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The Synodality in the Orthodox Church after Council of Crete. Prospectives and outstand-
ing problems
The article studies the understanding of synodality within the Orthodox Church in the
light of the existing theological tradition, namely the concept of Eucharistic conciliarity
and the role of the Bishop in guarantying the Churchs unity, at a local and universal
level. It focuses on the magisterial authority of the Orthodox Council of Crete and its
reception by the Orthodox pleroma: reception through a general consensual procedure
or immediate acceptance of the Councils teachings through communional integration
in Churchs life.
1
I documenti approvati e sottoscritti dal Concilio sono stati: lEnciclica del Santo e
Grande Concilio della Chiesa Ortodossa; il Messaggio del Santo e Grande Concilio della
Chiesa Ortodossa; Limportanza del digiuno e la sua osservanza oggi; Le relazioni della
Chiesa Ortodossa con il resto del mondo cristiano; LAutonomia e la modalit della sua
proclamazione; La diaspora ortodossa; Il sacramento del matrimonio e i suoi impedimenti;
La missione della Chiesa Ortodossa nel mondo contemporaneo.
2
Cfr. ad es. il comunicato del Santo Sinodo del Patriarcato di Mosca del 16 luglio
2016 (che ha considerato il concilio di Creta un momento significativo del cammino
presinodale, ma non un vero e proprio Sinodo pan-ortodosso) e quelli del Patriarcato di
Romania (11 settembre 2016) e della Chiesa di Grecia (23 e 24 novembre 2016), redatti con
lintenzione di favorire lintegrazione delle decisioni conciliari nella vita ecclesiale locale.
3
Una chiesa autocefala gode di piena indipendenza giuridica ed governata da un
primate che presiede il relativo sinodo. Una chiesa autonoma gode di relativa indipendenza,
in quanto continua a dipendere da una chiesa madre, pur avendo anchessa un suo
primate che presiede il sinodo locale. Lo status giuridico di autocefalia stato attribuito,
in diversi periodi storici, alle chiese ortodosse di: Russia; Serbia; Romania; Bulgaria;
Georgia; Grecia; Polonia; Albania; Rep. Ceca e Slovacchia, che unitamente ai patriarcati
storici di Costantinopoli, Alessandria, Antiochia e Gerusalemme formano linsieme
dellOrtodossia. Invece, lo status giuridico di autonomia riconosciuto per le chiese di:
Finlandia; Estonia (auton. dal 1923 sotto il patriarcato ecumenico ma non riconosciuta
dalla chiesa di Russia); Giappone (auton. dal 1970 sotto il patriarcato di Mosca e dal 2007,
ma non riconosciuta dal patriarcato ecumenico). Questa geografia ecclesiastica nata, da
un lato, come portato della modernit (emersione degli Stati nazionali) e della presenza
della cosiddetta diaspora ortodossa e, dallaltro, dal bisogno di affidare alla gerarchia
di una specifica eparchia ecclesiastica unindipendenza amministrativa, affinch potesse
meglio occuparsi della cura pastorale del proprio gregge. Al Santo e Grande Sinodo del
2016 hanno partecipato soltanto le chiese autocefale e non quelle autonome.
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medesimo credo, stabilito dai sette Concili ecumenici del primo millennio
e nella condivisione dello stesso patrimonio spirituale, liturgico e dottri-
nale, in accordo con lo spirito dei Padri della Chiesa (consensum patrum),
che hanno interpretato autenticamente le fede apostolica contenuta
nella Sacra Scrittura; b) nella comunione sacramentale; e c) nel vincolo
canonico (detto anche ordine ecclesiastico), ovvero nel riconoscimento
della gerarchia ecclesiastica di ogni chiesa locale.
A sua volta, ogni chiesa ortodossa locale: a) eretta sulla base del
principio di territorialit (una chiesa esiste in uno specifico territorio
geografico); e b) gode, al suo interno, di unautonomia pastorale e di go-
verno, pur senza poter estendere la propria autorit al di fuori dei confini
giurisdizionali ad essa assegnati (si veda il can. 2 del I concilio ecumenico,
can. 8 del III concilio ecumenico, can. 5 del IV concilio ecumenico, can.
14 e 35 degli cosiddetti canoni apostolici, can. 9 del concilio di Ancira
e can. 22 del concilio di Antiochia).
Peraltro, una chiesa locale vincolata dal principio di sinodalit per
ci che concerne la proclamazione di nuovi dogmi, lapplicazione di
norme disciplinari e lesercizio di pratiche pastorali stabilite a livello pa-
nortodosso (ad esempio lammissione o meno delle donne al sacerdozio,
le seconde nozze dei sacerdoti, i rapporti con i non ortodossi eccetera).
Perci, una chiesa locale non pu introdurre nuove dottrine e stabilire
regolamenti disciplinari diversi da quelli decretati dai concili ecumenici o
generali (ad esempio sul digiuno e i matrimoni misti). Di conseguenza, le
chiese locali non sono autorizzate ad agire a nome di tutta lOrtodossia,
bens e solamente a nome proprio, restando sempre nel quadro normativo
e magistrale dei concili ecumenici. Ciononostante, lesistenza di chiese
giuridicamente indipendenti in antichit come in epoca contem-
poranea non vuol affatto suggerire che tra esse esistano dinamiche
polarizzanti o divisorie, bens enfatizza appunto la loro reciprocit, la
loro convergenza e consustanzialit spirituale. La formazione di chiese
autocefale e autonome corrisponde al bisogno di offrire unadeguata
cura pastorale ai cristiani di determinati territori geografici, ragione per
il quale stato in diversi momenti dalla storia assegnato loro questo sta-
tus giuridico particolare. Si tratta di un principio canonico che applica
i can. 17 del IV concilio ecumenico (Lordinamento delle parrocchie
ecclesiastiche segua le circoscrizioni civili e pubbliche) e 38 del sinodo
Trullano, prescrizioni che non solo non impediscono, anzi suggeriscono
la corrispondenza tra le istituzioni civili e le strutture ecclesiastiche4.
4
Lassenza di un corpus canonicum oltre a quello stabilito dal concilio Trullano e
dal Synodicon ha spinto qualcuno a parlare addirittura di subordinazione delle chiese
bizantine alla lex imperiale e alla legislazione statale. vero, come nota J. Meyendorff,
che in Oriente, pi che in Occidente, i cristiani si lasciavano alla cura benevola, e in
linea di principio, cristiana degli imperatori (Meyendorff 1984, 99), mentalit che
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sopravvive anchoggi nel modello delle chiese nazionali. Ad ogni modo, gli ordinamenti
canonici non devono essere visti come un sistema immobile e immutabile chiuso in s,
dipendente soltanto dalle circostanze politiche. Il can. 17 del IV concilio ecumenico,
nonch la prassi canonica ortodossa moderna dimostra che il diritto ecclesiastico
stato applicato con flessibilit e variet (come ad es. nel caso citato dellerezione delle
chiese autocefale e autonome). Dal punto di vista teologico ci significa che non bisogna
procedere a indottrinamenti sulle forme esterne del governo della chiesa, ma separare le
prescrizioni di ordine amministrativo (che sono modificabili) da quelle concernenti la fede
(che rimangono immodificabili). I canoni possono, quindi, essere rinnovati e aggiornati
anche nel loro contenuto, come ha sostenuto lattuale patriarca ecumenico Bartolomeo
(Archondonis 1970, 19-21). Come nota il dogmatologo N. Matsoukas, oggi pi che mai
bisogna pensare allaggiornamento dei sacri canoni per essere in grado di confrontarsi
con un mondo nuovo e con diverse perplessit (Matsoukas 19882, 407-408).
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altres, sulla natura conciliare della chiesa poggia sul suo presentarsi
come corpo (il cui capo Cristo, che istituisce la chiesa secondo i Cor
12,27) e comunione (guidata dallo Spirito, che costituisce listituzione
della Chiesa).
Dunque, per lOrtodossia un sinodo non un evento straordinario
che si inserisce dallesterno nella vita ecclesiale, n tantomeno un raduno
tecnico di esperti dellarte teologica. Il Sinodo , sostanzialmente, la
solenne celebrazione dellincontro del corpo dei fedeli nel loro insie-
me con il Creatore, che aggiorna profeticamente la forza vivificante e
santificante del Vangelo in ogni epoca e luogo. In un certo senso, lintera
Chiesa un Concilio perpetuo disperso nello spazio e nel tempo
(Evdokimov 1966, 282).
Sebbene un Concilio di tutte le chiese possa essere convocato anche
in circostanze straordinarie per affrontare problematiche urgenti, esso
rispecchia la normalit (e normativit) della vita ecclesiale. Il teologo
francese Clment spiega che i grandi concili ecumenici non si riuniscono,
com noto, come imprese di reciproche congratulazioni, bens in situa-
zioni tragiche e per rispondere a precise minacce tese a compromettere
tale o talaltro aspetto della verit (Clment 1973, 399). per questo che
un sinodo generale e deve essere il continuo cammino (syn-ods)
del popolo di Dio, che estende lunit eucaristica a tutte le espressioni
dellagire cristiano (secondo landate e ammaestrate del Mt 28,19), dal
locale alluniversale, aggregando il mondo alla fede nellunico Dio. Il
teologo greco Panayotis Nellas (1936-1986) scrive: Un Sinodo dei ve-
scovi della Chiesa Ortodossa Cattolica nelle persone dei vescovi delle
chiese locali , nella sua sostanza, un atto liturgico. Come nella divina
liturgia si costituisce e si rivela, nel contesto di una comunit concreta,
la chiesa locale, cos nel Sinodo, in cui tutte le chiese locali si incontrano
e camminano insieme, si costituisce e si rivela la chiesa universale (Nel-
las 2015, 8). Se, quindi, la sinodalit la norma che custodisce la verit
ecclesiale a livello locale, lo deve essere anche sul piano panortodosso (e,
nel rispetto di certe condizioni, pancristiano), per il bene delluniversitas
christianorum.
5
Per il principio canonico uneucaristia un vescovo si vedano i can. 8 del I
concilio ecumenico e 12 del IV concilio ecumenico.
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Analoghe sono le prescrizioni del can. 9 del concilio di Ancira, dei can. 9, 12 e 19
del concilio di Antiochia e del can. 2 del II concilio ecumenico.
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7
Cfr. i can. 9 e 17 del IV concilio ecumenico, che offrono al Patriarcato di
Costantinopoli la facolt di accogliere appelli anche di sacerdoti di diocesi non di sua
diretta giurisdizione. Inoltre, sulla base del can. 28 del medesimo concilio il Patriarcato
ecumenico ritiene oggi di poter esercitare la propria giurisdizione (creazione di diocesi,
elezione di vescovi) sulla cosiddetta diaspora ortodossa (Europa occidentale, America,
Asia ecc.), ovvero sulle comunit ecclesiastiche non appartenenti al territorio canonico
delle altre chiese autocefale.
8
Y. Spiteris ritiene che lecclesiologia bizantina fu in gran parte rimpiazzata dai
principi politici e dalla sua dipendenza dal diritto civile. Per un bizantino talmente
evidente che il primato nella Chiesa derivi dallautorit imperiale e non dallapostolo
Petro []. I bizantini hanno preso coscienza della struttura collegiale della Chiesa a
partire dalla realt politico-religiosa dentro la quale era radicata e inculturata la loro
Chiesa (Spiteris 2015, 127-130). Bisogna, per, riconoscere che i bizantini non erano
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La Chiesa ortodossa, nella sua unit e cattolicit, la chiesa dei concili, se-
condo il Concilio degli Apostoli a Gerusalemme (At 15, 5-29), fino ad oggi. La
chiesa per se stessa concilio, istituito da Cristo e guidato dallo Spirito Santo, in
accordo con le parole apostoliche: Abbiamo deciso, lo Spirito Santo e noi (At
15,28). Attraverso i concili ecumenici e locali, la Chiesa ha annunciato e continua
ad annunciare il mistero della santa Trinit, che si stato rivelato per mezzo
dellincarnazione del Figlio e Logos di Dio. Lattivit sinodale continua nella storia
ininterrottamente con i concili posteriori, di valore universale, come ad esempio
il (879-880) indetto al tempo di Fozio il Grande, patriarca di Costantinopoli e i
Grandi Sinodi, convocati al tempo di sotto san Gregorio Palamas (1341, 1351,
1368), attraverso i quali venne confermata la stessa verit di fede []. Inoltre
attraverso il Santo e Grande Concilio di Costantinopoli del 1484 convocato per
confutare il concilio unionista di Firenze (1438-1439), i concili degli anni 1638,
1642, 1672 e 1691 per confutare le dottrine protestanti, e quello dellanno 1872
per la condanna delletnofiletismo come eresia ecclesiologica (Enciclica, 3)
del tutto indifferenti ai canoni e avevano composto importanti decreti sinodali di origine
puramente ecclesiastica (Meyendorff 1984, 99-101).
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9
Storicamente e nel contesto della chiesa unita e indivisa i decreti conciliari erano
vincolanti e esigevano laccettazione da parte della base ecclesiale. Il IV concilio ecumenico
si svolto senza la presenza della delegazione del patriarcato di Antiochia, ma ci non ha
impedito esso dallessere riconosciuto nella coscienza generale come ecumenico. Le
cose sono cambiate da quando, nel secondo millennio, il popolo bizantino non accett il
decreto di unione del concilio di Firenze (1439); fu il primo caso di esercizio del consenso
generale labolizione formale del decreto unionistico di Firenze avvenne in un concilio
costantinopolitano tenutosi nel 1484.
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Il principio di voto per maggioranza stato riservato soltanto alle votazioni interne
delle rappresentanze delle chiese locali. Il voto dei testi al Sinodo di una Chiesa e non
di un suo membro, non esclude la possibilit per uno o pi gerarchi di una delegazione
di una particolare Chiesa autocefala di prendere una posizione negativa nei confronti
delle modifiche introdotte o su un teso in generale. Il disaccordo dovr essere registrato
nel verbale del Sinodo; la valutazione di tale disaccordo un affare interno della Chiesa
alla quale appartengono i gerarchi. La Chiesa pu votare secondo il principio della
maggioranza interna; Regolamento, art. 12, 2-3).
11
In questo specifico senso della convergenza e rappresentanza di tutta la Chiesa
andrebbe, a nostro parere, interpretata laffermazione di Zizioulas secondo cui un concilio
ecumenico non unautorit al di sopra delle Chiese locali e che nessun sinodo pu
intervenire nelle cose interne della Chiesa locale (Zizioulas s.d.).
12
Alla base della questione sullautorit e ricezione dei concili ecumenici vi una
specifica visione ecclesiologica. Una certa corrente si rif allidea di sobornost, proposta
nella seconda met del sec. XIX dal filosofo e teologo russo A. Chomjakov, termine che
indica che la chiesa ontologicamente una comunit radunata e perci si distingue
sostanzialmente sia dallistituzionalismo cattolico-romano (la chiesa intesa come societas
prefecta) sia dallindividualismo protestante (salvezza per meriti individuali). Chomjakov
voleva superare la dialettica tra chiesa visibile e chiesa invisibile, tra chiesa istituzionale
e chiesa carismatica. La chiesa-in-raduno suggerisce un ethos, un modo di vivere in
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libert e amore, che relativizza la necessit di istituzioni esterne come garanti dellunit
ecclesiale. La chiesa di Chomjakov gi unita, nella misura in cui essa si rivela come
assemblea, per cui non necessita pi di sollecitazioni esterne-giuridiche (episcopato,
primato, concili ecumenici), bens soltanto del consenso dei fedeli. Un secolo pi tardi,
N. Afanassieff ha rielaborato lidea del sobornost dandovi un orientamento meno
idealistico. Per Afanassieff la Chiesa si rivela nelleucaristia, che concretizza il raduno di
tutti i battezzati in Cristo. La comunit eucaristica non una parte, una porzione
o unespressione particolare della chiesa universale; essa a pieno diritto la Chiesa
universale, mediante la comunione nellunico corpo di Cristo. Il teologo russo faceva
riferimento allassioma di Ignazio di Antiochia secondo cui dove compare il vescovo,
l la comunit e laddove Cristo, l la Chiesa cattolica (Lettera agli Smirnesi, 8,2).
Nella dottrina dellecclesiologia eucaristica di Afanassieff non esclusa la possibilit
di istituzioni di governo, a condizione, per, che servano lunit della Chiesa e che
presiedano nellamore. Dagli anni 60 in poi il metropolita I. Zizioulas ha fatto una rilettura
dellecclesiologia di Afanassieff, insistendo sulla necessit della presenza di un primo
nella sinassi eucaristica, che diventa inevitabilmente e per divino diritto lelemento
cruciale che effettua la comunione tra le chiese locali (Afanassieff, invece, sosteneva la
sufficienza delleucaristia nel compiere il rapporto tra locale e universale). stato, quindi,
Zizioulas ad apportare lecclesiologia eucaristica ed a formalizzare la necessit del primo
a livello locale, regionale e universale, nellintimit del rapporto sacramentale che lega il
vescovo con Cristo. Per il teologo greco la legittimit di un sinodo sta nel fatto che esso si
realizza per mezzo dei vescovi delle chiese locali, in quanto ad ogni vescovo competono
la potest giurisdizionale (di governo) e sacramentale (diritto di ordinazione). In questa
stessa linea O. Clment attesta che leucaristia che viene a costituire propriamente
la Chiesa come corpo di Cristo, ed grazie ad essa che i fedeli, come dice san Paolo,
sono incorporati a Cristo e che la Chiesa in Cristo [] ed per questo che anche la
pi piccola Chiesa di un qualsiasi luogo [] grazie alla successione apostolica del suo
vescovo, non una semplice parte, una provincia, della Chiesa universale: essa [] una
manifestazione piena della Chiesa una, santa, cattolica e apostolica, come recita il Credo
Niceno-costantinopolitano (Clment 1998, 10). Spesso lecclesiologia eucaristica stata
impiegata per contrapporsi alla cosiddetta ecclesiologia universalistica cattolica, che
si concentrata sulle prerogative universali del vescovo di Roma. Il concilio di Creta ha
ribadito che la santa eucaristia costituisce il nucleo pi interno anche del funzionamento
conciliare del corpo ecclesiale (Enciclica, epilogo).
13
B. Petr ha categorizzato le due scuole di pensiero concernenti la ricezione
dei concili ecumenici, registrando la diversit tra chi (P. Evdokimov, N. Nissiotis, N.
Matsoukas, G. Mantzaridis) enfatizza, con diverse accentuazioni, il criterio del consensus
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fidelium come parte integrante del processo della ricezione formale di un concilio e chi,
invece, (St. Charkianakis, I. Zizioulas, K. Ware) sostiene lidea del potere normativo e
dellautorit morale dei concili (Petr 2010, 135-148).
14
Nella versione greca del testo leggiamo che le decisioni conciliari hanno un
rigore panortodosso ( ); nella versione francese
che elle portent une autorit panorthodoxe e nella versione inglese: [the Councils
signed decisions] possessing pan-Orthodox authority. Analoghe sono le diciture in
russo e in arabo.
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Dimitrios Keramidas
Facolt di Teologia
Pontificia Universit San Tommaso dAquino Angelicum, Roma
d_keramidas@yahoo.gr
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