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Alma

 Mater  Studiorum  

Università di Bologna

DOTTORATO DI RICERCA
IN

Storia: indirizzo “studi religiosi: scienze sociali e studi storici sulle religioni”

Ciclo XXIV

Settore Concorsuale di afferenza: 11/A6


Settore Scientifico disciplinare: M-STO/07

TITOLO TESI
Didascalia apostolorum: testo siriaco, traduzione italiana, sinossi e commento sulla
formazione del testo

Presentata da Valentina Ragucci

Coordinatore Dottorato Relatore


Cristiana Facchini Mauro Pesce

  1  
I. INTRODUZIONE
Didascalia apostolorum (DA), anche nota come Insegnamento cattolico dei dodici apostoli e dei
santi discepoli del nostro Salvatore, è un’opera anonima di genere canonico-liturgico composta
dopo Didaché (D) e prima delle Costitutiones apostolorum (CA).
Nel trattato sono raccolte indicazioni indirizzate a una comunità composta da uomini,
donne, bambini, vescovi, diaconi, diaconesse, laici, vedove, orfani e forestieri.
La trattazione prescrive norme in difesa dell'integrità di fede e della comunità, con riguardo
all'etica sociale e morale, alla dottrina e alla pastorale. Poche le istruzioni liturgiche.

A. TRADIZIONI TESTUALI: STATUS QUAESTIONIS


DA1 è stata composta in greco, ma a parte un breve frammento presente nel XV capitolo che
riguarda le vedove, l’originale non è mai stato ritrovato. Integralmente l’opera ci è giunta solo
in siriaco2; ne possediamo una traduzione latina che, attualmente è il testimone più antico
esistente che però conserva il testo in modo parziale perché è mancante di tre quinti3 circa.
Della versione copta 4 sono stati ritrovati brevissimi frammenti. Infine, possediamo una
versione araba5 e una etiopica6, ma entrambe tramandano un testo decisamente tardo.

Storia delle edizioni e delle traduzioni della Didascalia Apostolorum


1. Frammento greco
I brandelli del frammento greco sono stati pubblicati per la prima volta da V. Barlet7 in un
articolo nel 1917. Successivamente, nel 1979, A. Vööbus8 ha incluso il frammento in una
nota9 dell'edizione critica del testo siriaco.

Quest'unico frammento ritrovato dell’originale stesura greca appartiene al XV10 capitolo –


DA 3.5.6-3.6.2 – dedicato ai comportamenti pubblici e privati delle vedove. Proprio in questa
breve porzione di testo troviamo un'indicazione di pertinenza ministeriale, ovvero
l'interdizione di insegnare per le vedove.

Il frammento faceva parte di un’unica pergamena scritta su due colonne ed era inserito
all’interno della rilegatura di un manoscritto siriaco dei vangeli. Fu trovato da J.R. Harris nella
chiesa di Harput, vicino all’Eufrate, il quale datò il manoscritto siriaco al V secolo e il
frammento greco al IV pensando che il frammento provenisse dalle Constitutiones Apostolorum
(CA) III, 5,6-6,3. Paleograficamente invece il frammento greco indica il V o addirittura il VI
secolo11.
                                                                                                               
Cfr. Μ. Geerard, Clavis Patrum Graecorum I 1738, Brepols, Turnhout 1974.
1

2
A. Vööbus, Didascalia Apostolorum (CSCO. Scriptores Syri 401-407, 402-408), Secrétariat du CSCO,
Louvain 1979.
3
A. Vööbus, Didascalia Apostolorum (CSCO 402), p. 30*.
4
Catolgue of Coptic manuscript in the Pierpont Morgan Library (Corpus of Illuminated manuscripts 4)
Leuven 1993, p. 165.
5
G. Graf, “Die Übersetzungen” in Geschichte der christlichen arabischen Literatur 1, Biblioteca Apostolica
Vaticana, Città del Vaticano 1944, p. 564-569.
6
A. Bausi, “Didðsqðlya” in Encyclopaedia Aethiopica I, Siegbert Uhlig, Wiesbaden 2003, p. 570-572a.
7
J. V. Bartlet, “Fragments of the Didascalia Apostolorum in Greek”, JThS XVIII (1917) 301-309.
8
A. Vööbus, Didascalia Apostolorum, (CSCO 407) p. 159.  
9  A. Vööbus, Didascalia Apostolorum, (CSCO 407) p. 159, nota 29.  
10
Secondo la divisione di X. Funk 3.5.6-3.6.3.  
11
A. Vööbus, Didascalia Apostolorum,(CSCO 402) p. 23*.  

  2  
Comprendere il frammento sarebbe stato impossibile senza il contributo di CA12, i cui
primi sei libri dipendono da DA, rielaborandola e ampliandola in modo più o meno fedele.
Allo stato attuale, CA è la sola opera che può illuminarci sulla lingua originale di DA13.
Dunque, in via del tutto ipotetica parte del testo greco di DA potrebbe essere ricostruito con
l’ausilio di CA, ma in questa occasione e in via del tutto orientativa, è bene precisare che il
greco originale rinvenuto si pone a metà strada fra DA siriaca (DAs) e CA, sebbene – per ovvie
ragioni – con quest’ultima ci siano molte più divergenze.

2. Frammenti latini
La versione latina di DA (DAl) è conservata nel palinsesto della Biblioteca capitolare di
Verona nel Codex Veronensis LV (53) datato alla fine del V secolo, tra il 486 e il 494.
Insieme a DAl il codice di Verona tramanda i Canones Ecclesiasticorum e la Traditio
Apostolica, ma la versione latina dei tre testi da cui il codice è composto è da collocare tra il 375
e il 40014.

DAl fu lavata via e la pergamena riusata 15 . Sulla superficie il manoscritto riporta le


Sententiae di Isidoro di Siviglia, databile paleograficamente all’VIII secolo.
DAl doveva contare 86 fogli, ma se ne sono salvati solo 32, suddivisi fra inizio e fine, la
sopravvivenza è stata dei due quinti del trattato.
La versione latina non presenta alcuna divisione interna, come è ipotizzabile sia stato anche
per l’originale greco.

I frammenti latini vennero pubblicati in due volte da Hauler. Una parte di questo
manoscritto fu reso noto nel 189616, mentre la totalità del testo fu pubblicato nel 190017.
Solo nel 1963 E. Tidner18 pubblicò DAl e gli altri testi tramandati insieme a essa.
Nel 1905 X. Funk19 ha fatto interagire i frammenti latini e la versione siriaca con il testo
greco di CA. Il risultato è un'ipotesi ricostruttiva del testo latino di DA.

3. Versione siriaca
L'editio princeps del testo siriaco è opera di P. De Lagarde20 che nel 1854 pubblica la
versione più antica allora esistente, quella presente nel Codex Sangermanensis, Ms Syr.62,
conservato nella Biblioteca Nazionale di Parigi.
All’inizio del ’900, DAs suscita un certo interesse e si hanno diverse traduzioni, tutte molto
vicine fra loro.

                                                                                                               
Cfr. Μ. Geerard, CPG I 1730.
12

13
A. Vööbus, Didascalia Apostolorum (CSCO 402), p. 30*-32*.
14
E. Peretto, Tradizione Apostolica, Città Nuova, Roma 1996, p. 7.
15
A. Vööbus, Didascalia Apostolorum (CSCO 402), p. 28*.
16
E. Hauler, Eine lateinische Palimpsestübersetzung der Didascalia apostolorum, Gerold, Wien 1896.
17
E. Hauler, Didascaliae Apostolorum fragmenta Veronensia latina: accedunt canonum qui dicuntur
apostolorum et aegyptiorum reliquiae, B. G. Teubneri, Leipzig 1900.
18
E. Tidner, Didascaliae apostolorum, Canonum ecclesiasticorum, Traditionis apostolicae versiones latinae, (Texte
und Untersuchungen zur Geschichte der altchristlichen Literatur; Bd. 75,V. Reihe, Bd. 19), Akademie-Verlag,
Berlin 1963.
19
 X. F. Funk, Didascalia et Contitutiones apostolorum, Schöningh, Paderbornae 1905.  
20
P. De Lagarde, Didascalia Apostolorum syriace, Becker & Eidner, Lipsiae 1854.

  3  
La prima è quella di F. Nau nel 190221, dieci anni dopo, nel 1912, una seconda rivista e
corretta.

Quasi contemporaneamente a questa traduzione francese, in Mesopotamia Harrys trova un


altro manoscritto che copia e che M. Gibson pubblica nel 190322; nello stesso anno la studiosa
ne fa anche la traduzione. Questo secondo manoscritto – Codex mesopotamicus o Harrisianus –
differisce in un paio di punti da quello pubblicato da De Lagarde23. Gibson si convince che
questa versione del testo fosse più attendibile di quello trovato nel 1854 e che relega
nell’apparato critico. I fatti successivi le daranno torto24: già all’inizio del 1900 la collezione dei
Borgia conteneva manoscritti siriaci tra cui anche uno di DA; di questo manoscritto borgiano
Gibson aggiunse frettolosamente alcune varianti solo in appendice. Quando ormai la nuova
edizione del testo siriaco era già stata pubblicata Gibson venne a conoscenza dell’esistenza di
un altro codice conservato a Cambridge25 di cui accluse le varianti in un’altra appendice. Da
subito questo lavoro si rivela poco attendibile.

Nel 1904 in Germania si ha la prima traduzione in tedesco dell’edizione critica di De Lagarde


pubblicata da Flemming e corredata da uno studio di Achelis26, studio che è rimasto insuperato fino al
1979 con la pubblicazione di Vööbus.

Nel 1905 in Germania X. Funk27 pubblica una traduzione latina fatta da A. Socin sui manoscritti
siriaci e integrata con i frammenti di Verona28.
Il lavoro propone la ricostruzione della versione latina di DAl, offrendo la possibilità di leggere il
testo greco di CA da una parte e il testo latino di DA dall'altra e dimostrando la dipendenza dei primi
sei libri di CA dai primi sei libri di DA. Il pregio di questo lavoro è che Funk ha reso visibile il rapporto
fra DA e CA, evidenziando con una sottolineatura le variazioni introdotte dall’autore di CA.

Nel 1929 R.H. Connolly29 cura l’edizione e la traduzione inglese dalla versione siriaca a cui acclude
in parallelo i frammenti latini di Hauler.

Nel 1979 A. Vööbus30 pubblica l’edizione critica dei 18 manoscritti e la traduzione inglese del
siriaco, prendendo in considerazione oltre alle diverse tradizioni testuali, anche le differenze fra DAl e
CA e include tutto il materiale conosciuto e prodotto dal processo di revisione del manoscritto. Questa
edizione critica è insuperata e ancora la più affidabile.
Il lavoro più recente su DA è quello di A. Stewart-Sykes31. Nel 2009 l'inglese ha inaugurato una
collana della Brepols, Studia Traditionis Theologicae, con la traduzione inglese del testo siriaco
                                                                                                               
21
F. Nau, La Didascalie, c’est-à-dire l’enseignement catholique des douze ApÔtres et des saints de Notre Seigneur,
Février, Parigi 1902. Nella seconda edizione del testo, dieci anni dopo, Nau rivede alcune delle sue posizioni.
22
M. D. Gibson, The Didascalia Apostolorum in Syriac: edited from a Mesopotamian manuscript with various
readings and collations of other mss, University Press Cambridge-C. J. Clay and Sons, London 1903.
23
Nel terzo capitolo c'è una parte di testo che il Codex Sangermanensis non contiene, inoltre il sesto capitolo è
organizzato in un modo diverso.
24
A. Vööbus, Didascalia Apostolorum (CSCO 401), p. 9*.
25
Wright-Cook, Catalogue of the Syriac Manuscripts II, p. 600.
26
H. Achelis-J. Flemming, Die syrische Didascalia ubersetzt und erklart, J. C. Hinrischs, Leipzig 1904.
27
F. X. Funk, Didascalia et Constitutiones apostolorum, Schöningh, Paderbornae 1905.
28
E. Hauler, Didascaliae Apostolorum fragmenta Veronensia latina: accedunt canonum qui dicuntur
apostolorum et aegyptiorum reliquiae, B. G. Teubneri, Leipzig 1900.
29
R. H. Connolly, Didascalia Apostolorum: the Syriac version translated and accompanied by the Verona Latin
fragments with an introduction and notes, Clarendon Press, Oxford 1929.
30
A. Vööbus, Didascalia Apostolorum (CSCO. Scriptores Syri 401-407, 402-408), Secrétariat du CSCO,
Louvain 1979.
31
A. Stewart-Sykes, The Didascalia apostolorum. An English Version wih Introduction and Annotation, Brepols
Publisher, Turnhout Belgium 2009.

  4  
corredata da un’introduzione generale e da note. Nella prefazione lo studioso, conoscendo il valore
dell'edizione di Vööbus, dice di non volerla sostituire: “but rather intends to replace Connolly’s work,
having taken Vööbus’ work on the text into account, by providing a readable English version of the
text”. Un lavoro quello di S-S che si propone di superare le ipotesi di Connolly nella teoria, ma che
nella pratica si rivela a tratti inconsistente nella ricerca delle fonti e nelle posizioni.

3. a. I manoscritti siriaci
I manoscritti siriaci che tramandano il testo sono 18.
Di seguito ne riporto i nomi e la lettera utilizzata da Vööbus per semplificarne la citazione.

1. Vatican Syr. 560 =A


2. Paris Syr. 62 o Codex Sangermensis =B
3. Borgia Syr. 148 o Codex Borgianus =C
4. Vatican Lat. 5403 =D
5. ˇSarfeh Patr. 87 =E
6. Midyat Gülçe 4 =F
7. Harvard Harris 91 o Codex Harrisianus =G
8. Mardin Orth. 321 =H
9. Birmingham Mingana Syr 4 =I
10. Za'far¯an 2/1 =J
11. Monserrat Orient. 31 =K
12. Cambridge Add. 2023 o Codex Cantabrigiensis =L
13. Borgia Syr. 68 =M
14. Vatican Syr. 560B =N
15. Damascus Patr. 8/11 =O
16. Mardin Orth. 323 =P
17. Mardin Orth. 309 =R
18. London Br. Mus. Add 12, 154 =S

3. b Riepilogo delle edizioni e delle traduzioni di DAs e DAl


Anno Autore Edi. crit. Traduzione Ms base32
1854 De Lagarde x B
1900 Hauler x tedesca Codex Veronensis
1902 Nau francese C
1903 Gibson x inglese G
1904 Achelis-Flemming tedesca G+L+Codex Veronensis
1905 Funk latina del siriaco D+Codex Veronensis
1912 Nau francese B
1929 Connolly x inglese B+Codex Veronensis
1963 Tidner tedesca Codex Veronensis
1979 Vööbus x inglese A/B+CD EFGHILMNOPR
2009 Stewart-Sykes inglese B

3. c. Ipotesi di trasmissione di DA

L’ipotesi più diffusa sulla trasmissione di DA è rapppresentabile secondo lo schema che ho creato
qui sotto.
I frammenti di DAc sono pochissimi ed è difficile stabilire se la traduzione copta sia stata fatta da
DAs o dal greco. Le recensioni arabe sono due e sono derivate e mediate da DAc, entrambe queste

                                                                                                               
32
Per semplificare la denominazione dei singoli manoscritti mi rifaccio alla classificazione operata già da A.
Vööbus nella sua edizione critica, Didascalia Apostolorum (CSCO 401), p. 11*-69*.

  5  
recensioni sono più vicine a CA, che non a DAl o DAs. Secondo Connolly33 DAe e DAa sarebbero
molto più vicine a CA che non a DA:

The later Ethiopic and Arabic Didascaliae, so called, are radically nothing else but
separate editions of the first six books of the Costitutions, with some additional
matter.

DAl α1 CA

DAs E-S DAc

DAs A-D

DA
Vulgata araba DA araba
(più antica)

DAetiopica

Connolly 34 ha anche ipotizzato che l’autore di DA e l’autore di CA avessero davanti


sostanzialmente lo stesso testo che fino al IV secolo non ha subìto modifiche significative, ma
solo piccoli e inconsistenti interventi.

From a comparison of the two verision (DAs e DAl) and the Apostolic Constitutions
one important conclusion may confidently be drawn, viz. that the orginal Didascalia
had suffered no serious modification during the fourth century. The document lay
before the two translators and the autor of the Constitutions in the same form, and
substantially in the same text. It may be that the individual copies had received an
additional touch here and there, but there is no evidence that anything like a new
edition of the work had been produced earlier than, or other than, that which the
“Constituor” himself has given us.

Anche Vööbus ha ipotizzato l’esistenza di un testo comune utilizzato sia dal redattore latino
che da quello di CA, scritto in greco, ma diverso dalla copia usata dal traduttore siriaco35,
ovvero un testo greco più breve e uno più breve.

                                                                                                               
33
R.H. Connolly, Didascalia Apostolorum, p. XX.
34
R.H. Connolly, Didascalia Apostolorum, p. XX.  
35
A. Vööbus, Didascalia Apostolorum (CSCO 402), p. 24*.

  6  
Questa tesi prenderebbe corpo dal riscontro fra CA e DA, con cui DAs non trova sempre
accordo.

Didachè Didascalia Apostolorum Costitutiones Apostolorum


α

β γ CA
DAl

α1

DAs

DAl e CA (capitoli I-VI) hanno una buona corrispondenza tanto da far supporre a Vööbus36
che il traduttore di DAl e il compilatore di CA proponessero sostanzialmente lo stesso testo. La
maggiore somiglianza fra DAc e DAl rispetto a DAc-DAs, come invece ci aspetteremmo, è
dovuta al fatto che il greco di origine è diverso.

La versione più antica del testo siriaco è rappresentata dai manoscritti identificati da Vööbus con
ABCD e EFGHIJKLMNOPRS per la versione più recente37.
La differenza più consistente fra Mss A e Mss E si trova fra il III e IV capitolo, dove la famiglia E
giustappone una raccolta di fonti legislative introdotte secondariamente38.
Nonostante questo materiale normativo conservato fra III e IV capitolo e alcune varianti non
particolarmente significative, le due famiglie di mss tramandano sostanzialmente una stessa recensione.

3. e. Fonti legislative presenti nei manoscritti della famiglia E


Le testimonianze riportate fra il III e il IV capitolo godono tutte della reputazione degli apostoli39.
Sono nove e ognuna è introdotta da un titolo.
Le prime quattro testimonianze sono riconducibili al Testamentum Domini 40 (TD).
Il primo testimone riporta il titolo: “L'ordinazione del vescovo”41. Il secondo, TD I, 3942 , è introdotto sotto il titolo:
“L’elezione dei presbiteri” e regola le qualità dei candidati per il presbiterato. Anche la porzione di testo che segue è tratta da
                                                                                                               
36
A. Vööbus, Didascalia Apostolorum (CSCO 402), p. 32*.
37
Lagarde utilizzò ms B, la Gibson invece usò ms G, questo secondo tipo di manoscritto è caratterizzato
dall’aggiunta di materiale tra il terzo e il quarto capitolo e dalla tendenza ad abbreviare il testo che verso la fine si
fa più evidente.
38
A. Vööbus, Didascalia Apostolorum (CSCO 401), p. 11*.
39
A. Vööbus, Didascalia Apostolorum (CSCO 401), p. 70*.
40
I. E. Rahmani, Testamentum Domini, Jesu Christi nunc primum edidit, latine reddidit et illustravit.
Sumptibus Francisci Kirchheim, Monguntiae 1899.
41
I. E. Rahmani, Testamentum Domini I, 20, p. 26-27, troviamo l'elezione del vescovo e Testamentum Domini
I, 21 p. 27-28 l'ordinazione del vescovo.
La collezione di regole comunitarie presente in TD è inclusa anche in CA41 e nel Sinodos alessandrino41: [Cfr.
A. Vööbus, The Synodicon in the West Syrian Tradition I (edition), p. 11 seg.], designato anche come Canoni degli
apostoli o Eptateuco clementino, è conservato in copto sahidico, arabo ed etiopico. Contiene K, TA e una forma
rimaneggiata del libro VII di CA. Manca invece di una cornice pseudepigrafa e le fonti sono giustapposte l'una
all'altra.

  7  
TD43. Il titolo riporta: “In che modo deve insegnare il presbitero, anche a chi, e con esperienza”44 . “L’elezione dei diaconi”45 è
il titolo del quarto testimone. In questa porzione di testo sono elencate le qualità che devono avere i candidati per aspirare a
questo ministero.

La quinta testimonianza è tratta dall’Ottateuco pseudo-clementino46 ed è introdotta dal titolo: “Come


è giusto che siano i bambini della chiesa”.
“L’insegnamento dei dodici apostoli” è il sesto testimone. L'editio princeps di questo testo greco
fu fatta da J.W. Bickell nel 1843 e resta un unicum47, è stata ristampata da De Lagarde48, J. P. Pitra49 e
T. Schermann50. In siriaco il testo è noto come Ottateuco pseudo-clementino.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                             
42
I. E. Rahmani, Testamentum Domini I , 29, p. 66-68.
43
È una parte estratta da una sezione più ampia: cfr. The Synodicon I , p. 19.
44
I. E. Rahmani, Testamentum Domini I , 31, p. 72.
45
I. E. Rahmani, Testamentum Domini I, 38 p. 78-81; I, 34 p. 82; I, 37 p. 90. [Cfr. A. Vööbus, Didascalia
Apostolorum (CSCO 402), p. 39*-43*].  
46
L'Ottateuco pseudo-clementino è la raccolta di fonti più recente. Conservato in due recensioni – araba e
siriaca – la prima contiene il TD, K, TA, un testo parallelo a CA III-46 e gli 85 canoni ecclesiastici. La versione
siriaca invece omette TA. È poco probabile che le due versione derivano l'una dall'altra, migliore l'ipotesi di una
fonte comune greca, probabilmente tradotta in siriaco (come dimostrato da una nota in un manoscritto siriaco di
Parigi) da Giacomo di Edessa nel 687.
La raccolta è attribuita a Clemente di Roma dalla cornice pseudepigrafa. [Cfr. E. Norelli, Storia della
Letteratura latina e greca, p. 318-9.]
47
Codex Vindobonensis hist. Graec. Olim 45, nunc 7. Bickell, Geschichte des Kirchenrechts I, p. 107.
48
Διαταγαὶ αἰ διὰ Κλήµεντος, Reliquiae juris eccl. Ant. Graece, p. 74.
49
Iuris eccl. Greacorum historia et monumenta I, p. 75.
50
Die allgemeine Kirchenordnung I, p. 12.

  8  
Il titolo della testimonianza successiva è: “Da Paolo apostolo sui momenti
della preghiera”51, la fonte è il capitolo 41 della Traditio Apostolica (TA)52.

A seguire, “Ordini dalla scrittura dell’apostolo Addai”53, viene presentato


un documento normativo che si ricollega alla Dottrina di Addai54. Il ciclo di
canoni greci sono stati resi noti da De Lagarde55. Il testo siriaco fu editato da
De Lagarde56 e Cereton57.

L’ultimo testimone è un insieme di canoni dettati dagli apostoli in cui è


trattata la questione dei matrimoni illegittimi, riportato sotto il titolo:
“Inoltre, un piccolo canone degli apostoli e dei padri attraverso cui la chiesa
di Cristo veramente (è mantenuta insieme)”.
Questa raccolta è inclusa nel Sinodos alessandrino58, documento impiegato
come base e da cui è stata fatta la selezione delle porzioni di testo a cui sono
stati aggiunti altri canoni alla fine59.

I manoscritti che tramandano le fonti comprese nel III capitolo di DA siriaca sono 23, anche in
questa occasione riporterò solo il nome del manoscritto e la lettera con cui sono citati da Vööbus nella
sua edizione.

1. London Br. Mus Add. 14, 644 =a


2. London Br. Add. 14, 531 =b
3. Cambridge Oo. 1, 1.2 =c
4. Vatican Syr. 129 =d
5. Mardin Orth. 420 =e
6. Diyarbakir Orth. 1/1 =f
7. Diyarbakir Chald. 111 =g
8. Mosul Chald. 65 =h
9. Instabul Maryemana =i
10. Ma¯r Behn a¯m 1/1 =j
11. Birmingham Mingana syr. 121 =k
12. Pampakuda 32 =l
13. Mosul Orth. 18/1 =m
14. Borgia syr. 118 =n
                                                                                                               
51
Secondo il frammento greco ritrovato nel 1963, questa parte è tratta da TA, incorporata nel VI libro
dell’Ottateuco pseudo-clementino. [Cfr. A. Vööbus, op.cit., p. 41*; H. R. Drobner, op.cit., p. 609]. Questa porzione
di testo riportata fra le fonti normative è uno dei tratti più significativi di TA. Pregare in modo assiduo e in vari
momenti della giornata non è un atto riservato a una categoria specifica di persone, come le vergini o le vedova,
ma è proposto a tutti i credenti.
52
TA può essere suddivisa in tre parti: la prima riguarda l'elezione e la cerimonia di consacrazione del vescovo,
la seconda riguarda le tappe dell'iniziazione alla fede in Cristo; la terza contiene prescrizioni varie sulla comunione
domenicale, il digiuno, i malati, l'agape, i momenti della preghiera e il segno della croce.
53
I 27 canoni che seguono fanno parte della Didascalia di Addai. Cfr. La traduzione e il commento di Monica
Casadei, edizioni Qiqajon, Bose 2007, pp. 17-24.
54
Cfr. Ancient Syriac Documents, p. 24; Phillips, The Doctrine of Addai the Apostle; un’altra recenzione della
Dottrina di Addai si trova in The Synodicon in the West Syrian Tradition I, p. 200.
55
Διδαχή Aδδαίου, Reliquiae juris eccl. Graece, p. 90.
56
Reliquiae juris eccl. Syriace, p. ‫ܠܕ‬.
57
Ancient Syriac Document, p. ‫ܒܗ‬.
58
The Synodicon in the West Syrian Tradition I (edition), p. 201; The Synodicon II (testo), p. 46; (traduzione),
p. 49.
59
A. Vööbus, “The canons in the Doctrina of Addai”, p. 3.

  9  
15. Anhel =o
16. Harvard Harris 33 =p
17. Sˇarfeh Patr. 272 =r
18. Jerusalem st. Mark 153 =s
19. Birmingham Mingana Syr. 12 =t
20. Mardin Orth. 327 =u
21. Vatican syr. 596 =v
22. Mardin Orth. 320 =w
23. Midyat Nu' m¯an 218 =x

Frammenti copti
La versione copta è perduta quasi completamente, eccezione fanno pochissimi frammenti pubblicati
da Depuytd nel 199360. La notizia dell’esistenza di questa versione si può leggere nelle versioni tarde,
ovvero quella araba e quella etiopica.
Versione araba
Le recensioni arabe sono due e sono derivate e mediate da un testo copto oggi perduto, entrambe
queste recensioni sono più vicine a CA, – di cui riportano anche la stessa prefazione61–, che non a DA
latina o siriaca.
La prima recensione è più antica ed è la più conosciuta, è detta anche Vulgata. Potrebbe essere stata
tradotta da un testo copto nell’XI secolo, è suddivisa in 3962 capitoli e rielabora CA I-VI, sebbene ci
siano alcune omissioni63 in cui si verifica una significativa alterazione nella disposione del materiale e
l'aggiunta del VI capitolo. Queste differenze nella disposizione degli argomenti la rendono una
traduzione poco fedele64. Di questa recensione Vulgata esiste un’edizione di Dāwud del 1924 che si
basa su un manoscritto del patriarcato copto e su due manoscritti privati65.
La seconda recensione deriva da un testo in copto, scoperto da Baumstark nel Museo Borgia; il
manoscritto conta 44 capitoli, segue la disposizione di CA e ne contiene in modo fedele i primi sei libri
e parte del VII66.
Questo manoscritto contiene l’informazione che DA fu tradotta da un testo copto del 926 da Abu
Ishaq ibn Fadlallah in arabo nel 1295. Perfettamente uguale ai primi sette libri di CA.
Per Funk questa seconda recensione è la più antica 67, perché ha una corrispondenza con i primi
sette capitoli di CA a eccezione dei tre brevi capitoli alla fine del VII libro omessi in modo accidentale68.

Versione etiopica
DA etiopica69 fu pubblicata in inglese nel 1834 da Platt70 che fece una traduzione da un manoscritto
ricevuto da Gerusalemme da Jowett, ma mancava un foglio, per cui si rivelò un manoscritto
incompleto.
                                                                                                               
60
L. Depuydt, Catalogue of Coptic Manuscripts in the Pierpont Morgan Library II, Peeters, Leuven 1993. cfr.
anche A. Camplani, “A Coptic Fragment from the Didascalia Apostolorum”, Augustinianum 36,1 (1996) 47-51
e Cfr. G. Schöllgen, Die Anfänge der Professionalisierung des Klerus und das kirchliche Amt in der Syrischen
Didaskalie (Jahrbuch für Antike und Christentum. Ergänzungsband 26), Aschendorff, Münster 1998.
61
G. Graf, “Die Übersetzungen” in Geschichte der christlichen arabischen Literatur 1, Biblioteca Apostolica
Vaticana, Città del Vaticano 1944, p. 564-569.
62
A. Bausi, “Didðsqðlya” in Encyclopaedia Aethiopica I, Siegbert Uhlig, Wiesbaden 2003, p. 570-572a.
63
Cfr. V 13-16 e VI 7-29.
64
A. Bausi, “Didðsqðlya” in Encyclopaedia Aethiopica I, Siegbert Uhlig, Wiesbaden 2003, p. 571.
65
D. Spada-D. Salachas, Costituzioni dei Santi Apostoli per mano di Clemente, Urbaniana University press,
Roma 2001, p. XXVII.
66
Non sono contenuti i capitolo 47 e 48 del libro VII.
67
Funk, op. cit. , volume I, p. XLIII:“haec recensio haud dubie primigenia est”.
68
J. M. Harden, The Ethiopic Didascalia, Society for Promoting Christian Knowledge, Thomas Pell ed. ,
London 1920, p. XV.
69
A. Bausi, “Didðsqðlya” in Encyclopaedia Aethiopica I, Siegbert Uhlig, Wiesbaden 2003, p. 570-572a.

  10  
Il testo completo è tramandato da cinque manoscritti della collezione orientale del British Museum
(752, 793, 797, 798, 799), Françon usò il manoscritto 799 e fece una traduzione in francese dei primi
30 capitoli.
Nel 1920 Harden71 fece una traduzione, utilizzando il manoscritto 752. Anche la versione etiopica,
come già la seconda recensione araba, riproduce la stessa prefazione presente in CA e ne segue il testo
nei suoi primi sette libri. Da questa evidenza Harden deduce una dipendenza di DA etiopica dalla
seconda recensione araba.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                             
70
T. P. Platt, The Ethiopic Didascalia, or the Ethiopic version of the Apostolical Constitutions received in the
Church of Abyssinia, Thomas Pell ed. , London 1834.
L’or del titolo è giustificato dal fatto che il testo etiopico è più simile ai primi sei capitoli delle CA che alla DA.
71
J. M. Harden, The Ethiopic Didascalia, Society for Promoting Christian Knowledge, London 1920.

  11  
B. INTRODUZIONE A DAs

L’organizzazione formale del testo


DA è composta da un indice o rubrica dei contenuti in cui è riassunto singolarmente il contenuto di
ventisette capitoli. Un breve proemio introduce l’argomento della trattazione ribadendo la presenza dei
ventisette capitoli. Segue l’esposizione vera e propria divisa e numerata in ventisei capitoli, ognuno dei
quali è difforme dall’altro per aspetto – brevi, brevissimi o particolarmente lunghi – ma mentre alcuni
capitoli hanno un titolo più o meno esplicativo, altri indicano i destinatari di quella porzione di testo;
in altri casi ancora troviamo un ripielogo, mai più lungo di sette-otto righe.

1. a L’indice, il proemio e i riassunti introduttivi


L’indice
L’indice – o rubrica dei contenuti – non è uniforme con il resto del testo, mentre DA
conserva ventisei capitoli, la rubrica ne riporta ventisette, dimostrando di aver attinto a un
altro manoscritto o di essere stato oggetto di un'operazione redazionale che ha ridotto o
suddiviso diversamente il numero dei capitoli. Vööbus ipotizza che l’indice sia stato parte di
un manoscritto con una recensione diversa del testo72.
Il proemio
Il proemio informa che DA è stata composta dopo che Paolo, Giacomo e alcuni apostoli si
sono riuniti a Gerusalemme, dove quest’ultimi sarebbero stati incaricati di scrivere il libro
Didascalia per stabilire e sancire norme comunitarie e di fede.
Il proemio dichiara origini apostoliche presentando DA come il risultato di questa riunione.
Della diffusione del libro è incaricato Clemente “nostro compagno” e gli insegnamenti sono
rivolti ai “cristiani nazorei che siete sotto al sole”.
“Quello che voi ascolterete” è quello che dovrà essere imparato con cura; la precisazione
sembra intendere che questi insegnamenti venissero letti pubblicamente con relativa
ricompensa di vita eterna per chi li accogliesse o allontanamento per chi invece facesse
resistenza.
I riassunti introduttivi
In alcune occasioni, ovvero all’inizio dei capitoli II, III, X, XI, XII, XVI, XVII, XVIII, XIX, XX, XXIV, XXV,
troviamo la menzione degli argomenti affrontati, come una sorta di riassunto introduttivo.

1. b. Tavola dei contenuti


Proemio
Il proemio si apre con la benedizione di Mt XXVIII, 19: “Nel nome del Padre onnipotente e del Logos eterno e Figlio
unigenito e dello Spirito Santo, unico vero Dio”. Sono gli santi apostoli a ordinare di scrivere questo libro: insegnamenti su
coloro che amministrano la chiesa, sui canoni e sulle norme da consegnare ai fedeli.
L'impressione è che gli apostoli siano coloro che commisionano la Didascalia, mentre appena dopo se ne dicono anche
autori richiamando l'episodio di At XV, 23 seg.
L'attenzione del redattore si pone sulla presenza a Gerusalemme di Paolo e Giacomo vescovo della stessa città.
Si preannuncia la lettura della professione di fede e del credo – di cui invece non troviamo traccia nel testo – e di tutti i
ministeri (vescovi, diaconi, suddiaconi, presbiteri, lettori, citaristi) che hanno ricevuto una denominazione; di alcuni c’è solo
un accenno (presbiteri, lettori), per altri il completo silenzio (citaristi e suddiaconi).
L'istruzione degli apostoli è fare la propria professione di fede e confidare in Dio che ha dato un vescovo, i presbiteri, i
ministri, i suddiaconi, i lettori e i citaristi e coloro che hanno orecchie per il vangelo. Dopo aver stabilito questi canoni, gli
apostoli dicono di averli istituzionalizzati nella chiesa. Questo libro infatti – luce che illumina il mondo – è stato fatto circolare
attraverso le mani di Clemente, loro compagno.
A questo punto il proemio si rivolge a coloro che ascoltano cristiani (At XI, 26) nazorei (At XXIV, 5) – essi dovranno
imparare bene ciò che ascoltano. Chi apprende questi ordini, – continua il proemio – riceverà la ricompensa di una vita eterna
e avrà grande coraggio davanti all'altare di Gesù Cristo; chi invece non si fa vincere da questi insegnamenti e non li fa suoi sarà
cacciato come uno che si oppone e che vuole la lite, il suo posto sarà la Ghenna per l'eternità.

                                                                                                               
72
A. Vööbus, Didascalia apostolorum, (CSCO 402) p. 36*.  

  12  
L'ultimo elemento che richiama la nostra attenzione è la dichiarazione dei 27 capitoli contenuti all'interno del testo,
quando invece il testo così come lo leggiamo ne conta 26.

Il titolo dell'opera:
Didascalia o insegnamento universale dei dodici apostoli e dei santi discepoli del nostro salvatore

Primo capitolo.
La Legge semplice e naturale
Il capitolo si rivolge ai fedeli: “piantagione di Dio e vigna santa”, l'esortazione è di obbedire a Dio. Dopo questo ordine
che apre il capitolo, il testo continua rivolgendosi in modo diretto ai figli di Dio affinché siano obbedienti e facciano piacere a
Dio. Al contrario, chi facesse diversamente è detto empio e trasgressore, questo monito si declina secondo una serie di
raccomandazioni: fuggire e astenersi da ogni fraudolenza e immoralità, non bramare le cose di un altro uomo, non desiderare
la moglie di un altro, né il suo domestico o la sua domestica, perché chi desidera è già condannato come ladro o adultero. Qui
troviamo la prima delle cinque dossologie presenti nel testo.
In contrasto alla Legge, è chiamato in causa il vangelo, in cui si dice non più solo “non commettere adulterio”, ma “chi
guarderà la moglie del suo vicino per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore” perché Gesù Cristo è
venuto a rinnovare, confermare e portare a compimento il Decalogo della Legge.
L'obbedienza a Dio ammette una sola legge, semplice, vera e amabile: “Qualsiasi cosa odi che ti sia fatta da uno, tu non
farla agli altri”. Il testo passa quindi agli esempi: se tu non vuoi che tua moglie venga guardata anche tu non guardare quella di
un altro etc etc.
Ma bisogna stare in guardia sul fatto che se un uomo fa un'ingiuria deve essere benedetto perché nei Numeri si dice:
“Colui che benedice è benedetto e colui che maledice è maledetto”. Subito dopo anche una citazione dal vangelo per
rinforzare il concetto iniziale: “Benedite quelli che vi maledicono”; “Non dire: ‘Io ripagherò il mio malvagio avversario come
egli ha fatto a me’. DA chiude il capitolo con il detto: “Amate quelli che vi odiano e pregate per quelli che vi maledicono e
non avrete nemico” e subito dopo richiama l'attenzione dei nostri amati: dare ascolto a questi ordini e rispettarli permetterà di
essere figli della luce.

Secondo capitolo.
Il secondo capitolo non ha un titolo, ma in testa si legge una breve sintesi dei contenuti: i destinatari sono gli uomini,
l'esortazione è di rendersi belli solo per le proprie mogli, di concentrarsi sulle Scritture e di astenersi dalla Seconda Legge e dai
suoi lacci, di evitare i bagni dove ci sono le donne e infine di non concedersi alle prostitute.
Il capitolo è rivolto ai laici e si apre con l'esortazione alla reciproca sopportazione, facendo intendere che l'esortazione
valga anche per il capitolo successivo rivolto alle donne.
Le prime indicazioni sono indirizzate al modo in cui gli uomini devono trattare le proprie mogli e come comportarsi con
le altre donne.
Gli uomini hanno l'obbligo di non rendersi appariscenti per non farsi desiderare dalle altre donne. Il testo ipotizza che una
donna possa costringere un uomo a tradire la propria moglie, in quel caso il traditore sarebbe punito con il fuoco eterno. Se
invece questi resiste, il solo peccato che gli si può imputare sarebbe quello di aver suscitato il desiderio di una donna; in quel
caso solo lei avrebbe commesso adulterio per lussuria, colpita dalla sua bellezza, giovinezza, giustizia e abbigliamento. Per
essere gradito a Dio, il testo ordina a ogni uomo di non rendersi più bello di quanto non sia già. Da qui ci sono indicazioni
sull’igiene personale: tagliare i capelli senza pettinarli o acconciarli, non profumarli per non irretire le donne o attirare quelle
che vogliono essere irretite. Non usare bei vestiti o scarpe dalla fattura preziosa né anelli: tutti inganni tipici della prostitute e
di ciò che non è naturale. Ancora indicazioni: per i fedeli non è opportuno far crescere i capelli, pettinarli e asciugarli. Questa
– stabilisce il testo – è lussuria. Al contrario: non tagliare la barba e non alterare il volto per piacere agli uomini. Poi, di nuovo
ammonizioni: non fare queste cose e stare lontano da quelle che non sono gradite al Signore, non vagare e perseverare nel
lavoro, meditare sulle parole del Signore.
In caso la ricchezza sia tale che lavorare non è necessario, non è accettabile ciondolare, l'imperativo è avvicinarsi
costantemente alla fede. L'esortazione del testo è di rimanere a casa a leggere, qui i primi consigli di lettura: Legge, Libro dei
Re, profeti e vangelo, esclusi categoricamente tutti i libri dei Gentili, perché false profezie allontanano i giovani dalla fede. Il
testo interroga il suo lettore chiedendo quale possa essere la mancanza nelle parole di Dio per preferire le storie dei Gentili, ma
è ovvio che sia una domanda retorica. Per conoscere la storia c'è il Libro dei Re, per la filosofia o i saggi ci sono i profeti, per le
canzoni ci sono i salmi di Davide. Per conoscere come è iniziato il mondo c'è la Genesi, per le norme c'è la Legge e l'Esodo.
Fatta questa panoramica, il testo esorta ad astenersi da tutto ciò che va contro a quanto appena detto, ma soprattutto la
raccomandazione è di astenersi dagli ordini e le proibizioni che implica la Seconda Legge, sapendo discernere che cos'è la
Legge e che cosa la Seconda legge. Qui leggiamo la prima spiegazione di questo concetto: la Prima Legge o semplicemente
Legge è quella che il Signore Dio ha pronunciato prima che il popolo facesse il vitello e adorasse idoli ed è il Decalogo e i
giudizi. Dopo che il popolo ha adorato idoli, Dio impose loro delle catene con cui chi crede in Dio invece non deve legarsi.
Privi di questo peso bisogna leggere la Legge Naturale che accorda il vangelo, i profeti e il Libro dei Re. La promessa è che
leggere queste cose permetterà di crescere nella fede.
Dopo aver fatto queste letture, il testo continua indicando agli uomini di andare nella piazza, cercare le terme e lavarsi, ma
non in quelle femminili, in quelle maschili per non cadere in reciproche insidie.
Portato a termine anche questo ammonimento, il testo raccomanda di tenere a mente che cosa suggerisce Pr VII,1-27; V, 1-
14: uomini sedotti da una prostituta.
Il testo chiede fiducia al suo lettore: appellandolo figlio mio stabilisce con esso un legame paterno – oltre che nella forma
anche nel contenuto – perché il tono premuroso e preoccupato sembra essere garanzia che quanto detto finora non è altro che
un bene, così come consiglierebbe un genitore.

  13  
Il capitolo si chiude con la consapevolezza di chi scrive di aver tralasciato qualcosa, ma per un buon fine: non prolungare
l'avvertimento, dunque l'ultima raccomandazione: scegliere da soli le cose da accogliere delle Sacre Scritture e dal vangelo,
diventare forte, allontanare il male ed essere perfetti nella vita insieme a Dio.

Terzo Capitolo.
Il capitolo è privo di titolo e si apre con una breve sinossi degli argomenti trattati, che non combacia con il contenuto del
testo.
La sinossi riporta solo la parte del materiale che riguarda le donne, escludendo quello che riguarda il vescovo, la sua
elezione e i decaloghi normativi. Tutto questo materiale è preso da altre opere e aggiunto a posteriori.
La sintesi indica nelle donne i destinatari del capitolo e sintetizza le mansioni, i comportamenti e le qualità che una donna
dovrebbe possedere in privato e in pubblico. Dedite esclusivamente al proprio marito e al lavoro della propria casa, lontane dai
bagni maschili, per niente appariscenti e né di scandalo per gli uomini, i quali non devono essere trattenuti con la forza. Caste,
affidabili e non devono litigare con i mariti, questa è la sostanza del loro agire.
Il capitolo in realtà è più articolato della sinossi.
“Una donna sia soggetta a suo marito”. La sottomissione nei confronti dell'uomo apre il capitolo ed è sancita da Ef V, 22;
cfr. Col III, 18; I Cor XI, 3: l'ordine è gerarchico, capo della donna è l'uomo, capo dell'uomo è Cristo, dopo c'è il Signore
onnipotente e lo Spirito Santo. L'uso del plurale per rivolgersi alle donne è limitato alla sinossi iniziale.
Timore e reverenza sono richiesti alla donna nei confronti del marito; piacere e cura devono essergli riservati e assicurati
con prontezza. Queste mansioni sono giustificate dalla citazione della Sapienza (Prov XXXI,10-31 e Prov XII, 4). In questo modo,
il nostro autore vuole insegnare alla donna casta, che ama il marito, che è fedele e che vuole piacere a Dio quanto è stata lodata
dal Signore. A questo punto l'esortazione diventa ancora più diretta: “Perciò, donna, non ti agghindare per piacere agli
uomini”, le prostitute si vestono, si pettinano, calzano scarpe alla moda da cui è assolutamente necessario tenersi lontano per
non attirare quelli che amano queste cose. E se il peccato non è la corruzione, sicuramente è l'aver provocato desiderio. Se
nella peggiore delle ipotesi, il peccato è condiviso con un uomo, la donna ha responsabilità oltre che del corpo anche
dell'anima dell'uomo e lei stessa donna diventa fragile e si lascia andare con altri uomini come dice la Sapienza (Prov XVIII, 3
seg.). Dunque, chi cade nel desiderio è prono nell'anima e rende schiave le anime degli sciocchi.
L'autore che fino a questo momento si è sempre rivolto alla donna, ora usa la prima persona plurale e dice: “Ma
impariamo ciò che concerne queste cose” attraverso la Sapienza (Prov XI, 22, Prov IX 13-17, Prov XXI, 9).
Dopo le citazioni bibliche, l'ammonizione riprende rivolgendosi non genericamente a una donna, ma a quella cristiana, il
divieto è di imitare quelle così. Per diventare una donna fedele è necessario far piacere al proprio marito soltanto, per strada è
doveroso coprire il capo per celare la propria bellezza, avere il viso privo di ogni abbellimento, rivolto verso il basso e velato
anch'esso.
Bisogna fare attenzione a lavarsi nei bagni maschili, ma se c'è la possibilità, meglio lavarsi in quelli riservati alle donne. Se
poi la donna in questione è una credente le è vietato lavarsi alla presenza di un uomo perché – polemicamente dice il testo – se
celi il tuo viso per strada come puoi lavarti davanti a degli estranei? Il testo ipotizza che se non c'è un bagno femminile e una
donna è costretta a lavarsi in uno maschile, bisogna farlo in modo casto e con prudenza, avendo vergona e misura, scegliendo
il momento adatto, quando c'è meno affluenza, e non tutti i giorni, il momento migliore perché una donna si lavi sono è la
decima ora, cioè fra le quattro e le cinque del pomeriggio perché a quell'ora le terme sono deserte.
In quanto donna credente bisogna evitare la lite soprattutto con il proprio marito, perché se questi è un Gentile, non sia
provocato e indotto a bestemmiare Dio, ma se invece anche lui è un credente bisogna contenerlo, perché conoscerà le Scritture
e sarà saccente e ti zittirà. Il fatto che la donna mostri timore e reverenza a Dio serve ad accrescere la fede di quelli che ne
hanno poca.
Conclude il nostro autore: “Vi abbiamo ammonito e istruito brevemente”, – il pronome personale cambia
dall'impersonale alla prima persona plurale noi, intendendo “noi apostoli” ammoniamo “voi” donne; il destinatario quindi
diventa plurale. Il passo si chiude con l’affermazione che le donne, essendo sagge, cercano e scelgono ciò che è buono e rende
loro onore. L'obiettivo è che imparino ciò che gli permetta di raggiungere il Regno.
Il capitolo sembra essere terminato con una conclusione.
Da qui in poi comincia quel materiale, diviso in paragrafi e con un titolo proprio, che è stato aggiunto solo nei manoscritti
della famiglia E di cui, ripeto ancora, la sinossi in testa al nostro capitolo non riporta il contenuto.
Trovaimo materiale sull'elezione del vescovo, quella dei presbiteri e dei diaconi.
Seguono altri passi dai titoli:
“In che modo deve insegnare il presbitero, anche a chi, e con esperienza”
“Come è giusto che siano i bambini della chiesa”
“L'insegnamento dei dodici apostoli”
“Da Paolo apostolo sui momenti della preghiera”
“Ordini dalla scrittura dell’apostolo Addai”,
“Inoltre, un piccolo canone degli apostoli e dei padri attraverso cui la chiesa di Cristo veramente (è mantenuta insieme)”

Quarto capitolo.
Insegna quale uomo è giusto che sia scelto per l’episcopato e quali dovranno essere i suoi costumi
Il capitolo avverte di prestare la stessa attenzione per ciò che riguarda il vescovo, in particolare alle doti che deve possedere.
Apprendiamo da questo capitolo che il vescovo è capo del presbiterato della chiesa e di ogni altra congregazione, dunque è
un uomo di un certo potere, di contro la qualità che è richiesta per prima è l'irreprensibilità. Meno di cinquanta anni, maturo
nelle abitudini e distante dalle vanità, dalla diffamazione e dal maledire i fratelli. Istruito e capace di insegnare.
Se non fosse istruito per lo meno deve essere un buon oratore e un uomo saggio.

  14  
Se la comunità è piccola e non c'è nessuno con queste caratteristiche si può nominare un giovane su cui la comunità dovrà
testimoniare che possiede umiltà, pacatezza dei modi e maturità. Se il giudizio è concorde potrà essere eletto. A rafforzare la
possibilità di eleggere un giovane, il nostro autore riporta tre esempi:
1) Salomone, a dodici anni di età già re di Israele;
2) Giosia, all'età di otto ha regnato con rettitudine;
3) Ioas, re addirittura a sette anni.
Il discorso riprende ribadendo che se il vescovo è giovane, è importante che sia umile, timorato e calmo così come cita
Isaia, LXVI, 2 e il vangelo di Mt V, 5. Deve essere uno che porta pace, puro, vigile, casto, con una certa stabilità, distinto, non
violento, uno che non ama il vino, per niente malizioso, calmo e affatto litigioso. Per niente attaccato al denaro, non deve
essere un ingenuo per non esaltarsi e poi essere umiliato. Deve aver avuto una sola moglie che ha gestito bene la casa, e al
momento dell'imposizione delle mani deve essere presa in considerazione tutta la sua famiglia, moglie e figli, perché non
potrebbe governare una chiesa se la sua stessa carne gli si ribella o se la moglie non è casta e crede.
Si deve esaminare (da chi non è specificato), se il vescovo è senza macchia sia nelle questioni secolari che nel corpo,
alludendo forse a un'integrità fisica. Il vescovo non deve essere uno che conserva rabbia, perché distrugge anche i saggi, ma
piuttosto deve essere misericordioso, compassionevole e caritatevole, generoso e attento agli orfani, alle vedove, ai poveri e agli
stranieri. Si deve distinguere nel servizio ed essere assiduo nel suo ministero. Di anima mortificata e idee chiare. Deve
conoscere chi merita di ricevere aiuto: l'aiuto del vescovo e della comunità non deve andare alla vedova che riesce a essere
autosufficiente o ricca, ma a colei che è malata, inferma o con dei figli da crescere. Se poi c'è un uomo ingordo, pigro o
ubriaco che si preoccupa solo di mangiare, questi non merita l'elemosina della chiesa.
Il vescovo non deve fare discriminazioni, non essere in soggezione davanti al ricco, né disprezzare il povero. Frugale e
povero nel mangiare e nel bere, capace di vigilare per ammonire e punire gli indisciplinati. Non deve essere calcolatore, né
volubile, né lussurioso, amante dei piaceri o iracondo, ma paziente e diligente nell'insegnamento, costante nella lettura della
Scrittura e diligente nell'interpretarla e nell'esporla. Deve saper mettere a confronto la Legge e i profeti con il vangelo in modo
che concordino. Prima di ogni altra cosa deve saper discernere la Legge dalla Seconda Legge in modo da poter dimostrare
quale sia la Legge del fedele e quali siano i lacci di chi non crede.
L'autore dopo aver delineato in linea generale le caratteristiche che dovrebbe avere il vescovo ideale utilizzando i verbi in
modo impersonale, si rivolge direttamente al vescovo con il tu, incitandolo a spiegare ogni affermazione al suo popolo.
Il testo riprende l'uso dei verbi in modo impersonale e continua il profilo del vescovo ideale.
Il vescovo non deve essere amante del guadagno disonesto, è preferibile che sia imbrogliato più che imbrogli. Non deve
essere un amante delle ricchezze, non deve pensare male di nessuno, né essere un bugiardo. Non deve essere iracondo o amare
lo scontro. Non deve amare il potere. Non deve essere falso nell'animo o nel parlare, né prestare attenzione alla diffamazione o
alla denigrazione. Non deve essere un ipocrita. Non deve amare le feste che non sono cristiane, non deve essere lussurioso e né
attaccato al denaro.
Il vescovo deve comandare, ammonire e insegnare con saggezza e in modo pragmatico, deve essere imparziale, attento
nelle sue valutazioni e saper riconoscere chi è malvagio per allontanarlo. Deve essere socievole con tutti, ma pur sempre un
giudice corretto.
Le buone qualità che appartengano all’uomo si ritrovino anche nel ruolo svolto dal vescovo, perché se il pastore è estraneo
al male anche chi lo segue farà lo stesso imitando il suo operato. Il vescovo è incitato a essere d'esempio al popolo. Il testo
cambia soggetto e non indirizza più le sue indicazioni alla comunità in generale, delineando le qualità del vescovo ideale in
modo impersonale, ma si rivolge ai diretti interessati, pensando di interagire con un più con un'idea di vescovo, ma con coloro
che sono già a capo della comunità: “...Perché è necessario che voi siate di esempio al popolo, perché anche voi avete Cristo
come esempio”. E ribadisce: “Poi siate anche voi un nobile esempio il popolo”. L'incoraggiamento è rafforzato dal passo di
Ezechiele XXXIII, 1-6, nella tradizione latina il passo è associato all'ordinazione episcopale, in questo caso invece il passo è
utilizzato per stabilire un'analogia fra il ruolo del vescovo e quello di una sentinella: un sorvegliante pronto a dare l’allarme in
caso di pericolo, in cui la spada che deve utilizzare il vescovo è il giudizio, la tromba per dare l'allarme è il vangelo e il vescovo
stesso è la sentinella della chiesa.

Quinto capitolo.
Un insegnamento sul giudizio
Il capitolo si apre con un’indicazione al vescovo: quando predica deve portare testimonianza e rafforzare il giudizio che è
presente nel vangelo, l'invito riprende la citazione di Ezechiele XXXIII, 7-9 con cui si è chiuso il capitolo precedente.
D'un tratto, l'interlocutore del redattore diventa plurale: voi.
I vescovi sono esortati a predicare, essere testimoni, ammonire e predicare, ma appena dopo si ritorna al tu. Una volta che
queste cose sono state fatte, non è da biasimare un vescovo perché capita che un uomo si vergogna e si allontana dal male se ha
ascoltato e se l'altro ha insegnato. Si stabilisce quindi un legame fra l’“Ascolta Israele” di Deuteronomio VI, 4 e “Chi ha
orecchie per ascoltare, che ascolti” di Mt XI, 5 e XIII, 9.
Il redattore continua dicendo che nella realtà dei fatti nemmeno chi sembrava avesse ascoltato lo ha fatto veramente
perché molti sono caduti nell'eresia. Di nuovo un cambio di destinatario: noi fratelli non dovremmo pensare che chi viene
battezzato compie ancora azioni turpi, perché chi compie il male dopo il battesimo è condannato all’inferno, che i Gentili
oltraggeranno, ma noi (fratelli cristiani) non ci confondiamo con loro, né comunichiamo con loro. Il testo ha cambia
destinatario tre volte in poche righe (voi vescovi, tu vescovo, noi fratelli).
Attraverso la menzogna dei Gentili, i nostri fratelli hanno trovato la verità così come dice il vangelo nella prima lettera a
Pietro. Se saranno mendaci contro un uomo, questi sarà benedetto, ma se invece un uomo è colpevole di attività malvagie,
non è cristiano, ma solo un bugiardo perché è nell’ipocrisia che ha timore del Signore.
Ritorna l'esortazione in terza persona al vescovo: “Pertanto il vescovo si asterrà da queste persone...”, ma se anche il
vescovo è colpevole contamina la sua congregazione rovinando i giovani che gli sono accanto. Essi dubiteranno di loro stessi,

  15  
lo imiteranno e avranno la sua stessa sorte; se invece chi pecca vede vescovi e diaconi senza peccati, questi avrà timore di
entrare nella comunità perché sarà la sua coscienza a rimproverarlo.
Nel caso, invece, che nonostante i suoi peccati il peccatore entrasse in chiesa e dopo essersi guardato attorno non trovasse
nessun peccatore, sarebbe confuso e uscirebbe piangendo e rimordendosi l'anima. In questo modo il gregge rimane puro.
Dopo essere andato via, il peccatore si pentirà del suo peccato, piangendo e gemendo davanti a Dio e solo così per lui ci
sarà una speranza di salvezza essendo d'esempio agli altri che così sapranno che chi pecca muore.
Nelle conclusioni il redattore usa di nuovo il tu rivolgendosi al vescovo: “Sii sollecito nell'essere puro e nelle tue opere”,
consapevole dell'autorità e della somiglianza a Dio che questo ministero possiede gerarchicamente. Nelle assemblee siediti dove
ti è dovuto e insegna come chi ha l'autorità per giudicare i peccatori.
A suggellare il discorso sull'autorità del giudizio c'è la citazione di Mt XVIII,18.

Sesto capitolo.
Ai malfattori
Questo capitolo è indirizzato ai malfattori e, secondo alcuni ms, anche a quelli che si pentono.
Il capitolo riporta una riassunto degli argomenti trattati che coincide con quello riportato nella rubrica.
Il capitolo si rivolge al vescovo in II persona, quasi fosse un colloquio. Le indicazioni riguardano l’obbligo del vescovo di
giudicare in modo severo chi si pente come fosse Dio. Il vescovo deve interrogare, rimproverare e insegnare, perché il Signore
ha promesso il perdono dei peccati. Nel brano è citato Ez XXXIII, 10. Il vescovo dà speranza di perdono a chi geme, piange e
converte il proprio cuore.
Chi invece non ha peccato deve continuare senza peccati, perché non abbia bisogno del perdono.
C'è un repentino cambio di interlocutore: "Da dove riconosci, peccatore, quanti sono i giorni della tua vita in questo
mondo, in cui potrai pentirti? Visto che non conosci la tua dipartita dal mondo, forse morirai nei tuoi peccati e lì non ci sarà
più pentimento per te...?”.
Poi, di nuovo, ancora al vescovo. L'indicazione è su come deve giudicare: severità nel giudizio, misericordia
nell'accoglienza, pietà quando qualcuno promette di pentirsi. Rimproveri e castighi e poi suppliche. Si susseguono le citazioni
di Sal (LXXIV) LXXIII, 19 e Ger VIII, 4. Quando il vescovo è privo di dubbi, deve accogliere chi si pente e non farsi ostacolare dalle
persone prive di misericordia, tale scelta è supportata da Dt XXIV, 16 e da Ez XIV, 12-14 introducendo il concetto di
responsabilità personale dei peccati. Esempio che viene rinforzato da Pr V, 22. Seguono esempi illustri di Giuda e di Ham, il
figlio di Noè che non è stato benedetto, persone che pur avendo peccato non hanno macchiato il resto della comunità o il
gruppo in cui vivevano.
Il redattore ritorna su chi è senza misericordia e vuole mettere a morte chi ha peccato, incita a fornire aiuto a chi pecca e a
non agire con durezza di cuore. Il redattore si rivolge al vescovo in persona: "Per questo non è necessario per te, vescovo, che
sei il capo, obbedire alla coda che è un laico, uomo discutibile che brama la distruzione di un altro, ma prendi in
considerazione solo la parola del Signore Dio.
Ad avvalorare ulteriormente la responsabilità personale dei peccati il lungo brano di Ez XVIII 1-32.
Il redattore si rivolge ai figli “amati e cari”, ai laici, sollecitando di riconoscere le grazie del Signore e di accogliere con gioia
chi si pente. conituna con una citazione di Ez XVIII, 25-29 sul pentimento.
Il redattore si rivolge ai vescovi, al plurale questa volta, chiedendo di giudicare secondo la Scrittura, con gentilezza e
misericordia, perché: “Se uno cammina sull’orlo del fiume e sta per scivolare ‒ se lo lasci, lo hai spinto tu (e) gettato nel fiume,
e hai commesso omicidio. Ma se un uomo stesse per scivolare sull’orlo di un fiume e fosse vicino a morire, allunga
velocemente una mano verso di lui e trascinalo fuori, così che non muoia. In questo modo agisci ora, affinché il tuo popolo
impari e agisca anche in modo sensato e il peccatore non muoia”, il paragone creato è di sorprendente intensità,
sensibilizzando il lettore sul ruolo del vescovo nei confronti dei peccatori.
Subito dopo il redattore si rivolge a un solo vescovo, usando il singolare, su come si deve comportare con uno ha peccato:
“Sii in collera con lui e ordina che lo caccino. E dopo che è stato scacciato, si arrabbino con lui e lo affrontino e lo tengano
fuori dalla chiesa. E poi che entri e implori”. Ad avvalorare questo comportamento c'è la citazione di Lc XXIII, 34.
Continua ancora a insegnargli come comportarsi: “E poi, vescovo, ordinagli di entrare e chiedigli se si pente. E se è degno
di essere ricevuto nella chiesa, fissagli i giorni di digiuno secondo la sua trasgressione, due settimane o tre o cinque o sette. E
così licenzialo, che vada, dopo avergli detto tutto quello che è giusto per ammonimento e istruzione. Rimproveralo e digli che
si dovrebbe umiliare da solo e che dovrebbe pregare e supplicare nei giorni del suo digiuno per farsi trovare degno del perdono
dei peccati come è scritto nella Genesi...” (IV, 7). Segue l'esempio illustre di Miriam la sorella di Mosè, che dopo essersi pentita
è stata perdonata.
Ancora un ultimo insegnamento: “Lo stesso è richiesto a voi di fare: mettete fuori dalla chiesa quelli che promettono di
pentirsi dei loro peccati come è giusto a seconda delle loro trasgressioni e in seguito riceveteli come padri misericordiosi”.
Il brano prosegue ancora, ma il redattore non si rivolge più al vescovo in prima persona, bensì in III persona. L'attenzione
ora è rivolta al vescovo che è lui stesso uno scandalo. Il redattore retoricamente chiede: "in che modo potrà assurgere e cercare
le trasgressioni di qualcuno o rimproveralo e dare ordine (di agire) per mezzo del suo potere?", nessuno può aiutare il vescovo
perché si rifugerà dietro alla citazione della pagliuzza di Mt VII, 3, 5.
Il vescovo sarà uno scandalo per l’intera regione. Il redattore ammonisce: “uno che è stato peccatore manca di coscienza e
la sua anima non sarà più risparmiata”.
Se il vescovo ha paura, si comporta come uno che non conosce il peccatore e lo supera e non lo rimprovera e non lo
corregge anche il gregge non potrà essere ristabilito. Quando si trovano insieme i peccatori, il male guadagna forza. solo la
consapevolezza di potersi pentire diventa per ognuno un incitamento a pregare si realizza Mt XXI, 13.
Se invece il vescovo non tace con quelli che peccano deve rimproverare, condannare, correggere, ammonire e castigare chi
pecca, incute timore anche agli altri. È richiesto al vescovo di essere uno che previene i peccati con il suo continuo istruire,
deve essere d'esempio e un esortatore dell’onestà.

  16  
Grazie all’ammonizione della sua istruzione, il vescovo deve essere:
1) guida delle buone azioni
2) uno che glorifica ed esalta le cose buone che devono venire,
3) predicatore dell’ira che prepara al giudizio di Dio, attraverso la minaccia del fuoco doloroso che è perenne e
insopportabile.
Concludendo, il redattore ribadisce che è compito del vescovo avere cura di tutti: quelli che non hanno peccato e quelli
che hanno peccato, ai quali deve concedere il perdono se si pentono, come è scritto in Isaia LVI, 6.

Settimo capitolo.
Questo capitolo è privo sia del titolo che del riassunto introduttivo, l'argomento sono ancora i penitenti e come bisogna
comportarsi nei loro confronti. Il capitolo si apre dando l'idea che sia un tutt'uno con il precedente.
Il vescovo è detto “medico della chiesa” sulla scia della citazione di Ez XXXIV- 1-31. Il redattore ritorna sull'esortazione alla
misericordia del vescovo per concedere il perdono e veniamo a conoscenza di che cosa capita a chi non è perdonato: "...Se
tratti duramente i membri del tuo popolo e punisci quelli con violenza e li spingi fuori e li espelli e non accogli chi pecca, ma
duramente e senza misericordia gli occulti il perdono; sarai d’aiuto per la perversione del male e per la dispersione del gregge
come pranzo alle bestie della campagna cioè agli uomini malvagi di questo mondo ‒ ma in verità non agli uomini (tutti), ma alle
bestie, agli empi e agli eretici. Infatti seguono immediatamente quello che va fuori dalla chiesa e come bestie cattive lo
divorano come carne. E per la sua durezza, va fuori dalla chiesa, e andrà o farà ingresso tra gli empi o sprofonderà fra gli eretici
e diventerà estraneo completamente e si allontanerà dalla chiesa e dalla speranza di Dio. E della perdizione di quella (persona)
ne sarai colpevole, perché sei pronto a espellere e a sbarazzarti dei peccatori. E dopo che si sono pentiti e convertiti non vuoi
accoglierli di nuovo”.
Siamo davanti al comportamento da tenere nei confronti dei peccatori recidivi.
A ribadire la necessità di perdonare anche il detto evangelico: “‘Rimetti a noi i debiti, come anche noi li rimettiamo ai
debitori’”. E aggiunge: “Ma se non perdonate chi pecca, come riceverete il perdono?”.
Cacciare un uomo dalla chiesa equivale a ucciderlo in modo cruento. Quindi al vescovo è richiesto di fare memoria del
passato, facendo un confronto in modo circospetto e dopo una lunga indagine, giudicare in modo conforme alla volontà di
Dio.
Il redattore non si rivolge più a un vescovo, ma ai vescovi, che ascoltino l'esempio di Re XXI, 1-17 dove c'è la storia di
Manasse che ha peccato di idolatria, ma si è pentito. Il vescovo deve accogliere chi si pente altrimenti lui stesso che è senza
misericordia, pecca contro Dio che invece non ha condannato l'adultera. "E le ha detto: ‘Va’, non ti condannerò mai’”.
Per finire, troviamo una lista di qualità che i vescovi dovrebbero possedere per essere imitatori di Cristo: “Miti e umili,
misericordiosi e premurosi, portatori di pace, non irascibili, capaci di insegnare, corretti, accoglienti, capaci di consolare, non
iracondi o inclini ai lamenti, né insolenti né orgogliosi”.

Ottavo capitolo.
Avvertimenti ai vescovi: come è giusto che si comportino
Il capitolo prosegue la lista di qualità introdotte alla fine del capitolo precedente: “Non siate amanti del vino né bevitori e
non siate insuperbiti, non sostenete una spesa che non è giusta...”. Ai vescovi è richiesto di fare uso del denaro che arriva alla
chiesa con la stessa oculatezza con cui userebbero il proprio, devono mangiare e vestirsi senza eccedere, con quello che è
appena sufficiente e che arriva alla chiesa; essere buoni amministratori e lontani dal lusso.
I vescovi devono dispensare agli orfani e alle vedove i doni che arrivano alla chiesa, in base alle necessità di ognuno e
vivendo loro stessi di quelle cose, senza divorarle, nello stesso modo in cui i Leviti hanno servito la tenda della testimonianza.
Il redattore stabilisce qui un paragone fra passato e presente: la tenda come la chiesa; i leviti come i vescovi, il prima come
l'ora. Come i vescovi si sono fatti carico di tutti, allo stesso modo dovrebbero ricevere dal popolo, come essi nutrono l'ufficio
dell'episcopato, allo stesso modo da questo ufficio dovrebbero essere nutriti etc etc, la norma è fondata da Is LIII, 1-5 e Num
XVIII, 1-32.

Nono capitolo.
Esortazione al popolo di onorare il vescovo73
Ora il redattore si rivolge ai laici: è il loro turno. Sono definiti chiesa eletta di Dio. Il primo popolo che fu chiamato chiesa;
essi sono detti anche la chiesa universale, santa e perfetta, sacerdozio regale, santa assemblea, popolo adottato, la grande chiesa,
la sposa ornata per il Signore Dio.
Il redattore esorta questo gruppo a non dimenticare le cose dette prime e a continuare ad ascoltare. Sfuggito alle dieci
piaghe, ha ricevuto il Decalogo, ha imparato a conservare la Legge e la fede, ha creduto nello Youd che simboleggia il nome
Cristo, ora offre preghiere, suppliche e ringraziamenti.

                                                                                                               
73
Ms EGN riportano un titolo molto più lungo: “Esortazione alle persone che porteranno offerte di preghiera
e confessioni a Dio, onoreranno il vescovo come Dio e lo temeranno e non faranno niente senza il suo permesso,
non daranno nemmeno l’elemosina ai bisognosi senza di lui; ma lo metteranno al corrente di ogni cosa grazie al
diacono, ed egli amministrerà qualsiasi cosa gli viene data e ogni ordine della chiesa avrà un posto e sarà onorato
come si addice; condanna e minaccia per quelli che parlano in modo malvagio ai sacerdoti o li disprezzano; e
siano considerati come loro re, porteranno loro doni con il proprio lavoro per il rifornimento dei bisogni dei
poveri e degli orfani e delle vedove, non calcolando se dare o non dare”.

  17  
Prima c'erano primizie, decime e parti scelte, oggi le offerte per il vescovo. Il redattore riprende quel rapporto
passato/presente che nel capitolo precedente aveva introdotto. I sacerdoti e i leviti ora sono i presbiteri, i diaconi, gli orfani, le
vedove. Il Levita e il sommo sacerdote è il vescovo, capo e guida e re potente. Egli guida al posto dell’onnipotente, ma deve
essere onorato Dio, perché il vescovo siede al posto di Dio onnipotente. Il diacono si trova al posto di Cristo e deve essere
amato. La diaconessa invece sarà onorata in luogo dello Spirito santo, ma i presbiteri saranno immagine degli apostoli e degli
orfani e le vedove saranno immagine dell’altare.
Non è oppportuno che nessun uomo faccia qualcosa o dia qualcosa in più al sommo sacerdote. I laici devono presentare le
offerte al vescovo, sia di persona che attraverso i diaconi e in base a quello che il vescovo ha ricevuto lo distribuirà in modo
giusto perché il vescovo conosce bene quelli che sono afflitti e dà a ognuno con criterio, in modo che uno non riceva diverse
volte nello stesso giorno o nella stessa settimana, mentre un altro non riceva affatto. Quelli che invitano le vedove alle agapi si
ricordino in modo particolare di quelle che sono più afflitta dal bisogno. Se qualcuno dà doni per le vedove deve mandare in
particolare a colei che è nel bisogno. La parte del pastore sia separata e sia divisa per lui secondo la regola nelle agapi o nei doni,
anche se egli non è presente, in onore di Dio onnipotente. Molto deve essere dato a una delle vedove, ma il doppio a ognuno
dei diaconi per onorare Cristo, due volte il doppio alla guida per la gloria dell’Onnipotente. Ma se qualcuno desiderasse
onorare anche i presbiteri, a lui sia dato il doppio, come ai diaconi, questo è richiesto: che essi siano onorati come gli apostoli e
come consiglieri del vescovo e come corona della chiesa, essi sono il senato e i consiglieri della chiesa. Se ci fosse anche un
lettore, anche lui riceva con i presbiteri.
Ogni laico deve pagare l’onore che spetta a ogni ufficio, con doni e onori.
i diaconi e non siano di disturbo al capo a tutte le ore; il laici facciano conoscere ciò che chiedono attraverso i diaconi.
Precedentemente, nel tempio del santuario niente fu offerto o è accaduto lontano dal sacerdote. Riguardo al vescovo (sia)
come la bocca di Dio. Segue l'esempio illustre di Aronne che accentra nel vescovo la figura del profeta:

Se infatti Aronne, che interpretava per il Faraone le parole consegnate a Mosè, è stato chiamato 'profeta',
come il Signore ha detto a Mosè: 'Ecco, ti ho dato (di essere un) dio per il faraone e Aronne tuo fratello sarà per
te un profeta', infatti poi, anche voi non dovreste considerare profeti coloro che sono i mediatori del Logos, e
non dovreste rendere loro omaggio come a Dio? Ma ora per noi, Aronne è il diacono e Mosè il vescovo. Se
dunque Mosè fu chiamato 'dio' dal Signore, che anche il vescovo sia onorato da voi come dio e il diacono come
un profeta.

Il vescovo deve sapere ogni cosa. Se uno è afflitto e il vescovo non lo sa, deve saperlo perché senza il suo consenso non si
può fare niente. I laici non devono mettere in cattiva luce il proprio vescovo né con le parole né con le azioni.
Un laico non può dire “sciocco” a un fratello, perché in ognuno dimora lo Spirito santo e l'insulto non sarebbe rivolto al
laico.
Il laico deve riconoscere i vescovi che lo hanno reso figlio di Dio, onoralo e veneralo. I capi siano considerati come re. A
rafforzare l'affermazione troviamo: I Sam, VIII,10-17.
I laici devono amare il vescovo come un padre e temerlo come un re e onorarlo come Dio. I frutti e le fatiche delle mani
devono essere presentate a lui per benedirle. Le decime e le primizie e i voti e i doni darli a lui. È obbligatorio per lui che sia
sostenuto dai laici. Devono essere costanti nel lavorare e nel portare le offerte ed essere laboriosi perché il Signore li ha
alleggerito dal giogo del fardello e ha sciolto i legami della schiavitù, l'affermazione si chiude con Mt XXVIII, 30.
Il laico deve fare e rispettare l’ordine attraverso il vescovo, sacerdote e mediatore. Ai laici è ordinato di dare, ma al vescovo
di dispensare.
Il redattore si rivolge al singolo, con la II persona singolare, chiedendo di non esigere un resoconto dal vescovo, né di
controllare come dispensa o come distribuisce e porta avanti la sua amministrazione o quando distribuisce, a chi o dove, se lo
fa bene o male, o se dà correttamente, come è detto da Geremia (Is XLV, 9).
Segue la citazione: “Amerai il Signore tuo Dio con tutta la tua anima e con tutta la tua forza”.
La forza del laico è la proprietà del mondo. Il laico non deve rimanere lontano dalla chiesa e deve dividere l'offerta ricevuta
con lo straniero e non deve giudicare il vescovo o il compagno laico. Giudicare un fratello significare condannare se stesso.
Solo ai vescovi è permesso giudicare, solo lui è in grado di farlo e lasciare il giudizio nelle mani di quelli che dovranno dare il
resoconto. L'ultimo ammonimento del capitolo riguarda il lavorare in pace con tutti gli uomini e amare i compagni laici,
introducendo Mt XIX, 19: “Ama il tuo prossimo come te stesso”.

Decimo capitolo.
Avvertimento sui falsi confratelli74
Il capitolo riporta il riassunto del contenuto che è identico a quello della rubrica.
La narrazione sembra aprirsi in medias res, l'idea è che il capitolo sia legato e collegato con il precedente.
Il redattore ipotizza che se venissero trovati dei falsi confratelli che accusano falsamente un confratello sono figli dell’ira e
dove c’è ira, Dio non c’è. Dunque il capitolo è rivolto ai laici che si fingono confratelli, ma la trattazione riguarda il modo in
cui deve comportarsi il vescovo.
I vescovi e i diaconi individuino chi sono quelli ‘carenti di mente’.
1) quando parlano non bisogna credergli
2) quando vengono ascoltati mentre dicono qualcosa contro uno dei confratelli, devono intuire contro chi muovono
l’accusa
3) è necessario indagare con prudenza
4) valutare la loro condotta
5) se uno è colpevole di un rimprovero, è necessario agire in accordo all’insegnamento di Mt XVIII, 15.
                                                                                                               
74
Titolo dei Ms EG.

  18  
6) salvarlo quando si pente e si è convertito
7) se non è persuaso, rimproveralo in mezzo a due o tre
Il redattore poi si chiede: “Ma perché, confratelli, è richiesto che una testimonianza sia confermata sulla bocca di due o tre
testimone?”.
E subito dopo si risponde: “Perché il Padre e il Figlio con lo Spirito Santo portano testimonianza sulle opere degli uomini.
Invece, dove c’è l’ammonimento della dottrina, c’è anche disciplina e la restituzione di quelli che si smarriscono. Pertanto,
‘sulla bocca di due e tre testimoni ogni parola sarà confermata; ma se non obbedirà, rimproveralo davanti all’intera chiesa; ma
se non obbedirà nonostante la chiesa, sia considerato da voi come un empio e un pubblicano’”.
L'alternativa prescritta per il vescovo è isolare dalla chiesa un confratello simile e di non comunicare più con lui. Non
bisogna parlare con loro a meno che non siano loro per primi a pentirsi. Interviene Matteo in persona, apostolo del Signore ed
ex pubblicano, che dice di parlare attraverso questa Didascalia portando la sua testimonianza. Due ancora gli esempio citati:
Giovanni (il Battista) e Zaccheo. Il falso confratello sia trattato alla stregua di un empio o di un pubblicano dalla comunità, in
seguito se promette di pentirsi, sarà accolto nell'assemblea, non è opportuno parlare con loro finché non mostrano i frutti del
pentimento. Non è opportuno parlare con loro durante la preghiera, devono andare fuori. Loro stessi dopo aver visto che non
parlano con la chiesa si sottomettano e si pentano, e anche chi li ascolta faccia attenzione a non prestare attenzione a quello
che dicono perché non accada loro la stessa cosa.
Il redattore si rivolge ancora al vescovo, dicendo che non dovrà ostacolarli per entrare in chiesa o per ascoltare la parola. Il
vescovo si deve occupare di chi ha peccato ed è malato, deve consolarli e conservare su di loro un'ascendente. Quando uno di
loro si pente e mostra i frutti di questo pentimento, il vescovo deve accoglierlo nella preghiera come fosse un empio. Come il
vescovo battezza un empio, così deve porre la mano su quest'uomo mentre tutti stanno pregando per lui e poi lo deve
condurre dentro e renderlo partecipe della chiesa. L'imposizione della mano sarà per lui come un battesimo. entrambi gli atti
permettono di riceve lo Spirito Santo.
Il vescovo deve essere come un medico compassionevole, deve guarire tutti quelli che peccano, non deve aver fretta di
eliminare i membri della chiesa. A questo punto il redattore usa un linguaggio tecnico paragonando il lavoro del vescovo e
quello del medico, il passo è particolarmente suggestivo e rivela una certa competenza medica.
Il vescovo deve valutare bene menzogne e verità, senza temere le persone influenti altrimenti sarà lui stesso a pagare le
conseguenze nel giorno del giudizio. È necessario essere accorti a non condannare un uomo ingiustamente e date assistenza ai
cattivi. Perché quando giudicano gli altri, giudicano se stessi.
Se il giudizio è privo di timore per le persone influenti è opportuno che i vescovi sorveglino chi è l’accusatore di questo
fratello; se è un falso fratello, e ha portato l’accusa per invidia e gelosia, potrebbe intralciare la chiesa di Dio e uccidere chi è
accusato da lui ‒ per la sua espulsione dalla chiesa. Perciò deve essere giudicato severamente.
Deve essere cacciato dalla chiesa con un grande rimprovero come un assassino. E dopo un periodo, se promette di
pentirsi, bisogna dargli una severa disciplina. Il vescovo deve imporre la mano su di lui e accoglierlo nella chiesa. E essere vigile
e osservare se qualcun altro che può disturbare ancora.
Dopo che è rientrato, è necessario osservare se lotta di nuovo e desidera accusare anche altri, e chiacchiera a vanvera o
complotta, se rimprovera falsamente, deve essere cacciato perché non disturbi ulteriormente e tormenti la chiesa. Infatti, chi è
così, sebbene sia all’interno, non è adatto alla chiesa, è superfluo per essa: ci sono uomini nati con membri superflui nei loro
corpi, ‒ dita o un po’ di carne in eccesso ‒ ma sebbene siano nel corpo, sono entrambi un disonore e una vergogna per il corpo
e per l’uomo, perché sono superflui. Ma quando sono asportati da un chirurgo, quell’uomo ritrova il decoro e la bellezza del
suo corpo e non gli manca niente perché quello che era superfluo è stato asportato da lui ‒ piuttosto è da vedere ancora di più
nella sua bellezza.
Se la mente del vescovo non fosse pura ‒ per l’ossequio delle persone o dei doni del guadagno contaminato che ricevono
‒ e tollerano che una persona cattiva rimanga tra loro, o ancora, (se) spingono fuori e cacciano dalla chiesa chi si comporta
bene, e allevano delle persone malvagie, persone litigiose e agitatori: non bisogna portate il pericolo della divisione. E non
devono portare il pericolo della morte su loro stessi che sono stati privati della vita eterna perché hanno compiaciuto gli
uomini e voltati dalla verità di Dio, per l’ipocrisia e il frequente ricevere di doni vuoti.

Undicesimo capitolo.
Un’esortazione ai vescovi e ai diaconi75
Il capitolo riporta lo stesso riassunto presente nella rubrica.
Il capitolo è di nuovo indirizzato a vescovi e diaconi, la trattazione riguarda il modo in cui essere d'accordo fra loro e
sostanzialmente giusti.
Vescovi e diaconi insieme devono tentare di essere giusti e di un solo parere, guidino il popolo in modo diligente in
accordo. è richiesto che diventiate un solo corpo, come Padre e Figlio. Il diacono deve far conoscere ogni cosa al vescovo,
come Cristo a suo Padre. Ma il diacono deve risolvere alcune di queste cose, quelle che è in grado, e il resto, le altre cose, le
deve giudicare il vescovo. Il diacono deve essere le orecchie del vescovo e la sua bocca e il suo cuore e la sua anima. Perché
quando sono entrambi di un solo animo anche nella chiesa c’è pace.
La lode per un cristiano consiste nel non avere una cattiva parola per nessuno. Ma se uno avesse qualche tentazione e
subisse un processo anche se perde qualcosa ‒ non si sottoponga al giudizio dei Gentili, e i vescovi non accolgano la
testimonianza dei Gentili contro uno del suo popolo, il redattore si divaga su Gentili=mano sinistra.

                                                                                                               
75
Questo titolo è presente solo nei manoscritti CD, al margine del manoscritto B e sui manoscritti EFHIJK si
legge: “Un’esortazione ai vescovi”.

  19  
I Genitili non devono essere messi a conoscenza dei processi interni alla comunità e non deve essere accolta la loro
testimonianza, né bisogna ricorrere alle vie legali davanti a loro, tale accorgimento viene supportato dal Mt XXII, 21: “Date a
Cesare quello che è di Cesare e quello che di Dio a Dio”.
Ma se ci fossero fratelli che sono in lite l’uno con l’altro è richiesto che i capi sappiano immediatamente che non è un atto
di fratellanza nel Signore per quelli che hanno osato fare così. Ma chi è duro, insolente, imbroglione e blasfemo è un ipocrita e
il Nemico opera in lui. Deve essere richiamato e rimproverato. I vescovi si occupino di lui e lo mettano fuori per il castigo. E
in seguito, come già accennato, dovrà essere accolto, affinché non muoia del tutto. Infatti, dopo che quelli che sono stati
corretti e rimproverati, non ci saranno processi. Ma se non conoscono l’affermazione che è stata detta da nostro Signore nel
vangelo, quando dice: “Quante volte, se mio fratello non mi ubbidisce, io lo perdonerò”? E sono inquieti l’uno con l’altro e
diventano nemici, è necessario insegnare loro, rimprovarli, e fare la pace tra loro, perché il Signore ha detto: “Benedetti siano
chi opera pace”, ed è richiesto al vescovo con i presbiteri di giudicare con cautela.
I giudizi abbiano luogo il secondo giorno della settimana, così se capitasse che qualcuno si solleva contro i verdetti del
vescovo, c'è l’opportunità fino al sabato di porre la questione giusta e fare la pace tra quelli che continuano a stare gli uni
contro gli altri, e di riconciliarli la domenica.
Ora, i presbiteri e i diaconi siano presenti in tutti i giudizi con i vescovi. Giudichino senza ossequio le persone.
Quando due persone hanno una lite l’uno contro l’altro, vengono e stanno insieme in giudizio, come dice la Scrittura,
dopo che essere stati ascoltati in modo giusto, è necessario che i vescovi forniscano il responso della sentenza, tentando di farli
essere cordiali prima che la sentenza sia pubblica.
Nei casi dubbi il redattore indica ancora più precisamente come comportarsi.
Se ci fossero persone che sono rimproverate da chi li accusa perché non si comportano bene, secondo il costume del
Signore, dopo aver ascoltato entrambi le persone, i vescovi devono indagare con attenzione. Se un uomo fosse rimproverato e
stesse per essere condannato e uscisse dalla chiesa, sarebbe espulso dalla vita e dalla gloria eterna e diventerebbe spregevole per
gli uomini e colpevole davanti a Dio.
È opportuno giudicare con molta misericordia. Ed essere più propensi a salvare una vita, che a distruggere quelli che sono
condannati.
Se invece ci fosse un innocente e che è stato condannato dai giudici, la sentenza degli sciagurati giudizi non lo ferirà
davanti a Dio, ma piuttosto ci guadagnerà di più; perché sebbene per un breve periodo è giudicato dagli uomini in modo
malvagio, in seguito, nel giorno del giudizio, visto che è stato condannato in modo malvagio, sarà giudice di (quei) giudici
malvagi.
Quando il vescovo giudicherà le persone, non li chiamerà fratelli finché non c’è pace tra loro.
È necessario indagare in modo accurato con diligenza e apprendete prima ciò che riguarda l’accusatore,
1) se c’è qualche accusa anche contro di lui o se per caso ha lanciato accuse anche contro altri;
2) se ha lanciato la sua accusa di inimicizia o lite o di invidia;
3) quale è la sua condotta: se è umile, e senza rabbia e non (pronto alla) diffamazione, e se ama le vedove e i poveri e gli
stranieri, e non è ingordo di un guadagno contaminato, e se è calmo e amichevole con tutti e amante di tutti, se è
misericordioso e generoso nel dare, e non un goloso e un ingordo, né avido, né bevitore, né smodato, né pigro;
4) se non ha commesso azioni cattive
Se l’accusatore è libero da queste cose, è fidato e la sua accusa è sincera.
Ma se è risaputo che è un perverso e un litigioso e le sue azioni non giuste, è evidente che porta falsi testimoni contro un
fratello. Se è tale o è una persona ingiuriosa, deve essere rimproverato e scacciato per un po’, fino a che non si pente e si
converte e piange, non bestemmi di nuovo contro qualcun altro, si comporti bene tra i nostri confratelli, o affinché, sedendo
nell'assemblea, un altro come lui, vedendo che non è stato rimproverato non osi fare lo stesso a uno dei nostri confratelli, e
non muoia davanti a Dio.
Se chi ha peccato è rimproverato e castigato ed espulso per un periodo, anche chi era pronto a imitarlo e a fare come ha
fatto lui, dopo averlo visto lo allontana, per timore che capiti anche a lui lo stesso, e se ne tratterrà, vivrà davanti a Dio e non si
vergognerà alla vista degli uomini.
Anche su chi è stato giudicato è opportuno prendere consiglio nello stesso modo e riflettere osservare i suoi modi e il suo
comportamento, se ci sono lamentele contro di lui o se ha fatto cattive azioni. Poiché se egli è scoperto ad aver fatto cattive
azioni, è probabile che questa accusa, che questi lanciano contro di lui, è anche vera. P può capitare che abbia commesso
qualche peccato in precedenza, ma che sia innocente dall’accusa attuale, pertanto è necessario indagare con attenzione su
queste cose, affinché decretiate con grande cautela e certezza.
Chi non si rimette al giudizio dovrebbe essere rimproverato ed espulso dalla congregazione finché non si pente e non
implora il vescovo o la chiesa, e confessi che ha peccato e si è penta.
Se diaconi e vescovi ascoltano soltanto una persona, mentre l’altra non è presente e non può difendersi dall’accusa che gli
lanciano, ma decretano la sentenza in modo frettoloso, senza consiglio e senza indagine, e la condannano in accordo con le
false parole a cui avete creduto, mentre non è presente e non difende il suo interesse ‒ davanti a Dio saranno associati a chi ha
portato la falsa testimonianza.
Devono essere ammoniti quelli che hanno un processo e litigano l’uno con l’altro; nessuno deve essere in collera, ma se
capita che per opera del Nemico insorge rabbia, è richiesto che subito, che il giorno stesso, i vescovi vi riavvicinino e vo
facciano fare pace. Infatti è scritto (Ef IV, 28): “Il sole non tramonti sulla tua ira contro tuo fratello”. il precetto è introdotto e
giustificato da una sequenza di citazioni: Sal IV, 5. È necessario riconciliarsi in modo sincero e velocemente, affinché, se c’è ira,
non ci sia rancore e non si generi il peccato.
Se poi qualcuno conserva ira contro un suo fratello la preghiera del vescovo non è ascoltata e l'eucarestia non è accettata.
È richiesto a un uomo di pregare tutto il tempo in modo diligente, ma chi rimane nella rabbia e nella riprovazione, verso i
suoi confratelli, Dio non lo ascolta. E sebbene preghi tre volte all’ora, non trarrà nessun profitto, non è ascoltato per
l'inimicizia con suo fratello.

  20  
L'invito è a perdonare fino a sette volte sette.
Quando i vescovi pregano in piedi davanti a tutti e il diacono chiede: “C’è qualcuno che conserva rancore contro il suo
compagno?”, se ci fossero alcuni che hanno un processo o una lite l’uno con l’altro, devono essere persuasi a fare la pace tra
loro.
L'ultimo ammonimento del capitolo è rivolto ai laici, che devono essere pacifici come colombe.

Dodicesimo capitolo.
Ordini ai vescovi76
Il capitolo riporta lo stesso riassunto presente nella rubrica.
L'interlocutore principale è un vescovo, a cui il redattore si rivolge in modo diretto, usando la II persona singolare, al
contrario del plurale che troviamo nel titolo del capitolo.
La trattazione riguarda dove è opportuno sedersi durante le assemblee per ogni membro o ministro della chiesa.
Dopo una breve ammonizione affinché i vescovi non siano tirannici, il redattore invita ai buoni comportamenti durante le
assemblee, per i presbiteri è riservato un posto sul lato orientale della casa, e il seggio del vescovo tra loro e i presbiteri seduti
con lui.
I laici devono sedere sul lato orientale della casa, dalla descrizione sembra siano all'opposto del vescovo. è richiesto che i
presbiteri siedano nella parte orientale della casa con i vescovi, e di seguito i laici, e poi le donne; così che quando si sta in piedi
a pregare, i capi (si alzino) per primi e dopo di loro i laici, e poi infine le donne.
È necessario pregare verso Oriente.
Uno dei diaconi deve stare in piede per le offerte dell’eucarestia, ma un altro fuori dalla porta a osservare quelli che
entrano. Dopo aver fatto le offerte, servano insieme in chiesa. E se qualcuno fosse trovato a sedere in un posto che non è il suo,
che il diacono che è dentro, lo rimproveri e lo faccia alzare e sedere nel posto come è giusto.
È richiesto nella chiesa che quelli che sono giovani siedano fra loro se lì c’è posto e sennò che stiano in piedi; e quelli che
sono avanti con gli anni siedano fra loro.
I bambini stiano su un lato o i loro padri e le madri li prendano fra loro; e stiano in piedi. E ancora, quelle che sono
giovani anche stiano fra loro; se lì non ci fosse posto, stiano in piedi dietro alle donne. E quelli che sono sposati e giovani e
hanno figli, stiano fra loro; e le anziane e le vedove siedano fra loro. E i diaconi controllino che quando uno di essi entra, vada
verso quel posto, così che nessuno si sieda in un posto che non è il suo. E i diaconi anche controllino che nessuno bisbigli o
dorma o rida oppure faccia segni.
Ma se venisse una persona da un’altra congregazione, un fratello o una sorella, il diacono chieda e si informi se è moglie di
un uomo o se è una vedova, se è credente o no; la guidi e la faccia sedere in un posto che è giusto per lei. Se venisse un
presbitero da un’altra congregazione, lo ricevano i presbiteri con cordialità nel suo posto.
E se ci fosse un vescovo, sieda con il vescovo, e sia considerato degno dell’onore del suo posto, come lui. E vescovo gli
chieda di predicare al popolo. L’intercessione e l’ammonizione degli stranieri è molto d’aiuto. E quando si offre l’oblazione,
che parli lui. Ma se è saggio e vuole onorare il vescovo e non desidera fare offerte, benedica la coppa.
Ma se venisse un’altra persona, dallo stesso luogo o da un’altra congregazione, quando il vescovo è seduto, se sta spiegando
la parola di Dio, o ascoltando, o leggendo, non se ne curerà e non smetterà il servizio della parola e non lo farai sedere in un
posto. Ma rimarrà come sta e non interromperà il tuo ufficio, i confratelli stessi lo accoglieranno. Se non ci fosse un posto,
uno dei confratelli che è pieno di carità e ama i suoi fratelli, che è per l’onore si alzerà e darà loro il posto, rimanendo lui stesso
in piedi.
Mentre quelli giovani o quelle giovani si sono seduti, (e) un uomo o una donna anziana si alza e cede il proprio posto, il
diacono sorvegli che stiano seduti e veda quale uomo o donna fra essi è più giovane dei suoi compagni e li faccia stare in piedi
e induca a sedere chi si è alzato e ha offerto il suo posto. E quello che ha indotto ad alzarsi, lo porti via e lo faccia stare davanti
ai suoi compagni ‒ così anche altri possano essere educati e imparino a cedere il posto agli altri che sono più onorevoli.
Se un venisse un povero o una povera avanti negli anni e se non ci fosse posto per loro, il vescovo in persona trovi un
posto per loro ‒ anche se lui stesso dovesse sedere a terra, non ci sia ipocrisia davanti agli uomini, ma il suo ministero sia
accetto a Dio.

Tredicesimo capitolo.
Il capitolo non ha un titolo, ma riporta lo stesso riassunto presente in rubrica.
Gli interlocutori iniziali sono i vescovi, nel corso della trattazione il redattore si rivolge ai credenti.
In questo capitolo il redattore pone diverse domande più o meno retoriche ai suoi interlocutori.
I vescovi devono avvertire il popolo di perseverare nella riunione della chiesa e di non rendere più piccolo il corpo di
Cristo, ognuno pensi a se stesso prima di pensare agli altri, non disperdetevi quando non vi riunite. Non bisogna privilegiare i
propri affari, ma quelli di Dio.
Il redattore si chiede; "Quale scusa ha chi è davanti a Dio che non si riunisce nel giorno del Signore per ascoltare la parola
di vita ed essere nutrito con il cibo divino che è eterno?". La domanda non ha risposta ma segue una riflessione quasi
rassegnata: “...avete cura del bucato, del cibo e della bevanda della pancia e delle altre cose, del nutrimento; invece, delle cose
eterne non avete cura, ma disprezzate la vostra anima e per la chiesa non siete diligenti nell’ascoltare e accogliere la parola di
Dio”. E ancora incalza con un’altra domanda: “E rispetto a quelli che errano, quale scusa avete?". Il redattore porta i Gentili
come esempio di buona disciplina religiosa: "si alzano dal loro sonno ogni giorno, vanno in mattinata a venerare e a servire i
loro idoli, e prima di tutti i loro lavori e degli impegni innanzitutto vanno e venerano i loro idoli. Inoltre non vengono meno

                                                                                                               
76
Titolo presente nei ms EG.

  21  
nell’(attendere) le loro feste e le loro solennità, ma si riuniscono in modo costante, non solo chi è del luogo, ma anche chi
(viene) da lontano. E inoltre si riuniscono per lo spettacolo del loro teatro e arrivano tutti loro”.
Anche “quelli che sono chiamati in vano ‘giudei’” sono migliori dei fedeli in Cristo nella loro devozione. “Sono in ozio un
giorno dopo sei e si riuniscono nelle sinagoghe, e mai tralasciano e trascurano le loro sinagoghe né trascurano i loro (giorni di)
ozio”.
Il redattore raccomanda di ricordare a quelli particolarmente legati al lavoro, che il lavoro manuale del fedele è superfluo,
perché il suo vero lavoro è la religione.
I laici non devono sottrarsi alla riunione della chiesa. Ancora una delle domande del redattore: “Ma se qualcuno lasciasse
la riunione della chiesa di Dio e andasse alla riunione dei Gentili, che cosa dirà; e quale sarà la scusa per Dio nel giorno del
giudizio? Egli ha lasciato la santa chiesa e le parole del Dio vivente che sono vive e danno vita e sono in grado di riscattare e
salvare dal fuoco e mantenere vivi, ed è andato alla riunione dei Gentili perché ha desiderato lo spettacolo del teatro?” Secondo
il redattore sarà considerato morto come le parole e le storie che ascoltano.
Chi è giovane nella chiesa si deve mettere al servizio in modo diligente, senza pigrizia, in tutte le attività che sono richieste,
con molta riverenza e castità.
Tutti i credenti così, ogni giorno e in ogni momento, ogni volta che non sono nella chiesa, devono perseverare nel lavoro,
così che in tutto il corso della vita perseverino anche nelle (cose) del Signore o nell’attività del lavoro, senza mai oziare. Il
redattore per supportare questo concetto riporta l'esempio della formica e dell’ape, infatti, conclude anche il Signore odia i
fannulloni; non è possibile per un fannullone essere anche un credente.

Quattordicesimo capitolo.
Il momento dell’ordinazione delle vedove77
Privo del riepilogo della trattazione, questo capitolo è relativamente breve e non riguarda il momento dell'ordinazione
delle vedove come fa intendere il titolo, bensì tutto quello che precede, ovvero quali sono le donne da ordinare come vedove e
quali devono essere i comportamenti loro consentiti e quali i divieti a cui sono soggette. Una vedova deve avere superato i
cinquanta anni di età, affinché la sua età la tenga lontana dall'idea di avere un secondo marito.
Gli interlocutori sono anonimi, il redattore usa un generico “voi”, ma possiamo immaginare che l’intenzione è rivolgersi
in generale a tutti i vescovi che leggono e leggeranno DA: “Se nominate una che è giovane per l’ufficio di una vedova”, ma lei
è giovane e si vuole risposare, questa getterà vergogna su tutto l'ordine delle vedove:
1) perché è stata moglie di due mariti;
2) perché ha promesso a Dio di essere una vedova e come tale sta ricevendo il sostentamento, ma non si comporta in
modo adeguato.
Viene ipotizzato anche un altro caso: una donna, sposata, giovane e rimasta vedova molto presto.
Rimasta da sola e onorando la vedovanza, sarà benedetta da Dio, due gli esempi a cui assomiglia: alla vedova di Sarepta di
Sidone con cui l’angelo santo si è riposato; o ad Anna, che ha pregato la venuta di Cristo.
Terzo caso ipotizzato dal redattore: le vedove che sono giovani non devono essere istituite nell’ufficio delle vedove, ma
devono essere aiutate e soccorse. Essendo nel bisogno, non devono desiderare di diventare mogli per la seconda volta, un
danno secondo il redattore e subito dopo aggiunge: ‘Quella che ha avuto un marito, per legge, diventi (pure moglie) per un
secondo (ma) oltre a questo, è (da considerare) una prostituta’. Le due affermazioni non sono chiare, nel primo caso
intendiamo che la giovane vedova deve sposarsi una sola volta, nel secondo non oltre le due volte.
Il redattore a motivo di questo incita il vescovo a sostenere le giovani vedove, affinché con l'aiuto della comunità e del
vescovo non desiderino sposarsi di nuovo, ma continuino invece nella castità. Al vescovo sono affidati anche i poveri.
Quarta ipotesi, se tra loro ci fossero chi non è vedovo o vedova, devono essere aiutati se hanno bisogno di aiuto per la
povertà e per una malattia, per l’allevamento dei figli e sono afflitti.
Il vescovo deve prendersi cura di tutti e che si dia da fare per tutti.
Quasi come stesse facendo un'associazione di idee ripensando ai disgraziati che hanno difficoltà ad allevare i propri figli,
sono malati o particolarmente poveri, il redattore si raccomanda che i doni ricevuti dalla chiesa non vengano messi nelle mani
delle vedove, ma che vengano portati al vescovo in persona, l'unico a sapere come distribuire e che conosce i bisogni di tutti.
L’unico anche che può confessare alle vedove il nome di chi dona, affinché queste preghino per lui.
La trattazione si conclude ricordando che in tutte le Scritture il Signore è memore dei poveri e comanda su di loro, anche
se sono sposati. L’affermazione è rafforzata da una citazione di Isaia (LVII, 7) da cui discende l’obbligo per il vescovo di
prendersi cura dei poveri. Sul finire del capitolo c'è l'introduzione di un altro argomento. Dopo aver scritto sulle vedove, sulle
vedove povere, ora il redattore affronta un’altra categoria: i poveri.

Quindicesimo capitolo.
Come è giusto comportarsi per le vedove78

                                                                                                               
77
Sul margine del Ms L si legge: “Le vedove e il terzo matrimonio che è considerato fornicazione”. Sui Ms EG
invece si legge: “Le vedove e il momento della loro ordinazione nella chiesa; lode a quella che conserva la
condizione della sua vedovanza davanti a Dio e condanna a quella che offende la sua condizione. E al vescovo
un’esortazione che riguarda le vedove, i poveri e i bisognosi”.
78
Ms EG: “Come è giusto che le vedove si comportino in tranquillità e castità, e non è giusto che le donne
insegnino. Riguardo alla dissimulazione delle false vedove. Sui modi delle vedove caste. Quello che è giusto per le
vedove che esse siano obbedienti al vescovo e ai diaconi e che esse non facciano niente senza permesso e che quelle
che sono colpevoli che fanno qualcosa come questo o pregano con quelli che sono allontanati. Quello che non è

  22  
Il capitolo non riporta il riepilogo degli argomenti, ma solo un titolo che i Ms EG riprendono e ampliano.
Il titolo decisamente più calzante rispetto a quello del capitolo precedente è però riduttivo e generico rispetto alla lunga
trattazione che ci si presenta.
Il redattore comincia con richiedere che ogni vedova che sia umile e silenziosa e gentile, che sia senza cattiveria e senza
rabbia, che non sia loquace e né affascinante e non lunga di lingua, e né amante del conflitto. E che ignori quando vede o
ascolta qualcosa di odioso, o lo ascolta.
Una vedova deve avere cura di niente altro che pregare per quelli che donano e per l’intera chiesa. E quando è interrogata
sugli affari personali di qualcuno, non deve dare risposta, eccetto solo sull’onestà e la fede in Dio. Deve mandare quelli che
desiderano essere istruiti dal capo. E quelli che interrogano una vedova devono ricevere risposta solo sulla distruzione degli
idoli e che c’è solo un Dio.
Non è giusto per le vedove insegnare, come non lo è per un laico.
Né una vedova né un laico parli sulla punizione o sul riposo e sul regno del nome di Cristo e sulla sua distribuzione,
quando parlano senza conoscere la dottrina, bestemmiano contro il mondo. Il redattore introduce Mt VII, 6. E continua
dicendo che se i Gentili ascolteranno la parola di Dio da una donna, ‒ su come il Signore ha rivestito se stesso nel corpo e sulla
passione di Cristo, ‒ questi derideranno invece di lodare il discorso di dottrina. (A meta di quest'ultima frase comincia l'unico
frammento greco originale di DA). Quindi, non è richiesto né è necessario che le donne siano maestre, e specialmente sul
nome di Cristo e sulla redenzione della sua passione. Ora il redattore si rivolge direttamente alle vedove e dice:
voi non siete state nominate per questo, donne, e specialmente vedove, perché insegnaste, ma pregaste e
imploraste il Signore Dio. Poiché egli, il Signore Dio, Gesù Cristo nostro maestro, ha inviato noi dodici apostoli
per istruire il popolo e le nazioni. E c’erano con noi delle discepole, Maria Maddalena e Maria la figlia di
Giacomo e l’altra Maria, ed egli non le ha mandate per istruire il popolo con noi.

In sostanza il redattore dice che se fosse stato richiesto che le donne insegnassero, il Signore stesso avrebbe comandato a
queste di dare istruzioni insieme ai discepoli.
Una vedova deve sapere che essa è l’altare di Dio e deve stare costantemente a casa e non girovagare o corra in giro tra le
case dei fedeli per ricevere denaro o doni. L’altare di Dio non va in giro, ma è fisso in un posto.
Il redattore riprende e ripete il concetto per fare ulteriori conclusioni: la frase non sembra una prosecuzione naturale del
discorso, è introdotta in modo più rigido rispetto al resto: “Una vedova quindi non deve girovagare e correre in giro tra le
case”. Quelle che sono itineranti e che non hanno vergogna non sono in grado di rimanere tranquille nelle loro case, il
redattore dice che non sono vedove, ma cieche, e non hanno cura di niente altro, ma di essere svelte a ricevere. E poiché sono
loquaci, chiacchierone e pettegole, incitano le liti e sono sfacciate e non hanno vergogna. Quelle che sono così, non sono
degne di Colui che le ha chiamate.
Nella riunione dell’assemblea, la domenica, non sono mai attente: si addormentano o sussurrano, così che a causa loro
anche altri sono distratti. Quelle che sono così, entrano vuote in chiesa ed escono ancora più vuote, perché non ascoltano ciò
che viene insegnato o letto. Is IV, 9 ci traghetta verso le affermazioni successive: le orecchie del cuore di quelle vedove sono
chiuse, perché non stanno sotto il tetto delle loro case pregando e implorando il Signore, ma si affrettano a correre per
interesse.
Il redattore esamina un altro tipo di vedove: quelle che usano la loro sostanza come un commerciante e ricevono con
ingordigia. E invece di fare bene e donare al vescovo per l’accoglienza degli stranieri e il sollievo degli afflitti, prestano con
usura. Per quelle il dio è la loro borsa e la loro pancia, infatti dov’è il loro tesoro, c’è anche il loro cuore. Colei che è solita
vagare e andare in giro per ricevere non pensa a fare il bene, ma lavora per mammona e si mette al servizio di un guadagno
contaminato e non è gradita a Dio, né è obbediente al suo ministero, allo scopo di stare costantemente a pregare e a fare
intercessioni, perché la loro mente è presa prigioniera molto dallo zelo della sua avidità. Quando la vedova si alza per pregare,
si ricorda dove può andare per ricevere qualcosa o (si ricorda) che ha dimenticato di riferire qualche faccenda alle sue amiche, e
quando si ferma, la sua mente non è concentrata sulla sua preghiera, ma su quello che le viene in mente. La preghiera di una
così non è ascoltata affatto perché non offre preghiere a Dio con tutto il suo cuore.
Il redattore passa a descrive come dovrebbe essere una vedova che desidera piacere a Dio: sta a casa e riflette sul Signore
giorno e notte e incessantemente in modo costante offre intercessione e preghiera in modo puro al Signore. E riceve
qualunque cosa chieda, perché tutta la sua mente è concentrata su questo. La sua mente, infatti, non è avida di ricevere e
anche lei non desidera particolarmente fare molte spese. Non ascolta le parole che la distraggono perché non va fuori e non
corre in giro. Per questo motivo la sua preghiera non è ostacolata da niente. In questo modo la sua calma, la sua tranquillità e
castità sono bene accette a Dio, e qualsiasi cosa chieda a Dio, subito riceve la sua istanza. Non amante del denaro o del
guadagno contaminato, non avara o avida, ma costante nella preghiera e umile e impassibile e casta e modesta, sta a casa sua,
lavora con la lana per provvedere a quelli che sono afflitti, o per fare una restituzione agli altri, così che non riceva niente per
loro. Questo tipo di vedova ricorda quelle di cui il Signore ha dato testimonianza nel vangelo, che vennero e gettarono nel
tesoro tutto il proprio denaro.
Il redattore ritorna sui compiti e i doveri delle vedove, lo stile è più asciutto rispetto alla porzione di capitolo letto finora.
È richiesto alle vedove di essere caste e obbedienti ai vescovi e ai diaconi, e di onorare e riverire e temere i vescovi come Dio.
Non si facciano trascinare dalla loro volontà, né facciano qualcosa oltre a quello che gli è ordinato o senza consenso parlino
con qualcuno sul modo di replicare o vadano da qualcuno a mangiare e a bere o a digiunare con qualcuno o a ricevere
qualcosa da qualcuno o impongano le mani e preghino per qualcuno diversamente dal comando del vescovo e del diacono.
Ma se una vedova fa qualcosa che non le è stato ordinato, sia rimproverata perché si è lasciata trascinare per mancanza di
disciplina.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                             
permesso a una donna battezzata. Di nuovo sull’invidia delle vedove false tra loro. Rimprovero a quelli che
maledicono con la loro invidia”.

  23  
Il redattore propone un paio di domande alle vedove: “Da dove sai, donna, da chi ricevi o da quale ministero sei nutrita o
per chi digiuni o su chi imponi la mano? Tu non sai, infatti, su quale fra queste (cose) darai un resoconto al Signore nel giorno
del giudizio perché sei stata partecipe nelle loro opere?”.
Il discorso del redattore riprende in modo diretto con il tu riprendendo il discorso sulle vedove indisciplinate.
La vedova senza disciplina osserva le vedove o i tuoi fratelli nella malattia e non si curi di digiunare e pregare per i suoi
membri e imporre la mano su di loro e andare a visitarli, ma si fingi malata.
Ma per altri, che sono stati allontanati dalla chiesa, poiché le danno molto, è pronta ad andare a visitarli.
Chiunque pregherà o comunicherà con chi è stato espulso dalla chiesa, in modo giusto sarà considerato come lui. Infatti se
uno comunica o prega con chi è stato espulso dalla chiesa e non obbedisce al vescovo, egli non obbedisce a Dio ed è
contaminato da chi è espulso e non può pentirsi. Se nessuno comunica con lui, si pentirà e piangerà e chiederà e supplicherà di
essere riaccolto, e si pentirà di quello che ha fatto e sarà salvata.
L'ultima grave ammonizione alle vedove. Che una donna battezzi o che uno sia battezzato da una donna, non lo
consigliamo, perché è una trasgressione del comando e un grave pericolo per colei che battezza e per quello che è battezzato. Se
fosse legittimo essere battezzati da una donna, il Signore sarebbe stato battezzato da Maria, sua madre, invece fu battezzato da
Giovanni, come anche gli altri del popolo. Perciò, il redattore ammonisce di non mettersi in pericolo, agendo oltre la legge del
vangelo.
Alle vedove è attribuita anche invidia, gelosia, diffamazione e contraddizione dal redattore.
Il redattore ritorna su un aspetto che ha già affrontato nel capitolo precedente: pregare per chi dona.
Il nome di chi dona deve essere nascosta perché se venisse alle orecchie di un Gentile, queste cose non devono essere rese
note all'esterno della chiesa: infatti chi va fuori e parla di loro, disobbedisce a Dio e diventa un traditore della chiesa.
Il redattore riprende il concetto che ci sono vedove che girovagano e corrono qua e là chiedendo elemosine, svelando a chi
le interroga il nome del donatore. E quelle dopo averlo ascoltato, mormorano e danno la colpa al diacono o al vescovo che ha
distribuito o a chi ha fatto dono, dicendo: “Non sai che io ero più vicina a te e più afflitta di lei?”.
Il redattore si sofferma a dirimere la questione e si dilunga chiarendo il concetto che non è per volontà dell’uomo che si
amministra, ma per ordine di Dio.
Di nuovo un rimprovero alle vedove: di non assecondare questi discorsi, ma di stare a casa a prostrarsi e ringraziare Dio.
Il capitolo riporta un’ulteriore suddivisione interna: Rimprovero alle vedove che maledicono che si apre con la solita
domanda retorica del nostro redattore: “Se Dio ordina che un ministero sia servito in segreto e chi ha servito lo ha fatto come
un ministro, perché poi voi, che avete ricevuto in segreto, lo proclamate apertamente?", il riferimento è sempre all'incapacità
di mantenere il segreto sul nome di chi dona.
Queste vedove non solo incolpano e mormorano, ma lanciano anche maledizione.
Il vescovo deve ammonire e rimprovera quelle (vedove) che non hanno disciplina ed esortare, incoraggiare e aiutare quelle
che si comportano rettamente. E che le vedove stiano lontano dalle maledizioni, visto che sono state istituite per benedire.
Pertanto, non il vescovo, né il presbitero, né un diacono, né una vedova lancino maledizioni dalla loro bocca.
La raccomandazione finale è per il vescovo, sia sua cura che nemmeno uno dei laici lanci una maledizione.

Sedicesimo capitolo.
All’inizio del capitolo è presente la menzione degli argomenti affrontati nella trattazione.
Sono riportati i consigli al vescovo su come scegliere i suoi aiutanti, diaconi e diaconesse e quali sono i rispettivi compiti.
La facoltà di scegliere i diaconi è riservata al vescovo. Devono provenire dal popolo: un uomo per essere d'aiuto
nell’amministrazione, una donna per il ministero delle donne.
Le ragioni della presenza di una diaconessa sono quattro:
1) perché ci sono case dove non è opportuno che entri un uomo
durante il battesimo
2) quando una donna si immerge nell’acqua
3) per l'unzione dell’olio
4) quando una donna esce dall’acqua

I diaconi devono imitare i vescovi nel loro modo di comportarsi. Lavorino anche più di lui. E non siano amanti del
guadagno corrotto, ma siano diligenti nel servizio.
In base alla grandezza della chiesa ci siano diaconi sufficienti, per dare sollievo a tutti: facciano sedere le donne durante la
liturgia diano sollievo ai malati.
Una donna sia diligente nel servizio di una donna, e un uomo, un diacono nel servizio degli uomini, pronto a obbedire e a
sottomettersi all’ordine del vescovo.
Vescovo e diacono siano di un solo parere e di un’unica mente, e un’anima che abita in due corpi.
Ai diaconi è richiesto di mettere la propria vita a servizio degli altri: di visitare tutti i bisognosi e di informare il vescovo su
chi è afflitto. Saranno la sua anima e la sua mente e faticheranno in ogni luogo e gli saranno obbedienti.

Diciassettesimo capitolo.
Il capitolo non ha titolo, ma riporta lo stesso riassunto degli argomenti presente nella rubrica.
Questo capitolo affronta il problema dei bambini orfani all'interno della comunità.
Le possibilità offerte dal testo sono sempre molteplici.
I ipotesi: Se uno dei confratelli non ha figli è invitato a prendere un maschio, se invece ha già un maschio può prendere
una femmina e farli sposare quando è il momento.

  24  
La II ipotesi non è chiara perché il siriaco è disordinato, grazie a CA IV, I, 2 capiamo che se ci sono persone che si
vergognano di avere orfani in casa e vogliono tenersi le loro ricchezze, questi non potranno godersele perché i suoi eredi
dissiperanno tutto.
I vescovi devono guidare questi bambini e far in modo che non abbiano bisogno di niente. E quando giunge il momento
di far sposare una giovane il vescovo deve darla a uno dei confratelli.
Invece un ragazzo deve imparare un mestiere, così che quando è diventato un uomo, riceva una paga degna del suo
mestiere e sia autonomo senza appesantire la comunità e la carità dei confratelli.
DA rinnova la benedizione su chi è in grado di aiutare se stesso e non restringere il posto degli orfani e delle vedove e degli
stranieri. Guai a chi possiede o riceve senza diritto, infatti tutti quelli che ricevono dovranno dare un resoconto al Signore Dio
nel giorno del giudizio, su come hanno usato quello che hanno ricevuto.
Se uno ha ricevuto perché era un orfano o perché anziano e debole o per una malattia o per la crescita dei bambini, si deve
considerare altare di Dio perché non ha ricevuto in modo vano, ha continuato a pregare diligentemente, in modo infaticabile,
per quelli che donano. Il suo pagamento è la sua preghiera.
Chi invece possiede e riceve con la frode o inoltre è indolente e invece di lavorare e di aiutare gli altri riceve per sé, ciò che
riceve gli sarà richiesto, perché ha ristretto il posto dei poveri.
Chi dona in modo semplice fa bene a dare ed è giustificato, ma anche chi ha una ragione per ricevere ha ricevuto bene.

Diocettesimo capitolo.
Il capitolo è privo di titolo, ma presenta un riassunto dei contenuti uguale a quello presente nella rubrica.
Diaconi e vescovi devono investigare sulle cose che sono donate, qual è il comportamento di chi dona. Quando le vedove
sono nutrite dalla fatica della rettitudine, offriranno un servizio santo e gradito a Dio.
Per questo bisogna fare attenzione ed essere scrupolosi nel servire le vedove fuori dal ministero, affinché qualsiasi cosa
domandino e chiedano possa essere donata loro velocemente con le loro preghiere.
Ma se ci fossero vescovi negligenti che non fanno attenzione a queste faccende, per favorire delle persone o per l’interesse
di un guadagno corrotto o perché trascurano di fare domande, dovranno dare un resoconto in maniera straordinaria.
Per il sostentamento di orfani e vedove i vescovi non ricevano da questa categoria di persone:
dai ricchi che rinchiudono uomini in prigione
da chi si comporta male con gli schiavi
da chi si comportano in modo crudele in città oppure opprime i poveri
dalla prostituzione
dai malfattori
da quelli che rubano e danno denaro in prestito con usura
da difensori spregiudicati o accusatori malvagi
da avvocati ipocriti
da pittori di quadri
da fabbricanti di idoli
da chi lavora l’oro e l’argento e il bronzo che ruba
da chi riscuote un’imposta ingiusta
dagli spettatori degli spettacoli
da quelli che alterano la pesatura
da quelli che prendono le misure ingannevolmente
dagli osti che mescolano il vino con l’acqua
dai soldati che si comportano con crudeltà
dagli assassini
dai delatori che ottengono condanne
da certe autorità romane, corrotte dalle guerre e che hanno sparso sangue innocente,
da corruttori del giudizio che per un furto fanno affari con cattiveria e inganno a discapito di contadini e poveri;
dagli idolatri
o dai corrotti
o da quelli che prendono l’usura
dagli estorsori.

Se una vedova è stata nutrita solamente con il pane della fatica dell’onestà sarà utile per lei; ma se molto le è stato donato
da persone inique per lei sarà un danno, né potrà offrire il suo servizio e la sua intercessione con purezza davanti a Dio. Anche
se è virtuosa e prega per i malvagi, la sua intercessione non sarà ascoltata, ma solo quella per se stessa.
Ma se le vedove pregano per i peccatori che si pentono, le loro preghiere saranno ascoltate.
Se i peccatori non si pentono non saranno ascoltati quando pregano e richiamano alla memoria a Dio anche i loro insulti.
I colpevoli sono i vescovi che prendono elemosine da chi è riprovevole. Devono essere attenti a non servire l’altare di Dio
fuori dai servizi della trasgressione della Legge.
Se i vescovi obiettassero che sono queste genere di persone che donano spontaneamente, non accettare il loro denaro
significa che vedove e orfani non avranno nulla, allora il redattore ricorda che bisogna fare affidamento ai doni del popolo. Se
le chiese sono così povere che i bisognosi devono essere nutriti da questo tipo di persone, il redattore esorta a alla fame.
I vescovi devono indagare ed esaminare che cosa possono ricevere dai fedeli che sono in comunione con la chiesa e si
comportano bene così da nutrire gli afflitti, senza accettare nulla da chi è stato scacciato dalla chiesa fino a quando non sarà
degno di diventare membro della chiesa. I vescovi devono nutrire e rivestire i bisognosi con la fatica della rettitudine dei fedeli.
E inoltre quelle cose che sono donate da loro, devono essere utilizzate per comprare i fedeli e per riscattare schiavi e prigionieri

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e carcerati e quelli che sopportano la violenza e i condannati dalla folla e i condannati a lottare con le bestie o alle miniere o
all’esilio e quelli condannati all’arena. E i diaconi devono andare fra gli afflitti a visitare ognuno per fornire il necessario.
Se accade di essere costretti ad accettare oboli, non devono essere usati per gli approvvigionamenti. Se sono pochi, bisogna
spenderli per la legna da dare ai vescovi stessi e alle vedove, affinché una vedova, ricevendoli, con essi non sia costretta a
comprare cibo. In questo modo, le vedove non saranno contaminate dalla malvagità.

Diciannovesimo capitolo.
Il capitolo è privo di titolo, ma presenta un riassunto dei contenuti uguale a quello presente nella rubrica.
La trattazione del capitolo è rivolta ai vescovi e ai confratelli, entrambi si devono prendere cura senza abbandonare i propri
confratelli imprigionati.
Tutta la prima parte del capitolo si rivolge in modo diretto ai vescovi, usando la II persona plurale.
I vescovi devono mandargli il nutrimento e il denaro per pagare i soldati che li sorvegliano. Chi è condannato in nome del
Signore Dio deve essere considerato come un martire, un angelo di Dio o Dio sulla terra, attraverso di lui si può vedere il
Signore. È obbligo di tutti i fedeli servire in modo diligente e ristorarli al di là della propria ricchezza per mezzo del vescovo.
Ma se ci fosse un uomo che non ha niente, digiuni, e qualcosa di quello che avrebbe dovuto usare per sé quel giorno lo
doni per il suo confratello. Ma invece se c'è un uomo ricco, è richiesto che si metta al loro servizio a secondo del suo potere o
anche di dare la sua intera ricchezza e di riscattarli dalle catene.
Non bisogna vergognarsi di andare a trovare i prigionieri.
Ma se ci fosse uno che è detto “cristiano”, ma è colpevole di azioni malvagie o è condannato per azioni malvagie: furto od
omicidio, bisogna tenersi lontano da uno così, affinché nessuno sia messo alla prova da chi lo cattura. Se accadesse di essere
messi alla prova non bisogna negare di essere cristiani, ma confessare. Non ci sarà condanna in qualità di cristiano, ma come
malfattori.
Ma se uno fa visita a quelli in prigione ed è catturato con loro e senza colpa sopporta l’afflizione per amore di suo fratello,
sia benedetto nell’essere chiamato cristiano, perché ha riconosciuto il Signore e vivrà davanti a Dio.
È opportuno ricevere e accogliere quelli che sono perseguitati per la fede e si muovono “di città in città” secondo l’ordine
del Signore, e nel riceverli dovete gioire di essere partecipi della loro persecuzione.
Il redattore riprende il discorso su chi è messo alla prova. Se invece nega e dice di non essere cristiano sarà un'offesa e
anche se non sarà perseguitato dagli uomini, sarà cacciato da Dio per il suo diniego.
Anche in questo capitolo il redattore usa fare domande retoriche: “Noi, poi, che abbiamo il nostro Signore per maestro e
insegnante, perché non prendiamo a modello il suo insegnamento e il suo comportamento?”.
Il redattore ora parla in prima persona plurale, "ci è richiesto" di pregare di non essere tentati. Di confessare quando in
caso di interrogatorio e di sopportare in caso di sofferenza. Così oltre ad allontanare la Ghenna, si insegnerà ai neofiti e agli
ascoltatori ad agire nello stesso modo ‒ ed essi vivranno davanti a Dio.
Se invece siamo carenti nella fede verso il Signore e neghiamo per la debolezza del corpo, non solo distruggiamo noi stessi,
ma uccidiamo anche i nostri fratelli assieme a noi.
Il redattore ora usa la seconda persona singolare.
Ma se sei stato catturato e portato davanti alle autorità e neghi la speranza che hai nei confronti del Signore e la tua fede
santa e oggi sei stato liberato, ma domani ti ammali di febbre e sprofondi nel tuo letto; o se il tuo stomaco ti tormenta e non
trattiene cibo, ma ritorna con violenti dolori; o (se) sei afflitto da un dolore all’addome o da un dolore in una delle tue
membra; o (se) vomiti sangue e bile dalle tue parti interne con violenti dolori; infatti, o hai un’ulcera in una delle tue membra
e sei tagliato dalle mani dei medici e muori sotto le molteplici afflizioni e tormenti ‒ poi che profitto avrai dalla tua smentita,
(quello) che hai negato, uomo?
Ecco, la tua anima ha avuto in eredità dolori e sofferenze e tu hai distrutto la tua vita davanti a Dio. E brucerai e sarai
tormentato senza respiro, per sempre
Un cristiano che rinnega, ama la sua vita per poco tempo in questo mondo, ma ha fatto cadere se stesso nella Ghenna.
E se un uomo fosse degno del martirio, che lo accolga con gioia, meriti una corona così grande e il suo allontanamento da
questo mondo sia per il martirio. Perciò, noi, che siamo suoi discepoli, siamo anche suoi imitatori.
Il capitolo si chiede con l'ennesima domanda retorica posta dal nostro redattore: “Poiché se porta e sopporta ogni cosa per
noi, anche le sofferenze, ora quanto di più noi, per il nostro bene, potremmo sopportare quando soffriamo?”, e chiude con una
dossologia: “mentre crediamo nel nostro Signore Gesù Cristo e in Dio suo Padre, il Signore Dio onnipotente, e il suo Spirito
santo, a cui sia gloria e onore per sempre, amen”.

Ventesimo capitolo.
La resurrezione
Il capitolo riporta un riassunto dei contenuti uguale a quello presente nella rubrica.
La trattazione si apre con considerazioni generali sulla resurrezione: “Dio Padre onnipotente ci ha resuscitato per mezzo di
Dio nostro Salvatore, come ci ha promesso, infatti ci ha risuscitato dalla morte come siamo, nella forma in cui siamo ora...”, la
narrazione è condotta e sviluppata alla prima persona plurale.
Grazie alla citazione di Daniele XII, 2 il redattore/narratore parla della luce che è concessa ai martiri, ma non solo a loro è
concessa la resurrezione.
Seguono citazioni di Ezechiele e Isaia sulla resurrezione, la vita eterna, la gloria dei giusti e sui malvagi.
Chi non crede nella resurrezione e in Dio, chi trasgredisce la Legge e gli empi, quando vedranno la gloria dei credenti
saranno distrutti nel fuoco perché non hanno creduto.
"Abbiamo imparato e abbiamo creduto e attraverso la resurrezione dalla morte di nostro Signore ci è stata confermata la
resurrezione che Dio", perché il Signore, grazie alla sua resurrezione, fece pegno di quella di tutti. Il redattore chiede di fare
attenzione e prestare ascolto alla Sibilla sulla resurrezione che predica la resurrezione ai Gentili.

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Troviamo una suddivisione interna del capitolo che titola: Conferma della resurrezione anche dagli argomenti naturali.
Gli esempi riportati riguardano la fenice, uccello ritenuto immortale, che risorge dalle sue ceneri. Il redattore ne fa una
ricostruzione storica: “Una volta in cinquecento anni, entra in Egitto e arriva nel punto più alto che è chiamato 'del sole’. E
porta cannella. E quando prega verso Est, si accende un fuoco e brucia e diventa cenere. E inoltre dalle ceneri lì si forma un
verme e cresce nella forma e diventa una fenice perfetta. E poi si allontana e ritorna da dove viene”.
Improvvisamente l’argomento si interrompe e leggiamo l’esortazione del redattore a non venire meno al martirio in nome
di Cristo e si riallaccia all'argomento precedente così: “Se in questo modo, attraverso un animale muto, Dio ci dimostra la
resurrezione, molto di più ‒ noi che crediamo nella resurrezione e nella promessa di Dio, se il martirio ci raggiunge, in quanto
uomini considerati degni di tutta questa gloria che dovremmo ricevere una corona incorruttibile nella vita eterna ‒ ci
rallegreremo nella grande grazia e nell’onore e la gloria del martirio per Dio e accetteremo con gioia con tutta la nostra anima e
crederemo nel Signore Dio che ci ha resuscitato nella luce della gloria”.
La narrazione riprende con il riferimento ai primi versi di Genesi e si sofferma con qualche considerazione sull'argomento,
per concludere che come Dio ha creato ogni cosa, così la farà risorgere. E se farà risorgere tutti gli uomini a maggior ragione i
credenti e i martiri, che sono i fedeli dei fedeli.
Il redattore rivela che il noi usato all'inizio sta a indicare noi discepoli di Cristo persuasi dalla sue sante Scritture.
Il redattore discepolo avverte che riguardo alle cose che avvereranno, anche voi avete creduto e siete stati resi perfetti.
Appena dopo c'è la dichiarazione di testimonianza diretta da parte del redattore e della sua cerchia: “noi che siamo con lui
e lo abbiamo visto con i nostri occhi e abbiamo mangiato con lui, e siamo stati fatti partecipi e testimoni della sua venuta"
crediamo e speriamo di ricevere i suoi doni.
Di nuovo si ritorna sul tema del martirio: “Se poi siamo chiamati al martirio per il suo nome” ci sarà l'assoluzione dei
peccati a cui segue la citazione del Salmo (XXXI) XXXII, 1.
Il redattore ritorna a un uso impersonale dei pronomi. Devono essere benedetti i martiri e i puri, la ragione è che sono
stati fatti risorgere e portati lontano da tutte le iniquità, come Dio ha detto attraverso Isaia su Cristo e i sui suoi martiri.
C'è un passaggio d'argomento raccordato da: “Ora queste cose sono dette su quelli che testimoniano a causa del nome di
Cristo”, a cui segue un’avversativa che sottolinea il cambio di argomento: “Ma inoltre, i peccati sono perdonati dal battesimo
anche a quelli che dalle leggi Gentili si avvicinano ed entrano nella santa chiesa di Dio”. Ritorna l'uso della prima persona
plurale: “Informiamoci anche (su queste cose), a chi i peccati non sono imputati”. Sono nominati Abramo, Isacco, Giacobbe,
patriarchi e martiri”. Il redattore richiama l'attenzione dei confratelli: “Ascoltateci poi, confratelli” e sono citati Prov XX, 9, e
Gb XIV, 4.
Il redattore ricorda ancora che a chi crede ed è battezzato sono perdonati i precedenti peccati a meno che non abbia
commesso un peccato mortale o ne sia stato complice. Se un uomo si allontana dal mondo con il martirio in nome del Signore,
è benedetto. Infatti, ai martiri sono rimessi tutti i peccati.

Ventunesimo capitolo.
La Pasqua e la resurrezione di Cristo nostro Salvatore79
Il capitolo si apre con la richiesta a tutti i cristiani di preservarsi “da un linguaggio vano e da parole leggere e impure”. In
nessun giorno della settimana è concesso essere leggeri nel parlare, come insegna anche Salmo II, 10-12. Le feste e le
celebrazioni devono essere fatte con “timore e tremore”.
Un fedele non deve recitare le canzoni degli empi, né avvicinarsi alle leggi e agli insegnamenti delle assemblee a lui
estranee perché cantando potrebbe menzionare il nome degli idoli. A supporto di questo divieto, si snodano una serie di
citazione: Ger V, 7; Ger VI, 1-2; Os II, 17; Dt XXXII, 21. Segue un ulteriore divieto per i fedeli: giurare sugli idoli, sul sole e sulla luna.
Questi divieti provengono da Dio che si è pronunicato attraverso Mosé (Dt IV, 19), Geremia (Ger X, 2) ed Ezechiele (Ez VII,
16-18).
Il redattore si rivolge ai suoi lettori/uditori parlando ancora per conto di una collettività e ribadendo che è emessa una
condanna su chi venera il sole. Segue un breve riepilogo di divieti: non è legittimo per un credente giurare né sul sole né su
ogni altro segno del cielo o sugli elementi, né menzionare il nome degli idoli, né maledire, ma solo benedire e pronunciare
salmi e proverbi dalle Scritture domenicali. Specialmente nei giorni di Pasqua, in cui tutti i credenti del mondo digiunano
come ha insegnato il Signore.
Il redattore esorta a pregare quando si digiuna, per intercedere per quelli come Giuda che si sono smarriti: “finché è stato
con noi, prima di soffrire, quando mangiavamo la Pasqua con lui, ci ha detto: ‘Oggi, in questa notte, uno di voi mi tradirà. E
noi gli abbiamo detto: ‘Sono io, mio Signore?’. Ed egli ha risposto e ci ha detto: ‘Chi allunga con me la sua mano nel piatto’”.
Racconta il redattore che Giuda Iscariota si alzò e scappò via per tradirlo, arrivando con gli scribi e con i sacerdoti del popolo
per consegnare Gesù.
Dopo il racconto diretto del tradimento, il redattore comincia il computo della settimana santa.
“Ora, questo accadde il quarto giorno della settimana”.
Il terzo giorno della settimana hanno mangiato la Pasqua, il terzo giorno della settimana durante la sera e sono andati sul
Monte degli Ulivi e nella notte Gesù è stato catturato.

                                                                                                               
79
Ms EGN riportano: “Esortazione a ogni cristiano di conservarsi da ogni conversazione malvagia e leggera, e
da ogni pratica cattiva ed empia. Il santo digiuno. La passione e la crocefissione di nostro Signore. Il
quattordicesimo della Pasqua dei giudei e il venerdì della passione e il sabato del vangelo e il primo giorno della
resurrezione di nostro Signore. Il lutto del popolo dei giudei e la gioia del popolo dei cristiani”.

  27  
Il giorno dopo, il quarto della settimana, Gesù è rimasto in custodia nella casa di Caifa, il sommo sacerdote.
Lo stesso giorno i capi del popolo furono riuniti e hanno consiglio contro Gesù.
Il giorno dopo ancora, il quinto della settimana, portano Gesù da Pilato dove è rimasto in custodia con Pilato la notte
successiva al quinto giorno della settimana.
Mentre albeggia il venerdì, Gesù è accusato davanti a Pilato in modo falso, chiedendo che fosse messo a morte da Pilato.
Lo crocifissero il venerdì. Ha sofferto fino alla sesta ora di venerdì. “E quelle ore in cui il Signore fu crocifisso furono
considerate un giorno”. Ci fu buio per tre ore e fu considerata notte. Dalla nona ora fino alla sera ‒ tre ore ‒ (fu considerato)
un giorno. E in seguito inoltre, la notte del sabato della Passione.
Scrive il redattore “Ma nel vangelo di Matteo è scritto così: ‘Durante la sera del sabato, quando il primo giorno della
settimana albeggiava, venne Maria e l’altra Maria, la Maddalena, per vedere il sepolcro. E ci fu un grande terremoto perché un
angelo del Signore venne giù e rotolò via la pietra’ (Mt XXVIII, 1). E ancora che ci fu “il giorno del sabato e poi tre ore della
notte dopo il sabato, in cui nostro Signore si addormentò. E si compì ciò che aveva detto: ‘Il figlio dell’uomo attraverserà il
cuore della terra tre giorni e tre notti’, come è scritto nel vangelo” (Mt XII, 40).
Il redattore aggiunge che siccome questi giorni e queste notti erano corti, fu scritto (Mt XXVIII, 9) che nella notte ‘quando
il primo giorno della settimana albeggiava’, egli apparve a ‘Maria Maddalena e a Maria la figlia di Giacomo’. E la mattina del
primo giorno della settimana Gesù venne nella casa di Levi e poi apparve anche ai discepoli. “Ma ci disse insegnandoci: ‘State
digiunando a causa mia questi giorni? Io ho bisogno che voi siate afflitti? Piuttosto, è per amore dei vostri fratelli che avete
fatto questo. Fate lo stesso in questi giorni quando digiunate, il quarto giorno della settimana e il venerdì, sempre. Come è
scritto in Zaccaria…”.
“Il quarto digiuno e il quinto digiuno” che è il venerdì. Infatti non è legittimo digiunare il primo giorno della settimana,
perché è la mia resurrezione. Per questo motivo, il primo giorno della settimana non si deve annoverare nel numero dei giorni
del digiuno, ma si conta dal secondo giorno della settimana e devono essere cinque giorni. Perciò, “il quarto digiuno e il
quinto digiuno e il settimo digiuno e il decimo digiuno saranno per quelli della casa di Israele” (Zc VIII, 19).
Il redattore incita a digiunare dal secondo giorno della settimana, sei giorni completi, fino alla notte dopo il sabato perché
sia considerata come una settimana. “Il decimo” giorno si digiuna perché è l’inizio del mio nome è Yod, in cui c'è stato l’inizio
dei digiuni. Non bisogna digiunare secondo i costumi del popolo ebraico, ma secondo il nuovo accordo. Bisogna digiunare
per il popolo ebraico nel quarto giorno della settimana, perché il quarto giorno della settimana hanno iniziato a distruggere le
loro anime e hanno catturato Gesù. “Infatti la notte dopo il terzo giorno della settimana è il quarto della settimana, come è
scritto: ‘Fu sera e fu mattina, un giorno’”. La parola passa a Gesù in perosna che dice che la sera appartiene al giorno seguente,
infatti “il terzo giorno della settimana anche io ho mangiato la mia Pasqua con voi e nella notte mi hanno catturato. Ma
inoltre digiunate per loro (il popolo ebraico) anche il venerdì, perché mi hanno crocefisso, a metà del digiuno del loro pane
non lievitato (nel corso della festa dei loro azzimi)”.
Il redattore avverte i fratelli che il digiuno pasquale si rispetta per i fratelli che non hanno obbedito. “Infatti anche se vi
odiano, noi dovremmo chiamarli fratelli, a causa loro a noi è richiesto di digiunare e di lamentarci, per gioire ed essere
contenti nel mondo futuro”, seguono le citazione di Is LXVI, 10 e LXI, 1-2.
È richiesto di avere pietà di loro, di credere, di digiunare e pregare per quelli che non hanno creduto.
Il redattore distingue fra quelli che stanno nell’oscurità e quelli che sono nelle ombre di morte.
I primi sono quelli che appartengono al popolo ebraico e che non hanno creduto nel Signore.
Hanno visto Gesù, ma non l’hanno riconosciuto, non hanno capito né dalle scritture dei profeti né dalle sue azioni e dalle
sue guarigioni.
I secondi, quelli che sono nelle ombre di morte, siete “voi” scrive il redattore, rivolgendosi ai Gentili: “siete nelle ombre di
morte perché avete creduto nel culto degli idoli e non avete riconosciuto Dio”.
Nei giorni di Pasqua è richiesto di fare il digiuno con grande attenzione. Bisogna cominciare “quando i fratelli che
vengono dal popolo ebraico fanno la Pasqua ebraica, perché quando il Signore ha mangiato la Pasqua, fu consegnato da Giuda
dopo quell’ora”. Il redattore ripercorre il tradimento e i giorni della passione di Cristo: “Gesù era ‘nella casa di Simone il
lebbroso’ e noi insieme con lui e ci ha narrato che cosa gli fosse accaduto. Ma Giuda si allontanò da noi in segreto, sperando di
evitare nostro Signore e giunse alla casa di Caifa”.
Il redattore racconta che a causa di tutta la folla di gente, che veniva al Tempio da città e villaggi per fare la Pasqua a
Gerusalemme, i sacerdoti e gli anziani stabilirono che avrebbero fatto la festa immediatamente, per catturare Gesù senza
disordini, mentre il popolo di Gerusalemme era occupato con il sacrificio e a mangiare la Pasqua, anticipando la Pasqua di tre
giorni e celebrando l’undicesimo della luna, il terzo giorno della settimana.
“E così nella notte, mentre il quarto giorno della settimana albeggiava, Giuda ha consegnato nostro Signore a loro. Ma
hanno dato il compenso a Giuda il decimo del mese, il secondo giorno della settimana”.
“…hanno realizzato la loro scelleratezza il venerdì, come ha detto Mosè sulla Pasqua in questo modo: ‘Sarà preso in
considerazione (l’agnello) da voi dal decimo fino al quattordicesimo e poi tutto Israele sacrificherà la Pasqua’”.
Per questo motivo, si deve digiunare nei giorni di Pasqua dal decimo giorno, che è il secondo della settimana. Si può
mangiare solo pane, sale e acqua dalla nona ora fino al quinto giorno della settimana. Il venerdì e il sabato il digiuno è più
aspro, digiunando del tutto e non assaggiando niente. Ci si deve riunire insieme tutta la notte con preghiere e intercssioni,
leggendo i profeti, il vangelo e i salmi con assidua supplica, fino alla terza ora nella notte successiva al sabato e poi bisogna
mettere fine ai digiuni.
L’apostolo fornisce queste indicazioni perché dice che “anche noi in questo modo abbiamo digiunato mentre nostro
Signore ha sofferto”. E continua ribadendo: “rimanemmo vigili e in preghiera e a intercedere per la distruzione del popolo, per

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chi si smarrisce e non professa nostro Signore”. Bisogna pregare perché il Signore non ricordi la colpa del popolo ebraico, per
l’inganno messo in atto contro il Signore e conceda loro un luogo per la penitenza, la conversione e il perdono dei loro peccati.
Pilato, come giudice, non ha approvato le azioni del popolo ebraico, ma “prese l’acqua e si lavò le mani e disse: ‘io sono
innocente del sangue di quest’uomo’”. Tuttavia, il popolo rispose e disse: “Il suo sangue è su di noi e sui nostri figli”. Ed Erode
ordinò che fosse crocifisso e il Signore soffrì il venerdì. Per questo si digiuna il venerdì e il sabato in modo particolare; per
questo motivo si deve vegliare e osservare il sabato e fare la lettura delle Scritture, dei salmi, la preghiera e l’intercessione per i
peccatori fino alla terza ora nella notte dopo il sabato.
Dopo bisogna offrire le oblazioni. E dopo ancora, mangiare e riunirsi, gioire ed essere contenti, come segno della
resurrezione. Questa deve essere legge per i fedeli.
Bisogna digiunare il venerdì perché il popolo ha ucciso se stesso nella crocefissione del Signore; e il sabato inoltre, perché è
il “sonno” del Signore; infatti uno è il giorno in cui il digiuno è richiesto in modo particolare, come anche Mosè ha ordinato.
Infatti, egli ne è venuto a conoscenza attraverso lo Spirito Santo. Anche a quel tempo il popolo ebraico lo ha rinnegato. Per
questo motivo, Dio li ha incatenati in anticipo con un lutto eterno, perciò egli ha costituto il sabato per loro. Infatti si
meritano afflizione, perché hanno rinnegato la loro vita e hanno messo le mani sul loro Datore di vita e lo hanno consegnato
alla morte. Per questo motivo, già da quel tempo fu imposta su di loro l’afflizione della loro distruzione.
Ma osserviamo e vediamo che molti uomini nella loro afflizione imitano il sabato e che allo stesso modo, quelli che
conservano il sabato, imitano l’afflizione. Ora chi testimonia che il sabato è un’afflizione per loro?
“La Scrittura testimonia e dice: ‘In seguito il popolo piangerà, famiglia contro famiglia, la famiglia della casa di Levi da
parte, e le loro donne a parte, la casa di Giuda lontano e le loro donne a parte’, anche dopo l’afflizione di Cristo fino a ora, il
nove del mese di b (agosto) essi si riuniscono e leggono la lamentazione di Geremia e piagnucolano e si lamentano. Tuttavia,
nove significa Theta, ma Theta indica Dio. Perciò si lamentano di Dio, di Cristo che ha sofferto; piuttosto che di Dio nostro
Salvatore, (si lamentano) di se stessi e della loro distruzione. Qualunque uomo si lamenta, fratelli, eccetto chi ha
lutto/afflizione?”.
Per questo motivo, anche i cristiani si devono lamentare per loro il sabato di Pasqua fino alla terza ora della notte seguente.
E dopo la resurrezione di Cristo. Bisogna rallegrarsi ed essere contenti per il loro amore e terminare il digiuno.
E i guadagno del vostro digiuno di sei giorni offriteli al Signore Dio. Tuttavia, quelli fra voi i cui possedimenti sono
abbondanti servano chi è povero e bisognoso e rinfrancatelo in modo diligente per ricevere la ricompensa del vostro digiuno.
Dovunque cada il quattordicesimo giorno della Pasqua, bisogna osservare così. Infatti, né il mese né il giorno corrisponde
nel tempo ogni anno. Quando “quel popolo” fa la Pasqua, i cristiani devono digiunare digiuno, facendo attenzione a portare a
termine la veglia durante la festa del loro pane azzimo.
Il primo giorno della settimana deve essere sempre gioioso, non è legittimo, lontano dalla Pasqua, per nessuno digiunare
durante quelle tre ore della notte tra il sabato e il primo giorno della settimana, perché quella notte è il primo della settimana;
ma durante la Pasqua bisogna digiunare queste tre ore di quella notte, riuniti insieme.

Ventiduesimo capitolo
È giusto insegnare ai bambini un lavoro artigianale80
Il capitolo è privo del riassunto dei contenuti. Benché il titolo faccia riferimento all'insegnare ai bambini un lavoro,
l'argomento principale è l'educazione dei figli.
I destinatari delle ammonizioni sono indicati genericamente con un voi, solo dopo qualche riga ci è chiaro e capiamo che
ancora una volta il redattore si rivolge ai vescovi.
Se i genitori non puniscono i propri figli agiscono male e i vescovi ne sono responsabili.
Non bisogna risparmiarsi, ma rimproverare, punire e insegnare, attualissima il suggerimento alla severità: "Non li
ucciderete per averli castigati, ma piuttosto salverete le loro vite", seguono due citazioni bibliche tratte dai Proverbi sullo stesso
tono: “Castiga tuo figlio, così che lì ci sia speranza per lui, infatti, tu lo colpirai con una verga, e riporterai la sua anima dallo
Sheol”. E dice ancora: “Chi risparmia la sua verga, odia suo figlio”.
Chi non rimprovera suo figlio non lo ama: “perciò insegnate ai vostri figli la parola del Signore e puniteli con le cinghie,
domateli dalla loro giovinezza... E non concedete loro il potere di mettersi contro di voi, i loro genitori, e che non facciano
niente lontano dal vostro consiglio, che non vadano con quelli della loro stessa età e si riuniscano e si divertano. Infatti, in
questo modo imparano la vanità e sono afferrati dalla fornicazione e cadono. Se questo accadesse senza i loro genitori, i loro
stessi genitori sarebbero colpevoli davanti a Dio per il giudizio delle loro anime. E se inoltre per la vostra tolleranza sono senza
disciplina e peccano, di nuovo, voi, i loro genitori sareste colpevoli per conto loro davanti a Dio”.
La panacea di tutti i mali per il redattore in conclusione è di essere diligenti nel farli sposare, altrimenti per la veemenza
della giovinezza commetteranno adulterio come gli empi e i genitori ne risponderanno il giorno del giudizio.

Ventitreesimo Capitolo.
Le eresie e gli scismi81

                                                                                                               
80
Ms FGKN: “Ordine ai bambini che imparino un lavoro manuale e non imparino le cattive abitudini
dell’ozio e al momento (opportuno) prendano mogli per non cadere nel peccato e i loro genitori siano colpevoli
per i loro peccati”.
81
Ms EGN: “Le eresie e gli scismi; quelli che sono condannati alla Gehenna di fuoco che spacca le chiesa;
come Core e Datan e Abiram, quelli che desiderano spaccare Israele mentre insegnano che la chiesa di Dio è una
e che quelle delle eresie non sono chiese di Dio”.

  29  
Il capitolo, privo del riassunto dei contenuti, si apre con un'esortazione a guardarsi “da tutte le abominevoli, cattive e amare
eresie” e da chi vi aderisce. Segue una minaccia: chi si separa erediterà il posto di Core e Datan e Abiram. L'affermazione si
snoda in una serie di citazioni scritturistiche, proseguendo nella sua esposizione. Anche i seguaci di Core sarebbero stati Leviti,
ma hanno desiderato il sommo sacerdozio e hanno parlato male contro Mosè e suo fratello Aronne, fingendo purità e
ostentando religiosità. La punizione per loro fu il fuoco.
Dopo aver esposto la fine degli scismatici il redattore esorta gli “amati”, i laici probabilmente, a prendere in considerazione
che cosa è accaduto agli scismatici. Il redattore si chiede retoricamente: se agli scismatici è riservato questo trattamento, che
cosa accadrà a quegli eretici che bestemmiano Dio? Chi imita Core, Datan e Abiram morirà come loro. Il redattore allora
incita a tenersi lontano da loro e da tutto quello che gli appartiene, a non ascoltare nemmeno i loro nomi. Gli empi sono
giudicati perché non hanno riconosciuto Dio; gli eretici invece sono condannati perché sono contro Dio.
Il redattore interviene in modo diretto e parla alla prima persona plurale: “A quell’epoca abbiamo ascoltato, ma ora
abbiamo anche visto, come anche la Scrittura tramanda dall’affermazione di Geremia XXIII, 15”, etc etc.
Il redattore fa notare che l’attività del Signore è passata dal popolo alla chiesa attraverso "noi" apostoli. Dio avrebbe
abbandonato il popolo dei giudei e il Tempio e sarebbe venuto nella chiesa dei Gentili, poi ha abbandonato quel popolo e ha
riempito la chiesa. Come ha abbandonato il popolo allo stesso modo ha lasciato il Tempio vuoto.
L'apostolo racconta che in passato ci sono state le eresie e gli scismi in quel popolo, ma attualmente Satana ha spinto
"quelli della chiesa" e ha fatto eresie e scismi.
Il capitolo riporta due paragrafi, entrambi con un titolo.
Il primo è: Su Simon Mago.
Il redattore vuole ricostruire le origini delle eresie e racconta che Satana vestì i panni di "un certo Simone", che era un
mago e suo primo servo. E quando "noi", gli apostoli, attraverso lo Spirito Santo, abbiamo compiuto miracoli di guarigione a
Gerusalemme, per privarci di quel dono di Dio ci offrì una donazione di denaro e possedimenti per catturare le nostre menti,
voleva fare uno scambio: lo Spirito santo in cambio del denaro. L'apostolo dice che erano tutti sconvolti per questo. Poi Pietro
ha cercato Satana "che dimorava all’interno di Simone" e lo ha cacciato.
Il capitolo presenta un secondo paragrafo dal titolo: Sui falsi apostoli.
La voce narrante è sempre quella di un apostolo che, riferendosi a se stesso e al suo gruppo, usa "noi" e racconta che
quando hanno deciso di dividere tutto il mondo in dodici parti e sono andati dai Gentili per predicare il Logos, dopo di loro
Satana ha mandato falsi apostoli: uno di nome Cleobio e lui si è unito a Simone e anche altri dopo.
A questo punto, il narratore dichiara di essere Pietro e dice che i seguaci di Simone lo stavano seguendo per corrompere il
Logos. Comincia qui un breve excursus su chi fosse Simone. Pietro dice che quando Simone fu a Roma, ha afflitto la chiesa e
ha sovvertito alcuni. E si è esibito come se volasse attirando i Gentili, entusiasmandoli con le sue arti magiche. E un giorno
dice di averlo visto che volava in aria. Rimasto in piedi gli dice: “Per il potere del nome di Gesù, io annullo i tuoi poteri”.
Simone cade e si spezza l’astragalo del piede. Alcuni ritornano da Pietro, altri rimangono con Simone. E fu così, dice Pietro,
che la sua eresia fu fondata per prima, ma che anche su altri falsi profeti continuava a operare il Nemico: “alcuni di loro
insegnavano che un uomo non dovrebbe prendere moglie e dicevano che se un uomo non prende una moglie è santo, altri fra
loro hanno insegnato che un uomo non dovrebbe mangiare carne e hanno detto che un uomo non deve mangiare niente che
ha un’anima. Altri, tuttavia, hanno detto che uno è obbligato a rifiutare solo il maiale, ma può mangiare quelle cose che la
Legge dichiara pure e che egli dovrebbe essere circonciso secondo la Legge. E altri ancora insegnavano in modo differente,
provocando litigi e disturbando la chiesa”.
Il capitolo XXIII dichiara di finire qui.

Ventiquattresimo Capitolo.
Il capitolo riporta un riassunto degli argomenti più breve di quello presente nell’indice.
Il soggetto narrante è sempre un apostolo che parla in prima persona plurale.
Il redattore fa il resoconto dell'operato degli apostoli: “Noi, ora, abbiamo preceduto e predicato il Logos santo della chiesa
universale in modo corretto e siamo tornati indietro per raggiungere le chiese e trovare chi è trattenuto da altre opinioni.
Alcuni osservavano la santità, altri si astenevano dalla carne e dal vino e alcuni dal maiale e conservavano (qualcosa) dei legami
presenti nella Seconda Legge. Quando perciò si presentò il pericolo di cadere nell’eresia per l’intera chiesa, noi tutti, i dodici
apostoli, ci riunimmo a Gerusalemme e meditammo su che cosa doveva essere fatto”.
Il redattore fa riferimento alla riunione in cui avrebbe preso vita la Didascalia, dove “abbiamo ratificato e costituito lì che
veneriate Dio onnipotente e Gesù Cristo e lo Spirito Santo, che siate al servizio delle sacre Scritture e crediate nella
resurrezione dalla morte e che facciate uso di tutte le sue creature con gratitudine e che prendiate una moglie”. Per i credenti è
sufficiente la circoncisione spirituale del cuore.
Il redattore dice che gli apostoli hanno discusso molto fra loro, ma anche insieme a Giacomo di Gerusalemme, “fratello
del Signore secondo la carne”, insieme ai suoi presbiteri e diaconi e a tutta la chiesa.
I fratelli non erano d'accordo e hanno discusso perché alcuni giorni prima alcuni scesi dalla Giudea ad Antiochia dicevano
ai fratelli di circoncidersi, di comportarsi secondo la legge di Mosè, di conservarsi puri dalle carni, perché era il modo per
essere salvi. Dopo aver saputo della riunione, da Antiochia hanno inviato uomini credenti e competenti delle Scritture per
conoscere la discussione.
Dopo essere giunti a Gerusalemme, raccontarono della discussione che avevano avuto nella chiesa di Antiochia. E alcuni
uomini, quelli che avevano creduto alla setta dei Farisei, si sollevarono e dissero che dovevano essere circoncisi e conservare la
legge di Mosè, anche altri piangevano e dicevano le stesse cose.
Il redattore dichiara nuovamente la sua identità, "io Pietro, mi sollevai e dissi loro: 'Uomini, fratelli, anche voi sapete che
dai primi giorni in cui io ero tra voi, Dio ha scelto che attraverso le mie mani i Gentili ascoltassero il vangelo e credessero; e
Dio, che mette alla prova i cuori, ha portato testimonianza a loro'”.

  30  
Pietro continua il suo racconto facendo riferimento a Cornelio, un centurione, a cui è apparso un angelo. Pietro viene
messo a parte dell'episodio, ma dice che quando era pronto ad andare da lui è salito sul tetto a pregare e ha visto cieli aperti e
un recipiente, legata ai quattro angoli, mentre cadeva e scendeva sulla terra. All’interno c’erano tutte le bestie a quattro zampe
e le cose della terra che strisciavano e i pennuti del cielo. E sentì una voce che diceva: ‘Simone, sollevati, uccidi e mangia’. Ma
Pietro dice di aver detto: “Dio l’ha proibito, Signore, infatti io non ho mai mangiato nulla di contaminato e di profano”. Dice
di aver sentito un’altra voce, la seconda volta, che diceva: "Quello che Dio ha reso puro, non renderlo profano”. Quella era la
terza volta, così il recipiente salì in cielo. Pietro allora si ricorda un'affermazione del Signore che ora comprende: "Gioite
Gentili con il popolo”.
Pietro riprende il racconto, e dice che quando è entrato a casa di Cornelio e ha iniziato a predicare il Logos di Dio, lo
Spirito santo scese su di lui e su tutti i Gentili, quelli che erano presenti lì. Poi, Dio “ha dato loro lo Spirito santo, come anche
a noi, e non ha fatto nessuna distinzione tra noi e loro e ha reso puri i loro cuori nella fede”. Pietro retoricamente domanda:
“Ora, perciò perché provocate Dio, imponendo il giogo sui colli dei discepoli che né i nostri padri né noi siamo stati capaci di
sopportare? Ma attraverso la grazia di nostro Signore Gesù Cristo crediamo che saremmo salvati come loro”. Il passo continua
con la citazione di Mt XI, 28-30: “Venite a me tutti voi che lavorate faticosamente e siete carichi con pesanti fardelli e io vi darà
riposo; prendete il mio giogo su di voi e imparate da me, infatti sono gentile e umile nel mio cuore e troverò riposo nelle
vostre anime; infatti il mio giogo è piacevole e il mio carico è leggero”. Ancora una domanda retorica: "Se ora nostro Signore
ci ha sciolto e alleggerito, perché avete posto un nodo su voi stessi?".
La parola passa a Giacomo, che dopo essersi presentato, ricorda a tutti che Simone ha raccontato che Dio disse che
avrebbe eletto un popolo fra i Gentili per il suo nome e con questo profeti e Scrittura sarebbero concordi. (Giacomo
>Simone/Pietro>Dio, questi i passaggi che l'intervento di Giacomo mette in evidenza).
Giacomo dice che nessun uomo deve essere perseguitato fra coloro che sono tornati a Dio tra i Gentili, ma che il Logos
deve essere inviato loro così: ovvero astenendosi da pratiche malvagie, dagli idoli e da ciò che è sacrificato, e da quello che è
stato strangolato e dal sangue. Giacomo ricorda che: “A quel tempo noi apostoli e vescovi e anziani, insieme con tutta la chiesa,
fummo ben lieti di scegliere degli uomini fra loro e li inviammo (ad Antiochia) con Barnaba e Paolo”. Dice che scelsero e
nominarono “Giuda che è stato chiamato Barsabba e Sila, uomini noti tra i fratelli", segue la citazione di Atti XV 23-29, che
Giacomo dichiara di aver scritto tutti insieme.
Conclude facendo il resoconto del soggiorno a Gerusalemme: 1) hanno mandato la lettera, 2) hanno consultato e fissato
queste cose che sono d’aiuto per tutto il popolo, 3) hanno scritto anche questa Didascalia universale.

Venticinquesimo Capitolo.
Il capitolo riporta un riassunto degli argomenti più breve di quello presente nell’indice.
Il capitolo, privo di riassunto dei contenuti, fa il resoconto di come hanno agito e vogliono agire in futuro gli apostoli.
Anche in questo capitolo il redattore scrive al plurale, facendo riferimento a se stesso come parte di un gruppo progettando il
futuro: “Ritorneremo di nuovo e andremo nelle chiese una seconda volta, come all’inizio della predicazione e per confermare i
credenti ed essi si terranno lontano dalle offese suddette e non riceveranno chi viene nel nome degli apostoli in modo falso e li
riconosceranno dall’incostanza delle loro parole e dall’effetto delle loro parole.
Chi si è smarrito e chi si pente deve rimanere nella chiesa. Invece quelli che non si pentono “abbiamo decretato e deciso
che siano cacciati dalla chiesa e separati e allontanati dai fedeli, perché sono diventati eretici”, i fedeli si devono tenere lontani
da loro e non devono parlargli perché questi danneggiamo la chiesa.
Il Signore ha perdonato il popolo ebraico e ha detto: “Padre mio, non sanno quello che hanno fatto, né che cosa dicono;
se è possibile perdonali”. Anche per i Gentili, che bestemmiano contro il figlio dell’uomo a causa della croce, ci sarà il perdono
con il battesimo. Gli eretici invece, che bestemmiano contro lo Spirito santo, contro Dio e contro la chiesa universale sono
condannati da Cristo.
Il redattore aggiunge che “dopo aver corretto e confermato e stabilito insieme, tutti d’accordo, ognuno di noi si è allontanato
ed è andato nella sua precedente regione a confermare le chiese” e aggunfge che le cose raccontate finora sono state compiute
da “falsi Messia e profeti bugiardi” e che quando si avvicinerà la venuta del Signore ce ne saranno di peggiori di questi.
Il redattore ritorna su chi si è pentito dell’errore e dice che queste persone sono state curate con ammonizioni, con parole
d’intercessione e che dopo averli guariti sono stati lasciati nelle chiese. Invece per chi non c’è cura c’è l’allontanamento affinché
“non inquinino la santa chiesa universale, la pura chiesa di Dio, affinché (l’errore) non si sparga come lebbra e viaggi verso
tutti come una cancrena putrida, ma pura e senza macchia o difetto o piaga rimanga la chiesa, integra nei confronti del
Signore Dio”.
Queste cose, dice il redattore-apostolo, sono state fatte da tutti gli apostoli in ogni regione e in ogni città, per il mondo
intero fornendo la testimonianza e lasciando “questa Didascalia universale” alla chiesa universale per memoriale e conferma dei
fedeli.

Ventiseiesimo capitolo.
Le catene della Seconda legge di Dio82
Il capitolo, privo di riassunto iniziale, si apre con un’esortazione ai convertiti del popolo ebraico: di non conservare i legami,
purificazioni, aspersioni e distinzioni dei pasti, secondo Is XLIII, 18-19: “Ecco, io faccio nuove tutte le cose, quelle che ora
annuncio, che conoscete; e farò una strada nel deserto”.

                                                                                                               
82
Ms EGN: “Il capitolo XXVII insegna quale sia la legge e quale sia la Seconda Legge; e un avvertimento a
tutti i cristiani e che non dovrebbero cercare di portali avanti; chi vuole portarli avanti sia soggetto a quella
maledizione che attraverso la legge posta su di lui, anche come chi conferma quella maledizione che era su nostro
Signore”.

  31  
Da qui ha inizio una lunga trattazione sulla Legge. Il redattore dice ai convertiti che Dio diede una legge salvifica, semplice,
pura e santa, in cui il Salvatore ha posto il suo nome. Quando Dio ha pronunciato il Decalogo ha indicato Gesù. Il Dieci
rappresenta lo Yod, che è l’inizio del nome di Gesù. La trattazione passa attraverso le citazioni di Sal XVIII, 7 (8) e Mc I, 44, per
mostrare che Dio non abroga la Legge, ma insegna quale sia Legge e quale sia la Seconda Legge, ribadendo che Dio ha detto
(Mt V, 17): “Io non sono venuto per abrogare la Legge né i Profeti, ma per dargli compimento”.
Il redattore a questo punto fa una distinzione fra Legge e Seconda Legge e poco dopo approfondisce i due aspetti.
Scrive che la Legge è indissolubile, la Seconda Legge invece è provvisoria e si può sciogliere.
La Legge consiste di Decalogo e giudizi, su cui Gesù ha testimoniato e detto così: “Non passerà uno Yod, una lettera dalla
Legge”. Dunque è lo Yod, che non passa dalla Legge, sebbene sia (ri)conosciuta dalla Legge per mezzo del Decalogo, che è il
nome di Gesù. La Legge consiste nel Decalogo e nei giudizi, quelli che Dio ha pronunciato prima che il popolo facesse il
vitello e adorasse idoli. Infatti, anche quella è chiamata Legge in modo certo, a causa dei giudiziQuesta è la Legge semplice e
leggera, in cui non c’è carico, né distinzione di cibi, né incensi, né offerte di sacrifici e olocausti. In questa Legge, quindi,
mostra ciò riguardo alla distribuzione della chiesa e non alla circoncisione della carne solamente.
Dio ha detto che non ha bisogno di sacrifici (Dt XXVII, 5).
Il redattore prosegue la dimostrazione con gli esempi illustri di chi ha fatto sacrifici che però hanno portato dolore e
omicidi: Caino e Abele spontaneamente hanno presentato offerte e le loro offerte hanno compiuto l’omicidio di un fratello.
Noè fece offerte e fu biasimato.
La Legge è definita semplice e leggera.
Il popolo ebraico ha rinnegato Dio che si è manifestato attraverso le parole e i gesti Mosè. Dopo un breve riepilogo delle
azioni del profeta, il redattore spiega che Dio legò questo popolo con la Seconda Legge e pose fardelli pesanti su di loro e un
duro giogo sul loro collo e ora Dio non dice più Se farai, ma obbliga il popolo a fare determinate cose.
La necessità li ha indotti ad astenersi dalle carni, da quel momento gli animali furono distinti fra carni purificate e immonde,
da quel momento ci furono separazioni e purificazioni, battesimi e aspersioni. E da quel momento ci furono sacrifici e offerte e
tavole. Da quel momento furono bruciate le offerte, e offerte e pane della presenza, e l’offerta di sacrifici e primizie e riscatti e
capri (espiatori) per il peccato e i voti e molte altre cose incredibili.
Ma oltre a non sopportare nessuna di queste cose, il popolo ebraico ha fatto inquietare il Signore che alla Seconda Legge
aggiunse una cecità degna delle loro parole: maledire Gesù Cristo e pensare che sia degno di una maledizione. Dopo la
citazione di Is VI, 9 e Mt XIII, 15, il redattore si rivolge di nuovo ai convertiti del popolo ebraico ricordando loro di essere stati
liberati dai legami e sollevati dalla Seconda Legge e resi liberi dall’amara schiavitù. Una maledizione è stata tolta e abolita.
Il redattore spiega che la Seconda Legge fu imposta a causa della fabbricazione del vitello e dell’idolatria.
I convertiti invece con il battesimo sono stati liberati dall’idolatria e dalla Seconda Legge che fu (imposta) per gli idoli,
infatti, nel vangelo egli ha rinnovato e portato a compimento e confermato la Legge, ma ha abrogato e abolito la Seconda
Legge. In verità, fu per questo motivo che venne: per confermare la Legge e abrogare la Seconda Legge e portare a
compimento la potenza della libertà degli uomini e dimostrare la resurrezione dalla morte.
Prima aveva predetto la sua venuta per mezzo dei profeti e insieme con la sua venuta indicò il popolo disobbediente e
predicò sull’abrogazione della Seconda Legge, come ha detto per mezzo di Geremia VI, 20 e VII, 21.
In verità non ha dato ordini sulla Legge, ma sui legami della Seconda Legge. E usa Is I, 11-14 per esemplificare
l’affermazione. Inoltre, scirve che in tutte le Scritture parla in questo modo e per i sacrifici abroga la Seconda Legge.
Il passo che viene utilizzato dal redattore per indicare l’abrogazione della Seconda Legge è: “Venite a me, tutti voi che faticate e
siete carichi di pesanti fardelli, e io vi darò riposo” (Mt XI, 28).
Il redattore si rivolge al suo stesso gruppo: “Ora dunque, sappiamo che nostro Signore non ha detto questo ai Gentili, ma
lo ha detto a noi, i suoi apostoli, che proveniamo dagli Ebrei e ci ha condotto fuori dai fardelli e dai pesanti carichi”.
Quelli che non gli hanno obbedito, si sono legati da soli con le catene della Seconda Legge.
Il Signore ha dato la Legge e la Seconda Legge. Egli testimonia che la Legge è vita per quelli che la mantengono, la
Seconda Legge invece mostra che è un legame e una cecità e fa una distinzione ovunque. E ordina di stare sotto la Legge chi
non è sotto la Legge è senza legge. Gli onesti sono detti benedetti per l’onestà e la custodia della Legge.
Invece chiama malvagi quelli che non agiscono all’interno della Legge.
Nel vangelo conferma la Legge, ma porta fuori dalla Seconda Legge.
La Legge è una (cosa) e la Seconda Legge un’altra.
Lo Spirito Santo dice che la Legge è un “giogo”, ma la Seconda Legge sono le “catene”.
Spiega che a Legge è un giogo, “perché come il giogo dell’aratro del bue è posto sul precedente popolo e sull’attuale chiesa
di Dio, anche ora nella chiesa è su di noi, su quelli che sono chiamati dal popolo e su di voi e su quelli che vengono dai Gentili
che hanno (ottenuto) la grazia”.
Invece chiama la Seconda Legge legami. “Infatti, quando il popolo ha adorato gli idoli, gli fu aggiunto il fardello della
Seconda Legge. Infatti i legami furono imposti giustamente, come accadde al popolo a quel tempo. Tuttavia, la chiesa non è
stata legata”. Infatti, attraverso Ezechiele spiega dice la Legge salvifica è una, ma la Seconda Legge, (quella) di morte, è un’altra.
(Ez XX, 10).
Gli occhi del popolo ebraico furono accecati e le loro orecchie rese sorde come quelle del Faraone e per questo fu imposta
la Seconda Legge, stabilita da Mosè stabilì.
La Seconda Legge che è chiamata “giudizi che non sono buoni” e non può salvare una vita.
La Seconda Legge non era imposta al di fuori del culto degli idoli. Infatti, i legami furono stabiliti fermamente a causa del
culto degli idoli. Chi dà ascolto a loro è schiavo e adoratore di idoli. Pertanto, chi lega se stesso diventa colpevole di afflizione e
dovrebbe anche confessare il culto degli idoli. Chi è così, conferma anche la maledizione contro il Signore, poiché approvare la
Seconda Legge, significa far valere la maledizione contro il Salvatore.
Il redattore si rivolge ancora a quelli che provengono dal popolo, li esorta a fare silenzio.

  32  
Devono essere saldi nella fede e non credere che il primo giorno della settimana sia il sabato, ma la domenica. Il primo
giorno e l’ultimo sono uguali, come dice Sal XC (LXXXIX), 4.
Si deve contare da sabato a sabato ‒ così diventa un’ogdoade, che è di più del sabato.
Ogni giorno è del Signore. Infatti, se Dio avesse voluto che gli uomini riposassero un giorno su sei, il primo di tutti i
patriarchi, dei giusti e di tutti quelli che furono prima di Mosè, sarebbero stati in riposo e anche Dio si sarebbe riposato.
Il sabato è una similitudine con il riposo finale che indica i settemila.
“E non solo nella sua persona ha mostrato queste (cose), ma ha operato anche attraverso i romani. E ha distrutto il
Tempio e ha indotto l’altare a fermarsi e ha abolito i sacrifici e tutti gli ordini e ha abrogato i legami che sono nella Seconda
Legge. Infatti, anche i romani conservano la Legge, ma si astengono dalla Seconda Legge ‒ perciò la loro potenza è forte. Voi,
così, che oggi desiderate essere sotto la Seconda Legge, mentre i romani governano, non potete fare niente che è scritto nella
Seconda Legge. Infatti, non potete lapidare i malvagi, né uccidere gli adoratori degli idoli e non potete servire il ministero dei
sacrifici e fare libagioni e aspersioni di giovenca. Voi non potete nemmeno soddisfare ogni altra cosa fra quelle che sono nella
Seconda Legge e non potete nemmeno osservarle. Tuttavia, se seguite Cristo, erediterete le benedizioni”.
Arrendersi al vangelo significa arrendersi alla Legge e astenersi dalla Seconda Legge.
Infatti in ogni epoca c’è una giusta legge.
“Ora, mentre avete il vangelo ‒ vi arrendete alla Legge, al rinnovo della Legge e al sigillo; non cercate niente altro, più
della Legge e dei profeti. Infatti, la Seconda Legge è dissolta, invece la Legge è salda. Quelli, tuttavia, che dovrebbero essere
senza Legge, malvolentieri si troveranno sotto la Legge; infatti ha detto nella Legge: ‘Non uccidere’, ma se un uomo uccide, è
condannato dalla legge dei romani e si trova sotto la Legge. Ma se seguite e vi arrendete alla verità della chiesa e al potere del
vangelo, la vostra speranza nel Signore non si indebolirà”.
Il redattore esorta ad allontanarsi da una serie di persone:
• da tutti gli eretici che non seguono la Legge e i profeti,
• da chi non obbedisce a Dio, ma è suo nemico;
• da chi si allontana dalle carni e proibisce di sposarsi e non crede nella resurrezione del corpo;
• da chi non mangia e non beve, ma vuole resuscitare i demoni, spiriti vuoti, questi sarà condannato per sempre e
tormentato nel fuoco implacabile.
Chi vuole conservare conservare le abitudini della natura, i flussi e i rapporti deve sapere che con la Seconda Legge
conferma la maledizione contro il Salvatore e condanna se stesso senza motivo.
E inoltre dica di nuovo in quali giorni o in quali ore osserva le preghiere e riceve l’eucarestia o legge le Scritture ‒ ci
racconti se è privo dello Spirito Santo.
Infatti con il battesimo ricevono lo Spirito Santo che è sempre con chi lavora onestamente, e non si allontana da loro per i
flussi naturali e per i rapporti di matrimonio, ma rimane in quelli che lo possiedono e li custodisce. A quelli che lo posseggono
sarà aggiunto, a quelli che pensano di non averne, anche quello che pensano di avere, sarà strappato via.
Il capitolo riporta un sottoparagrafo dal titolo: Su quelle che osservano i giorni del flusso.
Questa parte si rivolge alle donne per distoglierle dall’idea che nei sette giorni di ciclo mestruale siano prive di Spirito
santo. Il redattore invece rassicura dicendo che lo Spirito santo è sempre presente e che non bisogna astenersi dalla preghiera,
dalle Scritture e dall’eucarestia senza un vero impedimento. Astenersi dai frutti dello Spirito santo significa conservare vuote
osservanze.
“Se lo Spirito santo non è in te, in che modo puoi operare onestamente? Infatti lo Spirito santo rimane sempre con chi lo
possiede. Ma da chi si allontana, a quello si attacca uno spirito impuro”. Lo spirito impuro entra nelle persone che non sono
battezzate, che sono “deserte”.
Lo spirito impuro esce da una persona perché non trova riposo in nessun luogo: perché ogni uomo è riempito comunque,
chi con lo Spirito santo e chi con uno spirito impuro. Un credente è riempito con lo Spirito santo e chi non crede, con uno
spirito impuro, e la sua natura non accoglie uno spirito estraneo. Perciò chi si è allontanato e rimane lontano e ha
abbandonato lo spirito impuro grazie al battesimo, è riempito con lo Spirito santo.
Gli spiriti impuri non escono nemmeno un attimo dagli empi, visto che sono già empi, anche se fanno opere buone.
Infatti, non c’è anche altro potere con cui lo spirito impuro può uscire eccetto che con lo santo Spirito di Dio. Così, quando
lo spirito impuro non trova posto in una persona, ritorna dalla persona da cui è uscito; perché chi è riempito con lo Spirito
santo non lo accoglie.
“Tu allora, donna, secondo quello che dici, se nei giorni del tuo flusso sei priva (dello Spirito santo) sei riempita dagli
spiriti impuri. Infatti, quando lo spirito impuro ritorna da te e trova un posto, entrerà e dimorerà in te sempre e allora ci sarà
l’entrata dello spirito impuro e l’uscita dello Spirito santo e una battaglia continua. Pertanto, stolte, queste disgrazie vi
succedono per le vostre opinioni e per le vostre idee siete svuotate dallo Spirito santo e riempite da spiriti impuri…”.
“Ma inoltre ti dico, donna, (se) nei sette giorni della tua perdita ti consideri impura secondo la Seconda Legge, dopo sette
giorni allora, in che modo puoi essere purificata senza battesimo?”.
Il redattore ipotizza che nel caso la donna si lavi secondo le sue idee, ovvero per purificarsi, abrogherà il battesimo di Dio;
se invece non si purificherà secondo le sue idee rimarrà impura e l’osservanza dei sette giorni non avrà significato e sarà
condannata.
Osservare le perdite (emissioni di seme) e i rapporti del matrimonio sono sciocche e dannose.
Infatti, quando un uomo ha rapporti sessuali se si deve lavare, dovrebbe lavare anche il materasso e i vestiti e non dovrebbe
fare niente altro. Dunque, scrive il redattore, se un uomo si è lavato per uno di questi motivi, dovrebbe farlo anche quando
calpesta un topo, ma anche in quel caso non sarà mai purificato. Infatti si dovrebbe applicare questo concetto anche alle scarpe
fatte con animali morti e ai vestiti fatti con pelli di animali macellati per gli idoli; e inoltre agli indumenti di lana che è come
gli animali di cui sei vestito. E se uno calpesta un osso o entra in una tomba, è obbligato a lavarsi e non sarà mai purificato. E
così abrogherà il battesimo di Dio, ma confermerai la Seconda Legge e prenderà su di sé l’idolatria del vitello.

  33  
Quando uno conferma la Seconda Legge, sceglie la maledizione contro il Signore.
Il redattore si rivolge ai suoi “amati” esortando a stare lontano dalle osservanze perché liberi grazie al Signore da ogni
fardello.
Inizia qui la lista di divieti.
Non si è impuri e non bisogna purificarsi se si viene in contatto con un morto o una tomba, come prescriveva al Seconda
Legge, secondo il vangelo e lo Spirito santo bisogna riunirsi nei cimiteri, leggere le Scritture offrendo un’eucarestia gradita a
Dio: la somiglianza del corpo, il regno di Cristo.
Nelle congregazioni e nei cimiteri si offriranno “i distacchi di quelli che si addormentano”.
Il pane puro sia preparato sul fuoco e santificato con un’invocazione. Bisogna pregare e fare offerte per quelli che si sono
addormentati, ma che non sono morti, dopo la citazione di Mt XXII, 31-33, segue il racconto di un esempio illustre: il profeta
Eliseo. Dopo che si fu addormentato ed era (morto) da molto tempo, fece risuscitare un uomo morto. Infatti, il suo corpo
toccò il corpo del morto e lo animò e risuscitò.
Dunque, il redattore esorta ad avvicinarsi senza restrizioni a quelli che riposano eternamente e di non considerarli impuri.
Il redattore poi fa riferimento alla donna che in mezzo alla folla sfiora il mantello di Gesù e viene guarita, lei secondo il nostro
redattore avrebbe avuto il ciclo mestruale e non è stata condannata, ma degna del perdono di tutti i suoi peccati. E continua
rivolgendosi agli uomini: “quando le vostre mogli hanno quelle perdite che sono secondo natura, abbiate cura, come è giusto,
di separarvi da loro”, ma attraverso Mal II, 14 dice: “Dai ascolto ai tuoi ardori e la moglie della tua giovinezza non ti
abbandonerà”.
Quando una donna ha le mestruazione e un uomo un’emissione seminale oppure marito e moglie hanno rapporti sessuali,
queste situazioni non devono essere considerate impure, uomini e donne non è necessario che siano separati né devono
purificarsi. Se invece un uomo dopo il battesimo corrompesse la moglie di un altro o con una prostituta, anche se si bagnasse
in tutti i mari e in tutti i pozzi senza fondo o si lavasse in tutti i fiumi del mondo, non potrebbe rendersi puro.
Il redattore si rivolge ai suoi lettori/uditori, scrivendo: “amati nostri, state lontani da tutte le sciocche osservanze e non vi
avvicinate loro”, diligenti nel conservare un matrimonio d’unione con una sola moglie e nel conservare i propri corpi senza
onta e senza macchia.
Il redattore ci informa che potrebbe continuare a fornirci dimostrazione e a farci conoscere anora più affondo la Didascalia,
ma per non allungare e prolungare la scrittura, completa il discorso e lo termina, affinché la severità dell’insegnamento del
discorso rimanga, senza stancarsi delle cose che sono state dette. Il redattore richiama alla memoria la severità delle parole del
Signore contro chi meritava la condanna: (Mt XXV, 30; Ger XXIII, 29; Lc VI, 49).
Allo stesso modo anche questa scrittura si rivela al popolo che parla in modo duro e severo per la verità.
Infatti, scrive il redattore: “se avessimo scritto liberamente per l’adulazione degli uomini, molti sarebbero diventati lenti e
sarebbero venuti meno alla fede, e sarebbero diventati (colpevoli) del loro sangue”.
Il redattore si lancia in una dossologia conclusiva che riepiloga la vita di Gesù Cristo:
• che è capace di aprire le orecchie di chi ascolta per accogliere le acute parole taglienti del Signore,
• nazareno, che fu crocifisso nei giorni di Ponzio Pilato,
• che si è addormentato,
• che ha annunciato ad Abramo e a Isacco e a Giacobbe e a tutti i santi la fine del mondo e la resurrezione che c’è dalla
morte,
• che è risorto dalla morte,
• che mostrò e diede a quelli che lo hanno conosciuto un anticipo della resurrezione,
• che fu preso in cielo per mezzo della potenza di Dio suo Padre e dello Spirito Santo,
• che sta seduto alla destra del trono di Dio onnipotente sui cherubini,
• che viene con la potenza e la gloria per giudicare i morti e i vivi,
a lui il redattore augura dominio, gloria, maestà e regno, insieme a suo Padre e allo Spirito santo, che fu, è e rimane ora e
di generazione in generazioni e tempi.
Amen.
Il redattore conclude scrivendo che: “la Didascalia, cioè l’insegnamento dei santi apostoli, è giunta alla fine”.

  34  
2. Il carattere dell’opera e il suo genere
DA è un’opera pseudoepigrafa, il cui contenuto si diversifica a tal punto che le definizioni fornite
dagli studiosi sono state piuttosto eterogenee.
Achelis 83 ha sostenuto che DA fosse “A constitution”; Burkitt 84 : “A sort of Pastoral”; Cross 85:
“Collection of miscellaneous precepts of professedly Apostolic origin”; O’Leary86: “The earliest manual
on canon law”.
Connolly87: “The book has naturally been classed with that family of documents which we know as
the Church Orders, among which it forms a third point of time to the Didache and the Apostolic
Tradition of Hippolytus. (…) But any such description would be quite inapplicable to the Didascalia,
which is much more an elementary treatise on Pastoral Theology”.
Fonrobert88definisce DA una “Christian” Mishnah89 perché il suo autore/redattore rivela un’identità
instabile, divisa fra due culture e due mondi90. Tutta DA, secondo la studiosa, rivela familiarità con le
tecniche del Midrash e un carattere a metà fra il cristianesimo e l’ebraismo91.

La definizione che Faivre fornisce della letteratura canonico-liturgica è evocativa e unica nel suo
genere:

la documentation canonico-lliturgique se situe entre la littérature "insipirée"– et


que l'on pourrait théoriser comme le fruit d'une élaboration "charismatique"– et la
littérature légale – de type conciliaire par exemple – fruit d'une institution qui n'a
plus à démontrer la légitimité de son puovoir. Elle est le produit du labeur
d'anonymes (individus, groupes ou écoles) qui, n'ayant pas assez d'autorité pour se
réclamer de la qualité d'auteur, se voient ou se croinet contrains de s'abriter derrière
une autorité fondatrice92.

Secondo Faivre93 questo genere di documentazione si situa fra la letteratura “ispirata” e la letteratura
legale di tipo conciliare, come il prodotto anonimo di gruppi o di individui che si rifanno a un’autorità
fondatrice; in DA si ricorre a una pseudo apostolicità collettiva, dove si racconta l’origine del testo
all’assemblea di Gerusalemme secondo Atti 15, da cui si giustifica l’organizzazione ecclesiastica.
L'organizzazione ecclesiastica è presentata e giustificata dalla pseudo apostolicità, che Faivre intende al
limite con una legittimazione necessaria94.
Faivre95 attribuisce a DA un carattere canonico-liturgico: un genere letterario istituzionale che deve
essere considerato “vivo”96 per i continui adattamenti successivi, contemporanei e coevi alle indicazioni
delle lettere pastorali, degli scritti dei Padri o dei concili, ecumenici o regionali.

                                                                                                               
83
Philip Schaff, The New Schaff-Herzog Encyclopedia of Religious Knowledge I, Baker Book House Grand
Rapids, Michigan 1951, p. 245.
84
F.C. Burkitt, “The Didascalia”, JThS 31 (1930), 259.
85
F.L. Cross, Early Christian Fathers, G. Duckworth, London 1960, p. 96.
86
O’Leary, De Lacy Evans, The apostolical constitutions and cognate documents, with special reference to their
liturgical elements, Society for promoting Christian knowledge, London 1906, p. 27.
87
R.H. Connolly, Didascalia Apostolorum: the Syriac version translated and accompanied by the Verona Latin
fragments with an introduction and notes, Clarendon Press, Oxford 1929, p. XXVI-XXXVII.
88
C.E. Fonrobert, “The Didascalia Apostolorum: A Mishnah for the disciples of Jesus”, JECS 9/4 (2001)
483-509.
89
C.E. Fonrobert, “The Didascalia Apostolorum: A Mishnah”, p. 498.
90
C.E. Fonrobert, “The Didascalia Apostolorum: A Mishnah”, p. 502.
91
C.E. Fonrobert, “The Didascalia Apostolorum: A Mishnah”, 484.
92
A. Faivre, “La documentation canonico-litugique”, p. 12.
93
A. Faivre, La documentation patristique, p. 12.
94
A. Faivre, “La documentation canonico-litugique”, p. 12.
95
A. Faivre, Ordonner la fraternité. Pouvoir d’innover et retour à l’ordre dans l’Église ancienne (Histoire), Cerf,
Paris1992, p. 14.
96
A. Di Berardino, “Letteratura canonica e liturgica” in Patrologia V, Marietti, Genova 2000, pp. 661-663.

  35  
Nella letteratura istituzionale è l’autorità apostolica o la pseudo apostolicità che legittima le
prescrizioni presenti nel testo 97 garantendone l’accettazione e la validità 98 e facendo di esso un
documento normativo99. La διαδοχή garantirebbe l’autenticità della διδαχή visto che entrambe hanno
inizio con gli apostoli100.
DA risponde perfettamente a queste caratteristiche. Riporto di seguito parte del proemio come
passo esemplare in cui l’insegnamento è ricondotto a Gesù e alla sua cerchia da una cornice narrativa

Noi, dunque, i dodici apostoli dell’unigenito Figlio, l’eterno Logos di


Dio, nostro Signore e nostro Dio e nostro Salvatore Gesù Cristo, quando ci
siamo riuniti insieme a Gerusalemme, città del grande re, e con noi il nostro
fratello Paolo, l’apostolo dei Gentili, e Giacomo, il vescovo della città appena
ricordata, abbiamo sancito questa didascalia, in cui sono contenute la
professione di fede e il credo, e abbiamo dato un nome a tutti gli ordini101 ,
come fossero gerarchie del cielo e in questo modo anche agli ordini della santa
chiesa.

Schöllgen102 nota quanto sia anacronistica e inadeguata questa categoria moderna e propone di
attenersi alla forma e all’intenzione letteraria con cui quest’opera nasce, sostenendo che la
determinazione del genere dovrebbe interrogare lo stesso scritto sulla sua intenzione di redazione e sulla
sua forma letteraria. Sarebbe il testo stesso a indicare il suo genere, come un prodotto del concilio degli
apostoli di Gerusalemme, reso noto dagli Atti degli apostoli. Lo scopo del trattato sarebbe quello di
servire alla lotta contro gli eretici del periodo apostolico. Secondo Schöllgen, quindi, si tratterebbe non
di un’opera del diritto canonico, ma piuttosto uno scritto in veste apostolica di monito antieretico103 e
di insegnamento pastorale su singoli problemi di carattere secondario, ma attuali delle comunità del III
secolo104 dove gli apostoli indirizzano e guidano la comunità, più come pastori che come legislatori.
DA viene classificata nel genere canonico-liturgico dai manuali di letteratura per ovvie ragioni di
opportunità, ma tenendo conto che gli aspetti liturgici emergono in modo generico, tenderei a
escludere il secondo aggettivo dalla definizione, in più c'è da considerare che la liturgia non ha un peso
e un’estensione significativa nell'economia generale del trattato. Se paragoniamo DA a D, risulta
evidente che quest’ultima, seppure nella sua brevità, offre molte più istruzioni liturgiche di quanto non
faccia DA in tutta la sua estensione.
Per quanto concordi in parte con Schöllgen sulla necessità di interrogare lo scritto sulle sue
intenzioni di redazione; e totalmente con Faivre che ritiene che DA faccia parte di un genere
istituzionale dal carattere “vivo”, aggiungerei che ha un aspetto particolarmente ibrido rispetto a testi
dal carattere istituzionale.
Secondo Metzger, il ricorso alla polemica con altre tradizioni, l'uso della condanna dei contestatori
dell'ordine gerarchico con il richiamo all'ubbidienza e la forte affermazione dell'autorità apostolica

                                                                                                               
97
A. Faivre, La documentation patristique: bilan et prospective, Presses de l’Université de Paris-Sorbonne-Les
Presses de l’Université Laval, Paris 1995, p. 11.
98
A. Di Berardino, “Letteratura canonica e liturgica” in Patrologia V, p. 663.
99
G. Schöllgen, “Die literarische Gattung der Syrischen Didascalie”, OCA 229 (1987), 149-159 e B. Steimer,
Vertex traditionis: die Gattung der altchristlichen Kirchenordnungen, (Beihefte zur Zeitschrift für die
neutestamentliche Wissenschaft und die Kunde der älteren Kirche 63), W. De Gruyter, Berlin-New York 1992, p.
49-59, 258-259, 322-323.
100
V. Saxer, “La tradizione nei testi canonico-liturgici: Didachè, Traditio apostolica, Didascalia,
Constitutiones apostolorum”, in La tradizione: forme e modi. XVIII incontro di studiosi sull’antichità cristiana.
Roma 7-9 maggio 1989, Augustinianum, Roma, 1990, p. 251-263, in particolare p. 262.
101
Da intendere come uffici ministeriali.
102
G. Schöllgen, “Die literarische Gattung der Syrischen Didaskalie”, OCA 229 (1987) 153.
103  G. Schöllgen, “Die literarische Gattung der Syrischen Didascalie”, OCA 229 (1987) 154.

Questa affermazione è stata contestata da Moira Scimmi (Le antiche diaconesse nella storiografia del XX secolo:
problemi di metodo, Glossa, Milano 2004, p. 211) che sostiene che questa autodefinizione è in linea solo con
l’ultima parte della DA.  
104
G. Schöllgen, “Die literarische Gattung der Syrischen Didascalie”, OCA 229 (1987) 159.

  36  
tendono a superare le diversità e a creare una unità disciplinare e istituzionale105. Lo studioso si riferisce
a CA, ma non è opportuno pensare che la riflessione si adatta perfettamente anche a DA.

                                                                                                               
105
M. Metzger, Les costitutions apostoliques, I, p. 50.

  37  
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Didascalia o insegnamento universale106 dei dodici apostoli e dei santi discepoli del nostro salvatore

Capitolo I107

La Legge semplice e naturale108

[1] Piantagione di Dio e santa vigna109 della sua chiesa universale110, eletti, che confidano
nella semplicità del timore del Signore111, quelli che attraverso la loro fede sono eredi del suo

                                                                                                               
!"#$‫'&ܘ‬, καθολικός, nel testo l'aggettivo è associato a Didascalia altre tre volte: due volte nel capitolo
106

XXIV e una nel XXV. Il latino, presente in tutti e tre i casi, usa il corrispettivo catholicam doctrinam. Ho scelto di
tradurre questo aggettivo nel suo significato di universale. [Cfr. James J. Cox, Note on the title of the Didascalia
apostolorum, “Andrew University Seminary Studies” 13 (1975 a), 30-33].
107
È ipotizzabile che il primo capitolo in origine potesse essere stato il vero proemio, dal momento che
risponde ai canoni compositivi del genere canonico, ovvero:
1) [1-1.1-3] invocazione e definizione dei destinatari dell’opera e del loro comportamento;
2) [1.1. 4-1.2-3] protasi: definizione della trattazione (Legge/Decalogo-vangelo contro Seconda Legge).
108
!"#"$‫*)! ('"&! ܘ‬+, legge semplice e naturale, ovvero: “Non fare agli altri ciò che non vuoi sia fatto a
te” è in questo che consiste la norma principale di DA.
L’espressione “Legge semplice e naturale” sta a indicare il comportamento del cristiano: corretto e secondo
natura o privo di condizionamenti. Questa legge deve essere un esempio a cui l’uomo ispira la propria condotta
senza il timore di cadere nella transitorietà convenzionale delle leggi promulgate.
La Legge semplice e naturale ‒ di cui fanno parte il Decalogo, i profeti e il vangelo [Cfr: DA (2.5): E (il
vescovo) compari la Legge e i profeti con il vangelo in modo che le affermazioni della Legge e dei profeti
concordino con il vangelo.] ‒ è la via dei fedeli in Cristo che si contrappone a un’altra Legge che è chiamata
Seconda ‒ seconda per autorità e seconda perché contenuta nel Deuteronomio ‒; questa è una legge imposta da
Dio agli ebrei in fuga dall’Egitto (Es XXXII, 4), i quali sono stati idolatri. È chiamata deutérōsis, secundatio e
mišnāh nella tradizione giudaica. In DA la Seconda Legge ha una connotazione negativa. [Cfr: DA (2.5) 4. Ma
prima di tutto (il vescovo) sia uno che sa discernere tra la Legge e la Seconda Legge in modo che distingua e
dimostri quale sia la Legge del fedele e quali siano i legami di chi non crede, per paura che nessuno di quelli che è
sotto la tua autorità mantenga vivi i legami della Legge ed eriga su se stesso carichi pesanti, e diventi figlio della
perdizione].
Connolly ha suggerito che il termine Deuterosis venga da shanah, ovvero la ripetizione della legge che
comprende una parte della tradizione orale della recitazione nella tradizione giudaica, una sorta di “ripetizione (o
doppia) della Legge” [R. H. Connolly, Didascalia Apostolorum. Τhe Syriac version translated and accompanied by
the Verona Latin fragments with an introduction and notes, Clarendon Press, Oxford 1929, p. 13].
A tale proposito è utile anche confrontare l’ipotesi di C. E. Fonrobert, secondo cui DA sarebbe una Mishnah
cristiana, un canone o un ordine per un Israele “cattolico”. [C.E. Fonrobert, “The Didascalia Apostolorum: A
Mishnah for the disciples of Jesus”, Journal of Early Christian Studies 9/4 (2001) 483-509, in particolare p. 498].
La prima legge, semplice e naturale, è uno iugum; come in Mt XI, 30 è un iugum suave: la seconda un
vinculum che Cristo è venuto ad abolire: secundationem destruxit. [Cfr. DA (6.18) 4: Vedete come lo Spirito Santo
parla come se uscisse dalla bocca del mondo e rivela il pensiero e dice che la Legge è un “giogo”, ma la Seconda
Legge le “catene” ].
La Seconda è imposta all'uomo, affinché per mezzo delle catene e dei vincoli, sacrifici, purificazioni, riposi e
osservanze, non dimentichi il suo Dio né lo confonda con altri idoli. [Cfr. DA (6.18) 5: Tuttavia, giustamente
chiama la Seconda Legge “legami”. Infatti, quando il popolo ha adorato gli idoli, gli fu aggiunto il fardello della
Seconda Legge. Infatti i legami furono imposti giustamente, come accadde al popolo a quel tempo. Tuttavia, la
chiesa non è stata legata.
109
Cfr. Isa V, 1-7; Mt XX, 1-16. L’uso di questi termini, piantagione di Dio e vigna santa, designano coloro
che sono stati eletti nella chiamata. L'immagine della piantagione e della vigna procede da Israele intesa come
piantagione/pianta o vigna del Signore.
Sulla piantagione come opera degli apostoli ci sono diverse attestazioni: Ascensio Isaiae 4,3; 1Cor 3,6-8; Hist.
Eccl. 2,25,8 che potrebbero crescere consultando E. Peterson, Frühkirke, Judentum und Gnosis. Studien und
Untersuchungen, Herder, Rom-Freiburg-Wien 1959, p. 88. A Qumran la "piantagione" è autodesignazione della
comunità stessa. [Cfr. E. Norelli, Ascensio Isaiae, (CCSA 8) Brepols, Turnout, p. 245.]
110
Cfr. Lettera agli Smirnesi 8, 2. Con Ignazio di Antiochia è la prima volta che compare l’espressione “chiesa
cattolica”, e vista la relazione di DA con questo autore, che nel corso della lettura sarà sempre più chiara, non è un

  104  
regno eterno112, quelli che hanno ricevuto il potere e la comunione del suo santo Spirito 113 e
per mezzo suo si sono fortificati e rinforzati nel suo timore, quelli che sono divenuti partecipi
nell’aspersione114 del sangue puro e onorevole115 del grande Dio, Gesù Cristo116, quelli che
hanno ricevuto la fiducia di invocare Dio Padre onnipotente117 come eredi e partecipi118 con il
Figlio e suo amato119, obbedite alla didascalia120 di Dio, voi che sperate e attendete la sua
promessa che è stata scritta121 secondo il comando del nostro Salvatore e in armonia con le sue
affermazioni gloriose122 .
[1.1] Prestate attenzione, figli di Dio123, e fate ogni cosa per essere obbedienti a Dio e in
ogni situazione fate piacere al Signore nostro Dio. Se qualcuno corre dietro all’ingiustizia ed è
contrario alla volontà di Dio, sarà considerato da Dio empio e trasgressore. 2. Fuggite perciò e
astenetevi da ogni fraudolenza e immoralità, non bramate le cose di un altro uomo124 , infatti è

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                             
caso l’utilizzo della stessa terminologia. “Cattolica” per Ignazio non ha un significato geografico-spaziale di
universale e nemmeno quello confessionale di ortodossa. Il suo significato è più denso ed esprime la concezione
teologica e mistica della sua ecclesiologia. Rappresenta una chiesa totale, una chiesa raccolta nella fede, una chiesa
che ama e che fa coincidere la vita dei suoi membri con quella di Cristo. [Cfr. EDIZIONE CRITICA J.B.
Lightfoot, The Apostolic Fathers Clement, Ignatius and Polycarp: revised texts with introductions, notes,
dissertations and translations / edited and translated. Hendrickson, Peabody 1989; W. R. Schoedel, Ignatius of
Antioch: commentary on the letters of Ignatius of Antioch, e P. Meinhold, “Die Anschaaung des Ignatius von
Antiochien von der Kirche”, in Studien zu Ignatius von Antiochies, Wiesbaden 1979.
111
Il latino I, p. 2 qui legge: “Qui crediderunt in eam quae sine errore est vera religio”. “Legge semplice”
sembra il frutto di una svista, dove l’originale ἀπλανῆ, senza errore, erroneamente letto come ἀπλῆν semplice, in
siriaco diventa !"#$%. Anche CA segue il latino: “sine errore”, che è dunque più fedele al testo greco rispetto al
siriaco che invece è mediato da una versione greca diversa da quella usata per DAl.
112
Gc II, 5. Stewart-Sykes (S-S) traduce diversamente questo passo, sostituendo la lezione latina a quella
siriaca: “...who have in that which is a true religion whitout error”, la traduzione siriaca si ritrova in nota,
operando una selezione del testo. Poco dopo ripete la menzione del Regno, periodo inesistente sia nel testo latino
che in quello siriaco: “...and through fait in his kingdom receive strength...”. La traduzione proposta da S-S non è
da considerare letterale. D'altronde, nella prefazione al suo lavoro, S-S scrive che vuole fornire una versione più
leggibile di DA rispetto a quella di Connolly più di ottanta anni prima.
113
Cfr. II Cor XIII, 13.  
114
Cfr. I Pt I, 2.  
115
Cfr. I Pt I, 19.
“Et innocentis sanguinis Christi”: il testo latino è più sintetico, il siriaco invece aggiunge che il sangue di
Cristo è onorevole e Cristo stesso è detto grande Dio.
116
Il latino riporta solo “Cristo”, è evidente che il siriaco ha rielaborato e ampliato.
117
Rom VIII, 15.  
118
Ef III, 6.  
119
 La versione latina riporta solo: “Dilecti pueri eius”, il siriaco invece divide e moltiplica i titoli di Cristo:
"con il Figlio e suo amato". Come fa notare S-S, (Didascalia apostolorum, nota 4 p. 103), la parola puer (πᾶις in
CA) evidenzia l’arcaicità della fonte. L'uso dell'aggettivo diletto è utilizzato in due modi diversi. Il primo,
conservato dal latino e vicino ai sinottici, si serve dell'aggettivo in un sintagma unico (cfr. Lc XX, 13; Mc XII, 6).
Nel secondo caso, più vicino all'originale uso semitico, il siriaco utilizza l'aggettivo come titolo separato (cfr. Mt
XII, 18; 2 Pt I, 17). [Cfr. E. Norelli, “‘Il Diletto’ e l'uso dei titoli cristologici nell'AI” in L'Ascensione di Isaia.
Studi su un apocrifo al crocevia dei cristianesimi, p. 253-275, in particolare p. 258].  
120
La traslitterazione dal greco è evidente, il fenomeno non è così inusuale nei testi siriaci, ma in questo caso
lo sottolineo perché il sostantivo Didaskalia dà il nome all'intera opera. In latino troviamo docrtinam sacram.
121
Il latino e CA concordano riportando solo: “che è”.  
122
CA rielaborano e riproducono questa prima parte di DA come parte del proemio.  
123
Il primo capitolo di CA comincia da questo paragrafo.
Quattro dossologie presenti in DA: capitolo I, III, XIX, XXVI. Il passo in questione sembra aver subìto un
cambio di registro, da quello scritto a quello orale. La presenza della dossologia, a parer mio, potrebbe indicare un
accrescimento avvenuto durante una trascrizione che ha inizio con l’esortazione: “Prestate attenzione” e si
conclude con “Amen”. Per un approfondimento rimando alla sezione sulle dossologie.
124
Cfr. D 1, 3. Connolly ha rintracciato sette punti di dipendenza di DA da D, questo è uno dei sette [Cfr.
"The use of the Didache in the Didascalia" in the JTS XXIV, 147-157 (1923)].

  105  
scritto nella Legge: “Non bramerai nulla che è del tuo vicino, né il suo campo, né sua moglie125 ,
né il suo domestico né la sua domestica, né il suo bue né il suo asino, né i suoi averi, perché
tutte queste brame vengono dal maligno”126. 3. Infatti chi desidera la moglie del suo compagno
o il suo domestico o la sua domestica, è già un adultero e un ladro127 ed è condannato per
corruzione ‒ come quelli che dormono con gli uomini ‒ dal nostro Signore e maestro Gesù
Cristo, a lui sia gloria e onore sempre. Amen
4. Come anche nel vangelo egli rinnova, conferma e rende perfetto il decalogo della Legge,
poiché è scritto nella Legge128 : “Non commettere adulterio: ma io vi dico questo” ‒ ho parlato
nella Legge tramite Mosè ‒ “Ora invece io vi dico di persona: chi guarderà la moglie del suo vicino per
desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore” 129 . In questo modo, già è
colpevole chi desidera come un adultero, 5. anche chi brama il bue o l’asino del suo vicino ‒
come chi desidera rubar(li) e condurli lontano. E anche chi brama il campo del suo compagno
‒ non cerca di raddrizzare il proprio confine ed escogita di poterglielo vendere per niente130 ?131
6. Per questo motivo omicidi, morte e condanne, che vengono da Dio, si sono abbattute su
queste persone.
7. Per quegli uomini invece che obbediscono a Dio una sola è la legge, semplice, vera e
amabile132 che senza dubbio per i cristiani133 (è) questa134: “Qualsiasi cosa odi che ti sia fatta da
uno, tu non farla agli altri”135.
                                                                                                               
125
Cfr. Es. XX, 17 e Dt V, 21. Ms EFGHIJN riportano: “la sua casa”. Peschitta invece riporta: “Moglie”. Il
latino segue LXX.
126
Es XX, 17 e Mt V, 27 seg; cfr. Dt V, 21.  
127
Ms della famiglia A riportano lo stesso ordine che si legge in latino: “adulter et fur”, Ms EFGHIJKN
invece riportano un ordine inverso: “un ladro e un adultero”.  
128
Mt V, 27-28. La sequenza di citazioni ci permette di esemplificare in che modo vengano utilizzate le
Scritture in DA. Generalmente possiamo suddividere la porzioni di testo in sei segmenti:
1) l’attribuzione del precetto;
2) il precetto;
3) il fondamento del precetto mediante una citazione di un enunciato autorevole o di una o più domande
retoriche;
4) l'interpretazione della citazione;
5) la citazione di un enunciato autorevole, a conferma dell'interpretazione appena data;
6) la citazione di un altro enunciato autorevole, che restringe ulteriormente il limite temporale del precetto;
7) le conclusioni.
In questo caso, il precetto ha una doppia attribuzione: vangelo-Legge, Mosè-Gesù.
L'equiparazione dell’adulterio al desiderio di possesso di una donna apre il panorama normativo comunitario
a una severità esasperata che esula dalle indicazioni precettistiche.  
129
Mt V, 28.
130
Il senso di questa frase in siriaco è piuttosto confuso, a chiarire le idee è il passo di CA I, I, 5 in cui viene
spiegato meglio a che cosa si allude. In sostanza, chi è avido cerca di raddrizzare il confine del proprio campo a
scapito di quello del proprio vicino, mettendo così l’altro proprietario davanti al fatto compiuto, e cioè una
involontaria cessione priva di un giusto compenso. Il siriaco in questo passaggio è decisamente sintetico. Spostare
i confini dei campi doveva essere frequente, pratica condannata nella Bibbia (Dt XIX, 14 e XXVII, 17) e
certamente anche nella legislazione antica. [Cfr. Origene, Homeliae in Deuternomium, PG12, 805-812, B2; 812.
B8-D2; 813, A5-816, D13; 817, A 7-9. B12-C7; Filone di Alessandria, De posteritate Caini, 89; De specialibus
legibus IV, 149; Basilio di Cesarea, De Spiritu sancto, 77; Eusebio di Cesarea, Historia Ecclesiastica, VII, 7, 5;
Dionisio Alessandrino, Epistula ad Philemonem presbyterum Romanum (frammento)].
131
CA in questo caso ampliano e approfondiscono ulteriormente il concetto utilizzando Dt XXVII, 17:
“‘Maledetto colui che sposta i confini del suo prossimo’. Tutto il popolo dirà: ‘Amen’”.  
132
!"#$%&, cfr. latino II p. 3-4: “Una lex est sinplex, vera”. Il latino omette amabile.  
133
!"#$%&'
In questo caso (vedi anche DA 2.8, 3)è da segnalare che coloro che credono in Gesù non sono definiti fedeli
come in altre occasioni, ma cristiani. Connolly, (op. cit., p. 5) nota che potrebbe esserci stato un gioco fra χρηστός
equivalente dell’aggettivo siriaco !"#$%& (amabile) e Χριστιανός.
134
Il latino II p. 4 legge : “Sine quaestione Christianis constituta”. Ms EFGHIKN invece: “E io dico che non

  106  
8. Non vuoi che un uomo guardi tua moglie in modo malizioso per corromperla?
Ugualmente, anche tu non guardare la moglie del tuo vicino con mente maliziosa. 9. Non
vuoi che un uomo ti sottragga l’abito? Ugualmente, anche tu non sottrarre quello di un altro136 .
10. Tu non vuoi essere oltraggiato e supplicare in modo vergognoso o (essere) picchiato? Così,
anche tu non fare a un altro nessuna di queste cose.
[1.2] Ma se un uomo ti ingiuria, benedicilo, perché è scritto nel libro dei Numeri137: “Colui
che benedice è benedetto e colui che maledice è maledetto”138. E altrettanto nel vangelo è
scritto anche: “Benedite quelli che vi maledicono”139. 2. E a quelli che vi fanno il male, non
fate il male; ma “fate il bene a quelli che vi odiano”140 e siate pazienti e sopportate perché la
Scrittura dice: “Non dire: ‘Io ripagherò il mio malvagio avversario come egli ha fatto a me’, ma
sii paziente e il Signore diventerà un aiuto per te e scaglierà una punizione su chi ti arreca il
male”141.
3. E di nuovo dice nel vangelo: “Amate quelli che vi odiano e pregate142 per quelli che vi
maledicono143 e non avrete nemico”144 .

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                             
fa accuse ai cristiani”. Questa variante dei Ms E sembra il prodotto di un’aggiunta redazionale con finalità
esplicativa. La famiglia A riporta il testo: XXX, mentre i Ms E aggiunge: XXX.
135
Atti XV,19; D I, 1, 2: “La via della vita è questa: primo, amerai Dio che ti ha creato; secondo amerai il
prossimo tuo come te stesso; tutto ciò che vorresti non fosse fatto a te, anche tu non farlo agli altri”. DA, come
già D, riporta la cosiddetta regola d’oro in forma negativa, come in Tb IV, 15, mentre in Mt VII, 12 e Lc VI, 31
è in forma positiva. «Non fare agli altri quello che non vuoi sia fatto a te». La citazione è tratta dalla biografia di
Alessandro Severo scritta da Elio Lampridio e contenuta nella Storia Augusta (cap. 51).
136
Cfr. ps. Clem., Omelie VII, 4, 3: “I Giudei come gli adoratori di Dio ascoltarono le altre cose in un solo
discorso. E voi ascoltate tutti in motli corpi avendo ricevuto una sola conoscenza: le cose buone che ciascuno
vuole per sé, le stesse cose le voglia anche per il prossimo”, [Cfr. M. Pesce, Le parole dimenticate di Gesù, A.
Mondadori Editore, Milano 2007, p. 369 e 731; A. Resch, Agrapha: Aussercanonische Schriftfragmente, J. C.
Hinrichs'sche Buhhandlung, Leipzig 1906, p. 60-61].
137
Ms EFGHIJKN riportano: “Nel libro dei Salmi”. Anche CA I, 2,1 legge come la famiglia A: “Nel libro dei
Numeri”.  
138
Num XXIV, 9. Cfr. Gen. XXVII, 29.  
139
Lc VI, 28; cfr. D I, 3.  
140
Lc VI, 27.  
141
Prov XX, 22.  
142
Secondo A. Vööbus (History of the Gospel Text in Syriac, p.137 seg.) questo elemento si trova nelle fonti
che utilizzano una tradizione siriaca antica.  
143
Mt V, 44.  
144
Lc VI, 27-36 e Mt V, 43-8. G. Visonà [Didache. Insegnamento degli apostoli, Edizioni Paoline, Milano
2000, p. 88-89 e 593-594] rintraccia la possibilità di una dipendenza del testo da una tradizione apocrifa. Nella
frase “e non avrete nemico” del capitolo I di DA che si ritrova nella “sezione evangelica” di D I,3-II e in CA ‒
assente però nel Due vie ‒, ipotizza l’esistenza di una fonte connessa con la fonte Q. Secondo lo studioso la
“sezione evangelica” è antica, indipendente dai Sinottici e antecedente allo stesso didachista, in più attingerebbe
proprio dai materiali utilizzati da Marco e da Luca ed è più vicina alla spiritualità giudeocristiana del Due vie.
Nella “sezione evangelica” il passo in questione viene ripreso nella DA e introdotto con: “E ancora dice (il
Signore) nel vangelo”. L’autore di DA deve aver utilizzato D e deve aver pensato che “e non avrete nemico” fosse
un detto evangelico, mentre invece Visonà nota che non ci sono paralleli nel Nuovo Testamento; quindi il logion
viene interpretato come una citazione evangelica. Da questo uso del logion Visonà deduce che l’autore di DA
conoscesse e utilizzasse D. Lo stesso uso di questo logion si ritrova sia nella versione latina che in quella siriaca di
DA, successivamente invece, in CA I, II, 3 il versetto è modificato secondo le indicazioni del vangelo di Luca VI,
27-36 e Matteo V, 43-8.
Metodologicamente, è bene affrontare la questione nel contesto di tutta questa sezione di DA, che integra
visibilmente una collezione di parole sull’atteggiamento da tenere nei confronti del prossimo, parole ricondotte in
parte all’AT, in parte a tradizioni dei detti di Gesù. La “sezione evangelica” dell’inizio di D mostra che simili
collezioni venivano messe all’inizio di manuali canonico-liturgici. D’altra parte, poiché questa collezione di DA è
evidentemente ben più vasta di quella di D, è possibile che quest’ultima sia stata una delle sue fonti, però è anche
possibile che DA e D risalgano a tradizioni comuni delle parole di Gesù. Poiché la dipendenza di DA da D non è

  107  
Ora145, prestate ascolto, nostri amati, e comprendete questi ordini e rispettateli per essere
figli della luce146.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                             
attualmente inconfutabile, l'ipotesi che D sia stata utilizzata da DA è da avanzare con prudenza. [Cfr. M. Pesce,
Le parole dimenticate di Gesù, p. 192-195 e poi 186-187].
145
Anche quest’ultima frase sembra una sorta di conclusione inserita per chiudere le fila di un discorso
catechetico iniziato poco prima.  
146
Cfr. Gv XII, 36; I Ts V, 5. La frase sembra evocare la Lettera di Ignazio ai Filippesi 2,1: “Figli della luce di
verità, fuggite pertanto le divisioni e i cattivi insegnamenti”.  

  108  
Capitolo II147

Insegna a ogni marito che solamente per sua moglie si deve far
bello e non si agghindi e non diventi un ostacolo per le donne e non
ami l’ozio; si concentri sulle scritture salvifiche; e si tenga lontano
dalle scritture dell’empietà e dalle catene148 della Seconda Legge149;
e non si bagni alle terme con le donne; né si conceda all’immoralità
delle prostitute150.

[1.3] Sopportatevi l’uno con l’altro151 , servi e figli di Dio. 2. Un marito non trascuri sua
moglie e non la disprezzi, e non si sollevi contro di lei152; ma sia misericordioso e generoso153. E
per sua moglie solamente si faccia bello e corteggi lei soltanto e la faccia contenta con onore. E
sia attento a essere amato soltanto da lei e da nessun altra.
3. Non agghindarti affinché una donna estranea ti noti e ti desideri154, ma se invece sei
costretto da lei e pecchi con lei155 , morte nel fuoco si abbatterà su di te da Dio in modo severo,
(morte) che continua per sempre perché è in un fuoco violento e pungente, ma saprai e capirai
quando sei torturato duramente. 4. Ma se non commetti questo peccato, la allontani da te e
rinunci a lei, tu pecchi solamente in questo: con il tuo acconciarti hai provocato la donna ad
accendersi di desiderio per te. Infatti, le hai causato questo che è avvenuto per causa tua:
commettere adulterio per lussuria. 5. Comunque, non sei nel peccato in questa circostanza
perché non l’hai desiderata. Ma il Signore avrà pietà di te perché non ti sei concesso a lei né hai
acconsentito quando lei ti ha mandato a chiamare156 e anche con il pensiero non ti sei rivolto
verso quella donna presa dal desiderio per te, 6. comunque, inaspettatamente ti ha incontrato
ed è stata colpita nella sua mente e ti ha mandato a chiamare. Ma tu, come uomo timorato di
Dio, ti sei negato a lei e ti sei tenuto lontano da lei e non hai peccato con lei. È stata colpita nel
cuore, perché sei giovane, bello e giusto e ti sei agghindato e l’hai provocata a desiderarti e sei
colpevole157 per il suo peccato158 per il tuo farti bello159 : che è la causa di quello che le è
successo. 7. Ciononostante, supplica il Signore Dio che il peccato non sia imputato a te per
questo motivo160. 8. E se desideri far piacere a Dio161 e non agli uomini e stai aspettando e
sperando per la vita e il risposo eterno, non acconciare ulteriormente la bellezza della tua
natura che ti è stata data da Dio, ma nell’umiltà della trascuratezza aspira a essere povero
davanti agli uomini.

                                                                                                               
147
Ms L riporta: “Dalla Didascalia degli apostoli”.
148
!!"#‫ ܐ‬sono i legami, i vincoli o le convenzioni, che tradurrò con il termine catene.
149
L’aggettivo !"#‫ ܬ‬significa second, double; again, a second time, dove l’aggettivo sta a indicare che è una legge
“seconda” per autorità.
150
Ms EGFHIJKLN riportano un titolo più sintetico: “Insegnamento agli uomini”.
151
Cfr. Gal VI, 2. Ms EFHIJKN riportano: “Sopportiamoci”.
152
In senso più ampio, il marito non deve essere superbo o arrogante nei confronti della moglie.
153
Letteralmente: “Che la sua mano sia tesa per dare”.
154
Ms EFGHIJKN riportano: “Così da essere notato da una donna estranea”.
155
Dietro a questa affermazione c’è l’idea che la donna sia una tentazione per l’uomo, e che costringa l’uomo a
peccare con lei. Tutto il capitolo è interessante per le sue indicazioni pratiche e per l’originalità nel risolvere le
questioni. Il capitolo fornisce indicazioni sulla vita quotidiana, sul vestirsi, sul comportamento degli uomini, sulle
letture, sul lavoro e sulle terme.
156
Più liberamente: “Si voleva concedere a te”.
157
Solo Ms L riporta: “Sei stato colpevole”.
158
Ms EFGHIJKN riportano: “Che lei ha peccato su di te”.
159
Letteralmente: “A causa del tuo ornamento”.
160
La vanità conduce al peccato, non le cattive intenzioni.
161
!"#$%# &'(‫“ ܕܬ‬far piacere a Dio” che si contrappone al “far piacere agli uomini”.

  109  
D’altra parte, tu pure non far crescere i capelli162, ma tagliali e non pettinarli e abbellirli163,
non profumarli per non allettare quelle donne che hanno intenzione di irretire o essere irretite
dalla lussuria. 9. Pure non vestirti con begli indumenti e non calzare i piedi con scarpe la cui
lavorazione è propria del desiderio della superficialità164. Inoltre non mettere anelli d’oro sulle
tue dita, perché tutte queste cose sono stratagemmi della prostituzione e di tutto ciò che è
lontano dalla natura. 10. Per te, un credente in Dio, non è legittimo far crescere i capelli della
testa e pettinarli e asciugarli, poiché questo è un piacere165 della lussuria. Non sistemarli e
abbellirli, e non farli alla moda affinché siano belli. 11. Non tagliare i peli della barba166 e non
alterare la forma del tuo viso e non cambiarla oltre alla creazione di Dio perché vuoi piacere
agli uomini. Tuttavia, se farai queste cose, la tua anima sarà bisognosa di vita e sarai
disprezzato davanti al Signore Dio. 12. Perciò, come un uomo che vuole piacere a Dio, fai
attenzione a non fare queste cose e stai lontano da tutte quelle cose che il Signore odia.
[1.4] E non vagare e non andare in giro in modo ozioso per le strade per vedere lo
spettacolo vuoto di chi si comporta male; ma persevera nella tua abilità e nel tuo lavoro, cerca e
sii disposto a fare quelle cose che compiacciono Dio. Dovresti meditare anche in modo
costante sulle parole del Signore. [1.5] Se invece sei ricco e non hai bisogno di un mestiere per
vivere, non girovagare e non andare in giro vanamente, ma sii sempre costante nell’avvicinarti
alla fede e a quelli che sono simili a te, nel meditare e nell’apprendere con loro attraverso le
parole vivificatrici. 2. E se non (è così), stai a casa e leggi la Legge e il Libro dei Re, i profeti e il
vangelo 167 (che è) il completamento di questi. [1.6] Evita tutti i libri degli empi 2. perché che
cosa devi fare con strane parole, profezie o falsità? Quelle allontanano dalla fede i giovani168. 3.
Che cosa manca nella parola di Dio, che cosa devi cercare nelle storie dei Gentili? 4. Se vuoi
leggere racconti di storie169 , hai il Libro dei Re170; ma se (preferisci conoscere) uomini saggi e
filosofi171, hai i profeti, in loro trovi saggezza e comprensione172 più di quella dei saggi e dei
filosofi; perché essi sono le parole dell’unico Dio, l’unico saggio173. 5. E se desideri canzoni, hai
i salmi di Davide. Ma se (desideri un racconto sul) l’inizio del mondo, tu hai la Genesi del
grande Mosè174, e se (preferisci) leggi e comandi hai la Legge, il Libro dell’Esodo175 del Signore
Dio. 6. Astieniti completamente perciò da (scritture) strane che sono contrarie (a queste)176 .
                                                                                                               
162
Letteralmente: “I capelli della tua testa”.
163
Ms EFGHIJKN: “Ma rasali”.
164
Stupidità.
165
!"#$% con questo termine il traduttore rende σπατάλιον ma non è chiaro che cosa avesse davanti agli occhi,
forse σπατάλη o σπατάληµα.
166
Lev XIX, 27; XXI, 25.
167
Il latino ricomincia da qui.
168
Flavio Claudio Giuliano (331-363) detto Giuliano l’Apostata, ultimo imperatore pagano di Roma, non
vietò il culto cristiano né organizzò persecuzioni, ma privò i cristiani del diritto di insegnare Omero, Virgilio e
ogni mito del politeismo, visto che a quei miti si opponevano in modo perfino violento.
169
Ms EFGHIJKN riportano: “I racconti dei padri”.
170
Il latino ha una corruzione dovuto all'inserimento della parola legere, che Connolly (op. cit., p. 13) reputa
sia una glossa.
171
Il latino riporta sofistica et poetica come anche CA; probabilmente il traduttore siriaco ha comprensione
male la parola  σοφιστικά.
172
Ms EFGHIJKN riportano: “Scrittura”. Il latino invece riporta narrationem.
173
Ms EFGHIJKN riportano: “Le parole di Dio, dell'unico saggio Dio”. Il latino III, p. 5 esplicita il concetto
in modo più diretto e chiaro: "Quoniam domini, qui solus est, sapientia et sonitus sunt". Le varianti siriache
sembrano il prodotto di una cattiva comprensione.
174
Il latino omette del “Grande Mosè”, che sembra piuttosto un inserimento esplicativo.
175
Il latino omette “Il libro dell'Esodo”, scrive: “habes gloriosam domini legem”. Il traduttore siriaco aggiunge
di quale legge del Signore si parla, ma probabilmente confonde ᾽ένδοξον con ᾽έξδον.
176
L’intero passo offre uno spaccato unico in cui si ritrova un atteggiamento di ostilità nei confronti della
letteratura dei Gentili. [Cfr. E. Wipszycka, “Una qualsiasi comunità, un qualsiasi vescovo del III secolo” in Storia

  110  
7. Quando leggi la Legge, fai attenzione a quello che fai, ma leggila in modo semplice. Ma
astieniti in modo assoluto dagli ordini e dalle proibizioni177 che ci sono dentro per non essere
fuorviato e impegnato con le catene 178 dei pesanti carichi che non si allentano. Pertanto,
sebbene tu legga la Seconda Legge, apprezza solamente quello che conosci e che glorifica Dio
che ci ha riscattato di tutti i legami179 . 8. E si presenterà davanti ai tuoi occhi (ciò) che puoi
distinguere e conoscere che nella legge180 è la Legge, e nella Seconda Legge quali sono le catene,
che dopo la Legge furono prescritte a chi, nella Legge e nella Seconda Legge, ha peccato con
queste colpe nel deserto181. 9. La prima Legge è quella che il Signore Dio ha pronunciato
prima che il popolo facesse il vitello e adorasse idoli, cioè è il Decalogo e i giudizi, e dopo che
ebbero servito idoli182, egli in modo giusto pose su di loro le catene183, come hanno meritato.
Ma per questo non porli su di te184 , 10. perché il nostro Salvatore non venne per altra ragione
che per dare compimento alla Legge185 e scioglierci dalle catene della Seconda Legge. Egli ci ha
sciolto da queste catene. E così Egli ci ha chiamato186 “quelli che credono in Lui” e ha detto:
“Venite a me, voi tutti che lavorate duramente e siete carichi dei pesanti fardelli187, io vi darò
ristoro”188 . 11. Perciò, senza il peso di questi carichi, leggi la Legge Naturale189 che si accorda
con il vangelo e a sua volta il vangelo e con i profeti e inoltre con il Libro dei Re, così che
sappia che tanti re che sono stati giusti furono riconosciuti dal Signore Dio in questo mondo e
sono al sicuro nella promessa di Dio di vita eterna190 . Ma questi re che si allontanarono da Dio
e servirono idoli appena fatti, con un severo giudizio 191, perirono in modo sventurato e furono
privati del regno di Dio e invece del riposo (eterno) furono tormentati. 12. Perciò mentre leggi
queste cose, tu crescerai sempre più nella fede ed eccellerai.
13. E più tardi alzati, va’ al mercato e lavati nelle terme degli uomini, ma non in una per le
donne, affinché quando ti svesti e mostri la vergogna della nudità del tuo corpo, tu non sia

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                             
della Chiesa nella tarda antichità, Bruno Mondadori, Milano 2000, p. 118-119]. Viene raccomandata la lettura
della Legge Naturale: Genesi, Libro dei Re, Esodo, i salmi di Davide, i profeti e più genericamente del vangelo.
177
Il latino invece riporta un testo più sintetico: “Tamen et cum legem legis, ab omnibus praeceptis eius et
ligaturis”. Connolly (op. cit., p. 13) suggerisce di sostituire creaturis a ligaturis, corruzione di una paola meno
familiare.
178
Il latino riporta: “veteribus” che invece manca in siriaco.  
179
Il latino aggiunge che c'è stato un riscatto da tanti e tali legami: “de tantis et talibus”.
180
Il latino omette “nella Legge”.
181
Cfr. latino III p. 6: “Ut cognoscas quid est lex et quae post lege, secunda legatio his qui per legem et per
repetitam alligationem eoru(m) [qui] in deserto tanta peccaverunt, et quanta eis inposuit onera”. Connoly nota
come il traduttore utilizza secunda legatio per δευτέρωσις. Per repetitam alligationem in siriaco è riportato come
“nella Seconda Legge”, dove alligationem secondo Connolly sembra la corruzione di legationem, parola usata poco
prima nel testo latino. [R. H. Connolly, op. cit., p. 13]. Per un confronto più eloquente rimando alla sinossi.
182
Ms EFGHIJKN riportano una variante: “...e dopo (aver offerto) i sacrifici degli idoli”.
183
Il latino riporta ligationes, al posto di legationes.
184
Ms EFGHIJKN riportano una variante: “non porli sul tuo cuore”.
185
Mt V, 17.
186
Il latino aggiunge de plebe alla frase, ovvero: “Unde eos, qui de plebe ei crediderunt, solvens ab ipsis
vinculis ita eos vocavit dicens...”.
187
 !"#̈%&
'  fardelli, carichi, pesi.  
188
Mt XI, 28. Questa citazione viene usata nel testo altre tre volte: nel capitolo IX, XX e XXVI, ma nel IX e
nel XXVI la citazione si estende fino ai versetti 29 e 30.
189
Il latino riporta la frase in modo più sintetico: “Tu ergo, qui sine (h)onere es et legis sinplicem”.
190
Il latino riporta una variante più articolata del siriaco per l'intero periodo: “...scire debes ex ipsis, quia
quanticumque iusti fuerunt reges a domino multiplicati sunt in hoc saeculo, et repromissio perpetu(a) e vit(a)e eis
in regno dei permanet; quanticu(m)que autem reges idolatr(e)ae et praevaricatores fuerunt a deo, pessime in
celeritate perierunt...”.
191
Il siriaco rende in termine greco in modo diverso come rivela CA I, VI, 11. Anche il latino IV, p. 7 è in
linea con CA: “pessime in celeritate perierunt”.

  111  
preso in un’insidia o alla fine192 costringa (un altro) e lei dorma quando è intrappolata da te.
Perciò sii cauto su queste cose e vivrai secondo Dio.
[1.7] E impara193 inoltre ciò che dice il santo verbo nella Sapienza194:

2. Figlio mio195, conserva le mie parole e nascondi i miei ordini dentro di


196
te . Figlio mio, onora il Signore e sii più forte; e accanto a Lui tu non temerai gli
altri197. 3. Custodisci i miei comandi e vivi rettamente198 e che le mie leggi siano
come la pupilla del tuo occhio 199 ; legali intorno alle tue dita 200 e scrivili sulle
tavole201 del tuo cuore. 4. Di’ alla sapienza: ‘tu sei mia sorella’ e fai conoscere a te
stesso la comprensione, che potrebbe preservarti dalla donna estranea e adultera202
dalle seducenti parole. 5. Dalla finestra della sua casa e dal balcone ella guarda fisso
verso le strade203 e osserva la gioventù, quelli che sono spensierati, sprovveduti204,
che passano nel mercato accanto all’angolo della strada per casa sua e parlano205
nell’oscurità della sera206 e nel buio della quiete207 della notte: 6. poi la donna esce e
incontra lui, con il vestito/l’aspetto da prostituta che fa battere il cuore dei giovani.
È insolente, audace e licenziosa: e i suoi piedi non trovano pace nella sua casa, ma
ora girovaga fuori e poi rimane in attesa nelle strade e negli angoli208. 7. Lei lo ha
sequestrato e lo ha baciato e fa la faccia spudorata e dice all’uomo: 8. ‘Io ho con me
un’offerta di riconciliazione209, oggi, pago le mie promesse: perciò sono uscita per
                                                                                                               
192
Il siriaco non è in ordine. C’è una corruzione del testo che rende poco comprensibile la frase. Anche
prendendo in considerazione la redazione latina possiamo migliorare la comprensione del passo in modo limitato
perché la versione riportata è diversa: “Et iterum cum in foro ambulas, balneas virile, ut non, cum ostendis corpus
tuum revelatum in confusione, et tu in laqueo incidas et + facile + facias mulierem in te laqueari. Observa ergo ne
talia argas, et uiuis Deo”. Il latino, oltre a non rendere più chiaro il passo di nostro interesse, omette “e non in
uno per le donne”. Questa interpolazione pone una questione ulteriore. Come già aveva notato Schöllgen
[“Balnea mixta: Entwicklungen der spätantiken Bademoral im Spiegel der textüberlieferung der syrischen
Didaskalie“ in Manfred Wacht (ed.), Panchaea: Festschrift für Klaus Thraede, (Jahrbuch für Antike und
Christentum Ergänzungsband 22), Münster 1995, p. 183] questo silenzio del testo latino rivela che per il
traduttore siriaco l’esistenza di terme separate per uomini e donne aveva una certa importanza. A rafforzare l’idea
di un’interpolazione c’è il fatto che anche in CA, la frase “e non in uno per le donne” è assente.
193
Facendo riferimento al testo latino IV p. 7: “Discamus vero” e a CA,  in siriaco  ci aspetteremmo un !"#:
“Dovremmo imparare”.  
194
La citazione è dai Proverbi VII,1-27; V, 1-14. Nel II secolo, Sapienza è usato spesso al posto di Proverbi,
cfr. anche Dialogo 129 di Giustino e I Clem LVII,3.
195
Il latino riporta solo Figlio, Fili, privo dell'aggettivo possessivo.
196
Il passo seguente si allontana dalla Peschitta. La LXX è in linea con la versione latino IV, p. 8: “apud te
ipsum”.
197
Anche in questo caso Fili, è privo del possessivo. Il passo è assente nella Peschitta. Il latino IV, p. 8 è vicino
alla LXX: “fili, honora deum et valebis plus, at abs(que) illo alium ne timeas”.
198
Il passo ha seguito Peschitta, ma si trova un elemento nuovo che emerge anche in latino: “et bene poteris
vivere”.
199
Il passo non segue Peschitta che non usa il pronome possessivo. I Ms più tardi, EFGHIJKN, sono stati
adeguati a Peschitta.
200
Questo elemento proviene dalla LXX.
201
Il testo qui segue Peschitta.
202
Il latino riporta maligna. Il testo segue Peschitta, ma inserisce un elemento che appare nella LXX e si trova
anche in CA: καὶ πονερὰς, facile da confondere con πόρνης da cui forse deriva la variante siriaca. Anche il latino
è allineato alla LXX.
203
Il passo segue Peschitta, ma inserisce un elemento presente nella LXX: εἰς τάς πλατείας come anche CA e il
latino V, p. 8 che riporta: “in plateis prospiciens”.
204
Letteralmente: la cui ragione è scarsa.
205
In LXX c'è il singolare και λαλουνθα, come in CA e in latino: “et loquentem”.
206
Cfr. LXX ἐν σκότει ἐσπερινῶ CA e il latino: “in tenebris vespertinis”.
207
Il testo è diverso sia da LXX che da Peschitta.
208
LXX legge in modo leggermente diverso, come anche in CA e in latino V, p. 8: “in plateis per omnes
angulos”.
209
LXX µοι ἐστί, nella Peschitta è assente. Nei Ms EFGHIKN è stata fatta la modifica.

  112  
incontrarti, stavo aspettando di vederti e ti ho trovato. Ho fatto il mio letto su un
tappeto e l’ho coperto con un copriletto egiziano e ho sparso zafferano sul mio letto
e cannella nella mia casa. 9. Vieni, lascia che ci dilettiamo con l’amore fino al
mattino e permettici di abbracciare ogni lussuria. Mio marito210 non è a casa; è
andato via per un lungo viaggio e ha preso una borsa di soldi nelle sue mani; ci
vorranno molti giorni finché non tornerà a casa sua’ 211.
10. E lo ha sedotto con le sue molteplici parole e con l’adulazione delle labbra lo
ha forzato verso di lei. 11. Egli le è corso dietro come uno stupido, come un bue che
va verso il macello, come un cane con le catene, come un cervo ferito da una freccia,
si affretta e, come un uccello in trappola, non ha capito che va verso la sua morte212.
12. Perciò, sentimi figlio mio e dai ascolto alle parole della mia bocca. Il tuo
cuore non si avvicini ai suoi modi e non venire vicino alla porta di casa sua, non
smarrirti fra le sue strade; perché lei ha trafitto una moltitudine di morti, ma non c’è
un numero (di quelli) che ha ammazzato213. Le direzioni di casa sua sono le direzioni
dello Sheol, che procurano la discesa nelle stanze della morte214.

13. Figlio mio, dài ascolto alla mia saggezza e piega la tua mente alla mia conoscenza215:
custodisci il mio avvertimento e la conoscenza delle mie labbra che ti ordino. 14. Infatti le
labbra di una donna adultera fanno cadere denaro e con le sue adulazioni addolcisce il tuo
palato: ma la loro estremità posteriore è più amara del fiele e affilata di una spada a doppio
taglio216 . 15. Infatti i piedi di una peccatrice217 conducono quelli che aderiscono a lei218 verso le
stanze dello Sheol219: non c’è pace per i suoi passi220 e né calpestio sulla terra della vita, per lei
le strade sono un deserto impraticabile e sconosciuto. 16. Così poi, figlio mio, ascoltami,
rivolgiti non alle affermazioni della mia bocca. Tieni lontano la tua strada dalla sua e non
andare vicino alla porta di casa sua; per timore di dare la tua vita ad altri e i tuoi anni a quelli
che non hanno misericordia221 e che stranieri siano ricoperti dalle tue ricchezze e con le tue
risorse entra nelle case degli altri; e nella tua vecchiaia avrai rimorsi quando la carne del tuo
corpo sarà consumata e tu dirai: ‘Perché poi ho odiato quell’istruzione e il mio cuore ha
disprezzato il rimprovero; perché non ho obbedito alla voce dei miei maestri e non ho piegato
le mie orecchie a chi mi ha ammonito? Sono incappato praticamente quasi in ogni tipo di
male’.
17. Per non prolungare e allungare l’ammonizione della nostra istruzione con molte
(parole), se abbiamo tralasciato qualcosa, come uomini saggi222 , scegliete per voi stesso quelle
cose che sono buone dalle Sacre Scritture e dal vangelo di Dio, diventate forti, cacciate e
allontanate da voi il male ed siate senza difetto nella vita eterna insieme a Dio.

                                                                                                               
210
Peschitta e LXX concordano nel riportare "mio marito", il latino V, p. 9 invece scrive: “maritus meus”.
211
Cfr. Prov VII, 1-27, nel passo convergono elementi che riflettono diverse versioni.
212
Cfr. Prov VII, 21 seg.
213
Prov VII, 26.
214
Prov V, 1-14.
215
In latino: “meo intellecto”, contrario sia a Peschitta che alla LXX.
216
Prov V, 3 seg.
217
Il latino VI, p. 10 riporta: “insipientiae”. I Ms EFHIJKN riportano: “sciocca”. Ms G invece riporta
“prostitute”.
218  Come la LXX anche il latino VI, p. 10 riporta: “qui utuntur eam”.  
219
Rispetto alla Peschitta che cita solo la morta, il latino, in linea con la LXX, rende un'immagine più
articolata: “cum morte in infernum”, in linea con la LXX.
220
Il latino invece riporta: “vestigia autem eius non videntur”. Nella Peschitta la frase è assente.
221
In questo caso LXX riporta: ανελεήµοσιν e concorda con la Peschitta, il latino è diverso: “qui sine
misericordia sunt”.
222
Il latino si interrompe qui.

  113  
Capitolo III

Un insegnamento per le donne: piacciano e rendano onore


solamente ai loro mariti, preoccupandosi in modo costante e saggio del
lavoro delle loro case con diligenza; non si lavino insieme con gli
uomini; e non si abbelliscano e non siano motivo di scandalo per gli
uomini e non li trattengano a forza; siano caste e affabili e non
litighino con i loro mariti.

[1.8] Una donna, inoltre, sia soggetta a suo marito “perché il capo della donna è l’uomo e il
capo dell’uomo”223 che cammina sulla via della rettitudine “è Cristo”. 2. Dopo (c’è) il Signore
onnipotente, nostro Dio e Padre dei mondi, di questo che è presente e di quello futuro, e il
Signore di ogni respiro e di tutte le potenze, e la sua vita224 e il suo Spirito santo, a cui225 sia
gloria e onore per sempre, amen226.
Donna, abbi timore di tuo marito e riveriscilo, e fai piacere a lui soltanto e sii pronta nella
sua cura. E la tua mano sia per la lana e la tua mente sul fuso, come ha detto nella Sapienza:

3. Una donna di valore227 chi la trova? Ella infatti è più preziosa delle pietre buone il
cui prezzo è costoso228 e il cuore di suo marito confida in lei e i viveri non mancano per
lui229. Infatti essa è un aiuto per suo marito in ogni cosa, e a lui non manca niente nella sua
(di lei)230 vita231. 4. Ha lavorato la lana e il lino con le sue mani benedette232. È diventata
una buona dispensatrice233, come una nave da commercio234 e ha acquisito235 tutta la sua
abbondanza da lontano. 5. Si è alzata nella notte e ha dato riparo236 al suo domestico e
lavoro alle sue servitrici237. Ha stimato la coltivazione (di un campo) e l’ha comprato, e con
i frutti delle sue mani ha piantato lei stessa i possedimenti238. 6. Si è cinta i lombi con rigore
e ha rinforzato le sue braccia e ha provato che è bene239 lavorare240 e la sua lampada non si è
spenta per tutta la notte. Ha teso le sue braccia con diligenza e le sue mani al fuso241. 7. Ha
allungato le sue mani ai poveri e i suoi frutti ha dato242 ai suoi poveri. 8. E suo marito non
(ha pensiero) è preoccupato per la casa, perché tutti i suoi domestici sono stati vestiti con
un doppio indumento243. 9. Ella ha fatto per suo marito244 indumenti di bisso e porpora;

                                                                                                               
223
Ef V, 22; cfr. Col III, 18; I Cor XI, 3.
224
Il testo rivela un accrescimento, originariamente più breve come in CA I, VII, 2. Ms L riporta: “il suo
santo Spirito” [Cfr. Didascalia apostolorum, CSCO 402 p. 20].
225
Al singolare nei Ms FGHIJKN, al plurale nei Ms BCDE.
226
Vööbus nota che questa dossologia, oltre a segnalarci una divisione diversa dei capitoli, indirizza
nuovamente il testo alle donne. [Cfr. Didascalia apostolorum, CSCO 402 p. 20].
227
!"#$%   masculine, valiant, heroic. In siriaco questo aggettivo nasce dalla stessa radice da cui proviene il
sostantivo uomo.
228
Peschitta legge: “che non hanno prezzo”.
229  Peschitta ha il femminile; l'adeguamenti è stato fatto solo nei Ms EFGHIJKN.  
230
Ms EFGHIJKN riportano: nella sua (di lui) vita.
231
Il testo siriaco è autonomo sia da Peschitta che da LXX in questo caso.
232
LXX e Peschitta divergono leggermente dal testo siriaco.
233
Dispensatrice è assente sia da Peschitta che da LXX.
234
Peschitta riporta: “di un commerciante”.
235
Peschitta riporta: “porta” e LXX: “συνάγει”.
236
Peschitta riporta: “cibo”, LXX: βρώµατα.
237
LXX:  ταῖς θεραπαίναις, Peschitta: “alle sue ragazze”.  
238
LXX:    κτῆµα, Peschitta: “una vigna”.  
239
Peschitta ha la forma femminile.
240
Cfr. LXX:  τὸ έργάζεσται CA, Peschitta: “il suo commercio”.  
241
Peschitta riporta il sostantivo con un'altra ortografia, l'adeguamento è stato fatto solo nei Ms FHIJK.
242
LXX ἐξέτεινε e Peschitta: “Ha allargato le sue braccia”.  
243
Ms FGHIJKN leggono: “la lana sopra al loro indumento”. Invece Ms E mette il testo al margine.

  114  
suo marito è riconosciuto alle entrate quando siede nella seduta245 degli anziani. 10. Ha
fatto vestiti di lino nella sua casa246 e cinture, e li ha venduti ai Cananei. La forza e l’onore
(sono) la sua veste, e si rallegrerà nell’ultimo giorno. 11. Ha aperto la bocca con saggezza e
intelligenza, e la sua lingua parla con ordine. I costumi della sua casa sono rigorosi; ella non
ha mangiato pane in modo pigro. Ha aperto la bocca con saggezza, con fermezza, e la legge
della misericordia è sulla sua lingua 247. 12. I suoi figli sono cresciuti e sono diventati
ricchi248 e l’hanno elogiata: ed ella gioirà con loro nei suoi ultimi giorni249. Suo marito
anche250 l’ha chiamata ‘benedetta’ e le sue molte figlie sono diventate ricche. E lei ha fatto
grandi cose ed è stata esaltata su tutte le altre donne: 13. perché una donna che teme Dio
sarà benedetta e il timore del Signore le renderà gloria. 14. Dà a lei i suoi frutti, che sono
degni delle sue labbra e sia elogiata alle porte, e in ogni luogo suo marito sia elogiato251.

15. E inoltre: “Una donna di valore è la corona di suo marito”252.


16. In questo modo, hai imparato quante lodi una donna casta e una che ama suo marito
ha ricevuto dal Signore Dio, una che è fedele e che vuole piacere a Dio. 17. Perciò, donna, non
ti agghindare per piacere ad altri uomini e non acconciarti i capelli come una prostituta, né ti
abbigliare con gli indumenti di una prostituta, non calzare scarpe253 che assomigliano a quelle
che ci sono ora254 , affinché non vengano da te quelli che sono attratti da queste (cose). E se
non pecchi per questo atto di corruzione, ugualmente hai già commesso peccato: hai indotto e
provocato (un uomo) a desiderarti. 18. Ma se infatti peccassi anche tu, la tua vita sarebbe
distrutta da Dio e diventeresti colpevole anche dell’anima di quello (uomo); 19. e inoltre
quando hai peccato con uno, tu stessa diventi debole e ti lasci andare anche ad altri; come egli
ha detto nella Sapienza255: “Quando l’empio raggiunge il fondo del male, disdegna e si fiacca: e
l’ignominia e il disonore si abbatte su di lui”256. Chi infatti è così, è del tutto prostrato alla sua
anima ed è catturato dal desiderio, (conduce) prigioniero le anime degli sciocchi257.
20. Ma impariamo258 ciò che concerne queste cose, come anche la santa affermazione nella
Sapienza si rivela259 a noi, infatti dice così: “Come un anello d’oro260 al naso di un suino, così è

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                             
244
Peschitta riporta: “ella ha fatto per se stessa”.
245
LXX:  ἐν σινεδρίω.  Peschitta: “tra gli anziani della regione”.  
246
Questa lettura è assente sia da LXX che da Peschitta. Vööbus ipotizza che la lettura originale provenga da
una diversa recensione della LXX che come le ultime parole del verso precedente legge: κατ´οἶκον. [Cfr. Vööbus,
Didascalia apostolorum, CSCO 402, p. 22 nota 34].
247
Cfr. CA I, VIII, 12. LXX è più sintetico, Peschitta invece omette.
248
Peschitta omette.
249
Il passo è assente sia da LXX che da Peschitta.
250
In Peschitta è assente.
251
Prov XXXI,10-31. Questa frase è assente dalla LXX e dalla Peschitta. Cfr. il testo corrispettivo in CA. La
versione latina invece è persa in questo punto.
252
Prov XII, 4.    
253
Ms FGHIJKN riportano: “scarpe d'oro”.
254
Si intende quelle che vanno di moda.
255
In latino manca l'indicazione che rimanda alla Sapienza, invece in CA I, VIII, 19, la citazione è attribuita
al Verbo divino.
256
Prov XVIII, 3 seg.
257
Il latino ha subìto una piccola perdita in questo punto e la frase è stata ricostruita sulla scorta del siriaco,
facendo un confronto dell'intero passo con CA I, VIII, 19 e DA siriaca è chiaro che in entrambi i casi il testo è
stato oggetto di un accrescimento.
258
Da questo punto fino alla fine di Proverbi XII, 4 il testo manca nei Mss BM, ma è presente nei Mss
ACDEFGHIJKLN.
259
Il latino differisce dal testo siriaco, leggiamo infatti: “Discamus igitur et eas quae tales sunt quomodo
triumphat per ipsam Sapientiam sanctum verbum”.
260
Nella LXX è assente “d'oro”.

  115  
la bellezza di una donna che fa male”261. 21. E ancora: “Come un tarlo il legno, così una donna
malefica distrugge un uomo”262. E ancora263:

Una donna che manca di coscienza ed è vanagloriosa ha bisogno di pane,


non conosce la vergogna. Infatti264, siede in strada265, dalla porta della sua
casa, su un’alta sedia e chiama i passanti dalla strada e a quelli che
camminano sulla sua traiettoria dice: 23. ‘Chi fra di voi è uno stupido, venga
vicino a me’; e a quello a cui manca senno dirò 266: ‘Avvicina in modo
affettuoso267 il pane nascosto e le acque rubate che sono dolci’268. 24. Ed egli
non sa che gli eroi periscono per lei e che raggiungono la profondità269 di
Sheol. Ma fuggi e non rimanere in quel luogo e non sollevare i tuoi occhi e
controllala.

E ancora: “È meglio sedersi in un angolo del tetto che soffermarsi con una donna loquace e
discutibile all’interno di casa”270.
26. Tu che sei una cristiana, non imitare queste donne che sono così, ma se vuoi diventare
una donna fedele fai piacere a tuo marito soltanto e quando cammini per strada nascondi il
tuo capo con il tuo abito, perché il tuo velo celi l’immensità della tua bellezza. Non adornare
l’aspetto del tuo viso, in basso e cammina velata.
[1.9] Fai attenzione a non lavarti nelle terme con gli uomini271 . Se nella città o nella
campagna ci sono i bagni per le donne, una credente non si lavi in un bagno con un uomo272.
Perché se nascondi il tuo volto a un estraneo con un velo di castità, ora come puoi entrare in
un bagno con uomini estranei? 2. Ma se non c’è un bagno delle donne e sei costretta a lavarti
in un bagno maschile e femminile273 – questo è al di là di quello che è adatto ‒ lavati con
                                                                                                               
261
Prov XI, 22.
262
Prov IX 13-16.
263
Prov IX, 13.
264
Assente in Peschitta.
265
ἐν πλατεῖας: LXX come il latino: “in pleteis”. Peschitta è assente.  
266
La prima persona si trova solo in LXX; cfr. latino VII p. 12: "et eis, qui sine sapientia sunt, praecipio
dicens”.
267
Il latino VII, p. 12 rende il passo in modo diverso: “In pru(i)na suaviter edetis”.
268
Prov IX, 17. Il latino riporta una versione diversa: “panes absconsos in pruina sauviter edetis et aquam
furtivam dulcem bibetis”.
269
Il latino VII, p. 12 riporta: “et in p(l)etaurum inferorum”.
270
Prov XXI, 9. Come mostra anche CA I, VIII, 22, il testo greco doveva essere diverso, tracce di questa
diversità sono riportate anche in latino dove leggiamo: “quam cum muliere linguosa et rixiosa”.
271
Il latino, VIII p.13, riporta il testo diversamente: “Decl(i)na a(u)te(m) e(t) balneum ubi viri labantur, quod
superfluum est mulieri”. La frase è assente in siriaco. Schöllgen al riguardo suggerisce che il quod superfluum est
mulieri è un’alterazione consapevole del traduttore simile a quella presente in CA I, 9, 1 aggiunta fra ἄτακτον e
εὐτάκτως, ovvero πολλὰ γὰρ τ ὰ δίκτυα το ῦ πονηροῦ [Cfr. G. Schöllgen, “Balnea mixta: Entwicklungen der
spätantiken Bademoral im Spiegel der textüberlieferung der syrischen Didaskalie“ in Manfred Wacht (ed.),
Panchaea: Festschrift für Klaus Thraede, (Jahrbuch für Antike und Christentum Ergänzungsband 22), Münster
1995, p. 184-186)]. Nel 1996 Camplani pubblica un articolo in cui sostiene che il frammento copto non è
lontano dalla versione latina e che l'accordo su ἄτακτος fra DA copta e CA contro DA latina e siriaca è privo di
valore. [Cfr. A. Camplani, “A Coptic Fragment from the Didascalia Apostolorum”, Augustinianum 36,1 (1996)
47-51].
272
Ms BEFGHIJKN riportano: “con un uomo”.
273
Da questa affermazione E. Wipszycka deduce che l’autore non pensa nemmeno che si possa rinunciare alle
terme. Una persona civile non poteva vivere senza lavarsi quotidianamente o comunque di frequente. Da quanto
si legge, le terme ricoprono un aspetto significativo in una comunità come quella descritta in DA. Le terme non
assolvono solo al compito di lavarsi, in genere hanno una funzione sociale nelle comunità: incontrarsi, parlare,
rilassarsi e forse anche sbrigare affari. Purché il comportamento dei frequentatori sia opportuno, è impensabile per
il nostro autore rinunciarvi. [Cfr. E. Wipszycka, “Una qualsiasi comunità, un qualsiasi vescovo del III secolo”, p.
111].

  116  
castità e prudenza, con vergogna e misura, 3. e non in un qualsiasi momento, né ogni giorno e
né a mezzogiorno, ma ci sia il momento designato per te in cui lavarti, (che è) alla decima ora.
Ti è richiesto, in quanto credente, di fuggire con tutti i mezzi dalla moltitudine degli sguardi
vani di occhi curiosi che ci sono alle terme.
[1.10] Ma spegni e contieni la litigiosità nei confronti di tutti e in modo particolare con tuo
marito, come donna credente, affinché tuo marito, se è empio, a causa tua non sia offensivo e
bestemmi contro Dio e tu riceva afflizione da Dio, “Disgrazia a loro, perché il nome di Dio è
bestemmiato tra i popoli274”. 2. O inoltre, se tuo marito è un credente, sia tenuto a freno,
conoscendo le Scritture ti dirà una frase dalla Sapienza: “È meglio sedersi in un angolo del
tetto che soffermarsi con una donna loquace e discutibile all’interno di casa”275. 3. Per questo è
ordinato loro che una donna con un velo di castità e di umiltà mostri il timore di Dio, per la
restituzione e l’accrescimento della loro fede di cui mancano, uomini e donne.
4. In questo modo, se vi abbiamo ammonito e istruito brevemente, sorelle nostre, figlie
nostre e membra nostre, voi, in quanto donne sagge, cercate e scegliete per voi stesse queste
cose che sono buone e onorevoli, e siate senza sbarre nella vita del mondo. E ascoltate e
conoscete quelle cose con cui potrete raggiungere il regno di nostro Signore e trovare il riposo,
essendo graditi a lui con opere buone276.

L’ordinazione277 del vescovo278


Sia nominato il vescovo, eletto da tutte le persone in accordo con la volontà dello Spirito
Santo, che non ha macchia, casto, silenzioso, umile, non impaziente, attento, non amante del
denaro, privo di rimprovero, non litigioso, compassionevole, non eccessivamente loquace, un
amante delle cose buone, un amante dei poveri, pratico dei misteri, né confuso o vagabondo
per il mondo, amante della pace e perfetto in tutte le cose buone come uno a cui l’ordine e la
casa di Dio sono affidati.
È meglio che egli sia e rimanga senza moglie, ma se no, che sia il marito di una moglie
soltanto così che possa capire la debolezza delle vedove.
Sia nominato quando è a mezza età, non (sia) un giovane. Che gli sia simile, riceva
l’imposizione delle mani la domenica, con tutti quelli che partecipano alla sua ordinazione e
testimoniano su di lui, con tutti i presbiteri e tutti i vescovi che sono vicini279.
                                                                                                               
274
Is LII, 5.
II Clemente XIII, 2 riporta questa citazione insieme a un agraphon: “Dice il Signroe: 'Dappertutto il mio
nome è bestemmiato fra tutti i popoli', e ancora: 'Guai a colui a causa del quale viene bestemmiato il mio nome.
In che cosa è bestemmiato? Nel fatto che voi non fate quello che voglio'”. In DA compare solo la prima parte,
l'attribuzione non è dichiarata esplicitamente, ma possiamo ricondurla a Sapienza, come già la citazione da cui è
preceduta. [Cfr. A. Resch, Agrapha, p. 314-415 e M. Pesce, Le parole dimenticate, p. 171 e 645].
275
Prov XXI, 9: “È meglio abitare su un angolo del tetto che avere una moglie litigiosa e casa in comune”.   La
citazione è ripetuta due volte nello stesso insegnamento.
276
Qui termina il testo riportato dai Ms ABCD.
277
!‫ܬ‬#$%&'( ordination, designation, consecration. Questa è l'unica occasione in cui si parla chiaramente
dell'ordinazione del vescovo.
278
(Cfr. Ignatius Ephraem II Rahmani, Testamentum Domini Jesu Christi, Sumptibus Francisci Kirchheim,
Monguntiae 1899, p. 26-29). Nei manoscritti della famiglia E è riportata un’aggiunta tardiva tratta dal
Testamentum Domini Jesu Christi assente nei manoscritti della famiglia A. Per un confronto più efficace rimando
alla sinossi del testo. [Cfr. A. Vööbus, Didascalia Apostolorum (CSCO 402), p. 39*-43*].  
279
Riporto il testo latino del TD per un confronto con DA.
TD XX. Post constitutam domum (ecclesiae), uti par et necesse est, ordinetur episcopus, eligendus ab
universo populo secundum placitum Spiritus sancti, qui nempe sit sine reprehensione, castus, mistis, humilis:
absque cura, vigil, non diligens argentum, sine vituperatione, non contentiosus, commiserans, doctus, non amans
multiloquium, amator rerum bonarum, amator laboris, diligens vidaus, diligens orphanos pauperesque,
exercitatus in mysteriis, quique non abripiatur circumvagans cum hoc saeculo, qui sit pacificus in omnibus bonis,
utpote cui concreditur ordo seu locus Dei. Bonum est, si (assumendus in episcopum) sine uxore sit, sin minus,

  117  
L’elezione dei presbiteri280
Sia ordinato un presbitero sulla testimonianza di tutte le persone in base a quelle cose che
sono state dette prima anche del vescovo: saggio nelle letture, umile, gentile, povero, non
attaccato al denaro, che ha lavorato molto al servizio del debole, dalla provata purezza, privo di
macchia; se è stato come un padre per gli orfani, se ha servito il povero, se non è stato lontano
dalla chiesa, che in tutte le cose sia nobile nella devozione.
Se egli è stato così, sia degno di tutte le cose che ci sono state rivelate da Dio, (quelle) che
sono utili e quelle che sono adatte, che siano anche degni dei doni della guarigione281.

In che modo deve insegnare il presbitero, anche a chi, e con esperienza


L’insegnamento del presbitero sia appropriato e adatto, gentile e anche moderato,
mescolato alla reverenza e timorato, sia simile anche a quello del vescovo. E nell’insegnamento
che non dicano cose inutili, ma gli uditori mentre ascoltano apprendano tutto, che il
presbitero possa dire che tutte quelle cose che ha insegnato essi le ricordano; infatti nel giorno
del Signore al Logos sarà richiesto che porti testimonianza sulle persone, in modo che siano
rimproverati perché non hanno obbedito; che egli, invece, si innalzi davanti alla gloria del
Padre. Inoltre, quando parla di queste cose di cui è edotto, insegni così, in modo che non
muoia.
Che preghi per quelli che ascoltano, così che il Signore dia loro la comprensione dello
spirito, della conoscenza, della verità; che non getti una perla a un porco282, ma provi che quelli
che sono degni, che hanno ascoltato e hanno faticato, per timore che il Logos non ha prodotto
frutti in loro, ma è morto il Logos darà conto della sua distruzione.

L’elezione dei diaconi283


Il diacono sarà ordinato dopo che è stato eletto secondo quelle cose che sono state dette
prima: se ha una buona condotta, se è puro, se è stato eletto per la sua purezza e per la sua
impermeabilità alle distrazioni; anche se non lo è stato/non è stato così, infatti sia sposato con
una sola donna; uno che è stato approvato da tutti i credenti, che non è coinvolto negli affari
del mondo, che non conosce l’arte diabolica, che non ha ricchezze e non ha figli; e se ha figli, è
giusto inoltre che i suoi figli coltivino la bellezza della religiosità e che siano puri, che
abbelliscano la chiesa e il canone del servizio/ministero. La chiesa si prenderà cura di quelli,
così che alcuni di loro siano assidui nella legge e nel lavoro del servizio; infatti egli non porterà
a compimento le cose che sono giuste nella chiesa?
Tuttavia il ministero sarà come questo: prima quelle cose che sono state ordinate dal
vescovo, perché essi solamente saranno nominati284 per le notizie evangeliche285, e di tutto il

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                             
qui fuit vir unius uxoris tantum, ut simul compatiatur infirmitati viduarum. Ordinetur (in episcopum), qui sit
mediae aetatis, non autem junior.
280
Aggiunta tardiva tratta dal Testamentum Domini Jesu Christi, Sumptibus Francisci Kirchheim, Monguntiae
1899, p. 66-71). [Cfr. A. Vööbus, Didascalia Apostolorum, CSCO 402 p. 39*-43*].  
281
Riporto il passo di riferimento tratto da TD XXIX. Qualis debeat esse presbyter.
Ordinandus in presbyterum habeat testimonium ab universo coetu, juxta dicta superius, ut sit sapiens in
lecturis, humilis, puaper (spiritu?), non amator argenti, maxime addictus inserviendis infirmis, probatus, purus et
sine macula, qui exstitit orphanis veluti pater, et pauperibus ministravit, qui non fuit socors in frequentanda
ecclesia, et per omnia excelluit pietate, qui fuit mitis, ita ut per omnia haec dignus habeatur, cui a Deo revelentur,
quae utilia sunt quaeque decent, ut dignus quoque sit dono sanationis.
282
Mt VII, 6.
283
Aggiunta tardiva tratta dal Testamentum Domini Jesu Christi. Sumptibus Francisci Kirchheim, Monguntiae
1899, p. 78-81) [Cfr. A. Vööbus, Didascalia Apostolorum, CSCO 402 p. 39*-43*].  
284
 !"# $‫ '&ܘ‬ letteralmente: saranno fatti.  

  118  
clero egli sarà il consigliere e il mistero della chiesa: colui che serve i malati, che serve gli
stranieri, che dà supporto alle vedove.
E va in giro in tutte le case dei bisognosi, nel timore che ci sia qualcuno nella necessità,
nella malattia o nella miseria. Andrà in giro nelle case dei catecumeni così che confermi quelli
che dubitano e insegnerà agli ignoranti. Vestirà gli uomini che muoiono, dopo averli abbelliti,
dopo aver seppellito gli stranieri, quelli che sono lontani dalle loro abitazioni, evitati o
prigionieri. Riguardo all’assistenza dei bisognosi, ne avrà molta cura e informerà la chiesa286.

Come è giusto che siano i bambini della chiesa


I presbiteri conosciuti nella chiesa siano dodici, sette i diaconi e quaranta i suddiaconi;
tuttavia, che le vedove che siedono per prime siano tredici287. Il diacono che è considerato tra
quelli essere l’unico più diligente e più giudizioso – che lui sia scelto per essere l’ospite degli
stranieri nella casa che è l’albergo della chiesa.
Sarà presente in ogni occasione, dopo che si è vestito con indumenti bianchi, che abbia solo
una stola sulla spalla. In ogni cosa egli è come l’occhio della chiesa. Dopo, con reverenza fa
sapere che sarà il τυπος delle brave persone di devozione.

L’insegnamento dei dodici apostoli288


Guardate, figli e figlie, nel nome del nostro Signore Gesù Cristo,
Giovanni, Matteo, Pietro, e Andrea e Filippo, Simone e Giacomo e
Natanaele, Tommaso e Cefa, Bartolomeo e Giuda figlio di Giacomo289, tutti
riuniti insieme dall’ordine del nostro Signore Gesù Cristo nostro Salvatore,
che già come ci aveva ordinato, prima che vi prepariate a dividere una
porzione per gli eparchi, calcolerete i posti dei numeri, le autorità dei vescovi,
i seggi dei presbiteri, la continuità dei diaconi, le ammonizioni dei lettori, la
non colpevolezza290 delle vedove, e tutte quelle cose che sono giuste per la
fondazione e la conferma della chiesa, in modo che conoscano prima il τὺπος
di quelle cose celesti. Presteranno ascolto e si preserveranno da ogni errore,
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                             
  !‫ܬ‬#$%: tinding, good tidings, Gospel; Vööbus traduce: “Proclamation” e in nota aggiunge: “Or ‘for the
285

Gospel’”.
286
Riporto il passo di riferimento tratto da TD XXXIII. De diaconis.
Ordinatur in diaconum, qui secundum paecedenter dicta fuerit electus, si sit bonae vitae, si purus, si propter
suam puritatem et exemptionem ab ellecebris fuerit electus. Sin minus, sit saltem, qui conjunctus fuit matrimonio
cum una uxore. Habeat testimonium omnium fidelium, ipsum non fuisse iplicatum mundi negotiationibus,
eundemque nescire artem, non pissidere divitias, neque prolem habere. Si vero habuit jam uxorem, vel si ei liberi
sunt, discant ipsius filii pietatem colere, et puros se exhibere, utpote qui placere ecclesiae debent in ministerio.
Illis porro provideat ecclesia, ut et ipsi vacent legi et ministerii exercitio.
287
Cfr. A. Vööbus, Didascalia apostolorum, CSCO 402, p. 30 nota 4: è meglio leggere “tre” come il
Testamentuum Domini, perché in DA c’è stato un errore di trascrizione.
288
Da qui comincia il testo de La Costituzione ecclesiastica degli apostoli (K). Cfr. A. Stewart-Sykes, The
Apostolic Church Order. The Greek Text with Introduction, Translation and Annotation, St Paul, Strathfield 2006.
Per quanto riguarda il titolo, il testo greco di K riporta: Αι διαταγαι αι διὰ Κλήµεντος καί κανόνες, riportato
anche in siriaco e nell'originale.
289
La lista dei dodici è tratta dal Canonum Ecclesisticorum ed è quasi identica a quella della Lettera degli
apostoli 2 [cfr. M. Erbetta, Gli apocrifi del Nuovo Testamento, Marietti, Torino 1969, vol. 3, p. 45] e non
corrisponde a nessuna delle liste dei sinottici (Mt X, 2-4; Mc III, 16-19; Lc VI, 13-16) né a quella di At I, 13. Il
primo posto è di Giovanni e non di Pietro come di norma; Natanaele (cfr. Gv I, 45) è distinto da Bartolomeo; e
Pietro è distinto da Cefa fatto che risale già a Clemente Alessandrino in Eusebio di Cesarea, Historia ecclesiastica
I, 12, 2, e da lì è passata nelle liste dei settanta discepoli elaborate nel V sec. [Cfr. F. Dolbeau, Listes latines
d’apôtres et de disciples, tradite du grec, Apocryfa 3 (1992), 259-279; cfr. E. Cattaneo, op.cit., p. 639; cfr. Stewart-
Sykes, The Apostolic Church-order, St Pauls Publications, Strathfield 2006, p. 34-36].
290
Vööbus traduce: “The blamelessness”.

  119  
dopo aver saputo che devono dare un resoconto291 nel grande giorno del
giudizio sulle cose che, benché avessero sentito, non hanno conservato. Ci
hanno ordinato di confermare le sue parole in ogni luogo. Perciò, ci sembra
che sulla rievocazione 292 e l’ammonizione dei fratelli, come già nostro
Signore ha rivelato a ognuno di noi il modo in cui la volontà di Dio (passa)
attraverso lo Spirito Santo, così noi daremo ordine a voi di queste parole di
ricordo.

Giovanni ha detto:
Uomini, fratelli, sapendo che ci prepariamo a rendere conto su queste cose che ci
ordinate, non accogliamo un ipocrita, ma se un uomo pensa di dire qualcosa che non è adatto,
qualcuno parli diversamente contro di lui.

A tutti è piaciuto quello che Giovanni ha detto per primo.

Giovanni ha detto:
Ci sono due vie, una di vita e una di morte, ma ci sono molte differenze tra queste
due vie; il modo di vita è questo, primo, che amerai Dio che ti ha creato, con tutto il tuo
cuore e renderai gloria a Lui che ti ha riscattato dalla morte; questo, infatti, è il primo ordine.
Ma in secondo luogo, tu amerai il tuo vicino come te stesso, questo invece è il secondo
ordine; questi (sono quelli) su cui si regge tutta la legge e i profeti293.

Matteo ha detto:
Tutte quelle cose che non desideri che ti accadano, non farle agli altri. Non fare agli
altri quello che odi.

Ma tu o nostro fratello Pietro, racconta la dottrina/l’insegnamento di queste parole.

Pietro ha detto:
Non uccidere294. Non commettere adulterio295. Non fornicare. Non corrompere i
bambini296. Non rubare. Non fare predizioni. Non fare incantesimi. Non abortire297 né dopo
che è nato lo ucciderai. Non bramare quelle (cose) che appartengono al tuo vicino. Non
trasgredire il tuo giuramento. Non testimoniare in modo falso. Non parlare in modo cattivo.
Non covare rabbia. Non avere una mente/pensiero doppia, né una lingua biforcuta, la
doppiezza della lingua è una trappola della morte. Le tue parole non siano vuote, né false.
Non essere avido o rapace. Non essere uno che non ha rispetto delle persone298 e non essere

                                                                                                               
  ‫"ܠ‬#$ ‫'ܘܢ‬$ "(‫"* ܐ‬+,  in questo caso !"#$  è da intendere come discorso, ma associato con il verbo   ‫"ܠ‬#  
291

è più corretto intenderlo come resoconto.  


292
!‫ܬ‬#$‫ ('&ܕ‬Vööbus traduce con “the reminding”, il riferimento è a Mc XII, 31:  “E il secondo è questo:
‘Amerai il prossimo tuo come te stesso. Non c’è altro comandamento più importante di questi’”.
293
Mt VII, 12: “Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro: questa infatti è la
Legge e i Profeti”.
294
Es XX, 13 e Dt V, 17.  
295
Es XX,14; Dt V,18, Mt V, 27.
296
Didachè II, 2: “Non ucciderai, non commetterai adulterio, non corromperai i fanciulli, non fornicherai,
non ruberai, non praticherai la magia, non farai incantesimi, non ucciderai tuo figlio con l’aborto né lo
sopprimerai appena nato, non desidererai la roba del prossimo”. (Traduzione di Giuseppe Visonà, Didachè,
Paoline, Roma 2000, p. 293). Il divieto sulla corruzione dei fanciulli è assente nel Decalogo, torna più volte
invece in Clemente Alessandrino in sequenze simili a questa, in cui però forse la fonte è il Due vie (cfr. Il pedagogo
2, 89, 1 in cui c’è lo stesso ordine di EpBarn 19, 4: “Non fornicherai, non commetterai adulterio, non
corromperai i fanciulli”; Protrettico 10, 108, 5; Il pedagogo 3, 89,1; Stromati 3, 36, 5).
297
 !"# ̱%&   ‫"ܠ‬#$‫('& ܬ‬.  Letteralmente: “Non ucciderai un bambino nella membrana”.
298
  !"̈&'
$
%(   è un uso idiomatico del verbo !"#, in alcuni casi si intende uno che non faccia favoritismi o
discriminazioni. Può indicare anche chi assume una falsa apparenza, uno che è ipocrita.    

  120  
uno educato male. Né uno sbruffone né riceverai cattivo consiglio sul tuo vicino. Non odiare
nessuno uomo, ma rimprovera alcuni e abbi compassione di altri; ma prega per questi.
Tuttavia, ama questi più di te stesso299.

Andrea ha detto:
Figlio mio, fuggi da tutto il male e da tutto quello che gli rassomiglia; non essere
irascibile, si giunge dall’ira all’assassinio, l’ira è un demone maschile. Non essere geloso e né
litigioso, né infuriato, da queste cose si origina un assassino.

Filippo ha detto:
Figlio mio, non essere licenzioso, il lusso conduce alla fornicazione e attira gli
uomini verso di sé, il lusso è un demone femminile. Quello con ira, questo con dolcezza,
distruggono quelli a cui entrano dentro. La strada dello spirito malvagio è un peccato
dell’anima e quando avrà anche una piccola entrata, si ingrandisce tanto quanto se stesso e
porta quell’anima verso tutte cose cattive e non permette all’uomo di guardare e vedere la
verità. Ci sia una misura nella tua ira, governala in un breve momento e sopprimila in
modo che non ti getti in un’azione malvagia. Rabbia e cattivo divertimento, (specialmente)
quando rimangono con un uomo per una durata (di tempo), diventano demoni; e quando
un uomo li accetta, si gonfiano nella sua anima e diventano più grandi e lo conducono
verso azioni inique, e ridono di lui e si divertono nella distruzione dell’uomo.

Simone300 ha detto:
Figlio mio, non dire oscenità, non essere nemmeno altezzoso con lo sguardo, da
queste cose si originano gli adulteri.

Giacomo301 ha detto:
Figlio mio, non essere un augure, questa volontà ti conduce al culto degli idoli, né
un ammaliatore, né uno che insegna dottrine estranee ed empie, né uno che purifica, né
uno che desidera sapere queste cose e nemmeno ascoltarle; da tutte queste cose viene il culto
degli idoli.

Natanaele ha detto:
Figlio mio, non essere falso, la menzogna conduce al furto, né uno attaccato al denaro
e neanche uno vanaglorioso; da tutte queste cose provengono i furti. Figlio mio, non essere
uno che mormora, il mormorare conduce alla bestemmia e non essere (gonfio di) orgoglio né
presuntuoso, né uno che pianifica cose malvagie 302 , da tutte queste cose provengono le
bestemmie, ma sii gentile e umile, perché gentili e umili ereditano il regno dei cieli303, sii
tollerante a lungo, misericordioso, uno che fa pace, puro nel cuore da tutto il male, innocente
e silenzioso, è bene che tu osservi e tremi alle parole che hai sentito. Non esaltare te stesso,
non montare con l’orgoglio ma con la giustizia, e sii impegnato con i poveri. Ma gli eventi
che ti accadono ricevili come cose buone, sapendo che senza Dio niente succede.

Tommaso ha detto:
Figlio mio, colui ti parla del Logos di Dio ed è ragione di vita per te e ti dà il sigillo304
che è in Cristo, amalo come la pupilla del tuo occhio. Infatti, ricordalo di notte e di giorno,
onoralo come Dio, dove si nomina la sua eccellenza, lì c’è il Signore. Cercherai il suo volto
                                                                                                               
299
Cfr. Lc XVIII, 20; Mc X,19; Rm XIII, 9; Gc II,11.
300
Ms FGIJK introducono Simone lo Zelota, la sua dichiarazione è sostanzialmente identica a quella di
Giacomo.
301
Ms FGIJK riportano un testo diverso: “Non desiderare la moglie del tuo amico, non amare la sodomia, da
queste cose provengono gli adulteri e la collera di Dio”. Nell'originale greco questo testo è assente.
302
Cfr. D III, 6: “Figlio mio, non diventare mormoratore, perché questo porta alla calummia, né diventare
arrogante o malizioso... ”. O malizioso µήδε πονηποφόρων (cfr. Reliquiae iuris eccl. ant. graece, p. 76) è usato
insolitamente in DA, il redattore siriaco infatti potrebbe essersi confuso con µήδε πονηποφορῶν.
303
Mt V, 5.
304
 C’è qui l’idea antica che il battesimo sigilla il candidato come proprietà di Dio.

  121  
ogni giorno, e i santi, quelli del resto, ti rinfrescherai attraverso le loro parole ‒ dopo esserti
unito ai santi sarai santificato. Poi Lo onorerai come sarai capace, attraverso il lavoro e il
sudore delle tue mani. Se anche attraverso di Lui il Signore ha ritenuto degno/ha accordato di
darti il cibo spirituale, l’acqua e la vita eterna, molto abbondantemente devi offrirgli il cibo
che deperisce ed (è) temporaneo, il lavoratore è degno della sua paga. Al bue che ara305 non
metterai la museruola e nessuno pianterà una vigna e mangerà i suoi frutti306.

Cefa ha detto:
Non fare divisioni307, ma calma quelli che litigano. E giudica in modo retto. Non
avere reverenza delle persone nel rimproverare un uomo che ha commesso un reato, perché
la ricchezza non ha potere sul Signore né Egli dà più onore all’autorità308, né ha fascino
qualche vantaggio309, ma c’è uguaglianza di tutte quelle cose con Lui. Nella tua preghiera
non esitare che sia sì o no. Non essere tu quello che allunga la tua mano per ricevere,
mentre ritrai la mano che raccoglie. Se hai (qualcosa) fra le mani, dà come redenzione dai
tuoi peccati e non esiterai a dare, e non borbottare quando doni. Tuttavia, sii a conoscenza
chi è il buon debitore310 della tua ricompensa. Non voltare il tuo sguardo da chi è bisognoso,
ma condividi con tuo fratello tutte le cose e non dire che esse ti appartengono, perché se
siete divisi per le cose immortali quanto di più per quelle che sono deteriorabili?.

Bartolomeo ha detto:
Noi vi persuadiamo, fratelli, fino a che c’è tempo e fino a che con voi avete queste
cose con cui lavorate, non risparmiate voi stessi, né qualcosa di quello che avete, è vicino il
giorno del Signore in cui tutte queste cose saranno distrutte insieme al malvagio. Verrà
nostro Signore e la sua ricompensa con lui. Di voi stessi siate legislatori, di voi stessi siate
buoni consiglieri, istruiti da Dio.
Conserva queste cose che hai ricevuto, né facendo loro aggiunte né diminuzioni da
loro.

Giacomo311 ha detto:
Prima sarà nominato un lettore, dopo che è stato dimostrato con un esame, (che) non
(sia) un uomo loquace, né un amante del bere, né un chiacchierone di cose ridicole, di buone
maniere, di buona disposizione, persuasivo, di buona volontà, che alle riunioni del Signore
accorre per primo, docile all’obbedienza e abile con le narrazioni ‒ che sia consapevole di
agire al posto di un evangelista.
Perciò chi riempirà le orecchie degli ignoranti sarà considerato iscritto vicino a Dio312.

                                                                                                               
305
La traduzione non è letterale, il verbo è ‫ ܕܪܟ‬e significa calpestare, in senso figurato arrivare, comprendere.
306
I Cor IX, 7 e 9; Dt XXV, 4.
307
!"#$  è da intendere anche come lacerazioni, stappi, scismi.  
308
Letteralmente: “Né il potere precede l’onore”.
309
Letteralmente: “Né preferisce la bellezza”.  
310
!"‫ܘ‬$% letteralmente è “colui che ricambia”.
311
I Ms GJ riportano "Mattia".
Il testo greco in questo punto si dilunga rispetto al testo siriaco. DA riprodurrebbe K in una versione più
breve che però non combacia con l’epitome greca di K.
Questa versione siriaca di K si differenzia nei contenuti trasmessi dagli apostoli (più simili alla versione lunga)
e nell’ultimo intervento di Giacomo, che invece l’epitome non riporta.
312
L’idea che anima quest’ultima affermazione sembra intendere che il lettore che farà conoscere le Scritture
agli ignoranti sarà considerato alla stregua degli evangelisti.
Il testo greco continua con l’intervento di Matteo che dice di nominare tre diaconi; quello di Cefa di
nominare tre vedove, l’intervento di Andrea riguarda i diaconi, quello di Filippo si riferisce ai laici, quello di
Andrea aggiunge che sarebbe utile stabilire un ministero per le donne, quello di Pietro parla delle offerte del corpo
e del sangue; quello di Giovanni del pane e del calice, quello di Cefa dice che le donne devono pregare sedute e
non in piedi, Giacomo si interroga su come sia possibile stabilire un ministero per le donne, se non per aiutare
altre donne in difficoltà, Filippo si riferisce alle azioni che assicurano il regno di Dio, infine Pietro conclude
dicendo che l’autorità degli apostoli non è costrittiva, ma proviene da Dio, a cui loro, gli apostoli, non
aggiungono né sottraggono nulla.

  122  
Da Paolo apostolo sui momenti della preghiera313
Recitate la preghiera durante la mattina e alla terza ora, e alla sesta ora, e
alla nona ora e durante la sera e quando andate a dormire, e alla compieta314,
e al canto del gallo.
Durante la mattina: dopo aver ringraziato Dio che ci ha dato la vita, che
ha fatto la notte da trascorrere e ha portato il giorno; (pregate) alla terza ora:
perché in essa nostro Signore ha ricevuto il giudizio di Pilato315. In quella
della sesta ora: perché in quella Cristo è stato crocifisso316, tutte le creature
sono state sconvolte, dopo aver tremato per l’audacia che i malvagi Giudei
compirono: fu penetrato nel fianco da una lancia e versò sangue e acqua317;
(pregate) in quella della nona ora: perché quando nostro Signore fu crocifisso
il Sole si oscurò a mezzogiorno e mezzo? 318 e i morti sorsero dalle loro
tombe319 e le creature non hanno sostenuto di vedere l’umiliazione di nostro
Signore; anche Egli ha consegnato il suo spirito nelle mani di Suo Padre;
(pregate) in quella della sera, tuttavia, ringraziando Dio, che ci ha dato la
notte per la quiete dalla fatica del giorno; in quella della compieta: mentre
dormite il sonno del riposo dal lavoro; pregate piuttosto che nel sonno e nel
riposo non lasciate questo mondo; e se questo accadesse, la preghiera che
reciterete vi aiuterà sulla via eterna; e (pregate) al canto del gallo: perché
quella è l’ora che ci annuncia l’arrivo del giorno e per il lavoro delle azioni
della luce.

Ordini dalla scrittura dell’apostolo Addai320


1. Gli apostoli perciò stabilirono di pregare verso Est, perché: “Come un lampo che illumina
da est ed è visto anche a ovest, così sarà la venuta del figlio dell’uomo”321 , da questo
sapremo e comprenderemo che egli appare da oriente a occidente.
2. Inoltre gli apostoli stabilirono che il primo giorno della settimana322, ci sarà un servizio
ministeriale e la lettura delle Sacre Scritture e l’offerta, perché il primo giorno della
settimana nostro Signore è risorto dallo Sheol, e il primo giorno della settimana si è
manifestato al mondo, e il primo giorno della settimana è asceso in cielo323, e il primo
giorno della settimana appare alla fine con gli angeli del cielo324.

                                                                                                               
313
Questa parte è tratta dalla Diataxeis, incorporata nel VI libro dell’Ottateuco pseudo-clementico. [Cfr. A.
Vööbus, op.cit., p. 41*; H. R. Drobner, op.cit., p. 609].
314
!‫ܬܪ‬$% significa copertura, protezione; Vööbus suggerisce che in questo caso questa parola è usata come
termine liturgico e lo traduce piuttosto con “compline”: compieta.
315
Cfr. Mc XV, 1 e paralleli.
316
Cfr. Mc XV, 33 e paralleli.
317
Cfr. Gv XIX, 34.
318
Cfr. Mc XV, 33 e paralleli.
319
Cfr. Mc XV, 37 e paralleli.
320
I 27 canoni che seguono fanno parte della Didascalia di Addai, cfr. la traduzione e il commento di Monica
Casadei, edizioni Qiqajon, Bose 2007, pp. 17-24.
321
Cfr. Mt XXIV, 27.
322
!"#$ %&$ il primo giorno della settimana è la domenica per i cristiani.
323
Nei Ms BCK: "e la domenica ascende in cielo" è stato omesso e trattato come una ripetizione.
324
In questo canone la domenica è il giorno adibito alla lettura delle Scritture, all’offerta e al servizio
ministeriale, giustificazione di questa scelta è la presupposta coincidenza con momenti significativi della vita
pubblica di Gesù.

  123  
3. Inoltre gli apostoli stabilirono che ci sarà un servizio ministeriale il quarto giorno della
settimana325, perché allora nostro Signore rivelò loro il suo processo, la sua sofferenza e la
sua crocefissione e la sua morte e la sua resurrezione e i discepoli furono in questa pena326.
4. Inoltre i discepoli stabilirono che durante l’‘arūbtā327, alla nona ora328 , ci dovrà essere un
servizio ministeriale, per quello che è stato detto nel quarto giorno della settimana329 sulla
sofferenza di nostro Signore, che ha affrontato nell’‘arūbtā, mentre i mondi e le creature
tremarono e le luminarie in cielo furono oscurate330.
5. Inoltre gli apostoli stabilirono che ci saranno presbiteri e diaconi come i Leviti, e i
suddiaconi come trasportatori degli arredi della corte del santuario del Signore; e uno che
sorveglia331 : la guida332 di tutti i popoli, come Aronne, il capo e il più grande di tutti i
sacerdoti e i Leviti dell’intera città333.
6. Inoltre gli apostoli stabilirono di osservare il giorno dell’Epifania del nostro Signore che è
l’inizio delle feste della chiesa, il sesto giorno di kanūm ḥrai334 nel lungo computo dei Greci.
7. Inoltre gli apostoli stabilirono che quaranta giorni prima del giorno della passione di
nostro Signore avrebbero digiunato e poi osservato il giorno della passione e della
resurrezione perché anche il nostro Signore, Signore della festa, digiunò quaranta giorni335 e
Mosè336 ed Elia337 che sarebbero stati permeati da questo mistero, digiunarono quaranta
giorni e poi sono stati resi splendenti.
8. Inoltre gli apostoli stabilirono che alla fine di tutte le Scritture, si leggerà il vangelo, come
sigillo di tutte le Scritture; e il popolo ascolterà stando sui propri piedi, perché è la buona
novella della redenzione di tutti gli uomini.
9. Inoltre gli apostoli stabilirono che sul finire del cinquantesimo giorno 338 dopo la sua
resurrezione avrebbero fatto una commemorazione della sua ascensione verso il Padre suo
glorioso.
10. Gli apostoli stabilirono che, eccetto per l’antica alleanza339 , i profeti e il vangelo, gli
atti delle loro vittorie, non sarebbero state lette sul bema della chiesa.

                                                                                                               
325
Il mercoledì.
326
In questo canone l’attenzione è posta sul mercoledì, giorno in cui Gesù rivelò ciò che riguarda il processo,
la sofferenza, la morte e la resurrezione.
327
 Il giorno della preparazione, la vigilia dello Sabbath: il venerdì. È l’unico servizio in cui è indicata l’ora in
cui deve essere assolto, in memoria della morte di Gesù.
Dunque, il servizio ministeriale si svolge tre volte a settimana: la domenica, il mercoledì e il venerdì.  
328
Corrispondono alle tre di pomeriggio, è l’ora in cui i vangeli descrivono che sia avvenuta la morte di Gesù.
329
Il mercoledì.
330
Cfr. Mt XXIV, 29 e paralleli.
331
!"‫ ܕܘ‬one who observe, a wachtman.
332
!"#$%& indica il ruolo ministeriale di guida e di amministratore, ma può indicare anche il leader, il
legislatore, il giudice, il governatore e il prefetto. Qui il termine è usato in riferimento al collegio costituito da
vescovo e presbiteri [Cfr. A. Vööbus, op. cit., p. 131]. Il termine è antichissimo e compare anche nella Didascalia
di Addai [Cfr. M. Casadei, Didascalia di Addai, Edizioni Qiqajon, Magnano (BI) 2007, p.18 nota 44]. Per
ulteriori approfondimenti rimando al capitolo sul lessico di questa ricerca.
333
Gerusalemme.
334
Gennaio.
In Stromati I, 21, 146 si fa riferimento a questa festa per la prima volta. Clemente descrive un momento di
condivisione eterodossa in cui sono commemorati eventi diversi. Cfr. anche il Diario di Egeria XXV, 6-12 riporta
una descrizione della festa.
335
Mc I, 13; cfr. Mt IV, 1 e Lc IV,1-2.
336
Es XXIV, 18.
337
Mc IX, 4 e paralleli.
338
Questa tradizione liturgica è inclusa in DA e nella Collectio canonum, p.170. Il Synodicon contiene la forma
più arcaica del canone, ovvero “cinquanta giorni” invece del più recente “quaranta giorni”, [Cfr. A. Vööbus, The
Synodicon in the West Syrian Tradition I, p. 203].

  124  
11. Inoltre gli apostoli stabilirono che chiunque non conosce la fede della chiesa e gli
ordinamenti e le leggi che sono stabiliti in essa, non sarà guida340 e governatore341; e chi li
conosce e li ha trasgrediti, non servirà più, perché non è confermato nel suo ministero chi
mente.
12. Inoltre gli apostoli stabilirono che chiunque giura o mente o testimonia il falso o va
dai maghi o dagli indovini e dai Caldei e pone fiducia nei destini e nelle nascite ‒ cosa che,
quelli che non conoscono Dio continuano a mantenere ‒ come anche l’uomo che ignora
Dio, sarà respinto dal ministero e non potrà servire.
13. Inoltre gli apostoli stabilirono che se ci fosse qualcuno che è in dubbio sul ministero e
non è fedele, non servirà di nuovo, perché non è fedele al Signore del ministero e raggira gli
uomini non Dio, “davanti ai suoi non si avvarrà di stratagemmi”342.
14. Inoltre gli apostoli stabilirono che chiunque presta e prende a usura ed è occupato nel
commercio e con l’avidità, non servirà oltre e non rimarrà nel ministero.
15. Inoltre gli apostoli stabilirono che chiunque è amante dei Giudei343, come li ha amati
l’Iscariota, o i Gentili che venerano le creature invece del creatore, (quello) non entri fra
loro e non eserciti il ministero; e invece se egli è (già) tra loro, non lo lascino (esercitare il
ministero), ma sia allontanato da loro e non eserciti il ministero con loro di nuovo.
16. Inoltre gli apostoli stabilirono che se un Giudeo o un Gentile viene e si aggiunge a essi
e se, mentre si aggiunge a loro, si volta e torna indietro dove stava (prima), ma se di nuovo
ritorna e viene da loro una seconda volta ‒ non sia ricevuto di nuovo, ma a seconda della
parte in cui è stato prima, così quelli che lo conoscono lo reputino.
17. Inoltre gli apostoli stabilirono che non è permesso alla guida di trattare questioni che
riguardano la chiesa lontano da quelli che esercitano il ministero con lui; ma governi con il
consiglio di tutti, e sia fatto ciò di cui tutti sono contenti e non disapprovano.
18. Inoltre gli apostoli stabilirono che per tutti quelli che si sono allontanati da questo
mondo con la buona testimonianza di fede di Cristo e in afflizione a causa del Suo nome,
farete una commemorazione nel giorno in cui sono stati uccisi.
19. Inoltre gli apostoli stabilirono che nel ministero della chiesa, reciterete le preghiere di
Davide, giorno per giorno, a causa di questa (affermazione): “Benedirò il Signore sempre, e
sempre le Sue preghiere sono sulla mia bocca”344 e “Di giorno e di notte mediterò e parlerò
e farò sentire la mia voce per essere ascoltata davanti a te”345.
20. Inoltre gli apostoli stabilirono che quelli che si sono privati di mammona346 e non
inseguono il guadagno di denaro sono stati scelti e portati al ministero dell’altare.
21. Inoltre gli apostoli stabilirono che il sacerdote che inavvertitamente obbliga in modo
contrario alla rettitudine, riceverà la punizione con rettitudine; ma quello che è stato legato
riceverà schiavitù come se (fosse stato) legato in modo giusto.
22. Inoltre gli apostoli stabilirono che se sembra che quelli che sono abituati ad ascoltare i
processi hanno ossequio delle persone e condannano un innocente e assolvono un colpevole,
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                             
339
!"#$"% &'"$‫ܕ‬, διαθήκη, si fa rifermento al solo Pentateuco.
  !"#$%&. 340

341
!‫ܕ‬#$%.   il termine è attestato nell’AT in passi in cui talvolta i LXX traducono con il greco epískopos. Come
nota Monica Casadei al riguardo, una sovrapposizione con la figura ministeriale del vescovo in questo caso non
sembra opportuna. [Cfr. Didascalia di Addai, p. 20, nota 59].  
342
I Sam II, 3.
343
Questi ordinamenti tratti dalla Didascalia di Addai portano con sé eco delle tensioni presenti fra le
comunità di giudei e cristiani. Questi attriti si rivelano chiaramente in questo canone e in quello che segue, ma
non aderiscono in modo precipuo al contesto sociale descritto da DA.
344
Sal XXXIV, 1.
345
Sal I, 2.
346
!"#$% è la ricchezza.

  125  
essi non ascolteranno un altro processo, dopo aver ricevuto anche la censura delle loro
parzialità/ipocrisie347 in modo giusto.
23. Inoltre gli apostoli stabilirono che quelli che sono magnanimi e sono superbi per la
tracotanza dell’orgoglio non saranno ammessi al ministero, perché: “Ciò che è esaltato tra
gli uomini è abominevole davanti a Dio”348 , e contro di loro è detto: “Restituirò una
ricompensa a quelli che si comporteranno in modo grande”349 .
24. Inoltre gli apostoli stabilirono che ci sarà un sovraintendente350 sui presbiteri presenti
nei villaggi e che sarà riconosciuto come capo di tutti, sotto il cui potere tutti saranno
obbligati (a obbedire), anche Samuele351 infatti venne in questo modo per far visita di luogo
in luogo e diede ordini.
25. Inoltre gli apostoli stabilirono che questi re, che in futuro avranno fede in Cristo,
avranno il potere di salire e stare davanti all’altare assieme alle guide/capi352 della chiesa,
perché Davide, anche, e quelli che furono come lui, salirono e rimasero in piedi davanti
all’altare353 .
26. Inoltre gli apostoli stabilirono che nessun uomo osi fare qualcosa per mezzo
dell’autorità del sacerdozio che non sia giusto ed equo, ma nella giustizia e senza la censura
delle ipocrisie.
27. Inoltre gli apostoli stabilirono che il pane dell’offerta sia posto sull’altare il giorno in
cui è stato infornato e non (alcuni) giorni dopo, che non è lecito354.

                                                                                                               
347
‫̈ܘܢ‬$ % ‫"ܦ‬ ̈ $ !"# è ancora un uso idiomatico del verbo !ܰ$# , cfr. nota 26 di questo capitolo, !" #$%
!̈# è la dissimulazione, l’ipocrisia.
348
Lc XVI, 15.
349
Is II,12.
350
!‫ܕ‬#$% è il sovraintendente, il direttore, l’ufficiale.
351
I Sam III.
352
  !"#$%&
353
II Sam VI,17 seguenti.
354
Cfr. Lv XXIV, 5-9; 1 Sam XXI, 7.

  126  
Inoltre, un piccolo canone degli apostoli e dei padri attraverso cui la
chiesa di Cristo veramente (è mantenuta insieme)
A quelli che in ogni cosa sono d’accordo con noi nella fede ortodossa
(nell’ortodossia della fede) e nelle leggi apostoliche, i venerati vescovi, gli
splendidi sacerdoti, i virtuosi diaconi e il popolo credente e amante di Cristo,
con il resto di tutto l’ordine ecclesiastico e i figli del Signore, che vivono in
tutte le diverse province, soggiornando, siate conservate continuamente nel
Signore, Amen.
Perché, ora, mio diletto, siamo figli ed eredi delle leggi, profetiche e
apostoliche, quelle che ci governano e ci mettono in guardia, da cui
continuamente e sempre impareremo il modo che è retto e onorevole e
cammineremo in esso, abbiamo deciso venti canoni e sono questi355.
Canone 1356 . Non prenderà un uomo una donna e suo figlio sua sorella.
Canone 2. Né un uomo una ragazza, e suo figlio la madre della ragazza.
Canone 3. Né un uomo e le sue due sorelle, o le due figlie dello zio
paterno.
Canone 4. Né due fratelli una donna e sua figlia.
Canone 5. Inoltre un uomo non prenderà una donna e non darà sua figlia
al figlio di lei.
Canone 6. Né un uomo una donna, e darà sua figlia al fratello di lei.
Canone 7. Né un uomo una donna, e darà sua figlia al padre di lei.
Canone 8. Né un uomo prenderà la sorella di sua moglie, né la figlia di
sua sorella.
Canone 9. Né un uomo la moglie del fratello di sua moglie.
Canone 10. Né la moglie di un fratello della moglie di suo figlio.
Canone 11. Né un uomo (sia) legato alla moglie di suo zio paterno.
Canone 12. Né sarà la moglie del fratello della madre (un legame)
legittimo.
Canone 13. Un uomo non prenderà la figlia del fratello di sua moglie.
Canone 14. Né un uomo prenda la sua madrina fra gli uomini per tre
generazioni.
Canone 15. Né i fratelli di quell’uno da due generazioni.
Canone 16. Né un uomo prenda un garante per il battesimo, né un uomo
che è imparentato a lui da cinque generazioni.
Canone 17. Né un presbitero battezzi suo figlio in persona, a meno che
una ragione di morte (così come il pericolo) di morte sopravvenisse per quel
bambino e non ci fosse nessun presbitero estraneo a battezzarlo.
Canone 18. Né un uomo confermi (i fidanzamenti) le promesse di
fidanzamento a una donna se non davanti ai presbiteri e ai diaconi e davanti
alle persone libere che meritano di essere credute.
Canone 19. Ed egli che promette di sposare una fidanzata non avrà
autorità sulla ragazza e non vedrà il suo viso fino a che non abbia soddisfatto
tutto quello che è obbligatorio per l’ordine/regola dei cristiani ‒ e (solo poi)
la ragazza entrerà nella sua casa.
                                                                                                               
355
Cfr. A. Vööbus, The Synodicon in the West Syrian Tradition I, p. 46, 49 seg.
356
La fonte di queste regole sul matrimonio illegittimo è Ms. Dam. Patr. 8/11, fol. 130b, un’altra fonte è il
Ms Mardin Orth. 323, fol.39 b e il Ms Vat. Syr. 596, fol. 83b-84a. La fonte è attribuita a un certo Johannan di
cui però non ci sono altre notizie.

  127  
Caone 20. Non è lecito per un cristiano concedere una donna a ogni
specie di matrimonio con un nestoriano o con un popolo esterno alla nostra
congregazione, né a un eretico, né a quelli che ci sono sconosciuti nella fede.
Queste cose abbiamo deciso e istituito in questo modo per voi come figli
amati e obbedienti, come voi le conserverete poi e camminerete con loro,
(così) prendetevi cura anche dei canoni pronunciati dallo Spirito, per mezzo
loro sarete conservati e sarete benedetti in questo mondo e in quello che
verrà sarete salvati nel Regno di nostro Signore e avrete riposo, piacendo a
Lui con opere buone.

  128  
Capitolo IV357

Insegna quale uomo è giusto che sia scelto per l’episcopato


e quali dovranno essere i suoi costumi358

[2] Ma riguardo al vescovo359, allo stesso modo ascoltate.


[2.1] Il pastore, che è costituito vescovo e capo360 nel presbiterato361 , nella chiesa362 e in ogni
congregazione363 ‒ è richiesto che sia irreprensibile, che non sia fatto prigioniero da niente364,
lontano da ogni male, un uomo di età non inferiore ai cinquanta anni, uno che ormai è
lontano dalla condotta giovanile365 e dagli appetiti366 del Nemico, dalla diffamazione e dalla
bestemmia dei falsi fratelli che fanno ricadere su molti perché non comprendono la parola che
è detta nel vangelo: “Chi dirà una parola vana, renderà conto al Signore nel giorno del
giudizio367; dalle tue parole sarai giustificato e dalle tue parole sarai condannato”368. 2. Ma se è
possibile, sia istruito369 e capace di insegnare370; ma se non conosce le lettere371, sia capace e
abile con la parola372 e sia avanti con gli anni373.

                                                                                                               
357
In latino c'è uno spazio bianco che conteneva un titolo. [Connolly, Didascalia apostolorum, p. 28].
358
Nei Ms FHIJKL riportano un titolo più breve: “Sulla scelta del vescovo”.
359
Ms A riporta “vescovo”, Ms BCD “episcopato”, Ms EFGHIJKN “vescovi”.
360
Il latino riporta: “constituitor in visitatione”.
361
!‫ܬ‬#$%&%', è il collegio dei presbiteri.
Cfr. la versione latina IX, p. 15-16: “Pastor, qui constituitur, in visitatione praesbyterii et in ecclesiis
omnib(us) et parrociis”. Il latino non dice esplicitamente che il vescovo è capo della chiesa, del presbiterato e di
tutte le congregazioni, ma lo lascia intendere, il siriaco non solo fuga ogni dubbio, ma dà l’idea di una struttura
ecclesiastica articolata.
362
!‫ܬ‬#$, indica la chiesa in senso astratto e istituzionale e non un luogo fisico, il latino invece usa il plurale:
in ecclesiis.
363
 !"#$%&, congregazione, assemblea, o comunità.   La radice !"# esprime l’azione della convocazione: il
riunirsi insieme. In questo caso !"#$%&   traduce il latino parrocia, che in DA trova una delle sue prime
attestazioni; e synagoga “assemblea, consesso, sinagoga”, conservato in tre punti diversi: cfr. XII 9 p. 20; XXI 5 p.
53; XXXIV 26 p. 58. Achelis suggerisce che !"#$%& riflette il retroterra cristiano-giudeo della chiesa
rappresentata in DA (Cfr. Die Didaskalia, p. 362).
Non esiste invece un termine specifico per indicare la chiesa come luogo fisico specifico, solo nel capitolo XII
viene menzionata una !"#$ “casa” per le riunioni.
364
I Tm III, 2; Tt I, 7. Nate dall’esigenza di restituire alle prime comunità cristiane la consapevolezza
dell’unità, queste lettere pseudoepigrafe tentano di gestire il dissenso interno dell’osservanza delle prescrizioni
cultuali e legali giudaiche. Sono richiamate in DA per lo stesso motivo, ovvero dirimere questioni inerenti il
problema dell’osservanza delle prescrizioni cultali.
365
II Tim II, 22.
366
‫"ܗ‬#$%݁‫ܪ‬ participio sostantivato del verbo ‫ ܪܰܓ‬desiderare, bramare, volere in modo ardente.
367
Vööbus indica in nota (op.cit., p. 44, nota 5) che questa parte è stata ampliata.
368
Mt XII, 36. L'ultima parte della frase rende la Peschitta.
369
!‫ ܪܕ‬$‫'&ܘ‬
370
I Tt 1, 9: didaktikós è la qualità tipica dei presbiteri/episcopi delle Lettere Pastorali, oltre all’onestà e
all’attitudine nei rapporti sociali (cfr. 1Tm III, 2 e II Tm II, 24). In siriaco !"#݁% “capace di insegnare”, cfr. lo
stesso appellativo nel capitolo VII (insegnanti !"#$̈ & ), da notare invece è che nel testo latino l’azione è rovesciata,
p. 40: “Docibiles” disposti a farsi insegnare.
371
L'ipotesi che il vescovo sia un illetterato non è inusuale, benché nei suoi compiti rientrino anche capacità
di gestione economica. Harnack [The sources of the apostolic canons, Norgate&Co., London 1985, p. 10] cita
diversi esempi del III secolo e Funk [Doctrina Duodecim apostolorum, Barnes&Noble, Tübingem 1887, p. 61]
due esempi del V secolo. Solo con Giustiniano troviamo il divieto assoluto di un vescovo illetterato a causa delle
liturgie scritte.
372
Il latino riporta: “notitiam habens verbi divini”, CA invece ἔµπειρος τοῦ λογοῦ. Il siriaco ha tradotto un
singolo termine greco con due parole.
373
Il latino riporta: “stabilis aetate”.

  129  
3. Tuttavia, se la comunità è piccola e non si trova un uomo avanti negli anni di cui essi
testimoniano che è saggio e adatto a stare nell’episcopato374, ma lì si trova un fratello giovane,
di cui quelli che sono con lui testimoniano che merita di stare nell’episcopato375, e anche se è
giovane, con l’umiltà e la calma dei modi, dimostra maturità, sia esaminato se ognuno
testimonia su di lui376 e così sia posto lui in pace377. 4. Perché anche Salomone all’età di dodici
anni ha regnato su Israele378 . E Giosia all’età di otto anni ha regnato con rettitudine379 , e
ancora, anche Ioas a sette anni380 .
5. Pertanto, anche se è giovane, sia umile e timorato e calmo; perché il Signore Dio ha
detto in Isaia: “Su chi guarderò e sarò a riposo381 , ma sul mite382 e timorato, che ha383 un sacro
timore alle mie parole?”384. Anche nel vangelo ha detto così: “Benedetti sono gli umili perché
essi erediteranno la terra”385. 6. E che sia misericordioso ‒ perché nel vangelo ha detto così:
“Benedetti siano i misericordiosi, perché la misericordia è su di loro”386. 7. E ancora sia un
pacificatore ‒ perché ha detto: “Benedetti siano gli operatori di pace, perché saranno chiamati
figli di Dio”387 .
8. E che sia puro da ogni male, ingiustizia e iniquità ‒ perché ha detto ancora: “Benedetti
siano quelli puri di cuore, poiché essi vedranno Dio”388.
[2.2] E sia vigile, casto, stabile389 e distinto; e non sia violento e non sia uno che eccede con
il vino390; né sia malizioso; ma calmo e né litigioso; non sia amante del denaro391.
Non sia un fanciullo nella mente/neofita/ingenuo per non inorgoglirsi e cadere nel giudizio
di Satana, perché: “Chiunque esalta se stesso sarà umiliato”392.
                                                                                                               
374
“Adatto a stare nell’episcopato” è assente in latino, ma presente in CA.
375
Oltre alle qualità morali che deve avere il vescovo è necessaria che abbia la testimonianza della comunità. In
I Tm III, 7 invece, il vescovo deve avere una buona testimonianza “presso quelli di fuori”, cioè dai non cristiani,
segno che era il riferimento della comunità cristiana presso i pagani.
376
Ms FGHIJKN: “Se tutti testimoniano su di lui essendo stato messo alla prova da tutto il popolo”.
377
Cfr. il latino IX, p. 16: “Constituatur episcopus in pace”. La persona adatta a essere nominato vescovo è un
uomo semplice e moderato in tutto, in seguito casi del genere difficilmente potranno ripetersi perché la rivalità
per la carica sarà talmente accanita da non lasciare alcuna opportunità ai rappresentanti degli strati inferiori.
Quello della DA non è un vescovo appassionato ma piuttosto un uomo con qualità pratiche e dalle soluzioni
pragmatiche. [Cfr. E. Wipszycka, “Una qualsiasi comunità, un qualsiasi vescovo del III secolo” in Storia della
Chiesa nella tarda antichità, Bruno Mondadori, Milano 2000, p.112].
378
La fonte di questa informazione non è la Scrittura.
379
II Re XXII, 1.
380
II Re XII, 1.
381
Il riposo è assente in Peschitta e in CA, la citazione potrebbe risentire del Targum.
382
Questa seconda parte della citazione invece cita Peschitta, ma esclude “nello spirito”. Il latino, X, p. 17 si
accorda alla LXX e scrive: “nisi super mansuetum et quietum”.
383
Il latino qui inserisce l'avverbio semper che invece manca sia in siriaco che nella LXX, mentre invece è
presente sia in CA che in D III, 7-8.
384
Is, LXVI, 2 e Mt V, 5. Il passo ricorda D III, 7-8. Connlly ha ipotizzato che fra DA e D c’è una
dipendenza letteraria. Questo sarebbe il secondo dei sette punti in cui le due opere troverebbero riscontro. D I, 3
= DA I, 2.3; D I, 5 = DA IV, 5; D II, 4 = DA II, 6.1; D III, 7-8 = DA II, 1.5; D VIII, 1 = DA V, 14.18-21; D
XIII, 3 = DA II, 26.2; D XVI, 6 = DA VI, 15.3. [Cfr. R. H. Connlly, “The Use of the Didache in the Didascalia”,
The Journal of the Theological Studies 24 (1923) 147-157]. Al contrario invece, Niederwimmer, sostiene che la
relazione con la Didachè non è da considerare certa, ma solo ipotetica in tutti i casi indicati da Connolly. [K.
Niederwimmwer, Die Didache, Vandenhoeck & Ruprecht, Göttingen 1989, p. 28-31)].
385
Mt V, 5; e Didachè III, 7.
386
Mt V, 7.
387
Mt V, 9.
388
Mt V, 8.
389
I Tim III, 2.
390
I Tt 1, 7.  
391
I Tt 1, 7.
392
Lc XIV, 1.

  130  
2. Allo stesso modo, è richiesto che il vescovo sia un uomo che ha preso una moglie393 e che
ha gestito bene la sua casa 394 . 3. E ugualmente, sia esaminato al momento di ricevere
l’imposizione delle mani, affinché sieda nella posizione dell’episcopato395 se è casto e se sua
moglie è credente e casta e se egli ha allevato i suoi figli nel timore di Dio396 e li ha ammoniti e
dato loro insegnamenti e se in casa sua lo temono e lo riveriscono e tutti gli obbediscono.
Infatti, se la sua stessa carne si ribella contro di lui e non gli obbedisce397 , in che modo quelli
che sono fuori dalla sua casa398 gli apparterranno e gli si sottometteranno?399 .
[2.3] E sia esaminato se è senza macchia nelle faccende del mondo, pure nel suo corpo400 ‒
perché è scritto: “Esaminate se c’è qualche macchia in colui che si presenta per essere fatto
sacerdote”401. 2. Ma che sia senza rabbia ‒ perché il Signore ha detto: “La rabbia distrugge
anche il saggio”402 . 3. E sia misericordioso, compassionevole e pieno di carità ‒ perché il
Signore ha detto: “La carità copre una moltitudine di peccati”403 [2.4] e la sua mano sia distesa
per dare404, ami gli orfani con le vedove e sia uno che ama il povero e anche lo straniero. Si
distingua nel servizio e assiduo nel ministero. Sia contrita la sua anima e non sia uno che è
confuso. Sia a conoscenza di chi è più meritevole di ricevere. 2. Infatti se c’è una vedova
possidente, o è in grado di sostenersi con qualcosa necessaria per il sostentamento del corpo,
ma c’è un’altra che, benché non sia una vedeva, è nella necessità, per una malattia o per il
crescita dei bambini o per l’infermità del corpo ‒ a questa solo in modo particolare allungherai
la mano. 3. Ma se c’è un uomo che è un ingordo o un ubriaco o un pigro ed è preoccupato per
il nutrimento del corpo, questo non merita l’elemosina, né la chiesa.
[2.5] Ugualmente il vescovo non sia uno che fa discriminazioni e non provi vergogna
davanti al ricco né lo compiaccia oltre a quello che è giusto. E non disprezzi né trascuri i poveri
né se ne metta al di sopra. 2. Sia frugale e povero nel cibo e nel bere, che sia capace di vigilare
per ammonire e punire quelli che sono indisciplinati. E non sia calcolatore né volubile405, né
lussurioso né amante dei piaceri né amante delle carni raffinate. 3. E non sia iracondo, ma
paziente nella sua ammonizione.
Sia molto diligente nel suo insegnamento e costante nella lettura della divina Scrittura in
modo diligente interpreti ed esponga le Scritture in modo accurato. E compari la Legge e i
profeti con il vangelo in modo che le affermazioni della Legge e dei profeti concordino con il
vangelo. 4. Ma prima di tutto sia uno che sa discernere tra la Legge e la Seconda Legge in
modo che distingua e dimostri quale sia la Legge del fedele e quali siano i legami/vincoli di chi
                                                                                                               
393
Nel senso di “sposato una sola volta”, anche Tertulliano, Girolamo, Teodoro di Mopsuestia e Teodoreto di
Cirro hanno usato questa espressione in questo senso. Un’altra interpretazione intende la frase come un invito ad
ammettere al ministero solo chi è sposato.
394
I Tt 1, 6 e I Tim III, 2-4.
395
!‫ܬ‬#$#%&'$‫*! ܕܐ‬+‫ ܕܘ‬è la menzione del rito di ordinazione del vescovo; in DA non ci sono altre
indicazioni su chi sia a ordinare vescovo il prescelto, né chi stabilisce se tali indicazioni siano rispettate. Il latino
riporta la frase in modo diverso: “et sic ordinetur in episcopatum”. I Ms FGHIJKN riportano: “dei vescovi”.
396
Cfr. I Tim III, 4.
397
Cfr I Tim III, 5.
398
Qui finisce il latino.  
399
La buona riuscita dell’educazione dei figli è motivo di sicurezza e fiducia da parte di chi lo deve scegliere
per tale ministero.
400
L’allusione sembra riferirsi ai difetti fisici. Sembra che il vescovo ideale debba essere perfetto sotto ogni
punto di vista.
401
Cfr. Lev XXI, 17.
402
I Pt IV, 8.
403
Cfr. I Pt IV, 8.
404
La generosità o la disponibilità nel dare è la stessa qualità che viene richiesta ai mariti nel III capitolo.
405
Il vocabolo siriaco npyq è stato tradotto in diversi modi, Flamming ha proposto: “weltgewandt”; Nau:
“relâche”, Gibson: “eccentric”, Connolly: “stravagant”, Vööbus: “versatile”. CA non può venire in nostro
soccorso perché non c'è il passaggio corrispondente.

  131  
non crede406 , per paura che nessuno di quelli che è sotto la tua autorità mantenga vivi i
legami/vincoli della Legge ed eriga su se stesso carichi pesanti, e diventi figlio della perdizione.
5. Sii diligente dunque e prenditi cura del Logos, vescovo, così che ‒ se puoi ‒
spieghi/spiega ogni affermazione con tanta istruzione/erudizione da nutrire largamente e
abbeverare il tuo popolo, perché è scritto nella Sapienza: “Abbi cura dell’erba del campo per
poter tosare il tuo gregge, e raccogli il fieno d’estate, per avere pecore per il tuo abbigliamento;
prenditi cura e datti da fare per la pastura, in modo da avere agnelli”407.
[2.6] Ugualmente, il vescovo non sia un amante del guadagno disonesto408 specialmente
con gli empi. Sia imbrogliato e non imbrogli. Non ami le ricchezze, non pensi (male) di
nessuno, né dia falsa testimonianza. Non sia iracondo, non amante dello scontro. Non ami il
potere. Non sia doppio nell’animo o doppio nel parlare409, né uno che ama piegare le sue
orecchie alle parole della diffamazione e della denigrazione. Non sia un ipocrita. E non sia
amante delle festività degli empi, non si dedichi a inutili errori e non sia lussurioso né attaccato
al denaro perché tutte queste cose sono attività dei demoni.
2. Su tutte queste cose, tuttavia, il vescovo comandi e ammonisca tutto il popolo. Sia saggio
e pratico. 3. Ammonisca e insegni secondo l’istruzione e la disciplina di Dio. La sua mente sia
equo410, e si allontani da ogni occupazione malvagia di questo mondo e da ogni bramosia dei
Gentili. 4. E la sua mente sia acuta per valutare, in modo che riconosca in anticipo i malvagi e
li allontani da loro. Ma sia amico di tutti, mentre è un giudice corretto.
Tutto quello che c’è di buono e si trova nell’uomo, si trovi anche nel vescovo. 5. Perché
quando il pastore è lontano da ogni male, sarà in grado di costringere anche i suoi discepoli e
incoraggiarli con le sue buone maniere a essere imitatori del suo buon lavoro ‒ come il Signore
ha detto nei Dodici Profeti: “Il popolo sarà come il sacerdote”411 . 6. Perché è necessario che voi
siate di esempio al popolo, perché anche voi avete Cristo come esempio. Poi siate anche voi un
nobile esempio per il popolo perché il Signore ha detto in Ezechiele:

7. E mi fu rivolta la parola del Signore così: “Figlio dell’uomo, parla ai figli


del tuo popolo e di’ loro: 8. ‘Quando porto la spada su una regione, il popolo di
quella regione prende uno di loro e lo fa sua sentinella; così questi, se vede
avvicinarsi la spada sulla regione, suonerà la tromba e avviserà il popolo, e tutti
sentiranno il suono della tromba. 9. Se uno però non ci bada e arriva la spada e
lo uccide, sarà lui stesso responsabile della propria morte; perché ha udito il
suono della tromba e non vi ha badato, sarà lui stesso responsabile della propria
morte. Chi invece gli ha badato si è salvato. 10. Se però la sentinella che vede
arrivare la spada non suona la tromba e il popolo non è stato avvertito, per cui
arriva la spada e fa una vittima, questa cadrà per i suoi peccati, ma chiederò
conto del suo sangue dalle mani della sentinella412.

                                                                                                               
406
Il riferimento è ai Giudei.
407
Prov XXVII, 25.
408
I Tim III, 8.
409
Didachè II, 4: “Non sarai doppio nei pensieri e nelle parole perché la doppiezza è un laccio di morte”. [Cfr.
H. Connolly, op. cit. 1923, p.150]. Siracide se la prende con “l’uomo dalla doppia lingua”: XXVIII, 13, “il cui
parlare davanti a te è tutto dolce, ma alle tue spalle cambierà il suo parlare”: XXVII, 23.
410
Ms EFGHIJKN riportano “trasparente”.
411
Os IV, 9.
412
Ez XXXIII, 1-6. Il vescovo è paragonato a una sentinella, la metafora delimita un nuovo ruolo del vescovo,
egli deve stare all’erta, essere vigile e sorvegliare l’orizzonte per osservare se il nemico si avvicina e in quel caso dare
l’allarme con la tromba, il vangelo, che deve essere suonata per ricordare la via da percorrere. E. Cattaneo segnala
[Cfr. I ministeri nella chiesa antica, p. 609, nota 37] che in genere questo brano di Ezechiele viene utilizzato nella
tradizione latina in rapporto all’ordinazione episcopale, cfr. anche Ch. Mohrmann, Episkopos-speculator, in tudes
sur le latin des chrétins, Roma 1977, 4, 231-252.
 

  132  
11. Così la spada è il giudizio e la tromba è il vangelo, invece la sentinella è il vescovo che è
costituito dalla chiesa.

  133  
Capitolo V

Un insegnamento sul giudizio413

12. Ti è richiesto 414 ugualmente, vescovo, quando predichi di portare testimonianza e


convalidare il giudizio come è nel vangelo perché il Signore ha detto anche a te: 13. “E tu,
figlio di uomo415, ti ho dato come sentinella alla casa di Israele; ascolterai un’affermazione dalla
mia bocca e avvertirai e …(predicherai) 416 da parte mia. 14. E quando dico all’ingiusto:
‘l’ingiusto morirà certamente’ e tu non predicare e non dire che l’ingiusto si allontanerà
dall’iniquità417, l’ingiusto morirà nella sua iniquità e io esigerò dalle tue mani il suo sangue. 15.
Ma se tu avvertirai l’ingiusto (per distoglierlo) dalla sua condotta e non ci baderà, l’ingiusto
morirà nella sua iniquità e tu ti salverai”418.
16. Per questo motivo anche voi419, da allora la colpa di quelli che peccano senza saperlo vi
insegue, predicate e testimoniate. E ammonite e correggete apertamente quelli che si
comportano senza disciplina.
In questo modo, dopo che ha parlato e ha ripetuto spesso queste cose, non è da biasimare,
perché con tanto insegnamento e molto ascoltare capita che un uomo si vergogni e faccia il
bene e si allontani dal male, 17. perché il Signore ha detto anche nella Legge: “Ascolta
Israele”420, ma finora non hanno ascoltato. E inoltre anche nel vangelo spesso ricorda e dice:
“Chi ha orecchie per ascoltare, che ascolti”421. Ma non hanno ascoltato (neppure) quelli che
sembravano aver dato ascolto, perché nella truce perdizione dell’eresia422 caddero velocemente:
su cui è pronto a emanare una sentenza di condanna423 , [2.7] infatti non crediamo, fratelli, che
appena (una volta) un uomo si immerge dentro l’acqua424, compia di nuovo azioni turpi e
contaminate dall’iniquo empio, perché è chiaro e risaputo da tutti che chiunque compie il
male dopo il battesimo425, è subito condannato alla Gehenna di fuoco426.

                                                                                                               
413
Mss EGN riportano un titolo più lungo: “Insegnamento e prudenza per il vescovo, predichi sul giudizio e
avverta il popolo, si tenga lontano dalla disobbedienza e giudichi quelli che sbagliano, come Dio, e non risparmi
quelli che sono malvagi e corrompono il popolo”.
414
Cfr. CA II, VI, 11. In CA il testo è parte integrante della citazione del capitolo precedente. Mentre in DA
il testo è diviso in due capitoli, in CA invece è continuo e privo di separazioni. È evidente che questa
frammentazione denuncia un'elaborazione redazionale posteriore, inesistente nelle versioni greche perdute e tanto
meno in quella latina. La divisione in capitoli potrebbe essere avvenuta al momento della traduzione in siriaco o
anche dopo diverse fasi redazionali, come sembra l'idea di Vööbus, secondo cui questa divisione è molto tarda.
[Cfr. A. Vööbus, Didascalia apostolorum, CSCO 2, p. 49 nota 2].
415
Il testo che segue è incluso in CA. Il greco presentato qui non riprende la LXX, ma un testo diverso.
416
Il testo siriaco è illeggibile nel Ms B. L’ipotesi di ricostruzione è di Vööbus. Solo due lettere erano
decifrabili, nel manoscritto D invece c’è uno spazio bianco. Nei Ms CEFGHIJKL compare predicherai ‫ܗܝ‬#$‫ܘܬ'&ܙ‬,
in M invece si legge confermerai ‫ܗܝ‬#$‫ܘܬ'&ܪ‬.
417  Questa lettura riporta un testo diverso di Ezechiele, cfr. CA II, VI, 8.
418
Cfr. Ez XXXIII, 7-9.
419
L'interlocutore non è più un singolo vescovo, ma i vescovi in generale.
420
Cfr. Dt VI, 4.
421
Cfr. Mt XI, 5; XIII, 9.    
422
!"#‫ ܐܪ‬da αἳρεσις, il termine in greco ha un’accezione molto ampia, a significare scelta, divisione e serve a
indicare le varie scuole filosofiche. In Paolo il termine indica la scissione, la divisione in seno alla comunità, con
una valenza negativa; in Ignazio il significato negativo diventa definitivo, dove l’eresia è una deviazione dottrinale
che comporta l’allontanamento dalla comunità. [Cfr. Simonetti, Eresia e ortodossia tra I e II secolo, Rubettino,
Soveria Mannelli 1994, p. 13-14]. DA sposa l’utilizzo del termine fatto da Ignazio.
Il latino riprende da qui. La divisione in capitoli sono tarde e appartengono solo al testo siriaco. [Vööbus,
Didascalia apostoloroum, CSCO 402, p. 49 nota 2.].
423
Flemming suggerisce che ci sia stato un errore di trascrizione fra: condanna/velocemente!"#‫'&ܪܕ‬/(#)*"'
424
Cioè è battezzato.
425
!"#‫ܕ‬%&'( in questo caso si intende solo l’immersione in acqua.

  134  
[2.8] E pensiamo che gli empi bestemmieranno anche per questo motivo, perché non ci
mescoliamo con loro né comunichiamo427 con loro. Ma attraverso la menzogna dei Gentili, i
nostri fratelli hanno ottenuto invece la verità428, perché nel vangelo egli ha detto così:

Siate benedetti quando vi ingiurieranno e vi perseguiteranno e diranno


contro di voi ogni cattiveria nella menzogna per amor mio; rallegratevi e siate
contenti, perché la vostra ricompensa sarà grande in cielo, perché i loro padri429
hanno perseguitato allo stesso modo i profeti430.

2. Se bestemmieranno contro un uomo nella menzogna, lui sarà benedetto anche perché è
messo alla prova, perché le Scritture hanno detto: “Un uomo che non è tentato, non è neanche
approvato”431 . 3. Ma se un uomo è colpevole di fare attività inique432 , non è cristiano, ma un
bugiardo e nell’ipocrisia continua a mantenere il timore del Signore.
4. Pertanto il vescovo, che è senza reato e senza ipocrisia, si asterrà da queste persone, dopo
che si saranno fatti riconoscere e (saranno) apertamente colpevoli di un reato davanti alla verità.
[2.9] Ma se anche il vescovo non ha la coscienza pulita ed è un ipocrita per bramosia dei
profitti sporchi o delle offerte che riceve e risparmia chi pecca in modo iniquo e gli permette di
stare nella chiesa, [2.10] un vescovo così ha contaminato la sua congregazione davanti a Dio,
inoltre anche davanti alle persone e davanti ad alcuni nuovi partecipanti 433 o davanti agli
uditori434; e inoltre distrugge gioventù e fanciulle accanto a lui435 . 2. A causa della licenziosità
di un uomo cattivo, vedendo che è così fra loro, dubiteranno anche di loro stessi, e lo
imiteranno e anche essi inciamperanno e saranno presi dalla stessa passione e periranno con lui.
3. Ma se chi pecca vedrà che il vescovo e i diaconi sono liberi dal rimprovero436 e l’intero
gregge puro, prima di tutto non oserà entrare nella congregazione, perché sarà rimproverato
dalla sua coscienza 437 . 4. Ma se accadesse che fosse audace e venisse in chiesa nella sua
ostinazione e fosse rimproverato e accusato colpevole dal vescovo 5. e guardasse tutti e non
trovasse reato in nessuno di loro, né nel vescovo né in quelli che sono con lui, sarà confuso e
con grande vergogna uscirà serenamente, piangendo e nel rimorso dell’anima. E così il gregge
rimarrà puro. Tuttavia, dopo che sarà andato via, si pentirà del suo peccato e piangerà e
gemerà davanti a Dio e ci sarà speranza per lui. Ma inoltre l’intero gregge, vedendo anche il
suo pianto e lui che geme, temerà sapendo e comprendendo che chi pecca muore.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                             
426
Dopo il battesimo non è accettabile che il cristiano continui a peccare. Nella quotidianità doveva essere
invece una realtà ordinaria; la questione è di grandissima importanza per le prime comunità cristiane e vista
l’insistenza del nostro redattore nella trattazione, la questione doveva essere ancora normalizzata anche in questa
comunità.
427
Il latino utilizza compopulamur. Il siriaco !"#$‫)('ܘܬ‬
428
Cfr. I Pt IV, 4.
429
Nei Ms EFGHIJKLN troviamo: i vostri padri.
430
Mt V, 11.
431
Cfr. Gc I,12.
432
Il testo del Ms A riprende da qui.
433
Letteralmente: “I beneficiari che sono stati ammessi a condividere”. Ms A aggiunge una glossa esplicativa
al margine, i ricevitori, che è stata inclusa nei Ms BCDM. In CA II, X, 1 p. 45 si legge: πολλοῖς νεοφωτίστοις; in
latino invece: “Et multos neofitos”, XI, p. 19, la frase fa riferimento a quelli che sono stati introdotti alla
comunione di recente.
434
!"#$̈" gli ascoltatori, in CA II, X, 1 p. 45 καὶ κατηχοθµένοις e in latino: “Et caticuminos” XI, p. 19.
435
Il siriaco traduce diversamente dal latino, probabilmente fraintendendo il testo.
436
!‫ܬ‬#$%& '& '()‫ ܕܕ‬cfr. CA II, X, 3 p. 45 ἀθώους; in latino innocentes.  
437
!"#$ the intelligence, the mental eye; the view, the opinion. Cfr I Cor XIV, 21-25.

  135  
[2.11] Dunque, vescovo, per questo sii sollecito nell’essere puro nelle tue opere e riconosci
il tuo posto438, (cioè) che sei stato costituito a somiglianza di Dio onnipotente e mantieni il
posto di Dio onnipotente. 2. E così nell’assemblea siediti e insegna come chi ha l’autorità di
giudicare i peccatori al posto di Dio onnipotente439. Perché a voi vescovi nel vangelo è detto:
“Tutto ciò che avete legato sulla terra sarà legato anche in paradiso”440.

                                                                                                               
438
L’idea che il vescovo deve mantenere il posto di Dio trova riscontro in Ignazio di Antiochia cfr. A. Brent,
The Relation between Ignatius and the Didascalia, in The Second Century 8 (1991), 129-156. (Cfr. Lettera ai
Magnesii VI, 1: “Cercate di fare tutto nella concordia di Dio, sotto la presidenza del vescovo che tiene il posto di
Dio, e dei presbiteri che tengono il posto del collegio degli apostoli, e dei diaconi, a me carissimi, a cui è stata
affidata la missione di Gesù Cristo, il quale prima dei secoli era presso il Padre e alla fine si è manifestato”). Lo
stesso concetto ricorre più volte in DA. Il parallelo Cristo-diaconi si spiega con l’identico rapporto di dipendenza
di Cristo dal Padre (cfr. Trallesi III,1: “Similmente tutti rispettino i diaconi come Gesù Cristo, come pure il
vescovo, che è figura del Padre, e i presbiteri, come senato di Dio e come legame degli apostoli: senza di essi al
chiesa non può essere detta tale” e Smirnesi VIII,1: “Seguite tutti il vescovo, come Gesù Cristo il padre, e il
presbiterio come gli apostoli. Quanto ai diaconi, rispettateli come comandamento di Dio”).
L’autore di DA mette in relazione il collegio presbiterale con il gruppo degli apostoli come Ignazio, è chiaro,
ma lo spazio dato ai presbiteri in DA è decisamente ridotto, anzi rovesciato (cfr. M. Metzger, Les Constitutions
apostoliques II, Le ditions du Cerf, Paris 1985, p.) se paragonato a quello assegnato da Ignazio e se confrontato al
modello ministeriale proposto da CA dove si legge che i presbiteri battezzano (III, 16, 4; VII, 22, 1), insegnano
(II, 57, 9); accolgono i proseliti (VIII, 32, 1.2), offrono l’eucarestia (VII, 26, 6); benedicono l’acqua e l’olio (VIII,
28, 3); benedicono, ma non ricevono la benedizione (VIII, 28, 3), ricevono le primizie (VIII, 47, 4); impongono
le mani, ma non ordinano (VIII, 28, 3); danno le eulogíai ai compresbiteri e ai gradi inferiori, ma le ricevono solo
dal compresbitero o dal vescovo (VIII, 28, 3); ricevono tre porzioni delle eulogíai, due all’agape (VIII, 30, 2 e II,
28, 4); accolgono i compresbiteri da fuori (II, 58, 2); separano, ma non depongono (VIII, 28, 3); infine in un
capitolo è descritto anche il rito della loro ordinazione (VIII, 28, 3). (Cfr. D. Spada-D. Salachas, Costituzioni dei
Santi Apostoli per mano di Clemente, Urbaniana University Press, Roma 2001, p. 306 ‒ Indice dei termini
canonici). Secondo Schöllgen, il modello gerarchico proposto nelle lettere di Ignazio è anteriore a quello attestato
in DA [Cfr. G. Schöllgen, “Monoepiskopat und monarchischer Episkopat. Eine Bemerkung zur Terminolgie”,
Zeitschrift fr di neutestamenliche Wissenschaft 77 (1986) 146-151 e G. Schöllgen, Die Anfänge der
Professionalisierung des Klerus und das kirchliche Amt in der Syrischen Didaskalie (Jahrbuch für Antike und
Christentum. Ergänzungsband 26), Aschendorff, Münster 1998, p. 150-151].
439
 I presbiteri hanno un ruolo marginale quasi solo rappresentativo, il vescovo è descritto come il responsabile
di ogni decisione, è il responsabile del culto e didasckalos, amministra le risorse economiche della comunità,
giudica, punisce e perdona in modo autonomo, senza il consenso della comunità. Secondo Camplani più che
riflettere una concreta realtà storica, DA si delinea come uno scritto di tendenza, volto a promuovere un
determinato modello episcopale. [A. Camplani, “Le trasformazioni del cristianesimo orientale: monoepiscopato e
sinodi (II-IV secolo)”, Annali di storia dell’esegesi 23/1 (2006) 67-114].
440
Cfr. Mt XVIII, 18.
 

  136  
Capitolo VI

I malfattori441

Inoltre insegna al vescovo che, come Dio, è lui a giudicare chi


offende, e non lo/si risparmi; accolga con misericordia chi si pente e lo
perdoni, e non aderisca alle passioni dei laici442 e (non) sbatta la porta
in faccia a quelli che si pentono, ma porti il carico e i peccati di ogni
uomo a secondo della grandezza del suo onore; con la dimostrazione e
la minaccia di Ezechiele sui vescovi che disprezzano il loro gregge o sui
laici che condannano il vescovo.

[2.12] Ora, vescovo, giudica come Dio onnipotente in modo severo e chi si pente443 accogli
con misericordia come Dio onnipotente. E rimprovera, interroga e insegna444, perché anche il
Signore Dio con un giuramento445 ha promesso il perdono ai peccatori, come ha detto in
Ezechiele:

2. E tu, figlio dell’uomo, hai detto a quelli della casa di Israele: “Così voi
avete detto: ‘I nostri delitti446 e i nostri peccati sono su di noi e in essi marciamo:
in questo modo, come potremo vivere?’447. E448 di’ loro: ‘(Finché) io vivo’ ‒ dice
il Signore Adonai ‒ ‘non voglio la morte del peccatore, ma che l’ingiusto si
ravveda dalla sua condotta449 e vivrà. Quindi pentitevi e convertitevi dalle vostre
condotte malvagie450 e non morirete, casa di Israele’”451.

3. Qui, in questo modo, dà speranza ai peccatori quando si pentono, affinché abbiano


salvezza con i loro pentimenti e non recidano la loro speranza452 e non rimangano nei peccati e
ne aggiungano (altri), ma si pentano453 e gemano e piangano sui loro peccati e si convertano
con tutto il cuore.
[2.13] Ma chi non ha peccato continui senza peccati, affinché non abbia necessità del
pianto, dei gemiti e del dolore e del perdono. 2. Da dove riconosci, peccatore, quanti sono i
giorni della tua vita in questo mondo, in cui potrai pentirti? Visto che non conosci la tua
dipartita dal mondo, forse morirai nei tuoi peccati e lì non ci sarà più pentimento per te, come
                                                                                                               
441
“I malfattori e quelli che si pentono”, Mss BCD FGHIJKLM.
442
!"#$%
443
Il latino si interrompe qui riportando solo poche parole da cui emerge una prospettiva diversa, mentre il
testo siriaco incita il vescovo a giudicare in modo severo, quello latino di giudicare con sicurezza: “Iudica,
episcope, cum fiducia ut deus, sed paenitentes…”.  
444
Una sintesi delle funzioni principali svolte dal vescovo sono riassunte nelle righe iniziali di questo capitolo,
ovvero: giudicare, accogliere, rimproverare, ammonire e interrogare, sebbene le ultime due hanno meno spazio
nella trattazione, rientrano anch'esse nel ruolo del didáskalos. Questo capitolo mette in luce la risolutezza del
vescovo nel trattare chi cerca di dividere la chiesa.
445
Ms BCEFGHIJKL riportano il plurale: "con giuramenti".
446
Cfr. LXX αἱ πλάναι.
447
La lettura è una contaminazione fra LXX e Peschitta. Cfr. CA II, XX, 5.
448
 Peshitta riporta solo !"‫ܐ‬. Ms BCDEFGHIJKLM sono stati modificati rispetto alla Peschitta.  
449
LXX: ἀπό τής ὁδοῦ; Peschitta: "dalla sua cattiva condotta" che si ritrova nel Codex Alexandrinus.  
450
Ms EFGHIJK: "dalle vostre malvagità".
451
Ez XXXIII, 10 seg., Ezechiele afferma la possibilità di una conversione anche per chi è schiacciato dal peso
dei propri peccati. Questo passo preannuncia Ez XIV, 12-20 e Ez XVIII,1-32, dedicati alla responsabilità
personale, cuore di tutta l’argomentazione. (Sulla responsabilità individuale cfr. anche II Re XIV, 6, Ger XXXI,
29-30). L'ultima parte della citazione appare in CA in una forma espositiva diversa dalla LXX.
452
Ms BCDM: "la loro propria speranza".
453
Cfr. Hermas, Mand. XII, 6, 2.

  137  
è detto in Davide: “Nello Sheol chi ti proclamerà454?”455. 3. Pertanto, chi si preserva e rimane
privo di peccati, rimane privo di pericolo, così conserva anche l’onestà che in precedenza gli è
stata concessa.
4. Tu, vescovo, giudica in questo modo: prima di tutto in modo severo e dopo ricevi con
misericordia e pietà quando promette di pentirsi456 . Rimproveralo e castigalo457 e poi fatti
supplicare da lui458 [2.14] per il discorso che è pronunciato in Davide così: “Non consegnare
l’anima che ti proclama459 ”460 . 2. E in Geremia inoltre, egli parla così sul pentimento dei
peccatori:

Chi è caduto non si solleverà? O chi è stato allontanato non ritornerà?


Per quale ragione il mio popolo è stato allontanato con una perversione
spudorata ed è rimasto delle sue opinioni e non ha desiderato pentirsi e far
ritorno?461.

3. Poi senza dubbio, quindi, accogli chi si pente e non essere ostacolato da chi è senza
misericordia che dice: “Non è opportuno essere sporcati da questi”462 , 4. perché il Signore Dio
ha detto: “I padri non moriranno per i figli, né i figli per i padri”463.
5. Inoltre in Ezechiele, Egli ha detto così:

E la sentenza del Signore fu su di me dicendo: ‘Figlio dell’uomo, se una


regione peccherà contro di me e farà iniquità davanti a me, io stenderò
avanti la mia mano contro di lei e distruggerò il sostentamento di pane e
manderò la carestia su di lei e distruggerò uomini e bestie. Ma se ci saranno
in lei questi tre uomini, Noè, Daniele e Giobbe, attraverso la loro onestà
consegneranno le loro anime, dice il Signore Adonai’464.

                                                                                                               
454
La formulazione si accorda con la Peschitta ma secondo Vööbus (Didascalia Apostolorum, CSCO 407, p.
54 nota 16)potrebbe essere una traduzione indipendente che è stata conservata in CA II, XIII, 2.
455
Sal VI, 6. Il passo sembra una traduzione indipendente da quella conservata in CA II 13, 2: “E nell’Ade chi
canterà le tue lodi?”. Il Salmo VI, assieme ad altri sei, è considerato “penitenziale”. Il riferimento allo Sheol è
dovuto alla preoccupazione del nostro redattore, lì i morti conducono una vita diminuita e silenziosa, priva di
rapporti con Dio.
456
Per questo passo sono state proposte diverse traduzioni, il siriaco‫ܐ̇ܒ‬
‫& ܕ‬
‫ܬ‬ ‫*)(ܘܕ‬+ , crea difficoltà perché
sembra che manchi qualcosa se confrontato con il testo greco di CA II XIII, 5 p. 51: ὑπισχούµενος αὐθτῷ
σωτηρίαν, εἰ µετάθοιτο τοῦ πρόπου καὶ πρὸς µετάνοιαν χωρήσει. In questo secondo caso, il senso della frase è
chiaro e logicamente più strutturato: se il peccatore muta atteggiamento facendo posto al pentimento, il vescovo
gli fa una promessa di salvezza. Vööbus, in sostanziale accordo con Lagarde e Flemming, ipotizza una
ricostruzione del testo siriaco: “When you promise (him life when) he repents”, traducendo: “the one promising
to repatance”. Gibson traduce: “(him who) has promised to repent”; Connolly: “when he promises to repent”,
Sykes: “on making a promise of repetance”.
457
Letteralmente: "affliggi". In CA il termine è στρύφων è spiegato meglio con l'annotazione al margine dei
Ms AB: "per colpire".
458
Ms D: "E colpiscilo", anche sul margine di AB.
459
!" #‫ܕ‬%&. Ms DM: "Non consegnare alla rottura" e fra le righe di Ms BC.
460
Sal (LXXIV) LXXIII, 19.
461
Ger VIII, 4.
462
La frase presuppone che ci sia una convivenza nella stessa comunità.
463
Dt XXIV, 16; cfr. Cr XXV, 4. Anche questi sono testi sulla responsabilità individuale.  
464
Ez XIV, 12-14. Questo passo biblico insieme a Ez XIV, 18 e XXXIII, 10-20 segna un progresso decisivo
nella morale dell’AT e il loro utilizzo in questa sede è significativo. Ezechiele teorizza la responsabilità personale,
ovvero, non percepisce l’individuo come parte di una famiglia, di una tribù o di una nazione, in cui tutto il
popolo è punito o premiato in una prospettiva di solidarietà e in modo indistinto. Il brano è in linea con la
prospettiva evangelica fondata sul peccato e sulla redenzione dell’uomo salvato da Cristo.

  138  
6. La Scrittura poi ha dimostrato in modo chiaro che se si trovasse un uomo retto insieme a
un iniquo, egli non perirebbe con lui, ma ognuno vivrebbe grazie alla sua rettitudine (del
primo). E se è ostacolato, è per i suoi peccati che è ostacolato. 7. E inoltre nella Sapienza dice:
“Ogni uomo è legato con la corda dei suoi peccati”465.
8. Così ogni laico dovrà rendere conto dei propri peccati e un uomo non sarà legato per466 i
peccati degli altri467 . 9. Perché anche Giuda non ci ha danneggiato affatto mentre pregava con
noi468 , ma solo lui è morto469. Anche nell’arca, Noè e i suoi due figli che furono salvati, sono
stati benedetti, ma Ham 470 , l’altro suo figlio, non è stato benedetto, ma il suo seme fu
maledetto471; e472 gli animali che entrarono, gli animali fecero uscire473.
10. Perciò, non è necessario dare ascolto a chi vuole mettere a morte e odia i suoi fratelli e
ama le accuse ed è pronto a uccidere per qualsiasi pretesto474 . 11. Ma aiutate quelli molto
malati e in pericolo e che peccano per liberarli dalla morte. E non (agite) secondo le durezze
del cuore, la parola e il pensiero dell’uomo. 12. Per questo non è necessario per te, vescovo, che
sei il capo, obbedire alla coda che è un laico475, uomo discutibile che brama la distruzione di
un altro, ma prendi in considerazione solo la parola del Signore Dio476.
13. E su questo, quegli (uomini) pensano di morire o di essere sporcati dai peccati degli
altri, d’altra parte egli ha allontanato i loro cattivi pensieri e per mezzo di Ezechiele anche il
Signore nostro Dio ha parlato così:

14. E477 la sentenza del Signore fu su di me dicendo: ‘Figlio dell’uomo478,


perché usi questo proverbio nella terra di Israele’479 e dici: ‘I padri mangiano
i grappoli aspri e i denti dei loro figli480 si sono attaccati al bordo (delle
labbra)481?482’ Finché vivo ‒ dice il Signore Adonai483 ‒ questo proverbio non
sarà usata contro Israele perché tutte le anime sono mie: come l’anima del
padre è mia, così anche l’anima del figlio è mia. L’anima che pecca morirà.
15. E un uomo, se è retto e agisce con giudizio e onestà e non mangia sulle

                                                                                                               
465
Pr V, 22.
466
La versione latina ricomincia con: “... (alieno de)licto”, ovvero con la parte finale della frase.
467
Il brano esprime un principio retributivo secondo cui i meriti o le colpe non sono cumulabili, esemplare il
caso di Giuda che segue poco dopo e dei figli di Noè. Da notare anche che gli esempi sono tratti dal NT e
dall’AT, quasi contemporaneamente.
468
Mt XXVII, 5.
469
At I, 18.
470
Gen IX, 25.
471
 Ms EFGHIJKN aggiungono: “Perché egli ha deriso suo padre”.  
472
Ms EFGHIJKN aggiungono: "Per l'uscita delle bestie".
473
Cfr. Gen VIII, 19. Nessuno dei manoscritti riesce a rendere più comprensibile il passo. Il testo originale è
più elegante ed è riproposto correttamente nella versione latina XIII, p. 21: “Bestiae etiam, quae ingressae sunt
exierunt”.
474
Cfr. Il siriaco omette la frase latina che segue: “Alius eni(m) pro alio non morietur” XIII p. 21.
475
I laici descritti in DA sono una figura viva, presente e molto interessante. Da notare in questo caso è che i
laici sono detti “coda”.
476
La versione latina, come anche CA, riportano un testo diverso, più lungo: “sed secundum domini dei nostri
voluntatem et praeceptum”.
477
La forma greca originale del testo doveva essere molto diversa dalla LXX, come è conservato in CA.
478
L’intero passo di Ezechiele ha numerosi divergenze tra il siriaco e il latino. Rimando alla sinossi per la
lettura in parallelo delle due versioni.
479
Cfr. latino: “Quare dicitis vos parabolam hanc in terra Istrahel”.
480
Ms EFGHIJK riportano: “figli”, come anche LXX e Peschitta.
481
Letteralmente: .!"̈$%‫ܢ‬
‫ܘ‬$
( ̈) *‫ ܕ‬,̈) -
‫ܘ‬
% da !ܳ$# to be blunt; to be set on edge (the teeth).
!"̈$
482
Cfr. latino: “Patres manducaverunt uvam acerbam, et dentes filiorum indurati sunt?”.
483
Anche in CA II, XIV, 14: λέγει ᾽Αδωναι κύριος e anche il latino: “dicit Adonai dominus”.

  139  
montagne484 e non solleva i suoi occhi dagli idoli della casa di Israele e non
corrompe la moglie del suo vicino e non si avvicina a una donna durante le
mestruazioni e non perseguita nessuno e restituisce al suo debitore il pegno
che ha preso e veste l'ignudo con un indumento e non distribuisce il suo
denaro per usura e non riceve (indietro) con avidità, e volta lontano la sua
mano dall’iniquità e giudica giusto il giudizio tra un uomo e il suo vicino e
cammina nelle mie leggi e conserva i miei giudizi e li mette in pratica;
quest’uomo è retto, egli vivrà ‒ dice il Signore Adonai ‒. 16. E se genererà
un figlio malvagio che versa sangue e compie iniquità e non si incammina
nella direzione del suo giusto padre e mangia sulle montagne e corrompe la
moglie del suo vicino e causa danno al bisognoso e al povero e commette
furti e non onora la solenne promessa fatta e alza il suo sguardo verso gli
idoli e compie iniquità e dà il suo denaro in usura e riceve indietro con
avidità: questi non vivrà perché ha fatto tutto questo male; morirà
sicuramente e il suo sangue ricadrà su di lui.
17. Ma se genererà un figlio ed egli vedrà i peccati che ha commesso suo
padre e ha timore e non ne ha piacere e non mangia sulle montagne e non
solleva lo sguardo verso gli idoli della casa di Israele e non corrompe la
moglie del suo vicino e non causa danno a nessun uomo e non fa promesse e
non commette furti e dà il suo pane all’affamato e veste l’ignudo con un
indumento e sposta la sua mano dall’iniquità e non riceve l’usura e l’interesse
e si comporta con onestà e cammina nella mia legge; quest’uomo non morirà
per l’iniquità di suo padre, ma vivrà.
18. Ma suo padre, poiché ha commesso prevaricazioni e furti e non ha
fatto bene al mio popolo, morirà per la sua iniquità. 19. E voi dite: ‘Perché il
figlio non sconta per l’iniquità di suo padre?’ Poiché il figlio si comporta con
onestà e misericordia e conserva tutti i miei ordini e li mette in pratica, egli
vivrà; l’anima che pecca, morirà. Un figlio non sconterà per i peccati di suo
padre e un padre non sconterà per i peccati di suo figlio. L’onestà del giusto
sarà su di lui e l’iniquità dell’ingiusto sarà su di lui.
20. E se l’ingiusto si volta da tutte le iniquità che ha compiuto e conserva
tutti i miei comandi e agisce con giudizio e onestà, vivrà e non morirà; e
tutta l’iniquità che ha compiuto non gli sarà ricordata, ma vivrà nell’onestà
che ha compiuto. Poiché io non ho piacere nella morte del peccatore ‒ dice il
Signore Adonai ‒ ma chi si allontana dai suoi modi malvagi vivrà485. 21. E se
il giusto si allontana dalla sua onestà e compie iniquità come tutte le iniquità
che ha fatto l’ingiusto, tutta l’onestà che ha fatto non gli sarà ricordata; ma
nell’iniquità che ha fatto e nei peccati che ha commesso morirà’. 22. E
hanno detto: ‘Il modo (di agire) del Signore non è giusto. Abbi timore, casa
di Israele: la mia strada è giusta, ma i vostri modi non sono giusti’. E se il
giusto si allontanerà dalla sua onestà e compirà iniquità, nell’iniquità che ha
fatto morirà. E se l’ingiusto si convertirà dall’iniquità che ha fatto e offrirà
giudizio e rettitudine, questo libererà la sua anima. Perché egli si è convertito
da tutta l’iniquità che ha fatto, vivrà e non morirà. 23. Quelli della casa di
Israele dicono: ‘Il modo del Signore non è equo’. Il mio modo è equo, casa
di Israele, ma sono i vostri modi che non sono equi. Perciò giudicherò ogni
uomo secondo i suoi modi ‒ dice il Signore Iddio ‒. Pentitevi e allontanatevi
dalle vostre iniquità e dalle vostre immoralità, così che queste (cose) non
siano per voi un disgraziato tormento. E buttate via e rimuovete da voi tutta
l’immoralità che avete commesso e indirizzatevi verso un cuore nuovo e uno
spirito nuovo e voi della casa di Israele non morirete; poiché io non ho

                                                                                                               
484
Mangiare il pasto sacro sulle alture/montagne? era una pratica degli idolatri.
485
L’uomo descritto da Ezechiele non è oppresso dai crimini dei suoi antenati e può sottrarsi al suo passato.
Qui è particolarmente valorizzato il concetto di conversione personale in cui solo il comportamento personale e
attuale determina il giudizio di Dio.

  140  
piacere nella morte del peccatore ‒ dice il Signore Adonai ‒ ma pentitevi e
vivete486.

[2.15] Vedete, figli amati e cari, quante sono le grazie del Signore nostro Dio, la bontà e la
misericordia nei nostri riguardi487 e (vedete come) chiede a quelli che hanno peccato di pentirsi.
E in alcuni luoghi parla di queste cose e non dà spazio al pensiero di quelli che sono di cuore
duro e desiderano giudicare in modo severo e senza misericordia e allontanare completamente
quelli che hanno peccato come se non ci fosse pentimento per loro. 2. Tuttavia, Dio non è così,
ma chiama ogni peccatore a pentirsi e dà loro speranza. 3. Ma a quelli che non hanno peccato
insegna e dice di non pensare di portare o partecipare ai peccati degli altri. Semplicemente488
accogliete con gioia quelli che si pentono489.
Egli ha detto inoltre nello stesso profeta sul pentimento490 :

4. E tu, figlio dell’uomo, di’ ai figli del tuo popolo: ‘L’onestà del giusto
non lo salverà nel giorno in cui fa il male e l’iniquità dell’ingiusto non lo
ferirà; e il giusto non può vivere nel giorno in cui egli pecca. 5. E quando
dico al giusto che vivrà ed egli conterà sulla sua rettitudine e non compirà
ingiustizie, tutta la sua rettitudine non gli sarà ricordata, ma (gli sarà
ricordata) l’iniquità che ha fatto e morirà in essa. 6. E quando dico
all’ingiusto: “Morirai ed egli si allontana dal suo peccato e agisce con giudizio
e onestà e restituisce il pegno che ha preso e ripaga il bottino che ha rubato e
cammina sulle sentenze e i comandi della vita, così che non compirà iniquità:
vivrà e non morirà e tutti i peccati che ha commesso non gli saranno
ricordati: egli ha agito con giudizio, vivrà. 7. E i figli del tuo popolo dicono:
‘Il modo (di agire) del Signore Adonai non è retto’. Di’ loro: ‘È la sua
condotta che non è retta: poiché se il giusto si allontanerà dalla sua
rettitudine e compirà iniquità, egli morirà nella sua iniquità e se l’ingiusto
devierà dalla sua iniquità e agirà con giudizio e rettitudine, egli vivrà in tal
modo491.

8. Vi viene richiesto, vescovi, di giudicare secondo la Scrittura i peccatori, con gentilezza492


e con misericordia, perché se uno cammina sull’orlo del fiume e sta per scivolare ‒ se lo lasci,
lo hai spinto tu (e) gettato nel fiume, e hai commesso omicidio493. Ma se un uomo stesse per
scivolare sull’orlo di un fiume e fosse vicino a morire, allunga velocemente una mano verso di
lui e trascinalo fuori, così che non muoia. In questo modo agisci ora, affinché il tuo popolo
impari e agisca anche in modo sensato e il peccatore non muoia.
[2.16] Ma dopo aver visto uno che ha peccato, sii in collera con lui e ordina che lo caccino.
E dopo che è stato scacciato, si arrabbino con lui e lo affrontino e lo tengano fuori dalla chiesa.
E poi che entri e implori. Perché anche nostro Signore stava intercedendo con suo Padre per
quelli che hanno peccato, come è scritto nel vangelo: “Fratelli miei494, essi non sanno quello

                                                                                                               
486
Ez XVIII, 1-32. In questo brano l'influenza della Peschitta è molto forte, ma troviamo la mescolanza di
elementi della LXX e una diversa recensione greca di cui sfortunatamente abbiamo solo una piccola porzione in
CA. Per le singole annotazioni rimando a Vööbus, Didascalia Apostolorum, p. 53-67.
487
Cfr. Hermas, Sim. 8.6.1,5.
488
Il latino riporta: “Similiter”.
489
La lunghezza del brano di Ezechiele e il successivo commento al passo rimandano l’eco di un’omelia.
490
La versione latina, dopo aver riportato l’intero brano di Ezechiele, si interrompe qui.
491
Ez XVIII, 25-29.
492
Letteralmente: “riposo”. MS CDEFGHIJKMN riportano un vocabolo più appropriato: "con pietà".
493
Questo passaggio si ritrova anche in CA II, XV, 3, ma il testo è confuso anche in quel caso.
494
I Mss. EFGHIJKLN correggono: “Padre mio”. !"‫ ܐ‬nvece dii !"‫ ܐ‬fratelli. In questo caso il latino non
può essere di nessuna utilità perché il passo manca, ma la stessa occorrenza si ritrova nel capitolo XXV e il latino
XLVI, p. 76 riporta: “Pater, ne<c> quid fecerant ne<c> quid dicunt, sciunt; si possibile est, remittes illis”.

  141  
che fanno, né che cosa dicono, ma se fosse possibile perdonali”495. 2. E poi, vescovo, ordinagli
di entrare e chiedigli se si pente. E se è degno di essere ricevuto nella chiesa, fissagli i giorni di
digiuno secondo la sua trasgressione, due settimane o tre o cinque o sette. E così licenzialo, che
vada, dopo avergli detto tutto quello che è giusto per ammonimento e istruzione.
Rimproveralo e digli che si dovrebbe umiliare da solo e che dovrebbe pregare e supplicare nei
giorni del suo digiuno per farsi trovare degno del perdono dei peccati come è scritto nella
Genesi: “Hai peccato? Taci: il tuo496 pentimento sarà con te e avrai potere”497.
3. Anche a Miriam la sorella di Mosè, quando ha parlato contro Mosè e in seguito si è
pentita ed è stata considerata degna del perdono, è stato detto dal Signore:

Se suo padre le avesse sputato in faccia, sarebbe stato giusto per lei
vergognarsi ed essere isolata sette giorni fuori dall’accampamento, e poi
riammessa498.

Lo stesso è richiesto a voi di fare: mettete fuori dalla chiesa quelli che promettono di
pentirsi dei loro peccati come è giusto a seconda delle loro trasgressioni e in seguito riceveteli
come padri misericordiosi499.
[2.17] Se anche il vescovo in persona è uno scandalo, in che modo potrà assurgere e cercare
le trasgressioni di qualcuno o rimproveralo e dare ordine (di agire) per mezzo del suo potere500?
2. Infatti per l’ossequio delle persone o dei doni che hanno ricevuto, egli o i diaconi dall’altra
parte, la cui coscienza non è pura ‒ non possono occuparsi di aiutare il vescovo. Temono
infatti di sentire, come da un audace, quella parola che è scritta nel vangelo:

Perché vedi la paglia che è nell’occhio di tuo fratello e non ti accorgi della
trave che è nel tuo occhio? Ipocrita, tira via per primo la trave dal tuo occhio e
allora ti sarai dimostrato in grado di gettare la paglia fuori dall’occhio di tuo
fratello501.

3. Dopo, con i suoi diaconi il vescovo teme, perché essi sentono da un peccatore, come da
un audace, la (stessa) affermazione del Signore. Perché non sa che cosa è pericoloso dire per un
uomo contro il vescovo502 e che egli sarà di scandalo nell’intera regione. Infatti uno che è stato
peccatore manca di coscienza e la sua anima non sarà più risparmiata. Pertanto, così per

                                                                                                               
495
Cfr. Lc XXIII, 34.
496
Ms EFGHIJKN riportano solo: “Il pentimento”.
497
Gen IV, 7.
498
Num XII, 14.
499
Fra i compiti del vescovo c’è anche mantenere la disciplina e punire chi pecca. In questo passo non è
possibile rintracciare una liturgia penitenziale, ma già Schwartz (Bußstufen und Katechumenatsklassen, Schriften der
wissenschaftilichen Gesellschaft in Strassburg 7, Strassburg 1911, p. 18-25) suggerì che DA andasse nella direzione
di un certo rigore, in accordo con lui anche Harnack [The source of the apostolic canons, F. Norgate, London 1895,
p. 71] secondo cui nel testo ci sono elementi anti-Novaziani. Achelis invece [Die syrische Didascalia ubersetzt und
erklart, J. C. Hinrischs, Leipzig 1904, p. 259] ha sostenuto che le tensioni descritte dal redattore di DA fossero
interne piuttosto che esterne e ha negato ogni legame con la questione del 303. Secondo Stewart-Sykes [op. cit., p.
81] invece il dibattito è interno alla storia della stesura stessa di DA, in cui si sovrappongono diversi strati
redazionali che descrivono comunità diverse.  
500
Questo passaggio è stato tradotto in modi diversi. Flemming in modo libero: “von sich aus eine
Entschreidung fällen”, ma anche Nau e Connolly: “and give sentence upon him”. In questo caso l'uso idiomatico
di ‫"!!ܘܗܝ‬̈ $ è corretto.
Nei Ms EFGHIJKN è stato aggiunto: “giudizio”.
501
Mt VII, 3, 5; Lc VI, 41.
502
Parlare male contro il proprio vescovo è un pericolo grave di cui né il lettore né il peccatore viene a
conoscenza.

  142  
qualche ragione il vescovo ha paura, si comporta come uno che non conosce il peccatore e lo
supera e non lo rimprovera e non lo corregge.
Per questo Satana, quando trova un’opportunità con uno, inizia a governare anche sugli
altri ‒ Dio impedisca che avvenga ‒ 4. e in questo modo accade che il gregge non può essere
più ristabilito 503 . Infatti quando si trovano peccatori, il male guadagna forza. E poiché i
peccatori non sono raddrizzati e (non) sono convinti che possono pentirsi, questo diventa per
ognuno un incitamento a pregare e il proverbio è realizzato: “La mia casa è detta casa di
preghiera, ma voi ne avete fatto un covo di ladri”504.
5. Ma se il vescovo non tace con quelli che peccano, ma rimprovera e condanna e corregge
e ammonisce e castiga chi pecca, getta paura e timore anche sugli altri. 6. È richiesto al vescovo
di essere grazie alla sua istruzione uno che previene i peccati e un esempio e un esortatore
dell’onestà e grazie all’ammonizione della sua istruzione, una guida delle buone azioni e uno
che glorifica ed esalta le cose buone che devono venire e sono state promesse da Dio nel luogo
della vita eterna, anche un predicatore dell’ira che prepara al giudizio di Dio, attraverso la
minaccia del fuoco doloroso che è perenne e insopportabile. Conosca la realtà della volontà di
Dio che non disprezza nessuno, perché nostro Signore ha detto: “Vedete di non disprezzare
nessuno di quei piccoli che credono in me”505.
[2.18] Perciò, il vescovo abbia cura di tutti, perché quelli che non hanno peccato
rimangano come sono, senza peccato e perché quelli che hanno peccato si pentano e accordi
loro il perdono dei peccati, come è scritto in Isaia dove il Signore dice: “Allenta ogni legame di
malvagità e taglia tutte le corde della violenza e dell’oppressione”506.
Capitolo VII507

2. Perciò, vescovo, insegna e rimprovera e libera508 con il perdono. E riconosci che il tuo
posto è quello di Dio onnipotente e che hai ricevuto l’autorità per perdonare i peccati509.
Infatti a voi, vescovi, è stato detto: “Tutto quello che legherete sulla terra, sarà legato in cielo e
tutto quello che scioglierete sarà sciolto” 510 . 3. Così come hai l’autorità di liberare, sii
consapevole511 di te stesso e del tuo modo di parlare e dei tuoi comportamenti in questa vita,
che siano degni del tuo posto.
4. Ma senza peccato non c’è nessuno tra gli uomini, perché è scritto: “Non c’è un uomo che
è puro dalla sporcizia, anche se la sua vita sarà di un solo giorno nel mondo”512. 5. Pertanto lo

                                                                                                               
503
!"‫ܕܬܬ‬
504
Mt XXI, 13; Lc XIX 46.
505
Cfr. Mt XVIII, 10.
506
Cfr. Is LVI, 6.
 
507
Ms EHIJKLMN riportano: “Ai vescovi”, Ms G: “Inoltre un ampio insegnamento sul vescovo stesso, che
con molta diligenza abbia cura del suo gregge e lo ammonisca, lo incoraggi e insegni loro che non dovranno
perdere la speranza quando cadono; e una grande consolazione a quelli che sono scossi e si sono convertiti dopo il
pentimento, e una grande condanna al vescovo che non accoglie chi si pente; e inoltre un ordine a chi gentile e
cortese con i membri del suo popolo e non sia oppressivo e in collera”.
Il materiale riportato da G è dislocato diversamente dai Ms FGHIJK (vedi nota 16).
508
!"# letteralmente: “sciogli”.
509
Il vescovo rappresenta Dio di cui è immagine e ne ricopre il posto, per suo conto infatti il vescovo giudica,
lega e scioglie, castiga e perdona. Questa autorità viene esercitata dal capo della comunità e in DA non viene mai
demandata né condivisa. Successivamente invece nel IV-V secolo la delega ai presbiteri diventa sempre più
frequenta, fino a diventare prassi comune.
510
Mt XVIII, 18. Questo passo estende ai ministri della chiesa uno dei poteri conferiti a Pietro: quello di
legare e sciogliere.
511
Fai attenzione o bada. !"̇$ letteralmente: “Riconosci”.
512 Gb XIV, 4
.

  143  
stile di vita e la conversione dei comportamenti del giusto e dei primi padri furono descritte
affinché fosse trovato in tutti almeno un piccolo peccato, così che si sapesse che il Signore Dio
solo è senza peccato, come ha detto in Davide: “Tu sarai giustificato con le tue parole e
prevarrai nei tuoi giudizi” 513 . Infatti una piccola contaminazione del giusto per noi è un
sollievo e una consolazione e una speranza che anche noi, se pecchiamo ‒ purché514 poco ‒
abbiamo speranza di avere il perdono.
6. Così non c’è un uomo senza peccato. Ma in base alla tua forza sii diligente a non essere
sorpreso per qualcosa. E prenditi cura di tutti, nessuno sia offeso e muoia a causa tua. Perché
un laico515 ha cura di se stesso solamente; invece tu porti l’onere di tutti. E molto grande è il
carico che tu senti ‒ perché a chi il Signore ha dato molto, anche molto chiederà alla sua
mano516. Mentre così porti il carico di tutti, fai attenzione, è scritto infatti: “Il Signore ha detto
a Mosè: ‘Tu e Aronne prenderete i peccati del clero’”517. 7. Quando fai il resoconto su molti518,
in questo modo ti prenderai cura di tutti, così li conserverai sani e ammonisci e rimprovera e
castiga i peccatori519. E (poi) alleviali con il perdono. E se chi ha peccato si è pentito e ha
pianto, accoglilo. E mentre tutto il popolo prega per lui, imponi la mano su di lui e permettigli
da allora in poi di stare nella chiesa520. Ma gli indolenti e gli svogliati521, rimandali indietro e
scuotili, fortificali, cercali/esortali e falli risuonare/risanali. Tu sai che ricompensa riceverai se
fai così.
8. Se invece sarai negligente, il pericolo incomberà su di te, perché il Signore ha detto così
in Ezechiele su quei vescovi che disprezzano il loro popolo:
                                                                                                               
513
Sal LI, 4.
514
!"#$ %&‫ ܐ‬letteralmente: “Anche se un po’”. L’uso di !"‫ ܐ‬differisce dal solito che vorrebbe invece essere
costruito con ‫ܐܢ‬.
515
L'uso tipico per il siriaco è quello che letteralmente si potrebbe rendere con figlio del mondo !"#$‫'&ܐ‬. Ms A
invece riporta figlio del popolo !"#‫ ܐ‬%& , che invece nel Ms E è stato corretto e uniformato a un uso più comune.
516
Lc XII, 48.
517
Nm XVIII,1. Ms D: “Il clero della congregazione”; Ms M:“e della congregazione”; Ms B: “congregazione”.
518
Da questa affermazione sembra che il vescovo facesse un resoconto su ogni persona in un contesto formale,
forse alla presenza dei presbiteri.
519
DA condanna la falsa misericordia.
520
Sull’accoglienza dei peccatori vedi anche il capitolo VI. La questione affrontata in questo capitolo riguarda
come comportarsi con chi ha peccato dopo il battesimo. Per ottenere il perdono e il reinserimento nella comunità
è necessario esprimere un sincero pentimento, accompagnato da lacrime e lamenti. Il giudizio della comunità sul
peccatore non è fondamentale, il solo contributo che le è richiesto è pregare per il peccatore. Nell’insieme non
emerge la descrizione di una pratica penitenziale, la narrazione sembra piuttosto il resoconto di una confessione
pubblica a cui segue l’allontanamento del peccatore, la preghiera e il digiuno.
La “questione penitenziale” è ampia e già dalla metà del II secolo si complica, ma si stabilizza nella prassi solo
nel III-IV secolo sia a Oriente che a Occidente.
Alla fine del II secolo si elabora anche una disciplina penitenziale severa e lunga e viene comunemente
chiamata “penitenza ecclesiastica” o “canonica” per distinguerla da quella personale, in cui erano previsti digiuni,
preghiere, elemosine e altre mortificazioni. Da Tertulliano in poi questa azione si chiama exomologesi. Nell’antica
terminologia viene detta anche seconda, rispetto a quella battesimale considerata la prima, infatti mentre il
perdono dei peccati nel battesimo è gratuito, successivamente la penitenza sarà fatta di lacrime. [Cfr. V. Grossi-A.
Di Berardino, La Chiesa antica: ecclesiologia e istituzioni, Borla, Roma 1984, pp.181-185; K. Rahner, La penitenza
della Chiesa, Edizioni Paoline, Roma 1964, pp. 523-705].
Questo passo di DA è stato usato da più di uno studioso per due motivi: tentare una datazione e per
comprenderne la liturgia penitenziale, invano nel secondo caso.
DA è una voce fuori dal coro del III secolo. Mentre la corrente rigorista dei primi secoli lascia il segno
elaborando una disciplina penitenziale fra la fine del II secolo e gli inizi del III, in Erma l’innovazione diventerà
norma: la penitenza post battesimale è permessa una sola volta nella vita e solo per colpe gravi (Pastore, precetto
IV, 1, 8). In DA, invece, il peccatore è riammesso nella comunità anche più volte. Il profilo della comunità,
quindi, non sembra ancora imbevuto del rigorismo tipico di quei secoli. Dunque, questa porzione di testo che
riguarda la penitenza potrebbe risalire a una delle prime fasi redazionali.
521
Cfr. CA II, XVIII, 7, p. 66. Latino: “Somniculosos et ignavos”.  

  144  
9. E la sentenza del Signore fu su di me, dicendo: ‘Figlio dell’uomo,
profetizza contro i pastori di Israele e dì loro: ‘Così dice il Signore Adonai:
disgrazia sui pastori di Israele che nutrono se stessi e i pastori non dovrebbero
pascere il mio gregge? 10. Voi bevete il latte, vi vestite con la lana e quella
(pecora) che è grassa la uccidete e non pascolate il gregge. Quelle che erano
malate non le avete curate e quelle che erano deboli non le avete rese più forti e
quelle che si erano ferite non le avete fasciate e quelle che si erano smarrite non
le avete riportate indietro e quelle che si erano perse non siete andati a trovarle,
ma con violenza le avete rese schiave. E il mio gregge fu disperso per la
mancanza di un pastore e divenne carne per tutte le bestie della campagna. E il
mio gregge fu disperso e si smarrì su tutte le montagne più alte e su tutte le
colline più alte, e su tutta la faccia della terra il mio gregge fu disperso e non ci
fu nessuno a cercarlo e a trovarlo522.
11. Per quale ragione, voi pastori, ascoltate la parola del Signore Adonai. Per
questo, il mio gregge è diventato preda e carne di ogni bestia della campagna per
la mancanza di un pastore, e i pastori non hanno cercato il mio gregge, ma
hanno pasciuto se stessi. Perciò, pastori, ascoltate la parola del Signore. 12. Dice
così il Signore Adonai: ‘Ecco, sono contro i pastori e cercherò il mio gregge fra le
loro mani; e li tormenterò per smettere, non li lascerò più pascolare il mio gregge
e i pastori non pasceranno più se stessi; ma io stesso salverò il mio gregge dalle
loro mani e non saranno più il loro pasto. Per questo dice il Signore Adonai:
‘Ecco, troverò il mio gregge e lo controllerò; come un pastore controlla le sue
pecore nel giorno della tempesta, quando è in mezzo a loro, così io controllerò il
mio gregge523 e le radunerò insieme da tutti i luoghi in cui sono disperse nei
giorni nuvolosi di fitta oscurità, e le condurrò verso i popoli e le radunerò dalle
terre e le condurrò verso la loro terra; 13. e le pascerò sulle montagne di Israele e
in tutti i deserti della terra. E in un pascolo buono e fertile le pascerò sulle
montagne più alte di Israele, sarà gloria della loro bellezza. Lì si riposeranno in
un ottimo ovile e in un fertile pascolo saranno pasciute sulle montagne di Israele.
Pascerò io il mio gregge e lo renderò forte, 14. dice il Signore Adonai: ‘Cercherò
quella che era dispersa e riporterò quella che si era smarrita e fascerò bene quella
che si era ferita e renderò forte quella che è malata, sorveglierò quella che è grassa
e sana, pascerò loro con giudizio. 15. E voi, mio gregge, pecora del mio gregge’,
così dice il Signore Adonai: ‘Ecco io giudicherò fra pecora e pecora, tra montone
e montone. Questa per voi è una cosa piccola, non vi basta che vi alimentate di
un ottimo e fertile pascolo, volete calpestare il resto della vostra pastura con i
piedi, non vi basta che il mio gregge ha bevuto quello che è stato calpestato dai
vostri piedi? 524 16. Perché, così dice il Signore Adonai: ‘Ecco, giudicherò tra
pecora e pecora e tra quelli che sono malati: infatti avete spinto loro con il vostro
fianco e con le vostre spalle e con le vostre corna, avete spinto tutte quelle malate,
fino a che non le avete disperse all’esterno. 17. Io salverò le mie pecore e non
saranno (considerate) preda a lungo e farò giustizia tra pecora e pecora e
assegnerò loro un pastore e le pascerà e sarà per loro il loro pastore e Davide mio
servo525 sarà principe fra loro; io, il Signore ho parlato. E stabilirò con loro526 un
patto di pace e sarò motivo di morte delle bestie cattive dalla terra e
dimoreranno nel deserto in modo fiducioso527 e dormiranno nelle foreste. 18.
                                                                                                               
 Ms FGHIJK introducono una porzione di testo – con tanto di numerazione iniziale, VII capitolo,
522

proveniente da G (vedi nota 1) – e omettono la porzione di testo segnalata in grigio, II.18.11-II.20.8, per
riprendono da: “Lasciane novantanove sulle montagne”. Ms E invece conserva tutto il materiale, sia quello
proveniente da G sia la sezione segnalata in girigio.
523
Il latino riprende da qui. Fra latin e siriaco c'è una certa differenza. Il latino, nonostante delle eccezioni, è
sostanzialmente più vicino alla LXX, versione a cui probabilmente era più vicino anche il testo greco originale.
CFR: CA
524
Il siriaco è più originale del corrispondente passo di CA.
525
Il latino omette: “mio servo”.
526
Il latino segue la LXX e riporta: cum “David”.
527
Anche in questo caso il latino segue la LXX e omette: "in modo fiducioso".  

  145  
Farò di loro benedizione intorno alla mia montagna. E farò cadere la pioggia al
momento opportuno e sarà pioggia di benedizione. E gli alberi della campagna
daranno i loro frutti e la terra il suo raccolto. Ed esse dimoreranno nella loro
terra con sicurezza e sapranno che io sono il Signore quando taglierò i
legami/corde dei loro gioghi. Io li salverò dalle mani di quelli che li rendono
schiavi ed essi non saranno preda a lungo delle genti e le bestie della campagna
non le divoreranno più; ma dimoreranno in modo fiducioso e non ci sarà
nessuno che farà loro paura 19. e farò germogliare una piantagione528; ed essi
non saranno più pochi e abbandonati529 nel paese e non sopporteranno più il
disprezzo delle genti. 20. E sapranno che io sono il Signore loro Dio, e loro il
mio popolo della casa di Israele’, dice il Signore Adonai. ‘E voi, mie pecore, siete
il mio gregge, siete gli uomini e io sono il vostro Dio’ dice il Signore Adonai 530.

[2.19] Ascoltate poi, vescovi, e ascoltate voi laici, come parla il Signore:
“Io farò giustizia tra montone e montone e tra pecora e pecora”531,
cioè tra vescovo e vescovo e tra laico e laico532 ; [2.20] (giudicherò) se il laico ama il laico e se
inoltre il laico ama il vescovo e lo onora e lo teme come padre e signore e dio dopo Dio
onnipotente. Infatti al vescovo è stato detto per mezzo degli apostoli:
“Chiunque ascolta te, ascolta me; e chiunque disprezza te disprezza me”533.
2. E inoltre534, il vescovo ami i laici come bambini e li generi e li scaldi con l’entusiasmo
dell’amore come uova da cui nascono gli uccellini, o li covi e li allevi come uccellini, fino a che
non crescono per volare535 .
Insegna, perciò, e ammonisci tutti, e rimprovera quelli che lo meritano, rimprovera e
castiga, ma per restituzione e non come distruzione.
Ammonisci come per pentimento e correggili, per modificare e chiarire i loro modi, e
ristabilisci la condotta della loro vita nel mondo.
3. Proteggi chi è forte536, cioè proteggi chi è stabile nella fede saldamente e guida il popolo
intero in pace.
E rendi forte chi è debole537 : chi è messo alla prova, verifica con un’ammonizione.
E guarisci chi è malato538: chi è ammalato per l’incertezza della fede, guarisci con l’istruzione.
4. E benda chi si è ferito: chi è prostrato, abbattuto o spezzato dai suoi peccati, e devia dalla
via dell’onestà, fascia bene; cioè attraverso l’intercessione dell’ammonizione guariscilo, e
alleggeriscilo dalle sue offese e confortalo e mostragli che c’è speranza per lui e fascialo bene e
curalo e portalo dentro la chiesa. E persuadi539 chi si è smarrito540: chi è stato lasciato fra i
                                                                                                               
528
Il latino aggiunge pacis, secondo le indicazioni della LXX.
529
Questo passaggio è diverso dalla LXX e dalla Peschitta, come anche dal latino XVIII, p. 29: “et ultra non
erunt fame pereuntes super terram”.
530
Cfr. Ez XXXIV, 1-31. Il re-pastore è un’immagine molto antica e proviene dall’Oriente. Ezechiele
riprendendo Geremia (XXIII, 5-6 tra quei pastori ci sarà un “germoglio”) rimprovera ai pastori, ai re e ai capi laici
del popolo i loro crimini. Il Signore si riprenderà il suo gregge e farà lui stesso da pastore al suo popolo. Quella di
Ezechiele sembra una teocrazia, in questo lungo passo, c’è l’embrione della parabola della pecorella smarrita (Mt
XVIII, 12-14 e Lc XV, 4-7) e dell’allegoria del buon pastore (Gv X, 11-18).
531
Ez XXXIV, 17.
532
Cfr. Il testo latino XVIII p. 30 in cui si legge anche: “Et laicum contra episcopum”. Anche il ms A
supporta la versione latina.
533
Lc X, 16.
534
Il latino si interrompe qui.
535
!"#‫ ܕ‬%&'()‫ ܕ‬%&*+‫&ܪ‬- Vööbus traduce: “For their rearing up as winged fowl”, il passo è piuttosto
evocativo e difficile da rendere, cfr. CA II, XX, 2, p. 73.
536
Ez XXXIV, 16.
537
Cfr. Ez XXXIV, 4.
538
Cfr. Ez XXXIV, 4.
539
In accordo con CA (ἐπίστρφε), Connolly suggerisce di emendare !"#‫ ܐ‬con ‫"ܝ‬#$%‫ܐ‬.
540
Cfr. Ez XXXIV, 4-16.

  146  
peccati ed è stato allontanato per rimprovero, non lasciarlo fuori, ma insegna e ammoniscilo e
risanalo e accoglilo nella tua assemblea, cioè, fra il popolo della chiesa.
5. E trova chi si è perso 541 : chi 542 attraverso la moltitudine delle sue offese ha perso la
speranza e si è abbandonato alla distruzione, non lasciarlo morire, affinché per una totale
negligenza o molta trascuratezza non cada addormentato e per il peso del suo popolo
dimentichi la sua vita e stia lontano e si allontani dalla sua assemblea, cioè dalla chiesa e finisca
nella perdizione. Perché quando sarà all’esterno dell’ovile e lontano dal gregge, i lupi543 lo
divoreranno mentre si è smarrito, e morirà. Tu invece lo scoverai e lo ammonirai e lo istruirai e
lo farai tornare e lo sorveglierai e lo incoraggerai a essere desto, e che sappia che per lui c’è
speranza. Ed elimina questo dai loro pensieri, potrebbero dire o supporre ciò che è stato detto
prima: “Le nostre cattive azioni e i nostri peccati sono su di noi e in essi stiamo marcendo: poi
come potremmo vivere?”544 . 6. Non gli è richiesto che dicano o suppongano queste (cose), cioè
che la loro speranza è stata recisa per la quantità dei loro peccati. Ma conosceranno che le
grazie del Signore sono molte, che con (molti) giuramenti e con una disposizione
misericordiosa, ha promesso il perdono a chi pecca.
7. Ma se un uomo pecca e non conosce le Scritture e non è consapevole dell’infinita
pazienza e della misericordia di Dio non intuisce il confine del perdono e del pentimento, per
questo che non conosce (per questa ignoranza), perisce. 8. Perciò, tu come un pastore
compassionevole, pieno di amore e misericordia e diligente nei confronti del suo gregge, vai
alla ricerca e conta il tuo gregge e cerca chi si è smarrito come ha detto il Signore Dio, Gesù
Cristo nostro buon maestro e salvatore545.

Lasciane novantanove sulle montagne e vai a cercare quell’unica che si è smarrita. E


quando l’hai trovata portala sulle tue spalle, rallegrandoti perché hai trovato quella che
si era smarrita e portala e mescolala al gregge546 .

9. Anche così obbedisci, vescovo, e trova l’unica che si è persa e cerca l’unica che si è smarrita
e restituisci l’unica che è lontana547 . Perché tu hai l’autorità di perdonare i peccati548 a chi
offende, infatti prendi l’aspetto549 di Cristo. Perché il nostro Salvatore ha detto anche a chi ha
peccato: “I tuoi peccati ti sono perdonati550; la tua fede ti ha salvato ‒ va in pace”551. 10. Pace è
la chiesa della tranquillità e del riposo, in cui si stabilisce quelli che sono liberi dai peccati come
integri (e) senza macchia, mentre hanno una buona speranza e sono diligente nelle pratiche

                                                                                                               
541
Cfr. Ez XXXIV, 4-16
542
Ms A, parzialmente corrotto, si interrompe qui. Come gli studiosi che si sono occupati di DAs, faremo
riferimento a Ms B.
543
I lupi, animali feroci e voraci, sono simbolo del male e del diavolo, in questo caso rappresentano gli eretici,
attendono nel buio che qualcuno si perda, approfittano delle incertezze dei fedeli o dell’indolenza del vescovo e
divorano carne e spirito (cfr. anche DA XXV).
544
Ez XXXIII, 10.
545
L’appellativo di “Signore Dio” è riferito a Cristo, ma già R. H. Connolly nota che c’è stata un’alterazione,
[cfr. Didascalia Apostolorum. Τhe Syriac version translated and accompanied by the Verona Latin fragments with an
introduction and notes, Clarendon Press, Oxford 1929, p. 63]. Vööbus suggerisce che la formula originale è
conservata correttamente da CA II, XX, 8, p. 75: “Il Signore Dio, nostro Padre buono ha inviato suo figlio come
il buon pastore…”, questa formula in DA è stata trasformata forse perché ritenuta provocatoria. Il latino non è
conservato, il confronto è impossibile.
546
Cfr. Lc XV, 4.
547
Cfr. Ez XXXIV, 16.
548
Il latino ricomincia qui.
549
!"‫ܨܘ‬%" πρόσωπον face, countenance, presence; person, personification; appearance. Il latino XIX p. 31 riporta:
“Christi vuultum portans”.
550
Mt IX, 2.
551
Mc X, 52; Lc XVII, 19; Mc V, 34; Lc VII, 50; VIII, 48.

  147  
delle attività e delle afflizioni. Infatti come un saggio e compassionevole medico ha guarito
tutti quelli che si sono smarriti nei loro peccati in modo particolare ‒ perché “non tutti hanno
bisogno di un medico, ma quelli che sono malati”552.
11. E anche tu, vescovo, sei posto come medico della chiesa553. Perciò, non rifiutare la cura
con cui puoi guarire quelli che sono malati per i peccati, ma con ogni mezzo cura e guarisci e
stabiliscili integri nella chiesa. E non sarai raggiunto da questa affermazione che il Signore ha
detto:
“Con la violenza e con il disprezzo le avete rese schiave”554 .
[2.21] Così non indurre alla violenza e non essere veemente e non decretare in tono brusco
e non essere senza pietà. E non beffare il popolo che è sotto le tue mani, non nascondere da
loro l’affermazione di perdono.
Infatti questa è: “Con la violenza e con il disprezzo le avete rese schiave”555, 2. se tratti
duramente i membri del tuo popolo556 e punisci quelli con violenza e li spingi fuori e li espelli e
non accogli chi pecca, ma duramente e senza misericordia gli occulti il perdono; sarai d’aiuto
per la perversione 557 del male e per la dispersione del gregge come pranzo alle bestie della
campagna558 cioè agli uomini malvagi559 di questo mondo ‒ ma in verità non agli uomini
(tutti), ma alle bestie, agli empi e agli eretici. 3. Infatti seguono immediatamente quello che va
fuori dalla chiesa e come bestie cattive lo divorano come carne. E per la sua durezza, va fuori
dalla chiesa, e andrà o farà ingresso tra gli empi o sprofonderà fra gli eretici e diventerà
estraneo completamente e si allontanerà dalla chiesa e dalla speranza di Dio. E della perdizione
di quella (persona) ne sarai colpevole, 4. perché sei pronto a espellere e a sbarazzarti dei
peccatori. E dopo che si sono pentiti e convertiti non vuoi accoglierli di nuovo. E sei caduto
sotto la condanna di quella parola del Signore che dice:

I loro piedi sono rapidi verso il male e si affrettano a versare sangue560 ; irritazione e
miseria sono sulle loro strade e non hanno conosciuto la strada della pace561 .

5. Invece, la strada della pace è il nostro Salvatore, come egli ha detto: “Perdonate” i peccati
ai peccatori, “e anche a voi saranno perdonati i vostri peccati ‒ date e vi sarà dato” 562 :
concedete il perdono dei peccati per ricevere anche voi il perdono. E inoltre ci ha insegnato a
perseverare nella preghiera in ogni momento e dice: “Rimetti a noi i debiti563, come anche noi

                                                                                                               
552
Mt IX, 12.
553
L’insistenza sull’atteggiamento del vescovo nei confronti dei peccatori è descritta e sviluppata
successivamente: l’immagine è quella del vescovo come un medico, che prima di tagliare chirurgicamente un
membro del corpo, deve tentare ogni cura.
554
Ez XXXIV, 4.
555
Ez XXXIV, 4.
556
Letteralmente: !"! "#$ “I figli del tuo popolo” emendato anche in questo caso, in latino XIX p. 32:
“Laicis”.
557
!"#$%‫*)(ܬ! ܕ‬+‫"ܗ‬-. ‫ ܬܗܘܬ‬01‫ܪ‬345. Il passaggio ha creato da sempre qualche difficoltà nella traduzione.
Connolly ha proposto l’omissione di !‫ܬ‬#$%&‫ )(ܗ‬evil e traduce: “And become a helper for the overthrow (of evil)
and scattering of the flock”. Vööbus invece traduce: “And you shall become a helper for the perversion of evil and
for the scattering of the flock”.
558
Ez XXXIV, 5.
559
Latino XIX p. 31 legge: “Id est maligni(s) saeculi huius hominibus”.
560
Il passaggio sembra essere stato accorciato come in CA e in latino.
561
Is LIX, 7 seguenti.
562
Il logion non si trova nei sinottici in questa forma. Cfr. Lc VI, 38 e Mc XI, 25. Il detto è presente anche in
CA II, 21, 5. (cfr. M. Pesce, Le parole dimenticate, p 243 e 676), il latino, XX p. 33, invece riporta solo la prima
parte della citazione: “Dimittite, et dimittitur vobis, hoc est: Date remissionem peccatorum, et recipietis”.
563
Il latino XX p. 33 legge :“Debita nostra”.

  148  
li rimettiamo ai debitori564 ”565 . 6. Ma se non perdonate chi pecca, come riceverete il perdono?
Ecco, non è forse la tua bocca contro di te, e non condanni te stesso con quello che hai detto:
“Io ho perdonato”, quando invece non hai perdonato, ma hai assassinato?
7. Infatti chi scaccia un uomo dalla chiesa senza misericordia566, cos’altro fa se non uccidere
cruentamente e versare sangue senza pietà?567 Infatti se invece, un uomo giusto è ingiustamente
ucciso da uno con la spada, sarà accolto da Dio nel riposo; 8. ma chi scaccia un uomo dalla
chiesa e non lo accoglie di nuovo, commette un assassinio in eterno, in modo malvagio e
cruento, e lo offre, cacciato dalla chiesa, come cibo per l’eterno spietato fuoco e non guarda
alla misericordia di Dio e non ricorda la sua bontà verso la penitenza e non porta l’esempio di
Cristo, né guarda agli uomini che si pentono dalla moltitudine delle loro offese per ricevere da
lui il perdono.
[2.22] Ti è richiesto, invece, vescovo, di avere davanti agli occhi quelle cose che sono
accadute in passato, con cui fai un confronto e impari la cura delle anime e l’ammonizione e il
rimprovero e l’intercessione di quelli si pentono e hanno bisogno dell’intercessione. E quando
giudichi gli uomini, fai un confronto in modo circospetto e dopo una lunga indagine e sii
conforme alla volontà di Dio. E come ha fatto, così devi fare anche tu nei tuoi giudizi568.
2. Perciò vescovi, ascoltate di persona queste cose, un esempio che è adatto e d’aiuto.
3. È scritto nel IV libro dei Re569 e come nel II libro delle Parole dei giorni570, così:

4. In quei giorni 571 ha regnato Manasse, aveva dodici anni, e regnò su


Gerusalemme cinquanta anni: e il nome di sua madre era Apheeba. 5. Ed egli
fece ciò che era malvagio davanti Signore, l’abominio di quei popoli che il
Signore ha distrutto dalla vista dei figli di Israele. E è tornato di nuovo e ha
costruito palazzi alti che Ezechia, suo padre, aveva demolito; e ha fondato i
pilastri sacri a Baal e ha fatto abomini come fece Ahah, re di Israele. E ha fatto
altari per tutti i culti del cielo. E ha costruito altari ai demoni572 nella casa del
Signore, di cui il Signore ha detto: ‘Nella casa del Signore a Gerusalemme, sarà
posto il mio nome’. 6. E Manasse ha servito gli alti posti/ALTARI e ha detto: ‘Il
mio nome sarà eterno’. E ha costruito altari per tutti i culti del cielo nelle due
corti della casa del Signore; e ha messo alla prova i suoi figli a oltrepassare il
fuoco nella valle del Bar-Hinnom573. Ed stato un augure e ha usato magie; e ha
nominato indovini e ammaliatori e divinatori, e ha fatto molte cose malvagie
davanti agli occhi del Signore per indurlo alla rabbia. 7. E ha messo nella casa
del Signore la statua fusa e cesellata dell’abominazione che aveva fatto fare, di cui
il Signore ha detto a Davide e a Salmone suo figlio: ‘In questo tempio e a
Gerusalemme, che ho scelto fra tutte le tribù di Israele, porrò il mio nome per
sempre e non terrò lontano il mio piede dalla terra di Israele che ho dato ai loro
padri, ma solo se conserveranno tutto quello che ho ordinato loro, secondo tutti

                                                                                                               
564
Il latino XX p. 33 legge: “Debitoribus nostris”.
565
Mt VI 12.
566
Il latino riporta: "qui convertitur".
567
Cfr. latino XX p. 30: “Qui enim de ecclesia pellit eum, qui convertitur, interfecit eum pessim(a)e et
sanguinem eius effundit sine misericordia”. Qui la posizione del vescovo è aggravata dal fatto che caccia qui
convertitur, uno che si è convertito. Nel testo siriaco l’inciso è assente.
568
Il latino XXI p. 33 introduce il resto dell'argomento sotto il titolo: “De Manasse”.
569
!‫ܬ‬ # $% ̈' regni. II Re XXI, 1-17.
570
!"#$%‫)(' ܕ‬#‫“ ܕ‬delle Parole dei giorni” è il titolo originale delle Cronache.
571
“In quei giorni” è un errore che il redattore di CA II, XXII, 3 non riporta. Il traduttore siriaco, sebbene
abbia usato la forma originale del titolo del libro, ripete “in quei giorni”, cioè utilizza il titolo originale come parte
della citazione. In CA non succede lo stesso. In latino XXI p. 34 si legge: “In quarto libro Regnorum et in
secundo Paralipomenum, quod est praetermissarum, sic: In dieb(us)”.
572
Il latino omette: "ai demoni". Sebbene DAl e CA siano vicine alla LXX, DAs non ha una lettura unica in tutti
i manoscritti e in alcuni casi è più vicina a Peschitta.
573
Bar-Hinnom è il culto astrale, di stelle e costellazione e più in generale del cielo.

  149  
i comandi che il mio servo Mosè ha ordinato loro’. E non obbedirono e Manasse
li ha sedotti a fare ciò che è spregevole davanti agli occhi del Signore, secondo le
attività dei popoli, quelli che il Signore ha distrutto dalla vista dei figli di Israele.
8. E il Signore ha parlato a Manasse e al suo popolo per mezzo dei suoi servi
i profeti, e ha detto: ‘Poiché Manasse, re di Giuda, ha fatto queste malvagie
abominazione, come quelle che hanno fatto gli Amorei che furono prima di lui,
e ha fatto peccare anche Giuda con i suoi idoli. Perciò, così dice il Signore Dio
di Israele: ‘Ecco io porto un malvagio su Gerusalemme e su Giuda che tutti
sentano di loro, entrambe le sue orecchie formicoleranno. E io stenderò su
Gerusalemme la cordicella (per la misurazione) di Samaria e il piombino (per la
pesatura) della casa di Acab; e asciugherò Gerusalemme come un vaso d’acqua
che si è rovesciato, quando è rovesciato e cade in avanti. E ridarò il resto della
mia eredità574 al di là della spada e li consegnerò nelle mani dei miei nemici, e
diventeranno bottino e preda di tutti i loro nemici, perché hanno fatto il male
davanti ai miei occhi: sono un popolo che stimola la collera dal giorno in cui ho
portato fuori i loro padri dall’Egitto fino a oggi’. 9. Tuttavia, anche Manasse ha
versato molto sangue innocente fino a che ha riempito Gerusalemme da una
parte all’altra con i morti, a causa dei peccati che aveva fatto commettere e aveva
provocato anche Giuda a peccare, nel fare ciò che è male davanti al Signore.
10. E il Signore condusse contro di loro i capi dell’Assiria, e catturarono
Manasse e lo legarono e gettarono corde attorno a lui e lo portarono via a
Babilonia. E lo chiusero in una prigione tutto legato e incatenato con il ferro. E
gli veniva dato pane di crusca per il peso, e acqua mescolata con aceto in piccola
quantità, così che rimanesse vivo e fosse afflitto e preoccupato con crudeltà.
11. E dopo che fu afflitto in modo significativo, cercò il volto del Signore
suo Dio e umiliò se stesso enormemente davanti al Dio dei suoi padri”575. E
pregò davanti al Signore Dio.
[Preghiera di Manasse] 12. ‘Oh Signore, Dio dei miei padri, il Dio di
Abramo e di Isacco e di Giacobbe e della loro giusta discendenza, che mi hai
avvolto il cielo e la terra con tutto il loro ornamento; che hai avvolto il mare e lo
hai fondato per mezzo dell’ordine della tua parola; che hai legato gli abissi e li
hai sigillati con il tuo terribile e glorioso nome; davanti al cui potere ogni cosa
teme e trema; perché insopportabile è la magnificenza della tua gloria, e nessun
uomo può sopportare di rimanere in piede davanti alla tua rabbia e alla tua ira
contro i peccatori: senza limite e senza misura sono le misericordie delle tue
promesse; per la tua opera, Signore infinitamente paziente e misericordioso e
pietosissimo, cambi parere sulla cattiveria degli uomini.
Signore, secondo la delicatezza della tua bontà hai promesso il perdono a
quelli che si pentono dei loro peccati e nella moltitudine della tua misericordia
hai istituito il pentimento per la salvezza dei peccatori.
13. Se poi, o Signore Dio dei giusti, non hai indicato la penitenza dei giusti,
ad Abramo e a Isacco e a Giacobbe, che non hanno peccato contro di te, ma hai
stabilito il pentimento per me, un peccatore. Infatti, più della sabbia del mare si
sono moltiplicati i miei peccati, e non ho respirato per sollevare la testa per la
moltitudine delle mie iniquità. E ora, Signore, ecco sono giustamente afflitto e
sono irritato come merito. Ecco sono legato e chinato dalla moltitudine dalle
catene di ferro, così che non posso sollevare la testa né sono degno di sollevare
gli occhi e vedere l’altezza del cielo, per la moltitudine della malignità della mia
cattiveria. Poiché ho fatto cose malvagie davanti a te e ho provocato la tua ira, e
ho istituito idoli e moltiplicato abominazioni 14. e ora, ecco, ho piegato le
ginocchia del mio cuore davanti a te e supplico la tua bontà: ho peccato, Signore,
ho peccato; e poiché conosco i miei peccati, ti supplico davanti a te, perdonami,
Signore, e non distruggimi per le mie offese e non essere sdegnato con me per
sempre né conserva contro di me (azioni) malvagie, non condannarmi e non
gettarmi nella parte più bassa della terra. Tu sei il Dio della penitenza: anche in

                                                                                                               
574
"retribuam reliquias hereditatis meae..." il latino termina qui.
575
Cfr. II Cr XXXIII, 1-13; II Re XXI, 1-17.

  150  
me così, o Signore, mostra la tua bontà, di cui ho pensato non essere degno576,
salvami secondo la tua immensa misericordia. Per questo ti loderò tutti momenti
in tutti i giorni della mia vita’.
15. E il Signore ha ascoltato la voce di Manasse e ha avuto misericordia di lui.
E c’era su di lui una fiamma di fuoco, e tutti i ferri che erano su di lui furono
fusi e disciolti. E il Signore ha salvato Manasse dalle sue afflizioni e lo ha messo
alla prova affinché tornasse a Gerusalemme nel suo regno. E Manasse ha
conosciuto il Signore e ha detto: ‘Egli è il Signore Dio solo’577. E servì il Signore
solo, con tutto il suo cuore e con tutta la sua anima, tutti i giorni della sua vita:
ed è stato considerato giusto. E si è addormentato con i suoi padri, e suo figlio
ha regnato dopo di lui578.
                                                                                                               
576
Da qui ricomincia DAl e continua senza interruzioni fino al capitolo successivo, segno che la divisione in
capitoli è recente.
577
II Cr XXXIII, 13.
578
II Re XXI, 18; II Cr XXXIII, 20. La preghiera di Manasse si inserisce in un contesto e in una tradizione
giudaizzante. Usata in DA in modo esemplare da tutti i peccatori che vogliono riabilitarsi ed essere riammessi
nella comunità, la formula   doveva essere recitata pubblicamente come segno esteriore di pentimento. Più
genericamente questa preghiera ha fatto parte del mondo retorico giudaico, ma Judith Newman ipotizza anche
che sia stata l’espressione della reazione alle tensioni fra giudei e cristiani in Siria e individua tre piani di lettura
della preghiera di Manasse.
Il primo si riferisce all’immediato contesto e prende in considerazione i capitoli VI e VII di DA in cui ci sono
gli insegnamenti che riguardano il pentimento e il perdono dei peccati. L’enfasi che viene posta sul reinserimento
del penitente suggerisce che potrebbe esserci stata una pratica di esclusione o espulsione dei membri dalla
comunità.
La seconda lettura va inserita in un contesto più ampio. Secondo la Newman la preghiera di Manasse va letta
in relazione al concetto di Seconda Legge, che non si deve associare ai contenuti del Deuteronomio, ma piuttosto
è da intendere come una parte della legge scaturita dall’episodio di idolatria durane l’esodo. Connolly ha suggerito
che il termine Deuterosis venga da shanah, la ripetizione della legge che comprende una parte della tradizione orale
della recitazione nella tradizione giudaica. Il traduttore siriaco del greco originale ha usato il termine tenyān
nāmōsā o “repetition (or double) of the Law” che infatti è il titolo siriaco del libro del Deuteronomio, preso dal
greco. Ma la Newman oppone mishnah ‒ ciò che è ripetuto oralmente secondo la tradizione dei rabbini ‒ a miqra,
la lettura ad alta voce di ciò che è scritto. Secondo lei l’uso siriaco del termine tenyān nāmōsā rende il senso di
mishnah della tradizione giudica, un’opposizione retorica fra cultura giudaica, cristiana e giudeo-cristiana. Se si
comprende l’uso del termine tenyān nāmōsā, sostiene la studiosa per restituire il senso di mishnah nella tradizione
ebraica, quello che poi si realizza nella DA è l’usurpazione della pratica halakhic nella comunità giudaico-siriaca.
Questa affermazione è in polemica con la tesi di Charlotte Fonrobert pubblicata qualche anno prima in un
articolo dal titolo: “The Didascalia Apostolorum: A Mishnah for the disciples of Jesus”, in cui la Fonrobert ha
sostenuto che la DA è un “counter-Mishnah” per i seguaci di Gesù. L’argomentazione della tesi si fonda sull’idea
che la DA rappresenta: “One of the voices of Judaism” nel momento in cui la costruzione delle identità collettive
era ancora in via di definizione. Per la Newman risulta poco convincente la consapevolezza che la studiosa
attribuisce ai redattori di opporsi a una comunità giudaica. (Per un ulteriore approfondimento rimando
all’articolo di Charlotte E. Fonrobert, “The Didascalia Apostolorum: A Mishnah for the disciples of Jesus”,
Journal of Early Christian Studies 9/4 (2001) 483-509).
Infine, la Newman analizza l’uso che viene fatto della preghiera di Manasse in DA, il contesto sociale e la
funzione nella vita della comunità cristiana della Siria, mettendone in luce l’uso ecclesiastico. Alla base della teoria
della Newman c’è la convinzione che la preghiera di Manasse sia stata utilizzata come polemica interreligiosa, un
“contro-discorso” che funziona in più modi. Primo, nell’immediato contesto dei capitoli sei e sette in cui la
preghiera e la storia di Manasse servono come modelli per il penitente: un esempio dell’efficacia del pentimento
come parte di un processo penitenziale. Secondo, una pratica penitenziale usata già precedentemente nella pratica
penitenziale dei giudei. Infine, la Newman ipotizza che la preghiera di Manasse fosse letta nelle chiese in relazione
alla condanna della Seconda Legge, come parte della liturgia della parola, parte degli Atti degli apostoli e come
parte del mondo retorico del giudaismo e del cristianesimo della Siria del nord nel III secolo. Cfr. J. H. Newman,
“Three contexts for reading Manasseh’s prayer in the Didascalia”, Journal of the Canadian Society for Syriac
Studies 7 (2007) 3-17.
Sulla preghiera di Manasse vedi anche: Nau F., “Un extrait de la didascalie: la prière de Manassé”, Revue de
l’Orient Chrétien 13, (1908)134-137; Charlesworth J. H., “Prayer oh Manasse. A new Traslation and
Introduction”, in The Old Testament Pseudepigrapha 1, Doubleday, New York-London-Toronto-Sydney-
Auckland 1983, p. 625-637;

  151  
[2.23] Avete ascoltato, figli amati, in che modo Manasse ha servito gli idoli malvagiamente
e amaramente e ha ucciso i giusti, ma quando si è pentito, Dio lo ha perdonato, benché non ci
sia peggiore peccato dell’idolatria. Così poi c’è dato un posto per il pentimento. 2. Ma su chi
dice: “Mi accadranno cose buone quando cammino nella volontà irragionevole del mio
cuore”579 , così dice il Signore: “Stenderò la mia mano contro di lui, ed egli sia favorevole a un
proverbio e una parabola”580. 3. Anche Ammone, il figlio di Manasse, quando ha deciso di
trasgredire la legge ha detto:

‘Mio padre nella sua infanzia si è comportato molto malvagiamente e in


vecchiaia si è pentito: anche io mi comporterò così secondo tutte le lussurie della
mia anima e alla fine tornerò al Signore’ e fece ciò che era malvagio davanti al
Signore: ha regnato due anni solamente perché il Signore Dio lo ha distrutto
subito dalla buona terra581.

[2.24] Prestate attenzione, perciò, voi che siete senza fede582 , che nessuno fra voi confermi
nel suo cuore il pensiero di Ammone e muoia subito e rapidamente.
2. Pertanto, vescovo, conserva quanto puoi con forza quelli che non hanno peccato, che
rimangano senza peccato. E guarisci e accetta chi si pente dei peccati. 3. Ma se non accetti chi
si pente, perché sei senza misericordia, peccherai contro il Signore Dio. Infatti non obbedisci al
nostro Signore e nostro Dio di fare come ha fatto con colei che ha peccato, quando gli anziani
l’hanno messa davanti al suo cospetto, e dopo aver lasciato il giudizio nelle sue mani
scomparvero583. Ma egli, il cercatore di cuori584, le ha chiesto e le ha detto: “‘I presbiteri585 ti
hanno condannato, figlia mia?’. Lei dice a lui: ‘Anzi Signore’. E le ha detto : ‘Va’, non ti
condannerò mai’”586.
4. In questo poi il nostro salvatore, re e Dio, sia per voi un riferimento, vescovi, siate suoi
imitatori: possiate essere miti e umili, misericordiosi e premurosi, portatori di pace, non
irascibili, capaci di insegnare587, corretti, accoglienti, capaci di consolare, non siate iracondi o
inclini ai lamenti588, né insolenti né orgogliosi.

                                                                                                               
579
Dt XXIX, 19.
580
Cfr. Ez XIV, 9; Ger XXIV, 9; Deut XXVIII, 37.
581
II Re XXI, 18; II Cr XXXIII, 24.
582
Il siriaco qui è curioso: !‫ܬ‬#$%&‫ ܕܕ*)( ܗ‬,-.&‫ ܐܙܕܗܪܘ ܐ‬indica i laici come in CA II, XXIV, 1, p. 91 che
legge: οἱ λαϊκο… e in latino XXIV, p. 39 : “Laici”.
583
Cfr. Gv VIII, 3 seg. DA riporta “presbiteri” il testo di Gv invece riporta “scribi e farisei”.
584
Cfr. latino XXIV p. 40: “Scrutator autem cordis interrogabat eam, se condemnassent illam praesbytery.
Cum autem dixisset: ('Non', dixit) ad eam: 'Vade, nec ego te condemno'”, il siriaco è stato riformulato come
un'orazione.
585
Questo passo riporta una storia simile a Gv VII, 53-VIII, 3, quello dell’adultera perdonata, per la prima
volta questa storia compare nel codice di Beza (D) del V secolo. Il carattere ispirato, l’attribuzione, la canonicità e
il valore storico del passo sono messi in discussione dagli studiosi, in DA l'attribuzione è a Gesù.
586
Cfr. Gv VIII, 11.
587
!"#$̈ & capaci di insegnare, in latino invece XXIV p. 40 riporta: “Docibiles” disposti a farsi insegnare.
588
Tit I, 7; cfr. I Tim III, 3.

  152  
Capitolo VIII

Avvertimenti ai vescovi: come è giusto che si comportino589


 
Non siate amanti del vino né bevitori590 e non siate insuperbiti591, non sostenete una spesa
che non è giusta, non come vostri592 usate i doni di Dio, in quanto siete nominati buoni
amministratori di Dio593, che è pronto a esigere594 dalle vostre mani il conto della gestione della
vostra amministrazione che vi è stata affidata. [2.25] Vi sia sufficiente ciò che basta per voi,
cibo e vestiti e qualsiasi altra cosa urge. E non fate uso di ciò che arriva in più a quello che è
giusto, come da (risorse) estranee, ma con moderazione. 2. Non godete e (non) siate dediti al
lusso con quelle cose che arrivano alla chiesa ‒ “a chi lavora sono sufficienti il suo vestito e il
suo cibo”595.
Come buon amministratore di Dio, perciò, fai bene nel dispensare quelle cose che sono
donate e arrivano alla chiesa, secondo ordine, agli orfani e alle vedove e a quelli che sono afflitti
e agli stranieri, come uomini che sanno di avere Dio che esigerà il conto dalle vostre mani596,
che ha accordato la sua amministrazione a voi. 3. Perciò distribuite e date a tutti quelli che
sono nel bisogno.
Ma anche voi siate nutriti e vivete di queste cose che arrivano alla chiesa. E non consumateli
soltanto per voi stessi, ma fate partecipi i bisognosi con voi e non siate offensivi con Dio. Dio
accusa quei vescovi che nell’ingordigia e per se stessi fanno uso di queste cose che arrivano alla
chiesa e non fanno partecipare i poveri con loro, dicendo così: “Voi bevete il latte e con la lana
vi vestite”597. 4. Per questo vi è richiesto, vescovi, di essere nutriti da queste cose che arrivano
alla chiesa, ma non di divorarle598 ; infatti è scritto: “Non mettere la museruola al bue che
lavora sodo”599 . 5. Come il bue che lavora l’aia senza museruola mangia, ma non consuma
tutto, così anche voi, che lavorate nell’aia che è la chiesa di Dio, siate nutriti dalla chiesa, nel

                                                                                                               
589
Ms EGN riportano un titolo più lungo e descrittivo, quasi a sostituire la mancanza dell'inziale riassunto dei
contenuti: “Insegna al vescovo stesso a non essere amante del lusso e avido di quelle cose che arrivano in chiesa
come approvvigionamento per i poveri, ma le amministri con giustizia verso i bisognosi, come un giusto
amministratore di Dio, e soddisfi anche il proprio da quelli senza colpa; ed esorti il popolo, che ogni volta
secondo la sua possibilità accetti una porzione e fornisca il necessario alla chiesa, in considerazione
dell’approvvigionamento per i poveri, gli orfani e le vedove”.
590
Tim III, 2. Il latino che compare all'inizio è parte integrante della frase del capitolo precedente, a
dimostrazione che la divisione dei capitoli è tarda e a volte poco rifinita. L'indicazione sembra di carattere morale
ed economico.
591
!"݀" !"#"$%. Letteralmente: “Molto gonfi”.
592
In questa occasione è utile confrontare il testo siriaco con CA II, XXIV, 7, p. 93 perché la frase è poco
chiara. In siriaco c’è una negazione in più che rende incomprensibile la frase. In latino XXIV, p. 40 il testo è
inequivocabile: “Non ut alienis sed sicut propriis”.
593
Cfr. 1 Pt IV, 10. !" #‫ܐ‬
‫)(̈&ܕ‬
‫ܬܐ‬
̈ +
,- .
594
Il latino rimasto di questo capitolo si riduce a poche righe che riporto di seguito: “non vino multo deditos,
non ebrios, non in vano expedentes non ut alienis sed sicut propriis his quae Deo dantur utentes, moderatores,
sicut bonos despensatores Dei, qui incipiet rationem a bea in vobis est dispensatione exigere” XXIV p. 40.
595
Cfr. Mt X,10; Lc X, 7; I Tim V,18. Una versione del detto più vicina alla versione canonica del detto si
trova in Epifanio Pan LXXX, 5.
596
Più che un’esortazione alla parsimonia sembra una minaccia nei confronti del vescovo. La frase: “Esigerà il
conto dalle vostre mani” rimanda all’idea di una punizione nel caso “il conto” non tornasse, il testo presuppone
l’onniscienza di Dio che sa che cosa e quanto viene donato, ma sa anche quanto viene usato dal vescovo.
597
Ez XXXIV, 3.
598
In questa prima parte il redattore indica al vescovo il modo in cui deve utilizzare le offerte. Questo capitolo
e quello che segue, il IX, si completano a vicenda, arricchendo e integrando le informazioni in modo reciproco.
L’VII è dedicato ai vescovi, il IX ai laici, l’oggetto della discussione è lo stesso ‒ come comportarsi con le offerte ‒
ma secondo due punti di vista: chi riceve e chi dona.
599
Deut XXV, 4; I Cor IX, 9.

  153  
modo dei leviti che servono nella tenda della testimonianza600 , che in ogni cosa è stata
prefigurazione della chiesa601. Infatti, anche dal nome si manifesta che la tenda della
testimonianza602 prefigura la chiesa. 6. Così, i leviti che erano al servizio in essa erano nutriti
senza intralci da queste cose che erano date come offerte di Dio da tutto il popolo: doni,
oblazioni e i primi frutti e decime e sacrifici e offerte e le intere offerte/olocausto603, essi e le
loro mogli e i loro figli e le loro figlie, perché il loro lavoro fu il ministero della tenda
solamente. E perciò non hanno ricevuto l’eredità della terra tra i figli di Israele, perché l’eredità
di Levi e la sua tribù fu il prodotto del popolo.
7. Così, anche voi oggi, vescovi, per il vostro popolo siete sacerdoti e leviti che
amministrano la tenda di Dio, la santa chiesa universale, e stanno continuamente davanti al
Signore Dio604. Voi ora per il vostro popolo siete sacerdoti e profeti e capi e guide e re, e

                                                                                                               
600
!‫ܕܘܬ‬%&‫*)(' ܕ‬+,. Num, XVIII, 21 seg.
  Es XXVI,19. L'ebraico ohel non indica un oggetto fisico, ma delimita uno spazio. Ohel viene tradotto con
601

tenda, ma indica il luogo di una presenza. DA prefigura la chiesa con la tenda della testimonianza.
Nella tenda di Mosè Dio manifesta la sua presenza. Divisa con un tendaggio in due parti, una esterna e l’altra
interna, il Santo dei Santi, vi era racchiusa l’Arca, decorata e rivestita d’oro. Nell’Arca dell’alleanza erano custodite
le Tavole della legge, un po’ di manna e la verga di Aronne. Nel Santo dei Santi trovava dimora la “Shekinà”.
Solo il sommo sacerdote poteva entrare nel Santo dei Santi una volta l’anno, nel giorno dell’espiazione dei peccati
di tutto il popolo e solo Mosè poteva stare alla presenza di Dio. La tenda era il cuore della vita spirituale di Israele.
Mentre nella tenda di Mosè poteva entrare solo il sacerdote purificato dai sacrifici di sangue; nella tenda di
Davide entravano tutti, secondo turni, fin davanti all’Arca. Nella tenda di Mosè, nessuno strumento musicale –
solo lo shofar; nella tenda di Davide ogni genere di strumento musicale. Nella tenda di Mosè il silenzio; nella
tenda di Davide giubilo, vittoria e danze. Davide danzava davanti all’arca, nella tenda di Mosè l’arca era nascosta
alla vista del popolo; nella tenda di Davide l’arca era visibile a tutti e tutti potevano avvicinarsi. La tenda di Mosè
rappresentava la legge antica, quella di Davide era stata la prefigurazione della vita nella nuova alleanza,
prefigurazione della libertà dei credenti, senza bisogno di sacrifici di sangue e circoncisione.
La tenda di Davide è luogo di lode, di adorazione, di preghiera e presenza.
In DA, la tenda della testimonianza è la tenda di Mosè, mentre la chiesa universale vive nella somiglianza con la
tenda di Davide.
602
!‫ܕܘܬ‬%&‫*)(' ܕ‬+ Il testo siriaco sembra avvicinarsi alla parola ebraica che significa testimone e che in siriaco
è l’equivalente per !‫ܬ‬#$ chiesa come ha suggerito Nestle [cfr. “Miscellen”, ZNW 1 (1900) 176-177].
Nell’insieme però il testo è oscuro, nonostante le intenzioni di dare una spiegazione etimologica. Anche CA non
aiuta perché il passaggio è ugualmente poco comprensibile.
Schöllgen ha ipotizzato che il redattore fosse trilingue [cfr. Die Anfänge der Professionalisierung des Klerus und
das kirchliche Amt in der Syrischen Didaskalie (Jahrbuch für Antike und Christentum. Ergänzungsband 26),
Aschendorff, Münster 1998, p. 88], ma la più credibile è l’ipotesi fatta da Connolly, ovvero che il redattore
giocasse sulla parola greca µαρτύριον. [Cfr. The Didascalia apostolorum. An English Version with Introduction and
Annotation, p. 146]
603
!"#$%&
Rispetto a CA il siriaco aggiunge gli olocausti, ma per definizione l’olocausto veniva “tutto bruciato”, per cui
non serviva al sostentamento dei Leviti.
604
La relazione che viene stabilita fra la tenda di Dio e la chiesa universale è di tipo temporale, l’una
prefigurazione dell’altra, legame espresso rispettivamente dagli avverbi prima e ora; lo stesso tipo di rapporto si
ripete e si rinnova fra vescovi e leviti: una continuità esplicata nella comune funzione ministeriale, per gli uni nella
chiesa, per gli altri nella tenda, ma che prende forme e sostanze diverse tanto da poter dire che nella continuità si
genera una rottura. Dunque, continuità e rottura sono i concetti che spiegano il rapporto fra i leviti e il vescovo.
Per i primi possiamo riassumerne i diritti/doveri in tre punti.
1) Il diritto a ricevere porzioni delle offerte presentate al tempio permetteva ai leviti di ricevere decime dalla
popolazione, privilegio ereditario che garantiva la sopravvivenza personale e familiare.
2) I leviti erano custodi delle sorti divine, tummin e urim, usati per consultare Dio e ottenere un oracolo. In
seguito, la profezia sostituirà questi mezzi.
3) I leviti avevano il compito di fornire la torah o i giudizi, di insegnare al popolo la legge e di decidere su
questioni di purezza rituale e bruciare incenso nel santuario.
In DA invece i vescovi hanno hanno diritti /doveri maggiori ed estesi:

  154  
mediatori fra Dio e i suoi fedeli, e coloro che ricevono la parola e predicatori di ciò, e coloro
che la proclamano e i conoscitori delle Scritture, e delle dichiarazioni di Dio e testimoni della
sua potenza, coloro che portano i peccati di tutti e rispondono per tutti. Voi siete quelli che
hanno sentito come la parola (di Dio) vi minaccia se disprezzate e non predicate la potenza di
Dio; voi siete in un serio pericolo di distruzione se disprezzate il vostro popolo605 . Inoltre voi
siete quelli a cui è stata promessa da Dio una grande ricompensa606 che è sicura e non verrà
meno, e grazia indicibile in grande gloria se servite bene il tabernacolo di Dio, la sua chiesa
universale.
8. Come avete sopportato il carico di tutti, allo stesso modo dovreste ricevere da tutto il
vostro popolo il servizio del cibo e dell’abbigliamento e di altre cose607 . È richiesto che riceviate
da ognuno del popolo e inoltre, con questi stessi doni ‒ che sono dati a voi dal popolo che è
sotto la vostra responsabilità608 ‒ nutrite i diaconi e le vedove e gli orfani, e quelli che sono nel

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                             
1) La famiglia del vescovo non è espressamente inclusa nell’usufruire delle offerte fatte dal popolo, la
supposizione è legittima, ma non certa come per i leviti, inoltre i vescovi non usufruiscono dell’ereditarietà della
carica;
2) I vescovi non godono del carisma della profezia. I profeti sono continuamente citati dalle Scritture, ma il
vescovo rappresenta Dio, non parla per lui.
3) Le funzioni dei vescovi sono diverse rispetto a quelle dei leviti: a loro compete l’amministrazione
economica, essi sono sacerdoti, capi, guide, re e mediatori fra Dio e i fedeli, conoscono le Scritture e sono
responsabili dei peccati di tutta la comunità.
4) Ai leviti viene negata l’eredità della terra perché godono di un altro grande privilegio: l’essere sostenuti dalle
offerte, ma il vescovo, oltre a godere dello stesso privilegio, è confortato dall'idea di ricevere una ricompensa da
Dio. È in questo aspetto che si coglie meglio l'idea di continuità e rottura fra leviti e vescovi.
605
Il pericolo a cui si fa riferimento è la morte, se il vescovo disprezza il suo popolo sarà privo del
sostentamento e andrà incontro alla morte. L’elemento che viene alla luce è nuovo, al contrario di quanto afferma
Trallesi III, 1, secondo cui la chiesa non può essere considerata tale senza un vescovo, i presbiteri e i diacono, in
DA invece la prospettiva è rovesciata: il vescovo non esiste senza un popolo. Il rapporto fra vescovo e fedeli
sembra stabilirsi su un piano materiale, completamente sbilanciato a favore di questi ultimi. Visto il privilegio che
gli viene concesso, cioè di essere mantenuto dalla comunità, il vescovo è investito da grandi aspettative a cui deve
rispondere e corrispondere. Gestisce l’amministrazione economica della comunità, giudica, punisce, assolve,
predica, insegna, rimprovera e incoraggia, è un vero sovrano sul popolo, ma è bene ricordare che è scelto da
popolo, e senza i suoi fedeli/sudditi non potrebbe esercitare i suoi poteri/doveri.
606
!"#‫ܐ‬. La grande ricompensa a cui si accenna rimane indefinita in tutto il trattato, sembra qualcosa di
speciale, riservata solo ai vescovi.
607
È una contropartita: il vescovo si è caricato i peccati di tutti, per cui riceverà da tutti.
608
A ogni fedele è richiesto di fare offerte; questa norma è indizio concreto della partecipazione e del
coinvolgimento della comunità e dell’obbligo nei confronti del vescovo e della gerarchia ecclesiastica. Ogni fedele
dona attraverso il diacono che consegna le offerte nelle mani del vescovo perché distribuisca a secondo dei bisogni.
Il vescovo è al centro e il centro di raccolta di queste offerte e anche lui può e deve godere dei doni che arrivano
alla chiesa, per il suo sostentamento e le sue necessità con parsimonia e moderazione. Il vescovo ha in carico anche
il sostentamento degli orfani, delle vedove e dei poveri che gravano sulla comunità. Egli conosce ogni membro
della comunità grazie ai diaconi che gli raccontano tutto ciò che ascoltano, divide le offerte in modo tale che
nessuno abbia ciò che gli serve, ma ciò che distribuisce il vescovo viene tolto da quanto i fedeli offrono per lui e
per il suo sostentamento. Non a caso è ripetuto spesso che egli è l’“amministratore di Dio”, che gestisce i beni
materiali che arrivano alla chiesa.
Se da una parte le offerte sono un dovere dei fedeli, dall’altra sono anche un onore perché sono un sacrificio
che rende lode a Dio; ma oltre al loro aspetto materiale, le offerte ‒ la cui natura rimane per lo più oscura ‒
acquistano un valore simbolico per l’intera comunità: sono gradite a Dio più di ogni altra cosa e sono consegnate
sul e al suo altare: le vedove, gli orfani e i poveri. Di conseguenza, ricevere offerte dal vescovo significa ricevere un
riconoscimento sociale e istituzionale dall’intera comunità.
La distribuzione delle offerte avviene per ragioni di natura diversa. La più ovvia è assicurare anche ai più
poveri, assistenza e sostentamento affinché non siano afflitti da fame e miseria, e una volta soddisfatti i bisogni
primari, la priorità è dedicarsi alla fede e alla pratica religiosa.
L’altra ragione è l’organizzazione del clero come corpo separato e mantenuto dalle offerte della comunità.

  155  
bisogno e gli stranieri609. Infatti ti è richiesto, vescovo, come un amministratore fedele, di aver
cura di tutti.
Infatti come porti i peccati di tutti quelli sotto la tua responsabilità, più di ogni uomo
riceverai l’abbondante gloria di Dio. 9. Infatti sei un imitatore di Cristo. E come egli ha preso
su se stesso i peccati di tutti noi, così è richiesto anche a te di portare i peccati di tutti quelli
sotto la tua autorità. 10. Infatti in Isaia è scritto riguardo al nostro Signore così:

Noi lo abbiamo visto che non aveva luminosità e né bellezza, ma la sua


apparenza è stata rovinata e umiliata oltre quella dell’uomo e come un uomo che
soffre e sa sopportare le debolezze. Infatti il viso è cambiato: fu disprezzato e
niente fu spiegato ai nostri occhi. Ha sopportato i nostri peccati, ma noi lo
consideriamo prostrato per le sue malvagità, e grazie alle ferite, tutti noi siamo
stati sanati610.

11. E inoltre disse: “Egli ha portato i peccati di molti e per la loro malvagità fu messo a
morte”611 e in Davide e in tutti i profeti e anche nel vangelo, nostro Signore supplica per i
nostri peccati, dal momento che egli è senza peccato. 12. Infatti, come avete Cristo per
esempio, in questo modo, siate anche voi esempio per il popolo che è sotto la vostra autorità. E
come egli ha preso i (vostri) peccati, così anche voi prendete i peccati del popolo. Infatti non
pensate che l’onere dell’episcopato sia leggero o facile. 13. Infatti, come voi avete ricevuto
l’onere di ognuno, così anche i frutti che sono prelevati da tutto il popolo saranno i vostri per
tutte le cose che vi servono. E nutrite bene i bisognosi, come uomini che rendono conto al
creditore che non erra e non può essere evaso. 14. Infatti come servite l’ufficio dell’episcopato,
così dallo stesso ufficio dell’episcopato dovreste essere nutriti, come sacerdoti e leviti e diaconi
che servono davanti a Dio, come è scritto nel Libro dei Numeri612.

15. Il Signore ha parlato con Aronne e ha detto: ‘Tu e i tuoi figli e la casa di
tuo padre porterete i peccati commessi nel santuario; e voi e i vostri figli
porterete i peccati commessi dai vostri sacerdoti’. 16. E i vostri fratelli, i figli di
vostro padre, la tribù di Levi, si avvicinino a voi e si aggiungano a voi e vi
servano. E voi e i vostri figli con voi serviranno davanti a questa tenda della
testimonianza. Ma i figli di Levi non si avvicineranno agli arredi del santuario e
dell’altare, per timore di morire, essi e voi; ma saranno accanto a te/voi, e
conserveranno i riti della tenda della testimonianza, in accordo con tutto il
ministero sacerdotale del tabernacolo, e un estraneo non si avvicinerà a voi. 17.
E conserverete i riti del santuario e le osservanze dell’altare. E non ci sarà ira su i
figli di Israele. E io, ecco, ho preso i vostri fratelli, i figli di Levi, fra i figli di
Israele: essi sono stati dati come un dono al Signore, affinché possano servire il
ministero (sacerdotale) della tenda del testimonianza. 18. E tu e i tuoi figli con
voi conserverete il vostro sacerdozio/CLERO, in accordo con tutto il ministero

                                                                                                               
609
Usufruiscono delle offerte i meno abbienti, le vedove, gli orfani e gli stranieri e chi è parte del clero, in
questo caso sono citati solo i diaconi, nel capitolo che segue la lista è più lunga.
610
Isa LIII, 2-5. Gli scritti del profeta Isaia sono generalmente divisi in tre grandi gruppi: I-XXXIX riporta le
profezie contro le nazioni straniere e la condanna dell’ostinazione di Israele, XXXX-LV tratta del periodo di esilio
in Babilonia e viene usato come messaggio di salvezza e speranza. LVI-LXVI sviluppa i temi delle parti precedenti,
collocandoli nel contesto del ritorno dall’esilio, in cui c’è un forte contrasto tra le minacce le promesse. Dunque,
nel nostro caso viene citato un passo del secondo gruppo che riporta un tema centrale: l’opera e le sofferenze del
servo. Infatti, questo passo e quello che segue alludono al “servo giusto” che non soffre per le sue colpe, ma si
carica dei delitti dei molti e intercede per essi.
611
Is LIII, 12.
612
Queste poche righe rovesciano le intenzioni di Numeri XVIII che da principio associano i leviti al
ministero espiatorio della famiglia di Aronne di fronte al popolo. DA invece fa uso di Numeri cambiando
soggetto, i vescovi: ogni riferimento perde il suo significato iniziale e si riveste di uno nuovo, ispirando una
ridefinizione.

  156  
(sacerdotale) dell’altare e quello che è oltre il velo; e servirete il vostro ministero
come qualcosa che vi è donato per il vostro sacerdozio/CLERO. L’estraneo che
si avvicina morirà del tutto. 19. E il Signore ha parlato con Aronne e ha detto:
‘Ecco io vi ho dato l’osservanza dei primi frutti, di ogni cosa che mi è consacrata
dai figli di Israele, a te io le ho date come un ministero, e ai vostri figli dopo di
voi ‒ una legge eterna. E queste saranno vostre: ogni oblazione, ogni sacrificio
espiatorio e ogni sacrificio di riparazione che mi presenteranno; tutto quello che
offrono a me delle cose consacrate sarà per te/voi e per i vostri figli. Nel
santuario le mangerai, ogni maschio le mangerà, tu e i tuoi figli: sarà una cosa
santa per te. 20. E questi saranno per voi i primi frutti dei loro doni, da tutte le
oblazioni dei figli di Israele: a te io le ho dato e ai tuoi figli e alle tue figlie con
voi ‒ una legge eterna: chiunque è mondo nella vostra casa li mangerà. Tutte le
primizie dell’olio e tutte le primizie del vino e le primizie del grano, tutto quello
che essi daranno al Signore, saranno tuoi. Chiunque è mondo nella tua casa li
mangerà. E tutto quello che è distinto dai figli di Israele sarà tuo, 21. e ogni
essere vivente offerto al Signore, degli uomini come degli animali, sarà tuo.
Tuttavia il primogenito fra gli uomini sarà riscattato e non il primo nato delle
bestie impure che sono offerte. E il loro riscatto: dall’età di un mese in poi li
riscatterai con un prezzo, cinque scili secondo il siclo del santuario, che è di venti
ghera.
Ma il primo nato del toro e il primo nato della pecora e della capra, non li
riscatterai ‒ essi sono santi; verserai sull’altare il loro sangue e brucerai il loro
grasso come offerta, un dolce profumo per il Signore; e la loro carne sarà pura
per voi. E la parte superiore del petto dell’offerta, e la spalla destra saranno tuoi.
Tutte le offerte del santuario, che i figli di Israele presenteranno al Signore, 22. a
te io le ho dato e ai tuoi figli e alle tue figlie per legge perenne e con un patto
eterno davanti al Signore, a te e ai tuoi figli dopo di te. 23. E il Signore ha
parlato con Aronne e ha detto: ‘Nel loro paese non erediterai, e non avrai
nessuna parte in mezzo a loro; infatti io sono la tua parte e la tua eredità tra i
figli di Israele. E ai figli di Levi, ecco, io ho dato tutte le decime dei figli di
Israele per eredità, per il loro ministero che essi servono nella tenda della
testimonianza. E i figli di Israele non si avvicineranno di nuovo alla tenda della
testimonianza, per non ricevere il peccato della morte, ma i leviti serviranno il
ministero della tenda della testimonianza e prenderanno (su di loro) i loro
peccati ‒ sarà una legge perenne, di generazione in generazione. E tra i figli di
Israele non avranno nessuna eredità; perché le decime dei figli di Israele, anche le
offerte al Signore ho dato ai Leviti per eredità. Perché io ho detto loro: ‘Tra i
figli di Israele non avranno eredità’. 24. E il Signore ha parlato con Mosè e gli ha
detto: ‘Parla ai leviti e di’ loro: quando ricevete dai figli di Israele le decime che
io vi ho dato per conto loro per eredità, prelevate un’offerta, una decima delle
decima: e la vostra offerta vi sarà contata come il raccolto dell’aia, e come
l’offerta del vino pigiato. Così preleverete, anche voi, un’oblazione per il Signore
da tutte le decime che avete ricevuto da tutti i figli di Israele e darete loro
un’offerta per il Signore ad Aronne il sacerdote. Di tutti i vostri doni
distinguerete un’offerta al Signore, dei primi frutti, consacrata a lui. 25. E dirai
loro: ‘Quando ne avrete prelevato il meglio, sarà calcolato ai leviti come il
provento dell’aia e il provento del torchio e lo potrete mangiare in ogni luogo,
voi e i vostri domestici, perché è la vostra ricompensa per il vostro servizio nella
tenda della testimonianza; e non sarete rei di nessun peccato per questo quando
preleverete le primizie da ciò. E non contaminerete le cose sante dei figli di
Israele; così non morirete’613.

                                                                                                               
613
Num XVIII, 1-32. La legislazione sacerdotale che viene menzionata in questo passo è intermedia tra Dt
XIV, 28-29 e XXVI, 12, cioè dove i leviti partecipano solo alle decima triennale. In Numeri XXXV 1-8 ai leviti
viene attribuita anche una dotazione di immobili, ma non è il nostro caso perché in DA non ve ne è traccia.

  157  
Capitolo IX

Esortazione al popolo di onorare il vescovo614

[2.26] Ascoltate queste cose ora, anche voi laici, chiesa eletta di Dio. Il primo popolo che fu
chiamato chiesa615; infatti siete la chiesa universale, santa e perfetta616, sacerdozio regale, santa
assemblea, popolo adottato617, la grande chiesa, la sposa ornata per il Signore Dio618. Ora tieni a
mente anche le cose che sono state dette prima. Metti da parte i doni riservati619 e le decime e
le primizie per Cristo, vero sommo sacerdote, e per i suoi ministri, le decime della salvezza, il
principio del suo nome è la Decade620. 2. Ascolta chiesa universale di Dio621 : sei sfuggita dalle
dieci piaghe622 e hai ricevuto il Decalogo, e hai imparato la Legge e conservato la fede623 e hai
creduto nello Youd624 , l’inizio del Nome, e fosti stabile nella perfezione della sua gloria: invece
dei sacrifici di quel tempo, ora offrite le preghiere, le suppliche e i ringraziamenti625. A quel
tempo c’erano primizie e decime e parti scelte e doni, invece oggi le offerte, che presentate
attraverso i vescovi al Signore Dio626 , per i suoi sommi sacerdoti627 . 3. Ma i sacerdoti e i leviti
ora sono i presbiteri e i diaconi, e gli orfani e le vedove, 4. ma il Levita e il sommo sacerdote è

                                                                                                               
614
I Ms EGN riportano un titolo molto più lungo: “Esortazione alle persone che porteranno offerte di
preghiera e confessioni a Dio, onoreranno il vescovo come Dio e lo temeranno e non faranno niente senza il suo
permesso, non daranno nemmeno l’elemosina ai bisognosi senza di lui; ma lo metteranno al corrente di ogni cosa
grazie al diacono, ed egli amministrerà qualsiasi cosa gli viene data e ogni ordine della chiesa avrà un posto e sarà
onorato come si addice; condanna e minaccia per quelli che parlano in modo malvagio ai sacerdoti o li
disprezzano; e siano considerati come loro re, porteranno loro doni con il proprio lavoro per il rifornimento dei
bisogni dei poveri e degli orfani e delle vedove, non calcolando se dare o non dare”.
615  Vedi  nota  2  SYKES  
616
I Pt II 9; cfr. Es XIX, 5. Il latino ha: “Sacrosancta”.
617
Cfr. 1 Pt 2,9. In questa affermazione c’è l’affermazione della giustificazione di una nuova frontiera che
separa i laici e il vescovo. [Cfr. Faivre A.-Faivre C., “Mise en place et déplacement de frontières dans la
Didascalie”, Revue des sciences religieuses 81 (2007), 49-68].
618
Anche i laici hanno un posto di rilievo nella comunità: essi sono eletti da Dio per costituire una nuova
vigna, la chiesa di Dio. I “laici” sono stati scelti tra il popolo e hanno creduto, sono diventati fedeli al Signore,
ereditando le promesse e i benefici dell’antico popolo.
619
Doni separati, riservati !"#$%&
620
Il riferimento è allo Yod, la lettera dell’alfabeto che indica il numero dieci. Vedi nota 4
621
I primi a essere chiesa universale di Dio sono stati gli ebrei. Il redattore fa riferimento all’uscita dall’Egitto,
alle dieci piaghe, al decalogo etc, stabilendo una continuità con gli avverbi prima e ora. Prima c’erano i sacrifici,
ora i ringraziamenti, le preghiere e le suppliche. Il punto di vista del redattore non sembra percepire una frattura,
ma piuttosto una naturale linearità, che però deve essere declinata. Entrambi i popoli, ebrei e cristiani, hanno
creduto nello Y: la lettera che india il decalogo e la prima lettera della parola YHWH e ΙHΣΟΥΣ.
622
Es VII, 8.
623  Vedi  voobus  nota  8  pagina  99  
624
Rimando alla nota 11 del capitolo XXVI.
625
Cfr. Adversus Haereses XVIII, 2: "Il genere delle oblazioni non è stato abrogato: c'erano oblazioni allora, ci
sono oblazioni anche oggi; c'erano sacrifici nel popolo, ci sono sacrifici anche nella Chiesa. Soltanto la specie è
cambiata: non sono più offerte fatte dagli schiavi, ma dagli uomini liberi. Infatti c'è un solo e medesimo Signore,
c'è un carattere proprio all'oblazione degli schiavi, e un carattere proprio a quella degli uomini liberi. Perché
perfino nelle oblazioni è manifestato il segno rivelatore della libertà. Infatti non c'è nulla di ozioso, non c'è nulla
privo di significato presso di lui. Ecco perché quelli dovevano consacrare la decima dei loro beni; mentre questi
che hanno parte alla libertà dividono tutte le cose che appartengono loro in uso al Signore: essi danno
gioiosamente e generosamente dei beni che non sono minori, perché hanno la speranza di beni più grandi; così
quella donna vedova e povera ha messo tutto il suo sostentamento nel tesoro di Dio".
626
Cfr. Didachè XIII, 3: “Prenderai pertanto le primizie di tutti i prodotti del torchio e dell’aia, dei buoi e
delle pecore e le darai ai profeti. Essi infatti sono i vostri sommi sacerdoti”; [Cfr. Connolly “The Use of the
Didache in the Didascalia”].
627
Qui il latino riporta: “In remissione peccatorum” il siriaco invece “per i suoi sommi sacerdoti”.

  158  
il vescovo628 . Egli è un ministro della parola629 e un mediatore630, ma per voi un insegnante e
vostro padre dopo Dio, che vi ha creato con l’acqua. Questo è il vostro capo631 e la vostra
guida632 ed è un re potente per voi633. Egli guida al posto dell’onnipotente, ma che sia onorato
da voi come Dio, perché il vescovo siede tra voi al posto di634 Dio onnipotente635. 5. Infatti il
diacono si trova al posto di Cristo e dovreste amarlo. 6. La diaconessa636 invece sarà onorata da
voi in luogo dello Spirito santo, 7. ma i presbiteri saranno per voi immagine degli apostoli e
degli orfani e le vedove saranno immagine dell’altare637 . [2.27] Come non era legittimo per un
estraneo, cioè per uno che non fosse un Levita, avvicinarsi all’altare od offrire qualcosa in più
al sommo sacerdote, così anche voi non darete niente in più al vescovo. 2. Ma se qualche
uomo desse qualcosa in più al vescovo, lo farebbe invano, infatti ciò non gli sarà considerato
come opera, perché non è giusto che nessun uomo faccia qualcosa in più nei confronti del
sommo sacerdote.
3. Tuttavia presentate le vostre offerte al vescovo, sia di persona che attraverso i diaconi e da
ciò che ha ricevuto distribuirà in modo giusto. 4. Infatti il vescovo conosce bene quelli che
                                                                                                               
628
Cfr. Num III, 32. In questa frase c’è la giustificazione della distinzione fra il vescovo e i laici. Grazie alla
mediazione di Eleazaro, il vescovo si pone sulla stessa linea di continuità di Aronne. Il testo fa anche allusione a
Num III, 38 in cui Mosè, Aronne e i suoi figli dovevano aver cura del santuario e campeggiano davanti alla tenda;
i laici, “gli estranei”, ne avevano assoluto divieto, pena la rovina. [Cfr. Faivre A.-Faivre C., “Mise en place et
déplacement de frontières dans la Didascalie”, Revue des sciences religieuses 81 2007, 49-68]. Il latino XXV p. 41
riporta: “Qui tunc erant Levitae, modo sunt diacones, preasbiteri, viduae et orfani. Primus vero sacerdos vobis est
Levita, episcopus”.
629
Lc I, 2.
630
!"#"#$
631
!"#‫ܪ‬
632
!"#$%&
633
Tra il latino e il siriaco c’è qualche differenza in questa frase; il siriaco è supportato da CA. Rimando alla
sinossi per ulteriore chiarezza.
La gerarchia ministeriale descritta in DA riprende Lettere Pastorali e Ignazio di Antiochia, ne fa una sintesi e
ne rielabora un modello originale. Secondo la definizione di G. Schöllgen, [G. Schöllgen, Die Anfänge der
Professionalisierung des Klerus und das kirchliche Amt in der Syrischen Didaskalie (Jahrbuch für Antike und
Christentum. Ergänzungsband 26), Aschendorff, Münster 1998, p. 150-151], DA deve essere considerata il
manifesto dell’episcopato monarchico perché porta a compimento e supera il modello proposto da Ignazio; il
clero infatti assume l’aspetto di un corpo separato e distinto da quello dei laici grazie al vincolo privilegiato e
intimo che lo lega con il culto e il clero diventa oggetto di offerte da parte dei fedeli.
DA si pone dunque in un momento significativo a metà strada fra la struttura comunitaria descritta nella
Didaché e la complessa organizzazione sociale presupposta dalle Constitutiones Apostolorum.
634  nota  11  SYKES  
635
Cfr. Ignazio, Lettere a Magnesia VI; Efeso II-III e Smirne VIII, in cui si legge la giustificazione teologica
dell’autorità del vescovo, dei presbiteri e dei diaconi. In DA il ruolo dei presbiteri è marginale, mentre forte è il
binomio vescovo-diacono/diaconessa. A. Brent, “The Relations Between Ignatius and the Didascalia”, Second
Century 8 (1991) 129-156, ma la cospicua presenza delle Lettere Pastorali (I-II Tm e Tt) e del modello
ministeriale di Ignazio sta a indicare uno stadio mediamente avanzato nel processo di istituzionalizzazione dei
ministeri. Da notare però che le Pastorali non presentano i tre ministeri insieme, e fra episcopo e diaconi non c’è
ancora una chiara distinzione, in particolare nelle Lettere a Timoteo, emerge una struttura episcopo-presbiteri-
diaconi, ma non con quella struttura definita e tipica di Ignazio di Antiochia, abituale dal III secolo in poi. In Tt
I, 5-9 infatti è descritto un corpo unico, presbiteri/episcopi, senza la menzione dei diaconi, questi ultimi infatti
sembrano avere una posizione subordinata rispetto al vescovo, ma non ce n’è un’affermazione esplicita.
Cattaneo ipotizza che l’episcopo sia uno dei presbiteri che svolge un ufficio di “sovraintendenza” o di
“sorveglianza” (episkopé) come “amministratore di Dio” (Tt, I,7). Ai presbiteri che esercitano bene il proprio
ufficio è concesso un doppio onore, ovvero il rispetto e il mantenimento da parte della comunità (1Tim V, 17-
18), [Cfr. E. Cattaneo, “Didascalia degli Apostoli” in I ministeri nella Chiesa antica: testi patristici dei primi tre
secoli, Edizioni Paoline, Milano 1997, p. 222].

636
!"#$%&'(); in latino XXV p.42: “diaconessa”.
637
Cfr. Policarpo, Filippesi IV.

  159  
sono afflitti e dispensa e dà a ognuno con criterio, in modo che uno non riceva diverse volte
nello stesso giorno o nella stessa settimana, mentre un altro non riceva affatto. Come sacerdote
e amministratore di Dio sa chi è più afflitto, a lui fa bene come gli è richiesto.
[2.28] E a quelli che invitano le vedove638 alle agapi639, mandi in modo frequente colei che è
afflitta in modo particolare640. E inoltre, se qualcuno dà doni per le vedove, che mandi in
particolare a colei che è nel bisogno641. 2. Ma la parte del pastore sia separata e sia divisa per lui
secondo regola nelle agapi o nei doni 642 , anche se egli non è presente, in onore di Dio
onnipotente643. 3. Ma tuttavia molto sia dato a una delle vedove644, che il doppio sia dato a
ognuno dei diaconi a onore di Cristo645 , (ma) due volte il doppio alla guida per la gloria
dell’Onnipotente. 4. Ma se qualcuno desiderasse onorare anche i presbiteri646, a lui sia dato il
doppio647, come ai diaconi, questo è richiesto per loro: che essi siano onorati come gli apostoli
e come consiglieri del vescovo648 e come corona della chiesa, essi sono il senato649 e i consiglieri
della chiesa650 .
5. Ma se ci fosse anche un lettore651, anche lui riceva con i presbiteri.
A ogni ufficio652 , perciò, ogni laico653 paghi l’onore che gli è giusto, con doni e onori e con
riguardo del mondo654.
6. Ma abbiano familiarità nei confronti dei diaconi e non siano di disturbo al capo a tutte le
ore; ma piuttosto facciano conoscere ciò che chiedono attraverso i ministri inferiori655, cioè i
                                                                                                               
Cfr. Latino XXVI p. 43 “aniculas” e CA ΙΙ, XXVIII, 1 πρεσβύτερας. Sull’agape organizzato attorno alle
638

vedove cfr. Traditio apostolica, edizione curata Hauler, p. 115. VEDI SYKES nota 16
639
Secondo Vööbus, op. cit. p. 101, !"#$% “agape”, “love-feast”, “memorial”, è connesso con la
commemorazione. !"#$% è la cena, il pasto funebre, probabilmente all’inizio il termine era usato con intenzioni
eucaristiche. Il latino conserva la parola agape, alla greca, proprio per non rinforzare l’equivalenza di significato.
640  Sykes  nota  17  
641
Quest’ultima affermazione non è presente nella versione latina e nemmeno in CA, è assente anche dal Ms
N.
642
La chiesa riceve da due fonti diverse: le agapi e i doni, per questi ultimi i nomi dei benefattori rimangono
segreti.
643
Ms FGHIJK: “Che la parte del pastore sia divisa e nota, in accodo a come è definita la legge del vecchio, e
anche se non è presente sarete causa di morte di Dio onnipotente”.
644
Discordano dalla versione siriaca sia la versione latina e che le CA , in entrambi i casi si legge le “anziane”.
Il latino riporta XXVI p. 43 “praesbyterorum” e CA ΙΙ, XXVIII, 3 “πρεσβυτίδων”.
645
Il latino XXVI p. 43 riporta: “In sacerdotio Christi”, ma con probabilità è una svista del traduttore o una
corruzione del testo. I diaconi infatti sono messi sempre in rapporto a Cristo.
646
L’indicazione si presenta più come un suggerimento che come un ordine, quindi si può ipotizzare che i
presbiteri ricevessero con saltuarietà.
647
Il dovere al sostentamento dei ministri per la loro completa dedizione al ministero si fonda e si conferma in
Dt XXV, 4, in Lc X, 7 e in Mt X, 10; ma è presente anche in Paolo con Gal VI, 6 e 1Cor IX, 7-18. In DA invece
sembra invece una prescrizione marginale. Il ruolo dei presbiteri infatti è evidentemente più modesto e la loro
presenza più rarefatta sia rispetto alle successive CA, sia rispetto a Paolo.
648
!"#$%&"‫ܐ‬
‫*) ܕ‬+, -̈/0 i consiglieri del vescovo, riguardo all’idea che i presbiteri sono i consiglieri del
vescovo cfr. Ignazio di Antiochia, Tralle I, Magnesia VI.
649
& a founder, fashioner, artificer.
!""̈$%
650
In latino XXVI p. 43 si legge: “Sunt enim consilium et curia ecclesia(e)”. Queste espressioni si trovano
anche in Ignazio di Antiochia. Sykes nota 20
651
I lettori sono citati solo in questa occasione e nel proemio. È singolare che a loro deve essere concesso
quanto i presbiteri. Da notare un’assenza nelle divisione delle offerte: quella dei suddiaconi, figure presenti solo
nelle più tarde redazioni di lingua araba e etiopica.
652
!"‫ ܕܘ‬place, spot, position, post, office.
653
!"#$% &̈"#
654
Schöllgen suggerisce che il passo si riferisce esclusivamente alle porzioni nelle agapi e non al sostentamento
dato al clero.   [Cfr. G. Schöllgen, Die Anfänge der Professionalisierung des Klerus und das Kirchliche Amt in der
syrische Didaskalie (“Jahrbuch für Antike und Christentum. Ergänzungsband”, 26), Münster, Aschendorffsche
Verlagsbuchhandlung, 1998, p. 92].

  160  
diaconi. Neanche al Signore onnipotente ci si può avvicinarsi se non attraverso Cristo. Perciò
ogni cosa che desiderano fare, che la facciano conoscere al vescovo attraverso i diaconi e (solo)
poi la facciano.
7. Precedentemente, nel tempio del santuario656 niente fu offerto o è accaduto lontano dal
sacerdote. 8. Inoltre, anche i templi degli idoli 657 degli empi impuri 658 e abominevoli e
spregevoli fino a oggi imitano il santuario. Lontano, tuttavia, sia il paragone659 tra la casa
dell’impurità660 e il santuario661 ‒ tuttavia, anche nelle loro ridicole662 occupazioni non offrono
né fanno niente lontano dal loro impuro sacerdote663 , ma così suppongono che l’impuro
sacerdote sia il portavoce delle pietre664. E aspettano che comandi loro di fare. E in ogni cosa
che organizzano di fare, prendono consiglio dal loro sacerdote impuro e lontano da lui non
fanno niente. E visto che pensano che quello che fanno è accetto, lo onorano e lo venerano in
onore delle sciocche pietre665 fissate nei muri e per l’attività666 dei demoni impuri, maligni e
crudeli. 9. Se ora sono vuoti e (mostrano) falsi atteggiamenti e non hanno speranza, ma si
smarriscono per una vana speranza, vedono e desiderano imitare il santuario e rendono onore
con ogni mezzo a quelli che stanno davanti ai loro ridicoli idoli ‒ perché voi che vi è noto e
manifesto che credete nella verità e conservate una fidata speranza e aspettate la promessa667
della gloria eterna che non mancherà né sarà distrutta ‒ non dovreste abbondantemente
onorare il Signore Dio grazie a quelli che stanno a rappresentarvi?
Perciò riguardo al vescovo (sia) come la bocca di Dio. [2.29] Se infatti Aronne, che
interpretava per il Faraone le parole consegnate a Mosè, è stato chiamato “profeta”, come il
Signore ha detto a Mosè: “Ecco, ti ho dato (di essere un) dio per il faraone e Aronne tuo
fratello sarà per te un profeta”668, infatti poi, anche voi non dovreste considerare profeti coloro
che sono i mediatori del Logos, e non dovreste rendere loro omaggio come a Dio? [2.30] Ma
ora per noi, Aronne è il diacono e Mosè il vescovo669. Se dunque Mosè fu chiamato “dio” dal
Signore, che anche il vescovo sia onorato da voi come dio e il diacono come un profeta670.
[2.31] Pertanto, per onore del vescovo, fategli sapere ogni cosa che fate671. E che sia portata
a compimento per mezzo suo. 2. E se conosci uno che è molto afflitto, ma il vescovo non sa di
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                             
!" # ݀%&‫ܗܘ‬655
an attendant, inferior officer. Il siriaco riprende Øπηρšτης.
656
!"#$% &'(‫ܗ"!"!! ܕ‬
657
!"#$% $&' a temple of idols.
658
!" ̈ $ %
659
!"#$%&
660
!‫ܬ‬ ݀ ' $
%&
661
!"#$% &'(
662
!"#$%‫ ܕ‬ absurd, ridiculous.  
663
 !"#$%  priest.  
664
!"̈$ %‫) (' ܕ‬
*+
" A margine del Ms ABCEFG c’è una glossa: “Egli chiama pietre gli idoli”, questo testo è
stata anche accluso in Ms IJK.
665
!"#$% !"#$
666
!"#$%&
667
Il siriaco mostra una deviazione rispetto a CA II, XXVIII, 9, p. 111: ἐπαγγελίαν ἀπεκδεχοµšνος, il siriaco
rende !ܳܰ#$& re ma deve essere un errore. Il vocabolo potrebbe essere vocalizzato come ! ܳ #$ܶ&.
668
Es VII,1e Es XXII, 28.
669
Come una sorta di proprietà transitiva, il vescovo è “bocca” di Dio per la sua capacità di interpretare il
Logos di Dio, quindi anche Mosè che ha svolto la stessa funzione per il faraone è detto vescovo.
670

671
L’indicazione sembra curiosa e anche piuttosto impegnativa, ma la sua ragione vive nel fatto che ogni
azione, compiuta all’interno della comunità, è una responsabilità diretta a cui risponde il vescovo, per cui nessuno
deve disonorarlo. Questa idea di fondo, che anima e regola una fetta importante della DA, mi richiama alla mente
Trallesi VII, 2: “…‘Chi è all’interno dell’altare è puro, chi invece è fuori dell’altare non è puro’. Ciò significa:
colui che intraprende qualcosa senza il vescovo e il presbitero e i diaconi, costui non è puro nella coscienza”. Poco
prima Ignazio ha fatto riferimento alla trasmissione della contaminazione attraverso l’eresia, ma la citazione del

  161  
lui, informalo. Ma senza di lui non fare niente, a suo disonore, non portare vergogna su di lui
come uno che disprezza i poveri.
3. Colui che mette in cattiva luce il vescovo con la parola o con l’azione, offende Dio
onnipotente. E inoltre, se un uomo parla male contro un diacono con la parola o con l’azione,
offende Cristo. Infatti anche nella Legge è scritto: “Tu non oltraggerai i tuoi dei e non parlerai
male dei capi del tuo popolo”672. Ora che nessuno pensi che il Signore parla degli idoli di
pietra, ma chiama “dei” quelli che stanno a rappresentarvi673. [2.32] Mosè dice inoltre nel libro
dei Numeri quando il popolo ha mormorato contro di lui e contro Aronne: “Non mormorate
contro di noi, ma contro il Signore Dio”674 . 2. Anche nostro Signore ha detto: “Che fa un
torto a voi, fa un torto a me a colui che mi ha mandato”675.
Che speranza c’è infatti, anche piccola, per chi parla male contro il vescovo o contro il
diacono? 3. Se uno è appellato laico “stolto o sciocco676 , egli è responsabile per l’assemblea”677
come chi si solleva contro Cristo ‒ perché chi chiama “vuoto”678 suo fratello, lui, in cui Cristo
dimora, non è vuoto ma riempito; o uno “stolto” in cui lo Spirito Santo di Dio dimora,
riempito con la saggezza ‒ come se divenisse uno sciocco per lo Spirito che dimora in lui. Se
poi uno che dicesse una di queste cose a un laico incappasse679 in questo giudizio680, come
molto più se osasse dire qualcosa contro il diacono o contro il vescovo, con cui il Signore vi ha
dato lo Spirito Santo e con cui avete imparato la parola e avete conosciuto Dio681 e con cui
siete stati conosciuti da Dio, e con cui siete stati sigillati682 e con cui siete divenuti figli della
luce e con cui il Signore nel battesimo, con l’imposizione della mano del vescovo, ha portato la
testimonianza a ognuno di voi e ha permesso alla sua santa voce di essere ascoltata quando
diceva: “Tu sei mio figlio: ‘(in) questo giorno ti ho generato”683.
[2.33] Pertanto, uomo riconosci i tuoi vescovi, quelli attraverso cui sei diventato un figlio di
Dio e la mano destra, (è diventata) tua madre684 . E ama colui che viene dopo Dio, tuo padre e
tua madre ‒ infatti: “Chiunque ingiurierà suo padre o sua madre sia messo a morte”685. 2. Ma
onorate i vescovi, essi vi hanno sciolto dai peccati, essi grazie all’acqua vi hanno rigenerato, vi
hanno riempito con lo Spirito Santo, vi hanno nutrito con la parola come con il latte686, vi
hanno fortificato nella dottrina, vi hanno resi saldi con i loro ammonimenti e vi hanno fatti
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                             
detto (giudaico?) sulla purità e l’impurità chiama in causa la coscienza e la responsabilità delle azioni, elementi
ben presenti in tutta la DA e largo margine di applicabilità. Dunque, la prospettiva da prendere in considerazione
non è solo quella della contaminazione con le eresie, ma la coscienza del singolo che determina le sue azioni.
Nel passo di Ignazio, più persone devono essere messe al corrente delle azioni dei singoli: il vescovo, il
presbitero e i diaconi, in DA invece troviamo solo i vescovi. I diaconi sono strumenti per informare il vescovo e
non serve il loro consenso per determinare la qualità di un’azione, infatti non è a loro che viene attribuito onore o
disonore, ma solo rispetto.
672
Es XXII, 28.
673
Intende i capi.
674
Es XVI, 8; Num XIV, 2.  
675
Lc X, 16.
676
!"# ‫ ܪ&! ܐܘ‬Qui è stata aggiunta una glossa nel Ms BC: “Uno stupido sciocco, un vuoto raqā”.  
677
Mt V, 22; Es XXI, 6.
678
!"#$% empty.
679
!"#$%
680
!‫ܬ‬#$%& condemnation, judgement.
681
Cfr. Gal IV, 9; Gv XII, 36; I Ts V, 5.
682
‫ܘܢ‬#$#%‫ ܐܬ‬secondo Stewart-Sykes, op. cit. p.155, l’azione potrebbe essere quella che più genericamente è
detta rušm’a come appare chiara da CA ἐσφραγίσθητε, che è una rappresentazione del greco originale.
683
Sal II, 7. INSERISCI SYKES p. 73-74.
684
L’allusione sembra riferita al battesimo.
685
Mt XV, 4:“Dio ha detto: ‘Onora il padre e la madre’ e inoltre: ‘Chi maledice il padre e la madre sia messo
a morte’”.
686
Cfr. I Cor III, 2; I Pt II, 2

  162  
partecipi della santa eucarestia di Dio, costituendovi partecipi687 ed eredi688 delle promesse di
Dio689. 3. Venerateli e onorateli in tutti i modi, essi infatti hanno ricevuto da Dio il potere
della vita e della morte, non per giudicare quelli che peccano e per condannarli alla morte nel
fuoco eterno, ma per scomunicare690 e per cacciare quelli che sono giudicati ‒ che Dio lo
proibisca e mai accada ‒ ma per accogliere e ridare vita a quelli che ritornano e si pentono.
[2.34] Siano i vostri capi e siano considerati da voi come re691. E nelle azioni offrite loro
onore come ai re692 . Questo vi è richiesto: che siano sostenuti loro e quelli che sono con loro ‒
2. infatti così è scritto nel primo libro dei Re:

Samuele ha riferito tutte le parole del Signore al popolo che gli aveva chiesto un re e
disse loro: ‘Questa è la legge del re che regnerà su di voi: condurrà via i vostri figli e li metterà
sui suoi carri e li farà correre davanti a lui e li farà capi dei migliaia e capi di centinaia693. E
mieteranno il suo raccolto e raccoglieranno la sua vendemmia, e prepareranno le attrezzature
per suoi carri. E le vostre figlie prenderà per essere tessitrici e per essere domestiche. E vi
porterà via i vostri campi e le vostre vigne e i vostri uliveti, (anche) il migliore e li darà ai suoi
ministri. E prenderà il decimo della vostra semina e delle vostre vigne e lo darà ai suoi
ministri e ai suoi eunuchi694. E i vostri servi e i vostri domestici e il vostro gregge migliore e i
vostri asini vi porterà via e li userà per il suo lavoro; e prenderà il decimo del vostro gregge e
anche sarete suoi servi’695.
 
3. Ora questo paragone è valido anche per il vescovo. Infatti se il re che ha regnato
altrettanto su un popolo 696 ‒ come è scritto in Osea: “Il popolo dei figli di Israele (era)
altrettanto come la sabbia che è sulla riva del mare, la quale non può essere misurata né
contata”697 ‒ prendeva anche dal popolo i servizi che ha richiesto/gli occorrevano, a seconda

                                                                                                               
687
!"‫ܬ‬$ ̈ &
688
!‫ܬܘܬ‬$% &'(
689
Cfr. Ef III, 6; Eb XI, 9.
690
‫"ܢ‬#$%&, !"# to cut off, to interrupt, to excommunicate.
691
Schöllgen vede nella DA l’apparire dell’episcopato monarchico. Nella pubblicazione del 1998
Professionalisierung des Klerus, lo studioso racchiude già nel titolo il nucleo della tesi sulla DA che interpreta come
il manifesto del III secolo: il clero è un corpo separato dalla comunità, mantenuto da questa mediante le proprie
offerte. [Cfr. G. Schöllgen, Die Anfänge der Professionalisierung des Klerus und das kirchliche Amt in der Syrischen
Didaskalie (Jahrbuch für Antike und Christentum. Ergänzungsband 26), Aschendorff, Münster 1998, p. 101-
103]. In questo IX capitolo vive l’ideologia della Siria romana del III secolo e viene promosso un modello
episcopale, più che riflettersene lo status. Per quanto riguarda la questione del monoepiscopato e dell’episcopato
monarchico, rimando a G. Schöllgen, “Monoepiskopat und monarchischer Episkopat. Eine Bemerkung zur
Terminolgie”, Zeitschrift fr di neutestamenliche Wissenschaft 77 (1986) 150-151; A. Camplani, “Le
trasformazioni del cristianesimo orientale: monoepiscopato e sinodi (II-IV secolo)”, Annali di storia dell’esegesi
23/1 (2006) 67-114.
692
Il vescovo nella comunità è come il re del popolo antico. Come il popolo pensava a nutrire il suo re e la sua
corte, i fedeli devono offrire le decime e le primizie per il sostentamento del vescovo e dei suoi ministri. Agli occhi
dei fedeli dunque, il vescovo possiede una dignità regale che supera quella di un re dell’Antico Testamento, infatti
il vescovo della DA è re dei corpi e delle anime. Il carattere monarchico del vescovo si esprime scegliendo chi
vuole come suoi collaboratori, secondo Colson la DA è il primo testo che presenta il vescovo come reclutatore
della gerarchia cristiana [cfr. Colson, “La Vie Spirituelle”, Supplément 18, septembre 1951, p. 281], è la chiamata
del vescovo che fonda il suo ruolo. Un secondo aspetto sono le relazioni dei fedeli con il vescovo, e cioè sudditi di
un sovrano che lo onorano, lo temono e lo amano, provvedono a lui e lui di conseguenza si prende cura di loro e
ne sopporta la piena responsabilità.
693
!‫ܬ‬ ̈ %&'
‫)* (ܘ‬+‫ ܘ‬,̈-.‫*)(ܐ‬+
694
‫ܗܝ‬
# $%&'̈)
695
Cfr. I Sam, VIII,10-17.
696
Cioè in Israele. Appena sopra è citato I Sam VIII, 10-18 originariamente contro l’istituzione monarchica,
ma qui è utile per giustificare la posizione eccezionale attribuita al vescovo.
697
Os I,10.

  163  
della moltitudine698 di quelle persone così ora fa il vescovo, prende anche per se stesso dal
popolo quelli che stima degni di quell’ufficio, li costituirà presbiteri: consiglieri e funzionari,
diaconi e suddiaconi699 , tutto come è richiesto a lui in relazione al servizio domestico700. 4. E
invece che cosa possiamo dire di più? Infatti il re, che indossa la corona, regna soltanto sul
corpo, sciogliendo e liberando soltanto sulla terra701, ma il vescovo regna sull’anima e sul corpo,
legando e sciogliendo sulla terra con potere celeste. Gli è stato dato un grande potere, divino,
quello dell’Onnipotente. 5. Amate dunque il vescovo come un padre e temetelo come un re e
onoralo come Dio. I vostri frutti e le fatiche delle vostre mani presentatele a lui, per benedirlo.
Le vostre decime e le vostre primizie e i vostri voti e i vostri doni dateli a lui. È obbligatorio per
lui che sia sostenuto da loro, e che provveda anche per quelli che sono nel bisogno, a ognuno
come gli conviene. 6. E in questo modo le vostre offerte saranno accettabili per il Signore
vostro Dio grazie a un dolce profumo, nelle altezze del cielo702 davanti al Signore vostro Dio.
Ed egli vi benedirà e moltiplicherà per voi le cose buone della sua promessa ‒ per questo è
scritto nella Sapienza: “Ogni anima semplice sarà benedetta e la benedizione sarà sulla testa di
chi la elargisce”703 .  
7. Pertanto, siate costanti nel lavorare e siate laboriosi e nel portare le offerte. Il Signore ha
alleggerito il fardello da voi e ha sciolto da voi i legami della schiavitù e ha sollevato da voi il
giogo del fardello. Egli vi ha sottratto dalla Seconda Legge secondo la grandezza della sua
misericordia, come è scritto in Isaia che ha detto704: “(Dite) a loro che sono fra le catene,
andate uscite”705 e inoltre: “Portare fuori i prigionieri dalle catene”706. E in Davide egli ha
detto: “I suoi prigionieri egli ha disprezzato”707 e ancora nel vangelo ha detto:

Venite a me, tutti voi che lavorate duramente e siete carichi di pesanti
fardelli708, io vi darò riposo. Prendete il mio giogo su di voi e imparate da me;
infatti io sono gentile e timoroso nel cuore, e voi troverete alle vostre anime.
Infatti il mio giogo è piacevole e il mio fardello è leggero709.

                                                                                                               
698
‫"ܗ‬#$%
Vööbus discorda con Achelis secondo cui i suddiaconi sono stati inseriti nel testo per errore [Cfr. Die
699

syrische Didascalia, p. 265], perché i suddiaconi appaiono anche nella versione latina XXVII, p. 44: “Diaconos et
subdiaconos intra domum ministrare”.
700
Da questa affermazione pare più che evidente che la scelta dei presbiteri, diaconi e suddiaconi spetta solo a
l vescovo.
701
Cfr. Mt XVI, 19; XVIII, 18.
702
In latino in “latitudinem caelorum”.
703
Pr XI, 25.
704
Il cappello introduttivo al passo di Isaia, e il passo stesso, sembrano slegati dal resto del discorso, come
fossero un’intromissione di una redazione successiva, tanto che le conclusioni a questa parte del discorso
sembrano sospese e poi riprese dopo il riferimento alla Seconda legge. A questo proposito Stewart-Sykes ha
teorizzato che ogni accenno alla Seconda Legge e alle catene sia opera di un redattore successivo, che lui chiama
“deuteronomico”, il cui intento principale era dissuadere i cristiani dal conservare le leggi ebraiche (cfr. Stewart-
Sykes, op. cit., p. 25). Secondo Stewart-Sykes i passi che riguardano la Seconda Legge, dunque, sarebbero
occasionali e potrebbero essere interpolazioni. In questo caso devo dire che è l’ipotesi è particolarmente
attendibile, visto anche il modo di inserire l’intervento proprio a cavallo delle conclusioni.
705
Is XLIX, 9.
706
Is XLII, 7.
707
Sal LXVIII, 34.
708
!"# $%&'()̈ +
, Per Vööbus questa lettura è singolare e non si ritrova né in latino né in greco. La versione
latina infatti usa citazioni diverse, ma non conosce questa variante. Anche per CA è estranea. COMPLETA nota
97 p.108
709
Mt XXVIII, 30.

  164  
[2.35] Se poi il Signore, grazie al dono della sua bontà, vi ha liberato e vi ha dato riposo, “e
vi ha condotto al sollievo”710, non siate più legati dai sacrifici, dalle offerte sacrificali, dalle
offerte espiatorie 711 , dalle purificazioni, dai voti, dai doni, dagli olocausti, dalle offerte di
comunione712, dalle sospensioni del lavoro713, dal pane della presenza714, e dall’osservanza delle
purificazioni, e inoltre dalle decime e dalle primizie, dalle oblazioni, dai doni, dalle offerte
sacrificali ‒ invece, tutte queste cose che sono state imposte loro per dare come per necessità,
ma voi non siete legati da queste cose ‒ vi è richiesto di conoscere la parola del Signore, che ha
detto: “Se la vostra rettitudine non abbonderà molto più di quella degli scribi e dei Farisei, non
entrerete nel regno del cielo”715. In questo modo ora la vostra rettitudine abbonderà più delle
loro decime e primizie e oblazioni, 2. quando farete come è scritto: “Vendete tutto quello che
avete e date ai poveri”716.
3. Pertanto, fai e rispetta l’ordine attraverso (colui che è) vescovo e sacerdote e tuo
mediatore presso il Signore Dio. A voi è ordinato di dare, ma a lui di dispensare.
4. E tu non esigere un resoconto dal vescovo, né lo controllerai come dispensa e distribuisce
e porta avanti la sua amministrazione o quando dà, o a chi o dove o se bene o male, o se dà
correttamente. Infatti, egli ha un investigatore 717 , il Signore Dio, che ha consegnato
l’amministrazione nelle sue mani e lo ha ritenuto degno del sacerdozio di tutto questo ufficio.
Ora non osservare il vescovo, non pretendere un resoconto da lui, non parlare male di lui e
non opporti a Dio, non offendere il Signore, [2.36] che è seduto davanti ai tuoi occhi di cui ti
è detto da Geremia: “L’argilla dice al vasaio: ‘Tu non lavori e non hai manici?’ Come uno che
dovrebbe dire a suo padre o a sua madre: ‘Perché mi avete creato?’”718. 2. Ma lavora e fatica in
modo semplice nella casa di Dio e che la voce salvifica del rinnovo719 della Legge sia sempre
scritta e salda nel tuo cuore, e ricorda, come il Signore ha detto: “Amerai il Signore tuo Dio
con tutta la tua anima e con tutta la tua forza”720. 3. Ora la tua forza è la proprietà del mondo.
E non con le labbra solamente amerai il Signore, come quel popolo, a cui dice accusando:
‘Questo popolo mi onora con le loro labbra, ma il loro cuore è molto lontano da me’”721. 4.
Ma ama e onora il Signore “con tutta la tua forza”, e porta la sua offerta per sempre.
E non rimanere lontano dalla chiesa. Ma quando hai ricevuto l’eucarestia dell’offerta, quella
che viene assegnata nelle tue mani, dividila con gli estranei, infatti questa è raccolta dal vescovo
per l’ospitalità di tutti gli estranei. 5. Pertanto, siedi e fermati tanto quanto puoi, infatti il
Signore ha detto nella Legge: “Non comparirai davanti a me sprovvisto”722 . 6. Perciò fai opere
buone, “Accumulate per voi stessi il tesoro eterno in paradiso, dove le tarme non corrompono
né i ladri rubano”723. 7. E quando fai così non giudicare il tuo vescovo né il tuo compagno
laico, invece, è detto: “Non giudicare se non vuoi essere giudicato”724. 8. Infatti se tu giudichi
tuo fratello e lo condanni, hai ritenuto tuo fratello colpevole, cioè, hai condannato te stesso. 9.

                                                                                                               
710
Sal LXVI, 12.
711
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#
712
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713
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̈&
714
!"# !̈#‫ܐ‬
715
Mt V, 20.
716
Mt XIX, 21; Mc X, 21; Lc XVIII, 22; XII, 33.
717
!"#$‫ܬ‬
718
Is XLV, 9 seg.
719
!‫ܕܬ‬$% a making new, initiating, founding, institution, consecration; rebuilding, restoration.
720
Mt XXII, 37. Cfr. Dt VI, 5.
721
Is XXIX, 13.
722
Es XXIII, 15.
723
Mt VI, 20. Lc XIII, 33.
724
Mt VII, 1; Lc VI, 37.

  165  
Certo, non sarai giudicato con quelli che sono colpevoli. Infatti è legittimo per i vescovi
giudicare, perché a loro è detto: “Siate stimati cambiavalute725”726.
[2.37] Così è richiesto al vescovo, come uno che verifica il denaro, di separare il male dal
bene, e di gettare via e lanciare queste che sono cattive del tutto, e di lasciare nel crogiolo
quelle che sono rozze e incomplete per qualunque ragione, come quelle che non sono inferiori.
2. Ma non è legittimo per un laico giudicare il suo vicino, né mettersi addosso un fardello che
non è il suo. Infatti il peso di questo fardello non è per i laici, ma per i vescovi.
3. Pertanto, essendo un laico, non metterai il laccio a te stesso, ma lascerai il giudizio nelle
mani di quelli che dovranno dare il resoconto. Ma come per te, sforzati di lavorare in pace con
tutti gli uomini e ama i tuoi membri, i tuoi compagni laici, infatti il Signore ha detto: “Ama il
tuo prossimo come te stesso”727.

                                                                                                               
!"#$%&   discerners, separaters. Sarebbero gli estimatori dell’argento e di altri metalli. Erano coloro che
725

dovevano valutare la purezza, il peso e l’autenticità delle monete.  


726
Cfr. CA II, XXXVI, 9 è un agraphon che appare anche in Clemente di Alessandria, Stromati I, 28, 177.
[Cfr. A. Resch, Agrapha, p. 112]. VEDI PESCE P.687 E 676. In DA i vescovi sono associati ai cambiavalute,
ovvero a coloro che giudicano quali monete sono di valore e quali false; vescovi come cambiavalute per giudicare
chi mente. Questo detto è attribuito a Gesù da molti testi cristiani, Resch ne enumera sessanove.
727
Mt XIX, 19.

  166  
Capitolo X

Avvertimento sui falsi confratelli728

Avvertimento sui falsi confratelli e indagine su quelli che sono


gli accusatori o sui testimoni contro uno e sul verdetto di giudizio
contro chi è colpevole di un peccato; e sulla consolazione e
sull’accoglienza nella chiesa, se mostrano pentimento; e sull’ordine
ai vescovi che impongano la mano e risanino729 quelli che hanno
peccato se si pentono; e che non valutino con ossequio le
persone/IPOCRISIA e per essere colpevoli davanti a Dio; e
giudichino colpevole chi fa accuse in modo falso, punendo730 come è
giusto per chi è stato accusato.

4. Ma se ci fossero falsi confratelli, che per l’invidia o la gelosia del Nemico e di Satana,
che opera in loro, portassero una falsa accusa contro uno dei confratelli, o anche (uno che è)
nella verità, sappiano che chi esamina così le cose con l’intenzione di accusare o di
bestemmiare qualcuno, è figlio dell’ira ‒ 5. e dove c’è ira, Dio non c’è. L’ira, infatti, appartiene
a Satana, che attraverso questi falsi confratelli non permette mai che ci sia pace nella chiesa.
6. Pertanto, quando avete riconosciuto quelli che sono così carenti di mente, prima di
tutto non credete loro e in secondo luogo, voi vescovi e diaconi, evitateli. E quando li ascoltate
mentre dicono qualcosa contro uno dei confratelli, [2.38]   intuite 731 contro chi muovono
l’accusa e indagate con prudenza, e valutate la sua condotta. E se è colpevole di un rimprovero,
agite in accordo all’insegnamento di nostro Signore di cui è scritto nel vangelo: “Rimproveralo
tra te e lui732; salvalo quando si pente ed è convertito; 2. ma se non è persuaso, rimproveralo in
mezzo a due o tre”733, si realizzi ciò che è detto: “Sulla bocca di due e tre testimoni ogni parola
sarà confermata”734. 3. Ma perché, confratelli, è richiesto che una testimonianza sia confermata
sulla bocca di due o tre testimone? Perché il Padre e il Figlio con lo Spirito Santo portano
testimonianza sulle opere degli uomini. Invece, dove c’è l’ammonimento della dottrina, c’è
anche disciplina e la restituzione735 di quelli che si smarriscono. Pertanto, “sulla bocca di due e
tre testimoni ogni parola sarà confermata; ma se non obbedirà, rimproveralo davanti all’intera
chiesa; ma se non obbedirà nonostante la chiesa, sia considerato da voi come un empio e un
pubblicano”736. 4. Infatti il Signore vi ha ordinato, vescovi, di non ricevere da allora uno così737
nella chiesa come un cristiano, né comunicate738 con lui. Non ricevere739 gli empi740 o i cattivi

                                                                                                               
728
Titolo dei Ms EG.
729
‫"ܢ‬#$% letteralmente: “fascino”.
730   !"#$% &'(% )%
731  !"#$%&' ‫ܘܢ‬%*‫ܗܘ‬
732
Mt XVIII, 15.
733
Mt XVIII, 15-16.
734
Mt XVIII, 16.
735
!"#$%, da intendere nel senso di conversione e riconciliazione.
736
Mt XVIII,17.
737
Il manoscritto A si interrompe qui.
738
‫"ܢ‬#‫*)( ܬ'&ܘܬ‬
739
In questo passaggio si verifica un cambiamento di soggetto. Il redattore si rivolge ai vescovi e utilizza il
plurale, subito dopo usa il singolare perché si rivolge a un solo vescovo. Questo salto repentino dal plurale al
singolare, associato al testo mancante del manoscritto A, induce a pensare che sia stata inserita questa seconda
parte di testo per dare forza al concetto espresso poco sopra.
740
!"#$% ‫̈"! ܐܘ‬$% ! Vööbus traduce: “The wicked heathen or publicans”; Stewart-Sykes: “The pagan or the
wicked tax collector”; Connolly: “The evil heathen or publicans”.  

  167  
pubblicani nella chiesa e (non) comunicare con loro eccetto che con quelli che si pentono per
primi, promettendo di credere e inoltre da allora non compiano di nuovo un’azione cattiva.
Pertanto il nostro Signore e Salvatore, invece, ha concesso l’opportunità741 per il pentimento a
quelli che hanno peccato. [2.39]   Anzi, io, Matteo, che sono uno dei dodici apostoli, che
parlano a voi attraverso questa Didascalia, sono stato precedentemente un pubblicano. Ma ora,
perché credo, la grazia è su di me, e mi sono pentito delle mie azioni precedenti, e sono stato
considerato degno anche di diventare un apostolo e un predicatore della parola. 2. E inoltre il
profeta Giovanni742 ha anche predicato ai pubblicani nel vangelo. E non ha reciso le loro
speranze, ma ha insegnato loro come dovrebbero comportarsi. E quando gli hanno chiesto un
consiglio, ha detto loro:
“Esigete non più di quello che vi è stato ordinato e stabilito”743.
3. E inoltre il Signore ha ricevuto anche Zaccheo 744 nel pentimento quando lo ha
supplicato. 4. Non rifiutiamo la vita nemmeno agli empi se si pentiranno e allontaneranno e
rifiuteranno il loro errore.
5. Come un empio, dunque e come un pubblicano sia considerato da voi745 che siete stati
condannati dalle cattive azioni e dalle menzogne. 6. E in seguito, se promette di pentirsi, come
quando gli empi desiderano e promettono di pentirsi, e dicono: “Crediamo”, li riceviamo
nell’assemblea in cui possono ascoltare la parola746. Ma non comunichiamo con loro finché
non ricevono il sigillo747 e diventano perfetti. Così, neanche comunichiamo con quelli, finché
non mostrano i frutti del pentimento. Ma entrino, se sperano di ascoltare la parola, per non
morire completamente. Ma non comunichino durante la preghiera, ma vadano fuori748. Perché
anche loro, dopo aver visto che non comunicano con la chiesa, si sottometteranno loro stessi e
si pentiranno per le loro precedenti azioni e si sforzeranno di essere accolti nella chiesa per la
preghiera. E inoltre anche quelli che li vedono e li ascoltano procedono come empi e
pubblicani, temano e facciano attenzione a prestare ascolto a se stessi, non al peccato, affinché
non accada anche a loro così, che essendo colpevoli di un peccato o di una menzogna escano
dalla chiesa749.
[2.40] Ma tu non li intralcerai per entrare in chiesa e ascoltare la parola, vescovo. Anche
nostro Signore non ha allontanato del tutto pubblicani e peccatori, ma ha mangiato anche con
loro. Pertanto i Farisei hanno mormorato contro di lui e hanno detto: “Mangia con i
pubblicani e i peccatori”.
Poi il nostro Salvatore ha risposto e ha parlato contro i loro pensieri e i loro mormorii, e
ha detto: “Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma quelli malati”750.
2. Perciò, occupati di quelli che sono colpevoli di un peccato e sono malati, e affiliali a te,
e prenditi cura del loro destino, e parla loro e consolali, e conserva un’ascendente su di loro e
                                                                                                               
741
!‫ ܐܬܪ‬Vööbus traduce “place”, Stewart-Sykes “room”. Il sostantivo ha nella sue accezioni anche un valore
metaforico che tenderei a sfruttare.
742
Ms FGHIJK: Giovanni il Battista.
743
Lc III, 13.
744
Il siriaco ha un ordine inverso rispetto alle CA II, XXXIX, 2-3 che invece introducono prima Zaccheo e
poi Giovanni.
745
Mt XVIII, 17-18.
746  Vedi  sykes  nota  7  
747
!"#$%
748
Prima dell’inizio della celebrazione. Era una pratica tipica dei catecumeni e dei penitenti. (Cfr. Vööbus,
The Synodicon in the West Syrian Tradition, I, p. 240).
749
Sta prendendo corpo la descrizione di un processo penitenziale a cui è sottoposto chi si finge un fratello
della comunità. Capire come comportarsi con chi pecca prima di ricevere il battesimo è una questione
interessante, mi sembra opportuno vedere in queste righe un tentativo di razionalizzare e normalizzare una
questione frequente e piuttosto scomoda.
750
Mt IX, 11.

  168  
falli tornare indietro. [2.41] E in seguito, appena ognuno di quelli si pente e mostra i frutti del
pentimento, allora accoglilo per la preghiera allo stesso modo di un empio. 2. E come battezzi
un empio e lo accogli, poni anche la mano su quest’uomo mentre tutti stanno pregando per
lui751, e poi conducilo dentro e che sia partecipe/comunichi con la chiesa. Infatti, l’imposizione
della mano sarà per lui come il battesimo ‒ infatti, sia dall’imposizione della mano o dal
battesimo ricevono la comunione dello Spirito santo752.
3. Pertanto, come un medico compassionevole, guarisci tutti quelli che peccano753 . E
distribuisci con abilità, e offri la guarigione come rimedio delle loro vite. E non essere pronto a
eliminare i membri della chiesa, ma usa la parola delle fasce e le ammonizioni delle
fomentazioni e gli impacchi dell’intercessione 754 . 4. Ma se l’ulcera va in profondità e
diminuisce la sua carne, nutrila e contrasta l’azione con una medicina curativa. E se ci fosse
sporcizia all’interno, puliscila con una medicina amara, cioè con una parola di rimprovero. 5.
Ma se la carne fosse troppo gonfia, riducila e contrasta l’azione con una medicina forte, cioè
con la minaccia di un giudizio. 6. Ma se ci fosse la cancrena, cauterizza con marchi di ferro,
cioè con incisioni di un severo digiuno, taglia via e sgombra la sporcizia dell’ulcera. 7. Ma se la
cancrena guadagnasse ancora forza e prevalesse anche sulle cauterizzazioni, dagli una
sentenza/(taglia?). E poi, qualunque membro sia che è putrefatto, allora con consigli e una
lunga consultazione con un altro medico, trancia quel membro putrefatto che potrebbe
corrompere il corpo intero. 8. Non essere subito pronto ad amputare frettolosamente e non
precipitarti velocemente e (non) correre verso una sega a denti, ma usa prima il bisturi e taglia
l’ulcera, che si vede chiaramente, e riconosci qual è la causa del dolore che è nascosto dentro,
così che l’intero corpo sia conservato indenne. 9. Ma se vedi che un uomo non si pente, ma ha
completamente eliminato la speranza per se stesso, allora con dispiacere e cordoglio taglialo via
e caccialo fuori dalla chiesa755.
[2.42] Ma se si scoprisse che l’accusa di calunnia è falsa e voi, i pastori, con i diaconi,
accettate la menzogna come verità ‒ per riguardo delle persone o per le offerte che ricevete756 ‒
e deviate il giudizio perché desiderate fare la volontà del Malvagio, e allontanate e buttate fuori
dalla chiesa chi è accusato, nonostante sia innocente da questa accusa ‒ ne renderete conto nel
giorno del Signore poiché è scritto: “Non avrete riguardo per le persone nel giudizio”757.
Ancora le Scritture dicono: “Un dono illecito acceca gli occhi dei veggenti758 e devia le
parole in insolenza”759. E di nuovo ha detto: “Andate soccorrete l’oppresso e rendete giustizia
agli orfani e giustificate le vedove”760 e “Giudicate una retta sentenza alle porte”761 .
2. Fate attenzione perciò a non essere ossequiosi delle persone ed essere colpevoli del
giudizio della parola del Signore che egli ha pronunciato così: 3. “Guai a chi fa amaro il dolce e
dolce l’amaro; e chiama luce l’oscurità e oscurità la luce; e giustifica il cattivo per il suo dono

                                                                                                               
751  Vedi  nota  9  p.  162  SYKES.  
752
Quelli che si pentono ricevono lo Spirito con l’imposizione della mano del vescovo e non con il rito
dell’unzione e dell’immersione. L’indicazione è preziosa perché mette in luce che il battesimo si può ricevere in
modi diversi a seconda delle occasioni.
753
Il vescovo assume le sembianze di un medico, un chirurgo che taglia il cancro e cura il malato.
754
Letteralmente: “Petizione”.
755
Da questo lungo passo Achelis, Barlet, (Church-life and church-order during the first four centuries, Oxford
1943, p. 89-90) e Vööbus, hanno ipotizzato che il redattore poteva essere un medico.
756
L’accusa è palese: vescovi e diaconi erano soggetti a corruzione e a favoritismi.
757
Deut I, 17.
758
!̈#$%‫ܕ‬
759
Vööbus nota che quest’ultima parola crea incertezza, i manoscritti EFGHIJKN tentano di correggere il
testo con: “Straightforward words”. Cfr. Es XXIII, 8 e Dt XVI, 19.  
760
Is I, 17.
761
Zc VIII, 16.

  169  
illecito e va oltre la rettitudine del giusto”762. 4. Ma siate accorti a non condannare un uomo
ingiustamente e date assistenza ai cattivi. Perché quando giudicate gli altri, giudicate voi stessi,
come ha detto il Signore. “Con il giudizio con cui giudicate, sarete giudicati 763 ; e come
condannate, sarete condannati”764. 5. Ma se il vostro giudizio è senza ossequio per le persone,
vescovi, sorvegliate chi è l’accusatore di suo fratello; se è un falso fratello, e ha portato l’accusa
per invidia e gelosia, potrebbe intralciare la chiesa di Dio e uccidere chi è accusato da lui ‒ per
la sua espulsione dalla chiesa765 e la consegna alla devastazione del fuoco. Perciò giudicalo
severamente perché ha allevato male suo fratello. 6. Infatti, come stima il suo intento, se avesse
potuto afferrare l’orecchio del giudice in anticipo, avrebbe ucciso suo fratello nel fuoco. È
scritto: “Chi sparge così il sangue dell’uomo, il suo stesso sangue sarà sparso per il sangue che
egli ha sparso”766.
[2.43] Se dunque è così, caccialo dalla chiesa con un grande rimprovero come un
assassino767 . E dopo un periodo, se promette di pentirsi e dagli una severa disciplina. E poi
imponi la mano su di lui e accoglilo nella chiesa. E sii vigile e osserva chi è così, che di nuovo
può disturbare un altro768.
2. Dopo che è rientrato, se vedete che lotta di nuovo e desidera accusare anche altri, e
chiacchiera a vanvera e complotta, e porta rimprovero contro alcuni falsamente, cacciatelo
perché non disturbi ulteriormente e tormenti la chiesa. Infatti, chi è così, sebbene sia
all’interno, non è adatto alla chiesa, è superfluo per essa, e perciò non c’è interesse in lui. 3.
Infatti, vediamo che ci sono uomini nati con membri superflui nei loro corpi, ‒ dicono ‒ dita
o un po’ di carne in eccesso, ma questi sebbene siano nel corpo, sono entrambi un disonore e
una vergogna per il corpo e per l’uomo, perché sono superflui per lui769. Ma quando sono
asportati da un chirurgo, quell’uomo ritrova il decoro e la bellezza del suo corpo, e non gli
manca niente perché quello che era superfluo è stato asportato da lui ‒ piuttosto è da vedere
ancora di più nella sua bellezza.
In questo modo, perciò comportatevi anche voi, pastori. Perché da allora la chiesa è un
corpo, e le membra siamo noi che crediamo in Dio e siamo nell’amore nel timor del Signore,
secondo l’ordine di perfezione770 che abbiamo ricevuto. Pertanto, chi pianifica cose cattive
contro la chiesa, e mette in agitazione i suoi membri, e ama i biasimi e le accuse del Nemico,
cioè i tumulti, i conflitti, i mormorii, le liti, le controversie, le accuse, le imputazioni, le
vessazioni: chi ama queste cose e le fa ‒ dunque, è il Nemico che opera in lui ‒ e rimane
dentro la chiesa, questo è un estraneo per la chiesa e un servo del Nemico. Infatti, è lui che
serve, che operi tramite lui e imbrogli e mandi in frantumi la chiesa. Uno perciò, se rimane
dentro, è una vergogna per la chiesa per le sue bestemmie e la moltitudine della sua turbolenza.
Infatti, attraverso di lui la chiesa di Dio cade nel pericolo di essere dispersa. Per questo solo
                                                                                                               
762
Is V, 20-23.
763
Mt VII, 2.
764
Lc VI, 37.
765
Cacciare un uomo dalla chiesa significa sottrargli le risorse e il sostegno della comunità. Indirettamente a
me sembra che l’intero capitolo delinei un profilo delle tensioni presenti nella DA a cui sono soggetti i laici.
766
Cfr. Gen IX, 6. CA II, XLII 6 differisce e riporta: “Colui che versa il sangue dell’uomo, sarà scolato in
cambio del suo sangue”. Non è possibile fare un confronto con il latino perché il testo è mancante.
767
L’equivalenza è degna di nota: chi produce una falsa testimonianza è equiparato a un assassino. L’azione
viene giudicata per quello che comporterà, cioè la morte dell’accusato, da questo passo si rivela ulteriormente
l’importanza del peso della responsabilità delle azioni individuali.
768
Al vescovo è assegnata la funzione di prevenzione nei confronti di chi potrebbe creare problemi.
769
Vööbus confronta questo passo con CA II; XLIII, 1 e ritiene che questa sezione è stata tagliata perché è più
breve.
770
!‫ܬ‬#$%&'( è la perfezione mealmānūtā o la tradizione melemānūtā dipende dalla vocalizzazione, ma la
tendenza dei traduttori è indirizzata alla prima opzione. Le CA e il latino non ci aiutano perché manca il testo
per un confronto.

  170  
fate come è scritto nella Sapienza: “Caccia un uomo malvagio dalla congregazione, e la sua
contesa andrà fuori con lui; e fissa una fine del conflitto e dell’ignominia; affinché chi siede
nella congregazione non disonori tutti voi”771. 4. Infatti chi è uscito due volte dalla chiesa772, è
giustamente isolato e la chiesa è più bella nella sua appropriata costituzione, perché c’è di
nuovo pace in essa, quella è stata voluta per lei, perché da quel momento la chiesa rimane
libera dalla bestemmia e dai conflitti.
5. Ma se la vostra mente non fosse pura ‒ per l’ossequio delle persone o dei doni del
guadagno contaminato che ricevete ‒ e tollerate che una persona cattiva rimanga tra voi, o
ancora, (se) spingete fuori e cacciate dalla chiesa chi si comporta bene, e allevate tra voi dei
malvagi, persone litigiose e disperse (dal gregge) e agitatori: non rimettete la bestemmia
sull’assemblea della chiesa e non portate il pericolo della divisione per queste persone. E non
portate il pericolo della morte su voi stessi che siete stati privati della vita eterna perché avete
compiaciuto gli uomini e vi siete voltati dalla verità di Dio, per l’ipocrisia e il frequente
ricevere di doni vuoti. E non disperdete la chiesa universale, la figlia amata del Signore Dio.

                                                                                                               
771
Pr XXII, 10.
772
L’indicazione mi sembra molto interessante, è fissato un limite per il perdono dei peccati gravi, non si può
essere allontanati più di due volte, alla terza volta il riottoso viene definitivamente cacciato.
Non si dice quali siano stati gli altri peccati per cui si veniva allontanati, da annoverare ci sono sicuramente ‒
vista l’insistenza del redattore ‒ la falsità dei fratelli, il compiacere gli uomini e i guadagni illeciti. A proposito di
questo ultimo punto, è interessante la lista del capitolo XVIII in cui sono annoverati i mestieri da cui derivano
guadagni riprovevoli.

  171  
Capitolo XI

Un’esortazione ai vescovi e ai diaconi773

Di nuovo, un’esortazione ai vescovi e ai diaconi, guidino in modo


giusto e siano/vadano d’accordo e d’amore l’uno l’altro; non accolgano la
testimonianza degli empi contro un credente e 774 un cristiano non sia
perseguitato e in lotta con i suoi compagni. Se accade che hanno un
processo, non riportino la loro (accusa) davanti agli empi, ma davanti
alla chiesa, e siano calmi, anche se uno di loro subisce una perdita
corporea; e chi è duro e resiste alla pace sia espulso dalla chiesa fino a che
non si pente. Quando due persone si affrontano, quelli che sentenziano
giudichino senza ossequio per le persone, con grande cura, il secondo
giorno della settimana esaminino la condotta di chi accusa e della sua
coscienza e la ragione del suo processo e della contesa. E anche chi è
accusato, allo stesso modo. Poi punisci giustamente chi è scoperto colpevole.
E inoltre, riguardo a quelli che sono arrabbiati, è giusto perdonare le
offese di ogni altro, da allora cerchiamo il perdono da Dio.

[2.44] Tentate, poi, vescovi, insieme con i diaconi di essere giusti con il Signore775 . Poiché il
Signore ha detto: “‘Se sarete giusti con me, anche io sarò giusto con voi776 ; e se camminerete in
modo contrario al mio, anche io camminerò in modo contrario al vostro’, dice il Signore degli
eserciti”777.
Perciò sii giusto, per meritare di ricevere la lode del Signore e non i rimproveri, al contrario
loro.
2. Perciò i vescovi e i diaconi, siano di un solo parere e guidino il popolo in modo diligente
in accordo. Infatti è richiesto che diventiate un solo corpo, come Padre e Figlio778, perché siete
nella somiglianza della sua Signoria779. 3. E il diacono faccia conoscere ogni cosa al vescovo,
come Cristo a suo Padre. Ma il diacono risolva alcune di queste cose, quelle che è in grado, e il
resto, le altre cose, le giudichi il vescovo. 4. Ma, tuttavia, il diacono sia le orecchie del vescovo
e la sua bocca e il suo cuore e la sua anima. Perché quando siete entrambi di un solo animo,
grazie alla vostra unanimità, anche nella chiesa c’è pace.
[2.45] Poi, per un cristiano questa è la lode: non avere una cattiva parola per nessuno. Ma
se uno avesse qualche tentazione, per opera del Nemico, e subisse un processo, si salvi da ciò,
anche se perde qualcosa ‒ soprattutto non si sottoponga al giudizio degli empi. 2. E non
accogliete la testimonianza degli empi contro uno del vostro popolo. Infatti, è grazie agli empi
che il Nemico complotta contro i servi del Signore. 3. Perché gli empi sono preparati a stare
sulla sinistra, egli li ha chiamati “la (mano) sinistra”. Infatti, nostro Signore Salvatore ci ha

                                                                                                               
773
Questo titolo è presente solo nei manoscritti CD, al margine del manoscritto B e sui manoscritti EFHIJK
si legge: “Un’esortazione ai vescovi”.
774
La prima parte del titolo del Ms A è andato perso.
775
In questo capitolo il tema centrale è la giustizia nei confronti di Dio, ma anche la giustizia nei confronti
degli uomini.
776
Come nota Vööbus, questa prima parte della citazione ha un’origine sconosciuta e una tradizione richiama
Clemente di Alessandria come fonte. La citazione appare anche in CA II, XLIV, 1.
777
Lev XXVI, 23.
778
I primi a dover andare d'accordo per poter guidare il popolo devono essere vescovi e diaconi. Concordi
come Padre e Figlio.  
779
Letteralmente: “Nelle (cose) della Signoria”.

  172  
parlato così: “La vostra mano sinistra non sappia che cosa fa la vostra mano destra”780 . [2.46]
Infatti gli empi non siano a conoscenza dei vostri processi e non accogliete la loro
testimonianza contro di voi né ricorrete alle vie legali davanti a loro, come anche nel vangelo
egli dice: “Date a Cesare quello che è di Cesare e quello che di Dio a Dio”781. 2. Siate disposti
perciò a perdere e piuttosto tentate di fare pace. Infatti, sebbene perdete qualcosa di
materiale782 per amor di pace, con Dio avrete un guadagno, perché temete Dio e vi comportate
secondo i suoi ordini.
3. Ma se ci fossero fratelli che sono in lite l’uno con l’altro ‒ che Dio lo proibisca e non
accada ‒ è richiesto che voi, i capi, sappiate immediatamente783 che non è un atto di fratellanza
nel Signore da parte di quelli che hanno osato fare così. 4. Ma se uno di loro fosse uno dei figli
di Dio, umile e sofferente a torto, è figlio della luce784 . Ma chi è duro e insolente e imbroglione
e blasfemo è un ipocrita, e il Nemico opera in lui. Perciò richiamatelo e rimproveratelo e
occupatevi di lui e mettetelo fuori per il castigo. E in seguito, come abbiamo detto
precedentemente, accoglietelo, affinché non muoia completamente. Infatti, dopo che quelli
che sono stati corretti così e rimproverati, voi non avrete processi. 5. Ma se non conoscono
l’affermazione che è stata detta da nostro Signore nel vangelo, quando dice: “Quante volte, se
mio fratello non mi ubbidisce, io lo perdonerò” 785 ? E sono inquieti l’uno con l’altro e
diventano nemici, insegna loro e rimproveralo e fai la pace tra loro, perché il Signore ha detto:
“Benedetti siano chi opera pace”786 6. e sappi che è richiesto al vescovo con i presbiteri di
giudicare con cautela787, come nostro Signore ha detto quando gli abbiamo chiesto:

‘Quante volte, se mio fratello non mi ubbidisce, io lo perdonerò? Fino a sette


volte?’ Ma il nostro Signore ci ha insegnato e ci ha detto: ‘Non sette volte
solamente788, vi dico, ma ancora fino a settantasette volte sette’789.
                                                                                                               
780
Funk nota che l’Opus imperfectum in Matthaeum, omelia XIII, si riferisce al Liber canonum, e spiega che la
mano destra sono i cristiani che sono alla destra di Cristo, mentre gli altri sono a sinistra. Mt VI, 3 è interpretato
come la carità cristiana che non deve essere esposta o visibile (Didascalia et Contitutiones apostolorum, Schöningh,
Paderbornae 1905, II, p. 8). Dall'omissione del passo di CA – aggiunge Stewart-Sykes (The Didascalia
apostolorum p. 166) – l’autore dell’Opus, che cita la storia di Manasse nel VII capitolo, deve aver letto DA.
781
Mt XXII, 21 e Lc XX, 25. Il modo in cui il redattore utilizza e interpreta il passo è interessante. In questa
esegesi non si fa riferimento a questioni politiche o all’obbedienza dovuta alle autorità civili, come è di norma,
dove la lettura più diffusa sostiene che Gesù conferma il primato di Dio e ammette la legittimità delle istituzioni
politiche e i cristiani devono riconoscere la loro responsabilità politica.
Nel nostro caso, l’esegesi del redattore crea un’associazione inusuale fra il rifiuto della testimonianza degli
empi e la riservatezza da conservare nelle questioni legali dei cristiani: gli empi non devono sapere che fra i
cristiani ci sono questioni gestite per le vie legali. L’esegesi di Mt XXII, 21 è preparata da Mt VI, 3 (“La vostra
mano sinistra non sappia che cosa fa la vostra mano destra”), dove la mano destra è associata ai cristiani e la
sinistra agli empi. Il non mettere a conoscenza la mano sinistra delle azioni della destra ha lo stesso valore del dare
a Cesare quello che gli è dovuto: si stabilisce una parentela negativa tra la figura di Cesare e gli empi. Per il
significato dell’episodio nelle interpretazioni politiche si veda: G. Jossa, I cristiani e l'impero romano. Da Tiberio
a Marco Aurelio con appendice sotto Commodo e i Severi, M. D'Auria editore, Napoli 1991, pp.19-31. Sui
commenti della pericope fatta dai Padri della Chiesa cfr. P.C. Bori, “Date a Cesare quel che è di Cesare”, (Mt XX,
21) Linee di storia dell’interpretazione antica, in Cristianesimo nella storia 7 (1986), 451-464; E. Cuviller, Marc,
Justin, Thomas et les autres. Variations autour de la péricope du denier à César, in Études théologiques et religieuses 67
(1992/3, 329-344).
782
.!"#$%&' ‫)&ܡ‬
783
Ms FGHIJK riportano una variante al testo che Vööbus traduce così: “That you immediately make peace,
that you leaders should know…”.
784
Cfr. Gv XII, 36.
785
Mt XVIII, 21.
786
Mt V, 9.
787
Il vescovo giudica e si consulta con i presbiteri per esprimer un giudizio.
788
‫"ܕ‬#$% cfr. Afraate, Demonstrationes, PS 1, col 76.
789
Mt XVIII, 21.

  173  
7. Infatti, così il Signore desidera che quelli che sono suoi (testimoni) nella verità non
abbiamo mai niente contro nessuno e non siano inquieti con nessuno, tanto meno desidera
che gli uomini subiscano processi l’uno contro l’altro. [2.47] Ma se capita qualcosa per opera
del Nemico, siano giudicati lo stesso davanti a voi, come anche voi sarete giudicati certamente.
Prima di tutto, i vostri giudizi abbiano luogo il secondo giorno della settimana790 , così se
capitasse che qualcuno si solleva contro il discorso dei vostri verdetti791, avete l’opportunità
fino al sabato di porre la questione giusta e fare la pace tra quelli che continuano a stare gli uni
contro gli altri, e riconciliateli la domenica792 .
Ora, i presbiteri e i diaconi siano presenti in tutti i giudizi con i vescovi793. Giudichino
senza ossequio le persone.
2. Ora, quando due persone794, quelle che hanno l’istanza o la lite l’uno contro l’altro,
vengono e stanno insieme in giudizio, come dice la Scrittura795 , dopo che li avete ascoltati in
modo giusto, fornite il responso della sentenza. E tentate di mantenerli in cordialità prima che
la sentenza su di loro sia pubblica. Affinché la condanna del giudizio terrestre non sorga da voi
contro uno di loro, che è un fratello.
Ma giudicate così come anche voi certamente sarete giudicati, visto che nel medesimo
giudizio avete Cristo come socio e consigliere e avvocato e testimone oculare e giudice.
3. Ma se ci fossero persone che sono rimproverate da chi pone un’accusa su di loro perché
non si comportano bene secondo il costume del Signore, inoltre dopo aver ascoltato entrambi
le persone, indagate con attenzione come uomini che pronunciano una sentenza sulle faccende
della vita eterna o della morte crudele e amara. Poiché se un uomo fosse rimproverato davvero
e stesse per essere condannato e uscisse dalla chiesa, egli sarebbe espulso dalla vita e dalla gloria
eterna e diventerebbe spregevole per gli uomini e colpevole davanti a Dio. [2.48] Giudicate
perciò, secondo la grandezza della carica qualunque sia, con molta misericordia. E siate più
propensi a salvare una vita, senza ossequio per le persone, che distruggere quelli che sono
giudicati con la (vostra) condanna.
2. Ma se ci fosse uno che è innocente e che è stato condannato dai giudici per ossequio delle
persone, la sentenza degli sciagurati giudizi non lo ferirà davanti a Dio, ma piuttosto ci
guadagnerà di più; perché sebbene per un breve periodo è giudicato dagli uomini in modo
malvagio, in seguito, nel giorno del giudizio, visto che è stato condannato in modo malvagio,
sarà giudice di (quei) giudici malvagi. 3. Infatti, se siete stati mediatori di uno sciagurato
giudizio, su questo resoconto riceverete una retribuzione da Dio e sarete espulsi dalla chiesa
universale di Dio. E si compirà ciò che vi riguarda: “Con quel giudizio (con cui) giudicate,
sarete giudicati”796.
[2.49] Pertanto, quando vi sedete per giudicare, le (due) persone ‒ infatti, non li
chiamiamo fratelli finché non c’è pace tra loro ‒ vengano e si ritrovino insieme. E indagate in
modo accurato con diligenza con chi ha un processo e una lite l’uno con l’altro. 2. E
apprendete prima ciò che riguarda l’accusatore, se c’è qualche accusa anche contro di lui o se
per caso ha lanciato accuse anche contro altri; e inoltre se ha lanciato la sua accusa di inimicizia
o lite o di invidia; e inoltre, quale è la sua condotta: se è umile, e senza rabbia e non (pronto
alla) diffamazione, e se ama le vedove e i poveri e gli stranieri, e non è ingordo di un guadagno

                                                                                                               
790
Sarebbe il lunedì, perché il primo giorno della settimana è la domenica.
791
‫"ܢ‬# $̈ &ܼ (‫*ܕ‬
+
,"-
792
L’indicazione limita il tempo durante il quale prolungare la lite e il processo.
A fare da giudice è il vescovo e da consiglieri-testimoni ci sono i presbiteri e i diaconi.
794
!"‫ܨܘ‬%" traslitterato da πρόσωπα.
795
Cfr. Deut XIX, 17. Ms A si interrompe qui.
796
Mt VII, 2.

  174  
contaminato797 , e se è calmo e amichevole con tutti e amante di tutti, se è misericordioso e
generoso nel dare, e non un goloso e un ingordo, né avido, né bevitore, né smodato, né pigro ‒
poiché “il cuore perverso escogita cose malvagie e lo stesso turba sempre le città”798 ; e se non ha
commesso azioni cattive799 , che ci sono nel mondo. 3. E se l’accusatore è libero da queste cose,
è presto evidente e manifesto che è fidato e che la sua accusa è sincera.
Ma se è risaputo che è un perverso e un litigioso e le sue azioni non giuste, è evidente che
porta falsi testimoni contro suo fratello. 4. Quando è scoperto così e risaputo che è una
persona ingiuriosa, rimproveratelo e scacciatelo per un po’, fino a che non si pente e si
converte e piange, non bestemmi di nuovo contro qualcun altro, si comporti bene tra i nostri
confratelli, o affinché, sedendo nella vostra assemblea, un altro come lui, vedendo che non è
stato rimproverato non osi fare lo stesso a uno dei nostri confratelli, e non muoia davanti a
Dio. 5. Ma se chi ha peccato è rimproverato e castigato ed espulso per un periodo, anche chi
era pronto a imitarlo e a fare come ha fatto lui, dopo averlo visto lo allontana, per timore che
capiti anche a lui lo stesso, e se ne tratterrà. Ed egli vivrà davanti a Dio e non si vergognerà alla
vista degli uomini800.
[2.50] Inoltre, anche su chi è stato giudicato prendete consiglio nello stesso modo e
riflettete tra voi stessi e osservate i suoi modi e il suo comportamento nel mondo, se avete
ascoltato lamentele contro di lui o se ha fatto cattive azioni. 2. Poiché se egli è scoperto ad aver
fatto cattive azioni, è probabile che questa accusa, che essi lanciano contro di lui, è anche vera.
Ma inoltre può capitare che abbia commesso qualche peccato in precedenza, ma che sia
innocente dall’accusa attuale. 3. Pertanto indagate con attenzione su queste cose, affinché
decretiate con grande cautela e certezza.
E giudicate rettamente su chi è colpevole e decretate un giudizio su di lui. 4. Ma chi fra loro
non sta al vostro giudizio dovrebbe essere rimproverato ed espulso dalla congregazione finché
non si pente e non implora il vescovo o la chiesa, e confessi che ha peccato e si è penta. E in
questo modo ci sarà beneficio per molti, affinché a un certo momento qualche altro,
vedendolo sedersi in chiesa né rimproverato e né corretto, non osi fare come lui, pensando che
è vivo tra gli uomini, mentre per Dio egli è (già) morto.
[2.51] Ma se ascoltate soltanto una persona, mentre l’altra non è presente e non può
difendersi dall’accusa che gli lanciano, ma decretate la sentenza in modo frettoloso, senza
consiglio e senza indagine, e la condannate in accordo con le false parole a cui avete creduto,
mentre non è presente e non difende il suo interesse ‒ davanti a Dio sarete soci di chi ha
portato la falsa testimonianza e sarete tormentati da Dio con lui.
Infatti il Signore ha detto nei Proverbi: “Chi istiga a un contenzioso che non è il proprio, è
come chi prende la coda di un cane”801. Inoltre in un altro802 punto ha detto: “Giudicate con
giuste sentenze”803. E inoltre ha detto: “Salva l’oppresso e taglia ogni legame di iniquità”804. E
inoltre ha detto: “Rendete giustizia agli orfani e giustificate le vedove”805.
2. Ma se somigliate agli anziani che furono a Babilonia che hanno prodotto un falso
testimone contro Susanna e malvagiamente l’hanno condannata a morte, anche voi sarete soci
del loro giudizio e della loro condanna. Infatti, il Signore ha salvato Susanna da Daniele dalle
                                                                                                               
797
I Tim III, 9.
798
Pr VI, 14.
799
Nei Ms BC: “Adulterio, fornicazione e quelle (altre cose) del resto/che rimangono” è riportato al margine.
800
Letteralmente: “Di qualcosa tra gli uomini”. Il rimprovero pubblico non corregge solo l’atteggiamento
erroneo del singolo, ma ha una funzione sociale di esempio e di monito per l’intera comunità.
801
Pr XXVI, 17.
802
Ms A riprende da qui.
803
Dt I,16.
804
Is LVIII, 6.
805
Is I, 17.

  175  
mani di quei malvagi, ma quegli anziani che furono colpevoli del suo sangue li ha condannati
al fuoco. [2.52] Tuttavia, mettiamo davvero molto lontano le cose del santuario da quelle del
mondo. Tuttavia, diciamo: “Osservate, fratelli, quando gli assassini sono portati davanti
all’autorità (civile), in che modo i giudici interrogano con attenzione chi li porta, e
apprendono da loro quello che ha fatto. E poi, inoltre lo interrogano su chi compie azioni
malvagie se queste cose sono così. E sebbene egli si confessi e dica sì, non lo mandano subito a
morire, ma lo interrogano ancora per alcuni giorni, e tirando la tenda deliberano e si
consigliano insieme a lungo. E poi alla fine decidono per lui la sentenza di morte e dopo aver
sollevato le loro mani al cielo testimoniano: ‘Siamo assolti dal sangue degli uomini’”806.
Infatti, fanno queste cose come se fossero empi e non conoscessero Dio né la
retribuzione807(che) ricevono da Dio a causa di quelli che giudicano e condannano in modo
ingiusto. 2. Ma voi, che conoscete chi è il nostro Dio e quali sono i suoi giudizi, osate
decretare sentenze su uno che non è colpevole? 3. Vi consigliamo perciò di indagare con cura e
con molta attenzione808. Perché l’affermazione di sentenza che decretate sale a Dio subito. E se
avete giudicato con giustizia, riceverete la ricompensa di giustizia da Dio, ora e in quello
(mondo) che verrà. Ma anche se giudicherete in modo ingiusto riceverete da Dio una
retribuzione. Ora, fratelli, sforzatevi di essere degni di ricevere lode da Dio e non biasimo.
Perché la lode da Dio è vita eterna per gli uomini, ma il biasimo è morte eterna per gli uomini.
[2.53] Perciò siate cauti vescovi, non abbiate fretta di riunirvi in giudizio velocemente, per
non essere costretti a condannare uno.
Ma davanti a loro vadano e si trovino in giudizio, ammoniteli e fate pace tra essi. E
ammonite quelli che hanno un processo e litigano l’uno con l’altro; e insegnate loro in primo
luogo che nessuno deve essere in collera, perché il Signore ha detto: “Chi è adirato con suo
fratello è sottoposto al giudizio”809.
2. E secondo, se capita che per opera del Nemico insorge rabbia, vi è richiesto che subito,
che il giorno stesso, siate riavvicinati e pacificati e in pace l’uno con l’altro. Infatti è scritto: “Il
sole non tramonti sulla tua ira810 contro tuo fratello”. E anche in Davide dice: “Siate inquieti e
non peccate”811, cioè in modo sincero riconciliatevi velocemente, affinché, se c’è ira, non ci sia
rancore e non si generi il peccato. Infatti, egli dice in Proverbi: “L’anima che conserva il
rancore morirà”812 . 3. E inoltre nostro Signore e Salvatore ha detto anche:

Se offri i tuoi doni sull’altare813, e lì ti ricordi che tuo fratello conserva


rancore contro di te, lascia le tue offerte davanti all’altare e va prima a
riconciliarti con tuo fratello, e poi vieni a offrire il tuo dono814.

                                                                                                               
806
Secondo Stewart-Sykes questo è un puzzling passage. La pratica descritta sembra appartenere a popoli molto
a est che potrebbe aver attraversato la Persia fino ad arrivare alla corte di Roma. La pluralità di giudici e
l’esitazione sulla sentenza sono reminiscenze della legge persiana e Talmudica più che romana. Sulla pratica di
dichiarazione di innocenza non c’è altra traccia oltre alle parole e all’azione di Pilato in Mt XXVII, 24. Tuttavia, i
traduttori ebraici dell’Ep. Aristeae 306 indicano che quando i giudici si lavano le mani affermano l’innocenza di
una persona. (Cfr. Stewart-Sykes, The Didascalia apostolorum, p. 171 nota 18).
807
Qui il siriaco non è chiaro e CA II, LII, 1 ci viene in aiuto. La lettura corretta si trova nei Ms FHIJK.
QUALE?
808
La responsabilità del vescovo è grandissima, le ammonizioni e gli avvertimenti così ricorrenti, inducono a
pensare che gli errori di valutazione fossero frequenti.
809
Mt V, 22.
810
Ef IV, 26.
811
Sal IV, 5.
812
Pr XII, 28.
813
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814
Mt V, 23.

  176  
4. Ora l’offerta di Dio è la nostra preghiera e la nostra eucarestia. Se poi conservi ira contro
un tuo fratello, o egli contro di te, la tua preghiera non è ascoltata e la tua eucarestia non è
accettata, e sarai privo di preghiera e di eucarestia per l’ira da cui sei stato trattenuto.
5. È richiesto a un uomo di pregare tutto il tempo in modo diligente, ma chi rimane nella
rabbia e nella riprovazione, verso i suoi confratelli, Dio non lo ascolta. E sebbene preghi tre
volte all’ora, non trarrai nessun profitto. Difatti, non sei ascoltato per la tua inimicizia con tuo
fratello.
6. Pertanto, se curi e ti sforzi di essere cristiano, segui l’affermazione del Signore che dice:
“Allenta tutte le corde 815 della cattiveria e spezza le catene 816 della violenza e
dell’oppressione”817. 7. Infatti su di te nostro Signore ha posto questo potere, che perdoni tuo
fratello che ti ha disubbidito “fino a sette volte sette, sette”818 , cioè quattrocentonovanta. 8. Poi,
quante volte hai perdonato tuo fratello per non perdonarlo più, ma rimani nel rancore e
conservi l’inimicizia e desideri ricorrere alla legge? La tua preghiera perciò è di ostacolo. 9. Ma
anche se hai esaurito le quattrocentonovanta volte che lo hai perdonato, aggiungine ancora di
più per il tuo bene, e grazie alla tua bontà, senza rabbia, perdona tuo fratello. E se non lo fai
per il bene di tuo fratello, valuta e fallo almeno per te e perdona il tuo vicino, per essere
ascoltato quando preghi e offri dono accetto al Signore.
[2.54] Pertanto, vescovi, le vostre offerte e le vostre preghiere siano accette quando siete in
piedi in chiesa a pregare, il diacono dica a voce alta: “C’è qualcuno che conserva rancore
contro il suo compagno?”819 . Se ci fossero alcuni che hanno un processo o una lite l’uno con
l’altro, persuadi e fai la pace tra loro820. 2. Chi entra in una casa e dice: “Sia pace in questa
casa”, sono annunciatori di pace e portano pace. 3. Se poi predichi la pace agli altri, ti è
richiesto ancora di più di avere pace con il tuo confratello. 4. E come un figlio della luce e della
pace perciò, luce e pace sia per tutti gli uomini. Non essere in lotta con nessuno, ma sopporta
in tranquillità e pace nei confronti tutti gli uomini. E sii un aiutante di Dio in modo che quelli
che sono salvati aumentino. Questa, infatti, è la volontà del Signore Dio. 5. Ma chi ama
l’inimicizia, le lotte e le liti e i processi è nemico di Dio. [2.55] Infatti il Signore dal principio,
attraverso i profeti e i giusti, ha chiamato tutte le generazioni a pentirsi e a vivere. 2. E noi,
tuttavia, gli apostoli, che siano stati annoverati degni di essere testimoni della sua rivelazione e
predicatori della sua parola divina, abbiamo ascoltato dalla bocca del Signore Gesù Cristo, e
abbiamo fatto una vera conoscenza e diciamo che egli è volontà e la volontà di suo Padre è che
nessuno perisca821, ma tutti gli uomini credano e siano salvati822 . [2.56] Questo, infatti, è
quello che ci ha insegnato a dire quando preghiamo: “Il tuo ti sarà dato sulla terra come in
cielo”823 visto che gli angeli del paradiso e gli eserciti e tutti i servi pregano Dio, anche sulla
terra tutti gli uomini pregheranno Dio. 2. Poi è la sua volontà a salvare tutti e questo è il suo
piacere: che quelli che sono stati salvati siano molti.
Chi è discutibile o è un nemico per il suo vicino, restringe il popolo di Dio. Infatti egli non
caccia dalla chiesa nemmeno chi accusa e così la restringe e priva Dio dell’anima di un uomo
che è stato salvato. O per il suo conflitto lo espelle e lo butta fuori dalla chiesa; e così di nuovo
                                                                                                               
815
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816
!"#$%&'(
817
Is LVIII, 6.
818
Mt XVIII,22.
819
Vööbus nota come questa esclamazione di Mt V, 23 include un elemento della tradizione siriaca più antica
(Didascalia Apostolorum, 407 p. 128). Connolly (op.cit., p. 117) nota inoltre che questo è il primo esempio di
parole pronunciate da un diacono durante un servizio.
820  VEDI  SYKES  p.  79.  
821
Gv III,16.
822
I Tim II, 4. Cfr II Pet III, 9.
823
Mt VI, 10.

  177  
pecca contro Dio. Dio nostro salvatore, invece, ha parlato così: “Tutti quelli che non sono con
me, sono contro di me; e tutti quelli che non si riuniscono con me, si disperdono”824 . 3. Così,
tu non sei un aiuto per Dio per radunare il popolo, perché sei uno che disturba e uno che
disperde il gregge e un avversario e un nemico di Dio.
Perciò, non essere costantemente prono ai litigi e ai conflitti, o alla sfrontatezza o
all’inimicizia o ai processi, per non disperdere qualcuno dalla chiesa. Infatti, con il potere del
Signore Dio, abbiamo raccolto (uomini) da tutti i popoli e da tutte le città e li abbiamo portati
alla chiesa con molto lavoro e fatica con un pericolo giornaliero, facciamo la volontà di Dio e
riempiamo la casa con gli ospiti825, che è la sua santa chiesa universale, che sono contenti e si
rallegrano, e professano e rendono gloria Dio che li ha chiamati alla vita.
4. Voi poi, laici, siate pacifici l’uno con l’altro, e come le colombe sagge 826 lottano per
riempire la chiesa, convertendo e calmando quelli che sono selvaggi, e li portate nel mezzo. E
(per) questo c’è la grande ricompensa che è promessa da Dio: se li salvate dal fuoco e li
presentate alla chiesa, saranno confermati e fedeli.

                                                                                                               
824
Cfr. Mt XII, 30, in questo passaggio la riformulazione sembra essere libera.
825
Cfr. Mt XXII, 10.
826
In questo caso, alle colomba viene attribuita una volontà consapevole, ovvero quella di riempire la chiesa,
tanto da renderle sagge agli occhi del redattore.
Nella letteratura cristiana posteriore, la colomba ha una connotazione positiva ed è simbolo di pace, è legata
alla narrazione evangelica del battesimo di Gesù perché rappresenta lo Spirito santo, ma può simboleggiare anche
il distacco dell’anima dal corpo. In Filone rappresenta le virtù.
In genere, la colomba è descritta come un animale mansueto, innocente e semplice, un animale che possiede
semplicitas, l’osservazione etologica tende a diventare una realtà anatomica. Alcuni esegeti (Tertulliano, Cipriano,
Gregorio E., Cromazio, Agostino, Girolamo e Isidoro) aggiungono che è l’unico animale privo di fiele e perciò
per natura incapace di qualsiasi malvagità. La notizia è evidentemente un’invenzione cristiana ‒ perché anche in
questa occasione l’osservazione etologica si trasforma in realtà anatomica ‒ da cui deriva anche l'idea del felle
carere: non avere fegato. Alla colomba può essere associato anche un eccesso di ingenuità che diventa in stoltezza.
(M. P. Ciccarese, Animali simbolici. Alle origini del bestiario cristiano I, EDB, Bologna 2002, p. 335-356).

  178  
Capitolo XII

Ordini ai vescovi827

Ordina ai vescovi che siano pacifici e umili, lontani dalla durezza e dalla rabbia
e insegna loro l’ordine della casa di Dio e come dovrebbero essere separati all’interno i
posti828 per stare in piedi e per sedere, come è giusto per ogni ordine829. E se venisse lì
un uomo da un’altra chiesa830, abbia onore come è giusto per lui; sia onorato con il
posto che gli si adatta, e non sia disprezzato in lui Cristo che ama gli stranieri831.

[2.57] Voi, invece, vescovi, non siate duri, né tirannici832, né irascibili, e non siate indignati
con il popolo di Dio, che è affidato alle vostre mani. E non sciogliete833 la casa del Signore né
disperdete il suo popolo, ma convertite 834 tutti gli uomini per essere d’aiuto 835 a Dio. E
radunate i fedeli con molta umiltà e indulgenza e pazienza, e senza ira, e con l’istruzione e
l’intercessione836, come ministri del regno eterno.
2. Ma nelle vostre congregazioni837, nelle sante chiese, mantenete vive le vostre assemblee
secondo tutti i buoni comportamenti, e stabilite i posti per i confratelli con attenzione nella
sobrietà. 3. E per i presbiteri ci sia lì un posto separato sul lato orientale della casa838, 4. e che il
seggio839 del vescovo sia tra loro e che i presbiteri siano seduti con lui.
5. E inoltre, che i laici840 siedano nell’altro lato orientale della casa.
In questo modo è richiesto che i presbiteri siedano nella parte orientale della casa con i
vescovi841 , e di seguito i laici842 , e poi le donne; così che quando state in piedi a pregare, i
capi843 (si alzino) per primi e dopo di loro i laici844, e poi infine le donne845.
Verso oriente infatti è necessario che preghiate846 , come d’intesa con quello che è scritto:
“Date gloria a Dio, che sale nell’alto dei cieli verso oriente”847 .
                                                                                                               
827
Titolo presente nei ms EG.
828
!"# ̈% ‫ܕܘ‬
829
!"#̈%‫ ܬ‬, τάγµα.
830
La frase lascia intuire che ci sia una reciprocità e uno scambio con le comunità vicine. Il termine per chiesa
è !‫ܬ‬#$.
831
Ms FHIJK: “Esortazione per i vescovi”.
832
Cfr. Tit I, 7; I Tim III, 3.
833
‫ܘܢ‬#$‫ܬ‬
834
!"#$%
835
!"‫ܪ‬$%&
836
!‫ܬ‬#$%
837
!!"#$% è usato da Mt XVIII, 17 per congregazione cristiana (!‫ܬ‬#$% nella Peš). Cfr. capitolo IV.
838
!"#$. Vööbus nota come la menzione della “casa” indichi che la sala della riunione non era un edificio a
parte, ma piuttosto appartenesse a un’abitazione privata. Il testo latino qui non ci è pervenuto altrimenti il
confronto sarebbe stato interessantissimo.
La descrizione invece che riporta CA II, LVII, 3-4, è molto più dettagliata e articolata, frutto di una comunità
più organizzata. Strutturalmente l’edificio doveva somigliare a una nave, esteso verso oriente con le celle ai due
lati nella parte orientale. Al centro doveva esserci il trono del vescovo e ai suoi due lati gli scanni del presbiterio, in
piedi a fianco dovevano esserci i diaconi con indosso una veste lunga e semplice e sotto la loro sorveglianza i laici
dovevano prendere posto.
839
‫"ܣ‬#‫ܬܪܘ‬
840
!"#$% &'( )*+, gli uomini laici.
841
Vedi nota 2 p. 175 Sykes
842
!"#$% &'( )*+, gli uomini laici.
843
!"#$%& è un termine molto antico di ambito ecclesiastico usato in Siria. Significa “amministratore, guida”
ma in questo caso suggerisce Vööbus lascia intendere l’intero collegio dove troviamo vescovo e presbiteri. (Cfr.
Vööbus, The Canons in the Doctrine of Addai V, p. 9).
844
!"#$% &'( )*+, gli uomini laici.
845
Nota 3 p. 175 Sykes

  179  
6. Uno dei diaconi continui e stia in piede per le offerte dell’eucarestia848, ma che un altro
stia fuori dalla porta e osservi quelli che entrano. E in seguito, quando avete fatto le offerte,
servano insieme in chiesa. 7. E se qualcuno fosse trovato a sedere in un posto che non è il suo,
che il diacono che è dentro, lo rimproveri e lo faccia alzare e sedere nel posto come è giusto849 .
8. Infatti, nostro Signore paragona la chiesa a un’abitazione850: infatti quando vediamo gli
animali privi di ragione, capiamo che tori, pecore e capre si sdraiano e si alzano insieme con le
loro famiglie, e ruminano e si accoppiano, e nessuno di loro si separa dalla sua razza. E inoltre
le bestie selvagge vanno anche sulle montagne con quelle che sono come loro. Così lo stesso è
richiesto nella chiesa che quelli che sono giovani siedano fra loro se lì c’è posto e sennò che
stiano in piedi; e quelli che sono avanti con gli anni siedano fra loro. Tuttavia, i bambini
stiano su un lato o i loro padri e le madri li prendano fra loro; e stiano in piedi. E ancora,
quelle che sono giovani851 anche stiano fra loro; se lì non ci fosse posto852 , stiano in piedi dietro
alle donne. E quelli che sono sposati e giovani e hanno figli, stiano fra loro; e le anziane853 e le
vedove siedano fra loro. 9. E i diaconi controllino che quando uno di essi entra, vada verso
quel posto, così che nessuno si sieda in un posto che non è il suo. 10. E ancora i diaconi anche
controlli che nessuno bisbigli o dorma o rida oppure faccia segni. 11. Così è richiesto che con
buoni modi e (grande) cura siano attenti in chiesa e le orecchie siano aperte alle parole del
Signore.
[2.58] Ma se venisse una persona da un’altra congregazione, un fratello o una sorella, il
diacono chieda e si informi se è moglie di un uomo o ancora se è una vedova, una credente854;
se è una figlia della chiesa855, o se è membro di una delle eresie856 ; e poi la guidi e la faccia
sedere in un posto che è giusto per lei. 2. Ma se un presbitero venisse da un’altra
congregazione857, voi presbiteri ricevetelo con cordialità nel suo posto.
E se ci fosse un vescovo, sieda con il vescovo, e sia considerato degno dell’onore del suo
posto, come lui. 3. E tu, vescovo, chiedigli di predicare al tuo popolo. Infatti, l’intercessione e
l’ammonizione degli stranieri è molto d’aiuto, specialmente perché è scritto: “Non c’è profeta
che è accetto nel suo paese”858. E quando offrite l’oblazione859, che parli lui. Ma se è saggio e
vuole onorarti e non desidera fare offerte, benedica la coppa 860.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                             
846
In questo passo abbiamo la più antica descrizione di luogo di culto cristiano con l’indicazione di pregare
rivolti verso Oriente. Cfr. W. Rodorf, “Liturgie et eschatologie”, Augustinianum 18 (1978), 153-161.
847
Sal LXVII, 33-34.
848
!"#$%!"‫*)('& ܕܐܘ‬+
849
Questo significa che in DA il diacono è in mezzo all’assemblea. La posizione e il tipo di accoglienza nei
confronti dei fedeli muta nelle CA, dove il diacono è in piedi vicino al vescovo, separato dall’assemblea,
nell’insieme una situazione più strutturata e formale.
850
!"#‫ܕ‬. Gv X, 1.16.
851
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852
!‫ܐܬܪ‬
853
!" ̈ $
%
854
Il latino è più chiaro. “Si vidua est aut fidelis”, XXXIX, p. 47, frase che non compare in CA.
855
!‫ܬ‬#$ ‫ܬ‬%&, l’attestazione è molto interessante.
856
!"#$‫'& *)( '& ܗ‬
857
Il latino XXIX p. 47 qui legge: “Si autem praesbyter de eccesia parrociae venerit”. Il siriaco invece: !"
.!‫ܬ‬#$‫*)('&! ܐ‬
858
Mc VI, 4 e Mt XIII, 57.
859
!"#‫ܪ‬%& oblation, eucharist: è un ringraziamento speciale che si fa sul pane. Uno dei ringraziamenti più noti
è quello di Didachè IX, 1-5. ( A. Vööbus, Liturgical Traditions in the Didache, p. 85).
860
B. Botte in LMD, n.35 [1935], 13-14 vede in questa scena una concelebrazione. Vööbus rifiuta la
proposta di Connolly secondo cui la coppa citata non è quella eucaristica, ma quella offerta dopo l’agape come
appare nella Traditio apostolica. (Cfr. anche Cipriano Epistola LXIII, 16). Secondo Vööbus questa alternativa è
comprensibile alla luce dell’importanza del ruolo del pane nei confronti di quello modesto della coppa, come

  180  
4. Ma se venisse un’altra persona, quando sei seduto, dallo stesso luogo o da un’altra
congregazione ‒ tu vescovo, se stai spiegando la parola di Dio, o ascoltando, o leggendo, non
te ne curerai e non smetterai il servizio della tua parola e non li farai sedere in un posto861. Ma
rimarrai ancora come stai e non interromperai il tuo ufficio, i confratelli stessi lo accoglieranno.
5. E se non ci fosse un posto, uno dei confratelli che è pieno di carità e ama i suoi fratelli, che è
per l’onore862 si alzi e dia loro il posto, ma che egli stesso stia in piedi863 .
Se tuttavia, mentre quelli giovani o quelle giovani si sono seduti, (e) un uomo o una donna
anziana si alza e cede il proprio posto, tu, diacono, sorveglia che stiano seduti e vedi quale
uomo o donna fra essi è più giovane dei suoi compagni e falli stare in piedi e induci a sedere
chi si è alzato e ha offerto il suo posto. E quello che hai indotto ad alzarsi, portalo via e fallo
stare davanti ai suoi compagni ‒ così anche altri possono essere educati e imparare a cedere il
posto agli altri che sono più onorevoli di loro864.
6. Ma se un povero o una povera venissero865 fra i membri della tua congregazione o da
un’altra congregazione e specialmente se sono avanti negli anni e se non ci fosse posto per loro,
fallo tu, vescovo, con tutto il tuo cuore fissa un posto per essi ‒ anche se tu stesso dovessi
sedere a terra866, da parte tua non ci sia ipocrisia davanti agli uomini, ma il tuo ministero sia
accetto a Dio867 .

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                             
avviene nella Didachè. (Vööbus, Liturgical Traditions in the Didache, ancora Vööbus, The Prelude to the Passion
Narrative).
861
L’indicazione rivolta al vescovo di non interrompersi fa pensare che precedentemente succedesse il
contrario. Questa particolare attenzione del vescovo per i poveri, anche a costo di sedersi egli stesso per terra, non
è più menzionata nel corrisponde passo delle CA II, 58, 6, dove l’accoglienza è affidata al diacono e alla
diaconessa.
862
Letteralmente: “Che è uno che onora”; cioè che è capace di onorare.
863
L’ordine da osservare durane le assemblee, benché faccia correre la mente a 1 Cor XI, dà tutt’altre
indicazioni. Non ci sono obblighi per le donne di velarsi la testa, non durante la funzione almeno (vedi invece
capitolo II, ma è obbligatorio coprirsi per andare al mercato, alle terme o per le strade), né indicazioni su come
partecipare all’eucarestia o indicazioni sui carismi. Quelle delle DA, sono piuttosto indicazioni pratiche sul modo
in cui i fedeli debbano sedersi e rispettare l’ordine stabilito. La prescrizione fa intuire una comunità delle “buone
regole”, attenta non solo al posto da riservare alle gerarchie ministeriali, ma anche ai gruppi sociali: le ragazze
stiano fra loro o dietro alle donne, i bambini con i genitori per non disturbare, se arriva un forestiero sia fatto
sedere in modo dignitoso e sia ben accolto dai confratelli, non si alzino gli anziani, ma i giovani e se tutto questo
non avviene il diacono interviene a correggere, affinché le regole sociali siano rispettate.
864
Gc II, 2.
865
In latino XXX p. 48: “Egunus aut egena, sive de loco sive peregrinus”.
866
Particolare attenzione è riservata ai poveri che non saranno più oggetto di tale accoglienza da parte del
vescovo in CA II, LVII, saranno il diacono e la diaconessa preposti a tale ruolo.
 

  181  
Capitolo XIII

 
Un cristiano non lasci la riunione della chiesa al momento della preghiera, o
dell’eucarestia; né per il lavoro manuale, per un altro lavoro del mondo; non
vada a uno spettacolo teatrale per ascoltare parole di empietà, privando la sua
anima di ascoltare le parole delle Scritture salvifiche; né alle riunioni868 estranee
degli eretici. Quelli che sono figli nella chiesa ascoltino e servano in essa senza
pigrizia. Il cristiano non ami la sospensione dal lavoro artigianale, per questo è
allontanato869 dalla chiesa870 .

[2.59] Allo stesso modo, quando insegnate, inoltre comandate e avvertite il popolo871 di perseverare nella
riunione della chiesa, e di non essere ostacolato, ma di riunirsi in modo costante affinché nessuno riduca la chiesa
per il non radunarsi e renda il corpo di Cristo più piccolo di un membro872.
Infatti uno non sia in pensiero solamente per gli altri, ma anche per se stesso, ascoltando che cosa ha detto
nostro Signore: “Chi non raccoglie con me, disperde” 873 . 2. Da ora, voi siete membri di Cristo 874 , non
disperdetevi dalla chiesa quando non vi riunite. Perché avete Cristo come vostro capo, come ha confessato e
promesso ‒ siate partecipi con me875 ‒ non trascuratevi e non private nostro Signore dei suoi membri, e non
dividete e non disperdete il suo corpo. E non fate i vostri affari del mondo più della parola di Dio. Ma il giorno
del Signore lasciate ogni cosa e correte per esortare 876 la vostra chiesa 877 , perché essa è la vostra gloria. 3.
Altrimenti, quale scusa ha chi878 è davanti a Dio che non si riunisce nel giorno del Signore per ascoltare la parola
di vita ed essere nutrito con879 il cibo divino che è eterno? [2.60] Fate ogni sforzo per ricevere le cose di un
momento e di un giorno e di un’ora, (ma) trascurate quelle eterne. Invece, avete cura del bucato, del cibo e della
bevanda della pancia e delle altre cose, del nutrimento; invece, delle cose eterne non avete cura, ma disprezzate la
vostra anima e per la chiesa non siete diligenti nell’ascoltare e accogliere la parola di Dio.
2. E rispetto a quelli che errano, quale scusa avete? Infatti, gli empi, quando si alzano dal loro sonno ogni
giorno, vanno in mattinata a venerare e a servire i loro idoli, e prima di tutti i loro lavori e degli impegni
innanzitutto vanno e venerano i loro idoli880. Inoltre non vengono meno nell’(attendere) le loro feste e le loro
solennità, ma si riuniscono in modo costante, non solo chi è del luogo, ma anche chi (viene) da lontano. E inoltre
si riuniscono per lo spettacolo del loro teatro e arrivano tutti loro. 3. E così (fanno) allo stesso modo quelli che
sono chiamati in vano “giudei”881 ‒ sono in ozio un giorno dopo sei e si riuniscono nelle sinagoghe882, e mai
tralasciano e trascurano le loro sinagoghe né trascurano i loro (giorni di) ozio ‒ anche quelli che, poiché non
credono, sono privi della potenza della parola883, e dell’autentico nome con cui chiamano se stessi, “giudei”.
Poiché giudeo884, infatti è interpretato (come) confessione885, invece non sono confessori, da allora confessano

                                                                                                               
868
!‫ـ‬#$%& '‫ܗ‬ ‫*ܕ‬+
,' ‫ܟ‬
$.‫ܐ‬+
0 ̈‫ ܘ‬345
869
!‫ܬ‬#$ %&'‫* ܕܪ‬+, Vööbus traduce: “Which is far removed”.
870
Ms BCDFHIJL portano il titolo: “Un’istruzione al popolo di essere costante nell’riunione della chiesa”.
871
Il popolo è il popolo di Dio: i fedeli, i credenti. Il capitolo è dedicato alla comunità di cristiani laici e a
come debbano gestire le faccende terrene e quelle spirituali. Il lavoro principale è occuparsi di Dio, l’altro lavoro,
quello manuale e terreno è superfluo, ma dedicarsi con costanza e assiduità a quest’ultimo avvicina al divino
perché tiene lontano l’ozio.
872
Cfr. Ef I, 22.
873
Mt XII, 30; Lc XI, 23.
874
!" # $%‫! ܕ‬
̈ %
‫ܗܕ‬ i cristiani sono detti “membri di Cristo”.
875
Il latino XXX p. 49 qui legge: “vobis”; il Ms B riporta “noi”. I capifamiglia A ed E concordano: “me”.
876
Letteralmente: “Ed esortate”.
 
878
!"#‫ܘ)( '&ܡ ܐ‬+, -.! ‫ܘܢ‬#$. Vööbus traduce: “They as over against those who before God”.
879
Il latino si interrompe qui: “Nam qualem excusationem daturus est deo, qui non convenit in eodem die
audire salutare verbum et nutriri ab”.
880
Il paragone con gli empi, stupisce. Il redattore ne ammira la puntualità della loro devozione prendendoli
come esempio.
881
!"‫&ܘ̈ܕ‬"
882
‫ܗܘܢ‬$% ̈' () *
883
CA II, LX, 3: “Privati dell’efficacia della parola”.
884
In questo passo DA differisce da CA II, LX, 3, il confronto è interessante: “Giacché Giuda è interpretato
confessione”. Giuda normalmente è interpretato come motivo di lode a Dio da parte di sua madre (cfr. Gen XXIX,
35) o da parte dei suoi fratelli (cfr. Gen XLIX, 8). In CA invece, il verbo iādāh viene interpretato nella sua

  182  
l’uccisione di Cristo886, che hanno provocato con la trasgressione della Legge, in modo che si pentano e siano
salvi887. 4. Se ora, quelli che non sono salvi, di continuo sono solleciti in queste cose in cui non c’è profitto e che
non aiutano affatto, quale scusa avrà davanti al Signore Dio, chi si nasconde dalla riunione della chiesa, e non
imita nemmeno i Gentili, e poiché non si riunisce manca di considerazione per se stesso, trascura (se stesso) e
rimane distante e fa il male? 5. Egli a cui il Signore ha detto attraverso Geremia888: “Non avete conservato le mie
leggi, inoltre nemmeno avete camminato secondo le leggi dei Gentili 889 , li avete quasi superati nelle cose
malvagie”890. E: “I Gentili scambiano i loro dèi, ed essi non sono dèi? Ma il mio popolo ha scambiato il suo onore
per quello senza guadagno”891. In che modo poi giustificherà se stesso, chi è negligente e non ha zelo per la
riunione della chiesa di Dio?
6. Ma se ci fosse qualcuno che afferra l’occasione (di fare) attività di mondo892 e così è intrappolato, sappia
questo: che i lavori artigianali del fedele sono chiamati lavori superflui893. Infatti il loro vero lavoro è la religione.
7. Proseguite i vostri lavori d’artigianato, quindi, come un lavoro superfluo, per le vostre provviste, ma il vostro
vero lavoro sia la religione894.
[2.61] Così, non tentate mai di sottrarvi dalla riunione della chiesa. Ma se qualcuno lasciasse la riunione della
chiesa di Dio e andasse alla riunione dei Gentili, che cosa dirà; e quale sarà la scusa per Dio nel giorno del
giudizio? Egli ha lasciato la santa chiesa e le parole del Dio vivente che sono vive e danno vita e sono in grado di
riscattare e salvare dal fuoco e mantenere vivi, ed è andato alla riunione dei Gentili perché ha desiderato lo
spettacolo del teatro895? 2. Pertanto sarà considerato come chi va lì, per ascoltare e accogliere le storie delle loro
parole, che sono quelle di un morto e provengono dallo spirito di Satana. Infatti, sono morte e causano morte e si
girano dall’altra parte della fede e portano (loro stesse) al fuoco eterno. 3. Avete cura delle cose del mondo e vi
prendete pena degli affari della vita e disprezzate di affrettarvi verso la chiesa universale, figlia amata del Signore
Dio altissimo per ricevere l’insegnamento di Dio che è eterno e può salvare chi accoglie la parola salvifica. 4. Siate
costanti, perciò, e riunitevi con i fedeli che sono salvi nella vostra madre chiesa, che vive ed è vivificata.
[2.62] Siate attenti a non riunirvi come chi muore nel teatro, che è la riunione degli empi, dell’errore e della
distruzione. Infatti, chi entra nella riunione dei Gentili sarà considerato come uno di loro e riceverà afflizione. 2.
A quelli che sono tali il Signore ha detto così per mezzo di Isaia: “Disgrazia, disgrazia per quelli che vengono dallo
spettacolo”896. E di nuovo dice: “Voi donne che venite dallo spettacolo, venite, poiché è un popolo che non ha
intelligenza”897. Ha chiamato donne le chiese, che ha nominato e riscattato e trascinato via dallo spettacolo del
teatro, le ha mantenute vive e le ha accolte. E ci ha insegnato ad andare lì ogni tanto. Infatti, dice in Geremia:
“Voi non imparerete secondo i costumi dei Gentili”898. E inoltre dice nel vangelo: “Non andrete fra i Gentili”899.
3. Qui, così comanda e ci avverte che dovremmo completamente tenerci lontano da tutte le eresie, che sono le
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                             
seconda opzione: confessare, ringraziare e lodare. [Cfr. D. Spada-D. Salachas, Costituzioni dei Santi Apostoli per
mano di Clemente, Urbaniana university press, Roma 2001, p. 73].
885
Confessare ‫ ܐܘܕܝ‬da cui l’autore ha tratto !"‫ܘܕ‬%". È un’associazione verbale che può essere fatta solo in
siriaco che probabilmente deriva da un ambiente di parlanti siriaco che trova riscontro in questa parte di DA. [Cfr.
A. Stewart-Sykes, The Didascalia apostolorum. An English Version with Introduction and Annotation, p. 179]. Il
tentativo del redattore è quello di dare una spiegazione etimologica alla parola giudeo e stabilire una infirmitas già
nel nome, ma la ricostruzione è ancora maldestra se confrontata con quella di CA.
886
CA riporta: “La passione di Cristo”.
887
CA: “Non offrono a Dio alcuna confessione, sì da salvarsi pentendosi”.
888
Vööbus sottolinea che qui il traduttore siriaco non sbaglia attribuzione, anche CA riporta la stessa
indicazione.
889
Ez V, 7.
890
Ez XVI, 47.
891
Ger II, 11.
892
!"#$%‫! ܕ‬ " ̇$% . Presumibilmente si riferisce al commercio, dove si presuppone l’uso del denaro, ma
l’indicazione va nella direzione di un rifiuto.
893
L’invettiva ha un doppio fine, scoraggiare chi vuole fare lavori artigianali e chi vuole guadagnare da tali
attività.
894
Dall’intero passo deduco che si  possa immaginare una comunità che preferibilmente scambia i propri beni.
895
Le polemiche sulla partecipazione agli spettacoli teatrali sono ben note già dall’Apologia di Aristide.
896
Questa citazione non proviene da Isaia, ma come nota Funk [Didascalia et Contitutiones apostolorum,
Schöningh, Paderbornae 1905, p. 176] l’identificazione più vicina per questa citazione è il Targum dello pseudo
Gionatan su Dt XXVIII, 29.
897
Is XXVII, 11.  
898
Ger X, 2.
899
Mt X, 5. Connolly e poi Vööbus alla luce della frase che segue pensano che la citazione sia incompleta e
debba essere portata a termine secondo l’indicazione di Matteo.

  183  
città di Samaritani e per di più, che ci dovremmo tenere lontano dalle riunioni dei Gentili e non entrare nelle
congregazioni estranee. E che (ci) dovremmo conservare completamente (lontano) dal teatro e dalle loro solennità
per gli idoli. 4. Un credente nemmeno deve avvicinarsi a una solennità, tranne che per comprarsi il nutrimento
per il corpo e l’anima900. Perciò, evitate ogni vano spettacolo degli idoli e le feste delle loro solennità.
[2.63] E chi è giovane nella chiesa stia a servizio in modo diligente, senza pigrizia, in tutte le attività che sono
richieste, con molta riverenza e castità.
Tutti voi credenti così, ogni giorno e in ogni momento, ogni volta che non siete nella chiesa, perseverate nel
vostro lavoro, così che in tutto il corso della vostra vita perseveriate anche nelle (cose) del Signore o nell’attività
del vostro lavoro, e non siate mai oziosi. 2. Perché il Signore ha detto: “Siate come la formica, fannulloni, ed
emulate i suoi modi e siate più sagge di lei901. Perché non ha coltivazione, né qualcuno a costringerla, né è sotto
autorità: eppure raccoglie il suo pane durante l’estate e fa scorte di cibo per lei nella vendemmia”. 3. E inoltre
dice: “Va’ dall’ape e impara come lavora”; poiché lei fa il suo lavoro con saggezza; e il cibo del suo lavoro è offerto
per il ricco e il povero. Amata e lodevole è lei: e inoltre lei è piccola nella forza902, onora la saggezza ed è (in tal
modo) comandato. 4. Quanto tempo dormirete, voi fannulloni? Quando vi alzerete dal vostro sonno? Un po’
sonnecchiate e un po’ dormite e un po’ disponete le mani sul petto; e la povertà vi sorpasserà come un corridore,
e vi desidererà come un uomo assiduo. Ma se non sarete pigri, il vostro raccolto aumenterà e strariperà come una
fontana e la povertà come un corridore debole rimarrà lontano da voi”903. 5. Così lavorate sempre, infatti, l’ozio è
un complotto per cui non c’è cura. “Ma se un uomo tra voi non lavora, che non mangi”904. Infatti, anche il
Signore Dio odia i fannulloni; tuttavia non è possibile per un fannullone essere un credente.

                                                                                                               
900
Il concetto è chiarito meglio da CA; il nutrimento è per il corpo ed è necessario per mantenersi in vita vedi
sykes nota 18 p.181.
901
Prov VI, 6 . La formica, fra tutti gli insetti, è il modello di silenziosa e previdente industriosità, oltre alle
lodi della tradizione classica, in suo favore ci sono Proverbi VI, 6 ‒ citato in DA ‒ e XXX, 24-25 che invitano a
seguirne l’esempio annoverandola tra gli esseri viventi “più saggi dei saggi”. [Cfr. M.P. Ciccarese, Animali
Simbolici I, EDB, Bologna 2002, p. 393-395].
902
Prov VI, 8, il redattore utilizza l’operosità dell’ape per sollecitare i fedeli indolenti a imitarne il lavoro ma
soprattutto la saggezza, le cui fatiche sono a beneficio dell’intera comunità: del povero ma anche del ricco.
Il passo dei Proverbi è ripreso da molti altri esegeti come Ippolito, Clemente, Gregorio di Nissa, per coniugare
la Scrittura con la tradizione, conferendo all’ape il duplice significato di verginità e sapienza insieme, come si
legge in Eucherio di Lione, Formule dell’intelligenza spirituale I, 3: “Apes forma virginitatis sive sapientiae”. Nella
sua valenza positiva l’ape indica anche la dolcezza della parola e l’anima dell’uomo che sopravvive dopo la morte.
Simbolo di proficua operosità, è attestata di frequente, ispirata dalla gratitudine per il dono del miele, cibo
prediletto dagli dei e dagli uomini. La perfetta organizzazione sociale che l’ape ha saputo darsi la rendeva un
naturale modello di ingegnosità, disciplina e laboriosità. [Cfr. M.P. Ciccarese, Animali Simbolici I, p. 89-93].
903
Prov VI, 6-11.
904
II Tess III, 10.  

  184  
Capitolo XIV

Il momento dell’ordinazione905 delle vedove906

[3.1] Confermate/nominate907 come vedova908 una che non abbia meno di cinquanta anni
di età909 , che in questo modo, a causa dei suoi anni, sia lontana dall’idea di avere un secondo
marito910. 2. Ma se confermate una che è giovane per l’ufficio di una vedova911, e lei non tollera
la vedovanza912 a causa della sua giovinezza, e diventa (moglie) per un uomo, porterà vergogna
sulla gloria della vedovanza, darà conto a Dio913. Primo, perché è stata (moglie) di due mariti; e
inoltre, perché ha promesso a Dio di essere una vedova; e sta ricevendo (sostentamento) come
vedova, ma non è rimasta nella vedovanza914 .
3. Ma se ce ne fosse una giovane, che è stata poco tempo con il marito e suo marito è morto,
o per qualche altro motivo ci fosse stata una separazione, e lei rimanesse da sola, onorando la
vedovanza, sarà benedetta da Dio perché assomiglia alla vedova di Sarepta di Sidone915 con cui
l’angelo santo, il profeta di Dio, si è riposato916. O inoltre, sarà come Anna, che ha pregato la
venuta di Cristo e c’era una buona testimonianza su di lei917, e avrà onore sulla terra dagli
uomini, e lode da Dio in cielo.
[3.2] Ma le vedove che sono giovani non siano messe sotto l’ufficio918 delle vedove, ma
siano aiutate e soccorse, perché nel bisogno, non desiderino diventare mogli per la seconda
volta919, che potrebbe essere un danno. 2. Questo sappiate invece: ‘Quella che ha avuto un
marito, per legge, diventi (pure moglie) per un secondo (ma) oltre a questo, è (da considerare)
una prostituta’920. [3.3] Per questo motivo, sostenete quelle che sono giovani che continuino

                                                                                                               
905
!"#$%&'‫*) ܕ‬+‫ܙ‬
906
Sul margine del Ms L si legge: “Le vedove e il terzo matrimonio che è considerato fornicazione”. Sui Ms
EG invece si legge: “Le vedove e il momento della loro ordinazione nella chiesa; lode a quella che conserva la
condizione della sua vedovanza davanti a Dio e condanna a quella che offende la sua condizione. E al vescovo
un’esortazione che riguarda le vedove, i poveri e i bisognosi”.
907
!"#"$%
908
Il siriaco riporta un soggetto plurale, “vedove”, ma tutta la costruzione della frase è al singolare.
909
Le vedove sono iscritte all’ordine delle “canoniche” già dai cinquant’anni a differenza di quanto si legge in
1Tim V, 9: “Una vedova sia iscritta nel catalogo delle vedove quando abbia non meno di sessant’anni, sia andata
sposa una sola volta” e in CA III, I.
910
Entrare nel catalogo delle iscritte implicava, più o meno esplicitamente, di mantenere la castità. Più avanti
si leggerà che il venir meno a questa promessa rappresentava un peccato grave.
911
!"‫ܘ‬$% letteralmente “nel posto”. Nelle CA è usata la parola τό χηρικόν (sottinteso τάγµα) “ordine vedovile”
[cfr. Gryson 1974, Donna, 77 nota 14]; Cattaneo ipotizza che era questa l’espressione usata dalla DA greca. [Cfr.
E. Cattaneo, “Didascalia degli Apostoli” in I ministeri nella Chiesa antica: testi patristici dei primi tre secoli,
Edizioni Paoline, Milano 1997, p. 625].
912
!‫ܬ‬#$%‫ܐܪ‬
913
Tutti dovranno rendere conto a Dio, anche le vedove. Questa intimidazione in tutta la DA non ha tempo
e non ha luogo, ma è un dato certo, una consapevolezza in cui l’intera comunità vive.
914
La vedovanza è una delle offerte riservate a Dio e bene accette, inoltre la vedovanza è un doppio impegno
da rispettare nei confronti di Dio e della comunità che ha l’onere e l’onere di mantenere ogni iscritta all’ordine.
915
1 Re XVII, 8.
916
Il redattore è animato da misericordia e comprensione nei confronti di chi è rimasta sola troppo presto, ma
l’istituzione di una giovane donna nell’ordine vedovile è un’eccezione e non la regola come è specificato subito.
Infatti c’è da notare che lo scopo del vescovo dovrà essere radunare le vedove affinché vivano con stabilità la loro
promessa di castità senza preoccupazioni economiche.
917
Lc II, 36-38.
918
Vedi la nota 5.
919
Cfr. I Cor VII, 39; Rom VII, 2.
920
!"#$‫ܙ‬

  185  
nella castità921 per Dio. E così abbi cura di loro, vescovo. 2. E ricorda anche i poveri, prendili
per mano e nutrili [3.4] anche se tra loro ci fossero chi non è vedovo922 o vedova, hanno
bisogno di aiuto per povertà e per malattia, per l’allevamento dei figli e sono afflitti.
Ti è richiesto di aver cura di ogni uomo e che ti dia da fare per tutti.
2. Pertanto, quelli che danno doni con le loro mani non li consegnino alle vedove923, ma li
portino a te, che sei bene informato su quelli che sono afflitti, come un buon
amministratore924, distribuisci a loro fra le cose che ti sono consegnate. Infatti, Dio conosce chi
dona, anche se non è presente. 3. E quando ripartisci, confessa loro il nome di chi dona, che
preghino per lui con il suo nome925.
4. Infatti, in tutte le Scritture il Signore è memore dei poveri e comanda su di loro926 e
anche se sono sposati927 . E inoltre aggiunge attraverso Isaia e dice così: “Spezza il tuo pane per
l’affamato e per il povero che non ha riparo, portalo nella tua casa; e quando vedi la nudità,
coprilo; e non trascurare uno che è della tua stessa carne”928.
Per questo, con tutti i mezzi si prenda cura dei poveri.

                                                                                                               
921
!‫ܬ‬#$%& chastity, modesty, discretion, prudence, honour, temperance, sobriety. Questo è l’unico riferimento
alle vergini che viene fatto in tutto il testo, la castità è associata alla giovinezza e, da quello che si deduce da questa
breve affermazione, è ipotizzabile che la verginità sia una condizione temporanea.
922
È l’unica volta che viene citata la categoria dei vedovi, ed è menzionata fra il gruppo di bisognosi.
923
Questa norma fornisce uno spaccato quotidiano sulla modalità con cui doveva avvenire la consegna dei
doni. Due le indicazioni: 1) la vedova deve riceve solo dalle mani del vescovo in quanto ‒ verrà detto meglio nel
capitolo successivo ‒ è “altare di Dio”, e come tale può essere avvicinata solo da chi ne ha diritto, inoltre a esse
vengono offerti doni come si depongono su un altare. La suggestione che deriva leggendo il passo è che ci sia il
tentativo da parte di chi dona di assicurarsi uno scambio: un’offerta per una preghiera; 2) i doni ricevuti dalla
chiesa sono gestiti e amministrati dal vescovo che è l’unico ad avere tale diritto, egli infatti sa a chi e in quale
misura distribuire. Il vescovo, dunque, divide questi beni secondo le necessità della sua comunità, essendo a
conoscenza delle esigenze dei laici più bisognosi, ma in modo da riuscire a soddisfare l’onore dovuto ai diversi
ministeri.
924
!"#$‫ ܪ‬contratto da !"#$ ‫ܪܒ‬.
925
Una volta ricevuta la loro parte, solamente alle vedove istituite è affidato in segreto il nome di chi dona alla
chiesa, le quali si impegnano con l’intenzionalità della preghiera. I nomi di chi può donare rimangono segreti
eccetto che per le vedove, a ragione di questo si spiega meglio la richiesta di silenzio e discrezione presente nel
capitolo che segue.
926
Il testo siriaco qui non è in ordine. Le traduzioni di Fleming, Nau e Funk sono diverse. A far luce sul
significato vengono in aiuto CA III, IV, 4, che spiegano – e sembrano conservare il testo originale – che il dovere
dei vescovi è fare il bene a tutti gli uomini, senza preferenze. Il vescovo deve seguire le parole del Signore che dice
di dare a chiunque chieda, purché sia veramente nel bisogno, amico o nemico, consanguineo o estraneo, solo o
coniugato.
927
Letteralmente: “Quelli che sono in comunione”.
928
Is LVIII, 7.
 

  186  
Capitolo XV

Come è giusto comportarsi per le vedove929

[3.5] È richiesto a ogni vedova che sia umile e silenziosa e gentile930 . E che inoltre sia senza
cattiveria e senza rabbia. E non sia loquace e né affascinante e non lunga di lingua, e né amante
del conflitto. E quando vede qualcosa che è odioso, o lo ascolta, faccia come se non lo abbia
visto e non lo abbia ascoltato.
2. Infatti una vedova abbia cura di niente altro che questo, pregare per quelli che donano e
per l’intera chiesa. 3. E quando è interrogata sugli affari di qualcuno, che non dia velocemente
una risposta, eccetto solo sull’onestà e la fede in Dio.
Ma mandi quelli che desiderano essere istruiti dal capo931 . 4 E quelli che le interrogano
(cioè le vedove) diano risposta solo932 sulla distruzione degli idoli e su questo: che c’è solo un
Dio933. Non è giusto per le vedove insegnare né per un laico934. Sulla punizione o sul riposo935
e sul regno del nome di Cristo, e sulla sua distribuzione, né una vedova né un laico parli.
Infatti, quando parlano senza conoscere la dottrina, bestemmiano contro il mondo. 5. Poiché
nostro Signore ha paragonato la parola del suo vangelo alla senape. Ma la senape se non è
preparata con abilità, è amara e appuntita per chi la usa. Per questo motivo nostro Signore dice
nel vangelo alle vedove e a tutti i laici: “Non spargete le vostre perle davanti ai porci, perché le
calpestino e diventino ostili contro di voi e vi facciano a pezzi”936. 6. Infatti quando i Gentili,
quelli che sono stati istruiti, ascoltano la parola di Dio937 pronunciata non in modo fermo,

                                                                                                               
929
Ms EG: “Come è giusto che le vedove si comportino in tranquillità e castità, e non è giusto che le donne
insegnino. Riguardo alla dissimulazione delle false vedove. Sui modi delle vedove caste. Quello che è giusto per le
vedove che esse siano obbedienti al vescovo e ai diaconi e che esse non facciano niente senza permesso e che quelle
che sono colpevoli che fanno qualcosa come questo o pregano con quelli che sono allontanati/disgiunti. Quello
che non è permesso a una donna battezzata. Di nuovo sull’invidia delle vedove false tra loro. Rimprovero a quelli
che maledicono con la loro gelosia/invidia”.
930
Cfr. I Tim V, 13.
931
Cioè dal vescovo.
932
Qui il testo non è in ordine. Si comprende meglio attraverso CA III, V, 4: “Risponda in sostanza per
quanto solo serve alla confutazione dell’errore del politeismo, dimostrando la verità della monarchia di Dio;
riguardo al resto, non di risposte precipitose, perché esprimendosi in maniera poco erudita, non abbia a provocare
vilipendio alla parola”. Monarchia in questo caso è sinonimo di monoteismo, cfr. V,15, 3; VI, 9, 1; VII, 35, 9, cfr.
D. Spada-D. Salachios, Costituzioni dei Santi Apostoli per mano di Clemente, p. 82.
 
934
Da questa norma intuiamo che era prassi comune che vedove e laici insegnassero verità di fede. Poco dopo
sono spiegati anche su quali argomenti erano soliti parlare.
935
!"#$ è assente in CA e appare solo nel testo siriaco. Le Odi di Salomone sono la testimonianza più antica.
[Cfr. A. Vbus, “Neues Licht zur Frage der Originalsprache”, p. 282]. Negli Atti di Tommaso questo termine ha
lo stesso ruolo. È un elemento antico dell’antica spiritualità siriaca. [Cfr. Vbus, History of Ascetism I, p. 63].
Schöllgen suggerisce che non è necessario vedere la parola come un’interpolazione del redattore [cfr. Schöllgen G.,
Die Anfänge der Professionalisierung des Klerus und das kirchliche Amt in der Syrischen Didaskalie (Jahrbuch für
Antike und Christentum. Ergänzungsband 26), Aschendorff, Münster 1998].
936
Mt VII, 6. Nel vangelo di Mt questo detto di Gesù non ha un destinatario specifico, il nostro redattore
invece rivolge questa parola ai laici e alle vedove.
937
Qui comincia l’unico frammento greco. Impossibile il parallelo greco-siriaco-latino per l’assenza di
quest’ultimo. [Cfr. J. V. Bartlet, “Fragments of the Didascalia Apostolorum in Greek”, Journal of Theological
Studies XVIII (1917) 301-309].

Θυ λογον [οθτε δεον] τως ου[τε δεον]τως ου[τε εις την οι]κοδοµη[ν της
αιωνι]ου ζωης, [και µαλισ]τα δια το υ[πο γυναι]κος λαλε[ισθαι το] περι
σαρ[κωθεντος] και [ου Χριστου] µυκτηρι[σαντες, χλευ]ασουσιν µ[αλλον η]

  187  
come (invece) dovrebbe essere, per l’edificazione della vita eterna ‒ e specialmente perché è
pronunciata loro da una donna ‒ su come nostro Signore ha rivestito se stesso nel corpo e sulla
passione di Cristo, derideranno e beffeggeranno invece di lodare il discorso di dottrina. E sarà
colpevole di un duro giudizio per il peccato.
[3.6] Quindi, non è richiesto né è necessario che le donne siano maestre, e specialmente sul
nome di Cristo e sulla redenzione della sua passione938 . 2. Infatti, voi non siete state nominate

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                             
δοξασωσ[ιν το ῖς λό]γοις τ ῆς π[ρεσβυτέ]ρας. ενοχ[ος <δε> αυτη] εσται
αµαρτ[ιας <και γνω->]σεται πολυ [το κριµα υ]παρχειν· ε[<ιπεν γαρ>] κς·
εκ πολ[υλογιας] ουκ εκφευ[ζη αµαρ]τιας. Ουκ [ουν δει] ουτε γυναι[κας
διδασ]καλους ειν[αι, µαλισ]τα περι το[υ ονοµα]τος κυ και τ [ου
<λυτη->]ριου ταθ[ους αυτου.] ου γαρ κατα[κεισθε, ω]γυναικες, [εις το
δι]δασκειν, κ[αι µαλισ]τα αι χηραι, [αλλα µο]νον θν π[ροσλαλειν.] Κα[ι
γαρ αυτος ο διδασκαλος, <οτε>] ηµας [τους δωδεκα ε]πεµψεν [µαθητε]υσαι
τον λα[ον και τ]α εθνη συν [ ηµιν <εξε>] λων και µα[θητριας], Μαριαν την
[Μαγδλ]ηνην και Μα[ριαν Ῑα]κωβου και [την Σαλω]µην, ου συν
[εξεπε]µψεν αυτας [ηµιν µα]θητευειν η [<σωζειν> τ]ον κοσµον. [Ει γαρ η]ν
αναγκαιον [διδασκ]ειν γυναικας, [αυτος α ]ν ηµων ο δι[δασκαλ]ος ταυταις
[εκελευ]σεν συν ηµιν [κατηχ]ειν. [Γνωπιζ]ετω ουν η [χηρα, ο] τι
θυσιαστη[ριον εσ]τιν θυ, και [καθησθ]ω εν τη οικια [αυτη]ς, µη µετα [τινος
προσφασ]εως [ετοι]µους εις [το λαµβαν]ειν φλυαρ[ους, κατ]αλαλους, ]υς
µαχο[συµβου]λους, αναι[δεις αναις ]σχυντους. [Τοιαθτ]αι [ει
υπ]αρ[χουσι]ν, ουκ αξι[αι του κα]λεσαντος...

Un confronto possibile è fra il greco originale di DA e quello di CA III,


6,1-2-3:

1. Οὐκ ἐπιτρέποµεν οὖν γυναῖκας διδάσκειν ἐν Ἐκκλη σίᾳ, ἀλλὰ µόνον


προσεύχεσθαι καὶ τῶν διδασκάλων ἐπα κούειν. 2. Καὶ γὰρ καὶ αὐτὸς ὁ
διδάσκαλος ἡµῶν καὶ Κύριος Ἰησοῦς ὁ Χριστὸς ἡµᾶς τοὺς δ ώδεκα π έµψας
µαθητεῦσαι τ ὸν λαὸν καὶ τὰ ἔθνη, γυναῖκας ο ὐδαµοῦ ἐξαπέστειλεν ε ἰς τ ὸ
κήρυγµα, καίτοι οὐκ ἀπορῶν· συνῆν γὰρ ἡµῖν ἥ τε µήτηρ τοῦ Κυρίου καὶ αἱ
ἀδελφαὶ αὐτοῦ, ἔτι δ ὲ Μαρία ἡ Μαγδαληνὴ καὶ Μαρία ἡ Ἰακώβου κα ὶ
Μάρθα καὶ Μαρία α ἱ ἀδελφαὶ Λαζάρου καὶ Σαλώµη καὶ ἕτεραί τινες. Ε ἰ
γὰρ ἦν ἀναγκαῖον γυναιξὶν διδάσκειν, α ὐτὸς ἂν ἐκέλευσε πρῶτος καὶ
ταύταις σ ὺν ἡµῖν κατηχεῖν τ ὸν λαόν· ε ἰ γὰρ κεφαλὴ γυναικὸς ὁ ἀνήρ, ο ὐκ
ἔστιν δ ίκαιον τ ὸ λοιπὸν σ ῶµα τ ῆς κεφαλῆς ἐξάρχειν. 3. Γνωριζέτω ο ὖν ἡ
χήρα, ὅτι θυσιαστή ριόν ἐστι Θεοῦ, καὶ καθήσθω ἐν τῇ οἰκίᾳ αὐτῆς, µὴ µετά
τινος προφάσεως ἐν τα ῖς τ ῶν πιστῶν ο ἰκίαις ἐπὶ τῷ λαµβά νειν
εἰσπορευοµένη· οὐδὲ γάρ ποτε τὸ θυσιαστήριον τοῦ Θεοῦ περιτρέχει, ἀλλ᾽ ἐν
ἑνὶ τόπῳ ἵδρυται.

DAg si presenta a metà strada fra DAs e il greco di CA. Mentre DAg scrive “Salomè”, CA – come anche
il siriaco – riporta “l’altra Maria”. Per dare forza all’intera argomentazione in DAg c’è la citazione di Proverbi
X, 19 che però non sembra particolarmente adatta al contesto. Motivo per cui, secondo Vööbus (cfr. CSCO
402 p. 24*), è stata poi omessa da ogni altro testimone.
Secondo Vööbus ci sarebbero parecchi punti di accordo tra DAg e CA contro Das, fenomeno che
indicherebbe che deve esserci stato un testo comune in greco, ma diverso dalla copia posseduta dal traduttore
siriaco.
Τοῖς λό]γοις τ ῆς π[ρεσβυτέ]ρας alle parole dei presbiteri rispetto al siriaco sembra una lezione degna di
maggior fiducia. Vööbus (CSCO 402 p. 24*) aggiunge che CA supporta la versione di DAg.
938
L’affermazione rivela una certa resistenza da parte delle vedove. L’unico maestro riconosciuto dalla
comunità è il vescovo, le vedove devono rinunciare a qualsiasi discorso dogmatico e limitarsi a rispondere solo
se interrogate. Devono parlare solo su questioni generiche che riguardano la fede perché la loro scarsa
preparazione potrebbe mettere in ridicolo la comunità e il vescovo per primo. Il divieto di insegnare sembra

  188  
per questo, donne, e specialmente vedove, perché insegnaste, ma pregaste e imploraste il
Signore Dio. Poiché egli, il Signore Dio, Gesù Cristo nostro maestro, ha inviato noi dodici
apostoli per istruire il popolo e le nazioni. E c’erano con noi delle discepole 939 , Maria
Maddalena940 e Maria la figlia di Giacomo941 e l’altra942 Maria943, ed egli non le ha mandate per
istruire il popolo con noi944 . Se fosse richiesto, infatti, che le donne insegnassero, il nostro
maestro stesso avrebbe comandato a queste di dare istruzioni con noi. 3. Ma una vedova sappia
che essa è l’altare di Dio945 e stia costantemente a casa e non girovaghi o corra in giro tra le case
dei fedeli per ricevere 946. L’altare di Dio, infatti, mai girovaga e corre in giro ovunque, ma è
fisso in un posto.
4. Una vedova quindi non deve girovagare e correre in giro tra le case947 . Poiché quelle che
sono itineranti e che non hanno vergogna non sono in grado di rimanere tranquille nelle loro
case, non sono vedove, ma cieche948, e non hanno cura di niente altro, ma di rendersi svelte a
ricevere949. E poiché sono loquaci, chiacchierone e pettegole, incitano le liti e sono sfacciate e
non hanno vergogna950 . Quelle che sono così, infatti non sono degne di Colui che le ha
chiamate951 . 5. Nella riunione dell’assemblea del riposo952, la domenica, neppure una volta
sono venute come uomini e donne attenti, ma si addormentano o sussurrano su altro, così che
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                             
una reazione alla pratica gnostica [cfr. N. Brox, Die Pastoralbriefe, p. 133] e al montanismo [cfr. R. Gryson,
The ministry of women, p. 39 seg.]. Compito specifico delle vedove è pregare.
939
Il termine discepole è presente anche nel frammento greco originale µαθητρ…ας. In CA III 6, 2 invece
è stato tagliato:

Lo stesso Maestro nostro Signore, Gesù Cristo, quando ha inviato noi, i


dodici, ad ammaestrare il popolo (ebraico) e i gentili, non ha assolutamente
inviato donne a predicare, per quanto non mancassero. C’erano con noi
infatti la Madre del Signore e le sue sorelle, Maria di Magdala e Maria madre
di Giacomo, Marta e Maria sorelle di Lazzaro, Salome ed altre ancora. Se
fosse stato necessario che le donne insegnassero, egli per primo avrebbe
comandato che queste pure istruissero il popolo insieme a noi.

Il confronto con DAs è impossibile perché il testo non si è conservato.


940
Mt XXVII, 56. Mt XXVII, 61. Mt XXVIII, 1.
941
Mt XXVII, 56.
942
Cfr. Mt XXVII, 61; XXVIII, 1.
943
C’è da notare una divergenza fra il testo siriaco e quello greco, quest’ultimo non riporta “l’altra Maria”
come il siriaco, ma “Salome”, nome che è menzionato due volte solo in Mc XV, 40 e XVI, 1 Questa lettura è
unica in tutta la DA. [Cfr. J. V. Bartlet, “Fragments of the Didascalia Apostolorum in Greek”, Journal of
Theological Studies XVIII (1917) 301-309].
944
In CA III, 6, 2 la lista delle donne è un po’ più lunga: “Lo stesso maestro nostro Signore, Gesù Cristo,
quando ha inviato noi i dodici apostoli ad ammaestrare il popolo e i gentili, non ha assolutamente inviato donne
a predicare, per quanto non mancassero. C’erano con noi infatti la Madre del Signore e le sue sorelle, Maria di
Magdala e Maria madre di Giacomo, Marta e Maria sorella di Lazzaro, Salome e altre ancora”. [Trad. D. Spada-
D. Salachios, Costituzioni dei Santi Apostoli per mano di Clemente, p. 82].
945
Cfr. capitolo precedente, nota 16.
946
I Tim V, 13.
947
L’affermazione viene spiegata e rinnovata più volte di seguito, direi anche a ragione del fatto che le vedove
sono dette “altare di Dio” e come tali devono onorare il loro appellativo con una certa stabilità e fissità.
948
Il testo è corrotto, ma ci vengono in soccorso le CA III, 6, 4 che hanno conservato il gioco di parole che il
siriaco non è stato in grado di riprodurre né di tramandare correttamente. Il termine “borse”/“sacchi vuoti” è
diventato “cieche” cioè da πήρας il redattore siriaco ha tradotto περάς.
949
Alla luce di questa affermazione, si comprende ancora meglio perché nel capitolo precedente si dica che i
doni devono essere consegnati nelle mani del vescovo, si coglie anche il motivo dell’insistenza sul fatto che le
vedove stiano in casa.
950
La descrizione è curiosa ed è senza precedenti nella letteratura.
951
Il frammento greco originale finisce qui. È evidente che fra greco e siriaco non c'è una stretta congruenza.
952
In latino si legge XXXI p. 53 : “Ad communem synagogae refrigerium in dominica die”.

  189  
a causa loro anche altri sono presi dal nemico Satana che non permette loro, quelli che sono
così, di stare attenti al Signore. E quelli che sono così, quando entrano vuoti in chiesa, escono
ancora più vuoti, perché non ascoltano ciò che viene insegnato o letto, così non possono
accoglierlo con le orecchie del loro cuore. 6. Quelli che sono così, poi, sono come quelli di cui
ha detto Isaia: “Ascoltate per ascoltare, ma non comprendete e vedete per vedere, ma non
guarderete. Il cuore di questo popolo, infatti, è indurito, e con le loro orecchie ascoltano in
modo duro e hanno chiuso i loro occhi, per non vedere con i loro occhi, e ascoltare con le loro
orecchie”953 .
[3.7] Così in questo modo le orecchie954 del cuore delle vedove, quelle che sono così, sono
chiuse, perché non stanno sotto il tetto delle loro case e pregano e implorano il Signore, ma si
affrettano a correre per interessi e per il loro rumoreggiare determinano la lussuria del Maligno.
2. Perciò, una vedova che è così, non è conforme all’altare di Cristo. Poiché è scritto nel
vangelo:

Se due si accorderanno come fossero uno e955 chiederanno qualcosa956, sia


concessa loro e se diranno a una montagna di spostarsi e di gettarsi nel mare,
sarà così957.

3. Ora vediamo che ci sono vedove che prendono in considerazione la loro sostanza come
un commerciante e ricevono con ingordigia. E invece di fare bene e donare al vescovo per
l’accoglienza degli stranieri e il sollievo degli afflitti, prestano con amara usura958 . Ed esse
hanno cura solo di mammona, quelle il cui dio è la loro borsa e la loro pancia959, infatti dov’è il
loro tesoro, c’è anche il loro cuore960. 4. Infatti, colei che è solita vagare e andare in giro per
                                                                                                               
953
Is VI 9, Mt XIII 14, Atti XXVIII 26.
954
In latino si trova oculi, occhi, non orecchie come in siriaco.
955
“Come fossero uno e” non è presente in latino.
956
Cfr. Mt XXVIII, 19.
957
Mt XXI, 21-22. Mentre Mt pone l’attenzione sul fatto che la fede nella preghiera permetterà ai discepoli di
chiedere e ottenere, DA usa questa citazione rivisitandola e spostando l'attenzione sull’accordo e sull’unità fra le
vedove.
958
Dalla descrizione fatta finora, il ritratto delle vedove non è particolarmente edificante. Un aspetto che ha
sempre suscitato interesse nella DA è lo spazio ampio e vivido che viene riservato a questa categoria nella
trattazione: irrequiete, sempre in visita nelle case altrui, pettegole, avide di guadagno e usuraie, disattente e pronte
ad abbandonare a metà la funzione, incapaci di concentrarsi sulla preghiera in chiesa. Nell’insieme appaiono
elementi che necessitano di particolari attenzioni e sembrano difficili da gestire all’interno della comunità. A
questo proposito Charlotte Methuen ha esposto in un articolo relativamente recente una teoria che riporto in
breve. La tesi della studiosa si preannuncia nel titolo Widows, Bishops and the Struggle for the Authority in the
Didascalia Apostolorum, una comunità in competizione per il potere, uno scontro fra le vedove e il vescovo. La
Methuen ricorda come fra il II e il III secolo ci fossero gruppi di cristiani in Siria e in Asia Minore che avevano
riconosciuto l’autorità alle donne. Secondo la studiosa, la DA è stata scritta in parte per opporsi a questi gruppi, e
in parte per opporsi alle pratiche giudeo cristiane di altri gruppi. In sostanza, l’opposizione al potere delle vedove
nella DA sarebbe connesso alla polemica contro il cristianesimo giudaizzante. [C. Methuen, “Widows, bishops
and the struggle for authority in the Didascalia Apostolorum”, Journal of ecclesiastic history 46 (2) (1995) 197-
213]. Dello stesso parere anche Stewart-Sykes [cfr. op. cit., p. 67] secondo cui, questo tendenza non riguarda
l’attività ministeriale svolta dalle vedove, ma il loro esercizio di patrone/benefattrici. Secondo Stewart-Sykes
questo implica che il conflitto fondamentale non è tra forme di governo carismatico e burocratico come teorizzato
dalla Methuen, ma tra la professionalizzazione del vescovo e il potere e la ricchezza delle vedove-
patrone/benefattrici teorizzata da Schöllgen [op. cit., p. 165].
È chiaro che la proibizione alle donne di determinate attività riflette disaccordo e diversità di costumi, in
questo senso però l’ipotesi fatta da Schöllgen mi sembra la più appropriata, ma non escluderei che l’autonomia
delle vedove potrebbe essere dettata da un insieme di ragioni: dal carisma riconosciuto a queste donne, dal potere
e dalla ricchezza.
959
In CA III, VII, 3 non è presente “la loro pancia”, è un’aggiunta presente solo in siriaco.
960
Mt VI, 21.

  190  
ricevere non ha pensiero per le opere buone, ma lavora per mammona e si mette al servizio di
un guadagno contaminato e non è gradita a Dio, né è obbediente al suo ministero, allo scopo
di stare costantemente a pregare e a fare intercessioni, perché la loro mente è presa prigioniera
molto dallo zelo della sua avidità. 5. E quando si alza per pregare, si ricorda dove andare a
ricevere qualcosa o (si ricorda) che ha dimenticato di riferire qualche faccenda alle sue amiche,
e quando si ferma961, la sua mente non è sulla sua preghiera, ma su quello che le viene davanti
nella sua mente. La preghiera di una così non è ascoltata affatto, ma molto velocemente
interrompe la sua preghiera per il disordine della sua mente. Poiché non offre preghiere a Dio
con tutto il suo cuore, ma fugge con il pensiero di fare, a opera del Maligno, e parla con le sue
amiche di qualcosa che non ha guadagno. Poiché non riconosce quanto è stato creduto962 o di
quale posizione è stata considerata degna.
6. Ma una vedova che desidera piacere a Dio sta a casa e riflette sul Signore giorno e notte e
incessantemente in modo costante offre intercessione e preghiera in modo puro al Signore963. E
riceve qualunque cosa chieda, perché tutta la sua mente è concentrata su questo. La sua mente,
infatti, non è avida964 di ricevere e anche lei non desidera particolarmente fare molte spese. Né
i suoi occhi vagano, perché non veda qualcosa e lo desideri e la sua mente non sia ostacolata in
questo modo. E non ascolta le parole maligne da concedere loro, perché non va fuori e non
corre in giro. Per questo motivo la sua preghiera non è ostacolata da niente. 7. E in questo
modo la sua calma e la sua tranquillità e castità sono bene accette a Dio965, e qualsiasi cosa ella
chieda a Dio, subito riceve la sua istanza.
Perché così una vedova come è lei, non amante del denaro o del guadagno contaminato, e
non avara o avida, ma costante nella preghiera e umile e impassibile e casta e modesta, sta a
casa sua 8. e lavora con la lana, per provvedere un po’ a quelli che sono afflitti, o di nuovo per
fare una restituzione agli altri, così che966 non riceva niente per loro. Poiché lei ricorda le
vedove di cui il Signore ha dato testimonianza nel vangelo, che vennero e gettarono nel tesoro
due spiccioli, che è un quattrino967, che quando nostro Signore e maestro, l’unico che mette
alla prova i cuori, vide, ci disse:
Discepoli miei, questa povera vedova ha gettato dentro molta più elemosina
di ogni altro; poiché ognuno ha gettato dentro quello che era superfluo per lui,
ma lei solo, di ogni cosa che ha posseduto messo da parte il suo tesoro.

[3.8] È richiesto alle vedove poi di essere caste e obbedienti ai vescovi e ai diaconi, e di
onorare e riverire e temere i vescovi come Dio968. Non si facciano trascinare dalla loro volontà,
né facciano qualcosa oltre a quello che gli è ordinato o senza consenso parlino con qualcuno
sul modo di replicare o vadano da qualcuno a mangiare e a bere o a digiunare con qualcuno o

                                                                                                               
961
Ms EFGHIJK: “Sta a pregare”.
962
Confrontando il testo latino con quello siriaco, quest’ultimo non appare in ordine, per cui invece di
trovare un Ethpa’el troviamo un Pa’el. Il significato originale quindi non è: “è stato creduto”, ma “è stato
affidato”.
963
1Tim V, 5.
964
Il testo qui è sbagliato, Vööbus segnala che “greedy” è copula ed è riportato correttamente solo nel Ms C.
965
Questi i doni che Dio richiede alle vedove.
966
Cfr. CA III, VII, 8.
967
Lc XXI, 2.
968
Achelis ha ipotizzato che le vedove avessero una missione parallela e non subordinata a quella del vescovo.
Una sorta “episcopato vedovile” in cui queste donne erano temporaneamente parte del clero. Con l’istituzione
delle diaconesse il vescovo passa a loro ogni mansione, lasciando alle vedove solo l’onere della preghiera. [Cfr. H.
Achelis-J. Flemming, Die syrische Didascalia ubersetzt und erklart, J. C. Hinrischs, Leipzig 1904, p. 315]. L’ipotesi
mi appare forzata e indotta piuttosto dalla necessità di dare una spiegazione alla nascita del monoepiscopato, va
notato infatti che le vedove non vengono ordinate, ma solo istituite. Per un approfondimento al riguardo
rimando al capitolo sul lessico.  

  191  
a ricevere qualcosa da qualcuno o impongano le mani e preghino per qualcuno969 diversamente
dal comando del vescovo e del diacono970. Ma se fa qualcosa che non le è stato ordinato, sia
rimproverata perché si è lasciata trascinare per mancanza di disciplina971. 2. Infatti da dove sai,
donna, da chi ricevi o da quale ministero sei nutrita o per chi digiuni o su chi imponi la
mano972? 3. Tu non sai, infatti, su quale fra queste (cose) darai un resoconto al Signore nel
giorno del giudizio perché sei stata partecipe nelle loro opere?
Ma tu vedova che sei senza disciplina, osserva le vedove, le tue compagne, o i tuoi fratelli
nella malattia e non ti curi di digiunare e pregare per i tuoi membri e imporre la mano su di
loro973 e andare a visitarli, ma ti fingi malata974. Ma per altri, che sono in fallo o sono andati
fuori dalla chiesa, perché danno molto (a te), sei pronta con piacere ad andare a visitarli975. Voi
poi, quelle che siete così, dovreste vergognarvi. Perché vorreste essere più sagge e più
intelligenti, non solo degli uomini, ma anche dei presbiteri e dei vescovi.
4. Tuttavia, sappiate, sorelle, che tutti i pastori con i diaconi vi danno un ordine, e mentre
obbedite a loro, obbedite a Dio. E con chiunque comunichiate per ordine del vescovo, siate
senza colpa davanti a Dio.
E così è (per) ogni fratello del laicato che obbedisce al vescovo e si sottomette a lui, perché
essi (cioè i vescovi) devono rendere un resoconto per ognuno 976 . Ma se non obbedite al
consiglio dei vescovi e dei diaconi, essi sono liberi dalla vostre offese, ma voi darete conto di
tutto quello che fate di vostra volontà (o uomini) e di vostra volontà (o donne)977.
5. Infatti, chiunque pregherà o comunicherà con chi è stato espulso dalla chiesa, in modo
giusto sarà considerato come lui. Infatti queste cose conducono alla distruzione e alla
dissoluzione delle anime. Infatti se uno comunica o prega con chi è stato espulso dalla chiesa e
non obbedisce al vescovo, egli non obbedisce a Dio ed è contaminato con lui (cioè da chi è
espulso) e inoltre non può pentirsi. Infatti se nessuno comunica con lui, si pentirà e piangerà e
chiederà e supplicherà di essere riaccolto, e si pentirà di quello che ha fatto e sarà salvato978 .
[3.9] Riguardo a questo, tuttavia, che una donna battezzi o che uno sia battezzato da una
donna, non lo consigliamo979, perché è una trasgressione del comando e un grave pericolo980
per colei che battezza e per quello che è battezzato. 2. Infatti, se fosse legittimo essere battezzati

                                                                                                               
969  Il  riferimento  all’imposizione  delle  mani  manca  in  CA.    
970
Il più interessante fra i divieti è quello di non imporre le mani.
971
La vedova non dovrebbe fare nulla senza l’approvazione, il consiglio o la ordine del vescovo, di fatto non
accade ciò. Il vescovo verifica che i suoi comportamenti siano adatti al suo ruolo, ma rifiutando tale controllo la
vedova si espone a una responsabilità che dovrebbe appartenere solo al vescovo.
972
La domanda ha un chiaro intento polemico, nel capitolo precedente infatti è stato detto che solo alla
vedova viene rivelato il nome di chi dona affinché preghi per lui.
973
L’imposizione della mano ora invece è richiesta per svolgere le proprie attività.
974
Letteralmente: “Come una che non è in salute”. Le vedove bugiarde si fingono malate pur di sottrarsi al
loro dovere.
975
La descrizione peggiora l’immagine delle vedove che emerge da questo capitolo, dipinte anche come
opportuniste e spregiudicate. L’affermazione fa intuire che le vedove in genere fossero in contatto con chi era ai
margini delle legge, ma non ci sono altre indicazioni utili
976
Il vescovo fa un resoconto su ogni laico. Questo significa che in modo sistematico il vescovo doveva rendere
conto a qualcuno, forse ai presbiteri o forse a tutta la comunità. Quindi poteva essere oggetto di contestazione o
di disapprovazione nel suo operato.
977
Anche qui l’indicazione è piuttosto interessante: nel caso qualcuno si rifiuti di sottomettersi agli ordini del
vescovo, egli non è più responsabile per loro, cioè non deve rispondere in persona dei comportamenti dei suoi
fedeli, uomini i donne che siano.
978
Chi non obbedisce è allontanato e mandato quasi in esilio, privato di ogni contatto con la comunità in uno
stato di impurità, ma il pentimento assicura la salvezza e la riammissione nella chiesa.
979
L’informazione è interessante perché dichiara un’insubordinazione di questo gruppo di donne. La
spiegazione di questo divieto è lunga e, di conseguenza, importante.
980
In che cosa consista questo pericolo non mai è esplicitato.

  192  
da una donna, nostro Signore e maestro sarebbe stato battezzato da Maria, sua madre981. Ora,
egli fu battezzato da Giovanni, come anche gli altri del popolo. Perciò non mettevi in pericolo,
fratelli e sorelle, agendo oltre la legge del vangelo982.
[3.10] Ma sull’invidia o sulla gelosia o sulla diffamazione e la contraddizione o
sull’opinione e sulla finzione, vi abbiamo già raccontato quello che queste cose non dovranno
esistere in un cristiano. Infatti tra le vedove non è appropriato che ognuna di queste (cose) sia
così tanto citata. 2. Ancora perché l’autore del male ha alcuni stratagemmi ed espedienti, egli
entra in quelle che ora sono vedove e glorifica se stesso in loro983 . Infatti, ci sono alcuni che
dicono su di loro che sono vedove, ma che non fanno attività degne del loro nome. Infatti non
è a causa del nome della vedovanza che esse sono degne di entrare nel regno, ma a causa della
fede e delle opere. Poiché se una mette in pratica buone (opere), sarà lodata e accettata. Me se
pratica male e compie le attività del Diavolo sarà rimproverata e cacciata dal regno eterno,
perché ha lasciato quelle (cose) che sono eterne e desiderate e amate quelle che sono
temporali984.
3. Infatti vediamo e ascoltiamo che ci sono vedove in cui c’è invidia anche l’una con
l’altra985. 4. Poiché quando una donna anziana, vostra compagna, è stata rivestita o ha ricevuto
qualcosa da qualcuno, vedova, alla vista di una tua sorella rasserenata986 ‒ se (infatti) tu fossi
una vedova di Dio ‒ dovresti dire: 5. “Benedetto sia Dio, che ha rasserenato l’anziana, mia
compagna”, e dovresti pregare Dio. E dopo (su di) lui che ha provveduto, dovresti dire: “La
sua azione sia accolta nella verità” e: “Ricordati di lui, Signore, definitivamente nel giorno della
tua retribuzione, del mio vescovo che ha servito davanti a te e ha gestito l’elemosina
correttamente; per la donna anziana, mia compagna, era spogliata ed è stato provveduto; e
aggiungi per lui gloria, e dagli anche la corona di gloria nel giorno della rivelazione della tua
venuta”.
6. E inoltre anche la vedova che ha ricevuto elemosine dal Signore, preghi per chi ha fatto
questo servizio, dopo aver nascosto il suo nome come una (donna) saggia, infatti la sua onestà
è nei confronti di Dio e non degli uomini, come egli ha detto nel vangelo: “Quando fate
l’elemosina, che la mano sinistra non sappia quello che fa la destra”987 ‒ affinché, quando
articolate e pronunciate il suo nome nella preghiera per lui che dona, il suo nome non sia
rivelato e venga alle orecchie di un empio, e l'empio, essendo un uomo di mano sinistra, lo
conosca988. 7. Può accadere infatti che uno tra i fedeli, ascoltandoti, vada fuori e racconti. E
non è appropriato che queste cose si verifichino o siano dette nella chiesa, escano fuori e siano
rivelate: infatti chi va fuori e parla di loro, disobbedisce a Dio e diventa un traditore989 della
chiesa. Ma prega per lui dopo aver nascosto il suo nome e così compirai ciò che è scritto, tu990
e le vedove, quelle che sono tali; poiché siete il santo altare di Dio (e di) Gesù Cristo.

                                                                                                               
981
Il redattore sente la necessità di giustificare l’impossibilità delle donne di battezzare citando il battesimo di
Gesù, opera di Giovanni e non di Maria, sua madre.
982
Il limite del giusto agire è delimitato dal vangelo, che diventa legge, una nuova legge in sostituzione di
quella precedente.
983
La considerazione è degna di essere notata, dalle parole del redattore sembra che le vedove, più di altri,
sono soggette al Maligno.
984
Il sostegno economico che proviene dalla comunità permette alle vedove di vivere prive di preoccupazioni,
ma questa serenità sottrae ad alcune di loro la capacità di apprezzarne il valore.
985
Il passo è dedicato all’invidia fra le vedove: quelle più povere mantenute dalla chiesa fanno attenzione a ciò
che ricevono le altre, con il risultato di reciproche cattiverie e di rancori nei confronti del vescovo.
986
Letteralmente: “Allargata”.
987
Mt VI, 3.
988
Mt XXV, 33.
989
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990
Tu, vescovo.

  193  
8. Ma adesso ascoltiamo che ci sono vedove che non si comportano secondo l’ordine, ma si
curano solo di questo: di girovagare e correre qua e là chiedendo (elemosine). E tuttavia colei
che ha ricevuto le elemosine del Signore, poiché è senza giudizio in quello, svela (il segreto) a
colei che la interroga, ha rivelato e fatto sapere il nome del donatore. E ascoltandolo, mormora
e dà la colpa al vescovo che ha distribuito o al diacono, o a chi ha fatto dono, dicendo: “Non
sai che io ero più vicina a te e più afflitta di lei?” E non sa che non per volontà dell’uomo è
stata dato questo, ma per ordine di Dio. 9. Infatti se accusate e dite a lui: “Io ero più vicino di
te e tu non sai che io ero più bisognosa di lei”, voi dovreste sapere ciò che è stato ordinato, o
altrimenti state in silenzio e non date la colpa a chi ha distribuito991 ; ma voi dovreste andare a
case e prostrarvi992 e ringraziare Dio per la vedova, vostra compagna, e pregare anche per chi ha
donato e per chi ha amministrato e supplicare Dio di aprire anche a voi la porta della Sua pietà.
E il Signore ascolterà la tua preghiera velocemente, in modo generoso993, e invierà più pietà a te
che alla vedova, tua compagna, da cui mai speravi di essere servita994. E (questa) prova della tua
pazienza sarà lodata. 10. O non sapete che nel vangelo è scritto: “Quando fai l’elemosina, non
suonare il trionfo davanti agli uomini per essere notato da tutti, come fanno gli ipocriti; in
verità io vi dico, essi hanno ricevuto la loro ricompensa”995.
Rimprovero alle vedove che maledicono. 11. Adesso, se Dio ordina che un ministero sia servito
in segreto e chi ha servito lo ha fatto come un ministro, perché poi voi, che avete ricevuto in
segreto, lo proclamate apertamente? Voi, inoltre, perché fate questioni? Infatti non solo
incolpate e mormorate, come una che non è vedova, ma lanciate anche maledizione come gli
empi. 12. O non avete ascoltato quello che la Scrittura dice: “Chi benedice è benedetto; e chi
maledice è maledetto” 996 ? E inoltre nel vangelo egli dice anche: “Benedite coloro che vi
maledicono”997. E dice ancora: “Quando entrate in una casa, dite: ‘Sia pace in questa casa’ e se
quella casa è degna di pace, la vostra pace scenderà su di essa; ma se non fosse degna, la vostra
pace ritornerà a voi”998. [3.11] Se poi la pace ritorna a quelli che la hanno inviata, molto più
una maledizione ritornerà a quelli che l’hanno inviata in modo vano, perché egli, su cui era
stata inviata, non merita di ricevere una maledizione. 2. Infatti chi maledice un uomo in modo
vano, maledice se stesso, nei Proverbi è scritto: “Come gli uccelli e i volatili volano, così le
maledizioni vane ritorneranno”999 . E dice inoltre: “Chi ha lanciato maledizioni è privo di
comprensione”1000 . 3. Infatti noi ci siamo espressi con una parabola sulla somiglianza con
un’ape, come il Signore ha detto: “Va’ dall’ape e impara come lavora e fai il suo lavoro con
saggezza; ed è portata dal suo lavoro a essere cibo per ricchi e poveri; è amata e lodevole,
sebbene sia limitata di forze”1001 . Come poi l’ape è limitata di forze, e quando ha punto un
                                                                                                               
991
L’operato del vescovo è palesemente messo in discussione dalle vedove. La questione incuriosisce perché
sono rimproverate per la loro ignoranza, vera o presunta; le donne infatti con le loro affermazioni dimostrano o
fanno credere di non sapere che le distribuzioni dei doni sono fatte secondo una normativa stabilita.
992
!"#$̈‫'ܐ‬
) #* $‫ܬ‬
(
993
Letteralmente: “Senza invidia”.
994
!"#$"%&
995
Mt VI, 2.
996
Cfr. Num XXIV, 9; Gen XXVII, 9.
997
Lc VI, 28; cfr. Mt V, 44.
998
Cfr. Mt X, 13; Lc X, 6.
999
Cfr. Prov XXVI, 2.
1000
Prov X, 18.
1001
Prov VI, 6-11. Cfr. il capitolo XIII, in cui l’operosità dell’ape è già stata citata per sottolineare la saggezza
del lavoro che è a disposizione di tutti quelli che vogliono usufruirne.
Entrambi i riferimenti della DA a Prov VI non hanno una levatura esegetica significativa come possiamo
leggere nello pseudo Ippolito in cui Prov VI serve a descrivere il metodo interpretativo da seguire nella lettura
dell’AT all’interno della Chiesa cristina. Nel capitolo XIII della DA l’intento è moralistico, in questo capitolo
invece, l’intento è altrettanto moralistico quanto il primo, ma l’immagini dell’ape è estrapolata dal contesto in cui

  194  
uomo perde il suo pungiglione e diventa sterile e muore in fretta. Così anche per noi, fedeli,
nello stesso modo. Infatti qualunque male facciamo a un altro, facciamo male a noi stessi,
infatti: “Ciò che odiate vi sia fatto, non fatelo a un altro”1002 . Per questo motivo, chiunque
benedice è benedetto1003 .
4. Ammonisci adesso e rimprovera quelle (vedove) che non hanno disciplina ed esorta
inoltre e incoraggia e aiuta quelle che si comportano rettamente1004 . E che le vedove stiano
lontano dalle maledizioni, visto che sono state istituite per benedire1005 .
Pertanto, non il vescovo, né il presbitero, né un diacono, né una vedova lancino una
maledizione dalla loro bocca, infatti ereditino una benedizione, non una maledizione.
E questo anche sia di tua cura, vescovo, che nemmeno uno dei laici lanci una maledizione
dalla sua bocca. Difatti tu devi avere cura di tutti.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                             
l’avevano inserita i traduttori della Septuaginta [Cfr. G. I. Gargano, “L’immagine dell’ape laboriosa di Prov VI, 8
abc e la didascalia trasmessa dai padri cristiani”, in La tradizione: forme e modi. XVIII incontro di studiosi
dell’antichità cristiana. Roma 7-9 maggio 1989, Augustinianum, Roma 1990].
Qui il paragone fra ape e fedeli si amplia. Il pungiglione dell’ape è paragonato al male che un uomo compie,
entrambi, pungiglione e male, feriscono chi li riceve, ma uccidono chi compie l’una e l’altra azione, qualunque
male viene fatto a un uomo ‒ lo stesso ‒ viene compiuto a se stessi; viene esplicitata una relazione causale di
doppia reciprocità delle azioni: nei propri confronti e nei confronti degli altri, secondo cui è benedetto chi
benedice.
1002
Tob IV, 15.
1003
Num XXIV, 9.
1004
L’indicazione è rivolta al vescovo.
1005
Cfr. I Pt III, 9.

  195  
Capitolo XVI

L’istituzione dei diaconi e delle diaconesse1006,


e come è giusto che si comportino nel loro servizio,
senza indolenza1007 né (senza) autorizzazione1008

[3.12] Per questo, vescovo, istituisci i tuoi collaboratori nella distribuzione delle elemosine 1009,
aiutanti che cooperino con te nella vita. Scegli e istituisci come diaconi1010 chi ti soddisfa fra tutto il
popolo: un uomo per l’amministrazione di alcune cose che sono richieste, una donna per il ministero
delle donne. Ci sono case, infatti, dove non può essere inviato un diacono alle donne, a causa dei
Gentili, ma invia una diaconessa 1011 ; 2. anche, perché in alcune altre faccende l’ufficio di una
diaconessa è necessario1012. In primo luogo, quando le donne si immergono nell’acqua1013, è richiesto che
siano unte dalle diaconesse con l’olio dell’unzione, mentre entrano nell’acqua1014. E se non c’è una
donna1015, e in particolare non c’è una diaconessa, è necessario che colui che battezza unga colei che è
stata battezzata1016. Ma se c’è una donna e in particolare una diaconessa, non è opportuno che le donne
siano viste dagli uomini1017, 3. ma (il battezzante) con l’imposizione della mano unga solo la testa1018.
Così come nel tempo antico i sacerdoti e i re in Israele erano consacrati, così nello stesso modo, ungi la
testa di quelli che ricevono il battesimo, uomini o donne. E in seguito, se tu stesso battezzi o ordini ai
diaconi o ai presbiteri di battezzare – che una donna diacono, come abbiamo detto prima, unga le
donne1019. Ma che un uomo reciti su di loro l’invocazione dei nomi divini nell’acqua.

                                                                                                               
1006  Ms
BCDFGHI: “L’istituzione dei diaconi e delle diaconesse”.  
1007
!"#$‫ )('& ܕ‬Letteralmente: “Pigrizia di mente”.
1008
Ms E.
1009
Vööbus nota l’ambiguità del termine ‫ܙܕܝܩܘܬܐ‬, secondo cui è da intendere come “workers of almsgiving”
come già aveva inteso Flemming: “Arbeiter bei der Almosenpflege”. Cfr. Thesaurus syriacus I, col. 1085.
1010
Anche in questo capitolo come già nel IX si ripete che è il vescovo a nominare i diaconi, perché è lui a
sceglierli.
1011
!" # $%&
̈ %( e in latino XXXV p. 59: “Diaconissa”. Dal confronto con CA appare chiaro che l’originale
greco non possedeva il termine diaconessa, ma solo diacono per il maschile e il femminile, usando gli articoli
oppure aggiungendo “uomo” o “donna”; cfr. Gryson 1974, Donna, 88; Ysebaert 1994, Amtsterminologie, 138 e
introduzione generale cap. II nota 4).
1012
Anche le diaconesse, come i diaconi, venivano scelte dal vescovo e sue collaboratrici. Secondo Connolly è
probabile che le diaconesse fossero scelte tra le vedove [ H. Connolly, op. cit., p. 52].
1013
L’azione che viene descritta evoca l’idea dello scendere in una vasca colma d’acqua per godere di
un’immersione completa del corpo privo di vestiti. [Cfr. A. Vööbus, Celibacy, a Requirement for the Admission to
Baptism, Estonian Theological Society in Exile, Stockholm 1951, p. 49 seg.]
1014
Alcuni manoscritti della famiglia E sono più prolissi in questo passaggio e aggiungono: “È necessario che
esse siano unte da una diaconessa, e non è opportuno che l’olio per l’unzione sia fatto toccare a una donna,
piuttosto che alle diaconesse. Per questo è necessario che il sacerdote che battezza, unga colei che è stata
battezzata”.
1015
Gli Atti di Tommaso illustrano proprio questo ruolo delle donne nel battesimo, senza dar loro un
appellativo, una carica o un ufficio. Cfr. capitolo 121 e 157 Moraldi, Apocrifi del Nuovo Testamento, Casale
Monferrato 1994, 2, 402. 422.
1016
Il rito del battesimo è composto di due fasi: l’unzione e l’immersione.
1017
I manoscritti della famiglia E riformulano questo passaggio escludendo la possibilità che nessuna donna
tocchi mai l’olio per l’unzione, né abbia l’incarico dell’unzione.
1018
I Sam X, 1. Anticamente il battesimo consisteva nell’unzione del capo.
1019
Dunque, la presenza delle diaconesse nella DA sembra di ordine pratico. Per le donne ricevere l’unzione
dopo l’immersione avrebbe significato essere viste ed essere toccate dal sacerdote.
In CA il passo è più chiaro e meglio definito. Un diacono unge la testa e una diaconessa unge il resto del
corpo. La Schlarb [cfr. C. Schalarb, “Die (un)gebändite Witwe: exegetische Überlegungen zur Enttwicklung eines
Frauenamtes in der syrieschen Didaskalia” in Martin Tamcke et al. (eds), Syrisches Christentum weltweit: Studien
zur syrischen Kirchengenschichte (FS prof. Hage), Münster 1995, p. 65] nota la singolarità della descrizione. Il
vescovo deve ungere la testa e solo dopo il corpo può essere unto, vedendo in questa azione un consolidamento
della posizione del vescovo.

  196  
E quando colei che è stata battezzata esce dall’acqua, la diaconessa la accolga e le insegni e la
educhi che l’infrangibile sigillo del battesimo è (conservato) nella castità e nella santità1020 . 4.
Per questo motivo, diciamo che il ministero di una donna diacono è richiesto e urgente. Infatti
anche nostro Signore e Salvatore era servito dalle diaconesse che erano “Maria Maddalena1021, e
Maria figlia di Giacomo e madre di Giuseppe1022, e la madre dei figli di Zebedeo”1023, con altre
donne1024 come è bene. Anche per te il ministero di una diaconessa1025 è necessario per molte
cose. Infatti, una diaconessa è richiesta per le case degli empi dove ci sono malate1026 , affinché
entrino e visitino le malate per accudirle in ciò di cui necessitano, e lavino quelle che hanno
iniziato a riprendersi dalla malattia1027 .
[3.13] E i diaconi imitino i vescovi nel loro modo di comportarsi. Tuttavia, lavorino anche
più di lui. E non siano amanti del guadagno corrotto1028 , ma siano diligenti nel servizio.
E a secondo del numero della congregazione del popolo della chiesa ci siano diaconi
(sufficienti)1029 , che distinguano (ognuno) in modo severo e diano riposo/sollievo a tutti: alle
donne anziane che non stanno in piedi, e ai fratelli e sorelle che sono malati, infatti a ognuno
di loro provveda il ministero che gli è proprio. Ma una donna sia particolarmente diligente nel
servizio di una donna, e un uomo, un diacono nel servizio degli uomini. E sia pronto a
obbedire e a sottomettersi all’ordine del vescovo.
2. E lavorino e fatichino in ogni luogo in cui sono mandati a servire o a dire qualcosa a
qualcuno. Infatti, è richiesto che ognuno conosca il suo posto e sia diligente nel compierlo.
E siate (vescovo e diacono) di un solo parere e di un’unica mente, e un’anima che abita in
due corpi e sappiate che il ministero è in accordo 3. come nostro Signore e Salvatore ha detto
nel vangelo: “Chi tra voi desidera essere il capo, sia per voi un servo, anche il Figlio dell’uomo
non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la vita per molti1030 .
Anche a voi è richiesto di fare così, diaconi, se avete posto la vostra vita per i vostri fratelli
nel ministero che vi è richiesto. Infatti anche il nostro Signore e Salvatore non ha disprezzato

                                                                                                               
1020
Questo è un aspetto e un concetto piuttosto significativo della cristianità siriaca antica, A. Vööbus, History
of Ascetism in the Syrian Orient I, a contribution to the history of culure in the Near East, CSCO 500, Peteers,
Lovanii 1988, p. 10 seg. In questo caso non possono esserci d’aiuto né le CA né la versione latina.
1021
Mt XXVII, 56. 61, XXVIII, 1, Maria Maddalena è rappresentata in una relazione particolare con Gesù nel
vangelo di Tommaso, logion 114, p. 56. Nel vangelo di Filippo invece è chiamata “consorte”.
1022
Cfr. Mt XXVII, 56. Qui c’è un errore del traduttore siriaco. In latino si legge infatti: “Maria Jacobi et
Joseph mater” XXXV, p. 59.
1023
Mt XXVII, 56. Vedi CONNOLLY p. XCII
1024
Mt XXVII, 55-56; Lc VIII, 2-3.
1025
Letteralmente: “Il ministero e le diaconesse”. Il latino XXXV p. 59: “Diaconessam necessariam habebis”.
1026
Ancora un’indicazione di ordine pratico, le diaconesse in quanto donne fanno visita ad altre donne ‒
cristiane e non ‒ che sono malate. Nell’insieme la posizione della diaconessa è presentata come analoga a quella
del diacono: uomini e donne diaconi sono collaboratori del vescovo, scelti da lui liberamente. Però, il ministero
delle diaconesse è meno esteso. Il loro ruolo consiste soprattutto nell’entrare nelle case, quando l’ingresso dei
diaconi maschi potrebbe dare occasione di maldicenza, visitare le donne inferme e lavarle quando cominciano a
stare meglio, ungere il corpo delle donne durante il battesimo e accoglierle dopo essersi immerse nell’acqua,
perché non è conveniente che gli uomini vedano la loro nudità, e insegnar loro a non infrangere il sigillo
battesimale con una vita indegna. Mentre nella DA parla la presenza delle diaconesse è circoscritta, le CA ne
parlano spesso, presentando anche un rito di ordinazione con l’imposizione delle mani. La preghiera di
ordinazione ha una struttura e un contenuto analoghi alle ordinazioni dei diaconi, ma il ruolo delle diaconesse è
inferiore: la diaconessa non benedice, non battezza, non fa l’oblazione, assiste nell’amministrazione del battesimo.
In particolare non assiste il vescovo all’altare, né distribuisce la comunione.
1027
Il latino XXXV, p. 59 qui è più chiaro: “Et in balneis iterum eas, quae meliorant, ut lave (n)t”.
1028
I Tim III, 8.
1029
Non c’è restrizione al numero di diaconi come sarà poi anche a Roma. S-S fa notare che anche in K 20
non è presente al restrizione.
1030
Mt XX 27-28; Mc X, 44.

  197  
di servirci, come è scritto in Isaia: “Per giustificare il giusto, che ha prestato bene un servizio1031
per molti”1032 . 4. Se poi il Signore del cielo e della terra “Ha prestato un servizio” per noi, e ha
sostenuto e sopportato ogni cosa per noi, tanto di più ci è richiesto di fare lo stesso per i nostri
fratelli, per imitarlo. Infatti siamo suoi imitatori e siamo titolari del posto di Cristo. E inoltre
nel vangelo trovate scritto: “Cinto un vestito di lino alla vita e gettata l’acqua in un bacile”1033 ,
dopo che ci siamo sdraiati (per cenare) e avvinati “e lavò i piedi di tutti noi e li asciugò con la
veste”1034 . 5. Ma ha fatto ciò per mostrarci l’amore e l’affetto dei fratelli, infatti dovremmo
somigliare l’uno all’altro 1035 . Se poi nostro Signore ha fatto così, diaconi, esiterete a fare
altrettanto con quelli che sono malati e deboli, voi che siete lavoratori della verità, avendo
presente la somiglianza di Cristo? 6. Per questo servite con amore, non borbottate né esitate.
Ma se non fosse così, avrete servito, per amore degli uomini e non per amore di Dio e
riceverete la vostra ricompensa in base al vostro servizio nel giorno del giudizio1036.
7. Vi è richiesto, diaconi, perciò di visitare tutti i bisognosi e di informare il vescovo su chi è
afflitto. E sarete la sua anima e la sua mente e faticherete in ogni luogo e sarete obbedienti a lui.

                                                                                                               
1031
È un elemento assente nelle altre versioni inclusa CA III, XIX, I, p. 215.
1032
Is LIII, 11.
1033
Gv XIII, 4.
1034
Gv XIII, 14.
1035
Gv XIII, 14.
1036
In CA invece troviamo: “εν ημερα επισκοπης υμων” e lo stesso si legge in latino: “In die visitationis”. cfr.
I Pt II, 12

  198  
Capitolo XVII

È giusto che il vescovo si prenda cura degli orfani, che sono


abbandonati giovani e affidati per essere allevati. E c’è una
condanna per loro, per quelli che possiedono e non hanno bisogno,
(ma) sono avidi e sottraggono dai doni che sono concessi alla chiesa
per gli orfani e i poveri1037 .

[4.1] Se uno dei bambini dei cristiani1038 è un orfano, maschio o femmina, è bene che, se ci
fosse uno dei confratelli che non ha figli, adottasse1039 il bambino al posto di un figlio (suo). E
chi ha un figlio, adotti una bambina. E quando è arrivato il suo momento, la conceda a lui in
sposa; affinché il suo lavoro sia compiuto attraverso il servizio di Dio1040 .
2. Se invece ci sono persone che non vogliono fare così perché vogliono piacere agli uomini
e a causa delle loro ricchezze si vergognano dei membri orfani, quelli che sono così otterranno
tante cose e là spenderanno la loro avarizia 1041 : “E ciò che i santi non hanno mangiato,
mangeranno gli Assiri1042 e gli stranieri divoreranno la loro terra davanti ai loro occhi”1043 .
[4.2] Perciò, vescovi, caricate i loro fardelli, in modo che siano guidati e che non abbiano
bisogno di niente. 2. E quando giunge il momento di una vergine, datela a un uomo, a uno
dei confratelli.
[4.3] E un ragazzo, mentre cresce, impari un mestiere. E quando è diventato un uomo,
riceva una paga degna del suo mestiere e prepari per sé gli strumenti necessari del suo mestiere
e per l’avvenire non gravi la carità1044 dei suoi confratelli che donano senza malizia e senza
favoritismi.
Ed è veramente benedetto chi è in grado di aiutare se stesso e non restringere il posto1045
degli orfani e delle vedove e degli stranieri1046 . 2. Infatti, afflizione da Dio su coloro che
possiedono e ricevono con falsità1047 . Infatti chi riceve dovrà dare un resoconto al Signore Dio
nel giorno del giudizio1048 , su come (ha usato quello che ha) ricevuto. 3. Se uno ha ricevuto per
la giovane età nella sua condizione di orfano o per la debolezza dell’età avanzata o per
l’infermità di una malattia o per la crescita dei bambini – anche su questo si preghi – infatti, si
consideri come l’altare di Dio1049. Pertanto sarà onorato da Dio. Infatti non ha ricevuto in
                                                                                                               
1037
In Ms BCDHIJK: “L’educazione (ordine: in HIJK) dei bambini orfani”.
1038
!"#$%&'( )"*
1039
‫ܗܝ‬#$%&' letteralmente: prendesse.
1040
Cfr. Sir VII, 25.
1041
Il siriaco qui è confuso a causa di una cattiva comprensione del traduttore siriaco o per una precedente
corruzione del testo. CA IV, I, 2 chiarisce meglio il concetto: un figlio, un erede, spenderà quello che un uomo ha
risparmiato in tutta la vita.
1042
La prima parte della citazione è apocrifa. [Cfr. Resch, Agrapha, p. 314]. Funk (op. cit., p. 218) nota una
certa somiglianza con Ger XXVII, 17.
1043
La seconda parte della citazione è invece Is I, 7. Cfr. CA IV, I, 2.
1044
O “l’amore”.
1045
!"#‫ܕܘ‬
1046
Queste due frasi trovano riscontro in Atti Ap. XX, 35 e Didachè I, 5. In CA IV, 3, 1-2 invece sono parole
attribuite a Gesù e sono più estese. [Cfr. M. Pesce, Le parole dimenticate di Gesù, Mondadori-Lorenzo Valla,
Roma 2007, p. 245 e 677].
1047
Cfr. Didachè I, 5.
Il latino aggiunge: “Aut qui possunt sibi iuvare et accipiunt”. La nota di biasimo è rivolta a chi riceve
nonostante sia autosufficiente, la stessa annotazione si legge nella versione breve (Mss E) di DA e nelle CA.
1048
Cfr. Hermas Mand. II, 5. Connolly (op. cit. p. LXXIX) afferma che il redattore della DA era a conoscenza
del lavoro di Hermas e che il passo potrebbe essere un esempio dell’uso comune del materiale tradizionale.
1049
Tutti coloro che ricevono doni devono essere considerati “altare di Dio”, a loro volta saranno onorati se
ricambiano con la preghiera, che dono più prezioso per Dio.

  199  
modo vano perché ha continuato a pregare diligentemente, sempre infaticabile, per quelli che
donano. Infatti ha offerto come suo pagamento la sua preghiera, che è la sua forza1050. Chi è
così riceverà una benedizione da Dio nella vita eterna. [4.4] Ma chi possiede e riceve con la
frode o inoltre è indolente e invece di lavorare e di aiutare gli altri anziché riceve per sé, ciò che
riceve gli sarà richiesto, perché ha ristretto il posto dei fedeli poveri1051.
2. Infatti, chi ha qualche proprietà e non dà agli altri e né ne fa uso egli stesso, e mette da
parte per sé un tesoro che si deteriora sulla terra1052 e ha avuto in eredità il posto del serpente
che mette da parte il tesoro1053 , e provocherà un pericolo1054 che gli sarà computato.
3. Infatti, chi possiede e riceve nella menzogna, non crede in Dio, ma nella mammona
dell’iniquità1055 . E infatti per il guadagno che viene dall’avarizia, parla con ipocrisia ed è pieno
di miscredenza. Tuttavia, chi è così e provoca un pericolo sarà preso in considerazione con
quelli che non credono.
4. Ma chi dona in modo semplice a ogni uomo, fa bene a dare ed è giustificato1056 . Anche
chi riceve per l’afflizione e usa con parsimonia le cose che ha ricevuto, ha ricevuto bene e sarà
onorato da Dio in vita e riposerà in eterno1057 .

                                                                                                               
1050
Questo lungo concetto in siriaco non è chiaro come in CA IV, III, 3, p. 22 in cui si dice meglio che colui
che riceve non sarà biasimato, ma anzi sarà incoraggiato, fatto altare di Dio e onorato se continua a pregare per i
suoi benefattori. La preghiera è il controvalore di scambio per chi ha ricevuto.
1051
Ritorna il concetto di “restringere il posto”, cioè di approfittare indegnamente dei doni della comunità e
sottrarre la possibilità di ricevere più largamente a chi è veramente nel bisogno.
1052
Cfr. Mt VI, 19. Nella comunità è giudicato negativamente chi non divide le proprie ricchezze o anche chi
si spaccia per bisognoso per avidità. A questo stile di vita si lega anche l’idea che chi ha ricevuto molto dovrà dare
molto. Sarà onorato da Dio invece chi ha ricevuto perché afflitto, ma ha saputo fare uso della generosità fraterna.
1053
Su questa allegoria vedi Cumont, “Une parabole attribuée à Hippolyte”, p. 1 seg.
1054
Quale sia il pericolo non è specificato, ma la minaccia sembra importante.
1055
Cfr. Lc XVI, 9.
1056
Cfr. Didaché I, 5.
1057
Il concetto del riposo eterno ha un certo rilievo e una certa enfasi nella Siria antica, è il coronamento della
vita del cristiano. Il latino invece rende così: “In vita aeterna constitutus”, XXXVIII, p. 64.

  200  
Capitolo XVIII

Esortazione ai vescovi, in modo vigile abbiano cura di


non ricevere doni da chi è da biasimare per
l’approvvigionamento degli orfani delle vedove e dei poveri,
neanche se sono costretti dalla fame, e siano colpevoli se
accettano, e le preghiere dei poveri non siano ascoltate
quando pregano per quelli così, dopo che sono stati riforniti
dai loro (beni). È giusto che ricevano dai credenti e dagli
onesti per l’approvvigionamento dei poveri e la liberazione
dei prigionieri e degli oppressi1058 .

[4.5] In questo modo, vescovi e diaconi, siate costanti nel servizio dell’altare di Cristo ‒
intendiamo, perciò, (il servizio) alle vedove e agli orfani ‒ con ogni attenzione e con ogni zelo
sforzatevi di investigare sulle cose che sono donate, qual è il comportamento di lui o di lei, chi
dona per sostentamento 2. ‒ diciamo di nuovo ‒ dell’“altare”1059 . Infatti quando le vedove
sono nutrite dalla fatica della rettitudine, offriranno un servizio santo e accetto a Dio
onnipotente attraverso il suo amato Figlio e il suo Spirito Santo ‒ a cui sia gloria e onore per
sempre1060 .
3. In questo modo fate attenzione e siate scrupolosi nel servire le vedove fuori dal ministero
con coscienza pura, affinché qualsiasi cosa domandino e chiedano possa essere donata loro
velocemente con le loro preghiere1061 . 4. Ma se ci fossero vescovi negligenti che non fanno
attenzione a queste faccende, per favorire delle persone o per l’interesse di un guadagno
corrotto o perché trascurano di fare domande, dovranno dare un resoconto in maniera
straordinaria1062.
[4.6] Infatti, per l’assistenza di sostentamento di orfani e vedove ricevono dai ricchi che
rinchiudono uomini in prigione o che si comportano male con i loro schiavi o si comportano
in modo crudele nelle loro città oppure opprimono i poveri; 2. o (ricevono) dal sudiciume e da
quelli che usano i loro corpi in modo immorale, dai malfattori o da quelli che rubano e danno
in prestito (in usura), o da difensori spregiudicati o accusatori malvagi o da avvocati ipocriti 3.
o da pittori di quadri1063 o da fabbricanti di idoli o da chi lavora l’oro e l’argento e il bronzo
che ruba o da chi riscuote un’imposta ingiusta o dagli spettatori degli spettacoli, o da quelli che
alterano la pesatura o da quelli che prendono le misure ingannevolmente, dagli osti che
mescolano il vino con l’acqua, 4. o dai soldati che si comportano con crudeltà, o dagli assassini,
o dai delatori che ottengono condanne, o da certe autorità romane, corrotte dalle guerre e che
hanno sparso sangue innocente senza criterio, corruttori del giudizio che, per un furto fanno
                                                                                                               
1058
Ms BCDFGHIJKLM riportano: Perché non è giusto ricevere doni delle decime (omesso da Ms FHIJK)
da chi è riprovevole.
1059
Il problema dell’origine dei donativi è molto avvertito in tutta DA. Del Verme ritiene che da questa
indicazione levitica si possa dedurre che l’autore di DA potesse essere un ebreo di stirpe sacerdotale convertito al
cristianesimo. [Cfr. M. Del Verme, Giudaismo e Nuovo Testamento. Il caso delle decime, M. D’Auria editore,
Napoli 1989, p. 232-237].  
1060
La versione latina si interrompe poco prima per cui è impossibile fare un confronto, ma questa dossologia
è ipotizzabile che sia un accrescimento inserito in una fase intermedia della redazione del testo.
1061
La vedova faceva presente al diacono o al vescovo le sue necessità, quest’ultimo a sua volta chiedeva a chi
elargiva doni o denaro di soddisfare le richieste della vedova.
1062
È un accenno a una forma di controllo straordinaria a cui il vescovo doveva sottoporre se stesso e la sua
gestione amministrativa.
1063
Letteralmente: “Pittori di colori”. Lagarde ha suggerito che ci deve essere stata una scarsa comprensione
del testo originale e che l’intenzione era mettere al bando “quelli che preparano medicamenti”. Anche la Gibson e
Nau sono dello stesso parere.

  201  
affari con cattiveria e inganno a discapito dei contadini1064 e dei poveri; 5. dagli idolatri, o dai
corrotti, o da quelli che prendono l’usura e dagli estorsori1065 .
6. Ora quelli che nutrono le vedove con queste (fonti) saranno giudicati colpevoli nel
giorno del giudizio del Signore. Infatti la Scrittura ha detto: “È meglio una cena di verdure con
amore e affetto che la macellazione di un bue grasso con odio”1066 . 7. Infatti se una vedova è
stata nutrita solamente con il pane della fatica dell’onestà sarà utile per lei; ma se molto le è
donato da (fonti) inique per lei sarà un danno. 8. Ma inoltre, se lei fosse nutrita da (fonti)
inique, non potrà offrire il suo servizio e la sua intercessione con purezza davanti a Dio1067 .
Anche se è virtuosa e prega per i malvagi, la sua intercessione non sarà ascoltata, ma solo quella
per se stessa. Infatti Dio mette alla prova i cuori nel giudizio e riceve intercessioni con
discriminazione. 9. Ma se pregano per i peccatori che si pentono, le loro preghiere saranno
ascoltate. Perciò, quelli che sono nel peccato e non si pentono, non solo sicuramente non
saranno ascoltati quando pregano, ma richiamano alla memoria a Dio anche i loro insulti.
I colpevoli sono i vescovi che prendono elemosine da chi è riprovevole. [4.7] Pertanto,
vescovi, fuggite e rimanete lontani da tali servizi. Infatti è scritto: “Non salirà sull’altare del
Signore il costo di un cane o di una prostituta”1068 . 2. Infatti se le vedove pregano per i
fornicatori e per i trasgressori della Legge per la vostra cecità, le loro richieste non sono accolte
e voi forzerete la bestemmia a spuntare dalla parola per la vostra cattiva amministrazione, come
se per Dio non fossero stati buoni e generosi.
3. In questo modo, siate molto attenti di non servire l’altare di Dio fuori dai servizi della
trasgressione della Legge. Infatti non abbiate motivo di dire: “Noi non sappiamo”. Infatti,
avete sentito quello che le Scritture dicono: “Allontanati da chi è malvagio e non dovrai temere
e la trepidazione non ti verrà vicino”1069 . [4.8] Ma se voi dite: “Sono questi quelli che donano
spontaneamente e se non accettiamo da loro, da che cosa gli orfani e le vedove e quelli che
sono afflitti saranno serviti”? Dio ha detto a voi: “Per questo motivo avete ricevuto i doni dei
Leviti, le primizie e le offerte del vostro popolo, che possiate essere nutriti e avere anche di più,
così che possiate non essere obbligati ad accettare (doni) dalle persone cattive”.
2. Ma se le chiese sono così povere che i bisognosi devono essere nutriti da quelli così, è
meglio piuttosto essere distrutti dalla fame che ricevere dalle persone cattive.
3. Indagate ed esaminate, dunque, che cosa potete ricevere dai fedeli che sono in
comunione con la chiesa e si comportano bene così da nutrire gli afflitti, e ciò di cui non avete
bisogno non accettate da chi è stato scacciato dalla chiesa fino a quando non sarà degno di
diventare membro della chiesa.
4. Ma se siete nel bisogno, ditelo ai confratelli, lavorino insieme e donino, e in questo modo
prestino servizio in rettitudine. [4.9] E insegnate al vostro popolo e raccontate loro ciò che è
scritto: “Onora il Signore con la fatica della rettitudine e il primo raccolto”1070 .
2. Nutrite e rivestite i bisognosi con la fatica della rettitudine dei fedeli. E inoltre quelle
cose che sono donate da loro, come abbiamo detto prima, elargite per comprare i fedeli e per
riscattare schiavi e prigionieri e carcerati e quelli che sopportano la violenza e i condannati
                                                                                                               
1064
Il termine usato in latino è “pagani”.
1065
È una lista delle persone e dei mestieri che producono guadagni illeciti e riprovevoli e da cui non bisogna
accettare denaro, soprattutto non bisogna accertarlo se è per le vedove e per gli orfani, altari di Dio, per non essere
contaminati. Vedi nota5 pagina 198 sykes. In DA altare di Dio sono solo le vedove e non anche gli orfani come in
questo capitolo, la difformità con il resto del testo è evidente.
1066
Pr XV, 17.
1067
La responsabilità del vescovo è grandissima, dalla sua attenzione dipendono molte anime, quelle degli
orfani delle vedove e quelle per cui esse pregano.
1068
Deut XXIII, 18-19.
1069
Isa LIV, 14.
1070
Prov III, 9.

  202  
dalla folla e i condannati a lottare con le bestie o alle miniere o all’esilio e quelli condannati
all’arena1071 . E i diaconi vadano fra gli afflitti e visitino ognuno e gli forniscano qualsiasi cosa
gli manchi.
[4.10] Ma se accadesse che siete costretti e accettate alcuni oboli contro la vostra volontà,
non usateli per gli approvvigionamenti. Ma se sono pochi, spendeteli per la legna per voi e per
le vedove, per paura che una vedova, ricevendoli, con essi sia costretta a comprare cibo1072.
2. E in questo modo, le vedove non saranno contaminate con la malvagità, quando pregano e
ricevono da Dio non contaminatevi con la malvagità, le vedove pregheranno e riceveranno da Dio tutte
cose buone per cui esse chiedono e ottengono, tutte insieme (e) anche ognuna di esse da sola, e anche
voi non sarete trattenuti da questi peccati.

                                                                                                               
Come nota E. Wipzycka [op. cit. p.119], in DA le repressioni dei cristiani non si associano allo
1071

spargimento di sangue e all’eroismo, quanto allo sforzo economico che la comunità deve sopportare. Da ciò si
intuisce che non tutti i cristiani erano destinati a morire, se la comunità aveva mezzi sufficienti era possibile
salvare il fratello. I martiri e i confessori dovevano suscitare molta ammirazione e i casi di persecuzione dovevano
essere seguiti con interesse, ma l’uomo medio delle comunità cristiani non si sentiva più in continuo pericolo.
1072
C’è un’idea molto radicata che il denaro sia contaminato e che possa contaminare, per cui è meglio
comprare legna da ardere che cibo da mangiare perché la natura del male è considerata contagiosa come un virus
che si può spargere o ingerire come il pane. Il male è pensato come qualcosa che passa di mano in mano o che
rimane attaccato agli oggetti, dunque ha un aspetto materiale prima che morale.

  203  
Capitolo XIX
Esortazione ai vescovi che si prendano cura dei quelli che sono
perseguitati o imprigionati in nome di Cristo; facciano loro visita, (ma)
si tengano lontani da chi è imprigionato e riceve la pena dai giudici per
la sua malvagità. Inoltre un’esortazione a tutti i cristiani: soffrano con
chi soffre per amore di Cristo, e lontano dalla paura non li rinneghino né
li abbandonino. Chi li rinnega, rinnega la cristianità 1073 e Cristo. E
quello preghi di non cadere in tentazione1074.

[5.1] Non voltate i vostri occhi da un cristiano che in nome di Cristo e per la sua fede e
amore è stato condannato all’arena o alle bestie o alle miniere. Ma con la vostra fatica e con il
sudore della vostra fronte mandategli il nutrimento e il pagamento dei soldati che lo
sorvegliano; abbia sollievo e ci si prenda cura di lui1075 , affinché il vostro fratello benedetto non
sia afflitto del tutto.
2. Infatti, chi è condannato in nome del Signore Dio sia considerato da voi come un
martire santo, un angelo di Dio o Dio sulla terra1076, uno che è spiritualmente rivestito con lo
Spirito Santo di Dio. Infatti, attraverso di lui vedete il Signore nostro Salvatore, giacché è stato
trovato degno di una corona incorruttibile e ha rinnovato di nuovo la testimonianza della
passione.
3. Pertanto, verso quelli che sono portati come testimoni, è obbligo di tutti voi fedeli servire
in modo diligente e ristorarli al di là della vostra ricchezza per mezzo del vostro vescovo.
4. Ma se ci fosse un uomo che non ha niente, digiuni, e qualcosa di quello che avrebbe
dovuto usare per sé quel giorno lo doni per il suo confratello.
Ma se sei ricco, ti è richiesto di metterti al loro servizio a secondo del tuo potere o anche di
dare la tua intera ricchezza e di riscattarli dalle catene1077 .
Poiché questi sono degni di Dio e i figli che compiono la sua volontà, come il Signore ha
detto: “Chiunque mi riconoscerà davanti all’uomo, lo riconoscerò anche io davanti al Padre
mio”1078 .
5. E voi, non vi vergognate di andare da loro mentre sono in prigione. Mentre fate queste
cose, ereditate la vita eterna, perché diventate partecipi nel loro martirio 1079 . 6. Infatti,
impariamo come nostro Signore ha detto nel vangelo:

Venite a me, tutti voi benedetti dal Padre mio, ereditate il regno che è
stato preparato per voi dalle fondamenta del mondo 1080 . Poiché io ero
affamato e voi mi avete sfamato; ero assetato e mi avete dato da bere; ero
straniero e mi avete accolto; ero nudo e mi avete coperto; ero malato e mi
avete fatto visita, ero in prigione e siete venuti da me1081.

                                                                                                               
1073
‫ܬܗ‬#$%&'%()
1074
"È giusto prendersi  cura di quelli che in nome di Cristo soffrono afflizione come martiri”: Ms BCDFHIJK.  
1075
Era una pratica piuttosto diffusa il fatto che amici e parenti nutrissero i prigionieri.
1076
I paragoni del nostro redattore rivelano lo stupore e l’eccezionalità con cui vengono visti i martiri in un
epoca e in una comunità in cui il martirio non è più così frequente.
1077
La frase lascia stupiti perché il redattore suggerisce come potersi sottrarre al martirio: pagando.
Quest'immagine rievoca il tentativo di Cipriano di comprare il suo carnefice con venticinque pezzi d’oro. [Cfr.
Ponzio, Atti proconsolari].
1078
Mt X, 32.
1079
Far visita a chi è in prigione è una vergogna, ma a chi dà sostegno ai compagni viene promessa la vita
eterna. L’aspetto complessivo che emerge è di un cristianesimo privo di passione, dove tutto si compra, anche la
libertà; i martiri non sono più testimoni, ma sventurati da salvare.
1080
‫"ܗ‬#$%‫* )(ܡ ܬ‬$ È una lettura che appare in tradizioni arcaiche. [Cfr. A. Vööbus, Early Versions of the
New Testament, p. 258].
1081  DA  COMMENTARE:  

  204  
7. Poi i giusti chiederanno e diranno:

Signore nostro, ma quando ti abbiamo visto affamato e dato da


mangiare? O assetato e ti abbiamo dato da bere? O nudo e ti abbiamo
coperto? O malato e ti abbiamo fatto visita? O straniero e ti abbiamo
accolto? O in prigione e siamo venuti da te?’ 8. Ed egli risponderà e dirà a
loro: ‘Tutto quello che voi avete fatto al più piccolo, lo avete fatto a me’1082.

E poi: “Andranno verso la vita eterna”1083 .


[5.2] Ma se ci fosse uno che è detto “cristiano” e dorme ed è tentato da Satana ed è
colpevole di azioni malvagie o è condannato per azioni malvagie, di furto o di omicidio,
tenetevi lontano da quelli che sono così, affinché nessuno fra voi sia messo alla prova da chi lo
cattura. Infatti se uno ti mette alla prova e ti chiede e ti dice: “Anche tu sei cristiano come
quest’uomo?”, tu non negare che sei cristiano, ma confessa. Invece, non sarai condannato in
qualità di cristiano, ma sarai punito in quanto malfattore. 2. Infatti ti chiede se tu sei “come
quest’uomo”, e la tua confessione diventa nulla per te. Ma se neghi, hai rinnegato anche il
Signore. Pertanto, tieniti lontano da quelli così, per non essere offensivo.
3. Ma i fedeli, quelli che sono messi alla prova con violenza e malvagità, e sono imprigionati
come malfattori, o legati, aiutateli (come fossero) vostre membra con grande diligenza e molti
dolori, salvateli dalla mano degli uomini malvagi1084.
4. Ma se uno fa visita a loro ed è catturato con loro e senza colpa sopporta l’afflizione per
amore di suo fratello, sia benedetto nell’essere chiamato cristiano, perché ha riconosciuto il
Signore e vivrà davanti a Dio. E se uno fa visita a chi è legato in nome del Signore ed è
imprigionato con loro, sarà benedetto perché è stato trovato degno di una tale compagnia.
[5.3] E inoltre quelli che sono perseguitati per la fede e si muovono “di città in città”1085 ,
secondo l’ordine del Signore, ricevete e date riposo. E quando li ricevete, gioite, poiché siete
partecipi della loro persecuzione. 2. Infatti, nostro Signore ha parlato di loro nel vangelo così:
“Siate benedetti, quando vi perseguiteranno e ingiurieranno a causa del mio nome”1086 . 3.
Poiché quando un cristiano è perseguitato e testimonia ed è ucciso per la fede, diviene un
uomo di Dio. E da allora in poi non è più perseguitato, da nessuno, visto che è riconosciuto
dal Signore.
[5.4] Ma se invece nega e dice che non è cristiano1087 , sarà chiamata offesa ‒ e (sebbene
non) sia perseguitato dagli uomini, è cacciato da Dio per il suo diniego, e da allora non
riceverà alcuna parte con i santi nel regno eterno secondo la promessa del Signore, ma la sua
eredità sarà con il Maligno. 2. Poiché il Signore Dio ha detto:

Chi rinnegherà me e le mie parole davanti agli uomini, o si vergognerà di


me, anche io mi vergognerò di lui e lo rinnegherò davanti al Padre mio che è
in cielo quando verrò con il potere e la gloria di giudicare i morti e i vivi1088.

                                                                                                               
1082 Mt XXV, 34-40.
1083
Mt XXV, 46.
1084
Il redattore fa intendere che alcune detenzioni dei cristiani fossero dissimulate e giustificate con false
accuse.
1085
Cfr. Mt X, 23; XXIII 34.
1086
Mt
1087
La comunità descritta da DA è popolata da uomini che una volta catturati negano di essere cristiani. Se
dunque i cristiani possono essere liberati grazie al denaro, siamo in un’epoca in cui la persecuzione non ha più
quel valore epurativo tipico delle persecuzioni più sanguinarie. Il clima sembra quello della persecuzione di Decio
nel 250.
1088
Mt XXIV, 30.

  205  
3. E inoltre trovate che è scritto:

Chi ama suo padre o sua madre più di me non è degno di me; e chi ama
suo figlio o sua figlia più di me non è degno di me; e chi non accetta la sua
croce rallegrandosi ed essendo contento e venendo dietro a me, non è degno
di me1089. E chi perderà la sua vita per me la ritroverà; e chi salverà la sua vita,
con il rinnegare, la perderà. Infatti, che cosa guadagna un uomo se acquista
tutto il mondo, e perde la sua anima? O che cosa darà in cambio per la sua
anima?1090.

4. E inoltre: “Non temere quelli che uccidono il corpo e non sono capaci di uccidere
l’anima; ma piuttosto abbi timore di me, che sono in grado di distruggere anima e corpo
all’inferno/nella Gehenna”1091.
[5.5] Ora chiunque impara un mestiere, osservi il suo maestro e veda come con la sua
abilità e la sua conoscenza esegue il lavoro del suo mestiere. Tuttavia, lo imita ed esegue il
lavoro che ha consegnato a lui, che non ascolti qualcosa di male da lui. Ma se fallisce in
qualcosa che gli è affidato, egli non è perfetto. 2. Noi, poi, che abbiamo il nostro Signore per
maestro e insegnante 1092 , perché non prendiamo a modello il suo insegnamento e il suo
comportamento? 3. Poiché egli ha lasciato ricchezze e bellezza, potere e gloria, e in questo
modo è venuto in povertà. E inoltre si è separato da Maria, madre sua benedetta e dai suoi
confratelli, da se stesso, e ha sopportato la persecuzione fino alla croce. 4. Infatti ha sopportato
queste cose proprio per amore nostro, a nome di quelli fra noi che provengono dal popolo, per
riscattarci dalle catene della casa dell’albero1093: di cui abbiamo parlato prima. E che redimerà
anche voi, che provenite dai Gentili, dal timore degli idoli e da tutta l’iniquità e vi farà eredi.
Se ora ha sofferto così per causa nostra, per redimere noi ‒ quelli che credono in lui ‒ e non ha
provato vergogna, perché non prendiamo a modello anche le sue sofferenze mentre ci dona
sopportazione? E questo per salvarci dalla morte del fuoco.
5. Infatti, ha sopportato per amore nostro, ma noi (sopportiamo) per il nostro bene
personale. O il nostro Signore in realtà ha bisogno che soffriamo per lui solo perché desidera
mettere alla prova la nostra fede e il nostro libero arbitrio? [5.6] Così si allontanerà dai genitori
e dalle famiglie e da tutto quello che c’è nel mondo e anche da noi stessi.
2. Ci è richiesto infatti di pregare di non essere tentati. Se infatti siamo chiamati al martirio
confesseremo quando siamo interrogati e sopporteremo quando soffriamo e quando siamo
afflitti ci rallegreremo 3. e quando siamo perseguitati non ci stancheremo. 4. Con tale azione,
non solo salveremo noi stessi dalla Ghenna, ma anche insegneremo a quelli che sono giovani
nella fede, e agli ascoltatori1094 ad agire così ‒ ed essi vivranno davanti a Dio.
5. Se invece siamo carenti nella fede verso il Signore e neghiamo per la debolezza del corpo,
come nostro Signore ha detto: “Lo spirito è disposto e pronto, ma il corpo è debole”1095 , non
solo distruggiamo noi stessi, ma uccidiamo anche i nostri fratelli assieme a noi. 6. Infatti,
                                                                                                               
1089
Mt X, 36-37.
1090
Mt XVI, 25.
1091
Mt X, 28. Cfr. Inoltre Vööbus, History of the Gospel Textin Syriac, p. 155.
1092
!"#$%‫ܪ'! ܘ‬
1093
!"#$‫ ܕ('& ܐ‬Nel testo siriaco c’è un errore, dalla traduzione di Lagarde in poi ci sono state diverse
correzioni. Già Connolly e Vööbus hanno intuito che il riferimento fosse alla Seconda Legge.
Secondo Stewart-Sykes, l’ultimo in ordine cronologico a fare una proposta sul testo, !"#$‫“ ܕ('& ܐ‬della casa
degli alberi” dovrebbe essere emendato con !"#$%&‫ ܕ‬cioè: “Che provengono dalla seconda”, inoltre secondo Sykes
il paragrafo è opera di uno degli interventi del redattore deuteronomico. [Cfr. Stewart-Sykes, Didascalia
Apostolorum, p. 204].
1094
# ̈%& è il termine siriaco per indicare i catecumeni.
!"
1095
Mt XXVI, 41.

  206  
quando vedono la nostra smentita, penseranno che sono stati fatti discepoli di una dottrina
d’errore. E quando si scandalizzano, daremo un resoconto, per loro come per noi stessi,
ognuno di noi, al Signore nel giorno del giudizio.
7. Ma se sei stato catturato e portato davanti alle autorità e neghi la speranza che hai nei
confronti del Signore e la tua fede santa e oggi sei stato liberato, ma domani ti ammali di
febbre e sprofondi nel tuo letto; o se il tuo stomaco ti tormenta e non trattiene cibo, ma
ritorna con violenti dolori; o (se) sei afflitto da un dolore all’addome o da un dolore in una
delle tue membra; o (se) vomiti sangue e bile dalle tue parti interne con violenti dolori; infatti,
o hai un’ulcera in una delle tue membra e sei tagliato dalle mani dei medici e muori sotto le
molteplici afflizioni e tormenti ‒ poi che profitto avrai dalla tua smentita, (quello) che hai
negato, uomo? Ecco, la tua anima ha avuto in eredità dolori e sofferenze e tu hai distrutto la
tua vita davanti a Dio. E brucerai e sarai tormentato senza respiro, per sempre, come il Signore
ha detto: “Chi ama la sua vita la perderà; e chi perderà la sua vita a causa mia, la troverà”1096 .
8. Ora un cristiano che rinnega, ama la sua vita per poco tempo in questo mondo ‒ così che
non muore a causa del nome del Signore Dio. Ma ha distrutto se stesso per sempre nel fuoco,
poiché ha fatto cadere se stesso nella Ghenna. Infatti Cristo lo ha rinnegato, come ha detto nel
vangelo: “Chi rinnegherà me davanti agli uomini, anche io rinnegherò lui davanti al Padre mio
che è in cielo”1097. Ma quelli che il Signore ha rinnegato “li cacciano e li gettano nell’oscurità
esterna e c’è il loro pianto e il loro digrignare i denti”1098 . Infatti ha detto: “Chi ama la vita sua
più di me, non è degno di me”1099.
9. Siamo diligenti ora nell’affidare noi stessi al Signore Dio. E se un uomo fosse degno del
martirio, che lo accolga con gioia, meriti una corona così grande e il suo allontanamento da
questo mondo sia per il martirio. Infatti, il Signore nostro Salvatore ha detto: “Non c’è
discepolo migliore del suo maestro, ma ognuno sarà perfetto come il suo maestro”1100 . Ora
nostro Signore è disposto (a sopportare) tutte queste sue sofferenze per salvarci. E le ha prese
su se stesso per essere picchiato, e gli uomini lo bestemmieranno e sputeranno sul suo viso, e
per bere aceto e impudenza1101 ‒ e all’ultimo ha sopportato anche di essere appeso sulla croce.
10. Perciò, noi, che siamo suoi discepoli, siamo anche suoi imitatori. Poiché se porta e
sopporta ogni cosa per noi, anche le sofferenze, ora quanto di più noi, per il nostro bene,
potremmo sopportare quando soffriamo? E non dovremmo essere nel dubbio, poiché così egli
ci ha dato consigli, anche se dovessimo bruciare nei carboni del fuoco, mentre crediamo nel
nostro Signore Gesù Cristo e in Dio suo Padre, il Signore Dio onnipotente, e il suo Spirito
santo, a cui sia gloria e onore per sempre, amen1102.

                                                                                                               
1096
Mt X, 39.
1097
Mt X, 33.
1098
Mt VII, 12; XXII, 13.
1099
Mt X, 37; cfr. Gv XII, 26.
1100
Lc VI, 40.
1101
Mc XV, 17 seg., 36.
1102
Connolly (Didascalia apostolorum, p. 167) considera questa dossologia solo una parentesi nel capitolo e
crede che l’inizio del capitolo successivo, il XX, sia l’apodosi dell’affermazione con cui questo capitolo si chiude.
Secondo Sykes c’è un’altra possibilità e cioè che questa sia la conclusione di un grande blocco di materiale sui
vescovi che inizia nel IV capitolo e che il manuale catechetico, materiale che è stato utilizzato nei primi capitoli
della DA, sia stato raccolto nel capitolo successivo. Dunque, secondo S-S sarebbe possibile che la dossologia metta
in evidenza la conclusione del libro che è stata conservata, ma rimaneggiata. L’affermazione sarebbe ricostruita in
modo da seguire il nuovo soggetto, mentre all’origine c’era la fine del III capitolo. Dunque, secondo S-S, la
menzione della resurrezione non sarebbe fuori luogo alla fine del III capitolo, in cui si menziona il regno di Dio e
il refrigerium [Cfr. A. Stewart-Sykes, op.cit., p. 204].

  207  
Capitolo  XX  

La  resurrezione  
Sulla resurrezione1103 dalla morte abbiamo imparato non solo
dalle sante Scritture, ma anche grazie alle dimostrazioni 1104 dei
libri degli empi; e grazie anche alle dimostrazioni naturali, dopo
averci esortato, come uomini fedeli che hanno una vera speranza di
resurrezione, né ci esonererà dal martirio 1105 per Cristo, se ci
chiama a questo1106 .

[5.7] Dio Padre onnipotente ci ha resuscitato per mezzo di Dio nostro Salvatore, come ci
ha promesso, infatti ci ha risuscitato dalla morte come siamo, nella forma in cui siamo ora, ma
nella grande gloria della vita eterna, senza farci mancare niente. 2. Anche se infatti fossimo
gettati nella profondità del mare o sparsi dai venti come pula, saremmo ancora nel mondo e
l’intero mondo è chiuso sotto la mano di Dio. Da dentro la sua mano perciò egli ci farà
risorgere, come il Signore nostro Salvatore ha detto: “Nemmeno un capello della vostra testa
perirà, ma con la vostra pazienza possiederete le vostre anime”1107.
Infatti, sulla resurrezione e sulla gloria dei martiri, il Signore ha detto a Daniele così:

Molti di quelli che dormono sulla larghezza della Terra risorgeranno in


quel giorno, alcuni alla vita eterna, altri al rimprovero e alla vergogna e alla
disperazione1108. Ma quelli che hanno compreso brilleranno come gli astri
che sono in cielo; e quelli che sono stati rinforzati dal Logos come le stelle
del cielo.

4. Come il sole e la luna1109, astri del cielo, è la luce della gloria che egli ha promesso di dare
a chi comprende e a chi confessa il suo santo nome e testimonia.
Ma non è ai martiri solamente che ha promesso la resurrezione, ma anche a tutti gli uomini.
4. 5. Infatti egli parla così in Ezechiele:

La mano del Signore era su di me e il Signore mi ha portato fuori nella


strada1110 e mi ha posto in mezzo alla valle ed era piena di ossa. Ed egli mi
fece passare su di loro ed erano molte ed erano molto secche. E mi disse:
‘figlio dell’uomo, queste ossa vivono?’ e io dissi: ‘Tu lo sai, Signore Iddio’.
Ed egli mi disse: ‘Profetizza su queste ossa e annuncia loro: voi ossa inaridite,
udite la parola del Signore’. Così dice il Signore Iddio a queste ossa: ‘Ecco, io
faccio entrare in voi lo spirito1111 e voi rivivrete; metterò su di voi i tendini e
farò crescere su di voi la carne, vi vestirò con la pelle e darò in voi lo spirito e
vivrete e voi   saprete che io sono il Signore’. Io profetizzai come mi era stato
detto; mentre profetizzavo, ci fu un rumore e un movimento, e le ossa si
accostavano l’una all’altra, ciascuna al suo corrispondente.   Vidi che erano

                                                                                                               
1103
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‫ܰܺܝ‬$#‫ܬ‬1104   !ܳ‫̈ܬ‬
1105   !‫ܕܘܬ‬%&
1106
Ms BCDFGIJKL: “La resurrezione dalla morte”.
1107
Lc XXI, 18.
1108
Cfr. Dn XII, 2 in cui si parla solo di vergogna e infamia non di disperazione.
1109
Dan XII, 2.
1110
Tutte le testimonianze che riportano questo brano di Ezechiele citano non “in strada”, ma “in spirito”.
Vööbus fa notare che paleograficamente potrebbe essere un’incomprensione, ma nota anche che tutti i
manoscritti riportano la stessa corruzione e che nessuno ne dà correzione.
1111
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#
$‫ܪ‬

  208  
cresciuti sopra di esse tendini e carne e pelle era sopra di esse, ma non c’era
spirito in loro. E il Signore mi disse: ‘Profetizza sullo spirito e di’: ‘Così dice
il Signore Iddio: Spirito, vieni dai quattro venti e soffia su questi morti ed
essi vivranno’. E io profetizzai, come mi aveva detto e lo spirito entrò in essi
e ritornarono in vita e si alzarono in piedi in un grande esercito. E il Signore
mi disse: ‘figlio dell’uomo, queste ossa sono quelle della casa d’Israele che
dice: le nostre ossa sono inaridite, la nostra speranza è svanita, noi siamo
perduti’. Così dice il Signore Iddio: ‘Ecco, io apro i vostri sepolcri, vi
risuscito dalle vostre tombe, popolo mio, e vi conduco nel paese d’Israele e
voi riconoscerete che io sono il Signore, quando aprirò le vostre tombe, per
risuscitarvi dai vostri sepolcri, popolo mio. Metterò in voi il mio spirito e
(ri)vivrete; vi farò riposare nel vostro  paese; saprete che io sono il Signore che
ha detto e ha fatto’1112.

E tutti gli abitanti della terra staranno in silenzio, dice il Signore1113 .


6. Inoltre attraverso Isaia egli dice:

Tutti quelli che dormono e sono morti risorgeranno e tutti quelli che
sono nelle tombe si sveglieranno perché la tua rugiada è una rugiada di
guarigione su di loro1114; ma la terra dei malvagi perirà1115.

7. E inoltre ha detto molte altre cose per mezzo di Isaia e di tutti i profeti sulla resurrezione
e la vita eterna e la gloria dei giusti e anche sui malvagi, sul loro disonore e sulla vergogna e
sulla rovina e sulla loro dissoluzione, rovina e condanna. 8. Infatti, quello che egli ha detto, “la
terra dei malvagi cadrà”, egli lo dice dei loro corpi perché appartengono alla terra, e nel
disonore saranno annoverati alla terra. Perché non servono Dio, cadranno nel fuoco e nel
tormento.
9. E nei Dodici Profeti inoltre ha detto così:

Ecco, voi malvagi, e vedete e fate conoscenza dei miracoli1116, e ritornate


alla corruzione; infatti io faccio un lavoro nei vostri giorni, che se un uomo
vi racconta di questo, voi non ci crederete1117.

10. Ora queste cose e molte più di queste sono dette su chi non crede nella resurrezione e su
quelli che negano Dio e su quelli che non servono Dio e sui trasgressori della Legge e sugli
empi. E quando vedranno la gloria dei credenti saranno rimandati indietro per essere distrutti
nel fuoco perché non hanno creduto.
11. Infatti, abbiamo imparato e abbiamo creduto e attraverso la resurrezione dalla morte di
nostro Signore ci è stata confermata la resurrezione che Dio, che non mente, ci ha promesso.
12. Perché nostro Signore, grazie alla sua resurrezione, fece pegno 1118 anche della nostra
resurrezione. E quelli che chiamano1119 anche fra i Gentili e anche fra gli empi, fate attenzione
e prestate ascolto alla Sibilla sulla resurrezione, qualcosa è stata detta e proclamata a loro così:

                                                                                                               
1112
Ez XXXVII, 1-14.
1113
Cfr. Is XXVI, 18. Questo testo appartiene alla citazione seguente ed è mostrato bene nella versione latina
XXXIX, p. 65: “… dicit dominus. Sed cadent inhabitantes”.
1114
Il latino XXXIX p. 65 è più chiaro in questo passaggio: “Et resurgent mortui et exurgent, qui in
monumentis sunt; ros enim, quod a te est, sanitas eis est”.
1115
Is XXVI, 19.
1116
  !"#$%‫ܐ‬
1117
Ab I, 5.
1118
  !ܽܳ#$&‫ܪܰܗ‬
1119
Vööbus nota quanto sia strano il fatto che il testo abbia !"#݁%‫ ܕ‬che indica il participio attivo. In latino
XXXIX p. 66 invece si trova il participio passato: “Qui ex gentibus vocati estis”.

  209  
13. Quando ogni cosa sarà diventata polvere e cenere, Dio l’Altissimo
spegnerà il fuoco che ha acceso. E poi inoltre Dio stesso farà risorgere le ossa
e le ossa degli uomini e le rivestirà con la loro forma. Infatti farà risorgere gli
uomini come erano prima. E poi ci sarà il giudizio, in cui Dio giudicherà nel
mondo futuro. I malvagi tuttavia e gli empi copriranno di nuovo la terra, ma
il giusto e l’onesto vivranno nel mondo della vita. E Dio darà loro lo spirito e
l’amorevole bontà e la vita e poi tutti vedranno un altro1120.

14. E non solo attraverso la Sibilla, confratelli, è stata predicata la resurrezione ai Gentili,
ma attraverso le sante Scritture nostro Signore ha proclamato anche in anticipo, ai Giudei e
agli empi e ai cristiani subito e ha dichiarato riguardo alla resurrezione dalla morte che è per gli
uomini.
Conferma della resurrezione anche dagli argomenti naturali. 15. E inoltre, infatti,
anche attraverso un uccello muto, intendiamo la fenice1121 , che è una sola, attraverso cui Dio
inoltre ci dimostra ampiamente la resurrezione. 16. Infatti, se ha un compagno, alcuni
avrebbero dovuto essere visti dagli uomini; invece uno solo è visto che, 17. una volta in
cinquecento anni, entra in Egitto e arriva nel punto più alto che è chiamato “del sole”. E porta
cannella1122 . E quando prega verso Est, si accende un fuoco e brucia e diventa cenere. E inoltre
dalle ceneri lì si forma un verme e cresce nella forma e diventa una fenice perfetta. E poi si
allontana e ritorna da dove viene.
Non veniamo meno al martirio per amor di Cristo. 18. Se in questo modo, attraverso un
animale muto, Dio ci dimostra la resurrezione, molto di più ‒ noi che crediamo nella
resurrezione e nella promessa di Dio, se il martirio ci raggiunge, in quanto uomini considerati
degni di tutta questa gloria che dovremmo ricevere una corona incorruttibile nella vita eterna ‒
19. ci rallegreremo nella grande grazia e nell’onore e la gloria del martirio per Dio e
accetteremo con gioia con tutta la nostra anima e crederemo nel Signore Dio che ci ha
resuscitato nella luce della gloria.
20. Quando all’inizio Dio ha ordinato attraverso una parola e il mondo fu creato e disse:
“Ci sia la luce”1123, anche la notte e il giorno e il cielo e la terra e il mare e gli uccelli e le
creature e le cose che strisciano sulla terra e gli animali a quattro zampe e gli alberi. 21. E ogni
cosa fu fatta con la sua parola e stabilita secondo natura, come hanno detto le Scritture ‒
queste opere, che vengono all’esistenza per l’obbedienza che gli rendono, testimoniano su Dio
che le ha create che esse furono fatte per mezzo suo da qualcosa che non c’era. Ed esse
dimostrano anche un segno di resurrezione.
Quando egli ha creato ogni cosa, così vivificherà specialmente e farà risorgere anche l’uomo
che è della sua stessa forma. Infatti se da ciò che non esisteva, egli ha strutturato e stabilito il
mondo, questo è molto più facile, cioè che da qualcosa che esiste egli vivifichi e faccia risorgere
l’uomo che è la formazione delle sue mani, anche se, con il seme umano, egli riveste l’uomo
nel grembo/utero con una forma e lo fa crescere.
22. Se poi egli fa risorgere tutti gli uomini ‒ come ha detto in Isaia: “Tutta la carne vedrà la
salvezza di Dio”1124 ‒ così specialmente egli vivificherà e farà risorgere i credenti. 23. E inoltre
vivificherà e farà risorgere i fedeli dei fedeli che sono i martiri e li porrà stabilmente nella
grande gloria e li farà suoi consiglieri. In quanto egli ha promesso ai discepoli ordinari, quelli
che credono in lui, la gloria come le stelle ai martiri, tuttavia, egli ha promesso di dare gloria
                                                                                                               
1120
Oracula Sibyllina, IV, 179-185, 187, 189-190, ed. Geffcken, p. 101.
1121
Cfr. I Clemente XXV; Origene, Contra Celsum IV, 98, p. 371.
1122
Cfr. latino XL p. 67: “Portans cinnamonum”.
1123
Gen I, 3 seg.
1124
Is XL, 5; cfr. anche LII, 10.

  210  
eterna, come gli astri che non si indeboliscono, con una luce eccellente, siano raggiati per
sempre.
24. Ora come discepoli di Cristo, crediamo che riceveremo da lui tutte le cose buone che ci
ha promesso nella vita eterna. E così imitiamo i tutti i suoi insegnamenti e la sua resistenza1125 .
25. Infatti la sua commovente nascita da una vergine e la volontà della sua passione, siamo
persuasi1126 dalla sue sante Scritture, come hanno annunciato i profeti in anticipo e raccontano
ogni cosa sulla sua venuta e tutto è stato portato a compimento e confermato nei nostri cuori.
Infatti, anche i demoni, tremando davanti al suo nome1127 , hanno pregato per la sua venuta. 26.
Perciò riguardo a queste (faccende) che avvereranno queste cose che abbiamo detto prima,
anche voi avete creduto e siete stati resi perfetti, ma noi in modo speciale ‒ noi che siamo con
lui e lo abbiamo visto con i nostri occhi1128 e abbiamo mangiato con lui, e siamo stati fatti
partecipi e testimoni della sua venuta. Inoltre riguardo ai suoi grandi e inspiegabili doni,
(quelli) che egli ci dà come aveva promesso, crediamo e speriamo di riceverli. 27. Infatti, tutta
la nostra fede è messa alla prova, se crediamo nelle sue promesse che si avvereranno.
Se poi siamo chiamati al martirio per il suo nome e ci allontaniamo dal mondo con la
confessione, saremo assolti da tutti i peccati e dalle offese e saremo puri, perché attraverso
Davide egli ha detto così sui martiri: “Benedetti siano quelli la cui iniquità è perdonata e i cui
peccati sono rimessi; benedetto è l’uomo a cui il Signore non imputerà i suoi peccati”1129. [5.8]
Perciò siano benedetti i martiri e i puri da tutte le offese. Perché sono stati fatti risorgere e
portati lontano da tutte le iniquità, come egli ha detto in Isaia su Cristo e i sui suoi martiri:

Ecco, il giusto è morto e non c’è nessuno che comprende; e gli uomini
santi sono portati via, e nessun uomo pone per il cuore; infatti il giusto è
riunito alla presenza del diavolo e la sua sepoltura avvenga in pace1130.

[5.9] Ora queste cose sono dette su quelli che testimoniano a causa del nome di Cristo.
Ma inoltre, i peccati sono perdonati dal battesimo anche a quelli che dalle leggi Gentili si
avvicinano ed entrano nella santa chiesa di Dio. 2. Informiamoci anche (su queste cose), a chi i
peccati non sono imputati. Come Abramo e Isacco e Giacobbe e tutti i patriarchi, così anche i
martiri. 3. Ascoltateci poi, confratelli, la Scrittura dice infatti: “Chi si può vantare e dire io
sono mondo dai peccati? O chi potrà essere certo e dire io sono assolto?”1131 . E inoltre: “Non
c’è uomo puro dalla corruzione, anche se la sua vita fosse di un solo giorno”1132. 4. Perciò, a
ognuno che crede ed è battezzato sono stati perdonati i suoi precedenti peccati. 5. Ma anche
dopo il battesimo, purché quello non abbia commesso un peccato mortale, né sia stato un
complice, ma abbia solo visto o ascoltato o parlato, e anche così è colpevole del peccato.
Tuttavia, se un uomo si allontana dal mondo con il martirio per il nome del Signore, sia
benedetto. Infatti, fratelli, quelli che attraverso il martirio si sono allontanati da questo mondo,
di quelli “siano rimessi i peccati”.

                                                                                                               
1125
!‫ܬ‬#$%&'()
1126
Ms FGHIJK: “Crediamo nella sua nascita da una vergine e nella sua venuta e nel potere della sua
passione”.
1127
Cfr. Gc II, 19.
1128
Gv I, 1; Atti X, 41.
1129
Salmo (XXXI) XXXII, 1.
1130
Is LVII, 1.
1131
Prov XX, 9.
1132
Gb XIV, 4.

  211  
Capitolo XXI1133

La Pasqua e la resurrezione di Cristo nostro Salvatore1134

[5.10] Per questo motivo, è richiesto a tutti i cristiani di preservarsi da un linguaggio vano e
da parole leggere e impure. Infatti non solo la domenica, in cui ci rallegriamo e siamo contenti,
a nessuno è permesso dire una parola leggera o una (cosa) estranea al timor di Dio, come anche
nostro Signore ci insegna nel Salmo attraverso Davide, quando dice così:

E ora, voi re, comprendete e siate istruiti, voi che siete giudici della terra.
Servite il Signore nel timore e fategli festa con tremore. Fate attenzione nella
disciplina, affinché il Signore non si arrabbi e periate dalla via della giustizia,
perché all’improvviso è accesa contro di voi la sua rabbia; siano benedetti quelli
che confidano in lui1135 .

                                                                                                               
1133
La complessità di questo capitolo si palesa da subito a chi si avvicina al testo, è evidente l’utilizzo di diverse
fonti e la combinazione di differenti cronologie pasquali tanto da restituire una sensazione caotica. Il tessuto
narrativo e normativo di DA è costruito su diversi livelli di redazione, a cui corrispondono momenti, intenti e
redattori diversi. Il primo a teorizzare la possibilità che esistessero dei “livelli di redazione” fu Schwartz che divise
il materiale di questo XXI capitolo in sette sezioni. [Cfr. E. Schwartz, Chridtliche und jüdische Ostertafeln, XX,
Berlin 1905, p. 105-121]. Schmidt, nel 1919, riconosce che le fonti utilizzate in questo capitolo sono molte, ma
ne conclude che il prodotto finale è l’opera di un unico redattore [Cfr. C. Schmith, Gesprache Jesu mit seinen
J ngern nach der Auferstehung, TU 43, XX, Leipzig 1919, p. 649-677]; di recente Stewart-Sykes riprende questa
teoria ed elabora la sua ipotesi. Individua in DA redazioni e redattori diversi, riconoscendo nel redattore finale
preannunciato da Schmidt quello che lui chiama “The Uniting Redactor”, che per semplicità chiamerò solo
redattore finale. [Cfr. op. cit., p. 33-44]. Per quanto riguarda questo XXI capitolo, S-S concorda in grande
sostanza con la divisione fatta da Rouwhorst [cfr. G.A.M. Rouwhorst, Les hymnes pacale d’Ephrem de Nisibe I, XX,
Leiden 1989a, p.105-121] che ha separato questo materiale sempre in sette sezioni, ma in modo diverso rispetto a
Schwartz, ovvero:
1) Una breve indicazione sul digiuno. La sezione potrebbe essere Quartodecimana e piuttosto antica, ed è stata
interpolata dal redattore apostolico.
2) Questa sezione è opera di una mano diversa, c’è la proposta di una cronologia sulla settimana santa. (S-S
invece attribuisce questa seconda sezione al redattore apostolico).
3) Pratica del digiuno che riguarda la prima parte della settimana santa.
4) Indicazioni sulla seconda parte della settimana santa. Secondo Stewart-Sykes questa sezione deriverebbe dalla
mano che ha creato la cronologia. In più di un’occasione il lavoro del redattore apostolico è cancellato
nonostante fosse parte della stessa discussione fornita per allontanare dalla pratica quartodecimana e
giustificare i sei giorni della settimana santa con la Pasqua di domenica.
5) Il quattordicesimo, che deriva dal documento originale e più antico.
6) La domenica.
7) Proibizione di digiunare di domenica.
Sostanzialmente Rouwhorst individua tre grandi livelli nella parte principale del capitolo: un’antica fonte
Quartodecimana, poi una anti-Quartodecimana e infine l’esempio apostolico. Secondo S-S però il limite di
questa ipotesi consiste nel non osservare il lavoro del redattore apostolico, il che ha significato per Rouwhorst non
vedere che a metà del documento originale quartodecimano c’era una discussione sulla cronologia.
Secondo S-S una fonte Quartodecimana è stata redatta prima che le mani del redattore apostolico
raggiungessero DA, sebbene sia possibile anche il contrario, secondo S-S è molto più probabile che questo lavoro
fosse opera del “redattore finale”, un redattore che ha confezionato il prodotto che oggi leggiamo e che ha inserito
gli elementi sul giuramento. Secondo S-S l’interesse di questo redattore, rispetto alla fonte quartodecimana dei sei
giorni della settimana santa e della domenica di Pasqua, potrebbe essere letto come il tentativo di includere i
quartodecimani nel suo assalto contro le eresie, mentre il redattore apostolico promuove il carattere anti giudaico
del digiuno. [Cfr. A. Stewart-Sykes, op. cit., p. 33- 44].
1134
Ms EGN riportano: “Esortazione a ogni cristiano di conservarsi da ogni conversazione malvagia e leggera,
e da ogni pratica cattiva ed empia. Il santo digiuno. La passione e la crocefissione di nostro Signore. Il
quattordicesimo della Pasqua dei giudei e il venerdì della passione e il sabato del vangelo e il primo giorno della
resurrezione di nostro Signore. Il lutto del popolo dei giudei e la gioia del popolo dei cristiani”.
1135
Sal II, 10-12.

  212  
2. Ci è richiesto, perciò, di fare le nostre feste e le nostre celebrazioni1136 nel timore e nel
tremore. Infatti, un fedele cristiano, si dice che non deve recitare le canzoni degli empi, né
avvicinarsi alle leggi e agli insegnamenti delle assemblee estranee1137 . Infatti, può accadere che
con le canzoni faccia menzione anche del nome degli idoli, che Dio proibisce sia fatto da un
fedele. [5.11] Infatti il Signore per mezzo di Geremia rimprovera il popolo e parla così: “Mi
hanno abbandonato e hanno creduto ciecamente a quelli che non sono dei”1138 2. e inoltre
dice: “Se Israele ritorna, ritorni a me ‒ dice il Signore ‒ e se allontanerà gli abomini dalla sua
bocca avrà timore davanti al mio viso e giurerà”, “come vive il Signore”1139 e inoltre dice:
“Eliminerò il nome degli idoli dalla vostra bocca”1140 . E attraverso Mosè ancora ha detto loro:
“Mi hanno istigato alla gelosia con ciò che non è dio e con i loro idoli mi hanno fatto
arrabbiare”1141 . E in tutte le Scritture egli ha parlato contro queste cose.
[5.12] E non solo non è legittimo giurare sugli idoli per i fedeli, ma anche sul sole e sulla
luna. Infatti il Signore Dio parla così attraverso Mosè: “Popolo mio, se voi vedrete1142 … li
servirete, infatti questi vi sono stati dati per la luce sulla terra”1143 . E attraverso Geremia inoltre
dice: “Non imparate dai costumi dei Gentili e non abbiate timore dei segni del cielo”1144 . 2. E
attraverso Ezechiele dice così:

Ed egli mi ha condotto nella corte della casa del Signore, tra il vestibolo1145 e
l’altare. E io lì ho visto uomini le cui spalle erano girate al tempio del Signore e i
loro visi a Est; e lì veneravano il sole. E il Signore mi ha detto: ‘Figlio dell’uomo,
è cosa piccola per la casa di Giuda fare questi abomini che fanno qui, e hanno
riempito la regione di iniquità e sono tornati per provocarmi? E sono diventati
schernitori1146, e io agirò nel furore e non sarò pietoso e piangeranno nelle mie
orecchie con voce forte, ma io non li ascolterò’1147.

4. Nostri amati, vedete quanto severamente e amaramente è stata emessa la condanna su chi
venera il sole o giura così: il Signore agirà nel suo furore. 5. Perciò, non è legittimo per un
credente giurare 1148 né sul sole né su ogni altro segno del cielo o sugli elementi, né fare
menzione con la bocca del nome degli idoli, né distribuire maledizione dalla bocca, ma
benedizioni e salmi e (proverbi dalle) Scritture domenicali e divine, che sono il fondamento
della verità della nostra fede.
E specialmente nei giorni di Pasqua1149 , in cui tutti i credenti che sono nel mondo intero
digiunano1150 , 6. come nostro Signore e maestro ha detto quando lo hanno interrogato:

                                                                                                               
1136
‫ܬܢ‬‫ ܘ‬$̈ &
1137
!"#$%& !
̈ ()$‫ܕ‬
1138
Ger V, 7.
1139
Ger VI, 1-2.
1140
Os II, 17.
1141
Dt XXXII, 21.
1142
Vööbus nota come la parte mancante della frase si ritrova nei Ms più tardi EFGHIJKN in cui sono state
apportate delle correzioni: ‫ܘܢ‬#$ ‫ܢ‬%&'‫*) ܬ‬+‫ ܖ‬-‫ܪ‬#/+‫) ܘ‬010+ (“Il sole e la luna, non sarete sviati da loro”); ma
tralascia: !"#$ ‫ܬ& ܕ‬ (̈" * ‫ܢ‬
‫ܘ‬-
. /‫!ܘ‬0
̈ /(/‫ܘ‬ (“Le stelle e tutti gli ospiti del cielo”). [Cfr. op. cit., p. 187].
1143
Dt IV, 19.
1144
Ger X, 2.
1145
!"#‫ܘ‬%&'(  κατ στρωµα, “the porch”, Vööbus traduce: “The raised floor”.
1146
!"#$̈ &
'
1147
Ez VIII, 16-18. Dal passo appare chiaro che non sarà una punizione che colpirà in modo indistinto.
1148
!"#$%
1149
π σχα
1150
Cfr. Tertulliano, De ieiunio 2, p. 31.

  213  
‘Perché i discepoli di Giovanni digiunano e i tuoi non digiunano?’ Ed egli
rispose e disse loro: ‘I figli della camera nuziale1151 non possono digiunare finché
lo sposo è con loro; ma verranno giorni in cui lo sposo sarà portato via da loro e
digiuneranno in quei giorni’1152.

Ora, grazie alle sue azioni, tuttavia, egli è con noi, ma è lontano dalla vista perché è asceso
verso le sommità del cielo e siede alla destra del Padre1153.
[5.13] Per questo motivo, quando digiunate pregate e intercedete per quelli che sono
smarriti, come abbiamo fatto anche noi quando il nostro Salvatore ha sofferto. [5.14] Infatti,
finché è stato con noi, prima di soffrire, quando mangiavamo la Pasqua con lui, ci ha detto:

Oggi, in questa notte1154, uno di voi mi tradirà1155. E noi gli abbiamo detto:
‘Sono io, mio Signore?’. Ed egli ha risposto e ci ha detto: ‘Chi allunga con me la
sua mano nel piatto’1156.

2. E1157 Giuda Iscariota, che era uno di noi, si alzò e scappò via per tradirlo. 3. Poi1158 nostro
Signore ha detto a noi:

In verità io vi dico, fra un po’ 1159 mi abbandonerete, perché è scritto:


‘Colpirò il pastore e gli agnelli del suo gregge saranno dispersi’1160.

4. E Giuda venne con gli scribi e con i sacerdoti del popolo e consegnò nostro Signore
Gesù1161 .
Ora, questo accadde il quarto giorno della settimana 1162 . 5. Infatti, quando abbiamo
mangiato la Pasqua il terzo giorno della settimana durante la sera, siamo andati sul Monte
degli Ulivi1163 e nella notte hanno catturato nostro Signore Gesù. 6. E il giorno dopo, che era il
quarto della settimana, è rimasto in custodia nella casa di Caifa il sommo sacerdote1164. E lo
stesso giorno i capi del popolo furono riuniti e presero consiglio contro di lui.
7. E il giorno dopo inoltre, che era il quinto della settimana, lo portarono da Pilato, il
governatore1165 . E rimase ancora in custodia con Pilato la notte successiva al quinto giorno
della settimana. 8. Ma mentre albeggiava il venerdì, gli mossero molte accuse1166 davanti a
Pilato. E non poterono mostrare niente che fosse vero, ma diedero false testimonianze contro
                                                                                                               
1151
!"#$% bridal bed or chamber.
1152
Cfr. Mc II, 18-20, Mt IX, 14 e Lc V, 33-35.
1153
Mc XVI, 19.
1154
Mc XIV, 30.
1155
Mt XXVI, 21.
1156
Mt XXVI, 22; cfr. Mc XIV, 18-20.
1157
Egli indicò Giuda Iscariota, Ms EFGHIJKN.
1158
Ms EFGHIJKN non riportano questa parte, l’omissione è piuttosto lunga.
1159
Gv XII, 35.
1160
Mt XXVI, 31; Mc XIV 27.
1161
Secondo Stewart-Sykes questo passaggio è un mosaico di elementi giovannei e sinottici. [Cfr. op. cit, p.
214 nota 13].
1162
E cioè il mercoledì, perché il primo giorno della settimana, ricordiamo, che è la domenica. Vööbus fa
notare nell’introduzione come in alcuni passi del XXI capitolo, tra cui questo, converga una tradizione diversa. In
questo caso viene inserito un elemento nuovo e tragico che indica il modo in cui Gesù caccia il traditore il
pagamento del tradimento. [Cfr. A. Vööbus, op. cit., p. 55*].
1163
Mc XIV, 32.
1164
Mc XIV, 53.
1165
Mc XV, 1.
1166
Mc XV, 3.

  214  
di lui. E chiesero che fosse messo a morte da Pilato1167 . 9. E lo crocifissero il venerdì. Poi soffrì
fino alla sesta ora 1168 di venerdì. E quelle ore in cui nostro Signore fu crocifisso furono
considerate un giorno. E in seguito inoltre, ci fu buio per tre ore1169 e fu considerata notte. E
inoltre dalla nona ora fino alla sera ‒ tre ore ‒ (fu considerato) un giorno. 10. E in seguito
inoltre, la notte del sabato della Passione.
11. Ma nel vangelo di Matteo1170 è scritto così:

Durante la sera del sabato, quando il primo giorno della settimana albeggiava,
venne Maria e l’altra Maria, la Maddalena1171, per vedere il sepolcro. E ci fu un
grande terremoto perché un angelo del Signore venne giù e rotolò via la
pietra1172.

12. E inoltre (ci fu) il giorno del sabato e poi tre ore della notte dopo il sabato, in cui nostro
Signore si addormentò. 13. E si compì ciò che aveva detto: “Il figlio dell’uomo attraverserà1173
il cuore della terra tre giorni e tre notti”1174 , come è scritto nel vangelo. E inoltre è scritto in
Davide: “Ecco, tu hai stabilito i miei giorni con una misura”1175 . Ora, poiché questi giorni e
queste notti sono diventati corti, così fu scritto1176 .
14. Nella notte poi, “quando il primo giorno della settimana albeggiava”1177 , egli apparve a
“Maria Maddalena e a Maria la figlia di Giacomo”1178 . E la mattina del primo giorno della
settimana venne nella (casa di) Levi 1179 ; e poi apparve anche a noi. 15. Ma ci disse
insegnandoci:

State digiunando a causa mia questi giorni? Ovvero: io ho bisogno che voi
siate afflitti?1180 Piuttosto, è per amore dei vostri fratelli che avete fatto questo.
Fate lo stesso in questi giorni quando digiunate, il quarto giorno della settimana
e il venerdì, sempre. Come è scritto in Zaccaria: “Il quarto digiuno e il quinto
digiuno”1181 che è il venerdì. Infatti non è legittimo per voi digiunare il primo
giorno della settimana, perché è la mia resurrezione. 16. Per questo motivo, il

                                                                                                               
1167
Mc XV,13.
1168
Mc XV, 33.
1169
Mc XV, 33.
1170
Connolly [op. cit. p.182] nota come questo sia l’unico riferimento per nome di tutta DA al NT e, visto
che interrompe un certo andamento del testo, suggerisce che fosse una nota al margine che poi è stata inclusa nel
testo stesso.
1171
Connolly [op. cit. p.182] crede che “Maria e l’altra Maria, la Maddalena” sia un errore, perché la sequenza
riportata in Mt XXVIII, 1 è rovesciata, infatti si legge: “Passato il sabato, all’alba del primo giorno della settimana,
Maria di Màgdala e l’altra Maria andarono a visitare il sepolcro”. In realtà secondo Vööbus la faccenda è molto
più complicata: come i cristiani di lingua greca anche quelli di lingua siriaca sono stati incitati ad assicurarsi
un’apparizione di Cristo a Maria, sua madre. Secondo Stewart Sykes, [op. cit. p. 214], questo passaggio è opera
del “redattore apostolico”.
1172
Mt XXVIII, 1.
1173
  !"#$
1174
Mt XII, 40.
1175
Cfr. Sal XXXIX, 4 e Sal XXXVIII (XXXIX), 6.
1176  INSERISCI  NOTA  18  sykes  
1177
Mt XXVIII, 1.
1178
Mt XXVIII, 9.
1179
Connolly [op. cit., p. XCIII seg. e p.183] suggerisce che Evangelium Petri XIV è la fonte di questo passo.
Funk [op. cit., p. 276] non è certo che la casa di Levi sia da identificare con il figlio di Alfeo, suggerisce piuttosto
di aspettarsi Giacomo, che però non è conosciuto da nessuna parte come Levi. Stewart-Sykes si chiede piuttosto
se è possibile che il nome sia stato sostituito con quello di Giacomo sotto l’influenza dell’Evangelium Petri. [cfr. A.
Stewart-Sykes, op. cit., p. 215 nota 19].
1180
Cfr. Is LVIII, 4-5.
1181
Zc VIII, 19.

  215  
primo giorno della settimana non è contato nel numero dei giorni del digiuno
della passione, ma sono contati dal secondo giorno della settimana e sono cinque
giorni1182. Perciò, “il quarto digiuno e il quinto digiuno e il settimo digiuno e il
decimo digiuno saranno per quelli della casa di Israele” 1183 . 17. Digiunate,
dunque, dal secondo giorno della settimana1184, sei giorni completi, fino alla
notte dopo il sabato e vi sarà considerato come una settimana. 18. “Il decimo” è
perché l’inizio del mio nome è Yod1185, in cui c'è stato l’inizio dei digiuni.
Tuttavia, (digiunate) non secondo i costumi del precedente popolo, ma
secondo la nuova alleanza/nuovo accordo che ho stabilito con voi1186, digiunate
per loro nel quarto giorno della settimana, perché il quarto giorno della
settimana hanno iniziato a distruggere le loro anime e mi hanno catturato. 19.
Infatti la notte dopo il terzo giorno della settimana è il quarto della settimana,
come è scritto: “Fu sera e fu mattina, un giorno”1187. La sera perciò appartiene al
giorno seguente ‒ 20. infatti, “il terzo giorno della settimana anche io ho
mangiato la mia Pasqua con voi e nella notte mi hanno catturato”. 21. Ma
inoltre digiunate per loro anche il venerdì, perché mi hanno crocefisso, a metà
del digiuno del loro pane non lievitato/nel corso della festa dei loro azzimi, come
è stato detto molto tempo fa in Davide: “In mezzo alle loro feste hanno posto i
loro segni e non li hanno riconosciuti”1188.
22. Siate sempre costanti nel digiuno in questi giorni, specialmente quelli
che si trovano fra i Gentili/coloro che vengono dai pagani. Infatti, poiché il
popolo1189 non è stato obbediente, io li1190 ho riscattati dalla cecità e dall’errore
degli idoli e li ho accolti, così che ‒ attraverso il loro digiuno e (il digiuno) di
quelli che sono fra i Gentili e il vostro servizio durante quei giorni ‒ quando
pregate e intercedete per l’errore e per la distruzione del popolo, la vostra
preghiera e la vostra intercessione sia accettata davanti al Padre mio che è nei
cieli, come se venisse da una sola bocca di tutti i credenti che sono sulla terra, e
(che) tutti, grazie a me siano perdonati./e che tutto quello che hanno commesso
contro di me, sia loro perdonato. Per questo motivo, anche io vi ho già detto nel
vangelo: “Pregate per i vostri nemici” 1191 e “Siano benedetti coloro che si
lamentano1192 per la distruzione di coloro che non credono”1193.

                                                                                                               
1182
Sembra essere un errore. I giorni, da lunedì a sabato, non sono cinque, ma sei come si dice poco dopo.
1183
Zc VIII, 19.
1184
Nella finzione narrativa riprodotta dal redattore apostolico è Gesù stesso a dire ai cristiani di digiunare già
dal mercoledì e non dal giovedì. Il digiuno si svolge il mercoledì, il venerdì e il sabato in cui ha luogo anche la
veglia. Il mercoledì e il venerdì quindi sono i giorni del digiuno in contrapposizione a quelli degli “ipocriti” in
senso anti-giudaico.[Cfr. A. Stewart-Sykes, op. cit., p. 42].
1185
La lettera iota indica il 10 ed è la prima lettera del nome di Gesù in greco. Questa analogia è sfruttata più
volte nella DA, in questa occasione il decimo giorno indica quello in cui viene scelto l’agnello da sacrificare che,
come nota Stewart-Sykes [op. cit., p. 216 nota 23], il redattore lo riporta dall’inizio per costruire una lunga
settimana di digiuno accanto alla cronologia della Pasqua ebraica. Il lavoro del redattore in questo caso è stato
quello di regolare il digiuno attraverso l’opposizione alla pratica Quartodecimana e fare in modo che coincidesse
con Esodo 12.
1186
Cfr. Didachè VIII, 1.
1187
Gen I, 5.
1188
Sal (LXXIII) LXXIV, 4.
1189
Vööbus intende il popolo ebraico.
1190
Vööbus intende i Gentili.
1191
Mt V, 44; Lc VI, 27. ‫ܢ‬ " #$ %
̈ '()* +
',"-‫ܨ‬ “Pregate per i vostri nemici” in greco appare appare per la
prima volta in Giustino, in latino “orate pro inimicis vestris si trova in Passio Ignatii e in siriaco era molto
popolare e si ritrova in molti codici siriaci arcaici. [Cfr. A. Vööbus, History of the Gospel Text in Siriac, XX, p. 137
seg.]
1192
Mt V, 4.
1193
Mentre Vööbus attribuisce a Gesù solo una parte della citazione, S-S [op. cit. p. 216] chiude le virgolette
alla fine del detto e in nota aggiunge: “It is interesting that such a free citation should be in the mouth of Jesus!”.
La sua soluzione mi sembra più comprensibile.

  216  
23. Pertanto sappiate, fratelli nostri, che il nostro digiuno che facciamo 1194 durante la
Pasqua, che voi dovete digiunare, è perché i nostri fratelli non hanno obbedito. Infatti anche se
vi odiano, noi dovremmo chiamarli fratelli, perché è scritto per noi in Isaia così: “Chiamate
fratelli quelli che vi odiano e vi rifiutano, così che il nome del Signore sia glorificato”1195 . 24. A
causa loro, così e per il giudizio e la distruzione del posto (del santuario) a noi è richiesto di
digiunare e di lamentarci, per gioire ed essere contenti nel mondo futuro, come è scritto in
Isaia: “Gioite tutti voi che vi lamentate per Sion”1196 . E dice inoltre: “Per confortare tutti quelli
che si lamentano per Sion, al posto delle ceneri l’olio della letizia, e al posto di uno spirito
afflitto un vestito di gloria1197.
[5.15] Ci è richiesto, così, di avere pietà di loro e di credere e di digiunare e pregare per loro.
Infatti quando nostro Signore venne dal popolo (ebraico), essi non gli hanno creduto quando
insegnò loro, ma il suo insegnamento passò lontano dalle loro orecchie. 2. Perciò, poiché il
popolo non ha obbedito, egli vi ha accolto, fratelli che siete fra i Gentili e ha aperto le vostre
orecchie affinché il vostro cuore ascolti1198 , come nostro Signore e Salvatore stesso ha detto
attraverso il profeta Isaia:

Sono apparso a quelli che hanno chiesto di me e mi sono trovato fra quelli
che non mi hanno cercato; e ho detto, ecco, io sono per un popolo che non ha
invocato il mio nome1199.

3. Ora, riguardo a chi ha parlato così? Non erano i Gentili, perché non hanno mai
conosciuto Dio e perché hanno pregato gli idoli? 4. Tuttavia, quando nostro Signore è venuto
al mondo e vi ha insegnato, voi ‒ chi ha creduto in lui ‒ avete creduto che Dio è uno1200. E
inoltre quelli che sono degni, credano, fino a che il numero di quelli che sono da salvare è
completo “un migliaio di volte migliaia, e dieci migliaia di volte dieci migliaia”1201, come è
scritto in Davide.
5. Ma riguardo al popolo (ebraico) che non ha creduto in lui, egli ha detto così:

Ho teso le mie mani tutti i giorni a un popolo che non è persuaso e resiste e
cammina su una strada che non è buona e va oltre i loro peccati, il popolo che
mi fa arrabbiare davanti a me1202.

[5.16] Vedete, poi che il popolo ha indotto nostro Signore ad arrabbiarsi perché essi non
hanno creduto in lui. Per questo motivo ha detto: “Hanno indotto lo Spirito santo ad
arrabbiarsi e hanno indirizzato loro stessi1203 verso l’empietà” 1204 . 2. E inoltre parla contro
quelli in un altro modo attraverso il profeta Isaia:

                                                                                                               
1194
Letteralmente: “Il digiuno che digiuniamo”.
1195
Is LXVI, 5.
1196
Vööbus fa notare che il redattore rende in modo piuttosto libero Is LXVI, 10.
1197
Cfr. Is LXI, 1-2.
1198
Letteralmente: “All’ascolto del vostro cuore”.
1199
Is LXV, 1.
1200
Cfr. Erma, Mand. I, 1.
1201
Sal LXVII (LXVIII), 18; Dan VII, 10.
1202
Is LXV, 2-3.
1203
Connolly ha tradotto: “And he was turned to enemy unto them”. [Cfr. op. cit., p.109] . Nau invece: “Et il
est devenu leur ennemi”, [cfr. op. cit., p.170].
1204
Is LXIII, 10.

  217  
Regione di Zabulon, regione di Neftali1205, la via del mare, oltre il Giordano,
Galilea delle genti, un popolo che sta nell’oscurità, avete visto una grande luce, e
(su) quelli che stanno nell’oscurità e nelle ombre di morte, la luce ha albeggiato
su di loro1206.

3. Quelli che stanno nell’oscurità, egli ha parlato di quelli del popolo che (dopo) hanno
creduto nel nostro Signore Gesù. Infatti, a causa della cecità del popolo una grande oscurità li
ha circondati. Infatti hanno visto Gesù, ma che fosse il Cristo non l’hanno riconosciuto. E non
lo hanno capito, né dalle scritture dei profeti né dalle sue azioni e dalle sue guarigioni. 4.
Tuttavia, a voi, quelli fra il popolo che ha creduto in Gesù1207 diciamo: “Imparate come la
Scrittura ci rende testimonianza e dice: ‘Essi hanno visto una grande luce’”. Voi poi, quelli che
hanno creduto in lui, “hanno visto una grande luce”, Gesù Cristo nostro Signore, e così quelli
vedranno chi è a credere in lui.
5. Ma quelli che sono nelle ombre di morte siete voi, quelli che sono fra i Gentili; infatti voi
siete nelle ombre di morte perché avete creduto nel culto degli idoli e non avete (ri)conosciuto
Dio. 6. Tuttavia, quando Gesù Cristo nostro Signore e insegnante ci è apparso una luce ha
albeggiato su di voi, infatti voi avete guardato fisso e avete creduto alla promessa del regno
eterno. E vi siete allontanati dai comportamenti1208 e dai costumi1209 del precedente errore1210 e
non avete più venerato idoli come avete venerato loro, ma da molto tempo avete creduto e
siete stati battezzati in lui e una grande luce ha albeggiato su di voi. 7. Così poi, poiché il popolo
non ha obbedito, fu buio. Ma l’ascolto delle vostre orecchie1211 , di quelli che sono fra i Gentili,
fu luce. Pertanto, quindi, pregate e intercedete per essi e specialmente nei giorni di Pasqua,
grazie alle vostre preghiere siano considerati degni del perdono e ritornare al nostro Signore
Gesù Cristo.
1212
[5.17] Perciò fratelli, nei giorni della Pasqua, vi è richiesto di attenervi attentamente con
diligenza e di fare il vostro digiuno con ogni cura. E cominciate quando i vostri fratelli che
vengono dal popolo fanno la Pasqua ebraica, perché quando nostro Signore e maestro ha
mangiato la Pasqua con noi, fu consegnato da Giuda dopo quell’ora e subito dopo abbiamo
iniziato ad addolorarci perché ci era stato sottratto. 2. Dalla quantità della luna, visto che
contiamo secondo il computo delle credenze ebraiche, il decimo di luna, il secondo giorno
della settimana1213 , “i sacerdoti e gli anziani del popolo si sono riuniti e sono venuti alla corte
di Caifa, il sommo sacerdote; e hanno pensato di afferrare Gesù e ucciderlo; ma hanno temuto
e hanno detto: ‘No durante la festa, per non fomentare 1214 il popolo” 1215 , infatti tutti
“pendevano da lui”1216 ed “lo prendevano per un profeta”1217 per i miracoli di guarigione che
aveva fatto tra loro.

                                                                                                               
1205
Mt IV, 15.
1206
Mt IV, 15 e Is IX, 1.
1207
Il riferimento è a quelli che appartengono al popolo ebraico e che hanno creduto in Gesù.
1208
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1209
!"#‫ܕܘ‬
1210
!"#$%& !‫(ܬ‬#)*
1211
Cfr. Sal XVII, 45.
1212
E. Schwartz fu il primo a notare che questo capitolo è diviso in due parti, un inserimento posteriore taglia
in modo disomogeneo il capitolo. [Cfr. Christliche und jüdische Ostertafeln, Berlin 1905, p. 105 seg. (ripubblicato
da Kessinger Publishing nel 2010)].
1213
Il testo dei Ms EFGHIJKN riprende da qui dopo una lunga omissione, cfr. nota 25 di questo stesso
capitolo.
1214
!"#$% &'(‫ܕ‬
1215
Mt XXVI, 3-5.
1216
Lc XIX 48.
1217
Mt XXI, 46.

  218  
3. Ma Gesù in quel giorno era “nella casa di Simone il lebbroso”1218 e noi insieme con lui e
ci ha narrato che cosa gli fosse accaduto. 4. Ma Giuda si allontanò da noi in segreto, sperando
di evitare nostro Signore e giunse alla casa di Caifa, dove il capo, i sacerdoti e gli anziani erano
riuniti e disse loro:
‘Che cosa mi date se lo consegno a voi1219 quando ho l’opportunità?’. Poi
decisero e gli diedero trenta pezzi d’argento1220. 5. Ed egli disse loro: ‘Armate
subito giovani uomini a causa dei suoi discepoli, se esce di notte in un luogo
deserto vengo io e vi conduco’. E armarono i giovani uomini e si organizzarono
per catturarlo. “E Giuda stava attento a trovare l’opportunità di consegnarlo’1221.

6. Ma a causa di tutta la folla di gente, che veniva al tempio da ogni città e da ogni villaggio,
per fare la Pasqua a Gerusalemme, i sacerdoti e gli anziani pensarono e ordinarono e
stabilirono che avrebbero fatto la festa immediatamente, per catturarlo senza disordini. Infatti
il popolo di Gerusalemme era occupato con il sacrificio e a mangiare la Pasqua. E tuttavia, non
era ancora venuto tutto il popolo da fuori, perché li avevano ingannati riguardo ai giorni. 7.
Siano rimproverati davanti a Dio di peccare molto in ogni cosa, perciò hanno anticipato la
Pasqua di tre giorni 1222 e l’hanno celebrata l’undicesimo della luna, il terzo giorno della
settimana. Infatti, dicono:

Poiché tutto il popolo si smarrisce dopo di lui (dopo averlo ascoltato), ora
che abbiamo un’opportunità catturiamolo; e poi dopo che è venuto tutto il
popolo, lo uccidiamo davanti a tutti, che questo sia noto in modo palese e tutto
il popolo ritorni indietro dopo di lui (dopo averlo ascoltato).

8. E così nella notte, mentre il quarto giorno della settimana albeggiava, egli (Giuda) ha
consegnato nostro Signore a loro. Ma hanno dato il compenso a Giuda il decimo del mese1223 ,
il secondo giorno della settimana. Per questo motivo sono stati tenuti in considerazione da Dio,
sebbene il secondo giorno1224 hanno pensato di catturarlo e di ucciderlo. E hanno realizzato la
loro scelleratezza il venerdì, come ha detto Mosè sulla Pasqua in questo modo: “Sarà preso in
considerazione (l’agnello) da voi dal decimo fino al quattordicesimo e poi tutto Israele
sacrificherà la Pasqua”1225 .
1226
[5.18] Per questo motivo, digiunerete nei giorni di Pasqua dal decimo, che è il secondo
giorno della settimana1227 . E sarete sostenuti solo da pane, sale e acqua, dalla nona ora fino al
quinto giorno della settimana. Il venerdì, tuttavia, e il sabato digiunate del tutto e non
assaggiate niente.

                                                                                                               
1218
Mt XXVI, 6.
1219
Mt XXVI, 15.
1220
Mt XXVI, 15.
1221
Mt XXVI, 15.
1222
Su una tradizione simile cfr. Epifanio, Panarion LI, 26.
1223
Il pagamento del tradimento è inserito in un momento specifico e numericamente importante: il dieci del
mese, un numero che indica la prima lettera del nome di Gesù, lo Y.
1224
Vööbus introduce in nota anche le parole che coprono un testo che il Ms B ha nel margine: “Lo hanno
catturato perché il secondo giorno della settimana”.
1225
Es XII, 6.
1226
Qui si intende la Pasqua cristiana.
1227
Questo digiuno è di sei giorni, al riguardo anche Epifanio, Panarion LXXV, 6 p. 150 e Dionisio di
Alessandria, Epistula canonica in Routh, Reliquae sacrae III, p. 229.

  219  
[5.19] Riunitevi insieme e sorvegliate e vigilate tutta la notte con preghiere e intercessioni e
con la lettura dei profeti, con il vangelo e con i salmi con timore e tremore e con assidua
supplica, fino alla terza ora nella notte successiva al sabato1228 . E poi terminate i vostri digiuni.
2. Infatti, anche noi in questo modo abbiamo digiunato 1229 mentre nostro Signore ha
sofferto, a testimonianza dei tre giorni. E rimanemmo vigili e in preghiera e a intercedere per la
distruzione del popolo, per chi si smarrisce e non professa1230 nostro Signore. 3. In questo
modo, pregate anche che il Signore non ricordi la loro colpa fino alla fine, per l’inganno
adoperato contro nostro Signore 1231 , ma conceda loro un luogo per la penitenza e la
conversione e il perdono dei loro peccati.
4. Egli tuttavia, che era empio e di un popolo straniero, Pilato 1232 il giudice, non ha
approvato le azioni della loro malvagità1233 , ma “prese l’acqua e si lavò le mani e disse: ‘io sono
innocente del sangue di quest’uomo’”1234 . Tuttavia, il popolo rispose e disse: “Il suo sangue è
su di noi e sui nostri figli”1235 . 5. Ed Erode ordinò che fosse crocifisso1236 e nostro Signore soffrì
per noi il venerdì. 6. Perciò il digiuno del venerdì1237 e del sabato vi è richiesto in modo
particolare. E anche la veglia e l’osservazione del sabato e la lettura delle Scritture e i salmi e la
preghiera e l’intercessione per quelli che hanno peccato e l’aspettativa e la speranza della
resurrezione di nostro Signore Gesù fino alla terza ora nella notte dopo il sabato.
7. E dopo offrite le vostre oblazioni. E dopo questo, mangiate e riunitevi e gioite e siate
contenti, come segno della nostra resurrezione, Cristo è risorto. E questa sarà legge per voi
sempre, fino alla fine del mondo. 8. Infatti per quelli che non credono nel nostro Salvatore,
egli è morto, è morto per la loro speranza in lui. Ma per voi, quelli che credono, nostro
Signore e Salvatore è risorto, perché la vostra speranza in lui è immortale e vive per sempre.
9. Digiunate il venerdì quindi, perché il popolo ha ucciso se stesso nella crocefissione di
nostro Signore; e il sabato inoltre, perché è il sonno di nostro Signore; 10. infatti è uno il
giorno in cui il digiuno è richiesto in modo particolare, come anche il benedetto Mosè, profeta
di tutta questa faccenda, ha ordinato. Infatti, egli ne è venuto a conoscenza attraverso lo
Spirito Santo, e gli è stato ordinato da Dio onnipotente, che ha saputo che cosa stesse per fare
il popolo a suo Figlio e suo amato Gesù Cristo, anche a quel tempo essi lo rinnegarono
attraverso Mosè e dissero: “Chi ti ha costituito capo e giudice su di noi?”1238 . Per questo
motivo, egli li ha incatenati in anticipo con il lutto eterno, perciò egli ha disposto a parte e
costituto il sabato per loro. Infatti si meritano l’afflizione1239 , perché hanno rinnegato la loro

                                                                                                               
1228
Cioè le nove di sera, si fa iniziare il giorno dalla sera prima. Gli avvenimenti della settimana santa hanno
inizio il lunedì, il 10 del mese con la cospirazione dei Giudei, di Caifa e dei sacerdoti. Prima, la pratica
Quartodecimana posponeva la celebrazione fino alla mezzanotte, in questo modo le loro feste non coincidevano
con la Pasqua ebraica, ma con lo spostamento alla domenica, le feste non sarebbero più coincise. [Cfr. Stewart-
Sykes, op. cit. 1998, 164-172].
1229
Cfr. il vangelo di Pietro VII, Antilegomena, p. 16.
1230
!ܺ#‫ ܐܰܘܕ‬. Cfr. vangelo di Pietro 7. Cfr. anche Melitone, Sulla Pasqua 80 che contrasta con le sofferenze del
Signore nelle feste dei giudei.
1231
.‫"ܢ‬# $% &'()‫ ܕܐܬ‬-.'() $/# Vööbus traduce: “Because of the perfidy which they treacherously brought
against our Lord”. Entrambe le traduzioni sono libere perché sostantivo !"#$% e verbo !"#$‫ ܕܐܬ‬hanno la stessa
radice, la cui traduzione in italiano è impossibile.
1232
Cfr. il vangelo di Pietro VII, Antilegomena, p. 14.
1233
Cfr. il vangelo di Pietro VII, Antilegomena, p. 14.
1234
Mt XXVII, 24; cfr. vangelo di Pietro I.
1235
Mt XXVII, 25.
1236
Anche il vangelo di Pietro II ci racconta che la crocefissione fu ordinata da Erode e non da Pilato come i
Sinottici.
1237
!"#‫ܘ‬%& venerdì, la vigilia.
1238
Es II, 14.
1239
!"#$‫ܐ‬

  220  
vita e hanno messo le mani sul loro Datore di vita e lo hanno consegnato alla morte. Per
questo motivo, già da quel tempo fu imposta su di loro l’afflizione della loro distruzione.
[5.20] Ma osserviamo e vediamo che molti uomini nella loro afflizione imitano il sabato e
che allo stesso modo, quelli che conservano il sabato, imitano l’afflizione1240. 2. Infatti, chi si
lamenta non accende nessuna luce, né il popolo (ebraico) fa il sabato per ordine di Mosè,
infatti così era ordinato loro da lui. 3. Chi si lamenta non lava se stesso, né il popolo (lava) il
sabato. 4. Chi si lamenta non provvede a una tavola, né il popolo (provvede) al sabato1241 , ma
provvedono e preparano per se stessi la sera (prima), perché hanno un presentimento di
afflizione, perché stanno per mettere le mani su Gesù. 5. Chi si lamenta non lavora e non parla,
ma rimane nella tristezza, in questo modo anche il popolo il sabato. Infatti è stato detto al
popolo sull’afflizione del sabato così: “Non alzerete il vostro piede per fare (alcun) lavoro e non
direte una parola fuori dalla vostra bocca”1242 .
6. Ora chi testimonia che il sabato è un’afflizione per loro? La Scrittura testimonia e dice:
“In seguito il popolo piangerà, famiglia contro famiglia, la famiglia della casa di Levi da parte,
e le loro donne a parte, la casa di Giuda lontano e le loro donne a parte”1243 , anche dopo
l’afflizione di Cristo fino a ora, il nove del mese di b 1244 essi si riuniscono e leggono la
lamentazione di Geremia e piagnucolano e si lamentano1245. 7. Tuttavia, nove significa Theta,
ma Theta1246 indica Dio. 8. Perciò di lamentano di Dio, di Cristo che ha sofferto; piuttosto
che di Dio nostro Salvatore, (si lamentano) di se stessi e della loro distruzione. Qualunque
uomo si lamenta, fratelli, eccetto chi ha lutto/afflizione?
9. Per questo motivo, anche voi lamentatevi per loro il sabato di Pasqua fino alla terza ora
della notte seguente. E dopo la resurrezione di Cristo1247 , rallegratevi e siate contenti per il loro
amore e terminate il vostro digiuno.
E i guadagni1248 del vostro digiuno di sei giorni offriteli al Signore Dio. Tuttavia, quelli fra
voi i cui possedimenti sono abbondanti servano chi è povero e bisognoso e rinfrancatelo in
modo diligente per ricevere la ricompensa del vostro digiuno.
10. Poi, dovunque cada il quattordicesimo della Pasqua, osservate in questo modo. Infatti,
né il mese né il giorno corrisponde nel tempo ogni anno, ma è cambiato. Quando poi quel
popolo fa la Pasqua, voi fate digiuno. E state attenti a portare a termine la vostra veglia durante
(la festa del) loro pane non lievitato.
11. Tuttavia, il primo giorno della settimana sia sempre gioia; infatti è colpevole di peccato
chi tormenta la sua anima il primo della settimana1249. 12. Pertanto, non è legittimo, lontano
dalla Pasqua, per tutti digiunare durante quelle tre ore della notte tra il sabato e il primo
giorno della settimana, perché quella notte è il primo della settimana; ma durante la Pasqua
digiunate queste tre ore di quella notte, mentre siete riuniti insieme, voi cristiani, che siete nel
Signore.

                                                                                                               
1240
Es XXXV, 3.
1241
Es XVI, 29.
1242
Is LVIII,13.
1243
Zc XII, 12.
1244
È il mese di agosto.
1245
Sulla data di commemorazione della distruzione del tempio, cfr. Bellum Iudaicum VI, 4, 5.
1246
La prima lettera della parola greca Dio θεος è theta, numericamente invece rappresenta anche il nove.
1247
Questo elemento appartiene all’arcaico credo della Siria in Persia. Cfr. A. Vööbus, New Sources for the
Symbol, p. 291 seg.
1248
Tutto ciò che in quei giorni avrebbero dovuto mangiare.
1249
Mentre nel contesto questo è sicuramente rivolto ai quartodecimani, il cui digiuno pasquale attraversa la
domenica, S-S nota la proibizione sul digiuno domenicale emesso nel Concilio di Gangra, canone 14, LXIV
canone apostolico, nel Concilio di Trullo, canone 55 e nel Syntagma pseudo-atanasiano e nei documenti relativi.

  221  
Capitolo XXII

È giusto insegnare ai bambini un lavoro artigianale1250  

[4.11] E insegnate ai vostri bambini i lavori artigianali1251 , quelli che sono appropriati e
adatti al timor di Dio, affinché con l’ozio1252 non coltivino la licenziosità1253 . Infatti, quando
non sono castigati dai loro genitori1254 , fanno cose cattive, come gli empi. 2. Pertanto non
risparmiatevi di rimproverare 1255 e castigare 1256 e insegnate loro. Infatti, certamente non li
ucciderete per averli castigati1257 , ma piuttosto salverete le loro vite, come anche nella Sapienza
ci insegna nostro Signore, dicendo così: “Castiga tuo figlio, così che lì ci sia speranza per lui,
infatti, tu lo colpirai con una verga1258 , e riporterai la sua anima dallo Sheol”1259 . 3. E dice
ancora: “Chi risparmia la sua verga, odia suo figlio”1260 . La nostra verga, tuttavia, è la parola di
Dio, Gesù Cristo1261 , se come anche Geremia lo ha visto come “bastone di noce”1262 . Ogni
uomo che in questo modo risparmia di dire una parola di rimprovero a suo figlio, odia suo
figlio1263 . 4. Perciò insegnate ai vostri figli la parola del Signore e inoltre castigateli1264 con le
cinghie 1265 , domateli dalla loro giovinezza con la vostra parola del timor di Dio. E non
                                                                                                               
1250
!‫ܬ‬ # ̈% &
‫ܐܘ‬ art, craft; workmanship, skill; artifice, craftiness, guile.
Ms FGKN: “Ordine ai bambini che imparino un lavoro manuale e non imparino le cattive abitudini dell’ozio
e al momento (opportuno) prendano mogli per non cadere nel peccato e i loro genitori siano colpevoli per i loro
peccati”.
1251
La particolare brevità di questo capitolo ha da subito insospettivo gli studiosi che si sono avvicinati a DA,
già Funk ipotizzò che queste poche righe facessero parte del capitolo XVII. Della stessa idea anche Connolly
(Cfr.???). La dislocazione di questo testo, secondo S-S invece, è il risultato dell’espansione del capitolo XXI sulla
Pasqua, che perdendo logica nell’esposizione, ha determinato questa filiazione, quest'ultima ipotesi sembra meno
credibile della prima perchè...????????????. Cfr. Didachè XII, 4: “Se invece non sa un mestiere, provvedete secondo
il vostro buon senso a che un cristiano non abbia a vivere tra di voi nell’ozio”. L’indicazione di D, rivolta al
forestiero che vuole rimanere in modo stabile nella comunità, lascia pensare che questi debba fare un lavoro o
imparare un mestiere. In DA invece i destinatari della stessa indicazione sono i bambini, probabilmente per
eliminare o limitare ogni tipo di “parassitismo” di cui abbiamo letto nel capitolo XVII: “E per l’avvenire non gravi
la carità dei suoi confratelli” e poco dopo: “È benedetto chi è in grado di aiutare se stesso e non restringere il
posto degli orfani e degli stranieri”. Insegnare un mestiere a bambini e ai forestieri è una tutela sociale per la
comunità stessa, l’autonomia di questi due gruppi sociali permette che i veri bisognosi, cioè chi non può lavorare,
ricevano di più o che forse, anche se questo non è detto esplicitamente, che il contributo dei laici sia meno
oneroso.
La responsabilità dei bambini grava sui genitori, in questa prospettiva, le punizioni sono strumenti che
responsabilizzano i giovani e tutelano i genitori. I bambini in DA godono di buona considerazione e influiscono
sulla buona armonia della comunità presente e futura.
Dunque, tutta l'argomentazione di questo brevissimo capitolo è perfettamente coerente con il XVII capitolo,
di cui sembra essere stato parte.
1252
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1253
!"#$%&‫ܐ‬
1254
‫ܘܢ‬#$̈ &'‫ܐ‬
1255
!"݁$
%
1256
!"‫ܪܕ‬
1257
Pr XXIII, 13.
1258
!"#$
1259
Pr XXIX, 17 e XXIII, 14.
1260
Pr XIII, 24.
1261
Vööbus, Connolly e S-S intendono la frase come un’apposizione. Nau, Funk e Flemming invece rendono
la frase in questo modo: “La parola di Dio, di Gesù Cristo”. La mia traduzione abbraccia la prima proposta.
1262
Ger I, 11.
1263
Il testo propone un’esegesi biblica di Prov XIII, 24 secondo l'uso delle Scritture illustrato nel primo
capitolo.
1264
‫ ܨܪܦ‬to chastise, to afflict.
1265
!‫ܬ‬#$% a blow, wound, sore, stripe; sickness, disease; slaughter; affliction; a scourge; plague.

  222  
concedete loro il potere di mettersi contro di voi, i loro genitori, e che non facciano niente
lontano dal vostro consiglio, che non vadano con quelli della loro stessa età1266 e si riuniscano e
si divertano 1267 . Infatti, in questo modo imparano la vanità e sono afferrati dalla
fornicazione1268 e cadono1269 . 5. Se questo accadesse senza i loro genitori, i loro stessi genitori
sarebbero colpevoli davanti a Dio per il giudizio delle loro anime. E se inoltre per la vostra
tolleranza sono senza disciplina e peccano, di nuovo, voi, i loro genitori sareste colpevoli per
conto loro davanti a Dio.
6. Pertanto siate diligenti a prender moglie per loro al momento opportuno e si sposino1270 ,
altrimenti nella loro gioventù per la veemenza della giovinezza commetteranno adulterio1271 ,
come gli empi, e voi dovrete dare conto al Signore Dio nel giorno del giudizio.

                                                                                                               
1266
‫ܘܢ‬#$% ̈'(̈%)
1267
I ruoli genitore-figlio esercitano una certa influenza in DA, la stessa di cui si accenna quando si parla della
nomina del vescovo, infatti ricordiamo che uno dei requisiti è il rispetto di cui l'aspirante vescovo deve godere in
casa: (cfr. capitolo IV): “... E se in casa sua lo temono e lo riveriscono e tutti gli obbediscono. Infatti, se la sua
stessa carne si ribella contro di lui e non gli obbedisce, in che modo quelli che sono fuori dalla sua casa gli
apparterranno e gli si sottometteranno?”.
Il divieto di riunirsi e di divertirsi è dettato dalla necessità di allontanare i giovani da vanità e desiderio, peccati
che si crede imparino gli uni dagli altri, pertanto la separazione sembra la soluzione opportuna.
La funzione dei genitori è circoscritta e dichiarata: non devono permettere ai figli di ribellarsi, devono usare
reprimende fisiche e l’indottrinamento; la tolleranza nei loro confronti è da considerare debolezza che li condurrà
al peccato. La responsabilità dell'educazione dei figli è attribuita ai genitori. Il passo non contraddice il VI e VII
capitolo in cui si affronta il concetto di responsabilità personale, in questo caso i genitori sono responsabili dei
peccati dei loro figli a causa della negligenza con cui li hanno educati.
1268
!‫ܬ‬#$%‫ܙ‬
1269
Cfr. 1 Cor X, 8.
1270
‫"ܢ‬#‫ܬܙܘ‬
1271
‫"ܢ‬#$#

  223  
Capitolo  XXIII  

Le  eresie  e  gli  scismi1272  


[6.1] Soprattutto guardatevi da tutte le abominevoli, cattive e amare eresie e allontanatevi
da esse come dal fuoco acceso e da quelli che vi aderiscono. Infatti, quando uno fa uno scisma,
condanna se stesso al fuoco insieme a quelli che si smarriscono1273 dopo di lui, quanto più (è
così) se uno va e affonda se stesso nelle eresie1274 .
2. Infatti, sappiate questo, che se uno di voi ama la superiorità1275 e osa fare uno scisma,
erediterà il posto di Core e Datan e Abiram1276 , egli e quelli che sono con loro e con loro
saranno condannati al fuoco. 3. Infatti anche i seguaci di Core furono Leviti e servono nel
tabernacolo della testimonianza1277 . Ma hanno amato la supremazia e hanno desiderato il
sommo sacerdozio. E hanno cominciato a parlare male contro il grande Mosè, (perché hanno
detto) che è sposato a una donna empia 1278 ‒ “infatti ha una moglie kushita 1279 ” 1280 ed è
contaminato1281 con lei; e alcuni altri e i seguaci di Zimri1282 , che ha commesso fornicazione
con una donna madianita, sono con lui. E il popolo (ha detto) che è con lui è contaminato. E
suo fratello, Aronne, anche fu autore dell’idolatria, che ha fatto per il suo popolo
(un’immagine) fusa e incisa1283.
[6.2] E parlarono male di Mosè, [6.3] che ha operato tutti quei prodigi e segni (che
provenivano) da Dio per il popolo; egli che ha fatto queste gloriose opere meravigliose a loro
vantaggio; che ha portato le dieci piaghe sugli Egiziani1284 ; egli che ha diviso il Mar Rosso così
che le acque si sollevarono come un muro su questo lato e su quello, ha fatto passare il popolo
come (se fosse) nel deserto, e ha annegato i loro nemici e i loro malfattori e tutti quelli che
erano con loro; egli che ha addolcito per loro la fontana delle acque1285 e ha estratto per loro
ruscelli dalla pietra focaia1286 , così che bevessero e fossero soddisfatti; egli che ha mandato loro
la manna dal cielo e con la manna ha dato loro anche la carne1287 ; egli che ha dato loro una
colonna di fuoco di notte come luce e guida, e (ha dato) una nuvola di giorno per l’ombra1288 ,
e che nel deserto ha allungato la mano a quelli per l’esonero dalla Legge e ha dato loro il
                                                                                                               
1272
Ms EGN: “Le eresie e gli scismi; quelli che sono condannati alla Gehenna di fuoco che spacca le chiesa;
come Core e Datan e Abiram, quelli che desiderano spaccare Israele mentre insegnano che la chiesa di Dio è una
e che quelle delle eresie non sono chiese di Dio”.
Connolly (op. cit. XXXIII) nota come la lista di eresie riportate in questo capitolo e riprese nel capitolo XXVI
1273
!"#$
1274
.!"#$ ‫ "!ܙܠ‬#"‫ ܐ‬%&'(!) ‫ܐܢ‬
1275
!‫ܬ‬#$%&‫ܪ‬
1276
Cfr. Num XVI, 1. Core, Datan e Abiram sono i tre istigatori della rivolta contro Mosè durante il viaggio
d’Israele nel deserto, dal monte Sinai ai confini di Canaan. Il tema della sfida e della ribellione all’autorità di
Mosè caratterizzano il libro dei Numeri. Aronne e Maria, il fratello e la sorella di Mosè, disapprovano l’opera di
Mosè e fra il popolo c’è un’insoddisfazione che induce alla ribellione a cui si unirono in duecentocinquanta.
Come punizione la generazione dell’esodo viene condannata a vagare fino alla morte. I tre agitatori scesero vivi
negli inferi insieme a tutte le loro cose, la terra li inghiottì e scomparvero.
1277
!‫ܕܘܬ‬%&‫*)(' ܕ‬+,
1278
Cfr. Es II, 21.
1279
!"#$%&
1280
Cfr. Num XII, 1.
1281
‫ ܗܘ‬#$%&'
1282
Num XXV, 1.
1283
Cfr. Es XXXII, 2.
1284
Cfr. Es, VII.
1285
Cfr. Es XV, 22.
1286
Cfr. Es XVII, 3.
1287
Es XVI, 14.
1288
Es XIII, 21.

  224  
decalogo di Dio1289 . 2. Ed essi hanno parlato male contro l’amico e il buon servo del Signore
Dio come (uomini) che si gloriano nell’onestà, ostentano santità, fingono purità e nell’ipocrisia
manifestano religiosità/il culto.
E così, come i casti e i vigili per santità, hanno detto: “Non siamo inquinati1290 con Mosè e
il popolo che è con lui, perché sono contaminati 1291 ”. 3. E duecentocinquanta uomini
risorgeranno1292 e li condurranno lontano per dimenticare il grande Mosè (così) che (il popolo)
pensi di loro che stanno dando più gloria a Dio e servendo(lo) più diligentemente. Infatti, tra
quella moltitudine del popolo già menzionata (solo) l’incensiere di incenso fu offerto al
Signore Dio. Ma quelli che nello scisma furono duecentocinquanta uomini con i loro capi, (e)
ognuno di loro offrì un incensiere di incenso, duecentocinquanta incensieri, come se fossero
più religiosi e puri e zelanti di Mosè e Aronne e il popolo che fu con loro.
4. Ma la maggior parte dei ministri1293 dello scisma non ebbero nessun vantaggio, ma il
fuoco fu acceso davanti al Signore e li divorò; e quei duecentocinquanta uomini furono
bruciati, mentre tenevano gli incensieri nelle loro mani1294 . “E la terra ha aperta la sua bocca e
ha ingoiato Core e Datan e Abiram e la loro tenda e i loro arredi e tutto quello che era con
loro ed essi stessi scesero vivi nello Sheol”1295 verso il tormento. E in questo modo furono
inghiottiti dalla terra i capi dell’erroneo scisma1296 e quei duecentocinquanta uomini che si
smarrirono furono bruciati con il fuoco mentre tutto il popolo stava a guardare.
5. Ma la maggior parte del popolo fece a meno di Dio ‒ tra cui ci furono alcuni peccatori,
che il Signore avrebbe giudicato, ognuno di loro secondo le sue opere. E la maggior parte del
popolo fece a meno di lui, eccetto quelli che hanno creduto di essere puri e santi e di aver
servito di più ‒ il fuoco li ha divorati perché furono nello scisma. 6. E il Signore ha detto a
Mosè e ad Aronne: “Prendete l’incensiere/turibolo di rame1297 dal mezzo del rogo e fatelo in
placche sottili e sparpagliatele 1298 sull’altare 1299 ” 1300 che i figli di Israele vedano e non
continuino a fare così1301 , e “Battete lo strano fuoco lì, perché ha santificato gli incensieri dei
peccatori nelle loro anime”1302 .
7. Amati, prendiamo in considerazione e vediamo la fine degli scismatici, che cosa gli è
accaduto. Infatti, sebbene potessero apparire puri e santi e casti, la consumazione della loro
fine1303 è (affidata) al fuoco e a una fiamma eterna. 8. Questo poi sia terrificante per voi: anche
il fuoco degli scismatici sia giudicato con il fuoco 1304 ‒ non perché “sono sacrificati gli
incensieri” ma perché “nelle loro anime” li hanno santificati. Cioè, infatti quanto il fuoco ha
fornito la sua opera, così anche essi credano nel loro cuore e “nelle loro anime” che i loro
incensieri erano santi. 9. Infatti, era necessario per il fuoco, che era stato preso per il ministero
                                                                                                               
1289
Es XX, 1.
1290
!"#$% &'(‫ܕ‬
1291
‫"ܢ‬#‫ ܐ‬%&'()*
1292
Cfr. Num XVI, 1.
1293
!"#$%‫"!*ܗܘܢ ܕ‬#‫*)('& ܕܬ‬
1294
Cfr. Num XVI, 35.
1295
Num XVI, 32-33. Il racconto della rivolta di Datan e Abiram non conosce ancora la responsabilità
individuale, la punizione infatti coinvolge tutti.
1296
!"#$‫*)(ܬ& ܕ‬+‫! ܕ‬,-.
1297
!"#$‫*)('&! ܕ‬
1298
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1299
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1300
Num XVII, 1-3.
1301
!"#‫ ܗ‬%&'() ‫ܢ‬+,-+. !!"‫ܘ‬
1302
Num XVII, 4-5.
1303
‫ܬܗܘܢ‬%&‫*)( ܕ‬+,-
1304
Al margine dei Ms BC, e nel Ms D si legge: “Il Signore giudica il fuoco con il fuoco, perché il fuoco è
venuto davanti al Signore e ha bruciato chi ha messo l’incenso, visto che questo non gli era permesso ”.

  225  
(sacerdotale) della trasgressione della Legge1305 e la provocazione di Dio, di non obbedire loro,
ma cessare dalla sua attività o per essere estinto e non divorare o bruciare o consumare ciò che
era messa sopra. Ma ora, per questo non hanno fatto la volontà del Signore Dio, ma hanno
obbedito agli scismatici, per questo è stato detto: “Battete1306 anche il fuoco estraneo lì”1307 , con
il fuoco il Signore giudica il fuoco1308 .
[6.4] Se ora su questi scismatici, che hanno creduto di rendere gloria a Dio, fu posto questo
piacere e giudizio, che cosa accadrà a quegli eretici che lo bestemmiano? 2. Quando con gli
occhi della fede vedete dalle Scritture le placche di rame sull’altare, siate vigili a non fare scismi.
Infatti, i seguaci di Core, Datan e Abiram furono insegna ed esempio della distruzione degli
scismatici e chi li imita morirà come loro.
3. Ora, come credenti e consapevoli, tenetevi molto lontano dagli scismi e non avvicinatevi
a loro1309 , in niente1310 , come ha detto Mosè al popolo su di loro: “Allontanatevi da questi
uomini duri (di cuore)1311 e non avvicinatevi a niente che gli appartiene, per non morire con
loro in tutti i loro peccati”1312 . E dopo che l’ira del Signore si è esaurita contro gli scismatici, è
scritto che il popolo fugga da loro, e ha detto: “La terra non inghiotta anche noi con loro”1313 .
4. Così poi anche voi, come uomini che lottano per le loro vite1314 , allontanatevi dagli scismi e
da quelli che desiderano farli, rifiutateli, infatti conoscete il luogo della loro condanna.
[6.5] Ma sulle eresie, non desiderate ascoltare nemmeno i loro nomi e non contaminate le
vostre orecchie. Infatti non solo non rendono gloria veramente a Dio, ma bestemmiano anche
contro di lui. 2. Pertanto, gli empi sono giudicati perché non hanno (ri)conosciuto; gli eretici
invece sono condannati perché sono contro Dio. Come anche nostro Signore e Salvatore Gesù
ha detto: “Ci saranno eresie e scismi”1315 e inoltre: “Disgrazia al mondo per gli scandali; infatti
devono avvenire scandali e scismi, ma guai all’uomo per cui avvengono”1316 .
3. A quell’epoca abbiamo ascoltato, ma ora abbiamo anche visto, come anche la Scrittura
tramanda dall’affermazione di Geremia: “Le contaminazioni delle eresie sono venute fuori”1317 ,
e sono venute per la persuasione dei nostri cuori e per la conferma della nostra fede che queste
cose, che sono state predette, sono vere. Infatti, ecco, sono venute per andare avanti e si sono
compiute. 4. Infatti tutta l’attività del Signore nostro Dio è passata dal popolo alla chiesa
attraverso noi apostoli1318 . Ed egli ha allontanato se stesso e ha abbandonato il suo popolo,
                                                                                                               
1305
!"#$ %&' ̣)
‫ ܕ‬+,
-$
.
, !
1306
Vööbus legge ‫ܕ‬#̇"‫ ܪ‬, Connolly propone di correggere con ‫ܪ‬#̇"‫ ܕ‬. Ms E avvalora tale ipotesi. FGHIJK
omettono il passaggio.
1307
Num XVII, 2.
1308
Is LXVI, 16.
1309
Nei Ms FGHIJK il testo è riformulato così: “Tenetevi lontano dagli scismi, dalle offese e dalle divisioni,
come ha detto nostro Signore: ‘Disgrazia su quell’uomo da cui proviene l’offesa’”. CONTROLLA TESTO IN
SINOSSI
1310
  ‫"ܡ‬#$ %&'(‫ܐ‬
1311
!"̈&"
$%' ‫)ܗ‬
*+,
1312
Cfr. Num XVI, 26.
1313
Num XVI, 34.
1314
Secondo Stewart-Sykes questo discorso è indicativo dell’origine catechetica della sezione.
1315
Cfr. I Cor XI, 19; Resch, Agrapha, p. 100. Lo stesso agraphon è citato da Giustino nel Diaologo 35 e non
ha riscontro nei sinottici. Giustino tramanda questo detto insieme ad altri tre, come fossero una piccola raccolta
sul tema delle divisioni e delle deviazioni tra i suoi futuri seguaci. Secondo Mauro Pesce qui si ritrovano due detti
che non sono una creazione di Giustino, ma sono comuni e diffusi in modo orale da tempo nel suo ambiente. Cfr.
Didimo il cieco, De trinitate III, 22 e Lattanzio, Div. Inst. IV, 30, 2. (Cfr. M. Pesce, Le parole dimenticate di Gesù,
p. 201 e 660-661).
1316
Mt XVIII, 7. Agraphon DA APPROFONDIRE, GLI SCISM NEL TESTO DI Mt non ci sono.
1317
Ger XXIII, 15.
1318
L’opera del Signore è transitata dal popolo ebraico alla chiesa per mezzo degli apostoli, uno spostamento
di prospettiva significativo nell’economia della DA.

  226  
come è scritto in Isaia: “Egli ha abbandonato il suo popolo, la casa di Giacobbe” 1319 e
“Gerusalemme è abbandonata e Giuda è caduta e le loro lingue sono nell’iniquità ed essi non
sono obbedienti nei confronti di Dio”1320 e: “Abbandonerò la vigna”1321 ; ed “Ecco, la vostra
casa è abbandonata da voi, desolata”1322 .
Dimostra che Dio ha abbandonato il popolo dei giudei e il Tempio ed è venuto nella chiesa
dei Gentili1323 . 5. Così ha abbandonato quel popolo e ha riempito la chiesa; ed egli l’ha
considerata come una montagna di abitazione e un trono di gloria e una casa meravigliosa,
come ha detto in Davide: “La montagna del Signore è una montagna di opulenza, una
montagna di cime”1324. Che cosa pensate della montagna di cime? È la montagna “che Dio ha
scelto per lui per dimorare lì; il Signore rimarrà lì per sempre”1325. Vedete poi come ha detto
agli altri: “Che cosa pensate?”, per quelli che errano che ci sono altre chiese. Infatti una è quella
che è la montagna dell’abitazione di Dio. 6. E attraverso Isaia ha detto inoltre:
Negli ultimi giorni la montagna della casa del Signore, il Dio di Giacobbe, è
fondata sulla sommità delle montagne e più alta delle colline, e tutte le nazioni la
aspetteranno; e alcuni popoli andranno e diranno: ‘Venite, saliamo verso la
montagna del Signore e verso la casa del Dio di Giacobbe ed egli ci insegnerà le sue
vie e noi le percorreremo’1326.

E inoltre ha detto: “Ci saranno insegne e prodigi in mezzo al popolo che proviene dal
Signore del sabato e da quello che dimora sul monte Zion”1327 e inoltre attraverso Geremia ha
detto: “Un alto trono è il nostro santuario”1328.
7. Poi, come ha abbandonato il popolo allo stesso modo ha lasciato il Tempio,
(lasciandolo) a loro desolato1329 . E ha affittato la tenda1330 e ha sottratto lo Spirito Santo, e l’ha
riversato su chi ha creduto tra i Gentili1331 , come ha detto attraverso Gioele: “Io riverserò il
mio spirito su tutta la carne”1332 . Infatti, ha sottratto lo Spirito Santo e il potere della parola e
l’intero ministero da quel popolo e l’ha restaurato nella sua chiesa.
8. Ora, in questo modo anche Satana, il tentatore, ha allontanato (se stesso) da quel popolo
ed è venuto contro la chiesa. E da allora in poi egli non ha messo alla prova quel popolo di
nuovo, perché attraverso le loro cattive opere sono caduti nelle sue mani, ma egli è preparato a
mettere alla prova la chiesa e compiere la sua opera in lei. Ed egli si è sollevato contro le sue
afflizioni e persecuzioni e bestemmie ed eresie e scismi. [6.6] In quel tempo, prima ci sono

                                                                                                               
1319
Is II, 6.
1320
Is III, 8.
1321
Is V, 6.
1322
Mt XXIII, 38; cfr. Is V, 9.
1323
Questo è il sottotiolo del Ms BCD, ma è stato sostituito da un altro titolo, quello del capitolo XXIV del
Ms EGN: “il Signore ha lasciato la sinagoga delle nazioni ed è venuto nella chiesa dei Gentili, e ha allontanato
anche Satana dal popolo dei Giudei, e non li ha più messi alla prova; ed egli si è opposto alla chiesa, per fare
scismi e divisioni in essa; e per primo è insorto contro Simone, il Mago, in seguito falsi profeti, quelli tra Giudei
che hanno spinto i cristiani a comportarsi come Giudei”.
1324
Sal LVII, 15.
1325
Sal LXVII (LXVIII), 16.
1326
Is II, 2-3.
1327
Is VIII, 18.
1328
Ger XVII, 12.
1329
Mt XXIII, 38.
1330
Mt XXVII, 51.
1331
Stewart-Sykes vede in questa frase il riferimento allo squarcio del velo del Tempio di Mt XXVII, 51.
Inoltre, secondo lo studioso questa traduzione sarebbe parallela al Testamentum Benjamin IX. [Cfr. A. Stewart-
Sykes, op. cit., p. 228, nota 26].
1332
Gl II, 28.

  227  
state le eresie e gli scismi in quel popolo, ma ora Satana per la (sua) cattiva opera ha guidato
avanti quelli della chiesa e ha fatto eresie e scismi.
[6.7] Su Simon Mago1333 . L’inizio delle eresie fu così. Satana vestì i panni di un certo
Simone1334 , che era un mago e suo primo servo. 2. E quando noi, attraverso il dono del Signore
nostro Dio e attraverso il potere dello Spirito Santo, abbiamo compiuto miracoli di guarigione
a Gerusalemme, “e (quando) attraverso l’imposizione della nostra mano è stata data la
comunione dello Spirito Santo”1335 a quelli che si erano avvicinati, a quell’epoca ci offrì molto
denaro1336 e desiderò ‒ dopo che con il cibo dell’albero ha privato Adamo1337 della conoscenza
della vita1338 ‒ privarci allo stesso modo anche del dono1339 di Dio con una donazione1340 di
denaro e catturare le nostre menti con l’offerta1341 dei possedimenti, affinché facessimo uno
scambio e gli consegnassimo il potere dello Spirito santo per denaro. 3. E noi eravamo tutti
sconvolti per questo. Poi Pietro ha cercato Satana che dimorava all’interno di Simone e gli ha
detto: “Il tuo denaro verrà con te all’inferno, ma non avrai parte in questo mondo”.
[6.8] Sui falsi apostoli. Ma quando abbiamo diviso tutto il mondo in dodici parti1342 e
siamo andati dai Gentili in tutto il mondo per predicare il Logos1343 , a quel tempo Satana si era
preparato e incitava il popolo a mandare dopo di noi falsi apostoli per la distruzione del
Logos1344 . E dal popolo ha mandato uno di nome Cleobio1345 e lui si è unito a Simone e gli
altri anche dopo di loro.
[6.9] Ora i seguaci di Simone stavano seguendo me, Pietro, e vennero a corrompere il
Logos1346 . 2. E quando (Simone) fu a Roma, ha afflitto molto la chiesa e ha sovvertito alcuni. E
si è esibito come se volasse1347 . E attirava i Gentili, entusiasmandoli con il potere e l’attività
delle sue arti magiche. E un certo giorno venni e lo vidi che volava in aria. 3. Poi rimasi in
piedi1348 e dissi: “Per il potere del nome di Gesù, io annullo i tuoi poteri”. 4. E cadde e si è
spezzato l’astragalo del piede1349 . 5. E all’epoca alcuni ritornarono da lui, altri, tuttavia, quelli
                                                                                                               
1333
Simon Mago è l’origine di ogni eresia, cfr. Ireneo Adv. Haer. I, 23,2.
In Atti VIII, 9 viene presentato Simone, che con le sue doti magiche stupisce i samaritani. Dopo aver
ascoltato gli insegnamenti di Filippo, Simone si converte al cristianesimo e viene battezzato, ma rimane sempre
un mago. Tenta di comprare lo Spirito santo da Pietro che lo punisce accusandolo di avidità (cfr. Atti I, 18; V, 1-
11) ed è da questo episodio deriva il termine simonia.
1334
Letteralmente: “Satana vestì un certo Simone”.
1335
Atti VIII, 18-23. DA è in accordo con Acta Petri XXIII.
1336
Il testo latino inizia qui: “(Pecuniam) multam optulit nobis cupiens, sicuti Adam per degustationem ligni
scientiae a ligno vitae (eum) alienavit, ita et nos per datationem paecuniae a datatione Dei voluit circumvenire, et
per pecuniam mentem nostram occupare, ut commutantes detraheremus illi virtutem sancti spiritus pro pecunia”.
1337
Connolly che è il traduttore latino a introdurre l’idea dell’albero della vita. (Cfr. H. Connolly, op. cit., p.
201)
1338
!" # $% &'‫ܗ‬
) *̣,-. *% ‫ܐ‬
‫"!ܕ‬
12
3 4
5 ' $67‫ܡ‬
‫ܕ‬4
5 1‫ܕ‬ il siriaco non è in ordine al contrario del parallelo latino
XLIII, p.71 che legge: “Per degustationem ligni scientiae a ligno vitae (eum) alienavit”.
1339
.‫"ܢ‬#‫ ܐ‬%&'(‫ܗ ܕ‬+,‫ܗ‬-.,
1340
.!"#‫*)ܗ('ܗ ܕܐ‬
1341
.!"#"$‫*ܗ('& ܕ‬+(
1342
Cfr. Atti di Tommaso X, Acta apost. Apocrypha II, 2, p. 114 seg.
1343
Mc XVI, 15. Questo che è narrato è un momento decisivo: il mutato atteggiamento di Pietro nei
confronti dei pagani è un fatto fondamentale per i giudeo-cristiani che si persuadono ad accettare l’entrata dei
pagani (Atti XI, 18). Secondo Atti, questo precedente ha un’importanza capitale nel primo concilio di
Gerusalemme in cui viene approvata l’evangelizzazione e l’osservanza della legge di Mosè (Atti XV, 22-29).
1344
!" #$ ‫' ̇ܕ‬
( )* +
1345
Nell’Historia eccl. IV, 22 di Eusebio di Cesarea Cleobio è un compagno di Simone a Egesippo.
1346
.!"#$ %#&'() *+‫ܘܐܬ‬
1347
Ms EFGHIJKN: “E si mostrò come se fosse pronto ad ascendere in cielo”.
1348
Ms EFGHIJKN: “E dopo che si fu sollevato a una grande altezza, poi rimasi in piedi e gli dissi”.
1349
Acta Petri XXXII; cfr. Ippolito, Ref. VI, 20. Le dispute fra Pietro e Simone sono descritte nelle pseudo
clementine.

  228  
degni di lui, rimasero con lui. E così fu che la sua eresia fu fondata per prima. E inoltre anche
con altri falsi profeti, oltre a lui, continuava a operare il Nemico.
[6.10] Tuttavia, hanno avuto tutti una legge sulla terra1350 , non siano al servizio1351 della
Torah e dei profeti, bestemmierebbero Dio onnipotente 1352 , e non credano nella
resurrezione1353 . E inoltre, in altre questione insegnavano e turbavano (il popolo) con alcune
opinioni. 2. Infatti, alcuni di loro insegnavano che un uomo non dovrebbe prendere moglie e
dicevano che se un uomo non prende una moglie è santo. 3. E con la santità1354 rendono gloria
alle opinioni delle loro eresie. Inoltre altri fra loro hanno insegnato che un uomo non
dovrebbe mangiare carne e hanno detto che un uomo non deve mangiare niente che ha
un’anima. 4. Altri, tuttavia, hanno detto che uno è obbligato a rifiutare solo il maiale, ma può
mangiare quelle cose che la Legge dichiara pure e che egli dovrebbe essere circonciso secondo
la Legge. 5. E altri ancora insegnavano in modo differente, provocando litigi e disturbando la
chiesa1355 .
Il capitolo XXIII finisce qui.

                                                                                                               
1350
Il latino XLIV, p.72 legge: “Et erat quidem illis omnibus aequaliter lex decreta”.
1351
“Et ut profetas non utantur, et ut patrem Deum blasfemarent, et resurrectionem non credant”. Lagarde
suggerì di sostituire ‫"ܢ‬#$#% con ‫"!ܢ‬#$%&, più in linea con il latino utantur .
1352
Il latino legge: “patrem Deum”. Stewart-Sykes, op. cit., p. 231, ipotizza che si faccia riferimento alla fede
professata da Marcione e che il latino sia stato corretto di conseguenza, la comparazione con i principi attribuiti a
Simone e Cleobio negli Acta Pauli indicano la correttezza di CA e della versione siriaca di DA. Stewart-Sykes
suggerisce inoltre il confronto di questa prima parte del catalogo con il catalogo delle eresie nella Tosefta
Sanhedrin XIII, 5.
1353
Cfr. II Tim II, 18.
1354
Cfr. A. Vööbus, History of Asceticism I, p. 30 seg, è un concetto centrale e fondamentale nel cristianesimo
siriaco antico.

  229  
Capitolo XXIV
 
La stabilità1356 della chiesa;
mostra anche che gli apostoli si sono riuniti
per la rettifica1357 delle deviazioni1358
 
[6.11] Noi, ora, abbiamo preceduto e predicato1359 il Logos santo della chiesa universale in
modo corretto e siamo tornati indietro per raggiungere 1360 le chiese e trovare chi è
trattenuto 1361 da altre opinioni. 2. Infatti, mentre alcuni osservavano la santità, altri si
astenevano dalla carne e dal vino1362 e alcuni dal maiale e conservavano (qualcosa) di tutte le
(delle) catene presenti nella Seconda Legge1363 . [6.12] Quando perciò si presentò il pericolo di
cadere nell’eresia per l’intera chiesa, noi tutti, i dodici apostoli, ci riunimmo a Gerusalemme1364
e meditammo su che cosa doveva essere fatto.
E a noi sembrò buono, tutti d’accordo 1365 , scrivere questa didascalia universale per la
conferma di tutti voi. E abbiamo ratificato e costituito lì che veneriate Dio onnipotente e Gesù
Cristo e lo Spirito Santo, che siate al servizio delle sacre Scritture 1366 e crediate nella
resurrezione dalla morte e che facciate uso di tutte le sue creature con gratitudine1367 e che
prendiate una moglie. 2. Infatti egli dice nei Proverbi: “Da Dio una donna è promessa sposa a
un uomo”1368 ; e nel vangelo inoltre nostro Signore dice: “Egli che all’inizio ha creato il maschio,
ha detto che ha creato anche la femmina”1369 . “Quindi, un uomo lascerà suo padre e sua madre
e si unirà a sua moglie e i due saranno un solo corpo; quello che Dio ha unito, l’uomo non
separi”1370 .

                                                                                                               
1356
!‫ܬ‬#$$%&'
1357
!‫ ܬܘܪܨ‬Ms EGN: “Insegna che gli apostoli si riunirono e regolarono le discussioni e le confusioni che
c’erano nella chiesa e curarono le offese che i falsi apostoli elaborarono in essa; e liberarono il popolo di Cristo dal
fardello delle osservanze della legge di Mosè; e scrissero scritti a tutte le chiese dei Gentili su ciò che era necessario
per essi osservare; e scrissero questa Didascalia”.
1358
!"#$%
1359
!"‫ܙ‬$%‫ܐ‬
1360
!‫ܬ‬#$%&
1361
!"#$%‫"ܢ ܕܐ‬#‫ܐ‬
1362
Stewart-Sykes (op. cit., p. 231 nota 3) sottolinea che la sollecitazione all’astensione da carne e vino non è
polemica, ma che queste indicazioni devono essere considerate come la prima parte del manuale catechetico,
frutto del lavoro del redattore apostolico. Egli ipotizza la possibilità che il redattore stia pensando ai Nazirites o a
gruppi di cristiani che non usano il vino nell’eucarestia.
1363
Vedi nota 4 sykes
1364
La riunione a cui si fa riferimento è il concilio di Gerusalemme convocato perché alcuni Giudei giunti ad
Antiochia sostenevano che i Gentili che credevano in Gesù Cristo dovessero essere circoncisi e dovessero rispettare
le tradizioni giudaiche. Per i capi era necessario stabilire come si dovessero comportare i fedeli convertiti. La
questione da dibattere era se si intendeva il cristianesimo come la realizzazione delle promesse di Dio nel
giudaismo, allora i convertiti erano tenuti a osservare le leggi, ma se invece Gesù Cristo era colui che aveva offerto
a tutti la piena riconciliazione, i precetti giudaici non erano più validi. Riguardo a tale discussione la DA elabora
una posizione molto chiara, programmatica direi, la cui linea guida è il rifiuto della “Seconda Legge”.
1365
Atti XV, 25.
1366
!̈%#$&!
'(
̈ )'  !"#$%#$ ‫ܕܬܗܘܘܢ‬
1367
Cfr. I Tim IV, 3.
1368
Prov XIX, 4.
1369
Vööbus nota la difficoltà della costruzione della frase. Il Ms D proprio per questa difficoltà taglia “che ha
creato”. La costruzione !"#‫&̣" ܕ‬ ‫)(ܐ‬
*
+, -‫ܘ‬ “e la femmina egli ha detto che ha creato” ricorda ‫ ܗܘ‬#$%&'( ‫ܐܦ‬
!"‫ ܘܐ‬%&' “anche la femmina, e ha detto”[A. Vööbus, op. cit., p.214 nota 12].
1370
Mt XIX, 4-6. Cfr. Gen II, 24.

  230  
Tuttavia, per i credenti sia sufficiente la circoncisione spirituale1371 del cuore, come egli ha
detto attraverso Geremia: “Accendete una lampada e non seminate tra le spine; siate circoncisi
per il Signore vostro Dio e circoncidete il prepuzio del vostro cuore, voi uomini di Giuda”1372 .
E inoltre in Gioele dice: “Fate a pezzi i vostri cuori non le vostre vesti”1373 .
E anche riguardo al battesimo1374 , uno vi sia sufficiente1375 , quello che in modo perfetto ha
perdonato i vostri peccati. Infatti Isaia non ha detto (solo) “lavatevi”, ma “lavatevi e siate
puri”1376.
3. Ora, noi abbiamo discusso molto, come uomini che combattono per la vita mentre
lottano, e non solo noi apostoli, ma anche il popolo, insieme con Giacomo il vescovo di
Gerusalemme, che è il fratello del Signore secondo la carne1377 , e con i suoi presbiteri e diaconi
e tutta la chiesa 1378 . Infatti, anche alcuni giorni prima alcuni sono scesi dalla Giudea ad
Antiochia e insegnavano ai fratelli: “Se non vi fate circoncidere e non vi comportate secondo la
legge di Mosè”1379 , e vi conservate puri dalle carni e dal resto di tutte le altre cose, “non potete
essere salvi”1380 ; ed essi1381 hanno dissentito molto e hanno discusso.
E quando i fratelli di Antiochia seppero che ci eravamo riuniti e (che) siamo venuti tutti per
informarci su queste cose, ci hanno inviato uomini che credono e che erano competenti delle
Scritture1382 affinché venissero a conoscenza di questa discussione1383 . “E quando vennero a
Gerusalemme, ci raccontarono” 1384 della discussione che avevano avuto nella chiesa di
Antiochia. “E (alcuni) uomini, quelli che avevano creduto alla setta dei Farisei, si sollevarono e
dissero: ‘Voi dovete essere circoncisi e conservare la legge di Mosè” 1385 . 4. E anche altri
piangevano e dicevano così.

                                                                                                               
1371
!"#$%‫ܘܪܬ! ܪܘ‬%&
1372
Ger IV, 3. La circoncisione in Geremia è priva di valore se non è accompagnata dalla fedeltà interiore,
quella che Dt X, 16 chiama “circoncisione del cuore”. Il NT riprenderà questa immagine negli Atti VII, 51 e
Paolo in Rm II, 25-29 insegnerà che la vera circoncisione è quella del cuore, è quella che costituisce il vero Israele.
Cfr. 1 Cor VII, 19; Gal V, 6; Fil III,3; Col II, 11; III, 11, da notare però che la DA cita Geremia, profeta dell’AT,
la scrittura vetero-testamentaria è rovesciata e utilizzata secondo una nuova continuità.
1373
Gl II, 13.
1374
!"#‫ܕ‬%&'(
1375
L’indicazione è interessante perché indica l’abitudine alla ripetizione.
1376
Is I, 16.
1377
‫"ܢ‬#‫'ܗܝ ܕ‬
(‫ܐ‬‫ܘܗܝ‬+,‫ "ܐ‬-
. /‫ ܆ܗܘ ̇ܕ‬2
34
‫ܕܐܘ ܪ‬6
7'89
: 7‫'ܒܐ‬
,8< . Il termine fratello, !"‫ܐ‬, può intendere
un cugino o un parente; un fratello; un fratellastro; un compagno e un collaboratore nel ministero apostolico
secondo un’ipotesi di traduzione sostenuta recentemente dalla scuola esegetica di Madrid.
Giacomo è il fratello di Gesù (Mc VI, 3-4; Mt XIII, 55-56); Eusebio di Cesarea (Hist. eccl. II, 1, 2) riporta
che Giacomo “era chiamato figlio di Giuseppe”, facendosi portavoce dell’antica interpretazione degli adelfòi come
fratellastri. Secondo Eusebio di Cesarea (Hist. eccl. I, 12,1; I, 12, 4; Hist. eccl. II, 23, 4) e Giuseppe Flavio,
Giacomo il fratello di Gesù coincide con il Giacomo che guidò la comunità cristiana di Gerusalemme (At XII,
17; XV, 13; XXI,18; Gal I, 19; II, 9).
Nella DA le due informazioni ‒ Giacomo vescovo di Gerusalemme e fratello di Gesù ‒ vengono riportate
insieme. Inoltre il rapporto di fratellanza fra Gesù e Giacomo è puntualizzato come “secondo la carne”.
1378
La descrizione della DA accredita la narrazione dei fatti di Atti XV, 12.22 in cui si ha l’impressione che i
dibattiti avvengano davanti a tutta l’assemblea.
1379

1380
Atti XV, 1.
1381
In Atti XV, 2 i soggetti sono Paolo e Barnaba.
1382

1383
!"#$ search, desire, request; disputation; debate.
1384
Atti XV, 1.
1385
Atti XV, 5.

  231  
Poi, io Pietro1386 , mi sollevai e dissi loro: “Uomini, fratelli, anche voi sapete che dai primi
giorni in cui io ero tra voi, Dio ha scelto che attraverso le mie mani i Gentili ascoltassero il
vangelo e credessero; e Dio, che mette alla prova i cuori, ha portato testimonianza a loro”1387 .
5. “Infatti a Cornelio1388, un centurione, lì è apparso un angelo e me l’ha raccontato1389 e
dopo mi ha fatto chiamare. 6. Ma quando fui pronto ad andare da lui, mi fu mostrato sui
Gentili, quelli che si preparavano a credere, e su tutti i cibi. Infatti, “Sono salito sul tetto a
pregare1390 e ho visto cieli aperti e un recipiente, che era stato legato da quattro angoli, mentre
cadeva ed è sceso sulla terra; e all’interno c’erano tutte le bestie a quattro zampe e le cose della
terra che strisciavano e i pennuti del cielo. E lì mi giunse una voce che diceva: ‘Simone1391 ,
sollevati, uccidi e mangia’. Ma io ho detto: ‘Dio l’ha proibito, Signore, infatti io non ho mai
mangiato nulla di contaminato e di profano’. E mi giunse un’altra voce, la seconda volta, che
diceva: ‘Quello che Dio ha reso puro, non renderlo profano. Tuttavia, questa era la terza volta
e il recipiente fu portato in cielo” 1392 . 7. “A quel tempo io mi ricordai e compresi
l’affermazione del Signore 1393 , quanto aveva detto: 8. ‘Gioite Gentili con il popolo’ 1394 . E
dovunque ha parlato della chiamata dei Gentili. 9. Io mi alzerò e verrò”1395 .
E quando sono entrato nella sua casa e 10. ho iniziato a pronunciare il Logos di Dio, lo
Spirito santo scese su di lui e su tutti i Gentili, quelli che erano presenti lì1396 . Poi, Dio “ha
dato loro lo Spirito santo, come anche a noi, e non ha fatto nessuna distinzione tra noi e loro e
ha reso puri i loro cuori nella fede1397 . 11. Ora, perciò perché provocate Dio, imponendo il
giogo sui colli dei discepoli che né i nostri padri né noi siamo stati capaci di sopportare? Ma
attraverso la grazia di nostro Signore Gesù Cristo crediamo che saremmo salvati come loro”1398.
Infatti, nostro Signore venne e ci ha allentato da quelle catene e ha detto: “Venite a me tutti
voi che lavorate faticosamente e siete carichi con pesanti fardelli e io vi darà riposo; prendete il
mio giogo su di voi1399 e imparate da me, infatti sono gentile e umile nel mio cuore e troverò
riposo nelle vostre anime; infatti il mio giogo è piacevole e il mio carico è leggero”1400. Se ora
nostro Signore ci ha sciolto e alleggerito, perché avete posto un nodo su voi stessi? 12. “Poi
tutto il popolo fece silenzio e io, Giacomo, ho risposto e detto: “Uomini, fratelli, ascoltatemi.
Simone vi ha raccontato precedentemente che Dio disse che avrebbe eletto un popolo fra i
Gentili per il suo nome. Con questo accordano le parole dei profeti, come è scritto:

In futuro io rialzerò e costruirò il tenda di Davide che è caduta; e ne


riparerò le rovine e la ricostruirò; perché il resto degli uomini cerchi il
                                                                                                               
1386
Secondo Gal II, 2-9, Pietro e Giovanni sono citati come autorità della chiesa di Gerusalemme accanto a
Giacomo, fratello del Signore.
1387
Atti XV, 7.
1388

1389
Atti X, 1 seg.
1390
!"#‫ܐ‬
1391
In CA: “Pietro”.
1392
Atti X, 9-16 (cfr. XI, 4-10).
1393
Atti XI, 16.
1394
Dt XXXII, 43; cfr. Rom XV, 10.
1395
Simone-Pietro è invitato a liberarsi dagli scrupoli di purità legale. Per mezzo della fede Dio ha purificato il
cuore dei pagani, il loro corpo è impuro perché non è stato circonciso, ma l’esortazione della DA è di non temere
di vivere con i non circoncisi.
1396
Atti XI, 15.
1397
Il concilio di Gerusalemme vaglia il nuovo orientamento della chiesa, il risultato è che per ottenere la
salvezza non è necessaria l’osservanza della legge. I Gentili dunque diventano parte del popolo di Dio senza dover
rispettare le tradizioni giudaiche fondate sulla legge di Mosè.
1398
Atti XV, 8-11.
1399
Cfr. Afraate, Demonstrationes I.
1400
Mt XI, 28-30.

  232  
Signore e tutti i Gentili su cui il mio nome è invocato, dice il Signore che fa
conoscere queste cose dall’eternità.

13. Per questa ragione dico che nessun uomo è da perseguitare fra quelli che sono tornati a
Dio tra i Gentili, ma (il Logos) sia inviato loro così: ‘Si tengano lontano dalle (pratiche)
malvagie e dagli idoli e da ciò che è sacrificato, e da quello che è stato strangolato e dal
sangue’”1401 . 14. “A quel tempo noi apostoli e vescovi e anziani, insieme con tutta la chiesa,
fummo ben lieti di scegliere 1402 degli uomini fra loro e li inviammo (ad Antiochia) con
Barnaba e Paolo”1403 , che sono venuti da là.
E scegliamo e nominiamo “Giuda che è stato chiamato Barsabba1404 e Sila, uomini noti tra i
fratelli, e scrivemmo per mezzo loro come segue:    
 
15. Gli apostoli e gli anziani e i fratelli, i fratelli che sono fra
i Gentili ad Antiochia e in Siria e in Cilicia, saluto.
Poiché abbiamo ascoltato che uomini, che non abbiamo
inviato, vi hanno turbato con le parole, per corrompere le vostre
anime, siamo tutti d’accordo, mentre siamo tutti insieme, di
scegliere e inviarvi uomini con il nostro amato Barnaba e i suoi
compagni, che avete mandato in giro. E abbiamo mandato
Giuda e Sila, che vi riferiranno su queste cose a parole. Infatti
allo Spirito santo e a noi, sembrò buono che nessun carico fosse
posto su di voi, eccetto che stiate lontano da quelli che sono
necessari: da ciò che è sacrificato e dal sangue, e da ciò che è
strangolato e dalla fornicazione. E preservate voi stessi da queste
cose e agite bene.
State bene1405 .
 
[6.13] Ora abbiamo mandato la lettera, ma siamo rimasti a Gerusalemme alcuni giorni. E
consultiamo e fissiamo queste cose che sono d’aiuto per tutto il popolo e inoltre scriviamo
anche questa Didascalia universale.

                                                                                                               
1401
Atti XV, 14-19. Le riserve di Giacomo indicano che la natura del litigio è di ordine rituale. Di tutte le
norme, Giacomo mantiene vive solo quelle il cui carattere è universale.
1402
!"#$
1403
Atti XV, 22.
1404
Stewart- Sykes [op. cit., p. 234] segnala che potrebbe essere un errore di trascrizione.
1405
Atti XV, 23-29.

  233  
Capitolo XXV

Mostra che gli apostoli sono tornati nelle chiese


e le hanno ristabilite1406
 
Così, abbiamo confermato e costituito la riflessione1407 su cui abbiamo preso consiglio e (su)
cui abbiamo disposto per quelli che si sono smarriti1408 . 2. E ritorneremo di nuovo e andremo
nelle chiese una seconda volta, come all’inizio della predicazione 1409 e per confermare i
credenti ed essi si terranno lontano dalle offese suddette e non riceveranno chi viene nel nome
degli apostoli in modo falso e li riconosceranno dall’incostanza 1410 delle loro parole e
dall’effetto1411 delle loro parole. Infatti questi sono quelli di cui nostro Signore ha detto:

3. Verranno da voi uomini che indossano l’abito di agnelli, ma interiormente


divorano (come) lupi1412, dai loro frutti li riconoscerete1413; guardatevi da essi
perciò. Sorgeranno falsi Messia e profeti bugiardi, svieranno molti; e per la
moltitudine dell’iniquità l’amore 1414 di alcuni si raffredderà. Tuttavia, chi
sopporterà fino alla fine sarà salvato1415.

[6.14] Ora, quelli che non si sono smarriti e quelli che si pentono anche dell’errore, siano
lasciati nella chiesa. Ma chi già è stato preso nell’errore e non si pente, abbiamo decretato e
deciso che siano cacciati dalla chiesa e separati e allontanati dai fedeli, perché sono diventati
eretici1416 ; e (abbiamo decretato) di comandare ai fedeli di tenersi assolutamente lontano da
loro e (abbiamo decretato) di non comunicare con loro1417 né a parole né nella preghiera.
2. Infatti ci sono nemici e danneggiatori1418 della chiesa. Infatti, su questi nostro Signore ci
ha comandato e detto: “Fate attenzione al lievito dei Farisei e dei Sadducei”1419 e: “Non entrate

                                                                                                               
1406
Ms EGN: “Mostra ancora che da prima gli apostoli sono tornati nelle chiese dei Gentili, dall’inizio
(!"‫ܪ‬$%) della proclamazione (!‫ܘܙܘܬ‬%&) e nel passare fra esse, essi le hanno stabilite e confermate e hanno fissato i
canoni tra loro”.
1407
!"#$‫ ܬܪ‬the mind, intelligence, sense; reflection; opinion, doctrine, belief; sense; meaning.
1408
!̣#$
1409
!‫ܘܙܘܬ‬%&
1410
!"#$%&
1411
!"#$%&
1412
L’appellativo lupo è riservato ai falsi profeti secondo la tipica interpretazione di Mt VII, 15. In genere può
rappresentare anche i Gentili che perseguitano i discepoli. Il lupo rapace è anche simbolo dell’eretico. Il lupo è
anche l’animale più adatto a rappresentare il diavolo, è antitesi dell’agnello e insidia il gregge. Il lupo è il nemico
dell’uomo, da sempre ha una pessima reputazione, è crudele e sanguinario, non è fiero come il leone, né furbo
quanto la volpe, ma piuttosto subdolo e pavido. Per queste sue caratteristiche, il lupo è stato spesso protagonista
della favolistica, spesso stigmatizzato e messo alla gogna. [Cfr. M. P. Ciccarese, op. cit. III, pp. 83-97]
1413
Mt VII, 15.
1414
!"#$
1415
Mt VII, 15-16; XXIV, 11-13; XXIV 24.
1416
!‫ـ‬#$%&‫ܐܪ‬
1417
.‫ܘܢ‬#$ ‫ܢ‬%&‫ *)(ܘܬ‬+,$‫ ܘ‬Il divieto di comunicare con i refrattari al pentimento richiama alla mente un
silenzio altrettanto eloquente che si trova nel paragrafo 47 del Dialogo con Trifone. Qui Giustino riferisce di alcuni
cristiani che si rifiutano di parlare e di mangiare con i Giudei che credono in Gesù Cristo.
Mentre Giustino parla di una sorta di protesta per la convivenza di alcuni cristiani e di Giudei che credono in
Gesù Cristo, la DA prescrive a tutti il silenzio nei confronti dei peccatori reticenti, ordinando una specie
punizione collettiva. Nel 160 con Giustino non esiste una posizione normativa che regola i comportamenti di chi
accetta e chi rifiuta la koinonia, per cui si deduce che ci sia ancora la possibilità di dissentire e opporsi. [Cfr. A.
Destro-M. Pesce, “Come è nato il cristianesimo”, ASE 21/2 (2004) 529-556].
1418
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̇" &̈() ‫"̇ܘ‬
#+ ̈, -& .,
1419
Mt XVI, 6.

  234  
nelle città dei Samaritani”1420 . Tuttavia, le città dei Samaritani sono quelle degli eretici che
vanno in una direzione perversa, di cui egli ha detto nei Proverbi: “C’è una strada che gli
uomini pensano sia giusta, ma la fine conduce più in basso dello Sheol”1421 . 3. Questi sono
quelli su cui nostro Signore in modo severo e amaro e ha detto: “Non saranno perdonati, né in
questo mondo né in quello futuro”1422 .
4. Infatti, riguardo al popolo che non ha creduto in Cristo e (che) ha messo le mani su di
lui, è contro il figlio dell’uomo, su cui mette le mani, che bestemmia; e nostro Signore ha
detto: “Siano perdonati”1423 . E inoltre nostro Signore ha detto di loro: “Padre mio, non sanno
quello che hanno fatto1424 , né che cosa dicono; se è possibile perdonali”1425 . 5. Ma inoltre per
quanto riguarda i Gentili, è contro il figlio dell’uomo che bestemmiano a causa della croce1426 ;
e per quelli verrà il perdono. 6. Infatti per chi ha creduto provenendo dal popolo o dai Gentili,
con il battesimo è stato concesso il perdono delle loro parole malvagie, come il Signore Cristo
ha detto:

Perché io vi dico, tutti i peccati e le bestemmie saranno perdonati agli


uomini, ma la bestemmia contro lo Spirito santo non sarà perdonata; né in
questo mondo né in quello futuro. E chiunque dirà una parola contro il figlio
dell’uomo sarà perdonato; ma chi sparlerà contro lo Spirito Santo non sarà
perdonato, né in questo mondo né in quello futuro1427.

7. Perciò, chi bestemmia contro lo Spirito santo, chi frettolosamente e in modo ipocrita
bestemmia contro Dio onnipotente, cioè gli eretici che (non)1428 ricevono le sue sante Scritture
o le accolgono malati nell’ipocrisia con la bestemmia, che con parole malvagie bestemmiano
contro la chiesa universale, che è il recipiente1429 dello Spirito santo1430 , (questi) sono quelli che,
prima del giudizio futuro e non sono stati capaci di difendere lo Spirito 1431 , ora sono
condannati da Cristo1432 . Infatti, ciò che egli ha detto: “A loro non sarà perdonato”1433 , è una
sentenza di un severo giudizio di condanna che è emesso per loro.
8. E dopo aver corretto e confermato e stabilito1434 insieme, tutti d’accordo, ognuno di noi
si è allontanato ed è andato nella sua precedente regione1435 a confermare le chiese. Infatti
queste cose che vi sono state raccontate sono state compiute, e sono venuti lupi nascosti, sono
apparsi 1436 “falsi Messia e profeti bugiardi”. 9. Infatti, questo è evidente e manifesto, che

                                                                                                               
1420
Mt X, 5.
1421
Prov XIV, 12.
1422
Mt XX, 32.
1423
Mt XII, 32.
1424
Cfr. il latino XLVI p. 76: “Quid fecerant”.
1425
Lc XXIII, 34; Mt XXVI, 39.
1426
!"#$‫ܨ‬
1427
Mt XII, 31.
1428
Nel testo latino XLVI, p. 76 si legge: “Qui(a) sacras scripturas eius non suscipiunt”, nel testo siriaco la
frase è meno chiara.
1429
!"#$%&'( capable of containing or receiving, receptive; a receiver, recipient, receptacle.
1430
 Il latino XLVII p. 77, legge: “… qui catholicam ecclesiam, quae est susceptorium sancti spiritus, in
detractionibus blasfemant”.  
1431
.!"‫ܢ ܪܘ‬ &'( )‫ ܕ‬. !
"‫ܡܪܘ‬,-. /
‫ܘ‬, 012
‫̣! ܕ‬4 0‫ܡ ܕ‬,-. /
‫&ܢܕ‬
) ‫ܢܐ‬
&)̇ ‫ܗ‬. Il latino XLVII p. 77, legge: “Hii sunt,
qui ante iudicium futurum sine excusatione a Christo iam nunc condemnati sunt”.
1432
Il latino, XLVII p. 77, è diverso: “Iam nunc condemnati sunt”.
1433
Mt XII, 31.
1434
Anche in questo caso il latino differisce: “Et haec statuentes”; nel testo siriaco manca di nuovo qualcosa.
1435
Letteralmente: “parte”, il latino legge: “Ad priorem sortem”.
1436
Mt XXIV, 24; Mc XIII, 22.

  235  
quando i tempi si avvicinano e l’Avvento1437 sarà a portata di mano1438 , ce ne saranno già molti
di più e peggiori di questi, da cui il Signore Dio vi salverà.
10. Quelli poi che si sono pentiti dell’errore di avversione1439 , li abbiamo curati con grande
ammonizione e con la parola dell’insegnamento dell’intercessione e li abbiamo guariti e li
abbiamo lasciati nelle chiese. Questi, tuttavia, che sono avvolti dalla morte con una parola
perversa di errore1440 e per cui non c’è cura, li abbiamo cacciati, che non inquinino la santa
chiesa universale, la pura chiesa di Dio, affinché (l’errore) non si sparga come lebbra e viaggi
verso tutti come una cancrena putrida1441, ma pura e senza macchia o difetto o piaga rimanga
la chiesa1442 , integra nei confronti del Signore Dio.
11. E queste cose le facciamo così in ogni regione e in ogni città, per il mondo intero in
questo modo. E abbiamo dato la (nostra) testimonianza e abbiamo lasciato questa Didascalia
universale giustamente e rettamente alla chiesa universale per memoriale1443 e conferma1444 dei
fedeli1445 .

                                                                                                               
1437
!"#‫ܬ‬%&'
1438
!"#‫ܬ‬
1439
 !‫ܬ‬#$%&'(  aversion, rejection, abolition.  
1440
Qui il testo non è in ordine. In latino si legge più chiaramente: “Magis autem sine uerbo peruersione”.
1441
!"#$% è un termine sconosciuto, Vööbus ipotizza che sia una corruzione di !"#$% cancrena. Il manoscritto
C conserva una forma migliore di questa corruzione !"#$% fa luce sulla storia della deformazione del vocabolo. In
ogni caso, nei manoscritti EFGHIJKN il temine non fu compreso e sostituito con !"#$% piaga.
1442
Ef V, 22.
1443
!"#$‫ܕܘ‬
1444
!‫ܪܪ‬#$
1445
La frase in latino è diversa dal siriaco. Nel XLVII p. 78 si legge: “Et haec per civitates omnes in universam
terram fecimus, relinquentes hanc catholicam doctrinam dign(a)e et iust(a)e ecclesiae catholicae ad
commemorationem confirmationis credentibus contestati”.

  236  
 

Capitolo  XXVI  

Le  catene  della  Seconda  legge  di  Dio1446  


[6.15] Voi, invece, che siete stati convertiti dal popolo (ebraico) per credere in Dio nostro
Salvatore Gesù Cristo, da ora in poi non rimanete di più nel vostro precedente ordine, fratelli,
che conservate legami vani, purificazioni, aspersioni, battesimi e distinzioni dei pasti, infatti il
Signore vi ha detto: “Non ricordate le cose precedenti”1447 e: “Ecco, io faccio nuove tutte le
cose, quelle che ora annuncio, che conoscete; e farò una strada nel deserto”1448 . Perciò, le chiese
prima erano deserti, in cui ora c’è una via principale1449 e la conoscenza del timore di Dio1450 ,
non c’è errore in essa1451 , 2. ma (qualcosa di) nuovo e manifesto: Gesù Cristo e tutta la sua
provvidenza1452 che fu fatta dall’inizio1453 .
Infatti, sapete che diede una legge salvifica1454 , semplice, pura e santa1455 , in cui il nostro
Salvatore ha posto il suo nome. Infatti, (quando Dio) ha pronunciato il Decalogo ha indicato
Gesù, infatti il Dieci rappresenta lo Yod, ma lo Yod è l’inizio del nome di Gesù1456.
                                                                                                               
1446
Ms EGN: “Il capitolo XXVII insegna quale sia la legge e quale sia la Seconda Legge; e un avvertimento a
tutti i cristiani e che non dovrebbero cercare di portali avanti; chi vuole portarli avanti sia soggetto a quella
maledizione che attraverso la legge posta su di lui, anche come chi conferma quella maledizione che era su nostro
Signore”.
1447
Is XLIII, 18.
1448
Is XLIII, 18, 19.  
1449
Che cosa è?
1450
V ööbus fa notare l’importanza di questo passaggio, in cui c’è l’idea che i Gentili sono stati chiamati per la
prima volta in un luogo deserto e privo di acqua. Cfr. Ireno, Demonstratio praedicationis apostolorum, 84.
1451
Il latino XLVIII, p. 78 legge in modo diverso: “Desertae ante erant ecclesiae, in quabus modo divina et
sine errore via religionis Christian(a)e firmata est”, secondo Vööbus il siriaco rende confusa e più debole la frase,
sia per chiarezza che per efficacia, credo invece che il traduttore volesse spostare l’attenzione del lettore sull’idea di
aridità e ricollegarsi a quanto detto sui Gentili.
1452
!‫ܬ‬#$%&'( è un sostantivo di una certa antichità: cfr. VOOBUS. In questo caso indica la distribuzione, the
Divine dispensation, the Providence, government o economy of God. In altre occasioni può anche significare guidance,
direction; steering; rule, government, administration; stewardship, leadership; action, course; prudence. Può indicare
anche la provincia o la prefettura.
1453
Il siriaco ha smussato la forza e la chiarezza dell’espressione conservata invece in latino XLVIII, p. 78:
“Cognoscentes igitur dom(inum) Jesum Christum et universam eius dispensationem, quae a principio facta est,
scitote, quia dedit legem simplicem”.
1454
!̈#$ è l’equivalente greco σωτήριον.
1455
All’inizio di DA la Legge era detta “semplice e naturale” ora, giunta alla fine, gli aggettivi sono cambiati,
“naturale” è sostituito con !"#$%‫ ܘܕ('! ܘ‬pura e santa. In latino, XLVIII p. 78, c’è un ordine e un'aggettivazione
diversa: “Legem simplicem, mundam, salubrem, sanctam”.
1456
La Yod è la prima lettera del nome di Gesù in greco, rappresenta il Decalogo e il numero dieci, ha dunque
un valore simbolico e teologico, che completa e supera il suo contenuto formale, stabilendo un’unione privilegiata
dello iod, il numero dieci, IHS il Decalogo e Dio.
Questo procedimento di associazione fra numeri e lettere, oltre a essere antichissimo, stabilisce relazioni
matematiche tra le parole con il fine di estrapolare o introdurre significati nel testo. Sono molti i numeri che
hanno un valore simbolico o teologico: il tre, il sette, il dodici, il quaranta sono solo alcuni esempi. L’Egitto e la
Mesopotamia hanno sviluppato regole di aritmetica e di geometria sofisticate e raffinate che andavano oltre
l’applicazione quotidiana. Insieme a quello greco, tali sistemi esercitano un’influenza durevole nel Vicino Oriente
antico e nel resto del mondo. Gli scribi mesopotamici erano in grado si collegare numeri e parole e di manipolare
queste ultime secondo criteri matematici e criptografici. Dopo il II secolo a.C. tecniche analoghe vengono
impiegate anche nel Giudaismo sostituendo numeri speciali con le lettere. In seguito anche i Giudei, come già i
Greci, hanno usato le lettere dell’alfabeto come numeri per cui Aleph stava a indicare il numero 1, Beth il 2 etc
etc. L’uso delle lettere come numeri permette ai primi interpreti giudaici della cabala di individuare relazioni
quasi matematiche tra le parole e di estrapolarne significati nascosti nel testo. [Cfr. J. Bowker, “I numeri della
Bibbia”, in Il manuale nella Bibbia, Mondadori, Milano 2000, p. 76-77].

  237  
Sulla Legge ora il Signore testimonia in Davide e dice così1457 : “La Legge del Signore è senza
macchia e converte le anime1458 ”1459. E inoltre molte altre cose sono state dette su questo saggio
così. Infatti, a completamento1460 dei libri dei Profeti, il Signore ha parlato alla fine attraverso
Malachia, l’angelo1461 e ha detto così: “Ricorda la Legge di Mosè, il servo del Signore1462 , come
vi ha comandato ordini e giudizi 1463 ”1464 . 3. E inoltre anche il nostro Salvatore, quando ha
pulito il lebbroso, lo ha mandato verso la Legge e gli ha detto: “Va’, presentati ai sommi
sacerdoti e offri i doni per la tua purificazione 1465 , come ha ordinato Mosè, per la loro
testimonianza”1466 , per mostrare che egli non abroga la Legge, ma insegna quale sia Legge1467 e
quale sia la Seconda Legge. Infatti egli ha detto così: “Io non sono venuto per abrogare la
Legge né i Profeti, ma per dargli compimento”1468 .
La Legge quindi è indissolubile, la Seconda Legge invece è provvisoria 1469 e si può
sciogliere1470 . 4. Perciò la Legge è il Decalogo e i giudizi, su cui Gesù ha testimoniato e detto
così: “Non passerà uno Yod, una lettera dalla Legge”1471 . Dunque è lo Yod, che non passa dalla
Legge, sebbene sia (ri)conosciuta dalla Legge per mezzo del Decalogo, che è il nome di Gesù.
La lettera, dunque, è l’estensione 1472 del legno della croce 1473 . E inoltre sulla montagna
                                                                                                               
1457
In latino la precisazione riguarda al libro di Davide è assente. XLVIII p. 78-79 si legge: “Decalogum enim
proferens significavit Iesum. I enim iota significat, iota autem nominis est Iesu. Lex ergo domini
inrepreahensibilis, convertens animas”.
1458
Latino XLVIII, p. 79: “Convertens animas”.
1459
Sal XVIII, 7 (8).
1460
‫ܘܢ‬#$% ̈'( In latino XLVIII, p. 79 si legge: “In conpletione scripturarum profeticarum”.
1461
Vööbus fa notare che nei Ms EFGHIJKN l’attributo è omesso. In Ireneo Adv Haer IV, XXIX, 5 e XXXIV,
2 si parla di Malachia come profeta; la cui versione armena invece riporta “l’angelo”.
1462
Il latino qui legge “pueri mei”, XLVIII, p. 79.
1463
Il latino legge: “Quomodo vobis dedit praecepta et iustitias”.
1464  CERCA  RIFERIMENTO  BIBLICO  
1465
‫"ܟ‬#$‫*)( ܕܬܪ‬+,- ‫ܒ‬/-
1466
Mc I, 44.
1467
I Ms CEFGHIIJKN riportano erroneamente: “quale sia la Seconda Legge e quale sia la Seconda Legge”, la
versione latina riporta la versione corretta: “Sed doceo quid sit lex”.
1468
Mt V, 17.
1469
!"#‫ܙ‬
1470
!‫ܪ‬#$%
1471
Mt V, 18. VEDI CONNOLLY p.218.
1472
Cfr. Didaché XVI, 6: “Il segno del dispiegamento del cielo” è una frase controversa, a cui spesso gli
studiosi hanno accostato la citazione di Mt XXIV, 30. Diverse le ipotesi, ma con nessuna di queste concorda
Visonà, che nella frase di DA: “La lettera, invece, è l’estensione del legno della croce” vede la testimonianza
cardine per chiarire l’affermazione di Didaché. Facendo un confronto con la versione latina XLIX p. 80 in cui si
parla di: “Signum extensionis est ligni”, Visonà intende “l’estensione del legno” come l’asta trasversale della croce,
secondo la larghezza. Ma la frase latina intera è: “Apex vero extensionis est ligni”, l’estensione, alla luce dell’intera
frase mi sembra decisamente verticale.
Stewart-Sykes [op. cit., p. 239] propone di interpretare la frase: “La lettera, invece, è l’estensione del legno
della croce” intendendo !‫ ܐܬܐܘܬ‬lettera come l’equivalente di κεραíα che non indica solo l’apice, ma tutta
l’estensione della lettera. Dunque, lo Yod, rappresentato come un elemento verticale, starebbe a indicare Gesù e
l’estensione della sua croce sarebbe raffigurata dalla parola lettera, entrambi presenti nella legge.
NORELLI: Mi permetto però (anche se non dovrei, visto che non ragiono sull’originale, come sarebbe
assolutamente necessario) un paio di osservazioni, perché le note di SS non mi sembrano sufficienti.
O meglio, la prima (nota 16 p. 239), quella relativa allo yod, dice l’essenziale: yod = 10, dunque rappresenta il
Decalogo, e al tempo stesso è l’iniziale del nome di Gesù: dunque, la vera Legge, il Decalogo, esprime, attraverso
il numero dei precetti, il nome di Gesù; l’autentica lettura della Legge deve partire dalla consapevolezza che in
essa c’è Gesù, ed essa rimane valida per questo motivo.
Meno perspicuo mi sembra SS sulla faccenda della “lettera” (p. 129 nota 17). “Della croce” che è nel siriaco
ma non nel latino può anche essere una glossa, ma non si vede perché debba esserlo “probabilmente” come pensa
SS: è chiaro, e lo era per chiunque, che in questo caso il legno era il legno della croce. Quanto alla mancanza del
termine “segno” nel siriaco, non sono sicuro che la spiegazione di SS sia la migliore, come pure la preferenza da

  238  
apparvero anche Mosè ed Elia con nostro Signore1474 , essi invece (rappresentano) la legge e i
profeti.
[6.16] La Legge, quindi, consiste nel Decalogo e nei giudizi, questi che Dio ha pronunciato
prima che il popolo facesse il vitello e adorasse idoli. Infatti, anche quella è chiamata Legge in
modo certo, a causa dei giudizi. 2. Questa è la Legge semplice e leggera1475 , in cui non c’è
carico, né distinzione di cibi, né incensi, né offerte di sacrifici e olocausti. In questa Legge,
quindi, mostra ciò riguardo alla distribuzione della chiesa e non alla circoncisione della carne
solamente1476.
Infatti egli ha detto così sui sacrifici:

Se1477 mi farai un altare, fallo di terra, ma se è di pietre, non farlo (di


pietre) intere e non lavorate e non di pietre lavorate, perché dopo che ci avrai
messo un ferro sopra 1478 lo avrai già contaminato 1479, non un qualunque
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                             
lui accordata al latino. A una prima occhiata, mi sembra che il latino potrebbe aver equivocato nel tradurre Mt
5,18 iôta hen ê mia keraia, “un solo iota o un solo apice”; lo ê greco (spirito dolce, accento grave) può in effetti
significare “oppure” in una relazione tra due cose diverse (e questo è il senso originario in Mt) o può significare
“ovvero, o anche”, per indicare due modi diversi di designare una medesima cosa; il traduttore latino della DA mi
sembra aver inteso in questo secondo senso, per cui ha reso questo ê con “id est” (noi potremmo dire “in altre
parole”); un termine latino acora più prossimo sarebbe stato “sive”. Ciò implica naturalmente che le parole iota e
apex designano per lui la stessa cosa, il che ovviamente non è nel testo originale, iota e apice essendo in greco sue
segni diversi. Naturalmente io qui ho ragionato supponendo che il traduttore latino traduca dal greco; se ci sono
motivi per credere che traduca dal siriaco, allora bisognerebbe vedere se questo equivoco può spiegarsi sulla base
del siriaco.
Ora, il latino appare consapevole che sta per spiegare allegoricamente due termini diversi: iota e apex. La
spiegazione sullo iota è comprensibile attraverso il confronto con il siriaco, sebbene in sé, in latino, non sia
particolarmente perspicua: comunque: “lo iota è ciò che non passerà dalla Legge; ora, lo iota è significato
mediante il Decalogo, (che è ) il nome di Gesù”. Insomma, ciò che non passerà dalla/della legge è il Decalogo
(designato dallo yod = 10), perché è esso che reca il nome di Gesù (yod).
Quanto alla spiegazione dell’apice, SS suggerisce che il termine “segno” che si trova in latino sia scomparso in
siriaco a causa della somiglianza delle parole per “segno” e “lettera” in siriaco. Ma, anche qui, la spiegazione non
dovrebbe partire dal greco? Sêmeion può infatti designare, in greco, proprio un segno scritto come l’apice/keraia.
Se il latino presupponesse un greco del tipo “l’apice è un segno, (quello) dell’estensione del legno” (o: “il segno
apice è l’estensione del legno”), più o meno hê keraia sêmeion ekpetaseôs (o: ekpetasis?) (tou) xylou (o ektasis invece
di ekpetasis) ci sarebbe corrispondenza con il siriaco, dove “lettera” corrisponderebbe ad “apice”, come sopra, salvo
che nel siriaco il termine “segno” non comparirebbe come tale.
L’accostamento operato da Connolly tra questo passo e il sêmeion ekpetaseôs di Didachè 16,6 (cf anche la nota
di Visonà al passo della Didachè, p. 355-356 nota 12) è in sé pertinente, ma – sembra a me – a condizione che ci
si renda conto che con ogni probabilità la spiegazione non si trova in un rapporto diretto tra i due testi. A mio
parere, entrambi risentono di una tradizione interpretativa che combinava insieme il sêmeion (= croce) con il
“legno” (croce, naturalmente) e con l’ “estensione” delle mani (e delle ali, cf Mt 23,37 / Lc 13,34, da Q) come
figura della crocifissione di Gesù, soprattutto in rapporto con la sua portata salvifica; ne ho studiato qualche
testimonianza in “Due testimonia attribuiti a Esdra”: "Annali di storia dell'esegesi" 1 (1984) 231-282, su questo
punto soprattutto 239-254. Il passo della DA associa a questo insieme, come simbolo della croce, la keraia che
indicava correntemente (così, per esempio, anche nella Suda) l’albero traverso, attaccato all’albero verticale, al
quale era legata la vela; anche se SS non lo segnala, l’applicazione di keraia al braccio traverso della croce di Gesù,
e all’estensione delle sue mani o braccia su di esso, era corrente almeno dal IV secolo, basta consultare il Patristic
Greek Lexicon di Lampe, p. 746 s.v., n. 1; ivi, al n. 2, anche esempi di esegesi di Mt 5,18. Mi pare dunque che il
simbolismo del nostro passo sia da studiare in rapporto con questo complesso.
1473
!"#$‫ ܕܨ‬della croce, è una nota esplicativa che in latino manca: “Extensionis ligni”, XLIX p. 80.  
1474
Cfr. Mt XVII, 3.
1475
In questo ultimo capitolo, la Legge non è più “semplice e naturale”, ma viene definita “semplice e leggera”.
1476
La Legge in questo passaggio non ha un valore teologico, si distingue piuttosto per il suo aspetto pratico,
mostrando ciò che spetta alla chiesa.
1477
Cfr. , 24. Il siriaco riporta una proposizione ipotetica, esprime una condizione che è assente in , 24.
1478
Cfr. “quoniam ferramentum tuum inmisisti in eo”.
1479
, 24 seg; Dt XXVII, 5.

  239  
ferro 1480 , (ma) il ferro della lama che è il bisturi del medico, con cui
circoncide l’incirconciso1481.

3. Poi non dice fallo per me, ma se farai un altare. Egli non ha posto questa come una
necessità, ma ha mostrato che cosa stesse per accadere. 4. Infatti, Dio non ha necessità di
sacrifici. Come anche prima non è stato narrato a Caino e Abele, ma spontaneamente hanno
presentato offerte e le loro offerte hanno compiuto l’omicidio di un fratello. E inoltre anche
Noè fece offerte e fu biasimato. Pertanto mostra qui: “Se desideri fare sacrifici, mentre io non
ho bisogno che mi fai sacrifici”.
5. Così, dunque, (la Legge) è semplice e leggera, non dal suono debole1482. 6. Ma quando il
popolo rinnega Dio, – che ha fatto loro visita nelle loro afflizioni1483 attraverso Mosè, che ha
operato miracoli con la sua mano e il suo bastone, che ha colpito gli Egiziani con le dieci
piaghe e ha diviso il Mar Rosso in due, che ha condotto loro nel mezzo del mare su una
regione arida come nel deserto, che ha annegato i loro nemici e chi li odia/avversari, che con
un legno ha reso dolce il pozzo delle acque amare di Marah, che ha fatto scorrere abbondante
acqua per loro dalla pietra perché fossero soddisfatti, che li ha messi all’ombra con un cuscino
di nuvola e con un cuscino di fuoco li ha guidati, che ha mandato loro la manna dal cielo e ha
dato loro carne dal mare1484 , che ha istituito la Legge su una montagna ‒ lo ha rinnegato e ha
detto: “Non abbiamo Dio a guidarci; e fecero un vitello fuso e lo adorarono”1485 e fecero
sacrifici a un’immagine incisa.
Allora il Signore si arrabbiò e nel calore della sua rabbia, con la grazia della sua bontà, li
legò con la Seconda Legge e pose fardelli pesanti su di loro e un duro giogo sul loro collo1486 . 7.
E ora non dice non più: Se farai 1487 come prima, ma ha detto Fai un altare e sacrifica
continuamente sebbene non abbia bisogno di queste cose.
8. Perciò, ha posto su di loro un olocausto continuo come1488 una necessità e li ha indotti ad
astenersi dalle carni attraverso la distinzione delle carni1489 .
9. Infatti, da quel momento gli animali furono distinti fra carni purificate e immonde, da
quel momento ci furono separazioni e purificazioni e battesimi e aspersioni. E da quel
momento ci furono sacrifici1490 e offerte e tavole. Da quel momento furono bruciate le offerte,
e offerte e pane della presenza1491 , e l’offerta di sacrifici e primizie e riscatti e capri (espiatori)
per il peccato e i voti e molte altre cose incredibili.
Infatti a causa della moltitudine dei peccati lì furono posti su di loro consuetudini indicibili.

                                                                                                               
1480
Il siriaco qui è poco comprensibile, ma anche il latino non sembra essere molto più chiaro: “Non ergo in
bipinn(a)e facies sed de manuale, quod est medicinale ferramentum, quod et circumcidit praeputium” XLIX, p.
80.
1481
!‫ܬ‬#$‫ܪ‬#&
1482
Letteralmente: “piccolo”.
1483
Cfr. capitolo XXIII. Il testo che segue è una ripetizione.
1484
Cfr. Num XI, 31.
1485
Cfr. XII, 1.8.
1486
Cfr. Afraate, Dem. XV,17. La versione latina riporta la stessa verisione di Afraate: “...alligavit illos in
secundatione legis et obstrictione o(ne)ris et in duritia catenae”. Le versioni siriache A ed E differiscono fra loro.
Le CA non supportano nessuna delle due versioni perché riportano un’altra versione ancora.
1487
Cfr. , 24; cfr. Dt XXVII, 5 seg.
1488
Letteralmente: “E una necessità”.
1489
Il latino riporta: “Et necessitatem inposuit illis et ab escis separavit eos”, ovvero: “e ha imposto su di loro
una necessità e li ha separati dalle carni”, che oltre essere più sintetica del siriaco la versione latina non chiarisce
che cosa sia la necessitatem di cui parla, nè cita la distinzione delle carni, ma solo l’allontanamento da esse.
1490
Il latino si interrompe qui.
1491
!̈#‫ܐ‬%
&'

  240  
10. Tuttavia, non hanno sopportato nessuna di queste, ma inoltre hanno fatto inquietare il
Signore. Pertanto, alla Seconda Legge aggiunse loro una cecità degna delle loro parole e disse
così:

Se in un uomo si trovassero peccati (degni) del giudizio di morte, e questi


morisse e tu lo appendessi a un albero, il suo corpo non deve passare la notte
sull’albero, ma seppelliscilo il giorno stesso; maledetto è infatti chi è appeso a
un albero1492,

infatti quando verrà Cristo potrebbero non essere capaci di assisterlo, ma pensare che sia
degno di una maledizione. 11. Così per la loro cecità fu detto questo, come ha detto Isaia:
“Ecco, io mostro la mia onestà e le vostre malvagità e non vi aiuteranno in niente”1493 . Infatti il
Signore li ha giudicati con un giusto giudizio e ha fatto loro così per la loro cattiveria e ha
temprato il loro cuore come quello del Faraone1494 , come il Signore ha detto loro per mezzo di
Isaia:

Ascoltate e non comprendete; e vedete e non guardate e non capite.


Infatti, il cuore di questo popolo è indurito, ed essi hanno chiuso i loro occhi
e hanno impedito le loro orecchie, così che non possano essere convertiti per
timore che in qualunque momento vedano con i loro occhi e ascoltino con le
loro orecchie1495.

12. E nel vangelo inoltre egli dice:

Il cuore di questo popolo è indurito e hanno chiuso i loro occhi e hanno


impedito le loro orecchie per timore che in qualsiasi momento fossero
convertiti; ma benedetti sono i loro occhi che vedono e le loro orecchie che
sentono1496.

Infatti, siete stati liberati dai legami e sollevati dalla Seconda Legge e resi liberi dall’amara
schiavitù e una maledizione vi è stata tolta e abolita.
[6.17] Infatti, la Seconda Legge fu imposta a causa della fabbricazione del vitello e
dell’idolatria.
Voi, invece, con il battesimo1497 siete stati liberati dall’idolatria e dalla Seconda Legge che fu
(imposta) per gli idoli, siete stati liberati. Infatti, nel vangelo egli ha rinnovato e portato a
compimento e confermato la Legge1498 , ma ha abrogato e abolito la Seconda Legge. In verità,
fu per questo motivo che venne: per confermare la Legge e abrogare la Seconda Legge e portare
a compimento la potenza della libertà degli uomini e dimostrare la resurrezione dalla morte.
2. Infatti, anche prima della sua venuta aveva predetto la sua venuta per mezzo dei profeti e
insieme con la sua venuta indicò anche il popolo disobbediente e inoltre predicò
sull’abrogazione della Seconda Legge, come ha detto per mezzo di Geremia:

Perché mi portate incenso da Saba e cannella da un paese lontano? I vostri


olocausti non mi sono accetti e i vostri sacrifici non mi sono graditi1499.

                                                                                                               
1492
Deut XXI, 22 seg; cfr. Gal III, 13.
1493
Cfr. Is LVII, 12.
1494
Es IV, 21; cfr. Gv XII, 40.
1495
Is VI, 9; Cfr. Atti XXVIII, 26.
1496
Mt XIII, 15.
1497
!"#‫ܕ‬%&'( )*+
1498
Mt V, 18.
1499
Ger VI, 20.

  241  
E inoltre disse:
Portate insieme i vostri olocausti e i vostri sacrifici e mangiate carne;
infatti non l’ho ordinato io, dopo che vi ho condotto fuori dalla terra
d’Egitto, né sugli olocausti né sui sacrifici1500.

Sì, in verità non ha dato ordini sulla Legge, ma sui legami della Seconda Legge, dopo che
avevano adorato idoli. 3. E inoltre per mezzo di Isaia ha detto:

Per quale motivo è rivolto a me la moltitudine dei vostri sacrifici? ‒ dice


il Signore ‒ Io sono appagato con gli olocausti dei montoni e il grasso dei
lombi e non desidero il sangue del toro. E quando venite a vedere il mio viso,
chi richiede queste cose dalle vostre mani? Non calpestate più i miei atri. Se
mi portate fiori, è una vana oblazione1501; e le vostre lune nuove e i vostri
sabati e (il vostro) grande giorno 1502 sono disprezzati 1503 da me ‒ i vostri
digiuni e i vostri riposi non mi sono accetti e la mia anima odia le vostre
feste1504.

4. Inoltre, in tutte le Scritture parla così e per i sacrifici abroga la Seconda Legge. Infatti,
come abbiamo già detto, è nella Seconda Legge che sono scritti i sacrifici.
5. Così, se anche prima della sua venuta ha fatto conoscere e rivelato la sua venuta e il
popolo disobbediente, e ha parlato dell’abrogazione della Seconda Legge, quanto di più,
quando è venuto, ha pienamente e perfettamente abrogato la Seconda Legge. Infatti non ha
usato aspersioni o abluzioni o altre feste 1505 , e non ha offerto sacrifici od olocausti o
qualcos’altro che è scritto di offrire nella Seconda Legge. 6. Infatti, che cos’altro ha indicato
(facendo così)?1506 Ma l’abrogazione della Seconda Legge. Come anche (l’allentamento) dai
legami, (dove) egli ha detto:

Venite a me, tutti voi che faticate e siete carichi di pesanti fardelli1507, e io
vi darò riposo.

Ora dunque, sappiamo che nostro Signore non ha detto questo ai Gentili, ma lo ha detto a
noi, i suoi apostoli, che proveniamo dagli Ebrei e ci ha condotto fuori dai fardelli e dai pesanti
carichi.
Perciò, quelli che non gli hanno obbedito, illumini e salvi loro dalle catene della Seconda
Legge, non hanno obbedito a Dio, che li ha chiamati a venire avanti verso la liberazione e il
riposo e il sollievo, ed essi hanno legato loro stessi con i pesanti fardelli della Seconda Legge,
che non sono d’aiuto. [6.18] Infatti, il nostro Signore e Salvatore stesso, che ha dato la Legge e
la Seconda Legge, testimonia sulla Legge che è vita per quelli che la mantengono1508 , sulla
Seconda Legge mostra che è un legame e una cecità. Infatti, dappertutto fa una distinzione. E
                                                                                                               
1500
Ger VII, 21.  
1501
Il latino invece aggiunge: “Si adferatis mihi similaginem, vanum; incensum abominatio mihi est;”, LI, p.
83.
1502
!"‫! ܪ‬$%&'
1503
!" ‫! ܗܘ‬%&'
1504
Is I, 11-14.
1505
Il traduttore in questo caso ha frainteso il testo come mostra bene il latino LI, p. 83: “Neque aliis
consuetudinibus usus est”. Anche in CA VI, XXII, 5 la stessa versione. Vööbus fa notare quanto sia facile
confondere “abitudini, costumi” !"#̈%& con !‫ܕ‬#̈% & “feste”.
1506  Vedi  nota  45  Sykes  p.  244.  
1507
Mt XI, 28.  
1508
Cfr. Rom X, 5; Lev XVIII, 5.

  242  
testimonia sulla Legge e ci rimprovera e ordina di stare sotto la Legge ‒ infatti, chi non è sotto
la Legge è senza legge1509 .
E pertanto così ci testimonia la Legge:

Nella Legge del Signore ci sarà il suo piacere e nella sua Legge mediterà il
giorno e la notte1510; non (faranno) così i malvagi.

2. Così vediamo, amati, come gli onesti sono detti benedetti per l’onestà e la custodia della
Legge. Tuttavia, “non così i malvagi”. Infatti non hanno piacere l’un l’altro fra gli onesti o fra
la Legge, e non ci hanno meditato. Perciò chiama malvagi quelli che non agiscono all’interno
della Legge1511 . 3. Nel vangelo conferma anche la Legge, (ma) chiama e ci porta fuori dalla
(Seconda)1512 Legge1513 .
Tuttavia, la Legge è una (cosa) e la Seconda Legge un’altra1514 e in Davide egli distingue e
mostra in questo modo, parlando così: “Spezziamo le loro catene e allentiamo i loro gioghi da
noi”1515. 4. Vedete come lo Spirito Santo parla come se uscisse dalla bocca del mondo1516 e
rivela il pensiero e dice che la Legge è un “giogo”, ma la Seconda Legge le “catene”1517 .
Infatti, la Legge è un giogo, perché come il giogo dell’aratro 1518 del bue è posto sul
precedente popolo e sull’attuale chiesa di Dio, anche ora nella chiesa è su di noi, su quelli che
sono chiamati dal popolo e su di voi e su quelli che vengono dai Gentili che hanno (ottenuto)
la grazia per loro: 5. ci ha riunito e preso insieme d’accordo. Tuttavia, giustamente chiama la
Seconda Legge “legami”. Infatti, quando il popolo ha adorato gli idoli, gli fu aggiunto il
fardello della Seconda Legge. Infatti i legami furono imposti giustamente, come accadde al
popolo a quel tempo. Tuttavia, la chiesa non è stata legata.
6. Infatti, a Ezechiele spiega e fa conoscere che la Legge salvifica è una, ma la Seconda
Legge1519 , (quella) di morte, è un’altra. Infatti parla così:

Io li ho condotti fuori dalla regione d’Egitto e li ho portati nel deserto e


ho dato loro i miei ordini e ho fatto conoscere loro il mio giudizio, se un
uomo li mettesse in pratica, vivrebbe grazie a loro1520.

E in seguito, rimproverandoli perché hanno peccato e perché non hanno conservato la


Legge salvifica, ripete loro e dice così: “Io avevo dato loro ordini che non sono buoni e giudizi
per cui non vivranno”1521 . Tuttavia, i giudizi che non danno vita sono quelli dei legami.
7. Pertanto, anche il Logos suddetto nella Seconda Legge era per la cecità di un popolo
cieco; cioè: “Maledetto è chi è appeso a un albero”1522 . Infatti, così hanno pensato che lui che
dà e distribuisce benedizioni a quelli che sono degni, fosse sotto una maledizione. Perché non
                                                                                                               
1509
Letteralmente: “Ingiusto”.
1510
Sal I, 2.
1511  Vedi  sykes  p.  244  nota45.  
1512
Qui il latino è più completo: “De vinculorum autem onere et de secundatione provocans nos educit” LII,
p. 84.
1513  Vedìi  Sykes  p.  244  nota  49.  
1514
Cfr latino LII p. 85: “Quia vero aliut est (lex et aliut) secundatio”.
1515
Sal II, 3.
1516
!"#$%‫ *)(' ܕ‬Vööbus traduce: “The mouth of the Word”, Stewart Sykes: “The voice of the world”. Cfr.
Latino: “unius vocis”. Connolly suggerisce che “unius” è stato scritto al posto di “universi” o “universali”.
1517
!"#$ .
1518
Latino legge solo: “Iugus”, p. 85.
1519
Questa volta il siriaco si allontana dall’uso di δευτšρωσις.
1520
Ez XX, 10 seg.
1521
Ez XX, 25.
1522
Deut XXI, 23.

  243  
l’hanno riconosciuto, nemmeno dopo i segni che diede nel mondo quando soffrì giustamente,
in accordo con le loro opere quella dichiarazione fu stabilita per la cecità del popolo; e ha
ostacolato (loro così) che non credessero e non fossero salvati.
8. Pertanto anche per mezzo di Isaia ha parlato così:

Chi è cieco, ma i miei servi? E i servi di Dio sono accecati1523 e io ho


condotto fuori un popolo cieco che ha occhi e non vede1524; e anche le loro
orecchie sono sorde.

Infatti, con questo discorso, a causa delle loro attività, i loro occhi furono accecati e le loro
orecchie rese sorde come quelle del Faraone. Pertanto, con questo discorso anche la Seconda
Legge fu imposta, che Mosè stabilì. Ed è la Seconda Legge che egli ha chiamato “giudizi che
non sono buoni” e non può salvare una vita.
9. Perciò quelli che portano su se stessi quelle cose che sono state imposte per l’adorazione
degli idoli erediteranno le afflizioni; infatti:

Afflizione a chi prolunga i loro peccati come una lunga corda e la loro
iniquità come la cinghia del giogo di una giovenca1525.

Infatti, il giogo dei legami è il “giogo della giovenca” ‒ i legami della legge sul popolo, che
“come una lunga corda” è posta su di loro per i peccati degli altri uomini che dai tempi e dalle
generazioni precedenti portano su se stessi. Chi tenta di stare sotto la (Seconda) Legge diventa
degno dell’adorazione del vitello. Infatti, la Seconda Legge non era imposta al di fuori del culto
degli idoli. Infatti, i legami furono stabiliti in modo fermo a causa del culto degli idoli. 10.
Perciò, quelli che danno ascolto a loro sono schiavi e adoratori di idoli. Pertanto, chi lega se
stesso diventa colpevole di afflizione e dovrebbe anche confessare il culto degli idoli. Ora chi è
così conferma anche la maledizione contro nostro Signore, poiché se approvi la Seconda Legge,
anche tu fai valere la maledizione contro il nostro Salvatore e sei catturato nei legami e ti rendi
colpevole di afflizione ‒ un nemico del Signore Dio.
11. Pertanto, fate silenzio, amati fratelli, voi che venite dal popolo 1526 avete creduto e
desiderate essere legati con i legami e sostenete che il sabato è prima del primo giorno della
settimana1527 perché le Scritture hanno detto: “In sei giorni Dio ha fatto ogni cosa e il settimo
giorno ha cessato tutte le sue attività e lo ha santificato”1528 ‒ noi vi chiediamo ora, quale è il
primo, l’Olaph o il Taw?1529 12. Infatti, quel (giorno)‒ che è il più grande ‒ è quello in cui
inizia il mondo, come il Signore ha detto anche per mezzo di Mosè: “In principio Dio creò il
cielo e la terra; ma la terra era nascosta e senza forma”1530 . E inoltre egli disse: “E ci fu un
                                                                                                               
1523
Isa V, 18.
1524
Fa notare Vööbus che questa aggiunta in Isa XLIII, 8 è presente nel Ms Br. Mus. Add.14, 432 (VI sec) e
come correzione nel manoscritto nestoriano Br. Mus. Add. 7151 e Or. 4395.
1525
Is V, 18.
1526
“Che venite dal popolo (ebraico)” aggiunge fra parentesi Vööbus per specificare. Fonrobert al riguardo
sostiene che il redattore identifica se stesso come uno dei discepoli che proviene dal popolo giudaico. Infatti
quando l’autore inizia la discussione sul sabato e la domenica, invoca i suoi “amati fratelli”; “voi che fra il popolo
avete creduto… e dite che il sabato viene prima del primo giorno della settimana”. Fonrobert aggiunge che la DA
sembra avere un concetto etnico dell’identità dei Giudei che rivela una giustapposizione tra “noi” e i Gentili.
AGGIUNGI p. 498 e 506 [Cfr. C. E. Fonrobert, “The Didascalia Apostolorum: A Mishnah for the disciples
of Jesus”, Journal of Early Christian Studies 9/4 (2001) 483-509].
1527
!"#$%& domenica.
1528
, 11; Gen II, 2 seg.
1529
L’Olaph e il Taw sono rispettivamente la prima e l’ultima lettera dell’alfabeto siriaco, sono l’equivalente
dell’Alfa e dell’Omega greche.
1530
Gen I, 1.

  244  
giorno”1531 , e già il settimo giorno non fu conosciuto. Ma che cosa dite? Quale è il più grande,
quello presente ed è stato, o quello che ancora non è stato conosciuto e potrebbe (anche) non
essere? 13. Ma inoltre noi vi chiediamo: sono benedetti i vostri ultimi figli o i primogeniti?1532
Come anche la Scrittura dice: “Giacobbe sarà benedetto tra i primogeniti”1533 e: “Mio figlio, il
mio primogenito è Israele”1534 e “Ogni maschio che apre l’utero1535 di sua madre è benedetto
dal Signore”1536 .
14. Ma ascoltate, per rendervi saldi nella fede. Il primo giorno e l’ultimo sono uguali, infatti
imparate come trovate scritto, che:

Nel suo regno1537 un giorno del Signore è come mille anni1538, (come) il
giorno di ieri che è passato e come una sentinella della notte1539.

Tuttavia, ha detto sul giudizio che è una prigione buia per chi è colpevole. 15. Un giorno
così si deve rivelare quando il sole starà a metà della corsa e anche la luna lo stesso1540 ,
seguendo il sole. Infatti egli ha detto:

Ecco io ho fatto le prime cose come le ultime1541 e le ultime come le


prime1542;
e
Le ultime saranno le prime e le prime ultime1543
e
Ricordate non più le prime cose ed esse non risalgano ai vostri cuori, ecco,
io faccio nuove le cose, che ora saranno rivelate1544
e:
In quei giorni e in quel tempo non diranno più: ‘L’arca dell’alleanza non
risalirà al cuore1545 né sarà visitata, né niente di più sarà fatto’.

Ma si annoveri da sabato a sabato1546 e diventi l’ottavo (giorno) ‒ così diventa un’ogdoade,


che è di più del sabato1547 , il primo giorno della settimana1548 .

                                                                                                               
1531
Gen I, 5.
1532
La citazione è sconosciuta né proviene dalla Scrittura.
1533
Stewart-Sykes suggerisce che l’allusione alla primogenitura si riferisce al primato del primo giorno della
settimana.
1534
Es IV, 22.
1535
La fonte della citazione è sconosciuta.
1536
Es XIII, 2.12; Lc II, 23.
1537
Questo inizio non è presente in latino LIII, p. 86: “Dies unus ergo mille anni in regno Christi, in quo et
iudiciu(m) erit. Custodiam enim nocturam indicium significat”
1538
Cfr. II Peter III, 8; cfr. Ep. Barnabas XV, 4.
1539
Sal XC (LXXXIX), 4. cfr. Resch, Agrapha, p. 288.
1540
Cfr. Habak III, 11; cfr. Ep. Barnabas XV, 5.
1541
La citazione è tratta da una fonte extracanonica; Ep Barnabas VI, 13 e Ippolito, In Danielem IV, 37.
1542
Cfr. Resch, Agrapha, p. 167 seg.
1543
Cfr. Mt XX, 16.
1544
Isa XLIII, 19.
1545
Ger III, 16.
1546
In latino LIV, p. 87 indica il signicato: “Ad sabbatum”.
1547
Cfr. Giustino, Dialogus XLI, PG VI in cui c’è l’idea che il primo giorno della settimana è più grande del
sabato.
1548
Il conto, da sabato a sabato, è di otto giorni, ma il vero ottavo giorno è la domenica. Un argomento simile
è usato da Giustino nel Dialogo 41. In un contesto diverso, l’Epistola di Barnaba XV,9 indica la superiorità della
domenica che ha influenzato ugualmente il nostro redattore, ma in questo caso non si parla della superiorità della
domenica bensì dell’uguaglianza di tutti i giorni. Vedi meglio sykes nota 75 p.248

  245  
16. Pertanto, fratelli, ogni giorno è del Signore. Infatti, la Scrittura ha detto: “È del Signore
la terra con la sua pienezza; il mondo che è sotto il cielo 1549 e tutto quello dimora
all’interno”1550 .
Infatti, se Dio avesse voluto che fossimo in riposo un giorno su sei, il primo di tutti i
patriarchi e i giusti e tutti quelli che furono prima di Mosè, sarebbero stati in riposo e Dio
stesso anche con tutte le sue creature. 17. Ma ora l’intero governo del mondo è proseguito
sempre continuamente e i pastori non stanno in silenzio, neanche per un momento dal loro
spostamento e sono al comando di Dio. Infatti egli avrebbe detto: “Vi riposerete e anche
vostro figlio e i vostri servi e le vostre domestiche e il vostro asino”1551 ; in che modo potrebbe
lavorare, generando e facendo soffiare i venti1552 e crescendo e nutrendo le sue creature? Il
sabato permette (ai venti) di soffiare e (alle acque) di scorrere, e lui stesso lavora1553 .
18. Ma questo (il sabato) è stato dato come un modello per i momenti1554, come sono state
date anche alcune altre cose per una similitudine. Il sabato perciò è una similitudine con il
riposo (finale) che indica i settemila1555 . [6.19] Tuttavia, il Signore nostro Dio, quando è
venuto, ha portato a compimento e ha spiegato le parabole e ha mostrato quelle cose che sono
vivificatrici, e quelle che non aiutano le ha abolite e quelle che non danno vita egli le ha
abrogate.
E non solo nella sua persona ha mostrato queste (cose), ma ha operato anche attraverso i
Romani. E ha distrutto il Tempio1556 e ha indotto l’altare a fermarsi e ha abolito i sacrifici e
tutti gli ordini e ha abrogato i legami che sono nella Seconda Legge1557 . Infatti, anche i romani
conservano la Legge, ma si astengono dalla Seconda Legge ‒ perciò la loro potenza è forte1558. 2.
Voi, così, che oggi desiderate stare sotto la Seconda Legge, mentre i Romani governano, non
potete fare niente che è scritto nella Seconda Legge. Infatti, non potete lapidare i malvagi, né
uccidere gli adoratori degli idoli e non potete servire il ministero dei sacrifici e fare libagioni e
aspersioni1559 di giovenca1560 . Voi non potete nemmeno soddisfare ogni altra cosa fra quelle che
sono nella Seconda Legge e non potete nemmeno osservarle. Infatti è scritto: “Maledetto è chi
non conserva queste parole per metterle in pratica”1561 . 3. E questo è (una cosa) impossibile da
fare, (cioè) soddisfare la Seconda Legge mentre si è dispersi tra i Gentili. Perché, chi si avvicina
cade sotto la maledizione e si lega ed eredita un’afflizione e convalida la maledizione1562 che è
contro nostro Signore ed è condannato come un nemico di Dio.

                                                                                                               
1549
!"#$ %"&‫ܕܬ‬. Il latino legge LIV p. 87: “Orbis terrarum et universi”.
1550
Sal (XXIV) XXIII, I.
1551
Cfr. Es XX, 10; Dt V, 14. All’interno di DA, questi passi scritturistici vengono utilizzati capovolgendone
il senso, infatti Es XX, 10 e Dt V, 14 affermano: “ma il settimo è giorno di riposo, sacro all’Eterno, ch’è l’Iddio
tuo; non fare in esso lavoro alcuno, né tu, né il tuo figliuolo, né la tua figliuola, né il tuo servo, né la tua serva, né
il tuo bestiame, né il forestiero ch’è dentro alle tue porte”. DA invece ne nega la validità.
1552
Il latino LIV p. 88 invece legge: “Pariens, providens, nutriens, gubernans”.
1553
Il siriaco è molto sintetico, per capire meglio il senso della frase è utile confrontare il testo latino LIV, p.
88: “In die sabbati s(a)eculum circumeunt moventia se omnia et operantur”. Cfr. Ode di Salomone XVI, 12 e
Afraate, Dem. XIII, 3.
1554  Sykes  nota  82  
1555
Intende settemila anni. Cfr. Ep. Barbanae XV, 4, 8; Ippolito, In Danielem lib. IV, XXIII.
1556
INDICAZIONE TEMPORALE.
1557
Cfr. Eusebio di Cesarea, Dem. Evangelica I.3, l’argomentazione è la stessa.
1558

1559
Il latino LV p. 89 mostra che il siriaco ha omesso le ceneri: “Neque vitulae cinus in asparsione”.
1560
Cfr. Num XIX, 9 seg; anche Eb IX, 13.
1561
Det XXVII, 26¸cfr. Gal III, 10.
1562
Cfr. Deut XXI, 23.

  246  
4. Tuttavia, se seguite Cristo, erediterete le benedizioni1563 . Infatti, “Non c’è discepolo
migliore del suo maestro”1564 . Ma quando vi arrendete a lui per mezzo del vangelo vi arrendete
alla Legge, e vi asterrete del tutto dalla Seconda Legge, sebbene il Signore stesso, che ha dato il
regno agli uomini, ha fatto sapere che i suoi ordini dovranno essere conservati in modo
corretto1565 . Infatti in ogni epoca c’è una giusta legge. 5. Ora, mentre avete il vangelo ‒ vi
arrendete alla Legge, al rinnovo1566 della Legge e al sigillo; non cercate niente altro, più della
Legge e dei profeti1567 . Infatti, la Seconda Legge è dissolta, invece la Legge è salda. Quelli,
tuttavia, che dovrebbero essere senza Legge, malvolentieri si troveranno sotto la Legge; infatti
ha detto nella Legge: “Non uccidere”1568 , ma se un uomo uccide, è condannato dalla legge dei
Romani e si trova sotto la Legge. Ma se seguite e vi arrendete alla verità della chiesa e al potere
del vangelo, la vostra speranza nel Signore non si indebolirà1569 .
[6.20] Perciò allontanatevi da tutti gli eretici che non seguono la Legge e i profeti, e da chi
non obbedisce a Dio onnipotente, ma è suo nemico; da chi si allontana dalle carni e proibisce
di sposarsi e non crede nella resurrezione del corpo; ma inoltre da chi non mangia e non beve,
ma vuole resuscitare i demoni, spiriti vuoti, questi sarà condannato per sempre e tormentato
nel fuoco implacabile.
Fuggite e allontanatevi da loro, quindi, per non perire con loro.
[6.21] Ma, in base alla Seconda Legge, se ci fosse chi è scrupoloso e desideroso di conservare
le abitudini della natura e i flussi e i rapporti1570 , prima sappiano che ‒ come abbiamo già detto
‒ con la Seconda Legge confermano la maledizione contro il nostro Salvatore e condannano se
stessi senza motivo1571 . E inoltre ci raccontino, in quali giorni o in quali ore osservano le
preghiere e ricevono l’eucarestia o leggono le Scritture1572 ‒ ci raccontino se sono privi dello
Spirito Santo1573 . Infatti con il battesimo ricevono lo Spirito Santo che è sempre con chi lavora
onestamente, e non si allontana da loro per i flussi naturali1574 e per i rapporti di matrimonio,
ma dura/rimane sempre in quelli che lo possiedono e li custodisce; come il Signore ha detto
nei Proverbi: “Se dormite, egli vi custodisce e quando vi svegliate parlerà con voi”1575 . E nel
vangelo inoltre nostro Signore ha detto: “A chi ha, sarà dato e gli sarà aggiunto; ma a chi non
ha, anche quello che pensa di avere gli sarà tolto”1576 . Così a quelli che hanno, in verità, sarà

                                                                                                               
1563
Cfr. I Pt III, 9.
1564
Mt X, 24.
1565
Sykes nota 90. La versione latina è corrotta e meno lineare di quella siriaca e sebbene ci siano delle
somiglianze, non sono notevoli. Cfr. latino LVI p.?: “Sicuti ipse dominus, cum regnum homin(ib)ua conmitteret
et cognosceret, quod iuste deberent custodiri praecepta ipsius, secundum, tempora et leges definitionis fecit”.
1566
Il confronto con il latino LVI p. 90 è particolarmente interessante in questo caso: “Habentes itaque
evengelium recapitulationem er verticem legis”. Vedi Sykes nota 92.
1567
La frase siriaco non è del tutto chiara, ma viene in soccorso il testo latino LVI p. 90 che fuga ogni dubbio:
“Quod plus est a lege, a profetis, ut evangelio nolite nihil aliud qu(a)erere”.
Cfr. il II capitolo dove DA dice: “E se non (è così), stai a casa e leggi la Legge e il Libro dei Re, i profeti e il
vangelo 1567 (che è) il completamento di questi”, dunque il XXVI capitolo esclude dalla Legge naturale alcune
Scritture che invece erano annoverati precedentemente.
1568
Es XX, 13.
1569
 Letteralmente: “Cadrà”.
1570
Intende i rapporti sessuali.
1571
In Levitico XV, 16-30 c’è la giustificazione scritturistica della separazione fra gli uomini che eiaculano e le
donne mestruate e i sette giorni di impuri. Vedi nota 96 SYKES
1572
La frase non è chiara, manca qualcosa se la confrontiamo con CA VI, XXVII, 1. Il latino (LVI p. 91)
esprime il concetto opposto alla versione latina: “In quibus horis aut dieb(us) observant, ne orentur aut
eucharistiam percipiant aut librum contingant”.
1573  SYKES  NOTA  98,    
1574
Le mestruazioni.
1575
Prov VI, 22.
1576
Mt XIII, 12; Lc VIII, 18; Mc IV, 25.

  247  
aggiunto1577 . Tuttavia, a quelli che pensano di non avere, anche quello che pensano di avere,
sarà strappato via.
Su quelle che osservano i giorni del flusso1578.
2. Infatti se pensi, donna, che nei setti giorni del tuo flusso sei priva di Spirito santo, se
morissi in quei giorni, ti allontaneresti a mani vuote1579 e senza speranza. Ma se lo Spirito santo
è sempre in te, non astenerti dalla preghiera e dalle Scritture e dall’eucarestia1580 senza un (vero)
impedimento. Infatti, pensa e osserva che anche una preghiera è ascoltata grazie allo Spirito
santo e l’eucarestia è accettata e santificata grazie allo Spirito santo. E le Scritture sono le
dichiarazioni dello Spirito santo e sono sante1581 . Infatti se lo Spirito santo è in te, perché ti
astieni dall’avvicinarti alle opere dello Spirito santo?1582 Come quelli che dicono: “Chi crede
ciecamente nell’altare non pecca, ma pecca chi crede ciecamente nell’offerta che vi è sopra”.
Come nostro Signore ha detto: “Sciocchi e ciechi, quale è più grande, l’offerta o l’altare che
santifica le offerte? Perciò chi crede ciecamente nell’altare, crede ciecamente in esso e a tutto
quello che vi è sopra. E chi crede ciecamente nel tempio, crede ciecamente in esso e in lui che
dimora lì. E chi crede ciecamente nel cielo, crede ciecamente nel trono di Dio e in lui che vi
sta sopra”.
3. Se allora possiedi lo Spirito santo, ma ti astieni dai suoi frutti e non ti avvicini a loro,
sentirai dire dal Signore Gesù Cristo: “Sciocco e cieco, chi è più grande, il pane o lo Spirito
santo che possiedi1583 , sciocco, conservi vuote osservanze”. Ma se lo Spirito santo non è in te,
in che modo puoi operare onestamente? Infatti lo Spirito santo rimane sempre con chi lo
possiede. Ma da chi si allontana, a quello si attacca uno spirito impuro. “Infatti lo spirito
impuro, quando esce da un uomo, va e si sposta in luoghi deserti ‒ cioè, in uomini che non si
immergono nell’acqua1584 ‒ e quando non trova riposo, dice: “Ritornerò e andrò nella mia
precedente casa dal luogo da cui sono uscito”. Se, perciò, arriva e lo trova vuoto e pulito e
abbellito, allora va e conduce e porta con lui altri sette spiriti peggiori di lui e arrivano e
dimorano in quell’uomo e la sua ultima condizione è peggiore della prima”1585 .
4. Imparate invece1586, quando lo spirito impuro è uscito, perché non trova riposo in nessun
luogo: perché ogni uomo è riempito comunque, chi con lo Spirito santo e chi con uno spirito
impuro. Un credente è riempito con lo Spirito santo e chi non crede, con uno spirito impuro,
e la sua natura non accoglie uno spirito estraneo1587 . 5. Perciò chi si è allontanato e rimane
                                                                                                               
1577  SYKES  nota  102  
1578
!"#‫ܪ‬%& a journey, voyage, course; ma !"#‫ ܕܕ‬%&'‫)ܪ‬# e !"#$ %&‫ )(ܕ‬sono le mestruazioni.
Questo titolo interno non è presente nella versione latina.
1579
!"#$%&' in latino, LVII p. 92, invece: “Vacua”.
1580
Questa indicazione è assolutamente nuova nel suo genere, i rapporti sessuali tra coniugi o le mestruazioni
non determinano uno stato di impurità. Più avanti viene aggiunto che questa condizione non limita loro la
partecipazione alla messa e/o all’eucarestia, senza essersi prima lavati. Questo informazione è degno di una certa
considerazione visto che in seguito il parere degli autori cristiani del IV secolo sarà decisamente diverso. Cfr. E.
Wipszycka, Storia della chiesa nella tarda antichità, p. 112.
1581
 Cfr. Latino LVII p. 92: “Si autem spiritum habes semper, ab oratione vero et gratiarum actione et a libris
subterfugis, cogita, quia et oratio per sanctum spiritum suscipitur et gratiarum actio per sanctum spiritum
santificatur et libri, cum sancti spiritus sonus sint, sancti sunt”.
1582  VEDI  SYKES  p.  80.  
1583
Nei Ms BCD: “O lo Spirito santo che santifica il pane?”; il passaggio invece è omesso in EFGHIJK.
Facendo il confronto con il testo latino LVIII, p. 93 è evidente che la versione tramandata è quella dei manoscritti
più antichi dove si legge: “Quid est maius, panis aut sanctus spiritus, qui sanctificat panem? Ergo si spiritum
sanctum possides”.
1584
“Quelli che non ricevono il battesimo”, come nota Vööbus, questa frase è presente solo nei Ms più recenti
(EFGHIJK). Questa aggiunta denota la necessità del copista di fugare ogni possibilità di incomprensione del testo.
1585
Mt XII, 43-45.
1586
Vedi nota 193.
1587  Sykes  nota  112.  

  248  
lontano e ha abbandonato lo spirito impuro grazie al battesimo, è riempito con lo Spirito santo.
E se fa opere buone, lo Spirito santo sta con lui e rimane riempito e lo spirito impuro non
trova posto in lui. Infatti chi è riempito dello Spirito santo non lo accoglie. Infatti, tutti gli
uomini sono riempiti con il loro spirito, e gli spiriti impuri non escono nemmeno un po’ dagli
empi, visto che sono già empi, anche se fanno opere buone. Infatti, non c’è anche altro potere
con cui lo spirito impuro può uscire eccetto che con il puro e santo Spirito di Dio1588 . Così,
allora, quando non ha trovato posto in lui per entrare da qualche parte, ritorna e viene da lui
da chi è uscito; perché chi è riempito con lo Spirito santo non lo accoglie1589 .
6. Tu allora, donna, secondo quello che dici, se nei giorni del tuo flusso sei priva (dello
Spirito santo) sei riempita dagli spiriti impuri. Infatti, quando lo spirito impuro ritorna da te e
trova un posto, entrerà e dimorerà in te sempre e allora ci sarà l’entrata dello spirito impuro e
l’uscita dello Spirito santo e una battaglia continua. Pertanto, stolte, queste disgrazie vi
succedono per le vostre opinioni e per le vostre idee1590 siete svuotate dallo Spirito santo e
riempite da spiriti impuri e siete gettate dalla vita nelle fiamme del fuoco eterno.
7. Ma inoltre ti dico, donna, (se) nei sette giorni della tua perdita/MESTRUAZIONE1591 ti
consideri impura secondo la Seconda Legge1592 , dopo sette giorni allora, in che modo puoi
essere purificata senza battesimo?
Ma se ti laverai, con ciò che supponi, cioè che sei purificata1593 , abrogherai1594 il battesimo
perfetto1595 di Dio che perdona completamente i tuoi peccati, e ti ritroverai fra i mali dei tuoi
precedenti peccati e sarai consegnata al fuoco eterno. Ma se non ti sei lavata, secondo le tue
idee rimani impura e la vuota osservanza dei sette giorni non ti è affatto d’aiuto, ma piuttosto
ti danneggia, infatti secondo la tua opinione sei impura e come un’impura sarai condannata1596 .
8. Così invece pensate a tutti, a chi osserva le perdite/emissioni di seme e i rapporti del
matrimonio1597 ; infatti tutte queste osservanze1598 sono sciocche e dannose. Infatti, quando un
uomo ha rapporti o un flusso1599 viene da lui/emissione di seme (Sykes), se si deve lavare, lavi
anche il materasso e abbia questa fatica1600 e un fastidio incessante1601 : si lavi e siano lavati i suoi
vestiti e il suo materasso, e non faccia niente altro 1602 . Ora se ti sei lavato da una
perdita/MESTRUAZIONE e dai rapporti sulla Seconda Legge, (allora) devi lavarti anche
quando calpesti un topo e non sarai mai purificato. Infatti (dovresti applicare questo concetto)
anche alle scarpe del tuo piede (fatte) con (animali) morti e (ai vestiti) che indossi (fatti) con
pelli di (animali) macellati per gli idoli1603 ; e inoltre agli indumenti di lana che è come (gli

                                                                                                               
1588
In Ms EFGHIJK: “Eccetto attraverso il battesimo e lo Spirito santo”. Il latino LIX, p. 94 invece legge:
“Nisi per sacram purgationem et sanctum baptismum”.
1589
Cfr. Erma, Mand. V, 2, 5-7 e Afraate, Dem. VI, 14-17.
1590
!"#$‫ ܪ‬è il modo di pensare, l’opinione, l’idea. Vööbus traduce con “Imaginings”. Stewart-Sykes:
“Opinion”.
1591
!"‫ ܕ̈ܘ‬issue, flux, seminal discharge.
1592
Cfr. Lev XV, 19.
1593
Cfr. il latino LIX, p. 95: “Et purgaris aut batptizaris ut videaris quasi mundata”.
1594
!"#$‫ܬ‬, letteralmente: “Scioglierai, allenterai”.
1595
!"#$%&'(
1596  sykes  nota  120  
1597
!"‫*(ܬ)(ܬ& ܕܙܘܘ‬
1598
!‫ܬ‬#$%&
1599
“Di sangue” Ms BCD, in alcune recensioni è omesso.
1600
!"#$%
1601
SYKES NOTA 123 !"#$ %&'‫ ܕ‬%!"#
1602
!"#$% &'() *+%
1603
Cfr. Latino LX, p. 96: “Et ab idolis immolatis pelli bus calciaris”.

  249  
animali di cui) sei vestito. E se calpesti un osso1604 o entri in una tomba, sei obbligato a lavarti
e non sarai mai purificato. E così abrogherai il battesimo di Dio e rinnoverai le tue offese e ti
ritroverai nei tuoi peccati precedenti, e confermerai la Seconda Legge, e prenderai su di te
l’idolatria del vitello; 9. infatti, se prendi su di te la Seconda Legge, prendi l’idolatria come un
bene, per l’idolatria fu imposta la Seconda Legge e i peccati precedenti di altri, come una lunga
corda e come il laccio1605 di una giovenca, tiri e porti su di te. Invece, porti su di te l’afflizione;
infatti, quando confermi1606 la Seconda Legge, scegli/confermi1607 la maledizione contro nostro
Signore1608 tieni/trattieni nel disprezzo Cristo il benedetto che distribuisce benedizioni a chi è
degno. Ovunque erediterai una maledizione, infatti, “chi maledirà un uomo è maledetto e chi
benedice un uomo è benedetto”1609 . A quali maledizioni, allora, o a quale giudizio o a quale
condanna saranno consegnati quelli che confermano una maledizione contro il nostro
Salvatore e Signore e nostro Dio.
[6.22] Pertanto, amati, fuggite e state lontano dalle osservanze, quelle che sono tali. Infatti,
avete ricevuto la liberazione1610 , non siete più legati. E non caricherete di nuovo voi stessi con
qualcosa che nostro Signore e Salvatore ha allontanato1611 da voi.
Non osservate queste cose, non pensate che siete impuri e non trattenetevi a causa loro e
non cercate aspersioni o battesimi o purificazioni per queste cose. Infatti, nella Seconda Legge,
se uno tocca un uomo morto o una tomba, deve essere lavato. 2. Voi, invece, secondo il
vangelo e secondo il potere dello Spirito santo, sarete riuniti nei cimiteri1612 e leggerete le sante
Scritture e senza osservanza completerete i vostri servizi e le vostre intercessioni a Dio e
offrirete un’eucarestia accetta1613 , la somiglianza del corpo, il regno di Cristo1614, nelle vostre
congregazioni e nei vostri cimiteri e i distacchi1615 di quelli che si addormentano tra voi1616 ‒ il
pane puro è preparato sul fuoco e santificato con un’invocazione ‒ e senza dubbio pregate e
fate offerte per quelli che si sono addormentati. 3. Infatti, quelli che hanno creduto in Dio,
come (è scritto) nel vangelo, sebbene dormano, non sono morti1617 , e nostro Signore ha detto
ai Sadducei:

Sulla resurrezione dalla morte non avete letto quello che è scritto: ‘Io
sono il Dio di Abramo e il Dio di Isacco e il Dio di Giacobbe’? Ed egli non è
il Dio della morte, ma della vita1618.

                                                                                                               
1604
Qui il latino LX p. 97 è più descrittivo: “Aut pellem aut ossum vulneratum”. Connolly suggerisce che
fossero note marginali che sono state inserite nel manoscritto dal redattore.
1605
Anche in questo caso il latino riporta più informazioni rispetto al siriaco: “Vinculum iugum et lorum (et
iugum)”. Tidner attribuisce questo ampliamento al traduttore che occasionalmente si è preso la libertà di fare
piccole deviazioni o modifiche (Sprachlicher Kommentar, p.244).
Isa V, 18.
1606
!"‫ܪ ܐ‬%&'
1607
!"#$%
1608
Cfr. Dt XXI, 23.
1609
Num XXIV, 9.
1610
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1611
Letteralmente: ha alleggerito.  
1612
% lying, a cover, bed. Il latino LI p. 98 qui usa: “In coemmiteriis et in dormientium”.
!"̈$
1613
!"#$%& '()*!"#‫ܐܘ‬
1614
Il latino LXI p. 98 qui legge: “Quae secundum similitudine(m) regalis corporis Christi est”. Secondo
Sykes, il manoscritto siriaco A che Vööbus crede corretto, riporta un errore: RIPORTA TESTO SIRIACO VEDI
PAGINA 261 SIRIACO “The likeness of the Body of the Kingdom of Christ”. Stewart-Sykes (op. cit., p. 256
nota 134) l’errore può essere corretto sulla base di CA VI, XXX, 2 che supportano la versione latina.
1615
‫ܘܢ‬#$% &'̈)
1616
Letteralmente: “Per voi”.
1617
Cfr. Gv XI, 25.
1618
Mt XXII, 31-33. VEDI SYKES P. 80.

  250  
4. Anche il profeta Eliseo1619 , inoltre, dopo che si fu addormentato ed era (morto) da molto
tempo, fece risuscitare un uomo morto1620 . Infatti, il suo corpo toccò il corpo del morto e lo
animò e risuscitò. Ma ciò potrebbe non essere accaduto (per il fatto che) quello, anche dopo
che si addormentò, il suo corpo fosse santo e riempito dallo Spirito santo.
5. Pertanto, allora, avvicinatevi senza restrizioni a quelli che riposano (eternamente), e non
dichiarateli impuri1621 , per non separare1622 quelle (donne) che sono abituate1623 . Infatti anche
colei che aveva il flusso di sangue1624 , quando toccò il bordo del mantello di nostro Signore1625 ,
non è stata condannata, ma considerata degna anche per il perdono di tutti i suoi peccati. 6. E
quando (le vostre mogli hanno) quelle perdite che sono secondo natura, abbiate cura1626 , come
è giusto, di separarvi da loro1627 , sappiate infatti che esse sono vostre membra e amatele come
la vostra anima, come è scritto nei Dodici profeti, (in) Malachia che è chiamato l’angelo: 7. “Il
Signore è stato testimone tra te e la moglie della tua giovinezza, che hai lasciato. È tua
compagna e la moglie del vostro patto. E non l’ha fatta lui? Ed essi sono il residuo del suo
spirito. E tu hai detto:

Che cos’altro cerca Dio ma seme 1628? Dai ascolto ai tuoi ardori e la
moglie della tua giovinezza non ti abbandonerà1629.

8. Pertanto, una donna quando è nella condizione (mestruale) delle donne, e un uomo ha
un’emissione 1630 (seminale che) proviene da lui, e un uomo e sua moglie hanno rapporti
coniugali e si sollevano l’uno dall’altra ‒ si riuniscano senza restrizione, senza lavarsi, perché
sono puri. 9. Tuttavia, se un uomo corrompesse e contaminasse una moglie diversa (dalla sua)
dopo il battesimo1631 , o fosse contaminato con una prostituta, e dopo che si è sollevato da lei si
bagnasse in tutti i mari e i pozzi senza fondo e si lavasse in tutti i fiumi, non potrebbe rendersi
puro.
10. Perciò, amati nostri, state lontani da tutte le sciocche osservanze e non vi avvicinate loro.
E siate diligenti a rimanere in un matrimonio d’unione con una sola moglie e conservate i
vostri corpi senza onta1632 e senza macchia1633, per ricevere la vita, per essere partecipi del regno
di Dio e per ricevere qualcosa che il Signore Dio ha promesso, e abbiate riposo per sempre.
[6.23] Ora con alcune altre ulteriori dimostrazioni come queste, potremmo far conoscere
chiaramente a voi la Didascalia, ma per non allungare e prolungare la scrittura, completiamo il
discorso e lo terminiamo, affinché la severità del nostro insegnamento del nostro discorso
rimanga, ma un breve momento con voi. 2. Perciò non stancatevi di queste cose che sono state
dette. Infatti, anche nostro Signore ha parlato con severità a chi meritava la condanna e ha
                                                                                                               
1619
Eliseo era figlio di Shaphat Abel-Meholah; fu discepolo di Elia. (I Re XIX, 16-19).
1620
Cfr. II Re XIII, 21.
1621
!"#$%&' ‫ ܬܗܘܘܢ‬,$-
1622
!!"#$% ‫ ܬܗܘܘܢ‬%&'
1623
Letteralmente: “Quelle che sono di costume”.
1624
‫"̇ܕ‬%‫ܗ̇ ܝ ܪܕ(ܗܘ‬
#
1625
Cfr. Mt IX, 20 seg.
1626  SYKES  141  
1627
Il latino LXII p. 99: “Itaq(ue) cum naturalia profluunt uxoribus vestris, nolite convenire illis, sed sustinete
eas scientes propria membra esse diligite”. Vööbus nota che il confronto con il testo siriaco, decisamente più
scarno, induce a pensare che ci sia stato una omissione accidentale che non trova riscontro in CA.
1628
Il latino LXII, p. 99 è più chiaro: “Quid aliud quadri dominus nisi semen?”. Vedi voobus nota 235
1629
Mal II, 14.
1630
!"‫ ܕܘ‬il termine siriaco che indica le perdite mestruali o l’eiaculazione è lo stesso.
1631
Cfr. Il latino LXII, p. 100 qui legge: “Post inluminationem, quod dicit Graecus fotisma”.
1632
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1633
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  251  
detto: “Prendete e gettateli fuori nel buio1634 : là ci sarà pianto e stridore di denti”1635 , e : “Via
da me, maledetti nel fuoco eterno, che mio Padre ha preparato per il Malvagio e i suoi
angeli”1636 . 3. E ha comparato quella parola al fuoco e alla spada, egli ha detto anche in
Geremia: “Ecco, le mie affermazioni escono come fuoco e come ferro che taglia la pietra”1637 , 4.
tuttavia, ferro e fuoco e angoscia1638, non per quelli che obbediscono alla verità, ma a quella
parola che il popolo non ha ascoltato con piacere quando nostro Signore e maestro li ha
rimproverati. Infatti essi non hanno voluto obbedire perché l’hanno ritenuta dura come ferro.
Infatti non hanno obbedito a niente che ha detto loro, infatti è apparso loro per parlare in
modo duro e severo. 5. Perciò ha detto loro: “Perché mi chiamate Signore, Signore, e non fate
ciò che vi dico?”1639 .
E ora allo stesso modo anche questa nostra scrittura si rivela al popolo che parla in modo
duro e severo per la verità. 6. Infatti, se avessimo scritto liberamente per l’adulazione degli
uomini, molti sarebbero diventati lenti e sarebbero venuti meno alla fede, e sarebbero diventati
(colpevoli) del loro sangue. 7. Infatti, come un medico, quando non è capace di debellare e
guarire una piaga con droghe e impacchi, arriva alla severità nella cura e alla chirurgia della
medicina1640 , cioè al ferro e alla marcatura a ferro, con cui solo il medico è capace di vincere e
debellare (la piaga) e guarire velocemente il sofferente, così dello stesso tipo è la parola per
quelli che ascoltano e la praticano, per loro è come un impacco e un emolliente e un balsamo,
ma per quelli che ascoltano e non la praticano, è considerato come ferro e fuoco.
8. A lui, dunque, che con il potere è capace di aprire le orecchie di chi ascolta per accogliere
le acute parole taglienti del Signore attraverso il vangelo e l’insegnamento di Gesù Cristo1641 il
nazareno1642 , che fu crocifisso nei giorni di Ponzio Pilato1643 , (che) si è addormentato, che egli
ha annunciato ad Abramo e a Isacco e a Giacobbe e a tutti i santi la fine del mondo1644 e la
resurrezione che c’è dalla morte; e (che) è risorto dalla morte1645 ; che mostrò e diede a quelli
che lo hanno conosciuto un anticipo della resurrezione; e (che) fu preso in cielo per mezzo
della potenza di Dio suo Padre e dello Spirito Santo, e (che) sta seduto alla destra del trono di
Dio onnipotente sui cherubini; a lui che viene con la potenza e la gloria per giudicare i morti e

                                                                                                               
1634
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1635
Mt XXV, 30.
1636
Cfr. Mt XXV, 41. Il latino (LXII, p. 100) concorda con la versione siriaca: “Abite a me, maledecti, in
ignem aeternum, quem praeparavit pater meus diabolo et angeliis eius”. Connolly [op. cit., p. XCI] nota come la
versione siriaca e quella latina concordino nel leggere il passo di Mt secondo una lettura occidentale, dove i
“seguaci” sono sostituiti dagli “angeli”, da cui egli conclude probabilmente che si può risalire al greco.
1637
Ger XXIII, 29. Connolly suggerisce che la DA è in debito con Ireneo, infatti questo passo è citato in
questa forma da Ireneo, Adv. Haer. V, 17,4. (R. H. Connolly, Didascalia Apostolorum. Τhe Syriac version
translated and accompanied by the Verona Latin fragments with an introduction and notes, Clarendon Press, Oxford
1929, p. 257).
1638
Letteralmente “necessità”, in latino LXIII, p.101: “Securis”.
1639
Lc VI, 46.
1640
Letteralmente: “Alla riduzione/taglio della cura”. In latino LXIV, p. 102: “Ad acutiorem venit curationis
medellam”.
1641
Cfr. Rom XVI, 25.
1642
“Jesu Christi, Nazoreni”, LXIV p. 103. Questo termine è particolarmente importante nel cristianesimo
antico della Siria (cfr. Vööbus, History of Ascetism in the Syrian Orient I, p. 32 seg).
1643
La particolarità del testo che segue, nota Vööbus, può essere apprezzata meglio se confrontata con il testo
latino corrispondente: “Qui crucifixus est sub Pontio Pilato et dormivit, ut evangelizaret Abraham et Isac et
Iacob et sanctis suis universis tam finem saeculi quam resurrectionem, qua(e)erit mortuorum, et exsurrexit a
mortuis, ut ostendat et det notis suis pignus resurrectionis, et in caelis susceptus per virtutem dei et spiritus eius,
et sedentis ad dextram sedis omnipotentis dei super Cherubin qui veni(un)t cum virtute et gloria iudicare vivo set
mortuos” LXIV p. 103. Cfr. anche CA VI, XXX, 8 in cui la forma è supportata da diversi inserimenti.
1644
!"#$%‫' ܕ‬#()*+
1645
Questa frase è assente dai manoscritti più recenti: EFGHIJK.

  252  
i vivi, a lui (sia) dominio e gloria e maestà e regno e a suo Padre e allo Spirito santo, che fu, è e
rimane ora e di generazione in generazioni e tempi. Amen.
La Didascalia, cioè l’insegnamento dei santi apostoli è giunta alla fine.

  253  
 

  254  
STORIA DEGLI STUDI

3. Composizione: excurcus sulle ipotesi

Lo studio sulla formazione redazionale di DA è stata oggetto di analisi estensiva solo


occasionalmente perché l’attenzione degli studiosi si è soffermata più spesso su una porzione di testo
circoscritta. Nel corso del tempo le ipotesi che si sono venute a delineare sono state sostanzialmente due
e radicalmente opposte: la prima rivendica l’unità del testo, intesa come prodotto di un solo autore
nella fase iniziale; la seconda invece attribuisce il risultato finale a più redazioni e/o redattori.
I contributi che hanno proposto uno studio più sistematico della composizione sono stati quelli di
Connolly (C) nel 1929 e Stewart-Sykes (S-S) nel 2009, il primo sposa l’idea dell’unità, il secondo
quella di una molteplicità di redattori.

In passato gli studiosi che hanno preso posizione sull’argomento sono stati diversi, di seguito ne
propongo una schematizzazione:

Per l’unità letteraria Per la molteplicità di redattori


1903 Bardenhewer 1856 De Lagarde
1904 Achelis 1983 Harnack
1905 Funk 1901 Holzhey
1912 Nau 1902 Nau
1929 Connolly 1905 Schwartz
1979 Vööbus 1989 Rouwhorst
2009 Stewart-Sykes

Al momento, quella di S-S è la teoria più recente e articolata sulla composizione di DA, per cui
merita la nostra attenzione.
S-S1646 ha ripreso e sviluppato un’annotazione di Bradshaw, secondo cui opere come DA non
sono1647: “…Works of a single author at all, but rather as having a succession of editors…”1648.
S-S ha lavorato sull’ipotesi che DA sia un prodotto letterario passato sotto le mani di più redattori,
ma l’idea non è una novità assoluta, perché già altri come Schwartz, Harnack e Holzhey avevano
teorizzato una redazione composita per alcune porzioni di testo, ipotesi su cui torneremo di volta in
volta nello specifico.

3. a. Stewart-Sykes e Connolly: posizioni divergenti

S-S nella prefazione alla monografia su DA pubblicata nel 2009 scrive:

This work does not intend to replace that of Vööbus, it is not


even in the same league of scholarship, but rather intends to replace
Connolly’s work, having taken Vööbus’work on the text into
account, by providing a readable English version of the text1649.

                                                                                                               
1646
A. Stewart-Sykes, The Didascalia apostolorum. An English Version with Introduction and Annotation,
Brepols Publisher, Turnhout 2009, p. 5-49.
1647
P.F. Bradshaw-M.E. Johnson-L.E. Phillips, The Apostolic Tradition: a commentary, Fortress Press,
Minneapolis 2002, p. 93; in parte segue anche A. Harnack, The soucers of the apostolic canons, A. and C. Black,
London 1895.
1648
P.F. Bradshaw, M.E. Johnson, L.E. Philillips, The Apostolic Tradition: a commentary, p. 93.
1649
A. Stewart-Sykes, The Didascalia apostolorum, p. 25.

  255  
Gli studiosi che si sono occupati di DA sono stati un numero relativamente cospicuo e di una
certa statura, ma nella prefazione S-S cita solo i più recenti, Vööbus e Connolly, operazione
giustificabile e comprensibile e a posteriori anche più complessa di quanto appare.
S-S dichiara di non voler produrre un lavoro che replichi quello di Vööbus – a cui riconosce una
superiorità1650 – ma voler produrre a readable English version of the text. In realtà, il suo proposito è
ben più ambizioso e nella sua dimostrazione prende costantemente le distanze da tutte le ipotesi di
Connolly.

La distanza più importante dalle posizioni di C è la teoria secondo cui DA non sia stato un testo
redazionalmente unitario sin dall’inizio e che la presenza di alcune interpolazioni siano opera di più
redattori 1651 . Dunque, prima di introdurre le proposte sulla composizione redazionale di S-S è
necessario capire quali siano state le posizioni di C al riguardo.

C sostiene che nel IV secolo il documento messo davanti al traduttore siriaco e a quello latino e
all’autore di CA avessero sostanzialmente la stessa forma1652. (Cfr. 3. c. Ipotesi di trasmissione di DA).
Di seguito ne fornisco una rappresentazione.
α
DAg

δ
β (CA)
(DAs)
γ
(DAl)

Secondo C, DAg e CA avrebbero avuto un testo greco comune e la relazione sarebbe talmente
forte che tutti gli elementi che non compaiono in CA, non sarebbero da considerare originali in DA;
dunque, C non considera CA una rielaborazione posteriore di DA, ma la parte originale di DA.

In DA, secondo C ci sarebbero indicazione fortissime che rivelano che il testo è unitario.

The internal indications of unity are equally strong: the same


language and ideas are constantly reappearing in different parts of the
book, as also certain quotations. It would be difficult to find an
ancient document in which the marks of a single authorship are more
pronunced1653.

Gli elementi garanti di questa unità sarebbero uno stesso lessico 1654 , la ripetizione di alcuni
concetti1655 e l’uso di un paio di citazioni1656 in diversi punti di DA.
                                                                                                               
1650
A. Stewart-Sykes, The Didascalia apostolorum, p. IX.
1651
A. Stewart-Sykes, The Didascalia apostolorum, p. 22-48.
1652
R.H. Connolly, Didascalia apostolorum, p. XXXVI.
1653
R.H. Connolly, Didascalia apostolorum, p. XXXVI.  
1654
R.H. Connolly, Didascalia apostolorum, p. XVII: tĕlīthāya, mediatore; mes‘āya; daira ovile; ‘ālmāya laico;
figlio del popolo e/o figlio del mondo.
1655
R.H. Connolly, Didascalia apostolorum, p. LVII.
  256  
 

 
In tutta la monografia, C si oppone alle obiezioni sollevate preservando l’unità complessiva del
testo. C replica ad Harnack1657 che i passi che dovrebbero prestarsi a un’interpretazione antinovaziana
sono debitamente presenti non solo in CA, ma anche in DAl1658.
Secondo C1659, CA omette poco sul trattamento dei penitenti perché l’autore sarebbe in sostanziale
accordo con DA.

I capitoli VI e VII di DA (in particolare: [2.14]10-12; [2.15]2-3; [2.23]2-3 – [2.24]2-3)


contengono insegnamenti sul pentimento e sul perdono e costituiscono una sezione importante del
libro. La tendenza generale e il tono di questi capitoli, la dura condanna della condotta dei peccatori e
gli esempi della grazia divina menzionata da tutte le Scritture, secondo C, riescono a produrre
l’impressione che chi scrive sia un cosciente oppositore di un più antico rigorismo e che, come papa
Callisto – la cui pratica ha offeso Tertulliano e Ippolito1660 – sarebbe stato pronto ad ammettere alla
comunione dopo la penitenza ogni tipo di peccatore.
Riporto il passo a cui fa riferimento C secondo la sua stessa traduzione inglese (Cfr. DA [2.15]):

You see, beloved and dear children, how abundant are the mercies
of the Lord our God and His goodness and loving-kindness towards us,
and (how) He exhorts them that have sinned to repent. And in many
places He speaks of these things; and He gives no place ti the thought
of those who are hard of heart and wish to judge strictly and without
mercy, and to cast away altogether them that have sinned as though
there were no repetance for them (p. 48-50).

Qualche pagina prima di questo, C aggiunge che l’autore di DA ha scritto (Cfr. DA [2.14] 10):

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                         
1656
Nm XXXIV, 9: “Chi benedice è benedetto e chi maledice è maledetto”, presente due volte nel capitolo
XV e una volta nel XXVI; Mt XI, 28-30: “Venite a me voi che siete affaticati e stanchi, e io vi darò riposo.
Portate su di voi il mio giogo e imparate da me che sono mite e umile di cuore; e troverete ristoro per le vostre
anime, poiché il mio giogo è soave e leggero il mio peso”, presente in modo parziale o intero nel capitolo II, IX,
XXIV, XXVI.
1657
A. Harnack, Geschichte der altchrislichen Literatur bis Eusebius 1.2, J.C. Hinrich, Leipzig 1904 (reprint
1958), p. 515-518, in particolare p. 516.
1658
A. Harnack ipotizza che la copia greca usata dal traduttore siriaco fosse una forma appena rivista
dell’originale DA (Geschichte der altchrislichen Literatur, p. 516.) e che alcuni passi sui penitenti (VI e VII
capitolo) siano antinovaziani e aggiunti posteriormente, e che siano assenti in CA:

È dubbio se l’originale greco, che ha utilizzato il traduttore siriaco,


fosse del tutto libero da interpolazioni. Lagarde l’ha contestato, Funk
(p. 52 ss.) sostenne la sostanziale integrità e ha indubbiamente ragione
nel fatto che si può chiamare in causa la rielaborazione che dell’antica
Didascalia è presente nelle Costituzioni Apostoliche solo con una
maggiore attenzione alla critica. Solamente il fatto che i pezzi
antinovaziani mancano nella rielaborazione (delle Costituzioni
Apostoliche) è tuttavia piuttosto strano. Io sono perciò incline a
riconoscere nell’esemplare tradotto dal siriaco una leggera
rielaborazione della Didascalia originaria e di attribuire questa alla
prima metà del III secolo, quella al II (diversamente da Funk p. 50 ss.).
1659
R.H. Connolly, Didascalia Apostolorum, p. LXXII.
1660
Tertulliano, De pudicitia I; Hippolitus, Philosophumena IX, 12.
  257  
 

 
It behoves you not therefore to hearken to those who desire (to put
to) death, and hate their brethen and love accusations, and are ready to
slay on any pretext (p. 44).

C continua dicendo che la storia di Manasse e il suo pentimento sono raccontati attraverso
un’aggiunta apocrifa e la morale sarebbe tratta senza esitazione (Cfr. DA [2.23] 2-3 – [2.24] 2-3):

You have seen, beloved children, how Mansseh served idols evilly
and bitterly, and slew righteous men; yet when he repented God
forgave him, albeit there is no sin worse than idolatry. Wherefore there
is granted a place for repentace (p. 74).

Questo sarebbe seguìto da un altro esempio notevole, il comportamento di Gesù nei confronti
dell’adultera (Cfr. DA [2.24] 4):

But if tou receive not him who repetens, because thou art without
mercy, thou shalt sin against the Lord God; for thou obeyset not our
Saviour and our God, to do as He also did with her that had sinned,
whom the elders set before Him… In Him therefore, our Saviour and
King and God, be your pattern, O bishops, and do you imitate Him
(p. 76).

Quale sia il peccato della donna non è specificato, ma C è certo che l’autore intenda l’adulterio.
In questi due esempi, le richieste sarebbero presentate per il perdono dell’idolatria, dell’omicidio e
dell’adulterio, esempi proposti al vescovo per la loro imitazione. Da questo C considera inevitabile
concludere che i peccati sono rimessi dalla chiesa e i loro perpetuatori sono ristorati dalla comunione.
Achelis, scrive C, confida che l’autore “Knows of no sin which cannot be atoned for; any more, he
has never heard of particular cases that are too serious to be dealt with by the bishop’s authority: the
Roman rule which excepted mortal sins did not prevail in Syria”1661.
Scrive ancora C che è incline alla visione per la quale l’autore fosse disponibile a riabilitare ogni
peccatore, senza poter reprime un certo dubbio su questo aspetto.
Ci sarebbero passaggi che suggeriscono che l’autore sia ancora sotto l’influenza di un’altra
disciplina.
C riporta l’esempio del V capitolo (Cfr. DA [2.7]):

For we believed not, brethen, that when a man has (once) gone
down into the water he will do again the abominable and filthy works
of the ungodly heathen. For this is manifest and known to all, that
whosoever does evil after baptism, tha same is already condemnes to
the Gehenna of fire (p. 38).

C fa il confronto con il latino, che per l’ultima affermazione scrive: “quoniam notum est omnibus
quod, si quis peccaverit iniquum aliquid post baptismum, hic in gehenna condemnatur”.

La condizione necessaria, scrive C, è che “unless he repent” che è inserito in CA, ma il siriaco non
suggerisce questo, e ancor meno il latino.
Di nuovo commentando Sal XXXI (XXXII) I, “Benedetti siano coloro a cui è perdonata
l’ingiustizia”, C riporta un passaggio (cfr. DA [5.9] 4):

                                                                                                               
1661
Achelis, De syrische Didascalia, p. 306-7.
  258  
 

 
To every one therefore who believes and is baptized his former sins
have been forgiven; but after baptism also, provided that he has not
sinned a deadly (or mortal) sin nor been an accomplice (thereto), but
has heard only, or seen, or spoken, and is thus guilty of sin (p. 178).

C nota che il latino non è conservato in questo stesso punto e in CA il passaggio è alterato.
La distinzione fra peccati mortali e minori commessi dopo il battesimo sarebbe enfatizzata dalle
parole successive, che sembrano abolire distinzioni nei casi di martirio, questo sarebbe equivalente agli
effetti del battesimo:

But if a man go forth from the world by martyrdom, blessed is he;


for brethen who by martyrdm have gone forth from world, of these the
sins are covered.

C non vuole insistere sul linguaggio utilizzato a p. 163 della sua monografia su quelli che sono
lapsi sotto la persecuzione o sulla straziante rappresentazione della morte degli apostoli che è
tratteggiata a p. 165-166; infatti, as Achelis says, scrive C, queste cose potrebbero essere poste davanti
al lettore solo come possibilità, per spaventarlo. Ci sarebbe poi un altro passaggio adatto a suggerire
che il perdono e la riconciliazione dei penitenti sono destinati ai casi che coinvolgono peccati meno
efferati.
Questo passaggio, indica C, si trova a pagina 52, e lì, senza altra indicazione sulla gravità del
peccato, il vescovo racconta di riaccogliere il penitente nella chiesa e “appoint him days of fasting
according to his offence, two or three weeks, or five, or seven”. Questo, scrive C, colpisce perché è un
vero codice penitenziale.
C si chiede se è possibile comprendere i peccati di idolatria e omicidio in contrasto con i lunghi
anni di penitenza descritti dall’XI canone di Nicea per coloro che sono stati lapsi durante la
persecuzione. E se la risposta è no, C si chiede se l’autore ha intenzione di regolamentare quei peccati
che la chiesa poteva rimettere, ma lo studioso non propone una soluzione ai suoi interrogativi, anzi
lascia un certo margine a ogni altra conclusione: “It must suffice to state both sides of the question,
leaving it to students to arrive at their own conclusion”.

Sempre su questi stessi capitoli, VI e VII, è intervenuto Harnack1662 secondo cui questi capitoli
sono diretti contro Novaziano. Lo studioso sostiene che una rielaborazione della più antica DA
potrebbe essere presente in CA. L’unico dubbio per Harnack consisterebbe nel fatto che solamente le
parti antinovaziane mancano nella rielaborazione di CA, un dato che lo studioso ritiene strano.

Achelis1663, discutendo il punto di vista di Harnack, ha sostenuto che gli avversari per cui scrive il
redattore non sarebbero fuori dalla chiesa, ma membri stessi della comunità.

Anche Schwartz si è occupato del VI e VII capitolo 1664 sostenendo che un documento
originariamente rigorista è stato modifcato per dare a DA una direzione meno severa.

                                                                                                               
1662  A.
Harnack, Geschichte der altchristlichen literatur bis Eusebius, 1.2. Erbweiterte Auflage, J.C. Hinrich,
Leipzig 1904 (reprint 1958), p. 515-518, in particolare p. 515.
1663
H. Achelis, in H. Achelis e J. Flemming, Die ältesten Quellen des orientalischen Kirchenrechts 2: die
syrische Didascalia übersetzt und erklärt, TU 10.2, Leipzig (1904), p. 257-266. Achelis crede che DA sia opera di
un solo redattore e il trattato che abbia subìto interpolazioni minori.
1664
E. Schwartz, Bussstufen und Katechumenatsklassen, K.J. Trübner, Strassburg 1911, p. 16-25, in
particolare p. 16-21.
  259  
 

 
Vista l’accurata analisi fatta da Schwartz sui passi, ne riporto la traduzione che ho ne fatto.

[…]
Proprio perché l’opposizione degli scismatici rimase a margine, la
chiesa episcopale si è fatta carico del conflitto più semplice e lo ha
utilizzato, per dimostrare la propria misericordia e il proprio potere in
maniera convincente. Si può portare come esempio di come ci si sforzò
di trasformare nei vecchi scritti, prenovaziani e con teorie conformi a
quelle novaziane, l’ordinamento ecclesiastico della Didascalia: questo
libro tramandato senza un autore, tutelato da nessuna individualità
letteraria, come in altre occasioni, così anche in questa, si caricò
chiaramente di modificazioni e inserimenti. È tanto più necessario
entrare qui in dettaglio, in quanto la Didascalia modificata in senso
antinovaziano è alla base delle Costituzioni Apostoliche, le cui
dichiarazioni sulla penitenza senza indugi sono ingiustamente utilizzati
come testimonianza per la pratica del IV secolo anche da uno studioso
come Holl: infatti nonostante tutti i ritocchi l’autore delle Costituzioni
proprio in queste parti non si è emancipato dal suo modello e non ha
sentito la necessità di fornire un quadro chiaro del proprio tempo
piuttosto che una lieve ridipintura.

Le sezioni della Didascalia che trattano della penitenza, sono


inserite nella trattazione sul vescovo e sono in genere introdotte o
ricavate attraverso ammonimenti rivolti a questo. Così segue da una
discussione sul dovere del vescovo, di mettere in guardia la comunità
dal giudice, ovviamente simile all’affermazione agli Ebrei 6,4 [L(at. ed.
Hauler) XI 2 = p. 14 Lag.) = p. 5 Gibson]: non enim credimus, frates,
lotum quemquam adhuc agere gentilium execrandus iniquitates, quoniam
notum est omnibus quod si quis peccaverit iniquum aliquid post
baptismum, hic in gehenna condemnatur. “Quando i pagani cristiani
accusano i cristiani di una tale cosa, lo fanno solo per odio, perché i
cristiani si isolano da loro; e se si dovesse provare veramente la
colpevolezza di uno, allora non sarebbe un cristiano”. Così erano soliti
dire gli apologeti del II secolo; Origene mette in bocca ai rigoristi, che
non volevano considerare, Mt 18,15 ss. sui peccati mortali,
l’argomentazione che questi ipso facto non sarebbero più “fratelli”.
Quindi prosegue la Didascalia: da quelli (di cui il reato è stato provato)
il vescovo, che non è un προσωπολήπτης, deve tenersi lontano; se egli è
invece compiacente, se ha riguardo del peccatore e lo lascia restare nella
chiesa, allora contaminerà la sua comunità davanti a Dio e agli uomini
e condurrà alla rovina molti neofiti e catecumeni, perché il peccatore
non punito ne provocherà l’imitazione. Se però il peccatore vede che il
vescovo e i diaconi sono senza biasimo, che la comunità è pura, allora
già la sua coscienza gli impedisce di entrare in chiesa; se egli lo fa
comunque, allora il vescovo lo respinge, ed egli esce piangendo: la
comunità rimane pura e quello flebit ad deum et paenitebitur de his quae
egit, et habebit spem; et tota grex cum uiderit lacrimas illius, correptionem
apud se sentit, quoniam qui peccat, perit.

Questa è un’immagine molto chiara della disciplina della penitenza


come la descrive Tertulliano nel De paenitentia: il peccatore reietto, se
pratica la penitenza, ha certamente speranza, ma non viene accolto; al
contrario, le sue lacrime agiscono come monito sulla comunità. È
caratteristico che alla fine del capitolo l’autorità cardine del vescovo sul
  260  
 

 
peccatore viene ricondotta a Mt 18,18, in modo tale che viene
menzionato solo il vincolare e non lo sciogliere: quodcumque ligaveris
super terram, erit ligatum et in caelo. Quanto poco questo capitolo
concordi con le concezioni più tarde, lo rivelano le appendici delle
Costituzioni Apostoliche:

Mt 18,18 mantiene AK 2,11 la seconda metà cancellata: καί ὅ ἐὰν


λὺσητε ἐπὶ τῆς γῆς, ᾽έσται λελυµένον ἐν τῶι οὐρανῶι.  

In apparente contraddizione con il I capitolo il II inizia κρῖνε ο ὖν,


ἐπίσκοπε, µετ᾽ἐξοθσίας   ως θεος ο παντοκρατωρ και τους µετανοουντας
προσλαµβανου ευσπλάγχνως θεος: questo presuppone il versetto citato
completo Mt 18,18. Segue un’ampia dimostrazione scritta per il diritto
e il dovere, di riaccogliere il peccatore penitente: specialmente viene
sottolineato, che il giusto non ha nulla da temere da Dio, quando si
trova in una comunità con qualcuno che non è giusto. Questo mira a
un argomento novaziano, e ancora più chiaramente l’avvertimento per
il pagano polemico, che vuole la rovina degli altri, o contro la
mancanza di cacciar via i peccatori con durezza di cuore e senza pietà,
come se ad essi non fosse lasciata alcuna penitenza. Molto diversamente
dal primo capitolo viene data rilevanza non all’espulsione ma alla
riconciliazione con la comunità [p. 16 Gibs. = p. 19 Lag.] οὕτως ο ὖν
ποιήσεις καὶ τὸν λαόν σου νουθετεῖσθαι καὶ τὸν αµαρτήσαντα µὴ κατὰ
πᾶν ἀπολέσθαι.

A queste discussioni principali si riallaccia un’avvertenza pratica


sulla riconciliazione, le frasi più importanti della quale più o meno
sono espresse così in greco:

  261  
 

 
Per interpretare correttamente queste norme, ci sono due cose da
non perdere di vista. Innanzitutto vengono distinti inconfondibilmente
due differenti gradi della penitenza, quello durante il quale il peccatore
sta del tutto al di fuori della chiesa, e il secondo nel quale in relazione
all’intercessione della comunità il vescovo inizia la riconciliazione. Per
questo è necessaria l’exomologesi, cioè l’ammissione di essere pronti alla
penitenza: essa anche in Cipriano precede la riconciliazione (cfr. sopra
p. 13). Per così dire come convalida della exomologesi viene imposto
dunque al penitente un imprecisato periodo di digiuno, durante il
quale egli non può ancora entrare in chiesa: solo dopo che ha assolto
questo periodo, egli viene riaccolto. Anche questo trova il suo parallelo
nelle prescrizioni penitenziali che promanò il vescovo alessandrino
Pietro durante la persecuzione diocleziana; lì dai lapsi, che già da molto
tempo sono stati esclusi, sono richiesti tempi di penitenza ancora più
corti o più lunghi prima della piena restituzione. L’idea che quel lieve
castigo ecclesiastico di un digiuno che dura più settimana debba essere
l’unica punizione per un peccato punito con la scomunica, è non solo
concretamente considerato una cosa inaudita, che nel periodo tra Decio
e Diocleziano, nel quale questo capitolo deve essere essersi sviluppato,
non può essere stata considerata plausibile, ma è discutibile anche
direttamente rispetto al testo. La vera punizione è l’esclusione. Tuttavia
– e questo è il secondo momento importante – non si dice nulla
rispetto alla durata, in genere questo grado del periodo di penitenza
non è trattato dettagliatamente, sebbene concretamente sia il più
importante, in quanto è il vero periodo di punizione. Però non
interessa al redattore del capitolo, di dare anche solo nei punti
principali una trattazione sufficiente della disciplina della penitenza,
quanto piuttosto, al contrario del pezzo più antico, che negava la
riconciliazione in genere, di concedere la legittimità e la necessità di
questa (della riconciliazione). A questo e solo a questo egli rivolge il suo
interesse; l’esclusione è chiamata in causa nella trattazione unicamente
in quanto condicio sine qua non della riconciliazione. Su quali erano i
peccati, a causa dei quali era inflitta, come si debba distinguere tra
peccati mortali e peccati più lievi, quale durata debba avere il periodo
tra scomunica e exomologesi, su tutte queste cose non spende alcuna
parola: nella sua requisitoria avvocatoriale contro i novaziani, che

  262  
 

 
rifiutavano la riconciliazione in genere, tutto ciò rientrava tanto meno,
in quanto egli non scrive una propria opera, ma rielabora una antica.
Le Costituzione Apostoliche, che da parte loro rielaborano la Didascalia,
senza abbandonare in qualche modo la finzione dell’origine apostolica,
hanno assunto questo pezzo praticamente immodificato; i pochi
ritocchi non aggiungono nulla di importante, e il loro redattore ha
tenuto lontana l’intenzione di trascrivere qui la disciplina della
penitenza del IV secolo in tutta la sua estensione. A ragione egli si
poteva appellare probabilmente al fatto che la prassi effettivamente
procedeva ancora sempre così nei diversi casi, nei quali non si trattava
di peccati capitali; però doveva sembrargli inopportuno inscrivere il
sistema di gradi di penitenza in ordine ecclesiastico apostolico, perché,
come risulterà ancora, questo sistema iniziava già a decadere al suo
tempo ed egli non simpatizzava in alcun modo con i tentativi di
rinnovarlo.

Come questo intero secondo capitolo persegua unicamente il fine


di sostituire il primo attraverso una difesa attuale della prassi più lassista,
si riconosce infine pure dal fatto che i comandamenti sul vescovo non
irreprensibile così come su Mt 16,9 ritornano in forma modificata alla
fine del VI e all’inizio del VII capitolo. A ciò si riallacciano
ammonimenti ampi, più volte nuovamente inseriti, di non scacciare il
peccatore pronto alla penitenza: di analizzarli nel particolare non ha
alcun interesse storico; solo questo merita di essere sottolineato, che
dalla storia del re Manasse (4 Reg. 21, 1 ss. 2 Paralip. 33, 1 ss) si
deduce, che anche i peccati più gravi, come l’idolatria, potessero aver
accesso alla penitenza.

Per quanto riguarda l’opinione di S-S sui capitoli che riguardano i penitenti, rimando a p. 55 di
questo stesso capitolo, dove ho lavorato in modo sistematico sulle sue posizione.
Per ora basterà accennare che S-S è sostanzialmente d’accordo con la posizione di Schwartz1665.
Secondo S-S, il lavoro redazionale non intende stabilire un sistema penitenziale in risposta all’esteso
rigorismo, ma portare un processo di riconciliazione non solo ai peccatori, ma anche agli eretici e
assicurare che questo fosse controllato dal vescovo. I passaggi rigoristi sarebbero i resti di un più
antico documento in cui il rigorismo è la posizione concordata e assunta dall’autore (l’uniting
redactor, di cui tratteremo più avanti) e dal suo pubblico1666.

                                                                                                               
1665
A. Stewart-Sykes, The Didascalia Apostolorum, p. 81-88.  
1666
A. Stewart-Sykes, The Didascalia Apostolorum, p. 88.
  263  
 

 
Un grande elemento di divisione fra S-S e C è la trattazione sulla Seconda Legge.
Mentre S-S ritiene che sia opera di un redattore posteriore, C sostiene che la Seconda Legge sia
un’argomentazione redazionalmente originale e fondamentale in DA1667.
In DA si incontrano spesso i termini Seconda Legge: tenyān namōsa1668, e in latino, secundatio o
secundatio legis1669. L’equivalente greco, δευτέρωσις, è noto grazie a CA.
C ritiene che un tentativo deve essere fatto per cercare di tracciare l’uso di questo termine, per
spiegare in quale senso è impiegato in DA1670 . La parola Mishna, come il titolo di certi trattati ebraici
di carattere legale, è formata dal verbo shānāh: fare una cosa una seconda volta, ripetere; ma la
ripetizione che si intende qui è quella orale, quella impiegata per l’insegnamento e l’apprendimento. Il
sostantivo corrispondente, mishnāh, indica l’insegnamento orale e in particolare quello della legge
tradizionale che è distinta fra mikrā, che invece veniva letta, e le Scritture. Mishnāh indica anche la
tradizione, o quella che è chiamata nel vangelo “la tradizione degli anziani”. Questa tradizione,
codificata fra il 160 e 220 d.C., è la Mishna. Dice Schechter:

The Mishna, meaning a ‘teaching’, a ‘repetition’, is a designation


most appropriate for the work generally looked upon as the main
depository of the contents of the Oral Law, which could be acquired
only by means of costant repetiton1671.

In una nota però C aggiunge che c’è anche un’altra spiegazione del nome rappresentato nella
letteratura rabbinica, che è legato con il nome maschile mishnek, doppio o secondo, e che
accordandosi a questo, la Mishna è “seconda alla Torah”; dice Connolly1672 che sarebbe “a second
Law or secondary Law”. Questa spiegazione supporterebbe anche l’uso greco di δευτέρωσις.
Il verbo greco che risponde a shānah è δευτέρόω, che significa anche fare o dire una seconda volta,
ripetere. E nell’uso tecnico del linguaggio ebraico significa insegnare le tradizioni.
Il sostantivo corrispondente a mishnāh è δευτέρωσις (più spesso trovato al plurale), che
ugualmente indica l’insegnamento orale delle tradizioni. E un insegnante delle tradizioni era un
δευτερωτής. Come mostra C1673, questi significati furono fissati e già chiari prima della fine del IV
secolo d.C. a cui va riconosciuta l’influenza di Girolamo ed Epifanio.
Δευτερόω
Girolamo, Ep. CXXI, 10 ad Algasiam:
Videtur igitur observationes Iudaicae apud imperitos et vilem plebeculam imaginem habere rationis
humanaeque sapientiae. Unde et docores eorum σοφί, hoc est sapientens, vocantur. Et siquando certis diebus
traditiones suas exponunt suis, dicere οh σοφοί δευτεροt s, id est, Sapientes docent traditiones.
Δευτέρωσις
Girolamo, Ep. CXXI, 10 ad Algasiam:
Quantae traditiones Pharisaeorum sint, quas hodie vocant δευτερὼσεις, et quam aniles fabulae, evoluere
nequeo.
Girolamo, De viris illustribus XVIII:
Hic (Papias) dicitur mille annorum Iudaicam edidisse ρωσιν.
Epifanio, Haer. XXXIII, 9:
                                                                                                               
1667
R.H. Connolly, Didascalia apostolorum, p. LVII-LXIX.
1668
In siriaco è il titolo del Deuteronomio, dal greco δευτερονόµιον.
1669
Secunda legatio e repetita alligatio sono occorrenze meno frequenti e si trovano nel I capitolo.
1670
R.H. Connolly, Didascalia apostolorum, p. LVII.
1671
S. Schechter, “Talmud” in J. Hastings, Dictionary of the Bible, dealing with its Language, Literature, and
Contents, C. Scribner’s Sons, New York 1909.
1672
R.H. Connolly, Didascalia apostolorum, p. LXXVI.
1673
R.H. Connolly, Didascalia apostolorum, p. LXXVI.
  264  
 

 
Αί γαρ παραδόσεις ταρ πρεσβυτέρων δευτερώσεις παρά τορά ἸοράερώσεΔευτερωτής
Girolamo, In Habac., II, 15:
Audivi Liddae quemdam de Hebraeis, qui sapiens apud illos et δευτερωτής, vocabatur, narrantem
huismodi fabulam.

C nota che è improbabile che l’uso di Deuterosis, per indicare le tradizioni orali degli ebrei, fosse
solo uno sviluppo del IV secolo e che potrebbe esserci un debito dell’autore di DA, che però lo riveste
di un contenuto completamente diverso, che non lo impiegherebbe per descrivere la tradizione degli
anziani, scritta o orale, ma comprenderebbe l’intera legislazione cerimoniale del Pentateuco, come i
sacrifici, il sabato, la circoncisione, animali puri e impuri, e cerimonie di purificazione.

Tuttavia, la Deuterosis di cui DA parla non è la Legge, è stata data dopo è una “second legislation”,
scrive C1674, ed è qualcosa di cui l’autore è profondamente preoccupato e di cui ha molto da dire1675.
Fu aggiunta come punizione per il peccato di idolatria e imposta come un pesante giogo su quelli
che si sono mostrati infedeli.
Dunque, la “Seconda Legge” è quell’insieme di prescrizioni, che vincolano e legano come “catene”.
Dopo aver illustrato il concetto di Seconda Legge, l'intenzione di C è dimostrarne l’integrazione
all’interno di un dibattito letterario a cui partecipano altri autori. Secondo proposito è dimostrare
l’omogeneità del trattato attraverso la stretta relazione-opposizione con fra Decalogo e Seconda Legge.

Secondo C, dal modo in cui DA affronta la Legge si nota l’influenza di Paolo, dell’epistola ai Galati
in particolare, però Paolo sarebbe stato più audace e netto1676: “l’apostolo dei Gentili” non include i
precetti del Decalogo nella Legge e rimprovera i Galati di essersi aggrappati alla Legge, intendendo
con legge gli obblighi cerimoniali. Paolo non farebbe una distinzione fra le due categorie, né fra le sue
lettere si trova traccia dell’idea di Seconda Legge.

A queste osservazioni di C aggiungerei un confronto con DA.


DA, al contrario divide legge cerimoniale – Seconda Legge – e legge morale – Decalogo –,
differenziandosi da Paolo nella valutazione del proposito e nel valore della legge cerimoniale.

All’inizio, nel I capitolo questa separazione è spiegata così:

Come anche nel vangelo egli rinnova, conferma e porta a


compimento il Decalogo della Legge...

Gesù Cristo è venuto per portare a compimento il Decalogo, ma non tutta la Legge.
Come si legge già in Mt V, 17:

Non pensate che io sia venuto ad abolire la Legge o i profeti; non


sono venuto per abolire, ma per dare compimento.

Nel XXVI capitolo, al termine della trattazione, i termini della questione hanno un grado di chiarezza
maggiore:

[6.17] [...] Infatti, nel vangelo egli ha rinnovato e portato a


compimento e confermato la Legge, ma ha abrogato e abolito la Seconda

                                                                                                               
1674
R.H. Connolly, Didascalia apostolorum, p. LXXVII.
1675
R.H. Connolly, Didascalia apostolorum, p. LXXV.
1676
R.H. Connolly, Didascalia apostolorum, p. LXXIX.
  265  
 

 
Legge. In verità, fu per questo motivo che venne: per confermare la Legge
e abrogare la Seconda Legge e portare a compimento la potenza della
libertà degli uomini e dimostrare la resurrezione dalla morte.

Nell’Epistola di Barnaba, continua C, c’è l’idea che la gnosis sia necessaria per comprendere gli
ordini cerimoniali della Legge, ma quest’ultima deve essere allegorizzata.
Diversamente dall’autore di DA, Barnaba non fa distinzione tra prescrizioni alte e basse all’interno
della Legge, tutte sono alte e spirituali, ma gli ebrei non sono in grado di distinguerne il loro vero
significato.
Lo scrittore che più si avvicina all’idea espressa nella DA è Ireneo di Lione, che fa una distinzione
fra il Decalogo e la Legge, da una parte ci sono i naturalia praecepta dati da Dio stesso, eterni, e che
necessitano di essere portati a compimento e che Cristo ha sviluppato, esteso e allargato (superextendi,
augeri, dilatari) e dall’altra ci sono i vincula servitutis che sono consegnati dopo attraverso Mosè e
imposti sul popolo per il loro peccato di idolatria.
La discussione sulla Legge si trova nel IV libro delle Adversus Haereses, capitoli XXIV-XXIX, ma c’è
una differenza in Ireneo che non trova riscontro nella DA e che l’autore non ha reputato adatta al suo
fine:
DA non lascia spazio alla Deuterosis come fattore nell’educazione spirituale del popolo ebraico, è
piuttosto una misura punitiva. La differenza è sostanziale rispetto all’Adversus Haereses secondo C,
perché figlia del contesto da cui prendono vita le due opere.
Ireneo deve fronteggiare Marcione, come dice in Adversus Haereses, IV 13, 1:

Il Signore non ha distrutto i precetti naturali della Legge, per mezzo


dei quali l’uomo è giustificato, precetti che anche prima della Legge
osservavano coloro che per mezzo della loro fede erano giustificati e
piacevano a Dio; viceversa ne ha esteso il senso e li ha compiuti.
...
Tutti questi precetti non implicano una contraddizione né
un’abolizione dei precedenti, come vanno vociferando i discepoli di
Marcione, ma il loro compimento e la loro estensione...

L’autore di DA, invece, deve ricordare ai cristiani che le prescrizioni cerimoniali non hanno più
motivo di esistere1677.
XXVI
Infatti, come abbiamo già detto, è nella Seconda Legge che sono
scritti i sacrifici.

Per Ireneo il discrimine fra Decalogo e Legge è la libertà, come si legge nel passo che segue.
Adversus haereses, IV 15, 1:

In tal modo la Legge era per loro una disciplina e una profezia delle
cose future.
Infatti Dio, ammonendoli in un primo momento per mezzo dei
precetti naturali, che diede agli uomini impiantandoli fin dal
principio, cioè per mezzo del decalogo (precetti che, se non vengono
seguiti, non si può avere la salvezza), e non chiese loro nulla di più,

                                                                                                               
1677
Cfr. R.H. Connolly, Didascalia apostolorum, p. LXXXI-LXXXIII. Cfr. A. Orbe, Introdución a la teología
de los siglos II y III, Roma; Salamanca 1988, p. 393-394 (c. 24, 2, ultima parte).
  266  
 

 
come afferma Mosè nel Deuteronomio: “Queste parole pronunciò il
Signore, parlando a tutta l’assemblea dei figli di Israele, sul monte (...),
e non aggiunse altro. Le scrisse su due tavole di pietra e me le diede”.
Per questo motivo, coloro che volevano seguirlo, dovevano custodire i
comandamenti. Ma quando essi si volsero alla fabbricazione di un
vitello e ritornarono con il loro cuore in Egitto, desiderando di essere
schiavi piuttosto che liberi, allora ricevettero una schiavitù adeguata
alla loro concupiscenza, perché non si separassero da Dio, ma li
domasse con il giogo nella servitù, come dice il profeta Ezechiele,
quando spiega i motivi della Legge che era stata data: “I loro occhi
erano sempre rivolti alla concupiscenza del cuore. allora io diedi loro
perfino statuti non buoni e leggi per le quali non potevano vivere”.
...
In questo passo egli indica chiaramente che non da altro Dio fu
data loro quella Legge, ma da quello stesso, appropriata alla loro
schiavitù.

Il Decalogo, per Ireneo, contiene un’espressione privilegiata della Legge Naturale e il Dio della
(Seconda) Legge è lo stesso del Decalogo.
Anche per DA il Dio della Seconda Legge è lo stesso del Decalogo, ma si profilano tre ordini di
problemi diversi.
Il primo riguarda la qualità: la Seconda Legge è legge di morte, la Legge invece è legge di vita.
Il secondo riguarda la libertà, chi è sotto la Legge gode della libertà che è estranea a chi ha adorato
idoli perché gli fu aggiunto il fardello della Seconda Legge.
Il terzo riguarda una questione temporale. Chiesa e popolo ebraico portano il giogo del bue, ma
mentre per la chiesa il giogo è alleggerito dalla grazia, il popolo ebraico sente solo il peso delle
catene1678.

C è dell’idea che l’autore di DA non sia stato uno scrittore ingenuo e isolato, ma piuttosto uno
bene informato e un buon lettore. Alla Legge veterotestamentaria avrebbe dato una grande
importanza e molta attenzione, e la sua antipatia per la Deuterosis deriverebbe da un’inconscia
prevenzione dovuta ad altre influenze1679.
Un ulteriore precedente letterario in cui la Legge e il Decalogo sono distinti è la Lettera di Tolomeo
a Flora 1680 . Scritta nel 160 circa, ci consegna gli ipsissima verba di un membro della scuola
valentiniana.
                                                                                                               
1678
Cfr. DA XXVI: Tuttavia, la Legge è una (cosa) e la Seconda Legge un’altra e in Davide egli distingue e
mostra in questo modo, parlando così: “Spezziamo le loro catene e allentiamo i loro gioghi da noi”. Vedete
come lo Spirito Santo parla come se uscisse dalla bocca del mondo e rivela il pensiero e dice che la Legge è un
giogo, ma la Seconda Legge catene. Infatti, la Legge è un giogo, perché come il giogo dell’aratro del bue è posto
sul precedente popolo e sull’attuale chiesa di Dio, anche ora nella chiesa è su di noi, su quelli che sono chiamati
dal popolo e su di voi e su quelli che vengono dai Gentili che hanno (ottenuto) la grazia per loro: ci ha riunito e
preso insieme d’accordo. Tuttavia, giustamente chiama la Seconda Legge catene. Infatti quando il popolo ha
adorato gli idoli, gli fu aggiunto il fardello della Seconda Legge. Infatti i legami furono imposti giustamente,
come accadde al popolo a quel tempo. Tuttavia, la chiesa non è stata legata.
Infatti, a Ezechiele spiega e fa conoscere che la Legge salvifica è una, ma la Seconda Legge, (quella) di
morte, è un’altra. Infatti parla così: "Io li ho condotti fuori dalla regione d’Egitto e li ho portati nel deserto e
ho dato loro i miei ordini e ho fatto conoscere loro il mio giudizio, se un uomo li mettesse in pratica, vivrebbe
grazie a loro.
1679
R.H. Connolly, Didascalia apostolorum, p. LXXXIII.
1680
La lettera è conservata da Epifanio di Salamina nel Panarion e si può leggere in Migne P. Gr. XLI 555.
Cfr. A. Harnack, “Der Brief des Ptolemäus an Flora. Eine religiöse kritik am Pentateuch im 2. Jahrhundert”,
  267  
 

 
Dopo una piccola introduzione, Tolomeo spiega a Flora che la legislazione del Pentateuco
necessita di essere divisa in tre parti:
I) quella che viene da Dio;
II) quelle cose che Mosè ha dato attraverso la sua autorità e che ha inventato, come il permesso del
divorzio;
III) l’aggiunta degli anziani.
Poi spiega che la I parte, la Legge che viene da Dio, deve essere distinta in tre elementi:
1) la Legge pura che non è mescolata al male, quella che propriamente è chiamata Legge e che il
Signore non è venuto a distruggere, ma a portare a compimento, che consiste nel Decalogo, puro e
non mescolato al male e portato a compimento dal Signore.
2) La Legge che è mescolata al male, che il Signore ha abolito essendo estranea alla sua natura, che
consiste nella Lex talionis che ripaga un omicidio con un omicidio. Lo scrittore dice che chi ha
condannato l’omicidio con il comandamento “non uccidere”, facendo una seconda legge in cui
l’omicida potrebbe essere ucciso mostra che egli stesso è indotta all’incoerenza.
3) Le prefigurazioni e i simboli, che sono figure delle cose spirituali; queste prefigurazioni
consisterebbero nei sacrifici, nelle circoncisioni, nel sabato, nelle feste, nella pasqua, nel pane non
lievitato e in tutte le leggi relative. Tutte queste osservanze sarebbero immagini e simboli, ma una
volta che la verità si manifesta assumono un altro aspetto. Poi lo scrittore arriva a una domanda di
una certa importanza chiedendosi chi sia il Dio che ha dato la Legge. È non dovrebbe essere il Dio
perfetto, perché la Legge non lo è. A metà fra bene e male, non è un giusto, ma nemmeno un ingiusto,
è il Demiurgo che ha creato l’universo e tutto quello che è in esso.
Se l’autore di DA abbia letto o meno questa lettera è difficile da dire secondo Connolly1681, ma
sicuramente non era estraneo alla problematica.
Anche che il linguaggio della lettera di Tolomeo ricorda quello di DA1682. Quando lo scrittore della
Lettera dice che la porzione migliore della Legge, il Decalogo, è quella che “giustamente è chiamata
Legge”, C rimanda alle parole di DAl: “Lex ergo est decalogus et iudicia... Nam lex vocata est
specialiter propter iudicia”. La Legge è composta di Decalogo e giudizi, questi ultimi sono identificati
da C con i δικαιώµατα di Es XXI-XXIII. Mentre DA lega apertamente queste leggi alla Legge e le
esclude dalla Seconda Legge, per Tolomeo esse sono espressamente classificate con quella porzione di
Legge che è legata al male, distinta dal Decalogo, e da quelle prende due esempi di ritorsione e
l’ordine di uccidere l’assassino1683. Secondo C, in DA sembra possibile leggere una sorta di “direct
retort against Ptolomeus and his assertion that the Decalogue alone ‘is properly called the Law’”.

Dopo questo approfondimento sulla posizione di C sulla Seconda Legge riprendo l’excursus sulle
posizioni degli studiosi sulla formazione di DA.
Nella schematizzazione proposta all’inizio sulle posizione degli studiosi riguardo alla composizione
redazionale, l’unico autore che compare in entrambe le liste è Nau, la sua posizione in un decennio ha

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                         
Sitzungsberichte der Königlich Preussichen Akademie der Wissenschaften zu Berin 38 (1902), p. 507-545,
ristampa di A. von Harnack, Kleine Schriften zur alten Kirche I (Opuscula 9, 1), Leipzig, 1989, p. 591-629; A.
Harnack, Ptolemaeus. Brief an die Flora (Kleine Texte für theologische Vorlesungen und Übungen 9), Bonn,
1912; M. Simonetti, Testi gnostici in lingua greca e latina, Mondadori, Milano 1993, p. 266-281; per una
letteratura più circoscritta: cfr. E. Norelli, “Le Dècalogue dans la Lettre de Ptolémée à Flora”, Cahiers de Biblia
Patristica 9 (2008) 107-176, in particolare per la relazione con DA vedi p.127-128 ; cfr. R.H. Connolly,
Didascalia apostolorum, p. LXXXIII-LXXXVII.
1681
R.H. Connolly, Didascalia apostolorum, p. LXVII.
1682
R.H. Connolly, Didascalia apostolorum, p. LXVII.
1683
R.H. Connolly, Didascalia apostolorum, p. LXVIII.
  268  
 

 
subìto un cambiamento. Nel 1902 pubblica una prima monografia con il titolo di La Didascalie,
l’enseignement catholique des douze apotres et des saints discipòles de notre Sauveur dove, a pagina 166,
parlando dell’ultimo capitolo di DA, quello sulla Seconda Legge, dice di ritenere l’argomento
un’aggiunta posteriore. Forte del fatto di vedere una conclusione alla fine del capitolo XXV1684 scrive:

On remarquera combien sont nombreux les passages où les judaïsants


sont directament pris à partie (pp.12-13; 112-124, 130-131; 142-160),
et on se demandera si la Diadascalie ne semble pas se terminer
naturellement au bas de la page 141, et si le chapitre vingt-sixième, qui
fait d’ailleurs double emploi avec bien des passages prècèdents, ne
pourrait pas avoir été ajouté postérieurement.

Nell’edizione successiva del suo lavoro, nel 1912, ritratta la sua posizione, considerando la
Seconda Legge parte integrante di DA1685 :

La Didascalie combat frèquemment la δευτερῶσις, ou la Mischna,


plusieur chapitres sont entièrement dirigés contre elle (voir à la table le
mot Deutèronome), mais elle ne paraît pas la connaître rédigée en un
corps de doctrine, elle vise partout les observances judaïques, soit
écrites, soit orales, soit même celles du Deutéronome, opposé au
Décalogue qui se suffit à lui seul, p. 107.

Dunque, quella che si legge alla fine del capitolo XXV non sarebbe più una conclusione per Nau.

Agli inizi del ’900 circolavano anche due ipotesi di Holzhey1686.


La prima ritiene DA un’edizione allargata e migliorata di D; la seconda, formulata a pochi anni di
distanza dalla prima, si basa sull’idea che DA ha subìto tre livelli diversi di sviluppo per arrivare alla
forma attuale. Secondo Holzhey, DA all’inzio sarebbe stato un piccolo documento conosciuto da
Dionigi di Alessandria che alla fine della sua attività letteraria, o forse un suo discepolo, avrebbe fatto
oggetto di una revisione; successivamente DA sarebbe finita sotto una terza mano che l’avrebbe
interpolata in senso giudeo-cristiano.
Per quanto riguarda la prima ipotesi di Holzhey, C1687 sostiene che era noto che l’autore di DA
conoscesse e facesse un uso limitato di D, ma che non è possibile dire di più. Per la seconda ipotesi,
invece, Funk1688, Connolly1689 e Bardenhewer1690 sono d’accordo nel non trovare nessuna ragione per
supporre che Dionigi avesse conosciuto DA. C ritiene i tre stradi redazionali di Holzhey “purely
fanciful”, perché non è possibile rivendicare più che una considerazione su un processo evolutivo solo
immaginabile.

                                                                                                               
1684
E abbiamo dato la (nostra) testimonianza e abbiamo lasciato questa Didascalia universale giustamente e
rettamente alla chiesa universale per memoriale e conferma dei fedeli.
1685
F. Nau, La Didascalie, 1912, p. XXVIII
1686
C. Holzhey, “Die Abhängigkeit der syrischen Didascalie von der Didache”, in Congres Scientifique
International des catholiques. v.1, Fribourg 1898, p. 249-277.
1687
R.H. Connolly, Didascalia apostolorum, p. LV.
1688
X. Funk, Didascalia et Constitutiones, vol. I, p. IV.
1689
R.H. Connolly, Didascalia apostolorum, p. LVI.  
1690
O. Bardenhewer, Geschichte der altkirclichen Literatur, 2: Vom Ende des zweiten Jahrhunderts bis zum
Beginn des vierten Jahrunderts (Darmstadt, 1914 [reprint Darmstadt, 1962]), p. 260.
  269  
 

 
Schwartz1691 nel 1905 analizza il capitolo XXI sulla Pasqua e fa considerazioni più generali su DA,
concludendo che l’opera non può essere il lavoro di un solo redattore. Secondo lo studioso su un
nocciolo, che difficilmente si potrebbe enucleare, si innesta sempre materiale nuovo e di conseguenza
i doppioni e le contraddizioni sarebbero innumerevoli. Il compito di distinguere le stratificazioni
sarebbe reso ancora più difficile dal fatto che sia l’ultimo redattore sia il traduttore avrebbero colmato
spesso gli interstizi bianchi; peggio ancora, continua Schwartz, è che a favore delle aggiunte sarebbe
stato cancellato anche ciò che era antico o ciò che era diventato obsoleto. Il libro infine avrebbe
circolato in redazioni molto differenti e fin dall’inizio era un’opera impersonale che serviva a scopi
pratici. Secondo il filologo le discrepanze della traduzione siriaca, latina e CA darebbero solo un’idea
dell’ininterrotto procedere e modificarsi del testo.
Vööbus non affronta in modo specifico la questione della formazione del testo, ma ipotizza
l’esistenza di un testo greco originale comune a DAl e CA, diverso da quello utilizzato dal traduttore
siriaco.
Sostanzialmente in accordo con l’ipotesi di C, aggiunge:

the conclusion to be drawn is that the text od Didascalia, allowing of


course for the usual degree of deviations which the manuscript tradition carried
with it, had not been subjected to substantial alteration and revision work
during the fourth century.

                                                                                                               
1691
E. Schwartz, Christliche und jüdische Ostertafeln, Weidmann, Berlin 1905, p. 105-106.
  270  
 

 
3. b. La molteplicità di redattori: l’analisi della composizione di Alistar Stewart-Sykes

Contrariamente all’ipotesi di C, che vede in DA il prodotto di un unico redattore, S-S sostiene che
DA sia opera di un “apostolic redactor” e un “deuterotic redactor”, ognuno dei quali avrebbe lavorato
sul testo precedentemente costituito da un ulteriore redattore che avrebbe esteso e uniformato la
Didachè (D) e la Costituzione ecclesiastica degli apostoli (K).
S-S nel suo lavoro pubblicato per la Brepols alla fine del 20091692 ipotizza che DA sia stata elaborata
da tre redattori diversi.
Il primo, l'uniting redactor, avrebbe lavorato sulle fonti e in modo estensivo su tutta DA, rendendo il
trattato un manuale pastorale per la disciplina1693.
Il redattore deuterotico avrebbe aggiunto le parti riguardanti la Seconda Legge, e l’altro redattore,
quello apostolico, avrebbe creato nel testo l’illusione apostolica, includendo il racconto del concilio di
Gerusalemme1694.
La dimostrazione sostanziale che il redattore deuterotico e quello apostolico siano intervenuti
secondariamente ampliando il testo iniziale secondo S-S consisterebbe nel fatto che ritmo e logica del
testo vengono spezzate dalle intrusioni di questi interventi posticci.
S-S analizza DA in modo diacronico, ovvero illustrando le vicende antecedenti alla redazione
definitiva del testo, considerando i rapporti dialettici tra i fenomeni testuali e le fonti del trattato.

Nello specifico vediamo che cosa permette a S-S di sostenere che DA è il frutto di tre o più
redattori.
Analizziamo le sue ipotesi sulle fonti e poi sui due redattori.

3.c. Costituzione ecclesiastica degli apostoli e Didachè: le fonti?

Per S-S, due sarebbero le fonti principali utilizzate per comporre DA: K e D1695, ma per capire perché
egli sostenga questa relazione bisogna analizzare in che rapporto si pongono K e D nei confronti di DA.
Cominciamo con l’analisi del rapporto fra K e DA.
S-S mette a confronto DA 2.1.3-5 (capitolo IV) sulla nomina del vescovo con il passo corrispondente
di K 16.
Di seguito riporto i due passi in sinossi, ma estendo la comparazione di K16 a tutto il IV capitolo di
DA (ovvero da DA 2 a 2.6), in questo capitolo infatti sono enumerati due gruppi di qualità diverse, la
sinossi ci aiuterà a capire se K 16 è più simile al primo o al secondo gruppo presente in DA.

                                                                                                               
1692
A. Stewart-Sykes, The Didascalia apotolorum. An English Version with Introduction and Annotation, Brepols
Publisher n.v., Turnhout 2009.
1693
A. Stewart-Sykes, The Didascalia apotolorum, p. 22-29.
1694
A. Stewart-Sykes, The Didascalia apotolorum, p. 23.
1695
A. Stewart-Sykes, The Didascalia apostolorum, p. 4. Secondo S-S nel testo ci sono altre fonti, ma dalla
consistenza più piccola. Illustrerò questo aspetto quando mi soffermerò sull’uniting redactor.

  271  
 

 
DA 2-2.6 K16
(capitolo IV)

Insegna quale uomo è giusto che sia scelto


per l’episcopato
e quali dovranno essere i suoi costumi

[2] Riguardo al vescovo,


allo stesso modo ascoltate.
[2.1] Il pastore,
che è costituito vescovo e capo nel presbiterato,
nella chiesa e in ogni congregazione
− è richiesto che sia irreprensibile,
che non sia fatto prigioniero da niente,
lontano da ogni male,
un uomo di età non inferiore ai cinquanta anni,
uno che ormai è lontano dalla condotta giovanile
e dagli appetiti del Nemico,
dalla diffamazione
e dalla bestemmia dei falsi fratelli
che fanno ricadere su molti
perché non comprendono la parola
che è detta nel vangelo:
Chi dirà una parola vana,
renderà conto al Signore nel giorno del giudizio;
dalle tue parole sarai giustificato
e dalle tue parole sarai condannato.
2. Ma se è possibile,
sia istruito e capace di insegnare;
ma se non conosce le lettere,
sia capace e abile con la parola
e sia avanti con gli anni.

DA 2.1.3-5: descrizone dell’elezione del vescovo Peter said:

If there should occur a shortage of men,


and there are insufficient competent
to elect to the episcopate
from among twelve,
they should write to the neighbouring churches,
where one is established,
so that three selected men
might come from there carefully
3. Tuttavia, se la comunità è piccola
e non si trova un uomo avanti negli anni
di cui essi testimoniano che è saggio
e adatto a stare nell’episcopato,
ma lì si trova un fratello giovane,
di cui quelli che sono con lui testimoniano
che merita di stare nell’episcopato, to determine which is worthy,
e anche se è giovane,
con l’umiltà e la calma dei modi,
dimostra maturità,
sia esaminato se ognuno testimonia su di lui whether any has a good reputation
among the heathen,
e così sia posto lui in pace. being without fault,
4. Perché anche Salomone
all’età di dodici anni ha regnato su Israele.
E Giosia all’età di otto anni ha regnato
con rettitudine, e ancora, anche Ioas a sette anni.
5. Pertanto, anche se è giovane,
sia umile
e timorato
e calmo;

  272  
 

 
perché il Signore Dio ha detto in Isaia:
Su chi potrò riposare lo sguardo,
sul mite e timorato,
che ha un sacro timore alle mie parole?
Anche nel vangelo ha detto così:
Benedetti sono gli umili
perché essi erediteranno la terra.
6. E che sia misericordioso
‒ perché nel vangelo ha detto così:
Benedetti siano i misericordiosi,
perché la misericordia è su di loro.
7. E ancora sia un pacificatore
‒ perché ha detto:
Benedetti siano gli operatori di pace,
perché saranno chiamati figli di Dio.
8. E che sia puro da ogni male,
ingiustizia e iniquità
‒ perché ha detto ancora:
Benedetti siano quelli puri di cuore,
poiché essi vedranno Dio.

DA 2.2-2.4: descrizione delle qualità del vescovo

[2.2] E sia vigile,


whether a friend of the poor,
casto, whether temperate,
stabile
e distinto;
e non sia violento
e non sia uno che eccede con il vino; not a drunkard,
né sia malizioso;
not a fornicator,
ma calmo e né litigioso;
non sia amante del denaro. nor grasping
or abusive,
or a resptecter of persons
or anything of that nature.
Non sia un fanciullo nella mente/neofita/ingenuo
per non inorgoglirsi
e cadere nel giudizio di Satana,
perché:
Chiunque esalta se stesso
sarà umiliato.
2. Allo stesso modo,
è richiesto che il vescovo
It is good should he be unmarried,
sia un uomo che ha preso una moglie otherwise he should be of one wife,
having some education,
e che ha gestito bene la sua casa.
3. E ugualmente,
sia esaminato
al momento di ricevere l’imposizione delle mani,
affinché sieda nella posizione dell’episcopato,
se è casto
e se sua moglie è credente e casta
e se egli ha allevato i suoi figli nel timore di Dio
e li ha ammoniti e dato loro insegnamenti
e  se in casa sua lo temono 273  
e  lo riveriscono e tutti gli obbediscono.
Infatti, se la sua stessa carne si ribella contro di lui
e  non gli obbedisce,
in che modo
  che sono fuori dalla sua casa gli apparterranno
quelli
e gli si sottometteranno?
[2.3] E sia esaminato
se è senza macchia
nelle faccende del mondo/secolari,
pure nel suo corpo
‒ perché è scritto:
Esaminate
se c’è qualche macchia
in colui che si presenta
per essere fatto sacerdote.
2. Ma che sia senza rabbia
‒ perché il Signore ha detto:
La rabbia distrugge anche il saggio.
3. E sia misericordioso,
compassionevole
e pieno di carità
‒ perché il Signore ha detto:
La carità copre una moltitudine di peccati
[2.4] e la sua mano sia distesa per dare,
ami gli orfani con le vedove
e sia uno che ama il povero
e anche lo straniero.
Si distingua nel servizio
e assiduo nel ministero.
Sia contrita la sua anima
e non sia uno che è confuso.
Sia a conoscenza
di chi è più meritevole di ricevere.
2. Infatti se c’è una vedova possidente,
o è in grado di sostenersi con qualcosa necessaria
per il sostentamento del corpo,
ma c’è un’altra che, benché non sia una vedeva,
è nella necessità,
per una malattia
o per il crescita dei bambini
o per l’infermità del corpo
‒ a questa solo in modo particolare allungherai la mano.
3. Ma se c’è un uomo che è un ingordo
o un ubriaco
o un pigro ed è preoccupato per il nutrimento del corpo,
questo non merita l’elemosina, né la chiesa.
[2.5] Ugualmente
il vescovo non sia uno che fa discriminazioni
e non provi vergogna davanti al ricco
né lo compiaccia
oltre al quello che è giusto.
E non disprezzi né trascuri i poveri
né se ne metta al di sopra.
2. Sia frugale e povero nel cibo e nel bere,
che sia capace di vigilare per ammonire
e punire quelli che sono indisciplinati.
E non sia calcolatore né volubile,
né lussurioso
né amante dei piaceri
né amante delle carni raffinate.
3. E non sia iracondo, ma paziente nella sua ammonizione.
Sia molto diligente nel suo insegnamento
e costante nella lettura della divina Scrittura
in modo diligente interpreti ed esponga le Scritture and able to interpret the Scriptures.
in modo accurato.
Even if he is unlettered he should be meek,
and overflowing with love for all,
  so that a bishop should not come under accusation 274  
  on any account by the many.
E compari la Legge e i profeti con il vangelo
 

 
in modo che le affermazioni della Legge e dei profeti
concordino con il vangelo.
4. Ma prima di tutto sia uno che sa discernere
tra la Legge e la Seconda Legge
in modo che distingua
e dimostri quale sia la Legge del fedele
e quali siano i legami di chi non crede,
per paura che nessuno di quelli che è sotto la tua autorità
mantenga vivi i legami della Legge
ed eriga su se stesso carichi pesanti,
e diventi figlio della perdizione.
5. Sii diligente dunque e prenditi cura del Logos,
vescovo, così che ‒ se puoi ‒
spieghi ogni affermazione
con tanta istruzione/erudizione da nutrire largamente
e abbeverare il tuo popolo,
perché è scritto nella Sapienza:
Abbi cura dell’erba del campo per poter tosare il tuo gregge,
e raccogli il fieno d’estate,
per avere pecore per il tuo abbigliamento;
prenditi cura e datti da fare per la pastura,
in modo da avere agnelli.
[2.6] Ugualmente,
il vescovo non sia un amante del guadagno disonesto
specialmente con gli empi.
Sia imbrogliato e non imbrogli.
Non ami le ricchezze,
non pensi (male) di nessuno,
né dia falsa testimonianza.
Non sia iracondo,
non amante dello scontro.
Non ami il potere.
Non sia doppio nell’animo o doppio nel parlare,
né uno che ama piegare le sue orecchie
alle parole della diffamazione e della denigrazione.
Non sia un ipocrita.
E non sia amante delle festività degli empi,
non si dedichi a inutili errori
e non sia lussurioso
né attaccato al denaro
perché tutte queste cose sono attività dei demoni.
2. Su tutte queste cose, tuttavia,
il vescovo comandi e ammonisca tutto il popolo.
Sia saggio e pratico.
3. Ammonisca e insegni
secondo l’istruzione e la disciplina di Dio.
La sua mente sia imparziale,
e si allontani da ogni occupazione malvagia di questo mondo
e da ogni bramosia dei Gentili.
4. E la sua mente sia acuta per valutare,
in modo che riconosca in anticipo i malvagi
e li allontani da loro.
Ma sia amico di tutti,
mentre è un giudice corretto.
Tutto quello che c’è di buono e si trova nell’uomo,
si trovi anche nel vescovo.
 5. Perché quando il pastore è lontano da ogni male,
sarà in grado di costringere anche i suoi discepoli
275  
 e incoraggiarli con le sue buone maniere
a essere imitatori del suo buon lavoro
 ‒ come il Signore ha detto nei Dodici Profeti:
Il popolo sarà come il sacerdote.
 6. Perché è necessario che voi siate di esempio al popolo,
perché anche voi avete Cristo come esempio.
Poi siate anche voi un nobile esempio per il popolo
perché il Signore ha detto in Ezechiele:
7. E mi fu rivolta la parola del Signore così:
Figlio dell’uomo, parla ai figli del tuo popolo e di’ loro:
8. ‘Quando porto la spada su una regione,
il popolo di quella regione prende uno di loro
e lo fa sua sentinella;
così questi, se vede avvicinarsi la spada sulla regione,
suonerà la tromba
e avviserà il popolo,
e tutti sentiranno il suono della tromba.
Se uno però non ci bada e arriva la spada e lo uccide,
sarà lui stesso responsabile della propria morte;
perché ha udito il suono della tromba
e non vi ha badato,
sarà lui stesso responsabile della propria morte.
Chi invece gli ha badato si è salvato.
10. Se però,
la sentinella che vede arrivare la spada non suona la tromba
e il popolo non è stato avvertito,
per cui arriva la spada e fa una vittima,
questa cadrà per i suoi peccati,
ma chiederò conto del suo sangue
dalle mani della sentinella.
11. Così la spada è il giudizio e la tromba è il vangelo,
invece la sentinella è il vescovo che è costituito dalla chiesa.

  276  
 

 
Dalla sinossi di K e DA emerge che la relazione fra i due testi è rarefatta, per non dire inesistente.
Dire che c’è una dipendenza di DA da K è azzardato. Ho evidenziato le frasi che hanno una vaga
somiglianza e le ho messe in relazione per colore. È chiarissimo che il legame fra i due testi non ha una
consistenza reale.
Prima di fare le mie osservazioni sull'ipotesi di S-S, vediamo quali sono state le posizioni di altri
studiosi sulla relazione da DA e K.

Il confronto fra K e DA sull’elezione del vescovo nel corso degli studi ha prodotto ipotesi eterogenee.
Barlet nel 1943 ipotizza che K abbia usato DA, anche se precisa che l’influenza sarebbe stata a uno
stadio primitivo della redazione1696, Connolly si è espresso mostrando una certa perplessità sui punti di
contatto fra le due opere, sia per questo che per altri passaggi1697, ma dal confronto di questo passo in
particolare, Connolly osserva che K preferisce un vescovo celibe e sulla base di un’espressione
pronunciata da Pietro sulle offerte del corpo e del sangue (K 25: “Pietro disse: ‘già prima abbiamo
ordinato, riguardo all’offerta del corpo e del sangue...’”) ne pone la data al IV secolo, e poiché data DA
al III secolo, conclude che DA precede K immaginando l’esistenza di una fonte comune per i due passi.
Anche in questo caso in contrasto con la posizione di Connolly, S-S sostiene che né la preferenza di
un vescovo celibe né l’uso dell’espressione “l’offerta del corpo e del sangue” che è in K devono
necessariamente essere datati al IV secolo1698, sostenendo che il passo indica che il redattore di DA non
conosce K, ma una delle sue fonti. Questa conclusione farebbe retrocedere la data dell’influenza,
rendendo improbabile la relazione proposta da Connolly.
S-S si interroga se sia possibile pensare che K, o la fonte di K (KK), sia simile a DA o se è più
probabile un'influenza in senso inverso.
DA si preoccuperebbe dell’elezione di un vescovo giovane, anche gli esempi scritturistici vanno in
quella direzione, mentre K si concentra sull’elezione di un vescovo, avendo cura che l’elezione sia
portata a termine una volta raggiunto il quorum. In una discussione in cui deve essere eletto un
vescovo, S-S sottolinea che l’interesse generale è rivolto al quorum e non a un vescovo giovane.
Ma l’argomentazione di S-S si fonda sul fatto che K rivelerebbe che i presbiteri provvedono ai
candidati e al collegio elettorale; quindi sarebbe stata improbabile l’elezione di un vescovo giovane. DA
invece descrive una situazione in cui tutti partecipano all’elezione. Quale sistema fosse anteriore rispetto
all’altro, secondo S-S, è impossibile da dire, essendo diversi, l’uno potrebbe aver usato l’altro come
fonte. S-S sostiene che se in una fonte fosse descritto un sistema elettorale collegiale invece di un
sistema a elezione popolare, ci si aspetterebbe una maggiore chiarezza di quella che si legge in K, mentre
al contrario, un sistema a elezione popolare, come quello di DA, non necessita di essere descritto.
Secondo S-S, dunque la versione del materiale preservato in K sarebbe più vicina all’originale.
Infine, quando il passaggio descrive le qualità di un vescovo, in K si dice solo che deve essere generoso.
DA, invece, amplierebbe l’affermazione con materiale più antico, ma lo farebbe inseguendo la questione
della giovane età del vescovo, invece di continuare sulle qualità richieste al vescovo.
Dunque, secondo S-S, è meno verosimile che la discussione sul vescovo presente in K sia nata da DA,
visto che K non riporta nessun accenno alla giovane età del vescovo, piuttosto che il contrario in cui il
redattore di DA riformula le indicazioni per l’elezione e le qualità del vescovo.
S-S conclude che DA ha utilizzato come fonte una delle fonti impiegate anche da K.

                                                                                                               
1696
J. V. Barlet (1943), p.102.
1697
R.H. Connolly, Didascalia Apostolorum, p. 30-31 nota: riga 13-14.
1698
A. Stewart-Sykes, The apostolic Church Order. The Greek Text with Introduction, Transaltion and
Annotation, p.48-49.
  277  
 

 
Osservazioni sulla relazione fra K e DA ipotizzata da S-S

L’ipotesi di S-S sulla relazione fra K e DA è argomentata nel suo The Apostolic Church Order. The
Greek Text with Introduction, Transaltion and Annotation, pubblicato nel 2006; il paragrafo in
questione è riprodotto uguale e quasi per intero nella monografia dedicata a DA, dove S-S conserva le
stesse posizioni.
L’argomentazione che fonda il confronto non mi pare pienamente credibile per tre ragioni:
1) è solo presupponendo l’esistenza di KK che la somiglianza fra K e DA si può concretizzare, ma
l’evidenza dei fatti è che non c’è alcun elemento linguistico o stilistico così forte da ricondurre l’uno
all’altro. Dal confronto dei due passi, infatti, non emerge un’affinità sufficiente per poter dire che ci
deve essere stato un contatto fra le due opere.
2) DA descrive un tipo di elezione più arcaica rispetto a quella di K.
Un elemento determinante è la mancanza della menzione dei presbiteri e l'uso dell’aggettivo
irreprensibile, che K 16 invece ignora, e che è attribuito al vescovo all’inizio del IV capitolo di DA e
ricorda TA 2, dove l’elezione è popolare e avviene per merito morale:

Sia ordinato vescovo colui che è stato scelto da tutto il popolo, purché sia irreprensibile1699 .

Dunque, questi due elementi, ovvero la mancanza della menzione dei presbiteri e l’utilizzo
dell’aggettivo irreprensibile, fanno pensare che il sistema di DA sia a elezione popolare, e inoltre che sia
anteriore a quello di K, dove il ministero presbiterale è già definito.
Se al contrario di quello che sostiene S-S, DA si sofferma sulla giovane età del vescovo, questo
avviene per una logica strutturale e ripetuta più volte in DA e che consiste nel prendere in
considerazione diverse possibilità che la vita comunitaria può offrire.

Ma se è possibile, sia istruito e capace di insegnare; ma se non conosce le


lettere, sia capace e abile con la parola e sia avanti con gli anni.
3. Tuttavia, se la comunità è piccola e non si trova un uomo avanti negli anni
di cui essi testimoniano che è saggio e adatto a stare nell’episcopato, ma lì si trova
un fratello giovane...

Come leggiamo, la prima richiesta è trovare un anziano, uno avanti con gli anni, istruito, capace e
con esperienza, ma se ci si trova in una comunità dalle dimensioni ridotte, le aspettative sul candidato
vengono ridimensionate, tanto che al seggio vescovile potrebbe essere eletta una persona priva o quasi
di istruzione. Anche in questo caso la prima richiesta è che il vescovo sia istruito e capace di insegnare,
ma in mancanza d’altro DA rivela il suo carattere pragmatico, concedendo tale ministero a un uomo
poco istruito. Più avanti nei secoli tale eventualità non sarà considerata accettabile.
3) Il passo sull’elezione non è riprodotto nella versione siriaca di K, ma solo nella sua versione greca
ed è riportato alla fine del III capitolo di DA dove sappiamo che è stato inserito materiale proveniente da
altre opere normative o dove sono presenti gli apostoli.
Dunque, l’eventuale contatto di cui S-S sembra certo dovrebbe essere avvenuta fra la versione greca
di K e DA siriaca, cosa che non stupirebbe particolarmente se però DA non riportasse una versione
abbreviata di K, che è diversa anche dall’epitome greca di K.
Le parentele dunque si allontano sempre di più per cui si può solo parlare di ipotesi con molti se.
In CA II.1.3 leggiamo lo stesso passo presente in DA:

                                                                                                               
1699
Ippolito di Roma, La Tradizione apostolica, introduzione, traduzione e note a cura di Rachele Tateo,
Paoline, Milano 2010, p. 60.
  278  
 

 
Se tuttavia, in una circoscrizione che sia piccola, non si trovi uno avanzato in
età, col dovuto attestato e saggio, da costituire nell’episcopato, mentre c’è lì un
giovane, che da quelli che gli stanno attorno ha ricevuto attestato di essere degno
dell’episcopato e lui stesso nella sua giovane età con la mitezza e la moderazione
dimostra età matura, dopo che sia stato sottoposto a esame, se da tutti riceve
ugualmente attestato, sia costituito in pace.

Questa testimonianza avvalora la mia idea di estraneità fra DA e K.


CA descrive una comunità più evoluta, dunque anche più grande e complessa, in cui il ruolo dei
presbiteri è ben più consistente di quello svolto in DA. Per CA sarebbe stato molto più appropriato
descrivere un’elezione collegiale, come ci riporta K, perché dunque riprodurre questo passo di DA e non
ampliarlo o modificarlo come in altri casi? O perché non usare direttamente K?
Faccio due ipotesi: o perché il redattore di CA ha perso la traccia di questa dipendenza di DA da K o
perché questa relazione non c’è mai stata. Poco dopo infatti CA III 20.1 inserisce la descrizione di
un’elezione collegiale:

Decretiamo che il vescovo sia ordinato da tre vescovi o almeno da due,


giacché la testimonianza di due o tre è più solida e indiscussa; ma che sia
permesso vi venga costituito da un solo vescovo il presbiterio e il diacono e
il resto del clero.

Infine, vorrei fare qualche considerazione sulle qualità del vescovo.


Il vescovo di K 16 deve avere una buona reputazione tra i Gentili, essere senza macchia, deve essere
amico dei poveri, moderato, non essere un bevitore, né un fornicatore, né avido e né uno che offende.
Non deve essere un ipocrita, meglio se non ha moglie, ma se invece si dovesse sposare, deve farlo una
sola volta e con una donna minimamente istruita. Deve saper interpretare le Scritture e anche se è un
illetterato deve essere mite e amorevole per non essere accusato.
L’ipotesi che il vescovo sia un illetterato, in DA, compare all’inizio, mentre in K 16 solo alla fine. La
lista delle qualità di DA e K coincide solo quando il filo rosso che le unisce è 1Tim 3, 2-7, per il resto la
corrispondenza è rara.
Fra la fine del VII capitolo e l’inizio dell’VIII, DA 2.24.4.-2.25-3, troviamo un altro elenco di qualità che
dovrebbe possedere il vescovo che non trova riscontro in K e solo parzialmente in 1Tim 3, 2-7:

[2.24] 4. In questo poi il nostro salvatore, re e Dio, sia per voi un


riferimento, vescovi, siate suoi imitatori: possiate essere miti e umili,
misericordiosi e premurosi, portatori di pace, non irascibili, capaci di
insegnare, corretti, accoglienti, capaci di consolare, non siate iracondi o
inclini ai lamenti, né insolenti né orgogliosi.
Non siate amanti del vino né bevitori e non siate insuperbiti, non
sostenete una spesa che non è giusta, non come vostri usate i doni di
Dio, in quanto siete nominati buoni amministratori di Dio, che è pronto
a esigere dalle vostre mani il conto della gestione della vostra
amministrazione che vi è stata affidata. [2.25] Vi sia sufficiente ciò che
basta per voi, cibo e vestiti e qualsiasi altra cosa urge. E non fate uso di
ciò che arriva in più a quello che è giusto, come da (risorse) estranee, ma
con moderazione. 2. Non godete e (non) siate dediti al lusso con quelle
cose che arrivano alla chiesa ‒ “a chi lavora sono sufficienti il suo vestito e
il suo cibo”.
Come buon amministratore di Dio, perciò, fai bene nel dispensare
quelle cose che sono donate e arrivano alla chiesa, secondo ordine, agli
orfani e alle vedove e a quelli che sono afflitti e agli stranieri, come
uomini che sanno di avere Dio che esigerà il conto dalle vostre mani, che

  279  
 

 
ha accordato la sua amministrazione a voi. 3. Perciò distribuite e date a
tutti quelli che sono nel bisogno.

Dunque, come spiegare questo secondo elenco di qualità a tanta distanza dal primo?
Gli elenchi hanno in comune solo l'essere capaci di insegnare. Per il resto, le qualità indicate vanno
in direzioni opposte, quelle presenti nel IV capitolo sembrano essere scelte per descrivere un maestro e
una guida, quelle elencate fra VII e VIII un amministratore mite, con poche esigenze e misericorde che fa
le veci del Signore. Gli elenchi delle qualità assecondando il contesto in cui sono inserite disegnano
figure e ruoli diversi. Dunque, la distanza delle due liste può essere giustificata per questa ragione: la
necessità di mettere in evidenza i diversi ruoli del vescovo.

Didachè (D)
Dopo aver preso in considerazione l'ipotesi sul legame fra K e DA, passiamo all’analisi della relazione
fra D e DA
DA è la prima opera che cita e testimonia l’esistenza di D. Connolly è il primo a sostenere che fra
DA e D c’è una relazione letteraria e che il redattore di DA conoscesse D1700 tanto da usarla
all’occorrenza. Sette i punti, secondo lo studioso, in cui le due opere trovano riscontro.

Di seguito riporto in sinossi i passi affinché il confronto sia più chiaro.

                                                                                                               
1700
R. H. Connolly, “The Use of the Didache in the Didascalia”, The Journal of Theological Studies 24
(1923) 147-157.
  280  
 

 
D I, 3= DA 1, 2.3
D I, 3 DA 1, 2.3
L’insegnamento di queste parole è il seguente: E di nuovo dice nel vangelo:
benedite coloro che vi maledicono, “Amate quelli che vi odiano
pregate per i vostri nemici, e pregate per quelli che vi maledicono
e non avrete nemico”.
digiunate per coloro che vi perseguitano.
Che meritano avete, infatti,
se amate coloro che vi amano?
Non fanno lo stesso anche i pagani?
Voi, piuttosto,
comportatevi amorevolmente
con coloro che vi odiano e avrete nemico.

D I, 5 = DA 4, 5
D I, 5 DA 4, 5
A chiunque ti chiede, In questo modo,
da’ e non richiedere indietro, vescovi e diaconi,
perché il Padre vuole che tutti abbiano parte dei suoi doni. siate costanti nel servizio dell’altare di Cristo
Beato colui che dà secondo il precetto, ‒ intendiamo, perciò,
perché è incolpevole. (il servizio) alle vedove e agli orfani ‒
Ma chi riceve stia bene attento, con ogni attenzione
perché se ricevere per bisogno non avrà colpa, e con ogni zelo sforzatevi di investigare
ma se ha bisogno dovrà rendere ragione del perché sulle cose che sono donate,
e a quale scopo ha ricevuto: qual è il comportamento di lui o di lei,
gettato in prigione verrà esaminato chi dona per sostentamento.
su tutto quello che ha fatto
e non uscirà di lì fino a che non abbia restituito
fino all’ultimo centesimo.

D II, 4 = DA 2, 6.1
D II, 4 DA 2, 6.1
Non sarai doppio nei pensieri e nelle parole, Non sia doppio nell’animo o doppio nel parlare.
perché la doppiezza è un laccio di morte.

D III, 7-8 = DA 2, 1.5

D III 7-8 DA 2, 1.5


7. Sii mite, Pertanto,
perché i miti erediteranno la terra. anche se è giovane,
8. Sii maganimo, sia umile
misericordioso, e timorato
senza malizia, e calmo;
pacifico, perché il Signore Dio ha detto in Isaia:
buono, “Su chi potrò riposare lo sguardo,
sempre timoroso delle parole che avrai udito. sul mite e timorato,
che ha un sacro timore alle mie parole?”.

D VIII, 1 = DA 5, 14.18-21

D VIII, 1 DA 5, 14.18-21
I vostri digiuni non coincidano 18. “Il decimo”, tuttavia,
  ipocriti.
con quelli degli perché l’inizio del mio nome è Yod, 281  
 
Essi, infatti, digiunano il secondo in cui fu fatto l’inizio dei digiuni.
e il quinto giorno dopo il sabato, Tuttavia, (digiunate)
 
voi invece digiunate non secondo i costumi del precedente popolo,
ma secondo il nuovo accordo che ho stabilito con voi,
  digiunate per loro
il quarto nel quarto giorno della settimana,

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