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La Septuaginta e la sua importanza

Sommario

Introduzione .......................................................................pag. 1

Paragrafo 1 .........................................................................pag. 2

Storia delle origini della formazione del testo

Paragrafo 2 .........................................................................pag. 3

Completamento del canone della Settanta e processo storico

Paragrafo 3 ..........................................................................pag. 3

Utilizzo della Septuaginta nella critica testuale

Paragrago 4 .........................................................................pag. 5

Utilizzo della settanta in ambiente Cristiano

Introduzione

La comunità cristiana dei primi secoli, nel suo riunirsi nell'atto della meditazione e nella
formulazione teologica dei padri, possedeva determinate fonti di riferimento. Oltre alle tradizioni
orali dei primissimi anni riguardanti la vita, le opere e le parole di Gesù, peraltro collezionate in
determinati ambienti (catechetico, missionario e liturgico)1 e successivamente organizzate nella
redazione dei vangeli scritti, era di uso consueto la condivisione della scrittura
veterotestamentaria. Quest'ultima, oggetto di una nuova ermeneutica in chiave cristiana, era
rappresentata dal testo in lingua ebraica (soprattutto in territorio palestinese) e in lingua Greca
(Palestina e soprattutto diaspora). Il processo di ellenizzazione instaurato all'indomani della
conquista di Alessandro Magno dei territori appartenuti all'Impero Persiano, tra cui la Palestina,

1 STUDIUM BIBLICUM FRANCUSCANUM, Liber Annuus V. 29, ed. FPP 1979, Gerusalemme, pag. 14.

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rese la lingua greca un idioma internazionale, peraltro utilizzato sia dagli ebrei della diaspora
(che non conoscevano più la lingua ebraica) e sia dagli ebrei in territorio palestinese. Per tale
motivo si renderà necessaria la traduzione dei testi veterotestamentari in lingua greca. Il primo
"esperimento" in tal senso produrrà un testo che successivamente prenderà il nome di
Septuaginta o Bibbia dei Settanta.

Storia delle origini della formazione del testo

La possibilità di ricostruire la storia della creazione del testo dei Settanta la si deve ad
un'opera letteraria, la Lettera di Aristea a Filocrate. 2 Pur ritenendo oggi che tale testimonianza sia
un'opera pseudoepigrafica, risalente al II o I sec. a.C., la stessa ebbe lo scopo di suggellare e
garantire l'autenticità e l'affidabilità di un opera già da tempo in circolazione tra gli ebrei della
diaspora ma oggetto di critiche e tentativi di correzione. 3 Secondo la testimonianza di Aristea, al
tempo di Tolomeo Filadelfo, il quale regnò tra il 285 ed il 246, un certo Demetrio Falareo
responsabile della biblioteca reale, consiglia al suo re di tradurre la legge ebraica allo scopo di
arricchire la biblioteca alessandrina. Le autorità giudaiche selezioneranno un testo in lingua
ebraica che sarà inviato ad Alessandria assieme a settantadue saggi/traduttori che in settantadue
giorni, presso l'Isola di Pharos4 porteranno a termine la traduzione dei libri del Pentateuco. Pur
avendo accennato alle vere motivazioni che resero necessario la produzione di un testo biblico in
lingua greca, accanto alle esigenze liturgiche degli ebrei della diaspora si affiancavano da un lato
la vivacità culturale del popolo greco di Alessandria, sempre disponibile ad ampliare la propria
proverbiale conoscenza, e dall'altro l'interesse politico della classe dirigente alessandrina che,
concedendo ai popoli stranieri la possibilità di vivere secondo le loro leggi, era interessato a
conoscerne di queste i contenuti.

2 F. CALABRI, Lettera di Aristea a Filocrate, Rizzoli 2002, Milano, pag. 107.


3 P. LAMARCHE et al., La Bibbia alle origini della chiesa, ed. Paideia 1990, Brescia, pag. 17.
4 GIACOMO LUMBROSO, Aneddoti di archeologia alessandrina, Stamperia Reale 1873, Torino, pag. 8.

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Completamento del canone della Settanta e processo storico

Se inizialmente la traduzione greca dell'Antico Testamento ebraico interessò solamente la


porzione relativa al Pentateuco, in seguito furono inseriti gli altri libri che ne formarono il canone
"definitivo". Tale processo avvenne in tempi e modalità differenti, non del tutto note nei
particolari. Per quanto concerne le modalità, dai primi studi del mondo esegetico dell'antichità
giudaica gli studiosi hanno distinto due correnti differenti, una corrente "letteralista" ed una
corrente "liberale". Mentre la prima si atteneva ad un traduzione quanto più conforme alla
terminologia originale ebraica, prendendo ispirazione dalla corrente giudaica di Aquiba ed
Aquila,5 la seconda tendeva ad una esegesi del testo semitico che ne avrebbe adattato alcuni
significati in relazione alle esigenze linguistiche (ma anche culturali) greche, apportando talvolta
delle correzioni. Tale tendenza avvierà un processo che nel tempo, soprattutto nel II sec. a.C,
apporterà al testo dei Settanta ripetute modifiche e redazioni rivedute in chiave letteralista. Ma la
preoccupazione di una traduzione greca fedele all'originale ebraico non si manifestò unicamente
nella continua rielaborazione della Septuaginta ma sfociò nella produzione di ulteriori opere che,
traendo comunque ispirazione dal testo alessandrino, portò alla luce delle creazioni letterarie
autonome come quelle di Teodozione, Aquila e Simmaco. 6 In questa prospettiva le cose si
complicarono maggiormente con l'avvento del cristianesimo e dell'uso che questo faceva del
testo veterotestamentario nella sua traduzione in lingua greca.

Utilizzo della Septuaginta nella critica testuale

Il testo greco veterotestamentario, così come presentato dalla Bibbia dei Settanta, ha fornito
un contributo determinante nell'ambito della critica testuale. Attraverso un procedimento
filologico denominato "retroversione" è stato possibile determinare l'esistenza di vocaboli non
più presenti nel testo masoretico. Se da una parte appariva evidente che i traduttori del teso greco
abbiano deliberatamente apportato delle modifiche per motivi ermeneutici, per armonizzare i
significati dei termini alla cultura ed alla lingua greca, allo stesso tempo si è anche evidenziato
come alcune parole del testo originale oggetto di traduzione avessero subìto un processo di

5 P. LAMARCHE et al., La Bibbia alle origini della chiesa, ed. Paideia 1990, Brescia, pag. 24.
6 N. F. MARCOS, Septuaginta, ed. Morcelliana 2019, Brescia, pagg. 37-40.

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trasformazione e, in alcuni casi specifici, si è arrivati a constatare l'alienazione definitiva di vari
termini. A dare chiarezza in tal senso ha avuto un ruolo importante la scoperta dei testi antichi di
Qumram che hanno evidenziato come la traduzione della Septuaginta, in relazione alle varianti
presenti rispetto al testo masoretico, non fossero solo un prodotto dell'estro ermeneutico dei
traduttori ma erano invece direttamente correlate a versioni antecedenti realmente esistite e
portate alla luce dai testi qumramici. Alla base di questi processi si fonda la nascita della diatriba
tra gli esegeti giudaici e quelli cristiani dei primi secoli d.C. in quanto a Jamnia, in presenza di
molteplici versioni esistenti fino al 70 d.C., fu selezionato e decretato un unico testo di
riferimento, protomasoretico, che fu successivamente oggetto della vocalizzazione da parte dei
masoreti, disconoscendo ogni altra versione fino ad allora presente e circolante non solo in
Palestina ma in tutta la diaspora. Di contro, i primi cristiani non vollero rinunciare alle migliorie
ermeneutiche che secondo il loro punto di vista erano state apportate nel testo dei Settanta che
era riferito a versioni in ebraico delegittimate all'indomani di Jamnia. Ma la stessa Septuaginta, a
sua volta, nel corso del tempo ha subito comunque l'influenza dei testi ebraici antichi (pre/post
Jamnia) in quanto, come accennato, altre traduzioni in lingua greca si sono presentate a partire
dal I sec. d.C. e aventi come testo di riferimento la versione dei Settanta. Tra tali testi ricordiamo
quella di Teodozione (I sec. d.C.) che a detta di Origene ha sostituito (nella Settanta) il libro di
Daniele e quella di Aquila (fine I sec. d.C.) della quale la Septuaginta propone il libro
dell'Ecclesiaste.7 Queste versioni sono caratterizzate da un più spiccato letteralismo in
riferimento al testo originale ebraico, proprio in risposta al "liberalismo" della Settanta, pur
conservando l'idioma preferito dai giudei della diaspora.

Utilizzo della settanta in ambiente Cristiano

Per quanto riguarda l'uso che di della Septuaginta si fece all'interno della comunità
cristiana, come già accennato in premessa, essa fu il riferimento scritturale di più largo
utilizzo, soprattutto in quei territori dove l'uso della lingua ebraica parlata e scritta era solo ad
appannaggio di ristretti circoli culturali o religiosi. Il testo greco, più che una scelta teologica,
divenne una necessità sul profilo comunicativo ed istruzionale. A conferma di quanto fin qui
detto possiamo facilmente fare una sintetica analisi dell'utilizzo fatto dai primi teologi

7 P. LAMARCHE et al., La Bibbia alle origini della chiesa, ed. Paideia 1990, Brescia, pag. 22.

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cristiani, tra cui gli stessi apostoli, attraverso i documenti che la storia ci ha tramandato, gli
studi dei padri della chiesa e lo stesso testo biblico del Nuovo testamento. Riguardo a
quest'ultimo è noto come gli evangelisti, autori dei quattro vangeli canonici ed in particolar
modo Matteo,8 propongono il testo greco della Settanta per i loro riferimenti alle parole di
Gesù nelle citazioni dell'Antico Testamento. Lo stesso possiamo dire in merito agli scritti
paolini ove l'apostolo in diverse lettere cita la Septuaginta (es. Isaia 10,11 in Rom. 15,12 o Es.
32,6 in 1 Cor. 10,7)9. Per quanto riguarda i padri della chiesa ci è noto come Girolamo
cominciò a tradurre la Bibbia in latino nella versione che sarebbe diventata la Vulgata
partendo dalla LXX. Agostino D'Ippona « interpreta un passo della Scrittura che viene citato
per la prima volta in De libero arbitrio 1,2,4 : Nisi credideritis , non intellegetis ( Isaia 7,9 ,
secondo la LXX) ».10 Ma potremmo evidenziare le citazioni di Atanasio, Giustino Martire,
Giuseppe Flavio ed Origene. Proprio quest'ultimo, nella sua opera Adversus Heresiae,
affronta uno dei temi caldi che hanno alimentato la polemica esegetica tra il mondo giudaico e
quello cristiano. Infatti molti vocaboli presenti nella versione dei Settanta che hanno carattere
profetico ed apologetico in chiave cristiana non sono presenti nel testo ebraico. Sia ebrei che
cristiani rivendicano, ognuno in relazione al proprio testo di riferimento, l'autenticità della
rivelazione nella trascrizione. E' questo il caso della citazione nel Vangelo di Matteo (1,22-23)
del passo di Isaia, in relazione alla nascita di Gesù da Maria. Mentre il testo ebraico utilizza la
parola almah che significa "giovane" nel testo greco il corrispondente vocabolo viene tradotto
con "vergine" determinando in questo modo l'evidente carattere profetico.

8 T. COSTIN, Il perdono di dio nel vangelo di Matteo, ed. P.U.G. 2006, Roma, pag. 46.
9 B. SCOTT NORMAND, Il cuore di Paolo è il cuore di Cristo, ed. G.B.P. 2013, Roma, pag. 132.
10 F. DE CAPITANI, Il"De libero arbitrio" di S. Agostino, ed. Vita e Pensieri 1987, Milano, pag. 82.

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Bibliografia

STUDIUM BIBLICUM FRANCUSCANUM, Liber Annuus V. 29, ed. FPP 1979, Gerusalemme.
F. CALABRI, Lettera di Aristea a Filocrate, Rizzoli 2002, Milano.
GIACOMO LUMBROSO, Aneddoti di archeologia alessandrina, Stamperia Reale 1873, Torino.
P. LAMARCHE et al., La Bibbia alle origini della chiesa, ed. Paideia 1990, Brescia.
T. COSTIN, Il perdono di dio nel vangelo di Matteo, ed. P.U.G. 2006, Roma.
B. SCOTT NORMAND, Il cuore di Paolo è il cuore di Cristo, ed. G.B.P. 2013, Roma.
F. DE CAPITANI, Il "De libero arbitrio" di S. Agostino, ed. Vita e Pensieri 1987, Milano.
N. F. MARCOS, Septuaginta, ed. Morcelliana 2019, Brescia.

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