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Laboratorio di traduzione
dall’inglese – D. Borgogni, I.
Rizzato, N. Sanità
Lingua Inglese
Università di Torino
17 pag.
L’ANTICHITÀ CLASSICA
La prima riflessione sulla traduzione si deve alla civiltà romana, la quale attinge alla
letteratura e alla cultura greca. I Romani non traducono solo per scopi pratici e senza
finalità estetiche, bensì considerando la traduzione un importante strumento di
accoglienza, di trasformazione e assimilazione del modello ellenico. Importante è la
riflessione di Cicerone riguardo la traduzione dal greco al latino: egli ritiene che non si
debba tradurre parola per parola, interpretando il testo, dal momento che il latino è una
lingua diversa da quella greca, bensì che si debba, invece, mantenere il senso del testo
originale, rispettandone la funzione originaria. Ad esempio, nel momento in cui traduce
Demostene ed Eschine, due oratori greci, egli fa sì che i loro testi giungano al pubblico
latino come orazioni persuasive, dilettanti e commoventi, proprio come le originali greche.
IL MEDIOEVO E LA BIBBIA
La prima traduzione della Bibbia viene commissionata da Tolomeo II nel III secolo a.C. per
far fronte alle esigenze della comunità ebraica di lingua greca, che, sempre più numerosa,
si stanzia ad Alessandria. Essa, però, considera non considera ufficiale quest’opera, poiché
ufficiale è solo quella originale. La comunità cristiana, invece, la vede come un equivalente
perfetto dell’originale e la prende a modello come testo ufficiale.
Secondo Filone di Alessandria (I secolo d.C.) la versione tolemaica della Bibbia (definita
Bibbia dei Settanta) è garantita dall’ispirazione divina dei traduttori. Questo è un tema che
viene ripreso in seguito da Lutero, il quale ritiene che per tradurre non basti solo una
buona conoscenza della lingua, ma che occorrano anche la grazia ispiratrice di Dio e l’aiuto
dei teologi. Inoltre, per Filone, dal momento che i testi sacri sono uno strumento nelle
IL RINASCIMENTO
Col Rinascimento viene ripreso il pensiero di Cicerone, mentre si rompe con quelli
medievale, cosicchè si apre la strada alla traduzione come bene di consumo ante litteram.
In questo periodo nascono i primi dizionari bilingui e poliglotti e nel 1535 viene fondata la
prima scuola per interpreti; nel ‘600, invece, viene creata da Pietro il Grande la prima
associazione di traduttori.
IL CLASSICISMO
Nel XVII secolo d.C. il dibattito sulla traduzione si arricchisce di nuovi elementi in
concomitanza con la supremazia culturale della Francia, dove nasce una nuova pratica
traduttiva, detta “bella infedele”, che si basa sul fatto che da un lato la cultura, le
conoscenze e il gusto dell’epoca vengono considerati i migliori, mentre dall’altro si ha
ancora la concezione medievale che il greco e il latino siano ancora modelli linguistici
perfetti. Dunque, la bella infedele si pone l’obbiettivo di arricchire la lingua di arrivo e, allo
stesso tempo, di raffinare l’originale dal punto di vista stilistico.
In Inghilterra, invece, al contrario della Francia, si dice no a barocche imitazioni
dell’originale assimilate al gusto e alle mode continentali, preferendo di gran lunga
versioni più tradizionali e rispettose della forma dell’originale.
Dryden propone tre modalità di traduzione:
- La metafrasi, ossia una versione molto letterale;
- La parafrasi, ossia una traduzione a senso, che tiene conto delle intenzioni
dell’autore e che amplifica il testo ove necessario, ma senza modificarlo
arbitrariamente;
- L’imitazione, che si ispira liberamente all’originale.
IL ROMANTICISMO
Nel periodo romantico in Germania la traduzione viene concepita come evento fondante
dell’identità nazionale. Essa viene considerata uno strumento per ampliare le possibilità
IL NOVECENTO
Traducibilità ed estraneità
Postcoloniale e traduzione
Nelle società in cui vige il multilinguismo la traduzione di un testo diventa maggiormente
problematica, poiché più culture, che hanno una diversa visione del mondo, si incontrano.
Il termine “postcoloniale” è da intendersi non tanto dal punto di vista cronologico, ma
piuttosto come una reazione a tutto ciò che il termine “coloniale” rappresenta. In questo
contesto la traduzione diventa qualcosa di transculturale, uno strumento con cui
trasportare da paese a paese non solo parole, ma anche oggetti, idee, costumi, religioni,
immagini e simboli. Così la letteratura postcoloniale o del Commonwealth fa perno sul
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TRADURRE DALL’INGLESE
Cenni di linguistica contrastiva per la traduzione
- Grammatica: morfologia e sintassi. L’inglese è una lingua analitica di ordine SVO
(soggetto – verbo - oggetto), poiché a definire la categoria grammaticale di una
parola è l’ordine della frase. Anche nel caso dei sintagmi nominali l’ordine dei
sostantivi è fondamentale per stabilire il significato.
In inglese l’ordine SV viene modificato raramente, ad esempio quando si utilizzano
gli avverbi di frequenza, quando si hanno frasi negative o delle costruzioni
particolari, quando si vuole dare una particolare enfasi.
Per quanto riguarda le frasi queste possono essere di sette tipi in base ai loro
componenti (SV1, SVO2, SVC3, SVA4, SVOO5, SVOC6, SVOA7). Per quanto riguarda,
invece, i verbi, alcuni reggono il full infinitive preceduto dal to, altri il bare infinitive
(-ing), altri ancora reggono entrambi, ma cambiano di significato.
- Lessico. Il lessico della lingua inglese è estremamente eterogeneo e accoglie molti
termini di derivazione francese, tant’è che può essere considerata la lingua più
romanza tra quelle germaniche: tali termini francesi sono stati adottati durante il
periodo medievale. L’inglese, però, ha attinto anche dalla lingua danese, dal latino e
dalle lingue extraeuropee. Inoltre, nell’inglese la differenza tra alcuni termini non è
grammaticalizzata, bensì lessicalizzata: infatti, la ricchezza lessicale dell’inglese
dipende da tanti fattori, tra cui la possibilità di creare neologismi, composti o terze
parole, unendone due. Dunque, una caratteristica dell’inglese è che una parola può
1 Soggetto e verbo
2 Soggetto, verbo e oggetto
3 Soggetto, verbo e complemento
4 Soggetto, verbo e avverbio
5 Soggetto, verbo e doppio oggetto
6 Soggetto, verbo, oggetto e complemento
7 Soggetto, verbo, oggetto e avverbio
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Il processo traduttivo
Il termine “tradotto” significa “portato al di là, dall’altra parte”. Perciò, il traduttore è un
mediatore culturale tra due lingue che “porta” il testo da una lingua all’altra e la traduzione
diventa un’attività che richiede capacità eclettiche, conoscenze culturali notevoli, molta
umiltà, ma che, allo stesso tempo, non ha regole scientifiche universalmente applicabili.
La definizione di traduzione può variare a seconda del punto di vista da cui la si guarda:
per Eugene Nida, ad esempio, la traduzione i requisiti fondamentali della traduzione sono
dare senso, riprodurre lo spirito originale con uno stile comprensibile e stimolare una
ricezione nei riceventi del testo di arrivo simile a quella dei riceventi del testo fonte. Altri
autori, però, potrebbero fornire altre caratteristiche traduttive.
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Livello paratestuale
- Titolo, sottotitolo, dediche, citazioni in esergo;
- Contesto e tradizione;
- Che cosa dice il testo;
- Come lo dice e a quale genere appartiene;
- Perché lo dice;
- Tipi di testo esistenti:
Rappresentativo: rappresenta mimeticamente eventi e discorsi;
Regolativo: fornisce o impone istruzioni, comportamenti …;
Descrittivo: descrive fenomeni, persone, oggetti, eventi;
Narrativo: descrive eventi, sottolineando relazioni, concetti,
trasformazioni …;
Espositivo: analizza e sintetizza concetti;
Argomentativo: persuade, dimostra una tesi, valuta problemi.
Livello lessicale-semantico
- Tipo di lessico e di registro;
- Ricorso a neologismi, idiomi, parole straniere, arcaismi, barbarismi, dialetto …;
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Livello sintattico
- Struttura del periodo;
- Semplificazioni delle co-referenze endoforiche, esoforiche, anaforiche e cataforiche,
dei segnali discorsivi, dei deittici, delle co-referenze grammaticali e delle co-
referenze lessicali;
- Analisi dei giuntivi, ossia congiunzioni, disgiunzioni, controgiunzioni, subordinazioni,
avverbi, altre relazioni che tengono connesse le frasi tra loro.
Livello retorico-argomentativo
- Fonetica;
- Aspetti stilistici;
- Aspetti legati al significante/significato e alla connotazione/denotazione;
- Uso di figure retoriche;
- Analisi della funzione testuale prevalente;
- Analisi del tipo di argomentazione;
- Analisi dell’atto illocutorio e dell’effetto perlocutorio del testo.
Livello intertestuale
L’intertestualità mette in rapporto il testo con altri testi con cui esistono connessioni
significative e permette di riconoscere il testo come appartenente ad un determinato
genere. Diventa, perciò, fondamentale valutare il tipo, la funzione e le implicazioni di tali
rimandi intertestuali. Una volta valutati questi elementi si può passare all’uso del
dizionario, che permette di risolvere qualunque problema linguistico.
Il termine “dizionario” non è sinonimo di “vocabolario”: infatti, mentre il dizionario è un
volume o un dischetto contenente le definizioni della lista di parole selezionate dai
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