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La sinodalit nella Chiesa Ortodossa allindomani

del concilio di Creta


Prospettive e questioni aperte
di Dimitrios Keramidas

The Synodality in the Orthodox Church after Council of Crete. Prospectives and outstand-
ing problems

The article studies the understanding of synodality within the Orthodox Church in the
light of the existing theological tradition, namely the concept of Eucharistic conciliarity
and the role of the Bishop in guarantying the Churchs unity, at a local and universal
level. It focuses on the magisterial authority of the Orthodox Council of Crete and its
reception by the Orthodox pleroma: reception through a general consensual procedure
or immediate acceptance of the Councils teachings through communional integration
in Churchs life.

Keywords: Orthodoxy, sinodality, eucharistic, reception, consensus

Sommario: 1. La sinodalit nellOrtodossia: aspetti canonico-teologici. 2. Una conciliarit eucaristi-


ca. 3. Conciliarit e governo ecclesiastico. 4. Il Sinodo panortodosso di Creta: autorit e ricezione.

Il Sinodo Ortodosso di Creta (giugno 2016) stato un importante


evento per lOrtodossia contemporanea e, in un certo senso, per il mondo
cristiano. I lavori dellassise hanno interessato temi relativi ai rapporti tra
le chiese ortodosse, allimpostazione delle relazioni formali con gli altri
cristiani, alla riconsiderazione della missione dellOrtodossia nel mondo
di oggi e allaggiornamento di alcuni precetti canonici concernenti il di-
giuno e il matrimonio1. La novit, per cos dire, della celebrazione di
un concilio di tutta la Chiesa Ortodossa dopo circa mille anni ci permette

1
I documenti approvati e sottoscritti dal Concilio sono stati: lEnciclica del Santo e
Grande Concilio della Chiesa Ortodossa; il Messaggio del Santo e Grande Concilio della
Chiesa Ortodossa; Limportanza del digiuno e la sua osservanza oggi; Le relazioni della
Chiesa Ortodossa con il resto del mondo cristiano; LAutonomia e la modalit della sua
proclamazione; La diaspora ortodossa; Il sacramento del matrimonio e i suoi impedimenti;
La missione della Chiesa Ortodossa nel mondo contemporaneo.

QUADERNI DI DIRITTO E POLITICA ECCLESIASTICA / n. 1, aprile 2017


162 DIMITRIOS KERAMIDAS

di avvalerci di esso come spunto per comprendere meglio la funzione


attuale della sinodalit allinterno dellOrtodossia, in rapporto agli scenari
ecumenici del XXI secolo (alla luce, tra laltro, dellultimo documento
cattolico-ortodosso sul primato e la conciliarit).
Questo studio ricorder, quindi, alcuni aspetti propri della teologia
ortodossa conciliare ( 1-3), per passare, poi, allesame dellautorit
canonico-morale dellassise di Creta ( 4). Siamo certamente consapevoli
di essere di fronte ad un complesso dibattito appena iniziato che ha gi
suscitato variegate reazioni nel mondo ortodosso2 e non solo. Perci non
si ha qui la pretesa di dare un giudizio globale o definitivo sullapporto
effettivo del concilio alle tematiche che ha voluto ufficializzare (sar la
dialettica post-sinodale ad indicarcelo). Il nostro intento, piuttosto,
quello di fare una prima sintesi ermeneutica personale aperta anche ad
altri apporti che possa favorire un migliore approfondimento di questo
evento da parte di un pubblico sensibile alle vicende ecumeniche. Per
far ci ci serviremo dei documenti conciliari e degli interventi di alcuni
ecclesiastici e teologi (appartenenti, quasi esclusivamente, allOrtodossia
ellenofona) che, in un modo o laltro, hanno offerto alla problematica la
loro particolare prospettiva teologica e visione pastorale.

1. La sinodalit nellOrtodossia: aspetti canonico-teologici

Per Chiesa Ortodossa si intende linsieme delle chiese ortodosse


locali (autocefale e autonome)3 unite tra loro: a) nella professione del

2
Cfr. ad es. il comunicato del Santo Sinodo del Patriarcato di Mosca del 16 luglio
2016 (che ha considerato il concilio di Creta un momento significativo del cammino
presinodale, ma non un vero e proprio Sinodo pan-ortodosso) e quelli del Patriarcato di
Romania (11 settembre 2016) e della Chiesa di Grecia (23 e 24 novembre 2016), redatti con
lintenzione di favorire lintegrazione delle decisioni conciliari nella vita ecclesiale locale.
3
Una chiesa autocefala gode di piena indipendenza giuridica ed governata da un
primate che presiede il relativo sinodo. Una chiesa autonoma gode di relativa indipendenza,
in quanto continua a dipendere da una chiesa madre, pur avendo anchessa un suo
primate che presiede il sinodo locale. Lo status giuridico di autocefalia stato attribuito,
in diversi periodi storici, alle chiese ortodosse di: Russia; Serbia; Romania; Bulgaria;
Georgia; Grecia; Polonia; Albania; Rep. Ceca e Slovacchia, che unitamente ai patriarcati
storici di Costantinopoli, Alessandria, Antiochia e Gerusalemme formano linsieme
dellOrtodossia. Invece, lo status giuridico di autonomia riconosciuto per le chiese di:
Finlandia; Estonia (auton. dal 1923 sotto il patriarcato ecumenico ma non riconosciuta
dalla chiesa di Russia); Giappone (auton. dal 1970 sotto il patriarcato di Mosca e dal 2007,
ma non riconosciuta dal patriarcato ecumenico). Questa geografia ecclesiastica nata, da
un lato, come portato della modernit (emersione degli Stati nazionali) e della presenza
della cosiddetta diaspora ortodossa e, dallaltro, dal bisogno di affidare alla gerarchia
di una specifica eparchia ecclesiastica unindipendenza amministrativa, affinch potesse
meglio occuparsi della cura pastorale del proprio gregge. Al Santo e Grande Sinodo del
2016 hanno partecipato soltanto le chiese autocefale e non quelle autonome.
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medesimo credo, stabilito dai sette Concili ecumenici del primo millennio
e nella condivisione dello stesso patrimonio spirituale, liturgico e dottri-
nale, in accordo con lo spirito dei Padri della Chiesa (consensum patrum),
che hanno interpretato autenticamente le fede apostolica contenuta
nella Sacra Scrittura; b) nella comunione sacramentale; e c) nel vincolo
canonico (detto anche ordine ecclesiastico), ovvero nel riconoscimento
della gerarchia ecclesiastica di ogni chiesa locale.
A sua volta, ogni chiesa ortodossa locale: a) eretta sulla base del
principio di territorialit (una chiesa esiste in uno specifico territorio
geografico); e b) gode, al suo interno, di unautonomia pastorale e di go-
verno, pur senza poter estendere la propria autorit al di fuori dei confini
giurisdizionali ad essa assegnati (si veda il can. 2 del I concilio ecumenico,
can. 8 del III concilio ecumenico, can. 5 del IV concilio ecumenico, can.
14 e 35 degli cosiddetti canoni apostolici, can. 9 del concilio di Ancira
e can. 22 del concilio di Antiochia).
Peraltro, una chiesa locale vincolata dal principio di sinodalit per
ci che concerne la proclamazione di nuovi dogmi, lapplicazione di
norme disciplinari e lesercizio di pratiche pastorali stabilite a livello pa-
nortodosso (ad esempio lammissione o meno delle donne al sacerdozio,
le seconde nozze dei sacerdoti, i rapporti con i non ortodossi eccetera).
Perci, una chiesa locale non pu introdurre nuove dottrine e stabilire
regolamenti disciplinari diversi da quelli decretati dai concili ecumenici o
generali (ad esempio sul digiuno e i matrimoni misti). Di conseguenza, le
chiese locali non sono autorizzate ad agire a nome di tutta lOrtodossia,
bens e solamente a nome proprio, restando sempre nel quadro normativo
e magistrale dei concili ecumenici. Ciononostante, lesistenza di chiese
giuridicamente indipendenti in antichit come in epoca contem-
poranea non vuol affatto suggerire che tra esse esistano dinamiche
polarizzanti o divisorie, bens enfatizza appunto la loro reciprocit, la
loro convergenza e consustanzialit spirituale. La formazione di chiese
autocefale e autonome corrisponde al bisogno di offrire unadeguata
cura pastorale ai cristiani di determinati territori geografici, ragione per
il quale stato in diversi momenti dalla storia assegnato loro questo sta-
tus giuridico particolare. Si tratta di un principio canonico che applica
i can. 17 del IV concilio ecumenico (Lordinamento delle parrocchie
ecclesiastiche segua le circoscrizioni civili e pubbliche) e 38 del sinodo
Trullano, prescrizioni che non solo non impediscono, anzi suggeriscono
la corrispondenza tra le istituzioni civili e le strutture ecclesiastiche4.

4
Lassenza di un corpus canonicum oltre a quello stabilito dal concilio Trullano e
dal Synodicon ha spinto qualcuno a parlare addirittura di subordinazione delle chiese
bizantine alla lex imperiale e alla legislazione statale. vero, come nota J. Meyendorff,
che in Oriente, pi che in Occidente, i cristiani si lasciavano alla cura benevola, e in
linea di principio, cristiana degli imperatori (Meyendorff 1984, 99), mentalit che
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Non , quindi, un caso che gli ortodossi amino definirsi la chiesa


dei sette concili ecumenici (Ware 17passim) e non hanno mai smesso
di richiamare, con un certo orgoglio, la loro coscienza sinodale quale
tratto distintivo della propria identit, del loro essere e agire ecclesiale.
Per la Chiesa Ortodossa la conciliarit appartiene alla tradizione vetero-
ecclesiale e si trova espressa nella teologia e nella prassi liturgica pi che
nel diritto. Le origini della conciliarit risalgono allepoca apostolica e
al cosiddetto concilio apostolico di Gerusalemme del 49/50 d.C. (At
15,22), che divent il modello teorico e lindice normativo del successivo
sviluppo del sistema sinodale in Oriente (can. 5 del I concilio ecume-
nico). La realizzazione sinodale dellessere ecclesiale si fonda, quindi,
almeno nella percezione ortodossa, su dei principi teologici precisi,
senza i quali non pu esistere la chiesa in quanto una e cattolica.
Una chiesa priva di una mentalit unitaria tende a privilegiare unetica
di stampo individualistico, mentre senza la pienezza (cattolicit) della-
gire comunionale la fede diventa fragile soggetta ai diversi interessi
e visioni individuali, corporativi e secolari. In fondo, lannuncio del
Vangelo di Cristo non viene a soddisfare le esigenze dellintelletto umano
e le opinioni di alcuni dotti (teologi o gerarchi), bens si affida alla guida
della Chiesa dallo Spirito. Lo enfatizza bene il metropolita di Pergamo
Ioannis Zizioulas: La sinodalit espressione dellunit e comunione
delle Chiese locali tra loro nellunicit della Chiesa [...]. La sinodalit
non deve condurre in nessun modo allistituzione del sinodo come se
si trattasse di una struttura al di sopra delle Chiese locali. Pertanto,
secondo il prelato greco, il sinodo non esercita unautorit al di sopra
delle Chiese locali, ma un organo di espressione del consenso e della
sinfonia delle Chiese locali; un punto di convergenza di tutti (Zizioulas
s.d.). Una sinodalit cos intesa interessa tutti gli ambiti del governo e
vita ecclesiale (dottrina, etica, pastorale, organizzazione ecclesiastica,
disciplina) nel tempo e nello spazio, in modo da garantire che la chie-
sa rimanga sempre una nello stesso luogo (At 2,1). La convinzione,

sopravvive anchoggi nel modello delle chiese nazionali. Ad ogni modo, gli ordinamenti
canonici non devono essere visti come un sistema immobile e immutabile chiuso in s,
dipendente soltanto dalle circostanze politiche. Il can. 17 del IV concilio ecumenico,
nonch la prassi canonica ortodossa moderna dimostra che il diritto ecclesiastico
stato applicato con flessibilit e variet (come ad es. nel caso citato dellerezione delle
chiese autocefale e autonome). Dal punto di vista teologico ci significa che non bisogna
procedere a indottrinamenti sulle forme esterne del governo della chiesa, ma separare le
prescrizioni di ordine amministrativo (che sono modificabili) da quelle concernenti la fede
(che rimangono immodificabili). I canoni possono, quindi, essere rinnovati e aggiornati
anche nel loro contenuto, come ha sostenuto lattuale patriarca ecumenico Bartolomeo
(Archondonis 1970, 19-21). Come nota il dogmatologo N. Matsoukas, oggi pi che mai
bisogna pensare allaggiornamento dei sacri canoni per essere in grado di confrontarsi
con un mondo nuovo e con diverse perplessit (Matsoukas 19882, 407-408).
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altres, sulla natura conciliare della chiesa poggia sul suo presentarsi
come corpo (il cui capo Cristo, che istituisce la chiesa secondo i Cor
12,27) e comunione (guidata dallo Spirito, che costituisce listituzione
della Chiesa).
Dunque, per lOrtodossia un sinodo non un evento straordinario
che si inserisce dallesterno nella vita ecclesiale, n tantomeno un raduno
tecnico di esperti dellarte teologica. Il Sinodo , sostanzialmente, la
solenne celebrazione dellincontro del corpo dei fedeli nel loro insie-
me con il Creatore, che aggiorna profeticamente la forza vivificante e
santificante del Vangelo in ogni epoca e luogo. In un certo senso, lintera
Chiesa un Concilio perpetuo disperso nello spazio e nel tempo
(Evdokimov 1966, 282).
Sebbene un Concilio di tutte le chiese possa essere convocato anche
in circostanze straordinarie per affrontare problematiche urgenti, esso
rispecchia la normalit (e normativit) della vita ecclesiale. Il teologo
francese Clment spiega che i grandi concili ecumenici non si riuniscono,
com noto, come imprese di reciproche congratulazioni, bens in situa-
zioni tragiche e per rispondere a precise minacce tese a compromettere
tale o talaltro aspetto della verit (Clment 1973, 399). per questo che
un sinodo generale e deve essere il continuo cammino (syn-ods)
del popolo di Dio, che estende lunit eucaristica a tutte le espressioni
dellagire cristiano (secondo landate e ammaestrate del Mt 28,19), dal
locale alluniversale, aggregando il mondo alla fede nellunico Dio. Il
teologo greco Panayotis Nellas (1936-1986) scrive: Un Sinodo dei ve-
scovi della Chiesa Ortodossa Cattolica nelle persone dei vescovi delle
chiese locali , nella sua sostanza, un atto liturgico. Come nella divina
liturgia si costituisce e si rivela, nel contesto di una comunit concreta,
la chiesa locale, cos nel Sinodo, in cui tutte le chiese locali si incontrano
e camminano insieme, si costituisce e si rivela la chiesa universale (Nel-
las 2015, 8). Se, quindi, la sinodalit la norma che custodisce la verit
ecclesiale a livello locale, lo deve essere anche sul piano panortodosso (e,
nel rispetto di certe condizioni, pancristiano), per il bene delluniversitas
christianorum.

2. Una conciliarit eucaristica

Nella celebrazione eucaristica lOrtodossia ha, quindi, avvertito la


raffigurazione visibile della sua articolazione conciliare: il vescovo cele-
brante, i presbiteri, i diaconi e i laici, in qualit, rispettivamente, di testa
e corpo celebrano in concordia la loro unit spirituale. Lethos (modo di
vivere, di agire, di pensare) eucaristico, per, deve essere condiviso con
tutti, anche se funzionalmente esercitato dal vescovo, il quale diventa
cos icona di questunit relazionale e comunionale della chiesa (episcopus
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in ecclesia, et ecclesia in episcopo)5. La riflessione teologica ortodossa ha


enfatizzato le fondamenta episcopali della sinodalit. Nelleucaristia vi
deve essere sempre uno che offra e ringrazi in qualit di presidente della
sinassi (Yannaras 1983, 210). Nondimeno, compito dei vescovi rappre-
sentare nelle assemblee conciliari la propria testimonianza in conformit
con il vivere e lesperienza di fede del pleroma ecclesiale, altrimenti il
concilio perde la sua ecclesialit e rischia di trasformarsi in latrocinio.
Come il vescovo presiede alla comunit locale e non pu celebrare uneu-
caristia valida senza il popolo (in fin dei conti, lassemblea eucaristica
che delega un vescovo ad agire come tale), cos chi partecipa ad un
concilio deve sempre agire con laccordo dei molti della sua comunit.
La centralit della conciliarit eucaristica-episcopale domina, cos, la
riflessione ecclesiologica ortodossa, dal locale alluniversale:
a) dapprima, allinterno delle comunit ecclesiastiche locali;
b) successivamente, nella dinamica di apertura e di comunione che
regola i rapporti tra le chiese locali;
c) infine, sul piano della pi elevata autorit, che quello dei concili
ecumenici.
Per meglio capire questo movimento conciliare occorre richiamare
di nuovo la natura sacramentale della conciliarit. Ebbene, la chiesa locale
annuncia e vive la verit del Vangelo; questo suo vivere la pienezza della
Verit che la spinge, poi, ad aprirsi alle altre chiese locali, unapertura
che accompagna (syn-odos) tutti verso lunica testimonianza del Vangelo.
Poich, per, lautorit del vescovo scaturisce non al di fuori della chiesa,
bens dal suo presiedere leucaristia, si potrebbe dedurre che una parit
ontologica esiste tra le chiese locali, in quanto tutte le eucaristie sono
ugualmente legittime (non esiste uneucaristia pi valida di unaltra, una
diocesi che gode pi dignit sacramentale di unaltra) e che tutti i vescovi
godono la stessa dignit sacramentale. Parimenti, tramite la conciliarit
la Chiesa universale (ovvero la chiesa di tutti, che sparsa nellecumene)
professa solennemente e magistralmente la fede, rafforzando la propria
unit a livello universale. Perci, pi debole risulta lapplicazione della
sinodalit pi si perde di vista lorizzonte universale del Vangelo e meno
un concilio si rivela per ci che realmente : il radunarsi dei fedeli nello
stesso luogo, il riunirsi di tutti attorno alla retta fede, il prevalere delles-
sere-in-raduno (ecclesia) su tutte le forze che frantumano la visione di Dio.
Il patriarca ecumenico Bartolomeo, nel suo discorso inaugurale al
concilio di Creta, notava a proposito che latrofia dellistituzione sinodale
a un livello panortodosso contribuisce allo sviluppo di un sentimento
di autosufficienza allinterno delle singole chiese, e a volte asseconda
tendenze introspettive e autoreferenziali cio a un senso di non ho

5
Per il principio canonico uneucaristia un vescovo si vedano i can. 8 del I
concilio ecumenico e 12 del IV concilio ecumenico.
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bisogno di te (Bartolomeo 2016). Quindi, le idee dei singoli e le opi-


nioni individuali trovano una ratifica conciliare soltanto nella misura in
cui acquisiscono una valenza vincolante per il corpo ecclesiale (can. 6
del II concilio ecumenico).
In definitiva, soltanto un concilio generale o ecumenico canonica-
mente convocato (vale a dire, che raduna tutte le chiese in comunione
tra loro) ha lautorit di definire i limiti tra ortodossia ed eresia che
si tratti di vecchie divergenze o di nuove dispute di applicare sanzioni
disciplinari e di stabilire atteggiamenti comuni. Nessun membro singolo
della chiesa (se anche appartiene alla gerarchia ecclesiastica o gode di
un elevato prestigio intellettuale) ha lautorit di definire unaltra Chiesa
eretica o scismatica e interrompere la comunione con essa, senza
una previa sanzione comune vale a dire sinodale sancita in seno della
chiesa cattolica. Solo un concilio composto dai primati e i vescovi di
tutte le chiese locali (o perlopi da una rappresentanza episcopale in
grado di garantire la volont delle chiese locali) in comunione tra loro
ha il potere di definire i confini della Chiesa: quelli carismatici-dottrinali
(ovvero di fede) unitamente a quelli visibili-canonici (della comunione
sacramentale con gli altri).

3. Conciliarit e governo ecclesiastico

Ora, lOrtodossia richiama spesso il valore normativo del can.


apostolico 34 per indicare linterazione funzionale e linterdipendenza
relazionale (e giuridica) tra il primo di un sinodo e gli altri membri che lo
compongono. Il canone esorta: I vescovi di ciascuna nazione [territorio]
devono conoscere il loro primo [in gr. prtos] e seguirlo come capo e non
fare nulla senza il suo parere; ciascuno di essi pu fare solo ci che la sua
parrocchia e i territori ad essa suddetti prescrivono. Ma neanchegli [il
primo] non pu fare niente senza il parere di tutti6. Questo principio
trova nella SS. Trinit il suo fondamento teorico: Cos ci sar concordia
e sar glorificato Dio tramite il Signore nello Spirito Santo: il Padre e
il Figlio e lo Spirito Santo. Da ci deriva inevitabilmente che dove c
sinodo (sul modello dellipostasi della comunione della Trinit), l c
primato (paternit) e dove c primato, l c sinodo.
imprescindibile, dunque, riconoscere il primo dellassise conci-
liare e, in questo senso, non previsto alcun tipo di co-presidenza o di
co-primato e nessuna forma di conciliarismo, perch non esistono due
Padri nella Trinit, bens solo uno.

6
Analoghe sono le prescrizioni del can. 9 del concilio di Ancira, dei can. 9, 12 e 19
del concilio di Antiochia e del can. 2 del II concilio ecumenico.
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Spiega a proposito Zizioulas: Il primato, come tutto il resto nella


Chiesa, perfino lessere di Dio (la Trinit) relazionale [...]. Questo
esattamente ci che il ben noto canone 34 degli Apostoli afferma chiara-
mente ed esplicitamente [...] che occorre che il primo sia una condizione
sine qua non per listituzione sinodale e quindi [] una necessit ecclesio-
logica e che, analogicamente, il sinodo un prerequisito per lesercizio
del primato (Zizioulas 2004, 260-261).
La formulazione storica in Oriente della struttura conciliare attorno a
centri di primato ha avuto unevoluzione alquanto peculiare. Dapprima,
con i can. VI e VII del primo concilio ecumenico furono riconosciuti i
centri di Roma, Alessandria, Antiochia e Gerusalemme. Con i can. 2 e 3
del II concilio ecumenico fu stabilito che il vescovo di Costantinopoli
avr il primato donore dopo il vescovo di Roma, perch tale citt la
nuova Roma.
Successivamente, il can. 28 del IV concilio ecumenico decret le
stesse cose riguardo i privilegi della chiesa di Co/poli, ed ha dato vita al
sistema della cosiddetta pentarchia le cinque grandi sedi ecclesiastiche
dellecumene cristiana: Roma, Costantinopoli, Alessandria, Antiochia,
Gerusalemme. Non difficile intuire che il prestigio della chiesa costan-
tinopolitana fu avvantaggiato dal fatto di essere la chiesa imperiale per
eccellenza, dal suo identificarsi con il territorium bizantino (il ben noto
modello del cesaropapismo, che sopravvive tuttora nel mondo ortodosso
sotto diverse forme e accentuazioni ideologiche nel contesto delle chiese
autocefale nate tra lOttocento e il Novecento, ove il concetto di etnia
sta alla base dellidentit di queste chiese). Nonostante ci la concezione
del primato in Oriente (generalmente noto come primato donore)7
stato ratificato sinodalmente, cio per consensus ecclesiae.
evidente che linfluenza di fattori extra-ecclesiastici giov nellO-
riente del primo millennio al governo universale della chiesa. Si visto
come i canoni antichi avessero consacrato la possibilit della corrispon-
denza tra i modelli del governo ecclesiastico e quelli civili8. Cos, il sistema

7
Cfr. i can. 9 e 17 del IV concilio ecumenico, che offrono al Patriarcato di
Costantinopoli la facolt di accogliere appelli anche di sacerdoti di diocesi non di sua
diretta giurisdizione. Inoltre, sulla base del can. 28 del medesimo concilio il Patriarcato
ecumenico ritiene oggi di poter esercitare la propria giurisdizione (creazione di diocesi,
elezione di vescovi) sulla cosiddetta diaspora ortodossa (Europa occidentale, America,
Asia ecc.), ovvero sulle comunit ecclesiastiche non appartenenti al territorio canonico
delle altre chiese autocefale.
8
Y. Spiteris ritiene che lecclesiologia bizantina fu in gran parte rimpiazzata dai
principi politici e dalla sua dipendenza dal diritto civile. Per un bizantino talmente
evidente che il primato nella Chiesa derivi dallautorit imperiale e non dallapostolo
Petro []. I bizantini hanno preso coscienza della struttura collegiale della Chiesa a
partire dalla realt politico-religiosa dentro la quale era radicata e inculturata la loro
Chiesa (Spiteris 2015, 127-130). Bisogna, per, riconoscere che i bizantini non erano
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sinodale rimasto un fondamentale e sostanziale modo dellespressione e


del governo della chiesa, non soltanto nel contesto dei concili ecumenici,
ma anche nellininterrotta funzione istituzionale e amministrativa del
corpo ecclesiastico, in senso locale come in senso ecumenico, mentre i
fattori esterni hanno svolto un ruolo importante, motivando la rispettiva
formazione della dimensione istituzionale e amministrativa della chiesa
(Matsoukas 2005, 426-427). Ora, per, ci si domanda: in che misura il
concilio di Creta riuscito ad agire con libert conciliare e qual stato
il suo vigore morale?

4. Il Sinodo panortodosso di Creta: autorit e ricezione

Il Santo e Grande Sinodo della Chiesa Ortodossa (questa stata


la dicitura ufficiale dellassise) di Creta non aveva lintenzione di essere
un facsimile dei concili ecumenici del primo millennio: infatti, il concilio
non poteva a priori concepirsi come ecumenico, sia per rispetto verso
gli altri cristiani sia perch un concilio diventa effettivamente ecumenico
solo quando recepito a posteriori come tale nella coscienza ecclesiale.
Si trattato piuttosto di un ripristino di questantichissima istituzione,
nella continuit della tradizione conciliare bimillenaria. I padri sinodali
confermavano cos questa persuasione:

La Chiesa ortodossa, nella sua unit e cattolicit, la chiesa dei concili, se-
condo il Concilio degli Apostoli a Gerusalemme (At 15, 5-29), fino ad oggi. La
chiesa per se stessa concilio, istituito da Cristo e guidato dallo Spirito Santo, in
accordo con le parole apostoliche: Abbiamo deciso, lo Spirito Santo e noi (At
15,28). Attraverso i concili ecumenici e locali, la Chiesa ha annunciato e continua
ad annunciare il mistero della santa Trinit, che si stato rivelato per mezzo
dellincarnazione del Figlio e Logos di Dio. Lattivit sinodale continua nella storia
ininterrottamente con i concili posteriori, di valore universale, come ad esempio
il (879-880) indetto al tempo di Fozio il Grande, patriarca di Costantinopoli e i
Grandi Sinodi, convocati al tempo di sotto san Gregorio Palamas (1341, 1351,
1368), attraverso i quali venne confermata la stessa verit di fede []. Inoltre
attraverso il Santo e Grande Concilio di Costantinopoli del 1484 convocato per
confutare il concilio unionista di Firenze (1438-1439), i concili degli anni 1638,
1642, 1672 e 1691 per confutare le dottrine protestanti, e quello dellanno 1872
per la condanna delletnofiletismo come eresia ecclesiologica (Enciclica, 3)

Vediamo qui la riconferma dellidea che le Chiesa un concilio gui-


dato dallo Spirito Santo e noi e che la prassi conciliare rinnova lunit
e cattolicit (ossia luniversalit) ecclesiale. Nellapplicare, intanto, la

del tutto indifferenti ai canoni e avevano composto importanti decreti sinodali di origine
puramente ecclesiastica (Meyendorff 1984, 99-101).
170 DIMITRIOS KERAMIDAS

conciliarit nelle condizioni di oggi stato necessario da un lato tener


conto della nuova geografia ecclesiastica ortodossa e dallaltro assicura-
re lunit tra le ortodossie nazionali per cos dire e lOrtodossia nel
suo insieme. La Chiesa cattolica ortodossa composta da 14 chiese
autocefale locali, riconosciute a livello panortodosso. Il principio della
autocefalia non pu essere invocato per agire a discapito del principio
della cattolicit e dellunit della Chiesa (Enciclica, 5).
Essendo daltronde un sinodo del XXI sec., esso ha avuto il compito
di assumere delle dinamiche e problematiche proprie, alquanto diverse
dalle caratteristiche dei concili del primo millennio. Questultimi erano
stati convocati per risolvere dispute perlopi dottrinali; a Creta, invece,
la preoccupazione maggiore era quella di dare una valida testimonianza
del Vangelo, con sensibilit verso i problemi delluomo e della societ di
oggi: La Chiesa Ortodossa condivide la propria preoccupazione e an-
goscia per lumanit contemporanea rispetto alle fondamentali questioni
che interessano il mondo di oggi (La missione).
Il sinodo stato formalmente indetto dal patriarca ecumenico di
Costantinopoli, Bartolomeo, nella primavera del 2016, in unanime ac-
cordo con tutti i primati delle Chiese ortodosse radunatisi a Chambsy
(Ginevra) nel gennaio 2016. Precedentemente, la Sinassi dei Primati
delle chiese ortodosse a Fanar nel 2014 aveva dato il via libera per la
convocazione del concilio panortodosso nel 2016, assegnando ad una
commissione interortodossa il compito della revisione dei documenti
preconciliari (Keramidas 2015). Il patriarca ecumenico ha quindi di-
chiarato lapertura e la chiusura del concilio, ha presieduto e guidato le
discussioni, ha garantito losservanza del Regolamento, ha coordinato le
sessioni di lavoro, ha officiato la messa inaugurale e quella della chiusura
ed ha siglato, assieme agli altri Primati e padri sinodali, i sei documenti
approvati (Regolamento art. 4, 1; art. 5; art. 8).
Membri del Sinodo sono state tutte le chiese autocefale in comunione
tra loro, rappresentate dai propri primati e da un numero prefissato di
vescovi (24 per ciascuna chiesa, cfr. Regolamento art. 3, 1). Ci potrebbe
indurre qualcuno a pensare che la validit del concilio sia stata intaccata
dalla non partecipazione di tutti i vescovi delle chiese locali o potrebbe
far pensare ad una riduzione dellautorit morale dei vescovi in favore di
una forma di autoritarismo di tipo conciliarista. La domanda, in fondo,
se sia stato rappresentato autenticamente o meno il pensiero, la volont,
lo spirito delle Chiese locali. Ora, dai paragrafi precedenti si evince che:
un concilio ecumenico composto dai successori legittimi degli
Apostoli, che hanno lincarico di osservare lautentica tradizione aposto-
lica e sono vigili e garanti dellunit delle chiese locali sparse nel mondo;
i vescovi-membri di un concilio ecumenico non istituiscono un
organo di governo separato e posto al di sopra della fede ecclesiale,
bens, in qualit di capi visibili dellintero corpo delle proprie chiese,
LA SINODALIT NELLA CHIESA ORTODOSSA ALLINDOMANI DEL CONCILIO DI CRETA 171

esprimono la sensibilit spirituale e il morale delle chiese locali da loro


rappresentate;
un concilio ecumenico nasce prima sul terreno vitale delle chiese
locali per trovare, poi, un appoggio normativo universale.

Prendendo, inoltre, in considerazione che:


a Creta le chiese ortodosse sono state rappresentate dai propri
legittimi Primati;
un congruo numero di vescovi di ogni chiesa locale era presente
in modo da assicurare la maggior rappresentanza possibile delle diverse
opinioni presenti nel corpo dellOrtodossia;
il concilio di Creta stato il frutto di una lunga fase preparatoria
preconciliare avviata circa cinquantanni fa, maturata e portata a termine
grazie al sostegno di tutte le chiese ortodosse;
la convocazione del Sinodo, il Regolamento, lordine del giorno e i
documenti preconciliari e quelli firmati a Creti sono stati approvati con
il consenso di tutti i Primati (Regolamento, art. 1, eccezione fatta per il
documento preconciliare sul matrimonio, che non stato firmato dalla
Chiesa di Georgia, e per il Regolamento non firmato dal Patriarcato di
Antiochia).
Si pu attestare che la mancata compresenza di tutti i vescovi orto-
dossi non ha compromesso n de facto, n de iure il prestigio e lautorit
del Sinodo.
Il potere legislativo del concilio di Creta , quindi, stato ritualmente
esercitato anzitutto dai Primati delle chiese autocefale unitamente ai ve-
scovi delle chiese locali. Costoro, a nome delle loro chiese, hanno avuto
lincarico di esaminare i documenti a loro sottoposti ad referendum, e cio
di procedere alle opportune modifiche e aggiunte, prima di approvarli
e firmarli.
Riguardo al modus operandi del concilio e in particolare allappro-
vazione degli emendamenti stato applicato il criterio dellunanimit.
Lapprovazione dei documenti, dopo la conclusione della loro discus-
sione, si manifesta secondo quanto stabilito in modo panortodosso, attra-
verso il principio dellunanimit di tutte le Rappresentanze delle chiese
Ortodosse autocefale. Ci significa che non sono ammessi gli emenda-
menti che non sono stati approvati allunanimit (Regolamento art. 11).
Ebbene, qui nasce un problema ermeneutico di non poco conto.
NellOrtodossia lautorit di un concilio non si ha ipso iure, bens e soltan-
to mediante laccettazione da parte del pleroma della chiesa. La valenza
normativa e il prestigio morale del Concilio di Creta potrebbero quindi
essere compromessi se non si tratteggiasse un chiaro modo di recezione
dei testi sinodali. Chi e con quali strumenti si potr verificare la legittimit
del Concilio? Chi tra il primo in onore dellOrtodossia (il patriarca
ecumenico), i Primati delle chiese locali, gli organi sinodali delle singole
172 DIMITRIOS KERAMIDAS

chiese, la comunit teologica, linsieme del clero, del mondo monastico


e dei laici, oppure un organo magisteriale che, per, lOrtodossia non
possiede, in assenza di quella lex imperiale, che nel primo millennio dava
ai decreti conciliari forza di legge?9
Bisogna, inoltre, notare che la nozione di consenso generale (con-
sensus fidelium), per quanto fedele ai principi nobili dellunanimit e
concordia ecclesiale, non si riscontra nella prassi degli antichi concili.
Infatti, il can. 6 del I concilio ecumenico riteneva sufficiente il voto
della maggioranza ([che] prevalga lopinione della maggioranza)10.
Ci significa che la ricezione di un concilio ecumenico o generale possa
essere immediata senza essere sottoposta a ulteriori filtri di convalida.
Ciononostante, opinione di molti che un sinodo necessiti della conti-
nua e attiva partecipazione della totalit del pleroma della Chiesa, dalla
preparazione fino alla sua recezione11. Secondo questa linea ermeneutica,
un concilio viene preparato dai vescovi a nome del pleroma ecclesiale e
si realizza attraverso questultimo; come lAmen del popolo completa
la celebrazione eucaristica, cos il pleroma che riceve un concilio deve
compiere un gesto formale di recezione, che ne garantisce lautorit
morale12. Il problema qui lassenza, tra gli ortodossi, di unopinione

9
Storicamente e nel contesto della chiesa unita e indivisa i decreti conciliari erano
vincolanti e esigevano laccettazione da parte della base ecclesiale. Il IV concilio ecumenico
si svolto senza la presenza della delegazione del patriarcato di Antiochia, ma ci non ha
impedito esso dallessere riconosciuto nella coscienza generale come ecumenico. Le
cose sono cambiate da quando, nel secondo millennio, il popolo bizantino non accett il
decreto di unione del concilio di Firenze (1439); fu il primo caso di esercizio del consenso
generale labolizione formale del decreto unionistico di Firenze avvenne in un concilio
costantinopolitano tenutosi nel 1484.
10
Il principio di voto per maggioranza stato riservato soltanto alle votazioni interne
delle rappresentanze delle chiese locali. Il voto dei testi al Sinodo di una Chiesa e non
di un suo membro, non esclude la possibilit per uno o pi gerarchi di una delegazione
di una particolare Chiesa autocefala di prendere una posizione negativa nei confronti
delle modifiche introdotte o su un teso in generale. Il disaccordo dovr essere registrato
nel verbale del Sinodo; la valutazione di tale disaccordo un affare interno della Chiesa
alla quale appartengono i gerarchi. La Chiesa pu votare secondo il principio della
maggioranza interna; Regolamento, art. 12, 2-3).
11
In questo specifico senso della convergenza e rappresentanza di tutta la Chiesa
andrebbe, a nostro parere, interpretata laffermazione di Zizioulas secondo cui un concilio
ecumenico non unautorit al di sopra delle Chiese locali e che nessun sinodo pu
intervenire nelle cose interne della Chiesa locale (Zizioulas s.d.).
12
Alla base della questione sullautorit e ricezione dei concili ecumenici vi una
specifica visione ecclesiologica. Una certa corrente si rif allidea di sobornost, proposta
nella seconda met del sec. XIX dal filosofo e teologo russo A. Chomjakov, termine che
indica che la chiesa ontologicamente una comunit radunata e perci si distingue
sostanzialmente sia dallistituzionalismo cattolico-romano (la chiesa intesa come societas
prefecta) sia dallindividualismo protestante (salvezza per meriti individuali). Chomjakov
voleva superare la dialettica tra chiesa visibile e chiesa invisibile, tra chiesa istituzionale
e chiesa carismatica. La chiesa-in-raduno suggerisce un ethos, un modo di vivere in
LA SINODALIT NELLA CHIESA ORTODOSSA ALLINDOMANI DEL CONCILIO DI CRETA 173

univoca in grado di chiarire quale sia il magistero vero e concreto del


concilio, quali le competenze magisteriali dei vescovi e in che modo si
realizza laccettazione (o abrogazione) di un sinodo da parte del corpo
clericale-monastico-laicale.
In altre parole, si tratta di abbracciare unecclesiologia carismati-
ca e dalle connotazioni antigiuridiche che non ritiene indispensabile
la mediazione di organi magisteriali, giacch i cristiani sono gi uniti
nella fede in Cristo, per mezzo dello Spirito e mediante i sacramenti in
una congregazione damore; o, invece, di accettare unelaborazione pi
giuridica della conciliarit eucaristica, che tende a riconoscere il potere
normativo dei concili generali, nella continua recezione comunionale in
seno alla chiesa (nella liturgia, nel discepolato, nella vita morale)13.

libert e amore, che relativizza la necessit di istituzioni esterne come garanti dellunit
ecclesiale. La chiesa di Chomjakov gi unita, nella misura in cui essa si rivela come
assemblea, per cui non necessita pi di sollecitazioni esterne-giuridiche (episcopato,
primato, concili ecumenici), bens soltanto del consenso dei fedeli. Un secolo pi tardi,
N. Afanassieff ha rielaborato lidea del sobornost dandovi un orientamento meno
idealistico. Per Afanassieff la Chiesa si rivela nelleucaristia, che concretizza il raduno di
tutti i battezzati in Cristo. La comunit eucaristica non una parte, una porzione
o unespressione particolare della chiesa universale; essa a pieno diritto la Chiesa
universale, mediante la comunione nellunico corpo di Cristo. Il teologo russo faceva
riferimento allassioma di Ignazio di Antiochia secondo cui dove compare il vescovo,
l la comunit e laddove Cristo, l la Chiesa cattolica (Lettera agli Smirnesi, 8,2).
Nella dottrina dellecclesiologia eucaristica di Afanassieff non esclusa la possibilit
di istituzioni di governo, a condizione, per, che servano lunit della Chiesa e che
presiedano nellamore. Dagli anni 60 in poi il metropolita I. Zizioulas ha fatto una rilettura
dellecclesiologia di Afanassieff, insistendo sulla necessit della presenza di un primo
nella sinassi eucaristica, che diventa inevitabilmente e per divino diritto lelemento
cruciale che effettua la comunione tra le chiese locali (Afanassieff, invece, sosteneva la
sufficienza delleucaristia nel compiere il rapporto tra locale e universale). stato, quindi,
Zizioulas ad apportare lecclesiologia eucaristica ed a formalizzare la necessit del primo
a livello locale, regionale e universale, nellintimit del rapporto sacramentale che lega il
vescovo con Cristo. Per il teologo greco la legittimit di un sinodo sta nel fatto che esso si
realizza per mezzo dei vescovi delle chiese locali, in quanto ad ogni vescovo competono
la potest giurisdizionale (di governo) e sacramentale (diritto di ordinazione). In questa
stessa linea O. Clment attesta che leucaristia che viene a costituire propriamente
la Chiesa come corpo di Cristo, ed grazie ad essa che i fedeli, come dice san Paolo,
sono incorporati a Cristo e che la Chiesa in Cristo [] ed per questo che anche la
pi piccola Chiesa di un qualsiasi luogo [] grazie alla successione apostolica del suo
vescovo, non una semplice parte, una provincia, della Chiesa universale: essa [] una
manifestazione piena della Chiesa una, santa, cattolica e apostolica, come recita il Credo
Niceno-costantinopolitano (Clment 1998, 10). Spesso lecclesiologia eucaristica stata
impiegata per contrapporsi alla cosiddetta ecclesiologia universalistica cattolica, che
si concentrata sulle prerogative universali del vescovo di Roma. Il concilio di Creta ha
ribadito che la santa eucaristia costituisce il nucleo pi interno anche del funzionamento
conciliare del corpo ecclesiale (Enciclica, epilogo).
13
B. Petr ha categorizzato le due scuole di pensiero concernenti la ricezione
dei concili ecumenici, registrando la diversit tra chi (P. Evdokimov, N. Nissiotis, N.
Matsoukas, G. Mantzaridis) enfatizza, con diverse accentuazioni, il criterio del consensus
174 DIMITRIOS KERAMIDAS

Il problema sembra riguardare il tipo di rapporto che deve legare


la gerarchia con la base ecclesiale. Una visione che respinga a priori il
prestigio conciliare quale concetto gerarchico e monarchico arriver,
inevitabilmente, a suggerire lesistenza di due magisteri paralleli e, in
una qualche misura, indipendenti tra loro (quello episcopale che legifera,
e quello laicale che conferma a posteriori il concilio). In questo caso, si
sarebbe di fronte ad un duplice processo di ricezione: uno da parte dei
fedeli, ed uno da parte della gerarchia, in cui il primo si attua sul piano
(soggettivo) delletica individuale, mentre il secondo su quello (oggettivo)
della disciplina canonico-istituzionale. In ambedue i casi si affaccia il pe-
ricolo di un magistero non flessibile nellaccogliere le preoccupazioni dei
vertici e del pleroma, dissociato dal vivere ecclesiale e, cos, condannato
alla necrosi spirituale.
Si capisce, quindi, perch il tema della ricezione uno dei nodi
procedurali pi delicati dopo Creta. Da parte sua il Regolamento rego-
lamentava che i documenti sinodali, approvati e firmati, sono inviati
attraverso lettere patriarcali del patriarca ecumenico ai Primati delle
chiese ortodosse autocefale che li portano a conoscenza delle loro Chiese
e che essi devono avere un valore panortodosso (Regolamento art. 13,
2)14. Se ne pu dedurre che il Sinodo non abbia legiferato limmediata
applicazione dei propri emendamenti, n contemplato sanzioni discipli-
nari per coloro che non osservino le indicazioni in essi contenuti. Ci
potrebbe fare suppore che, in attesa del placet accordato da parte dei
sinodi locali, i documenti di Creta abbiano un valore magisteriale, per
cos dire, limitato e che la loro forza sia potenziale, anche se non ancora
piena e assoluta.
Nel prospettare un possibile approccio al problema (certamente non
definitivo e aperto a ulteriori approfondimenti), bisogna trovare la giusta
collocazione del Concilio di Creta e verificare se lintenzione dei padri
sinodali sia stata quella di agire in seno oppure esternamente al corpo della
Chiesa e se il Concilio sia stato una fonte di unione e non di divisione.
Per far ci bisogna considerare che
i partecipanti al Sinodo erano consapevoli dellautorit morale
dellassise: La chiesa ortodossa esprime la sua unit e cattolicit nel
Concilio. La conciliarit permea la sua organizzazione, il suo processo
decisionale e determina il suo percorso (Messaggio, 1). Costoro hanno

fidelium come parte integrante del processo della ricezione formale di un concilio e chi,
invece, (St. Charkianakis, I. Zizioulas, K. Ware) sostiene lidea del potere normativo e
dellautorit morale dei concili (Petr 2010, 135-148).
14
Nella versione greca del testo leggiamo che le decisioni conciliari hanno un
rigore panortodosso ( ); nella versione francese
che elle portent une autorit panorthodoxe e nella versione inglese: [the Councils
signed decisions] possessing pan-Orthodox authority. Analoghe sono le diciture in
russo e in arabo.
LA SINODALIT NELLA CHIESA ORTODOSSA ALLINDOMANI DEL CONCILIO DI CRETA 175

agito secondo i criteri sinodali stabiliti a livello panortodosso, ispirati


dallo Spirito Santo, essendo servi di Cristo e amministratori dei misteri
di Dio (Enciclica, prologo);
il Sinodo ha voluto agire in coerenza con il patrimonio conciliare-
teologico precedente (Siamo conformi alla tradizione degli Apostoli
e dei Padri della Chiesa, Enciclica, prologo), garantendo la libert di
espressione (Regolamento, art. 10) e proibendo tutte le controversie e
tutte le dispute personali tra i membri del Sinodo, in quanto non sono
solo estranee, ma anche in contrasto con la sua missione (Regolamento
art. 10, 3);
le procedure relative ai lavori, le discussioni, la votazione e lappro-
vazione dei testi sono state eque, imparziali ed esaurienti, garantendo sia
la concordia (unanimit) finale, sia lesposizione delle diverse opinioni,
registrando i disaccordi nel verbale sinodale (Regolamento art.10 e 12).
In base a ci il Concilio si rivolto pienamente come sinodale, a tutta
lOrtodossia e ad ogni persona di buona volont;
il Concilio di Creta ha cercato di tracciare una linea che riconduca
tutti dal plurale delle ortodossie locali al singolare dellOrtodossia.
Lo ha spiegato larcivescovo di Albania Anastasios Yannoulatos: Qual
leresia che deve essere affrontata dal Santo Sinodo? La risposta sem-
plice. [] leresia pi grande, la madre di tutte le eresie, legocentrismo.
Legocentrismo personale, collettivo, tribale, parrocchiale, settoriale,
ecclesiastico eccetera, che avvelena i rapporti umani e ogni forma di
convivenza armoniosa e creativa (Yannoulatos 2016).
Sulle stesse orme, il patriarca ecumenico ha voluto approfondire il
tema dellautorit conciliare; egli ha anzitutto notato che listituzione
sinodale divenne non solo larbitro supremo per la vita e la fede dei
membri della Chiesa, ma anche il vincolo visibile di comunione tra le
Chiese locali, a livello sia regionale sia globale e che la regola aurea
della sinodalit ha sempre definito la comprensione del primato nella
nostra Chiesa ortodossa, che la promuove come un modello per tutte le
Chiese e confessioni cristiane, per concludere che i concili ecumenici
rappresentarono tutte le Chiese del mondo e furono accettati da tutti,
poich costituivano e costituiscono la suprema autorit nella Chiesa,
preservandone cos lunit (Bartolomeo 2016, 364).
Sembra quindi profilarsi la funzione paradigmatica della conciliarit,
la suprema autorit che essa esercita nella Chiesa. La sinodalit il
modello che lOrtodossia ha sempre impiegato, formalizzato e praticato
per ascoltare lo Spirito, servire Cristo, annunciare il Suo Vangelo e servire
il mondo. Ne consegue che il concilio di Creta pu acquisire una legit-
timazione morale non soltanto per il fatto di essere stato canonicamente
convocato, ma anche per essere riuscito a esprimersi autorevolmente,
con rispetto anche verso le ali pi prudenti dellOrtodossia.
176 DIMITRIOS KERAMIDAS

Crediamo, dunque, che esistano argomenti validi per sostenere che


al Concilio di Creta non sia stato impedito di esercitare liberalmente
e pienamente il proprio potere legislativo e per riconoscere la reale,
concreta ed effettiva normativit dei documenti approvati. Questultimi
hanno una forza vincolante per il pleroma della Chiesa, nella misura in
cui la loro realizzazione avvenga in maniera comunionale, in cui le chiese
locali per mezzo dei rispettivi sinodi comunichino nei propri con-
testi le decisioni sinodali, facilitandone lintegrazione nellethos (vivere,
agire) e nella missione del loro pleroma. Infine, il pleroma ecclesiale
che ha limpegno di apprendere, approfondire e scoprire il contenuto
dei documenti conciliari, di riflettere sulla loro valenza, di individuare le
loro lacune e, soprattutto, di discernere i campi dove lo spirito conciliare
possa essere attuato.

Dimitrios Keramidas
Facolt di Teologia
Pontificia Universit San Tommaso dAquino Angelicum, Roma
d_keramidas@yahoo.gr

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