano i centri in Belgio, Israele, e Olanda e i primi
convegni si tennero in Leuven , Tel Aviv e Anversa. La pubblicazione chiave prodotta da questo
gruppo di studiosi, noti come Manipulation School/ Group , fu la raccolta di saggi The Manipulation
of Literature: Studies in Literary Translation, curata da Theo Hermans. Nella sua introduzione ,
Translation studies and a new paradigm, Hermans riassume la concezione del gruppo sulla
letteratura tradotta. Si può notare un forte collegamento con la teoria dei polisistemi e gli studi
descrittivi . La Manipulation School continuò a muoversi sulla base della ‘’continua interazione fra i
modelli teorici e i case study pratici’’ Un punto chiave all’epoca era l’esata metodologia utilizzata
nei case study. Il saggio di Josè Lambert e Hendrik van Gorp , On describing translation , trae spunto
dalla ricerca precedente di Even-Zohar e Toury e propone uno schema simile per il paragone dei
sistemi letterari di TP e TA e per una descrizione di autore , testo e lettore. Lambert e von Gorp
dividono lo schema in quattro sezioni:

Dati preliminari , riguardano le informazioni su frontespizio , metatesti e la strategia generale.

Macro-livello, riguarda la suddivisione del testo, titoli e presentazione dei capitoli , la struttura
narrativa interna e ogni esplicito commento autoriale

Micro- livello ,è l’individuazione di spostamenti su diversi livelli linguistici , i quali comprendono il


livello lessicale, gli schemi grammaticali , narrazione , punto di vista e modalità

Contesto sistemico, paragone il micro-livello e il macro-livello, il testo e la teoria, e si individuano le


norme. Vengono anche descritti i rapporti intertestuali e quelli intersistemici

Capitolo 8
Svolte culturali e ideologiche

Traduzione come scrittura


Il contributo di André Lefevere agli studi sulla traduzione si sviluppò a partire dai suoi forti legami
con la teoria dei polisistemi e fu un punto di collegamento con la svolta culturale. Lefevere si
concentra sull’analisi di fattori estremamente concreti che governano sistematicamente la ricezione,
l’accettazione o il rifiuto dei testi letterari; ovvero questioni quali il potere, l’ideologia, le istituzioni e
la manipolazione. Le persone che prendono parte a tali posizioni di potere sono coloro che
riscrivono la letteratura e controllano il suo consumo da parta del pubblico generico. La motivazione
alla base di tale riscrittura può essere di tipo ideologico o poetologico.Lefevere sostiene che
traduzione, storiografia, antologizzazione, critica e revisione editoriale di testi letterari sono forme
di riscrittura tutte regolate dal medesimo processo. L’accorpamento di studi di scritti originali e di
traduzioni mostra che la traduzione viene incorporata nella critica letteraria generale. Lefevere
vede il sistema letterario nel quale la traduzione opera sotto il controllo di tre fattori principali :

1 Professionisti all’interno del sistema letterario: tra questi vi sono critici e i recensori, gl insegnanti e
i traduttori stessi, i quali prendono decisioni in merito alla poetica e tavolta all’ideologia del testo
tradotto

2 Patronato al di fuori del sistema letterario: si tratta dei ‘’centri di potere’’ in grado di favorire od
ostacolare la produzione, la diffusione la riscrittura di opera letterarie. I patroni possono essere:
un individuo influente e potente in un determinato periodo storico;
gruppi di persone;
istituzioni che controllano la distribuzione della letteratura e delle idee letterarie.

Lefevere individua 3 elementi costituenti di questo patronato:

La componente ideologica vincola la scelta della tematica e la forma della sua presentazione. È una
griglia di forme, convenzioni e credenze che determina le nostre azioni;

La componente economica che riguarda il pagamento di scrittori e riscrittori;

La componente sociale che ci si aspetta spesso che il beneficiario si conformi alle aspettative del
patrono.

Il patronato può essere indifferenziato se tutte e 3 le componenti vengono fornite dalla stessa
persona o gruppo come avverrebbe nel caso di un governo totalitario, gli sforzi del patrono sono
rivolti al mantenimento della stabilità del sistema; oppure può essere differenziato qualora le 3
componenti non siano dipendenti l’una dall’altra.

3 La poetica dominante in cui si individuano: i mezzi letterari (generi, simboli, personaggi, etc) e il
concetto del ruolo della letteratura (si tratta del rapporto della letteratura con il sistema sociale nel
quale essa esiste. Il conflitto tra le diverse forme letterarie è una caratteristica della teoria dei
polisistemi)

Poetica , ideologia e traduzione nel lavoro di Lefevere


Secondo Lefevere, la consiederazione più importante è quella di tipo ideoloico, che in questo caso si
riferisce all’ideologia del traduttore, oppure all’ideologia imposta sul traduttore del patronato. La
considerazione poetologica si riferisce alla poetica dominante nella cultura della LA. Egli afferma
che le trauduzione eufemistiche “riflettono in misura non trascurabile i valori ideologici di una
società in un determinato periodo storico” e sostiruiscono “a tutti gli effetti la commedia” per il
pubblico del TA che non può leggere il TP. Nella trattazione del Diario di Anna Frank, Lefevere nota
che nell’edizione olandere del 1947, la traduzione tedesca contiene sia errori di comprensione,
alterazioni dell’immagine dei tedeschi e della Germania sia alterazioni riguardo il trattamento degli
ebrei da parte dei tedeschi.

Traduzione e genere
Nel suo Gender in Translation:Cultural Identity and the Politicsof Transmission Sherry Simon critica
gli studi sulla traduzione per l’uso frequente del termine cultura “come se si riferisse ad una realtà
aproblematica”. Simon si avvicina alla traduzione da una prospettiiva di studi di genere. Negli studi
sulla traduzione vede un linguaggio sessita, con le sue immagini di dominio, lealtà, fedeltà e
tradimento (immagine maschile di traduzione come penetrazione). Tipica è l’immagine del XVII
secolo relativa a les belles infideles, le traduzioni verso il francese che erano artisticamente belle ma
infedeli. I teorici del femminismo osservano un parallelo fra lo status della traduzione (derivativa e
inferiore allo scritto originale) e quello delle donne (represse nella società e in letteratura). Si tratta
del fulcro della teoria femminista della traduzione, che cerca di individuare e analizzare criticamente
il groviglio di conetti che relega sia le donne sia la traduzione sul fondo della scala sociale e
letteraria. Simon si spinge oltre con il concetto di progetto di traduzione impegnato:
‘’Per la traduzione femminista, la fedeltà non deve esser rivolta né verso l'autore, né verso il lettore ma
verso il progetto di scrittura – un progetto nel quale partecipano sia chi scrive che chi traduce’’

La traduzione dei testi gay


La ricerca più recente sul tema di traduzione e genere ha favorito una sempre maggiore
problematizzazione della questione relativa a linguaggio e identità. Un esempio è costitutito dallo
studio di Keith Harvey in Translatin camp Talk, che integrava metodi linguistici per l’analisi della
letteratura a un’impostazione tipica degli studi culturali. Harvey prende spunto dalla teoria del
contatto della
pratica linguistica e della politeness per analizzare il discorso omosessuale in testi camp inglesi e
francesi e nelle loro traduzioni. Harvey utilizza la teoria del contatto per analizzare il modo in cui
“gay e lesbiche lavorano all’terno di discorsi convenienti, predominanti ed eterosessuali (e
omofobici)”, spesso appropriandosi degli schemi linguistici di una gamma di comunità diverse.
Harvey ricollega le caratteristiche linguistiche del camp all’identità culturale tramite la teoria queer.
Il camp non solo mette a nudo i valori e le idee ostili delle istituzioni eterosessuali ma, attraverso il
suo aspetto performativo, rende anche la comunità gay visibile nella manifestazione della sua
identità. Harvey sottolinea come nelle traduzioni verso il francese ci siano notevoli cambiamenti
lessicali e sintattici che mirano a rendere invisibile l’identità gay. Lo studioso mostra come
l’eliminazione dell’etichetta gay in francese (omessa quando non sostituita con un peggiorativo)
“rispecchi una riluttanza più generale presente in Francia a riconoscere l’utilità di categorie
identitarie come trampolino per un’azione politica [...] e una relativa assenza di teorizzazioni gay
(maschili) radicali nella Francia contemporanea.” (Harvey, 1998: 415-16) Al contrario, nella
traduzione dal francese verso l’americano di un romanzo di Tony Duvert, Harvey osserva
l’intensificazione degli aspetti legati alla sfera dell’omosessualità, attraverso scelte lessicali e altri
espedienti, probabilmente sulla base di una specifica pressione della casa editrice che era
sostenitrice della scrittura gay.

La teoria postcoloniale della traduzione


In Translation and Gender , Simon si concentra sull’importanza della svolta culturale in traduzione.
L’autrice insiste su come la traduzione femminista contemporanea abbia fatto del genere il sito di
un progetto trasformativo, che riarticola le condizioni dell’autorità testuale. In anni recenti, è stato il
postcolonialismo ad attrarre l’attenzione di numeri ricercatori degli studi sulla traduzione. Il
postcolonialismo è usato per affrontare lo studio della storia delle ex colonie , dei potenti imperi
europei , e in modo più ampio, dell’effetto della disparità dei rapporti di potere fra colonizzati e
colonizzatori. Simon mette in evidenza l’interesse di Spivak per le conseguenze ideologiche della
traduzione verso l’inglese della letteratura del “Terzo mondo”.Spivak sottolinea le tensioni he
intercorrono fra i diversi approcci, pronunciandosi contro le femmine occidentali che si aspettano
che quanto scritto dalle femministe al di fuori dell’Europa venga tradotto nella lingua del potere,
ovvero l’inglese. Una tale traduzione, secondo Spivak, viene spesso espressa in “traduttese’ , che
elimina l’identità di individuo e culture politicamente meno potenti. La critica di Spivak del
femminismo e dell’editoria occidentali risulta ancora più pungente quando l’autrice raccomanda
che le femministe provenienti da paesi egemonici dimostrino vera solidarietà nei confronti delle
donne provenienti da contesti postcoloniali imparando la lingua nella quale quelle donne parlano e
scrivono. La strategia traduttiva della stessa Spivak richiede da parte del traduttore un’intima
comprensione della lingua e della situazione dell’originale. Il contributo di Spivk è
sintomatico del modo in cui gli studi culturali, e soprattutto il postcolonialismo, si siano
concentrati nell’ultimo decennio su questioni relative alla traduzione, il transnazionale e la
colonizzazione. La messa in relazione di colonizzazione e traduzione è accompagnata dal
ragionamento secondo il quale la traduzione ha ricoperto un ruolo attivo nel processo di
colonizzazione e nella disseminazione di un’immagine ideologicamente motivata dei popoli
colonizzati. L’intersezione centrale degli studi sulla traduzione e della teoria postcoloniale risiede
nelle relazioni di potere. In Siting Translation: History, Post- structuralism , an the Colonial Context ,
Niranjana presenta un’immagine del postcoloniale come ancora attraversato da un colonialismo
assenteista. L’autrice vede la traduzione letteraria come uno dei discorsi che danno forza agli
apparati egemonici che appartengono alla struttura ideologica del governo coloniale. L’attenzione
di Niranjana si sposta su come la traduzione verso l’inglese sia stata generalmente usata dal potere
coloniale per costruire un’immagine riscritta dell’Est che è andata poi a sostituire la verità.Nello
specifico attacca il ruolo della traduzione all’interno della struttura di potere. Inoltre, l’autrice
prosegue in una critica della disciplina stessa degli studi sulla traduzione , colpevole di un
orientamento prevalentemente occidentale e di tre mancanze che ne derivano in modo diretto:
 Gli studi sulla traduzione hanno preso in esame soltanto molto di recente la questione del
diverso bilanciamento di potere da parte di lingue diverse;
 I concetti alla base di molta della teoria occidentale della traduzione occidentale sono
fallaci perché basati su una teoria del linguaggio problematica e ingenuamente figurativa;
autore, testo, significato, etc.)
 L’impresa umanistica della traduzione deve essere messa in discussione in quanto la
traduzione nel contesto coloniale costruisce un’immagine concettuale della dominazione
coloniale nel discorso della filosofia occidentale.

Per contrastare queste problematiche, Niranjana propone delle raccomandazioni concrete, relative
al ruolo del traduttore:
 In generale, il traduttore postcoloniale deve mettere in discussione ogni aspetto del
colonialismo e del nazionalismo liberale, non solo evitando rappresentazioni metafisiche
occidentali ma decostruendo e demolendo o mezzi con cui l’occidente reprime il non-
occidente e marginalizza la sua alterità.
 Nello specifico, il traduttore deve adottare un “approccio interventista” capace di rendere
libero il testo tradotto dall’asservimento alle culture egemoniche e alle loro categorizzazioni
concettuali.

I rapporti di potere asimmetrci in un contesto postcoloniale formano il filo conduttore dello studio
di Bassnett e Trivedi che analizzano il svilupparsi di questi rapporti di potere nella lotta impari
delle varie lingue locali contro l’unica lingua-padrone del nostro mondo postcoloniale, l’inglese. La
traduzione è pertanto vista come il campo di battaglia e l’esemplificazione del contesto
postcoloniale; esiste uno stretto collegamento fra traslazionale e transnazionale, dove quest’ultimo
termine si riferisce sia ai postcoloniali che vivono tra nazioni come emigrati, sia in modo più ampio,
allo sconvolgimento di luogo che descrive la situazione di coloro che rimangono nel melting pot del
proprio sito nativo Cruciali sono i concetti interconnessi di interstizialità, terzo spazio, ibridità e
differenza culturale. Secondo Bhabha, il discorso del potere coloniale è sofisticato e camuffato, ma
la sua autorità può essere sovvertita attraverso la produzione di un’ambivalente ibridità culturale
che permette uno spazio di enunciazione nel quale il discorso dei colonizzati possa porvisi in
relazione e quindi metterlo a repentaglio

Il contesto irlandese
Le pubblicazioni postcoloniali sulla traduzione non sono limitate a contesti non europei. La
traduzione della letteratura è il campo di Michael Cronin e Maria Tymoczko. Cronin contesta
Niranjana e altri autori in materia di traduzione e postcolonialismo relativamente alla loro
semplicistica contrapposizione Europa/Nuovo Mondo e al loro mancato riferimento al colonialismo
interno, dentro gli stesi confini dell’europa. Si concentra sul ruolo della traduzione nel conflitto
linguistico e politico tra le lingue irlandese ed inglese, utilizzando il modo in cui i traduttori irlandesi
nel corso della storia hanno presentato e discusso il proprio lavoro in prefazioni, commenti e altri
scritti. Cronin usa la metafora della traduzione per descrivere l’assoggettamento dell’Irlanda da
parte degli inglesi, a partire dall’Act for English Order del 1537 con cui si costringeva gli irlandesi a
parlare in inglese. Attraverso una prospettiva diacronica Cronin sottolinea gli equilibri e le tensioni
che hanno animato il rapporto tra le due lingue e culture. A partire dall’Act del 1536, Cronin osserva
come nel XVII sec. la traduzione verso l’inglese fosse incoraggiata attraverso il mecenatismo
(istruzione, Chiesa, aristocrazia terriera, etc.) mentre nel XVIII e XIX sec. le traduzioni in inglese
vengono scritte dagli autori irlandesi per contrastare una visione distorta della propria storia e
cultura, elemento che tuttavia ebbe un effetto inaspettato, ovvero rafforzare l’inglese in Irlanda.
Oggi l’Arts Council inglese finanzia la traduzione verso altre lingue europee della letteratura
prodotta sia in irlandese sia in inglese da autori irlandesi e ciò, secondo Cronin, mostra ancora quale
sia il potere economico sulla cultura che la ex potenza coloniale è capace di esercitare.

Le ideologie dei teorici


Una conseguenza dell’ampliamento dell’ambito degli studi della traduzione è stata quella di aver
riunito studiosi provenienti da una gamma di campi diversi. È importante ricordare che i teorici
culturali stessi hanno proprie ideologie e motivazioni che stanno alla base delle loro critiche. Sherry
Simon afferma che lo scopo del suo libro su genere e traduzione è di far conoscere quanto più
possibile questioni relative a genere e traduzione e, attraverso il genere, avvicinare gli studi sulla
traduzione a una struttura di studi culturali. I nuovi approcci (femministi, postcoloniali,
poststrutturalisti, etc.) si configurano come uno stimolo per nuove riflessioni e per l’avanzamento
del sapere nel campo di studi sulla traduzione, tuttavia tra loro esiste anche una forte concorrenza e
conflitti irrisolti dovuti spesso a divergenze di prospettiva. ali differenze di prospettive sono
inevitabili e persino auspicabili mentre la traduzione e gli studi sulla traduzione continuano ad
aumentare la propria influenza. Tutto ciò, può essere visto come parte integrante di quel processo di
“riscrittura” di cui parla Lefevere e che tocca non soltanto la traduzione ma la scrittura in generale.
Cronin postula il potenziale che i traduttori bilingui anglo-irlandesi possiedono nell’offrire un
decisivo contributo alla cultura mondiale in qualità di ponte di lingua inglese, ma di natura non
imperialista, per l’industria audiovisiva europea. L’autore sostiene che questo risultato si possa
raggiungere utilizzando delle adeguate strategie traduttive, benchè non fornisca dettagli in merito,
a parte la necessità di proteggere le diversità e l’eterogeneità
Altre idee su traduzione e ideologia

Molta della ricerca proveniente dalla prospettiva ideologica è interessata alla scoperta di
manipolazioni nel TA che potrebbero essere sintomatiche dell’ideologia cosciente del traduttore o
prodotte da elementi ideologici presenti nell’ambiente traduttivo. I severi limiti macro-contestuali
della censura possono esistere nei regimi autoritari sono gli esempi più ovvi della manipolazione
ideologica. Lo sbilanciamento linguistico costituisce da secoli lo sfondo della traduzione,
dall’egemonia e prestigio delle lingue classiche.

Capitolo 9

Il programma culturale e politico della traduzione


Venuti insiste che l’area di azione degli studi sulla traduzione debba essere ampliata per arrivare a
includere il carattere orientato al valore della struttura socioculturale. L’autore contesta dunque il
modello descrittivo scientifico di Toury e il suo scopo mirato alla produzione di norme e leggi della
traduzione prive di valore. Oltre che hanno il potere di decidere di censurare o favorire certe opere i
gruppi e le istituzioni sociali ai quali si riferisce Venuti comprenderebbero le varie figure all’interno
dell’editoria nel suo insieme. Queste selezionano le opere e commissionano le traduzioni, pagano i
traduttori e spesso impongono il metodo traduttivo . i traduttori stessi sono parte di quella cultura,
che possono accettare o contro la quale possono ribellarsi.

Venuti e l’invisibilità del traduttore

Invisibilità è un termine utilizzato da Ventti per descrivere la situazione e l’attività del traduttore
nella cultura angloamericana contemporanea. Dice che la invisibilità è prodotta:

• Dal modo in cui i traduttori stessi tendono a tradurre in maniera scorrevole verso l’inglese, allo
scopo di produrre un TA idiomatico e leggibile, creando così l’illusione della trasparenza;

• Dal modo in cui i testi tradotti vengono tipicamente letti nella cultura di arrivo.

Venuti osserva che il fattore più importante in questo stato di cose è il concetto prevalente di
autorità. La traduzione viene vista come derivativa e di qualità e importanza secondarie. Pratica
traduttiva mirata a celare la traduzione

Addomesticamento e estraniamento
Venuti tratta l’invisibilità parallelamente a due tipi di strategie traduttive: l’addomesticamento e
l’estraniamento. Venuti fa risalire la distinzione tra queste due strategie opposte al saggio di
Schleiermacher (1813) e all’idea di un movimento orizzontale tra autore e lettore, tuttavia, come
ricorda Umberto Eco, anche von Humboldt richiama l’attenzione sull’estraneo in traduzione. Venuti
vede l’addomesticamento come dominante nella cultura traduttiva anglo-americana. Lamenta il
fenomeno dell’addomesticamento poichè esso comporta una riduzione etnocentrica del testo
straniero ai valori culturali della lingua di arrivo. Questo implica che la traduzione sia redatta in uno
stile trasparente, scorrevole e invisibile allo scopo di minimizzare l’alterità del TA. Questo riguarda
inoltre l’aderenza ai canoni letterari interni tramite ‘attenta selezione dei testi che verosimilmente si
presteranno a una tale strategia traduttiva. L’estraniamento implica la scelta di un testo straniero e
lo sviluppo di un metodo traduttivo conformandosi a posizioni escluse dai valori culturali dominanti
nella lingua di arrivo Venuti sostiene che il metodo estraniante sia una pressione etnodeviante
esercitata sui valori per registrare la differenza linguistica e culturale del testo straniero, con il
risultato di inviare il lettore all’estero. Il metodo straniante ha il potere di contenere i valori culturali
violentemente addomesticanti del mondo anglofono. Il metodo traduttivo estraniante, adotta anche
la strategia della resistenza che è uno stile traduttivo non scorrevole o estraniante, concepito per
rendere visibile la presenza del traduttore evidenziando l’identità straniera del TP e proteggendola
dal predominio ideologico della cultura di arrivo. Venuti afferma anche che la traduzione straniante
è anche minorizzante : la quale vede l’inclusione intenzionale di elementi stranianti nel tentativo di
rendere il traduttore visibile e di far sì che i lettori diventino consapevoli di trovarsi di fronte alla
traduzione di un’opera proveniente da una cultura straniera. Per far urtare il lettore contro un
discorso eterogeneo si fa uso di calchi, una struttura arcaica, arcaicismi e colloquialismi moderni.
Benchè Venuti si esprima a favore della traduzione estraniante è consapevole anche di alcune sue
contraddizioni: si tratta di un termine soggettivo e relativo che comporta comunque un certo
addomesticamento, poiché traduce un TP per una cultura di arrivo e dipende dai valori dominanti di
questa cultura per divenire visibile quando se ne allontana. Venuti difende la traduzioni estranianti
perché sfoggiano la propria parzialità. Invece di occultarla. È importante individuare la specifica
situazione culturale in cui la traduzione viene realizzata e in cui produce i suoi effetti. Secondo
Venuti, ciò significa che i termini possono cambiare significato nel corso del tempo e in diversi
luoghi. Quanto la traduzione assimili un testo straniero alla lingua e cultura in cui viene tradotto e a
quanto la traduzione segnali piuttosto le differenze di quello stesso testo.

Antoine Berman: l’‘analitica negativa’ della traduzione

Venuti è influenzato da Berman nel suo desiderio di metter alla prova il lettore evidenziando la sfida
e le prove che la traduzione rappresenta per il TP. Berman la descrive come un PROVA in 2 sensi:

 una prova per la cultura di arrivo nello sperimentare la stranezza del testo e della parola
stranieri

 una prova per il testo straniero che viene sradicato dal suo contesto linguistico originario.

Berman afferma che il fine propriamente etico dell’atto traduttivo è quello di ricevere l’elemento
straniero come straniero, aspetto che sembrerebbe avere influenzato la strategia traduttiva
dell’estraniamento di Venuti. Berman osserva che generalmente esiste un sistema di deformazione
testuale nei testi di arrivo che impedisce all’elemento straniero di trasparire. La sua analisi delle
forme di deformazione è chiamata analitica negativa. Berman vede ogni traduttore come
inevitabilmente e intrinsecamente esposto a tali forze etnocentriche, le quali determinano il
desiderio di tradurre, nonché la forma del TA. L’autore ritiene soltanto che per mezzo dell’analisi
psicoanalitica del lavoro del traduttore e della consapevolezza tali tendenze possano essere
neutralizzate. Individua 12 tendenze deformanti:

• Razionalizzazione: ha effetto principalmente sulle strutture sintattiche, compresa la punteggiatura


e la struttura e l’ordine della frase;

• Chiarificazione che comprende l’esplicitazione;

• Espansione: berman afferma che i testi di arrivo tendono a essere più lunghi di quelli di partenza.
Tali aggiunte servono soltanto a ridurre la chiarezza della voce dell’opera;
• Innobilimento si riferisce alla tendenza da parte di certi traduttori a migliorare l’originale
riscrivendolo in uno stile più elegante,

• Impoverimento qualitativo si tratta della sostituzione di parole ed espressioni con equivalenti del
TA che non possiedono la loro ricchezza evocativa o i loro tratti iconici;

• Impoverimento quantitativo si tratta di una perdita di variazione lessicale in traduzione;

• La distruzione del ritmo: può essere distrutto per mezzo della deformazione dell’ordine delle
parole e della punteggiatura;

• La distruzione delle reti significanti soggiacenti: il traduttore deve essere consapevole della rete di
parole che si forma attraverso tutto il testo;

• La distruzione dei pattern linguistici. Se il TP può essere sistematico nelle costruzione e nei
pattern della frase, la traduzione tende ad essere asistematica;

• la distruzione delle reti vernacolari o la loro esotizzazione: si riferisce in modo particolare alla
parlata locale e ai pattern linguistici che giocano un ruolo importante nella costituzione
dell’ambientazione di un romanzo;

• la distruzione di modi di dire ed espressioni idiomatiche: Berman vede la sostituzione di


un’espressione idiomatica o di un proverbio con il suo equivalente della LA come un etnocentrismo;

• la cancellazione della sovrapposizione delle lingue: Berman intende qui il modo in cui la
traduzione tende a cancellare le tracce di diverse forme linguistiche che coesistono nel TP (es.
varietà di spagnolo peninsulare e sudamericano)

a controbilanciare troviamo l’analitica positiva che fa riferimento alla traduzione letterale. L’uso di
letterale e lettera e il su riferimento al processo di significazione indicano una prospettiva
sassuriana e una trasformazione positiva della LA. Il termine letterale è discusso anche da Venuti, il
quale concepisce la lettera come la gamma possibilità significanti nella LA. Il contributo di Berman
importante in quanto mette in relazione idee filosofiche a strategie traduttive per mezzo di
numerosi esempi tratti da traduzioni esistenti

La posizione e posizionalità del traduttore letterario

Il richiamo all’azione di Venuti affinchè i traduttori adottino strategie visibili ed estranianti è forse
una reazione ai traduttori contemporanei che sembrano discutere il proprio lavoro secondo le
posizioni e i termii vaghi e antiquati. I traduttori ritengono spesso che il loro lavoro sia intuitivo e
che si debba ascoltare il proprio “orecchio”, altri parlano di “voce”, il che riguarda tutte le scelte
relative alla cadenza e al tono, al lessico e alla sintassi. L’invisibilità del traduttore è stata tale che un
numero relativamente esigo di loro ha scritto resoconti dettagliati della propria pratica traduttivaLo
scriba sovversivo distrugge la forma dell’originale ma ne produce il significato di un’altra forma, crea
talvolta brani completamente diversi dalla traduzione. Sembrerebbe una strategia fortemente
addomesticante invece il risultato linguistico è estraniante. La visione femminista e poststrutturlista
della traduzione che svolge un ruolo ideologico: una traduzione deve essere un atto critico, che crea
dubbio, che pone domande al lettore, ricontestualizzando l’ideologia del testo
originale. La creatività della traduzione è un tema in espansione. Si è iniziato a esplorare
l’intersezione di studi sulla traduzione e scrittura creativa, mettendovi i relazione la meccanica della
lettura e l’elaborazione cognitiva e la riformulazione sperimentaledella fonte. L’atteggiamento del
traduttore e la sua posizione – o posizionalità – acquisiscono lentamente sempre più peso nella
riflessione sulla traduzione, anche grazie al contributo di alcuni studiosi che concentrano
l’attenzione sul ruolo della traduzione come atto di asservimento o di opposizione agli equilibri di
potere. Maria Tymoczko in Ideology and the position of the translator: in what sense is a translator
«in between» fa una critica al traduttore come mediatore neutrale della comunicazione rifiuta
inoltre l’immagine romantica ed elitaria del traduttore che opera in modo isolato; e conclude
affermando che il traduttore deve agire come un agente etico di cambiamento sociale. Carol
Meier (2007) definisce questa presa di posizione/ posizionamento intervenience e il traduttore
come intervenient being.

Il network di potere dell’editoria


Venuti descrive e lamenta il tipico destino del traduttore letterario, che lavora in contratto
solitamente per una modesta cifra forfettaria, in un contesto quale le case editrici danno inizio alla
maggior parte delle traduzioni e generalmente cercano di minimizzare i costi. Le case editrici sono
spesso riluttanti a concedere al traduttore i diritti d’autore o una parte dei loro proventi. Venuti
deplora questo stato di cose in quanto ulteriore forma di repressione esercitata dall’industria
editoriale, ma si tratta di una repressione che è tutt’altro che rara a causa della debolezza del ruolo
del traduttore all’interno del network. Fawcett parla di “gioco di potere” quando descrive
l’intervento di modellamento dei testi da parte di redattori e copy-writer. In alcuni casi, il gioco di
potere può far sì che l’autore del TP sia estromesso completamente dal processo traduttivo. Tale
conflitto ovviamente non si verifica nel caso in cui l’autore sia morto da tempo, oppure sconosciuto.
Un altro partecipante chiave in questo processo è l’agente letterario dell’autore. Gli agenti
rappresentano una varietà di autori e prendono una percentuale dei profitti dello scrittore. Offrono
un TP a possibili case editrici, le quali contattano poi i loro traduttori preferiti. Per molti autori che
scrivono in altre lingue, la cartina di tornasole del loro successo è rappresentata dalla traduzione
delle loro opere in inglese. In realtà, la decisione di tradurre o meno un’opera rappresenta il più alto
grado di potere esercitato da redattore e casa editrice.

Discussione del lavoro di Venuti


Nonostante la prospettiva di Venuti rappresenti un momento importante nel riconoscimento
dell’egemonia editoriale angloamericana, Anthony Pym critica alcune delle posizioni dello studioso
perché a suo parere basate su un’osservazione parziale dei dati. Pym solleva alcune questioni degne
di nota:
 Rispetto al “richiamo all’azione” di Venuti e all’invito ad adottare un approccio “estraniante”,
Pym si chiede se anche i traduttori non affermati possano concedersi tale strategia e
sopravvivere nell’ambiente lavorativo. Cita poi alcuni casi di traduzioni non naturalizzanti che
hanno goduto di una buona critica.
 La tendenza alla politica traduttiva della “scorrevolezza” (o addomesticamento) non sembra
essere tipica solo del mondo anglofono e si verifica anche in altre lingue a prescindere dal
potere delle culture di partenza e arrivo (Francia, Spagna e Brasile)
 Rispetto alla visione del mercato angloamericano di cui Venuti critica la scarsa tendenza ad
assimilare e accettare l’alterità (solo ca. il 3% dei testi pubblicati è rappresentato da
traduzioni), Pym sottolinea come il mercato editoriale di lingua inglese sia molto più ampio
di quello di tutte le altre lingue, minimizzando così l’impatto dei dati quantitativi ricavati da
Venuti.
 Pym critica l’idea di “resistenza” in quanto difficilmente verificabile.
Nonostante ciò Pym riconosce, in ogni caso, che Venuti “permette di parlare dei traduttori come
personi reali in situazioni politiche, degli aspetti quantitativi delle politiche della traduzione, e
dei criteri etici che possono mettere in relazione i traduttori con le società del futuro”

I concetti teorici di Venuti possono essere esplorati in diversi modi:


• Paragonando TP e TA rispetto a addomesticamento e estraniamento;
• Analizzando il lavoro dei traduttori rispetto a strategie, rapporto con gli autori del TP, etc.; •
Intervistando case editrici, redattori agenti per capire i loro scopi;
• Analizzando il mercato editoriale (numero libri tradotti, scelta dei libri, etc.;
• Analizzando i contratti dei traduttori (visibilità);
• Analizzando la visibilità del traduttore (presenza nome del traduttore, copyright, prefazione, etc,);
• Analizzando le recensioni.

Ricezione e recensione delle traduzioni


Il collegamento tra i meccanismi dell’industria editoriale e la ricezione di una determinata
traduzione è chiaramente espresso nell’approfondimento studio di Meg Brown sui romanzi
sudamericani pubblicati nella Germania Ovest negli anni Ottanta. L’autrice sottolinea il
ruolo che i recensori ricoprono nell’informare il pubblico in merito alla pubblicazione di
nuovi libri e nel preparare i lettori all’opera. Brown adotta alcune idee della “teoria della
ricezione”, compresa l’analisi del modo in cui un’opera sfida, delude o si conforma
all’”orizzonte di aspettativa” estetico dei lettori. Si tratta di un termine usato da Jauss per
riferirsi alle aspettative generali dei lettori in merito al genere o serie a cui la nuova opera
appartiene. Uno dei modi per analizzare la ricezione è quello di prendere in esame le
recensioni di un’opera, poiché queste rappresentano un “insieme di reazioni” all’autore e al
testo e formano una parte della sotto-area della critica della traduzione presente nella
“mappa” di Holmes. Le recensioni sono un’utile fonte di informazioni riguardanti la visione della
traduzione stessa da parte di quella cultura. Venuti cita recensioni che criticano la traduzione
specificamente per via del suo effetto stridente, aspetto che si ricollega alle osservazioni di Venuti
sul fatto che la maggior parte delle recensioni in lingua inglese preferisca le traduzioni scorrevoli
scritte in inglese moderno standard. Il TA viene normalmente letto come se l’opera fosse stata
scritta originariamente nella LA e il contributo del traduttore viene quasii compltamente trascurato.
Esistono diverse regioni per mancanza di attenzione dedicata nelle recensioni al processo
traduttivo. Maier si spinge ancora oltre, notando come i recensori nord-americani
riducano l’alterità di una traduzione “concentrandosi quasi esclusivamente sul suo potenziale
ruolo in inglese, paragonandola a opere simili nella letteratura nord-americana e giudicando la
facilità con cui può essere letta. Non esiste un modello di analisi per le recensioni delle traduzioni,
benché tutta la gamma dei “paratesti” sia l’oggetto di studio di Gérard Genette. Genette prende in
considerazione due tipi di elementi paratestuali: Peritesti, ovvero testi che si trovano fisicamente
legati al testo (es. titolo, sottotitolo, prefazioni, dediche, introduzioni, etc.) Epitesti, ovvero “qualsiasi
elemento paratestuale che non si trovi annesso al testo nello stesso volume, ma che circoli in
qualche modo in libertà, in un suo spazio fisico e virtualmente illimitato” (Genette, 1987; tr.it.: 337)
come i materiali promozionali, la corrispondenza dell’autore relativa al testo, le recensioni, discorsi
critici.

Sociologia e storiografia della traduzione


Lo studio del ruolo dei traduttori e degli altri partecipanti al processo traduttivo – più che lo studio
dei testi e delle loro traduzioni – ha assunto un ruolo di primo piano negli studi sulla traduzione,
portandoli verso una “sociologia della traduzione” che, per studiare il traduttore in quanto agente
attivo, prende spunto dalla teoria e dai concetti dell’etnografo Pierre Bourdieu, ovvero:
Campo: un sito di lotta di potere tra partecipanti o agenti
Habitus: la disposizione sociale, identitaria e cognitiva degli agenti che danno forma e che vengono
condizionati dal campo
Capitale: simbolico e materiale, che entra in gioco nella lotta
L’illusio: intesa come limite culturale della consapevolezza.

Il lavoro di Bordieu è stato adottato da alcuni studiosi come alternativa meno deterministica alla
struttura del polisistema, soprattutto come mezzo per teorizzare il ruolo del traduttore, la cui
assenza in teorie precedenti sembrava essere preoccupante.

Capitolo 10
Il movimento ermeneutico deve le sue origini ai Romantici tedeschi, si definisce approccio
ermeneutico come l’indagine di che cosa significhi comprendere un brano di discorso orale o
scritto, e il tentativo di diagnosticare tale processo nei termini di un modello generale di significato.
After Babel, pubblicato nel 1975 è la prima indagine sistematica della teoria e dei processi della
traduzione dal XVIII secolo a questa parte. Il punto focale iniziale di Steiner è sul trattamento
psicologico e intellettuale della mente del traduttore , tratta inoltre il processo di significazione e di
comprensione che sottostà al processo traduttivo. La descrizione di Steiner dell’emerneutica della
traduzione , è basata non sulla concezione della traduzione come una scienza , ma come un’arte
esatta , con precisioni che sono di tipo intenso ma non sistematico. Il moto ermeneutico di Steiner
è formato da quattro parti: fede iniziale, aggressione, incorporazione, reciprocità.
 Fede iniziale : ovvero l’impegno di fiducia del traduttore verso il TP, verso la possibilità stessa
che ci sia qualcosa nel TP che può essere compreso e reso in traduzione;
 Aggressione: ovvero l’incursione, l’invasione con cui il traduttore fa proprio il TP; Steiner si
rifà alla visione di Heidegger della comprensione come “appropriativa” e “violenta”, così
come San Gerolamo propone il paragone del traduttore che porta a casa il TP come fosse
uno schiavo prigioniero. Steiner adotta la metafora della miniera all’aperto e dell’estrazione
(del significato) da parte del traduttore. Steiner descrive questa fase anche come
“penetrazione” (criticato per questo dalle teoriche femministe)
 Incorporazione: si riferisce al significato del TP che, estratto dal traduttore, viene portato
dentro al TA in diverse modalità che spaziano tra i poli dell’addomesticamento completo o
dell’estraneità; secondo Steiner si può parlare di “immissione sacramentale” quando la
cultura d’arrivo accetta assimila il testo straniero e ne viene arricchita, mentre chiama
“infezione” il processo secondo cui la cultura viene infettata dal testo straniero e finisce con
il rifiutarlo, come accade con i modelli letterari francesi neoclassici del XVIII sec. respinti dai
romantici tedeschi (cfr. idea di supremazia dei sistemi letterari nel polisistema di Zohar).
Steiner parla di “dialettica dell’incorporazione”
 Reciprocità: secondo Steiner è il “fulcro del mestiere e della moralità della traduzione”,
intesa come il riequilibrio delle forze in gioco nella dialettica dell’incorporazione. Secondo
Steiner l’incorporazione aggressiva lascia un ‘residuo’ all’originale, un residuo positivo.
L’intensificazione del TP che avviene in traduzione, inoltre, anche se il TA è solo parzialmente
adeguato, contribuisce a vitalizzare il TP. Lo squilibrio che si crea tra le energie del TP e del TA
deve essere riequilibrata dal traduttore con equità
Steiner è fiducioso nel fatto che questa fluida, morale, bilanciata “ermeneutica della fiducia”
permetterà alla teoria della traduzione di rifuggire lo “sterile modello triadico” che ha
caratterizzato così a lungo la teoria. L’attenzione di Steiner è sulla parola, che può essere
circoscritta e aperta in modo che riveli la propria individualità organica. Se Steiner ritiene
che la vera comprensione e traduzione avvenga nel punto in cui le lingue si fondono l’una
nell’altra, allora l’abilità di spostarsi al di là dell’io è di fondamentale importanza Secondo
Steiner, la tenace differenza linguistica e culturale che potrebbe rendere impenetrabile il
testo originale viene trascesa grazie all’affinità elettiva, ovvero grazie a ciò che accade
quando un traduttore mette in gioco il proprio impegno di fiducia verso un TP.

Discussione di Steiner
Fortuna di cui gode l’opera di Steiner è testimoniata dalle nuove edizioni e ristampe a più di 30
anni dalla prima pubblicazione. Contributo maggiore è aver contribuito a far conoscere la teoria
della traduzione ai non specialisti del settore.
Meriti: l’idea di ‘affinità elettiva’ e di ‘tenace differenza’ contribuiscono ad arricchire il discorso
relativo alla tensione tra addomesticamento e estraniamento di Venuti.
Critiche:
eccessivi riferimenti alla grammatica generativotrasformazionale di Chosmky;
visione universalistica del linguaggio e teoria della traduzione onnicomprensiva che appaiono
datati e obsoleti;
linguaggio sessista (penetrazione, metafore di possesso erotico);
modello basato sull’approccio di Lévy-Strauss che considera le strutture sociali come tentativi di
riequilibrio dinamico.

Ezra Pound e l’energia del linguaggio


Steiner considera di fondamentale importanza l'apporto dato da Ezra Pound allo sviluppo
delle teorie relative ai rapporti tra lingue,in particolare per Pound il suo approccio è stato
apportato sia attraverso la pratica che la critica della traduzione. Benchè il punto focale di
Pound si sia modificato nel corso dei suoi lunghi anni di attività, egli fu sempre sperimentale,
attento alle qualità espressive della lingua e preso dal tentativo di energizzare la lingua attraverso la
chiarezza, il ritmo, il suono e la forma, piuttosto che il senso. La sua “interpretazione” degli
ideogrammi cinesi è tipica del suo approccio immaginidta che pribilegia la forma creativa del segno
e cattura l’energia dell’oggetto o dell’evento rappresentato. Nelle sue traduzioni egli cercò di
rifuggire la rigida camicia di forza della tradizione inglese/vittoriana attraverso la
sperimentazione di uno stile arcaicizzante(e non necessariamente chiaro), Venuti nota
l’aderenza alla traduzione di Pound al testo anglosassone The Seafarer, nel quale Pound imita il
metro dell’originale e calca parole del TP. Pound si fa fautore di una soluzione innovativa,
utilizzando ciò che egli chiama “inglese pre-elisabettiano”, in virtù del suo “carattere chiaro ed
esplicito” nel far venire fuori la differenza del testo italiano. La sua traduzione secondo quella
modernità risulta inevitabilmente permeata di quelli che sono oggi un linguaggio e un’ortografia
arcaici tipici di quell’epoca. La lingua deve essere usata con l’obbiettivo di ottenere il massimo
significato delle parole. Pound concepisce la traduzione come strumento di battaglia culturale vs il
gusto vittoriano/edwardiano dominante e il suo sperimentalismo (con uno stile volutamente
arcaicizzante) anticipa quello che sarà l’approccio estraniante della fine del Novecento e ulteriori
spinte teoriche. Else Viera, ad esempio, sottolinea il legame tra Pound e la corrente cannibalista dei
fratelli De Campos
Il compito del traduttore: Walter Benjamin
Al centro del saggio di Benjamin vi è l’idea che un traduzione non esiste per fornire ai lettori la
comprensione del “significato” o del contenuto informativo dell’originale. La traduzione esiste
separatamente ma in concomitanza con l’originale, segue l’originale, emerge dopo la sua “Morte”,
ma dà anche una “sopravvivenza” all’originale. Secondo Benjamin il merito della traduzione è
“l’espressione del rapporto più intimo delle lingue tra loro” perché è capace di rivelare quei rapporti
tra le lingue che sono sempre presenti ma sarebbero nascosti senza la traduzione. In questo
modo,la traduzione contribuisce alla crescita della sua lingua e persegue il fine di una lingua "pura"
e più elevata.Questa lingua pura viene rilasciata tramite la coesistenza e la complementarietà della
traduzione con l'originale. La strategia da adottare per raggiungere questo obiettivo è quella della
resa letterale,che permette alla lingua pura di trasparire, poichè secondo Benjamin , la vera
traduzione è trasparente ,non copre l'originale. Quindi la capacità di rilasciare questa lingua pura è
unica della traduzione, la lingua è prigioniera dell'opera e la traduzione ha il compito di liberarla.
L’idea filosofica della creazione di una “lingua pura” tramite l’armonizzazione delle due lingue è un
concetto ideale ma fin troppo astratto. Questo elemento, sebbene criticato e criticabile proprio in
virtù dell’eccessiva astrazione, sarà tuttavia fondamentale rispetto all’influenza esercitata da
Benjamin sull’esperienza dei postmodernisti e decostruzionisti.

Decostruzionismo
Il decostruzionismo di Christopher Norris comporta la messa in discussione della lingua e
dei termini, sistemi e concetti stessi che sono costruiti da quella lingua. La decostruzione
rifiuta il primato del significato fissato nella parola e porta invece i n primo piano o
“decostruisce” i modi in cui un testo indebolisce le sue stesse presupposizioni e rivela le
sue contraddizioni interne. Il movimento deve le sue origini alla Francia degli anni Sessanta e la
sua figura di spicco è il filosofo Jacques Derrida. La terminologia utilizzata da Derrida è complessa e
sfuggente, come il significato che demolisce. Il termine diffèrance è forse il più significativo; gioca
con i due significati del verbo diffèrer, nessuno dei quali incapsula completamente il suo significato,
e la variazione ortografica è un’indicazione visiva, anche se silenziosa, dell’offuscamento del
significante e della dislocazione o differimento del significato. Di conseguenza la decostruzione ha
iniziato a demolire alcune delle premesse chiave della linguistica come la chiara
suddivisione tra significante e significato.Ovviamente questa messa in dubbio ha delle
conseguenze per la traduzione,che i decostruzionisti hanno affrontato attraverso la lettura
e il commento al saggio di Benjamin "il compito del traduttore".Di primaria importanza fra
queste interpretazioni è Des tours de Babel di Derrida.Il titolo stesso è un gioco di parole
basato su due potenziali significati di Tours,e inoltre des tours suona come detour(nel
senso di deviazione).Pertanto già dall'inizio vi è una messa in discussione della base del
linguaggio della traduzione ,dato che vi è un rifiuto delle teorie del significato e della traduzione che
sono basate a loro volta sull'identità e sull'unità di una lingua .Derrida mette in discussione il
concetta di lingua pura di Benjamin ,definendola differance, e decostruisce la distinzione tra i testi
di partenza e di arrivo, affermando che hanno un legame di dipendenza e sopravvivenza l'uno
dall'altro una volta che la traduzione ha avuto luogo. Derrida critica il concetto di pertinenza in
traduzione. La critica è dovuta al fatto che una traduzione pertinente, secondo Derrida, si basa sulla
presunta stabilità della relazione significato-significante ed è finalizzata ad una totale trasparenza.
Se da una parte di può affermare che Derrida avesse una conoscenza limitata della teoria della
traduzione, la sua analisi critica culturale e religiosa del testo aggiunge una profondità e un’attualità
che intensificano la descrizione del processo traduttivo. L’autore procede mettendo in relazione
queste strategie traduttive con la cultura e le ideologie religiose rappresentate nell’opera teatrale:
così some la “lettera” è associata all’ebraismo e lo “spirito” al cristianesimo, allo stesso modo
l’interpretazione o traduzione “pertinente” delle parole di Shylock da part di Porzia mostra la
“pietà” del discorso cristiano dominante che assimila la “giustizia” dell’ebraismo. La strategia
traduttiva di Derrida non è pertinente ma cerca di mettere in luce questa assimilazione. Oltre ad
essere una strategia estraniante , questa può essere vista come una fedeltà abusiva, di cui si fa
fautore Lewis . Questa implica una serie di rischi e la sperimentazione di modelli linguistici espressivi
e teorici , e l’integrazione del TP , nel quale viene infusa nuova energia. Nel tradurre Derrida ho
cercato di mettere in pratica le sue riflessioni sulla traduzione e sui concetti e le pratiche che quelle
riflessioni hanno ispirato nel lavoro di altri teorici e traduttori. Questo ha voluto dire aderire quanto
più possibile al suo francese, cercando di riprodurre la sua sintassi, il lessico e gli accorgimenti
tipografici inventando effetti che fossero paragonabili – persino quando questi rischiano di
distorcere l’inglese in forme strane e inconsuete.

Capitolo 11

I corpora negli studi della traduzione

La prima edizione di questo capitolo si cocnlcudeva con un case study interdisciplinare che
utilizzava lo strumento della linguistica dei corpora come aiuto per l'analisi di un testo letterario.La
motivazione principale alla base dell'uso dei corpora era la qualità dei dati linguistici .In un saggio
che spronava all'uso dei corpora elettronici nella ricerca nel campo degli studi sulla traduzione.
Baker vedeva il concetto di tipicalità come collegato ai concetti di norme, leggi e universali sui quali
stava lavorando Gideon Toury. Baker si concentrava sull’individuazione delle tipicalità della lingua di
un corpus di testi tradotti che poteva poi essere paragonata alla lingua non tradotta. e differenze
tra le quali avrebbero potenzialmente messo in luce elementi dovuti al processo del tradurre e alle
norme in azione. Ed è con l'avvento di ampi database elettronici e di strumenti facilmente reperibili
che si poterono testare queste ipotesi su vaste quantità di testo

*i corpora sono collezioni di testi orali o scritti ,prodotti in contesti comunicativi reali conservati

Diversi tipi di corpus

I saggi contenuti dell'edizione speciale della rivista Meta curata da Laviosa erano suddivisi
tra quelli che trattavano questioni di tipo teorico-metodologico e quelli che utilizzavano i
nuovi strumenti dei corpora per la ricerca empirica. In concomitanza con il rapido sviluppo
della tecnologia e la diffusione molto più ampia di testi in formato elettronico ,le due
questioni si sono sviluppate ma non sono ancora confluite in una metodologia di ricerca
generalmente accettata. Forse però la questione chiave è relativa alla tipologia del corpus
e alla sua progettazione: in un volume sull'uso dei corpora nella formazione del
traduttore,Bernardini riassume prevemente le tipologie dei corpora e i loro usi,nonostante
l'ammissione che la terminologia in questo campo non è uniforme. Si tratta di :

Corpora monolingui* : testi che possono essere analizzati in base al criterio della
naturalezza,essi possono servire anche da corpora di riferimento rappresentativi,una pietra
d paragone della lingua sulla quale misurare la deviazione

Corpora bilingui comparabili : che sono normalmente delle raccolte specializzate di TP


simili nelle due lingue e dai quali possono essere estratti terminologia e altre equivalenze
-Corpora paralleli : coppie di TP eTA ,che,qualora allineati possono permettere lo studio
delle strategie utilizzate dai traduttori

E' importante sottolineare come Bernardini evidenzi, che tramite i corpora monolingui si
possano individuare i tratti salienti lessicali o grammaticali nei testi di arrivo e
successivamente verificare se tali tratti sono analogamente salienti anche nei testi non
tradotti della stessa lingua. L’uso dei corpora può consentire di paragonare caratteristiche dei TA
sia in relazione ai TP in lingua straniera sia in relazione ad altri TP prodotti nella LA

Altri studi basati sui corpora

Introducind Corpora in Translation Studies di Olohan fornisce una panoramica più recente di
quest’area di ricerca e comprende altri case study su caratteristiche sintattiche e di altro genere.
L’autrice inserisce una breve trattazione sui software disponibili sul mercato che facilitano l’analisi
di corpora paralleli progettati dai ricercatori. L’approccio basato sui corpora si collega ad altre
metodologie e approcci, in particolare agli studi descrittivi, allo studio del prodotto traduttivo e
all’interesse per l’individuazione delle caratteristiche tipiche della traduzione. In questi ambiti,
l’accesso rapido al “quadro complessivo” dei dati quantitativi, supportano da una dettagliata analisi
critica dei testi nel loro contesto socioculturale, costituisce una metodologia interdisciplinare
complementare che mette in luce i pattern che potrebbero altrimenti passare inosservati.
Olaohan tenta di mettere in relazione i pattern stilistici di un testo con l'ideologia del traduttore o il
contesto, cercando contrazioni informali e parole chiave , ma la riuscita di questo approccio è
limitata dai risultati che il computer è in grado di generare e dalle interpretazioni plausibili che esso
permette. In ogni caso ,mettendo a contrasto il lavoro di traduttori diversi e incrociando i risultati
con un corpus di riferimento (BNC) ,è possibile confermare le intuizioni relative allo stile di un testo
e generare ipotesi in merito alla lingua tradotta. Utilizzando questo approccio,Baker analizza lo stile
dei traduttori Peter Bush(dallo

spagnolo) e Peter Clark (dall'arabo) utilizzando la frequenza del verbo say come indicatore di
standardizzazione e di ridotta variazione lessicale.Baker rileva che Clark utilizza say il doppio delle
volte rispetto a Bush,am ciò potrebbe essere dovuto all'elevata frequenza di qaal nel TP arabo.Si
tratta di un problema nello studio di Baker ,che afferma di sviluppare una metodologia per l'analisi
stilistica ,ma dedica scarsa attenzione al TP e alla LP ,in quali necessariamnete avranno effetto sul
TA. Uno dei progetti più innovativi sui corpora paralleli è il corpus parallelo bidirezionale inglese-
norvegese creato da Stig Johansson a Oslo.Tuttavia trova difficoltà a raccogliere testi adatti perchè
molti più testi vengono tradotti dall'inglese di quanto non avvenga nell'altra direzione.Un
suggerimento prevede l'uso come punto di partenza ,per i testi che sono stati tradotti,ad
esempio,verso lo svedese e il finlandese .Un altro è quello di commissionare a traduttori
professionisti molteplici traduzioni dello stesso testo letterario allo scopo di studiare la variazione.
E' inoltre evidente che un buon numero di studi adotta un approccio di analisi
contrastiva,utilizzando lo studio di corpora comparabili che possono appartenere a un genere
specifico. Un altro approccio è quello utilizzato da Ian Williams che mette a paragone testi scritti in
inglese ,testi tradotti in spagnolo (entrambi riguardanti la ricerca biomedica) e un corpus di testi
spagnoli non appartenenti allo stesso genere.Williams prnde in analisi la frequenza del verbo
observar che appare molto più frequentemente nei testi di arrivo spagnoli piuttosto che nei testi di
partenza spagnoli,il che indica una gamma lessica più ristretta e una maggiore omogeneità delle
traduzioni a dispetto delle norme della LA(ossia i testi di partenza spagnoli tendono a mostrare una
maggiore variazione)

Traduzione audiovisiva
Sviluppi ancora più radicali nell'ambito degli studi sulla traduzione si sono avuti nel campo della
traduzione audiovisiva,in particolare nel sottotitolaggio. Benchè Katharina Reiss avesse incluso nella
sua tassonomia testuale da lei chiamata ‘’audio-mediale’’, questa categoria era stata poco
sviluppata dalla studiosa e la sua definizione sembrava riferirsi più ai campi come la pubblicità
anziché alla traduzione di film e documentari. Articoli precedenti di Tiford e Mayoral, hanno coniato
il termine traduzione subordinata , concentrandosi nello specifico sugli elementi non verbali che
distinguono la traduzione audiovisiva. Il testo audiovisivo stabilisce un tipo di comunicazione basata
su più canali e più codici. Questi codici comprendono ciò che Delabastita descrive come:
• Verbale (stile e registri);
• Letterario e teatrale ( trama dialoghi)
• Prossemico (comportamenti non verbali: gesti, gestione dello spazio, etc.);
• Cinematico (tecniche e generi).

Delabastiita paragona continuamente la traduzione filmica ad altre forme di traduzione, tra le quali
la rappresentazione teatrale, come modo di determinare la sua natura specifica e distintiva e “il
cuore del problema della traduzione filmica”. Egli vede la differenza principale nel fatto che mentre il
teatro viene creato in maniera leggermente diversa ogni volta che viene rappresentato, la pellicola è
registrata e perciò è perfettamente riproducibile in termini materiali. Una volta registrato, un film
viene distribuito e ripetuto per e da parte di pubblici diversi, ma, tranne in rare occasioni, non viene
alterato. Questo porta ai limiti molto particolari che controllano la traduzione filmica, nello specifico
la coesistenza dei canali sonoro e visivo, che circoscrivono il margine d’azione del traduttore. Lo
studio vede la traduzione filmica come un prolungamento degli studi sulla traduzione, che richiede
venga svolta ricerca sulle caratteristiche specifiche di ogni modalità.

Il nome e la natura del campo di studi


Delabastita parla, piuttosto che di traduzione filmica, di trasferimento linguistico audiovisivo ,
mentre Gottlieb descrive il sottotitolaggio interlinguistico come una forma di traduzione
diagonale dove non solo la LP viene resa come la LA ma il linguaggio orale viene anche reso come
testo scritto, a differenza del trasferimento “orizzontale” più tradizionale che avviene
nell’interpretazione e nella traduzione interlinguistica. Nella sua introduzione a The
Translator Gambier tratta i termini traduzione audiovisiva, traduzione per lo schermo e traduzione
multimediale, ciascuno dei quali presenta una leggera parzialità dovuta in parte al rapido sviluppo
della tecnologia che ha visto il sottotitolaggio passare dal cinema al documentario, al telegiornale,
ecc. L’articolo di Gambier risulta tempestivo in quanto individua i diversi tipi di attività e i modi in
cui queste provocano una revisione delle vecchie categorie basate sulla traduzione. Pertanto, fra le
altre, si parla di:
■ Sottotitolaggio interlinguistico: i sottotitoli sono “aperti”, ovvero costituiscono parte integrante
della versione del film;
■ Sottotitolaggio bilingue: i sottotitoli vengono forniti contemporaneamente in due lingue;
■ Sottotitolaggio intralinguistico: per i non udenti;
■ Doppiaggio: “sincronizzazione labiale” nella quale la traccia audio della LP viene sostituita con una
traccia audio nella LA;
■ Voice-over: documentari e interviste;
■ Sopratitoli: sottotitoli che vengono proiettati sopra il palco o sul retro delle poltroncine all’opera o
in teatro;
■ Audiodescrizione: commento audio prevalentemente intralinguistico usato per descrivere ai non
vedenti l'azione che si svolge in un palco o in un film.
Il carattere linguistico e prescrittivo della ricerca sul sottotitolaggio

Dìaz Cintas e Remael (2007) si concentrano su considerazioni tecniche, su aspetti stilistici e linguistici del
processo traduttivo, e riassumono delle “linee guida per il sottotitolaggio”. Benchè vengano definite come
line guida, si tratta in realtà di quelle che secondo la terminologia di Toury sarebbero generalizzazioni ,
caratteristiche quasi universali che in un altro contesto potrebbero quasi spingersi verso la determinazione
di leggi descritte per la traduzione audiovisiva Sebbene alcuni degli elementi sono evidenziati perché
problematici dal punto di vista traduttivo (marcatezza, stile, registro, presenza di più varietà, uso di tabù,
umorismo, etc.) si tratta di elementi non specifici della traduzione in sottotitoli, ma della traduzione in
generale. Occupano un ruolo di primo piano altri aspetti specifici come punteggiatura, riduzione e
suddivisione delle strutture nello spazio dei sottotitoli che sono stati trattati raramente in altre forme di
traduzione.

Norme , trascrizioni, codici e narrazione

Karamitroglou trae spunto dalla teoria dei polisistemi e dal concetto di norme per studiare le
preferenze per il doppiaggio e il sottotitolaggio in Grecia. L’autore sottolinea la necessità di
prendere in considerazione la gamma di agenti umani che prendono parte al processo, così come il
ruolo di catalizzatore del pubblico e l’importanza del differenziazione fra le varie tipologie e generi
cinematografici. L’elenco degli elementi presi in considerazione comprende:

■ gli agenti umani;

■ i prodotti (TA);

■ i riceventi (pubblico e clienti);

■ la modalità;

■ l’istituzione;

■ il mercato.

Fra gli agenti umani sono inclusi anche gli addetti allo spotting e al time-coding, adattatori, direttore
di doppiaggio, tecnici del suono, esperti video, correttori di bozze, committenti della traduzione,
case di distribuzione e traduttore. Christopher Taylor affronta la fondamentale questione micro-
testuale della trascrizione multimodale, del modo in cui si documenta e si analizza un testo filmico
su carta. Egli trae spunto dal modello di Thibault per l’analisi del testo filmico e della pubblicità
televisiva, analisi che consiste nella scomposizione di una sequenza filmica
in frame/inquadrature/fasi e nella successiva produzione di una descrizione a più colonne e livelli di:

1 durata del frame e ordine di presentazione; 2. presentazione dei frame visivi; 3. componenti
dell’immagine visiva; 4. l’ “azione cinetica” dei personaggi (gesti, movimenti); 5. i dialoghi e
una descrizione della colonna sonora; 6. un’interpretazione metafunzionale del modo in cui
il film crea significato.

Il sesto elemento è tratto dalla linguistica hallidayana e dalla grammatica visiva di Kress e van
Leeuwen, che integra le diverse modalità semiotiche dei testi visivi. Lo spotting è
l’individuazione della posizione migliore per i sottotitoli, e nella decisione relativa all’omissione
di elementi verbali in alcuni punti, la forma di trascrizione, poco maneggevole per sezioni
lunghe, è probabilmente più utile per studi descrittivi del sottotitolaggio di tipo teorico. Il
risultato che la “componente interpersonale è strettamente importante e viene svolta per lo più
dalla prosodia vocale e dall’azione cinetica, che sono tutte catturate nella trascrizione
multimodale. Chaume propone un esempio di integrazione di studi sulla traduzione e studi sul
cinema, nel tentativo di riprodurre un modello ‘’integrato’’ di regole e norme pensato per
l’analisi dei codici significanti del linguaggio cinematografico. Chaume individua dieci codici. I
primi quattro riguardano il canale acustico:

1 il codice linguistico: i problemi come i giochi di parole, la coesistenza di più lingue, gli elementi
legati ad una cultura specifica, ecc. sono comuni ad altri tipi di traduzione (legale, scientifica, ecc.) e
non devono essere considerati problemi specifici della traduzione audiovisiva;
2. il codice paralinguistico: la preparazione dei dialoghi per il doppiaggio implicherebbe l’aggiunta di
simboli per indicare risate, pause
e così via, mentre nel sottotitolaggio i segni grafici (maiuscola, punti esclamativi, ecc.) indicano il
livello della voce, tono e pause;
3. il codice della musica e gli effetti speciali: la rappresentazione e l’adattamento delle parole delle
canzoni e la loro funzione.
4. il codice dell’arrangiamento sonoro: esistono differenze a seconda del fatto che il parlante appaia
sullo schermo o meno e questo richiederà una variazione ortografica nel sottotitolaggio.

Gli altri sei codici si riferiscono al canale visivo:

5. il codice iconografico: la coerenza con l’immagine deve essere mantenuta. La traduzione


audiovisiva differisce da altri tipi di traduzione poiché la non-esistenza di un’immagine legata al
testo verbale in questi tipi di traduzione permette di tradurre liberamente una frase esistente, un
gioco di parole, o una battuta, ad esempio, senza causare errori di coerenza all’interno della
costruzione
semiotica del testo di arrivo;
6. codici fotografici: i cambiamenti di luce che richiedono una modifica del colore dei sottotitoli e
anche l’uso di una caratteristica visiva o cromatica legata alla cultura di partenza che potrebbe
essere confusa o fraintesa dal pubblico di arrivo;
7. il codice di pianificazione: si riferisce ai primi piani che richiedono sincronizzazione labiale del
doppiaggio e anche alla traduzione di elementi lessicali salienti;
8. il codice di mobilità: riguarda il posizionamento dei personaggi in una scena doppiata e la
necessità di coordinare movimenti e parole;
9. codici grafici: la rappresentazione di intertitoli, titoli, testo e sottotitoli che appaiono sullo
schermo del TP;
10. codici sintattici: implicano principi di montaggio, come il controllo dell’associazione di un
elemento testuale verbale alla altre forme semiotiche e anche l’inizio e la fine delle sequenze

I codici di Chaume focalizzano l’attenzione sul non-linguistico e in particolare sul visivo.Solo uno dei
dieci codici è linguistico, aspetto che rappresenta un enorme allontanamento dalla norma nella
maggior parte della ricerca negli studi sulla traduzione. Rispetto alle peculiarità del codice linguistico
e dei problemi traduttivi, “sembra esserci un accordo generale sul numero relativamente ristretto di
tali questioni nella traduzione audiovisiva (riduzione, omissione, variazione di registro, umorismo,
punteggiatura,)

Sottotitoli come traduzione vulnerabile


Gottlieb definisce il sottotitolaggio come una forma della traduzione palese di House, poiché la
visibilità del titolo rappresenta una parte integrante di questa attività. Lo stato fisico del mezzo è
cruciale, poiché i TA sono modifiche degli originali che mantengono elementi non verbali. In realtà
essi mantengono anche gli elementi verbali del TP, aspetto che li rende un tipo di traduzione scritta
additiva e sincronica di una tipologia testuale sfuggente e polisemiotica. La compresenza della
colonna sonora del TP e dei sottotitoli del TA crea un’alta tensione, che è descritta dal concetto di
traduzione vulnerabile, secondo la quale uno spettatore che capisce il TP avrà aspettative in merito
ai sottotitoli che, qualora frustrate (omissioni, riduzione o errori), potrebbe mettere in dubbio la
qualità di quei titoli.

Fansub e videogiochi , terreno di creatività


Gottlieb definisce il sottotitolaggio come una forma della traduzione palese di House, poiché la
visibilità del titolo rappresenta una parte integrante di questa attività. Lo stato fisico del mezzo è
cruciale, poiché i TA sono modifiche degli originali che mantengono elementi non verbali. In realtà
essi mantengono anche gli elementi verbali del TP, aspetto che li rende un tipo di traduzione scritta
additiva e sincronica di una tipologia testuale sfuggente e polisemiotica. La compresenza della
colonna sonora del TP e dei sottotitoli del TA crea un’alta tensione, che è descritta dal concetto di
traduzione vulnerabile, secondo la quale uno spettatore che capisce il TP avrà aspettative in merito
ai sottotitoli che, qualora frustrate (omissioni, riduzione o errori), potrebbe mettere in dubbio la
qualità di quei titoli.

Fansub e videogiochi, terreno di creatività


I fansub sono la pratica che comporta la sottotitolazione amatoriale e la distribuzione di film e serie
TV online (traduzione di manga e anime). La traduzione dei videogiochi è un misto di traduzione
audiovisiva e localizzazione di software. L’importante caratteristica distintiva è la “creatività e
originalità” che vengono richieste al traduttore. Tale creatività comporta la ri-creazione dei nomi di
elementi e personaggi, l’uso dei neologismi e la scelta consapevole di dialetti non standard. Bernal
Merino discute il termine transcreazione, utilizzato da una nuova generazione di aziende che
cercano di distanziarsi da agenzie di traduzione tradizionale.

Localizzazione e globalizzazione
La traduzione, nell’era informatica, è diventata fulcro di un grosso giro di affari e nell’industria viene
inclusa nell’acronimo GILT Globalization, Internationalization, Localization, Translation. La
localizzazione viene vista, dall’industria, come un termine superordinato che comprende la
traduzione, e secondo la definizione della LISA (Localisation Industry Standard Association): La
localizzazione implica che un prodotto venga preso e reso linguisticamente e culturalmente
appropriato alla località di arrivo (paese/regione e lingua) nella quale verrà venduto. Anthony Pym,
2004 The Moving Text: Localization, TRanslation and Distribution contribuisce alla riflessione teorica
rivisitando questioni traduttive comune all’interno del nuovo contesto. Ad esempio, per localizzare
un software per le diverse lingue locali a livello mondiale si parte da una versione internazionalizzata
e interlingua (terminologia della Traduzione Automatica) che funziona da base per le altre versioni
locali nelle diverse LA. I costanti aggiornamenti apportati alla versione interlingua, prima che a
quelle locali, trasformeranno la stessa concezione del TP; in un simile contesto, lo status e il ruolo
del TP iniziale scompare. Prospettiva di Pym dipinge la localizzazione come un processo
“disumanizzante” incentrato sul marketig, piuttosto che sulle culture umane Michael Cronin, 2003
Translation and Globalization adotta il concetto di prossimità di “reti di scambio (di traduzione)”.
Secondo Cronin la globalizzazione ha finito con il ridefinire lo stesso ruolo e status del traduttore
perché chi è lontano dai circuiti dell’informazione che viaggia in Rete è tagliato fuori come
traduttore nell’economia globale. Cronin, con una terminologia “ambientalista”, riesamina la
questione delle lingue minoritarie e parla del fragile “ecosistema linguistico” minacciato dalle
principali lingue internazionali, finendo con delineare una “ecologia della traduzione” ovvero una
pratica della traduzione capace di dare a parlanti e traduttori delle lingue minoritarie uno strumento
per l’accesso, la promozione e la diffusione di testi tradotti da e verso le proprie lingue (“dimensione
attivista” del traduttore).

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