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ESORCISMO CRISTIANO

E POSSESSIONE DIABOLICA

TRA II E III SECOLO


INSTRVMENTA PATRISTICA ET MEDIAEVALIA

Research on the Inheritance of Early and Medieval Christianity

54
ESORCISMO CRISTIANO
E POSSESSIONE DIABOLICA
TRA II E III SECOLO

Andrea NICOLOTTI

BREPOLS
2011
INSTRVMENTA PATRISTICA ET MEDIAEVALIA

Research on the Inheritance of Early and Medieval Christianity

Founded by Dom Eligius Dekkers (t 1998)

R. BEYERS G. DECLERCQ J. DEPLOIGE P.-A. DEPROOST

A. DEROLEZ W EvENEPOEL J. GoossENS G. GuLDENTOPS

M. LAMBERIGTS G. PARTOENS P. TOMBEUR

M. VAN UYTFANGHE w VERBAAL

All rights reserved. No part of this publication may be reproduced,


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without the prior permission of the publisher.

© 2011 BREPOLS e PUBLISHERS (Turnhout - Belgium)


Printed in Belgium
Df2011f0095f183
ISBN 978-2-503-53193-9
SOMMARIO

PROLOGO E RINGRAZIAMENTI. 15

PREMESSA 17
l. Oggetto, periodizzazione e disposizione del materiale 17
2. Edizioni, traduzioni e note . 20

CAP. l. BREVE STATUS QUAESTIONIS . 23

CAP. 2. UN PERCORSO INTERPRETATIVO 31


l. Possessione, demoni, esorcismi ed esorcisti: la termi-
nologia 31
2. Demonologia cristiana e idolatria 38
3. Esorcismo, alterità e competizione religiosa 42
4. Motivazioni apologetiche e propagandistiche dell'esor-
cismo . 51
5. Atti apocrifi degli apostoli ed esorcismo. 54
6. Gnosticismo ed esorcismo . 57
7. Possessione, esorcismo, teologia ed esegesi 59
8. Caratteristiche della possessione diabolica 63
9. Allontanamento del demone 66
10. Il formulario 68
11. I gesti esorcistici 76
12. La scena dell'esorcismo 77
13. L'esorcista carismatico 78
14. Lo stabilirsi dell'esorcistato 80
15. Lo sfondo teologico dell'esorcismo battesimale 84
16. Testimoni antichi dell'esorcismo dei catecumeni 91
17. La comparsa dell'esorcismo battesimale 95
18. Caratteristiche dell'esorcismo battesimale 99

CAP. 3. ANTECEDENTI E PARALLELI 103


l. L'esorcismo in ambiente giudaico 104
2. Tobia, Davide e Salomone come esorcisti 105
3. Esorcismi a Qumran l 09
4. Gesù e il suo ambiente . 115
5. Esorcismo e mondo greco 121
6 SOMMARIO

CAP. 4. ALCIBIADE DI APAMEA 125


1. Un'abluzione esorcistica elcasaita 127

CAP. 5. GIUSTINO MARTIRE . 141


1. Giustino e l'esorcismo 141
2. La scena e gli attori dell'esorcismo 144
3. Esorcismi cristiani, esorcismi pagani ed esorcismi
giudaici 146
4. L'esorcismo nella competizione religiosa 153
5. Teologia ed esegesi . 155
6. Esorcismo, formulari e professioni di fede 165
7. Esorcismo battesimale? 172

CAP. 6. TAZIANO IL SIRO 175


1. Taziano e la medicina 175
2. Demoni ed infermità 181
3. Possessione ed esorcismo. 189

CAP. 7. TEOFILO DI ANTIOCHIA . 191


1. Demoni e poeti . 191
2. L'esorcismo come prova . 196

CAP. 8. TE ODOTO GNOSTICO . 199


1. Un battesimo gnostico 200
2. Il sigillo battesimale . 204
3. Pane, olio ed acqua . 208
4. Rituali battesimali . 212
5. Carattere ed origine dell'esorcismo 215

CAP. 9. IL SECONDO LIBRO DI JEU 219


l. La liberazione dagli arconti 220

CAP. 10. IRENEO DI LIONE . 227


1. La testimonianza di un viaggiatore 227
2. L'esorcismo presso simoniani e carpocraziani. 229
3. L'esorcismo degli ebrei . 235
4. Esorcismo cattolico, profezie e carismi 238
5. Esorcismo nella Dimostrazione della predicazione apo-
stolica? 245
6. Esorcismi e guarigioni nella competizione religiosa 253
SOMMARIO 7

7. L'esorcismo e la conoscibilità di Dio 258


8. Caratteristiche dell'esorcismo 262
9. Crucifixus sub Pontio Pilato . 265

CAP. 11. ATTI DI GiovANNI . 269


l. Premessa generale sugli Atti apocrifi degli Apostoli 269
2. Gli Atti di Giovanni . 271
3. La cacciata della dea Artemide 273
4. Le invettive contro il diavolo 275

CAP. 12. ATTI DI ANDREA 279


l. Luoghi e contesti di ossessione 280
2. Infermità e sintomi di influenza demoniaca 286
3. Parole ed atteggiamento di demoni ed indemoniati 293
4. L'incontro con l'esorcista 295
5. Scongiuri e gesti esorcistici 297
6. La liberazione 303
7. Luogo e tempo del confino 304
8. Conversione, propaganda, competizione religiosa . 306

CAP. 13. ATTI DI PIETRO 311


l. L'invettiva di Pietro contro Simon Mago 312
2. Esorcismo di un giovane posseduto 320
3. Un frammento greco 323

CAP. 14. ATTI DI PAOLO 327


l. Esorcismo di Anfione 327

CAP. 15. ATTI DI ToMMAso . 329


l. Il serpente nero . 331
2. L'esorcismo della donna . 340
3. Le donne di Misdeo . 345
4. Esorcismo per contatto 352
5. Esorcismo e battesimo 354

CAP. 16. CELSO FILOSOFO 363


l. Le fonti di Celso sul cristianesimo 367
2. Celso e i demoni. 371
3. L'accusa di magia 374
4. Esorcismo come stregoneria 381
8 SOMMARIO

5. L'uso dei nomina barbara 385

CAP. 17. CLEMENTE ALESSANDRINO 391


l. Davide esorcista 391
2. Vigorosi comandi? . 394
3. Gli indemoniati di Platone . 395
4. Battesimo e demoni 397

CAP. 18. 0RIGENE • 417


l. Tecniche di esorcismo 417
2. Manifestazioni di possessione 434
3. Possessione ed epilessia. 437
4. Disposizione dell'esorcista 439
5. Esorcismi ebraici e pagani 442
6. La filosofia dei nomi 449
7. Origene e la magia . 453
8. Esorcisti e posseduti (persone, animali e cose) 459
9. Possessione, peccato e libero arbitrio 463
10. Esorcismo e battesimo 470

CAP. 19. TERTULLIANO . 481


l. Demoni, dèi e spiriti 481
2. Demoni e infermità. 485
3. L'esorcismo dei cristiani 486
4. Metodi esorcistici 492
5. Scongiuri, dialoghi e digiuni 495
6. Il segno della croce. 497
7. La exsuf{latio e il desputum. 500
8. Idolatria, teatro e demonismo 509
9. Gli esorcisti 510
10. Battesimo e demonismo 517

CAP. 20. MINucro FELICE 529


l. Possessione ed esorcismo 531

CAP. 21. CIPRIANO E L'AFRICA SETTENTRIONALE 537


l. Possessione e idolatria . 537
2. L'esorcismo 541
3. Il trattato Quod idola dii non sini 548
4. L'esorcistato a Cartagine 551
SOMMARIO 9

5. Esorcismi battesimali? 554


6. I vescovi delle Sententiae episcoporum LXXXV II 563

CAP. 22. FIRMILIANO DI CESAREA 569


l. L'esorcista cappadoce 570

CAP. 23. CoRNELIO E NovAZIANo 575


l. Esorcismo e spettacoli in Novaziano. 575
2. Il battesimo di Novaziano 577
3. L'esorcistato a Roma secondo Cornelio 582

APPENDICE l. TRADITIO APOSTOLICA . 585


l. Carismi di guarigione 588
2. Possessione diabolica e catecumenato 593
3. Gli esorcismi degli electi . 594
4. Esorcismo battesimale 600
5. Nudità corporale 604
6. Esorcismo dell'olio ed olio dell'esorcismo. 609
7. Il pane esorcizzato 614
8. Il segno della croce . 616

APPENDICE 2. EPISTOLE AI VERGINI 621


l. Esorcisti itineranti 622

CONCLUSIONE 627

ENGLISH SUMMARY. 631

BIBLIOGRAFIA 683

INDICI DEI NOMI 789


ESORCISMO CRISTIANO
E POSSESSIONE DIABOLICA
TRA II E III SECOLO
Supposta la verità evangelica, e per
fede, e per isperienza molto ben nota,
et chiara, che i corpi humani sian da
demonii maligni crudelmente vessati,
per cacciar quelli fora de' corpi, et dar
loro quel castigo, et flagello, che la loro
pertinacia et iniquità contra Dio, et
contra gli huomini con ragione merita,
si trova l'arte, et professione degli essor-
cisti, i quali tormentano in vari modi
essi spiriti ne' corpi humani racchiusi,
et finalmente gli scacciano come da
albergo temerariamente, e tirannica-
mente, se ben con permissione divina,
da loro occupato.

T. GARZONI, "De' scongiuratori", in La


piazza universale di tutte le professioni
del mondo, Venezia, 1588, p. 289.
PROLOGO E RINGRAZIAMENTI

Il presente libro è frutto di una revisione della mia tesi di dotto-


rato in "Istituzioni, società, religioni dal tardo-antico alla fine del
medioevo" discussa nel 2005 presso la Facoltà di Lettere e Filosofia
dell'Università di Torino. Ringrazio i professori Giovanni Filoramo,
Claudio Gianotto e Adele Monaci, i quali hanno creduto in questo
progetto e lo hanno sostenuto in vario modo. Un debito partico-
lare va riconosciuto alla professoressa Monaci, che mi ha material-
mente seguito nella stesura dell'opera, valutandone attentamente
ogni pagina: devo molto alle sue osservazioni, ma soprattutto le
riconosco il merito di avermi insegnato un metodo. Un ringra-
ziamento anche ai professori Edmondo Lupieri, Enrico Mazza ed
Emanuela Prinzivalli, che ebbero l'incarico istituzionale di valutare
la prima stesura dell'opera.
Ho sottoposto certi capitoli alla lettura critica di alcuni speciali-
sti; dalla competenza di ciascuno di essi, grazie alla loro lunga fre-
quentazione di autori ai quali talora io mi avvicinavo per la prima
volta, ho tratto preziosi suggerimenti. Mi preme perciò ricordare la
cortesia di Giuseppe Visonà (Giustino), Maddalena Scopello (testi
gnostici), Alain Le Boulluec (Clemente), Pier Angelo Gramaglia
(Tertulliano), Ezio Gallicet (Cipriano) e Paul F. Bradshaw (Tra-
di/io apostolica). Uno speciale tributo di riconoscenza va ad Adelin
Rousseau, che all'età di novantun anni ha scrupolosamente letto il
mio capitolo su Ireneo, restituendomi numerosissime osservazioni e
suggerimenti. Armando Rolla ha riletto le mie bozze e mi ha per-
messo di correggere diversi svarioni.
Tra gli studiosi che mi hanno fornito qualche aiuto o consiglio,
ricordo e ringrazio Nicola Basile, Luciano Bossina, Maria Ignazia
Danieli, Estéban Calderòn Dorda, Graeme Clarke, Giuseppe Gir-
genti, Jerònimo Leal, Saverio Masuelli, Reinhold Merkelbach, Nico
Narsi, Enrico Norelli, Rosa Maria Parrinello, Fabrizio Angelo
Pennacchietti, Mauro Perani, Jean-Michel Roessli, Paolo Sacchi,
Rosario Scognamiglio, Natale Spineto, Giinter Stemberger, Yves
Tissot, Francesco Trisoglio, Graham Twelftree, Alejandro Valiiio,
Daniel Van Slyke ed Ewa Wipszycka. Un ringraziamento anche
16 PROLOGO E RINGRAZIAMENTI

ad Alena Chocholackova, Francesca Amati, Mona Dabaghy, Giulia


Giacomini, Gamil Habib, Raffaele Ladu, Massimo Manca, Marina
Melato, Enzo Noto, Hiara Maria Olivera, Valeria Pezzi, Gaspar
Parlagi, Phillip Peterson, Antonio Baruch Pinter, Karin Selva e
Davide Zeppegno, e al personale della Biblioteca Erik Peterson,
della Biblioteca dell'Istituto Internazionale Don Bosco e di quella
del Seminario di Torino. A Paolo Sartori, dell'editrice Brepols, un
grazie per aver seguito l'iter di pubblicazione del presente volume
in questa prestigiosa collana.
Parte di questo lavoro è stata svolta durante i miei periodi di per-
manenza presso la Facoltà di Teologia Protestante dell'Università
di Ginevra; grazie alla cortese accoglienza del prof. Enrico Norelli
ho potuto usufruire al meglio delle ospitali biblioteche universita-
rie e stringere alcuni proficui contatti con altri studiosi, nell'ospi-
tale cornice della città elvetica. La casa nella quale ho dimorato,
a pochi minuti dalla biblioteca universitaria centrale, è stato forse
il luogo più favorevole alla mia concentrazione. Il capitolo sulla
Traditio apostolica è stato scritto mentre mi trovavo a Montevideo,
sulle coste del Rio de la Plata. A Treviso, nell'estate del 2009, ho
operato l'ultima revisione editoriale.
Dedico queste pagine ai miei genitori, Miranda e Walter. Senza
il loro sostegno non sarebbero mai venute alla luce.
PREMESSA

l. Oggetto, periodizzazione e disposizione del materiale


Lo scopo di questo libro è l'analisi delle testimonianze della pra-
tica esorcistica, della concezione e del trattamento della possessione
diabolica nell'antichità cristiana, dall'inizio del n secolo alla metà
del m secolo d.C. Fino ad oggi non esistevano né un'esaustiva rac-
colta di testi né uno studio critico complessivo; i limiti cronologici
che mi sono imposti, relativamente ristretti, mi hanno permesso di
poter indagare le fonti in grande profondità.
Ho scelto di tralasciare un esame approfondito del materiale
risalente al 1 secolo. Gli unici scritti ove sono contenute testimo-
nianze o allusioni alla pratica esorcistica, ascrivibili a qualche
corrente religiosa che si ispirasse alla figura di Gesù di Nazaret,
sono tutti confluiti nella raccolta del Nuovo Testamento. Di conse-
guenza, la scelta di porre il n secolo come punto di partenza della
mia indagine ha come unica conseguenza l'estromissione di alcuni
racconti esorcistici contenuti nella silloge neotestamentaria. Su di
essa, peraltro, esiste già un'ampia letteratura scientifica, che ha
ormai raggiunto un alto grado di specializzazione e non può essere
oggetto di adeguata discussione in questa sede: ho quindi ritenuto
opportuno riprendere l'argomento solo sommariamente, per non
tralasciare di mettere in luce i rapporti tra i racconti esorcistici
neotestamentari e quelli contenuti nelle fonti successive, le quali
ad essi spesso si ispirano. Il lettore interessato potrà approfondire
il tema altrove.
La volontà di occuparmi dell'esorcismo "cristiano" mi indur-
rebbe a confrontarmi con la questione - oggi molto discussa - sul
momento in cui il cristianesimo, nato nel seno del giudaismo, si è
svincolato dal suo ambiente natale e si è costituito come fenomeno
separato ed indipendente, al punto di poter meritare una denomi-
nazione autonoma 1; ma i testi che ho preso in esame, che fanno

1 Per una introduzione al problema si può fare riferimento a M. PESCE,

Quando nasce il cristianesimo?; G. JossA, Giudei o cristiani?; Giudei o cristiani?,


edd. D. GARRIBBA- S. TANZARELLA
18 PREMESSA

capo ad autori che a vario titolo si riconoscono come seguaci di


Gesù, risalgono tutti a non prima del 150, un'epoca in cui la dif-
ferenziazione può dirsi sostanzialmente acquisita. Il fatto che nel
presente libro venga fatto un uso tradizionale delle diciture "cri-
stianesimo", "giudaismo", "giudeo-cristianesimo" e "paganesimo",
non significa che io non abbia ben presente il dibattito contempo-
raneo sul senso e sul valore di tali concetti storiografici2 • Non sono
entrato nel merito della questione, ma ho avuto cura di dedicare
la medesima attenzione a tutte le testimonianze che rimandassero
ad un contesto "cristiano", qualunque fosse la loro provenienza
(''pagana", "ortodossa", "eretica", "apocrifa", "giudeo-cristiana",
"gnostica", etc.), senza farmi condizionare da anacronistiche deli-
mitazioni concettuali.
Nel fissare il punto di arresto della mia indagine alla metà del
III secolo ho seguito un criterio di periodizzazione non tradizionale
ma oggi condiviso, tra gli altri, dai curatori dell'Histoire du chri-
stianisme diretta da Charles e Luce Pietri: "Alla metà del III secolo
il cristianesimo, che ha toccato, per quanto in modo diseguale,
tutte le regioni del mondo romano, rappresenta una forza sociolo-
gica e ideologica abbastanza potente da suscitare, come reazione,
un primo tentativo di sradicamento sistematico, sotto la forma
dell'editto emanato da Decio, ma anche da dimostrare la propria
capacità di resistere a una persecuzione generalizzata" 3 • Sono que-
sti gli anni in cui appare in tutta la sua gravità la crisi della res
publica romana, afflitta da difficoltà interne, colpita in più regioni
dal flagello della peste e con i propri confini sempre più pressati
dalla spinta delle orde barbariche. Nel 250, dopo quattordici anni
di episcopato, papa Fabiano viene martirizzato; i suoi successori
Cornelio, Lucio, Stefano e Sisto occuperanno la cattedra romana
per periodi brevi e caratterizzati da importanti avvenimenti eccle-
siastici e profani. Ad Alessandria è vescovo Dionigi, a Cartagine
Cipriano; due grandi personalità che non mancheranno di lasciare
una profonda impronta del loro operato. A queste ragioni che inte-

2 Seguo il consiglio di M. PESCE, Sul concetto di giudeo-cristianesimo, p. 44:


"Purché la sostanza dei problemi storiografici sia chiara, si può continuare ad
usare i vecchi concetti tra virgolette, in attesa di un rinnovato consenso sto-
riografico". L'articolo di Pesce è un'ottima presentazione del dibattito contem-
poraneo.
3 L. PtETRt, in Storia del Cristianesimo, vol. 1: Il nuovo popolo, p. 24.
PREMESSA 19

ressano la storia del cristianesimo in generale, si associano altre


motivazioni strettamente legate al tema trattato: attorno al 250
l'esorcismo battesimale - come rito specifico e distinto dal batte-
simo vero e proprio - sembra aver raggiunto una propria identità
ed una diffusione abbastanza capillare. È inoltre contemporanea-
mente attestata da più parti l'organizzazione di una classe specifica
di esorcisti, inseriti nell'ambito della gerarchia ecclesiastica; essi
tendono ormai ad essere strutturati in una sorta di ordine, il quale
ben presto si stabilizzerà come tappa intermedia lungo il cammino
dell'ascesa agli ordini sacri.
Una volta individuato il periodo storico, ho proceduto alla let-
tura diretta, sistematica ed integrale di tutti i testi utili ad esso
ascrivibili, allo scopo di creare - per la prima volta - un preciso e
completo repertorio di fonti. Per rifuggire da ogni rischio di ana-
cronismo, ho evitato di tener conto di quei racconti di esorcismo
attribuiti a personaggi vissuti nel n o 111 secolo, ma narrati da
autori più tardivi: ne è un esempio la Vita di Gregorio il Tauma-
turgo, opera di Gregorio di Nissa (rv secolo). Per lo stesso motivo
ho escluso dalla presente analisi i testi contenuti nei papiri magici
e quanto sopravvive del romanzo pseudoclementino: la redazione
delle Omelie e dei Ritrovamenti supera il limite cronologico impo-
stomi, e lo scritto di base da cui entrambi derivano, redatto non
prima del 222, è perduto 4 • Ho invece voluto accogliere - con cau-
tela ed in appendice - la testimonianza della Tradizione apostolica,
sebbene sulla sua datazione valgano molte riserve che esporrò a suo
luogo; lo stesso dicasi per le Epistole ai vergini dello pseudo Cle-
mente romano.
Difficile è stata la scelta di un criterio di disposizione; se il
trattare congiuntamente le testimonianze provenienti dallo stesso
autore, seguendo un percorso simile a quello di una storia lette-
raria, può presentare qualche difficoltà, mi è sembrato che mag-
giori difficoltà avrebbe provocato l'adozione di un diverso sistema.
Ogni autore, infatti, affronta i temi della possessione diabolica e
dell'esorcismo secondo un'ottica personale, in risposta ad esigenze
specifiche, strettamente legate alla propria concezione demonolo-
gica e teologica e largamente dipendenti dalla contingente situa-
zione in cui egli si trovò ad operare. Solo un sistema di analisi

4 Sulle Pseudoclementine sto per pubblicare uno studio a parte.


20 PREMESSA

che tenesse conto di questi elementi avrebbe potuto consentirmi


un'esposizione particolareggiata dei numerosi problemi di natura
teologica, letteraria, storica e filologica presentati da ciascun testo
esaminato. Non ho quindi ritenuto di giustapporre ed analizzare i
passi secondo un criterio tematico, se non all'interno della tratta-
zione dedicata a ciascun autore o testo. Le riflessioni generali che
riassumono e interpretano tematicamente tutto il materiale, indivi-
duandone percorsi e nodi cruciali, sono raccolte nella prima parte
del volume.
Non è stato agevole neppure prescegliere un'ottimale successione
degli autori (o dei testi anonimi). Ho optato per una disposizione
fondamentalmente cronologica, che però non ho creduto di dover
rispettare sempre e ad ogni costo; quando gruppi di autori erano
pressoché contemporanei, ma si prestavano meglio ad essere aggre-
gati ad altri autori leggermente precedenti o successivi a motivo
della somiglianza delle tematiche che emergevano dalla documen-
tazione, ho preferito tenerne debito conto. Ho anche cercato di
accostare - per quanto possibile - autori o testi provenienti dal
medesimo contesto geografico (Africa ed Egitto, anzitutto), ideolo-
gico (gnosticismo) o letterario (Atti apocrifi), per mettere meglio in
luce le relazioni che intercorrono tra di essi. Nella consapevolezza
che non vi è una scelta che non presenti qualche difficoltà, credo di
aver individuato il criterio che presenta minori resistenze.

2. Edizioni, traduzioni e note


Intimamente persuaso dell'importanza che l'uso di testi critica-
mente stabiliti riveste anche per lo storico, ho cercato di basare il
mio lavoro sulle migliori edizioni critiche, le quali, come è noto,
non sempre sono le più recenti. L'odierna disponibilità di numero-
sissime fonti trascritte in formato elettronico consente un'infinità
di nuove operazioni e semplifica senza dubbio l'opera di ricerca e
di ricopiatura dei passi; ma quest'agevolezza non deve indurre a
trascurare l'uso delle edizioni cartacee, alle quali si dovrebbe sem-
pre e comunque ricorrere per un ponderato esame dell'apparato
critico. In molti casi ho ritenuto di dover preferire un'edizione cri-
tica diversa da quella elettronicamente disponibile nelle raccolte
del Thesaurus Linguae Grecae, del Packard Humanities Institute,
della Aureae Latinitatis Bibliotheca o della Library of Latin Texts.
In particolare, ho accuratamente evitato di servirmi delle edizioni
PREMESSA 21

di Miroslav Marcovich, in quanto la sua libido emendandi lo ha


portato ad "intervenire innumerevoli volte nel testo senza valida
giustificazione" con congetture "che esistono solo nella fantasia del
nostro" 5; ho consultato però l'utile apparato delle sue edizioni, per
mantenere sott'occhio la tradizione manoscritta dei testi. Quando
ho ritenuto di dover correggere il testo èdito, ho sempre fornito
ampia giustificazione. Ho riprodotto in nota i testi originali di tutti
quei passi che mi sono soffermato ad analizzare. Per gli altri, tutto
sommato meno importanti ma utili per una migliore intelligenza
dei primi, non mi è sembrato necessario farlo; ho evitato così dì
appesantire ulteriormente l'apparato delle note.
Le versioni dal greco, dal latino e dal copto sono opera mia,
salvo diversa indicazione; per il copto saidico, mi sono stati di
aiuto alcuni suggerimenti di Claudio Gianotto. Per i testi conservati
in lingue a me ignote, sono ricorso alla competenza dì Emanuela
Braida per il siriaco, di Anna Sirìnian per l'armeno, di Alessandro
Bausì per l'etiopico e di Davide Righi per l'arabo. Nel tradurre ho
cercato di seguire il testo per quanto mi era possibile, aderendo
non solo al concetto ma anche alla lettera dell'originale; solo in
misura subordinata alla fedeltà, ho tentato anche di impiegare un
italiano sufficientemente scorrevole. Spero di non aver fatto un
torto alla lingua italiana nella quale, a dire del Leopardi, "è forse
maggiore che in qualunque altra la facoltà di adattarsi alle forme
straniere, non già sempre ricevendole identicamente, ma trovando
la corrispondente" 6 •
La versione dei testi biblici impiegata, con alcune eccezioni,
è quella della Conferenza Episcopale Italiana (1974). I testi e gli
studi nelle note a piè di pagina sono citati in una forma abbre-
viata, sufficiente per la loro identificazione; sono invece indicati
per esteso in bibliografia.

5 Sono parole di M. SrMONETTI, Recensione a M. MARCOVICH, Hippolytus. Refu-


tatio omnium haeresium, p. 634, e di G. CASADIO, Vie gnostiche all'immortalità,
p. 35, nota 67. Nell'edizione di Marcovich deii'Oratio ad Graecos di Taziano, ad
esempio, sono state contate più di quattrocento congetture, la maggior parte
inutili o dannose (cfr. H. G. NESSELRATH, Il testo di Taziano, p. 243-244).
6 G. LEOPARDI, Zibaldone. Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura, al
20 aprile 1821.
CAPITOLO l
BREVE STATUS QUAESTIONIS

Il presente studio si propone di rimediare ad una lacuna della


moderna letteratura scientifica sull'antichità cristiana: non esistono
infatti né un'esaustiva raccolta di testi né uno studio critico com-
plessivo sulla pratica esorcistica extrabiblica che indaghi sulla com-
prensione e sul trattamento della possessione diabolica nei primi
secoli del cristianesimo. Quest'assenza è forse parzialmente moti-
vabile con un combinarsi di crescenti atteggiamenti di difficoltà,
rifiuto, renitenza o disinteresse mostrati dagli studiosi nei confronti
di un fenomeno così particolare, che toccherebbe l'aspetto più sca-
broso della presenza demoniaca nella vita dell'umanità; la difficoltà
di scindere il mero dato storico dalle sue implicazioni teologiche
aveva probabilmente indotto la maggior parte degli storici ad
accantonare l'investigazione su questo campo.
Per molto tempo, infatti, lo studio degli antichi racconti di esor-
cismo fu principalmente sollecitato dal desiderio di supportare od
osteggiare la credenza nella realtà delle possessioni diaboliche, la
quale veniva difesa da alcuni e rigettata da altri. Per secoli le
narrazioni degli antichi esorcismi tramandate nel Nuovo Testamento
e negli scritti dei Padri erano servite a giustificare il valore auten-
tico della pratica esorcistica cristiana, e qualunque negazione della
legittimità di quest'ultima veniva interpretata come un temerario
rifiuto dell'autorità delle Sacre Scritture e della Tradizione 1• Le
divergenze di opinioni tra teologi, filosofi e medici non si esauri-
vano nella disputa sugli esorcismi degli energumeni, ma toccavano
anche il tema scottante degli esorcismi battesimali. Quest'attività,
che senza dubbio alcuno veniva fatta risalire all'era apostolica, nel

1 Per !imitarmi a due esempi di "razionalizzatori", ricordo un'opera di

Guillaume Ader (1620) nella quale si tentava un'interpretazione scientifica dei


racconti di esorcismo contenuti nel Nuovo Testamento (Enarrationes, de aegrotis
el morbis in Evangelio) e una monografia di Johann C. Westphal (1707) dedicata
alla patologia demoniaca, dove si prendevano in esame i casi di possessione
riportati dalla tradizione pagana, giudaica e cristiana, classificandoli come
"morbi convulsivi" (Palhologia daemoniaca).
24 CAPITOLO l

xvn secolo in terra di Riforma divenne addirittura motivo di una


disputa: i luterani infatti volevano conservarla, mentre i seguaci
di Zwingli, Bucero e Calvino la interpretavano come un residuo
papistico da eliminarsi ad ogni costo 2 • Le reazioni contro siffatti
negatori non tardarono a farsi sentire3, anche ad alti livelli4 •
Risale al 1831 il primo studio sistematico Sui posseduti (ener-
gumeni) e il loro trattamento nella Chiesa antica, ad opera del fran-
cescano Anton Joseph Binterim; l'autore prende in esame diversi
racconti e formulari di esorcismo, dal m secolo fino ai suoi tempi,
e tenta di tratteggiare una breve storia dell'ordine dell'esorcistato 5 •
Nel 1872 il canonico Ferdinand Probst pubblicò un utile trattato
dedicato ai Sacramenti e sacramentali, dedicando ampio spazio
all'esorcismo6 • Qualche anno dopo Franz Wieland diede alle stampe
un importante studio sullo Sviluppo genetico dei cosiddetti ordini
minori, nel quale giustamente propose di suddividere il processo di
evoluzione dell'esorcistato in due periodi: fino al primo quarto del
111 secolo, infatti, esso non risultava collegato ad alcuna organiz-
zazione clericale, mentre di lì in avanti si assiste alla progressiva
eclissi dell'esorcistato carismatico a vantaggio di un ordine eccle-
siastico istituzionalizzato 7 •
Un rinnovato interesse per la storia della pratica esorcistica fu
sollecitato nel 1909 dall'uscita di un'importante raccolta di fonti

2 L'opera classica su questa disputa è ancora J. M. KRAFFT, Ausfiihrliche

Historie vom Exorcismo, a cui oggi va aggiunto B. NISCHAN, The Exorcism Con-
troversy.
3 Una Dissertation sur les obsessions et /es possessions du démon fu edita nel
1720 da uno dei più famosi biblisti del secolo, Augustin Calmet (Nouvelles dis-
sertations, pp. 273-300). In buona sostanza, egli ritiene che purgare la religione
dalle vane superstizioni "è senza dubbio rendere un servizio utile alla Chiesa,
ma negare veri miracoli e distruggere la credenza degli avvenimenti riportati
dagli autori canonici, o sviarli in un senso diverso od inaudito, è scandalizzare
i deboli" (p. 292).
4 Prospero Lambertini, nel 1740 diventato papa col nome di Benedetto XIV,

nel suo famoso trattato sulla beatificazione e canonizzazione dedica una sezione
alla cacciata dei demoni dai corpi posseduti. Egli raccoglie una serie di testimo-
nianze patristiche e teologiche, e confuta l'argomentazione di numerosi scrittori
che negano la realtà o l'efficacia del rito (BENEDICTUS PP. XIV, De Servorum Dei
bealificatione, liber IV, pars I, cap. XXIX, n° 5).
5 A. J. BINTERIM, Ober di e Besessenen.

6 F. PRoBST, Sakramente und Sakramentalien.


7 F. WIELAND, Die genelische Entwicklung der sog. ordines minores.
BREVE STA TUS QUAESTIONJS 25

eucologiche: Le benedizioni ecclesiastiche nel medioevo, edite e com-


mentate dal sacerdote Adolf Franz8 • Allo stesso anno risale la prima
e per molto tempo unica monografia pienamente scientifica dedi-
cata all'Esorcismo nel rituale battesimale antico-cristiano, opera del
sacerdote cattolico Franz Joseph Dolger, celeberrimo studioso del
cristianesimo antico 9 • Il valore dell'opera sta soprattutto nell'avere
per la prima volta esaminato con profondità i testi, individuando
l'origine, la motivazione teologica e le caratteristiche dell'esorcismo
battesimale; nel tentativo di ricercare parallelismi rituali, l'opera
prende in esame anche la pratica esorcistica sugli energumeni. Nel
l 921 Traugott K. Oesterreich, professore di filosofia a Tiibingen,
diede alle stampe un trattato intitolato La possessione10 • Il volume è
principalmente una vasta raccolta di racconti di casi di possessione
tratti da ogni epoca e da ogni cultura, per dimostrare che l'esorci-
smo e la possessione hanno sempre ricoperto un ruolo importante
nell'esperienza umana fin dall'antichità primitiva.
Frattanto, il disagio con il quale la teologia affrontava l'argo-
mento demonologico in genere provocò una progressiva messa in
disparte di questa tematica e delle questioni ad essa collegate. Nel
campo della scienza medica e psichiatrica continuavano ad affron-
tarsi le due posizioni, una a favore ed una contro l'interpretazione
soprannaturale della possessione; alla fine degli anni '50 il demono-
logo cattolico Corrado Balducci cercò di conciliare la fede nell'esi-
stenza del demonio con le più recenti acquisizioni della scienza
medica e psichiatrica, tentando di sviluppare un criterio diagno-
stico oggettivo per il riconoscimento della reale possessione diabo-
lica11. Gli storici, da parte loro, non accolsero l'invito formulato da
Franz Dolger, e non fu condotta una sistematica indagine sulla
pratica dell'esorcismo extrabattesimale nell'antichità cristiana.
Dopo la chiusura del Concilio Vaticano 11 furono pubblicati
alcuni studi teologici che riflettevano ed accoglievano la difficoltà
dell'uomo contemporaneo a credere nel diavolo, se non a patto di
considerarlo un semplice simbolo del male nel mondo 12 • Negli stessi

8 A. FRANZ, Die kirchlichen Benediktionen im Mille/alter.


9 F. J. DòLGER, Der Exorzismus im altchristlichen Taufritual.
10 T. K. 0ESTERREICH, Die Besessenheit.
11 C. BAwucct, Gli indemoniati.

12 Per una storia di questa demonologia minimizzante e delle reazioni del

magistero cattolico, A. CtNI TASSINARIO, Il diavolo secondo l'insegnamento recente.


26 CAPITOLO l

anni si metteva mano alla riforma dei testi liturgici latini, dai quali
si cercò di sfrondare l'eccesso di una demonologia in certi casi molto
sviluppata, in quanto non ritenuta consona con la sobrietà della
tradizione biblica. In particolare, la riforma del rituale dell'inizia-
zione cristiana pose i liturgisti davanti alla necessità di decidere in
merito alla conservazione e traduzione in lingua volgare degli esor-
cismi battesimali: il risultato rese evidente la volontà di eliminare,
sfumare e ammorbidire i molti riferimenti al diavolo, rinunciando
completamente alla forza drammatica e realistica degli antichi esor-
cismi imperativi 13 • Purtroppo questa situazione, che potrebbe sem-
brare di esclusiva competenza teologica ed intraecclesiale, ha avuto
forti ripercussioni anche in ambito scientifico. Il xx secolo ha visto
l'affermarsi della storia della liturgia come una disciplina autonoma
dal preciso statuto scientifico, e a molti liturgisti si deve ascrivere il
merito di aver contribuito fortemente al progresso della conoscenza
storica dei riti cristiani. La diffidenza e renitenza ad occuparsi del
tema demonologico, però, ha impedito un reale avanzamento dello
studio in questo campo. Fu probabilmente il clima dell'imminente
riforma liturgica a spingere Elmar Bartsch a licenziare nel 1967 un
volume che si occupa degli Scongiuri sulle cose della liturgia romana
(esorcismi sull'acqua, sul sale, sull'olio, sulla cenere, su differenti
piante, su pane e vino, incenso, campane, etc.) quasi sessant'anni
dopo il pionieristico lavoro di Dolger 14 ; ma al di là di questo, i trat-
tati di storia della liturgia tralasciano la trattazione dell'esorcismo
o se ne occupano in maniera parziale, sfuggente e del tutto insuffi-
ciente. L'unica presentazione aggiornata della storia dell'esorcismo,
anche se per forza di cose molto sintetica, era stata preparata in
quegli anni da Klaus Thraede per la voce Exorzismus del Realle-
xikon fiir Antike und Christentum, impresa editoriale alla quale lo
stesso Franz Dolger aveva partecipato.
Se gli anni '70 riaprirono con violenza il dibattito all'interno
della Chiesa sulla fede nell'esistenza personale di Satana e sulla
legittimità degli esorcismi destinati a scacciarlo, in contemporanea
il fenomeno dell'esorcismo venne prepotentemente riportato all'at-
tenzione di un pubblico molto più ampio. Risale infatti al 1971 la

13 Il nuovo Ordo baplismi parvulorum di rito romano è del 1969, e l'Ordo ini-
liationis chrislianae adultorum del 1972. Sul tema, vedi B. FISCHER, Baptismal
Exorcism.
14 E. BARTSCH, Die Sachbeschwiirungen der riimischen Liturgie.
BREVE STA TUS QUAEST/ONJS 27

pubblicazione del famoso racconto di William Blatty The Exorcist,


ispirato alla storia di un reale esorcismo effettuato nel 1949 su un
tredicenne statunitense. Sull'onda del successo del libro e della pel-
licola cinematografica da esso tratta nel 1973, diretta da William
Friedkin, vennero alla luce numerose pubblicazioni di ogni orien-
tamento dedicate all'esorcismo, generalmente di scarso valore
scientifico, ma prova tangibile dell'interesse che da più parti si era
risvegliato nei confronti di questo argomento.
Nel 1985 Henry A. Kelly presentò uno studio sul Diavolo nel bat-
tesimo che, a differenza di quello di Dolger, abbraccia un periodo
assai più lungo, dalle origini del cristianesimo fino ad oggi1 5 • Nel
volume l'autore, già noto per altre sue precedenti pubblicazioni
teologiche sul tema della "morte di Satana" 16 , cerca di dimostrare
che il rito battesimale primitivo non conteneva alcun riferimento
al Maligno, in quanto non è dato di incontrare rituali apotropaici,
antidemonici ed esorcistici prima dell'inizio del m secolo. Lo studio
di Kelly è preziosissimo, ed indaga quasi ogni aspetto della que-
stione; rispetto all'opera di DtHger poté anche avvalersi degli scritti
gnostici ed esseni venuti alla luce a Nag Hammadi e Qumran negli
anni '40.
Il risveglio di interesse per la demonologia in campo teologico
fu la premessa per un parallelo risveglio in campo storico 17 : qui
basterà citare i lavori di Jeffrey B. Russell 18 e Bernard Teyssèdre 19 •
Nel 1987 a Lovanio si svolse un simposio su angelologia e demo-
nologia, seguito nell'anno successivo a Torino da un altro conve'-
gno esclusivamente dedicato ai diavoli 20 ; compaiono nel contempo
miscellanee di studi dedicati a questo argomento, segno tangibile
di un'attenzione sempre crescente21 , oppure raccolte di testi com-
mentati, come quella di Adele Monaci dedicata ai primi tre secoli

15 H. A. KELLY, The Devi/ al Baptism.


16 H. A. KELLY, La morte di satana.
17 Per un'analisi critica di alcune pubblicazioni dell'ultimo trentennio,

A. MoNACI, Il diavolo e i suoi antenati.


18 Sono tutti tradotti in italiano: J. B. RussEL, Il diavolo nel mondo antico;

ID., Satana; ID., Il diavolo nel medioevo; ID., Il diavolo nel mondo moderno; lo.,
Il principe delle tenebre.
19 B. TEYSSÈDRE, Il diavolo e l'inferno; ID., Nascita del diavolo.

20 Anges et démons, ed. J. RIEs; L'autunno del diavolo, edd. E. CoRSINJ et alii.

21 Ad esempio Il demonio e i suoi complici, ed. S. Pmcoco.


28 CAPITOLO l

del cristianesimo22 • Il grande pregio di questi studi è soprattutto


quello di aver messo in luce la "insufficienza dei modi con cui si
guarda di solito la demonologia: come, cioè, coacervo piuttosto
disarticolato di credenze, di pratiche e di comportamenti; come
frutto avvelenato di un mondo in cui l'irrazionale sembra pren-
dere il sopravvento sulla ragione; come malattia mentale o come
espressione di un pensiero marginale <<popolare•), in bilico fra magia
e superstizione" 23 •
Per quanto concerne l'esorcismo nell'antichità cristiana, al di
là di recenti tentativi di occuparsi della liturgia esorcistica in pro-
spettiva teologica, manca ancora un'approfondita indagine storica-
mente fondata e "uno studio accurato che in diacronia e in sincro-
nia, distinguendo le aree geo-culturali, faccia cogliere le sfumature
della preghiera esorcistica" 24 • Un tentativo di analisi della pratica
dell'Esorcismo nel cristianesimo antico è stato proposto nel 1991
da Elizabeth A. Leeper25: occupandosi dell'esorcismo degli ener-
gumeni e dei catecumeni, la Leeper ha fatto largo uso degli stru-
menti dell'antropologia e della sociologia, concentrandosi sull'esor-
cismo come atto terapeutico, mezzo di controllo sulla devianza
dottrinale, segno di coesione e di identità sociale e strumento di
conversione. Manca però una vera e propria raccolta ed analisi di
tutte le fonti, che la Leeper seleziona per temi ed utilizza sola-
mente in traduzione, senza la dovuta attenzione ai testi originali.
Il 2002 ha visto l'uscita di un pregevole volume di Eric Sorensen
che si occupa di Possessione ed esorcismo nel Nuovo Testamento e
nel cristianesimo antico 26 ; la vastità del materiale preso in esame
(dal vicino oriente antico sino ai primi secoli del cristianesimo) gli
ha certamente imposto di dedicare alla disamina del cristianesimo
antico extrabiblico non più di una cinquantina di pagine, assai
dense e stimolanti: rimane ampio spazio per una trattazione esclu-
siva, più approfondita.

22 A. MoNACI, Il diavolo e i suoi angeli. Testi e tradizioni.


23 A. MoNACI, La demonologia cristiana, p. 112.
24 A. M. TRIACCA, Esorcismo, p. 721.
2S E. A. LEEPER, Exorcism in Early Christianity. È una tesi inedita, di cui
ho consultato copia fotostatica. I risultati sono sintetizzati in EAD., The Role o(
Exorcism in Early Chrislianity.
26 E. SoRENSEN, Possession and Exorcism in the New Testament and Early
Christianity.
BREVE STA TUS QUAESTJONJS 29

A qualche anno dalla promulgazione di un nuovo rituale degli


esorcismi per la Chiesa cattolica latina 27 , il mio lavoro vuole porre
rimedio, per quanto sarà possibile, a queste lacune.

27 De exorcismis et supplicationibus quibusdam (gennaio 1999); la traduzione

italiana ufficiale: Rito degli esorcismi.


CAPITOLO 2
UN PERCORSO INTERPRETA TIVO

l. Possessione, demoni, esorcismi ed esorcisti: la terminologia


Va preventivamente chiarita la terminologia italiana che ho
adoperato per descrivere i diversi generi di attività diabolica svolta
nei confronti dell'uomo, contro cui vengono impiegati gli esorcismi.
Ho cercato di operare una scelta aderente ai testi, senza lasciarmi
influenzare dalle classificazioni proposte dalla teologia recente 1 • Con
il termine possessione od ossessione'l indico pertanto l'inabitazione di
un demone in una persona; con infestazione qualifico ogni altra infe-
riore seppur straordinaria attività diabolica, esplicata sia sulle cose
(infestazione locale) sia sulle persone (infestazione personale)3 • Le
vittime della possessione, conseguentemente, saranno dette indif-
ferentemente indemoniate, possedute od ossesse. Recuperando un

1 I teologi parlano di circumsessio, infeslatio, obsessio, possessio ed inses-


sio. Con circumsessione si indica normalmente una vessazione, una persistente
azione negativa nei confronti di una persona che si configura come un vero
e proprio assedio (circumsedere, infatti significa sedere intorno, quindi cingere
d'assedio o circondare); I'infestazione è l'attività vessatoria esplicata sulle per-
sone o sulle cose, anche se la medesima parola viene adoperata confusamente
per descrivere fenomeni anche differenti tra loro. Ancora più incerto è l'uso
di ossessione e possessione, che per taluni sono sinonimi, per altri servono ad
indicare fenomenologie diverse, talora sconfinanti nelle precedenti definizioni.
Insessione sta per possessione.
2 In ossequio ad una lunga tradizione non rinuncio all'uso di ossessione, anche

se nel moderno linguaggio medico serve ad indicare un particolare disturbo psi-


chico. Il termine possessione è certamente preferibile, perché ben descrive un
particolare dominio esercitato dal demonio sull'individuo, descritto come una
vera occupazione, un possesso; obsidere, infatti, significa letteralmente assediare
o molestare una persona, non posseder/a. Tuttavia, da tempo le due espressioni
sono usate in maniera intercambiabile (il Rituale romanum tridentino racco-
glieva i formulari esorcistici in una sezione denominata De exorcizandis obsessis
a daemonio).
3 È la classificazione proposta, tra l'altro, in C. BALDUCCI, Gli indemoniati,
pp. 2-6. Più esaustivo M. FIORI et alii, Angeli e demoni, pp. 361-381, con nutrita
bibliografia.
32 CAPITOLO 2

termine del tutto tradizionale, chiamo energumeni (eve:pyot)[J.e:VoL)


quegli indemoniati nei quali la presenza del demonio e la sua atti-
vità (èvépye:Loc) sono palesi, e nei quali sono percepibili i consueti
sintomi della possessione, tra i quali si possono ricordare l'insolita
agitazione motoria, la violenza, la perdita di coscienza, l'infermità,
le manifestazioni di natura soprannaturale4 •
Per designare i diavoli cristiani adopero indifferentemente i ter-
mini dèmonefdèmoni e demòniofdemòni; per indicare gli spiriti della
tradizione pagana, invece, uso sempre solo dèmonefdèmoni. Così
facendo mi adeguo agli scrittori cristiani antichi: mentre i pagani
usano quasi solo 3ocL[J.CùV e daemon, di cui hanno peraltro una con-
cezione assai differente, i cristiani, pur prediligendo 3ocL[J.6vLov e
daemonium, li usano entrambi come se fossero sinonimi. Quando
traduco un testo antico, rispetto sempre l'uso dell'autore, differen-
ziando con l'accento i plurali omografi.
Per esorcismo oggi si intende comunemente "il procedimento, il
mezzo impiegato per allontanare la presenza reale o presunta del
demonio, per cacciarlo da un luogo, da un oggetto, da un corpo,
soprattutto da un corpo umano, che egli occupa, possiede, infesta o
invasa" 5 • Non sarà difficile trovare definizioni assai più generiche,
senza riferimenti ai demoni della tradizione giudaico-cristiana6 , o
più restrittive, dove per esorcismo si intende solo la liberazione
delle persone possedute da uno spirito malvagio, ignorando gli esor-

4 Sull'uso di questo termine, cfr. T. KLAUSER, Energumenoi; S. lsETIA, La

follia demoniaca, pp. 153-155.


5 J. FoRGET, Exorcisme, col. 1762. Spesso sembra che negli strumenti di

consultazione si dia per scontato che il lettore conosca già il senso preciso del
termine: invano si cercherà una definizione di esorcismo nel Dictionnaire d'Ar-
chéologie Chrétienne et de Liturgie o nel Dictionnaire de Spiritualité, Ascétique el
Mystique i quali, peraltro, gli dedicano una voce.
6 L. DELLA ToRRE, Esorcismo, col. 1238: "Nel linguaggio etnologico e storico-
religioso, esorcismo indica una forma di rito difensivo (apotropaico) e purifica-
torio, di carattere decisamente magico, a mezzo del quale si eliminano dalle
persone e dalle cose le situazioni negative che ostacolano e inficiano la pienezza
vitale di essere"; L. SIMEONE, Esorcismo, col. 596: "Rito lustratorio per il quale,
servendosi di formole, gesti ed oggetti, e dell'invocazione di un essere fornito di
potere soprannaturale, si allontanano i cattivi influssi spiritici"; M. Orr, Exor-
zismus, col. 1125: "L'esorcismo [... ] è l'espulsione o allontanamento rituale di
forze o spiriti malvagi da persone, esseri viventi od oggetti".
UN PERCORSO INTERPRETATIVO 33

cismi sugli oggetti o sugli animalF. Talvolta queste moderne defi-


nizioni si rivelano inadeguate nella loro descrizione di un concetto
che nel tempo ha subito delle trasformazioni. È chiaro che lungo i
secoli il significato della parola è mutato, ed ha assunto differenti
valori semantici; le definizioni oggi correnti, pertanto, non neces-
sariamente rendono ragione dell'uso antico. È opportuno quindi
accantonare per il momento le moderne interpretazioni del termine
esorcismo, e domandarsi che cosa esso potesse indicare realmente
nell'epoca di cui ci stiamo occupando, partendo dall'indagine eti-
mologica e dall'analisi delle occorrenze pervenuteci8 •
La parola italiana esorcismo ed i suoi corrispondenti9 derivano
dal latino exorcismus (verbo exorcizo}, calco del sostantivo greco
è:t:opKLO"fJ.6ç (verbo è:t:opKL~w). La radice di questi lemmi sta nel
sostantivo élpKoç, la cui etimologia è oscura 10 ; esso, usato prevalen-
temente come complemento di ()fJ.VUfJ.L, designava anzitutto l'oggetto
sacro per il quale si presta giuramento. In Omero, il fiume Stige è
detto élpKoç degli dèi: Era lo invoca a testimonio della veridicità
delle proprie parole, pronunziate di fronte al marito Zeus 11 • In un
altro passo è invece uno scettro l'oggetto che funge da garante
di un giuramento di Achille: "Giurerò su un grande élp:~toç", dice,
palesando con chiarezza il riferimento all'oggetto per il quale giu-
rava, inteso come garanzia della promessa 12 • Zeus è citato da Pin-

7 F. G. BASEL, Exorzismus, col. 348: "Esorcismo in senso stretto è l'allonta-

namento rituale di un demone che provoca una infermità in una persona da lui
posseduta, nel quale sta in primo piano l'impiego di riti verbali"; P. HABER-
MEHL, Exorzismus, p. 401: "L'espulsione di uno o più spiriti maligni (demoni,
diavolo) da un uomo posseduto, ottenuta a mezzo di un preciso rituale".
8 Un'operazione simile, ma con oggetto differente, l'ha già compiuta

E. BARTSCH, Die Sachbeschworungen, pp. 4-22.


9 Francese exorcisme; inglese exorcism; tedesco Exorzismus; spagnolo e por-

toghese exorcismo.
10 Cfr. P. CHANTRAINE, Diclionnaire étymologique de la langue grecque, vol. 3,

pp. 820-821.
11 HoMERUS, Ilias, XV, 36-40: "Il ciel, la terra attesto (diessi a gridare) e il

sotterraneo Stige, che degli Eterni è il più tremendo giuro (ISpx.oç 8e:Lv6Toc'!"oç),
ed il sacro tuo capo, e l'illibato d'ogni spergiuro maritai mio letto". Traduzione
di Vincenzo Monti.
12 HoMERUS, Ilias, l, 233-334: "Ma ben t'annunzio, ed altamente il
giuro (t7tL fl.ÉyiXv ISpx.ov) per questo scettro". Cfr. anche Il, 755; VII, 411;
X, 321; XXIII, 581. Un altro esempio in ARCHILocus, Fragmenta, 173:

ISpx.ov èvoacpta6"f)ç fl.Éyocv l &Àocç Te: KIXL 't"p&ne:~IXV.
34 CAPITOLO 2

daro come garante di giuramento da parte degli umanP 3 , e per


Esiodo "Opxoç è il dio che protegge i giuramenti, figlio di Eris 14 •
Dopo Omero, il termine indica correntemente il giuramento 15 • Que-
sto giuramento è anzitutto una solenne dichiarazione il cui valore
viene ancor più accresciuto mediante il riferimento a qualcosa di
particolarmente autorevole 16 • Si giura per gli occhi, per gli dèP 7 e
per altre cose e persone, ed opxoç è usato in dipendenza di verbi
quali Ò!J.VUVIX~ (giurare), ÀIX!J.~&:ve~v (ricevere), 3~Mv!X~ (prestare),
't"l)p€LV (osservare), etc.; l'espressione opxoLç 'tWÒt XIX't"IXÀIX!J.~cXV€LV si-
gnifica legare qualcuno con giuramenti 18 • Da opxoç dipende òpx6w,
far prestar giuramento (e'Cç nviX, in favore di qualcuno) 19 o fare scon-
giuri20; stesso senso ha Òpxt~w 21 , 't"Lv&:, e'Cç 't"LVIX o XIX't"cX 't"Lvoç della
cosa o persona in nome di cui si giura (Dio, il cielo)22 • Il termine
è utilizzato anche in senso più lato, nel senso di scongiurare 23 : in
tal modo va interpretato l'apostrofare del demonio nei confronti

13 PtNDARUS, Pythia, IV, 166-167: "Come possente garanzia (x<Xp't'Ep6c; i5pxoç)

sia per noi Zeus testimone di entrambi antenato".


14 HESIODUS, Opera et dies, 802-804: "Evita i giorni quinti del tutto infausti

e penosi; nel quinto giorno infatti si dice che le Erinni assistevano alla nascita
di Orcos, che Eris generò a rovina degli spergiuri". Traduzione di Lodovico
Magugliani.
15 Ad esempio, PtNDARUs, Olympia, VI, 19-21: "Di ciò non da rissoso né in

cerca di sfide vane, anzi giurando il giuramento grande (!J.Éy<Xv i5pxov) gli dò
chiara testimonianza". Traduzione di Luigi Lehnus.
16 Per un'ottima raccolta di testimonianze, J. SCHNEIDER, "Opxoç.

17 AEscHtNEs, De falsa legatione, 153, 3-4: ~yEr't'<X~ 8' i5't'<X\I n t.j1Eu8l)'t'<X~ -rwv

Mywv i5pxoç K<X't'~ 't'W\1 ocv<X~crx.u\l't'wv òcp6<XÀ!J.WV. HoMERUS, Odyssea, X, 299: ocÀÀ~
xÉÀEcr6<Xl fJ.~\1 fJ.<XXIipwv !J.Éy<Xv i5pxov Ò!J.6crcr<X~.
ts THUCYDIDES, H isloriae, IV, 86, 1: <XÒ-r6ç 't'E oòx È1tl x<Xxij), È7t' ÈÀe:u6Epw-
O'E~ 8i: 't'W\1 'EÀÀ~vwv 7t<XpEÀ~Àu6<X, i5pxo~c; TE A<XxE8<X~fJ.OV[wv XIX't'<XÀ<X~W\1 -r~
't'ÉÀlJ 't'ore; !J.e:ylcr't'mç.
19 ARISTOPHANES, Lysistrata, 187: 't'[v' i5pxov opKWO"E~c; 7to6' ~!J.iiç; THUCYDI-

DES, Historiae, VIII, 75, 2: i.'Jpxwcr<Xv 7tli\l't'<Xç 't'oÙc; cr-rp<X't'~W't'<Xç -roùç fJ.Eylcr't'ouç
i5pxouç (vincolare i soldati ai più sacri giuramenti); PLUTARCHUS, Gaiba, X, 3:
cl>&~~oç OòOCÀlJc; &pxwv [...] i.'lpxwcrE 7tpw-roç dc; r&À~<Xv.
20 0RIGENES, Contra Celsum, V, 45.
21 Usati assieme in DEMOSTHENES, De falsa legalione, 278, 7-9: oò 't'Ò fJ.È\1 t.jl~<p~­
O"fJ.<X ''t'oÙç &pXO\I't'<Xç OpXOU\1 't'OÙc; Èv 't'<Xrç 7t6ÀEO'~\I·, O~'t'O~ 8', oìJc; cl>[Àm7toc;
<XÒ-rorc; 7tpocrÉ7tE!J.t.jiE, 't'OU't'ouc; i.'lpx~cr<Xv;
22 Ad esempio, 2 Cr. 36, 13: &i.'Jpx~crEv <XÒ-rÒv x<X-r~ 't'ou 0Eou.
23 HERMAS, Paslor, 87, 5 (Sim. 9, 10): ~p/;li[J.l)\1 <XÒ't'Ò\1 opx[~E~\1 XIX'!'~ -rou
Kup[ou.
UN PERCORSO INTERPRETATIVO 35

di Gesù: "Ti scongiuro, per Dio, di non tormentarmi!" 24 • I papm


magici riporteranno il verbo opx~~(.ù come formula imprecatoria
rivolta ai demoni e agli spiriti, spesso accompagnato ad una invo-
cazione25; esso è anche utilizzato per indicare l'opera degli esorcisti
ebrei negli Atti degli Apostoli26 • Da questo verbo prendono forma
8pxLO"f1.1X, scongiuro, attestato al plurale nelle tabellae defixionum,
OpXLO"fJ-6<;, la prestazione di giuramento 27 , ed il nomen agentis del fun-
zionario che fa prestare giuramento, l'opxwTI]c; 28 •
Con il prefisso Èv- si ha ~vopxoç, legato a giuramento, giurato (di
persona) 29 e consacralo, giurato (di cosa) 30 ; ~vopxov 7tOLEL0"61XL significa
fare voto di qualche cosa 31 , e l'avverbio Èv6pxwç significa sotto
giuramento 32 • È attestato anche il tardivo Èvopx6w, scongiurare33 •
'Ev6pxLoç come aggettivo è variante di ~vopxoc;, secondo Pin-
daro, mentre come sostantivo indica nei Settanta il giuramento 34 ;
Èvopx~~w, utilizzato nella diatesi media, significa far giurare qual-
cuno, mentre in attivo scongiurare in nome di qualche cosa35 .
Il prefisso Èç- indica l'esito dell'azione; anzitutto Èçopx6w,
far prestare giuramento (come opx6w), che con l'accusativo della

24 Mc 5, 7: opx(~w <rE TÒV 0E6v, ~~ ~E ~acrav(cr-nç.


25 Papyri graecae magicae, IV, 3037: opx(~w crE, 1tiiv 7t:VEU~e< 8a~~6vwv,
Àe<Àijcra~; III, 43-51; ÈmxocÀou~oc( crE [...] opx(~w crE, TÒV Èv T<jJ -r6mp TOliT<p
È7t1)y1)p~Évov 8oc(~ovoc, xoct crÉ, -ròv 8oc(~ovoc -rou oc[Àoupou 7t:VEU~oc-rw-roG· ÈÀ6É
~o~ Èv Tij cr~~Epov ~~Épq:.
26 At t9, t3: "Vi scongiuro per quel Gesù che Paolo annunzia (opx(~w ù~iiç

-ròv 'I 1)<rouv &v IlocGÀoç X"Y)pucrcrE~)".


27 Gen 2t' 3 t; <l>ptocp opx~cr~oG; PoL YBIUS, H istoriae, VI, 33, 1-2: opx(~oucr~.

xoc6' tVOC 7t:O~OU~EVO~ TÒV opx~cr~6v.


28 ANTIPHON, De choreula, XIV, 5-6: xoct TOU opxw-roG &.xououcr~.

29 THUCYDIDES, H istoriae, II, 72, 2: 01)~oc"Lo~ [... J tvopxo~ 15v-rEç.


30 Una pietra consacrata, PLATO, Leges, 843a3: H6ov [...] tvopxov 7tocp!X 6Ewv.

31 PLATO, Phaedo, 89c3: tvopxov &v 7t:0~1)croc(~1)V W<r7t:Ep 'ApyEL'o~, ~~ 7tp6"TE-

pov xo~~crE~v.
32 Tob 8, 20; ATHENAEUS NAUCRATITA, Deipnosophislae, VI, t08, 22.
33 Nei papiri e in Scholia in Lucianum, 19, 23, 4: Èvopxw crE xoc-r!X -roG 7toc-

-rp6ç, ÀÉyE~ 8t -roG Ll~6ç (in nome di Zeus).


34 PINDARUS, Olympia, Il, 92: Èv6px~ov Myov. Num 5, 2t: Èv6pxwv Èv ~Écr<p

-roG Àocou crou.


35 losEPHUS, FLAVIUS, Anliquilales ludaicae, VIII, 404, 5-6: 6>ç ~XE 7tpÒç
-ròv "Axoc~ov xoct ÀÉyE~v ocò-r<jJ TOCÀ1)6tç oò-roç èvwpx(crno. t Thess. 5, 27:
Èvopx(~w ù~iiç -ròv Kup~ov; A. AuooLLENT, Defixionum tabellae, p. 26, t5:
Èvopx(~w ù~L'v -ròv ~occr~ÀÉoc "TWV 8oc~~6vwv.
36 CAPITOLO 2

cosa significa far giurare qualcuno per qualcosalf>. Da quest'ul-


timo, èç61JKWO"Lç, l'impegno del giuramento 37 , ma anche l'esorcismo
per Giuseppe Flavio38 . Finalmente si arriva ad èço!JKL~<.ù, far giu-
rare, a partire da Demostene39 • Oltre a questo significato, simile
ad èço~Jx6w, si ha scongiurare in nome di qualcuno (xcx't'& ·twoc;);
il Sommo sacerdote dice a Gesù di fronte al sinedrio: "Ti scon-
giuro, per il Dio vivente, perché tu ci dica se sei il Cristo, il Figlio
di Dio" 40 • Nei papiri magici e nelle tabellae defixionum il termine
acquista un carattere ancora più imperativo 41 , e negli scrittori cri-
stiani è precisamente scongiurare nel senso tecnico di esorcizzare42 •
Se l'ÈçOIJKL<rf.L6c; è l'atto di far prestare giuramento, il giuramento 43 ,
quindi l'esorcismo 44 , l'Èc;o!JKL<rTIJc; è colui che pronuncia scongiuri,
ovvero l'esorcista 45 • Negli Atti degli Apostoli si legge: "Tentarono

36 HERODoTus, Historiae, VI, 74, 8: 7tpoe<r-re<7l'rcxc; &:yt\IÉW\1 È~opxou\1 -rò


~TUyòc; ìJ8wp.
37 HERODoTus, Historiae, IV, 154, 19: éi;6pxwm\l -rou 'E-re<Xpxou.
38 IosEPHUS, FLAVIUS, Antiquitales ludaicae, VIII, 45, 4-46, 1: -rp61touc;
È~OpXW<JEW\1 XCXTÉÀL1tE\I, o!c; ol È'I80U(J.E\IOL T<Ì 8cxt(l6\ILCX.
39 Narra Polibio che i tribuni riunivano i propri soldati "e prendendone uno

fra tutti, il più idoneo, gli fanno giurare (È~opxl~ou<rt'l) che obbedirà ed ese-
guirà al possibile quanto ordinato dai comandanti" (Hisloriae, VI, 21, 1-3).
Cfr. DIODORUS Stcuws, Bibliolheca historica, I, 21, 6: È~opxl<rcxL 7t<i'l't"cxc; fL7)8EVl
87)ÀW<1EL\I -rij'l 8o67)<rO(J.É'I7)\I cxù-roi:'c; 7tl<r·m; anche II, 49, 3. Abramo fa pro-
nunciare questo giuramento al suo ministro: "Ti farò giurare (È~opxtw) per il
Signore Dio del cielo e Dio della terra, affinché tu non prenda una moglie per
il mio figlio Isacco dalle figlie dei Cananei" (Gen 24, 3).
40 Mt 26, 63: È~opx[~w <1E XCXT<Ì 't"OU 0eou 't"OU ~<7)\ITOc; r\lcx ~(J.t\1 errrnc; d <rÙ

o o
d Xpt<r-rÒc; ulòc; -rou 0eou.
41 Papyri graecae magicae, III, 119-120: È~opxl~w <rE xcx-r<Ì -r~c; É~pcxtx~c;
[cp]w\l~c; xcxt xcx-r<Ì -r[~]c; 'A"<iyx7)c; TW\1 'A\Icxyxcxlw[\1] Mcx<1XEÀÀL.
42 IUSTINUS, Dialogus cum Tryphone /udaeo, 30, 3; 76, 6; 85, 2-3; THEOPHILUS
ANTIOCHENUS, Ad Aulolycum, Il, 8; CLEMENS ALEXANDRINUS, Excerpla ex Theo-
doto, 82 (Teodoto); Traditio apostolica, 20-21.
43 PoLYBtus, Historiae, VI, 21, 6: ol 8' È" Tjj 'Pwfln X.LÀlcxpxot fLET<Ì -rò"

èi;opxL<r(J.Ò\1.
44 IRENAEUS LUGDUNENSIS, Adversus haereses, l, 23, 4.

45 Ps. LuctANUS, Epigrammata, in Anlhologia Graeca, Xl, 427: 8cx((J.O\ICX 7tOÀÀ<Ì

ÀCXÀW\1 ò~6<rTO(J.Oc; È~opxt<r-ri}c; È~É~cxÀ', oùx ISpxw\1, iXÀÀ<Ì x67tpw'1 81)\/<i(J.Et; PTo-
LEMAEUS, CLAUDIUS, Telrabiblos, 4, 4, 11; 0RIGENES, Homiliae in /esu nave, 24, l;
CYPRIANUS CARTHAGINENSIS, Epistulae, 75, 10; EUSEBIUS CAESARIENSIS, Historia
ecclesiastica, VI, 43, 11 (Cornelio).
UN PERCORSO INTERPRETATIVO 37

poi anche alcuni tra gli esorcisti (È~op:x.tcr't"f)ç) giudei ambulanti


di nominare il nome del Signore Gesù su coloro che avevano gli spi-
riti maligni, dicendo: "Vi scongiuro (op:x.(~w) per il Gesù che Paolo
annunzia" 46 • Una forma assai utilizzata è quella preceduta da È1t-;
quindi Èrmp:x.(~w. esorcizzo47 , ed btop:x.tcr't"f)ç, esorcista48 •
In latino, i calchi exorcizo 49 , già attestato da Ulpiano 50 , ed i deri-
vati exorcismus 51 ed exorcisla 52 negli scrittori cristiani a partire da
Tertulliano vengono ad assumere il senso proprio di esorcizzare,
esorcismo ed esorcista.
Il termine che traduce letteralmente il greco op:x.6w ed op:x.(~(l) è
adiuro. Come in greco, significa giurare, promettere con giuramento 53
su qualcuno o qualche cosa54 ; anch'esso però si orienta verso il
senso di legare, obbligare con giuramento, far giurare, e quindi scon-
giurare55 ed esorcizzarff>6. L'adiuratio è conseguentemente il giurare

46 At 19, 13: È7te:x.e:lplJaOtv ili ·nve:c; xOtt -rwv 7ttpte:px.o~J.Évwv 'IouiìOt[wv èé;opxt-

a-rwv òvo!l~~e:tv è1tt -roùc; ~x.ov-rOtc; -rdt me:u!J.Ot-rOt -rdt 7tOVlJpÒt -rò llvo!J.Ot -rou Kup[ou
a
'I lJ<10U Myov-re:ç, 'Opx[~w Ù!J.éi<; -ròv 'I lJGOUV v IlOtUÀoç XlJpUaae:t.
47 IUSTINUS, Apologia II, 6, 6.

48 lusTINUS, Apologia l I, 6, 6; ID., Dialogus cum Triphone Iudaeo, 85, 3;

EusEBIUS CAESARIENSIS, Historia ecclesiastica, VI, 43, 14 (Cornelio).


49 TERTULLIANUS, De idololatria, 11, 7; Sententiae episcoporum LXXXV II,

1.8.31; NOVATIANUS, De spectacu/is, 4, 3.


50 IusTINIANUS, Digesta, L, 13, 1, 3: "Non tamen si incantavit, si inprecatus
est, si, ut vulgari verbo impostorum utar, si exorcizavit".
51 TERTULLIANUS, De anima, 57, 5; ID., De praescriptione haereticorum, 41, 5;
ID., De corona, Il, 3; Sententiae episcoporum LXXXV I l, 37.
52 CYPRIANUS CARTHAG!NENSIS, Epistulae, 69, 15, 2; 23 (Luciano).
53 CrCERO, MARCUS TULLIUS, Epistulae ad Quintum (ratrem, II, 7, 1: "Adiurat
Procilius hoc nemini accidisse"; ID., Epistulae ad Atticum, II, 20, 2: "Pompeius
adfirmat non esse periculum, adiurat; addit etiam se prius occisum"; TERTUL-
LIANUS, De idololatria, 21, 2; ID., De praescriptione haereticorum, 37, 5.
54 VERGruus, PuBuus MARO, Aeneis, XII, 816: "Adiuro Stygii caput impla-
cabile fontis".
55 TERTULLIANUS, Scorpiace, l, 3.
56 TERTULLIANUS, Apologeticum, 31, 3; 32, 3; ID., De exhortatione castilatis,
IO, 2; MINUCIUS, FELIX, Octavius, 27, 7; CYPRIANUS CARTHAGINENSIS, Ad Deme-
trianum, 15; lo., Quod idola dii non sini, 7. Si veda anche la traduzione di
0RIGENES, Commentariorum series in evangelium Matthaei, IlO.
38 CAPITOLO 2

per, in nome di qualcosa 57 , l'invocazione e lo scongiuro che fanno


parte dell'esorcismo, e l'esorcismo medesimo 58 •
Da questa disamina si può concludere che per gli antichi esorci-
smo, nelle sue varianti greche e latine, ha progressivamente subito
uno slittamento dal significato originario di oggetto di giuramento e
di giuramento a quello di scongiuro. Gli scrittori dell'epoca da noi
presa in esame hanno per lo più serbato il concetto di scongiuro,
applicandolo all'attività dei maghi e degli esorcisti, con una cre-
scente tendenza ad adoperare il termine come designazione tecnica
dell'esorcismo sui demoni 59 • Una definizione di esorcismo che voglia
ben rappresentare il pensiero degli scrittori ecclesiastici del n e del
m secolo non dovrà quindi trascurare l'importanza dello scongiuro
come elemento caratterizzante. Con esorcismo si intendeva dunque
uno scongiuro pronunciato su un essere animato od inanimato in
nome di una potenza sovrannaturale, allo scopo di ottenere qualche
cosa. In particolare, quando indirizzato contro uno spirito malva-
gio, era il mezzo impiegato per allontanarne la presenza o l'influsso
negativo, specie per liberarne un luogo, un oggetto o un corpo che
egli infestava o possedeva. In questa sede mi sono occupato sola-
mente dell'esorcismo sulle persone, anche se secondo certi autori
esso era pure praticato su luoghi, oggetti ed animali 60 •

2. Demonologia cristiana e idolatria


Tutti gli uomini della Spiitantike, che siano pagani, ebrei o cristiani,
hanno la medesima concezione del mondo. Una concezione <<mitica>),
dove il mondo visibile è come annegato in un universo di esseri
invisibili ma tuttavia percepiti come estremamente reali, siano essi
angeli, demoni o geni 61 •

57 Per la propria incolumità, in APULEIUS MADAURENSIS, Metamorphoses,


II, 20, 22-27: "Sed instantia Byrrhenae, quae eum adiuratione suae salutis
ingratis cogebat effari, perfecit ut vellet".
58 Traduzione latina di 0RIGENES, Commenlariorum series in evangelium
Matthaei, 110.
59 In certe lingue moderne permane questa duplicità; in russo, ad esempio,
38KJIHHaHHe indica sia il generico scongiuro sia l'esorcismo dei demoni.
60 Cfr. ad esempio 0RIGENES, Contra Celsum, VII, 67; VIII, 43.

61 H. I. MARROU, Chrisliana tempora, p. 75.


UN PERCORSO INTERPRETATIVO 39

Un passaggio del Simposio di Platone può chiarire quale fosse la


tradizionale concezione pagana dei demoni:
La natura del demone tiene il mezzo tra il divino e il mortale [... ]
Interpreta e trasmette agli dèi le cose degli uomini, e agli uomini
le cose degli dèi [... ) Stando in mezzo tra gli uni e gli altri, colma
la distanza in modo da far diventare un tutt'uno connesso. Da lui
procede ogni divinazione, procedono le arti sacerdotali in materia
di sacrifici, le iniziazioni, gli incantesimi, ogni specie di presagio e
la magia. La divinità non si mischia con l'uomo62 •
I demoni erano dunque visti come intermediari tra gli uomini e
gli dèi. Agli occhi di taluni pagani tendenti all'enoteismo persino i
superni dèi della mitologia erano ormai ridotti a figure demoniche,
satrapi di un solo ed invisibile monarca oltremondano.
Ebrei e cristiani, strettamente monoteisti, contrapponevano
invece i demoni agli angeli, i messaggeri celesti di Dio. La demono-
logia cristiana che finì per affermarsi e diventare patrimonio dottri-
nale della Chiesa si formò soprattutto nel periodo che prenderemo
in esame, tra n e m secolo. Gli scritti del 1 secolo dei seguaci di
Gesù vanno interpretati principalmente alla luce della demonologia
giudaica, la quale si era da tempo confrontata con le credenze di
quei popoli orientali con i quali gli ebrei erano stati in contatto.
Ma l'apertura ai cristiani provenienti dal paganesimo costrinse ad
un ulteriore confronto con la tradizione filosofica greca, la quale
aveva già esercitato il suo influsso sul pensiero dell'ebreo Filone di
Alessandria. Se da parte pagana si aveva la convinzione che i demoni
fossero pacifici intermediari tra l'uomo e la divinità, ai quali rivol-
gersi con reverenza, il pensiero giudaico e cristiano ne aveva un
concetto assolutamente negativo. Per i cristiani il termine demoni
era passato a designare indifferentemente sia i diavoli della tra-
dizione biblica, sia gli dèi pagani, sia qualunque loro subalterno,
tutti riuniti sotto l'unica categoria di esseri soprannaturali intrin-
secamente malvagi da respingere con ogni forza. Frattanto, fioriva
nel mondo pagano una demonologia dal carattere più popolare e
paradossalmente più vicina alle credenze cristiane, ben rappresen-
tata dagli scritti di Plutarco, Apuleio, Massimo di Tiro, Filostrato,
e contenuta negli Oracoli caldaici.

62 PLATO, Symposium, 23 (202dl3-203a2). Traduzione di Giuseppe Martano.


Con questa citazione Eric R. Dodds apre il capitolo dedicato al mondo demo-
nico nel suo noto saggio Pagani e cristiani in un'epoca di angoscia (p. 37).
40 CAPITOLO 2

cristiani si trovarono allora nella necessità di affrontare il


patrimonio ideologico delle religioni del mondo greco-romano. La
predicazione del monoteismo e la lotta contro le divinità pagane
dovette scontrarsi con una serie di credenze nella capacità oraco-
lare, taumaturgica e miracolistica degli dèi tradizionali che erano
profondamente radicate tra il popolo e ben poco scalfite dalla ten-
denza spiritualizzante dei pensatori dell'accademia (i quali, peral-
tro, si adeguavano ai culti tradizionali). Il problema, che nasceva
proprio dalla decantata presenza di questi fenomeni soprannaturali
che rischiavano di minare la fede dei cristiani nell'unicità del loro
Dio, dovette essere presto affrontato alla ricerca di una spiegazione
convincente; la soluzione non poteva che passare attraverso l'anni-
chilimento delle divinità in questione. "Gli antichi dèi detronizzati,
allora, non perdettero ogni efficacia sugli spiriti ed ogni intervento
nei fatti umani. Fu ad essi riserbata una strana sorte: diventarono
demoni, ultima loro miseranda trasformazione" 63 • Quei numi che
avevano avuto altari e templi "non muoiono, non dileguano, ma si
trasformano in demòni, perdendo alcuni l'antica formosità sedut-
trice, serbando tutti la pravità antica, accrescendola" 64 • Questa
identificazione dèi-demoni, nella quale Eric Sorensen ha visto un
vero e proprio "trasferimento di culto" 65 , finì per sfruttare in parte
una tendenza già mostrata da parte di alcuni pensatori pagani, i
quali - seppure con presupposti diversi - tendevano ad assimilare
quegli esseri benefici che operano nel mondo ai aoctf.tove:c; interme-
diari, posti a servizio dell'inaccessibile divinità suprema. Il cristia-
nesimo, descrivendo i demoni come angeli decaduti o come frutto
dell'unione tra angeli ribelli e donne, si impegnò a dimostrare la loro
natura intrinsecamente malvagia (suscitando in proposito le feroci

63 C. PASCAL, Dèi e diavoli, p. 71. La prima parte del volume di Carlo Pasca!

a distanza di un secolo costituisce ancora un'ottima e godibile presentazione


del concetto che si ebbe degli dèi e dei demoni nel mondo pagano, e di quello
che prevalse tra i cristiani; questo va riconosciuto a suo merito, al di là delle
sue personali e discutibili interpretazioni dei contrasti tra pagani e cristiani
esaminati nella seconda e terza parte del libro (Pasca!, tra l'altro, attribuisce
ad una fazione cristiana particolarmente violenta la responsabilità dell'incendio
di Roma del 64). Si vedano poi C. MoRESCHINI, Il demone; P. DoNINI, Nozioni di
daimon; V. BIANCHI, Sulla demonologia; F. E. BRENK, In lhe Lighl o{ lhe Moon;
lo., lndex lo Conlribulion.
64 A. GRAF, Il diavolo, p. 28.

6 5 E. SoRENSEN, Possession and Exorcism, p. 169.


UN PERCORSO INTERPRETATIVO 41

critiche di Celso): questi spiriti maligni ingannerebbero il popolo


presentandosi come divinità e compirebbero meraviglie sfruttando
le proprie facoltà preternaturali. Anche i poeti antichi sarebbero
stati da essi ispirati, nel creare opere letterarie che spesso altro non
erano che plagi delle profezie veterotestamentarie; lo stesso demone
di Socrate non sarebbe stato altro che un demonio66 • L'avidità di
sacrifici spingerebbe i demoni a favorire l'edificazione di luoghi di
culto sacrificate, la loro natura truffaldina interverrebbe a dirigere
i sogni, gli oracoli e le guarigioni degli uomini che si volgono ad
adorarli. Inoltre, essi sarebbero in grado di prendere possesso delle
persone, danneggiandole e sottraendo ad esse il controllo di sé.
A questi falsi dèi, a questi malvagi esseri spirituali che pullulano nel
mondo intero e nello spazio aereo che lo circonda, chi si converte
viene costretto ad abdicare apertamente, in una forma che ben
presto nella liturgia dell'iniziazione cristiana assunse la solennità di
una cerimonia di rinuncia. Il ripudio di ogni pompa di Satana pre-
vede l'abbandono di tutto l'insieme delle manifestazioni del culto
idolatrico pagano. Anzitutto, il rigetto del culto delle statue: l'idea
che gli dèi fossero presenti nei loro simulacri, ai quali il fedele
pagano poteva rivolgersi, anche iscrivendo su di essi la propria peti-
zione, era ben nota ai cristiani. Ci sono pervenuti rituali pagani per
attirare dentro i simulacri una speciale presenza divina, allo scopo
di provocare qualche soprannaturale manifestazione; ecco perché
per i cristiani fu ovvio ritenere le statue come oggetti infestati dai
demoni67 • Motivo di reale contaminazione è la partecipazione ai
sacrifici nei quali i demoni si pascono delle carni offerte, durante
i quali non sono infrequenti i fenomeni di possessione diabolica
per chi si ciba degli idolotiti, secondo quanto narra Cipriano68 • Il
culto delle divinità, peraltro, non si esauriva nella mera partecipa-
zione alle cerimonie religiose, essendo profondamente radicato nella
vita sociale e civile. L'arte, il teatro e i giochi pubblici ricadevano
spesso sotto condanna; non solo era fatto divieto di frequentare
il teatro 69 , ma andava anche evitato qualunque mestiere correlato
con l'idolatria: è questo il motivo per cui Tertulliano biasima un

66 0RIGENES, Contra Celsum, VI, 42; VIII, 35; THEOPHILUS ANTIOCHENUS, Ad


Autolycum, Il, 8 (Il, 10); TERTULLIANUS, De anima, l, 4-5.
67 MINUCIUS, FELIX, Octavius, 27, 1.
68 CYPRIANUS CARTHAGINENSIS, De [apsis, 24-25.
69 NOVATIANUS, De spectaculis, 4, 3.
42 CAPITOLO 2

venditore di incensi, che a suo parere senza coerenza pratica rituali


di esorcismo contro le medesime divinità che poi foraggia con i suoi
aromi. Infatti "non v'è arte alcuna, nessuna professione o affare che
in qualche modo si occupa di apparecchiare o formare idoli, che
possa sfuggire alla qualificazione di idolatria" 70 • Gli autori cristiani
lamentano il fatto che non sempre l'adesione al cristianesimo fosse
accompagnata da un conforme distacco da alcuni aspetti del paga-
nesimo: narrando l'episodio della donna che viene posseduta da un
demonio dopo essere entrata in un teatro 71 , Cipriano vuole dimo-
strare che al cristiano non è più concesso di superare il confine che
lo separa dagli idoli che ha rinnegato, anche solo entrando in un
luogo posto sotto il dominio degli spiriti malvagi. Allo stesso modo,
l'accesso ai sacramenti non è permesso a chi ha acconsentito ad un
commercio col demonio: è Dio stesso che lo impedisce, punendo
assai severamente i trasgressori 72 • La possessione diabolica vista
come conseguenza della contaminazione dei cristiani con l'idolatria
è un argomento che assume un'importanza del tutto particolare in
un'epoca di persecuzioni, quando l'autorità romana moltiplicava i
propri sforzi per ottenere l'apostasia dei fedeli: il miserabile epilogo
della vicenda di certi lapsi, il cui corpo viene sconvolto e posseduto
dai demoni ai quali hanno ceduto, doveva suonare come un terri-
bile monito, di cui Cipriano si serve in modo particolare.

3. Esorcismo, alterità e competizione religiosa


L'antropologo Jonathan Z. Smith, prendendo spunto dalla cop-
pia di opposizioni binarie che descrivono l'auto-percezione dei dif-
ferenti gruppi umani primitivi ("umanojnon umano" e "noijloro") 73 ,
ha tentato una più complessa classificazione delle tipologie di auto-
differenziazione, proponendo questi quattro modelli: l) "essi sono
come noi"; 2) "essi non sono come noi"; 3) "essi ci assomigliano
troppo"; 4) "noi non siamo come loro". Queste percezioni di alte-
rità, egli osserva, entrano sempre in gioco non solo nella storia dei
conflitti religiosi tra gruppi che si percepiscono come profonda-
mente diversi, ma anche all'interno di gruppi che hanno aspetti in

70 TERTULLIANUS, De ido[o/alria, 11, 7-8.


71 TERTULLIANUS, De speclaculis, 26, 1-2.
72 CYPRIANUS CARTHAGINENSIS, De /apsis, 25-26.
73 Cfr. R. REDFIELD, The Primitive World, p. 92.
UN PERCORSO INTERPRETATIVO 43

comune74 • È un modello che mi sembra ben applicabile all'uso che


i cristiani dei primi secoli fecero della demonologia. L'avversario
religioso non cristiano, che non fa parte del gruppo dei "noi", viene
facilmente screditato ricorrendo ad una vera e propria demonizza-
zione: i "loro" sono seguaci di Satana e nemici di Dio, e di con-
seguenza nemici dei "noi". Il medesimo meccanismo si ripropone,
qualche volta anche con maggiore virulenza, tra gruppi cristiani
affini: l'eretico, molto spesso, sembra peggiore del non cristiano.
Già la tradizione israelita, servendosi della categoria del "popolo
eletto da Dio", si era contrapposta ai nemici di Israele, alle altre
nazioni inferiori ed empie, i goyfm (c;il). Il pensiero apocalittico
ebraico, recepito anche da gruppi come quello degli esseni, spinse
questa interpretazione fino ad ipotizzare una guerra cosmica delle
forze del bene in combattimento contro quelle del male. Se nel
Nuovo Testamento Satana è spesso associato ai nemici ebrei di
Gesù, più che all'invasore romano, in breve tempo i convertiti alla
nuova fede che affrontavano le persecuzioni romane lo scorsero, lui
e i suoi demoniaci vassalli, operante tra i pagani. L'ira che questi
dimostravano verso i cristiani, dal rozzo popolino fino all'impera-
tore stesso, non poteva essere altro che l'effetto di una universale
trama diabolica, architettata da quei medesimi demoni che si pre-
sentavano sotto le mentite spoglie di divinità. Lo stesso schema
venne ben presto applicato ad un altro genere di oppositori, gli
eretici, e questa progressiva accumulazione di nemici dalle carat-
teristiche demoniache perdurò lungo i secoli. Nel xvi secolo Martin
Lutero stigmatizzava come agenti di Satana tutti gli ebrei, tutti
coloro che si opponevano all'aristocrazia terriera prendendo parte
alla rivolta dei contadini, tutti i protestanti non luterani e natu-
ralmente tutti i cristiani fedeli alla Chiesa cattolica; il Pontefice
romano era l'Anticristo in persona, e contro di lui il riformatore
diresse il suo scritto Wider das Papsttum zu Rom, vom Teu{el gesti{-
tet. Questa attitudine non si differenzia per nulla dal modo con cui,
ad esempio, Ireneo di Lione descriveva i seguaci di Simone e Car-
pocrate, il cui atteggiamento - a suo dire - "coincide perfettamente
con il comportamento dei demonF5 ".

74 J. Z. SMITH, Relaling Religion, p. 27. Cfr. In., What a Dif{erence a Differ-


ence Makes.
75 IRENAEUS LUGDUNENSIS, Adversus haereses, Il, 31, 3.
44 CAPITOLO 2

Ampliando questa prospettiva, Elizabeth A. Leeper ha insistito


sul particolare ruolo dell'esorcismo nella gestione dell'atteggia-
mento cristiano nei confronti del paganesimo, nella fondazione di
una identità cristiana, nel mantenimento di un legame di coesione
sociale interna e nel controllo della devianza 76 • Si è già visto quale
fosse lo stretto rapporto tra il tema demonologico e l'idolatria.
Uno degli episodi più indicativi di questo scontro interreligioso, nel
quale la possessio ne diabolica e l'esorcismo giocano un ruolo prima-
rio, è quello narrato dal vescovo Firmiliano di Cesarea. Una donna
spinge il popolo all'eresia e si sostituisce alla legittima autorità
ecclesiastica; l'intervento dell'esorcista serve a smascherare davanti
agli occhi di tutti l'identità del demone che la possiede e dimo-
stra altresì la superiorità della Chiesa che l'esorcista rappresenta,
esercitando fedelmente la virtù della disciplina religiosa77 • La pos-
sessione demoniaca di cui la donna cappadoce è accusata la pone
al di fuori dei confini della Chiesa e svela il suo commercio con il
demonio: l'attività che ella svolgeva si configura immediatamente
come inaccettabile, e implicitamente rende desiderabili e normativi
i comportamenti ad essa contrapposti. In un periodo nel quale il
cristianesimo poteva essere smembrato dagli scismi interni e dalle
persecuzioni esterne, lo stabilire uno stretto legame tra la devianza
e l'associazione ai demoni forniva una motivazione in più per com-
battere il dissenso e sopportare gli attacchi provenienti dall'esterno.
Proprio l'episodio della donna cappadoce probabilmente rimanda
ad un contesto di opposizione al profetismo montanista da parte
della grande Chiesa, dove l'accusa di ossessione diabolica colloca
automaticamente la posseduta al di fuori dei confini ecclesiali.
Il carattere per certi versi ancora fluido dell'organizzazione delle
comunità cristiane, all'interno delle quali non si era del tutto con-
solidato il ruolo del laicato e degli ordini clericali minori, rendeva
maggiormente vulnerabile la loro stabilità favorendo, come in que-
sto caso, fenomeni di contrapposizione tra cristiani. La risposta
della grande Chiesa a questa difficoltà si orientò su due fronti: da
una parte una più celere istituzionalizzazione, accompagnata da
un'avocazione a sé della funzione esorcistica prima esercitata più

76 E. A. LEEPER, Exorcism in Early Chrislianily e, in breve, EAo., The Role


of Exorcism.
77 CYPRIANUS CARTHAGINENSIS, Epislu[ae, 75, 10.
UN PERCORSO INTERPRETATIVO 45

liberamente; dall'altra, la delegittimazione di coloro che agivano


senza l'approvazione dell'autorità ecclesiastica costituita.
Una dimostrazione di questa crescente diffidenza poteva forse già
essere osservata in epoca apostolica: dai Vangeli di Marco e Luca si
apprende che inizialmente l'attività degli esorcisti ebrei non appar-
tenenti alla cerchia dei discepoli, ma svolta in nome di Gesù, non
era condannata da Gesù stesso, in quanto, egli affermava, "chi non
è contro di noi è per noi" 78 • Ma negli Atti degli Apostoli gli esorcisti
figli di Scevà non sembrano nelle condizioni di poter usare il nome
di Gesù per pronunciare i propri scongiuri: essi vengono apostrofati
dal demonio, afferrati e malmenatF9 • La notorietà di questi perso-
naggi, figli di un sommo sacerdote, rende ancor più drammatico
il loro errore e ancor più evidente il loro fallimento; essi rappre-
sentano perfettamente il clima di concorrenza tra gruppi religiosi
sulla strada della diversificazione, in una situazione totalmente
differente da quella osservata alcuni anni prima quando Gesù era
ancora in vita. Anche la terminologia utilizzata sottolinea questa
contrapposizione: negli Atti si parla di È;opxL<rTIX( ebrei, usando un
termine che non si riscontra altrove né negli scritti di Luca né negli
altri scritti che compongono il Nuovo Testamento; allo stesso modo
i verbi Òpx(~w ed È;opx(~w. raramente adoperati, vengono sempre
applicati a personaggi estranei alla cerchia di Gesù. Questa diffe-
renziazione terminologica decadrà nell'uso degli scrittori successivi,
che invece useranno senza difficoltà tali designazioni anche per gli
esorcisti cristiani.

78 Mc 9, 38-41: "Giovanni gli disse: "Maestro, abbiamo visto uno che scac-

ciava i demòni nel tuo nome e glielo abbiamo vietato, perché non era dei
nostri". Ma Gesù disse: "Non glielo proibite, perché non c'é nessuno che faccia
un miracolo nel mio nome e subito dopo possa parlare male di me. Chi non è
contro di noi è per noi"; Le 9, 49-50: "Giovanni prese la parola dicendo: "Mae-
stro, abbiamo visto un tale che scacciava demòni nel tuo nome e glielo abbiamo
impedito, perché non è con noi tra i tuoi seguaci". Ma Gesù gli rispose: "Non
glielo impedite, perché chi non è contro di voi, è per voi".
79 At 19, 13-16: "Alcuni esorcisti ambulanti giudei si provarono a invocare
anch'essi il nome del Signore Gesù sopra quanti avevano spiriti cattivi, dicendo:
"Vi scongiuro per quel Gesù che Paolo predica". Facevano questo sette figli di
un certo Scevà, un sommo sacerdote giudeo. Ma lo spirito cattivo rispose loro:
"Conosco Gesù e so chi è Paolo, ma voi chi siete?". E l'uomo che aveva lo spi-
rito cattivo, slanciatosi su di loro, li afferrò e li trattò con tale violenza che essi
fuggirono da quella casa nudi e coperti di ferite".
46 CAPITOLO 2

Codesta delegittimazione di carattere ecclesiale va spesso di pari


passo, come visto, con la demonizzazione dell'avversario. C'è peral-
tro un'altra tematica che balza agli occhi di chi si accosti ai rac-
conti di esorcismo. Trattasi del ricorso al tema della magia, una
pratica che in età ellenistica aveva preso maggior forza dal con-
tatto con il vicino oriente, specie con l'Egitto; i sortilegi magici
si procuravano i servigi degli spiriti paredri, oppure avevano lo
scopo di favorire il successo di chi li pronunciava o di chi li com-
missionava ad un esperto mago. Le diverse descrizioni delle pre-
stazioni religiose all'interno dei diversi gruppi che le praticavano
vanno considerate come lo specchio di tentativi di classificazione
più o meno consapevoli dei diversi fenomeni religiosi 80 • Per usare
le parole di David Aune, l'accusa di magia diviene "una forma di
controllo sociale usato da quelli che appartengono alla struttura
dominante della società, per etichettare ed esercitare un controllo
su coloro che si trovano nelle aree ambigue e non strutturate della
società" 81 • Occorre ricordare che in quel tempo non esisteva una
separazione chiara ed universalmente condivisa tra i differenti
mezzi di guarigione, ossia la medicina, il miracolo e la magia. Mi
pare significativo questo moderno tentativo di distinzione:
La medicina è un metodo di diagnosi e terapia delle malattie umane
basato su una combinazione di cognizioni teoriche ed empiriche
riguardo al corpo, alle sue funzioni e alle sue disfunzioni. Il mira-
colo implica la pretesa che si possa ottenere la guarigione appellan-
dosi agli dèi, sia direttamente sia mediante un agente eletto come
intermediario. La magia è una tecnica, basata su parole o azioni,
tramite la quale si raggiunge un certo obiettivo, sia che questo con-
sista nella soluzione di un problema del richiedente sia che consista
nel danno del nemico che ha causato il problema82 •
In realtà, i confini tra questi diversi aspetti non erano sempre
evidenti: se può essere relativamente facile isolare il campo della
medicina pura, quando essa mira a facilitare le funzioni naturali

80 A. DESTRO - M. PESCE, Antropologia delle origini cristiane, specie pp. 85, 90


e 91.
81 D. E. AUNE, Magie in Early Chrislianity, p. 1523. Sul tema della magia
nel cristianesimo antico, si veda T. NtcKLAS- T. J. KRAUS, Ancient Christianity.
Sulla magia in epoca imperiale, anche come categoria polemica, M. T. FùGEN,
Die Enteignung der Wahrsager, pp. 183-253. Per il diritto ebraico e romano,
F. LUCREZI, Magia, stregoneria e divinazione.
82 H. C. KEE, Medicina, miracolo e magia, p. 17.
UN PERCORSO INTERPRETATIVO 47

del corpo, sarà molto più difficile distinguere tra il miracolo e la


magia. In certi casi, come accusa anche Taziano, la medicina e la
cpocpfJ.ocxdoc, intesa come medicina che fa ricorso alla magia, viag-
giano su binari assai vicini, facili ad essere confusi83 • Una tale sot-
tigliezza di confine la si riscontra peraltro ali 'interno dello stesso
mondo ellenistico, dove accanto alle scuole mediche di Pergamo e
Cos si trovavano templi nei quali veniva praticata l'incubazione; le
formule magiche invocavano quelle medesime divinità che conce-
devano i miracoli, e anche il razionalista Galeno poteva concedere
l'uso degli amuleti, quando la medicina mancava di efficacia84 •
Ciascun gruppo religioso poteva fare un uso differente di que-
ste classificazioni concettuali, facendo quadrare le proprie pratiche
all'interno delle sopradette categorie in maniera diversa. L'accusa
di praticare l'arte magica, che era malvista sia dagli ebrei sia dai
cristiani, è un'arma che può venire utilizzata con presupposti dis-
simili nel contesto delle dispute tra i gruppi religiosi; i successi di
coloro che non appartengono al proprio gruppo possono essere liqui-
dati come frutto delle arti magiche ejo demoniache. Ciò va di pari
passo con un verificabile aumento dei processi civili contro i maghi
a partire dal 1 secolo della nostra era: il diritto romano, infatti,
considerava la magia come un crimine. Fin dal 33 a.C., e poi nel 16
e nel 52 d.C., come ci informano Dione Cassio e Tacito, erano stati
emessi senatoconsulti contro astrologi e maghi, e nel 69 Vitellio
si era particolarmente accanito contro buffoni ed astrologi; si era
giunti in tal modo alla proibizione assoluta dell'esercizio dell'arte
magica, attestata all'inizio del m secolo nelle Sentenliae del giurista
Paolo, ed infine recepita nel Digeslo 85 • Sfruttando quest'argomenta-
zione accusatoria, si poteva anche fornire una risposta convincente
per quei casi in cui un gruppo religioso concorrente voleva vantare
capacità taumaturgiche. Da parte degli ortodossi, la capacità tau-
maturgica messa in atto dai pagani, dagli eretici o dalle presunte
divinità pagane è ascritta all'intervento demoniaco. Sono proprio

83 TATIANUS, Oratio ad Graecos, 16-18.


84 Su questo tema, S. FELICI, Medicina religiosa, medicina magica, medicina
scientifica.
85 CAssms Dw, Historiae Romanae, XLIX, 43, 5; TACITUS, CoRNELIUS, Anna-
les, Il, 32; XII, 52; SvETONJUS, Vitae Caesarum, Vitellius, 14; PAULUS, Sententiae,
V, 23, 17-18. Testi raccolti in G. FILORAMO - S. RODA, Cristianesimo e società
antica, pp. 90-92.
48 CAPITOLO 2

i demoni a causare le malattie degli uomini, afferma Taziano: una


volta soggiogata la loro mente mediante apparizioni oniriche ed
occupato il loro corpo con la propria presenza, li esortano a presen-
tarsi davanti ad una folla; abbandonando poi quei corpi di fronte a
tutti, gli spiriti illudono gli astanti di essere i guaritori di quell'in-
fermità che, invece, erano stati loro stessi a provocare. Questa spie-
gazione che fa ricorso alla possessione diabolica o all'infestazione
demoniaca è anche condivisa da Tertulliano e da Minucio Felice.
L'inganno diabolico prevede, secondo Tertulliano, il peccaminoso
ricorso a rimedi "nuovi o antitetici", o la contaminazione con i
fumi provenienti dai sacrifici idolatrici, come sostiene Minucio86 • In
Ireneo, invece, assume maggior importanza il tema del ricorso alle
arti magiche: gli gnostici ricorrono volentieri alla magia, e l'esor-
cismo è una delle attività accostate all'uso di incantamenti, filtri
ed incanti amorosi, la cui efficacia è garantita dall'intervento di
demoni paredri ed oniropompi87 . Gli Atti di Pietro, con una quasi
perfetta identificazione tra Simon Mago e Satana, sono il migliore
esempio di quest'assimilazione tra le figure del mago, dell'eretico
e del diavolo. La demonizzazione della persona del mago, che in
parecchie altre società viene perfettamente tollerata, secondo Peter
Brown affonda le sue radici proprio nell'ambito di uno scontro tra
due sistemi concorrenti all'interno di una società88 •
Ovviamente, il diverso uso delle categorie concettuali di medi-
cina, miracolo e magia produce una reciproca contrapposizione di
accuse, speculari ed utilizzabili in vario modo. Ciò accade non solo
tra le varie confessioni cristiane, ma anche tra cristiani ed ebrei e
tra pagani e cristiani; il pagano Celso accusa i cristiani, gli ebrei e
lo stesso Gesù di operare la magia 89 • Evidentemente, nessuna delle
correnti religiose sembrava detenere il monopolio del soprannatu-
rale:
esse tentarono di proporre un fondamentale criterio di distinzione
antologica fra miracoli di maghi e miracoli di 6e:6q)LÀOt in base alla
presenza o all'assenza di <<tecniche>> di cattura del divino: i primi
operando sortilegi spesso illusori o pereunti, in cooperazione con
forze demoniache (deboli, rispetto alla potenza di Dio), asservite

86 TERTULLIANUS, Apologeticum, 22, 11; MINUCIUS, FELIX, Oclavius, 27, 2.


87 IRENAEUS LUGDUNENSIS, Adversus haereses, l, 23, 4.
88 P. BROWN, Magia, demoni e ascesa del cristianesimo, p. 57.
89 0RIGENES, Contra Celsum, I, 6; II, 49.
UN PERCORSO INTERPRETATIVO 49

attraverso manipolazioni materiali e formulari appositi; i secondi


capaci, invece, di sollecitare l'intervento divino grazie alla sola pre-
ghiera o a invocazioni semplicissime90 •
Quando Giustino insiste sull'efficacia dell'esorcismo cristiano,
superiore agli scongiuri di tutti gli altri esorcisti, incantatori e pre-
paratori di rimedi magici, si vede costretto a riconoscere una certa
efficacia anche agli esorcismi pronunciati dagli ebrei; non si trat-
tiene però dal biasimare la TÉXVYJ dei loro riti, simile a quella ado-
perata dai gentili, con i quali essi condividerebbero l'uso di aromi
e legamenti91 . In tal modo egli introduce un criterio differenzia-
livo tra i due generi di esorcismo: la semplicità dell'invocazione
del nome di Gesù, senza l'ausilio di alcuna altra tecnica, è con-
trapposta all'artificio dei pagani e, in misura ridotta, degli ebrei.
Il redattore delle Epistole ai vergini attribuite a Clemente romano
contrapporrà la semplicità e l'umiltà dei buoni esorcisti alla gar-
rulità e allo sfoggio di memoria e di eloquenza di quei pronuncia-
tori di formule di scongiuro che vanno accuratamente evitati92 •
Secondo Ireneo, ogni prodigio che viene dagli gnostici è compiuto
grazie all'arte magica "ingannando gli occhi e mostrando fantasmi
che subito vengono meno e che non durano neppure un istante";
non occorre pertanto prestare fede ai loro esorcismi apparente-
mente efficaci: i seguaci dell'eresia non hanno alcuna possibilità
di mettere in fuga i demoni, eccezion fatta per quelli mandati da
loro stessi. Se quindi gli gnostici sono accusati di menzogna, dal
momento in cui si servono della magia (e quindi dei demoni) per
ottenere risultati peraltro temporanei, la Chiesa da parte sua "non
fa nulla con invocazioni angeliche o con incantesimi o con qualche
perversa arte magica, ma innocentemente, puramente e manifesta-
mente rivolgendo preghiere al Signore che ha creato tutte le cose, e
invocando il nome del Signore nostro Gesù Cristo". È Ireneo stesso
ad abbozzare un ulteriore criterio che permetta di distinguere i cari-
smi autentici dagli pseudocarismi; la loro autenticità va giudicata
sulla base dell'appartenenza o meno alla Chiesa di tradizione aposto-
lica da parte di chi li compie. Ma non va sottovalutata neppure l'ar-
gomentazione che tocca l'aspetto morale: la Chiesa "compie prodigi a

90 L. CRACco RuGGINI, Il miracolo nella cultura del tardo impero, p. 178.


91 IusnNus, Apologia Il, 6, 6; Dialogus cum Tryphone Iudaeo, 85, 3.
92 Ps. CLEMENS RoMANUS, Epistulae ad virgines, I, 12, 2-3.
50 CAPITOLO 2

vantaggio e non a seduzione degli uomini" 93 • Il tema è ulteriormente


valorizzato da Origene, dove la finalità etica è elevata al rango di
discriminante: "Nessun ciarlatano con i suoi prodigi invita gli spet-
tatori a un miglioramento dei propri costumi, né educa al timore
di Dio". L'Alessandrino condivide la volontà di differenziare la
pratica esorcistica ortodossa da quella eterodossa, mettendone
in luce la semplicità e la purezza, contrapposte all'artificiosità
e alla tenebrosità dei riti magici 94 • Pertanto elabora una serie di
chiavi interpretative attraverso le quali è possibile distinguere il
vero miracolo dall'opera di magia: i mezzi adoperati, che aborri-
scono ogni ricorso ad incantesimi od oggetti magici ed operano in
virtù della semplice fede; l'orizzonte religioso, che rifiuta il culto
dei demoni e si rivolge all'adorazione dell'unico Dio; lo scopo, che
è quello di elevare la vita spirituale degli uomini; da ultimo, la per-
sonalità del taumaturgo, modello di pietà e di santità. Importante
dimostrazione di una tale buona disposizione è l'assoluta gratuità
dell'opera del taumaturgo, in obbedienza al comando evangelico
"gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date" (Mt 10, 8): è
questa un'argomentazione condivisa da Ireneo, da Tertulliano, da
Origene, dal redattore degli Atti di Tommaso e delle Epistole ai ver-
gim'95.
Il quadro appare così completo, e la grande Chiesa mostra di aver
elaborato una serie di criteri di delimitazione tra ortodossia ed ete-
rodossia, tra miracolo e magia, tra soccorso divino e malefizio demo-
niaco: l'appartenenza e la fedeltà alla Chiesa, l'accordo con l'autorità
ecclesiastica legittima, il ripudio della magia intesa come ricorso al
demonio, l'assenza di tecniche ed artifizi di cattura del divino, la
semplicità delle invocazioni e dei formulari, il ricorso alla preghiera,
la finalità moralmente encomiabile, la gratuità dei rimedi ed infine
la santità dell'operatore. Sulla base di questa chiave interpreta-
tiva si realizza il giudizio sulla validità e sull'efficacia delle capa-
cità esorcistiche all'interno dei gruppi religiosi concorrenti; tutto

93 IRENAEUS LUGDUNENSIS, Adversus haereses, Il, 32, 3; Il, 31, 2; Il, 32, 5;
Il, 31, 2; IV, 26, 5.
94 0RIGENES, Contra Celsum, l, 68; VII, 4.

95 IRENAEUS LUGDUNENSIS, Adversus haereses, Il, 31, 3; Il, 32, 4; TERTULLIA-


NUS, Apologeticum, 37, 9; lo., De spectaculis, 29, 3; ORIGENES, Contra Celsum,
l, 68; Il, 52; Acta Thomae, 20; Ps. CLEMENS RoMANUS, Epistulae ad virgines,
l, 12, 4.
UN PERCORSO INTERPRETATIVO 51

ciò serviva egregiamente allo scopo di fornire argomenti in un


ambiente connotato da una forte competizione religiosa.

4. Motivazioni apologetiche e propagandistiche dell'esorcismo


Il potere dei cristiani sugli spiriti malvagi, che si palesa in tutta
la sua efficacia proprio grazie all'efficacia dei loro esorcismi, è
uno dei temi cari alla letteratura apologetica. Sorta come difesa
della fede dalle accuse e dalle persecuzioni dei pagani, essa in con-
creto è esposizione delle dottrine dei cristiani, richiamo alla loro
vita individuale e sociale, ma anche polemica contro il culto ed
i costumi pagani, soprattutto contro l'idolatria ed il politeismo; e
questo tema era strettamente legato all'argomento demonologico.
Né tutto ciò era completamente privo di precedenti, se si considera
che atteggiamenti polemici contro il politeismo e l'idolatria, che
toccano l'ambito della demonologia cristiana, non erano mancati
presso gli ebrei e neppure presso i pagani; con ciò, nemmeno l'auto-
critica pagana non aveva modificato sensibilmente l'attaccamento
alla religio tradizionale 96 • Gli scrittori cristiani, rispondendo alle
accuse portate contro la propria fede e al contempo avanzando la
proposta di adesione ad essa, fondono indissolubilmente l'elemento
apologetico con quello propagandistico; la collocazione dei racconti
esorcistici in questo contesto andrà dunque considerata principal-
mente alla luce di un forte intento missionario 97 • Non è forse un
caso se, fatta esclusione per gli scritti contenuti nel Nuovo Testa-
mento, occorre spingersi alla metà del II secolo con Giustino per
ritrovare qualche inequivocabile riferimento letterario all'esorcismo
praticato nei circoli cristiani; è significativo che il tema compaia
per la prima volta nelle più antiche apologie pervenuteci, man-
cando quasi del tutto negli altri testi sopravvissuti.
Nell'apologetica occupa un ruolo di primo piano la demonolo-
gia, espressa sotto forma di una demonizzazione di tutto quell'am-
biente considerato come ostile alla verità cristiana. Si è già visto
come i pensatori cristiani, nel tentativo di fornire una spiegazione
a fenomeni diffusi quali la mitologia, la magia e la divinazione, ne
abbiano elaborato una spiegazione demonologica. Anche il semplice

96 Cfr. R. L. Fox, Pagani e cristiani, pp. 100-173.


97 Fondamentali gli studi di M. PELLEGRINO, L'elemento propagandistico e
protrettico, e V. MONACHINO, Intento pratico e propagandistico.
52 CAPITOLO 2

culto agli idoli è collegato all'azione dei demoni, i quali si sostitui-


rono all'unico Dio nel ricevere onori e sacrifizi. Tutte le pratiche
pagane sono descritte come mezzi con i quali i demoni tentano di
impedire la conversione al vero Dio; anche le persecuzioni contro
i cristiani sarebbero state istigate dai demoni medesimi, secondo il
medesimo principio per cui, più avanti, non si esiterà a stigmatiz-
zare l'origine demoniaca delle eresie. Si può dunque intendere l'im-
portanza che l'argomentazione demonologica riveste nella polemica
cristiano-pagana (ma anche ebraico-cristiana) dei primi secoli, ed il
significato che la lotta contro i demoni acquista alla luce di queste
considerazioni 98 •
Afferma Adolf Harnack che "i cristiani entrarono nel gran
mondo come scongiuratori di demoni, e lo scongiuro fu strumento
importantissimo di missione e di propaganda" 99 ; persuasi della pro-
pria capacità di sconfiggere i demoni, essi si mostrano convinti del
fatto che anche tra i pagani questa loro qualità potesse essere rico-
nosciuta. Quando Giustino si rivolge ai suoi lettori per convincerli
della veridicità del cristianesimo, utilizza come prova la ben nota
virtù esorcistica dei fedeli, che a suo dire si palesa sotto gli occhi
di tuttP 00 . Ireneo attesta apertamente il valore propagandistico
dell'opera esorcistica cristiana, vantandosi del fatto che "spesso
quegli stessi che sono stati purificati dagli spiriti maligni arrivano
a credere e ad essere nella Chiesa " 101 . Tertulliano si spinge fino a
provocare i pagani ad una vera e propria 7tpox).:Y)mç, invitando i
suoi interlocutori a condurre un indemoniato di fronte ad un cri-
stiano qualsiasi, per dimostrare la sua capacità di costringere i
demoni alla confessione: "Se non confesseranno, non osando men-
tire ad un cristiano, versate pure in quello stesso luogo il sangue
di quel cristiano sfrontatissimo. Cosa c'è di più chiaro di un tale

98 Esistono studi sulla demonologia degli apologisti il cui valore argomen-


tativo può essere esteso anche ad altri autori, indipendentemente dalla cate-
goria letteraria: H. WEY, Die Funktionen der bosen Geister; sul rapporto con la
demonologia greco-romana F. ANDRES, Die Engellehre. Sul tema angelologico e
demonologico nella letteratura apologetica l. GIORDANI, La prima polemica cri-
stiana, pp. 21-35; A. PUECH, Les Apologistes grecs, nella sezione che dedica alla
démonologie di ogni autore; J. DAN1ELOU, Messaggio evangelico, pp. 499-507.
99 A. HARNACK, Missione e propagazione, p. 99.
100 lusTINUS, Apologia l l, 6, 5-6; lo., Dialogus cum Tryphone /udaeo,
85, 1-2.
101 IRENAEUS LUGDUNENSIS, Adversus haereses, Il, 32, 4.
UN PERCORSO INTERPRETATIVO 53

procedimento? Cosa più fedele di questa prova? La semplicità della


verità è davanti agli occhi, la sua virtù l'assiste: non sarà lecito
aver alcun sospetto" 102 • Il rito dell'esorcismo è quindi potente stru-
mento di convincimento della veridicità e superiorità del cristia-
nesimo ed al contempo dimostrazione non solo per i pagani, ma
eventualmente anche per i cristiani stessi, della natura demoniaca
degli dèi. Certamente questo non significa che all'epoca mancas-
sero altri strumenti per contrastare le potenze del male: Graham
Twelftree ha cercato di mostrare come in realtà esistessero anche
frange del cristianesimo antico che si mostravano riluttanti verso
l'utilizzo delle pratiche esorcistiche (così risulterebbe, ad esempio,
da un approfondito esame del Vangelo di Marco). Passando in ras-
segna i testi più antichi risulterebbe che l'interesse verso l' esorci-
smo, inizialmente alto, sarebbe successivamente diminuito con il
passare del tempo, fino a non essere nemmeno più preso in con-
siderazione dagli autori cristiani delle prime decadi del 11 secolo.
Come già l'evangelista Giovanni, questi autori avrebbero infatti
ritenuto che la battaglia contro il demonio potesse essere condotta
con altri mezzi diversi dall'esorcismo. Un ritorno di interesse per
gli scongiuri contro i diavoli sarebbe avvenuto più tardi, a metà
del 11 secolo a Roma (finale lunga di Marco, Giustino, etc.). Uno
dei motivi che potevano rendere scettici di fronte all'utilizzo delle
pratiche esorcistiche poteva essere il pericolo di una possibile con-
fusione tra i metodi esorcistici cristiani e quelli non cristiani1°3 •
Un elemento che colpisce l'attento lettore dei racconti di esorci-
smo è la completa mancanza di dettagli sull'identità dei posseduti e
degli esorcisti. Sebbene i riferimenti a situazioni nelle quali l'esorci-
sta cristiano otteneva il trionfo sugli spiriti malvagi davanti ad una
folla di testimoni siano numerosi, gli autori non sembrano interes-
sati a rendere maggiormente credibili le loro asserzioni riportando
fatti circostanziati e nomi dei protagonisti. L'efficacia dell'opera
degli esorcisti cristiani è presentata come un dato di fatto, condi-
viso anche dagli interlocutori pagani, così evidente e pacificamente
accettato da non necessitare di ulteriore dimostrazione. N el rivol-
gersi a Scapula, Tertulliano, senza alcun tentennamento, insiste sulla
capacità esorcistica dei cristiani, della quale il proconsole dovrebbe
essere in grado di accertarsi - se lo volesse - in grazia della pro-

102 TERTULLIANUS, Apo/ogeticum, 23, 4-7.


103 G. H. TWELFTREE, In the Nome of Jesus, pp. 279-292.
54 CAPITOLO 2

pria posizione 104 . Ovviamente la genericità di molti di questi riferi-


menti e la loro costante riproposizione nella letteratura apologetica
obbligano ad inquadrarli, almeno in parte, nell'ottica di un topos
letterario; un esempio lampante dell'uso ripetuto delle medesime
argomentazioni si evince dal confronto sinottico di alcuni passi di
Tertulliano, Minucio Felice e Cipriano, dove la dipendenza formale
è evidente.

5. Atti apocrifi degli apostoli ed esorcismo


Il tema demonologico trova la sua massima e più diffusa collo-
cazione negli Atti apocrifi. Il ripetuto confronto di questa lettera-
tura con il romanzo greco, inaugurato dagli studi di Rosa Soder,
ha impedito un'adeguata indagine critica della sua demonologia,
osserva Adele Monaci 105; lo scontro tra Dio e Satana, che tanta
parte ha in questi racconti, è stato spesso sottovalutato e spiegato
semplicemente come un meccanismo drammatico tipico del genere
romanzesco. L'opposizione tra il personaggio principale ed un
avversario, in questo caso il demonio, imiterebbe le funzioni svolte
nel romanzo dalla Tyche, causa delle peripezie e degli ostacoli che
ritardavano il ricongiungimento finale della coppia di innamorati.
Tale interpretazione, la quale riduce il tema demonologico ad un
semplice meccanismo letterario, ha sviato la ricerca su altre temati-
che, senza concentrarsi adeguatamente sull'importanza che l'agone
tra il bene ed il male rivestiva per gli autori di questi testi.
Gli Atti apocrifi vincono certamente la gran parte dei modelli
profani nella descrizione del portentoso; risurrezione di morti,
maledizioni mortifere, azioni prodigiose compiute da animali ed
esorcismi si susseguono continuamente in quegli scritti, al punto
che verrebbe spontaneo paragonare a Cristo l'eroe protagonista
della narrazione: dinanzi a lui si prostrano i bisognosi, parlano i
demoni, si sovvertono le leggi della natura 106 • Questo genere di
racconti si basa su un particolare concetto dell'&.7t6(jTOÀoç diffuso
nel cristianesimo antico, che ne fa un personaggio di particolare
riguardo a causa del suo alto ufficio di mediatore della rivelazione

104 TERTULLIANUS, Ad Scapulam, 4, 4-5.


105 A. MoNACI, La demonologia negli Alti di Pietro, p. 331.
106 Cfr. P. J. AcHTEMEIER, Jesus and lhe Disciples as Miracle Workers.
UN PERCORSO INTERPRETATIVO 55

e di garante dell'ortodossia 107 ; prova vivente della potenza della


divinità, egli entra in libera concorrenza con i numerosi sosteni-
tori di differenti religiosità. È interessante notare come negli Atti
apocrifi si ponga l'accento sulla particolare e straordinaria capacità
dell'apostolo nella lotta contro Satana. Mentre nel resto della let-
teratura cristiana coeva la tendenza è quella di sottolineare conti-
nuamente le capacità di tutti i credenti di avere la meglio sul dia-
volo, al punto di attribuire ad un cristiano qualunque la capacità
di compiere esorcismi efficaci, qui il conflitto cosmico è portato ad
un siffatto grado di esasperazione e la figura dell'apostolo è elevata
ad un tale livello, che il suo intervento sembra essere l'unica spe-
ranza nella lotta contro le forze malvagie. Non si incontrano mai
comuni cristiani dotati della capacità di scacciare i demoni: questa
rimane una prerogativa apostolica, che esaspera l'abisso che inter-
corre tra un comune cristiano ed un apostolo di Gesù.
In un mondo completamente abbandonato alla mercé dei demoni,
si pone l'accento sui miracoli straordinari compiuti dagli apostoli
per opera dello Spirito Santo, i quali spingevano intere folle a rico-
noscere la divinità di colui nel cui nome erano compiutP 08 • È que-
sta una tematica propagandistica già descritta, che trova la sua
naturale collocazione all'interno di una letteratura che si occupa di
descrivere la predicazione apostolica nel mondo: la dimostrazione
della potenza del Dio che gli apostoli predicavano, resa in tal modo
evidente, si opponeva a qualsiasi altro culto e cercava di differen-
ziarsi chiaramente dall'attività più o meno demoniaca di maghi
ed impostori. L'argomento miracolistico aveva una grande presa
sull'uditorio, e la potenza divina, irrefrenabile e talora terrificante,
si mostrava senza possibilità di dubbio nei più svariati modi. Il
mondo da cristianizzare ospitava un gran numero di divinità; sola-
mente una forza eccezionale poteva essere in grado di eliminare ogni
competizione e costringere alla fedeltà in un unico Dio, eliminando
ogni alternativa: le pubbliche dimostrazioni di forza avevano una
funzione probante in questo senso. A questo potente strumento di
conversione e a tali manifestazioni di grandezza gli antichi testi-
moni attribuivano gran peso e fiducia incontestabile. In questa
prospettiva il trattare con i demoni, scacciarli, umiliarli e rendere

107 Sviluppa questo argomento W. A. BIENERT, Das Apostelbild in der a/t-

christlichen Oberlieferung.
108 Analizza il tema F. BovoN, Miracle, magie et guérison dans /es Actes.
56 CAPITOLO 2

palese la loro inferiorità è un modo assolutamente essenziale per la


definizione cristiana del monoteismo: la visibile superiorità del Dio
dei cristiani su tutti gli altri dèi, identificati con i demoni, diventa
un potentissimo strumento di conversione 109 •
Non si deve sminuire l'importanza di questi racconti: anche
se noi li riconosciamo come creazioni letterarie ben distanti dalla
realtà, sappiamo che a quel tempo non erano le uniche stupefa-
centi narrazioni considerate perfettamente attendibili. Quello della
verosimiglianza è un problema che affligge più il lettore moderno
che quello antico. Se è del tutto improbabile l'origine apostolica
dei racconti di esorcismo degli Alli apocrifi, l'uso di determinati
formulari e gesti può essere interpretato dagli storici moderni come
riproposizione anacronistica di abitudini note agli autori di que-
gli scritti e praticate nella loro regione geografica di provenienza.
Ciò, nell'ambito della storia della liturgia, è stato verificato in pa~­
ticolar modo per quanto concerne i racconti dei rituali battesimali,
e ritengo possa essere applicato con una certa cautela anche ai riti
di esorcismo.
All'interno di questa letteratura è assolutamente evidente l'in-
fluenza del modello evangelico. Nella seconda metà del n secolo il
processo di strutturazione del canone biblico, almeno per quanto
riguarda i V angeli, è già sufficientemente avanzato, e gli scritti di
Matteo, Marco e Luca (Vangelo e Alli), nei quali sono raccolti la
stragrande maggioranza dei racconti di esorcismo, sono ben cono-
sciuti. Si può notare una stretta dipendenza tra gli episodi della
vita di Gesù dei Vangeli e le vicende narrate negli Atti apocrifi,
con numerose somiglianze sviluppate nel senso di una rielabora-
zione narrativa assai più romanzata. È caratteristica specifica di
questa letteratura l'uso di descrizioni precise, vere e proprie scene
che nella letteratura precedente e contemporanea non trovano nes-
sun parallelo; sono significativi i dialoghi tra l'apostolo (o un suo
inviato) e il mago o l'indemoniato, sempre puntualmente riportati,
molto spesso dipendenti dai dialoghi di Gesù contenuti nei V angeli.
Talora gli Alli (specialmente quelli di Andrea) si soffermano anche
sui luoghi in cui avvengono la possessione diabolica e l'esorcismo:
principa,lmente tra i sepolcri o lungo la strada, secondo un modello
evangelico, oppure nei bagni pubblici, probabilmente in relazione

109 Su questo ed altro, R. MAcMuLLEN, La diffusione del cristianesimo,


pp. 31-49.
UN PERCORSO INTERPRETATJVO 57

al fatto che questi luoghi venivano considerati particolarmente


adatti alla dimora dei demoni, in quanto moralmente riprovevoli a
causa della loro promiscuità 110 •
Negli Atti è percepibile una certa esasperazione dell'aspetto
drammatico dello scontro, nell'ottica di un'opposizione insanabile
Satana-apostolo. È poi fondamentale la presenza del pubblico, la
cui apparizione non obbedisce solamente ad una necessità narra-
tiva ereditata dal romanzo ellenistico 111 , ma anche ad una precisa
funzione di responsabilità, di testimonianza e di garanzia di quanto
è avvenuto, e permette di rendere ogni scena miracolosa una gran-
diosa e scenografica dimostrazione dell'importanza del cristiane-
simo. È vero che sono numerosi i casi in cui il testimone dell'effica-
cia degli esorcismi è un personaggio che proviene dall'aristocrazia,
o comunque una persona rispettabile, che in grazia della propria
posizione sociale fornisce certe garanzie di credibilità; ma è altret-
tanto vero che non manca mai la presenza di un pubblico che assi-
ste all'aperta dimostrazione di forza dell'apostolo. Il convincimento
e l'adesione entusiasta della folla è la naturale conclusione di ogni
racconto, che porta alla conversione e all'acclamazione dell'apo-
stolo; è chiara prova di questa fondamentale funzione del pub-
blico l'atteggiamento dell'apostolo descritto da un episodio tratto
dagli Atti di Andrea, dove il protagonista in un teatro gremito di
gente riporta in vita un uomo ucciso dal demonio, ma solo dopo
aver attirato l'attenzione degli astanti 112 • La conversione della folla
in generale, e in particolare quella degli indemoniati guariti, riporta
l'attenzione sullo stretto legame istituito tra l'efficacia dell'esorci-
smo e l'accettazione del messaggio cristiano propugnato dall'apo-
stolo; essa è resa esplicita mediante la ricezione del battesimo, con
il quale si concludono diversi racconti di liberazione.

6. Gnosticismo ed esorcismo
Il pensiero gnostico, con il suo pessimismo radicale espresso nei
riguardi del mondo materiale, governato da un demiurgo dalle

110 Acta Andreae: Vita Andreae Gregorii Turonensis, 6; 2; 17; 27; Acta Tho-

mae, 59.
111 Cfr. R. SooER, Die apokryphen Apostelgeschichten, pp. 160-162.

112 Acta Andreae: Vita Andreae Gregorii Turonensis, 14.


58 CAPITOLO 2

caratteristiche demoniache, ha sviluppato una demonologia assai


esasperata; Hans Jonas ne dà una descrizione assai efficace:
Il cosmo è per sé stesso un sistema demoniaco: non c'è parte del
cosmo vuota di demoni; e se l'anima rappresenta il cosmo nell'in-
teriorità dell'uomo, ovvero per mezzo dell'anima "il mondo" è
nell'uomo, allora l'interiorità dell'uomo diventa la scena naturale
per l'attività demoniaca e il suo io è esposto al gioco di forze che
non può controllare [... ] È pertanto condizione naturale dell'uomo
di essere preda di forze estranee che tuttavia sono tanta parte
di lui stesso, ed occorre l'intervento miracoloso della gnosi dal di
fuori per dare la capacità al pneuma imprigionato di ritornare a
ciò che gli è proprio [... ] Perciò l'esistenza nel mondo è essenzial-
mente uno stato di essere posseduto dal mondo, nel senso lette-
rale, ossia demonologico del termine. In una fonte piuttosto tarda
(l'Asceticon dei Messaliani) troviamo, come termine di opposizione
all'uomo spirituale, l'espressione "uomo demoniaco" invece dell'abi-
tuale "psichico" o "sarchico" (carnale). Ogni uomo, spiega il testo,
è posseduto dalla nascita dal proprio demone, che soltanto il potere
mistico della preghiera può espellere dopo l'estinzione di tutte le
passioni. In questo stato di vuoto l'anima si unisce allo spirito come
la sposa allo sposo. L'anima che non riceve Cristo in questo mondo
resta "demoniaca" e diviene abitazione dei "serpenti" (... ) Come si
vede, rimane poco dell'idea classica dell'unità e autonomia della
persona. Contro l'orgogliosa e alquanto superficiale fiducia della
psicologia stoica nell'io come padrone completo nella sua casa, che
gode piena conoscenza di ciò che è e di ciò che vi capita, lo sguardo
atterrito degli gnostici vedeva la vita intima come un abisso dal
quale sorgono potenze tenebrose per governare il nostro essere, non
controllato dalla nostra volontà, tale volontà essendo strumento ed
esecutrice di quelle potenze 113 •
Purtroppo la documentazione gnostica sopravvissuta è molto
lacunosa e in gran parte posteriore al periodo che abbiamo scelto
di esaminare; molti riferimenti alla pratica esorcistica degli
antichi gruppi gnostici vanno pertanto estrapolati dagli scritti
degli eresiologi. Ireneo attribuisce ai simoniani l'uso di "esorci-
smi ed incantamenti" 114 pronunciati dai loro mystici sacerdotes
o fLUG't"ocywyo(; la loro attività taumaturgica è tutta relegata nel
campo della magia, la cui efficacia va ascritta solamente al ricorso
ai demoni assistenti. Anche se è difficile decidere se tçopx~afL6ç

113 H. JoNAS, Lo gnosticismo, pp. 298-299.


114 IRENAEUS LUGDUNENSIS, Adversus haereses, l, 23, 4.
UN PERCORSO INTERPRETATIVO 59

indichi qui un esorcismo o piuttosto una generica formula di scon-


giuro, questa parrebbe essere la più sicura testimonianza di una
pratica esorcistica. Origene, nel commentare un'affermazione di
Celso secondo cui certi 7tpo:cr~uTo:po~ possedevano "libri contenenti
nomi barbari di dèmoni e ciarlatanerie" 115 , ritiene che egli abbia
in mente alcune raccolte di formule esorcistiche. L'Alessandrino
respinge l'accusa, ed alcuni commentatori si sono domandati se
Celso si riferisse a cristiani ortodossi o piuttosto a gnostici. Altro
non è dato di sapere: il resto della documentazione tocca il tema
dell'esorcismo battesimale, del quale mi occuperò più avanti.

7. Possessione, esorcismo, teologia ed esegesi


La principale giustificazione teologica della pratica esorcistica cri-
stiana è l'adempimento delle promesse fatte da Gesù ai suoi disce-
poli. I Vangeli contengono l'esplicito mandato di Cristo ed alcune
prove dell'efficacia della sua promessa; la capacità esorcistica viene
annoverata tra i segni di riconoscimento dei veri fedeli 116 • Tutti gli
autori sono concordi nell'attribuire a Dio la responsabilità della
buona riuscita degli scongiuri, del quale l'esorcista è solo esecutore
materiale; è quanto sottolineava già l'apostolo Pietro quando, dopo
aver operato un miracolo, diceva: "Enea, Gesù Cristo ti guarisce",
evitando di attribuirsi il merito del gesto (At 9, 34). Negli esorci-
smi pronunciati dai cristiani si rivela la continuazione dell'opera
messianica di Cristo, davanti al quale i diavoli adirati ma consape-
voli della propria impotenza sono costretti ad indietreggiare, sot-
tomettendosi all'opera di salvezza della Chiesa. In essa, vivificata
ed animata dallo Spirito divino, si radunano tutti i battezzati che,
partecipi della vittoria di Cristo, continuano la sua opera salvifica.
Contro questi cristiani, seppur già sciolti dal potere di Satana in
virtù del battesimo, il diavolo cerca di combattere con tutte le sue
forze; non sempre il combattimento è vano, in quanto l'esito della
battaglia è tutt'altro che scontato. Peraltro aleggia sempre l'intima
persuasione che, malgrado le operazioni delle forze del male, Cri-
sto ha già vinto Satana e la morte; qualunque combattimento con-
tro le potenze delle tenebre non è altro che un'anticipazione della

115 ORIGENES, Contra Celsum, VI, 40.


116 Mc 16, 17: "E questi saranno i segni che accompagneranno quelli che cre-
dono: nel mio nome scacceranno i demòni, parleranno lingue nuove [ ... )".
60 CAPITOLO 2

definitiva sconfitta che avverrà nel giorno del giudizio. Anche ogni
conflitto apparentemente insostenibile può diventare un'occasione
per spianare la strada alla futura vittoria della giustizia, dove
anche il martirio andrà interpretato come una gloriosa tappa lungo
la strada del trionfo.
Giustino presenta l'attività degli esorcisti cristiani non solo come
adempimento della promessa di "calpestare serpenti e scorpioni" 117 ,
ma anche in costante correlazione al tema cristologico. L'autore
insiste sul tema della potenza di Cristo nello schiacciare i demoni:
il Figlio di Dio, Logos coesistente con il Padre e Signore delle
potenze, si è infatti incarnato precisamente per la salvezza degli
uomini e la sconfitta dei demoni, corresponsabili dell'umana mal-
vagità118. Per Ireneo ciò è prova non solo della divina figliolanza
di Gesù, ma anche della realizzazione in lui delle profezie bibli-
che; nella Chiesa da lui istituita, inoltre, continua ad operare la
grazia, che si distribuisce tra i credenti sotto forma di :x.ocp(o-fL!XTIX,
tra i quali vi è il dono (8wpd.) della liberazione degli indemo-
niatP19. Quello dell'operatività dei carismi all'interno della Chiesa
è un tema così caro all'eresiologo da indurlo a scagliarsi con vigore
contro coloro che, anche in funzione antimontanista, rigettavano il
carisma profetico (gli alogi, ad esempio); Ireneo preferisce spendere
maggiori energie contro i negatori dell'attività dello Spirito nella
Chiesa, piuttosto che contro coloro che esercitavano tali carismi,
seppur in conflitto con la gerarchia ecclesiastica, come nel caso dei
montanisti.
La sconfitta di Satana, realizzata per mezzo dell'azione reden-
trice del Cristo (in quella che Giustino chiama obwvofL(!X della sua
missione terrena, insistendo sulla teologia della croce come vit-
toria sulle potenze malvagie 120) appartiene alla categoria del già
e del non ancora, poiché è già in atto al momento presente ma
avrà la sua suprema realizzazione solamente alla fine dei tempi.
La lotta dei cristiani contro le forze del male è resa possibile in
quanto Dio, nei misteriosi disegni della sua provvidenza, ha per-

117 lusTINUS, Dialogus cum Tryphone Iudaeo, 76, 6; cfr. Le 10, 17-19 e Sal
91 (90), 13.
118 IUSTINUS, Apologia I l, 6, 5; Io., Dialogus cum Tryphone Iudaeo, 76, 6;
30, 3; 85, 1-2.
ll9 IRENAEUS LUGDUNENSIS, Adversus haereses, Il, 32, 4.
120 luSTINUS, Dialogus cum Tryphone Iudaeo, 30, 3.
UN PERCORSO INTERPRETATIVO 61

messo a Satana di conservare una certa libertà di azione nel creato;


già vinto e consapevole della sua futura sconfitta, quando tutta la
creazione sarà assoggettata al Creatore e sarà annientato il potere
della morte sugli uomini, egli agisce ancora nel mondo, senza poter
impedire o ritardare ciò che avverrà nel compimento dei secoli 121 •
Tale lucida coscienza della sconfitta è resa palese dalle parole dei
demoni pronunciate attraverso la bocca degli uomini da essi posse-
duti, che ricorrono nei racconti riportati da autori diversi. Gli Atti
di Tommaso rappresentano in maniera del tutto esplicita questi due
aspetti, presentando racconti di demoni che per bocca delle persone
possedute si lamentano della venuta di Gesù e dei suoi esorcismi,
considerandoli un'illegittima anticipazione della battaglia escatolo-
gica del cui esito, peraltro, sono già perfettamente consci 122 •
Un particolare uso teologico dell'esorcismo è riscontrabile negli
scritti di Ireneo; egli lo presenta come prova della conoscibilità di
Dio da parte delle sue creature, in risposta a quegli eretici che rite-
nevano che gli angeli ed il demiurgo fossero ignari della suprema
divinità. Come i sudditi sono sottomessi all'imperatore pur non
avendolo mai veduto - afferma Ireneo -, cosi anche tutte le crea-
ture sono soggette al loro Creatore, del quale avvertono l'esistenza.
La prova è data dal fatto che ogni creatura si mostra sottomessa
alla bdxì..'Y)mc;; esorcistica; ciò non vale solamente per gli esorcismi
compiuti successivamente all'incarnazione del Cristo, quando si
rese visibile al mondo, ma anche anteriormente. L'efficace esorci-
smo degli ebrei, pronunciato in nome di Dio ancor prima che egli
si palesasse al creato per mezzo della discesa del Verbo sulla terra,
dimostra che gli spiriti malvagi erano impauriti dal suo nome anche
prima di averlo direttamente conosciuto, essendo per natura sotto-
messi a colui che li ha portati all'esistenza 123 •
La teologia alessandrina si è preoccupata di affrontare in
maniera sistematica la questione delle varie forme dell'esplicarsi
dell'azione diabolica sull'uomo, in subordine al tema del libero
arbitrio umano, principio irrinunciabile che accomuna il pensiero
di Filone, Clemente Alessandrino ed Origene. Clemente rigetta ogni
spiegazione del peccato che faccia appello ad una presenza o ad un

121 TERTULLIANUS, Apo/ogeticum, 27, 5-7; CYPRIANUS CARTHAGINENSIS, Ad


Demetrianum, 15.
122 Acta Thomae, 33; 44-45.
123 IRENAEUS LUGDUNENSIS, Adversus haereses, II, 6, 1-2.
62 CAPITOLO 2

reale attaccamento dei demoni nei riguardi dell'uomo. È questo un


naturale portato della volontà dell'autore di assicurare un posto pri-
vilegiato alla libertà come principio di ogni azione umana, nell'ot-
tica di un rifiuto di ogni de-responsabilizzazione morale: "Non si
dica che colui che agisce ingiustamente e pecca cade in fallo per
influenza dei dèmoni, perché, se così fosse, sarebbe innocente" 124 •
Clemente evidentemente vuole opporsi alla dottrina che interpreta
il peccato come conseguenza di una pesante influenza nefasta dei
demoni sull'uomo, che può anche essere descritta come attacca-
mento o dimora all'interno della persona. L'adesione o il rifiuto del
peccato sono una libera scelta dell'uomo, esente da ogni diabolica
costrizione esterna; inutile ipotizzare sui peccatori la necessarietà
di esorcismi che abbiano la pretesa di allontanare qualche demone.
Origene mostra di condividere questa attenzione a non offuscare
la realtà del libero arbitrio umano. Egli è intimamente convinto
che le tentazioni dell'uomo non siano tutte causate dai demoni: la
cagione delle stesse va equamente ripartita tra le potenze avverse
e la naturale e cattiva inclinazione umana. I demoni, peraltro,
sfruttano ogni occasione che viene loro fornita dalla debole con-
dizione umana, allo scopo di amplificare e favorire gli stimoli a
peccare. Origene condivide con Clemente la persuasione che l'inter-
vento demoniaco non possa mai impedire il consapevole esercizio
del libero arbitrio: la Scrittura afferma infatti che Dio non per-
mette che l'uomo sia tentato al di sopra delle proprie forze (l Cor
10, 13). Egli tuttavia ammette che il demonio possa impadronirsi
dell'animo umano, nel caso in cui l'uomo si orienti verso il male
assecondando i propri vizi e le proprie passioni, fornendo egli stesso
allo spirito malvagio la libertà di azione dentro di sé. Quanto più
la perseveranza nel peccato sarà grande, tanto più il demonio potrà
insinuarsi nell'animo, fino ad impadronirsene completamente. La
possessione etica quindi diventa una vera e propria possessione cor-
porale, due diverse gradazioni di una stessa attività demoniaca. Su
questi indemoniati, che hanno fatto spazio al demonio dentro di sé,
andranno dunque compiuti gli esorcismi di liberazione 125 • Cipriano,
da parte sua, insiste su un ulteriore particolare: la possessione dia-

12 4 CLEMENS ALEXANDR!NUS, Stromata, VI, 12, 98, l.


125 OR!GENES, In librum Iudicum homiliae, 3, 4; ID., In Leviticum homiliae,
5, 12; ID., Commentarii in evangelium Ioannis, XX, 331-333; ID., De principiis,
III, 2, 4; Il, 3, 4.
UN PERCORSO INTERPRETATIVO 63

bolica, come ogni tentazione, è subordinata alla volontà permissiva


di Dio: "Al diavolo non è concesso di agire sull'uomo, se Dio non lo
ha permesso"; ma ciò dipende anche, in qualche modo, dalla nostra
personale inclinazione al peccato 126 .

8. Caratteristiche della possessione diabolica


Per indicare coloro che sono posseduti da un demonio, il ter-
mine greco più utilizzato dagli scrittori presi in esame è indemo-
niati, cioè 8ocLfJ.Ovwvnç 127 e 8ocLfJ.OVLwvnç 128 • Le due forme, come
avviene per le coppie 8octfJ.WV - 8ocLfJ.6vwv e daemon - daemonium,
sono usate in maniera intercambiabile, senza alcuna differenza di
significato. In latino è attestato daemoniacus 129 • Il solo Giustino
adopera 8ocLfJ.OVL6À'YJ7tTOL, e Celso usa anche xocxo8oc(fJ.ovm 130• Esistono
poi svariati modi per descrivere la condizione di questi uomini, i
quali possono essere vessati (da ÒzÀÉ:w o €vozÀÉ:w), mossi (ago) 13 1,
riempiti (suppleo, repleo, adimpleo) 132 , posseduti (possideo, obti-
neo133 e obsido 134 ) e inquinati (polluo) 135 da un demone; essi possono

126 CYPRIANUS CARTHAGINENSIS, Ad Quirinum, III, 80; ID., De dominica ora-


tione, 25.
127 Ps. HIPPOLYTUS, Refutatio omnium haeresium, IX, 16, 1 (Alcibiade); THE-
OPHILUS ANTIOCHENUS, Ad Autolycum, Il, 8; CLEMENS ALEXANDRINUS, Stromata,
I, 21, 143, l; ORIGENES, Commentarii in euangelium Ioannis, XX, 331; ID., Com-
mentarii in euangelium Matthaei, XIII, 6.
128 Ps. HIPPOLYTUs, Refulatio omnium haeresium, IX, 14, 3 (Alcibiade); CLE-
MENS ALEXANDRINUS, Eclogae propheticae, 15, 1; Acta Thomae, 150; Ps. CLEMENS
RoMANUS, Epistulae ad uirgines, I, 12, 2.
129 TERTULLIANUS, De oratione, 29, 2; Sententiae episcoporum LXXX V l l, 1.
130 lusTINUS, Apologia l, 18, 4; ID., Apologia I I, 6, 6. ORIGENES, Contra Cel-

sum, l, 68. Su questa terminologia della possessione vedi anche F. PFISTER,


Daimonismos.
131 Acta Thomae, 59. 43. TERTULLIANUS, Apologeticum, 23, 4.

132 ORIGENES, Homiliae in I Regum, l, 10; ID., In Numeros homiliae, 8, l, 7;


CYPRIANUS CARTHAGINENSIS, De lapsis, 26.
133 ORtGENES, De principiis, III, 2, 4; III, 3, 4.
134 Acta Andreae: Vita Andreae Gregorii Turonensis, 27; TERTULLIANUS,

Aduersus Iudaeos, 7, 6; 0RIGENES, De principiis, III, 3, 4; CYPRIANUS CARTHAGI-


NENSIS, Ad Demetrianum, 15; ID., Quod idola dii non sini, 7.
135 ORIGENES, De principiis, III, 2, 4.
64 CAPITOLO 2

nascondere (fWTT) 136 o avere (habeo) un demonio 137 , essere ricettacolo


(vas - axeuoç) o dimora (sedes) del Malvagio 138 • Poiché gli ossessi
subiscono l'attività del demonio che li possied~, essi finirono per
essere identificati tecnicamente come energumeni (Èvepy01)fLevo~) 139 •
È vario anche il vocabolario descrittivo della nefasta influenza dei
demoni sugli uomini: essi si insinuano (51t€~fLL, inrepo e immergo) 140 ,
vanno (cpotTOCw) 141 , discendono (e1 EfPAl), entrano (BWK EfO)'N) 142 ,
imprigionano (1XLXfLIXÀWTEuw), sequestrano (~wypéw) e invadono
(ÈmcpotTOCW) le persone 143 , dimorano in esse (obdw e habito) 14\ ade-
riscono (adhaereo o adhaeresco) all'uomo, lo prendono (corripio), lo
posseggono (xiXTÉXw) e lo sospingono ({ero), colpendo 145 e scompiglian-
done (xp!Xa!X(vw) il corpo 146 . La possessione diabolica è chiamata da
Origene aiXLfLOWJfL6ç 147•
La possessione produce intollerabili conseguenze sull'indemo-
niato. In primo luogo, i demoni che entrano nella persona pro-
vocano malattie 148 , che negli Atti apocrifi sono descritte con la
maggior dovizia di particolari: febbre, idropisia, cecità 149 , segni di
infermità del tutto simili all'epilessia (cadere a terra, schiumare

136 Acta Andreae: Pap. Utrecht l, p. 9.


137 Acta Andreae: Vita Andreae Gregorii Turonensis, 14 e 27; Traditio apo-
stolica, 15, 8.
138 Acta Andreae: Vita Andreae Gregorii Turonensis, 18.
13 9 CLEMENS ALEXANDR1NUS, Protrepticus, l, 5, 4; 0R1GENES, De principiis,
III, 3, 4; Ps. CLEMENS RoMANUS, Epistulae ad virgines, l, 12, 3.
140 CLEMENS ALEXANDRINUS, Stromata, l, 21, 143, l. MINUCIUS, FELIX, Octa-
vius, 27, 2. CYPRIANUS CARTHAGINENSJS, Ad Donatum, 5.
141 EusEBIUS CAESARIENSIS, Historia ecclesiastica, VI, 43, 14 (Cornelio).

142 Acta Andreae: Pap. Utrecht l, p. 10.13.


143 TATIANUS, Oratio ad Graecos, 18, 3.
144 EusEBIUS CAESARIENSIS, Historia ecclesiastica, VI, 43, 14 (Cornelio). TER-
TULLIANUS, De anima, 46, 12.
145 Acta Andreae: Vita Andreae Gregorii Turonensis, 23; Acta Thomae, 81.
146 TERTULLIANUS, De anima, l, 4. CYPRIANUS CARTHAGINENSIS, De /apsis, 24.
lUSTINUS, Apologia /1, 6, 6. CYPRIANUS CARTHAGINENSIS, Epistu[ae, 75, 10 (Firmi-
liano). TATIANUS, Oratio ad Graecos, 16, 3.
147 ORIGENES, Contra Celsum, VIII, 58; VIII, 66.
148 TATIANUS, Oratio ad Graecos, 18, 2-3; TERTULLIANUS, Apologeticum, 22, 4;
MINUCIUS, FELIX, Octavius, 27, 2; EusEBIUS CAESARIENSIS, Hisloria ecclesiastica,
VI, 43, 14 (Cornelio).
l49 Acta Andreae: Vita Andreae Gregorii Turonensis, 2; 5; 32.
UN PERCORSO INTERPRETATIVO 65

dalla bocca) 150 • Le manifestazioni di questo generale tormento, che


può anche condurre alla morte 151 , vanno dalle più comuni grida e
lamenti alla contorsione di tutte le membra 152 , sino allo scompi-
gliamento dello stato del corpo, dove la furia dei demoni può ben
essere paragonata ad una tempesta 153 • Tra gli altri gesti consueti
annoveriamo il tremore154 , il riso talvolta alternato al pianto 155 o il
gettarsi in terra 1>G. Questi gesti sono accompagnati spesso e volen-
tieri da insania, sconvolgimento della mente, pazzia e privazione
dell'uso dei sensi 157 •
La presenza del demonio nella persona si configura come una
vera e propria sostituzione di personalità; il malcapitato dimostra
la sua condizione di ossesso nei momenti in cui la sua persona,
sopraffatta dalla forza dello spirito che la possiede, si ritira ed è
costretta a cedere il posto. Gli indemoniati che vengono forzati
a parlare o si rivolgono spontaneamente all'esorcista "non par-
lano con la propria voce né lingua, bensì con quella dei demoni
che s'insinuano" 158 ; ciascun dialogo tra esorcista e posseduto, per-
tanto, è un dialogo tra l'esorcista e il demone che occupa il corpo
dell'ossesso (nel caso in cui l'indemoniato parli una lingua com-
prensibile). In un caso, si presume che durante l'esorcismo il pos-
seduto possa al contempo essere in preda del demonio, che parla
per mezzo della sua bocca, ed ascoltare le sue parole, mantenendo
piena coscienza 159 • Durante il dialogo tra l'esorcista e l'esorcizzato
i demoni confessano di essere quegli stessi spiriti che sono ritenuti
essere dèi, o mentono cercando di turbare la fede degli astanti, pre-
sentandosi come parenti dei posseduti o altro, o ancora difendono

150 Acta Andreae. Pap. Utrecht l, p. 9, 16-18.


151 Acta Andreae: Vita Andreae Gregorii Turonensis, 14; 18; TERTULLIANUS,
De anima, 57, 4.
l52 MINUCIUS, FELIX, Octavius, 27, 2.
153 TATIANUS, Oratio ad Graecos, 16, 3.
154 Acta Andreae: V ila Andreae Gregorii Turonensis, 27; MINUCIUS, FELIX,
Octavius, 27, 7.
155 Acta Andreae: Vita Andreae Gregorii Turonensis, 29; Acta Petri, 11.

156 Acta Thomae, 64.


157 ORIGENES, In Numeros homiliae, 8, l, 7; ID., Homiliae in lesu nave, 24, 1;
CYPRIANUS CARTHAGINENSIS, De lapsis, 26.
158 CLEMENS ALEXANDRINUS, Stromata, l, 21, 143, 1.

159 CYPRIANUS CARTHAGINENSIS, Ad Demetrianum, 15.


66 CAPITOLO 2

la legittimità del proprio operato 160 • In certi casi fanno promesse di


abbandonare il corpo del posseduto, ma generalmente mentono 161 •
Negli Atti apocrifi più volte apostrofano l'apostolo con l'espres-
sione evangelica "Che c'è tra noi e te?"; sempre riconoscono pub-
blicamente la superiorità di chi li combatte, ma talora avanzano la
pretesa di non essere disturbati nella zona di loro influenza 162 . In
certi casi si presume che la sostituzione di personalità tra demone
e uomo sia meno evidente, e difficilmente riconoscibile dall'esterno;
in un caso, l'estasi di una donna forse montanista e la sua capacità
di predire il futuro viene presentata come sintomo di possessione
diabolica 163 , mentre da parte di altri può essere interpretata come
un carisma ricevuto dal cielo.

9. Allontanamento del demone


Le fonti descrivono in maniera abbastanza concorde la funzione
degli scongiuri esorcistici. Lo scopo dell'esorcismo è quello di anni-
chilire (xcx't"cxpyÉw), percuotere (7tì.:f)nw) 16\ sottomettere (Ù7to't"&crcrw e
subiicio) 165 e vincere (vLx&w, vinco e revinco) 166 gli spiriti malvagi che
posseggono la persona indemoniata. L'accento è posto in maniera
preponderante sull'efficacia degli scongiuri nell'allontanare, nello
scacciare i demoni (ÈÀcxuvw, È/;eÀcxuvw, oc7teÀcxuvw 167 , 8Lwxw ed

160 THEOPHILUS ANTIOCHENUS, Ad Autolycum, Il, 8 (Il, 10); TERTULLIANUS,


Apologeticum, 23, 4; lo., De anima, 57, 4-5; Io., De spectaculis, 26, 2; MINU-
CIUS, FELIX, Octavius, 27, 5; CYPRIANUS CARTHAGINENSIS, Ad Donatum, 5; ID., Ad
Demetrianum, 15.
161 CYPRIANUS CARTHAGINENSIS, Epistulae, 69, 15, 2.
162 Acta Andreae: Vita Andreae Gregorii Turonensis, 17; 18; 27; 29; Acta Tho-
mae, 44-45.
163 CYPRIANUS CARTHAGINENSIS, Epistulae, 75, 10, 2-3.
164 lusnNus, Apologia l I, 6, 6. TATIANUS, Oratio ad Graecos, 16, 3.
165 IUSTINUS, Dialogus cum Tryphone ludaeo, 30, 3; 76, 6; 85, 2; IRENAEUS
LuGDUNENSis, Adversus haereses, II, 6, 2; lo., Demonstratio praedicationis apo-
stolicae, 96; Acta Thomae, 43; 0RIGENES, Contra Celsum, V, 45; Io., Homiliae in
Jesu nave, 24, l; TERTULLIANUS, Apologeticum, 23, 15; 27, 5.
166 IusTINUS, Dialogus cum Tryphone Judaeo, 85, 2; 0RIGENES, Contra Celsum,
V, 45; Io., Philocalia, 12, l; TERTULLIANUS, Ad Scapulam, 2, 9; Io., De anima,
57, 5; MINUCIUS, FELIX, Octavius, 27, 6.
167 IRENAEUS LUGDUNENSIS, Adversus haereses, II, 32, 4. 0RIGENES, Contra
Celsum, I, 6; I, 22; l, 25; l, 68. Acta Andreae, Martyrium, 4; Acta Thomae,
43.76; CLEMENS ALEXANDRINUS, Stromata, II, 20, 117, 3; 0RIGENES, Contra Cel-
UN PERCORSO INTERPRETATIVO 67

Èx8~~xw 168 , xwp[~w.


&7tw6Éw 169 , excludo 170 , exturbo, extrudo,
eicio e deicio 171 , expello e depello 172 , excutio, educo e respuo 173 ,
exigo 174) vincendo/i (hnlvw) 175 e mettendoli in fuga (<pr::uyw e
<puyoc8r::uw, fugo ed effugo) 176 al fine di purificare (xoc6ocp[~w ed
expio) 177 e guarire (lcXOfLOC~, 6r::poc7tr::uw, sano, remedio) 178 gli ossessi.
La liberazione è completa nel momento in cui il demonio esce
(È~ÉPXOfLOC~, discedo, egredior, exeo, excedo) 179 , spicca il volo
(&7to7tÉTOfLOCL) 180, balza fuori o svanisce (inhorresco e exilio) 181 dal
corpo della persona.

sum, V, 45; VII, 4; VII, 67; VIII, 43; Io., Commenlarii in evangelium Mallhaei,
xv, 6.
168 CLEMENS ALEXANDRINUS, Prolreplicus, l, 5, 4; IUSTINUS, Apologia ] ], 6, 6.
169 0RIGENES, Contra Celsum, l, 6; Io., Commenlarii in evangelium Mallhaei,
XIII, 7.
170 TERTULLIANUS, De idololalria, Il, 7; CYPRIANUS CARTHAGINENSIS, De Eccle-
siae catholicae unitate, 15; Io., Epistulae, 69, 16.
171 Acta Andreae: Vita Andreae Gregorii Turonensis, 14.17.17; CYPRIANUS

CARTHAGINENSIS, Ad Demetrianum, 15.


172 TERTULLIANUS, De spectaculis, 29, 3; Io., Ad Scapulam, 2, 9; versione
latina di 0RIGENES, Homiliae in lesu nave, 24, l; Io., Homiliae in I Regum,
l, IO; Io., In Exodum homiliae, 8, 4. TERTULLIANUS, Apologeticum, 37, 9.
173 TERTULLIANUS, Apologeticum, 43, 2. Io., De ieiunio adversus psychicos,

8, 3. lo., Ad Scapulam, 2, 9.
174 TERTULLIANUS, Apologeticum, 31, 3; lo., De testimonio animae, 3, l; MINU-

cms, FELIX, Octavius, 27, 5.


175 Ps. CLEMENS RoMANUS, Epislulae ad virgines, l, 12, 3.

176 Acta Iohannis, 41; Acta Andreae, Martyrium, 5; TERTULLIANUS, De corona,

Il, 3; così anche le traduzioni latine di IRENAEUS LUGDUNENSIS, Adversus haere-


ses, II, 6, 2; II, 31, 2; ORIGENES, In Leviticum homiliae, 16, 7.
177 IRENAEUS LuGDUNENSIS, Adversus haereses, Il, 32, 4; Traditio apostolica,
15, 8. TERTULLIANUS, De oratione, 29, 2.
178 lusTINUS, Apologia l I, 6, 6; TATIANUS, Oratio ad Graecos, 16, 3; Acta

Andreae: Vita Andreae Gregorii Turonensis, 14.17; Acta Thomae, 42.59.81.170;


ORIGENES, Contra Celsum, VIII, 58; lo., Commenlarii in evangelium Matthaei,
XIII, 6; TERTULLIANUS, Ad Scapulam, 4, 5.
179 Acta Andreae: Vita Andreae Gregorii Turonensis, 5.17.18.27; Acta Petri,

8.11.15; Acta Thomae, 75; TERTULLIANUS, Apologeticum, 23, 16; CYPRIANUS CAR-
THAGINENSIS, Epislulae, 69, 15, 2; ID., Quod idola dii non sini, 7.
180 TATIANUS, Oratio ad Graecos, 18, 2-3.

181 MINUCIUS, FELIX, Octavius, 27, 7.


68 CAPITOLO 2

10. Il formulario
Diversamente dal linguaggio comune, il linguaggio rituale si
serve di un formulario che ha la tendenza a canonizzarsi ed ubbi-
disce a leggi particolari. Il suo scopo, piuttosto che quello di vei-
colare informazioni, è quello di portare a compimento il fine pro-
prio dell'operazione rituale; a ciò si accompagna una reazione
degli ascoltatori, i quali di norma sono consapevoli di ciò che sta
accadendo e di quanto deve avvenire per mezzo del rituale mede-
simo182. In altre parole, il linguaggio rituale crea il contesto e la
situazione che gli ascoltatori sperimentano collettivamente: "In
generale - secondo Wade Wheelock - le espressioni rituali servono
a produrre una particolare situazione, e allo stesso tempo espri-
mono il riconoscimento della sua realtà. Testo e contesto divengono
simultaneamente manifesti" 183 . Le parole del rito, dunque, creano
la realtà ed allo stesso tempo la descrivono; questa realtà avrà poi
la tendenza a realizzarsi come una riproposizione di scenari simili
nelle diverse occasioni. Come il linguaggio rituale è propenso alla
canonizzazione, così anche il contesto che lo circonda è incline alla
fissazione.
Si tenga però presente che in un'epoca così arcaica si godeva
ancora di una larga libertà di improvvisazione rituale; solamente
gli atti liturgici maggiori e più frequentemente ripetuti, come l'am-
ministrazione del battesimo e l'eucaristia, erano ormai incamminati
sulla via di una stabilizzazione formulare. Tra le fonti esaminate in
questo studio, unicamente Celso ed Origene mostrano di conoscere
compilazioni scritte contenenti formule di esorcismo. Secondo il
primo alcuni 7tpea~u·n:pm posseggono formule scritte su libri 184 ; di
formulari usati dai cristiani parla Origene, secondo il quale certi
"libri dal contenuto inappropriato" provenienti da Salomone ser-
vono a "scongiurare i dèmoni con alcuni testi che provengono
addirittura dagli ebrei" 185 . Sarebbe possibile tentare di ricostruire il
contenuto di qualche formula esorcistica in uso presso i cristiani

182 Su questo si veda ancora il classico J. L. AusT1N, Come fare cose con le
parole. Sull'esorcismo, E. A. LEEPER, Exorcism in Early Christianity, pp. 145-
148.
183 W. T. WHEELOCK, The Problem of Rilual Language, p. 58.
184 ORIGENES, Contra Celsum, VI, 40.
185 ORIGENES, Commentariorum series in evangelium Matthaei, 110.
UN PERCORSO INTERPRETATIVO 69

delle regioni di origine degli Atti apocrifi, nei quali sono riportati
lunghi discorsi tra esorcista e indemoniato, prolissi scongiuri, epiclesi
ed imposizioni verbali. Tuttavia, come già detto, molto materiale
è evidentemente di derivazione evangelica, ed il carattere di quegli
scritti non mi pare possa permetterei di trarre conclusioni sicure.
È possibile comunque radunare certe ricorrenze che indicano la
presenza di alcuni elementi universalmente condivisi. Innanzitutto,
la formula esorcistica prevedeva l'invocazione (È:1tLXÀ'Y)crLç - invoca-
fio) del nome di Gesù Cristo (Giustino, Ireneo, Atti, Origene, Ter-
tulliano, Cipriano) 186 o del nome di Dio (Teofilo, Alli di Andrea,
Origene, Minucio Felice) 187 . L'esorcismo cristiano, come quello giu-
daico, era quindi effettuato in nome di qualcuno. Già in Israele si
attribuiva un gran valore al nome, alla potenza rinchiusa in esso 188:
il fatto di imporre il nome a qualcuno stabiliva un rapporto di
dominio su chi lo riceveva, ed il nome stesso non solo designava
la persona, ma ne fissava anche l'identità. La conoscenza del nome
divino ha quindi un'importanza capitale per i rapporti dell'uomo
con la divinità: per poterla onorare ed assicurarsene l'aiuto, l'uomo
deve conoscerne il nome. Esso è al contempo una cosa arcana, indi-
cibile, sacra: per questo motivo in Israele nella lettura sinagogale
delle Scritture il nome di Dio ;-r,;-r, ( YHW H) veniva sostituito da
'Trl$ ('adhOnay) cioè Signore. Gli esorcisti cristiani non potevano non
conoscere quei passi del Nuovo Testamento da cui risulta l'impor-
tanza dell'5vo{LIX XpLcr-rou, in un caso persino usato in senso asso-
luto al posto di "Gesù" 189 . I Corinzi sono stati "lavati, santificati,
giustificati nel nome del Signore Gesù Cristo e nello Spirito del
nostro Dio" (l Cor 6, 11); mediante il suo nome i credenti ricevono
il perdono dei peccati (At 10, 43; l Gv 2, 12). Quelli che credono

186 lusTINUS, Apologia I l, 6, 6; lo., Dialogus cum Tryphone Judaeo, 76, 6;


30, 3; 85, 2; IRENAEUS LuGOUNENSIS, Adversus haereses, II, 32, 5; Acta Andreae:
Vita Andreae Gregorii Turonensis, 32; Acta Petri, 11; Acta Thomae, 33; 75; 0RI-
GENES, Contra Celsum, l, 25; I, 67; III, 36; VIII, 58; TERTULLIANUS, Apologeti-
cum, 23, 15; CYPRIANUS CARTHAGINENSIS, De bono patientiae, 7.
187 THEOPHILUS ANTJOCHENUS, Ad Autolycum, II, 8 (II, 10); Acta Andreae.
Martyrium, 5; 0RIGENES, Homiliae in Jesu nave, 24, l; lo., Contra Celsum,
III, 24. Si veda anche Acta Iohannis, 41; TATIANUS, Oratio ad Graecos, 16, 3;
M1Nucms, FELIX, Octavius, 27, 7.
188 Cfr. H. BIETENHARo, "Ovo!J.IX.
189 A t 5, 41: "Ma essi se ne andarono dal sin ed rio lieti di essere stati oltrag-
giati per il Nome (u7tÈp TOU 6v6!J.IXToç)".
70 CAPITOLO 2

nel suo nome di Figlio di Dio hanno vita È:v -rcf> òv6fLOCTL ocù-roù,
sono cioè posti nel suo raggio d'azione, ed evitano così il giudizio
(Gv 20, 31; 3, 18). Dopo la guarigione dello storpio, Pietro rias-
sume con queste parole tutto il contenuto della predicazione della
salvezza: "In nessun altro c'è salvezza; non vi è infatti altro nome
dato agli uomini sotto il cielo nel quale noi abbiamo ad essere sal-
vati" (At 4, 12). Anche il battesimo è amministrato dç -rò 6vofLOC
n n
-roù oc-rpòç x.oct -roù ltoù x.oct -roù ocytou VE:OfLOC't"Oç, e la Chiesa
rivolge le sue suppliche invocando il nome, perché "chiunque invo-
cherà il nome del Signore sarà salvato" (Rom 10, 13); in un passo
di Ireneo è proprio questo inciso dell'Epistola ai Romani a fungere
da introduzione al tema della liberazione dell'uomo da ogni sot-
tomissione al potere dei demoni 190 . Sfruttando il legame intercor-
rente tra i fedeli e Gesù, i cristiani si sentono in diritto di agire
nel suo nome non solo perché da lui incaricati, ma servendosi pro-
priamente della sua potenza. Alla luce di questo i discepoli ave-
vano esclamato: "Signore, nel tuo nome ci sono sottoposti anche i
demoni" (Le 10, 17). Potenza e nome erano d'altra parte concetti
paralleli: "Con quale potenza o con quale nome avete fatto ciò?"
(At 4, 7), domandano i membri del Sinedrio, sospettando che die-
tro l'attività degli Apostoli operi qualche potenza oscura. Paolo,
primo testimone di questa tradizione tramandatasi dopo la morte
di Gesù, scaccia uno spirito indovino in nome di Gesù Cristo: "Ti
ordino in nome di Gesù Cristo di uscire da lui" (At 16, 18). È ovvio
che gli esorcisti cristiani di n e m secolo abbiano conservato come
principale mezzo esorcistico verbale contro gli indemoniati la men-
zione del nome di Gesù Cristo, o del nome di Dio in generale.
Per quanto riguarda gli esorcisti ebrei Giustino, seguito da Ire-
neo191, afferma che essi sono in grado di vincere i demoni "nel
nome del Dio di Abramo, di lsacco e di Giacobbe" esattamente
come fanno i cristiani nel nome di Gesù: questa usanza è testimo-
niata anche da Origene 192 . Ma se i medesimi esorcisti tentassero di
pronunciare i loro scongiuri in nome di qualche re, giusto o profeta
dell'Antico Testamento, non otterrebbero il loro scopo, a dimostrare
la superiorità del Cristo e la sua pari dignità con il Dio dell'antica

190 IRENAEUS LUGDUNENSIS, Demonslralio praedicalionis apostolicae, 96.


191 IRENAEUS LUGDUNENSIS, Adversus haereses, II, 6, 2.
192 0RIGENES, Contra Celsum, l, 22; IV, 33.
UN PERCORSO INTERPRETATIVO 71

alleanza 193 • lreneo applica il medesimo ragionamento agli gnostici:


l'invocazione dei nomi di Simon Mago, Menandro o Carpocrate non
ha alcuna efficacia 194 • Origene ritiene che anche gli esorcismi pagani
pronunciati facendo uso del formulario ebraico possano ottenere
"risultati non disprezzabili"; egli ricorda inoltre non solo il ricorso
al "Dio di Abramo, di !sacco e di Giacobbe", ma anche al "Dio di
Israele, il Dio degli ebrei ed il Dio che ha sommerso nel Mar Rosso
il re degli egiziani e gli egiziani" e le denominazioni Sabaoth e Ado-
nai. A ciò si aggiunge un richiamo alle invocazioni degli arcangeli
Michele, Raffaele e Gabriele, e allo Spirito Santo 195 • È probabile
che anche i cristiani si servissero di simili invocazioni.
L'indispensabile ricorso al nome divino era ovviamente accom-
pagnato da altre parole pronunciate dall'esorcista, sul cui tenore
siamo assai meno informati. È possibile però ricostruirne in certi
casi almeno il contenuto, sulla base di taluni elementi ricorrenti.
In primo luogo, si può notare che negli scritti di Giustino l'esorcismo
avviene sempre per mezzo dell'invocazione di Gesù "crocifisso sotto
Ponzio Pilato" 196 • Va osservato che negli scritti di Giustino si col-
gono per la prima volta citazioni chiare di professioni di fede semi-
formali, legate ad un contesto liturgico o eco dell'insegnamento
ecclesiale, che possono essere proficuamente messe a confronto con
i più antichi simboli di fede sopravvissuti. La menzione ricorrente
della passione di Gesù e di altri elementi della sua o~x.ovof.L(!X ci
induce a credere che nell'esorcismo ci si servisse di alcune formule
che presentano molte analogie con alcuni simboli di fede primitivi;
in un caso, accanto alla crocifissione di Gesù sotto il procuratore
di Giudea si ricordano anche la sua incarnazione, passione, morte
e risurrezione. Anche Ireneo testimonia una simile espressione; se
però in Giustino il nome di Pilato è accostato all'esorcismo o al
battesimo, in Ireneo è collegato più genericamente all'esercizio
quotidiano dei carismi, tra i quali si annovera proprio il dono della

193 Dialogus cum Tryphone Judaeo, 85, 3.


IusTINUS,
194 IRENAEUS LUGOUNENSIS, Adversus haereses, Il, 32, 5.
195 0RIGENES, Contra Celsum, IV, 34; V, 45; Io., In Numeros homiliae,
13, 5, 2.
196 IusTINUS, Apologia I l, 6, 6; Io., Dialogus cum Tryphone Iudaeo, 76, 6;
30, 3; 85, 2.
72 CAPITOLO 2

sconfitta dei demonP 97 • Si può forse pensare, in definitiva, che i riti


di esorcismo fossero accompagnati dalla recita di una professione di
fede, o che tale professione potesse fungere da fonte kerygmatica
da cui trarre il contenuto per gli scongiuri da pronunciare sugli
ossessi.
Si può in qualche modo tentare di ricollegare questa ipotesi
con l'affermazione di Origene secondo cui l'esorcismo va accom-
pagnato da ta·mp(otL che riguardano Gesù? Forse Origene vuole
riferirsi ai momenti salienti della vita di Gesù, che vengono rias-
sunti e ricordati nei simboli di fede (incarnazione, passione, morte,
risurrezione ed ascensione)? In tal caso, egli confermerebbe la pos-
sibilità che la professione di fede svolgesse una funzione di primo
piano all'interno della liturgia esorcistica. Oppure, per hisloriae egli
intende i racconti su Gesù riportati dai Vangeli: questo potrebbe
spiegare che cosa sono quei (J.otO-f)(J.otTot tratti dalle Scritture che,
a suo parere, coadiuvano l'opera dell'esorcista 198 • Gli episodi evan-
gelici di liberazione degli indemoniati da parte di Gesù, a motivo
del loro contenuto, si sarebbero prestati perfettamente alla lettura,
allo scopo di ricordare ai demoni la loro sconfitta e per svolgere
una certa funzione pedagogica nei confronti di eventuali astanti. Si
tratterebbe allora di letture di intere pagine bibliche, o solamente
di brevi richiami ad esse? È lo stesso Origene ad insistere sul tema
della Scrittura come nutrimento spirituale o causa di indeboli-
mento delle potenze che abitano nella nostra anima; l'idea è quella
di una particolare potenza e sacralità di questi scritti, la cui effi-
cacia talvolta è magnificata a tal punto da sconfinare nel campo
della magia. Origene sostiene anche l'efficacia antidemonica della
lettura di lunghe pagine bibliche apparentemente prive di utilità
spirituale 199 •
Trattasi peraltro di supposizioni; mi pare dimostrabile con una
certa sicurezza l'uso formulare di alcune espressioni del tutto simili
ad alcuni segmenti delle antiche professioni di fede. Se si trattasse
di estrapolazione di alcuni passi, o della recita per intero di que-
sti simboli di fede, non è dato saperlo. Non è nemmeno dato di

197 IRENAEUS LuGDUNENSIS, Demonstratio praedicationis apostolicae, 97; ID.,


Adversus haereses, Il, 32, 4.
198 0RIGENES, Contra Celsum, l, 6; III, 24; VII, 67.
199 0RIGENES, Contra Celsum, l, 6; VII, 67; ID., Philocalia, 6, 2; 12, 1; ID.,
Homiliae in I Regum, 1, 10.
UN PERCORSO INTERPRETATIVO 73

sapere se Origene, parlando di historiae, voglia riferirsi a queste


professioni, o se invece abbia in mente l'utilizzo della Sacra Scrit-
tura. Il fatto che Tertulliano affermi che gli esorcisti ricordavano
ai demoni le punizioni ai quali erano destinati, va forse interpre-
tato come un altro genere di historiae? 200 Non va sottovalutato il
paragone con gli esorcismi ebraici, né la testimonianza degli Atti
apocrifi: in entrambi sono riportati lunghi formulari che conten-
gono la menzione di avvenimenti tratti dalla Scrittura e disposti a
creare una vera e propria hisloria o commemoralio oeconomiae salu-
lis. Come avvenne all'interno della liturgia eucaristica, nella quale
una parte dell'anafora fu dedicata alla memoria delle tappe salienti
dell'economia veterotestamentaria e di quella cristologica nei con-
fronti dell'uomo, si potrebbe pensare che le formule di esorcismo
contenessero qualche cosa di simile. Il fatto che nei secoli succes-
sivi i formulari esorcistici cristiani sopravvissuti non siano molto
differenti da quelli ebraici (che potevano anche contare su una più
lunga tradizione) potrebbe essere un elemento che avvalora que-
sta tesi. Va ricordata e tenuta in conto l'esistenza di una parallela
tradizione pagana (attestata successivamente anche in ambito cri-
stiano) che prevede l'uso delle hisloriolae, brevi testi di natura nar-
rativa incorporati ai formulari magici e particolarmente impiegati
negli incantesimi di guarigione. Atanasio di Alessandria, d'altra
parte, è testimone diretto del fatto che gli ebrei di Israele scaccias-
sero i demoni con la sola lettura di passi delle Scritture201 •
Emerge dalla nostra analisi che certi autori prestavano fede
all'efficacia soprannaturale di alcuni nomi (solitamente divini), che
"non si riferivano semplicemente agli oggetti che nominavano, ma
erano dirette manifestazioni di forze divine" 202 • Alcuni credevano
che questi nomi andassero pronunciati in un determinato linguag-
gio, una credenza peraltro abbastanza diffusa in età ellenistica
(ricordo solamente Giamblico ed il Corpus hermeticum); se tradotti
in un'altra lingua, non avrebbero sortito invece effetto alcuno. La
questione si connette al problema dell'origine del linguaggio che,
posto dalla sofistica, specie da Protagora, è nuovamente affron-
tato all'interno della scuola neoplatonica, probabilmente sulla
scia dell'esegesi del Cratilo, ove si affrontavano le due posizioni di

200 TERTULLIANUS, Apologeticum, 23, 15-16.


201 ATHANASIUS ALEXANDRINUS, Epislula ad Marcellinum, 33.
2o2 N. JANOWITZ, Magie in lhe Roman World, p. 40.
74 CAPITOLO 2

Democrito ed Eraclito. I Sofisti, l'Ermogene platonico, Aristotele,


Sesto Empirico e Porfirio sostengono che, a prescindere dalla dif-
ferenza tra i nomi espressi in lingue diverse, la divinità chiamata
in causa sia sempre la medesima, in virtù della convenzionalità del
linguaggio (xoc-roc 6€aw). L'interpretazione stoica, accettata anche
da alcuni autori cristiani, ritiene invece che i suoni imitino per
natura le realtà che designano (xoc-roc cpumv); ricevuti per rivela-
zione, questi nomi possono mantenere la loro efficacia solamente
se vengono pronunciati nella loro lingua particolare. Comunemente
trattasi di linguaggio egiziano o ebraico; il secondo, in particolare,
era considerato alla stregua di idioma divino e linguaggio primi-
tivo dell'umanità, prima dell'episodio di Babele: sono i cosiddetti
nomina barbara che Origene, ad esempio, afferma essere contenuti
in alcuni libri contenenti invocazioni cristiane203 • Sia Clemente sia
Origene condividono questa credenza; da parte di quest'ultimo,
però, c'è la volontà di stornare dai cristiani l'accusa di fare uso
magico dei nomina barbara, richiamando l'attenzione sulla possibi-
lità di Dio di ascoltare ed esaudire ogni preghiera a lui rivolta in
qualsiasi idioma 204 • Egli cerca pertanto di insistere sulla differenza
della modalità con cui i cristiani e gli ebrei si servono di questi
nomi, rispetto ai pagani: questi ultimi, infatti, li adopererebbero al
fine di ottenere l'intercessione dei demoni, piuttosto che per fare
affidamento sull'invocazione di Dio.
Dalla lettura delle fonti si possono trarre altre informazioni sulla
tipologia delle espressioni verbali indirizzate dagli esorcisti agli
indemoniati. Anzitutto, l'esorcismo è fatto di scongiuri (adiuralio-
nes205) ed ha generalmente un carattere imperativo. Il caratteristico
uso giudaico e cristiano (e già neotestamentario) delle espressioni
discede - ~/;e:À6e: è sufficientemente testimoniato da alcuni testi 206 •
Origene è l'unico autore a parlare di incantamenti dei demoni

203 ORIGENES, Contra Celsum, VI, 40; cfr. l, 6.


204 CLEMENS ALEXANDRINUS, Stromata, l, 21, 143, 6; ORIGENES, Contra Celsum,
I, 24-25; VIII, 37; lo., Exhortatio ad martyrium, 46.
205 TERTULLIANUS, Apologeticum, 32, 2; CYPRIANUS CARTHAGINENSIS, Ad Deme-
trianum, 15.
206 Acta Andreae: Vita Andreae Gregorii Turonensis, 5; Acta Petri, Il; Acta

Thomae, 73, 74, 77; più tardi, Papyri graecae magicae, IV, 1243; IV, 3014;
V, 157. Secondo B. KoLLMANN, Jesus und die Christen, p. 202, l'espressione
manca nell'esorcismo pagano.
UN PERCORSO INTERPRETATIVO 75

(xcx:rE7t~8w o €~m~8w) 207 • In certi casi, secondo il modello evange-


lico, l'esorcista è presentato nell'atto di sgridare i demoni (increpo,
tmT~tJ.OCW )208 ; l'espressione ha un antico antecedente in Zaccaria,
ed è ripresa nell'Epistola di Giuda, messa in bocca all'arcangelo
Raffaele 209 • All'esorcismo si aggiunge dunque la minaccia del giu-
dizio divino e del fuoco eterno che attendono i demoni, allo scopo
di tormentarli con robuste sferzate affinché retrocedano, abbatterli
tra tormenti, grida e gemiti, colpirli con flagelli e arderli col fuoco,
per usare le efficaci espressioni di Cipriano 210 • Talora all'esorcista
spetta anche la responsabilità di confinare il demone scacciato
dall'ossesso, relegando lo nel deserto o in luoghi disabitati 211 • Alle
minacce e agli scongiuri veri e propri va aggiunta la preghiera,
altro elemento fondamentale: Ireneo, Origene, Tertulliano, Minucio
Felice, Cipriano e lo pseudo Clemente insistono su questo tema 212 •
Va però riconosciuto che le fonti letterarie non hanno conser-
vato per intero nessuna formula completa di esorcismo. Riportano
alcune formule, talora prolisse, solamente gli Atti apocrifi; da essi
però mi sembra rischioso voler trarre informazioni troppo precise
sulla reale pratica, anche se le loro formulazioni sono probabil-
mente modellate - almeno in parte - sull'uso liturgico coevo. Le
fonti non letterarie, fatta forse eccezione per una piccola gemma
incisa 213 , sono tutte tardive, quindi non utilizzabili.

207 ORIGENES, Contra Celsum, I, 6; I, 46; IV, 33.


208 Acta Andreae: Vita Andreae Gregorii Turonensis, 5; 27; CYPRIANUS CAR-
THAGINENSIS, Ad Donalum, 5.
209 Zc 3, 2 e Gd l, 9 si rivolgono a Satana con la frase ÈmTtfJ.~croct crot Kuptoç (li

sgridi il Signore). L'uso di ,l!t (gii'ar), il corrispettivo ebraico di ÈmTtfJ.OCCil, è atte-


stato in contesto esorcistico da lQApGen (1Q20) XX, 28- 29. Cfr. J. M. KEN-
NEDY, The Root G'R.
210 TERTULLIANUS, Apo/ogeticum, 23, 15; CYPRIANUS CARTHAGINENSIS, Ad Dona-

tum, 5; In., Ad Demetrianum, 15; In., Epistulae, 69, 15, 2.


211 Acta Andreae: Vita Andreae Gregorii Turonensis, 6; Acta Thomae, 77.

212 lRENAEUS LuGDUNENSIS, Adversus haereses, Il, 32, 5; 0RIGENES, Contra Cel-

sum, VII, 67; In., Homiliae in Jesu nave, 24, 1; In., Commentarii in evangelium
Matthaei, XIII, 7; TERTULLIANUS, De oratione, 29, 2; MrNucrus, FELIX, Octavius,
27, 5; CYPRIANUS CARTHAGINENSIS, Quod idola dii non sini, 7; Ps. CLEMENS ROMA-
NUS, Epislulae ad virgines, I, 12, 2-5.
213 Trattasi di un breve testo inciso su una gemma di calcedonio ritrovata

in Asia Minore e risalente al 11 o all'inizio del m secolo. Secondo l'editore Roy


Kotansky essa contiene un esorcismo liturgico rimaneggiato, che originaria-
mente aveva lo scopo di scongiurare un demone affinché abbandonasse il latore
76 CAPITOLO 2

11. I gesti esorcistici


Oltre alle parole, l'esorcismo prevede anche una serie di atteg-
giamenti non verbali che intervengono, con il loro significato, ad
arricchire il contesto dell'espressione rituale. Tralasciando quei
gesti testimoniati negli esorcismi battesimali, di cui tratterò più
avanti, mi pare che il gesto meglio testimoniato dalle fonti sia
l'imposizione della mano 214 • A ciò va aggiunto l'uso del segno della
croce, abbastanza probabile in Origene, in Tertulliano e nella Tra-
ditio apostolica215 • Tertulliano enumera tra i gesti esorcistici anche
il soffio e lo sputo 216 ; si tratta di gesti dispregiativi ed apotropaici,
ben attestati nelle fonti anche non cristiane, meglio conosciuti in
contesto battesimale, ma che evidentemente venivano usati anche
negli esorcismi degli energumeni. Sul modello di un'esortazione
evangelica (Mc 9, 29), alcuni autori prescrivono il digiuno in fun-
zione antidemonica 217 •

dell'amuleto: "Ti scongiuro per i sette cieli, i due arcangeli, il gran nome e Che-
rubin. Iao, salva il latore <di questo oggettm (E~opx(~w o-e: -roùc; É1t-r&: oùpoc-
voùç xoct -roùç Mo &pxocyyéÀouç xocl -rò fléyoc 6vo!loc Xe:pou~(v. 'Iocw crwo-ov TÒv
cpopouv-.oc)". Nella traduzione tengo conto delle precise osservazioni dell'editore.
"Sebbene il demone e le espressioni di dipartita non siano più presenti sulla
pietra, le comparazioni con altre formule esorcistiche svelano la loro precedente
esistenza e provano che il testo della gemma fornisce una versione abbreviata di
un più lungo rituale per espellere i demoni" (R. KoTANSKY, Remnants o{ a Litur-
gica[ Exorcism, p. 144). I sette cieli sono le residenze angeliche, i due arcangeli
probabilmente Gabriele e Raffaele, il grande nome è un riferimento a Dio; per
Kotansky il sostrato compositivo è giudaico, ma il contenuto si prestava anche
ad un utilizzo da parte di un cristiano. Sarebbe la conferma dell'uso dei nomi
sacri nei rituali di esorcismo, ugualmente diffusi in ambito ebraico e cristiano.
Si veda anche A. MASTROCINQUE, Studi sulle gemme gnostiche.
214 Acta Andreae: Vita Andreae Gregorii Turonensis, 29; 32; 0RIGENES,
Homiliae in lesu nave, 24, l; lo., Commentarii in evangelium Matthaei, XV, 6;
CYPRIANUS CARTHAGINENSIS, Ad Demetrianum, 15.
215 0RIGENES, In Exodum homiliae, 6, 8; lo., Homiliae in l Regum, l, 10;

TERTULLIANUS, Adversus Marcionem, III, 18, 7; lo., De idololatria, 5, 4; lo.,


Scorpiace, l, 3; Traditio apostolica, 42, 1-4.
216 TERTULLIANUS, De idololatria, 11, 7; Io., Ad uxorem, II, 5, 3; lo., Apolo-

geticum, 23, 16.


217 ORIGENES, Homiliae in Jesu nave, 24, l; lo., Commentarii in evangelium

Matthaei, XIII, 7; TERTULLIANUS, De ieiunio adversus psychicos, 8, 3; Ps. CLE-


MENS RoMANUS, Epistulae ad virgines, l, 12, 3-5.
UN PERCORSO INTERPRETATIVO 77

12. La scena dell'esorcismo


Spesso il racconto dell'esperienza esorcistica ha tutte le caratte-
ristiche di una rappresentazione (performance) religiosa, attraverso
la quale un'esperienza viene comunicata e resa disponibile per la
società attraverso una messa in atto, una realizzazione rappresen-
tativa. Adriana Destro e Mauro Pesce hanno isolato tre aspetti che
è possibile distinguere in ogni rappresentazione esorcistica: quello
esecutivo, che consiste nella concreta messa in atto di una capa-
cità e di un potere; quello cognitivo, che permette di trasmettere
e condividere con gli altri l'esperienza e la conoscenza, rese note
attraverso la rappresentazione medesima; quello trasformativo, in
quanto ogni pubblica azione ha lo scopo di intervenire su una con-
dizione esistente per modificarla o migliorarla 218 . Si è già visto come
numerose imprese degli esorcisti siano avvenute alla presenza di un
pubblico; anche nei racconti meno dettagliati, che non fanno riferi-
mento a spettatori, il pubblico, seppur implicito, riveste comunque
un ruolo importante. Giustino invitava i destinatari delle sue opere
a pensare a "quanto accade sotto i loro occhi", dimostrando il
ruolo importante giocato dalla pubblica ostentazione dell'efficacia
dell'esorcismo cristiano 219 • Anche i demoni, a quanto dice Taziano,
amano compiere le loro meraviglie in pubblico, per indurre la folla
a credere nelle loro capacità taumaturgiche220 • Tertulliano invita i
suoi interlocutori a presentare un indemoniato all'esorcista davanti
a tutti, di fronte ai tribunali221 • Negli Atti apocrifi e nella lette-
ratura successiva questo aspetto sarà sviluppato ancora maggior-
mente, con l'aggiunta di certe manifestazioni plateali che hanno lo
scopo di palesare la dipartita di un demone da una persona posse-
duta: potrà essere ricordata ad esempio la sparizione di un demone
manifestata attraverso la comparsa di fuoco e fumo, oppure il gesto
di rottura di una statua posta di fronte alla folla, a riprova dell'av-
venuta liberazione dell'ossesso 222 •

218 A. DESTRO - M. PESCE, Antropologia delle origini cristiane, cap. V,


pp. 85-109. Vedi anche, degli stessi autori, Paolo, l'esorcismo e la magia.
219 lusTINUs, Apologia II, 6, 5; lo., Dialogus cum Tryphone Iudaeo, 85, l.
220 TATIANus, Oratio ad Graecos, 18, 3.
221 TERTULLIANUS, Apologeticum, 23, 4.
222 Acta Thomae, 46; Acta Petri, 11.
78 CAPITOLO 2

L'esorcista è il portatore di una conoscenza e di un'esperienza


particolare: egli agisce nel nome di Dio, e con il suo agire ha la
capacità di comunicare qualche conoscenza o qualche valore a chi
lo osserva. Gli spettatori interagiscono con gli attori, fino a dive-
nire attori essi stessi; essi non solo subiscono gli effetti di certi atti
specifici, ma talora collaborano alla riuscita dei medesimi. Ogni
rappresentazione è diversa dalle altre, a motivo del diverso intrec-
cio tra i suoi tre elementi costitutivi; ma in generale la rappresen-
tazione messa in atto ha un risultato chiaramente trasformativo
sui suoi attori e spettatori, che si realizza nel momento stesso in
cui si compie. La finalità trasformativa dell'esorcismo è facilmente
riconoscibile: il rito ed il gesto dell'esorcista hanno come scopo pri-
mario la guarigione dell'indemoniato. Conseguentemente a questo,
la persona guarita e coloro che assistono al successo dell'esorcista,
proprio a causa dell'effetto visibile e pubblico, sono portati ad ade-
rire incondizionatamente al messaggio religioso di cui l'operatore
della guarigione è portatore. L'attività miracolistica degli apostoli
provoca un aumento del numero dei credenti, che vanno a ingros-
sare le fila di una Chiesa all'interno della quale aumenta sempre
più il numero dei prodigi ottenuti.

13. L'esorcista carismatico


Poiché nessuna delle fonti prese in esame ci ha tramandato il
nome proprio di un esorcista, né si è preoccupata di fornirne qual-
che elemento biografico, è necessario fare affidamento su descri-
zioni abbastanza generiche. Fino alla prima metà del m secolo non
vi sono tracce dell'esistenza di un ufficio o di un ministero spe-
ciale che segnali una sostanziale distinzione tra esorcisti e laici 223 ;
la capacità di scacciare i demoni è intesa come un dono che poten-
zialmente può risiedere in ogni cristiano, uno dei segni della per-
petuazione della grazia divina nella Chiesa. Giustino parla gene-
ricamente di "molti dei nostri uomini" che compiono esorcismi 224 •
In Ireneo è abbastanza chiaro che il carisma è un dono gratuito

223 Accetto la tradizionale distinzione del popolo cristiano in chierici e laici,


sebbene Alexandre Faivre (I laici alle origini della Chiesa) abbia supposto per
i primi due secoli l'esistenza di una classe maschile di "laici" collocata in posi-
zione intermedia tra il clero ed i semplici battezzati. Per una critica di questa
posizione, M. GUERRA, ;,Hubo laicos?; E. DAL CovoLO, Laici e laicìtà.
224 IusTINUS, Apologia I I, 6, 6.
UN PERCORSO INTERPRETATIVO 79

ed incontrollabile dello Spirito, seppur sempre esercitato all'in-


terno della Chiesa; ciò induce a ritenere che egli non conoscesse un
ministero cattolico deputato alla pratica dell'esorcismo, e quando
tratta degli esorcismi pronunciati dai mystici sacerdotes simoniani,
non fornisce elementi sufficienti per rimandare con certezza ad
una pratica riservata al clero 225 • Secondo Origene chi esorcizza i
demoni conserva in sé la traccia dello Spirito Santo disceso sugli
apostoli e possiede una grazia, un potere miracoloso ricevuto grazie
alla fede 226 • Per Tertulliano qualunque cristiano, anche un vendi-
tore di profumi o un soldato, può compiere esorcismi; solamente le
donne sono escluse dal pubblico esercizio di questa funzione, anche
se nell'intimità della loro casa anch'esse possono scacciare gli spi-
riti immondi con il soffio 227 • Ovviamente, occorre tener conto di
una possibile esagerazione da parte di quegli autori che adoperano
l'argomento esorcistico in funzione propagandistica: il fatto che
Tertulliano sfidasse pubblicamente i suoi detrattori, mostrandosi
convinto dell'efficacia di un esorcismo compiuto da un cristiano
qualsiasi, non significa certamente che ogni cristiano praticasse
esorcismi. Ma risulta chiara una certa libertà nell'esercizio di que-
sto carisma, in assenza di qualunque segno di istituzionalizzazione
della figura dell'esorcista.
Certi autori insistono sulla descrizione della disposizione
morale e delle qualità dell'esorcista; negli Atti di Tommaso l'one-
stà dell'apostolo è riconosciuta attraverso i suoi "atti di bontà, le
guarigioni compiute gratuitamente per mezzo suo, e ancor di più
la sua semplicità e amabilità, nonché la sua fede" 228 • Origene da
una parte riconosce alla potenza del nome di Gesù una propria ed
autonoma capacità coercitiva nei confronti degli spiriti immondi,
efficace anche indipendentemente dalla bontà personale di chi si
serve di tale invocazione; dall'altra, però, non lesina giudizi sulla
sana disposizione e sulla fede sincera dell'esorcista. A ciò aggiunge
un elogio dell'ignoranza e della semplicità dell'esorcista, uomo soli-
tamente rozzo e poco istruito, di modo che nel confronto tra i più

225 IRENAEus LuGoUNENSIS, Adversus haereses, I, 23, 4.


226 ORIGENES, Contra Celsum, I, 46; III, 24; Io., Commentarii in evangelium
Matthaei, XIII, 6.
227 TERTULLIANUS, Apologeticum, 23, 4; Io., De idololatria, 11, 7; lo., De corona,
11, 3; lo., De praescriplione haereticorum, 41, 4-5; lo., Ad uxorem, II, 5, 3.
228 Acta Thomae, 20.
80 CAPITOLO 2

semplici e incolti cristiani e la sapienza dei gentili possa risaltare


la vittoria dei primi e saltare agli occhi i limiti ed i fallimenti degli
ultimi 229 • Nel III secolo appaiono i primi sentori di un processo di
mutamento in corso. Cipriano tiene a sottolineare che la capacità
di cacciare i demoni non è sufficiente per ottenere il regno cele-
ste, se l'esorcista "non incede lungo la strada della rettitudine e
della giustizia" 230 : si profila forse all'orizzonte la necessità di giu-
dicare l'operato di qualche carismatico che esercita la sua attività
in opposizione alla Chiesa? Firmiliano di Cesarea, descrivendo le
caratteristiche di un esorcista cappadoce, lo presenta quale "uomo
provato e sempre irreprensibile nella disciplina religiosa", ispirato
dalla grazia di Dio, forte e lodevole per la sua fede 231 • La fede e
l'irreprensibilità morale devono andare di pari passo con la fedeltà
alla Chiesa; appartenere ad essa e riceverne l'approvazione è ormai
una condizione necessaria.

14. Lo stabilirsi dell'esorcistato


All'inizio del III secolo tutte le comunità cristiane sono da tempo
strutturate in modo da avere alla propria guida una gerarchia
articolata secondo i tre gradi degli ordini maggiori: l'episcopato,
il presbiterato e il diaconato. In questo periodo ad essi, specie in
occidente, si aggiungono anche altri ministeri, che nel secolo suc-
cessivo ottennero una serie di privilegi economici e sociali propri
degli ordini della società civile, diventando veri e propri ordini
minori, sempre mantenendo una chiara differenziazione da quelli
maggiorP32 • La prima probabile testimonianza dell'esistenza di una
specie di ordine di esorcisti è ricavabile da un'epistola del vescovo
Firmiliano di Cesarea in Cappadocia, il quale descrive l'opera di
un uomo, unus de exorcistis, che operò nella sua regione nell'anno
235233 • L'espressione sembrerebbe rimandare ad un gruppo di esor-
cisti organizzati, regolamentati in qualche modo all'interno della
gerarchia ecclesiastica. A Cartagine gli scritti di Tertulliano e

229 ORIGENES, Contra Celsum, l, 6; VII, 4; VIII, 58.


23 ° CYPRIANUS CARTHAGINENSJS, De Ecclesiae calholicae unitate, 15.
23! CYPRIANUS CARTHAGJNENSJS, Epistulae, 75, 10, 4.
232 Testi, commenti e bibliografia nel volume di E. CATTANEO, I ministeri
nella Chiesa antica. In breve, V. SAXER, La missione, pp. 65-73.
233 CYPRIANUS CARTHAGINENSJS, Epistulae, 75, 10, 4.
UN PERCORSO INTERPRETAT!VO 81

Cipriano mostrano che si stavano compiendo non pochi progressi


nell'organizzazione ecclesiale. Il primo testimonia l'esistenza di
gruppi di vedove, vergini, dottori, lettori, profeti e martiri, ma non
attribuisce ad essi funzioni o autorità proprie, che possano farci
pensare ad un grado o ad una posizione formalmente costituita;
il secondo, invece, conosce gruppi di suddiaconi, accoliti, esorci-
sti e lettori, impegnati nel servizio liturgico e nelle mansioni pro-
prie del loro ordine. Questi ordini inferiori sono ormai considerati
come "una funzione provvisoria particolare prima della promozione
ai gradi superiori" 23 \ germe di quel cursus honorum ecclesiastico
che si svilupperà ampiamente nel IV secolo. Nel 251, a Roma, il
vescovo Cornelio parla di alcuni esorcisti impegnati in scongiuri
su Novaziano, e fornisce un complessivo dato numerico della loro
presenza in città durante il proprio pontificato: cinquantadue tra
esorcisti, lettori ed ostiarii 235 • L'exorcista o l'È/;op'lwrTI)c; non è più
solamente chi compie esorcismi, ma è anche il membro dell'ordine
appositamente istituito per farlo 236 • Sia Cipriano sia Cornelio asse-
gnano all'esorcista la posizione gerarchica intermedia tra il lettore
e l'accolito; quest'ordine sarà confermato anche da una più tardiva
notizia del Li ber pontificalis (cap. 29, su papa Gaio, alla fine del 111
secolo).
L'informazione di Cornelio secondo cui a Roma vi erano cin-
quantadue ministri inferiori, sfortunatamente non fornisce un
dato preciso per gli esorcisti. Se è stato possibile accertare che il
numero dei presbiteri, dei diaconi e dei suddiaconi era dipendente
dal numero delle sette regiones e dei circa venti tituli in cui l'Urbe
era suddivisa, il cinquantadue non risulta essere facilmente suddi-
visibile; ciò potrebbe dimostrare che il numero di questi ministri
non dipendeva dalla partizione territoriale ecclesiastica. Se comun-
que Cornelio afferma che tutti i centocinquantacinque membri del
clero e i più di millecinquecento indigenti venivano sostenuti dalla
filantropia del Signore, si può pensare che essi fossero iscritti in
apposite liste, per permettere il loro regolare sostegno economico
da parte dei fedeli.

234 A. FAIVRE, Naissance d'une hiérarchie, p. 307.


235 EUSEBIUS CAESARIENSIS, Hisloria ecclesiastica, VI, 43, 11-14.
236 CYPRIANUS CARTHAGJNENSIS, Epistulae, 23, l (l'autore è il confessore carta-
ginese Luciano); 75, 10, 4 (Firmiliano di Cesarea); 69, 15, 2 (Cipriano); EusEBius
CAESARIENSIS, Hisloria ecclesiastica, VI, 43, 11 (Cornelio).
82 CAPITOLO 2

A questo punto, però, occorre richiamare una prescrizione della


Traditio apostolica (14): "Se qualcuno dice: do ho ricevuto i doni di
guarigione attraverso una rivelazione•>, non andrà imposta la mano
su di lui; infatti l'opera stessa rivelerà se egli dice il vero". Trattasi
di una norma che sembra opporsi alla creazione di una specifica
classe di guaritori, ufficialmente investiti di una qualche sorta di
ordinazione ecclesiale impartita tramite l'imposizione della mano.
C'è una possibilità che questo canone possa riguardare anche gli
esorcisti, come risulta chiaramente dalle Costituzioni apostoliche,
che richiamano esplicitamente la presente disposizione. La Traditio
apostolica riporta disposizioni concernenti i presbiteri, il diaconi, i
confessori, le vedove, i lettori, le vergini e coloro che dispongono
del carisma della guarigione; non tutti necessitano di un'ordinazione
vera e propria, ma tutti sono considerati membri di una categoria
pienamente inserita nel contesto istituzionale ecclesiale. Nel caso
dei guaritori, non si entra a far parte della categoria attraverso
un'ordinazione, ma in forza di una particolare rivelazione perso-
nale, mediante la quale si è ottenuta la virtù di sanare le infermità.
Sembrerebbe che questa disposizione possa essere interpretata come
esempio di una tendenza conservativa, che lascia una certa libertà
di azione a coloro che si dimostrano possessori di un carisma elar-
gito dallo Spirito, senza che l'autorità ecclesiastica sia chiamata ad
intervenire con un gesto liturgico di conferma. Allo stesso tempo,
potrebbe dimostrare l'esistenza di qualche spinta verso l'istituzio-
nalizzazione di queste figure carismatiche, che comunque vengono
riconosciute come membri di una categoria posta accanto a quelle
delle vedove, dei lettori, dei suddiaconi e delle vergini. L'impossi-
bilità di risalire alla redazione originale della Traditio apostolica,
di datarla e di collocarla geograficamente impedisce però di ser-
virsi con sicurezza di questa testimonianza per meglio comprendere
lo svolgimento del processo di istituzionalizzazione della categoria
degli esorcisti.
In conclusione, l'inizio dell'ordine dell'esorcistato va giustamente
collocato nel primo quarto del m secolo, come già affermavano
alla fine del secolo XIX Adolf Harnack237 e Franz Wieland238 ; più
precisamente, tra il 220 ed il 240, se si accetta l'ipotesi di John

237 A. HARNACK, Die Quellen der sogenannten apostolischen Kirchenordnung,


pp. 89-100.
238 F. WIELAND, Die genetische Entwicklung der sog. ordines minores.
UN PERCORSO INTERPRETATIVO 83

G. Davies, che lo accomuna al momento della nascita dell'acco-


litato. Penso di poter condividere anche la sua considerazione sul
fatto che "l'ordine degli esorcisti non fu principalmente occupato
negli esorcismi prebattesimali, e ciò significa che il loro com-
pito fondamentale era connesso con gli energumeni" 239 ; è quanto,
peraltro, aveva già affermato quasi settant'anni prima Francesco
Magani, contro l'opinione contraria di Louis Duchesne240 • Per
Harnack la nomina dei clerici minores a Roma ebbe luogo proba-
bilmente nei primi anni del pontificato di Fabiano, forse poco dopo
il 236 241 • Secondo Klaus Thraede, mentre in occidente si realizzava
questo passaggio in oriente la pratica esorcistica rimase collegata
all'esercizio di un libero carisma sino al principio del Iv secolo; evi-
dentemente egli non considera il racconto di Firmiliano come testi-
mone dell'esistenza di una classe di esorcisti in Cappadocia, oppure
non ritiene che quell'organizzazione possa essere definita come un
vero e proprio ordine. A suo parere, comunque, lo sviluppo della
dottrina cristiana in opposizione all'eresia fu uno dei motivi che
indusse a ricercare evidenti criteri di distinzione tra la pratica esor-
cistica ortodossa e quella degli eretici, principalmente attraverso
l'istituzionalizzazione dell'ordine sacro e il ricorso ad alcuni criteri
caratterizzanti242 • Non sarà il caso di entrare nel dibattito tuttora
fecondo sul valore e sulle possibili applicazioni del binomio contra-
stivo carisma/istituzione, che descrive un processo sociale di istitu-
zionalizzazione del ruolo del carismatico attraverso una sacralizza-
zione dell'istituzione ecclesiastica. È quella che Max Weber chiamò
<<reificazione•> o <<cosificazione•> ( Versachlichung) del carisma, non più
spontaneo e non organizzato, ma istituzionalizzato e trasmissibile;
non più legato ad una singolare condizione di grazia degli indivi-
dui, bensì connesso all'ordinazione sacra regolarmente conferita, la

239 J. G. DAVIES, Deacons, Deaconesses and the Minor Orders, p. 9.


240 F. MAGANI, L'antica liturgia romana, vol. 3, p. 70: "Sarei d'opinione che
l'ufficio principale dell'esorcista non s'esercitasse tanto nella cerimonia della
preparazione al battesimo nella Sinassi, quanto fuori della medesima nella cura
degli ossessi". Contra, L. DucHESNE, Origines du culle chrétien, p. 369: "Le fun-
zioni di questi chierici, essendo strettamente in rapporto con la preparazione al
battesimo, scomparvero contemporaneamente al catecumenato [ ... ] Dopo il VI
secolo non se ne sente quasi più parlare".
241 A. HARNACK, Die Quellen der sogenannlen apostolischen Kirchenordnung,
p. 97, nota 88.
242 K. THRAEDE, Exorzismus, coli. 72-75.
84 CAPITOLO 2

quale decide dell'effettività e dell'autenticità del dono ricevuto. Ma


il carisma dell'esorcismo ben presto diverrà una delle caratteristi-
che capacità soprannaturali di una nuova categoria di uomini, a
loro volta non necessariamente inquadrati in una gerarchia eccle-
siastica: i santi.

15. Lo sfondo teologico dell'esorcismo battesimale


Presso molte confessioni cristiane si è mantenuta sino ad oggi
l'antica tradizione di una liturgia battesimale di esorcismo. Ma
qual è il senso di un simile rito antidemonico che ormai da secoli
viene effettuato prevalentemente su dei neonati? Per molto tempo
si è creduto che le fondamenta ideologiche della nascita di questo
rituale andassero ricercate nella dottrina del peccato originale. Era
questa, d'altra parte, la spiegazione di Agostino:
I bambini portano un peccato originale, e vanno exsufflati negli
esorcismi, per essere tratti dalla potenza delle tenebre e trasferiti
nel regno del loro Salvatore e Signore243 .
Alla soglia della metà del secolo xvm anche la celebre Histoire
des sacrements del benedettino Charles Mathias Chardon postulava
l'esistenza di una stretta relazione tra il peccato originale e la
materiale intestazione del corpo dei non battezzati:
La Chiesa intende mettere in fuga le potenze infernali che si anni-
dano nelle membra di coloro i quali non sono ancora battezzati,
come insegna S. Cirillo244 . Espressione molto straordinaria, che
dimostra la sottomissione al demonio cagionata dal peccato del
primo padre, la quale fa sì che i corpi stessi di coloro che non sono
rigenerati attraverso il battesimo servano di nascondiglio agli spi-
riti impurP45 •
In epoca più recente, però, si è fatta sentire una certa riluttanza
nei confronti di questa realistica idea dell'inabitazione demoniaca:

243 AUGUSTINUS HIPPONENSIS, Contra / ulianum opus imper{ectum, l, 117.


244 Il riferimento è a CYRILLUS HIEROSOLYMITANUS, Catecheses mystagogicae,
2, 2: "Nelle vostre membra <prima del battesimo> si nascondevano le potenze
avverse". Sulla paternità di queste catechesi, da alcuni oggi attribuite a
Giovanni di Gerusalemme, V. SAXER- G. MAESTRI, Cirillo e Giovanni di Geru-
salemme. Catechesi, pp. 31-44.
245 C. CHARDON, Storia de' sacramenti, vol. l, p. 44 (traduzione lievemente
ritoccata).
UN PERCORSO INTERPRETATIVO 85

essa, infatti, sembrava porre i non battezzati sullo stesso piano


degli energumeni. Nel suo studio sulla possessione diabolica del
1831 Anton J. Binterim affermava: "Se la Chiesa cattolica si rivolge
al diavolo con l'esorcismo [... ] ciò non deriva certamente dall'idea
che le madri partorirebbero dei piccoli diavoli, come Ehregott Dres-
sler ha notato 246 "; essa vorrebbe invece combattere la condizione di
disgrazia nella quale i bambini sono nati, "personificando per così
dire questo peccato, come fa anche la S. Scrittura che non di rado
attribuisce una forza viva a cose inanimate" 247 • Binterim inten-
deva opporsi a quella che giudicava la "sciocca opinione" dell'ana-
battista olandese Anton van Dale (1696), secondo il quale nella
Chiesa antica "era sempre più invalsa l'opinione che tutti gli uomini
fin dall'infanzia fossero posseduti dal demonio, il quale doveva
essere scacciato" 248 • Anche per Francesco Magani (1899) l'azione
dell'esorcismo battesimale "tendeva, come tende ancora, a liberare
l'anima dal possesso morale, non fisico, del demonio" 249 • A Johann
B. Heinrich (1904) sembra chiaro che "gli esorcismi e le exsufflalio-
nes precedenti il battesimo fanno riferimento al dominio generale
del diavolo sull'uomo decaduto, e non hanno niente a che fare con
la vera possessione" 250 • Allo stesso modo si espressero Ferdinand
Probst (1886) 25 1, Matthias J. Scheeben (1878) 252 e Nikolaus Gihr
(1897) 253 sottolineando il legame col tema del peccato originale.

246 E.DRESSLER, Die Lehre von der heiligen Taufe, p. 198.


247 A.J. BrNTERIM, Uber die Besessenen, p. 113.
248 A.VAN DALE, Disserlaliones de origine ac progressu idololalriae, p. 543.
249 F.MAGANI, L'antica liturgia romana, vol. 3, p. 70.
25° J. B. HEINRICH, Dogmalische Theologie, vol. 5, p. 810.
251 F. PROBST, Exorzismus, col. 1144: "Anche se il battezzando non è sog-

getto ai palesi effetti demoniaci, è certo molto sensibile agli influssi diabolici a
causa del peccato originale [ ... ] L'esorcismo elimina gli influssi demoniaci che
ostacolano gli effetti del battesimo".
252 M. J. SCHEEBEN - L. ATZBERGER, Handbuch der kalho/ischen Dogmatik,

vol. 2/2, p. 574: "Non bisogna pensare ad alcuna reale inabitazione del dia-
volo nel corpo, o tanto meno nell'anima, ma solo ad una dipendenza o ad un
effetto".
253 N. GrHR, Die heiligen Sakramenle, vol. l, p. 293: "La chiesa non considera

affatto il battezzando come un ossesso, sebbene le parole del formulario litur-


gico siano forti come negli esorcismi diretti ai posseduti. Tali espressioni non
presuppongono alcuna vera possessione di Satana e nessuna reale inabitazione
del diavolo".
86 CAPITOLO 2

L'esorcismo sarebbe un mezzo per allontanare dal catecumeno la


nefasta influenza di Satana: un'influenza che, però, non andrebbe
considerata alla stregua di un'effettiva possessione diabolica 254 •
Questi moderni tentativi di spiegare il fenomeno, in realtà,
poggiano su categorie di pensiero affermatesi più tardi che, come
vedremo, non reggono all'esame delle fonti più antiche. A dispetto
dell'uso argomentativo che venne fatto dell'esorcismo battesimale
fin dall'epoca della disputa pelagiana, in origine il rito non aveva
a che fare con la questione del peccato originale. Va ugualmente
respinto ogni tentativo di ridimensionare l'evidenza che l'esorcismo
venisse adoperato come rimedio contro un qualche genere di reale
possessi one diabolica. A Franz J. Dolger va riconosciuto il merito
di avere per primo interrogato criticamente i testi, individuando
quali fossero i due principali assunti teologici che potevano giu-
stificare la necessità di sottoporre il catecumeno ad un rituale di
esorcismo: la concezione diabolica del paganesimo e dell'eresia e la
stretta correlazione tra Satana ed il peccato255 •
a. Demoni, pagani ed eretici
Una lampante prova della crescente persuasione che le divinità
pagane fossero in realtà dei demoni malvagi, in ambito precristiano,
si ricava da un famoso passo del Libro dei Salmi (96, 5): laddove il
testo ebraico affermava che "tutti gli dèi delle genti sono nullità"
(una dichiarazione della superiorità del Dio d'Israele su tutti gli
altri dèi stranieri), il traduttore dei Settanta (II secolo a.C.) ha reso
l'originale nullità c''r"?~. 'elilim) con demòni (31XL!J.6VLIX). Se dunque
"tutti gli dèi delle genti sono demòni", ne consegue che ogni culto
tributato ad una divinità diversa dal Dio di Israele è demonola-
tria256. Il giudaismo del II secolo a.C. rappresentato dal Libro dei
Giubilei mostra di avere sviluppato coerentemente tale opinione:

254 Questa idea si ritrova anche in alcuni strumenti di consultazione; ad

esempio la voce di J. P. ToNER, Exorcism, nella Catholic Encyclopedia: "Ciò


non implica che essi [i catecumeni] vadano considerati alla stregua di ossessi,
come gli indemoniati, ma solamente che essi erano, in conseguenza del peccato
originale (e del peccato personale, nel caso fossero adulti), più o meno soggetti
al potere del diavolo".
255 F. J. DOLGER, Der Exorzismus, pp. 17-38.

256 Cfr. quanto si afferma in Deut 32, 17: "Hanno sacrificato a demoni che
non sono Dio, a divinità che non conoscevano"; Bar 4, 7: "Avete irritato il
vostro creatore, sacrificando ai demoni e non a Dio".
UN PERCORSO INTERPRETATIVO 87

Sepàrati dai pagani, non mangiar con loro, non agir come loro e
non esser loro amico poiché le loro azioni sono impure e tutto il
loro modo di vivere è immondo e cosa abominevole i loro sacrifici.
Essi immolano ai cadaveri e si prostrano ai demoni, mangiano nei
sepolcri e tutte le loro opere sono vane ed inutili 257 •

Nel 1 secolo d.C. Paolo ha istituito un parallelo tra la partecipa-


zione al pane di Cristo e la mensa dei demoni:
I sacrifici dei pagani sono fatti a demòni e non a Dio. Ora, io non
voglio che voi entriate in comunione con i demòni; non potete bere
il calice del Signore e il calice dei demòni; non potete partecipare
alla mensa del Signore e alla mensa dei demòni (l Cor 10, 20-21).

Gli idolotiti sono fonte di contaminazione, e la partecipazione


al sacrificio sottomette i pagani al dominio di Satana. Se l'accet-
tazione della fede e la ricezione del battesimo sono una liberazione
da questo potere diabolico 258 , è sempre dietro l'angolo il pericolo di
ricadere in mano al Maligno 259 •
Non solo il pagano, ma anche l'eretico era ritenuto un affiliato al
demonio: gli ebrei empi che tralasciano la circoncisione sono detti
dai loro correligionari "figli di Belehor" 260 , e "sinagoga di Satana"
è l'espressione che l'autore dell'Apocalisse adopera per stigmatiz-
zare i falsi ebrei 261 • N el cristianesimo antico si perpetua la tendenza
di considerare gli eretici come 80tLfl.O'IILx.oP62 , sviluppando il tema
della contrapposizione tra i figli di Dio e i figli del diavolo 263 • Que-

257 Liber lubilaeorum, 22, 16-17. Traduzione di Luigi Fusella.


2S8 At 26, 17-18 (Paolo ad Agrippa): "Per questo ti libererò dal popolo e dai
pagani, ai quali ti mando ad aprir loro gli occhi, perché passino dalle tenebre
alla luce e dal potere di Satana a Dio e ottengano la remissione dei peccati e
l'eredità in mezzo a coloro che sono stati santificati per la fede in me"; Col
1, 13: "È lui infatti che ci ha liberati dal potere delle tenebre e ci ha trasferiti
nel regno del suo Figlio diletto, per opera del quale abbiamo la redenzione, la
remissione dei peccati".
259 1 Tm 5, 15: "Già alcune <vedove> purtroppo si sono sviate dietro a

Satana".
260 Liber lubilaeorum, 15, 33.
261 Ap 2, 9; 3, 9.
262 Cfr. IGNATIUS ANTIOCHENUS, Ad Smyrnenses, 2, riguardo ai doceti.

263 Gv 8, 43-44: "Non potete dare ascolto alle mie parole, voi che avete per

padre il diavolo, e volete compiere i desideri del padre vostro"; l Gv 3, 8-10:


"Chi commette il peccato viene dal diavolo, perché il diavolo è peccatore fin
dal principio [... ] Chiunque è nato da Dio non commette peccato, perché un
88 CAPITOLO 2

sta concezione demoniaca del pagano e dell'eretico ha certamente


costituito una convincente motivazione per richiedere un esorcismo
battesimale sui neofiti.

b. Satana ed il peccato
La seconda motivazione risiede nella particolare interpretazione
delle relazioni tra il peccato e Satana. Un esempio è l'episodio
del tradimento di Giuda, quando, secondo l'evangelista Giovanni,
Satana agisce nel suo cuore ed entra in lui per in d urlo al peccato 264 •
Non si tratta certamente della possessione diabolica tipica degli
energumeni, che sarebbe chiaramente riconoscibile dall'esterno; ma
non si può negare che Giovanni abbia messo in stretta relazione il
peccato, l'attività demoniaca e la presenza di Satana nella persona.
È un tipo di presenza che si qualifica comunemente come "posses-
sione etica", per distinguerla da quella degli energumeni. In età
subapostolica quest'interpretazione si è rafforzata fino al punto di
far ritenere che ogni grave trasgressione avesse come conseguenza
l'ingresso di un demonio nel cuore umano. Una simile preoccupa-
zione si evince da un passo della Epistola di Barnaba:
Affinché il Nero non s'insinui furtivamente, teniamoci lontani da
ogni vanità, detestiamo assolutamente le opere della cattiva via.
Il collegamento tra l'idolatria, il peccato e Satana rende il cuore
del non cristiano un abitacolo di demòni:
Prima che noi credessimo in Dio, l'abitacolo del nostro cuore era
corruttibile e debole, come tempio edificato veramente da mano
d'uomo. Era infatti pieno d'idolatria, un'abitazione dei demoni,
perché noi facevamo tutto ciò che è contrario al volere di Dio 265 •
Il medesimo concetto è condiviso da Ireneo:

germe divino dimora in lui, e non può peccare perché è nato da Dio. Da questo
si distinguono i figli di Dio dai figli del diavolo: chi non pratica la giustizia non
è da Dio, né lo è chi non ama il suo fratello"; At I3, IO: "O uomo pieno di
ogni frode e di ogni malizia, figlio del diavolo, nemico di ogni giustizia, quando
cesserai di sconvolgere le vie diritte del Signore?".
264 Gv I3, 2: "Quando il diavolo aveva messo in cuore a Giuda Iscariota,
figlio di Simone, di tra dirlo [ .. .)''; I3, 27: "Dopo quel boccone, Satana entrò in
lui".
265 Ps. BARNABAS, Epislula, 4, IO e I6, 7; cfr. anche 2, IO: "Dunque, fratelli,
dobbiamo avere sollecitudine per la nostra salvezza, perché il Maligno, insi-
nuando in noi l'errore, non ci scagli lontano dalla nostra vita".
UN PERCORSO INTERPRETATIVO 89

Eravamo ricettacoli ed abitazione del diavolo, mentre eravamo


nell'apostasia: egli infatti si serviva di noi come voleva e lo spirito
immondo dimorava in noi 266 •
Nella prima metà del n secolo l'autore del Pastore di Erma
descrive un mondo popolato di spiriti buoni e cattivi; il tradizio-
nale insegnamento delle due vie, presente anche nell'Epistola di
Barnaba 267 , si concretizza nella loro personificazione in due ordini di
spiriti in competizione tra loro per il possesso del cuore dell'uomo 268 •
Satana, il tentatore, cerca di insinuarsi dentro gli uomini per pos-
sederli:
Il diavolo va da tutti i servi di Dio, per provarli. Quelli che sono
pieni di fede gli resistono energicamente, e lui si allontana da loro
non avendo per dove entrare. Allora egli va dai vani e, trovando lo
spazio, entra da loro ed agisce con questi come vuole, e gli diven-
tano soggetti 269 •
La presenza del demonio nel corpo dell'uomo mette in fuga lo
Spirito di Dio, giacché è impossibile che i due spiriti dimorino
insieme 270 • È un dualismo etico che affonda le sue radici nell'aro-

266 IRENAEUS LUGDUNENSIS, Adversus haereses, III, 8, 2.


267 L'insegnamento sulle due vie, quella della vita o del bene e quella della
morte o del male, è attestato in ambito sia giudaico sia cristiano. Proprio l'Epi-
stola di Barnaba conserva traccia di un preesistente Trattato delle due vie di
origine giudaica, dal quale dipendono anche alcuni ordinamenti ecclesiastici
(Didaché, Dottrina degli Apostoli, Canoni ecclesiastici degli Apostoli, etc.). Su
tutta la questione, con analisi dei paralleli giudaici e cristiani, G. VIsONÀ, Dida-
ché, 55-90.
268 H~;RMAS, Pastor, Mandata, VI, 2, 1-5 (36): "Con l'uomo sono due angeli,

uno della giustizia e l'altro della iniquità( ... ) L'angelo della giustizia è delicato,
verecondo, calmo e sereno. Se penetra nel tuo cuore, subito ti parla di giustizia,
di castità, di modestia, di frugalità, di ogni azione giusta e di ogni insigne virtù.
[... ) Guarda ora le azioni dell'angelo della malvagità. Prima di tutto è irasci-
bile, aspro e stolto e le sue opere cattive travolgono i servi di Dio. Se si insinua
nel tuo cuore, riconoscilo dalle sue opere( ... ) Quando ti prende un impeto d'ira
o un'asprezza, sappi che egli è in te. Poi, il desiderio delle molte cose, il lusso
dei molti cibi e bevande, di molte crapule e di lussi vari e superflui, le passioni
di donne, la grande ricchezza, la molta superbia, la baldanza e tutto quanto vi
si avvicina ed è simile. Se tutte queste cose si insinuano nel tuo cuore, sappi
che è in te l'angelo dell'iniquità". Traduzione di Antonio Quacquarelli.
26 9 HERMAS, Pastor, Mandata, XII, 5, 4 (48).

270 HERMAS, Paslor, Mandata, V, 2, 5-7 (34): "Quando tutti questi spiriti

abitano in un corpo, ove dimora anche lo Spirito Santo, quel corpo non li con-
90 CAPITOLO 2

biente giudaico che ha dato ongme ai Testamenta XII patriarcha-


rum271 e di cui vi è traccia anche a Qumran272 • Diventa allora più
semplice comprendere come il fondamentale momento di adesione
alla fede, cioè il battesimo, sia stato interpretato in senso antide-
monico: poteva essere quella l'occasione nella quale, conseguente-
mente alla conversione e all'abbandono del peccato, si verificava
la fuoriuscita dei demoni dal corpo dell'uomo, rendendolo atto a
ricevere lo Spirito di Dio. Il fatto che Ireneo, Clemente, Origene
(e anche Tertulliano per un certo periodo) tenessero lo scritto di
Erma come ispirato 273 , può ben testimoniare la potente diffusione di
quest'ideologia. Le Pseudoclementine esasperano al massimo questa
concezione, dimostrando una comprensione perfettamente esorci-
stica del battesimo: esso avrebbe lo scopo di scacciare gli 7t'JS:U(.LIXTIX
malvagi nascosti all'interno della persona. A ragione Klaus Thraede
ha ridimensionato l'importanza che Franz Dolger aveva accordato
a questi testi, che sono relativamente tardivi, anche se derivanti

tiene, ma trabocca. Lo spirito delicato, non avendo, dunque, dimestichezza


nell'abitare con lo spirito cattivo, né con la durezza, si allontana da un tale
uomo e cerca di abitare con la mansuetudine e la serenità. Quando si allontana
dall'uomo in cui abita, l'uomo diventa privo dello spirito giusto e, pieno di spi-
riti malvagi, si agita in ogni sua azione". Cfr. Mandata, V, l, 2-4 (33).
27t Testamentum Dan, 4, 7: "L'ira insieme con la menzogna è un male dalla

doppia faccia, e si uniscono insieme per turbare il cuore. Quando poi un'anima
è turbata in continuazione, il Signore si allontana da lei e la signoreggia Beliar";
Testamentum Nephthalim, 8, 6: "Chi non fa il bene, lo malediranno gli angeli
e gli uomini [ ... ] il diavolo abiterà in lui come in casa propria"; Testamentum
Beniamin, 5, 2: "Se siete disposti a fare il bene, gli spiriti impuri fuggiranno da
voi". Traduzione di Paolo Sacchi.
272 IQS (Regola della Comunità) 4, 23: "Fino ad allora lo spirito del bene
e del male combatteranno nel cuore dell'uomo". Ulteriore documentazione in
J. P. MARTiN, Espiritu y dualismo de espirilus. Certamente la concezione di un
dualismo etico, di origine giudaica, ha avuto un influsso importante sul pen-
siero cristiano dei primi secoli; tale concezione avrebbe incominciato a regredire
progressivamente a partire dall'epoca del Pastore di Erma, secondo A. PARET-
SKY, The Two Ways and Dipsychia. Su questo tema sono importanti gli studi di
L. W. BARNARD, The Dead Sea Scrolls, di M. J. SuGGS, The Christian Two Ways
Tradition e di M. M. BERGADA, La doctrina de los dos caminos. Nello specifico,
E. SoRENSEN, Possession and Exorcism, pp. 196-204.
273 Cfr. B. M. METZGER, Il Canone del Nuovo Testamento, pp. 122, 127,

139, 143.
UN PERCORSO INTERPRETATIVO 91

da una fonte più antica che purtroppo ci resta ignota 274 ; sono però
indici di un pensiero diffuso.
Non sempre, certo, la possessione etica è stata descritta a tinte
così forti; ma l'antica interpretazione realistica del peccato come
inabitazione di Satana nell'uomo è comunque sufficientemente testi-
moniata dalle fonti. Clemente di Alessandria è la voce più critica
contro l'idea della possessione etica derivante dal peccato; questo
lo spinge a leggere figurativamente la demonologia dell'Epistola di
Barnaba e del Pastore di Erma proprio in quei passi che insegnano
la connessione tra il peccato e l'inabitazione dei demoni nell'uomo.
L'esegesi letterale, per Clemente, sarebbe un'aberrazione gnostica.
Invece Origene, pochi anni dopo, la accolse in pieno, senza curarsi
del fatto che fosse la medesima accettata dagli gnostici. Il fatto che
l'Alessandrino abbia recepito questa lettura realistica, pur apparte-
nendo ad una scuola propensa all'allegoria, è segno di un suo forte
radicamento nella coscienza cristiana del tempo. La posizione di
Clemente, forse, rimase relativamente isolata.

16. Testimoni antichi dell'esorcismo dei catecumeni


Si è quindi dimostrata la diffusione nel cristianesimo antico
dell'idea che i pagani e gli eretici, a causa dell'idolatria o della loro
apostasia dalla vera fede, fossero in stretto rapporto coi demoni:
tale rapporto può anche configurarsi come una reale inabitazione
demoniaca in loro. Anche il peccato grave era inteso come causa
e conseguenza dell'inabitazione di Satana nell'anima dell'uomo.
Questa duplice modalità di possessione etica da parte del diavolo
spiega allora perché i cristiani potessero avvertire la necessità di
sottoporre i catecumeni a liturgie esorcistiche: allo scopo di liberare
le loro anime dalla nefasta presenza del maligno e per dar luogo
alla discesa dello Spirito Santo.
A quando fissare, allora, la nascita dell'esorcismo battesimale
cristiano? Se risulta evidente che fin dall'epoca di Gesù non era
mai cessata la pratica di esorcismo degli energumeni, sull'esorcismo
battesimale le fonti dei primi due secoli non permettono di formu-
lare comodamente una simile affermazione. Nel IV secolo Gregorio
di Nazianzo esorta i catecumeni a "non disprezzare il trattamento

274 K. THRAEDE, Exorzismus, col. 78. Cfr. F. J. DòLGER, Der Exorzismus,


pp. 29-32.
92 CAPITOLO 2

dell'esorcismo, e non rinunziarvi a causa della sua lunghezza" 275 ,


dimostrando che la pratica era ormai ben strutturata; ma non
si può dire lo stesso per i due secoli precedenti. A metà del XIX
secolo Johann W. F. Hofling ritenne di poter affermare che "gli
èvepyoufLeVOL O i aoctfLOVt~6fLeVOL furono sempre esorcizzati, ma COSÌ
non fu sin dall'inizio per i candidati al battesimo, a meno che non
fossero energumeni" 276 • Per Otto Bocher, invece, fin da subito il
battesimo divenne "il sacramento esorcistico della Chiesa antica",
una vera e propria "lustrazione materiale" nella quale "il timore dei
demoni risulta più forte della consapevolezza della nuova libertà
donata da Dio" 277 : le proteste degli autori neotestamentari, a suo
modo di vedere, sarebbero rimaste in questo punto inascoltate278 •
Purtroppo assai spesso gli scritti sopravvissuti degli autori cri-
stiani del II e m secolo non sono prodighi di indicazioni sulla possibile
esistenza di qualche forma di esorcismo battesimale nell'ambiente
in cui operavano; frequentemente i loro riferimenti alla liturgia del
battesimo sono occasionali e contingenti, senza alcuna pretesa di
descrivere il rito nel suo complesso. Occorre pertanto guardarsi dal
pericolo di emettere un giudizio negativo troppo dipendente da un
pericoloso argumentum e silentio; allo stesso modo, va usata molta
cautela nell'interpretazione di certe frasi che talvolta con troppa
leggerezza sono state considerate come prove di una concezione
esorcistica del battesimo. In sintesi, ecco un'anticipazione di ciò
che emergerà dall'analisi dei testi.
In Giustino è assente qualunque riferimento ad un battesimo in
funzione antidemoniaca. L'esistenza di una pratica di digiuno pre-
battesimale, che alcuni (sulla base di Mc 9, 29) vorrebbero spie-
gare con un intento esorcistico, non è un elemento sufficientemente
chiaro. La descrizione giustinea del rituale battesimale è comunque
molto sommaria, e non ci autorizza a trarre conclusioni certe.
Gli estratti gnostici della seconda metà del II secolo raccolti da
Clemente negli Excerpla ex Theodoto sono la prima testimonianza
sopravvissuta di rituali antidemonici prebattesimali: digiuni, sup-

275 GREGORIUS NAZIANZENUS, Orationes, 40, 27.


276 J. W. F. HòFLING, Das Sakrament der Taufe, vol. l, p. 378.
277 O. BòCHER, Diimonenfurcht und Diimonenabwehr, pp. 318-319.
278 Cfr. l Pt 3, 21, dove si dice che il battesimo "non è rimozione di sporcizia
della carne (crocpxòç oc1t66emç pu1tou), ma invocazione di salvezza rivolta a Dio
da parte di una buona coscienza, in virtù della risurrezione di Gesù Cristo".
UN PERCORSO INTERPRETA TI VO 93

pliche, preghiere, imposizioni (o sollevamenti) delle mani e genu-


flessioni che preparano al battesimo di rigenerazione, allontanando
la presenza nefasta dei diavoli.
Nell'altrettanto gnostico Libro di Jeu Gesù, dopo aver ammini-
strato il battesimo di acqua, il battesimo di fuoco ed il battesimo
dello Spirito Santo, vi aggiunge un fJ.UO"TIJpLO"V per togliere dai suoi
seguaci la malvagità degli arconti. Senza questo rito, preceduto
dalla remissione dei peccati, i discepoli non possono intraprendere
il cammino nella direzione della luce, e non possono recuperare
l'immortalità. Si perviene a questo risultato tramite azioni, sigilli,
formule ed invocazioni che dimostrano quanta crescente impor-
tanza venisse riservata a riti esorcistici connessi con l'iniziazione
cristiana, nella convinzione che l'uomo fosse irrimediabilmente
servo delle potenze demoniache.
Sempre nel m secolo gli Atti di Tommaso testimoniano un'un-
zione .che precede immediatamente il battesimo, la quale viene
amministrata in remissione dei peccati e per l'annientamento del
Nemico; ma il testo sopravvissuto è stato certamente sottoposto a
ritocchi, ed alcuni studiosi ritengono che quest'unzione battesimale
costituisca un'aggiunta seriore. La situazione testuale precaria e
la conoscenza ancora troppo approssimativa dei rituali di batte-
simo non permettono di chiarire se a quell'epoca in Siria la liturgia
di iniziazione cristiana prevedesse o meno un'unzione di carattere
esorcistico.
Clemente di Alessandria tenta di reagire all'esasperazione della
demonologia gnostica; pur considerando il battesimo come un rito
purificatorio e antidemoniaco, che va accompagnato da una pub-
blica rinuncia a Satana, egli rigetta l'interpretazione valentiniana
del peccato che vuoi fare del catecumeno un uomo schiavo delle
passioni e vittima del soggiorno dei demoni nella propria anima.
Respingendo la dottrina dell'inabitazione dei demoni, Clemente
intende salvaguardare il libero arbitrio umano, e non può accettare
nessuna spiegazione del peccato che faccia appello ad una presenza
o ad un reale attaccamento dei demoni nei riguardi dell'uomo.
In Africa, dagli scritti di Tertulliano emerge l'esistenza di
rituali battesimali antidemonici e la persuasione che il battesimo
sia momento catartico e liberatorio dal dominio degli spiriti mal-
vagi. Tuttavia, non vi sono prove dell'esistenza di una reale pra-
tica esorcistica, e i passi che talora vengono addotti a sostegno di
questa ipotesi non mi sembrano sufficientemente probanti. Preferì-
94 CAPITOLO 2

sco quindi lasciare aperta la questione; in ogni caso, qualora fosse


da preferirsi l'interpretazione esorcistica di alcuni segmenti rituali
dell'iniziazione cristiana, è evidente che essi per Tertulliano non
dovevano rivestire una grande importanza, se nel suo trattato Sul
battesimo non ne ha fatto esplicita menzione.
Con Origene ad Alessandria si fa strada un'interpretazione diversa
da quella di Clemente. Origene non è particolarmente interessato a
riportare nei suoi scritti le descrizioni rituali delle funzioni litur-
giche, ma è chiaro che per lui il battesimo ottiene la remissione
dei peccati ed è il momento in cui incomincia il combattimento
spirituale contro le potenze malvagie, alle quali il catecumeno ha
appena rinunciato. Al di là della dubbia interpretazione di alcuni
passi, tutto il rituale battesimale va nel suo complesso considerato
come un esorcismo. Origene, infatti, collega strettamente il tema
dell'ossessione diabolica a quello del peccato: egli, pur cercando di
salvaguardare il libero arbitrio dell'uomo, ritiene che la scelta di
cedere alle tentazioni demoniache e la perseveranza nel peccato
portino ad una vera e propria possessione diabolica. Contro tale
possessione etica, che si differenzia dalla possessione totalizzante
degli energumeni quanto al grado, ma non quanto alla sostanza,
viene opposta la grazia purificatrice del battesimo; i catecumeni,
ed in particolar modo gli idolatri, grazie al battesimo ottengono
la remissione dei peccati e la liberazione dai demoni che li posseg-
gono.
Nella metà del III secolo in Africa la qualificazione esorcistica
del battesimo è diventata ormai evidente. Cipriano non fa parola
di esorcismi battesimali, ma ritiene che l'acqua del battesimo abbia
la capacità di opprimere il demonio; perciò ritiene lecito il batte-
simo degli energumeni non ancora risanati, quando sono in pericolo
di vita. I vescovi africani presenti al concilio cartaginese del 256,
invece, attestano la diffusione di un esorcismo battesimale accom-
pagnato dall'imposizione della mano, il che potrebbe autorizzarci a
pensare che anche la chiesa di Cartagine condividesse questa pra-
tica, sebbene Cipriano non ne faccia menzione.
Difficile valutare la testimonianza dell'autore dell'Elenchos. Egli
narra che l'elcasaita Alcibiade di Apamea, a Roma durante la prima
metà del III secolo, praticava delle abluzioni rituali sui posseduti.
Che questa pratica fosse già in uso anche altrove ed anteriormente,
ad esempio nella regione della Celesiria da cui Alcibiade proveniva,
è possibile ipotizzarlo: in tal caso, si tratterebbe di un'antica pra-
UN PERCORSO INTERPRETATIVO 95

tica riconducibile alla prima metà del II secolo, interpretabile forse


come abluzione rituale esorcistica, piuttosto che come esorcismo
battesimale in senso stretto. Ma le fonti di cui disponiamo non ci
permettono di affermarlo con tutta certezza.
La cosiddetta Traditio apostolica costituisce l'ordinamento litur-
gico più antico nel quale il rituale di esorcismo è ormai entrato
a far parte stabile dell'iniziazione cristiana. Nell'ultimo periodo di
catecumenato i candidati al battesimo ricevono una serie di esor-
cismi quotidiani accompagnati dall'imposizione della mano, e al
momento dello scrutinio finale gli electi vengono sottoposti all'esor-
cismo del vescovo. Poco prima del battesimo il vescovo procede
ad una ulteriore imposizione della mano accompagnata da un esor-
cismo, terminato il quale soffia su di loro e segna le loro fronti,
orecchi e narici. La Traditio descrive anche un esorcismo episco-
pale pronunciato sull'olio con il quale il battezzando veniva unto,
dopo la rinuncia a Satana. Purtroppo la Traditio apostolica non è
pervenuta nella sua redazione originale, ma in svariate traduzioni
e rifacimenti che non permettono di distinguere ciò che competeva
alla prima stesura e ciò che invece compete alla pratica contem-
poranea di coloro che tra la metà del II secolo alla metà del IV vi
misero mano.

17. La comparsa dell'esorcismo battesimale


Lo spoglio delle testimonianze antiche rivela che la prima espli-
cita fonte a parlare di rituali antidemonici è quella degli Excerpta
ex Theodoto: ivi sono raccolti stralci di opere ascrivibili a Teodoto o
a qualche valentiniano operante nella seconda metà del II secolo. In
ambito ortodosso solo alla metà del secolo m, in Africa, si ha ine-
quivocabile menzione di un rituale di esorcismo ormai canonizzato,
separato dal battesimo d'acqua strictu sensu ed imposto a tutti i
catecumeni.
È forse possibile colmare in qualche modo lo spazio intercor-
rente tra queste due testimonianze? Ciò risulta molto difficile, se
non impossibile. Anche se alcuni autori condividono pienamente la
demonologia che costituisce la base teologica dell'esorcismo batte-
simale, le loro indicazioni sul rituale dell'iniziazione cristiana prati-
cato nella Chiesa di loro appartenenza sono molto scarne, talvolta
equivoche. Sicuramente ben prima del terminus ante quem del 250
vi era terreno fertile perché la pratica dell'esorcismo battesimale
96 CAPITOLO 2

prendesse piede; personalmente però sarei poco propenso a ten-


tare di stabilire un'origine precisa sulla base di informazioni sto-
riche così laconiche. Dolger crede di poter escludere che attorno
al 200 l'esorcismo battesimale fosse già un uso diffuso nella Chiesa
greca; diversamente, Clemente di Alessandria non avrebbe potuto
esprimersi sugli effetti del battesimo nei termini che usò nella sua
polemica contro lo gnostico Valentino: si sarebbe coscientemente
posto in opposizione ad una legittima pratica ecclesiastica 279 • Da
parte mia, non credo di poter condividere senza riserve questa pur
allettante deduzione. Anzitutto, occorrerebbe presumere che
Clemente rappresenti e condivida perfettamente l'uso liturgico della
Chiesa ortodossa di Alessandria; ugualmente, dovremmo pensare
che Clemente non avrebbe mai avuto l'ardire di criticare una pra-
tica ecclesiastica cattolica, anche nel caso in cui egli non ne condi-
videsse l'opportunità. Ma non credo sia possibile dare per assodato
che ad Alessandria esistesse un solo rituale cattolico di iniziazione
cristiana, strettamente codificato ed universale, assolutamente dif-
ferenziato da quello adoperato nei circoli gnostici: siamo infatti
ancora in un periodo di relativa libertà liturgica, e non mancano
le prove di somiglianza tra i riti gnostici e quelli cattolici. L'am-
biente culturale alessandrino si dimostra variegato; la demonologia
espressa dal Pastore di Erma e dall'Epistola di Barnaba era ben
conosciuta, e diversamente interpretata da Clemente e Valentino.
Se alcuni anni dopo un altro pensatore alessandrino ed anti-gnostico
come Origene condivide con Valentino l'interpretazione realistica
di quella demonologia, come poter escludere che altri esponenti
della Chiesa cattolica di Alessandria ne fossero portatori? Eviden-
temente l'esempio di Origene dimostra che non sarebbe realistico
escludere del tutto che nella grande Chiesa l'interpretazione demo-
nologica del peccato abbia avuto anche prima di Origene i propri
sostenitori, magari più moderati degli gnostici, ma certo meno alle-
gorizzanti di Clemente; costoro non avrebbero avuto validi motivi
per opporsi all'accostamento dell'esorcismo e del battesimo. Non
mi sentirei neppure di poter escludere del tutto che gli gnostici
possano aver mantenuto e portato a livelli estremi una tradizione
esorcistico-battesimale già nota ad Alessandria prima di loro. La
forte personalità di Clemente non avrebbe probabilmente avuto

279 F. J. DoLGER, Der Exorzismus, p. 10; anche K. THRAEDE, Exorzismus,


col. 82.
UN PERCORSO INTERPRETATIVO 97

alcuna esitazione a scagliarsi contro una pratica rituale diffusasi


sia tra gli gnostici sia tra i cattolici (o perlomeno tra alcuni di essi),
se essa fosse risultata contraria ai suoi principi e, quantomeno nella
sua forma più radicalizzata, lesiva del libero arbitrio umano che
egli strenuamente difendeva.
Henry A. Kelly ed Elizabeth A. Leeper hanno ritenuto di poter
individuare un luogo di origine dell'esorcismo battesimale, pen-
sando che la risposta andasse ricercata nella pratica attestata
dagli scritti di Teodoto letti alla luce di quanto contenuto nella
cosiddetta Traditio apostolica280 • Quest'ultima, per buona parte
del xx secolo considerata opera di lppolito di Roma e datata al
215 d.C., contiene espliciti rituali esorcistici inseriti in un contesto
sacramentale ortodosso; Kelly prima, e successivamente la Leeper,
hanno quindi ricollegato la presenza di esorcismi negli scritti di
Teodoto con questa testimonianza romana. Nella Traditio infatti
si ritrovano tutti gli elementi liturgici battesimali presenti negli
Excerpta: catechesi, interrogazione, rinuncia, esorcismo, battesimo
e sigillo. Secondo i due autori ciò sarebbe riconducibile alla figura
di Valentino. Ad Alessandrina e a Roma, luoghi in cui Valentino
indirizzò la propria predicazione, sono attestati esorcismi battesi-
mali; Teodoto, come discepolo di Valentino, avrebbe conservato
l'insegnamento del maestro, continuando a praticare ad Alessandria
l'esorcismo anche dopo la sua dipartita. Valentino, recatosi a Roma
intorno al 138, avrebbe portato con sé la propria teologia - che
considera posseduti dal demonio tutti coloro che non sono ancora
battezzati - ed avrebbe colà impiantato la pratica dell'esorcismo
battesimale; esso sarebbe poi entrato nell'uso della Grande Chiesa,
attestato la prima volta nella Traditio apostolica romana nel primo
quarto del m secolo e di lì diffuso in tutto il mondo cristiano.
Questa spiegazione è fondata sull'attribuzione della Traditio
apostolica ad Ippolito romano, con la datazione e collocazione geo-
grafica che ne conseguono. In verità, negli ultimi anni sono state
messe fortemente in dubbio sia l'attribuzione ad Ippolito, sia l'ori-
gine romana, sia la datazione di quest'opera normativa281 , ragion
per cui viene a mancare il legittimo sostegno per l'interpretazione
di Kelly e della Leeper. Certamente la teologia valentiniana si pre-

280 H. A. KELLY, The Devii al Baptism, p. 75 e 272-273; E. A. LEEPER, From


Alexandria lo Rome.
28! Cfr. A. NICOLOTTI, Che cos'è la Traditio apostolica di lppolito?
98 CAPITOLO 2

sta molto bene a spiegare la presenza di esorcismi battesimali, ma


non è provato che sia stato Valentino ad introdurli ad Alessan-
dria e a Roma. L'esiguità delle testimonianze liturgiche antiche
sopravvissute non credo permetta di collocare geograficamente la
genesi di questo rito, né di escludere che esso sia entrato nell'uso
al di fuori di Alessandria, anche prima. Ogni tentativo di colloca-
zione storica e geografica, e conseguentemente l'attribuzione alla
grande Chiesa o a qualche corrente gnostica, mi sembra si muova
su un terreno eccessivamente instabile. Il fatto che la prima proba-
bile attestazione sia contenuta in un testo gnostico, inoltre, non mi
sembra motivo sufficiente per ritenere che l'origine del rito vada
ricercata per forza in quell'ambiente religioso. È stato scritto che
generalmente "il battesimo gnostico è un rito che lo gnostico deriva
pedissequamente, nelle sue forme liturgiche, dal battesimo cristiano
della Grande Chiesa. La rilettura che gli gnostici fanno del batte-
simo [ ... ] è ovviamente fatta alla luce delle dottrine gnostiche. È
questa rilettura che trasforma il battesimo cristiano in battesimo
gnostico" 282 . La spiegazione di Klaus Thraede, che ricostruisce un
processo di ecclesiasticizzazione di un esorcismo di unzione inizia-
tica di origine gnostica, avvenuto inizialmente in ambiente siriaco
ed egiziano nella prima metà del m secolo, non mi sembra dunque
sufficientemente probante 283 .
D'altra parte, mi pare di dover condividere con Dolger la sua
preoccupazione nel tenere distinta l'indagine sulla nascita di un
esorcismo battesimale separato dal battesimo in senso stretto (l'im-
mersione nell'acqua) dalla ricerca di una concezione esorcistica
del battesimo in generale; questa concezione poteva esistere ed
esisteva certamente prima ancora che fosse sentita la necessità di
sviluppare un rituale di esorcismo vero e proprio. Egli non ritiene
impossibile che fin dall'epoca apostolica esistessero, accanto ad
altri, i presupposti per un'interpretazione esorcistica del battesimo
che solo successivamente si sarebbe concretizzata in un rito esor-
cistico distinto dal battesimo. Tanto il significato del battesimo di
esorcismo quanto l'introduzione di un esorcismo battesimale indi-

282 È il parere conclusivo dello studio di A. CosENTINO, Il battesimo gnostico,


p. 262.
283 K. THRAEDE, Exorzismus, coli. 79-85. Thraede si riferisce soprattutto al
battesimo di unzione descritto in IRENAEUS LUGDUNENSIS, Adversus haereses,
l, 21, 3.
UN PERCORSO INTERPRETATIVO 99

pendente si sarebbero basati sullo stesso presupposto: l'idea di una


possessione etica dei non battezzati284 •

18. Caratteristiche dell'esorcismo battesimale


Una volta identificato lo scopo dell'esorcismo battesimale - cioè
la cacciata degli spiriti maligni che abitano nel cuore del non bat-
tezzato - Di.ilger ha pensato di poter istituire uno stretto paragone
tra questo esorcismo e l'esorcismo degli energumeni. "Poiché l'esor-
cismo battesimale aveva il compito di scacciare il diavolo, esso era
un reale esorcismo. È pertanto facilmente comprensibile come l'esor-
cismo battesimale abbia potuto prendere interamente a prestito le
sue cerimonie e le sue preghiere esorcistiche dall'esorcismo di coloro
che erano corporalmente posseduti" 285 • I rituali di esorcismo presi
in esame dal Di.ilger sono però relativamente tardivi, e giustamente
Thraede osserva che i formulari dai quali risulta un contatto evi-
dente tra la pratica di esorcismo battesimale e quella di esorcismo
degli energumeni sono ormai troppo distanti dal momento in cui
la cerimonia esorcistica nell'iniziazione cristiana prese piede: non
possono quindi fornire un valido supporto all'ipotesi di Di.ilger286 •
Meglio sarà allora raccogliere le poche informazioni sul rito ricava-
bili dalle fonti, senza tentare rischiose induzioni congetturali.
Un rituale antidemonico importante è quello della rinuncia a
Satana, presente in Clemente ed Origene (Egitto), Tertulliano e
Cipriano (Africa) e nella Traditio apostolica 287 • Sarei molto cauto
però nel volerlo considerare un rituale che nasce come gesto esor-
cistico vero e proprio 288 : il fatto che Clemente, così ostile all'idea
del battesimo esorcistico, lo abbia accettato senza problemi, non
depone a favore di questa lettura.
Il digiuno catecumenale e la preghiera prescritti da Giustino non
mostrano alcun carattere esorcistico evidente 289 • Di digiuno si parla
anche negli Excerpta ex Theodolo, senza che ne sia del tutto chiara

284 F. J. DùLGER, Der Exorzismus, p. 18.


285 F. J. D6LGER, Der Exorzismus, p. 72.
286 K. THRAEDE, Exorzismus, col. 76.
287 CLEMENS ALEXANDRINUS, Paedagogus, l, 6, 32, 1; 0RIGENES, Exhortalio ad

martyrium, 17; TERTULLIANUS, De corona, 3, 2; CYPRIANUS CARTHAGINENSIS, Epi-


stulae, 13, 5, 3; Traditio apostolica, 21, 6-11.
28 8 K. THRAEDE, Exorzismus, coli. 98-100.

289 IUSTINUS, Apologia l, 61, 2-3.


100 CAPITOLO 2

la funzione: a CIO si aggiungono suppliche, preghiere e genufles-


sioni290, atti che anche Tertulliano conosce senza che ad essi vada
attribuita una funzione per forza esorcistica291 •
Il gesto dell'imposizione delle mani è probabilmente attestato da
Teodoto 292; Tertulliano forse ne fa parola in occasione della rinun-
cia a Satana, ma senza parlare di esorcismi 293 • Il vescovo africano
Vincenzo di Tibari, invece, ricorda chiaramente l'imposizione della
mano come gesto esorcistico sui battezzandi294 •
Sempre dagli Excerpta ex Theodoto avremmo forse il più antico
esempio dell'uso della croce come cerimonia apotropaica nell'inizia-
zione cristiana295 , anche se non è chiara del tutto la sua funzione.
In Tertulliano il riferimento è dubbio 296 , ed in Cipriano il sigillo
battesimale cruciforme ha piuttosto la funzione di distinguere i
fedeli di Cristo da coloro che sono destinati alla dannazione: non si
tratta pertanto di un segno tracciato a scopo antidemonico297 •
Con tutti i problemi di datazione e collocazione che porta con
sé, la Traditio apostolica resta il testo più ricco di descrizioni ceri-
moniali: l'esorcismo è accompagnato da frequenti imposizioni della
mano, da un'unzione e dalla signatio di fronti, orecchi e narici poco
prima del battesimo298 • L'ordinamento impone anche la perfetta
nudità battesimale, che secondo alcuni ha una funzione antidemo-
nica299.
Meritano attenzione anche i riti gnostici che Gesù trasmette nel
p.uaT"IjpLov per togliere la malvagità degli arconti, secondo il Libro
di Jeu: egli fa costruire ai discepoli un altare d'aromi, li fa rive-
stire e cingere corone di artemisia, pone incenso nelle loro bocche,
mette numeri cifrati nelle loro mani; li segna poi con un sigillo e
recita una preghiera di invocazione al Padre300 • Io non credo che

290 CLEMENS ALEXANDRINUS, Excerpta ex Theodoto, 84.


291 TERTULLIANUS, De baptismo, 20, l.
292 CLEMENS ALEXANDRINUS, Excerpta ex Theodoto, 84.
293 TERTULLIANUS, De corona, 3, 2.
294 Sententiae episcoporum LXXXV Il, 37.
295 CLEMENS ALEXANDRINUS, Excerpta ex Theodoto, 80.
296 TERTULLIANUS, De resurreclione carnis, 8, 3.
297 CYPRIANUS CARTHAGINENSIS, Epistufae, 73, 9, 2.
298 Traditio apostolica, 20-21.
299 Traditi o apostolica, 21, 5.
300 Liber Jeu, 48.
UN PERCORSO INTERPRETATIVO 101

questa testimonianza vada intesa con troppo ottimismo come


prova dell'esistenza di un identico rituale di iniziazione cristiana
all'interno dei circoli gnostici, ma va tenuta presente l'importanza
accordata alla crcppocy(c; e all'invocazione al Padre.
Nello stesso periodo, in Siria vengono redatti gli Atti di Tom-
maso, che contengono un rituale sul cui tenore originario siamo
poco sicuri; se potesse essere provato il suo carattere esorcistico,
avremmo un esorcismo prebattesimale amministrato per mezzo
dell'unzione e dell'invocazione del nome di Gesù 301 •
Ovviamente, è quasi certo che questi gesti esorcistici fossero
accompagnati da invocazioni, preghiere o scongiuri veri e propri,
formulati allo scopo di costringere lo spirito malvagio ad abbando-
nare il corpo del catecumeno. Ma volendo restare saldamente legati
ai testi, l'unico elemento rituale che prima della metà del u secolo
mostra di aver acquisito una sicura funzione esorcistica è quello
dell'imposizione della mano. Ad essa, con le dovute cautele, pos-
sono essere accostate l'unzione e la signatio. Digiuni e genuflessioni
accompagnavano il rito, che nel caso dell'iniziazione gnostica era
ancor più ricco. La difficile interpretazione delle scarne testimo-
nianze sopravvissute è la maggior scommessa e la maggior spina
nel fianco per chi voglia occuparsi di storia della pratica dell'esor-
cismo.

30t Acta Thomae, 157.


CAPITOLO 3
ANTECEDENTI E PARALLELI

Il trattamento della possessione diabolica da parte dei cristiani di


11 e m secolo non va interpretato come un fenomeno assolutamente
isolato e privo di modelli anteriori. Una particolare influenza sul
modo di intendere e combattere l'ossessione demoniaca fu ovvia-
mente esercitata dai racconti evangelici: essi, in virtù della loro
autorità, dovettero servire da esempio per le generazioni succes-
sive, le quali non mancarono di avvicinare le proprie pratiche esor-
cistiche al modello fornito da Gesù e dagli apostoli. La stessa atti-
vità esorcistica di Gesù, lungi dall'essere totalmente innovativa, va
inquadrata nel più ampio alveo della demonologia giudaica coeva.
Gli esorcisti e gli scrittori cristiani dell'epoca da noi presa in esame,
a loro volta, dovettero confrontarsi con una serie di tradizioni esor-
cistiche parallele.
Un'approfondita trattazione preliminare su questo tema avrebbe
appesantito di molto il lavoro; d'altro canto, mi sembrava necessa-
rio non passare totalmente sotto silenzio quanto potesse servire allo
scopo di collocare e comprendere meglio quei testi che saranno l'og-
getto primario della mia indagine storica. Mi accontenterò quindi
di delineare molto sinteticamente un profilo della pratica esorcistica
nel giudaismo e nel mondo greco, riportando i testi più significa-
tivi e limitando al minimo indispensabile i rimandi alla bibliografia
secondaria. Il lettore interessato potrà comodamente approfondire
altrove questi argomenti che, soprattutto per quanto concerne il
Nuovo Testamento, sono stati più volte presi in esame 1•

1 Per una buona introduzione con bibliografia su queste tematiche rimando


almeno alle trattazioni di E. SoRENSEN, Possession and Exorcism; D. TRUNK,
Der messianische Heiler; G. H. TwELFTREE, Jesus the Exorcist; lo., In the Nume
o( Jesus; T. KLUTZ, The Exorcism Stories; C. WAHLEN, Jesus and the Impurity;
O. BòcHER, Das Neue Testament. Anche quando dedicate in particolare ai rac-
conti del Nuovo Testamento, esse non omettono di esaminare i modelli orientali,
giudaici e pagani. La sintesi di K. THRAEDE, Exorzismus, è ancora di grande
utilità.
104 CAPITOLO 3

1. L'esorcismo in ambiente giudaico

Le notizie che le fonti antiche ci tramandano sulla pratica esor-


cistica in ambito giudaico sono poche, e comunque riconducibili
ad un'epoca relativamente tarda; negli scritti che costituiscono
l'Antico Testamento, infatti, a fronte di un gran numero di scon-
giuri contro i demoni che l'antico oriente ci ha tramandato, questo
tema è pressoché assente. Ciò non dovrà stupire, se si terrà conto
del fatto che all'ebraismo più antico non compete la credenza in
una entità negativa ed autonoma antagonista a Dio: ogni azione,
benigna o maligna che fosse, era imputata esclusivamente all'unica
divinità. Dal periodo dell'esilio, probabilmente anche sotto l'in-
flusso del dualismo zoroastriano di matrice persiana e della cultura
babilonese - per la quale i mali del mondo erano causati da innu-
merevoli demoni - si manifesta invece una tendenza ad imputare
le azioni malvagie ad esseri ben distinti da Dio. Se nel Libro di
Giobbe Satana è ancora un membro della corte celeste, in Zacca-
ria, Cronache e Sapienza la figura del demonio ha ormai subito una
trasformazione in uno spirito tentatore, ostile a Dio stesso. Assu-
mono lentamente tratti demoniaci anche le divinità straniere, gli
abitanti del mondo infernale, gli spiriti della morte, del torpore,
dello smarrimento e della distruzione; vi sono angeli crudeli, di
distruzione, di morte e di sventura, e compaiono i nomi di alcuni
animali-demoni che solitamente vivono nei deserti e fra le rovine,
gli spiriti notturni, i demoni Lilit, Asmodeo e Pahad. Nel periodo
del secondo Tempio la speculazione sul mondo celeste ebbe il suo
maggiore sviluppo: abbondano in quest'epoca demoni con un nome
proprio ed un'attività specifica, come Satana, Azazel, Mastema,
Semihazah, Belial. La letteratura intertestamentaria, che sviluppa
un'esegesi demoniaca del racconto genesiaco della tentazione di
Adamo ed Eva, testimonia l'idea che gli spiriti malvagi affliggono
gli esseri umani e che dal loro peccato sono derivati tutti i peccati
degli uomini. Inoltre, grazie ai documenti riportati alla luce dalle
grotte di Qumran, è oggi possibile ricostruire la concezione di una
comunità essena, caratterizzata da una forte dottrina dualistica,
secondo la quale nel piano predestinato da Dio vi sono due vie,
quella della luce e quella delle tenebre, impegnate in un conflitto
incessante tra loro.
ANTECENDENTI E PARALLELI 105

È dunque questo lo sfondo sul quale vanno collocati i testi esor-


cistici giudaici pervenuti, che qui di seguito prenderò sommaria-
mente in esame.

2. Tobia, Davide e Salomone come esorcisti


Un breve racconto di espulsione di un demonio si trova nel Libro
di Tobia 2 , comunemente datato tra il 200 e il 180 a.C. In esso si
narra come il protagonista, seguendo le istruzioni dell'arcangelo
Raffaele, abbia potuto mettere in fuga il demone Asmodeo che
assediava Sara. Il mezzo esorcistico adoperato da Tobia è il fumo
prodotto dalla combustione di alcune parti di un pesce meravi-
glioso: il cuore, il fiele ed il fegato 3 • Questo gesto provoca il con-
fino e l'incatenamento dello spirito maligno in Egitto, in quella
regione che comunemente era considerata un luogo lontano, arido
e deserto, ove potevano dimorare ed essere scacciati i demoni.
Più esplicito è l'episodio in cui si narra dell'allontanamento
di uno spirito maligno dal re Saul, contenuto nel Primo libro di
Samuelé. Saul, abbandonato dallo spirito di Dio, è presentato

2 Tob 6, 8: "Quanto al cuore e al fegato, fanne fumigazioni davanti a un

uomo o a una donna che subisce l'attacco del demonio o di uno spirito mali-
gno, e fuggirà da lui ogni attacco, e non resteranno con lui mai più"; 6, 17-18;
8, 2-3: "Quando entri nella camera nuziale, prendi un pezzo di fegato ed il
cuore del pesce e mettili sulla brace degli incensi. L'odore si spanderà, il demo-
nio lo annuserà, fuggirà e non comparirà più intorno a lei. E quando sarai in
procinto di unirti con essa, alzatevi prima tutti e due e pregate" (... ) Tobia
allora si ricordò delle parole di Raffaele, prese il fegato e il cuore del pesce dal
sacco che aveva e li pose sulla brace dell'incenso. L'odore del pesce respinse il
demonio, che fuggì su nelle regioni d'Egitto; Raffaele, raggiuntolo, lo legò in
quel luogo e lo incatenò all'istante". Ho tradotto il testo greco; è discusso se
l'originale fosse greco o semitico.
3 I frammenti ritrovati a Qumran attestano l'uso di tutti e tre gli elementi:
fiele, fegato e cuore.
4 l Sam 16, 14-23: "Lo spirito di YHWH aveva cessato di essere con Saul, e
uno spirito maligno (proveniente) da YHWH lo assaliva. Dissero perciò a Saul
i suoi cortigiani: "Considera, di grazia, come un divino spirito maligno soglia
assalirti. Sia lecito ai tuoi servi parlare alla tua presenza; possano essi cercare
per il nostro signore un uomo abile nel cantare al suono della cetra; e così,
quando sarà su di te il divino spirito maligno, egli canterà accompagnandosi di
sua propria mano, e tu potrai averne beneficio" (... ) Quando lo spirito divino
era sopra Saul, Davide, presa la cetra, cantava suonandola di sua mano, e ciò
era di conforto per Saul che ne aveva benefizio: lo spirito maligno s'allontanava
da lui" (traduzione di Gino Bressan leggermente riadattata). L'epoca di campo-
106 CAPITOLO 3

come afflitto da uno spirito maligno, proveniente da Dio stesso.


L'azione ossessiva dello spirito su Saul è espressa in ebraico dal
verbo np~ (ba 'ath), nella forma intensiva del p i el che racchiude
in sé il carattere repentino dell'azione e ci suggerisce di pensare
ad un fenomeno non costante, ma intermittente, che si manife-
stava all'improvviso. È un fenomeno che si ripete, come esprime
la forma frequentativa del verbo ebraico: uno spirito maligno di
frequente lo assaliva, oppure lo terrificava all'improvviso. La dif-
ficoltà di questo testo sta nel comprendere a fondo la natura di
questo spirito maligno, che potrebbe anche essere inteso come la
personificazione di un'inclinazione o di un atteggiamento spiri-
tuale, espressa tramite un genitivo di qualità. Qualunque sia l'ori-
gine dell'azione dello spirito, che pare avere la caratteristica di un
attacco di insania, il sollievo da quest'afflizione è ottenuto grazie
al canto di Davide sulla cetra: l'atto del cantare viene espresso dal
verbo m (niigan), che qui significa "cantare toccando le corde" di
uno strumento.
È possibile seguire la successiva evoluzione midrashica di que-
sto racconto nel Liber antiquitatum biblicarum, un'opera falsamente
attribuita a Filone di Alessandria, dovuta ad un ebreo di Palestina
del r secolo dell'era cristiana 5 • In questo scritto lo spirito maligno
proveniente da Dio è semplicemente interpretato come uno spi-
ritus pessimus. Il redattore del Liber antiquitatum riporta anche

sizione dei libri di Samuele copre i secoli che vanno dagli inizi della monarchia
di Israele fino al periodo esilico e post-esilico.
5 Ps. PHILO ALEXANDRINUS, Liber antiquilalum biblicarum, 60: "In quel
tempo fu tolto da Saul lo spirito del Signore, e uno spirito malvagio lo soffo-
cava. Allora Saul mandò (a prendere) e condusse a sé Davide, che cantava con
la cetra un salmo durante la notte. E questo è il salmo che cantava per Saul
affinché lo spirito iniquo si allontanasse da lui: "Vi erano tenebre e silenzio
prima che ci fosse l'universo, ma il silenzio parlò e le tenebre divennero visibili.
E fu fatto un fondamento nell'unione della distesa, che fu chiamato in alto
cielo, in basso terra. E fu comandato a quello superiore di far piovere secondo
il suo tempo, e a quello inferiore fu comandato di produrre cibo per tutto ciò
che era stato creato. Dopo queste cose fu creata la tribù dei vostri spiriti. Ora
non essere molesta, come creatura seconda(ria). In caso contrario, ricordati del
tartaro nel quale risiedi. O non ti è sufficiente udire che con ciò che risuona
davanti a te, io canto per molti? O non ricordi che la tua creatura è stata
generata da un'eco nell'abisso? Ti accuserà la matrice nuova donde sono nato,
dalla quale nascerà fra qualche tempo dai miei fianchi chi vi domerà". Quando
Davide inneggiava, lo spirito risparmiava Saul".
ANTECENDENTI E PARALLELI 107

le parole del canto di Davide, assenti dal testo biblico: esse men-
zionano la creazione della luce, della terra e del cielo. Gli spi-
riti della genìa di quello a cui Davide si rivolge sarebbero stati
creati dopo la terra, nel secondo giorno; il cantore li minaccia e
li induce a ricordarsi della loro condizione di creature malvagie
che si aggirano nel mondo infernale, ove abitano o possono fare
ritorno. Davide stesso fa poi riferimento al suono della propria
cetra, che pare avere una funzione apotropaica. Segue la minaccia
di una condanna futura da parte di una melra nova, progenitrice di
Davide medesimo: qualcuno ha voluto vedere qui l'allusione non al
messia davidico, bensì a Salomone, che ebbe grande fama di esor-
cista e talora è citato assieme a Davide in simili contesti.
Anche Giuseppe Flavio testimonia una tradizione giudaica che
interpreta il canto di Davide come un esorcismo contro i demoni.
Egli introduce a sua volta la precisazione che furono i medici a
suggerire la ricerca di Davide, non essendo stati essi stessi in grado
di guarire il re Saul6• Nel 1 secolo, Davide è ormai chiaramente
descritto come un esorcista consapevole7 •
È lo stesso Giuseppe il portavoce di una lunga tradizione che
aveva dipinto il re Salomone come conoscitore dell'arte magica e
degli strumenti di lotta contro gli spiriti malvagi; a riprova di ciò,
ci è pervenuto un gran numero di amuleti e talismani di Salomone,
di certa origine giudaica, e nel II-III secolo d.C. si svilupperà su una
base probabilmente giudaica un'opera completamente dedicata al
suo potere magico-esorcistico, il Teslamentum Salomonis. Giuseppe
Flavio attribuisce a Salomone la "conoscenza dell'arte contro i
dèmoni, a vantaggio e sollievo per gli uomini; egli compose incan-

6 IOSEPHUS, FLAVIUS, Antiquitates iudaicae, VI, 166-168: "Sofferenze e

demòni attorniavano Saulo, e gli portavano soffocamenti e strangolamenti, sic-


ché i medici non escogitarono un'altra cura per lui se non quella di far cercare
se vi fosse qualcuno in grado di cantare e suonare l'arpa, il quale, nel caso che
i demòni lo assalissero e agitassero, potesse stare sopra il capo di Saul, suonare
e cantare inni (... ] Giunto [Davide], [Saulo] si compiacque di lui, lo fece suo
scudiero e lo tenne in gran stima; infatti quegli gli dissipava col canto (la pre-
senza demoniaca] ed era l'unico medico contro l'agitazione causata dai demòni,
quando essi sopraggiungevano, cantando gli inni, suonando l'arpa e facendo
tornare in sé Saulo".
7 In IosEPHus, FLAVIUS, Antiquitates iudaicae, VI, 211, Davide, rivolgendosi
a Saul, rivendica la sua funzione esorcistica: "Ho scacciato da te lo spirito mal-
vagio ed i demoni che ti assediavano, ho concesso alla tua anima la pace da
essi".
108 CAPITOLO 3

tesimi con cui lenire le infermità e lasciò anche formule di esor-


cismi, con i quali gli ossessi scacciano i demòni in modo che non
tornino più". Il contesto per tale affermazione è offerto dal rac-
conto di un rituale di esorcismo, praticato dal giudeo Eleazaro al
cospetto dell'imperatore Vespasiano8 : in esso si narra dell'uso di
formule o rituali di esorcismo (Tp6rrouç è!;opxwcrtw'V) e incantesimi
(Èmp81iç) lasciati da Salomone, ma soprattutto di un anello che
sotto il sigillo conteneva una radice. Trattasi forse della mera-
vigliosa radice di Baaras: "infatti essa, quand'anche sia soltanto
applicata agli infermi, caccia via prontamente i cosiddetti demòni,
che sono gli spiriti degli uomini cattivi, i quali penetrano dentro
i viventi ed uccidono coloro che non ottengono aiuti" 9 • L'episodio
di esorcismo narrato da Giuseppe si svolge sotto gli occhi di un
folto pubblico: sono presenti l'imperatore, i suoi figli, alcuni tribuni
e moltissimi altri soldati. Eleazaro utilizza il sigillo di Salomone,
sotto il quale si trova una delle sue radici; l'applicazione al naso e
l'annusamento della radice sono il metodo per estrarre il demonio
dalle narici del posseduto. A questo punto l'uomo vessato cade a
terra, mentre Eleazaro pronuncia il suo esorcismo: pare di capire
che il demonio sia già fuoriuscito dalla persona, grazie all'anello, e
non rimanga altro da fare che cacciarlo definitivamente. Lo scon-
giuro avviene affinché il demonio non torni più nell'uomo appena
liberato, e prevede la menzione di Salomone e l'utilizzo degli incan-
tesimi da lui composti. La scena si conclude con un gesto eclatante:
il demonio mostra di aver abbandonato l'ossesso rovesciando una
coppa piena d'acqua o un catino, appositamente approntati, ren-
dendo visibili a tutti la sua fuoriuscita.

8 IosEPHUS, FLAVIUS, Antiquitales iudaicae, VIII, 45-48: ''(. .. ) Il metodo della


terapia era questo: egli applicava al naso dell'indemoniato l'anello che conte-
neva sotto il sigillo una delle radici indicate da Salomone, e poi, mentre quello
annusava, cacciava fuori il demonio attraverso le narici; e quando quell'uomo
cadeva subitamente a terra, scongiurava <il demonio> di non ritornare mai più
in lui, facendo menzione di Salomone e aggiungendo gli incantesimi che que-
sti aveva composto. Eleazaro, volendo inoltre convincere e i presenti che egli
possedeva tale potere, poneva poco più avanti una coppa piena d'acqua o un
catino, e comandava al demonio di rovesciarla, quando usciva da quell'uomo,
permettendo così agli spettatori di sapere che egli aveva lasciato quell'uomo".
9 losEPHUS, FLAVIUS, De bello iudaico, VII, 185.
ANTECENDENTI E PARALLELI 109

3. Esorcismi a Qumran
Da Qumran proviene il cosiddetto Apocrifo della Genesi 10 , una
rielaborazione di carattere simil targumico-midrashico del racconto
genesiaco, datato al 1 o 11 secolo a.C. All'interno delle sue quat-
tro colonne aramaiche sopravvissute esso conserva un episodio di
allontanamento di un demonio, narrato per bocca di Abramo. Il
patriarca ebreo è appena entrato in Egitto con sua moglie Sara,
che in seguito ad un sogno premonitore si è presentata al faraone
come sua sorella; poiché il sovrano la desiderava per sé, Abramo
leva la sua preghiera a Dio affinché il faraone sia impedito dall'av-
vicinarsi alla donna. Dio manda uno spirito malefico a colpire con
piaghe il faraone; lo spirito è visto come vera causa della malattia,
secondo una concezione che collega strettamente l'infermità con la
presenza di demonio. Esso provoca una malattia infettiva che si
estende a tutti gli abitanti della casa e si manifesta con ascessi,
piaghe o pustole, ed a nulla valgono gli interventi dei sapienti,
degli incantatori e dei medici dell'Egitto: è la stessa situazione
di impotenza dei sapienti di fronte a Saul che abbiamo letto
nelle parole di Giuseppe Flavio. Come l'intervento dello spirito
era stato invocato dalla preghiera di Abramo stesso, anche la
guarigione è nuovamente dovuta ad un intervento del patriarca:
una preghiera per il re e l'imposizione delle mani sul suo capo pro-
vocano infine la liberazione dallo spirito malvagio 11 • Nel racconto
è adoperato per due volte il verbo i~~ (gii'ar), letteralmente minac-
ciare, rimproverare, quindi scacciare per mezzo di minacce; è un uso
che rimanda al sopra citato Liber antiquitatum, e che è simile a
quello del verbo bt~'t'~f.L&:w attestato dai Vangeli, ove Gesù minaccia

10 Il testo è stato edito da N. AviGAD - Y. YADIN, A Genesis Apocryphon.

J. A. FITZMYER, The Genesis Apocryphon, ha suggerito nuove letture e conget-


ture che completano il testo dell'edilio princeps.
11 lQApGen (1Q20) XX, 16-29: "Gli inviò Dio uno spirito di piaga, per

affliggere lui e tutti i membri della sua casa (... ] E mandò a chiamare tutti (i
saggi] d'Egitto, e tutti i maghi, insieme con tutti i medici d'Egitto, per vedere
se potevano curare da quella piaga [lui] e i membri della sua casa. Ma tutti i
medici e i maghi e tutti i saggi non poterono alzarsi a curarlo, perché lo spirito
li attaccò tutti e fuggirono (... ] Io (Abramo) pregai perché egli fosse guarito e
imposi le mie mani sulla sua testa. La piaga fu rimossa da lui; fu scacciato (da
lui lo spirito] maligno, e visse". Traduzione di Corrado Martone, lievemente
ritoccata. Accetto la ricostruzione di B. JoNGELING, À propos de lQGenAp
xx, 28.
110 CAPITOLO 3

i demoni allo scopo di espellerli. Il costume di imporre le mani allo


scopo di guarire non è rinvenibile negli scritti dell'Antico Testa-
mento, ove invece trattasi di un gesto di benedizione, di trasmis-
sione di una carica, di un rituale sacrificale, di una consacrazione
levitica; esso non compare neppure nella letteratura rabbinica, ma
è a volte menzionato nel Nuovo Testamento col verbo Èmn6év~L.
che nei Settanta è il verbo usato per tradurre appunto 1~Q (samak,
cioè imporre le mani).
Che la pratica esorcistica non fosse probabilmente un mero
ricordo di un lontano passato lo dimostrerebbero, secondo alcuni,
altri ritrovamenti effettuati a Qumran. Nella quarta grotta sono
state rinvenute parti di due esemplari di un'opera che consiste in
una raccolta di preghiere rivolte a Dio contro i demoni, databili
verso la fine dell'ultimo quarto del 1 secolo a.C. e chiamate Can-
tici del saggio 12 • La figura del saggio o istruttore (?•:;lljl~, maskil)
all'interno del gruppo qumraniano era connessa essenzialmente
con lo studio, la ricerca, la liturgia e la formazione dei novizi,
ed a lui competeva la pronuncia di queste orazioni. Ogni cantico
si apriva verosimilmente con le lodi a Dio, esaltato dalle schiere
angeliche, per passare subito a menzionare la sua potenza, per
mezzo della quale "restano atterriti, si disperdono e fuggono" gli
spiriti degli angeli distruttori, gli spiriti bastardi (un richiamo

12 Ecco la traduzione dei primi due frammenti, 4Q510-11 (4QShir): ''(. .. )

lodi. Benedi[zioni al R)e della gloria. Parole di azioni di grazie in salmi di


[ ... ) al Dio di conoscenza, splendore della po[ te n ]za, Dio degli esseri divini,
Signore di tutti i santi. II suo domi[nio] è al di sopra dei valorosi forti; di
fronte alla forza della sua potenza tutti restano atterriti e si disperdono;
e fuggono di fronte allo splendore della sua dimo[ ra) della gloria della sua
maestà [ ... ) Quanto a me, l'Istruttore, proclamo la maestà del suo splendore
per spaventare e atterri[re) tutti gli spiriti degli angeli distruttori e gli spi-
riti bastardi, demoni, Lilit, gufi e [fiere ... ) e quelli che colpiscono all'im-
provviso per traviare lo spirito di conoscenza, per rendere desolati i loro
cuori e [ ... ) nell'epoca del dominio dell'empietà e nei periodi di umiliazione
dei figli della luce, nella colpa dei periodi di coloro che sono contaminati
dall'iniquità non per una distruzione definitiva ma per l'epoca dell'umi-
liazione del peccato [ ... ) Esultate, giusti, nel Dio miracoloso. I miei salmi
sono per i retti [ ... ) Che lo esaltino tutti quelli la cui condotta è perfetta.
[ ... ) nella parte dell'empietà. E ogni [ ... ) Dio di salvezza. E i santi [ ... )
eterni. E tutti gli spiriti di[ ... ) fuo]co eterno, bruciando in[ ... )". Edizione
in M. BAILLET, Qumran Grotte 4.1 II, pp. 215-219. Traduzione di Corrado Mar-
tone.
ANTECENDENTI E PARALLELI 111

a quei giganti risultati dall'unione tra gli angeli e le donne di


I Enoc 10, 9), i demoni, lo spirito malvagio femminile Lilit ed
altri animali demoniaci. Contro questi demoni che "colpiscono
all'improvviso" (si intende in tal modo anche la possessione dia-
bolica?) sono dirette le preghiere ed i cantici contenuti in que-
sta raccolta; il secondo inno è chiaramente intitolato "Cantico
secondo per spaventare quelli che atterriscono" (4Q511 VIII, 4).
Nei Cantici del saggio gli spiriti maligni, nell'ottica di una visione
di punizione escatologica, vengono allontanati temporaneamente,
e non dannati alla distruzione eterna; l'Istruttore sa bene che gli
spiriti malvagi saranno eliminati solamente alla fine dei tempi, e
che ora è solo possibile sperare in una temporanea cessazione della
loro attività, provocata dalla recita di questi inni. Trattasi comun-
que di inni di tipo apotropaico, più che di veri e propri rituali di
esorcismo. L'esistenza di una rubrica, la quale prescrive che un can-
tico vada recitato nell'ottavo giorno di una festa, conferma il loro
inserimento in un contesto liturgico. Essi rimangono tuttavia testi
interessanti per farsi un'idea di quale importanza potesse rivestire
il tema del terrore nei formulari esorcistici.
Dalla quarta grotta proviene un frammento databile paleografi-
camente alla prima metà del 1 secolo a.C., purtroppo assai mutilo,
che riporta solo un breve accenno all'esorcismo, senza riportarne la
formula 13 •
L'undicesima grotta ha restituito un rotolo, vergato in una
curata scrittura erodiana databile tra il 50 ed il 70 d.C., che con-
tiene i resti di quattro composizioni da utilizzarsi contro i demoni,
l'ultima delle quali è una versione del salmo 91. Queste composi-
zioni sono state messe in relazione ad un passo di 11Q5 (llQPs•
XXVII, 9-10) che, enumerando le composizioni del re Davide,
menziona tra di esse "quattro cantici da cantillare sui colpiti": con
il participio passivo del ·verbo 31~~ (pii.gha ') si indicano coloro che
vengono colpiti da sventure o malattie, il che a qualcuno ha fatto

13 4Q560: ''(. .. l cuore e fe[gato ... l hai causato la ribellione delle fanciulle (?).
Ha comandato il male l ... l entrare nel corpo, nella parte maschile che penetra
e in quella femminile che viene penetrata l ... l iniquità e colpa, fuoco e gelo e il
fuoco del cuore 1···1 nel sonno fa violenza (?)al maschio e alla femmina. Quelli
che scavano [... l malvagi [... l di fronte a [lui ... l e [ ... l di fronte a lui e [... l e
io ho esorcizzato uno spirito [... l ti ho esorcizzato, spirito [ ... l sulla terra, nelle
nuvole [ ... ]". Traduzione di Corrado Martone.
112 CAPITOLO 3

pensare anche ai posseduti. L'attribuzione di questi quattro can-


tici esorcistici a Davide non stupirebbe, e richiamerebbe la già ben
nota tradizione che prende spunto dal racconto di l Sam 16, 23;
rimane un'ipotesi di lavoro, non ancora definitivamente accertata.
Questo testo è estremamente interessante: da esso risulta che
esisteva una pratica apotropaica che consisteva nella recitazione di
appropriati cantici, nei quali si faceva riferimento alla potenza del
nome di Dio e si minacciavano i demoni ricordando loro il castigo
infernale al quale sono stati destinati. Che si tratti di materiale
pre-esseno e quindi asideo (ipotesi sostenuta a motivo dell'attri-
buzione a Davide e dell'impiego del tetragramma) o esseno (per
il contenuto, chiaramente riconducibile anche alla demonologia di
l Enoc, del Libro dei Giubilei e di 4QVisioni d'Amram), esso ha
trovato una buona accoglienza nella comunità essena che ce l'ha
trasmesso. Émile Puech crede ottimisticamente di poter indivi-
duare in questi quattro salmi davidici "il più antico rituale magico
conosciuto dall'epoca del secondo Tempio [ ... ] probabilmente ante-
riore all'occupazione qumraniana, ma proveniente da un ambiente
asideo, copiato ed utilizzato dagli esseni nelle loro pratiche incanta-
torie e profilattiche". Saremmo di fronte allora ad "una raccolta di
esorcismi o un libretto magico da recitarsi come misura profilattica
o come terapia contro possessioni demoniache, mali diversi e sedu-
zioni malefiche" 1\ che poteva forse anche essere utilizzato come
amuleto dal valore apotropaico per colui che lo portava con sé.
Il contesto dei pochi frammenti del primo dei quattro salmi è
ricavabile da alcuni termini: anzitutto il riferimento ad un giura-
mento e ad uno scongiuro, la menzione del nome di Dio (il sacro
tetragramma) e il tema del dragone.
Il testo del secondo salmo è molto danneggiato, pertanto la sua
ricostruzione è assai congetturale, specie nei punti per noi più rile-
vanti15. In esso si menziona la figura di Salomone, che potrebbe

14 É. PuEcH, llQpsAp": un rituel, p. 403; ID., Les deux derniers Psaumes,


p. 81.
15 11Q11 (llQPsApa), coli. II-V (É. PuECH, Les Psaumes davidiques,
pp. 169-176; Qumran Cave 11.2, edd. F. GARCIA MARTINEZ et alii, pp. 189-
200): "[Di Davide. Su un posseduto (?). Incantamento] in nome (di YHWH.
Invoca i cieli come f]a Salomone. Egli invoca[va il nome di YHWH] affinché
liberi da ogni flagello degli spi]riti e dei demoni, (dei lilit, gufi e sciacalli].
Questi [sono i de]moni in n[ome dell'ostili]tà (oppure in nome di Mastema)
(... c]he (fanno discendere] nell'abis(so tenebroso ... ] per magnifica[re il D]io
ANTECENDENTI E PARALLELI 113

richiamare alla mente la tradizione secondo la quale egli aveva


composto esorcismi contro i demoni; ma il contesto non è suffi-
cientemente chiaro per garantirlo. Peraltro, non compare nessuna
formula esorcistica evidente. L'autore del salmo invita a confidare
nella potenza di Dio: coloro che si appoggeranno al suo nome e
avranno fiducia in lui potranno essere liberati e guarire completa-
mente dal flagello dei demoni, i quali devono essere fatti scendere

degli [dèi/d'lsraele ... J per i posseduti (?) figli del] suo popolo la guarigione
è completa. (... sarà liberato colui che sul] tuo nome si è appoggiato, ed ha
invo[cato i cieli e ha riposto fiducia nella sentinella di Is]raele. Sostieniti [su
YHWH, il Dio degli dèi, che fece] i cieli [e la terra e tutto ciò che c'è in essi,
c]he separò (la luce dalle tenebre (... ] E gli dirai: Chi] sei? [Che tu domini
sugli spiriti] degli abiss[i e su tutto ciò che è sugli spiriti] della terra e su
[tutti gli abitanti della] terra [ ... ] Chi ha fat[to questi segni] e questi prodi[gi
sulla] terra? È lui, YHWH, [che] ha fatto ci(ò per il suo pote]re, scongiu-
rando ogni a[ngelo che compie un torto] a tutta la semen[za santa] che sta
in [sua) presenza, [e ha preso come testimone tutti i cie)li e [tutta) la terra
[contro di essi], poiché essi inviano su [ogni anim]a il peccato e su ogni uo[mo
il male. Ma] essi conoscono [le opere del] suo [agire prodigio]so, che nessuno
di loro può [compiere di fronte a YHW]H. Se non [tremano] di fronte a
YHWH quando [incatenano un uomo] e sopprimono una vita, (Ii giudicherà
allora] YHWH e avranno terrore di questa grande [punizione]. Uno solo di
voi [potrà perseguitarne] mil[le e un angelo Raffaele, uno dei] servitori di
YHW(H, colpirà con una g]rande (piaga] e [ ... ] [e] grand(e ... ) scongiurando
te [per il nome terribile] e grande, per [Raffaele, l'angelo forte) e [ti] cac[ cerà
da] tutta la terra. Quando lo si invocherà v]erso i cieli, allora [sulla terra)
YHWH ti colpirà con una [grand]e pia(ga] per distruggerti [per sempre]. E
nella furia della sua collera (invierà] contro di te un forte angelo (che esegua
tut]ti i suoi [or)dini, che [non avrà] pietà di te, che [avrà autorità] su tutti
questi, che ti (getterà) nel grande abisso [e nello Sceol] infernale. E lon[tano
dalla dimora della luce] risederai, ed egli rende oscuro al massimo grado [il
gra)nde (abisso. Non avrai] più [potere] sulla terra (ma sarai incatenato] per
sempre. [Sarai maledetto] con le maledizioni dell'Aba(ddon, e terrorizzato]
dalla furia dell'ira di Y[HWH; sarai prigioniero/rinchiuso nelle] tenebre per
tutti (i periodi] di miseria, [e puoi dare ad un altro] il tuo dono, [e ... gr]ande
pia(ga ... ) [ ... ] (... in gius)ti(zia, poiché egli ha cantillato sul) poss[eduto (?)
l'incantamento/il cantico] che [Davide cantillava sui) possedut[i (?), ed essi
camminano con tutti] i volontari della [sua] ve[rità, dopo che Ra]ffaele li ha
guariti. [Amen, amen. Selah]". Per le traduzioni qui proposte mi sono basato
su quelle di Corrado Martone (Testi di Qumran, pp. 583-585), distanzian-
domene spesso anche notevolmente sulla base dell'ultima ricostruzione del
testo di Èmile Puech (Les Psaumes davidiques, 2000) che è posteriore all'edi-
zione ufficiale della collana Discoveries in the Judaean Desert (Qumran Cave
11.2, edd. F. GARCIA MARTINEZ et alii, pp. 185-202) ed assai più congetturale
(quindi, anche più incerta).
114 CAPITOLO 3

nell'abisso tenebroso. La domanda "Chi sei tu?" rivolta al demone


affinché si identifichi, è presente anche altrove nella letteratura
esorcistica, sia pagana sia cristiana. Di qui prende spunto il tema
della minaccia della punizione divina per coloro che si oppongono
agli uomini: i demoni che non tremeranno di fronte a Dio nell'inca-
tenare un uomo o nell'ucciderlo, saranno giudicati terribilmente, e
perseguitati dai medesimi uomini e dagli angeli. L'angelo che com-
batte il demonio, come nel Libro di Tobia, è chiamato Raffaele,
identificato come "uno dei servi di YHWH". Il testo prosegue
con il tema dello scongiuro per mezzo del Nome: da notare l'uso
di alcune formule di maledizione, come la seguente: "YHWH ti
colpirà con una grande piaga per distruggerti per sempre". Dio
"nella furia della sua collera" manderà contro il Maligno l'angelo
forte il quale, dopo averlo cacciato da tutta la terra, "non avrà
pietà" e lo scaglierà nel "grande abisso e nello Seol infernale".
Si fa riferimento alle "maledizioni dell' Abaddon", un'espressione
poetica per indicare le profondità della terra, forse la parte infe-
riore dello SeoJ1 6 • Al termine, si presenta la situazione finale: il
canto di questo salmo e l'intervento di Raffaele. La menzione
della guarigione del "colpito" (ossesso?) è purtroppo solo congettu-
rale. Ciascun salmo va probabilmente completato con l'espressione
amen, amen, selah. Il termine selah (interludio musicale?) ricorre
spesso nel salterio, ed accompagnato da amen, amen è testimoniato
al termine di altre composizioni liturgiche qumraniane ed in alcuni
amuleti e coppe iscritte, di contenuto ugualmente esorcistico.
Il terzo salmo 17 , dopo un incipit simile al precedente, imme-
diatamente passa all'invettiva contro Belial, l'essere malefico,

16 Cfr. Iob 26, 6; 18, 22; 31, 12; Sal 88, 12; 1QH 3, 16;19;32.
17 1Qll (llQPsApa), coli. V-VI (É. PuEcH, Les Psaumes davidiques, pp. 163-
169; Qumran Cave 11.2, ed. F. GARCIA MARTiNEZ et alii, pp. 198-202): "Di
Davide. S(u un posseduto (?). In)cantamento in nome di YHW(H. Invoca in
ogni] momento i cieli. (Quando] verrà su di te Beli(al], gli (d]irai: Chi sei tu,
[maledetto (oppure sii tu maledetto) fra) gli uomini e la semenza dei sa(nt]i?
Il tuo volto è un volto di [nulli]tà e le tue corna sono corna di futi[I)ità. Sei
tenebra e non luce, [ini]quità e non giustizia. (Per mezzo) del principe dell'eser-
cito, YHWH ti (incatenerà nello She)ol infernale, [e chiuderà] le due (por]te di
bronzo attraverso [le quali tu) non [vedrai) la luce e non (splenderà per te il)
sole ch[e sorge sul] giusto per il[luminare il suo viso. E] tu dirai: Forse (non
c'è un angelo col giu)sto per venire (a curarsene, dal momento che) Sa[tana)
lo ha maltrattato? [E lo libererà lo spirito di veri)tà dalle ten[ebre, poiché la
gius]tizia è in suo favore (per resistere durante la prova/giudizio del giusto. Lo
ANTECENDENTI E PARALLELI 115

maledetto, impotente e tenebroso, al quale ci si rivolge in prima


persona rimembrandogli la sorte futura che gli sarà riservata.
L'imprigionamento avviene grazie al principe della milizia cele-
ste, che è da identificarsi in Michele, il quale dovrà incatenare il
demone malvagio nel buio infernale; l'abisso, prima detto Abad-
don, è qui chiamato Seol. Segue un appello all'angelo contro
Satana e la richiesta di un intervento da parte dell'angelo forte
per la liberazione del giusto. La conclusione del salmo richiama
alla mente la distruzione eterna di Belial e dei suoi seguaci. Anche
qui non c'è diretto riferimento a un vero e proprio esorcismo.
Il quarto componimento 18 è il salmo 91 del salterio canonico,
riportato in una forma che differisce per diversi aspetti dal testo
masoretico e dalle antiche versioni. L'attribuzione a Davide di
questo salmo, assente nel testo masoretico, è confermata dalla tra-
duzione greca dei Settanta; il suo utilizzo a scopo antidemoniaco,
già noto dalla letteratura rabbinica seriore, troverebbe qui un'ulte-
riore dimostrazione.
La frammentarietà di tutti questi testi, tuttavia, non ci permette
di sapere con certezza se questi formulari fossero utilizzati a scopo
esorcistico, o solo genericamente apotropaico.

4. Gesù e il suo ambiente


Gli scritti contenuti nel Nuovo Teslamenlo 19 presentano una
demonologia che si inquadra perfettamente all'interno delle cre-
denze già sviluppate nella letteratura giudaica coeva, e sono ric-
chi della presenza di diavoli, demoni, spiriti immondi e malvagi. I
Vangeli sinottici, in particolare, riportano una quarantina di testi
dedicati ai demoni, alcuni dei quali trattano del fenomeno della

spirito di ostilità] non cercherà con[tesa con l'an]g(elo forte, e YHWH col]pi[rà
con questa g]r(ande piaga per far perir]e [il demone, l]a l[ilith e il dra]gone
[per mano della] sua (poten]za. Poiché i volontari della sua verità, in YH(WH,
si sono rafforzati, e] YHW[H farà perire per] sempre [tutti i] figli di Beli(al.
Amen, amen]. Selah".
18 11Q11 col. VI (É. PUECH, Les Psaumes davidiques, pp. 161-163; Qumran
Cave 11.2, ed. F. GARCiA MARTlNEZ, pp. 202-205).
19 Ometto di segnalare tutti i punti in cui ho ritoccato la traduzione della

CEI per necessità di maggior aderenza al greco. Evito anche di addentrarmi in


complicate questioni testuali e redazionali; in questa sede è sufficiente prendere
in esame i racconti di esorcismo nella forma in cui si presentarono agli occhi di
un lettore del n-m secolo, senza preoccuparsi della loro preistoria.
116 CAPITOLO 3

possessione demoniaca; Giovanni, invece, non presenta racconti di


esorcismo. Gesù ritiene che l'uomo possa essere posseduto da uno
o più spiriti immondi, la cui nefasta attività si configura come una
vera e propria inabitazione nel corpo dell'uomo. La guarigione del
posseduto si ottiene tramite l'allontanamento dello spirito immondo
che lo possiede, anche se non è escluso che in certi casi gli spiriti
malvagi possano anche ritornare dopo essere stati già cacciati20 •
Sono di precipua importanza i racconti delle liberazioni operate
da Gesù attraverso gli esorcismi; alcuni sono di triplice, altri di
duplice tradizione sinottica. Da questi racconti emerge come il suo
agire vittorioso contro Satana sia strettamente collegato alla pro-
pria missione, segno tangibile dell'irruzione del regno di Dio sulla
terra. Egli stesso, difendendosi dall'accusa dei farisei e degli scribi
di scacciare i demoni in nome di Beelzebul, afferma di scacciarli
con il dito di Dio o con lo Spirito di Dio 21 •
I sintomi della possessione sono diversi: il demone può provo-
care il mutismo, la sordità e la cecità del posseduto, infermità che
spariscono immediatamente in seguito alla fuoriuscita dello spirito
maligno 22 • In altri casi i sintomi assomigliano a quelli dell'epiles-
sia: il posseduto cade a terra, mostra irrigidimento e contorsione
delle membra, digrigna i denti e schiuma dalla bocca 23 • Certi inde-
moniati, invece, gridano, si percuotono, mostrano forze superiori

20 Mt 12, 43-45: "Quando lo spirito immondo esce da un uomo, se ne va


per luoghi aridi cercando sollievo, ma non ne trova. Allora dice: "Ritornerò
alla mia abitazione, da cui sono uscito". E tornato la trova vuota, spazzata
e adorna. Allora va, si prende sette altri spiriti peggiori ed entra a prendervi
dimora; e la nuova condizione di quell'uomo diventa peggiore della prima" (cfr.
Le 11, 24-26).
21 Mt 12, 27-28; Le 11, 19-20. Il significato dell'espressione dito di Dio

potrebbe essere ricavato da Es 8, 15, nel senso di potenza divina, oppure andrà
messo in relazione con Deut 9, 10 (dove l'atto di incidere le tavole della Legge
è opera del dito di Dio), come gesto di rivelazione.
22 Mt 12, 22: "Allora gli fu presentato un indemoniato che era cieco e muto

ed egli lo guarì, sicchè il muto parlava e vedeva" (cfr. Le 11, 14); Mc 9, 17-25:
"Maestro, ho portato da te mio figlio, posseduto da uno spirito muto" (... ) "Spi-
rito muto e sordo, io ti ordino, esci da lui".
23 Mt 17, 15: "Signore, abbi pietà di mio figlio. Egli è epilettico e soffre
molto; cade spesso nel fuoco e spesso anche nell'acqua"; Mc 9, 18: "Quando di
demone> lo afferra, lo getta al suolo ed egli schiuma, digrigna i denti e si irri-
gidisce"; Le 9, 39: "Ecco, uno spirito lo afferra e subito egli grida, lo scuote ed
egli dà schiuma e solo a fatica se ne allontana )asciandolo straziato".
ANTECENDENTI E PARALLELI 117

alla norma, dimorano nudi in regioni sepolcrali e terrorizzano i


passanti24 • Spesso al sopraggiungere di Gesù gli ossessi rivelano la
propria natura, manifestando i sintomi degli attacchi di possessione
oppure gettandosi ai suoi piedi25 ; alcuni rivolgono la parola a Gesù
scongiurando di risparmiarli e domandando: Che c'è fra noi e te?
Questa espressione idiomatica, che si usa per respingere un inter-
vento altrui ritenuto inopportuno, evidenzia il timore che gli spiriti
malvagi provavano nei confronti di Gesù, il quale possedeva l'au-
torità per scacciarli26 •
Gesù non adopera mai elementi materiali (suffumigi, anelli,
talismani o radici) per compiere i suoi esorcismi; non fa uso della
gestualità, nemmeno dell'imposizione delle mani27 ; non pronun-
cia particolari formule indirizzate ai demoni, non compie invoca-
zioni, non pronuncia nomi sacri o parole magiche. Anche i termini
È~opx.(~w, Òpx.(~w ed È~opx.Lcr-rljc;; non sono mai usati in correlazione
all'attività esorcistica di Gesù e dei suoi discepoli, ma sono appli-
cati invece agli esorcisti ebrei ambulanti che fanno uso del suo
nome28 • Per questo, comparare gli esorcismi di Gesù con la tradi-

24 Mc 5, 2-5: "Gli venne incontro dai sepolcri un uomo con uno spirito
immondo. Egli aveva la sua dimora nei sepolcri e nessuno più riusciva a tenerlo
legato neanche con catene, perché più volte era stato legato con ceppi e catene,
ma aveva sempre spezzato le catene e infranto i ceppi, e nessuno più riusciva
a domarlo. Continuamente, notte e giorno, tra i sepolcri e sui monti, gridava e
si percuoteva con pietre" (cfr. Le 8, 29); Mt 8, 28: "Due indemoniati, uscendo
dai sepolcri, gli vennero incontro; erano tanto furiosi che nessuno poteva più
passare per quella strada"; Le 8, 27: "Gli venne incontro un uomo dalla città
posseduto dai demòni. Da molto tempo non portava vestiti, né abitava in casa,
ma nei sepolcri".
25 Mc 9, 20: "Alla vista di Gesù lo spirito subito contorse il ragazzo ed egli,

caduto a terra, si rotolava schiumando" (cfr. Le 9, 42).


26 Mc l, 23-24: "Allora un uomo che era nella sinagoga, posseduto da uno
spirito immondo, si mise a gridare: "Che c'è fra noi e te, Gesù Nazareno? Sei
venuto a rovinarci? Io so chi tu sei: il santo di Dio" (cfr. Le 4, 33-34); Mc
5, 6- 7: "Visto Gesù da lontano, accorse, gli si gettò ai piedi, e urlando a gran
voce disse: "Che c'è fra me e te, Gesù, Figlio del Dio altissimo? Ti scongiuro, in
nome di Dio, non tormentarmi" (cfr. Mt 8, 29; Le 8, 28).
27 L'imposizione delle mani è sempre connessa a guarigioni di carattere non
esorcistico. Solo in Le 13, 13 Gesù guarisce una donna afflitta da uno "spirito
di infermità" imponendo le mani; ma non si fa esplicita parola di esorcismi e
fuga di demoni.
28 Mt 26, 63: "Il sommo sacerdote replicò: "Ti scongiuro (è~opxl~w cre:) per
il Dio vivente: dicci se tu sei il Cristo, il Figlio di Dio"; At 19, 13: "Alcuni
118 CAPITOLO 3

zione assai difforme testimoniata dai papiri magici e dai racconti


degli esorcismi pagani è un'operazione assai rischiosa, che va con-
dotta con molta cautela.
La liberazione da Satana avviene semplicemente con autore-
voli comandi verbali, indirizzati al demone, per provocare la sua
fuoriuscita dall'ossesso, caratterizzati dall'espressione imperativa
~çe:ì-fk, esci. Talora l'ordine prevede che il demone non abbia più a
ritornare; se stava parlando, Gesù può intimargli di tacere. Il verbo
usato dagli evangelisti per descrivere complessivamente questi
comandi è Èm't'~fLOCW, sgridare, rimproverare, imporre29 • In un caso,
Gesù domanda ai demoni di identificarsi, confessando il loro nome:
poi, acconsentendo alla loro richiesta, li confina in ·un branco di
porci che andranno immediatamente a gettarsi in mare30 • Gene-
ralmente la fuoriuscita del demone dal corpo dell'ossesso avviene
con grida, lamenti e contorcimenti che dimostrano la sofferenza del
diavolo costretto ad andarsene 31 • In certi casi Gesù opera anche

esorcisti (é:~opxto-Toc() ambulanti giudei si provarono a invocare anch' essi il


nome del Signore Gesù sopra quanti avevano spiriti cattivi, dicendo: "Vi scon-
giuro (opx(~w ÒfLiç) per quel Gesù che Paolo predica"; Mc 5, 7: "Che hai tu in
comune con me, Gesù, Figlio del Dio altissimo? Ti scongiuro (opx[~w o-e:), in
nome di Dio, non tormentarmi!".
2\l Mc l, 25: "E Gesù lo sgridò dicendo: "Taci ed esci da lui" (cfr. Le 4, 35);
Mc 5, 8: "Gli diceva infatti: "Esci, spirito immondo, da quest'uomo!" (cfr. Le
8, 29); Mc 9, 25: "Allora Gesù, vedendo accorrere la folla, sgridò lo spirito
immondo dicendo: "Spirito muto e sordo, io te l'ordino, esci da lui e non vi
rientrare più" (cfr. Mt 17, 18; Le 9, 42).
30 Mc 5, 9-13: "E gli domandava: "Come ti chiami?". "Mi chiamo Legione,
gli rispose, perché siamo in molti". E prese a scongiurarlo con insistenza perché
non lo cacciasse fuori da quella regione. Ora c'era là, sul monte, un nume-
roso branco di porci al pascolo. E gli spiriti lo scongiurarono: "Mandaci da
quei porci, perché entriamo in essi". Glielo permise. E gli spiriti immondi usci-
rono ed entrarono nei porci e il branco si precipitò dal burrone nel mare; erano
circa duemila e affogarono uno dopo l'altro nel mare" (cfr. Mt 8, 30-32; Le
8, 30-33).
31 Mc l, 26: "E lo spirito immondo, contorcendolo e gridando forte, uscì da
lui" (cfr. Le 4, 35 che aggiunge "senza nuocergli"); Mc 9, 26-27: "E gridando e
contorcendolo fortemente, se ne usci. E il fanciullo diventò come morto, sicché
molti dicevano: "È morto". Ma Gesù, presolo per mano, lo sollevò ed egli si
alzò in piedi".
ANTECENDENTI E PARALLELI 119

liberazioni a distanza, senza neppure incontrare personalmente il


posseduto32 •
L'elezione dei discepoli coincide, tra le altre cose, con la trasmis-
sione ai propri seguaci della potestà di scacciare i demonP3 • Tale
potestà, peraltro, non sembra limitata agli stretti collaboratori
della cerchia di Gesù; il potere di esorcizzare è attribuito anche
ad altri uomini, a condizione che essi esercitino questa facoltà nel
nome di Gesù stesso e senza opporsi a luP4 • Non si dovrà però pen-
sare che l'efficacia di questi esorcismi sia automatica: in certi casi
anche gli stessi apostoli di Gesù, a causa della loro poca fede, falli-
scono dove solo lui stesso può riuscire; certi demoni, inoltre, hanno
una potenza particolare, e possono essere scacciati solo grazie alla
preghiera (e al digiuno) 35 • Anche dopo la morte di Gesù l'attività

32 Mc 7, 24-30: "Subito una donna che aveva la sua figlioletta posseduta da

uno spirito immondo, appena lo seppe, andò e si gettò ai suoi piedi [... ] Allora
le disse: "Per questa tua parola và, il demonio è uscito da tua figlia". Tornata
a casa, trovò la bambina coricata sul letto e il demonio se n'era andato" (cfr.
Mt 15, 22-28).
33 Mc 3, 14-15: "Ne costituì dodici che stessero con lui e anche per man-

darli a predicare e perchè avessero il potere di scacciare i demòni" (cfr. Mt


10, l; Le 6, 13); Mc 6, 13: "d discepoli) scacciavano molti demòni, ungevano di
olio molti infermi e li guarivano" (cfr. Mt 10, 8); Le 10, 17-19: "I settantadue
tornarono pieni di gioia dicendo: "Signore, anche i demòni si sottomettono a
noi nel tuo nome". Egli disse: "Io vedevo satana cadere dal cielo come la fol-
gore. Ecco, io vi ho dato il potere di camminare sopra i serpenti e gli scorpioni
e sopra ogni potenza del nemico; nulla vi potrà danneggiare". Cfr. anche Mt
10, 8 e Le 9, 2.
34 Mc 9, 38-40: "Giovanni gli disse: "Maestro, abbiamo visto uno che scac-

ciava i demòni nel tuo nome e glielo abbiamo vietato, perché non era dei
nostri". Ma Gesù disse: "Non glielo proibite, perché non c'è nessuno che faccia
un miracolo nel mio nome e subito dopo possa parlare male di me. Chi non è
contro di noi è per noi" (cfr. Le 9, 49-50).
35 Mc 9, 28-29: "I discepoli gli chiesero in privato: "Perché noi non abbiamo
potuto scacciarlo?". Ed egli disse loro: "Questa specie di demòni non si può
scacciare in alcun modo, se non con la preghiera"; cfr. Mt 17, 19-21: "Allora i
discepoli, accostatisi a Gesù in disparte, gli chiesero: "Perché noi non abbiamo
potuto scacciarlo?". Ed egli rispose: "Per la vostra poca fede. In verità vi dico:
se avrete fede pari a un granellino di senapa, potrete dire a questo monte:
spostati da qui a là, ed esso si sposterà, e niente vi sarà impossibile. (Que-
sta razza di demòni non si scaccia se non con la preghiera e il digiuno)". In
Marco il digiuno non compare, anche se "nella maggior parte dei codici [... ] è
penetrata la glossa xcd VY)G't'eL!ll, da cui risulta che nella chiesa antica il digiuno
era usato come preparazione a pratiche esorcistiche" (R. PESCH, Il Vangelo di
120 CAPITOLO 3

esorcistica dei suoi fedeli non cessa: Paolo compie un esorcismo su


una donna posseduta usando le semplici parole in nome di Gesù
Cristo ti ordino di partire da lei36 , ed altrove si afferma che per
mezzo suo molti indemoniati erano liberatP7 • C'è poi un caso in cui
sette ebrei, figli del sommo sacerdote Scevà, nell'intento di imitare
l'apostolo Paolo provano ad usare il nome di Gesù sui demoni, con
questa formula: Vi scongiuro per quel Gesù che Paolo predica. Il ten-
tativo, però, in questo caso fallisce, e gli esorcisti sono costretti a
ritirarsi in fuga 38 • È la prima testimonianza di una differenziazione
tra esorcisti "autorizzati" ed esorcisti "abusivi" nella storia del cri-
stianesimo.

Marco, vol. 1, p. 139). Il passo matteano è spesso ritenuto aggiunto, per influsso
parallelo da parte di Marco. Poiché il testo fu ampiamente conosciuto nella sua
forma lunga - anche se probabilmente non autentica - occorrerà tener conto di
tale forma, quando si esamineranno le testimonianze degli autori successivi che
ad esso si ispireranno.
36 At 16, 16-18: "Mentre andavamo alla preghiera, venne verso di noi una

giovane schiava, che aveva uno spirito di divinazione e procurava molto gua-
dagno ai suoi padroni facendo l'indovina. Essa seguiva Paolo e noi gridando:
"Questi uomini sono servi del Dio Altissimo e vi annunziano la via della sal-
vezza". Questo fece per molti giorni finché Paolo, mal sopportando la cosa, si
volse e disse allo spirito: "In nome di Gesù Cristo ti ordino di partire da lei". E
lo spirito partì all'istante".
37 At 19, 11-12: "Dio intanto operava prodigi non comuni per opera di

Paolo, al punto che si mettevano sopra i malati fazzoletti o grembiuli che erano
stati a contatto con lui e le malattie cessavano e gli spiriti cattivi fuggivano".
38 At 19, 13-16: "Alcuni esorcisti ambulanti giudei si provarono a nominare

anch'essi il nome del Signore Gesù sopra quanti avevano spiriti cattivi, dicendo:
"Vi scongiuro (Òpx(~<ù) per quel Gesù che Paolo predica". Facevano questo
sette figli di un certo Scevà, un sommo sacerdote giudeo. Ma lo spirito cattivo
rispose loro: "Conosco Gesù e so chi è Paolo, ma voi chi siete?". E scaglia tosi
contro di essi, quell'uomo in cui vi era lo spirito malvagio li sopraffece entrambi
(oppure: tutti) e li malmenò talmente che, nudi e feriti, se ne dovettero fuggire
da quella casa". Il racconto, che porta alcune difficoltà testuali, è riportato
in una recensione lunga dal Codex Bezae Cantabrigiensis: "Tra questi c'erano
anche i figli di un certo Scevà sacerdote, che vollero fare lo stesso (avevano
l'abitudine di esorcizzare uomini siffatti); ed entrati dall'indemoniato, comin-
ciarono ad invocare il nome, dicendo: "Ti comandiamo (7tocpocyyÉÀÀo!J.év crOL),
nel Gesù che Paolo predica, di uscire (~~e:À6e:'Lv)".
ANTECENDENTI E PARALLELI 121

5. Esorcismo e mondo greco


Gli esorcisti cristiani ebbero nei racconti di possessione demo-
niaca e di esorcismo contenuti nei Vangeli e negli Atti degli apostoli
la loro fonte primaria, da cui trarre ispirazione per la propria atti-
vità. La tradizione evangelica e più generalmente giudaica dovette
però venire a contatto, a motivo della predicazione ai gentili, con la
concezione demonologica diffusa nel mediterraneo antico. Ma se nel
mondo greco era diffusa la credenza nei demoni, esseri intermediari
tra l'uomo ed il divino che potevano anche esercitare un influsso
sulle persone, assai meno documentata è la credenza in una possi-
bile inabitazione di uno spirito malvagio nell'uomo, che vada scac-
ciato con esorcismi: nel mondo greco, infatti, "vi era scarsa inclina-
zione ad ammettere che esseri spirituali negativi entrassero dentro
un corpo umano per prenderne totale possesso" 39 • Anche l'esame
delle fonti ha indotto a dubitare della possibilità di risalire a qual-
che testimonianza di un esorcismo compiuto contro un posseduto
che sia anteriore all'era cristiana 40 • La questione è ancora discussa,
e non è chiarito fino a che punto questo silenzio delle fonti lette-
rarie possa indicare l'assenza di una tale pratica anche nella demo-
nologia di stampo più popolare; è discusso anche il valore da attri-
buirsi ai racconti delle manifestazioni di possessione nel contesto di
ispirazione profetica, malattia e follia.
Non mi è quindi possibile esporre qualche testimonianza testuale
di una precisa pratica esorcistica greca che sia databile ad un
periodo anteriore a quello che mi appresto ad esaminare. È di
Luciano di Samosata (120-190 circa) il primo racconto di un esor-
cismo vero e proprio in ambito greco; l'autore, un siro che viag-
giò per gran parte del Mediterraneo, non credeva evidentemente
all'efficacia degli esorcismi, ed amava prendersi gioco delle ere-

39 P. A. GRAMAGLIA, Il "Padre nostro", p. 1375.


40 A titolo di esempio, W. D. SMITH, So-called Possession, afferma che la cre-
denza nella possessione non era per nulla già diffusa nella Grecia precristiana,
come spesso si afferma. Così anche S. V. McCASLAND, Religious Healing, p. 22:
"La vera possessione, nel mondo mediterraneo, potrebbe non risalire molto al
di là del 1 secolo"; da ultimo, F. E. BRENK, In the Lighl of the Moon, p. 2108:
"L'idea di demoni che penetrano in una persona sembra del tutto estranea alla
tradizione intellettuale greca, fatta eccezione per Filone che ovviamente tende
ad allinearsi alla concezione giudaica". Si compari con E. SoRENSEN, Possession
and Exorcism, pp. 75-117.
122 CAPITOLO 3

denze dei suoi contemporanei41 • N el suo Philopseudes egli mette in


bocca all'accademico platonico Ione il racconto delle gesta di un
uomo siro che proviene dalla Palestina (il che confermerebbe che
l'ambiente israelitico ebbe un ruolo fondamentale nella diffusione
della pratica esorcistica); trattasi di un esperto (crocpLcrTijç) di arte
esorcistica, che dietro pagamento di un compenso libera i posseduti
dagli spettri (cpoccrfL(XT(X), i cui sintomi assomigliano a quelli dell'epi-
lessia. L'esorcismo prevede un dialogo tra l'esorcista ed il demone,
durante il quale non è l'indemoniato a parlare ed a fornire informa-
zioni su sé stesso (in greco o in lingua barbara), bensì lo spirito che
abita in lui. L'esorcista agisce facendo scongiuri (8pxouç È1tocywv) e
minacciando (&m:LÀwv) 42 .
Altri racconti di esorcismo sono ricavabili dalla Vita di Apollo-
nia di Tiana scritta da Filostrato successivamente al 217. Il filosofo
Apollonio, che visse nel I secolo d.C., è descritto dal suo biografo
come un potente taumaturgo ed esorcista. Si narra che durante un
banchetto egli sia stato in grado di smascherare un giovane inde-
moniato: questi passava dal riso sconclusionato al pianto, parlava
e cantava da solo, mostrando i segni della possessione. Al solo
sguardo dell'esorcista, il demone si mette a gridare per bocca del
giovane, mostrando il suo timore ed implorando pietà. La cacciata
del demone avviene immediatamente, grazie all'intervento del filo-
sofo che parla con ira (çùv òpiii) e comanda (x&Àe:uw) allo spirito di
uscire, lasciando un segno della propria dipartita 43 •

41 L'Anthologia patatina (XI, 427) riporta queste sue parole di scherno:

"Molti demoni scacciò l'esorcista dall'alito fetente, non con la forza degli scon-
giuri, ma della sporcizia".
42 LUCIANUS SAMOSATENUS, Philopseudes, 16: "Tutti sanno quanti sono quelli
che stramazzano al chiaro di luna, stravolgono gli occhi e si riempiono la bocca
di schiuma e che il Siro di Palestina, l'esperto in questa materia, prende in
sua cura, ristabilisce e rimanda sani di mente liberandoli dai loro tormenti
in cambio di un lauto compenso. Quando vigila su di loro mentre giacciono e
domanda da dove sono entrati nel corpo, lui, l'ammalato, tace; è il demone,
invece, che risponde in greco o in lingua barbara di dove egli stesso è e come e
quando è entrato in quella persona. Lui, l'esperto, scongiurandolo e, se non si
lascia convincere, anche minacciandolo scaccia il demone. Uno - è la verità - lo
vidi io uscire, nero come il fumo". Traduzione di Vincenzo Longo.
43 PHILOSTRATUS, FLAVIUS, Vita Apollonii, IV, 20: "<Mentre Apollonio par-

lava> un giovane copri le sue parole con un riso sguaiato ed insolente; ed egli,
sollevando a lui lo sguardo, "non sei tu" disse "a insultare cosi, ma il demone
che ti incita senza che tu te ne accorga". Il giovane in effetti era posseduto, e
ANTECENDENTI E PARALLELI 123

In un altro caso Apollonio dovette affrontare uno spirito che


possedeva un giovane bellissimo, essendone innamorato. I sintomi
della possessione sono l'incapacità di far un buon uso della ragione
e di trascorrere la vita in tranquillità: lo spirito lo allontana dai
propri doveri e dalla propria casa, sospingendolo in luoghi deserti.
L'aspetto del fanciullo tradisce la sua condizione, ed anche la sua
voce cavernosa dimostra la presenza dentro di lui di uno spirito
adulto. In questo caso, non si tratta di un demone, ma dello spi-
rito di un defunto. L'esorcismo non è compiuto da parte di Apol-
lonio direttamente sull'indemoniato: egli consegna alla madre una
lettera dal contenuto di minaccia (ocm:LÀ~) e terrore (~X7tÀlJçLç), la
cui lettura da parte del posseduto è sufficiente per provocare la sua
liberazione 44 •

non lo sapeva; rideva per cose che a nessun altro muovevano il riso, e passava
al pianto senza alcun motivo, parlava con sé stesso e cantava da solo. La gente
credeva che a questi atti lo riducesse la sfrenatezza dell'età, ma quando sem-
brava ubriaco egli non era che l'interprete del demone, appunto come allora.
Poiché Apollonio guardava verso di lui, lo spettro prese a mandare urla di spa-
vento e di furore, simili a quelle dei condannati al rogo o alla tortura, e giurava
che avrebbe lasciato libero il giovane e non si sarebbe introdotto in alcun altro
uomo. Ma Apollonio gli rivolse la parola in tono irato, come un padrone fa con
uno schiavo astuto, vizioso e sfrontato, e gli ordinò di dare un segno della sua
dipartita. "Farò cadere quella statua" disse l'altro, indicando una delle statue
intorno al portico del re, dove si svolgeva la scena; e quando la statua prese a
muoversi dapprima lentamente, poi cadde, chi potrebbe descrivere il tumulto e
gli applausi che salutarono il prodigio?" Traduzione di Dario Del Corno.
44 PHILOSTRATUS, FLAVJUS, Vita Apollonii, III, 38: "Il ragazzo aveva sedici
anni e da due era posseduto da un demone, e questo demone era di indole bef-
farda e menzognera [... ) Il ragazzo è bellissimo e il demone è innamorato di lui:
non gli permette di ragionare, né di andare a scuola o di apprendere a tirare
d'arco, e neppure di rimanere a casa, ma lo sospinge nei luoghi più deserti;
e il ragazzo non ha più nemmeno la sua voce, ma parla in tono profondo e
cavernoso come gli uomini, e il suo sguardo sembra quello di un altro (... ) Il
demone si disvelò, valendosi del ragazzo come interprete. Raccontava così di
essere lo spirito di un uomo caduto in guerra tempo addietro: al momento della
sua morte era innamorato di sua moglie, ma questa aveva oltraggiato il letto
nuziale, unendosi a un altro uomo quando egli solo da tre giorni giaceva cada-
vere. Da allora l'amore per le donne gli era venuto in odio, e si era trasferito in
questo ragazzo [ ... ) «Fatti coraggio- ribattè il sapiente (Apollonio)- non ucci-
derà tuo figlio dopo avere letto queste parole>>. E tratta dall'abito una lettera
la diede alla donna: la lettera era indirizzata allo spirito, e conteneva tremende
minacce". Traduzione di Dario del Corno.
124 CAPITOLO 3

A questi racconti si può aggiungere un passo di Porfirio, che


verso la metà del 11 secolo ci descrive la credenza egiziana che
il mondo sia pullulante di spiriti malvagi, nei templi come nelle
abitazioni di ciascuno, e perfino nei corpi umani; manca però la
descrizione di una vera e propria pratica esorcistica che accompa-
gni i riti di purificazione45 • Con questi testi, si esauriscono le poche
testimonianze della antica pratica dell'esorcismo sui posseduti nel
mondo greco. Si può ora passare all'analisi approfondita delle testi-
monianze che riguardano i cristiani.

45 PoRPHYRIUS, De philosophia ex oraculis haurienda, in EusEBIUs CAESARIEN-


SIS, Praeparatio Evangelica, IV, 23, 1-5: "Non senza motivi ipotizziamo che i
demoni malvagi stiano sotto Serapide e non lo abbiamo dedotto solo dai sim-
boli ma anche perché i riti con cui li si blandisce e quelli con cui li si allontana
sono rivolti a Plutone, come abbiamo dimostrato nel primo libro; ora Serapide
si identifica con Plutone e soprattutto per questo è il capo dei demoni e istitui-
sce simboli (O'IJfL~OÀoc) per poterli cacciare (7tpÒc; -rf)v TOUTWV ~Àoccrtv). Tale Dio
infatti ha rivelato ai suoi supplici come i demoni si rendano simili a tutti gli
animali per accostarsi agli uomini; ecco perché vuoi presso gli egiziani vuoi
presso i fenici, anzi presso tutti i popoli, che sono esperti nella prassi religiosa,
nei templi prima del culto divino sono fatte schioccare minacciose corregge e
vengono buttati a terra degli animali; i sacerdoti cacciano (t~e:Àocuv6nwv) così
i demoni, donando loro soffio vitale (7tV&:UfLOC) o sangue di animali e colpendo
l'aria con le corregge, in modo che, andatisene i demoni, si faccia presente la
divinità. E ogni casa ne è piena; per questo la si purifica previamente e si
scacciano i demoni, quando si invoca una divinità. Pure i corpi ne sono pieni,
perché i demoni godono soprattutto di questo tipo di cibi. Infatti, mentre noi ci
alimentiamo, essi si accostano e aderiscono al corpo (7tpocrt~ocvoucrt Tij} crWfLOCTt);
perciò si ricorre a riti purificatori (ocyve:toct), che non sono destinati propriamente
agli dèi bensì perché se ne vadano i demoni. Godono questi in modo tutto spe-
ciale del sangue e delle immondezze e per trarne piacere penetrano dentro chi
ne fa uso. La tensione, con cui si desidera qualcosa, e la pulsione della brama
dello spirito per null'altro si intensificano se non per la presenza dei demoni,
che costringono poi gli uomini a emettere suoni senza senso e scoregge, perché
ne partecipino con essi al piacere, che ne deriva. Infatti, quando si verifica una
spinta per eccesso di spirito, vuoi quando il ventre si sia dilatato per la buona
tavola vuoi quando l'ardore abbia provocato tensione nell'intensità di un pia-
cere, facendo aspirare molto dall'esterno, è in questi casi che hai la prova della
presenza di siffatti spiriti. Fin qui la natura umana osa spingersi per scoprire le
trappole escogitate nei suoi riguardi; quando poi la divinità si sia introdotta, lo
spirito si moltiplica". Traduzione di Pier Angelo Gramaglia.
CAPITOLO 4
ALCIBIADE DI APAMEA

Secondo quanto narra l'autore romano dell' Elenchos nei primi


decenni del 111 secolo, durante l'episcopato di Callisto (217-222)
era giunto a Roma un certo Alcibiade, proveniente da Apamea in
Celesiria. L'autore dello scritto 1, fiero oppositore di Callisto, ricol-
lega polemicamente la venuta a Roma di Alcibiade alla presenza
di quel vescovo, che egli descrive a foschi tratti; proprio il suo
episcopato, a suo dire, sarebbe stato il terreno fertile che aveva
permesso la diffusione dell'empia dottrina di Alcibiade 2 • Tale Alci-
biade, che ci è noto esclusivamente da questa fonte, era arrivato
portando con sé un "libro di rivelazioni" che egli stesso ricollegava
alla figura di un "uomo giusto" di nome Elcasai, sulla cui storicità
qualcuno ha voluto sollevare dei dubbP; quel libro sarebbe stato
consegnato agli uomini dal Figlio di Dio e dallo Spirito Santo. La
miracolosa consegna del libro sarebbe stata inoltre accompagnata
dal gioioso annuncio di una nuova remissione dei peccati, procla-

1 In questa sede mi limito solamente a dar conto della ricerca, in buona


parte italiana, sull'identità dell'autore dell' Elenchos. Piuttosto che attribuire
l'opera alla complessa personalità storico-letteraria di Ippolito di Roma, come
ricostruita a partire dagli studi di I. Dollinger e A. Harnack, oggi è preferì-
bile distinguere l'autore romano dell' Elenchos, oppositore di Callisto e Zefirino
nei primi decenni del 11 secolo, dallo scrittore Ippolito conosciuto da Eusebio e
Girolamo, autore del Contra Noetum e di altri scritti esegetici. Per una messa a
punto, M. SIMONETTI, lppolito; ID., lppolito. Contro Noeto, pp. 70-139; E. PRIN-
ZIVALLI, Jppolito, pp. 246-258.
2 Sulla polemica dell' Elenchos contro Callisto e Alcibiade, G. P. LuTTIKHUI-

ZEN, Hippolytus' Polemic.


3 Infatti il nome 'HÀX,IXmxt o 'HJ.!;IX't sembra essere una derivazione dall'ara-
maico M:l'~ M7'!:1 (Mia' kasya', stato enfatico) o ·~~ ';o•!J (MI kassf, stato assoluto)
che significa forza nascosta, o da M:l'~ ';o•!J (MI kasya', stato costrutto) cioè forza
del nascosto. Si potrebbe allora pensare che non si tratti del nome di una per-
sona, ma di un titolo attribuito all'angelo che aveva rivelato il libro. Il "libro
della potenza nascosta" o "della potenza del Nascosto" sarebbe divenuto nella
traduzione greca il "libro di Elcasai", inducendo il lettore a sviluppare l'idea
che Elcasai fosse un individuo distinto dall'angelo. Cfr. EPIPHANIUS SALAMINEN-
SIS, Panarion, 19, 2, 2.
126 CAPITOLO 4

mata all'epoca della guerra romano-partica alla fine del regno di


Traiano (nell'anno 116 circa). Sempre secondo il racconto dell'au-
tore dell' Elenchos, Alcibiade operava a Roma diffondendo la pra-
tica di un secondo battesimo, che veniva amministrato dopo aver
udito la lettura del libro di rivelazioni.
Il personaggio di Alcibiade va dunque ricollegato a quel movi-
mento religioso degli elcasaiti che focalizzava la propria dottrina
sul suddetto libro di rivelazioni; notizie su di loro - in certi casi
non del tutto facilmente armonizzabili - sono state individuate
anche negli scritti di Origene, Eusebio ed Epifanio, e nella tradi-
zione manichea 4 • Il movimento, originato in un ambiente carat-
terizzato da una forte presenza ebraica 5 , si contrassegnava per il
suo carattere battista6 ; una particolare cristologia, la fedeltà alle
consuetudini giudaiche ed il rigetto di alcune parti della Scrittura,
specialmente le lettere di Paolo.
Per quanto concerne il libro di rivelazioni, che non ci è perve-
nuto, è certamente difficile risalire con certezza al suo autentico
contenuto. Alcune citazioni o allusioni possono essere estrapolate
dalle esposizioni che ne fanno gli eresiologi; ma non sono verifi-
cabili, né delimitabili con sicurezza, né risulta facile la loro cor-
retta contestualizzazione. L'autore dell' Elenchos, in particolare,
potrebbe conoscere alcune tematiche del libro solamente attraverso
la mediazione della predicazione di Alcibiade: infatti quando egli
cita verbalmente gli insegnamenti sul battesimo, sull'astrologia e
sulle osservanze giudaiche lo fa attribuendo a lui le parole citate.
Ha destato interesse l'ipotesi di Gerard Luttikhuizen, il quale
fa risalire lo scritto a quell'ambiente giudaico mesopotamico che

4 Su Elcasai e il movimento che porta il suo nome si potranno consul-


tare: W. BRANDT, Elchasai; G. STRECKER, Elkesar; J. DANIÉLOU, La teologia
del giudeo-cristianesimo, pp. 90-95; A. F. J. KLJJN - G. J. REININK, Patristic
Evidence, pp. 54-67 (raccolta e traduzione dei testi); L. CIRILLO, Elchasai e gli
elchasaiti; G. P. LuTTIKHUIZEN, The Revelation o{ Elchasai (egli però non ritiene
che il gruppo battista babilonese descritto dalle fonti manichee possa essere
identificato con quello Elcasaita descritto dalle altre fonti; p. 227); S. MIMOUNI,
Le judéo christianisme ancien, pp. 287-316; Io., Les chrétiens d'origine juive,
pp. 195-230; L. CIRILLO, Correnti giudeo-cristiane, pp. 296-303.
5 Cfr. A. OPPENHEIMER, Babylonia judaica; J. MAIER, Zum Problem der jiidi-
schen; K. RuooLPH, Jiidische und Chrislliche Tau{etradilionen.
6 Sui movimenti battisti, J. THOMAS, Le mouvemenl baptisle; L. CIRILLO,
Fenomeni ballisti, specie pp. 289-296.
ALCIBIADE DI APAMEA 127

durante la guerra romano-partica aveva subito una forte perse-


cuzione da parte dei romani. Il proposito del libro, redatto ori-
ginariamente in aramaico7 , sarebbe stato la consolazione degli
ebrei sopravvissuti al massacro romano, grazie alla predicazione
di un imminente evento escatologico. Si narrava l'apparizione di
due figure angeliche di enormi proporzioni, le quali annunciavano
l'avvento di una grande battaglia escatologica e del giorno del
giudizio; il libro, secondo Luttikhuizen, conteneva istruzioni che
avevano lo scopo di assicurare agli uomini il raggiungimento della
pace eterna, insegnando loro una solenne dichiarazione da pronun-
ciare al cospetto di sette testimoni8 . Contro questa attribuzione del
libro ad un ambiente giudaico, però, ha successivamente argomen-
tato Luigi Cirillo, il quale ritiene che si trattasse di un'Apocalisse
giudeo-cristiana9 • F. Stanley Jones, invece, ha proposto di vedere
nel libro di rivelazioni un antico ordinamento ecclesiastico risalente
ai primi decenni del n secolo 10 •

l. Un'abluzione esorcistica elcasaita

Quale che sia l'origine e la natura del libro, tutti i commentatori


sono d'accordo nel ritenere che la trattazione che l'Elenchos dedica
agli elcasaiti contenga, in una misura più o meno larga, alcune
sue citazioni, anche se disseminate all'interno della violenta con-
futazione dell'eresiologo. Una parte di questa trattazione, che mi
accingo ora ad esaminare, contiene la descrizione di un rituale bat-
tesimale predicato da Alcibiade ed esplicitamente indicato quale
terapia per alcune infermità:

7 L'originale stesura aramaica spiega, tra l'altro, la formazione del nome di


Elcasai, il fatto che lo Spirito Santo sia indicato al genere femminile e non al
neutro, la formula esoterica riportata da Epifanio (Panarion, 19, 4, 3-6).
8 Cfr. G. LuTTIKHUIZEN, The Revelation o( Elchasai, pp. 207-209, dove

descrive l'ipotetico contenuto del libro; in breve, lo., The Book o( Elchasai: a
Jewish Apocalypse.
9 L. CIRILLO, Elchasai e la sua «Rivelazione», specie pp. 322-323, dove la

ricostruzione di G. Luttikhuizen è fortemente criticata. La sua opinione sulla


natura del libro è esposta più ampiamente in L'apocalypse d'Elkhasaf.
°1 F. STANLEY JoNES, The Genre o( lhe Book o( Elchasai. Questa lettura è
stata rigettata da Luttikhuizen, che ha sostanzialmente riaffermato quanto
esposto nella sua monografia del 1985 (The Book o( Elchasai: A Jewish Apo-
calyptic Writing).
128 CAPITOLO 4

Insegnano certi incantamenti e formule non solo per coloro che


sono stati morsi da un cane, ma anche per gli indemoniati e per
chi è in balìa di altre infermità, cose che non passeremo più sotto
silenzio 11 •

La promessa è mantenuta poco più avanti:


Ma poiché abbiamo detto che essi fanno uso di incantamenti su
coloro che sono stati morsi da un cane e su altri, ne daremo prova.
Egli [Alcibiade) dice così: "Se un cane rabbioso e infuriato, nel
quale c'è uno spirito di distruzione, morde, lacera o tocca un uomo,
una donna, un giovane o una giovane, questi corra immediatamente
con tutto ciò che indossa 12 e, sceso in un fiume o in una sorgente,
dovunque si trovi un luogo profondo, sia battezzato 13 con tutto ciò
che indossa, e preghi il grande e altissimo Dio con cuore fedele.
Quindi chiami a testimonio i sette testimoni scritti in questo libro:
<<Ecco, io chiamo a testimonio il cielo, l'acqua, gli spiriti santi, gli
angeli della preghiera, l'olio, il sale e la terra. Questi sette testimoni
io li chiamo a testimonio che non peccherò più, non commetterò
adulterio, non ruberò, non sarò ingiusto, non pretenderò il di più,
non odierò, non tradirò né mi compiacerò di alcun male•>. Detto
ciò, dunque, sia battezzato con tutto ciò che indossa, nel nome del
grande e altissimo Dio". <Alcibiade> blatera numerosissime altre
cose, insegnando di pronunciare queste cose anche sui tisici, e che
siano battezzati nell'acqua fredda quaranta volte per sette giorni;
ugualmente sugli indemoniatP 4 •

11 Ps. HIPPOLYTUS, Re{utatio omnium haeresium, IX, 14, 3: 'E7tocot81X.c; -re: xoct

È7ttì.6youc; -rtv&:c; 8t8occrxoucrt 7tp6ç n xuvo8~x-rouc; xoct 8ott(.LOVtwv-rocc; xoct


È-rÉpotl<; v6<JOl<; Xot't"EX.Of.LÉVOU<;, WV oÙ8È: 't"OCU't"ot <Jl<ù~<JO(.LE:V.
12 LÙv 7totv-rt -re)> ~opÉ[.Lotn; ci si aspetterebbe ~op~(.Lot't"l, ma entrambe le

forme sono attestate.


13 Il passivo ~ot7t't"l<Joccr6w qui e in seguito può anche essere tradotto si

battezzi. Cfr. K. RuoOLPH, Antike Baptisten, p. 32, nota 45. Che il battesimo
possa essere dato e ricevuto si evince dall'uso di ~ot7t't"L~e:-re: riferito ai ministri
(IX, 16, 2) e di ~ot7t't"tcr61j-re: riferito ai fedeli (IX, 15, 3).
14 Ps. HIPPOLYTUS, Refulatio omnium haeresium, IX, 15, 4-16, 1: 'Aì.ì.' È7td

È7totOL8oti:c; 't"OO't"OU<; d7tO[.LE:V x.p1jo-6otl È7tL -re: xuvo8~X't"<ùV XotL è:-répwv, 8e:l~Of.LE:V"
ÀÉye:t 8è: o\hwc;· ''A v -rtv' o?iv &v8poc ~ yuvoci:xoc ~ ve:w-re:pov ~ ve:w-rÉpocv xuwv
Àucrcrwv xoct (.LottV6[.Le:voc;, Èv cìi Èo--rt me:G[.Lot 8toc~6op~c;. Mx1J ~ 7te:pt( ax.)lo-1J ~
7tpoo-ljlocucr1J, Èv ocù-rjj -rjj ~p~ 8pot[.LÉ-rw crùv 7totv-rt -re)> ~opÉ(.Lot't"l xoct xoc-roc~&:c;
e:lc; 7to-roc(.I-Òv ~ dc; 7t'YJ~v, IS1tou È<Ìv ~ -r67to<; ~oc!luc;, ~oc7t-rto-oco-6w <crÙv> 7totv-rt
-re)> cpopÉ[.Lot't"l ocù-rou xoct 7tpocre:u~oco-6w -re)> (.1-e:yocì.cp xoct uljllo--rcp 0e:cj> Èv xocp8locc;
7tLO"'t"e:t, xoct -r6-re: Èm[.Lotp-rup'Y)( o-oc)o-6w -roùc; È7t-r&: (.1-ocp-rupocc; -roùc; ye:ypot(.I-(.1-Évouc;
Èv -rjj ~[~Àcp -rotU't"'IJ" t8où (.1-otp-rupo(.Lott -ròv oùpocvòv xoct -rò \.18wp xoct -r&: 7tve:u-
f.I.OC't"ot 't"<Ì &ytot XOCL 't"OÙç ocyyÉÀOU<; -rlj<; 7tpoo-e:ux.1jc; XOCL 't"Ò ~ÀottoV XOCL 't"Ò &ì.ot<;
ALCIBIADE DI APAMEA 129

Qual è l'origine delle parole citate? Secondo Gerard Luttikhui-


zen trattasi di parole pronunciate da Alcibiade durante la sua pre-
dicazione in Roma e note all'autore dell'Elenchos grazie ad una
fonte scritta; solo la formula centrale, che contiene il riferimento
ai sette testimoni, sarebbe stata direttamente tratta dal libro di
rivelazionP 5 • Alcibiade, pertanto, avrebbe recuperato dal libro l'in-
vocazione dei sette testimoni, privandola però del suo originario
valore escatologico. Luttikhuizen ritiene che la predicazione e la
pratica battista di Alcibiade fossero per molti versi innovative, in
larga misura influenzate da Callisto, e che di conseguenza avessero
un carattere di spiccata indipendenza dalla loro fonte remota 16 •
Luigi Cirillo, il quale ridimensiona fortemente l'influenza che Calli-
sto avrebbe esercitato su Alcibiade, pensa invece che questa distin-
zione tra ipotetici scritti riconducibili ad Alcibiade e il libro di
rivelazioni non sia accettabile 17 , e dello stesso parere è F. Stanley
Jones18 : per loro siamo di fronte a citazioni tratte interamente dal
libro delle rivelazioni.
Anche Epifanio di Salamina, nel IV secolo, si occupa del pen-
siero dei seguaci di Elcasai (che egli chiama Elxai). Probabilmente
non conosce la descrizione che ne fa l'Elenchos, con la quale non
concorda pienamente; ha però sottomano il loro libro di rivelazioni

xiX! TY;v yijv. Tou·rouc; -roòc; bt-r<X fJ.cXp-rupiXc; fJ.1Xp-rupofJ.IXL, 5-rt oÙxÉ-rL tXfJ.IXp-rljcrw,
oÙ fJ.OtXEUt:rW, OÙ XÀÉ~jiw, OÙX &8tx~crw, OÙ 'ltÀEOVEXT~t:rW, OÙ fJ.Lt1~t1W, OÙX
&6E-rljcrw où8&: Év 1tiim 'ltOV'Y)poi:'c; EÙ8ox~crw. TIXtiTIX oùv Elmiw ~IX'ltTtcrcicr6w cròv
'ltiX'ITL -r<ji (j)OpÉfJ.IXTL IXÙ-rou Év òv6(J.IXTt -rou fJ.EYcXÀou XIXL ù~lcr-rou 8Eou. HEnpiX
8è 'ltÀE'i:'crTIX (j)ÀUIXpEi:', TIXÙ-roc XIXL e1tl ql6tcrtxoi:'ç ÉmÀÉyEtv 8tMcrxwv XIXL (31X-
7tTL~Ecr61XL Év ~uxp<ii ncrcr1Xp1Xxoncixtc; É1tl ~fJ.Ép1Xç t'lt-rcX, OfJ.Otwc; XIXL É1tl 81Xt-
fJ.Ovwv-rwv.
15 G. P. LUTTIKHUIZEN, The Reve/alion of Elchasai, pp. 69-70 e 71-72. L'au-

tore dell'Elenchos si sarebbe riferito a questa fonte scritta riguardante Alcibiade


con le parole -r<X ~YPIX(j)IX e -r<X ~ypiX(j)IX PlJTcX (IX, 13, 6 e 14, 3).
16 In particolare, Luttikhuizen crede che l'iniziatore della prassi del secondo

battesimo sia Callisto, il quale avrebbe invogliato Alcibiade a seguirlo su quella


strada. Contro questa lettura L. CIRILLO, Elchasai e la sua «Rivelazione».
17 Cirillo si era già espresso per una possibile identità tra gli scritti di Alci-

biade e il libro di Elcasai (Elchasai, p. 20). Si veda ora ID., Elchasai e la sua
«Rivelazione•, pp. 320-322.
18 Stanley Jones è autore di una recensione fortemente critica di tutto il

volume di Luttikhuizen.
130 CAPITOLO 4

o perlomeno una fonte intermedia che ne riporta alcuni stralci' 9 •


Epifanio sembra conoscere una pratica battesimale simile a quella
di cui ci stiamo occupando, ma ne fa menzione nel corso della
sua trattazione sull'eresia degli Ebioniti. Egli ritiene infatti che
i seguaci di Ebion, ad un certo momento, siano stati raggiunti
dall'insegnamento di Elcasai, il quale ne avrebbe modificato sen-
sibilmente le credenze. Dagli elcasaiti, dunque, gli Ebioniti avreb-
bero tratto l'abitudine di praticare quest'immersione:
Quando uno di essi cade in malattia o è morso da un rettile,
discende alle acque ed invoca i nomi quelli in Elxai, del cielo e
della terra, del sale e dell'acqua, dei venti e degli angeli della ret-
titudine, <come> essi dicono, del pane e dell'olio, e comincia a dire:
"Aiutatemi, e allontanate il dolore da me!" Ho già mostrato anche
prima che Ebion non conosceva queste cose; ma successivamente i
suoi seguaci, una volta associatisi ad Elxai, di Ebion hanno man-
tenuto la circoncisione, il sabato ed i costumi, di Elxai l'immagi-
nazione20.
Si tratta del medesimo rito descritto dall'autore dell'Elenchos,
seppur per certi versi differente, o di un rituale diverso? Epifanio
concorda con l'autore dell' Elenchos nel ritenere che il trattamento
battesimale è rivolto contro gli infermi e contro coloro che sono stati
morsi; ma il primo pensa al morso di un cane rabbioso, il secondo
al morso di un serpente. Compare in entrambi i casi la menzione
dei sette testimoni, ma in Epifanio la formulazione appare diversa:
non si fa parola della solenne promessa di non commettere più pec-
cati, ma compare un'invocazione contro il male. Non conoscendo
quali sono le fonti di Epifanio, è preferibile per il momento consi-

19 Così afferma G. LUITIKHUIZEN, The Revelation o( Elchasai, p. 127. Invece


L. Cirillo ritiene senz'altro che Epifanio possedesse "una copia dell'Apocalisse
di Elxai" (Elchasai e la sua «Rivelazione», p. 326).
20 EPIPHANIUS SALAMINENSIS, Panarion, 30, 17, 4-5: "O't'or.V ylip 't'Le; È/; or.Ù't'WV
~ v6a<p 7tEpL1t~O'OL ~ ÌmÒ tp7tE't'OU ll1Jx6e:('Y), xli't'ELO'LV e:lç 't'Òt u/lor.'t'or. xor.t Èmxor.-
ÀEL't'Ot.L 't'Òtç È1tc.ùVUfL(or.c; 't'Òtç Èv 't'<jl 'HÀ/;or.t 't'OU n oùpor.vou xor.t 't'ijç yijç, 't'OU 't'E
OtÀÒç xor.t 't'OU ullor.'t'oç, 't'WV 't'E &v~fLc.ùV xor.t &yy~Àc.ùV 't'ijc; llLXOt.LOO'UV'Y)c;, <CJq (jlOt.O'L,
xor.t 't'OU &p't'OU xor.t 't'OU ÈÀor.(ou, xor.t &pxe:'t'or.L Àéye:LV' ~01)6E:t't'~ fLOL xor.t &7tor.À-
Àii/;or.'t'e: &7t' ÈfLOU 't'Ò &ÀY1JfLOt.. WHil'Y) Il~ fLOL xor.t &vw't'tpc.ù 7tpolle:ll~Àc.ù't'Ot.L wç
't'Ot.U't'Ot. fLÈV 'E~(wv oùx nlle:L, fLE't'Òt xor.LpÒv llè: o[ &1t' or.Ù't'OU cruvor.<p6~vnc; 't'<jl
'HÀ/;or.t ÈO'X~XOt.O'L fLÈV 't'OU 'E~(wvoc; 't'~V 7tEpL't'OfL~V xor.t 't'Ò crli~~Ot.'t'OV xor.t 't'Òt
l61), 't'Ou llè: 'HÀ/;or.t n)v rpor.V't'or.cr(or.v.
ALCIBIADE DI APAMEA 131

derare separatamente i due racconti, verificando successivamente


se è possibile un loro accostamento.
È interessante notare che l'autore dell'Elenchos parla di pronun-
ciare (èmì.éyetv) qualche cosa, e di formula (è1tLÀoyoç) ed incanta-
mento (èmxot3~); l'invocazione dei sette testimoni, però, non cor-
risponde bene a questa descrizione, tipica di una formula magica.
Alcuni commentatori hanno insistito su questa discrepanza, spin-
gendosi talvolta ad ipotizzare qualche problema nella trasmissione
del testo. Tale discrepanza mi sembra in verità più apparente che
reale: essa è facilmente risolvibile separando accuratamente ciò che
compete ad Alcibiade dalle parole dell'autore dell'Elenchos, che
fanno da cornice. Non è Alcibiade che qualifica le proprie invo-
cazioni come formule magiche ed incantamenti, bensì il suo cri-
tico commentatore; il ricondurre le altrui pratiche cultuali alla
vituperata sfera della magia, delegittimandole, è un procedimento
assolutamente consueto nel contesto di una forte competizione reli-
giosa. Non ci si può certo attendere un'analisi onesta e spassio-
nata della dottrina elcasaita da parte dell'autore dell'Elenchos: è
normale invece imbattersi nella facile accusa di magia. Le parole
di Alcibiade non vanno pertanto lette alla luce dei malevoli giu-
dizi del suo detrattore, che associa volentieri la figura dell'elcasaita
all'odiato vescovo Callisto, di cui egli sarebbe degno compare21 •
Più difficile risulterebbe giustificare il contenuto, che sembrerebbe
allontanarsi dalla premessa: il bagno che dovrebbe servire a guarire
una malattia, a liberare dalla possessione demoniaca o come antidoto
per la rabbia, è accompagnato da una formula che è chiaramente
una promessa di non commettere più peccati. Ma in che modo una
promessa di questo genere va conciliata con la guarigione o la libe-
razione? Gerard Luttikhuizen risolve il problema proponendo che la
parte concernente la rabbia terminasse originariamente con l'invito
a pregare "il grande e altissimo Dio con cuore fedele"; la successiva
invocazione dei sette testimoni sarebbe stata mal accomunata alla
parte precedente22 • In ogni caso, leggendo il passo per come è per-

21 Ps. HIPPOLYTUS, Refulatio omnium haeresium, IX, 13, 1: "Dopo che il suo
(di Callisto] insegnamento fu diffuso in tutto il mondo, osservando questa dot-
trina un uomo astuto e pieno di sfrontatezza, chiamato Alcibiade, che abitava
ad Apamea di Siria, ritenendosi più abile e più fiero di Callisto negli inganni,
venne a Roma portando un libro".
22 G. P. LuTIIKHUIZEN, The Revelation of Elchasai, pp. 75-77.
132 CAPITOLO 4

venuto, ci si domanda quale sia il suo senso generale: remissione dei


peccati o guarigione dalle malattie e dalle ossessioni?
Wilhelm Brandt nel 1912 ha proposto una lettura strettamente
letterale del testo: le malattie sarebbero state considerate come una
conseguenza del peccato, e la remissione del peccato avrebbe con-
seguentemente portato anche alla guarigione del corpo. I respon-
sabili della malattia sarebbero peraltro gli spiriti maligni, che i
bagni avrebbero dovuto scacciare assieme alla malattia 23 • Ha però
ottenuto grande consenso l'interpretazione simbolica proposta suc-
cessivamente da Erik Peterson, secondo il quale qui si è di fronte
"non ad una ricetta contro la rabbia, ma ad una purificazione dal
peccato, simbolizzata dall'immagine del morso prodotto da un
cane rabbioso o da un serpente". Secondo Peterson "la Àucrmx o i
XUVS:ç ÀUCJCJOUVTS:ç SOnO per gli elcasaiti il desiderio Sessuale, e l'im-
mersione non è una ricetta contro la rabbia, ma piuttosto un rime-
dio contro la concupiscenza, contro la proliferazione della passione
sessuale" 24 • La prova di ciò sarebbe ricavabile da un confronto tra
i passi dell' Elenchos e alcuni passaggi di quella letteratura pseudo-
clementina che proprio in .quegli stessi anni stava ricevendo molta
attenzione da parte degli studiosi che si occupavano dei rapporti
tra giudaismo e cristianesimo nell'antichità.
Ho già dimostrato approfonditamente altrove come quest'in-
terpretazione simbolica di Peterson sia a mio parere scorretta25 •
Credo infatti che i battesimi di Elcasai avessero come scopo la
remissione di tutti i peccati, non solo di quelli sessuali. La formula
che è pronunciata da colui che si battezza contiene certamente un
riferimento all'adulterio, ma è più in generale una solenne promessa
"di non peccare più, di non rubare, di non essere ingiusto, di non
pretendere il di più, di non odiare, di non tradire, di non compiere
alcun genere di male" 26 • Questa stessa formula - qualora fosse ado-

23 W. BRANDT, Elchasai, pp. 28-30.


24 E. PETERSON, Die Behandlung der Tollwui bei den Elchasaiien, p. 227 e 230.
25 A. NICOLOTTI, A Cure (or Rabies or a Remedy (or Concupiscence?
26 Sarebbe interessante studiare i possibili rapporti tra queste promesse

battesimali ed altri testi tardivi che concepiscono il battesimo come un patto


(sacramenium): Plinio, Tertulliano, Teodoro di Mopsuestia. Enrico Mazza ha
ritenuto di poter dimostrare che l'antica liturgia battesimale conosceva una
sorta di giuramento circa gli impegni della vita cristiana (L'uso di «sacramen-
tum» nella lettera 10, 96 di Plinio).
ALCIBIADE DI APAMEA 133

perata anche nell'immersione a scopo terapeutico - contribuirebbe


ad ostacolare una interpretazione riduttiva del significato del rito
stesso. Io sono abbastanza convinto che il morso del cane (e, pro-
babilmente, anche il morso del serpente) vada inteso in senso lette-
rale. Il morso dell'animale provoca la trasmissione di uno spirito di
distruzione (me:G(.L~ 8L~cp6opiiç), cioè di uno spirito demoniaco.
Si presti attenzione al sistema di contagio del virus della rabbia:
esso si annida nella saliva degli animali infetti e la sua trasmissione
avviene in linea di massima attraverso il morso. Tuttavia, non è
sempre necessario che vi sia un morso perché si verifichi la trasmis-
sione, essendo anche sufficiente che il cane infetto lecchi la pelle
dell'uomo ove vi siano piccole ferite, o una mucosa, e non è escluso
che il contagio avvenga anche per mezzo di un contatto indiretto
con la saliva. Ecco perché Alcibiade precisa che il battesimo va
praticato non solo su chi viene morso, ma anche solo "lacerato o
toccato da un cane rabbioso e infuriato". Davvero trattasi di cane
infuriato, poiché la rabbia canina provoca nell'animale scatti vio-
lenti e continui tentativi di mordere gli uomini e gli animali che
incontra sul suo cammino. Altrettanto interessanti sono i sintomi
della rabbia canina trasmessa all'uomo: l'ammalato è febbricitante,
agitato ed iperattivo, si irrita con estrema facilità, soffre di ipere-
stesia, ha rapidi cambiamenti di umore e subisce perdite di luci-
dità. Compaiono poi i sintomi più terribili della malattia: l'idrofo-
bia e l'aerofobia. Basta che il malato si accinga a bere dell'acqua o
anche solo veda dell'acqua oppure senta un rumore che gli ricordi
lo scorrere dell'acqua, perché abbia la sensazione che la gola gli si
chiuda con grande dolore: si tratta di un'involontaria contrazione
del diaframma e dei muscoli respiratori. Il malato può compor-
tarsi nei modi più strani e imprevedibili: cerca di graffiare o di
mordere alla maniera di un cane, emette grida strazianti e spesso
tenta il suicidio, fuggendo da casa, per le strade, proprio come
un cane randagio. Egli ha la sensazione che la morte lo sovrasti
e che lo debba cogliere da un momento all'altro: per questo non
riesce a calmarsi un attimo e vive in uno stato di angoscia, fino
al momento in cui la morte sopravviene per arresto del cuore o
per paralisi dei muscoli della respirazione27 • È facile notare che i
sintomi della rabbia possono essere tranquillamente equiparati ai

27 Cfr. Guida medica, vol. 3, p. 480; T. R. HARRISON, Principi di medicina


interna, pp. 916-917; T. HEMACHUDHA- C. E. RuPPRECHT, Rabies.
134 CAPITOLO 4

classici sintomi della possessione diabolica: inquietudine, violenza,


emissione di grida, senso di soffocamento, stato di prostrazione. È
possibile che le crisi più gravi, che possono essere di breve durata,
vengano completamente dimenticate dal paziente, una volta ritor-
nato in stato di lucidità: questo può indurre a credere che la per-
sona abbia dovuto cedere temporaneamente il controllo della sua
mente e del suo corpo allo spirito che la possiede. Inoltre, non
mi pare da trascurare il fatto che la rabbia provochi repulsione
per l'acqua. Nel gruppo degli elcasaiti, dove il battesimo rivestiva
una grande importanza, il rifiuto di avvicinarsi all'acqua poteva
facilmente essere interpretato come dimostrazione della presenza
di uno spirito malvagio nella persona: questi avrebbe infatti cer-
cato in ogni modo di rifuggire il bagno di purificazione e di remis-
sione dei peccati, per non essere costretto ad abbandonare il corpo
dell'indemoniato. Il morso o il contatto con il cane che procura il
contagio della malattia andrebbe quindi interpretato come trasmis-
sione di uno spirito malvagio da un essere vivente all'altro. Il fatto
che non sia infrequente la rappresentazione di demoni sotto forma
di cani o altri animali può essere a ciò connesso 28 . È proprio un
passo delle Pseudoclementine ricordato da Peterson a dimostrare la
perfetta conoscenza dei sintomi della rabbia da parte degli antichi,
quando si afferma che un uomo può essere afflitto dallo "spirito
della rabbia, a causa del quale non vuole avvicinarsi all'acqua viva
per la propria salvezza" 29 • La repulsione dell'acqua, interpretata
come opposizione alla salvezza della propria anima, è precisamente
ritenuta la conseguenza dell'influsso di uno spirito della rabbia,
che mi pare possa essere accostato allo spirito di distruzione di cui

28 Forse giova il paragone con IGNATIUS ANTIOCHENUS, Epistula ad Ephesios,


7, 1: "Purtroppo alcuni, con perverso inganno, sogliono ostentare dovunque
il nome di Dio, ma lo disonorano poi con azioni indegne. Voi dovete schi-
varli come bestie feroci. Essi sono infatti cani rabbiosi (xuve:ç Àucrcrwvnç) che
mordono a tradimento" (traduzione di Guido Bosio). Negli Oracula chaldaica
(90, 91, 135, 136) i demoni sono detti cani; nella Pistis sophia uno degli arconti
delle tenebre esteriori ha fattezze di cane (126); nel Testamentum Salomonis,
10, 1-4, un demonio si presenta in forma di un cane con voce tonante. Ulteriore
documentazione in H. J. LoTH, Hund, specie coli. 822-823; M. P. CICCARESE,
Animali simbolici, pp. 239-261. La tradizione ebraica ha del cane un'opinione
negativa: cfr. L. GLESINGER, Le chien dans la médecine.
29 Homiliae, Xl, 26, 4: [ ... J TÒ Tijç Mcr(Jl)ç cpÉpe:l 1tVEUf1.1X, oò Evexoc è1ti Tjj
IXÙTou O"<ùTl)p[~ i)8ocTl ~WVTl 7tpocre:À6e:tv oÒ 6ÉÀel.
ALCIBIADE DI APAMEA 135

parla Alcibiade. Ecco giustificato l'invito ad immergersi immedia-


tamente nell'acqua dopo essere stati morsi: è il tentativo di arre-
stare l'avanzare dell'idrofobia e quindi, nell'ottica di Alcibiade, di
impedire che lo spirito malvagio proveniente dal cane prenda pieno
possesso della persona, impedendo il futuro contatto con l'acqua
del battesimo.
Oltre che per i rabbiosi, come già detto, il lavacro battesimale
è prescritto nell'Elenchos anche per indemoniati e tisici. Peterson
proponeva: "È anche possibile che la tisi e l'ossessione non fossero
altro che l'immagine del peccato" 30 ; difficilmente però la sua inter-
pretazione del morso del cane rabbioso come simbolo del deside-
rio sessuale si concilia con la menzione di tubercolosi e possessione
demoniaca. Risulta invece più facile accostare il comportamento
di un indemoniato con quello di un rabbioso. Che dire invece della
tisi? Essa si trasmette per via aerea tra un individuo e l'altro, per
mezzo delle goccioline espulse con la tosse, lo starnuto o semplice-
mente con la fonazione. I sintomi della tisi possono essere la feb-
bre, la sudorazione, il dimagramento, la tosse insistente, la dolen-
zia tra le scapole o dietro lo sterno ed una sensazione di stanchezza
e irritabilità, accompagnate da pallore. Nei casi più gravi, si ha
l'aggravamento di questi sintomi, accompagnati da sbocchi di san-
gue, inappetenza, difficoltà respiratoria e colorazione azzurrastra
della cute e delle mucose31 • Anche questa malattia potrebbe essere
stata considerata come conseguenza dell'azione malvagia di uno
spirito di distruzione, specie per la sensazione di diffuso malessere,
lo sbiancamento, il colore cianotico e l'irritabilità del soggetto.
La rabbia e la tisi sono due malattie infettive; sono pertanto
patologie dovute al contagio dell'organismo umano da parte di
microorganismi. Ma per lungo tempo non si fu a conoscenza della
potenziale virulenza dei microorganismi; il fondatore della teoria
parassitaria fu infatti il batteriologo italiano Agostino Bassi (1773-
1856) nel secolo x1x32 . Solo allora la scoperta dei germi portatori
della malattia ha potuto chiarire una volta per tutte la reale causa

30 E. PETERSON, Die Behandlung der Tollwut, p. 227.


31 Guida medica, vol. 4, pp. 704-707; 736-738; 752-756; T. R. HARRISON,
Principi di medicina interna, pp. 798-803; J. C. GARCIA-MONCO, NS Tuberculosis
and Mycrobacteriosis.
32 I suoi studi furono in seguito sviluppati da Louis Pasteur, Joseph Lister

e Robert Koch.
136 CAPITOLO 4

dell'infermità. Gli antichi, con i limitati mezzi a loro disposizione,


per giustificare l'insorgenza delle malattie avevano teorizzato spie-
gazioni diverse, ma fondamentalmente tutte riconducibili a due
modelli. La malattia poteva essere rappresentata come un'entità
dotata di una propria esistenza autonoma (eziologia ontologica)
che assale la persona dall'esterno (esogena); oppure poteva essere
spiegata come il frutto di uno scompenso all'interno del corpo
umano (eziologia fisiologica), causato dalla rottura dell'armonia tra
il corpo e ciò che lo circonda, o tra alcuni componenti del corpo
stesso (endogena)33 • Con la nascita della medicina greca, la seconda
spiegazione (fisiologica) aveva prevalso sulla prima34 ; ma l'opposta
eziologia, condita con persistenti convinzioni religiose, continuò
ugualmente ad essere assai diffusa all'interno della società. Al di
fuori delle scuole di medicina l'interpretazione dei fenomeni pato-
logici e del conseguente sforzo di allontanarli continuava spesso ad
essere inquadrata in un concetto magico-religioso. Così le malattie
erano viste come effetto di punizione o di ira divina, quando non
furono personificate in entità misteriose, invisibili, anche se sensi-
bili nei loro tristi effettP5 •
Di questa duplice interpretazione erano ben consci i medici
stessi. Il rifiuto ippocratico di un intervento divino nel processo
della malattia, e di conseguenza il rifiuto di ogni terapeutica
magica mirante a calmare la collera divina, è chiarissimo; anche
l'epilessia, il morbo sacro per eccellenza, egli non la riteneva cau-
sata dalla volontà degli dèi. Tuttavia la medicina ufficiale non
fu mai in grado di convincere tutti gli strati della popolazione; le
classi più elevate ed istruite si mostravano abbastanza disposte a
raccogliere le nuove spiegazioni fisiologiche dell'infermità, ma non
fu mai possibile scardinare del tutto la radicata credenza che la
malattia provenisse dall'esterno, a causa di un intervento sopran-
naturale. Luciano di Samosata, che visse qualche decennio prima
di Alcibiade, nel suo Philopseudes si prendeva gioco di coloro che

33 Martin Dale si è occupato del concetto di malattia in relazione all'idea di

corpo presso le società antiche (The Corinlhian Body, pp. 139-162).


34 Per un inquadramento generale, cfr. P. PRtORESCHI, A Hislory o{ Medi-
cine; V. NurroN, Ancienl Medicine.
35 Le testimonianze adducibili sarebbero molte, fin dalle origini della lette-

ratura greca (cfr. ad esempio HoMERUS, Odissea, X, 64; HESIOous, Opera el dies,
90-105). Una discussione di questo tema in G. LANATA, Medicina magica.
ALCIBIADE DI APAMEA 137

persistevano in questa convinzione; una convinzione che, però, non


poté mai essere sradicata. E a ciascuno dei due diversi modi di
rappresentare la malattia corrispondeva, naturalmente, una diversa
concezione della terapia.
La rabbia e la tubercolosi, riconosciute come malattie trasmissi-
bili, si potevano prestare ancor più di altre ad una interpretazione
esogena ed ontologica. L'evidente relazione che vi era tra l'insor-
gere della malattia e il contatto con uomini o animali già ammalati
poteva escludere che la causa andasse ricercata all'interno della
persona; l'animale o la persona infetta risultavano palesemente
veicoli di infezione, portatori di una sorta di "veleno". Credo che
gli elcasaiti, i quali erano a conoscenza del carattere trasmissibile
della rabbia, possano aver sviluppato una concezione demonologica
della malattia, dove la trasmissione dell'infermità era considerata il
risultato dell'invasione del corpo da parte di uno spirito malvagio:
infatti l'Elenchos parla esplicitamente di un "cane rabbioso e infu-
riato, nel quale c'è uno spirito di distruzione".
Il redattore dell'Elenchos parrebbe intendere che rabbiosi, tisici
ed indemoniati fossero tutti invitati a sottoporsi all'immersione
battesimale. Perché allora - ci si potrebbe domandare - il testo
sembra distinguere tra rabbiosi e tubercolotici da una parte, ed
indemoniati dall'altra? Forse perché ha ben chiara la differenza
tra questi tre disturbi, e ritiene che le loro cause siano diverse?
Anzitutto andrà notato che il richiamo alla tisi ed alla possessione
diabolica esce dalla penna dell'autore dell'Elenchos, e non fa parte
della citazione delle parole di Alcibiade (provengano o meno dal
libro di rivelazioni). Penso che questo aspetto non vada sottovalu-
tato, per evitare il rischio di operare una semplicistica conciliazione
di notizie provenienti da due fonti differenti. La distinzione tra rab-
biosi da una parte ed indemoniati dall'altra potrebbe essere frutto
della mano del redattore, il quale parrebbe intendere che rabbiosi,
tisici ed indemoniati fossero tutti invitati a sottoporsi all'immer-
sione battesimale. Ma se la pura citazione delle parole di Alcibiade
parla esclusivamente del battesimo di persone contagiate dalla rab-
bia, non si può essere del tutto sicuri del fatto che il battesimo dei
tisici e degli indemoniati fosse identico a quello, o accompagnato
dalla medesima invocazione. Non è neppure detto che la semplice
citazione delle tre distinte categorie di disturbo (rabbia, tubercolosi
e possessione) significhi necessariamente una differente spiegazione
eziologica dei fenomeni da parte degli elcasaiti. Anche nel caso in
138 CAPITOLO 4

cui si potesse dimostrare che le tre denominazioni risalissero alle


parole di Alcibiade, ciò a mio parere non significherebbe necessa-
riamente che la menzione esplicita degli indemoniati possa esclu-
dere una spiegazione demonologica del fenomeno anche per i tisici
e i rabbiosi. È possibile che con il termine "indemoniati" venissero
designati solamente i cosiddetti "energumeni", cioè quegli inde-
moniati nei quali la presenza del demonio e la sua attività sono
palesi, e nei quali sono apprezzabili i consueti sintomi della posses-
sione, tra i quali si possono ricordare l'insolita agitazione motoria,
la violenza, la perdita di coscienza, l'infermità, le manifestazioni di
natura soprannaturale. Ciò non vieta che anche la rabbia e la tisi
possano essere state attribuite ad un intervento demoniaco, che si
manifesta in maniera diversa. In questo caso le diverse denomina-
zioni tradizionalmente in uso per ciascun disturbo avrebbero sola-
mente la funzione di distinguere i sintomi mostrati dagli infermi,
la cui causa sarebbe però concettualmente riducibile ad un'unica
causa efficiente: il demonio.
Un'ultima considerazione: il particolare che il battesimo vada
ripetuto per quaranta volte non necessariamente deve essere appli-
cato anche ai rabbiosi. Il numero quaranta è curioso; non essendo
divisibile per i sette giorni prescritti, significa che le immersioni
erano quaranta per ogni giorno? Forse questo numero va ricolte-
gato ad alcuni episodi biblici di penitenza, castigo o purificazione: i
quaranta giorni di pioggia del diluvio universale, i giorni di perma-
nenza di Mosé sul monte santo, il vagare del popolo di Israele per
quarant'anni, i quaranta giorni di Gesù nel deserto36 •
In conclusione: se l'interpretazione qui proposta è corretta, siamo
dunque di fronte ad un'antica attestazione di un rituale esorcistico
cristiano praticato a Roma durante la prima metà del m secolo,
nel quale si faceva uso di abluzioni rituali, nella convinzione che
malattia, possessione diabolica ed inclinazione al peccato fossero
semplicemente diversi aspetti della medesima realtà 37 • Che questa
pratica fosse già in uso anche altrove ed anteriormente, ad esempio
nella regione della Celesiria da cui Alcibiade proveniva, è possibile
ipotizzarlo: in tal caso, si tratterebbe di un'antica pratica ricon-

36 Gen 7, 12; Es 24, 18; Num 14, 34; Mc l, 3.


37 Sopravvive ancor oggi presso i Mandei l'uso di ripetute immersioni
purificatorie, anche nel caso di morsi di animali ed azioni peccaminose: cfr.
E. LUPIERI, I Mandei, pp. 31-39.
ALCIBIADE DI APAMEA 139

ducibile alla prima metà del n secolo. Ma le fonti di cui dispo-


niamo non ci permettono di affermarlo con tutta certezza. L'autore
dell' Elenchos, infatti, è testimone diretto soltanto delle pratiche di
Alcibiade.
Epifanio fa menzione di un'immersione rituale che gli Ebioniti
avrebbero appreso dagli elcasaiti, prevista per coloro che sono
ammalati o sono stati morsi da un serpente; ma non parla esplicita-
mente né di tisi, né di rabbia, né di possessione diabolica. Si tratta
del medesimo rituale descritto dall' Elenchos? Le due descrizioni
differiscono in certi punti. Certamente anche l'infermità trasmessa
dal morso del serpente, che può condurre alla morte, si presterebbe
ad un'interpretazione demonologica; ma poiché la descrizione di
Epifanio non possiede elementi che inducano a mettere in sicura
relazione la concezione della possessione diabolica con l'infermità
prodotta dal morso dell'animale, mi sembra più prudente non
affermarlo con certezza.
CAPITOLO 5
GIUSTINO MARTIRE

l. Giustino e l'esorcismo
Il tema dell'esorcismo compare con forza negli scritti del 11 secolo
tra le opere degli apologisti grecjl. Il primo di essi a toccare questo
argomento è Giustino (100-165 circa)2 nelle sue opere sopravvissute
di sicura attribuzione, scritte a Roma prima del martirio3 : trattasi
delle due Apologie - successive di poco al 1504 - e del Dialogo con
Trifone giudeo, del 160 circa5 •

1 Su questa letteratura, A. PuECH, Les Apologistes grecs; A. CASAMASSA, Gli

apologisti greci; M. PELLEGRINO, Gli apologeti greci; J. R. LAURIN, Orientations


maitresses; J. DANIELOU, Messaggio evangelico; R. M. GRANT, Greek Apolo-
gists; Les apologistes chrétiens, edd. J. DoRÉ -B. PouDERON; Apologetics, edd.
M. EDWARDS- M. GOODMAN- S. PRICE; J. C. FREDOUILLE, L'apologétique chré-
tienne (2 articoli). Per una panoramica delle tendenze degli ultimi decenni,
M. RIZZI, La ricerca sugli apologisti.
2 La migliore monografia generale su Giustino resta quella di L. W. BAR-
NARD, Justin Martyr, da integrare con C. MuNIER, Justin. Apologie, pp. 9-119.
L'opera di E. R. GooDENOUGH, The Theology o{ Justin Martyr, che ha fornito
una presentazione di basso profilo dell'autore, va riletta alla luce dei più recenti
D. BouRGEOIS, La sagesse des anciens; C. MuNIER, L'apologie de Saint Justin;
G. GIRGENTI, Giustino martire. Una sintesi con bibliografia: O. SKARSAUNE,
Justin der Miirtyrer. Importanti anche le riflessioni di J. DANIELOU, Messaggio
evangelico, passim. Sulla demonologia, A. M. BERRUTO, La demonologia in Giu-
stino; H. WEY, Die Funktionen der bèisen Geister, pp. 3-33 e 98-186; C. MuNIER,
L'apologie de Saint Justin, pp. 110-114. Alcuni passi commentati in A. MoNACI,
Il diavolo e i suoi angeli, pp. 153-170.
3 Gli Atti del martirio sono riprodotti e tradotti da G. GIRGENTI, Giustino
martire, pp. 147-153. Testi e bibliografia critica ulteriore in G. LAZZATI, Gli svi-
luppi della letteratura sui martiri, pp. 119-127, e in A. A. R. BASTIAENSEN et alii,
Atti e passioni dei martiri, pp. 49-57.
4 La seconda Apologia, molto più breve della prima e senza indirizzo,

prende spunto dalla condanna a morte di tre cristiani da parte del prefetto
di Roma Urbico (144-160); essa è comunemente ritenuta un'appendice della
prima (E. J. Goodsped, E. Schwartz) oppure, più probabilmente, uno scritto
posteriore autonomo ma di carattere più episodico e occasionate (A. Ehrhard,
G. Bardy, G. Visonà). C. Munier (L 'apologie de Saint Justin) ritiene che le due
opere siano in realtà uno scritto unico. È quindi impossibile stabilire una data-
142 CAPITOLO 5

Nell'Apologia II Giustino, nel rivolgersi al lettore pagano,


scrive:
di Logos> è divenuto uomo secondo la volontà del Dio e Padre,
generato a vantaggio degli uomini che credono e per la fine dei
dèmoni: anche ora potete appurarlo, sulla base di ciò che accade
davanti ai vostri occhi. Infatti molti dei nostri uomini, i cristiani,
hanno guarito e guariscono ancor oggi un gran numero di indemo-
niati, non sanati da tutti gli altri esorcisti, incantatori e maghi,
annichilendo e scacciando i dèmoni che possiedono gli uomini, nel
mondo intero e nella vostra città, esorcizzando nel nome di Gesù
Cristo, crocifisso sotto Ponzio Pilato 6 •

Anche i passi tratti dal Dialogus cum Tryphone ludaeo sono col-
locati, come il precedente, all'interno di un contesto cristologico:
Ed ancora con altre parole <Gesù> disse: <<Vi dò il potere di cammi-
nare sopra serpenti, scorpioni e scolopendre e sopra ogni potenza
del nemico~ (Le 10, 19). Anche ora noi, che crediamo nel Gesù
Signore nostro, crocifisso sotto Ponzio Pilato, esorcizzando teniamo
a noi sottomessi tutti i demòni e gli spiriti maligni'.
Infatti invochiamo sempre Dio per mezzo di Gesù Cristo di pre-
servarci dai demòni, i quali sono estranei al culto di Dio, e che un

zione più precisa dei due scritti; gli studiosi che hanno maggiormente differen-
ziato le due composizioni hanno proposto il 161 come limite massimo per la
Apologia 11.
5 È questa la datazione comunemente accettata; in controtendenza,
J. L. MARSHALL, Some Observations, il quale vorrebbe collocare cronologica-
mente il Dialogo prima delle due Apologie. S. Rossi, Il tempo e l'ambientazione,
datava il Dialogus al 132-135, a Efeso.
6 IusnNUS, Apologia II, 6, 5-6: [ .•• ] &v6pw7toç [ ••• ] yf.yovE X<X"t'IÌ "t'~v 't'oli
0tou X<XL Il<X"t'pÒç ~0\JÀ~v &7tOXU'1)6dç \mèp "t'WV mcrnu6vTWV &v6p6mwv X<XL
È1tL X<XT<XÀÙO'e:t "t'WV 3<XtfL6vwv· X<XL vuv èx "t'Wv \m' 61j/tv ytvOfLtvwv fL<X6t'i'v
Mv<Xcr6t. il<XtfLOvtoÀ~7tTouç y&:p 7tOÀÀoÙç X<X"t'IÌ mxn<X TÒv x6crfLOV X<XL Èv Tjj
OfLE"rtp~ 7t6Àtt 7tOÀÀoL Twv ~fLETtpwv &v6p6mwv, "rWv XptcrTt<Xv<7lv, È7topxl~ov­
"rEç X<X"riÌ "rOU òv6fL<X"roç 'I 'I)O'Ou Xptcr"t'ou, "rOU O'"r<Xupw6tv"roç È1tL Ilov"t'lou
IltÀa"rOU, 07tÒ T<7lv &ÀÀwv 7taVTWV È7tOpXtO'"r<7lV X<XÌ. È1t~O'TWV X<XL <p<XpfL<XXE\J"rWV
fL~ L<X6tn<Xç, tacr<XvTo x<XL ~Tt vuv twn<Xt, x<X"r<Xpyountç x<XL Èx3t<ilxovnç Toùç
X<X't't;{OV"r<Xç TOÙç liv6p<iJ7tO\Jç 3<X[fLOV<Xç.
7 IusnNus, Dialogus cum Tryphone ludaeo, 76, 6: K<Xi 7taÀtv Èv ÈTtpotç
Myotç ~tp'1)' lll3wfLL OfL'i'V èçoucrl<Xv X<XT<X7t<XTE'i'v È1tavw iStptwv x<XL crxop7tlwv x<XL
O'XOÀ07tEv3pwv X<XL È7tavw 7ta0''1)ç 3uvafLEWç TOU Èz6pou. K<XL vuv ~fLELc;, o[
mcr"rtuovnc; È1tL TÒv crT<Xupw6f.n<X È1tL Ilov"rlou IltÀaTou '1'1)crouv Kupwv
~fLWV, "riÌ 3<XtfL6Vt<X 7taVT<X X<XL 7tVEUfL<XTIX 7tOV'1)piÌ Èçopx[~OVTEç 07tO"t'IX0'0'6fLe:V<X
~fLLV ~OfLEV.
GIUSTINO MARTIRE 143

tempo noi adoravamo, affinché dopo esserci volti verso Dio gra-
zie a lui siamo irreprensibili. Infatti Io chiamiamo soccorritore e
redentore (Sal 19, 14-15), la potenza del cui nome temono anche i
demòni, e vengono oggi esorcizzati e sottomessi nel nome di Gesù
Cristo, crocifisso sotto Ponzio Pilato procuratore della Giudea. Da
ciò è dunque evidente per tutti che suo Padre gli ha dato una tale
potenza, che anche i demòni sono sottomessi al suo nome e all'eco-
nomia della sua passioneB.
<Cristm è Signore delle potenze (Sal 24, 10) per volontà del Padre
che glielo ha concesso. Egli risorse dai morti e salì al cielo, come
pure rivelavano il salmo e le altre Scritture che lo proclamavano
anche Signore delle potenze, e come potete facilmente convincervene
anche ora sulla base di ciò che accade davanti ai vostri occhi, se
lo volete. Infatti, nel nome di colui che è Figlio di Dio e primoge-
nito di ogni creatura (Col l, 15), nato per mezzo di una vergine e
divenuto uomo soggetto al patire, crocifisso dal vostro popolo sotto
Ponzio Pilato, morto, risorto dai morti e asceso al cielo, ogni demo-
nio è esorcizzato, vinto e sottomesso. Se voi esorcizzate nel nome di
uno qualsiasi dei vostri re, giusti, profeti o patriarchi, nessuno dei
demòni verrà sottomesso; mentre se uno di voi esorcizza per il Dio
di Abramo, di Isacco e di Giacobbe, verrà ugualmente sottomesso.
Certo però - dicevo - che i vostri esorcisti esorcizzano con artifizio,
come anche le genti, e si servono di aromi e Iegamenti 9 •

8 lusTINus, Dialogus cum Tryphone Iudaeo, 30, 3: 'A1tò yocp -rwv 8oct(J.ov[wv,
& Eanv <iÀM-rptoc -rljç 6EoaE~docç -roti 0Eou, olç 7t<iÀoct 7tpoaExuvou(J.EV, -ròv
0Eòv &:Et 8toc 'I 1)!10u Xpta-rou auv-rl)p1)61jvoct 7tocpocxocÀoU(J.EV, lvoc (J.E't"OC -rò
E7tta-rpé\jloct 7tpÒç 0Eòv 8t' ocò-rou &(J.W(J.Ot <i>(J.EV. Bo1)6Òv yocp ExE'Lvov xoct
Àu-rpw-rY)v xocÀOU(J.EV, oo xoct -rY)v -roti 6v6(J.oc-roç laxùv xoct -roc 8oct(J.6vtoc -rpÉ(J.Et,
xoct a-f)(J.Epov E~opxt~6(J.EVOC xoc-roc -roti 6v6(J.Ot't"oç 'I 1)!10U Xpta-rou, -roti a-rocupw-
6év-roç E7tt Ilov-r[ou IltÀci-rou, -roti yEVo(J.évou Em-rp67tou 't"ljç 'Iou8oc[ocç, 07to-rcia-
o
!1E't"Ott, wç XOCL EX 't"OU't"OU 7t0C!1L cpocvEpÒv dvoct li't"t IToc-rY)p ocò-rou 't"0!10CU't"l)V
~8wxEv ocò-r<i) 8uvoc(J.tv, i:lan xoct -roc 8oct(1.6vtoc 07to-rciaaEa6oct -r<i) 6v6(J.oc-rt ocò-rou
xod 't'1j -roti YEVO(J.évou 1tci6ouç ocò-rou olxovo(J.t~.
9 IusnNus, Dialogus cum Tryphone Iudaeo, 85, 1-3: [...] Ea-rt Kuptoç -rwv
8uVcl(J.EWV 8toc 't"Ò 6ÉÀlj(J.Ot 't"OU 86v-roç ocÒ-r<i) fi oc-rp6ç, 8ç XOtt <i:vÉa't"lj Ex VEXpWV
o
XOCL &:v-YjÀ6Ev Elç -ròv oòpocv6v, wç XOCL \j~OCÀ(J.Òç XOCL oct <iÀÀOCL ypoccpoci E81jÀouv,
XIXL Kuptov IXÒ't"ÒV 't"WV 8uVcl(J.EWV xoc-r-ljyyEÀÀov, wç XIXL vuv Ex 't"WV 07t' ll\jltv
ytvo(J.Évwv p~ov O(J.iiç 7tEta61jvoct, Eocv 6ÉÀ1)'t"E. Koc-roc yocp -roti 6v6(J.oc-roç ocò-rou
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144 CAPITOLO 5

2. La scena e gli attori dell'esorcismo


Dai racconti di Giustino è possibile ricavare qualche informa-
zione sulla prassi esorcistica che egli conosce. Secondo quanto
affermato nell'Apologia Il, i cristiani suoi contemporanei che cac-
ciano con successo i demoni e gli indemoniatil 0 sono molti (1toìJ.o().
È significativo che qui, come altrove, le indicazioni in proposito
siano assai generiche. Non esiste alcun riferimento chiaro a qualche
avvenimento specifico, non viene portata alcuna testimonianza a
favore di quanto detto, non viene fatto alcun nome né di esorcista
né di ossesso: è come se nella prospettiva di Giustino l'efficacia
degli esorcismi cristiani fosse una realtà nota a tutti, sulla quale
non occorreva spendere parole di convincimento. Se attestazioni di
questo tipo, generiche e ripetitive, non ci permettono di indagare
ulteriormente sulla loro portata storica, esse non vanno per questo
sottovalutate: indipendentemente dal reale numero e dai risultati
ottenuti da questi esorcisti, che non ci è dato di conoscere, tali rac-
conti possono essere preziose testimonianze di una prassi esorcistica
del tempo, che l'autore mostra di conoscere e alla quale sente di
poter far riferimento di fronte al suoi lettori.
Giustino si sta rivolgendo ad un pubblico il quale, secondo le sue
parole, può convincersi della potenza di Cristo osservando diretta-
mente quanto gli esorcisti compiono nel nome del suo nome: infatti

-roc~ où8èv -rwv 8oc~f.Lov(wv· &.n' d &poc H;opx(~o~ ne; Ùf.Lwv xoc-riÌ -rou 0e:ou
'A~pocàf.L xocl. 0s:oi3 'laotàx xocl. 0s:oi3 'locxw~, rawc; Ù7to-rocyljanoct. ~H8l)
fJ.Év-rot o[ È~ ÙfJ.WV È7topxta-rocl. T1j -réxvTJ, ~<r7tEp xocl. -rà l6vl), xpwfJ.&Vo~ È~ o p-
xl~ou<rt xocl. 6ufJ.tlifJ.OC<rL xotl. xoc-roc8É<rf.Lotc; xpwv-rocL, d1tov.
10 C'è un altro passo dove si parla di indemoniati: "Le necromanzie, le osser-

vazioni di bambini incorrotti, le evocazioni di anime umane, coloro che dai


maghi sono detti oniropompi e paredri e quanto viene operato dagli esperti
di queste cose vi persuadano che anche dopo la morte le anime conservano
sensibilità; così anche glì uomini posseduti e prostrati dalle anime di defunti,
che tutti chiamano indemoniati e furiosi (8ottfJ.OVtoÀlJ7tTOUç xotl. fJ.OCtVOfJ.Évouc;), i
vostri cosiddetti oracolì di Anfiloco, di Dodona e della Pizia e tutte le altre
cose di tal genere, gli insegnamenti degli scrittori, di Empedocle e Pitagora, di
Platone e Socrate, la fossa di cui parla Omero, la discesa di Odisseo per vedere
queste cose, e i racconti di coloro che hanno narrato cose simili" (Apologia l,
18, 3-5). A mio parere qui Giustino non presta fede alla possibilità che i demoni
che possiedono gli uomini siano anime di morti; egli si sta semplicemente rivol-
gendo ad un pagano, e pur non condividendole elenca una serie di credenze
che potevano appartenere all'orizzonte culturale del suo interlocutore (oracoli,
divinità, mitologia).
GIUSTINO MARTIRE 145

la loro opera si svolge davanti agli occhi di tutti, nel mondo intero,
ed anche nella città dei destinatari dell'Apologia, che va identi-
ficata con Roma. A Roma, di conseguenza, operavano pubblica-
mente esorcisti cristiani. Allo stesso modo, nel Dialogo Giustino
evidenzia il fatto che il successo dell'esorcismo cristiano può essere
verificato anche dai suoi interlocutori ebrei: "Potete facilmente
convincervene anche ora sulla base di ciò che accade davanti ai
vostri occhi, se lo volete" (85, 1). L'espressione è letteralmente la
medesima che ricorre nell'Apologia: "Sulla base di ciò che accade
davanti ai vostri occhi " 11 • In questo caso la città in cui è ambien-
tata la discussione (fittizia?) tra Giustino e Trifone è Efeso 12 , negli
anni della seconda rivolta giudaica antiromana (132-135) 13 • Se l'ac-
cesso ad altri riti cristiani era riservato solo ai battezzati, l'esorci-
smo degli energumeni viene descritto come attività pubblica, dal
carattere propagandistico assai pronunciato. In tal modo Giustino
può invitare gli ebrei suoi interlocutori a verificare personalmente
la potenza degli esorcisti cristiani "se lo vogliono", a testimonianza
del fatto che la loro pratica si svolgeva alla luce del sole. Questa
insistenza sui palesi successi degli scongiuri cristiani è un'argomen-
tazione topica, un luogo comune nel contesto dei discorsi missio-
nari degli apologisti.
Oltre agli esorcisti, agli ossessi ed al pubblico, vi sono altri pro-
tagonisti della scena dell'esorcismo: sono i destinatari degli scon-
giuri, cioè i demoni, detti altresì spiriti maligni (7tVE:Ufl.Ot't'Ot 7tOYY)pci).
Nelle due Apologie essi sono ordinariamente chiamati 8attfl.ove:ç e
solo molto raramente 8atLfl.6VLOt; nel Dialogo l'utilizzo di 8atLf.1.6VLOt,
invece, è prevalente, come si evince anche dai quattro passi da noi
presi in esame. Ciò è dovuto alle caratteristiche dei diversi destina-
tari: nello scritto indirizzato agli ebrei il termine consueto è per più
di metà delle occorrenze quello biblico, 8atLfl.6vwv; in quelli desti-
nati ai pagani Giustino si serve di 8atLfl.<ùV, e negli unici due casi in

11 Una simile espressione compare solamente un'altra volta negli scritti di


Giustino, ma in un contesto che ha a che fare con il segno della croce (Apo-
logia l, 55, 2): "Questo, come ha detto il profeta, è il simbolo più importante
della sua potenza e del suo regno, come dimostra anche ciò che cade sotto
i nostri occhi (wc; xcxt Èx TW'I u7t' 15lj.IL'I 7tmT6'1TW'I 8e:lxwTcxL)". Traduzione di
Giuseppe Girgenti.
12 Cfr. EusEBIUS CAESARIENSIS, Historia ecclesiastica, IV, 18, 6.

13 Cfr. G. OTRANTO, In margine a una guerra giudaica.


146 CAPITOLO 5

cui usa ~CX.~f.L6v~ov si riferisce ai demòni della tradizione giudaica e


cristiana 14 • Naturalmente, negli scritti rivolti ai pagani l'argomen-
tazione influisce notevolmente anche sulla terminologia: all'interno
della polemica contro la mitologia, la designazione degli dèi come
3cx.(f.Loveç è assai più adatta al contesto 15 •
Dai passi succitati si può arguire che gli esorcisti esorcizzano o
scongiurano i demoni che posseggono (xcx.TÉX,w) gli uomini; t~opx(~w
ed t7topx(~w sono usati in modo intercambiabile, senza essere por-
tatori di alcuna caratteristica identificativa specifica. Lo scopo
dell'esorcismo è quello di annichilire, sottomettere e scacciare i demoni
che infestano gli ossessi, causando la guarigione degli ultimi. Ciò
che rende efficace l'opera di costoro è l'utilizzo del nome di Gesù, il
che sembra costituire il nucleo dell'esorcismo medesimo. Su questo
vedremo più avanti.

3. Esorcismi cristiani, esorcismi pagani ed esorcismi giudaici


Secondo Giustino, gli esorcisti cristiani riuscivano laddove altri
avevano fallito:
Molti dei nostri uomini, i cristiani, hanno guarito e guariscono
ancor oggi un gran numero di indemoniati, non sanati da tutti gli
altri esorcisti, incantatori e maghi (Apologia Il, 6, 6).
Si ha qui un chiaro riferimento all'attività esorcistica esercitata
dai non cristiani, espletata da veri e propri t7topx~o"rcx.( ma anche da
t7t~aTcx.( (incantatori) e q>cx.pf.tcx.xeuTcx.( (preparatori di rimedi magici,
maliardi, medicatori). Non si specifica in che modo questi guaritori
combattessero i demoni, mentre si dice che i cristiani rendono inat-
tivi i demoni t7topx(~ovnç, ovvero esorcizzando, scongiurando nel

14 IUSTINUS, Apologia l, 26, 4; 41, l.


15 Ad esempio, lusTINUS, Apologia l, 5, 2: "In tempi antichi, i cattivi dèmoni,
dopo essersi manifestati in apparizioni, hanno violentato donne, hanno corrotto
fanciulli e hanno prodotto orribili visioni tra gli uomini, sino a terrorizzarli,
poiché essi non giudicavano questi eventi con l'ausilio della ragione ma, in
preda al terrore e non sapendo che erano cattivi dèmoni, li hanno chiamati
dèi, assegnando ad ognuno il nome che ogni demone aveva scelto per sé mede-
simo" (traduzione di Giuseppe Girgenti). C. A. CONTRECAS, Christian Views o(
Paganism, ha evidenziato questo e gli altri atteggiamenti che i principali autori
cristiani dei primi secoli hanno nei confronti del paganesimo. Sulla mitologia
vista come prodotto demoniaco, cfr. M. CARENA, La critica della mitologia
pagana; H. RAHNER, Miti greci.
GIUSTINO MARTIRE 147

nome di Gesù Cristo. Il risultato è la guarigione dell'indemoniato:


l'uso del verbo tiiaf:lot~ non solo a proposito delle malattie fisiche,
ma anche degli ossessi, è già dell'evangelista Luca 16 • Nel Dialogo si
fa invece esplicito riferimento ad esorcisti ebrei:
Se voi esorcizzate nel nome di uno qualsiasi dei vostri re, giusti,
profeti o patriarchi, nessuno dei demòni verrà sottomesso; mentre
se uno di voi esorcizza per il Dio di Abramo, di Isacco e di Gia-
cobbe, verrà ugualmente sottomesso. Certo però - dicevo - che i
vostri esorcisti esorcizzano con artifizio, come anche le genti, e si
servono di aromi e legamenti (85, 3).
Costoro sono in grado di vincere i demoni nel nome del Dio di
Abramo, di Isacco e di Giacobbe, esattamente come fanno i cri-
stiani in nome di Gesù. Ma se i medesimi esorcisti tentassero di
pronunciare i loro scongiuri in nome di qualche illustre personaggio
dell'Antico Testamento, non otterrebbero il loro scopo, a dimostrare
la superiorità del Cristo e la sua pari dignità con il Dio dell'antica
alleanza. L'esistenza e l'attività di esorcisti ebrei sono confermate
da altre fonti, anche vetustiori; quando Gesù, rivolgendosi ai fari-
sei, domanda: "E se io scaccio i demòni in nome di Beelzebùl, i
vostri figli in nome di chi li scacciano?", attesta implicitamente
l'esistenza di una tale attività. Nel libro degli Atti (19, 13-14) si
nominano poi esorcisti ambulanti ebrei, figli del sommo sacerdote
Scevà, in un modo che fa pensare ad un'attività esorcistica di tipo
continuativo o professionale, non occasionale.
In questo racconto Giustino aggiunge un particolare: gli esor-
cisti ebrei, i cui scongiuri pronunciati in nome di Dio sono effi-
caci, vengono anche detti operare con artifizio, ad arte (-réxv-rJ) 17 ;
essi probabilmente seguono un complesso di regole e tecniche che li

16 Vangelo, 6, 18; 9, 2; 9, 42; Alli 10, 38.


17 Con TÉXVlJ si intende un mestiere o una professione, oppure un metodo di
lavoro, un complesso di leggi che sovrintendono all'attuazione di qualche cosa.
Le grandi arti per i greci erano la matematica, la geometria, l'astronomia, la
storiografia, l'architettura e la medicina; uno dei trattati medici pseudoippo-
cratei del v secolo è proprio intitolato fle:pt TÉXVlJç. Anche la capacità di otte-
nere qualche cosa tramite l'utilizzo della magia o di qualche tecnica sopranna-
turale è una -rizvlJ: in un contesto magico il saggio Calasiride afferma: "Non
ho bisogno di imparare ciò che, in base alla mia arte (7totpÒt Tljç -rÉzvl)ç), so già
da molto tempo" (HELIODORUS EMESENUS, Aethiopicae, IV, 10). Filostrato (Vita
Apollonii, l, 2) parla della presunta capacità magica di Apollonio qualifican-
dola come arte (wç 11-&.ycp -rÉzvrJ).
148 CAPITOLO 5

accomunerebbero agli esorcisti pagani (è il senso di 't'~ ~6\rl)) 18 , dei


quali si afferma che si servono di aromi e legamenti d'incantesimo
(6uf.WX!J.IX<n xoct xoc't'oc8éa~J.mç) allo scopo di costringere i demoni. I
6ufj.LOCIJ.IX't'IX sono sostanze odorifere, incenso e aromi in genere, ed
il fumo o il profumo prodotto dalla loro combustione 19 ; Giustino
usa sempre questo termine per indicare l'incenso bruciato a scopo
cultuale, dai pagani o dagli ebrei nel Tempio di Gerusalemme20 • Il
rifiuto dell'incenso è una caratteristica che accomuna gli scrittori ·
cristiani dei primi secoli; l'ostilità per tutto ciò che potesse richia-
mare i riti pagani fece sì che esso entrasse nell'uso della liturgia
cristiana relativamente tardi, affermandosi definitivamente sia in
oriente che in occidente solo a partire dalla fine del IV secolo. I
cristiani facevano uso dell'incenso a casa e nei conviti, per aro-
matizzare l'ambiente; successivamente anche in chiesa, ma non a
scopo liturgico, bensì per profumare le navate, oppure in occasione
di sepolture, anche qui con tutta probabilità senza un preciso signi-
ficato liturgico, bensì per coprire gli odorP 1 • Atenagora di Atene
afferma che "l'artefice e Padre dell'universo non necessita di sangue,
né dell'odore dei sacrifici né dell'aroma di fiori e incensi, essendo
egli stesso aroma perfetto" 22 ; Tertulliano contrappone la purezza
spirituale della preghiera cristiana all'offerta pagana di "grani d'in-
censo del valore di un asse, lacrime di pianta arabica, due gocce
di vino o sangue di bue macilento, bramoso di morire" 23 , anche se
ciò non impediva che gli stessi cristiani usassero l'incenso per sep-

18 Nel Dialogus i pagani sono più volte chiamati in questo modo: 21, l;
83, 4; 91, 3; 95, l; 96, 2; 109, l; 122, 5; 130, 4.
19 IOSEPHUS, FLAVIUS, Antiquitates iudaicae, VIII, 92, 3: 6Ufi.t1XT'i)pt1X 8è xpuaii

Èv o!ç Èxofi.[~e:'t'o 't'Ò 6ufi.l1Xf.1.1X (turiboli aurei nei quali si portava l'incenso mel
Tempio>); Gen 43, 11: 6ufi.l1Xf.1.1X XIXL O''t'IXXT'I] (resina odorosa e mirra). Nei Set-
tanta l'altare dell'incenso è detto 6uO'tiXO'T'I)pwv 6ufi.t&f.1.1X't'Oç, e gli aromi utiliz-
zati per prepararlo sono descritti in Es 30, 34-36; sono forse questi i 6ufi.t&f.1.1X't'IX
di cui hanno piene le coppe i quattro esseri viventi e i ventiquattro vegliardi di
Ap 5, 8 (cfr. E. LuPIERI, L'apocalisse di Giovanni, p. 146, nota 8).
20 lusnNus, Apologia I, 13, l; 37, 7; Apologia Il, 5, 4; Dialogus cum Try-
phone ludaeo, 41, 2.
21 L'opera fondamentale resta E. G. C. ATCHLEY, A History o( the Use o(
lncense in Divine Worship.
22 ATHENAGORAS ATHENIENSIS, Supp/icatio pro Christianis, 13, 2.
23 TERTULLIANUS, Apologeticum, 30, 6.
GIUSTINO MARTIRE 149

pellire i morti24. Agostino, tra IV e v secolo, testimonia ancora la


medesima riluttanza 25 • Lo stesso Giustino considera l'istituzione di
sacrifici, incensi (6Ufl.LIX!J.IXTot) e libagioni pagane come segno tangi-
bile dell'asservimento del genere umano ai demoni 26 • Che l'incenso
fosse utilizzato nelle arti divinatorie, è noto anche dai papiri magici,
seppur più tardivi 27 • Galeno lamenta la ridicola credenza nel valore
terapeutico degli incantamenti, delle libagioni e dei 6u!J.L&.!J.otTot
delle erbe 28 • Anche la tradizione giudaica non ignora l'uso di aromi
per la cacciata dei demoni: nel Libro di Tobia (m secolo a.C.) il
demone Asmodeo è scacciato dall'odore sprigionato dal cuore e dal
fegato di un pesce posti su un braciere29 • Nell'esorcismo giudaico
narrato da Giuseppe Flavio, l'esorcista Eleazaro utilizza il sigillo di
Salomone, sotto il quale si trova una delle sue radici; l'applicazione
al naso e l'annusamento dell'anello sono il mezzo per estrarre dalle
narici del posseduto il demonio30 • L'accostamento alle narici di una

24 TERTULLIANUS, Apologelicum, 42, 7: "Non comperiamo incenso, è vero; e

se le Arabie se ne lamentano, sappiano i Sabei che la loro merce si acquista in


maggiore quantità e a più alto prezzo per seppellire i cristiani, che non a bru-
ciarne in onore degli dèi". Traduzione di Anna Resta Barrile. Cfr. anche ID.,
De idololalria, 11, 2.
25 AuGUSTINus HIPPONENSIS, Enarraliones in Psalmos, 49, 21: "Possiamo stare
tranquilli, non dobbiamo andare in Arabia a cercare l'incenso (lhus), non dob-
biamo scuotere i sacchi dell'avaro commerciante: Dio chiede a noi un sacrificio
di lode". Traduzione di Riccardo Minuti.
26 lusTINUS, Apologia Il, 5, 4: "d demoni) hanno asservito a sé medesimi il

genere umano: a volte con magiche iscrizioni, a volte con terrori e tormenti, a
volte con l'istituzione di sacrifici, incensazioni e libagioni, di cui sono diven-
tati avidi dopo che si sono sottomessi alle passioni dei sensi". Traduzione di
Giuseppe Girgenti.
27 Papyri graecae magicae, XIII, 359-372 dal cosiddetto Oliavo o Unico libro
di Mosè, nel quale si descrive il rito per ricevere una visita da parte di Dio; cfr.
Papyri graecae magicae, l, 286; IV, 2523; 2852; VII, 433; XII, 18; XIII, 228.
28 GALENUS, De simplicium medicamenlorum lemperamenlis, vol. 9,
p. 794, 4-6.
29 Tob 8, 2-3: "Tobia allora si ricordò delle parole di Raffaele, prese il

fegato e il cuore del pesce dal sacco che aveva e li pose sulla brace dell'incenso.
L'odore del pesce respinse il demonio, che fuggì su nelle regioni d'Egitto; Raf-
faele, raggiuntolo, lo legò in quel luogo e lo incatenò all'istante".
30 losEPHUS, FLAVIUS, Anliquilales iudaicae, VIII, 47: "Il metodo della tera-

pia era questo: egli applicava al naso dell'indemoniato l'anello che conte-
neva sotto il sigillo una delle radici indicate da Salomone, e poi, mentre
quello annusava, cacciava fuori il demonio attraverso le narici".
150 CAPITOLO 5

pietra, secondo l'autore del trattato pseudoplutarcheo De fluviis,


databile al n secolo d.C., serve a liberare i 80t~(.I.O'V~~6(.1.e:'Vo~ dalla
possessione31 ; la stessa credenza nell'efficacia dell'anello accostato
al naso è attestata dal Cyranides (databile al medesimo secolo o al
precedente), anche se non è del tutto chiaro se sia l'aroma la causa
della dipartita del demone32 • In un papiro magico greco-egiziano
del IV secolo la cacciata dello spirito avviene con l'ausilio di zolfo e
bitume applicati al naso dell'indemoniato33 •
Il XOtTOC8e:a(.l.oc; di cui parla Giustino, invece, è un legame magico
(cfr. ad esempio il legamento d'amore in Papyri graecae magicae,
IV, 335). Secondo Platone, i girovaghi e gli indovini si dichia-
ravano in grado di asservire gli dèi con "evocazioni e legami"
(È1tocywyoc"Lc; xoc~ XOtTOt8éa(.l.o~c;)34 • Frinico l'atticista, contemporaneo
di Giustino, nomina questi legamenti tra le stregonerie, i filtri, gli
incantesimi e gli strumenti di invocazione dei demonP5 ; lo stesso
significato si ha nei Lithica, un poema didascalico sulle virtù magi-
che delle pietre. Più tardi, Eusebio di Cesarea ci narra che i pagani
usano xocToc8e:a(.I.O~ per assicurarsi la protezione degli spiritP6, ser-
vendosene come legamenti magici37 ; secondo Basilio il Grande le
donne cercano di attirare a sé gli uomini mediante "incantesimi
e legamenti" (È1toco~8oc"Lc; xoc~ XOtToc8éa(.l.o~c;)38 • L'utilizzo di oggetti di

31 Ps. PLUTARCHUS, De fluviis, 16, 2: "Una pietra simile ad una fava (... ) è
utile per i posseduti; non appena accostata alle narici, il demonio se ne va".
Ringrazio il prof. Estéban Calder6n, editore del trattato, per avermi inviato del
materiale su questo tema.
32 Cyranides, I, 13, 21-22: "Se accosti questo anello ad un indemoniato,

immantinente il demone, confessata la propria presenza, fuggirà". Trattasi di


un'opera compilatoria di sei libri, dove si tratta delle proprietà magiche di ani-
mali, piante e pietre. Attribuito al leggendario Ermes Trismegisto, è datato al
1-11 secolo d.C., ma in larga parte adopera materiale risalente all'epoca elleni-
stica. Attraverso traduzioni latine e arabe ha ispirato bestiari e lapidari medie-
vali. Commento del passo in questione in M. WAEGEMAN, Amulet and Alphabet,
pp. 103-109.
33 Papyri graecae magicae, XIII, 242-244.
34 PLATO, Respublica, 364c.

35 PHRYNICUS SOPHISTA, Praeparatio sophistica, p. 47, 13-15.

36 EusEBIUS CAESARIENSIS, De laudibus Constantini, 13, 4.

37 EusEBIUS CAESARIENSIS, Praeparatio evangelica, V, 10, 12.

38 BASILIUS CAESARIENSIS, Epistulae, 188, 8, 41.


GIUSTINO MARTIRE 151

vario tipo a scopo esorcistico nel 1 secolo, presso gli ebrei, è testi-
moniato da Giuseppe Flavio, ma senza un giudizio di biasimo39 •
Quanto però possono essere affidabili le informazioni presentate
da Giustino? È facile pensare che l'autore, cresciuto nel pagane-
simo, potesse conoscere l'arte esorcistica pagana. Ma le informazioni
sui costumi giudaici, se veritiere, sono ricavate dell'osservazione
di esorcisti operanti in Palestina (regione di origine dell' apologi-
sta), a Roma, ove scrive le sue opere, o altrove? Oppure il Nostro
riporta informazioni di seconda mano? È certamente impossibile,
con la documentazione pervenutaci, decidere definitivamente per
l'una o l'altra opzione; ma possiamo legittimamente domandarci
se è verosimile credere che Giustino sapesse qualche cosa degli usi
esorcistici ebraici, per diretta esperienza o a motivo della sua cono-
scenza del mondo giudaico. Giustino era nato a Flavia Neapolis, in
Samaria, da genitori pagani, forse coloni giunti in Palestina dopo il
7040; con ciò, sembra che "nulla nei suoi scritti suggerisca che egli
fosse familiare con le tradizioni o con la religione samaritana " 41 •
Egli fu cresciuto nella conoscenza della filosofia greca, fino alla
sua conversione al cristianesimo (135 circa) 42 ; non fu circonciso
e non ebbe conoscenza del giudaismo fino all'età adulta, quando
conobbe Mosè e i profeti; non conosceva l'ebraico e si serviva di
traduzioni greche della Bibbia. Si trattava però di un'ignoranza
che era condivisa da un gran numero di ebrei grecofoni, che si ser-
vivano della traduzione dei Settanta nel servizio sinagogale: questo
è quello che emerge, ad esempio, dallo studio delle comunità ebrai-
che della città di Roma 43 • Giustino conosceva certe pratiche e idee

39 Per l'uso di una pianta dalle virtù taumaturgiche, loSEPHUs, FLAVIUS, De

bello iudaico, VII, 185: "<La radice di Baara> è ricercatissima per una sola virtù:
infatti essa, quand'anche sia soltanto applicata agli infermi, caccia via pron-
tamente i cosiddetti demòni, che sono gli spiriti degli uomini cattivi, i quali
penetrano dentro i viventi ed uccidono coloro che non ottengono aiuti". Per
l'esistenza di un rituale specifico che si serviva di oggetti ed incantesimi, Io.,
Antiquilales iudaicae, VIII, 47, sopra citato.
40 Sulle origini di Giustino, cfr. G. VALENTI, Alcune osservazioni; B. BAGATTI,

S. Giustino e la sua patria.


41 L. W. BARNARD, Juslin Marlyr, p. 5.
42 Cfr. O. SKARSAUNE, The Conversion of Juslin Martyr.

43 S. CAPPELLETTI, The Jewish Communily of Rome, p. 198: "L'evidenza sembra


attestare [all'interno delle comunità giudaiche romane] un'unità culturale nell'uso
del greco come lingua rituale e quotidiana, e nella lettura della Bibbia greca".
152 CAPITOLO 5

degli ebrei dell'epoca non ricavabili dall'Antico Testamento 44 ed era


al corrente dei loro metodi esegetici 45 • L'autore mostra anche di
conoscere la realtà degli ebrei suoi contemporanei, elenca alcune
sette giudaiche considerate eretiche e le quantifica in sei gruppi 46 •
Si ritiene di norma che "la conoscenza di Giustino del giudaismo è
generalmente accurata: egli ha una buona conoscenza dei Settanta,
delle pratiche, delle credenze e dei metodi esegetici dei giudei
postbiblici" 47 ; Giuseppe Visonà, invece, ha ritenuto di poter affer-
mare che di tale conoscenza di Giustino "sia stato dato un quadro
troppo ottimistico e che per contro si debba maggiormente tener
presente che egli non ha attinto il suo materiale di prima mano
ma attraverso la "scuola" apologetica e polemica cristiana" 48 • Mi
sembra comunque che Philippe Bobichon abbia convincentemente
dimostrato che Giustino si serviva principalmente di informazioni
di prima mano 49 •

44 Nel Dialogus cum Tryphone Iudaeo (16, 4) Giustino mostra di conoscere la

maledizione dei cristiani contenuta in una delle redazioni dello S'm6neh 'esreh
(le diciotto benedizioni) che aprivano la celebrazione sinagogale; in 40, 4-5 la
descrizione giustinea del rituale dei due capri nel giorno dell'espiazione aggiunge
elementi non presenti nel Levitico, ma attestati dalla letteratura rabbinica; in
134, l si parla della possibilità per gli ebrei di avere quattro o cinque mogli
ciascuno, chiaro riferimento ad una usanza testimoniata in Giuseppe Flavio e
nel Talmud; in 8, 4 Trifone fa riferimento ad una leggenda messianica (la pre-
esistenza incosciente del Messia sulla terra, fino all'unzione di Cristo da parte di
Elia) rinvenibile nella letteratura rabbinica; in 69, 7 Giustino mostra di cono-
scere le accuse di magia e frode mosse da parte degli ebrei contro Gesù e rece-
pite dal Talmùd; in 123, l l'autore attesta la tradizione giudaica che considera
come un autoctono il proselito circonciso.
45 Alcuni temi esegetici testimoniati in ambito giudaico e ripresi da Giustino:

in Dialogus cum Tryphone Iudaeo, 32, l l'interpretazione messianica dell'Antico


di giorni di Daniele; in 36, 2-6 il riferimento a Salomone del salmo 24; in 56, 5
e 57, 2 l'interpretazione dei tre uomini apparsi ad Abramo; si vedano anche
62, 2; 65, l; 67, l; 112, 4.
46 lusTINUS, Dialogus cum Tryphone Iudaeo, 80, 4: sadducei, genisti, meristi,

galilei, elleniani, farisei battisti.


47 L. W. BARNARO, Justin Martyr, p. 52. Vedi anche Io., Justin Martyr,

pp. 39-52; lo., The Old Testament and Judaism.


48 G. VIsoNA, Sopravvivenze farisaiche nel Dialogo, p. 214. Ringrazio l'autore

per questa ed altre segnalazioni.


49 P. BoBICHON, Comment Justin a-t-il acquis sa connaissance. Al termine

dell'articolo, l'autore fornisce un dettagliato elenco di esegesi, credenze, prati-


che e prescrizioni ebraiche note a Giustino (pp. 123-126).
GIUSTINO MARTIRE 153

È naturalmente difficile ipotizzare dove o quando Giustino


abbia acquisito le sue competenze in merito alle pratiche esorcisti-
che giudaiche, ma non è escluso che ne avesse conoscenza diretta,
o che perlomeno fosse informato attendibilmente a riguardo. Il
riferimento all'efficace esorcismo pronunciato nel nome del Dio di
Abramo, Isacco e Giacobbe ed il rifiuto degli aromi e dei legamenti
potrebbe essere considerata una testimonianza attendibile di qual-
che rituale esorcistico giudaico coevo. La menzione dei re, profeti
o patriarchi negli esorcismi ebraici è forse frutto della conoscenza
di quella tradizione giudaica, già ampiamente diffusa, incentrata
sulle capacità esorcistiche di personaggi quali Salomone e Davide?
Come si è visto, Giuseppe Flavio testimonia la menzione di Salo-
mone e l'uso dei suoi formulari esorcistici e del suo sigillo da parte
del giudeo Eleazaro, ed i testi di Qumran hanno riportato alla luce
rituali esorcistici attribuiti a Davide, nei quali si ribadisce la fun-
zione di Salomone come autore di rituali di esorcismo50 • Anche se
il contesto dello scritto di Giustino è polemico, e pertanto portato
a sfruttare contro il proprio interlocutore giudaico qualunque argo-
mentazione, mi sembra difficile immaginare che Giustino potesse
muovere rilievi così circostanziati senza avere assunto almeno qual-
che informazione di massima sui costumi esorcistici giudaici.

4. L'esorcismo nella competizione religiosa


Che funzione ha il paragone tra gli esorcismi cristiani, ebrei e
pagani? La descrizione di prestazioni religiose simili ma messe a
confronto con quelle di altri gruppi, può essere specchio di una clas-
sificazione cristiana più o meno consapevole dei diversi fenomeni
religiosi 51 • Giustino ha appena ammesso la capacità degli ebrei di
esorcizzare con successo; né potrebbe essere altrimenti, in quanto

50 Il racconto di Davide nelle vesti di esorcista di Saul è in 1 Sam 16, 14-23,


e se ne può seguire lo sviluppo nella tradizione giudaica in Ps. PHILO ALEXAN-
DRINUS, Li ber anliquilalum biblicarum, 60 e in IOSEPHUS, FLA VIUS, Anliquilales
iudaicae, VI, 166-168. A Qumran sono stati ritrovati alcuni cantici esorcistici
attribuiti a Davide (11Q11 o llQPsApa); cfr. E. JuCCI, Davide a Qumran. Per
Salomone, si veda la monografia di P. A. ToRIJANO, Solomon lhe Esoleric King
(in particolare sulla demonologia alle pp. 40-87); inoltre, V. PETERCA, L'imma-
gine di Salomone; H. LECLERCQ, Salomon; E. ScHùRER et alii, Storia del popolo
giudaico, vol. 3/1, pp. 490-495; J. BRIEND- P. ABADIE- J. BRIÈRE, Salomon.
51 A. DESTRO - M. PEscE, Antropologia delle origini cristiane, specie pp. 85,

90 e 91.
154 CAPITOLO 5

il Dio di Abramo è il medesimo Dio dei cristiani. Ma immedia-


tamente dopo egli attribuisce agli esorcisti ebrei l'utilizzo di arti-
fizi, di aromi e di incantamenti uguali a quelli dei pagani. Dietro
a queste parole si scorge la volontà di operare una chiara diffe-
renziazione tra l'arte esorcistica cristiana e quella giudaica, effi-
cace anch'essa, ma squalificata dall'autore in quanto paragonabile
a quella dei gentili; l'esorcismo cristiano propugnato da Giustino,
per contro, parrebbe prendere le distanze da qualsiasi arte magica,
non facendo uso di incantamenti o suffumigi di alcun genere52 • Evi-
dentemente l'apologista cristiano insiste su questo punto allo scopo
di delimitare chiaramente quali sono i confini che separano le tre
pratiche esorcistiche: quella pagana, che si basa sull'utilizzo di for-
mule magiche ed incantesimi di invocazione; quella giudaica, effi-
cace quando operata nel nome del vero Dio, ma pericolosamente
vicina a quella pagana; quella cristiana, infine, la quale non ha
bisogno di imitare l'arte esorcistica ebraica e gentile, rifugge le for-
mule magiche e gli incantesimi ed opera semplicemente nel potente
nome di Gesù 53 •
Nell'Apologia Il, ove il pubblico è principalmente pagano e lo
scopo primario non è la polemica interreligiosa, la differenziazione
è meno calcata: egli afferma solamente che i cristiani liberano gli
indemoniati "non sanati da tutti gli altri esorcisti, incantatori e
maghi". Nel Dialogo, invece, ove il contesto è chiaramente quello
della polemica tra due gruppi religiosi, il paragone con le arti magi-
che pagane (già condannate dalle Scritture ebraiche) si inserisce
all'interno di un contesto denigratorio nei confronti dell'ebraismo.
Nel Dialogo (85, 3) Giustino, mentre ricorda i momenti più impor-
tanti dell'economia del Logos (filiazione divina, nascita verginale,
passione, morte, risurrezione e ascensione al cielo) inserisce un
breve inciso di natura polemica, ricordando ai suoi interlocutori la
responsabilità del popolo giudaico nella crocifissione di Gesù ("cro-
cifisso dal vostro popolo sotto Ponzio Pilato"). Se qui l'argomento
è appena accennato, altrove questa responsabilità viene rinfacciata
in maniera assai più energica al popolo d'Israele; in genere, comun-
que, gli ebrei vengono descritti come perversi, ingannatori, uccisori

52 Secondo S. V. McCASLAND, By the Finger o{ God, p. 109, l'uso del semplice


nome di Dio ed il rifiuto delle antiche tecniche esorcistiche sarebbero stati i
punti distintivi della pratica esorcistica antico-cristiana.
53 È un tema consueto; cfr. K. THRAEDE, Exorzismus, coli. 65-66.
GIUSTINO MARTIRE 155

dei giusti, malvagi e traditori 54 • Di questo atteggiamento tenden-


zialmente diffamatorio che Giustino assume, si dovrà forse tener
conto anche da parte nostra. L'autore considera gli ebrei come esor-
cisti capaci, quando essi invocano l'unico Dio che condividono con
i cristiani; benché il loro esorcismo possa essere contaminato con
quello dei pagani, esso risulta comunque efficace. Tuttavia, pro-
prio questa volontà di distinguere il puro esorcismo cristiano da
quello ebraico simil-pagano (-rjj TéxvYl) potrebbe essere dovuta non
esclusivamente ad una effettiva demarcazione tra i rituali effetti-
vamente in uso, ma anche ad un desiderio di mettere comunque in
cattiva luce l'operato degli ebrei.

5. Teologia ed esegesi
È chiaro che per Giustino l'attività degli esorcisti cristiani è una
dimostrazione della potenza di Gesù; la loro capacità di liberare
dalla presenza demoniaca coloro i quali non erano stati guariti dagli
altri esorcisti, si configura chiaramente come una dichiarazione di
superiorità del cristianesimo sulle arti sanatorie (magiche e medi-
che) di coloro che operavano senza il sostegno divino. Va notato
che ciascuno dei quattro passi che abbiamo isolato è in qualche
modo legato al tema cristologico che l'autore sviluppa nelle sue
opere; la continua insistenza sul tema della potenza di Gesù nello

54 Cfr. ad esempio lusTINUS, Dialogus cum Tryphone Iudaeo, 93, 4: "Voi non

avete mai mostrato di avere affezione o amore né verso Dio né verso i profeti
né verso voi stessi, mentre è provato che sempre risultate idolatri e uccisori di
giusti, tanto da arrivare a mettere le mani su Cristo stesso ed a perseverare fino
ad oggi nella vostra malvagità, maledicendo coloro che dimostrano che colui che
é stato da voi crocifisso è il Cristo" (traduzione di Giuseppe Visonà). Cfr. anche
95, 3-4. L'atteggiamento di Trifone nei confronti di Giustino è acquiescente;
egli mostra una passiva sopportazione delle numerose accuse rivolte contro
il suo popolo; ulteriore prova del carattere artificioso e letterario del dialogo,
dove Trifone è un personaggio di comodo che ha lo scopo di offrire il destro alle
tesi cristiane. Diversi commentatori si sono occupati dell'atteggiamento di
Giustino nei confronti del giudaismo, mettendo in luce ora il carattere rispet-
toso ora quello infamante nei confronti di Israele. Per una contestualizzazione
e una bibliografia, espressione delle varie tendenze, G. VIsoNA, S. Giustino.
Dialogo con Trifone, pp. 46-57 e 72-73; i giudizi dei commentatori moderni
sono raccolti in R. JoLY, Christianisme et philosophie, pp. 155-156. Vedi anche
G. OTRANTO, La polemica antigiudaica.
156 CAPITOLO 5

schiacciare i demoni 55 funge da premessa alla sua argomentazione


esorcistica sviluppata nella II Apologia:
di Logos> è divenuto uomo secondo la volontà del Dio e Padre,
generato a vantaggio degli uomini che credono e per la fine dei
dèmoni (6, 5).
Questo passo è inserito all'interno di un discorso sugli attributi
del Figlio di Dio, il Logos coesistente con il Padre56 , incarnatosi
per la salvezza degli uomini e la sconfitta dei demoni, i quali sono
corresponsabili dell'umana malvagità. È importante il contesto cri-
stologico che fa da cornice al racconto esorcistico: il nome 'Il)<rouç
è interpretato come "salvatore", come già suggerito dal Vangelo
di Matteo 57 , probabilmente sulla base dell'assonanza del nome col
verbo LcXOflOC~ (guarire, sanare); la salvezza portata nel mondo è
anche dimostrata dalla sua vittoria sui demoni. Satana, il principe
dei demoni, responsabile della caduta degli angeli e tentatore di
Adamo 58 , è destinato secondo Giustino ad essere gettato nel fuoco
assieme al suo esercito demoniaco ed ai suoi seguaci, sebbene Dio
ritardi il tempo di questa punizione sapendo che molti uomini
devono ancora convertirsi 59 • Il passo esorcistico sopra riportato

55 Cfr. ad esempio IusTINUS, Dialogus cum Tryphone Iudaeo, 131, 5: ''(. .. ) per
mezzo di Gesù crocifisso [ ... ) i demoni dovevano essere annientati e temere il
suo nome". Traduzione di Giuseppe Visonà.
56 Sulla teologia del Logos in Giustino si vedano G. GIRGENTI, Giustino mar-
tire, pp. 102-107; C. MUNIER, L'apologie de Saint Justin, pp. 99-110; L. W. BAR-
NARD, Justin Martyr, pp. 85-100; J. DANIÉLOU, Messaggio evangelico, pp. 407-
420. Il noto studio di R. HoLTE, Logos spermatikos, seguendo E. Goodenough,
propone Filone Alessandrino come fonte primaria di questa dottrina giustinea
(in modo eccessivo, già secondo J. DANIÉLOU, Messaggio evangelico, p. 198;
probabilmente Giustino conobbe Filone solo attraverso il filtro di Numenio di
Apamea: cfr. G. GIRGENTI, Giustino martire, p. 102). Altri hanno messo in luce
l'influsso stoico e medioplatonico (C. ANDRESEN, Justin), o la compresenza di
diversi influssi, sulla base però di un nucleo neotestamentario (J. H. WASZINK,
Bemerkungen).
57 Mt 1, 21: "<Maria> partorirà un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti

salverà il suo popolo dai suoi peccati". Sull'importanza dei nomi in Giustino,
cfr. P. BoBICHON, Fonctions et valeurs des noms.
58 Cfr. lusnNus, Apologia I, 28, 1-2; ID., Dialogus cum Tryphone iudaeo,

88, 4; 102, 5; 124, 4.


59 lusnNus, Apologia I, 28, 1-2: "Cristo ha annunciato che <il DiavolO> sarà
buttato nel fuoco insieme al suo esercito e insieme agli uomini che lo seguono,
per una punizione che non avrà fine per l'eternità. E se Dio ritarda il com-
GIUSTINO MARTIRE 157

prosegue appunto con la menzione della distruzione del cosmo, che


Dio ritarda; questa conflagrazione finale causerà la scomparsa dì
"angeli cattivi, demoni e uomini", e la fine del malefico influsso
diabolico sulle persone che agiscono con malvagità, tra i quali
vanno annoverati i destinatari pagani dell'Apologia medesìma 60 .
Nelle Apologie il discorso missionario dì Giustino è rivolto pre-
valentemente ad un pubblico pagano61 ; i differenti destinatari del
Dialogo con Trifone, invece, influirono decisamente sul tono dello
scritto, e sul suo intento contemporaneamente apologetico e pro-
pagandìstìco62. Era naturale che in un'opera in cui l'interlocutore è
un ebreo, venisse dedicata maggiore attenzione all'interpretazione
basata sul comune terreno scrìtturistìco, al quale sia i cristiani sia
gli ebrei si abbeveravano 63 . Che nel Dialogo il richiamo alle Scrit-
ture sia uno degli argomenti a cui Giustino s'appoggia nello sforzo
di guadagnare i suoi interlocutori al cristianesimo, è quindi com-
prensibile.

pimento di questo annuncio, lo fa per il genere umano: prevede infatti che


alcuni si salveranno con la conversione, alcuni che forse non sono ancora nati"
(traduzione di Giuseppe Girgenti). Su questo, L. W. BARNARÒ, Justin Martyr,
pp. 160-163.
60 IusnNus, Apologia I I, 7, 1-2: "Di conseguenza, Dio ritarda il compimento
della distruzione e dissoluzione dell'intero universo, che determinerebbe la
scomparsa dei cattivi angeli, demoni e uomini, grazie al seme dei cristiani, che,
nella natura, riconosce esserne la causa. Se non fosse così, non vi sarebbe nean-
che possibile comportarvi in questo modo, sotto l'effetto dei cattivi demoni, ma
il fuoco del giudizio si abbatterebbe per distruggere l'universo, come in passato
avvenne con il diluvio". Traduzione di Giuseppe Girgenti.
61 Cfr. M. PELLEGRINO, L'elemento propagandistico, pp. 13-19; J. DANIÉLOU,
Messaggio evangelico, pp. 19-21.
62 Su questo tema, cfr. M. PELLEGRINO, L'elemento propagandistico, pp. 28-35.
Sul genere dialogico, M. HoFFMANN, Der Dialog (su Giustino, pp. 10-28);
B. R. Voss, Der Dialog (su Giustino, pp. 26-39; 322-325). Su diversi aspetti del
Dialogo con Trifone, C. D. ALLERT, Revelation, Truth, Canon; T. J. HoRNER,
Listening to Trypho; S. J. G. SANCHEZ, Justin, apologiste chrétien.
63 Cfr. P. PRIGENT, Justin et l'Ancien Testament; W. A. SHOTWELL, The Bibli-
ca[ Exegesis o{ Justin; O. SKARSAUNE, The Proof {rom Prophecy; D. E. AuNE,
Justin Martyr's Use of the Old Testament; J. DANIÉLOU, Messaggio evangelico,
pp. 243-263; G. OTRANTO, Esegesi biblica e storia in Giustino; G. VISONA, L'uso
delle Scritture (basandosi sul Dialogus). È andato purtroppo perduto lo scritto
contro Marcione la cui importanza è testimoniata dall'ampio uso che ne fece
Tertulliano; ragion per cui conosciamo l'esegesi di Giustino sostanzialmente
grazie al Dialogo con Trifone.
158 CAPITOLO 5

Per Giustino, come per Paolo e lo pseudo Barnaba, la Legge è


soprattutto typos della realtà futura, quella di Cristo e della Chiesa.
Infatti solo l'incarnazione di Cristo ci ha fornito la chiave per inten-
dere il vero significato del Vecchio Testamento, che i giudei invece
hanno misconosciuto perché hanno interpretato il testo sacro solo
alla lettera (-r<X7teLvwc;) e non vogliono riconoscere che le profezie si
sono ormai realizzate in Cristo64 •
Frequentemente l'apologista mescola le testimonianze dell'Antico
e del Nuovo Testamento, nell'intento di dimostrare la continuità e
l'adempimento delle promesse antiche. La prima argomentazione
del Dialogo che prendo in esame è fondata sulla lettura di un passo
evangelico, posto in seguito ad alcune citazioni bibliche:
Ed ancora con altre parole <Gesù> disse: Vi dò il potere di cammi-
nare sopra serpenti, scorpioni e scolopendre e sopra ogni potenza del
nemico. Anche ora noi, che crediamo nel Gesù Signore nostro, cro-
cifisso sotto Ponzio Pilato, esorcizzando teniamo a noi sottomessi
tutti i demòni e gli spiriti maligni (76, 6).
Le citazioni precedenti erano inserite, come questa, all'interno di
un discorso cristologico: per Giustino il Padre attraverso il Figlio ha
comunicato all'umanità le decisioni che egli aveva preso in merito
ai buoni e ai malvagi. La cacciata degli indegni nel momento del
giudizio è il tema delle citazioni evangeliche che precedono questo
passo 65 • Qui la capacità e il potere dei seguaci di Gesù sugli spiriti
maligni è l'adempimento della sua promessa, riportata dall'evan-

64 M. SIMONETTI, Lettera ejo allegoria, pp. 37-38. Vedi anche le osservazioni

di C. D. ALLERT, Revelalion, Truth, Canon, pp. 251-253 sull'esegesi tipologica


in Giustino.
65 lusTINUS, Dialogus cum Tryphone Judaeo, 76, 3-5: "E Isaia, quando lo
chiama angelo del gran consiglio (Is 9, 5 LXX) non ha preannunciato che sarebbe
venuto come maestro di q\].esti insegnamenti che ci ha dato? Solo lui infatti ci
ha apertamente istruiti sulle grandi disposizioni che il Padre aveva deliberato
nei confronti sia di tutti gli uomini che erano e che sarebbero diventati a lui
graditi, sia di coloro, uomini o angeli che fossero, che si erano allontanati dalla
sua volontà. Egli infatti ha detto: Verranno dall'oriente e dall'occidente e siederanno
a mensa con A bramo, I sacco e Giacobbe nel regno dei cieli, invece i figli del regno saranno
cacciati fuori nelle tenebre (Mt 8, 11-12). E inoltre: Molti mi diranno in quel giorno:
Signore, Signore, non abbiamo mangiato e bevuto e profelalo e caccialo demoni nel tuo
nome? E io dirò loro: Allontanatevi da me! (Mt 7, 22-23; Le 13, 26-27) E altrove ha
affermato che così avrebbe detto nel condannare gli indegni a non essere sal-
vati: Andatevene fuori nelle tenebre che il Padre ha preparato per satana e i suoi angeli
(Mt 25, 41)". Traduzione di Giuseppe Visonà.
GIUSTINO MARTIRE 159

gelista Luca. La citazione è pertinente, in quanto richiama alla


memoria l'episodio nel quale i settantadue discepoli, ritornando dal
Maestro, si mostravano rallegrati nel riferire che i demoni erano
sottoposti a loro in forza del suo nome. In quell'occasione Gesù
aveva descritto la caduta di Satana dal cielo come una folgore;
dall'espulsione dei demoni appare manifesto che Satana, principe
dei demoni e padrone di questo mondo, è ormai stato spogliato
del suo potere, perché sta avverandosi il regno di Dio66 • Gesù si
serve di un'immagine che richiama un passo del libro dei Salmi,
in cui si descrive la condizione privilegiata di colui che è protetto
da Dio: "Camminerai sul leone e sull'aspide, calpesterai lioncello
e dragone", che nella traduzione dei Settanta (quella che Giustino
conosce) suona: "Calpesterai aspide e basilisco, e camminerai sopra
leone e dragone" 67 • Proprio il salmo 91 era utilizzato a scopi esor-
cistici dagli esseni di Qumran, che lo attribuivano - come i Set-
tanta - a Davide68 ; nei testi rabbinici esso è detto canto degli
ossessi (l'lnl~ 7W 1'TQ, sir sei peghfl'in) o canto degli spiriti maligni
(C'V~~ 7W 1'TQ, sir sei peghii'im)69 • Anche nel Deuteronomio la salvezza
operata da Dio è vista come una protezione divina da "serpenti vele-
nosi e scorpioni" 70 • Il richiamo di Le 10, 19 è costante negli autori
posteriori a proposito del potere dei cristiani sulle forze del male;
Cipriano lo userà in un contesto esplicitamente esorcistico71 • La sot-
tomissione dei demòni è indicata da Giustino col verbo u1to-r&aaew,

68 Le 10, 17-19: "l settantadue tornarono pieni di gioia dicendo: <<Signore,


anche i demòni si sottomettono a noi nel tuo nome~. Egli disse: «<o vedevo
satana cadere dal cielo come la folgore. Ecco, io vi ho dato il potere di cammi-
nare sopra i serpenti e gli scorpioni e sopra ogni potenza del nemico; nulla vi
potrà danneggiare".
67 Sal 91 (90), 13: 'E7t' oc<m(lh xod [)ocmÀLcrxov ~m[)l)crn xoct xoc-roc7toc't"f)cre:tç
Àtov-roc xoci 8pocxov-roc. Anche lreneo lo usa in contesto demoniaco: Adversus
haereses, III, 23, 7.
68 Si veda llQll col. VI (olim V), 3b-13; l'ultima ricostruzione in É. PuEcH,
Les Psaumes davidiques, pp. 161-163.
69 Ad esempio, Sabbiith gerosolimitano, 6, 8b; S'bhll '6th babilonese, 15b;

'Erùbhln gerosolimitano, 10, 26c.


70 Deut 8, 14-15: "Il Signore tuo Dio che ti ha fatto uscire dal paese d'Egitto,
dalla condizione servile; che ti ha condotto per questo deserto grande e spaven-
toso, luogo di serpenti velenosi e di scorpioni".
71 CYPRIANUS CARTHAGINENSIS, Epistu/ae, 69, 15, 2: "Il diavolo per opera degli
esorcisti è flagellato, arso e tormentato (... ) Gli spiriti malvagi, che sono detti
serpenti e scorpioni e vengono da noi calpestati".
160 CAPITOLO 5

forse per fedeltà alle parole dell'evangelista Luca; questo termine


ricorre anche nei due passi che seguono, complessivamente ben cin-
que volte in poche righe.
La successiva occorrenza è inserita all'interno di una rifles-
sione condotta sul salmo 19, letto secondo il greco dei Set-
tanta, ove il salmista invocava Dio come soccorritore e redentore
(~ol)6Òç x.oct Àu-rpwTI)ç) affinché preservasse il suo servo dagli
estranei (oc7tÒ ocÀÀo-rp(wv) permettendogli di essere irreprensibile
(&!J.Cù!J.Oç) 72 •
Infatti invochiamo sempre Dio per mezzo di Gesù Cristo di pre-
servarci dai demòni, i quali sono estranei al culto di Dio, e che un
tempo noi adoravamo, affinché dopo esserci volti verso Dio grazie a
lui siamo irreprensibili. Infatti lo chiamiamo soccorritore e redentore,
la potenza del cui nome temono anche i demòni, e vengono oggi
esorcizzati e sottomessi nel nome di Gesù Cristo, crocifisso sotto
Ponzio Pilato procuratore della Giudea. Da ciò è dunque evidente
per tutti che suo Padre gli ha dato una tale potenza, che anche i
demòni sono sottomessi al suo nome e all'economia della sua pas-
sione (30, 3).
Giustino ricollega la menzione biblica degli estranei agli spiriti
maligni ed ingannatori (7tOVlJPcX x.oct 7tÀcXvoc 7tVEU!J.OC-roc) ricordando
la sua passata religiosità pagana ed idolatra, qualificata - secondo
quanto più volte ripetuto - come culto demoniaco; l'arma contro
di essi è l'invocazione di Dio. Non mi pare di poter ritrovare tra le
pieghe del linguaggio di Giustino una chiara reminiscenza di qual-
che antica preghiera nota, in cui fosse presente questa particolare
invocazione; ma certamente poteva rispondere a questa esigenza
espressa dall'autore l'orazione più diffusa tra i cristiani, il Paler
noster. Già la Didachè prescriveva di recitarla tre volte al giorno 73 ,
ed essa fu accolta ben presto all'interno della liturgia dell'inizia-
zione cristiana e dell'eucaristia. L'ultima sua petizione è proprio
la liberazione dal male o dal Maligno 7\ e l'importanza di questo
aspetto della preghiera è sottolineata da tutti i commentari antichi

72 Sal 19 (18), 14: "Risparmia anche il tuo servo dagli stranieri: se non mi
domineranno, allora sarò irreprensibile e purificato dal peccato grande".
73 Didachè, 8, 3: "Pregate così tre volte al giorno".
74 Infatti illà pucrOlL ~(J.iiç oc1tÒ Tou 7toVl)pou può essere ricondotto sia ad
ò 7tOVl)p6ç (il Maligno) sia a TÒ 7tOVl)p6v (il male); cfr. J. GNILKA, Il V angelo di
Matteo, vol. l, p. 340.
GIUSTINO MARTIRE 161

ad essa dedicati' 5; non è improbabile che Giustino si riferisse anche


ad essa, nelle sue parole.
Per quanto concerne il potere degli esorcisti che agiscono in nome
di Cristo, anche qui si tratta di una dimostrazione della potenza
di Cristo medesimo, trasmessa ai suoi seguaci. Questo breve passo
è denso di concetti chiave nella teologia di Giustino: con il ter-
mine economia egli indica il disegno di salvezza prefigurato da Dio
nell'Antico Testamento e realizzato in Cristo 76 , lo scopo della cui
nascita e morte sulla terra consistette principalmente nel liberare
l'umanità dai demoni, veri artefici del male nel mondo e correspon-
sabili del peccato dell'uomo 77 • Giustino è uno dei primi esegeti che,
nel fare l'esposizione delle Scritture, "utilizza in modo sistematico
la fede in Cristo come principio ermeneutico fondamentale" 78 ; il
procedimento esegetico, che differenzia gli ebrei dai cristiani, consi-
ste principalmente nella dimostrazione dell'adempimento delle pro-
fezie antiche in Gesù. Nella visione di Giustino, per questo motivo,
tutte le teofanie di Dio nell'Antico Testamento sono attribuite al
Verbo. Nell'olxoVO!J.LIX l'autore racchiude gli avvenimenti della vita
di Gesù, un disegno storico di Dio realizzatosi in particolare con
la nascita verginale e la passione; alle azioni terrene del Cristo, la
sua economia, si contrappone la parusia futura. Il termine, che in
primo luogo è riferito a Gesù, è applicato da Giustino anche agli
eventi narrati nell'Antico Testamento, in quanto costituiscono l'ab-
bozzo di quello che sarà portato a termine con I'incarnazione79 ; ma
se l'incarnazione risulta essere una fondamentale tappa di un'inin-
terrotta catena di eventi del Logos nella storia umana, il culmine

75 Cfr. A. PoLLASTRI, Padre nostro; A. G. HAMMAN, Le Notre Père dans l'Église;


E. VoN DER GoLTZ, Das Gebet in der iiltesten Christenheit; A. G. HAMMAN, La
preghiera.
76 Cfr. lusTINUS, Dialogus cum Tryphone iudaeo, 66-69. Sull'uso del termine
"economia", cfr. A. D'ALES, Le mot olxoYotJ.lac; B. BoTTE, Oikonomia.
77 IusTINUS, Dialogus cum Tryphone ludaeo, 88, 4: "<Gesù> non ha accettato
di essere generato e crocifisso perché ne avesse bisogno, bensì ha sopportato
tutto ciò per il genere umano, che a partire da Adamo era caduto in potere
della morte e dell'inganno del Serpente, commettendo ciascun uomo il male per
sua propria responsabilità" (traduzione di Giuseppe Visonà). Su questo tema,
cfr. P. F. BEATRICE, Tradux peccati, pp. 205-221.
78 A. GRILLMEIER, Gesù il Cristo nella fede della Chiesa, vol. 1, p. 267.
79 Il concetto di otxoYOfLLIX in Giustino è stato discusso da J. DANIELOU, Mes-
saggio evangelico, pp. 194-197.
162 CAPITOLO 5

di queste manifestazioni si ebbe con la morte sulla croce, come qui


è sottolineato80 •
È importante per Giustino insistere sulla potenza (MVIX!J.Lç) di
Cristo, che si manifesta fin dalla sua nascita, ma che raggiunge il
suo culmine nella passione81 • Giustino, come detto, considera l'incar-
nazione come momento fondamentale in vista della definitiva scon-
fitta dei demoni82 • L'umanità dopo la venuta di Cristo ha a dispo-
sizione maggiori strumenti per contrastare l'azione di Satana nel
mondo, ormai schiacciato; seppure Dio abbia concesso ai demoni di
agire ancora, la morte di Cristo ha sancito la vittoria sul Maligno.
Il fatto che secondo Giustino Satana abbia conosciuto la sua pena
solo dopo la venuta del Cristo83 , è un altro indizio dell'importanza
che questo avvenimento poteva rivestire. Ma se l'economia della
venuta del Verbo ha il suo perno nell'incarnazione, il suo culmine
sta nella croce, e la ricorrenza del tema della crocifissione di Gesù
nei passi che abbiamo analizzato conferma la maggior importanza
della sua morte rispetto alla sua nascita; questo ridimensiona un
poco la linea interpretativa che aveva fatto dell'incarnazione il ful-
cro della soteriologia giustinea 84 • Nei quattro V angeli canonici, che

80 Cfr. IusTINUS, Dialogus cum Tryphone /udaeo, 49, 8: "Una potenza nasco-

sta di Dio si è manifestata in Cristo crocifisso: è lui che temono i demoni e tutti
i principati e potestà della terra"; 91, 4: "L'innalzamento del serpente di rame
è stato fatto per la salvezza di quanti credono che in quell'occasione veniva
preannunciato che, grazie a colui che sarebbe stato crocifisso, sarebbe giunta la
morte per il serpente"; 134, 5: "Cristo ha servito la schiavitù fino alla croce per
gli uomini di ogni razza [... ] acquistandoli a prezzo del suo sangue e del mistero
della croce". Traduzione di Giuseppe Visonà.
81 Cfr. IusTINUS, Dialogus cum Tryphone iudaeo, 88, 2-9; E. RooRiGUEZ
ANTUNANO, La dynamis de Dios en San Justino.
82 Sul valore dell'incarnazione, cfr. J. HowToN, The Theology of the Incar-
nation; G. OTRANTO, L'incarnazione del Logos; L. W. BARNARD, Justin Martyr,
pp. 117-122; J. DANIÉLOU, Messaggio evangelico, pp. 193-204.
83 È quanto riportato in un frammento di un'opera perduta (citata come

Sintagma contro Marcione, forse il Sintagma contro tutte le eresie menzionato


da Giustino medesimo in Apologia l, 26, 8) citata in IRENAEUS LuGDUNEN-
SIS, Adversus haereses, V, 26, 2 (cfr. EUSEBIUS CAESARIENSIS, Historia ecclesia-
stica, IV, 18, 9): "Dice bene Giustino nel Sintagma contro Marcione [ ... ] che
prima della venuta del Signore, Satana non osò mai bestemmiare Dio, perché
non conosceva ancora la propria condanna". Traduzione di Enzo Bellini. Su
quest'opera perduta, E. NORELLI, Que pouvons-nous reconstituer du Syntagma.
84 Ad esempio E. R. GoooENOUGH, The Theology of Justin Martyr, p. 259 e

L. W. BARNARD, Justin Martyr, p. 123, che assegnano un ruolo marginale alla


GIUSTINO MARTIRE 163

Giustino conosce e talora cita come "Memorie degli apostoli", la


cacciata dei demoni è efficace se compiuta nel nome di Gesù, che è
ancora in vita; anche coloro che non fanno parte della cerchia dei
suoi discepoli possono agire in questo modo85 • All'uso del nome di
Gesù, Giustino aggiunge l'esplicita menzione della passione, focaliz-
zando la sua attenzione sugli effetti benefici della sua morte; è pro-
babile che egli abbia ben presente la teologia della croce di stampo
paolino. Oltre ai quattro Vangeli canonici e all'Apocalisse, infatti,
Giustino conosce sicuramente alcune lettere di Paolo86 , e ne condi-
vide anche alcuni importanti aspetti della demonologia, compresa
l'interpretazione della morte di Gesù come vittoria sulle potenze87 •

teologia della croce. Contro, G. VIsoNA, Dialogo con Tri{one, pp. 67-68.
85 Mc 9, 38-40: "Giovanni gli disse: "Maestro, abbiamo visto uno che scac-
ciava i demòni nel tuo nome e glielo abbiamo vietato, perché non era dei
nostri". Ma Gesù disse: "Non glielo proibite, perché non c'è nessuno che faccia
un miracolo nel mio nome e subito dopo possa parlare male di me. Chi non è
contro di noi è per noi".
86 Sulla conoscenza degli scritti del Nuovo Testamento in Giustino, cfr.
B. M. METZGER, Il Canone del Nuovo Testamento, pp. 129-133; L. W. BARNARD,
Justin Martyr, pp. 54-63; in specie per Paolo, M. MARIN, Note introduttive. Sono
riscontrabili nelle sue opere richiami a Rom, l Cor, 2 Ts, Gal, Col.
87 Per Paolo Dio "stritolerà ben presto Satana ai piedi" dei credenti (Rom
16, 20); la "riduzione al nulla ogni principato e ogni potestà e potenza" avverrà
quando il Figlio consegnerà il regno a Dio Padre (l Cor 15, 24). Ma la venuta
di Cristo è stata il segno di un grande cambiamento nel rapporto tra l'uomo
e Satana: coloro che "morti per le colpe e i peccati nei quali un tempo vive-
vano alla maniera di questo mondo, seguendo il principe delle potenze dell'aria,
quello spirito che ora opera negli uomini ribelli" ora "rivivono in Cristo" (Ef
2, 1-5) e "si rivestono dell'armatura di Dio, per poter resistere alle insidie del
diavolo" e restare in piedi "nel giorno malvagio" (6, 11-17). Dio ha "privato
della loro forza i principati· e le potestà e ne ha fatto pubblico spettacolo die-
tro al corteo trionfale di Cristo" (Col 2, 15). Anche per Giovanni nella morte
di Gesù si compie il giudizio sul mondo, ed il "principe di questo mondo sarà
gettato fuori" (Gv 12, 31). Per una sintetica presentazione di questi aspetti
ed una bibliografia aggiornata, W. KIRCHSCHLAGER -W. KoRNFELD, Satan (et
démons). Su tutto il Nuovo Testamento, L. L. MoRRIS, The Cross in the New
Testament; M. D. HooKER, Not Ashamed o{ the Gospel. Sulla teologia paolina
della croce, J. D. G. DuNN, La teologia dell'apostolo Paolo, pp. 220-245, con
bibliografia; E. KAsEMANN, Prospettive paoline, pp. 55-92; F. J. 0RTKEMPER, Das
Kreuz; H. WEDER, Das Kreuz Jesu bei Paulus. Sul significato della morte in
croce alla luce del retroterra culturale giudaico e gentile, M. HENGEL, Crocifis-
sione ed espiazione.
164 CAPITOLO 5

È quindi comprensibile quale sia il significato dell'insistenza di


Giustino sulla sconfitta dei demoni da parte degli esorcisti cristiani
in forza del nome di Gesù Cristo, colui che con la sua passione
ha già vinto la morte e le forze delle tenebre, e le sconfigerà defi-
nitivamente alla fine dei tempi. In una visione demonologica del
mondo profondamente radicata, ove tutte le genti sono viste come
"sotto la tirannia dei demoni" 88 , l'opera di Gesù e dei suoi seguaci
contro i demoni è una tematica di non poco conto.
Nell'ultimo passo in cui si fa menzione dell'esorcismo si riprende
l'argomentazione già sviluppata per i pagani nella II Apologia, di
cui ricorrono in forma identica alcune espressioni, facendo ancora
riferimento alle Scritture. La cornice è nuovamente cristologica,
ove Giustino biasima gli ebrei per aver applicato le profezie di Isaia
a Ezechia o Salomone, invece che a Gesù; anche la sua signoria sul
creato è dimostrata su base scritturistica:
(CristO> è Signore delle potenze per volontà del Padre che glielo ha
concesso. Egli risorse dai morti e salì al cielo, come pure rivelavano
il salmo e le altre Scritture che lo proclamavano anche Signore delle
potenze, e come potete facilmente convincervene anche ora sulla
base di ciò che accade davanti ai vostri occhi, se lo volete. Infatti,
nel nome di colui che è Figlio di Dio e primogenito di ogni creatura,
nato per mezzo di una vergine e divenuto uomo soggetto al patire,
crocifisso dal vostro popolo sotto Ponzio Pilato, morto, risorto dai
morti e asceso al cielo, ogni demonio è esorcizzato, vinto e sotto-
messo (85, 1-2).

Cristo è identificato con il titolo cristologico di Kuptoc;, la cui


ricorrenza nel Dialogo è dieci volte superiore che negli altri scritti;
ciò è dovuto al fatto che il linguaggio adottato nel Dialogo con Tri-
fone è in parte diverso da quello dell'Apologia, in quanto carat-
terizzato dall'utilizzo di una terminologia molto più legata alle
Scritture. Il titolo cristologico qui impiegato è Signore delle potenze
(Kuptoc; -rwv 3uvcXf.t&Wv), tratto dal Salmo 2489 • L'espressione greca
dei Settanta traduce l'ebraico niN;t~ ;,l;,; (YHWH ~·bhii.'6lh), che è

88 lusTINUS, Dialogus cum Tryphone ludaeo, 83, 4: "Il nostro Gesù, invece,
che non è ancora venuto nella gloria, ha inviato a Gerusalemme uno scettro di
potenza, la parola con cui ha chiamato a conversione tutte le genti, che erano
sotto la tirannia dei demoni". Traduzione di Giuseppe Visonà.
89 Sal 24 (23), 10: "Chi è questo re della gloria? Il Signore delle potenze, egli
è il re della gloria".
GIUSTINO MARTIRE 165

generalmente tradotto "YHWH degli eserciti". L'identificazione di


questi eserciti lascia tuttavia luogo a ipotesi divergenti: sono forse
gli eserciti di Israele chiamati "eserciti di YHWH" 90? È un "eser-
cito del cielo" 91 , al singolare, che designa gli esseri della corte cele-
ste? È un "esercito dei cieli" 92 , al plurale, che si riferisce agli astri?
È verosimile che all'inizio si trattasse degli eserciti di Israele; col
tempo il titolo sembra aver perduto le sue risonanze nazionalistiche
e il suo significato guerriero passando ad indicare la signoria uni-
versale di Dio, il suo dominio su tutte le potenze celesti e terrestri
o, ancora, la sua estrema potenza paragonabile a quella di tutti
gli eserciti messi insieme (plurale di intensità). Questa interpreta-
zione sembra essere in ogni caso quella dei Settanta, che tradu-
cono indifferentemente l'espressione ebraica con KupLoç aoc~ocw693 ,
KupLoç 7tocv-roxpoc-rc.ùp94 e, appunto, KupLoç -rwv 8uvocfJ.e:Cùv. Per Giu-
stino (che non conosce l'ebraico) le potenze su cui Cristo è Signore
sono anche quelle demoniache, secondo un utilizzo del termine
8uvocfJ.e:Lç che è già noto fin dagli scritti paolini95 •
Le profezie della Scrittura riguardo alla signoria del Verbo (il
primogenito di ogni creatura, riprendendo un'espressione paolina di
Col l, 15) supportano ed a loro volta sono supportate da ciò che
"accade davanti agli occhi" di tutti: i demoni vengono vinti e sot-
tomessi dall'esorcismo compiuto in nome di Gesù.

6. Esorcismo, formulari e professioni di fede


Per Giustino non vi è razza umana "in cui non si elevino al Padre
e creatore dell'universo preghiere ed azioni eucaristiche nel nome
di Gesù crocifisso" 96 • Ma è curioso che in ognuna delle occorrenze

90 Es 6, 26; 12, 17; 12, 41.


91 1 Re 22, 19; 2 Cr 18, 18; Sal 148, 2.
92 Deut 4, 19; 17, 13; Ger 8, 2; Is 40, 26; 45, 12.
93 Is 6, 3: "Santo, santo, santo è il Signore croc~ocw6; tutta la terra è piena

della sua gloria".


94 2 Sam 5, 10: "Davide progrediva, e il Signore onnipotente (1tocvroxpchwp)

era con lui".


95 Cfr. 1 Cor 15, 24: "Quindi la fine, quando consegnerà il regno a Dio Padre,

dopo aver annientato ogni principato, potestà e potenza (86\IOt(J.L\1)".


96 lusnNus, Dialogus cum Tryphone Iudaeo, 117, 5. Traduzione di Giuseppe
Visonà. Sull'uso del nome di Gesù, cfr. W. HEITMùLLER, /m namen Jesu (specie
nella seconda parte).
166 CAPITOLO 5

finora analizzate si ripeta la precisazione che l'esorcismo avviene


per l'invocazione di Gesù crocifisso sotto Ponzio Pilato:
(... ] esorcizzando nel nome di Gesù Cristo, crocifisso sotto Ponzio
Pilato (Apologia I I, 6, 6).
Noi, che crediamo nel Gesù Signore nostro, crocifisso sotto Ponzio
Pilato, esorcizzando teniamo a noi sottomessi tutti i demòni (Dia-
logus, 76, 6).
d demòni> vengono oggi esorcizzati e sottomessi nel nome di Gesù
Cristo, crocifisso sotto Ponzio Pilato procuratore della Giudea (Dia-
logus, 30, 3).
(... ] nel nome di colui che è Figlio di Dio e primogenito di ogni cre-
atura (Col l, 15), nato per mezzo di una vergine e divenuto uomo
soggetto al patire, crocifisso dal vostro popolo sotto Ponzio Pilato,
morto, risorto dai morti e asceso al cielo (Dialogus, 85, 2).
L'espressione "crocifisso sotto Ponzio Pilato" in un caso è
accompagnata dalla specificazione "procuratore della Giudea"
(btf.Tpo7toç njç 'Iou8odocç)97 • La menzione della crocifissione e del
nome del procuratore di Giudea è solamente casuale, o è dovuta
all'importanza che la passione di Gesù riveste per Giustino? Citando
Pilato l'autore vuoi forse mettere in scena l'ultimo episodio evan-
gelico dell'apparente trionfo di Satana? Ciò sembrerebbe scontrarsi
con un certo atteggiamento positivo che gli scrittori ecclesiastici
antichi dimostrano nei confronti di Pilato. Siamo forse di fronte
all'eco di una formula esorcistica specifica? Si può forse ricavare da
questo inciso che l'esorcismo pronunciato sui posseduti prevedesse
l'utilizzo del nome di Gesù Cristo crocifisso sotto Ponzio Pilato?
Può essere di aiuto ricercare tutte le altre occorrenze di Pilato
nelle opere di Giustino. Nella II Apologia il nome di Pilato ricorre
solamente in questo passo; nella I Apologia invece ricorre sei volte:
per tre volte (13, 3; 40, 6; 46, 1) la menzione di Pilato è inserita

97 Il termine utilizzato è È7th·po7toç (procura/or) in luogo del titolo ufficiale


riservato ai governatori di rango equestre della Giudea, che era lm~pzoç (prae-
fectus). È praefectus il titolo di Pilato testimoniato da una lapide scoperta nel
teatro romano di Cesarea (cfr. L. BoFFO, Iscrizioni greche e latine, n° 25). Giu-
stino in tal modo si distanzia anche dal Nuovo Testamento che usa principal-
mente ~YEfLWV (praeses), seguendo invece Filone e Giuseppe Flavio e, in ambito
latino, Tacito, che adopera procurator (cfr. E. ScHORER et alii, Storia del popolo
giudaico, vol. 1, pp. 442-444; U. HoLZMEISTER, Storia dei tempi del Nuovo Testa-
mento, p. 64).
GIUSTINO MARTIRE 167

all'interno di un discorso di collocazione storica, ed accompagnata


da altri nomi propri adatti allo scopo (Cesare, Erode, Quirino); per
due volte invece si tratta semplicemente di un riferimento agli Atti
di Ponzio Pilato (35, 9; 48, 3). L'ultima occorrenza della I Apo-
logia è quasi identica a quella di cui ci stiamo occupando, ed è
inserita all'interno di un contesto battesimale, quando si afferma
che "l'illuminato viene purificato nel nome di Gesù Cristo, croci-
fisso sotto Ponzio Pilato (è7t' òv6{.LocToç ~è: 'IYJcroù Xp~crToÙ, TOÙ crTocu-
pw6ÉvToç è1tt IlovT(ou rr~Àci't"ou) e nel nome dello Spirito Santo,
che ha preannunciato tutte le cose riguardo Cristo per mezzo dei
profeti" (61, 13). Nel Dialogo con Trifone Pilato è ricordato cinque
volte; in due casi in corrispondenza di episodi della vita di Gesù
(102, 5; 103, 4), ma in tutti gli altri (85, 2; 76, 6; 30, 3) a proposito
dell'esorcismo. Se ne ricava che il nome di Pilato ricorre per dodici
volte negli scritti di Giustino, ma solamente in cinque casi in un
contesto non strettamente storico; questi ultimi sono tutti accom-
pagnati dalla menzione di un gesto liturgico, che in quattro casi su
cinque è l'esorcismo.
Paul Bradshaw ha giustamente messo in guardia gli studiosi dal
rischio di considerare come "formula liturgica" qualunque formula
che gli scrittori ecclesiastici riportano in un contesto liturgico. Egli
invita a tenere presente la differenza tra formule usate "catecheti-
camente" e formule usate "liturgicamente":
Non si tratta della stessa cosa, ma nel passato alcuni studiosi hanno
presupposto che se un autore sembra citare qualche sorta di for-
mula di Credo, necessariamente essa doveva essere stata in uso in
quella forma nel rito del battesimo [... ] Giustino Martire, per esem-
pio, parla di candidati che vengono battezzati "nel nome di Gesù
Cristo, crocifisso sotto Ponzio Pilato" [... ] Ma questa apparente
citazione di una formula nascente di Credo non significa che essa
venisse recitata in quella forma nel contesto del rito battesimale.
Possiamo aspettarci che formule di Credo come questa si siano svi-
luppate assai presto nella tradizione cristiana [... ] ma il loro uso più
probabile dev'essere stato all'interno della catechesi prebattesimale.
Non dovremmo presupporre che esse siano state utilizzate litugica-
mente, in mancanza di un'esplicita testimonianza in tal senso98 •
Concordo con questa analisi. Ma nel caso specifico di Giustino,
mi sembra che ben difficilmente la formula possa essere spiegata

98 P. F. BRADSHAW, The Pro{ession o{ Failh, pp. 101-102.


168 CAPITOLO 5

facendo ricorso all'argomento della catechesi. Se la menzione di


Ponzio Pilato ricorre cinque volte in un contesto non strettamente
storico; se queste cinque occorrenze sono tutte inserite all'interno
di un discorso liturgico; se il gesto liturgico è per quattro volte
l'esorcismo e per una volta il battesimo, mi pare che in questo caso
si possa ragionevolmente vedere l'eco di qualche formula stereoti-
pata. Difficilmente infatti questa insistenza sulla crocifissione sub
Pontio Pilato può essere ritenuta del tutto casuale: quattro volte
si parla di esorcismo, e quattro volte si ricorda Pilato. Il rito del
battesimo prevede una catechesi previa, che può giustificare, come
dice Bradshaw, l'inserimento di qualche richiamo ad essa; ma il
rito dell'esorcismo, invece, è del tutto diverso: qui davvero si può
pensare ad una formula "usata liturgicamente".
La menzione di Pilato è invero un elemento importante nelle
professioni di fede99 : già adombrata nella Prima epistola a Timo-
teo100 e negli scritti di Ignazio d'Antiochia 101, entrerà a far parte

99 Numerosi simboli sono comodamente riportati in H. DENZINGER -


A. ScHòNMETZER, Enchiridion symbolorum, *1-76. l simboli orientali ed occiden-
tali e le formule riportate dagli scrittori ecclesiastici sono stati raccolti da A. e
G. L. HAHN, Bibliothek der Symbole. Per una trattazione introduttiva sui sim-
boli e la loro evoluzione, Storia dei dogmi, ed. B. SESBOOÉ, vol. l, pp. 63-121;
A. M. RITTER, Dogma und Lehre. La migliore e più erudita esposizione sugli
antichi simboli, seppur invecchiata, resta quella di F. KATTENBUSCH, Das apo-
stolische Symbol. Altri studi, H. LIETZMANN, Symbole der ulten Kirche; O. CuLL-
MANN, Les premières con(essions; P. NAUTIN, Je crois a l'Esprit Saint; sopra tutti,
J. N. D. KELLY, I simboli di fede della Chiesa antica (nelle questioni più critiche
meno utile del Kattenbusch). Con particolare riferimento al Dialogus, A. Nus-
SBAUMER, Das Ursymbolum, pp. 46-85 e 86-115.
100 l Tm 6, 13-14: "Al cospetto d'Iddio che vivifica tutte le cose e di Cristo

Gesù che attestò sotto Ponzio Pilato la buona confessione, ti scongiuro di con-
servare il comandamento senza macchia, irreprensibile, fino alla manifestazione
del Signore nostro Gesù Cristo".
101 IGNATIUS ANTIOCHENUS, Epistula ad Smyrnaeos, 1, 1-2: "Voi credete pie-

namente che nostro Signore discende realmente dalla stirpe di Davide secondo
la carne, è figlio di Dio secondo la volontà e la potenza divina, nato realmente
da una vergine, battezzato da Giovanni, affinché da lui fosse compiuta ogni
giustizia; che egli realmente, sotto Ponzio Pilato e il tetrarca Erode, fu per noi
trafitto dai chiodi nella carne". ID., Epistula ad Trallianos, 9: "Gesù Cristo,
disceso dalla stirpe di Davide, figlio di Maria, che realmente nacque, mangiò e
bevette, fu realmente perseguitato sotto Ponzio Pilato, fu realmente crocifisso
e morì alla presenza di coloro che sono nel cielo e sulla terra e sotto terra".
Traduzione di Guido Bosio.
GIUSTINO MARTIRE 169

stabile dei più diffusi simboli di fede, ed è quasi di routine in


Giustino, Ireneo e Tertulliano 102 • John N. D. Kelly, nel ricostru-
ire il processo di cristallizzazione dei simboli di fede nella Chiesa
antica, ha dimostrato come esso non sia avvenuto casualmente, ma
sia stato causato da situazioni particolari nella vita della Chiesa.
Egli elenca quelle situazioni che si prestavano all'espressione o alla
proclamazione della dottrina ecclesiale: il battesimo anzitutto, ma
anche l'istruzione catechetica, la predicazione, gli scritti e la litur-
gia in generale.
Un caso particolare e interessante è il rito dell'esorcismo. L'esor-
cismo dei demoni era molto praticato nella Chiesa primitiva, e la
codificazione di formule idonee e di provata efficacia sembra essersi
verificata relativamente presto 103 •
Negli scritti di Giustino si colgono per la prima volta citazioni
chiare di professioni di fede semiformali, legate ad un contesto
liturgico o eco dell'insegnamento ecclesiale. In passato gli studiosi
hanno cercato di stabilire quale fosse il rapporto tra i formulari di
Giustino e quello che veniva considerato il simbolo allora in uso
presso la Chiesa di Roma, il cosiddetto Credo romano antico; Kelly
ha evidenziato come sia dubbia l'ipotesi che Roma possedesse a
quest'epoca una professione di fede ufficiale, e come le formule
di Giustino, pur se provenienti con una certa probabilità da un
ambiente ecclesiale romano, posseggano elementi che da esso si
allontanano notevolmente 104 •
Il fatto che Giustino in contesto esorcistico commemori accanto
alla crocifissione di Gesù sotto Ponzio Pilato anche la sua incarna-
zione, passione, morte e risurrezione, è significativo:
[... ) nel nome di colui che è Figlio di Dio e primogenito di ogni
creatura, nato per mezzo di una vergine e divenuto uomo soggetto
al patire, crocifisso dal vostro popolo sotto Ponzio Pilato, morto,
risorto dai morti e asceso al cielo (Dialogus, 85, 2).
Si confronti con il testo del Credo romano antico:

102 In merito al sub Ponlio Pilato, cfr. J. N. D. KELLY, I simboli di fede,


pp. 146-148.
103 J. N. D. KELLY, I simboli di fede, p. 13.
104 J. N. D. KELLY, I simboli di fede, pp. 70-75.
170 CAPITOLO 5

Credo (... ) in Cristo Gesù suo unico Figlio, nostro Signore, che è
nato dallo Spirito Santo da Maria vergine, che fu crocifisso sotto
Ponzio Pilato e fu sepolto, il terzo giorno risuscitò dai morti, ascese
ai cieli, siede alla destra del Padre, donde verrà a giudicare vivi e
mortP 05 •
Si tratta di una professione di fede canonizzata che è stata iden-
tificata come un antico credo battesimale, la cui origine può essere
ricondotta alla seconda metà del II secolo. La Chiesa di Roma,
della quale Giustino era membro, fu infatti quella che per prima
intraprese una riorganizzazione e un'elaborazione approfondita del
sistema catechistico. Le formule riportate da Giustino attestano
secondo Kelly che il simbolo romano non aveva ancora raggiunto
alla metà del II secolo una sua forma stabilita, e che non è possi-
bile risalire all'indietro nella ricerca di formule fisse di qualunque
genere 106; ma il rapporto tra queste fonti è indubitabile.
La cosiddetta Traditio Apostolica riporta questa interrogazione
battesimale:
Credi in Cristo Gesù, Figlio di Dio, che è nato per opera dello
Spirito Santo da Maria vergine, fu crocifisso sotto Ponzio Pilato,
morì e fu sepolto, e risorse il terzo giorno vivo dai morti, ascese ai
cieli e sedette alla destra del Padre, che verrà a giudicare i vivi e
i morti? 107
Se la menzione giustinea della crocifissione sotto Ponzio Pilato
e la scelta del verbo ocvoc~oc(vw (ascendere) riecheggiano le formule

105 H. DENZINGER - A. ScHòNMETZER, Enchiridion symbolorum, *12: "Credo


[ ... ] in in Christum lesum Filium eius unicum, Dominum nostrum, qui natus
est de Spiritu Sancto et Maria virgine, qui sub Pontio Pilato crucifixus est et
sepultus, tertia die resurrexit a mortuis, ascendit in caelos, sedet ad dexteram
Patris, un de venturus est iudicare vivos et mortuos". Ho riprodotto le varianti
accettate da J. N. D. KELLY, I simboli di fede, p. 101.
106 Cfr. J. N. D. KELLY, I simboli di fede, p. 125. Una monografia dedicata
espressamente a questa ed altre formule riunite sotto la dicitura di Simbolo
apostolico è quella di L. H. WESTRA, The Apostles' Creed. Sulle professioni di
fede in Giustino, E. LuHUMBU SHODU, Les formules de foi chrétienne.
107 H. DENZINGER - A. ScHòNMETZER, Enchiridion symbolorum, *10: "Credis

in Christum Iesum, Filium Dei, qui natus est de Spiritu Sancto ex Maria vir-
gine, et crucifixus sub Pontio Pilato et mortuus est et sepultus, et resurrexit
die tertia vivus a mortuis, et ascendit in caelis et sedit ad dexteram Patris,
venturus iudicare vivos et mortuos?" Il presente testo, di cui manca l'originale
greco, è riportato qui nella sua traduzione latina più vicina all'originale (Palin-
sesto di Verona). Cfr. J. N. D. KELLY, I simboli di fede, pp. 89-91.
GIUSTINO MARTIRE 171

del simbolo romano antico, le espressioni primogenito di ogni cre-


atura (Col l, 15) e nato per mezzo di una vergine senza menzione
dello Spirito Santo, sono stati riconosciuti come modelli orientalP 08 •
Eusebio di Cesarea in un'epistola del 325 ricorda il simbolo batte-
simale recitato il giorno del proprio battesimo, poi utilizzato per
costituire il simbolo niceno (Eusebio nacque intorno al 265):
[... ] Figlio unigenito, primogenito di ogni creatura, generato prima
di tutti i secoli dal Padre, per mezzo di lui tutto fu fatto, si incarnò
per la nostra salvezza e fu assieme gli uomini, e patì, e risuscitò il
terzo giorno, e salì al Padre e verrà di nuovo in gloria a giudicare
vivi e mortP 09 •
Questa compresenza di elementi eterogenei è dovuta all'origina-
ria esistenza di formulari differenti contemporaneamente in uso,
senza che nessuno di essi godesse del monopolio assoluto all'interno
delle diverse Chiese.
Alla luce di queste coincidenze interne ed esterne, l'ipotesi che
la menzione della crocifissione sotto Ponzio Pilato sia eco di un
uso liturgico acquista maggiore spessore; il testo giustineo più svi-
luppato, inoltre, che riporta quella che potrebbe essere ben definita
una formula lunga, richiama anche letteralmente antiche profes-
sioni di fede. Già Adolf Harnack sottolineava come "le formule
usate dai cristiani e gli scongiuri contenevano i punti principali
della storia di Gesù" 110; si può anche pensare che l'esorcismo fosse
uno dei momenti accompagnati dalla recitazione di un simbolo di
fede. Si tratterebbe allora di un uso che Oscar Cullmann ritiene
esistente in nuce fin dall'era apostolica, basandosi sul racconto di
Atti 3, ove Pietro guarisce il paralitico "in nome di Gesù Cristo
Nazareno" (3, 6), e nel discorso che pronuncia poco più avanti
attribuisce la guarigione alla potenza del nome di colui che è stato

1os Cfr. J. N. D. KELLY, I simboli di fede, p. 201.


109 H. DENZINGER - A. ScHùNMETZER, Enchiridion symbolorum, *40: [...]
Ttòv (LOvoy&vlj, 7tpwT6Toxov mit:TYjç xTlcrewç, 7tpÒ minwv TWV o:lwvwv Èx 't"Ou
Ilo:TpÒç yeyEWI)(Ltvov, 3~' où xo:t ÈytveTo TIÌ mino:· TÒv 3~& TYJV ~(LE't"tpo:v
O"WT'I)plo:v cro:pxw6éno: xo:t Èv &:v6pcil7to~ç 7tOÀ~nucrli(LEVov xo:t mx66vT<X xo:t
&:vo:crTiiVTO: -cii Tpl't"T/ ~(LÉp~ xo:t &:veÀ66vTo: 7tpÒç TÒv Ilo:TÉpo: xo:t ~!;ono: 7tliÀ~v
Èv 86!;11 xp'Lvo:~ ~wvTo:ç xo:t vexpouç.
110 A. HARNACK, Missione e propagazione, p. 101; egli cita a testimonianza di
ciò un passo del Contra Celsum (1, 6), ove si afferma che la forza dell'esorcismo
è riposta nel nome di Gesù "assieme all'annunzio delle storie riguardo a lui".
172 CAPITOLO 5

"consegnato e rinnegato di fronte a Pilato", "ucciso" e "risusci-


tato dai morti" (3, 13-16). L'esorcismo, assieme al battesimo, al
catecumenato, alle persecuzioni ed alla polemica contro gli eretici,
costituiva uno dei momenti collegati all'uso di una professione di
fede, o da essa ispirati 111 , e le formule di Giustino possono essere
considerate riproduzioni molto fedeli di formule "effettivamente in
uso" 112 • L'affermazione di Graham Twelftree, secondo il quale "le
parole pronunciate non funzionavano come asserzioni di fede o in
quanto parole che possedevano una potenza connaturata, ma come
mezzo per identificare l'autorevole fonte di potere che provocava
la guarigione" credo vadano rilette alla luce di quanto dimostrato
finora 113 • Non va poi dimenticato il valore che Giustino attribui-
sce alla morte di Gesù, come momento di sconfitta delle forze del
Male: un motivo in più per non tralasciare la menzione della sua
passione in un contesto di esorcismo.

7. Esorcismo battesimale?
La presenza nel rituale battesimale della formula che, come testé
stabilito, occorre nei racconti di esorcismo, può indurre a pensare
che la narrazione di Giustino celi tra le righe il resoconto di un
battesimo dal carattere esorcistico:
Quanti siano persuasi e credano che sia vero quanto è da noi inse-
gnato ed esposto, e promettano di poter vivere così, vengono edu-
cati a pregare ed a domandare a Dio, digiunando, la remissione dei
peccati precedenti, mentre noi preghiamo e digiuniamo insieme con
loro. Poi vengono condotti presso di noi dove c'è dell'acqua [... ]
Questo lavacro è chiamato illuminazione, poiché coloro che com-
prendono queste cose sono illuminati nella mente. E l'illuminato
viene purificato nel nome di Gesù Cristo, crocifisso sotto Ponzio
Pilato, e nel nome dello Spirito Santo, che ha preannunciato tutte
le cose riguardo Cristo per mezzo dei profetP 14 •

111 O. CuLLMANN, Les premières con{essions de {oi, pp. 17-19; anche


J. N. D. KELLY, l simboli di fede, p. 18.
11 2 J. N. D. KELLY, l simboli di fede, p. 74.
113 G. H. TwELFrREE, In lhe Name o{ Jesus, p. 243.
114 IusTINus, Apologia l, 61, 2-3 e 12-13: "Ocrot òlv 7tt~cr6wcrL xod mcrTtuw-
cr~v tXÀ1)6lj TIXUTIX TOC ùq/ ~fLW'J a~a1XcrX6fLt'JIX XIXL Àty6fLt'JIX dviX~, xOtt ~~OU'J
oihwç 8UvOtcr61XL ùmcrxvwvTIXL, ti)xe:cr60tl n xOtt Othe:i:v V1Jcrnuovn:ç 7t1Xpoc Tou
E>tou Twv 7tp01JfLIXPT1JfLÉvwv ~~pe:cr~v 8t8tfcrxovTIX~, ~fLW'J cruvtuxofLÉvwv xOtt
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GIUSTINO MARTIRE 173

Gli studiosi sono in disaccordo. Franz J. Dolger, che pure prende


in esame questo rituale, non trae da esso un significato esorcistico
palese 115 • Invece André Benoit si sofferma sul tema del digiuno:
"Il giudaismo attribuiva al digiuno il potere di scacciare i demoni.
Saremo qui alle origini dell'esorcismo battesimale posteriore" 116 •
Daniélou accetta quest'interpretazione 117 , mentre Henry A. Kelly
osserva che essa non è sostenuta da alcuna prova 118 : i riferimenti
al giudaismo sono tardivi, ed il presunto parallelo evangelico che
mette in relazione il digiuno alla cacciata dei demoni è troppo
debole 119 • George H. Williams ed Elizabeth A. Leeper ritengono
che la ripetizione della medesima fraseologia in contesto sia esor-
cistico sia battesimale faccia pensare all'esistenza di un rituale di
esorcismo nel battesimo 120 . Più prudentemente Leslie W. Barnard
afferma che "non è chiaro, da Giustino, se l'esorcismo fosse con-
nesso con il rito battesimale " 121 , e anche Graham Twelftree è dub-
bioso in merito 122 .
Certamente non si può escludere che la sommaria descrizione del
battesimo da parte di Giustino abbia potuto omettere qualche par-
ticolare o qualche esplicitazione; in essa non vi è alcun riferimento
ad un catecumenato strutturato, sebbene fosse sottintesa qualche
istruzione prebattesimale; non si indicano la stagione ed il giorno
preferito per l'amministrazione del battesimo (probabilmente la
domenica), né si fanno riferimenti chiari a tutte le cerimonie con-

KotÀei:Tott 8è TOi:iTo TÒ ÀOUTpÒv (j)WTtO"(.l.6c;, wc; (j)WTt~O(.l.évwv TÌ)v 8tchototV T<7lv


Totthot (J.otV6otv6VTwv. Koti ~7t· òv6(.l.otToc; 8è '1'1)crou XptcrTou, TOU crTotupw6évToc;
~1ti n OVT(ou n tÀ&ToU, Xoti ~1t' ÒV6(J.otTOç n VeU(J.<XTOç à:y(ou, 8 8tdc T<7JV 7tpO(j)'1)-
o
T<7Jv 7tpoex1jpu;e Tdc XotTdc TÒV 'I l)O"OUV 7t&VTot, (j)WTt~6(.l.eVoç ÀoUeTott.
115 F. J. DoLGER, Der Exorzismus, pp. 2, 4 e 73.
116 A. BENOIT, Le baptéme chrétien, p. 11. Sul digiuno, cfr. H. MusuR1LLO, The

Problem o{ Ascetica[ Fasting, specie pp. 19-23.


117 J. DAN1ÉLOU, La teologia del giudeo-cristianesimo, pp. 471-472.
118 H. A. KELLY, The Devii at Baptism, p. 41.

119 Mc 9, 29: "Questa specie di demòni non si può scacciare in alcun modo,

se non con la preghiera (ed il digiuno]". Cfr. Mt 17, 21.


120 G. H. WILLIAMS, Baplismal Theology, p. 27; E. A. LEEPER, Exorcism in
Early Chrislianity, pp. 144-145.
121 L. W. BARNARD, Justin Martyr, p. 138, nota 4. Invece E. PAGELS, Satana
e i suoi angeli, p. 147, sembra convinta che Giustino stesso sia stato esorcizzato
al momento del suo battesimo, ma non si capisce il perché.
122 G. H. TwELFTREE, In lhe Nume o{ Jesus, p. 241.
174 CAPITOLO 5

nesse al battesimo. Il fatto che Giustino abbia solamente scritto un


breve rendiconto del rito, indirizzato ad un pubblico pagano, non
ci permette quindi di considerarlo una descrizione dettagliata della
pratica cristiana; egli avrebbe potuto sorvolare su alcuni particolari
che riteneva non necessari. Se si ammette una certa continuità e
stabilità del rituale, si sarebbe tentati a pensare che l'uso romano
posteriore potesse essere il medesimo già conosciuto da Giustino;
ma non ci è dato di sapere quali elementi attestati in seguito fos-
sero già in uso a Roma quando Giustino scriveva. A mio parere
sarebbe dunque azzardata qualunque affermazione certa in merito
alla presenza o meno dell'esorcismo nella liturgia battesimale che il
filosofo conosceva 123 •

123 Cfr. anche P. F. BRADSHAW, Alle origini, pp. 184-186. Sulla descrizione giu-
stinea del battesimo, C. I. K. STORY, Justin's Apology l. 62-64; G. H. WILLIAMS,
Baptismal Theology; G. A. NociLLI, La catechesi battesimale; E. FERGUSON, Bap-
tism in the Early Church, pp. 237-244 e 267-269.
CAPITOLO 6
TAZIANO IL SIRO

l. Taziano e la medicina
Taziano (nato nel 120/130)1 ha lasciato qualche riferimento alla
possessione diabolica e all'esorcismo nel suo Discorso ai Greci2 • È
cosa abbastanza ardua, sulla base dei dati pervenuti, classificare
con sicurezza questo scritto, che manca di alcuni elementi carat-
teristici del genere apologetico: si è pensato ad un testo composto
per essere letto privatamente, ad un discorso destinato alla pub-
blica lettura, al discorso inaugurale di una scuola, ad un'apologia
scritta in seguito all'episodio dei martiri di Lione, o ad un pro-
trettico3. Le questioni della datazione (oscillante tra il 155 ed il
178) e del luogo di composizione (Roma, Atene o altrove) sono

1 Per i dati biografici ed un'introduzione alle sue opere, con bibliografia, cfr.
F. BoLGIANI, Taziano (2 voci); W. L. PETERSEN, Tatian; A. SoLIGNAC, Tatien;
K. G. WESSELING, Tatian der Syrer. Due monografie: M. ELzE, Tatian und seine ·
Theologie; E. J. HuNT, Christianity in the Second Century.
2 Cfr. R. C. KuKULA, Tatians sogenannte Apologie; A. PuECH, Le discours aux
Grecs; H. U. MEYBOOM, Tatianus en zijne apologie; G. F. HAWTHORNE, Tatian
and his Discourse; E. F. OsBORN, Tatian's Discourse. Si veda anche l'introdu-
zione ed il commento di P. UBALDI, Il discorso ai Greci; S. D1 CRISTINA, Taziano
il Siro. Discorso ai Greci. Taziano è attesi noto per il Diatessaron, una specie di
armonia dei quattro Vangeli canonici (cfr. W. L. PETERSEN, Tatian's Diatessa-
ron). Sui racconti esorcistici di Gesù inseriti nel Diatessaron, G. H. TwELFrREE,
In the Name o( Jesus, pp. 243-247. Sono perdute le altre opere: Taziano stesso
menziona il titolo di un suo libro Sugli esseri viventi (Oratio, 15); Clemente
Alessandrino cita un Sulla perfezione secondo il Salvatore (Stromata, Il, 81, l) e
Rodone (in EusEBIUS CAESARIENSIS, Historia ecclesiastica, V, 13, 8) gli attribuisce
un trattato esegetico intitolato Sui problemi.
3 Secondo Michael McGehee è improprio classificare l'Oratio ad Graecos tra le
apologie: essa andrebbe intesa più come un protrettico, con lo scopo di attrarre
i greci allo studio della filosofia cristiana (Why Tatian never •Apologized»). La
classificazione come discorso inaugurale di una scuola è respinta da G. BoTTI,
Il (attore personale. Per Puech, Taziano avrebbe pronunciato il suo discorso
davanti a un pubblico pagano non greco (il che renderebbe meno problematica
l'aggressività delle sue invettive verso il mondo ellenico); successivamente il
discorso sarebbe stato disposto per la pubblicazione, utilizzando un testo rica-
176 CAPITOLO 6

altrettanto discusse 4 • È pertanto impossibile collocare in un con-


testo geograficamente preciso le poche notizie che Taziano rivela
sulla pratica dell'esorcismo a lui noto: gli anni della sua giovinezza
egli li trascorse in Assiria\ ma in seguito visitò molte e diverse
regioni. Educato alla cultura retorica greca 6 , si recò infatti a Roma
in veste di insegnante e, fattosi cristiano, divenne amico e disce-
polo di Giustino. Dipartito da Roma, dopo essere stato il maestro
dello scrittore antimarcionita Rodone7 , avrebbe quindi diffuso le
sue credenze in oriente, da Antiochia sul Dafne verso la Cilicia, la
Pisidia e altrove.
Le argomentazioni che qui ci interessano sono inserite all'in-
terno di quella parte del Discorso che si occupa della magia e della
medicina dei pagani, che sarà bene contestualizzare. Taziano ha
indicato al cap. 8 qual è il primo modo in cui i demoni attuano
la loro ribellione, ossia rendendo gli uomini materia prima del loro
tradimento; in seguito indica il secondo modo, l'arte magica, e ciò
gli fornisce l'occasione di spostare il discorso sui rimedi della medi-
cina. Se Taziano ha trattato dell'astrologia, non poteva certo fare
a meno di trattare della magia, ritenuta un potentissimo mezzo
demoniaco per trascinare gli uomini al peccato. Ecco come Taziano
si esprime riguardo ad alcuni rimedi utilizzati come curativi:
Un'affezione non viene distrutta da un'antipatia\ e un folle non
viene guarito da applicazioni di amuleti di cuoio: questi sono

vato da uno stenografo (e questo spiegherebbe l'immediatezza ed il carattere


dialogico di certi passi).
4 Ad esempio, secondo R. M. GRANT, The Date of Tatian's Oration, l'opera

risale al 176-178; per L. W. BARNARD, The Heresy, intorno al 160; per L. LEONE,
Due date della vita di Taziano, la sua conversione è avvenuta tra il 155 ed il
160, e la redazione dell'Oratio va datata al 160-161.
5 Si tratta di un'indicazione geografica fornita dall'autore medesimo ed
abbastanza vaga: all'epoca l'Assiria poteva abbracciare tutta quella vasta
regione che va dalla Siria interna all'Assiria classica nella Mesopotamia supe-
riore, a destra dell'Eufrate.
6 L'autore presenta sé stesso come figlio di genitori pagani, conoscitore della
filosofia e della retorica; cfr. M. WHITTAKER, Tatian's Educational Background.
7 È quanto afferma EusEBIUS CAESARIENSIS, Historia ecclesiastica, V, 13. Su
questa figura, vedi V. ZANGARA, Rodone.
8 L'autore si richiama implicitamente all'opera Delle simpatie e delle anti-
patie attribuita falsamente a Democrito (cfr. cap. 17, 1), in realtà opera di un
certo Bolo di Mende nel 200 a.C. circa. Cfr. E. R. Dooos, l Greci e l'irrazionale,
pp. 246-248.
TAZIANO SIRO 177

interventi di dèmoni; eppure chi sta male, chi soffre di mal


d'amore, chi vive nell'odio, chi vuole vendicarsi, se li prende a
soccorritori! [... ] Allo stesso modo le varietà di radici e le appli-
cazioni di nervi e di ossa non sono affatto efficaci per sé stesse,
ma sono solo l'armamentario a uso della furfanteria dei dèmoni.
Essi hanno assegnato a ciascuna di queste cose i limiti del proprio
rispettivo influsso, e quando si accorgono che le loro prestazioni
vengono prese in considerazione dagli uomini, li attirano subdola-
mente a sé e li costringono a servirli 9 •
La requisitoria prosegue in questo modo:
La pharmakeia in tutte le sue forme ha a che fare con il medesimo
artificio. Pur ammettendo che uno venga guarito dalla materia per-
ché ha fiducia in essa, guarirà a maggior ragione se farà assegna-
mento sulla potenza di Dio [... ] Qual è poi la ragione per cui uno
che crede alle leggi della materia non è disposto a credere a Dio?
Per qual motivo tu non fai ricorso al Signore ben più potente e
preferisci curarti come il cane, che si cura con l'erba, o il cervo con
la vipera, il porco con i granchi dei fiumi, il leone con le scimmie?
Perché mi presenti come divinità le cose del mondo? E perché,
quando guarisci il prossimo, ti fai chiamare benefattore? 10
Questo genere di argomentazione, che antepone la potenza divina
alle facoltà curative dei medicamenti, può costituire un richiamo
all'atteggiamento testimoniato da alcuni scritti veterotestamen-
tari11. Varrà per tutti l'esempio del Libro della Sapienza (16, 12),
ave si legge: "Non li guarì né un'erba né un emolliente, ma la tua
parola, o Signore, la quale tutto risana"; ma in Taziano l'atteggia-
mento tendenzialmente negativo verso la pharmakeia nasce da un
altro tipo di presupposto. Aimé Puech, chiosando questi passi, ha
ritenuto che Taziano assieme alle pratiche magiche abbia voluto
anche condannare la medicina in tutte le sue forme, come se si
trattasse di artifici del medesimo genere 12 ; di conseguenza egli tra-
dusse senz'altro il termine <pocpflocxdoc con medicina.

9 TATIANUS, Oralio ad Graecos, 17, 2-3. Traduzione di Salvatore Di Cristina.


10 TATIANUS, Oralio ad Graecos, 18, 1-2. Traduzione di Salvatore Di Cristina.
11 Cfr. E. TESTA, Le malattie e il medico secondo la Bibbia.

12 A. PuECH, Le discours aux Grecs de Talien, p. 46: "Sembra che Taziano si

rivolga solo alle pratiche magiche e che non condanni altro che esse [... ] ma è
difficile credere che al capitolo 18 non si spinga molto più in là [... ] Taziano,
nella sua argomentazione [... ] non evita una certa confusione e una grande
oscurità. Tuttavia pare che egli ci riveli abbastanza chiaramente una repul-
178 CAPITOLO 6

Non ci sarebbe da stupirsi alquanto se Taziano avesse realmente


mostrato un atteggiamento di netto rifiuto dell'arte medica praticata
dai pagani. Al di là della venerazione per il suo maestro Giustino,
da lui definito "degno di ogni ammirazione" (6cxufLCX<JtW-rcx-roç),
Taziano si presenta nei suoi scritti con un atteggiamento diame-
tralmente opposto. Se Giustino si era adoperato a mettere in rilievo
la possibilità di conciliare in parte il patrimonio culturale classico
con la dottrina cristiana, Taziano sviluppa una durissima invettiva
contro ogni aspetto religioso, filosofico, scientifico e morale della
cultura greca, collocandosi agli antipodi della posizione conciliante
del proprio maestro 13 • Retore esperto, che non disdegna l'uso dei
cavilli sofistici più raffinatP 4 , Taziano si mostra violentemente
avverso nei confronti di ogni aspetto della vita pagana: la filosofia,
la mitologia, il culto, l'astrologia, la magia, l'arte15 • Egli si presenta
ostentatamente come un "barbaro", portatore di una sapienza fon-
data su quelle Scritture che i pagani disprezzavano 16 • Questo atteg-
giamento generalmente poco accomodante si concilia perfettamente
con la vicenda biografica dell'autore: dopo la morte del maestro,
Taziano si distaccò infatti dalla Grande Chiesa, inclinando verso
l'ascetismo encratita 17 • Il suo presunto rifiuto della medicina, inol-

sione abbastanza viva per la medicina medesima, anche qualora essa non faccia
appello alla magia".
13 Cfr. P. YoustF, Il patrimonio culturale greco; E. NoRELLI, La critique du
pluralisme grec.
14 Cfr. C. L. HEtLER, De Tatiani apologetae dicendi genere; L. LEONE, Artificio

e spontaneità nello stile tazianeo.


15 Sui diversi atteggiamenti degli scrittori cristiani nei confronti della cul-
tura pagana, M. StMONETII, Cristianesimo e cultura greca.
16 Cfr. R. M. GRANT, Tatian and the Bible.
17 Le notizie sul Taziano encratita sono tratte dagli scritti eresiologici suc-
cessivi (IRENAEUS LuGDUNENSts, Adversus haereses, I, 28, l; III, 23, 8; EusEBIUS
CAESARIENSIS, H isloria ecclesiastica, IV, 29; EPIPHANIUS SALAMINENSIS, Panarion,
46). Egli, descritto come il "patriarca degli encratiti", avrebbe accentuato il
suo pessimismo riguardo alla questione della caduta dei protogenitori, al punto
di predicare la dannazione di Adamo; secondo Epifanio, a motivo dell'asten-
sione dal vino, Taziano nelle sue celebrazioni eucaristiche avrebbe utilizzato
dell'acqua. Sono anche state messe in luce alcune sue tendenze gnostiche. Cfr.
F. BoLGIANI, La tradizione eresiologica; L. W. BARNARD, The Heresy of Tatian;
R. M. GRANT, The Heresy of Tatian (tracce dell'eresia di Valentino); M. ZAP-
PALÀ, Taziano e lo gnosticismo. Su un frammento attribuito a Taziano, conte-
nente una interpretazione palesemente gnostica, A. ORBE, A prop6sito del Gen.
l, 3. Sull'encratismo in generale, H. CHADWICK, Enkrateia; l. BLOND, Encrati-
TAZIANO SIRO 179

tre, non costituirebbe un caso del tutto isolato. Plinio il Vecchio, ad


esempio, aveva deplorato la fioritura dell'arte medica, dovuta - a
suo dire- alla presenza in Roma di numerosi ciarlatani greci. Essi,
avendo abbandonato l'uso delle sostanze curative che la natura
mette a disposizione, erano passati all'uso di medicamenti esotici,
rari e costosi, confezionati nelle loro officinae 18 • Il medico greco
Asclepiade, a suo parere, era uno dei principali ciarlatani di tal
fatta, un inesperto guaritore prestato alla scienza medica perché la
retorica non era sufficientemente lucrosa 19 • Ed il fattore principale
del suo successo, afferma Plinio, sono "le imposture della magìa" 20 •
Plinio stesso rinforza il suo giudizio facendo appello al giudizio dì
Catone sui medici:
La loro [dei greci] è una genia perversa e incorreggibile [... ] Il giorno
in cui codesta gente ci darà le sue scienze corromperà tutto, tanto
più se manderà da noi i suoi medici. Hanno congiurato di ammaz-
zare con la medicina tutti i barbari, ma lo fanno dietro pagamento,
per ottenere fiducia e sterminare gli altri senza sforzo 21 •
La colpa dei medici sta prima di tutto nell'aver abbandonato
rimedi tradizionali, naturali ed alla portata di tutti, per proporre
costosissimi farmaci di terre lontane22 ; ma anche l'uso della magia,
come si è visto, gioca un ruolo importante nell'attività dei medici
descritti da Plinio. È forse per gli stessi motivi che Taziano vor-
rebbe condannare la pharmakeia?

sme; La tradizione dell'enkraleia, ed. U. BIANCHI; G. SFAMENI GASPARRO, Enkra-


teia e antropologia.
18 PLINIUS, SECUNDUS, Naturalis historia, 24, 4: "Di qui è nata la medicina e

questi la natura avrebbe desiderato che fossero i soli medicamenti: a disposi-


zione di tutti, facili da trovarsi e ricavabili senza alcuna spesa dalle sostanze
di cui viviamo. Più tardi astuzie subdole e lucrose fecero scovare quei farmaci
con cui si promette la vita a tutti gli uomini in cambio di soldi. Eccoci così di
punto in bianco a decantare misture ed intrugli complicatissimi". Traduzione
di Marco Fantuzzi.
19 PLINIUS, SECUNDUS, Naturalis historia, 26, 12: "Asclepiade, maestro di elo-

quenza al tempo di Pompeo Magno, che non guadagnava abbastanza con que-
sto mestiere( ... ) si volse improvvisamente alla medicina". Traduzione di Paola
Cosci.
20 PLINIUS, SECUNDUS, Naturalis historia, 26, 18: "Al successo di Asclepiade
contribuirono più di ogni altra cosa le imposture della magia".
21 PLINIUS, SECUNDUS, Naturalis historia, 29, 14. Traduzione di Umberto
Capitani.
22 Cfr. H. C. KEE, Medicina, miracolo e magia, pp. 19-21.
180 CAPITOLO 6

Occorre ricordare che con l'espressione <pocp[.J.ocxdoc si indica


anche l'uso di droghe, filtri od incantesimi, oppure la malìa; in que-
sto senso il termine si ritrova nelle Scritture23 e presso altri scrittori
cristiani24 • D'altra parte i guaritori, come rivela anche la requisi-
toria di Plinio, si dedicavano spesso a pratiche curative che si dif-
ferenziavano ben poco dalle arti magiche: accanto alle scuole di
Cos e Pergamo sorgevano i templi dove veniva praticata l'incuba-
zione ed avvenivano subitanee guarigioni; anche Galeno, uno dei
più strenui sostenitori del carattere naturale e "razionale" dell'arte
medica, concedeva l'uso di amuleti, nel caso in cui la medicina fal-
lisse25. Ritengo pertanto più penetrante il giudizio di Paolo Ubaldi,
secondo cui la confusione e l'oscurità che Puech ascriveva a
Taziano vanno piuttosto ascritte alla realtà delle cose, mancando a
quell'epoca una netta distinzione fra la pratica dei rimedi nell'arte
medica e la magia:
È da ricordare che la cpotpfLotxe:(oc all'età alessandrina cominciò
a distinguersi più nettamente dalla medicina. Prima il medico si
formava da sé i farmaci; più tardi la loro composizione prese svi-
luppo maggiore specialmente nella 7tOÀucpocpfL1XXE(oc, e col nome di
cp1XpfLotxdoc si indicò appunto il formulario per la composizione di
detti farmaci. Ma tale sviluppo fu dovuto non solo alla medicina
popolare, sì bene anche alla farmacopea magica orientale; così
che la cp1XpfLotxdoc rimase più o meno sotto l'influenza della magia
[... ) Ora, se pensiamo che Taziano nel cap. 18 e nel 19 considera i
veleni come materia inferiore e cattiva [... ) intenderemo come, nel
suo pensiero, la cp1XpfL1Xxe:(oc in genere venisse doppiamente a essere,
in mano dei demoni, strumento di asservimento dell'uomo, e cioè
in quanto era più o meno pregna di superstizione magica ed in
quanto usava di quegli elementi della materia inferiore che tendono
a impedire all'anima il suo volo verso l'alto (... ) Taziano ammette
- e non poteva negarlo - un vero potere terapeutico nei farmaci,
dal momento che non nega la medicina in sé; non approva, invece,
in essi il rapporto con la magia e l'intromissione, per loro mezzo, di
una quantità di materia cattiva. E però li combatte, e ritiene degni

23 Es 7, l; 7, 22; 8, 3; 8, 14; Sap 12, 4; 18, 13; Ap 18, 23.


24 Cfr. Didaché, 2, 1: "Non farai magie ((.1-ocye:uw), non preparerai filtri magici
(cpotp(.totxe:uw), non farai perire il bambino coll'aborto"; Acta lohannis, 43, 12:
"Dov'è la magia ((.1-otye:loc) di ogni sorta e l'arte magica (cpotp(.totxe:lot) che le è
sorella?". Negli Acta Philippi, 14, Filippo viene chiamato cp1Xp(.totxè xoct (.1-liye:.
25 GALENUS, De simplicium medicamentorum temperamentis, vol. 9, p. 792;
cfr. L. EoELSTEIN, Greek Medicine, p. 231.
TAZIANO SIRO 181

di biasimo e quelli che li confezionano e quelli che ad essi ricorrono,


perché la fede nella materia toglie via la fede in Dio: magia e fede
cristiana sono inconciliabili26 •
È quanto risulta dalla lettura del passo che fa da cerniera tra il
capitolo 17 e il 18 ("La pharmakeia in tutte le sue forme ha a che
fare con il medesimo artificio"), ove il legame con quanto precede
è chiaro: l'efficacia magica attribuita ai nervi e alle ossa dei morti
è dovuta solamente all'astuzia demoniaca, la quale cela il proprio
intervento facendo credere nell'efficacia di questi elementi. Alla
stessa astuzia si deve la pharmakeia da Taziano condannata. Si
tratta della medesima arte sanatoria che Giustino aveva ricordato
parlando di quei guaritori (cpocpf.L1Xxe:u-roc0 i quali assieme a esorci-
sti ed incantatori pagani non erano in grado, a suo dire, di libe-
rare gli ossessi 27 • Il tutto ha un illustre precedente nell'Epistola ai
Galati, ove Paolo inserisce la cp1Xpf.Locxe:Loc tra le opere della carne da
rifuggire, e la pone accanto all'idolatria 28 • In definitiva, il giudizio
di Taziano non è una condanna dell'arte medica e dei suoi rimedi
naturali (la cui efficacia egli stesso ammette), bensì di quell'arte
sanatoria che invece di fare affidamento sulla potenza di Dio, scon-
fina facilmente nella magia o si presta all'intervento demoniaco.

2. Demoni ed infermità
La demonologia del discepolo di Giustino fu per certi aspetti
certamente influenzata da quella del maestro, come egli stesso ci
induce a pensare 29 • Anch'egli considera la malefica opera demo-
niaca come frutto di una divina concessione, che si interromperà
alla fine dei tempi, al momento della definitiva condanna30 ; ma il
forte legame che egli istituisce tra i demoni e la materia lo avvi-
cina ai temi della speculazione gnostica 31 • Il primo accenno ad un

26 P. UBALDI, Taziano. Il discorso ai Greci, pp. L VII-LVIII. Cfr. G. LLOYD,


Aspecls of the lnlerrelalions.
27 IusTINUS, Apologia Il, 6, 6.
28 Gal 5, 19-20: "Le opere proprie della carne sono manifeste: sono fornica-

zione, impurità, dissolutezza, idolatria, magia (cp1Xflfi.IXX.dcx), inimicizie", etc.


29 Giustino è l'unico personaggio nominato da Taziano a questo riguardo

(18, 2).
°
3 Cfr. TATIANUS, Oratio ad Graecos, 12, 4; 14, 1.
31 Per la demonologia di Taziano si vedano H. WEY, Die Funklionen der
biisen Geisler, pp. 61-91 e 186-225; A. PuEcH, Le discours aux Grecs de Talien,
182 CAPITOLO 6

intervento diretto dei demoni sul corpo umano precede di poco


quanto finora esaminato. Occorre ricordare che Taziano considera
il cosmo e la materia sotto l'influsso demoniaco, nella misura in cui
essi "abbassano" l'uomo e lo distolgono dalle cose divine32; dopo
aver affermato che l'attività dei demoni si espleta nella materia
"bassa", combattendo proprio questa materia che è loro simile,
particolarmente quella umana, Taziano prosegue in questo modo:
Ci sono, nella materia che è in noi, malattie e disturbi. Quando
queste cose avvengono, i dèmoni se ne ascrivono le cause, soprav-
venendo allorché sopraggiunge la sofferenza. Succede anche che essi
scompiglino lo stato del corpo con la tempesta della loro deprava-
zione. Percossi dalla parola della potenza di Dio, se ne vanno via
atterriti, ed il sofferente è guarito33 .
Taziano dimostra altrove di essere ben conscio del fatto che le
malattie possono insorgere per motivi naturali - come, ad esem-
pio, a causa del cambio di stagione (20, 4) o per trascuratezza
(19, 2-3). Ma anch'egli condivide la diffusa interpretazione secondo
la quale le infermità possono anche essere provocate da qualche
essere soprannaturale, specie demoniaco34 • Fin dall'Odissea è infatti
rintracciabile l'idea che Zeus possa inviare malanni, dai quali non
si può scampare35 , ed è chiaramente attestata la credenza che l'in-

pp. 72-75; M. ELZE, Tatian und seine Theologie, pp. 100-103; A. MoNACI, Il dia-
volo e i suoi angeli, pp. 171-183.
32 H. WEY, Die Funktionen der b6sen Geister, p. 69 e, in generale, pp. 211-
222.
33 TATIANUS, Oratio ad Graecos, 16, 3: Elcrtv !Lèv oov xoct v6crot xoci crT&cre:tç
rijç Év iJ!LtV \S);ljç" 8oc(!Love:ç 8è ocÙTot TOUTwv T<Ìç oclT(ocç, É7te:t8<Ìv cru!L~oc(vwcrtv,
kocuTotç 7tpocrypciqJOU!rtV, Ém6vnç Ò7t6TOCV XOCTOCÀOC!L~ciV7) xci!l-OCTOç. ~EcrTt 8è /he:
xoct ocÙTot )(&t!l-<7lVt Tijç !r!JlWV &~e:ÀTe:p(ocç xpoc8oc(voucrtv T~V ~!;tv Tou crW!LOCToç·
ot My<,~ 0e:ou 8uv&!Le:wç 7tÀ1)TT6!l-e:vot 8e:8t6Te:ç &7t(occrtv, xoct 6 x&!Lvwv 6e:poc-
7te:Ue:Toct.
34 Su questo tema, G. LANATA, Medicina magica, pp. 28-37; A. STRAMAGLIA,

Res inauditae, incredulae, pp. 330-331, nota 16; F. ANDRES, Daimon, coli. 272-
274. Una trattazione sui demoni malvagi nel paganesimo, H. HERTER, Base
Diimonen. Raccolta di testi in J. TAMBORNINO, De antiquorum daemonismo.
35 HoMERUS, Odyssea, IX, 411: "Dal male che manda il gran Zeus non

c'è scampo" (traduzione di Rosa Calzecchi Onesti). Similmente Pericle agli


Ateniesi: "Bisogna sopportare come cosa inevitabile ciò che viene dai demòni e
virilmente ciò che viene dai nemici" (THUCYDIDES, Historiae, Il, 64, 2).
TAZIANO SIRO 183

fermità possa essere causata da demonP6 • Oltre agli esseri più noti
e temuti, come le Erinni, le Kere, Empusa, Mormo e Lammia,
anche gli eroi, allo stesso modo in cui possono elargire benefici,
possono danneggiare gli uomini, durante la vita e dopo la morte37 •
Per certe malattie si credeva di poter risalire persino a chi le aveva
causate38 • lppocrate testimonia che in certi casi il malato in preda
ad un attacco si copriva il capo "per timore del demonio, secondo
l'opinione dei più" 39 • Alessandro Poliistore, a cavallo tra il n ed il 1
secolo a.C., così ci informa sulle credenze dei Pitagorici:
L'aria è piena di anime; ed essi le considerano dèmoni ed eroi, e
pensano che siano essi ad inviare agli uomini i sogni, i segni premo-
nitori e le malattie [... ] e ad essi sono dirette le cerimonie catarti-
che ed apotropaiche4°.
Taziano accetta in parte questa lettura, sebbene non arrivi ad
attribuire a tutte le malattie un'origine demoniaca. Infatti, secondo
quanto egli dice, sembra proprio che in certi casi non siano i demoni
a causare la malattia, ma che essi solamente "recitino una parte
parassitaria per millantare una potenza che non posseggono" 41 ; i
demoni in questo caso non sono la causa della sofferenza dell'uomo,
ma giungono solamente allorché questi è già in preda alla malattia,
per ascriversene le cause. Ciò, naturalmente, per accrescere negli
uomini il timore e favorire il culto verso sé stessi, sfruttando la
loro credenza nelle divinità pagane che essi andavano ad imperso-
nare.
Ma Taziano non esclude nemmeno l'origine autenticamente
demoniaca della malattia: può anche accadere che siano i demoni
la causa dello scompiglio del corpo, verso il quale mettono in atto

36 HoMERUS, Odyssea, V, 395-396: "Giacque malato, straziato da forti dolori,

languendo a lungo, in preda ad un demone odioso (cr-ruye:pòç 81X(fLWV)".


37 Cfr. A. BRELICH, Gli eroi greci, pp. 226-231. Cfr. HIPPOCRATES, De morbo

sacro, che testimonia l'idea secondo la quale le paure degli uomini sono causate
da "attacchi di Ecate ed assalti di eroi" (1, 90-93).
38 Cfr. ARISTOPHANES, Aves, 1490-1493: "Se infatti qualcuno dei mortali s'im-
batteva di notte nell'eroe Oreste, ne usciva nudo, colpito da quello su tutto il
lato destro" (si tratta dell'emiplegia).
39 HIPPOCRATES, De morbo sacro, 12, 6.

40 ALEXANDER PoLYHISTOR, Fragmenta, 14, 113-119. Traduzione di Giuliana


La nata.
41 A. MoNACI, Il diavolo e i suoi angeli, p. 182, nota 19.
184 CAPITOLO 6

una vera e propria "tempesta di depravazione". E questa malvagia


attività risulta più chiara dal passo seguente, che si trova appena
dopo la discussione sulla cpocpfLocxdoc sopra discussa:
I dèmoni non guariscono, ma con artifizio tengono prigionieri gli
uomini; e l'ammirabilissimo Giustino giustamente ha detto che
essi rassomigliano ai briganti4 2 • Come infatti è abitudine di costoro
sequestrare persone per poi restituirle ai loro familiari dietro
riscatto, allo stesso modo anche i cosiddetti dèi invadono le mem-
bra di alcuni, quindi mediante sogni si adoperano per l'opinione
che li riguarda 43 , comandando loro di presentarsi pubblicamente,
sotto gli occhi di tutti; quando poi si sono goduti le cose di questo
mondo, prendendo il volo dagli ammalati, mettono fine alla malat-
tia che essi stessi avevano provocata, riportando gli uomini allo
stato iniziale44 •

Qui è chiara la causa unicamente demoniaca della malattia "che


essi stessi hanno provocato". È interessante notare che i demoni
sono descritti come ladroni: si tratta qui del primo caso nel quale
si impiega questo paragone, che avrà una lunga storia, in parti-
colare nel contesto della lotta dei cristiani contro le forze delle
tenebre45 • Questi cosiddetti dèi, che sono in realtà dei demoni 46 ,

42 È una citazione non riscontrabile negli scritti rimasti di Giustino, ripresa

anche da EusEBIUS CAESARIENSIS, Hisloria ecclesiastica, IV, 16, 7.


43 Questo passo è di incerta comprensione. Nell'Oralio il verbo 7tpotyfLot-
TtUOfLOC~ solitamente significa affaccendarsi, occuparsi, adoperarsi (15, l; 19, l;
22, 2; 29, l; 32, 2; 35, 2); a61;oc appare col senso di opinione (27, l; 31, 4; 32, l;
35, 1), gloria (11, 2; 26, 3; 33, l) o dignità (12, 2). Cosi i traduttori: "Mediante
sogni creano l'impressione della loro presenza" (Otto, Whittaker); "Mediante
sogni fanno credere nella loro potenza" (Puech); "Per mezzo di sogni li indu-
cono a credere in loro" (Ubaldi). Penso che il senso sia questo: mediante i sogni,
i demoni inducono gli uomini a creare la (falsa) opinione che li riguarda, in
merito alla loro presenza ed alla loro potenza, attirando l'attenzione su di sé.
44 TATIANUS, Oralio ad Graecos, 18, 2-3: Où 6e:pocm:UOUO'~V ot aocl!J.ove:ç, TtXV1J
aè: TOÙç &.v6p6mouç otlX!J.OCÀWTEUOUO'~· xoct O 6otU!J.IXO'LWTIXTOç 'JoUO"TLVOç 6p6wç
È1;e:<pWV'YjO'EV ÈOLXtVIXL TOÙç 7tpoe:tp'Yj!J.tVOU<; À1)0'TotLç. dQ0'7tEp yocp Èxe:[votç l6oç
ÈaTt ~wype:'ì.'v Ttvocç, e:IToc ToÙç ocÙToÙç !J.La6ou Totç otxe:lotç &.7toxoc6taTiv, oihw
xoct ot VO!J.~~6!J.EVO~ 6e:ot TOLç T~VWV Èm<pOLTWVTe:ç !J.EÀe:a~v. l7te:~Tilt a~· 6vdpwv
T~V e:tç IXUTOÙç 7tpoty!J.OCTtU6!J.EVOL a61;ocv a'IJ!J.OO"[~ TE TOÙç TOLOUTOUç 7tpo'~évoc~
xe:Àe:UO'OCVTe:ç 1t1XVTWV opWVTWV, È1te:~aocv TWV ÈyxWO"!J.[wv &.7tOÀOCUO'WO'LV, &.7to-
7tTcX!J.EVO~ TWV Xot!J.v6vTwv, ~v È7tpoty!J.Ot.Te:Uaocno v6aov 7te:p~ypcicpovnç, ToÙç
&.v6p6mouç dç TÒ &.pxoci:ov &.7toxoc6~aTWO'LV.
45 Cfr. G. J. M. BARTELINK, Les démons comme brigands. Cfr. 0RIGENES, Con-

tra Celsum, VII, 70: "Come i briganti nei luoghi deserti (... ) si sono scelti un
TAZIANO SIRO 185

a mo' di briganti tengono prigionieri gli uomini ad arte, con arti-


fizio; l'elemento della 't'éX.W) compariva anche negli scritti di Giu-
stino, riferito agli esorcisti ebrei, ed anche in quel contesto aveva
un significato negativo. Qui forse Taziano vuoi porre l'accento
non tanto sui metodi seguiti per ottenere la guarigione, quanto
sull'espediente che i demoni mettono in atto per ottenere ciò che
desiderano. L'idea fondamentale già espressa da Taziano è che la
guarigione ottenuta tramite il ricorso alla cprxp!J.IXKELIX abbia un che
di demoniaco. Ma Taziano sa che vi sono casi di infermità che sono
stati guariti dall'arte medica, o comunque attraverso il ricorso alle
divinità pagane. Egli si affretta allora a spiegare come queste gua-
rigioni siano state in realtà delle frodi architettate dai demoni: il
paganesimo risulta dunque più fuorviante proprio là dove pareva
essere più efficace. Nel caso in cui la guarigione sia pubblicamente
elargita da parte degli dèi, l'inganno raggiunge la sua massima rea-
lizzazione. La medesima idea della frode dei demoni si ritroverà,
alla fine del secolo, nell'Apologetico di Tertulliano 47 , nell'Octavius
di Minucio Felice48 e, più tardi, in Eusebio di Cesarea49 e Lattan-
zio50. Si tratta quindi, per costoro, di infermità causate dal diretto

capo che li guidasse alle azioni che essi hanno scelto, per derubare e depre-
dare le anime degli uomini" (traduzione di Pietro Ressa). Dalla scuola esegetica
Alessandrina prese il via l'interpretazione allegorica dei briganti della parabola
del buon samaritano, paragonati ai demoni. Ad esempio, CLEMENS ALEXANDRI-
NUS, Quis dives salvelur?, 29; 0RIGENES, Homiliae in Lucam, 39, p. 190, 17.
46 Cfr. TATIANUS, Oralio ad Graecos, 8, 2: "Questi demoni, insieme con il loro

capo Zeus, sono caduti essi stessi sotto il gioco del destino, dominati come sono
dalle stesse passioni cui sono soggetti gli uomini".
47 TERTULLIANUS, Apologeticum, 22, 11: "d demonh senza dubbio sono bene-
fici anche per le cure delle malattie. Infatti in un primo tempo provocano il
male, poi, per ottenere il miracolo, prescrivono rimedi strani o contrari; quindi
cessano di far danno, e si crede che abbiano curato".
48 MINUCIUs, FELIX, Oclavius, 27, 2: "Creano malattie, terrorizzano gli animi,

contorcono le membra per costringere al culto di sé, di modo che, pasciuti dal
fumo degli altari o dalle immolazioni degli animali, una volta lasciato libero
ciò che avevano avvinto, sembrino averlo curato".
49 EusEBIUS CAESARIENSIS, Praeparalio evangelica, V, 2, 1: "[ ... ]per le cure dei
corpi che essi avevano danneggiato in modo invisibile mediante l'azione loro
propria, e che poi, all'inverso, liberavano dalle loro pene con la guarigione che
accordavano loro". Traduzione di Odile Zink.
50 LACTANTIUS, Divinae insliluliones, Il, 14, 13: "Venerano i dèmoni come dèi
terrestri e come discacciatori dei malanni che essi stessi causano e infliggono".
186 CAPITOLO 6

intervento demoniaco; e come i briganti restituiscono ciò che


hanno sottratto solamente dietro il pagamento di un riscatto, così
i demoni, dice Taziano, restituiscono alla salute colui che hanno
colpito, solamente dopo averne ottenuto un beneficio per sé stessi.
Una volta giunti nella persona, infatti, i demoni attirano l'atten-
zione su di sé tramite sogni, esortando il malato a presentarsi pub-
blicamente, ed abbandonandolo solamente dopo essere stati espo-
sti alla vista di tutti, per rendere plateale ed evidente il proprio
potere. La dimostrazione davanti alla folla è un tema ricorrente
nei racconti di guarigione sia cristiani sia pagani; l'allontanamento
dei demoni si configura ordinariamente come un evento pubblico,
che produce effetti non solo sugli infermi, ma anche e soprattutto
sugli astanti: una vera e propria rappresentazione in cui sono indi-
viduabili attori (esorcista e indemoniato) e spettatori. L'ordine
impartito dai demoni ha proprio questo scopo: presentarsi pubbli-
camente (7tpo·r:ivcxL), quasi si trattasse dell'andare in scena in una
rappresentazione teatrale, affinché la guarigione sia visibile sotto
gli occhi di tutti (mxnwv òpwv-rwv). Anche Giustino asseriva che
la vittoria degli esorcisti cristiani era palese sotto gli occhi di tutti
(tm' 5tj~Lv) 51 ; ciò mostra come questa volontà di mettere in mostra
le proprie facoltà soprannaturali fosse patrimonio e dei cristiani e
dei pagani, e venisse utilizzato allo stesso modo nel contesto della
loro competizione religiosa.
È chiaro che la guarigione narrata da Taziano non sarà avve-
nuta spontaneamente; forse sarà stata preceduta dall'utilizzo di
qualche rimedio di quelli che Taziano ha precedentemente criti-
cato, messo in atto da uno di quei guaritori contro i quali si era
scagliato poche righe prima; l'inganno dei demoni, in questo caso,
sarà stato quello di attirare la propria vittima a quelle pratiche di
incantesimo che Taziano condanna. Oppure, più semplicemente, il
demone lo avrebbe condotto a credere che l'intervento di un dio
potesse liberarlo dall'infermità. È possibile pensare anche a qual-
che pratica di culto pagano che abbia a che fare col sonno, di cui
Taziano fa esplicita menzione nel suo racconto, come momento in
cui il demone cerca di ottenere credito e prepara la sua pubblica
rappresentazione. La mente corre anzitutto alla pratica dell'incu-
bazione: il dormire in un luogo sacro, uso già attestato in Egitto
fin dal xv secolo a.C., si praticava infatti sia per ottenere sogni

51 lusnNus, Apologia Il, 6, 5; lo., Dialogus cum Tryphone Iudaeo, 85, 1.


TAZIANO SIRO 187

divinatori dai morti sia per ottenere guarigioni. Quest'ultimo fine


era proprio della cosiddetta incubazione medica52, che ebbe nel v
secolo a.C. un'importante rinascita, quando il culto di Asclepio,
con il suo epicentro in Epidauro, assunse dimensioni in tutta la
Grecia e si diffuse nel resto del Mediterraneo53 . Il paziente, recatosi
in un tempio, passata una serie di lustrazioni e sacrifici, nel corso
della notte rimaneva in attesa di ricevere in sogno la guarigione da
parte del dio.
Il sonno era comunque luogo privilegiato per l'epifania degli
dèi anche al di fuori del contesto dell'incubazione; come esempio
di un annuncio di guarigione ottenuto durante il sonno, varrà un
racconto del coevo Claudio Eliano: è l'apparizione di una colomba
(Afrodite) durante il sonno di Aspasia, che promette la risoluzione
definitiva di tutti i problemi della fanciulla 54 • Ed anche da parte
cristiana, tramite la bocca del maestro di Taziano, si era già fatto
riferimento a questa capacità dei demoni di provocare sogni:
Lottano, infatti, per avervi come schiavi e servitori, e, talvolta
attraverso manifestazioni oniriche, talvolta attraverso ogni sorta di
magie, assoggettano tutti coloro che non lottano affatto per la loro
salvezza55 •
In effetti è proprio nei secoli 11 e m che il sogno è nuovamente
inteso come luogo favorito della manifestazione soprannaturale, a
dispetto dei lunghi sforzi operati da medici e filosofi greci per sot-
trarlo all'influenza esogena di esseri demonici e restituirlo all'anima
del sognatore56 •
L'abbandono dell'infermo da parte dei demoni, secondo Taziano,
avviene solamente "dopo che essi hanno goduto delle cose del
mondo" (è1mMv -rwv èyxwo-fLLWV &:7toÀlX.Ùawmv). Alcuni editori,

52 Sull'incubazione, L. DEUBNER, De incubatione; M. HAMILTON, lncubation;

J. PLEY, Incubatio, e M. WACHT, Inkubation, con bibliografia. Sulla funzione del


sonno e del sogno, A. M. DI NoLA, Sogno e visione; M. FRENSCHKOWSt.<I - C. MoR-
GENTHALER, Traum; B. KILBORNE, Dreams, specie pp. 484-488. In particolare,
per la tradizione greca pagana, G. Gumomzz1, Sogno, diagnosi, guarigione.
53 Cfr. le testimonianze raccolte da L e E. EoELSTEIN, Asclepius.
54 AELIANUS, CLAUDIUS, Varia hisloria, XX, l: "Non disperare, e dì addio ai
medici ed alle loro pozioni; prendi tutte le corone di rose offerte ad Afrodite,
quando sono appassite, sminuzzate e spargine la polvere sul tumore". Tradu-
zione di Nigel G. Wilson.
55 lusTINUS, Apologia /, 14, l. Traduzione di Giuseppe Girgenti.

56 Cfr. G. GumoRIZZI, I demoni e i sogni.


188 CAPITOLO 6

a partire dal Wilamovitz, correggono la lettura del manoscritto


Èyxocrf.L(c.ù'V in Èyxof.L(c.ù'V (encomi). Wilamovitz medesimo, a riguardo
del presunto accenno agli encomi, intesi come panegirici e lodi che
i falsi dèi si godono prima di abbandonare il malato, avanzava il
sospetto che Taziano avesse presente un riferimento attuale ben
preciso: l'elogio agli dèi tenuto da Elio Aristide (129-189 circa) per
l'ottenuta guarigione dalla sua infermità. Aristide infatti soffrì per
sedici anni di una malattia contro la quale nulla poterono i medici,
ma che dopo lunghe cure fu guarita da Asclepio; a questo avve-
nimento fanno riferimento le sue sei Orazioni sacre (le:pot MyoL),
un esempio di panegirico per un dio pronunciato a motivo di una
guarigione che si ritiene da lui causata 57 . Forse tale suggestione del
Wilamovitz è nata dalla lettura di questo passo tazianeo:
I demoni vengono visti pure dagli psichici, allorché prendono l'ini-
ziativa di mostrarsi agli uomini o per farsi prendere in considera-
zione da loro o per danneggiarli trattandoli da nemici - non c'è
infatti da fidarsi di loro come amici - o per dare ai loro simili l'oc-
casione di adorarli58 .
Qui, infatti, si tratta proprio di una apparizione dei demoni per
ottenere credito e adorazione. Tuttavia la correzione in Èyxof.L(c.ù'V non
mi pare impellente, poiché anche il godere TW'V Èyxc.ùcrf.L(c.ù'V può di
per sé essere uno scopo perseguito dai demoni. Essi, infatti, "privi
dell'elemento carnale", essendo di "costituzione spirituale, come
quella del fuoco e dell'aria" (15, 3), potrebbero approfittare della
loro presenza nell'ossesso per godere dei vantaggi derivanti dal
fatto di aver assunto un corpo. Può essere illuminante il con-
fronto con il già citato passo di Minucio, ove si dice che i demoni
abbandonano l'ossesso dopo aver goduto del profumo delle vittime
sacrificate sugli altari. Da parte pagana, Porfirio ci informa del
fatto che i corpi sono invasi dai demoni in quanto essi "godono
dei cibi... del sangue e delle immondezze, e per trarne piacere
penetrano dentro chi ne fa uso" 59 • Se il richiamo ad un encomio
può far pensare a qualche sorta di panegirico pronunciato pub-
blicamente, in seguito al quale i demoni avrebbero abbandonato

57 Traduzione italiana e commento di S. NicosiA, Elio Aristide. Discorsi


sacri.
58 TATIANUS, Oratio ad Graecos, 16, 2. Traduzione di Salvatore Di Cristina.

59 PoRPHYRIUS, De philosophia ex oraculis haurienda, in EusEBIUS CAESARIEN-

SIS, Praeparatio Evangelica, IV, 23, 1-5.


TAZIANO SIRO 189

l'infermo, questa lettura conservativa del testo tràdito mi pare


abbia buoni elementi in favore della propria autenticità.

3. Possessione ed esorcismo
I passi sopra riportati potrebbero prestarsi ad un'interpretazione
correlata alla possessione demoniaca: nei casi in cui la malattia sia
dovuta all'intervento di un demonio, infatti, la guarigione dovrà
necessariamente essere ottenuta con la cacciata del medesimo (fatta
eccezione per i casi in cui sarà il demone stesso ad abbandonare
l'ammalato, per attribuirsi il merito di averlo risanato).
Anche se il soggetto (16, 3) è semplicemente definito come sof-
ferente (XcXfLVWv), alcuni elementi avvalorano tale interpretazione:
anzitutto, il paragone - tratto da Giustino - con i briganti, il che
invita subito a pensare ad un vero e proprio "furto" della per-
sona operato dai demoni che se ne impadroniscono. Poi, il fatto
che si parli di scompigliamento o agitazione dello stato del corpo
(xpoc8oc(vw) e che la furia dei dèmoni sia paragonata ad una tem-
pesta, richiama alla mente i fenomeni di possessione diabolica che
causano un vero e proprio sconquassamento delle membra: è anche
a motivo di ciò che i posseduti erano detti energumeni, essendo in
balia della èvépyeLoc demoniaca, spesso palesata sotto forma di vio-
lenta agitazione motoria. Anche Heinrich Wey pensa che questo
passo si riferisca ad una infermità causata dall'ossessione diabo-
lica60.
La sofferenza causata dall'astuto intervento degli dèi, atto ad
ottenere benefici per sé, è causata da un'attività descritta con il
verbo è7tL<:pOLTcXW: esso, che io ho reso con invadere, può conservare
anche il semplice senso di venire, visitare. Ma si tratta di un qualche
cosa di più di una semplice visita: in seguito con questo termine
ci si riferirà anche alla presenza della divinità nelle immagini61 ,
si descriveranno l'incarnazione del Verbo62 , la discesa dello Spi-
rito Santo a Pentecoste63 o la consacrazione epicletica delle specie

60 H. WEY, Die Funktionen der b6sen Geister, p. 220.


61 ATHANASIUS ALEXANDRINUS, Contra gentes, 20, 21-23: "Ma se il divino
dimora (~mq>m-r~) nelle statue grazie alla scienza, a che cosa serve ancora la
materia, giacché la scienza risiede negli uomini?".
62 ISIDORUS PELUSIOTA, Epistulae, l, 139 (col. 273, 34-35).
63 EVAGRIUS SCHOLASTICUS, Historia ecclesiastica, p. 8, 16-18: "Il giorno della
santa Pentecoste, nel quale discese in noi (lJfLLV ~7te:q>o(njae:) lo Spirito vivifi-
190 CAPITOLO 6

eucaristiche64 • Tutte attività, queste, che riguardano un genere di


"venuta" che assume il carattere di una permanenza, di un'inabi-
tazione. Evidentemente, destinatarie della venuta del demone sono
le membra dell'uomo, il che è sufficiente ad obbligarci a pensare
ad un'azione locale esercitata sulla persona. D'altra parte la guari-
gione dell'infermo coincide con un abbandono (&m:tfLL) o con l'atto
di spiccare il volo (oc7to7te't'Ofl.OCL) da parte dei demoni che lasciano
il corpo dell'ammalato, come se essi durante la malattia avessero
realmente dimorato nella persona. Ed il risultato è che quella per-
sona viene ricondotta alla sua condizione iniziale, qual era prima
di essere colpita dalla malattia.
Che Taziano considerasse come possedute le vittime dell'atti-
vità nequissima dei demoni, è confermato anche dall'appello alla
potenza (Mvoc[J.tç) della parola di Dio. Si potrebbe pensare ad un
riferimento agli scongiuri pronunciati sull'ammalato, affinché egli
potesse essere liberato dalla presenza demoniaca. In secondo luogo,
il riferimento ai demoni atterriti (3e:3t6't'e:ç) e colpiti (7tÀ'YJ't"t'6[Le:vm)
nel momento della loro fuga, ci induce a pensare ad una precisa
azione possente condotta nei loro riguardi. Quello del terrore
è un tema comune nella descrizione delle formule esorcistiche: i
demoni si allontanano dal corpo che posseggono, atterriti e col-
piti dalle parole pronunciate dall'esorcista, e lasciano quindi luogo
alla guarigione. Manca però un resoconto più preciso di queste
parole: Taziano non si spinge oltre, e fa riferimento ad una gene-
rica "parola della potenza di Dio". La documentazione, in questo
caso, non ci concede di ipotizzare quale forma precisa potessero
assumere questi scongiuri.

cante".
64 IOANNES CHRYSOSTOMUS, In loannem homiliae, 45, 2 (col. 253, 11-13): "Il

pane, a causa dello Spirito che viene (~~<X 't'Ò tmcpo~'t'WV ITve:Gf.La.), diventa pane
celeste; Liturgia Sancii /acobi, in B. C. MERCIER, La liturgie de saint Jacques,
p. 206, 9: "Manda lo Spirito tuo santissimo, Sovrano, su di noi e su questi
preziosi doni presentati, perché sopravvenendo con la santa, buona e gloriosa
sua venuta (tva. tmqJot-rijcra.v 't"(j ocy[~ xa.Ì &:ya.6ji xa.Ì ~~6é;<p a.Ò't'OU 7ta.poucr[~)
santifichi e faccia di questo pane il corpo santo di Cristo, e di questo calice il
sangue prezioso di Cristo".
CAPITOLO 7
TEOFILO DI ANTIOCHIA

l. Demoni e poeti
Dagli scritti di Teofilo (eletto vescovo di Antiochia nel 169,
morto non oltre il 188 1) emerge un accenno alla possessione diabo-
lica inserito nell'ambito di una disquisizione sul valore della poe-
sia pagana. Esso è contenuto nei tre libri Ad Autolico2 , unico trat-
tato sopravvissuto di questo autore3 ; l'opera, messa per iscritto in
seguito ad una polemica orale svoltasi con Autolico, un colto amico
di Teofilo ancora pagano, fu redatta poco dopo il 180, giacché in
essa si ricorda la morte dell'imperatore Marco Aurelio (17 marzo

1 Su Teofilo, vedi la monografia di R. RoGERS, Theophilus o[ Antioch. Un'in-


troduzione ancora valida resta quella di E. RAPISARDA, Teofilo di Antiochia,
pp. IX-CXXVI. Si ricorra quindi a G. BARDY, Théophile d'Antioche, pp. 7- 53;
N. ZEEGERS-VANDER VoRST, Théophile d'Antioche; ID., Theophilus von Antiochen;
ID., Les trois cultures (tutti e tre con bibliografia ulteriore). Su alcuni aspetti
particolari, R. M. GRANT, Scripture, Rhetoric and 'Theology; D. J. Gooo, Rheto-
ric and Wisdom; M. SIMONETTI, La Sacra Scrittura in Teofilo d'Antiochia. Sulla
demonologia, H. WEY, Die Funktionen der bOsen Geister, pp. 91-97.
2 Su questo trattato, R. M. GRANT, Theophilus o[ Antioch lo Autolycus (data-
zione, tematiche, influenze giudaiche); lo., The Problem o[ Theophilus (elleni-
smo e giudeo-cristianesimo). J. M. VERMANDER, Théophile d'Antioche, ritiene
che il III libro dell'opera costituisca una confutazione del Discorso vero di Celso;
si oppongono R. J. HAUCK, Omnes contra Celsum? e R. M. GRANT, Greek Apo-
logists, pp. 133-135. Il carattere catechetico e missionario dell'Ad Autolycum è
esposto da F. BERGAMELLI, Il linguaggio simbolico.
3 Gran parte delle sue opere (elencate in EusEBIUS CAESARIENSIS, Historia

ecclesiastica, IV, 24 e in HIERONYMUS, De viris illustribus, 25) è andata smarrita:


un Adversus Hermogenem (cfr. F. BoLGIANI, Sullo scritto perduto); un Adversus
Marcionem; un Tractatus ad aedificationem Ecclesiae; un lle:pì {cr-ropL6>v, dedi-
cato alla genealogia dell'umanità (Ad Autolycum, II, 30-31; Il, 19). Il valore
di questi riferimenti è stato analizzato da A. PINCHERLE, Teofilo antiocheno
"storico"?, il quale conclude negando l'esistenza di un tal libro, richiamando
Teofilo - a suo parere - la Genesi. Girolamo afferma di aver visto anche dei
commentari sugli Evangeli e sui Proverbi di Salomone a lui attribuiti, ma dubita
della loro autenticità; un accenno ad un'armonia dei Vangeli è tramandato da
HIERONYMUS, Epistulae, 121, 6.
192 CAPITOLO 7

180). In questo scritto Teofilo respinge sdegnosamente la cultura


pagana in ogni sua manifestazione. Tale posizione, che lo avvicina
a Taziano, può essere spiegata in parte con il fatto che anch'egli
è asiatico, e sente meno fortemente il fascino della cultura greca 4;
la sua conversione adulta al cristianesimo, inoltre, aveva segnato
la sua separazione da un ambiente giudaico, non pagano 5 • Pur
mettendo in opera una gran documentazione a riguardo, egli tradi-
sce una conoscenza superficiale del paganesimo, costruita su fonti
antologiche e mai profondamente esaminate; tuttavia Teofilo è un
autore che insiste più di altri sull'argomentazione protrettica, impe-
gnandosi maggiormente nella dimostrazione positiva delle verità
cristiane, ed accantonando il tema controversistico ed apologetico
vero e proprio6 •
Sulla demonologia, Teofilo ha pochi accenni: il cattivo demone
che scappa dinanzi a Dio, Satana o dragone, era dapprima un
angelo, e fu colui che spinse Eva a peccare per mezzo del ser-
pente7. I demoni vivono nelle statue delle divinità pagane, ren-
dendo impuri coloro che le costruiscono o che le venerano 8 • La

4 Il luogo di nascita di Teofilo non è ben precisabile; il riferimento alla

regione presso il Tigri e l'Eufrate (THEOPHILUS ANTIOCHENUS, Ad Autolycum,


Il, 24) non è chiaramente collegabile al suo luogo di origine.
5 Sull'origine ebraica di Teofilo o sulla sua conversione all'ebraismo prima
dell'accettazione del cristianesimo, N. ZEEGERS-VANDER VoRST, Les trois cultu-
res. Si veda anche W. R. ScHOEDEL, Theophilus o{ Antioch.
6 Sulla teologia protrettica dell'Ad Autolycum, R. RoGERS, Salvation by Law.
7 THEOPHILUS ANTIOCHENUS, Ad Autolycum, Il, 28 (Il, 37): "E poiché in prin-
cipio Eva fu sedotta dal serpente, e fu l'origine dell'errore, il cattivo demone,
chiamato Satana, che le parlò per mezzo del serpente, agendo ancora negli
uomini da lui invasati, viene invocato col nome di Euan. Il demone è poi anche
chiamato dragone, perché fugge dinanzi a Dio. Giacché in principio era angelo"
(traduzione di Emanuele Rapisarda). Qui Teofilo allude alle Baccanti e cerca
di ricollegare questo culto con la tradizione biblica; Euan sarebbe Bacco (cfr.
Ovmius, PuBuus NASO, Metamorphoses, IV, 15), una giustapposizione che farà
anche Clemente Alessandrino (Protrepticus, 12). Per quanto riguarda l'etimolo-
gia di dragone che appare dal testo, è basata sulla somiglianza di 8p&xwv con
tbto8E8por;xÉvou. Edmondo Lupieri mi suggerisce la somiglianza con il termine
euanthas che a dire di Ireneo (Adversus haereses, V, 30, 3) sarebbe una interpre-
tazione del numero apocalittico 666; al contesto apocalittico rimandano anche
la menzione di serpenti e dragoni demoniaci.
8 THEOPHILUS ANTIOCHENUS, Ad Autolycum, l, 10 (l, 15): "Non sono infatti
dèi, ma immagini, come sopra osservammo, e opera di mano di uomini e
TEOFILO DI ANTIOCHIA 193

demonologia non occupa in Teofilo molta parte, anzi, gli accenni


sono fugaci, e nessun riferimento troviamo sull'angelologia; non è
improbabile che Teofilo abbia trattato di questi aspetti in un'altra
opera9 • L'unica citazione che ci interessa è tratta dal libro Il, nel
quale Teofilo passa in rassegna tutte le favole, le assurdità e gli
errori diffusi dai poeti e dai filosofi pagani, mettendo in evidenza
le contraddizioni in cui essi sono caduti. Una parte importante è
occupata dall'argomentazione sulla poesia; ogni volta che l'autore
cita i poeti non ha che parole di condanna, considerandoli come
maestri di errore, i quali hanno la responsabilità di avere divul-
gato le assurde favole mitologiche. Filosofi, storici e i poeti sono
accomunati nel giudizio negativo di Teofilo: "Gli scrittori vogliono
scrivere pile di libri per vana gloria, chi sugli dèi, sulle guerre, sulle
stagioni, chi su favole inutili e su altri vani travagli" 10 • Ciò che
Teofilo dice dei singoli poeti non ha speciale interesse, non essendo
che l'applicazione ad ogni caso particolare di un giudizio comples-
sivo di condanna, che occupa tutto il II libro; ma dopo aver preso
in considerazione alcuni passi di scrittori greci assai notP 1, l'autore
introduce un'osservazione che funge da cerniera di passaggio per
il discorso successivo, nel quale si contrappongono a questi pseu-
dosapienti antichi le parole degli uomini ispirati da Dio, i profeti
dell'Antico Testamento. Trattando appunto dei poeti, Teofilo dice:
Pur nolenti, ammettono di non conoscere la verità; ispirati da
dèmoni e da essi gonfiati, quel che dissero, Io dissero per mezzo di
loro. Giacché in verità i poeti, Omero ed Esiodo, ispirati - come
dicono - dalle muse, parlarono con fantasia ed errore, e non per
pura ma bensì per falsa ispirazione. Il che appare manifestamente
da questo fatto, se anche gli indemoniati, a volte ed anche fino ad
oggi, vengono esorcizzati nel nome del Dio vero, e quei falsi spiriti

demoni impuri. E tali divengono anche coloro che li fabbricano, e coloro che in
essi ripongono speranze". Traduzione di Emanuele Rapisarda.
9 Ad esempio, egli stesso afferma di aver spiegato altrove che il dragone o il
diavolo era stato in principio un angelo (THEOPHILUS ANTIOCHENUS, Ad Aulo/y-
cum, II, 28); poiché nell'Adversus Hermogenem di Tertulliano (11, 3) si ritrova
il ricordo di questa spiegazione, probabilmente Teofilo ne aveva trattato nella
sua opera perduta Contro Ermogene, alla quale Tertulliano si ispira.
IO THEOPHILUS ANTIOCHENUS, Ad Aulolycum, III, l.
11 Cerca di ricostruire le fonti scritte a cui Teofilo attingeva N. ZEEGERS-

VANDER VoRST, Les citations poétiques; lo., Les citations des poètes, specie
pp. 111-142.
194 CAPITOLO 7

confessano di essere i dèmoni che un tempo operavano in quelli.


Sennonché talvolta alcuni di loro, resi sobri nell'anima, dissero cose
concordi ai profeti, affinché <servisserO> come testimonianza per loro
e per tutti gli uomini riguardo alla monarchia di Dio, al giudizio e
alle restanti cose di cui parlarono 12 •
Per Teofilo è chiara l'identità tra le Muse pagane ispiratrici dei
poeti e i demoni dei cristiani. In questo, egli si colloca sulla scia
di alcune considerazioni già esposte da Giustino, il quale prima di
lui aveva criticato tutta la mitologia pagana, presentandola come
frutto dell'inganno demoniaco 13 • Ma in Giustino mancava la piena
identificazione tra le entità ispiratrici dei poeti e i demoni, nel
modo in cui viene qui energicamente affermata. Minucio Felice
riprenderà questa concezione: "Questi spiriti impuri, adunque, cioè
i dèmoni [ ... ] talvolta ispirano i vati" 14 • Secondo tale interpreta-
zione, pertanto, la responsabilità di ciò che i poeti pagani hanno
scritto e narrato è completamente demoniaca. Ne consegue che,
seguendo il ragionamento di Taziano, gli scrittori e i narratori di

12 THEOPHILUS ANTIOCHENUS, Ad Autolycum, II, 8 (II, 10-11): Kcd fL~ 6iÀov-

nç OfLOÀoyoucnv TÒ OCÀ1J6È:ç fL~ È7tlcrTcxcr6cxt' Ù1tÒ 3cxtfL6vwv 3è: ÈfL7tVe:ucr6ine:ç


xcxt ù1t' cxÒTwv cpucrtwfUne:ç & e:!1tov 3t' cxÒTwv d1tov. "H 't'O t y!Ìp o l 7tOtl)TCX[,
"OfLl)pOç a~ XCXL 'Hcrlo3oç, &ç cpcxcrtv imò Moucrwv ÈfL7tVe:ucr6ivnç, <pCXV'!'CXcr[~
xcxt 7tÀ&V1) ÈÀ&ÀlJcrcxv, xcxt oò xcx6cxp<j) 7tVE:UfLCX'!'t ocÀÀ<Ì 7tÀciV<p. 'Ex '!'OU'!'ou 8è:
crcxcpwç 8dxvuTcxt, e: t xcxt o t 3cxtfLovwvnç Èv(on x ex t fLÉXpt Tou 8e:upo èçopxl-
~oncxt xcxT<Ì Tou òv6fLcxToç Tou l:lnwç E>e:ou, xcxt OfLOÀoye:'L cxÒT<Ì T<Ì 7tÀ~vcx
7tVE:UfLCXTCX dvcxt 8cxlfLove:ç, ol xcxt T6Te: e:lç Èxe:lvouç Ève:py~crcxvnç, 7tÀ~v ÈvloTÉ
'!'tve:ç 'l'1j ~UX~ ÈXV~~cxne:ç Èç CXÒ'!'WV d7tOV OCx6Àou6cx '!'OLç 7tpO(jl~'t'CXtç, 57tWç dç
fLCXp't'Uptov CXÒ'!'OLç 'l't XCXL 7tOCcrtV ocv6pw7totç 7ttpl TE: E>e:ou fLOVcxpxlcxç XCXL xp[-
cre:wç xcxt Twv Àomwv wv ~rpcxcrcxv.
13 IusTINUS, Apologia l, 23, 3: "Prima che <Gesù Cristm si facesse uomo tra

gli uomini, alcuni, per opera dei cattivi demoni di cui abbiamo parlato, e attra-
verso i poeti, hanno presentato come realmente accaduti miti che hanno inven-
tato"; 54, 1: "Coloro che tramandano le mitologie create dai poeti, non offrono
alcuna dimostrazione ai giovani discepoli, e noi vogliamo dimostrare che sono
opera dei cattivi demoni per ingannare e sviare il genere umano" (traduzione
di Giuseppe Girgenti); ID., Dialogus cum Tryphone ludaeo, 69, 1: "Sappi dun-
que, Trifone, - continuavo il mio discorso - che colui che .è chiamato diavolo
ha prodotto delle falsificazioni in modo che circolassero tra i greci, cosi come
ha operato per mezzo dei maghi egiziani e, al tempo di Elia, dei falsi profeti"
(traduzione di Giuseppe Visonà). Su questo, cfr. M. CARENA, La critica della
mitologia pagana; H. RAHNER, Miti greci.
14 MtNUCIUS, FELIX, Octavius, 27, l.
TEOFILO DI ANTIOCHIA 195

miti non sono essi stessi la fonte di ciò che scrivono, ma solamente
portavoce di quanto i demoni ispirano loro.
Mi pare opportuno soffermarmi maggiormente su un particolare
che, a mio modo di vedere, risente dell'interpretazione che la stessa
cultura pagana dava dell'arte poetica. In che modo nell'antichità
veniva descritta l'attività artistica del poeta? Come frutto della
propria arte e delle proprie capacità, o piuttosto come un'ispira-
zione divina, che può ridurre fino al minimo l'intervento creativo
dell'uomo? Platone descrive l'ispirazione poetica come €v6oumot<rf1.6ç
o fLotV(ot, a causa della quale i poeti non sono· coscienti di ciò che
scrivono e non possono spiegare la fonte o il significato delle loro
opere 15 ; nel suo disprezzo per quest'arte, egli descrive i poeti come
semplici imitatori, che agiscono non per virtù propria ma per
ispirazione divina 16 . Questo concetto di furor poeticus, visto come
ispirazione ottenuta mediante una sorta di visitazione da parte di
una forza esterna, finì talora per avere il sopravvento - ma non
prima del v secolo - sull'interpretazione che valorizzava invece la
parte svolta dal genius del poeta, ossia da quella sua qualità poe-
tica permanente e strettamente legata alla persona. Fin da Omero,
infatti, era riconosciuta l'ispirazione delle Muse, che poteva essere
anche temporanea ed irripetibile, ma era pur ben evidenziata l'im-
portanza della personale e permanente abilità del poeta, della sua
memoria, dell'ingegno, della conoscenza e della rappresentazione
che egli era in grado di creare 17 . Se era pacifico che la sapienza del
poeta fosse dovuta in parte all'ispirazione delle Muse 18 , fu Platone

15 PLATO, lon, 533e-534a: "Tutti i buoni poeti epici non per arte, ma per-
ché ispirati e invasa ti dalla divinità, esprimono tutti quei loro bei canti [ ... ]
Perso ogni freno razionale, compongono quelle loro belle poesie" (traduzione di
Francesco Adorno); ID., Apologia Socratis, 22b-c: "I poeti non già per alcuna
sapienza poetavano, ma per non so che naturale disposizione e ispirazione,
come gli indovini e i vaticinatori; i quali infatti dicono molte cose e belle, ma
non sanno niente di ciò che dicono" (traduzione di Manara Valgimigli); ID.,
Phaedrus, 245a: "Chi, privo della follia ispirata dalle Muse, giunge alle porte
della poesia, convinto che basterà la tecnica a renderlo poeta, sarà un poeta
mancato" (traduzione di Giovanni Cambiano).
16 Cfr. R. VELARD1, Enthousiasmòs; G. CouN, Platon et la poésie, pp. 2-8;
P. MuRRAY, Inspiration and Mimesis in Plato.
17 Se ne occupa, con esempi, P. MURRAY, Poetic Inspiration; in generale,
K. THRAEDE, Inspiration, coli. 329-340.
18 Cfr. PtNDARUS, Paeanes, VI, 51-58: "Di queste cose è possibile per gli dèi
convincere i poeti, gli uomini sono incapaci di trovarle. Orsù, poiché vergini
196 CAPITOLO 7

colui che mise per primo in opposizione i concetti di tecnica e di


ispirazione poetica, fino ad allora visti come coesistenti e comple-
mentari. Anche Democrito, spesso considerato come precursore di
Platone, riconosceva l'importanza dell'ingegno poetico 19 .
Teofilo, in definitiva, nella sua critica della poesia come frutto
dell'ispirazione demoniaca, si inserisce pienamente nel solco dell'in-
terpretazione platonica dell'arte. Riprendendola e riutilizzandola
polemicamente a suo piacimento, egli può condurre all'estrema
conseguenza il suo pensiero: se è vero che i poeti non sono respon-
sabili di ciò che creano, ispirati come sono dalle Muse o dalle divi-
nità, ne consegue che le loro parole sono espressioni non umane. E
se gli dèi pagani sono in realtà dei demoni, come Teofilo ritiene,
queste parole saranno inevitabilmente parole demoniache, messe in
bocca ai poeti per allontanare l'uomo dall'unico vero Dio.

2. L'esorcismo come prova


A riprova di quanto appena affermato, Taziano si serve dell'ar-
gomentazione esorcistica: scongiurati dai cristiani, i demoni pre-
senti nei posseduti confessano di essere i medesimi ispiratori degli
antichi poeti. Omero ed Esiodo parlarono "con fantasia ed errore",
vittime di una "non pura, bensì falsa ispirazione": essi sono stati
"gonfiati" di menzogna, più che ispirati. La mitologia greca risulta
delegittimata nella persona dei suoi due più grandi rappresen-
tanti, e sono i demoni stessi a confermare quello che i poeti non
potrebbero né vorrebbero mai ammettere; il discorso potrebbe forse
essere esteso anche ai responsi dei vati e della Pizia, come sugge-
risce Johann Otto 20 • Una tale dimostrazione pare davvero toccare
il fondo dello sfruttamento dell'argomentazione esorcistica: sembra

Muse- giacché tutto sapete- avete col padre dalla nera nube e con Mnemosine
questo compito, prestate ascolto ora". Traduzione di Giacomo Bona.
19 DEMOCRITUS, Fragmenta, 21: "O mero creò un magnifico insieme di parole
d'ogni genere, perché ebbe il dono di un ingegno divino". Traduzione di Vitto-
rio E. Alfieri.
20 J. K. T. Orro, Theophili episcopi antiocheni ad Autolycum, p. 75, nota 28.

È quanto farà Origene: "Quando la Pizia pronuncia gli oracoli, che razza di spi-
rito dobbiamo pensare che sia questo, che diffonde le tenebre sulla sua mente e
sui suoi pensieri? Non è forse simile per natura a quella specie di demoni, che
non pochi cristiani scacciano dai sofferenti?" (Contra Celsum, VII, 4. Tradu-
zione di Aristide Colonna).
TEOFILO DI ANTIOCHIA 197

quasi una circostanza grottesca, se non si tiene presente il contesto


culturale di forte opposizione alla mitologia pagana.
È interessante il punto in cui Teofilo afferma che gli spiriti mal-
vagi vengono esorcizzati e confessano di essere demoni "a volte ed
anche sino ad oggi" (Èv(o-re x~t fJ.ÉXPL -rou 8eupo). Secondo Robin
L. Fox ciò significa che gli esorcismi "funzionavano a volte" (worked
sometimes) 21 : si potrebbe allora tenere in considerazione il fatto che
Autolico, il destinatario dello scritto, era un pagano colto, davanti
al quale l'argomento esorcistico non doveva fare tanta impressione;
Teofilo avrebbe dunque preferito limitare in qualche modo la sua
affermazione, per non dare l'impressione di credere incondiziona-
tamente all'efficacia di quegli esorcismi. C'è però un'altra più pro-
babile possibilità: se quell'èv(on va riferito all'ultima parte della
frase, il tutto va letto così: "A volte ed anche ad oggi succede che
gli indemoniati vengano esorcizzati nel nome del Dio vero, e che
quei falsi spiriti confessino di essere dèmoni".
È evidente che Teofilo non voleva dare una circostanziata descri-
zione del rito dell'esorcismo a lui noto; il breve accenno è semplice-
mente funzionale al suo discorso sull'origine demoniaca della poesia.
Possiamo tentare comunque di ricavare da questo passo qualche
informazione sull'uso esorcistico soggiacente alle parole di Teofilo.
L'esorcismo, identificato dall'uso del termine tecnico èçopx(~w, è
diretto contro gli indemoniati, detti a~LfJ.OVW'Vnç. Esso prevede
che i demoni parlino con l'esorcista attraverso il corpo dell'inde-
moniato, secondo un modello consueto, testimoniato anche dalle
narrazioni evangeliche. L'esorcista, evidentemente, in forza della
propria autorità spinge lo spirito malvagio che opera nell'ossesso a
rivelare la propria identità, e possibilmente il proprio nome.
Il fatto che i demoni di cui parla Teofilo professino di essere le
Muse degli antichi poeti, ci induce a pensare che il rito prevedesse
il ricorso a qualche sorta di imposizione verbale coercitiva, di modo
che gli spiriti fossero costretti a dire il vero. Ed è esattamente qui
che si colloca il fulcro dell'argomentazione dell'autore: proprio per-
ché l'esorcismo induce i demoni a rivelare la loro autentica natura,
la confessione che essi presentano non può che essere tenuta per
veritiera. Facendo ricorso alla confessione degli indemoniati, tutta
l'ispirazione dei poeti - non esclusi Omero ed Esiodo - è svelata

21 R. L. Fox, Pagani e Cristiani, p. 348.


198 CAPITOLO 7

per quella che è, ossia un'impostura degli spiriti maligni; e ciò


è confermato dalla viva bocca di quest'ultimi. L'importanza del
tema della confessione estorta ai demoni esorcizzati, e la sua fun-
zione all'interno della competizione religiosa, sarà più volte ripresa
dagli autori successivi.
Rimane ancora una breve indicazione su cui fissare la nostra
attenzione: l'esorcismo ricordato da Teofilo è pronunciato "nel
nome del Dio vero" (xocTIX TOU òv6(J.ocToç TOU 6VTwç 0eou). La
menzione della divinità qui è generica, diversamente da quanto si
ricavava dagli scritti di Giustino, dove il nome del Cristo rivestiva
una funzione predominante.
CAPITOLO 8
TEODOTO GNOSTICO

Tra i manoscritti degli Stromati e delle Ecloghe profetiche di


Clemente Alessandrino, si inserisce una raccolta di Estratti delle
opere di Teodoto e della scuola detta orientale, all'epoca di V alen-
tino1. Il nome di Teodoto è ignoto alle altre fonti, ma dall'autore
dell'Elenchos possiamo trarre qualche informazione sulle due scuole
valentiniane, quella orientale di Marco, Assionico e Ardesia ne (o
Bardesane?) e quella italiana di Eracleone, Tolomeo e Florino 2 • Si
tratterebbe quindi di un discepolo di Valentino, forse contempora-
neo a Tolomeo e quindi attivo tra il 160 ed il 170. Gli Estratti sono
un testo di interpretazione particolarmente difficile, a causa del suo
carattere composito; si tratta di note tratte da testi valentiniani,
non sempre di scuola orientale, staccate dal loro contesto origina-
rio e accostate l'una all'altra, senza che vi sia necessariamente un
ordine logico tra di loro, e riproposte alla lettura inframmezzate
da commenti e considerazioni del medesimo Clemente3 . Il problema
principale, quindi, è isolare ciò che è di Clemente da ciò che è di
Teodoto, o di qualche imprecisato seguace di Valentino 4 ; e soprat-
tutto, per il nostro scopo, isolare le pratiche liturgiche gnostiche da
quelle della Grande Chiesa, o riconoscerne la somiglianza. È infatti
assai improbabile, come già notava Louis Duchesne, che gli gno-
stici "non abbiano improntato le loro usanze al rituale già stabilito

1 EK TON E>EO~OTOY KAI THI: ANATOAIKHI: KAAOYMENHI:


~I~AI:KAAIAI: KATA TOYI: OYAAENTINOY XPONOYI: EIIITOMAI.
2 Ps. HtPPOLYTUS, Refutalio omnium haeresium, VI, 35, 5: "La loro scuola
si è divisa e una è chiamata orientale e l'altra italiana". Traduzione di Manlio
Simonetti.
3 Ernesto Buonaiuti si spinge a ritenere l'opera come "appunti presi da

Clemente e utilizzati nella redazione stessa degli Stromala, specialmente come


guida e sussidio alla intelligenza delle dottrine gnostiche impugnate" (Fram-
menti gnostici, p. 144).
4 Cfr. F. SAGNARD, La gnose valenlinienne.
200 CAPITOLO 8

al momento della loro separazione" 5, ed è anche certo che l'orto-


dossia condivideva con essi qualche usanza liturgica. Sulla scia di
studi precedenti, François Sagnard ha operato una suddivisione dei
testi abbastanza sicura, alla quale faccio riferimento6 •

l. Un battesimo gnostico
L'ultima sezione degli Excerpla (67-86) è dedicata al battesimo,
a dimostrazione dell'interesse per questo sacramento da parte della
corrente valentiniana che si esprime attraverso gli estratti clemen-
tinF. Il battesimo gnostico qui descritto sembra avere una forte
connotazione antidemonica8 • Anzitutto, esso va interpretato come
un rituale che ha lo scopo di collegare il neofita a Cristo, e gli per-
mette di ottenere due grandi risultati: la separazione dalle potenze
del male e l'incorporazione a Cristo e alla sua vita. Con il bat-
tesimo, l'uomo si sottrae all'attacco delle potenze malvagie, che
cercano di ridurlo in propria schiavitù; egli però potrà liberarsene,
come Cristo se ne liberò durante la sua vita terrena:
Come dunque la nascita del Salvatore ci ha sottratti al divenire
e alla fatalità, così anche il suo battesimo ci ha allontanati dal
fuoco, e la sua passione dalla passione, affinché potessimo seguirlo
in ogni cosa. Infatti colui che è battezzato in Dio è avanzato verso
Dio e ha ricevuto il potere di camminare sopra scorpioni e serpenti
(Le 10, 19), potenze malvagie. E agli apostoli è ordinato: Andate,
annunciate, e coloro che credono battezzateli nel nome del Padre, del
Figlio e dello Spirito Santo (Mt 28, 19; Mc 16, 15) nei quali siamo
rigenerati, diventando superiori a tutte le altre potenze9 •

5 L. DucHESNE, Origines du culle chrétien, p. 355.


6 F. SAGNARD, Clémenl. Exlrails de Théodote, introduzione. Si vedano anche

l'edizione commentata di R. P. CASEY, The Excerpla ex Theodolo, e i passi tra-


dotti e commentati da M. SIMONETII, Testi gnostici, pp. 355-395.
7 Sul culto gnostico, G. FILORAMO, L'attesa della fine, pp. 274-285.
8 Si vedano i commentari di F. SAGNARD, Clément. Extraits de Théodote,
pp. 229-239; A. BRoNTESI, La soleria in Clemente, pp. 632-641; V. SAXER, Les
rites de l'initiation, pp. 67-71; A. CosENTINO, Il battesimo gnostico, pp. 153-156;
E. FERGUSON, Baptism in lhe Early Church, pp. 280-283.
9 CLEMENS ALEXANDRINUS, Excerpla ex Theodolo, 76: 'f!ç oÒv ~ yÉvVljcr~ç 't"OU
~{t)Tijpoç ye:vécre:{t)ç ~(.Liiç xoct Et(.Lotp(.LéVl)<:; t~é~otÀEv, o\h{t)ç xoct -rò ~OC7t't"~cr(.Lot
ocù-rou 1tupòç ~f.Lii<:; t~dÀe:-ro xoct -rò 1toc6oç 1toc6ouç, tvoc xoc-roc 1tocv-roc !XxoÀou6~­
!J{t)(.LEV otÙ-r(jl. 'Q y<Ìp EL<:; @e:Òv ~ot1t't"~cr6dç EL<:; @e:ÒV tx~pl)GEV Xott dÀl)<pEV
È~oucr(ocv t7tOCV{t) crxop1tL{t)V Xott iS<pE{t)V 7tEpmot't"EtV, 't"WV Lluvoc(.LE{t)V 't"WV 7t0-
TEODOTO GNOSTICO 201

Teodoto (o chi per esso) istituisce un paragone tra il battesimo di


Gesù ed il battesimo dei cristiani; come il Salvatore non è soggetto
alle passioni, così anche lo pneumatico, nella sequela del Cristo,
riesce a dominare tutto il regno demiurgico (o psichico) e quello
ilico. Se tra i valentiniani vi erano coloro che ritenevano inutile il
battesimo (Tolomeo ed Eracleone, probabilmente), altri operavano
una distinzione tra il battesimo ordinario o sensibile ed il batte-
simo perfetto, spirituale ed intelligibile, completato dalla gnosi 10 •
Si intravede qui la capacità che il battesimo ha di combattere le
potenze malvagie, il che è confermato dall'uso della citazione del
V angelo di Luca, dove Gesù concede la potestà di calpestare i ser-
penti e gli scorpioni, che anche altri autori utilizzano in un conte-
sto esorcistico 11 • È interessante trovare l'uso del medesimo passo
evangelico tra gli scritti valentiniani di Nag Hammadi (Xl, 2),
ancora in contesto battesimale:
[... ) secondo [... ) il modello di [... ) vederlo. È giusto per te ora
il mandare il tuo Figlio Gesù Cristo e che ci unga, affinché pos-
siamo calpestare la testa dei serpenti, la testa degli scorpioni e ogni
potenza del diavolo 12 .

In Teodoto, l'effetto del battesimo è la rigenerazione, che rende


il battezzato superiore a qualunque altra potenza non divina 13 •

V'ljpwv. Kod To"iç 'A7to(JT6Àotç ènéÀÀe:TIXt" lle:ptt6vTe:ç X'ljpU(J(Je:n, xiXÌ ToÙç


7tt(JTEUO\ITIXç fjiX7tTL~ETE e:tç "0VO(J.IX lliXTpÒç XIXÌ l'toi3 XIXÌ Òty(ou 0 \IEU(J.IXTOç,
e:[ç o\>ç cXVIXye:vv6l(J.e:61X, TW\1 ÀOL1tW\I ~uvli(J.E<ù\1 Òt7t1X(JW\I Ù7te:pliv<ù ytv6(J.e:vot.
10 Sui sacramenti presso gli gnostici, si veda anche K. KoscHORKE, Die Pole-

mik, pp. 142-148.


11 lusnNus, Dialogus, 76, 6: "Ed ancora con altre parole <Gesù> disse: Vi dò

il potere di camminare sopra serpenti, scorpioni e scolopendre e sopra ogni


potenza del nemico. Anche ora noi, che crediamo nel Gesù Signore nostro, cro-
cifisso sotto Ponzio Pilato, esorcizzando teniamo a noi sottomessi tutti i demòni
e gli spiriti maligni"; CYPRIANUS CARTHAGINENSIS, Epistulae, 69, 15, 2: "Anche gli
spiriti malvagi, che sono detti serpenti e scorpioni, vengono da noi calpestati
grazie alla facoltà che Dio ci ha dato".
12 Tractatus valentinianus, 40, 10-17: [...) K.t..T[~ ...] rrrynoc H[ ...)Hsy ~r~q
ccpcp[e ~ru T)eH[o)y ~ffiH~Y H06K'!Ifl[re Hi)iiC nexrHcTOC N<j[T)OJtC [HH~)H
%61Uo.ce eN.up[a)N [&)H NK.t..T~n~Tel NT~[ne) HH[zoq) ~YCP [NT~)ne NHoyooze
AN T&H [THp)c RnA•[~]so~oc.
13 Per l'autore del trattato gnostico Testimonium de anima (p. 134, 29) la
rigenerazione è il mezzo per ottenere la salvezza: cfr. J. M. SEVRIN, L'exégèse
de l'dme, pp. 77 e 110.
202 CAPITOLO 8

In questo senso, il battesimo è detto morte e termine della vecchia


vita, poiché noi rinunciamo ai principati malvagi, e vita secondo
il Cristo, della quale solo lui è il Signore. La potenza della trasfor-
mazione del battezzato non agisce sul corpo - infatti <dall'acqua>
risale il medesimo uomo -, bensì sull'anima. E appena risale dal
battesimo è chiamato servo di Dio e signore degli spiriti impuri; e
quelli che poco prima agivano su di lui, ecco che tremano 14 dinanzi
a luP 5 •
Il tema paolino del battesimo come partecipazione della morte di
Cristo e spoliazione dell'uomo vecchio 16 viene accostato alla rinun-
cia ai Principati malvagi, probabilmente una testimonianza del
rito della pubblica rinuncia a Satana pronunciata dal catecumeno,
condivisa anche dal battesimo cattolico 17 • La potenza dello Spirito
Santo agisce non sul corpo, ma sull'anima del neofita: infatti il
corpo risale dal lavacro battesimale nella stessa forma, ma l'anima
ne è trasformata. È importante la frase che segue ma il testo, pur-
troppo, è corrotto; alcuni, seguendo Hermann Usener, invece di è
chiamato servo di Dio e signore degli spiriti impuri ricostruirono è
chiamato servo di Dio anche dagli spiriti impuri (xoct 7tpÒç -rwv &xoc-
8&:p-rwv Àéye:-r<XL) 18 • La lettura xupLoç -rwv &xoc8&:p-rwv, proposta da
Rudolf Liechtenhan, fu accettata dagli editori Otto Stahlin e da

14 Cfr. Gc 2, 19: "Tu credi che c'è un Dio solo? Fai bene; anche i demòni lo

credono e tremano!".
15 CLEMENS ALEXANDRINUS, Excerpta ex Theodoto, 77: TocuT1) 6&vocTo<; xocl

TéÀo<; ÀéyeToct TOU 7t1XÀ1Xtou ~(ou TÒ ~li7tTtO"!J.IX, tX7tOTIXO"O"O{J-évwv ~!J.WV TIXL<;


7tOV1Jp1XL<; 'Apxoc"L<;, ~w~ 8è xocTÒt XptcrT6v, ~<; !J.6vo<; ocÙTÒ<; xupteuet. 'H Mvoc(.l.t<;
8è rij<; f.I.EToc~oÀlj<; Tou ~IX7tTta6évTo<; où m:pt TÒ O"Wf.I.IX (o ocÙTÒ<; ydtp &voc~oc[­
vet), ocÀÀÒt 1tepl ~ux~v. AùTlxoc 8ouÀo<; 0eou &f.1.oc Téì} &veÀ6e"Lv Tou ~IX7tTtO"f.1.1XTO<;
XIXL xupto<; TWV &xoc61ipTWV ÀéyeTIXt 7tVEU(.I.IiTwv· XIXL d<; lìv 7tpÒ ÒÀ[you Év~p­
youv, TOUTov ~8lj rpplacroucrw.
16 Rom 6, 3-6: "O non sapete che quanti siamo stati battezzati in Cristo

Gesù, siamo stati battezzati nella sua morte? Per mezzo del battesimo siamo
dunque stati sepolti insieme a lui nella morte, perché come Cristo fu risuscitato
dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare
in una vita nuova [ .. ] Sappiamo bene che il nostro uomo vecchio è stato croci-
fisso con lui, perché fosse distrutto il corpo del peccato, e noi non fossimo più
schiavi del peccato"; Col 2, 12: "Con lui infatti siete stati sepolti insieme nel
battesimo, in lui anche siete stati insieme risuscitati per la fede nella potenza
di Dio, che lo ha risuscitato dai morti".
17 Su questo rito, H. KmsTEN, Die Taufabsage.

18 F. J. DùLGER, Der Exorzismus, p. 5, nota 1; R. P. CASEY, The Excerpta

ex Theodoto, p. 88.
TEODOTO GNOSTICO 203

François Sagnard 19 , ed è quella comunemente preferita; è molto


forte, e descrive un'evidente superiorità del battezzato sugli spiriti
impuri, dei quali è diventato signore. Quegli stessi spiriti che poco
prima agivano su di lui ora tremano davanti al loro signore. La
funzione antidemonica del battesimo è chiara, ma non vi è men-
zione di un vero e proprio esorcismo. Il tema del dominio sulle
potenze malvagie è ripreso più avanti:
Riguardo al fuoco, quello corporeo s'attacca a tutti i corpi, quello
puro ed incorporeo dicono che s'attacca agli esseri incorporei, come
i dèmoni, gli angeli della malvagità ed il diavolo stesso. Così il
fuoco celeste è duplice per natura, quello intelligibile e quello sensi-
bile. Analogamente anche il battesimo è duplice: l'uno, sensibile per
mezzo dell'acqua, che spegne il fuoco sensibile; l'altro, intelligibile
per mezzo dello Spirito, che difende dal fuoco intelligibile. E lo spi-
rito corporeo, se è leggero, diventa alimento e incentivo del fuoco
sensibile; lo spegne solo quando è cresciuto. Invece lo Spirito datoci
dall'alto, essendo incorporeo, domina non soltanto gli elementi, ma
anche le potenze e i principati malvagi 20 •
Il testo presuppone la distinzione fra il mondo sensibile e il
mondo intelligibile, applicato al fuoco: quello sensibile si attacca
ai corpi, quello intelligibile si attacca agli spiriti, ai demoni in
particolare21 • Se del pericolo del fuoco sensibile ogni uomo è con-
scio e si può proteggere, più insidioso è il danno causato dal fuoco
intelligibile, la cui efficacia distruttiva è attestata nella tradizione
gnostica 22 • Lo pneuma corporeo (l'aria) alimenta il fuoco naturale,

19 Anche F. J. Dolger mutò sentenza e finì per accettare questa lezione

(Sphragis, p. 122, nota 1).


20 CLEMENS ALEXANDRINUS, Excerpta ex Theodoto, 81: Tou 1tupòc; 't'Ò f.lèv
t1Wf.liX't'LXÒ\I t1Wf.l1h(ù\l &7t't'e't'IXL 7til\l't'(ù\l' 't'Ò 8è XIX61XpÒv XIX L OCt1Wf.liX't'O\I ocaWfJ.OC-
't'W\1 ql1Xt1L\I &7tna61XL, o!ov LliXLfJ-6\IW\1, 'AyyÉÀW\1 't'Yjc; 7tOV1Jpl1Xç, IXÙ't'OU 't'OU
LlLIX~6Àou. 0\hwc; Èa't'L 't'Ò È7toupilvLov 1tup 8Laaòv ~v qlUaL\1, 't'Ò f.lèv V01J't'6v, 't'Ò
8è 1Xla61J't'6v. K1XL 't'Ò ~OC7t't'Lt1f.liX oùv 8mÀ.ouv ocviXÀ.6ywc;· 't'Ò f.lèv 1XÌa61J't'Ò\I 8L'
()81X't'oc;, 't'OU 1XÌa61J't'OU 1tupòc; a~Ea't'~pLov· 't'Ò 8è VOYJ't'Ò\1 8LIÌ II \IEUf.liX't'oc;, 't'OU
VOYJ't'OU 7tupòc; ocÀE~'YJ't'~pwv. K1XL 't'Ò aWf.liX't'LXÒ\1 7t\IEUf.liX 't'OU 1Xla61J't'OU 7tupòc;
't'pOql~ XIXL {l7tÉXXIXUf.liX ylv&'t'IXL, 6')..[yov 6v· 1tÀELO\I 8è ye;v6f.lE\IO\I a~e;a't'~pto\1
7tÉqlUXE\I. Tò 8è &vw6e;v 8o6èv ~f.lL\1 IlvEUf.liX, ocaWf.liX't'0\1 6v, où a't'oLxdwv fJ-6-
\IW\1, lliil xiX t .:luvilf.lEW\1 xpiX't'E'i: xiX t 'Apxwv 7tOV1Jp&v.
21 Sul tema del fuoco a Nag Harnrnadi si vedano in generale il testo ed il
commentario di R. Kuntzmann del Liber Thomae Athletae.
22 Cfr. C. NARDI, Il battesimo in Clemente, p. 81.
204 CAPITOLO 8

mentre lo pneuma spirituale (lo Spirito) domina il fuoco intelligi-


bile e le potenze malvagie.

2. Il sigillo battesimale

Colui che la Madre genera è condotto alla morte e al mondo; colui


che Cristo rigenera è trasferito alla vita nella ogdoade. E muoiono
al mondo e vivono a Dio, perché la morte sia distrutta dalla morte
e la corruzione dalla resurrezione. Infatti colui che è stato segnato
per mezzo del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo è imprendibile
da ogni altra potenza e per mezzo dei tre nomi è liberato da tutta
la trinità di corruzione: lui che portava l'immagine del terrestre,
porta allora l'immagine del celeste (l Cor 15, 49) 23 •
La rigenerazione del Cristo rigenera e trasferisce alla ogdoade,
luogo degli pneumatici; con il battesimo il cristiano partecipa della
morte del Salvatore, la quale ha redento gli uomini e distrutto la
morte degli uomini, cioè la vita del mondo. Il battesimo nel nome
della trinità è un segno, un sigillo o marchio come quello delle bestie
"che mostrano per mezzo del sigillo a chi ciascuna appartiene, e
per mezzo del sigillo uno le rivendica" 24 • È una chiara descrizione
del carattere battesimale, un'impronta sull'anima come distintivo
di proprietà ed appartenenza a Dio, che rende imprendibili da ogni
altra potenza e liberi dalla trinità di corruzione; quest'ultima, evi-
dentemente in antitesi alla Trinità divina, alla luce della descri-
zione che ne farà Origene è forse formata dal diavolo, dall'anti-
cristo e dallo spirito del demonio 25 • La memoria va alla trinità

23 CLEMENS ALEXANDRINUS, Excerpta ex Theodoto, 80: ~ov ytvv/f ~ M~TIJP t!<;


6ocvocTov &ytTIXL xoct et<; x6a!J.ov· 8v 8è ò:vocyewlf XptaTÒ<; d<; ~w~v !J.e't'oc't'l6e't'<XL,
et<; 'Oy86oc8oc. Koct Ò:7to6viJaxoumv fJ.È:\1 Tij> x6a!J.<p, ~WaL 8è 't'ij> 0eij>, rvoc 6ocvoc-
't'O<; 6ocvocT<p Àu6ij, ò:vocaTocaet 8è ~ cp6opoc. ~tà yàp TiocTpòç xoct Ytou xoct &:ylou
nveU!J.IX't'Oç acppocyta6dç Ò:ve7tLÀlJ7t't'Oç èa't'L 7t0C01l Tij <iÀÀ1l 8u\IOCfJ.eL, xocl 8tà
't'pt&v 'Ovo!J.OCTwv 7tOCOlJ<; rijç èv cp6op~ 't'ptoc8oç Ò:1tlJÀÀOCYlJ' cpopéaocç ~v dx6voc
't'OU xoi:xou, 't'6't'e cpope'i -rljv dx6voc 't'OU è1toupocvlou.
24 CLEMENS ALEXANDRINUS, Excerpta ex Theodoto, 86, 2. Traduzione di Man-
lio Simonetti.
25 0RIGENES, Commentarii in evangelium Matthaei, Xl, 6: ''[. .. ] essendo la
prima il padre delle tenebre e del male, la seconda suo figlio, colui che si con-
trappone e s'innalza sopra ogni essere che viene detto Dio o è oggetto di culto,
e la terza lo spirito avverso allo Spirito Santo"; XII, 20: "Risorse dai morti il
terzo giorno perché, avendo sottratti quei morti al Maligno e al suo figlio [ ... ]
ma anche allo spirito immondo che si camuffa da Spirito Santo, acquistasse per
TEODOTO GNOSTICO 205

satanica dell'Apocalisse (12-13): il dragone, la bestia della terra e


la bestia del mare; anche l'immagine dei segnati col sigillo è apo-
calittica (7, 3).
Interrogandosi sulla natura di questo segno o sigillo (ac:ppQ(yLç)
ricollegato alla successiva menzione dell'olio, Gregory Dix ritenne
di poter individuare una chiara testimonianza del sacramento della
confermazione, sulla base della denominazione di crcppQ(yLç e nella
convinzione che la liturgia cristiana comprendesse tre elementi che
costituivano la naturale trasposizione delle tre pratiche del batte-
simo giudaico dei proseliti: il sigillo, figura della circoncisione; il
battesimo vero e proprio; l'eucaristia, figura dell'offerta del sacrifi-
cio (una colomba)26 • Questa interpretazione, però, non ha convinto
gli studiosF7 • Dix, inoltre, pareva ignorare le riflessioni di Franz
Dolger, il quale aveva già dimostrato come crcppQ(yLç andasse inteso
semplicemente quale sinonimo di ~&n--rL<:rf.LQ(, nel senso di "marchio"
dell'appartenenza a Dio 28 ; è classico il testo del Pastore di Erma,
dove si afferma in maniera lapalissiana che "il sigillo è l'acqua" 29 •
Non si può comunque negare che lo stesso termine sia stato usato
per designare la circoncisione30 : come quest'ultima era un segno che
aggregava il popolo a Dio, così lo è anche il battesimo. Quest'assi-
milazione del battesimo alla circoncisione ha autorizzato qualcuno a
pensare che il pedobattesimo fosse già una pratica giudeo-cristiana
che sostituiva la circoncisione dei bambini all'ottavo giorno 31 • Ma

i credenti il diritto di essere battezzati" (traduzione di Rosario Scognamiglio).


Cfr. A. 0RBE, La trinidad maléfica.
26 G. Dix, The Theology o{ Con{irmation; lo., The Seal in Second Century.

27 La prima contestazione fu quella di J. E. L. OULTON, Second Century;


G. W. H. LAMPE, The Seal o{ the Spirit, ritiene che inizialmente il catecumeno
fosse solamente sottoposto al battesimo di acqua, e che tutti gli altri segni este-
riori furono sviluppi posteriori, derivati probabilmente da circoli gnostici.
28 F. J. DùLGER, Sphragis, pp. 75-76. In generale, lo., Das Sakrament der
Firmung.
29 HERMAS, Pastor, 93, 4 (Sim. 9, 16).
30 Rom 4, Il: "Infatti egli ricevette il segno della circoncisione quale sigillo
della giustizia (a<ppocyiç rijç 8~xoc~oGUVl}ç)"; Ps. BARNABAS, Epistula, 9, 6: "Il
popolo viene circonciso come sigillo (a<ppocy(ç)".
31 O. CuLLMANN, Die Tau{lehre des Neuen Testaments, p. 51. Mi limito ad

indicare solamente una delle contestazioni di questo assunto: P. A. GRAMA-


GLIA, Il battesimo dei bambini, pp. 69-70. Per una essenziale bibliografia sulla
questione del pedobattesimo, cfr. E. FERGUSON, Baptism in the Early Church,
p. 362, nota l (che però non cita il suddetto libro di Gramaglia).
206 CAPITOLO 8

se il sigillo non va inteso come amministrazione di un sacramento


separato dal battesimo, ciò non significa che non potesse indicare
un rito particolare del battesimo stesso; se la aqJpoty(c; ha successi-
vamente designato il segno di croce che veniva fatto sulla fronte
dei cristiani durante il battesimo, ci si può legittimamente doman-
dare se questa consuetudine risalga ad un'epoca arcaica. Il primo
segnale si ricava dalle Odi di Salomone, dove si parla di un "sigillo
sul viso" (8, 16), e lo stesso Geoffrey Lampe, che contesta la let-
tura di Dix, vede "un riferimento all'uso del segno della croce nel
rituale del battesimo, e questo segno imposto al nuovo battezzato
è in relazione con la concezione, che abbiamo rilevato nell'Apo-
calisse, dell'eletto visibilmente segnato sulla fronte dal sigillo del
possesso divino" 32 • Jean Daniélou ricollega questo segno con il tau
di Ezechiele33 , fatto tracciare sulla fronte di coloro che, fedeli a
Dio, avrebbero dovuto essere risparmiati dallo sterminio34 , e con il
segno dell'Apocalisse tracciato sui centoquarantaquattromila, inter-
pretandolo come un simbolo del nome di Dio35 • Gli esseni, che pre-
tendevano di costituire la comunità escatologica, portavano sulla
fronte di segno di Ezechiele36 ; anche nel mediogiudaico Testamento
di Giobbe, databile al 1 secolo d.C. o al massimo all'inizio del 11,
il sigillo è contrassegno dell'appartenenza a Dio, in opposizione al
male37 • Hugo Rahner ha raccolto i testi che dimostrano l'antico
accostamento del tau (n, che però in greco aveva la forma di T) con

32 G. W. H. LAMPE, The Seal of lhe Spiril, p. 113.


33 J. DANIÉLOU, La teologia del giudeo-cristianesimo, pp. 482-484.
34 Ez 9, 4: "Il Signore gli disse: "Passa in mezzo alla città, in mezzo a Geru-

salemme e segna un lau sulla fronte degli uomini che sospirano e piangono per
tutti gli abomini che vi si compiono".
35 Ap 7, 4: "Poi udii il numero di coloro che furon segnati con il sigillo: cen-
toquarantaquattromila, segnati da ogni tribù dei figli d'Israele"; cfr. 9, 4.
36 Documento di Damasco, 19, 9-12: "Quelli che gli prestano attenzione sono
i poveri del gregge. Questi saranno risparmiati nell'epoca della visita, mentre
i restanti saranno dati alla spada, quando verrà il Messia di Aronne e Israele,
come fu nell'epoca della prima visita della quale disse per mezzo di Ezechiele
di contrassegnare con un tau la fronte di coloro che sospirano e gemono". Tra-
duzione di Luigi Moraldi.
37 Testamentum lobi, 5, 2: "Dopo essere stato segnato con il sigillo dell'an-

gelo che era venuto a me [ ... ] mi recai al santuario degli idoli e lo abbattei fin
dalle fondamenta". Traduzione di Piero Capelli.
TEODOTO GNOSTICO 207

il segno della croce38; il segno di Ezechiele, che al di fuori dell'am-


biente ebraico aveva perso il suo senso primitivo e la sua posizione
di ultima lettera dell'alfabeto, sarebbe così passato a rappresentare
la croce, rimanendo comunque simbolo dì un'aggregazione e di uno
stretto legame con la comunità cristiana, un marchio di proprietà
di Dio39 • Negli Estratti, peraltro, si afferma che "il credente porta,
come iscrizione, il nome di Dio per mezzo di Cristo" (86, 2: ò m-
cn·6ç Èmypoccp~v !J.ÈV ~xe:L aLoc XpLcr't'OU 't'Ò 6VO!J.OC 't'OÙ 0e:où) il che,
per Daniélou, indica un vero e proprio marchio del nome di Dio,
rappresentato dal tau (che ricordava anche la lettera X di XpLcr't'6ç).
Un altro contatto tra il nome ed il segno ricorre probabilmente
anche nel Vangelo di Filippo 40 • Nell'Apocalisse di Paolo gli angeli
di Dio "erano segnati e indossavano vestimenta sopra le quali era
segnato il nome di Dio "41 . Gli Excerpta non ignorano certamente
l'importanza del segno della croce (cr't'ocup6ç): essa è "segno del
limite nel Pleroma: infatti divide gli infedeli dai fedeli" (42, 1), un
segno che porta in sé una potenza (Mvoc!J.Lç) rimasta nascosta per
alcuni (43, 1). Conformemente all'interpretazione sopra riportata,
che considera il segno come marchio della comunanza con Dio ed
il suo nome, per Teodoto il medesimo segno è ciò che in qualità
di limite del P lero ma permette l'ingresso a chi possiede il N ome
(22, 3)42 •
Mi pare quindi possibile che con crcppocy(ç si intenda il sigillo
cruciforme tracciato sulla fronte dei neofiti 43 , anche se questo non
costituisce un rito separabile dal battesimo ed interpretabile come
sacramento della confermazione; si tratta forse di un'unzione da
ricollegare con l'olio santificato di cui si parla nell'estratto 82, ed
Ireneo ci conferma che nei circoli gnostici l'uso dell'olio era assai

38 H. RAHNER, Das myslische Tau.


39 Si vedano le trattazioni più ampie di J. DANIÉLOU, Bibbia e liturgia,
pp. 71-91; In., l simboli cristiani primitivi, pp. 149-158.
40 Evangelium Philippi, 49: Se dici: ,,sono cristiano», tutti tremano. Mi sia
concesso di ricevere questo segno (H~eiN) che gli arconti non potranno soppor-
tare, cioè questo nome!". Traduzione di Mario Erbetta.
41 Apocalypsis Pauli, 9. Traduzione di Giuseppe Ricciotti.
42 Sul tema della croce come limite, cfr. anche lRENAEUs LuGDUNENSIS,

Adversus haereses, l, 3, 5.
43 Così interpreta anche H. A. KELLY, The Devii at Baptism, p. 61.
208 CAPITOLO 8

diffuso 44 . Se il sigillo del Nome fu rappresentato dal segno della


croce nella liturgia di Teodoto, sarebbe questo il più antico esem-
pio dell'uso della croce come cerimonia apotropaica nell'iniziazione
cristiana; se non questo, si ha qui la prima testimonianza della
croce come segno che opera una distinzione tra i fedeli e gli infe-
deli, chiaro marchio di appartenenza cristiana. Secondo DOlger il
segno ha a che fare con l'accettazione del catecumeno e non con il
vero e proprio rito battesimale, ritenendo che l'uso della croce nel
contesto di una cerimonia di iniziazione risalga a tempi abbastanza
vicini all'epoca apostolica 45 • Henry A. Kelly pensa che Teodoto
abbia probabilmente ricevuto il rito di conferimento del sigillo
dalla tradizione cristiana precedente, non escludendo la possibilità
di un influsso greco o ellenistico, in misura minore46 •

3. Pane, olio ed acqua


Clemente riporta la descrizione di elementi impiegati durante il
battesimo:
Il pane e l'olio sono santificati per la potenza del nome di Dio;
nell'aspetto sono gli stessi quali furono presi, ma per la potenza
sono stati tramutati in potenza spirituale. Così anche l'acqua,
diventando acqua esorcizzata e battesimo, non solo separa ciò che
è inferiore, ma apporta anche santificazioné7 •

Per Robert Casey si tratta del pane dell'eucaristia e del cri-


sma battesimale48 , ma Sagnard obietta che non vi è nessuna prova

44 IRENAEUS LUGDUNENSIS, Adversus haereses, l, 21, 3-4: <Dopo il battesimO>


ungono l'iniziato con il balsamo ricavato dal balsamo[ ... ] Alcuni di loro dicono
che è superfluo condurli all'acqua, ma mescolano in un unico recipiente olio e
acqua [... ] e li versano sul capo di quelli che sono iniziati". Traduzione di Enzo
Bellini.
45 F. J. DòLGER, Beitrage zur Geschichte des Kreuzzeichens, l, pp. 12-13; IV,

pp. 10-11.
46 H. A. KELLY, The Devii at Baptism, p. 63.

47 CLEMENS ALEXANDRINUS, Excerpta ex Theodoto, 82: Kocì &pToç xocì TÒ o


~ì..ocw11 dcytck~eToct Tij 8ullckfLEL Tou '0116fLocToç E>eou, TIX ocòTIX il11Toc xocToc TÒ
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fJ-6\I0\1 :;(<ùp<L~)EL TÒ :;(ELP0\1, OCÀÀtX l<.OCL &ytOCGfLÒ\1 7tpOGÀOCfL~ck\IEL.
48 R. P. CASEY, The Excerpta ex Theodoto, p. 159.
TEODOTO GNOSTICO 209

che possa confermare quest'interpretazione49 , proponendo anche


l'ipotesi di un collegamento con l'unzione degli infermi50 • Andrew
McGowan pensa invece che il contesto eucaristico sia evidente, rite-
nendo che gli gnostici di Teodoto adoperassero l'acqua al posto del
vino 51 • Rimarrebbe comunque la difficoltà di comprendere a che
cosa precisamente potesse servire l'olio santificato dalla potenza
del nome di Dio (e quindi, un olio sul quale questo nome era stato
pronunciato). Occorre ricordare che probabilmente il sacramento
valentiniano comportava in ogni caso l'utilizzo dell'olio 52 • Il terzo
elemento è l'acqua; il richiamo all'acqua esorcizzata potrebbe
essere visto come riferimento ad un rito esorcistico prebattesimale
in seguito al quale l'acqua poteva essere usata per il battesimo;
vi sarebbe sullo sfondo la tradizione secondo cui Cristo ha puri-
ficato l'acqua dai demoni che abitavano in essa53 • Gli effetti sono
apotropaici, e fanno pensare ad una pratica esorcistica che rende
positivo l'elemento materiale, fino a permettergli di portare san-
tificazione. Victor Saxer ritiene che la benedizione dell'acqua in
vista del battesimo sia stata introdotta dagli gnostici, e che fosse
praticata anche dalla Chiesa alessandrina di cui Clemente faceva
parte54 • Non condivide l'interpretazione esorcistica dell'acqua
Burkhard Neunheuser, secondo cui il testo va tradotto diversamente
da come sopra proposto: "Così anche l'acqua, sia quella esorcizzata
sia quella che diventa battesimo, non solo separa, etc.". In questo
modo egli distingue due tipi di acqua, un'acqua oggetto dell'esor-
cismo ed una usata per il battesimo; il passo di conseguenza non
sarebbe la prova di una santificazione o esorcismo dell'acqua usata
per il battesimo, sebbene non venga assolutamente spiegato quale
sia lo scopo dell'acqua esorcizzata55 • Sagnard, invece, cita Tertul-
liano ed Origene ed interpreta l'acqua esorcizzata come acqua san-
tificata proprio per il battesimo:

49 F. SAGNARD, Exlrails de Théodole, p. 234.


50 Gc 5, 14: "Chi è malato, chiami a sè i presbiteri della Chiesa e preghino su
di lui, dopo averlo unto con olio, nel nome del Signore".
51 A. McGowAN, Ascetic Eucharists, pp. 162-163.

52 Cfr. E. SEGELBERG, The Baptismal Rite.

53 Cfr. O. BùcHER, Damonenfurchl und Damonenabwehr, pp. 50-53; 195-208.

54 V. SAXER, Les riles de l'initialion, pp. 83-84.

55 B. NEUNHEUSER, De benedictione aquae baplismalis, p. 205. Lo segue anche

K. THRAEDE, Exorzismus, col. 88.


210 CAPITOLO 8

Qualsiasi tipo di acqua in virtù di una prerogativa che le appar-


tiene dalle origini può assumere in sé il potere misterioso di santi-
ficare qualora Dio venga invocato su di essa; subito infatti soprag-
giunge dal cielo lo Spirito che si posa su tali acque santificandole
con la sua presenza; le acque naturalmente vengono rese sante e
si impregnano della potenza e della capacità di poter a loro volta
santificare altri 56.
Anche il corpo deve essere santificato da quello che l'insegnamento
divino chiama lavacro di rigenerazione, che è chiamato anche batte-
simo divino, perché non si tratta più di una pura e semplice acqua,
perché è santificata con una mistica invocazione57 •
Proprio sulla base di questo passo degli Excerpta Ferdinand
Probst affermò che l'esorcismo battesimale era già in uso nella
seconda metà del II secolo58 • Per Franz Dolger, però, occorre diffe-
renziare accuratamente l'esorcismo dell'acqua battesimale dall'esor-
cismo del catecumeno, "in quanto i due esorcismi nascono da diffe-
renti presupposti, che possono rivelarsi differenti nonostante la loro
somiglianza". Egli quindi colloca l'attestazione dell'esorcismo dei
neofiti precedente il battesimo "nell'ultimo terzo del II secolo, in
relazione con l'organizzazione permanente del catecumenato", nel
contesto della pratica penitenziale operata prima del battesimo, che
Dolger vede già testimoniata nell'Estratto 8459 • L'esorcismo dell'ac-
qua, invece, Dolger lo interpreta come un rituale di purificazione
che ottiene un duplice effetto, la difesa dagli influssi demoniaci e la
santificazione positiva; egli ritiene che esso sia nato dalla credenza
che l'acqua sia soggiorno di spiriti malvagi 60 • A questo proposito,
forse va inteso in questo modo un passo di Ignazio di Antiochia,
secondo il quale Cristo "fu battezzato per purificare l'acqua con
la sua passione" 61 • Paul Drews invece, commentando il pensiero di
Dolger, abbraccia una spiegazione completamente opposta: l'acqua,
particolarmente quella del mare, dei fiumi e delle fonti, racchiude-

56 TERTULLIANUS, De baplismo, 4, 4. Traduzione di Pier Angelo Gramaglia.


57 0RIGENES, Fragmenla in euangelium loannis, 36. Traduzione di Eugenio

Corsini.
58 F. PROBST, Sakramenle und Sakramentalien, p. 132.
59 F. J. DOLGER, Der Exorzismus, pp. 9-10.
60 F. J. DOLGER, Der Exorzismus, pp. 160-167.

61 IGNATIUS ANTIOCHENUS, Epislula ad Ephesios, 18, 2.


TEODOTO GNOSTICO 211

rebbe in sé una forza purificatoria62 • La qualità esorcistica del bat-


tesimo risiederebbe dunque nell'acqua in maniera particolare; ma
come spiegare il fatto che la medesima acqua è spesso vista come
luogo demoniaco? Per Drews, ciò è dovuto al fatto che i demoni
cercano di trarre gli elementi sacri sotto il loro controllo, l'acqua
in particolare, santificata sin dalle origini del mondo dallo Spirito
divino che su di essa aleggiava, ed ancora al momento del batte-
simo di Gesù. L'esorcismo sarebbe quindi stato introdotto per pre-
venire questa possibilità di intervento demoniaco63 •
Certamente l'acqua battesimale non è di per sé un mezzo esor-
cistico; è forse una considerazione che conferma la spiegazione del
Neunheuser, che distingue acqua del battesimo da acqua esorciz-
zata? Non necessariamente, perché l'acqua esorcizzata non è detto
che sia acqua esorcizzante. Che l'immersione non costituisca un
esorcismo, comunque, lo conferma l'estratto seguente:
Sarebbe conveniente andare con gioia al battesimo: ma poiché
sovente scendono <nell'acqua?) insieme con alcuni <battezzandi>
anche degli spiriti impuri, che accompagnandoli e ottenendo il
sigillo battesimale insieme con l'uomo diventano insanabili per il
restante tempo, alla gioia si mescola il timore, affinché solamente
uno che è puro possa scendere64 •
Secondo Alfredo Brontesi "mentre i principi generali dello gno-
sticismo respingono il timore, come indegno di Dio e dello pneu-
matico, di fatto gli Excerpta giustificano il timore". Egli ritiene
che il tema del timore sia comune all'insegnamento gnostico e
a quello ortodosso: "Per gli ecclesiastici il timore e la vigilanza
devono accompagnare tutta la vita; per gli gnostici il timore inve-
ste soprattutto il momento preparatorio del battesimo e della
gnosi: una volta espletato bene il periodo di iniziazione, e avvenuta
una perfetta signatio, è assicurata la formazione salvifica. Bisogna

62 Drews cita gli studi di B. RoHDE, Psiche, vol. 2, pp. 741-744, che tratta

della purificazione rituale con acqua corrente, la quale con la sua forza di scor-
rimento si trascinerebbe via il male.
63 P. DREWS, Recensione a F. J. DOLGER, Der Exorzismus, coli. 171-172.
64 CLEMENS ALEXANDRINUS, Excerpla ex Theodolo, 83: 'E7tl TÒ ~cX7tT~C1f.I.IX
J.IXLflOVTIX<; ~pJ.tGI:liX~ 7tpoGijX.tV &.ì..ì-.' é7ttL 7tOÀÀ.cXX.~<; auyX.IXTIX~IXLVt~ T~at X.IXL
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Tijc; Gqlp1Xy'L8oç, &.vliXTIX Tou ì..omou ylvETIX~, [&] 't'1j J.IXP~ GUf.l.7tÀéx.ETIX~ qJO~oc;,
!viX T~ç f.I.OVoç X.IX61XpÒç IXÙTÒç X.IXTéì..671.
212 CAPITOLO 8

dunque che il meccanismo sia perfetto"65 • Il timore per Clemente,


invece, risiede nella insicurezza che il neofita ha nella sua futura
capacità di rispettare gli impegni battesimali appena presi, assalito
da tentazioni diaboliche non dissimili da quelle che Gesù dovette
superare nel deserto.
Se il marchio dell'invocazione trinitaria rende invulnerabile e
potente contro gli spiriti il battezzato, è anche auspicabile che nes-
suno di questi spiriti lo riceva scendendo al fonte battesimale con
lui, poiché in tal caso anche questi potrebbe godere della stessa
potenza, e fronteggiare colui che viene battezzato. Ecco ciò che
conferma il carattere non esorcistico del lavacro battesimale: gli
spiriti impuri non rifuggono l'acqua del battesimo, anzi, cercano di
introdursi nel battistero attaccandosi ai corpi dei catecumeni. Se
vengono battezzati, certamente non ricevono i benefici della reden-
zione destinati agli uomini e agli angeli, ma risultano fortificati
nella loro abilità ad opporsi al raggiungimento della salvezza da
parte gli uomini.

4. Rituali battesimali
Di conseguenza sono giustificati tutti questi rituali prebattesi-
mali che liberino in antecedenza dagli spiriti impuri, di modo che
nessuno di essi possa scendere nel lavacro battesimale assieme al
battezzando, ed essere segnato con lui:
Perciò si fanno digiuni, suppliche, preghiere, <imposizioni di> mani,
genuflessioni, poiché l'anima viene salvata dal mondo e dalla fauce
dei leoni66 • Perciò hanno subito luogo anche tentazioni, poiché
coloro ai quali l'anima è stata strappata si adirano. E anche se uno
le sopporta, avendole previste, esse mettono a prova l'esteriore67 .
È qui che un esorcismo avrebbe potuto aver luogo. Non insiste-
rei troppo sul carattere antidemonico del digiuno, poiché il testo
non permette di costruire nessuna interpretazione, anche se è natu-

65 A. BRONTESI, La soteria in Clemente, p. 639.


66 Cfr. Gv 17, 14: "Io ho dato a loro la tua parola e il mondo li ha odiati
perché essi non sono del mondo, come io non sono del mondo"; Sal 21, 22:
"Sal v ami dalla bocca del leone e dalle corna dei bufali".
67 CLEMENS ALEXANDRINUS, Excerpla ex Theodoto, 84: dtÒt 't"OU't"O V'I)G't"ELCXL,
8E'f)G&tç, e:ùxcx(, <6éae:tc;> :XEtpWV, yoVUXÀta(cxt, 5-rt ljluxY) èx x6G(.LOU xcxi èx
G't"6(.LCX't"Oç À&6V't"CòV &.vcxacf>~E't"CXL • 8tÒ xcxl. 7tEtpCXG(.LOl. e:ù6éooc; &.ycxVCXX't"OUV't"CòV 't"WV
&.q/ WV IÌ.rp7)pé6'1)· x&v -rtc; rpép7) 7tpoe:t8wc;, 't"OC ye: ~~Cò GCXÀEUOUGLV.
TEODOTO GNOSTICO 213

rale che un'eventuale pratica esorcistica possa essere stata accom-


pagnata dal digiuno, giusta il principio evangelico68 • Nel tradurre
imposizioni di mani (6Écretc; xetp&v) seguo l'integrazione congettu-
rale di Sagnard, che mi sembra la più verosimile e paragonabile
alla X€tpo6ecr(IX che viene descritta altrove per il battesimo degli
angeli 69 • L'imposizione delle mani può avere significati diversi, ma
sempre suppone l'azione di un potere, di un'operazione efficace o
di una comunicazione. La prima testimonianza di un'imposizione
delle mani a scopo esorcistico si trova nell'Apocrifo della Genesi
qumraniano, dove Abramo guarisce il faraone da uno spirito che
lo affliggeva70 • David Flusser ha evidenziato come il costume di
imporre le mani allo scopo di guarire non sia rinvenibile nell'An-
tico Testamento 11, ove invece è un gesto di benedizione, di trasmis-
sione di una carica, di un rituale sacrificale, di una consacrazione
levitica; non compare neppure nella letteratura rabbinica, ma è
menzionato nel Nuovo Testamento 12 ; questo significa che la guari-
gione invocata tramite l'imposizione delle mani era praticata tra
gli ebrei, non solo da Gesù e dai suoi discepoli. Il termine greco
usato nel Nuovo Testamento è €mTt6Év1Xt, che nei Settanta è il
verbo usato per tradurre appunto "'r.JQ (siimak); anche l'imposizione
delle mani per l'ordinazione dei sacerdoti nel Nuovo Testamento è
espressa con il medesimo termine. Il Dupont-Sommer ipotizza che
la magia babilonese sia la fonte di quest'uso qumraniano dell'impo-
sizione delle mani, acquisito assieme alla concezione della malattia
come infestazione demoniaca 73 •

68 Mt 17, 21: "Questa razza di demòni non si scaccia se non con la preghiera
e il digiuno".
69 CLEMENS ALEXANDRINUS, Excerpta ex Theodoto, 22, 5.

70 1Q20, XX, 28-29: "Io pregai perché egli fosse guarito e imposi le mie

mani sulla sua testa. La piaga fu rimossa da lui; fu scacciato [da lui lo spi-
rito] maligno e visse". Traduzione di Corrado Martone.
71 Sull'imposizione della mano nell'Antico Testamento, cfr. L. MORALDI,

Espiazione sacrificate, pp. 253-264. L'unico passo dubbio è 2 Re 5, 11: "Cer-


tamente egli uscirà, mi starà davanti e invocherà il nome del Signore Dio suo,
agitando la mano sul luogo e mi libererà dalla lebbra", che nei Settanta diventa
i7tt6~cre:L -ri)v xe:Tpot otÙTOU TÒV -r67tOV. Si tratta dell'agitazione della mano sulla
parte malata?
72 D. FLUSSER, Healing through the Laying-on o{ Hands.

73 A. DUPONT-SOMMER, Exorcismes et guérisons, p. 252, nota 1.


214 CAPITOLO 8

Nel completare il testo degli Estratti, invece, Otto Stahlin


(seguendo Ruben) al posto di 6éO"ELc; aveva congetturato Èmip-
O'ELc; XELpwv, sollevamenli delle mani. Secondo Everett Ferguson è
questa l'interpretazione più verosimile: "L'azione con le mani non
è specificata, e potrebbe trattarsi di un'imposizione delle mani da
parte di qualcun altro. Le parole circostanti, però, sono associate
con la preghiera; pertanto, più probabilmente, il riferimento è al
gesto di preghiera" 74 . In questo caso non si avrebbe a che fare con
imposizioni di mani, ma solo con il tradizionale gesto di preghiera
a mani alzate. Occorre comunque ricordare che lo scopo dichia-
rato di queste pratiche è antidemonico: le preghiere e i gesti hanno
l'esplicito scopo di allontanare la presenza dei demoni durante il
battesimo.
Teodoto (o chi per lui) continua riferendo che dopo le pratiche
battesimali dal pronunciato carattere antidemonico, le potenze
maligne immediatamente si volgono a tentare colui la cui anima
è stata appena strappata al loro dominio. Ne scaturisce un altro
paragone con la vicenda terrena di Gesù:
Così il Signore viene messo alla prova subito dopo il battesimo, per
essere nostro esempio; e dapprima si trova con fiere selvagge nel
deserto. Poi, dopo aver vinto queste ed il loro arconte, in quanto
ormai vero re viene servito dagli ange!F5 • Infatti colui che nella
carne aveva vinto gli angeli, ben a ragione già viene servito dagli
angeli. Dobbiamo dunque armarci con le armi del Signore, con
corpo ed anima invulnerabili, con armi capaci di spegnere i dardi
del diavolo (Ef 6, 11-16), come dice I'Apostolo 76 •
È importante notare che lo stesso richiamo all'armatura invulne-
rabile ricorre, sempre in contesto battesimale, anche in Clemente77 .

74 E. FERGUSON, Baptism in the Early Church, p. 281.


75 Cfr. Mc l, 13 "Gesù vi rimase (nel deserto] quaranta giorni, tentato da
satana; stava con le fiere e gli angeli lo servivano".
76 CLEMENS ALEXANDRINUS, Excerpta ex Theodoto, 85: "Aù·dxot ò Kupwç fJ.eTÒt

TÒ ~<i7tTtG!J.IX GotÀeueTott, elç iJ!J.éTepov W7tOV, xod y[veTott 7tp(;)Tov fJ.eTÒt !hjp[6lv
Èv Tjj ÈplJ!J.CJl" e!Tot xpotTlJGIXç TOUT6lV xott TOU ~ ApxoVToç otÙT(;)v, tilç &v ~81)
~ot!JtÀeÒç &.ì-.l)6i)ç, {m' 'Ayyéì-.6lv ~81) 8totxove'ì:Tott. 'O ydtp 'Ayyéì-.6lv Èv Gotpxt
xpotTlJGot<; eùì-.6y6lç {m' 'AyyéÀ6lV ~81) 8ouÀeueTott. Lle'ì: oòv til7tì-.(G6ott To'ì:ç
xuptotxo'ì:ç IS7tì-.mç, ExoVTotç TÒ G(;)!J.oc xoct -djv ljlux1Jv &Tp6.1Tov, IS1tì-.otç G{)éGoct TÒt
~éÀl) TOU .!ltoc~6ì-.ou 8uvocf.tévmç, i:lç tpl)Gtv ò 'A7t6GToÀoç.
77 CLEMENS ALEXANDRINUS, Protrepticus, 11, 116, 4: "Queste le nostre invul-
nerabili armi; armati di queste, schieriamoci contro il Maligno. Gli infuocati
TEODOTO GNOSTICO 215

5. Carattere ed origine dell'esorcismo


Nelle pratiche prebattesimali sarebbero quindi identificabili
rituali esorcistici, volti a liberare l'uomo non ancora cristiano
dall'influenza degli spiriti malvagi. Giovanni Filoramo propone che
questo rito perseguisse lo scopo di salvare "dai diavoli ilici e dai
demòni cosmici", rivelando questi due livelli di demonologia gno-
stica:
il livello diabolico e precisamente del diavolo in quanto figlio della
Hyle o materia, corrispondente al regno terrestre dei demoni ilici;
e il livello più propriamente cosmico, coincidente con la sfera del
dominio del demiurgo e dei suoi arconti planetari. Salvare l'anima
dal mondo e dalla bocca dei leoni significa, quindi, salvarla dai dia-
voli ilici e terrestri e dagli arconti e demòni planetarF8 .
Kelly si domanda in che modo vada interpretata questa influenza
malvagia di cui liberarsF9 : una vera e propria dimora degli spiriti
nei neofiti, che vanno conseguentemente scacciati dai loro corpi (o
dalla loro anima), o forse qualche genere di vessazione esterna? Per
esemplificare questa seconda possibilità, egli si serve di un esem-
pio tratto dall'Esorcismo di Pibechis contenuto nel papiro magico
di Parigi, che risale al 300 circa, anche se si è generalmente d'ac-
cordo nel ritenere che i suoi contenuti siano stati composti tempo
prima80 • Il nome dell'esorcista autore presunto di questo formula-
rio è egiziano, ma il suo contenuto è quasi completamente ebraico,
con forse qualche traccia di interpolazione cristiana81 • La preghiera
esorcistica ad un certo punto dice (secondo la traduzione accettata

dardi del Maligno spegniamoli con le acquose cuspidi temprate dal Verbo, con-
traccambiando i benefici con grate lodi e celebrando Dio per mezzo del Verbo
divino".
78 G. FILORAMO, Tra demoni e diavoli gnostici, p. 153.

79 H. A. KELLY, The Devii al Baplism, p. 68.


80 Cfr. A. DIETERICH, Abraxas, pp. 137-145; L. BLAU, Das alljiidische Zauber-
wesen, pp. 112-117, A. DEISSMANN, Lichl vom Oslen, pp. 216-225, con fotografia;
W. L. KNOX, Jewish Liturgica[ Exorcism; E. ScHùRER et alii, Storia del popolo
giudaico, vol. 3/1, pp. 465-466; B. KoLLMANN, Jesus und die Chrislen, pp. 156-
160; R. MERKELBACH, Exorzismen, pp. 29-43; G. LucK, Arcana Mundi, vol. l,
pp. 348-353; 568-570.
81 W. L. KNox, Jewish Liturgica[ Exorcism, p. 193: "Questo documento [ ... ]
è costituito da genuini elementi giudaici, con particolari di carattere misto giu-
daico-pagano-cristiano. Nella sua forma attuale mostra la familiare conflazione
di elementi giudaici e pagani, con qualche rara traccia di influenza cristiana".
216 CAPITOLO 8

dal Kelly): "Che il tuo angelo, quello inesorabile, scenda e riduca in


cattività il demone che aleggia attorno a questa creatura che Dio
ha plasmato nel suo santo paradiso"82 • Si tratterebbe quindi di una
vessazione esterna del demone il quale aleggia intorno all'uomo,
senza possederlo internamente. Purtroppo il passo è di difficile
comprensione: l'espressione resa con "riduca in cattività" è rappre-
sentata dal verbo dO'xpwÉTw. Rendendo secondo il comune signi-
ficato di dGxp(vw (introdurre, far entrare), parrebbe che il demone
svolazzante debba entrare in qualche luogo. Alcuni intendono que-
sto entrare nel senso di imprigionareSJ, altri scacciare il demone mal-
vagio84. Altri ancora invece ritengono che si operi una sostituzione,
e che un buon demone entri nella persona, in modo che il demone
cattivo che ora dimora in essa sia espulso85 ; in questo caso il passo
non potrebbe essere utilizzato come esempio di demone malvagio
che si aggira intorno ad un uomo.
Io ritengo che il motivo per cui il catecumeno andrebbe esorciz-
zato dai demoni sia meglio espresso dallo stesso Valentino:
Uno solo è buono, la cui libertà è la rivelazione per mezzo del
Figlio, e solo per opera sua il cuore può diventare puro, dopo
che da lui è stato cacciato ogni spirito malvagio. Infatti abitano
nel cuore molti spiriti e non gli permettono di esser puro, poiché
ognuno fa le opere che gli sono proprie e spesso lo maltratta con
desideri non convenienti. Mi sembra che al cuore accada qualcosa
di simile a ciò che succede a un albergo: infatti questo viene rovi-
nato, sforacchiato, spesso riempito di sterco, poiché gli avventori si
comportano in maniera sconveniente e non hanno alcuna cura del
luogo, in quanto è di altri. Nello stesso modo anche il cuore, finché
non è oggetto di cura, è impuro, abitacolo di molti demoni86 : ma
quando il Padre, il solo buono, rivolge verso di lui il suo sguardo,

82 Papyri graecae magicae, IV, 3024-3027: [...] x~T~~oc-rw aou ò ~yye:Àoç, ò


tX7t~p~[Tl]TOt;, x~t e:taxptvé-rw TÒV 7te:pmTOC(.tEVOV a~t(l.OV~ TOU 1tÀOCC1(.tOCTOt;
a
TOOTOU, ~7tÀOCC1EV ò 0e:òç év T<jl ocy[<p kocu-rou 7tOCpoc8e:(a<p.
83 A. DEISSMANN, Licht vom Osten, p. 220: "Questa dev'essere un'espressione
tecnica: il demonio reso libero per mezzo dell'esorcismo, svolazzante intorno,
deve essere imprigionato affinché non possa entrare di nuovo nell'uomo": La
traduzione proposta allora sarebbe (p. 222): "Che il tuo angelo, quello inesora-
bile, scenda e imprigioni il demone che vola attorno a questa creatura".
84 È la traduzione di K. PREISENDANZ, editore dei Papyri graecae magicae.
85 R. MERKELBACH, Exorzismen, p. 38.
86 Citazione di Ps. BARNABAS, Epistula, 16, 7.
TEODOTO GNOSTICO 217

viene santificato e risplende di luce, e cosi è reso beato chi ha tale


cuore, poiché vedrà Dio87 •
Mi pare che questo tipo di concezione sia più avvicinabile
all'idea di una possessione che all'idea di una vessazione esterna.
Segelberg riconduce un passo dell'Evangelium verilatis valentiniano
al concetto di ossessione demoniaca e al rito di esorcismo prebat-
tesimale88: "Non diventate luogo per il diavolo: voi l'avete già
annientato" 89 .

87 In CLEMENS ALEXANDRINUS, Stromata, Il, 20, 114, 3-6. Traduzione di Manlio

Simonetti.
88 E. SEGELBERG, The Baptismal Rite, p. 120.
89 Evangelium verilatis, 25. Traduzione di Mario Erbetta. Augusto Cosentino
ritiene questo riferimento "piuttosto vago" (Il battesimo gnostico, p. 186).
CAPITOLO 9
SECONDO LIBRO DI JEU

Agli Excerpta ex Theodoto è bene accostare subito il contenuto


dei due Libri di Jeu, scritti che la Pistis sophia attribuisce addi-
rittura ad Enocl. Cari Schmidt, fondandosi sulle analogie con la
Pistis sophia e su criteri interni, identificò questi due libri con il
contenuto di un già noto codice papiraceo oxoniense, vergato in
copto saidico, detto Codex brucianus dal nome dell'esploratore
James Bruce che lo acquistò nel 1769 in Egitto, nei pressi di Tebe2 •
Il trattato non riporta la denominazione di Libri di Jeu, ma alla
fine della prima parte compare la denominazione Libro del grande
trattato iniziatico; alcuni, pertanto, preferiscono questa denomina-
zione, considerando quella di Libri di J eu non un titolo, ma un
rinvio al contenuto3 .
Questi libri sono dedicati al racconto del Gesù risorto che rivela
ai discepoli le complesse emanazioni che fanno capo al principio
supremo, il Padre o Dio inaccessibile, che risiedono fuori di lui; la
prima di esse è il suo vicario J eu, a sua volta origine di altri J eu
inferiori. Il Risorto insegna la via per raggiungere il tesoro celeste,
rivela nomi segreti, sigilli, numeri e parole d'ordine che apriranno
questa via, e soprattutto celebra misteri liturgici. La teologia dei
due libri è per certi versi in contraddizione, ma se l'ipotesi di un

1 Pistis sophia, 99, 9: "I misteri di queste tre eredità della luce sono nume-
rosi: li troverete nei due grandi libri di Jeu"; lvi, 134, 6: "È indispensabile che
trovino i misteri che sono nei libri di Jeu che io feci scrivere da Enoc quando,
nel paradiso, parlavo con lui dall'albero della conoscenza e dall'albero della
vita". Traduzione di Luigi Moraldi.
2 Si veda l'introduzione e l'ottima traduzione di M. ERBETIA, Gli apocrifi
del Nuovo Testamento, vol. 1/1, pp. 317-349; C. A. BAYNES, A Coptic Gnostic
Trealise; C. ScHMIDT, The Books of Jeu. Sulla figura di Jeu, D. E. AuNE, Jeu.
La parte esaminata in questo saggio è stata anche tradotta da E. BuONAIUTI,
Lo gnosticismo, pp. 226-227. Vedi pure A. CosENTINO, Il battesimo gnostico,
pp. 197-210.
3 Cfr. M. TARDIEU - J. D. DuBOIS, Jntroduclion à la littérature gnoslique,
p. 86. Ho accettato la sua traduzione dell'espressione xcxTIÌ !J.UcrTijptov Myoç
come trattato inizialico.
220 CAPITOLO 9

unico autore non sembra probabile, si può ammettere l'unicità della


setta gnostica dove i testi videro la luce. Confrontando la Pistis
sophia con i due Libri di Jeu, specie il secondo, balza agli occhi
un'evidente parentela, al punto che non è azzardato concludere
che fossero testi in uso in un'unica setta; l'opera andrebbe dunque
fatta risalire ad "un circolo encratita di barbelognostici o gnostici
propriamente detti, ed ebbe come luogo di origine l'Egitto" 4 •
Schmidt ritiene che la Pistis sophia si sia servita dei Libri di Jeu, e
ne fissa la composizione all'inizio del m secolo. Per Michel Tardieu
e Jean-Daniel Dubois, invece, "i due scritti sono contemporanei,
del 330 circa. Il rinvio di Pistis Sophia al Libro del grande trattato
iniziatico prova solamente l'anteriorità del secondo nei confronti
della redazione finale del primo "5 • Probabilmente la datazione più
verosimile si attesta attorno alla metà del 111 secolo6•

1. La liberazione dagli arconti


Hans Jonas ritiene che il contenuto dei Libri di Jeu si attesti ad
"un livello piuttosto basso e deteriore di pensiero gnostico, appar-
tenente allo stadio decadente della speculazione sulla Sophia" 7 ;
esso è comunque la prova di come l'interpretazione dell'inizia-
zione come esorcismo si fosse fatta strada nello gnosticismo, in un
sistema religioso che cerca la liberazione e la redenzione dagli spi-
riti inferiori. Il Secondo libro di Jeu ci presenta proprio nello stesso
ambiente egiziano degli Excerpta ex Theodoto lo sviluppo di questa
teologia; non solo il battesimo di acqua, fuoco e spirito avevano
un carattere esorcistico, ma c'era anche uno specifico mysterium
per allontanare la malvagità degli arconti, le potenze inferiori che
governano sull'universo, scenario di vita dell'uomo prigioniero di
un corpo diabolico. Per comprendere la necessarietà di questo rito
va tenuta presente la pervasiva demonologia gnostica che sta alla
base:

4 M. ERBETIA, Gli apocrifi, p. 325.


5 M. TARDIEU- J. D. DuBOIS, Introduction à la littérature gnostique, p. 90.
6 Maddalena Scopello ha attirato la mia attenzione sui paralleli tra i Libri

di Jeu e Allogene e Zostriano, due trattati gnostici ritrovati a Nag Hammadi,


databili nell'originale greco perduto verso la metà del 111 secolo e conosciuti e
refutati dagli allievi di Plotino verso il 250-260 (corrispondenza privata del 22
aprile 2005).
7 H. JoNAS, Lo gnosticismo, p. 60.
SECONDO LIBRO DI JEU 221

A differenza dei demòni cristiani, bacilli che, in forme varie e pit-


toresche, penetrano nel corpo e nella mente in forma temporanea, i
demòni gnostici - per continuare la metafora medica - si presentano
come un tumore maligno che, con le sue metastasi, tutto penetra,
radicandosi, fin dall'inizio, nei sensi, nelle passioni, nell'immagina-
zione, tutto pervadendo, tutto devastando8 •
L'uomo è sottoposto a questa nefasta attività diabolica, causa
di ogni suo cattivo comportamento 9 • Gesù quindi promette ai suoi
discepoli una liberazione da questa terribile influenza malvagia:
Ma innanzitutto vi darò i tre battesimi (~li7t'W1fL1X): il battesimo
di acqua, il battesimo di fuoco ed il battesimo dello Spirito Santo.
E vi darò il mistero (fLutrTYjptov) per togliere da voi la malvagità
(x.ocx.(oc) degli arconti. Dopodiché vi darò il mistero dell'unzione
pneumatica (X,pLtrfLIX 7tVEUfLIXTtx.6v) 10 •
I battesimi ed i misteri sono tutti accompagnati da invoca-
zioni, uso di aromi e sigilli, quest'ultimi anche graficamente rap-
presentati11. Ecco il rito del mistero che toglie la malvagità degli
arconti:
Avvenne poi dopo queste cose che Gesù offrì l'aroma del mistero
che toglie la malvagità degli arconti dai discepoli. Egli fece loro
costruire un altare d'aromi sopra delle piante acetabularie 12 , vi gettò

8 G. FILORAMO, Tra demoni e diavoli gnostici, p. 167.


9 Cfr. Pistis sophia, 139, 2: "Questi sono i demoni che entrano negli uomini
e li inducono all'ira, alla maledizione, alla calunnia, sono essi che derubano e
si prendono via le anime per mandarle attraverso il loro fumo oscuro e i loro
severi castighi". Così anche 140, 1.6.10.14. Traduzione di Luigi Moraldi.
IO Liber Jeu, 43 (p. 102, 6-11): .U.V. ~.A.&H NN.A.I Ttt.p ftu..t NHTN tmr
NK.A.fiTICH.A.· 08-A.OTICH.A. HnHOOY HNnB.A.fiTICH.A. Hn6KI'CPH HNnB.A.nTICH.A.
HnenN.A. 6TOYUB· .A.YW ftu..t NHTN HnHji N(jiTK.A.IU.A. NH.A.pXWN U.A.J
HlHTTHYTN .A.yw HNNC.A.N.A.I tN.~o.t NHTN (Hn]Hji HnexpiCH.Io. HONIKON. Le parole
greche dell'originale sono indicate sopra tra parentesi.
11 Cfr. l'esame di questi disegni e in generale dell'iconografia gnostica di
P. C. FINNEY, Did Gnostics Made Pictures? In A. CosENTINO, Il battesimo gno-
stico, p. 201, sono riprodotti e disposti schematicamente i gesti, gli oggetti ado-
perati e i sigilli.
12 L'editore non sa come tradurre tu::Ne.~o.UcJ.~o.. Intendendo eu.~o.c1.~o. come
e.~o.Ucc•.~o. si potrebbe risalire al greco 6ocì..occrcrloc, che in Dioscoride è sinonimo di
tX.v8p6crocxe:ç, acetabularia. Trattasi di un'alga marina diffusa nel Mediterraneo e
nell'Atlantico nord-orientale che cresce in zone illuminate e riparate su fondali
rocciosi, pietre e ciottoli, principalmente a basse profondità. È comunemente
chiamata ombrellino di mare, a causa della sua forma.
222 CAPITOLO 9

sopra rami di vite, ginepro, malabatro, kouoshi, asbesto, pietra di


agata e incenso. Fece in modo che tutti i suoi discepoli fossero rive-
stiti di indumenti di lino. Li fece incoronare con artemisia, e pose
incenso nelle loro bocche. Mise la cifra del primo amen, il 530, nelle
loro mani. Essi avvicinarono i piedi l'un l'altro e rimasero di fronte
all'aroma che era stato offerto. Gesù segnò i suoi discepoli con que-
sto sigillo, che è così:

Questo è il suo vero nome: ~1j~1j~<.ù L<X~w~; questa è la sua inter-


pretazione: ~<.ù~<.ù~<XL. Quando Gesù ebbe terminato di segnare i suoi
discepoli con questo sigillo, ristette di nuovo al lato dell'aroma che
aveva offerto. Recitò la preghiera, dicendo così: "Ascoltami, Padre
mio, padre di ogni paternità, luce infinita, poiché io invoco i tuoi
nomi incorruttibili del tesoro della luce: '111JP1JrrYJP ~orpovljp ~mÀ(h­
~ou~ocw ~ou~ocw, amen, amen, amen. Ascoltami, Padre mio, padre di
ogni paternità, luce infinita. Ascoltami e costringi Sabaoth Adamas
con tutti i suoi principi a venire per togliere la loro malvagità dai
miei discepoli". Quando ebbe pronunciato questa preghiera dicen-
dola ai quattro angoli del mondo intero, egli e i suoi discepoli, li
segnò tutti con questo sigillo dei due amen, che è così:

Questo è il suo vero nome: ~ocxw~ocxw~; questa è la sua interpreta-


zione: ~xw~o~w. Quando Gesù ebbe terminato di segnarli con que-
sto sigillo, in quel momento gli arconti tolsero via ogni loro malva-
gità dai discepoli. Essi gioirono alquanto poiché tutta la malvagità
degli arconti era scomparsa in loro. E quando la malvagità degli
SECONDO LIBRO DI JEU 223

arconti scomparve da loro, i discepoli divennero immortali, e segui-


rono Gesù in ogni luogo ove dovevano recarsP 3 •

Il racconto del rito per liberare dall'influenza degli arconti è del


tutto simile, nel suo svolgimento, ai racconti dei tre battesimi che
precedono 14 • Dopo aver costruito un altare di aromP 5 , riempito di
materiale combustibile e non, Gesù riveste i suoi discepoli, pone
nelle loro mani un numero, li segna e pronuncia la preghiera. Segue
l'atto del signare (a~p<Xyt~w) con un sigillo (a~p<XyLç) del quale si
fornisce la rappresentazione grafica. Ogni sigillo, qui e nei capi-
toli precedenti, ha un nome (p>-N) e un'interpretazione (É:pf.l'Y)Ve:L<X).
Secondo Mario Erbetta, la spiegazione andrebbe ricercata nella

13 Liber Jeu, 48 (p. 114, 16-116, 14): ACgJQJn€ ON HNNCANA1 AIC T.U.O
EZJ>AI NNqiOY~HN€ HnHp NqJTKAKJA NNAfXWN ZJ>AI ~NHHA8HTHC. AqTpEyKWT
NOyq)OypH ZJ>AI ~u:Ne.u.t..CJA Aqtq~«> N€M>OA€ €ZJ>AI ~IApKEyetc ~IHAAAKA­
epON ~IKOywqll ~IAHIANTON HNOYWN€ XEAXATHC HNOYAIKANOC. AYW AqTpEN€-
qHAeHTHC THfOY KOAOY ~KOOC NN€tAAy. AqTpeycT.NOY HHOOY ~NOYA­
pT€HJCJAC AYW AqKW Noy>JK.\NOC N~oyN Npwoy. .\qKW NTEcjJH~ Hnq)Ofn
~.\HHN N~OYEIT ~NTEyc:itx .A • .\YKO(A)AA NNEYEfHT€ ENEyEpHy . .\Yc:iW ~JeH
NNqiOy~HN€. 6NT.\qT.\AOOY 6Zf.\J. .\IC c.pAr12.€ NNeqHAeHTHC ~NTEIC.pA­
rJC 6T6T.\I T6. n.\1 nE neCp.\N NT6T.\AH81A. :ztl2.tt2.W IA2.W2. TAl T6 T6C-
~€pHHNI.\ ZWZW:z.AI. NT€f61C OYW sqc.pAr12.€ NN€qH.\8HTHC ~NT6JC.f.\r1C
nUJN ON .\IC .\~6f.\Tq ~U:NNq)OY~HN€. €NT.\qTuooy 6Zf.\J. Aq.XW NtEyXH
6q.l:W HHOC NT€1~6 .X6COITH €pOI nAJOIT nJWT HHNT6JOIT NIH n.\nepANTOC
NOYOEJN • .xete:ntK.\AE:I NN6Kp.\N N.\.8.\fTON NTenEO HnoyOEJN. NHpHnHp.
2.~0NHp. 2.0J>.EM20Y8.\W. :I.OyKAW. ~AHHN ~AHHN ~.\HHN. COITH 6f01 nAKPT
niQIT HHNT61WT NIH nAnEp.\NTON NO. COITH €f01 Nr.\N.\r(K)AZ€ NCA8AW8
n.\4.\HAC HNNEq.\fXHrOC THpOy NC€61 NCEql NT6YKAKJA ZJ>AI ZNNAHA8HTHC.
NT6p€q.J::OI A€ NteyxH Eq.J::OI HHOC e:ne:qTOYKOO~ HnKOCHOC THpq NTDq
HNNEqHA8HTHC .\qC.f.\rl2.6 HHOOY THpoy ~NTEIC.p.\rtc HnHez8 N~AHHN
6T6TAI T€. n.\1 nE nECp.\N NT€TAAH81A 2.AKW2.AKW2. T.\1 T€ T6C~6fH

2.XW2.0:ZW. .\YW NT€f€1C oyw eqc.pArt:Ze HHooy ~NT61C.pArtC NTEyNoy


6THH.\Y AN.\.fl qt NTEYK.\KI.\ THpc ZJ>AI ~NHH.\8HTHC .\YQI .\YfAql€ ~NOYNO(i
Np.\ql€ 6N.\gJQJq • .X6ATK.\KIA THpC NNAfXWN WXN ZJ>AI N~HTOY AYW NT€f€TK.\-
KI.\ NN.\fXWN WXN ZJ>AI N~HTOY AygJQJn€ eyo N.\eANATOC Nc:il HHA8HTHC
eyoyH~ NC.\IC ~NTOnoc NJH 6TOYN.\8WK epooy.
14 A. CosENTINO, Il battesimo gnostico, p. 202, distingue le fasi principali dei

tre battesimi: preparazione delle offerte, conferimento del primo sigillo, epi-
clesi, battesimo, eucaristia, secondo sigillo. Non ho potuto raggiungere il saggio
di S. H. SKtLES, The Form of the Baptismal Riluals. ·
15 Una testimonianza di rituale esorcistico giudaico che fa uso di aromi è
contenuta in lusnNus, Dialogus cum Tryphone Iudaeo, 85, 3: "I vostri esorcisti
esorcizzano con artifizio, come anche le genti, e si servono di aromi e lega-
menti".
224 CAPITOLO 9

relazione tra il nome autentico, quello che non va espresso, e l'ap-


pellativo, il 7tpOO'YjyopLx.Òv 6vof.Loc16 • In ambito giudaico l'autentico
ma ineffabile tetragramma, cioè il nome di Dio per antonomasia,
il suo nome riservato (llil~lp;:l ~w. sem hamm•phorii.S), viene contrap-
posto all'appellativo ('m~. kinnuy) di cui si fa normalmente uso per
sostituirlo. In uno dei codici del Testamentum Salomonis si parla
di un angelo "chiamato (x.ocÀouf.Levoç) Apharoph, che si interpreta
(~pfLYjVEue-rocL) Raphael" 17 •
Gesù si rivolge quindi al Padre mediante un'invocazione
(È7tLX.ÀYjm<;) dei suoi nomi incorruttibili (~cp6ocp-roç), affinché egli
costringa (ocvocyx.oc~w) Sabaoth Adamas con tutti i suoi principi
(ocpxYjy6ç) a venire per togliere la loro malvagità dai discepoli.
Sabaoth Adamas è un potente arconte che domina sugli eonP 8 ,
ed è normale che egli abbia assunto uno degli attributi del Dio
dell'Antico Testamento; esso infatti non è più considerato dagli gno-
stici l'unico e supremo Dio, bensì un essere demoniaco inferiore.
L'orazione va pronunciata ai quattro punti cardinali, ed è seguita
da un ulteriore sigillo dei due amen; in tal modo si ottiene imme-
diatamente la liberazione dei discepoli e la loro immortalità.
Il rituale qui descritto dimostra come l'iniziazione cristiana attri-
buita a Cristo dagli gnostici secondo l'autore del Libro di Jeu fosse
suddivisa in diverse parti. Il battesimo di acqua, di fuoco e dello
spirito hanno tutti come scopo la remissione dei peccati, la puri-
ficazione dei neofiti e l'iscrizione nel numero degli eredi del regno
di luce. Compiuto poi il rito di liberazione dalla malvagità degli
arconti, Gesù può comunicare ai suoi discepoli i sigilli, i numeri,
i nomi e le parole d'ordine per permettere che l'anima attraversi
i vari eoni, i topoi degli arconti che si ritirano e lasciano libero il
passaggio. Tutto ciò va compreso nell'ottica di una ormai completa
"demonizzazione del cosmo che estende ai pianeti e al cielo delle
stelle fisse la dimora degli inferi" 19 • Evidentemente la liberazione dal
peccato non è sufficiente, ed occorre un rito suppletivo per liberare
dalla malvagità degli arconti, senza il quale i discepoli non possono

16 M. ERBETTA, Gli apocrifi del Nuovo Testamento, vol. lfl, p. 339, nota 10.
17 Testamentum Salomonis, 13, 6 (variante). Cfr. G. ScHOLEM, Uber eine For-
me[.
18 Pistis sophia, 15, 2: "Adamas, il grande tiranno". Cfr. J. V. HANSEN,
Adamas and the Four Illuminators.
19 G. FILORAMO, L'attesa della fine, p. 39.
SECONDO LIBRO DI JEU 225

intraprendere il cammino nella direzione della luce, e non possono


recuperare l'immortalità. Si perviene a questo risultato tramite
azioni, sigilli, formule ed invocazioni: "la liberazione dalla colpa e
dal peccato diviene meccanica, pensata magicamente" 20 • L'elabo-
rato rituale mediante il quale questi gnostici si difendevano dalle
potenze malvagie dimostra quanta crescente importanza venisse
riservata a riti esorcistici connessi con l'iniziazione cristiana, nella
convinzione che l'uomo fosse irrimediabilmente servo delle potenze
demoniache. Al di fuori dei gruppi gnostici non si raggiunse mai
una tale drammatizzazione, ma non è escluso che questa forte cre-
denza abbia avuto qualche punto di contatto o interscambio con i
costumi liturgici della Chiesa ortodossa.

20 W. BoussET, Hauptprobleme der Gnosis, p. 294.


CAPITOLO 10
IRENEO DI LIONE

l. La testimonianza di un viaggiatore
Le informazioni sulla possessione diabolica e sull'esorcismo che
possono essere tratte dagli scritti di Ireneo 1 sono di grande valore,
in quanto provenienti dalla penna di un uomo che vanta un'espe-
rienza non comune. Oriundo dell'Asia Minore, nato probabilmente
a Smirne tra il 130 e il 140, Ireneo ebbe infatti occasione di cono-
scere ed ascoltare in gioventù il vescovo e martire Policarpo, disce-
polo degli apostolP. Può darsi che, trasferitosi in occidente, egli
abbia soggiornato a Roma sotto il pontificato di Aniceto (155-166),
negli stessi anni in cui si svolgeva l'opera missionaria di Giustino3 •
Nel 177, durante la persecuzione di Marco Aurelio, si trovava
tra Vienna e Lione come presbyteros\ e come tale ebbe l'incarico
da parte del clero gallico di recare un'epistola a papa Eleuterio5;
dopo la morte del vescovo di Lione Potino, avvenuta nel 177-178,
gli succedette sulla cattedra episcopale6 • Nella controversia quar-

1 Alcune monografie: E. F. OsBORN, lrenaeus o{ Lyons; R. M. GRANT, lrenaeus


o{ Lyons; M. A. DoNOVAN, One Righi Reading?; D. MINNS, Jrenaeus. Utili voci
enciclopediche: N. BRox, Ireniius von Lyon; A. 0RBE, Jreneo; H. J. JASCHKE,
Ireniius von Lyon. Sulla teologia di Ireneo: P. BEUZART, Essai sur la théologie
d'lrénée; A. BENOIT, Saint lrénée; W. R. ScHOEOEL, Theological Method; A. 0RBE,
Teologia de San lreneo; lo., Antropologia de San lreneo; lo., Espiritualidad de
San Ireneo; J. FANTINO, La théologie d'lrénée; P. A. TALAVERA FERNANOEZ, La
metodologia teolOgica; B. BENATS, Il ritmo trinitario.
2 IRENAEUS LUGOUNENSIS, Adversus haereses, III, 3, 4; lo., Epistula ad Flori-
num, in EusEBIUS CAESARIENSIS, Historia ecclesiastica, V, 20, 5.
3 In Adversus haereses, III, 3, 4, Ireneo testimonia la permanenza a Roma
di Policarpo in quegli anni, e nell'Epistula ad Victorem ne narra l'incontro con
Aniceto, come se vi avesse assistito (lvi, V, 24, 16-17).
4 Il termine presbyteros, osserva Pierre Nautin (Lettres et écrivains, pp. 43-49
e 93-95), potrebbe anche indicare una funzione episcopale; in tal caso lreneo
sarebbe stato nominato vescovo di Vienna.
5 EusEBIUS CAESARIENSIS, Historia ecclesiastica, V, 3, 4-4, 1-2.
6 Cfr. P. WUILLEUMIER, Le martyre chrétien de 177. Sul cristianesimo lio-
nese, H. MARROU, Lyon et l'histoire ancienne du christianisme.
228 CAPITOLO IO

todecimana, che generò un acceso contrasto tra papa Vittore e


l'episcopato asiatico, Ireneo si distinse infine come pacificatore e
scongiurò una rottura provocata dall'intransigenza del vescovo di
Roma 7 • L'aver frequentato ambienti così vari e l'aver conosciuto
personaggi di tale levatura fu determinante per l'ampia formazione
culturale di Ireneo, ed induce noi moderni a prestare particolare
attenzione ai suoi accenni alle pratiche esorcistiche. La sua testi-
monianza è forte di una conoscenza particolare di diverse comu-
nità cristiane lontane tra loro e non si esaurisce nell'ambito della
grande Chiesa: Ireneo, infatti, si preoccupa anche della tradizione
giudaica e gnostica.
Una premessa sulla situazione testuale delle opere di Ireneo è
necessaria. Sebbene avesse appreso a parlare la lingua "barbara"
del suo paese d'adozione, Ireneo si espresse sempre in greco, con
una certa eleganza e facendo uso della retorica del tempo8 • La
maggior opera di Ireneo pervenutaci è intitolata Smascheramento
e confutazione della gnosi dal falso nome9 , comunemente indicata
con il più breve titolo di Adversus Haereses. Composta intorno al
180, fu principalmente scritta per contrastare le dottrine gnostiche
valentiniane; nel primo libro vengono esposti alcuni sistemi gno-
stici che Ireneo conosce, negli altri quattro la loro confutazione 10 •
L'opera di Ireneo è preziosa testimonianza delle conoscenze dirette
dell'autore, ma anche ripresa delle trattazioni di scrittori prece-
denti, le cui opere in gran parte sono oggi perdute 11 • Dell'originale

7 EusEBIUS CAESARIENSIS, Historia ecclesiastica, V, 24, 9. Da questo momento

cessano le notizie sulla vita di lreneo; un'antica tradizione non verificabile Io


pone tra i martiri al tempo della persecuzione di Settimio Severo, nel 202-203
(cfr. J. VAN DER STRAETEN, Saint lrénée fut-il un martyr?). Su alcuni aspetti
della vita di lreneo, C. PERRAT- A. AumN, S. lrénée. L'histoire et la légende;
J. RouGE, lrénée de Lyon.
8 Sullo stile e la formazione culturale di lreneo, A. BENOIT, Saint lrénée,
pp. 55-73.
9 Il titolo completo ~EÀE)'XOç xcxt <Ìvcx-rpo7dj Tijç ljieu8wvu!Lou yv~crewç è
restituito da Eusebio (H i storia ecclesiastica, V, 7, t).
10 Sul trattamento dell'eresia, A. BENOIT, lrénée et l'hérésie; Y. DE ANDIA,

L'hérésie et sa réfutation; E. PERETTO, Criteri di ortodossia e di eresia.


11 lreneo conosce l'Epistola ai Corinzi di Clemente romano, gli scritti di

Papia, di Giustino (specie il perduto Syntagma contro tutte le eresie), il Pastore


di Erma e la Lettera ai Romani di Ignazio d'Antiochia. Colui che più ha stu-
diato con rigore la questione delle fonti di lreneo è Friedrich Loofs (Theophilus
von Antiochien, 1930): egli considerò il trattato perduto di Teofilo di Antiochia
IRENEO DI LIONE 229

di questo testo non ci sono pervenuti che due manoscritti greci di


tradizione diretta, incompleti, assieme a numerose citazioni tratte
da florilegi e catene esegetiche o riprese dagli eresiologi successivi
(principalmente Epifani o e l'autore dell' Elenchos). Il testo integrale
è conservato solamente in una traduzione latina, nel complesso
abbastanza letterale, mentre per il IV ed il V libro disponiamo
anche di una versione armena. Alcuni, con poco seguito, hanno
voluto far rimontare la versione latina a prima di Tertulliano, il
che la renderebbe uno dei primi documenti di latino cristiano; altri
propendono per il m o addirittura per il IV secolo, certo non oltre
il 420 12 •

2. L'esorcismo presso simoniani e carpocraziani


I primi riferimenti alla pratica esorcistica sono inseriti da Ire-
neo nel contesto della polemica contro i seguaci di Simone e Car-
pocrate. Simon Mago 13 , anzitutto, è considerato da Ireneo come il

Adversus Marcionem (IQT) come fonte principale di lreneo, assieme a Giustino.


Le altre fonti, per il Loofs, sarebbero: un documento antimarcionita (IQA)
che sarebbe anche servito per la redazione del trattato De resurreclione dello
Pseudo Giustino (che l'autore considerava autentico); lo scritto di un presbitero
(IQP); Papia di Gerapoli; l'esegesi dei presbiteri asiatici (IQE); una fonte antio-
chena molto vicina a Teofilo (IQU). Il Loofs dipinse lreneo come un modesto
teologo che avrebbe raccolto e giustapposto in maniera poco organica e senza
rielaborazione personale il materiale proveniente dalle sue fonti: il suo merito,
dunque, sarebbe stato solamente quello di averci conservato elementi più anti-
chi: "lrenaeus ist als theologischer Schriftsteller vie! kleiner gewesen, als man
bisher annahm ( ... ) Noch kleiner wird lrenaeus als Theologe" (Theophilus von
Antiochien, p. 432). Al di là dei meriti della sua ricerca, occorre osservare che
è stata criticata la rigidezza del Loofs nell'identificare le fonti e nel descriverne
un utilizzo meramente meccanico da parte di lreneo; è stato contemporanea-
mente messo in luce il carattere unitario dell'Adversus haereses, opera teolo-
gica cosciente e per molti versi originale. Sebbene manchi ancora un lavoro
che possa sostituire quello del Loofs, è chiaro che il valore dei suoi risultati è
stato ridimensionato. Sulle fonti di lreneo vedi anche A. BENOIT, Saint Jrénée,
pp. 9-41; J. FANTINO, La théologie d'lrénée, pp. 400-405; E. NoRELLI, Il problema
delle fonti.
12 Se ne è occupato a lungo Sven Lundstriim: Studien zur lateinischen
lreniiusiibersetzung (1943); lo., Neue Studien (1948); lo., Ubersetzungstechnische
Untersuchungen (1955); Io., Die Uberlieferung (1985).
13 Cfr. At 8, 9-24; IUSTINUS, Apologia /, 26 e 56; IRENAEUS LUGOUNENSIS,
Adversus haereses, l, 23; Ps. HIPPOLYTUS, Re(utatio omnium haeresium, VI, 9-18;
EPIPHANIUS SALAMINENSIS, Panarion, 21, 1-6. Sulla sua figura e teologia,
230 CAPITOLO IO

primo degli eretici e il primo degli gnostici. Gli Atti degli Apostoli lo
descrivevano come un mago proveniente dalla Samaria a capo di un
movimento che, quando il diacono Filippo si recò in quella regione,
pareva godere di un certo seguito di fedeli 14 . Battezzato da Filippo,
offrì del denaro all'apostolo Pietro nel momento in cui avrebbe
dovuto ricevere l'imposizione delle mani, cercando di procacciarsi
la facoltà di amministrare egli stesso lo Spirito Santo; ripreso e
minacciato aspramente da Pietro, Simone domandò la sua interces-
sione, affinché questa sua sconsiderata azione non lo portasse alla
perdizione. Secondo gli Atti Simone viveva a Samaria praticando
la magia (fLOty&uwv), riempiendo di stupore (t;La-rocvwv) i suoi con-
cittadini e presentandosi come un gran personaggio; per Giustino
"compiva prodigi magici grazie all'arte dei dèmoni che operavano in
lui" 15 • Trent'anni dopo di Giustino e più di un secolo dopo di Luca,
Ireneo nel descrivere Simone riprende e sviluppa alcune tematiche
già contenute nelle fonti a cui si ispira: Simone è un uomo vene-
rato come un dio (quasi deus glorificatus est) e potenza altissima
(sublimissima virlus), dedito sempre più alla pratica di ogni arte
magica (universam magicam amplius inscrutans) 16 • È stato messo
in dubbio dagli studiosi che il Simon Mago dell'evangelista Luca
ed il Simone degli eresiologi fossero realmente la stessa persona 17 ;
ma certamente sia Giustino, sia Ireneo, sia l'autore dell'Elenchos ne
sono convinti e sulle orme del racconto lucano presentano Simone
come lo stregone per eccellenza, iniziatore di una vera e propria
setta religiosa dalla quale sarebbero sorte tutte le altre eresie.

H. WAITZ, Simon Magus; L. CERFAUX, La gnose simonienne; W. FoERSTER,


Die ersten Gnostiker; K. BEYSCHLAG, Simon Magus; J. M. A. SALLES-DABADIE,
Recherches sur Simon; G. LODEMANN,. Untersuchungen; S. HAAR, Simon Magus.
Sulle opere di Beyschlag e Liidemann, si veda la recensione di G. Filoramo.
Più in breve, H. JoNAS, Lo gnosticismo, pp. 121-129; F. GARCIA BAZAN, Gno-
sis, pp. 92-101; G. FILORAMO, L'attesa della fine, pp. 228-235; M. SIMONETTI,
Testi gnostici, pp. 5-35 (con fonti); S. PÉTREMENT, Le Dieu séparé, pp. 325-342;
K. RuooLPH, La gnosi, pp. 370-375; C. ScHMITI, Simon magus, con bibliografia.
Le osservazioni di T. ADAMIK, The Image o( Simon Magus, sono inadeguate.
14 At 8, 9-24. Cfr. M. SMITH, The Account o( Simon Magus in Acts; E. HAEN-
CHEN, Simon Magus in der Apostelgeschichte; G. RICCIOTTI, Gli Atti degli apostoli,
pp. 150-157.
15 IusnNus, Apologia I, 26, 2.
16 IRENAEUS LUGDUNENSIS, Adversus haereses, l, 23, l.
17 Cfr. S. RuooLPH, Simon - Magus oder Gnosticus?
IRENEO DI LIONE 231

Successore di Simone è ritenuto essere da Ireneo il samaritano


Menandro 18 , specialista come il suo maestro nell'utilizzo delle arti
magiche, nelle quali era giunto al grado sommo della conoscenza
(ad summum magiae pervenit). Tra gli gnostici che fanno uso di arti
magiche, incantesimi e filtri, Ireneo menziona anche l'alessandrino
Carpocrate 19 , la cui seguace Marcellina predicò a Roma al tempo
di Aniceto (verso il 154). È a proposito dei simoniani che Ireneo si
esprime in questo modo:

Perciò i loro mistagoghi vivono scostumatamente e fanno magie,


per come ciascuno di loro è capace. Si servono di esorcismi ed
incantamenti. Si fa presso di loro anche largo utilizzo di filtri, di
incanti amorosi e di coloro che sono detti paredri ed oniropompi, ed
ogni altra arte magica presso di loro è esercitata con zelo20 •

Ireneo parla di mystici sacerdotes di Simone, verosimilmente


dei fLUa-rocywyo( 21 , termine che indica coloro che introducevano o

18 Cfr. lusTINUs, Apologia l, 26, 4; IRENAEUS LuGDUNENSIS, Adversus haere-

ses, l, 23, 5. H. LEISEGANG, Die Gnosis, pp. 104-107; F. GARCIA BAzAN, Gnosis,
pp. 101-102; W. FoERSTER, Die ersten Gnostiker.
19 IRENAEUS LUGDUNENSIS, Adversus haereses, l, 25; CLEMENS ALEXANDRINUS,

Stromata, Il, 5-9; TERTULLIANUS, De anima, 23-35; Ps. HIPPOLYTUS, Re(uta-


tio omnium haeresium, VII, 32; EusEBIUs CAESARIENSIS, Historia ecclesiastica,
IV, 7, 9; EPIPHANIUS SALAMINENSIS, Panarion, 27. H. U. MEYBOOM, De Carpo-
cratianen; H. LIBORON, Die karpokratianische Gnosis; E. PETERSON, Carpocrate;
J. DANIÈLOU, La teologia del giudeo-cristianesimo, pp. 97-99; M. SIMONETTI, Testi
gnostici, pp. 183-197 (con testi). Dubbi sulla esistenza storica di Carpocrate sono
espressi in H. KRAFT, Gab es einen Gnostiker Karpokrates?, e in H. U. RosEN-
BAUM, Karpokrates (con bibliografia generale).
20 IRENAEUS LuGDUNENSIS, Adversus haereses, l, 23, 4: "lgitur horum mystici

sacerdotes libidinose quidem vivunt, magias autem perficiunt, quemadmodum


potest unusquisque ipsorum. Exorcismis et incantationibus utuntur. Amatoria
quoque et agogima et qui dicuntur paredri et oniropompi et quaecumque sunt
alia peri erga apud eos studiose exercentur". Il testo greco è ipoteticamente
così ricostruito dall'editore: Ot oùv TOUTWV fLUGTocywyot occrEÀy&ç !Lèv ~toUcrL,
p.cxyElcxr; 3è tm-rEÀoucrt, xoc6&ç Mvoc-rocL dç ~xoccr-roç ocù-r&v. 'E~opxLcrfLo'i:ç xoct
brcxot81XLt; zp<7>VT<XL, rp{ÀTp!X 't'E XIXÌ &_yÒ)ytfJ.!X XIXÌ TOÙt; ÀEyop.évout; 7r1Xpé8pouc;
x<Xt ÒVEtp07r:OfJ.7r:OUt; X<Xt Et TL\101: &ÀÀIX 7rEpLEpyoc 7r01:p' ocù-roi'ç occrxoucrw. Le parti
in corsivo sono quelle riprese in Ps. HIPPOLYTUS, Refutatio omnium haeresium,
VI, 20.
21 In IRENAEUS LUGDUNENSIS, Adversus haereses, l, 21, l fLUGTocywyo( è reso
myslici antistiles; fLUcr-rocywy(<X in l, 15, 6 con mysteria e in I, 21, 3 con mysti-
cum.
232 CAPITOLO IO

IniZiavano ai misteri eleusini22 , più generalmente guide spirituali,


insegnanti, anche sacerdoti23 . Si tratta di personaggi che occupano
qualche particolare posizione all'interno del gruppo dei simoniani,
forse come membri di una sorta di classe sacerdotale? Siamo poco
informati sull'organizzazione gerarchica e cultuale delle comunità
gnostiche; certamente esse rifuggivano un'organizzazione comunita-
ria rigida e gerarchicamente ordinata e la separazione tra sacerdo-
zio e laicato, ma ciò non significa che in certi casi la forma esteriore
della comunità non abbia potuto assumere una forma gerarchiz-
zata. I valentiniani ed i manichei sostenevano la sufficienza della
pura religio mentis, ma molti altri seguivano una prassi cultuale
analoga a quella dei culti misterici o della Chiesa cristiana. Il ritro-
vamento di preghiere, inni e salmi, la scoperta di luoghi cultuali e
l'esistenza di certi sacramenti, comprovano questa convinzione, e
testimoniano che accanto al rifiuto o alla forte spiritualizzazione
del culto si ebbero reinterpretazioni e adattamenti di cerimonie
liturgiche desunte dall'ambiente circostante, o la ritualizzazione
di eventi mitologici 24 • Ireneo ricorda solamente che i simoniani
"hanno anche una statua di Simone raffigurata con l'aspetto di
Giove, e una di Elena con l'aspetto di Minerva, e le adorano" 25 • Ciò
sarebbe prova di un culto delle immagini di Simone unito a quello
di Elena, venerata come I'Ennoia, il Pensiero da lui scaturito 26 ; ma
non è sufficiente a dimostrare l'esistenza di una classe sacerdotale
addetta al culto proprio in queste comunità. In ogni caso, anche se
l'utilizzo del termine fl.UGTcxywyo( potrebbe far pensare ad un'atti-
vità sacramentale o sacerdotale parallela e concorrenziale a quella
della grande Chiesa, non è detto che non si tratti solamente dell'uso
deliberato di una terminologia misterica da parte di Ireneo, nel ten-
tativo di accomunare le pratiche dei simoniani a quelle dei pagani.

22 Sulle religioni misteriche, L. ALDERINK, The Eleusinian Mysteries;


K. CLINTON, The Eleusinian Mysteries; lo., The Sacred Officials; G. E. MYLONAS,
Eleusis; R. PETTAZZONI, I misteri; N. TuRCHI, Le religioni misteriosofiche. Una
raccolta di testi con ottimo commento in P. ScARPI, Le religioni dei misteri.
23 Sull'uso del termine, H. D. BETZ, Magie and Mystery; C. RIEDWEG, Myste-
rienterminologie.
24 Cfr. K. RuooLPH, La gnosi, pp. 278-316.
25 IRENAEUS LUGDUNENSIS, Adversus haereses, l, 23, 4.

26 A quanto pare alcuni gnostici possedevano statuette di divinità. Ireneo


ritiene che anche i carpocraziani possedessero immagini e le venerassero (Adver-
sus haereses, I, 25, 6).
IRENEO DI LIONE 233

A tal proposito è interessante osservare che l'autore dell'Elenchos,


nel passo parallelo, tralascia la menzione dei mistagoghi e parla di
semplici discepoli ((l.ocfhrroc() di Simone.
Questi fl.UGTocywyo( sono descritti da Ireneo come personaggi
che vivono libidinosamente, a causa del loro deprezzamento della
carne 27 , dediti alla magia ((l.ocydoc) e all'uso di filtri amorosi ed
incanti (<pLÀTpoc n x.oct &ywy~(l.oc) 28 ; essi si servono dell'ausilio di
demoni 29 paredri e inviatori di sogni (7t&pa:3pm x.oct Ò'Ja:~p67tOfl.7tO~).
e praticano ogni arte magica (Toc 7ta:p(a:pyoc)30 • Questi paredri
vanno intesi come spiriti assistenti; i papiri magici ci restitui-
scono rituali per assicurarsi l'assistenza di uno spirito paredro,
in grado di inviare sogni, legare a sé uomini e donne senza l'uso
di materiali magici, uccidere, servire in ogni sua richiesta chi lo
possiede31 • Anche Giustino parlava di spiriti "detti dai maghi oni-
ropompi e paredri" 32 , ed il tema dei demoni assistenti dei maghi
e mandanti di sogni non è solo ireneano33 • Ireneo stesso quando

27 Per l'atteggiamento opposto frutto della medesima ideologia, quello della


continenza, cfr. C. GIANOTIO, La testimonianza veritiera, p. 22.
28 Ricostruisco come in IRENAEUS LUGDUNENSIS, Adversus haereses, l, 13, 5
(in latino amatoria et adlectantia) ed in Ps. HIPPOLYTUS, Re{utatio omnium hae-
resium, VI, 20. Teodoreto riporta invece èpw·nxoc. 'AywytfL<X è variante del più
diffuso &ywylj, rimedio magico per l'amore, incantamento che attrae.
29 Che Simone operasse con l'aiuto dei demoni è un concetto già espresso da
IusnNus, Apologia l, 26, 2: "Questi al tempo dell'imperatore Claudio avendo
operato prodigi magici a Roma, la vostra città regale, grazie all'arte dei demoni
che operavano in lui fu ritenuto dio". Traduzione di Manlio Simonetti.
30 La 7ttpttpy(<X o 7ttptoupyl<X è la curiositas latina, che va intesa come sino-

nimo della magia. Cfr. in At 19, 19, dove coloro che esercitavano le arti magi-
che (-r~ 7ttpltpy<X) bruciano pubblicamente i propri libri.
31 Papyri graecae magicae, I, 96: "Rito sacro per l'ottenimento del paredro",
Si vedano anche lvi, l, 54; IV, 1841; VII, 884. Cfr. R. J. S. BARRET-LENNARD,
Christian Healing, pp. 152-153; L. CIRAOLO, Supernatural Assistants; A. SciBILIA,
Supernatural Assistance.
32 lusnNus, Apologia l, 18, 3.

33 Ad esempio, TERTULLIANUS, Apologeticum, 23, 1: "Se i maghi[ ... ] conciar-

lataneschi artifici ostentano innumerevoli prodigi, se inviano sogni, invocando


quali strumenti al loro servizio angeli e demoni" (traduzione di Anna Resta
Barrile); lo., De anima, 28, 5: "Scimus etiam magiae licere explorandis occultis
per catabolicos et paredros et pythonicos spiritus". In Ps. CLEMENS RoMANUS,
Recognitiones, Il, 13, Simon Mago afferma: "Con formule che non vi posso dire
(iuramentis ineffabilibus) ho evocato e reso presente a me l'anima di un fan-
ciullo puro ucciso con violenza, ed è attraverso di lei che avviene tutto ciò che
234 CAPITOLO 10

descrive il valentiniano Marco 34 afferma essere cosa naturale "che


egli abbia un demone come paredro, per mezzo del quale egli pare
profetizzare" 35 • Il paredro, nella visione dell'autore, è chiaramente
un 8ot(f1.WV, il quale assiste coloro che praticano la magia e la pseu-
doprofezia36; si tratta di una funzione che altrove è stata attribuita
agli angeli 37 • Non si tratta qui di una vera e propria possessione
diabolica, quanto più di una collaborazione tra i demoni e gli ere-
siarchi. Nel passo precedente, tuttavia, compare chiaramente tra le
attività inique dei sacerdoti simoniani anche la pratica degli exor-
cismi. È questo l'unico caso in cui compare nelle opere di lreneo
il termine exorcismus (e quindi, possiamo pensare, l'originale greco
èl;op)WJf1.6ç): egli non fornisce notizie più precise sulla prassi esorci-
stica degli eretici, ma semplicemente la inserisce all'interno di una
serie di pratiche magiche ed incantatorie, con intento biasimevole.
Lo stesso tema è ripreso più avanti, dove gli eretici sono accusati
di compiere prodigi con "invocazioni angeliche o con incantesimi
o con qualche perversa arte magica" 38 • Purtroppo l'argomento è
appena sfiorato, e non vi è la possibilità di sapere che cosa Ireneo
intendesse precisamente con il termine èl;op)Wrf1.6ç. Non può infatti
essere escluso a priori che egli intenda riferirsi ad un generico scon-
giuro, e non ad uno scongiuro esorcistico. Naturalmente molte delle
notizie riportate da Ireneo sui costumi dei suoi avversari si inse-
riscono perfettamente nel consueto tema denigratorio dell'accusa
di magia39 , che si ripresenta con poche differenze per tutti i movi-

comando" (traduzione di Silvano Cola). Sempre a proposito di Simone, RuFINUS


AQUILEIENSIS, Historia ecclesiastica Eusebii Caesariensis, Il, 14, 5: "[. .. ] utens
adminiculo adsistentis sibi et adhaerentis daemonicae virtutis, quam 7tcXpe~pov
vocant".
34 Su Marco, N. FùRSTER, Marcus Magus (sul quale, si veda la recensione di
Aldo Magris).
35 IRENAEUS LUGDUNENSJS, Adversus haereses, l, 13, 3.

36 Con lo stesso senso ricorre in IRENAEUS LUGDUNENSIS, Adversus haereses,

l, 25, 3, in un periodo molto simile dedicato ai seguaci di Carpocrate: "Si ser-


vono anch'essi delle arti magiche, incantesimi, filtri e allettamenti amatori, dei
paredri e degli oniropompi (7tocpé~pouc; TE xocl òveLpo7t6(.L7tOuç) e di tutte le altre
pratiche maligne".
37 Cfr. ad esempio HIPPOLYTUS, De antichristo, 59, 2: ''[. .. ] angeli custodi
(7tcipe8poL), mediante i quali la Chiesa è sempre consolidata e protetta". Tradu-
zione di Enrico Norelli.
38 IRENAEUS LUGDUNENSIS, Adversus haereses, Il, 32, 5.
39 Su questo tema G. SFAMENI GASPARRO, Eretici e maghi in Ireneo.
IRENEO DI LIONE 235

menti settari; vanno per questo trattate con una certa circospe-
zione, anche se "è lecito domandarsi se il facile cliché dell'accusa di
magia non nasconda, almeno in questo caso, un nucleo significativo
di verità storica" 40 •

3. L'esorcismo degli ebrei


All'interno di un discorso incentrato sul tema della conoscibilità
di Dio e della sottomissione del creato, Ireneo si riferisce esplicita-
mente alla pratica esorcistica ebraica:
Anche se non lo videro, tuttavia tutte le cose sono soggette al
nome del nostro Signore: e ugualmente lo sono anche al nome di
colui che ha creato e fondato tutte le cose, poiché non ve n'è un
altro diverso da lui che ha creato il mondo. Perciò i giudei fino ad
ora con questa medesima denominazione mettono in fuga i dèmoni,
dal momento che tutte le cose temono l'invocazione di colui che le
ha create4 1 •

Poiché tutte le cose sono sottomesse al nome del Signore, è


implicito che anche gli spiriti maligni non possano far altro che
fuggire davanti all'invocazione del nome (nomen, vocabulum) 42 di
colui che ha creato e fondato tutte le cose (Tou 't'Òt 7tcXV't'IX 7tm~atXnoç
KIXL K't'LO'IXV't'oç) 43, quel Padre che è affermato essere l'unico creatore
del mondo, e nessun altro al di fuori di lui 44 •

40 G. FtLORAMO, L'attesa della fine, p. 238.


41 IRENAEUS LUGDUNENSIS, Adversus haereses, II, 6, 2: "Et utique non vide-
runt eum, tamen Domini nostri nomini subiecta sunt omnia: sic et eius qui
omnia fecit et condidit vocabulo, cum alter non sit quam ipse qui mundum
fecit. Et propter hoc Iudaei usque nunc hac ipsa adfatione daemonas effugant,
quando omnia timeant invocationem eius qui feci t ea". Ad eli n Rousseau così
ricostruisce l'originale: Kod xiX61Xm:p, !.L~ Éwp1Xx6-riX IXÒT6\I, -r<i> f.LÉ\ITOt -roG Kup[-
ou ~f.LW\1 Ò\16f.LIXTt Ù7tOTÉTIXXTIXt -roc 7tiX\ITIX, o!.l-rwç xiXt T1j -roG -roc 7tiX\ITIX 7tot~criX\I­
-roç xiXt x-rtcr!Xnoç 7tpOcr'r)yop[~, tm:t &ÀÀoç oòx ~crTt\1 ocÀÀ' ~ IXÒTÒç o -rÒ\1 x6-
crf.LO\I 7tt7tOt1)XÙ>ç. K!Xt 8toc -roG-ro o[ 'lou81X'ì:'ot !.LÉX.Pt \IU\1 TIXU"r(l IXÒ-rjj T1j 7tpocrp~cre:t
-roùç 81Xtf.L0\11Xç rpe:uyoucrt\1, o1t6n 7tiX\ITIX rpo~e:'ì:'-riXt ~\1 t7ttXÀ1Jcrt\l -roG 7tot~criX\I-
-roç IXÒ-r!X (corrispondenza privata del 6 Agosto 2004).
42 Che vocabulum sia usato qui come sinonimo di nomen, risulta chiaro dal
contesto e dall'uso consueto che Ireneo fa del termine (cfr. Adversus haereses,
V, 30, 3, dove esso compare accanto a nomen). Adelin Rousseau considera che
esso traduca l'originale 7tpocr'r)yopt1X (corrispondenza privata del 6 Agosto 2004).
43 Cfr. HERMAS, Pastor, 26, l (Mand. l): "( ... ) Prima di tutto credi che vi

è un solo Dio, il quale ha creato tutte le cose e le ha ordinate dal non essere
ali' essere".
236 CAPITOLO 10

Sulla portata del tema della conoscibilità di Dio che fa da cor-


nice a questo inciso, mi soffermerò più avanti; qui basti sottolineare
come l'autore voglia mostrare la potenza del Creatore, il Padre che
non va distinto da un demiurgo: non si era ancora palesato, nep-
pure attraverso la successiva incarnazione del proprio Figlio, ma
ugualmente ogni creatura era a lui naturalmente sottomessa. Ne
deriva che anche adesso, dopo l'avvento di Gesù, permane inva-
riata la potenza del suo nome, del quale possono tuttora servirsi
gli ebrei che non hanno accettato la messianicità di Gesù. Sorge
spontaneo il parallelo con ciò che qualche decennio prima scriveva
Giustino martire rivolgendosi ai suoi interlocutori ebrei 45 • Senza
voler ricercare una dipendenza di Ireneo da Giustino 46 , è chiaro che
il concetto è il medesimo, sebbene il contesto sia differente: anche
qui si afferma che gli esorcismi giudaici condotti in nome dell'unico
Dio creatore del mondo sono efficaci.
Ireneo poteva conoscere per esperienza personale l'efficacia
dell'esorcismo giudaico? Che conoscenza aveva del mondo ebraico?
Egli dimostra di aver approfondito l'esegesi ebraica delle Scritture,
e nei suoi scritti si fa talora portatore di tradizioni giudaiche extra-
bibliche; pertanto "è normale pensare che Ireneo debba le sue tra-
dizioni ebraiche e gli elementi haggadici della sua esegesi a giudei

44 Saturnino e Basilide sono forse i primi autori cristiani che distinguono un


Dio Padre e un Dio creatore; contro questa cosmologia si scaglia Ireneo. Cfr.
J. FANTINO, La théologie d'Irénée, pp. 171-175 e 279-287.
45 IusTINUS, Dialogus cum Tryphone Iudaeo, 85, 3: "Se voi esorcizzate nel
nome di uno qualsiasi dei vostri re, giusti, profeti o patriarchi, nessuno dei
demòni verrà sottomesso; mentre se uno di voi esorcizza per il Dio di Abramo,
di !sacco e di Giacobbe, verrà ugualmente sottomesso".
46 Si ricordi che l'Apologista compare nell'opera di Ireneo, citato come mae-
stro di Taziano (Adversus haereses, l, 28, l); in IV, 6, 2 viene riprodotto un suo
passo tratto dal Contra Marcionem (forse il Syntagma contro tutte le eresie citato
da Giustino medesimo in Apologia I, 26, 8) mentre un'altra citazione (V, 26, 2),
la cui provenienza non è precisata da Ireneo, non corrisponde a nessuna delle
opere di Giustino a noi pervenute. L'influenza degli scritti di Giustino su Ire-
neo è fuor di dubbio (Cfr. F. LooFs, Theophilus von Antiochien, pp. 339-374);
occorre ricordare che è stato ipotizzato anche un periodo di permanenza di Ire-
neo a Roma sotto il pontificato di Aniceto (155-166), dove egli avrebbe potuto
conoscere Giustino e venire a conoscenza dei suoi scritti. J. P. SMITH, Proof o(
the Apostolic Preaching, p. 37, afferma: "Non sembra improbabile che Ireneo
abbia conosciuto di persona Giustino a Roma, ed è certo che egli ne conobbe le
opere e fu influenzato da lui". Si veda anche A. BENOIT, lrénée et Justin.
IRENEO DI LIONE 237

o giudeo-cristiani" 47 • Certamente tra le letture di Ireneo compaiono


anche autori ebrei, come Giuseppe Flavio; da questi egli avrebbe
potuto apprendere riguardo alle capacità esorcistiche di Salomone
e degli ebrei che, dopo di lui, si servivano delle sue formule e del
suo sigillo 48 • Ma Ireneo probabilmente aveva anche avuto occasione
di frequentare la realtà del giudaismo suo contemporaneo, durante
i suoi viaggi o nella sua città di origine, Smirne, dove esisteva
un'importante comunità giudaica 49 • Forse è dagli ebrei che egli
aveva appreso quei fondamenti della lingua ebraica, grazie ai quali
talora abbandona la consueta dipendenza dai Settanta, lanciandosi
in digressioni sul testo originale di qualche passo dell'Antico Testa-
mento.
Diretta od indiretta che fosse la fonte da cui Ireneo ha ricavato
le sue informazioni sull'esorcismo degli ebrei, certo egli non nutre
alcun dubbio sull'efficacia dell'opera loro; essi realmente mettono
in fuga, scacciano (effugant) i demoni, dai tempi biblici fino ad
ora. Manca qui ogni intento di critica verso l'uso giudaico, che
era presente invece in Giustino, il quale tendeva ad accomunare
l'esorcismo ebraico a quello dei pagani. La confutazione della teo-
logia ebraica non è uno degli scopi principali di Ireneo, che nelle
sue opere tralascia di muovere accuse nei confronti degli ebrei del
genere di quelle che si ritrovano nel Dialogo con Trifone di Giustino.
Anch'egli li considera "uccisori del Signore", colpevoli anzitutto di
essersi allontanati da Dio non avendo riconosciuto il Messia 50 • Ma
l'errore dei giudei è considerato come un evento propizio e prepa-
ratorio alla salvezza, facente parte di un disegno progressivo che
ora ha raggiunto la sua pienezza con l'avvento del cristianesimo;

47 A. MARMORSTEIN, Zur Erkliirung der Gottesnamen, p. 258.


48 Cfr. A. BENOIT, Saint lrénée, p. 101; losEPHUS, FLAVIUS, Anliquilales iudai-
cae, VIII, 45-48.
49 Il Marlyrium Polycarpi (12, 1) parla di una massa (7tÀ'lj6oç) di ebrei a

Smirne.
50 IRENAEUS LUGDUNENSIS, Aduersus haereses, IV, 7, 4: "l giudei si allon-

tanarono da Dio non avendo accolto il suo Verbo e avendo pensato di poter
conoscere Dio per mezzo del Padre stesso senza il Verbo, cioè senza il Figlio";
IV, 33, 1: "I giudei non hanno accolto il verbo della libertà e non hanno voluto
essere liberati, sebbene fosse presente il Liberatore, ma hanno finto di rendere
culto di Dio, che non ne ha bisogno, in maniera inopportuna e al di fuori della
legge; non hanno riconosciuto la venuta di Cristo, che ha effettuato per la sal-
vezza degli uomini". Traduzione di Enzo Bellini.
238 CAPITOLO IO

questo fa sì che la responsabilità degli ebrei appaia come un poco


attenuata 51 • Ireneo comunque riconosce che anche gli ebrei sono, in
una certa misura e con i dovuti distinguo, latori di verità 52 ; anche
per questo motivo egli non ha bisogno di delegittimare la loro atti-
vità esorcistica, la quale può essere efficace al pari di quella dei
cristiani, perché esercitata nel nome del medesimo Dio.

4. Esorcismo cattolico, profezie e carismi


Nella parte del libro II dell' Adversus haereses dedicata ai seguaci
di Simone e di Carpocrate, e più in generale a tutti gli eretici che
operano miracoli, Ireneo contesta la possibilità per costoro di com-
piere prodigi paragonabili a quelli compiuti da Gesù Cristo: quando
essi compiono qualche cosa, operano per mezzo dell'arte magica
"ingannando gli occhi e mostrando fantasmi che subito vengono
meno e che non durano neppure un istante, si mostrano simili non
a Gesù nostro Signore ma a Simon Mago". Tanto meno essi pos-
sono risorgere come Gesù, il quale si è manifestato nuovamente
vivo dopo la sua morte, mentre gli gnostici "muoiono, non risor-
gono e non si sono manifestati a nessuno" 53 : è la prova che le loro
anime non sono simili a quella di Gesù. Si inserisce in questo con-
testo quanto segue:
Se diranno che il Signore ha fatto tali cose apparentemente, ricon-
ducendoli agli insegnamenti profetici dimostreremo sulla base di
essi come ogni cosa riguardo a lui è stata predetta e si è sicura-
mente realizzata, e che egli solo è il Figlio di Dio. Perciò nel suo
nome coloro che sono veramente suoi discepoli, avendo ricevuto da
lui la grazia, operano a beneficio di tutti gli altri uomini, secondo
il dono che ciascuno ha ricevuto da lui. Alcuni infatti allontanano i

51 IRENAEUS LUGDUNENSIS, Aduersus haereses, IV, 28, 3: "Se i giudei non fos-

sero divenuti uccisori del Signore - cosa che tolse loro la vita eterna - e se,
uccidendo gli apostoli e perseguitando la Chiesa, non fossero caduti nell'abisso
dell'ira, noi non avremmo potuto essere salvati. Infatti, come quelli ricevettero
la salvezza con l'accecamento degli egiziani, così noi l'abbiamo ricevuta con
l'accecamento dei giudei, se è vero che la morte del Signore è condanna di
quelli che l'hanno crocifisso e non hanno creduto alla sua venuta e salvezza di
quelli che credono in lui". Traduzione di Enzo Bellini.
52 IRENAEUS LUGDUNENSIS, Aduersus haereses, V, 8, 3: "I giudei hanno sulla
bocca le parole di Dio, ma non fondano la stabilità della loro radice sul Padre e
sul Figlio: per questo la loro stirpe è scivolosa". Traduzione di Enzo Bellini.
53 IRENAEUS LUGDUNENSIS, Adversus haereses, Il, 32, 3.
IRENEO DI LIONE 239

dèmoni sicuramente e veramente, in modo che spesso quegli stessi


che sono stati purificati dagli spiriti maligni arrivano a credere e
ad essere nella Chiesa. Altri hanno prescienza dell'avvenire, visioni
e detti profetici. Altri curano gli infermi per mezzo dell'imposizione
delle mani e li restituiscono guariti. Inoltre, come abbiamo detto,
sono già risuscitati anche dei morti e sono rimasti con noi per molti
anni. E che dunque? Non si può dire il numero dei carismi che, rice-
vendoli da Dio, la Chiesa esercita in tutto il mondo ogni giorno nel
nome di Gesù Cristo crocifisso sotto Ponzio Pilato, a beneficio delle
genti, senza ingannare alcuno e senza trame denaro. Come infatti
ha ricevuto in dono da Dio, in dono anche somministra. Essa non
fa nulla con invocazioni angeliche o con incantesimi o con qualche
perversa arte magica, ma innocentemente, puramente e manifesta-
mente rivolgendo preghiere al Signore che ha creato tutte le cose e
invocando il nome del Signore nostro Gesù Cristo, compie prodigi a
vantaggio e non a seduzione degli uomini. Se dunque anche ora il
nome del Signore nostro Gesù Cristo assicura benefici e cura saldis-
simamente e veramente tutti coloro che in qualunque luogo credono
in lui, ma non altrettanto il nome di Simone o di Menandro o di Car-
pocrate o di chiunque altro, è manifesto che egli si è fatto uomo, è
vissuto con la sua creatura54 e veramente ha compiuto ogni cosa gra-
zie alla potenza di Dio, secondo il placito del Padre dell'universo55,
come i profeti hanno predetto 56 •

54 Cfr. Bar 3, 38: "Per questo è apparsa sulla terra e ha vissuto fra gli
uomini".
55 Cfr. Ef l, 8-9: "<Dim sovrabbondò su di noi in ogni sapienza e prudenza,

avendoci notificato il mistero della sua volontà secondo il suo beneplacito, che
egli propose in esso [il Figlio)".
56 IRENAEUS LUGDUNENSIS, Adversus haereses, Il, 32, 4-5: El 8è XIXL 't'Ò\1
Kuptov rp1Xv't'IX.atw8&ç 't'lÌ 't'ot~Xi:i't'IX 7te:7totYJxtviXt rp-fjaouatv, è1tt 't'oc 7tporpYJ't'txoc
<Xv<Xyo\l't'e:ç IXÒ't'oUç, è~ IX.Ò't'W\1 èm8e:(~o(.Le:\l 7tOC\I't'IX oihwç 7te:pt IXÒ't'ou XIXL 7tpoe:t-
p~a61Xt XIXÌ ye:yovévOtt ~e:~Ot(wc; xOtt OtÒ't'Òv (.L6vov e:!vOtt 't'Òv Ytòv 't'ou 0e:ou. Lltò
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XIXL OCÀYJ!l&c;, WO''t'E 7tOÀÀOCxtc; XIXL manue:t\1 èxe:(vouç OtÒ't'oÒc; 't'OÒ<; XIX.61Xpta6év-
't'Otç oc7tÒ 't'W\1 7toVYJp&v 7t\IEOfLOC't'W\I XIX L e:!viXt èv 't'jj èxxÀYJO't"' ot 8è xOtt 7tp6-
yvwatv ~xouat 't'W\1 fLEÀÀ6V't'W\I XIXL Ò7t't'IXO't1X<; XIXL p-fjae:t<; 7tpo<pYJ't'LXOC<;' &ÀÀot 8è
't'OÒ<; XOCfL\10\I't'Ot<; 8toc ~<; 't'W \l xe:tp&v èm!léae:wç lw\l't'IXL XIXL ùyte:i'ç OC7tOXIX.6ta't'ii-
atv· ~8YJ 8è, xOt!lwç ~<pOtfLe:v, xOtt ve:xpot ~yép!lYJa~Xv, xOtt 7tOtptfLe:tv~Xv aòv ~fL'iv
he:atv LXIX.voi'ç. KOtt 't't y<Xp; oòx ~O''t'L\1 &pt!lfLÒV d7te:i'v 't'W\1 XOtPLO'fLOC't'W\1 c1v
XIX't'OC 7t1X\I't'Ò<; 't'OU x60'(.LOU ~ ÈKXÀYJO'LIX, 7tOtpoc 0e:ou ÀIX~OUO'Ot, èv 't'ij} 6v6(.LIX.'t'L
'IYJaou Xpta't'ou 't'OU O''t'Otupw!ltv't'o<; è1tt llov't'(ou lltÀOC't'ou éx<ia't'Yj<; ~fLtpOt<; É1t,
e:Òe:pye:a(" 't'jj 't'W\1 è!lv&v è7tt't'e:Àe:i', fL~'t'e: È~1X7t1X't'Waoc 't't\IIX fL-fJ't'E È~1Xpyuptl:o(.LtVYj'
wc; y!Ìp 8wpe:ocv e:!ÀYj(j)E\1 7t1Xp1Ì 0e:ou, 8wpe:1Ìv X/XL 8tOtXO\Ie:r. Nec invocationi-
240 CAPITOLO 10

Il discorso sui doni e sui carismi dei cristiani è collocato all'in-


terno di un'argomentazione esegetica: tutto ciò che i cristiani com-
piono e che Cristo stesso ha compiuto era stato predetto dalle profe-
zie57. Quanto agli gnostici che volessero negare la realtà dei prodigi
compiuti da Cristo, Ireneo si propone di ricondurli agli insegna-
menti profetici (È7tt -roc 7tpOCfì'Y)T~xrX.), dimostrando sulla base di essi
come ogni previsione si è realizzata nell'unico Figlio di Dio, Gesù
Cristo58 • Con questa constatazione si apre e si chiude il discorso che
abbiamo isolato.
Ireneo trova nelle Scritture una fonte sicura per alimentare la
propria riflessione teologica59 • Egli si serve, per l'Antico Testa-
mento, della versione dei Settanta, che considera "tradotta per ispi-
razione di Dio" 60 • Naturalmente, conforme alla teologia di Ireneo,
la trasmissione delle Scritture e la loro interpretazione sono riposte
nella tradizione apostolica, che mostra come esse siano un insieme
coerente ed armonioso: l'Antico Testamento è profezia del Nuovo
nel senso che Gesù è la chiave di interpretazione delle Scritture
veterotestamentarie, il loro compimento e la loro realizzazione

bus angelicis facit aliquid neque incantationibus neque aliqua prava curiositate;
sed, munde et pure et manifeste orationes dirigens ad Dominum qui omnia
fecit et nomen Domini nostri Iesu Christi invocans, virtutes ad utilitatem
hominum sed non ad seductionem perficit. Si itaque et nunc nomen Domini
nostri Iesu Christi beneficia praestat et curat firmissime et vere omnes ubique
credentes in eum, sed non Simonis neque Menandri neque Carpocratis neque
alterius cuiusquam, manifestum est quoniam homo factus, conversatus est cum
suo plasmate, vere omnia fecit ex virtute Dei, secundum placitum Patris uni-
versorum, quomodo prophetae praedixerunt".
57 Sull'uso delle profezie in Ireneo, R. PoLANCO FERMANDOIS, El conceplo de
pro{ecia; B. SESBOùÉ, La preuve par les Écrilures.
58 Sulla cristologia, A. HoussiAU, La chrislologie de Saint Irénée; B. SESBOùÉ,

Toul récapiluler dans le Chrisl; J. DANIÉLOU, Messaggio evangelico, pp. 420-428.


59 Per Scritture lreneo intende l'insieme di ciò che noi chiamiamo Antico e

Nuovo Testamento, o ciascuna delle due parti considerate individualmente: cfr.


A. BENOIT, Saint lrénée, pp. 75-78 e 104. Per una visione d'insieme si vedano
J. FANTINO, La lhéologie d'lrénée, pp. 49-54; A. BENOIT, Saint lrénée, pp. 74-147.
Specifici: J. LAWSON, The Biblica[ Theology; D. FARKASFALVY, Theology o{ Scrip-
lure; A. BENOIT, Écrilure el Tradilion; N. BRox, Die biblische Hermeneulik;
J. DANIÉLOU, Messaggio evangelico, pp. 265-278.
°
6 Cfr. IRENAEUS LuGDUNENSIS, Adversus haereses, III, 21, 2. Sull'uso dell'An-
tico Testamento in Ireneo, H. J. VoGT, Die Gellung des Alten Teslamenls.
IRENEO DI LIONE 241

totale6 1• Per questo motivo Ireneo sistematicamente ricorda come


l'antica alleanza sia una prefigurazione della nuova, al punto che
nella Legge è possibile rintracciare parole del Cristo62 • L'autore
organizza le sue opere secondo le testimonianze dei profeti (Antico
Testamento), di Gesù (Vangeli) e degli apostoli (restanti scritti del
Nuovo Testamento) 63 ; diversamente dai predecessori, è il primo nel
quale le citazioni del Nuovo Testamento superano quelle dell'An-
tico64. Tutte queste idee, tuttavia, si ritrovano allo stesso modo tra
i pensatori eterodossi, che fanno uso delle medesime Scritture65 ; le
differenze sono quindi dottrinali, e dipendono dalla fede profes-
sata da ciascuna comunità. Ciò che per Ireneo distingue la corretta
interpretazione delle Scritture da quella fallace, è allora la confor-
mità all'insegnamento dottrinale della tradizione conservata nella
Chiesa66 • Egli, inoltre, tende a dimostrare che non vi è alcuna frat-
tura tra la vecchia e la nuova economia, in quanto entrambe sono
governate dalla provvidenza dell'unico Dio67 •
Nel passo testé analizzato si ha l'unico esplicito riferimento
nell' Adversus haereses alla contemporanea pratica esorcistica nella
Chiesa. Esso è inserito nel contesto dell'utilizzo dei carismi dei
quali alcuni cristiani sono forniti 68 • Tra i carismi ricordati, l'esor-

61 IRENAEUS LUGDUNENSIS, Adversus haereses, IV, 26, 1: "Se dunque si leg-

gono così le Scritture, si troverà in esse l'insegnamento che riguarda Cristo e


la prefigurazione della nuova chiamata. Questo è, infatti, il tesoro nascosto nel
campo, cioè nel mondo, poiché il campo è il mondo. È nascosto, cioè, nelle
Scritture, perché era indicato mediante figure e parabole, che umanamente non
potevano essere comprese prima che giungesse a compimento ciò che era profe-
tizzato, cioè la venuta del Signore". Traduzione di Enzo Bellini.
62 IRENAEUS LUGDUNENSIS, Adversus haereses, IV, 2, 3: "Che gli scritti di
Mosè sono parole di Cristo lo dice egli stesso ai giudei, come riferisce Giovanni:
"Se credeste a Mosè, credereste anche a me, perché egli ha scritto di me". Tra-
duzione di Enzo Bellini.
63 Cfr. A. BENOIT, Saint lrénée, pp. 241-243.

64 L'elenco di tutte le citazioni esplicite in J. HoH, Die Lehre des hl. Ireniius,
pp. 189-197. Sulle Scritture utilizzate da lreneo, Y. M. BLANCHARD, Aux sources
du canon.
65 Cfr. G. FILORAMO - C. GIANOITO, L'interpretazione gnostica dell'Antico
Testamento.
66 Cfr. J. FANTINO, La théologie d'lrénée, pp. 52-54.

67 Cfr. M. SIMONETTI, Per typica ad vera; lo., Lettera efo allegoria, pp. 39-44.

68 Cfr. A. MÉHAT, S. lrénée et les charismes; J. BENTIVEGNA, The Charismatic

Dossier.
242 CAPITOLO 10

cismo appare per primo, forse proprio perché Ireneo nei paragrafi
precedenti e seguenti ha insistito sulle arti magiche degli eretici;
è chiaro comunque che Ireneo si ispira chiaramente al noto passo
dell'Epistola ai Corinzi69 in cui si ha la lista dei carismF0 , tra i quali
appaiono anche i carismi delle guarigioni (xocp(cr!J.OCTOC loc!J.OCTWV) e le
operazioni di potenze (Èvepyfj!J.ocToc 8uvoc(J.ewv), contesto nel quale
gli esorcismi trovano la loro naturale collocazione.
L'attività esorcistica è descritta come una prassi compiuta "a
beneficio di tutti gli altri uomini, secondo il dono che ciascuno
ha ricevuto dal Figlio di Dio", il cui esercizio gratuito e disin-
teressato costituisce uno dei segni che accompagnano i fedeli e
l'adempimento della promessa di Cristo ai suoi discepolF 1• Il
miracolo per l'eresiologo è collegato strettamente con la grazia
(xocp~<;), la ricezione della quale rende possibile qualsiasi dimostra-
zione di potenza da parte dei credenti; l'uso del participio aoristo
(n;ocp' OCÙTOU Àoc~6v-re<; TIJV xocp~v) sottolinea come l'autore stia pen-
sando ad una iniziale e determinante ricezione di un dono e della
potenza che lo accompagna 72 • La capacità di esorcizzare è un dono
(8wpeoc), un carisma (xocp~cr!J.oc) che Gesù ha elargito ad alcuni suoi
discepoli, che viene comunque esercitato nel nome del medesimo

69 Su Ireneo e Paolo, R. NooRMANN, lreniius als Paulusinlerpret. Sui carismi


paolini, J. D. G. DuNN, La teologia dell'apostolo Paolo, pp. 537-545.
70 1 Cor 12, 4-11: "Vi sono poi diversità di carismi, ma è lo stesso Spirito; vi

sono diversità di ministeri, ma è lo stesso Signore; vi sono diversità di opera-


zioni, ma è lo stesso Dio, che opera tutto in tutti. E a ciascuno è data la mani-
festazione particolare dello Spirito per l'utilità comune: a uno viene concesso
dallo Spirito il linguaggio della sapienza; a un altro invece, secondo lo stesso
Spirito, il linguaggio di scienza; a uno la fede nello stesso Spirito; a un altro
carismi di guarigioni nell'unico Spirito; a uno operazioni di potenze; a un altro
la profezia; a un altro il discernimento degli spiriti; a un altro le varietà delle
lingue; a un altro infine l'interpretazione delle lingue. Ma tutte queste cose
è l'unico e il medesimo Spirito che le opera, distribuendole a ciascuno come
vuole".
71 Sono idee che hanno autorevole precedente nei Vangeli canonici: Mc
16, 17: "E questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel
mio nome scacceranno i demòni, parleranno lingue nuove". Mt 10, 8: "Gua-
rite gli infermi, risuscitate i morti, sanate i lebbrosi, cacciate i demòni. Gratu-
itamente avete ricevuto, gratuitamente date". Mt 10, 8: "Guarite gli infermi,
risuscitate i morti, sanate i lebbrosi, cacciate i demòni. Gratuitamente avete
ricevuto, gratuitamente date".
72 Cfr. R. J. S. BARRET-LENNARD, Christian Healing, p. 160.
IRENEO DI LIONE 243

Gesù, e non a titolo personale o in virtù di qualche potere insito


nella propria persona.
È evidente che Ireneo crede fermamente ai carismi presenti
nella Chiesa: essa, grazie al dono dello Spirito Santo 73 , ne riceve
continuamente vitalità, ed è divenuta una sorta di paradiso sulla
terra 74 . Le sollecitazioni della polemica antignostica spingono però
il Nostro a mostrare i limiti di quest'attività dello Spirito:
Non sono partecipi dello Spirito tutti quelli che non accorrono alla
Chiesa, ma si privano della vita a causa delle loro false dottrine
ed azioni perverse. Perché dov'è la Chiesa, vi è anche lo Spirito di
Dio; e dove è lo Spirito di Dio, vi è la Chiesa ed ogni grazia. Ora
lo Spirito è verità. Perciò quelli che non partecipano di lui, non si
nutrono alle mammelle della Madre per la vita, né attingono alla
purissima sorgente che sgorga dal corpo di Cristo [... ] Separatisi
dunque dalla verità, si agitano in ogni errore lasciandosi sballottare
da esso 75 •
Dopo aver citato la triade paolina di apostoli, profeti e dottori,
l'autore afferma che "dove sono stati collocati i carismi di Dio, lì
si deve apprendere la verità, cioè presso coloro in cui &i trovano
insieme la successione degli apostoli, che è nella Chiesa, l'integrità
e l'incensurabilità della condotta e la genuinità e incorruttibilità
della dottrina"; sono infatti i successori degli apostoli nella Chiesa
che hanno ricevuto il "carisma sicuro della verità, secondo il bene-
placito del Padre" 76 •
È questo l'abbozzo di un criterio che permetta di distinguere
i carismi autentici dagli pseudocarismi degli eretici, un problema
che cominciava prospettarsi fin dall'era subapostolica77 • Non sola-
mente lo gnosticismo poteva preoccupare Ireneo: proprio in quegli

73 Sulla pneumatologia ireneana, A. D'ALÈS, La doctrine de l'Esprit;

H. J. JASCHKE, Der Heilige Geist; C. GRANADO, Actividad del Espiritu Santo.


74 IRENAEUS LUGDUNENSIS, Adversus haereses, V, 20, 2: "La Chiesa è stata
piantata come un paradiso in questo mondo".
75 IRENAEUS LUGDUNENSIS, Adversus haereses, III, 24, 1-2.

76 IRENAEUS LUGDUNENSIS, Adversus haereses, IV, 26, 5; IV, 26, 2. Sull'ultimo


passo, cfr. K. MOLLER, Das Charisma veritatis; N. BRox, Charisma veritatis cer-
tum; L. LIGIER, Le Charisma veritatis certum; Y. DE ANDIA, Charisma veritatis
certum; J. D. QUINN, Charisma veritatis certum.
77 Cfr. HERMAS, Pastor, 43, 7-9 (Mand. 11); Didachè, 11, 7-12.
244 CAPITOLO lO

anni dalla Frigia si spandeva fino in occidente il montanismo 78 , il


cui tratto caratteristico era innanzitutto l'uso della glossolalia e
di un linguaggio spirituale che tendeva all'estasi e all'entusiasmo.
L'annuncio escatologico dei montanisti non pareva accompagnato
da palesi allontanamenti dall'ortodossia, come nel caso degli gno-
stici; ma Montano, Priscilla e Massimilla affermavano di parlare
per bocca dello Spirito Santo, ed il loro esercizio dei carismi avve-
niva nel rifiuto di ogni sottomissione all'autorità ecclesiastica. In
Gallia erano noti alcuni seguaci di Montano, il cui talento profetico
destava grande impressione; e proprio ad Ireneo fu affidato nel 177
il compito di consegnare nelle mani di papa Eleutero una lettera
dei martiri di Lione, dove si davano prudenti consigli di pace79 • La
crisi era incominciata con un conflitto tra un vescovo e alcuni pro-
feti, e non si può certo immaginare che Ireneo abbia preso le parti
dei ribelli; tuttavia è interessante notare che nelle sue opere Ireneo
non parla mai dei montanisti, né li enumera tra gli eretici. Egli
si scaglia invece contro alcuni antimontanisti, gli alogi80, che "per
rifiutare il dono dello Spirito, diffuso negli ultimi tempi sul genere
umano secondo il beneplacito del Padre, non accettano la forma del
V angelo secondo Giovanni, nella quale il Signore promise di man-
dare il Paraclito, ma rifiutano contemporaneamente il Vangelo e
lo spirito profetico". Per Ireneo "sono veramente sventurati coloro
che affermano che vi sono falsi profeti e allontanano dalla Chiesa
il dono profetico"; in questo essi "non accettano neppure l'apostolo
Paolo, che nella Lettera ai Corinzi ha parlato accuratamente dei
carismi profetici e conosce uomini e donne che profetizzano nella

78 Sull'eresia di Montano, cfr. P. DE LABRIOLLE, La crise monlanisle; lo., Les

sources; A. FAGGIOTIO, L'eresia dei Frigi; lo., La diaspora cata{rigia; W. ScHE-


PELERN, Der Monlanismus. In breve, B. ALANO, Montano; A. MAYER, Montano;
M. FRENSCHKOWSKI, Monlanus, con bibliografia.
79 EusEBIUS CAESARIENSIS, Hisloria ecclesiastica, V, 3, 4-4, l: "Poiché c'era

molta discordanza al riguardo dei suddetti, i fratelli della Gallia espongono poi
il proprio giudizio anche su questi, un giudizio prudente e perfettamente orto-
dosso, producendo anche diverse lettere dei martiri che avevano conseguito la
palma presso di loro, lettere che avevano scritto, quando erano ancora in pri-
gione, ai fratelli dell'Asia e della Frigia, come pure ad Eleutero, allora vescovo
di Roma, intercedendo per la pace delle Chiese. l medesimi martiri raccoman-
darono al suddetto vescovo di Roma anche lreneo". Cfr. H. KRAFT, Die Lyoner
Miirlyrer und der Monlanismus.
°
8 Così denominati da EPIPHANIUS SALAMINENSIS, Panarion, 51.
IRENEO DI LIONE 245

Chiesa", cadendo in un "peccato irremissibile" contro lo Spirito di


Dio81 • Altrove l'autore distingue tre tipi di eresie: gli avversari del
Padre (gnostici e marcioniti), quelli del Figlio (ebioniti) e "coloro
che non ammettono i doni dello Spirito Santo e respingono il cari-
sma profetico, imbevuto del quale l'uomo produce come frutto la
vita divina" 82 • Di qui risulta che Ireneo è assai preoccupato a sal-
vaguardare la conservazione dei carismi all'interno della Chiesa, al
punto che si scaglia con maggior vigore contro coloro che, anche in
funzione antimontanista, rigettavano il carisma profetico, piuttosto
che soffermarsi a combattere con energia quelli che lo esercitavano,
seppur in conflitto con la gerarchia ecclesiastica83 • Naturalmente
egli non tralascia di ammonire coloro che sono "sulla cima di ogni
carisma" affinché non "inorgogliscano e non tentino Dio, ma siano
umili in tutte le cose", memore del fatto che "l'eminente dono della
carità è più prezioso della gnosi, più glorioso della profezia e supe-
riore a tutti gli altri carismi" che interagiscono come "una melodia
ben composta ed armoniosa" 84 •

5. Esorcismo nella Dimostrazione della predicazione apostolica?


Si riteneva perduta la Dimostrazione della predicazione aposto-
lica citata da Eusebio di Cesarea tra le opere di Ireneo85 ; nel 1904,
però, venne alla luce un manoscritto86 che ne contiene una versione
armena della fine del VI secolo 87 • Successivo all'Adversus haereses88 ,
è un breve trattato indirizzato ad un cristiano di nome Marciano

81 IRENAEUS LUGDUNENSIS, Adversus haereses, III, 11, 9. Si veda anche


H. KRAIT, Die altkirchliche Prophetie.
82 IRENAEUS LUGDUNENSIS, Demonstratio praedicationis apostolicae, 99.
83 Cfr. A. MÉHAT, S. lrénée et /es charismes, p. 720.
84 IRENAEUS LuGoUNENSIS, Adversus haereses, V, 22, 2; IV, 33, 8; IV, 20, 7.
85 EusEBIUS CAESARIENSIS, Historia ecclesiastica, V, 26.
86 Il manoscritto fu fatto copiare tra il 1265 ed il 1289, come si ricava dal

colofone. L'editio princeps con traduzione tedesca uscì nel 1907, con alcune
note di Adolf Harnack: K. TER-MEKERTTSCHIAN - E. TER-MINASSIANTZ, Des hei-
ligen lrenaus Schri(t; nel 1919 ne uscì un rifacimento: K. TER-MEKERTTSCHIAN-
S. G. WILSON, The Proo( o( the Apostolic Preaching, con traduzione inglese e
francese. L'edizione più recente (A. RoussEAU, lrénée de Lyon. Démonstration,
1995) riporta un calco latino del testo armeno, corredato di versione francese.
87 È il periodo nel quale a Costantinopoli si era costituita una scuola armena
in esilio, che fiorì tra il 572 ed il 591.
88 Se ne ha una citazione al cap. 99.
246 CAPITOLO 10

ma evidentemente destinato alla pubblica circolazione, di anda-


mento più espositivo e meglio ordinato89 •
Adolf Harnack, che fu il primo a commentare l'opera appena
ritrovata, pose l'attenzione su un passo, rilevandone il carattere
esorcistico90 • La stessa constatazione, accettata dai più, fu ripropo-
sta altrove, ed è ormai passata anche nei più diffusi strumenti di
consultazione91 • L'inciso di nostro interesse si trova nel capitolo 97:
i capitoli 86-97 mettono in scena la diffusione del vangelo operata
dagli apostoli, insistendo sulla vocazione dei gentili e sul supera-
mento della Legge mosaica. L'insufficienza della Legge fa da pre-
messa alla menzione dell'opera soteriologica del Cristo trionfante,
con cui si chiude la parte dimostrativa dell'opera:
Ma chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvato (Gl 3, 5; At
2, 21; Rom 10, 13). Non è stato dato un altro nome di Signore sotto
il cielo, nel quale gli uomini sono salvati (At 4, 12), se non quello
di Dio che è Gesù Cristo, Figlio di Dio, al quale sono sottomessi i
demoni, gli spiriti maligni e tutte le forze apostatiche. Per mezzo
dell'invocazione del nome di Gesù Cristo, crocifisso sotto Ponzio
Pilato, è separato dagli uomini, e laddove92 lo invochi qualcuno tra

89 Si presenta come un sunto delle principali verità di fede: Dio, la crea-

zione dell'uomo, la sua caduta, la storia dell'umanità fino all'incarnazione di


Cristo, la redenzione. Il tutto è interpretato in una particolare chiave di lettura,
l'adempimento delle promesse dell'Antico Testamento in Gesù, che compendia
nella sua persona gli interventi divini anteriori al suo avvento (cfr. A. M. CLE-
RICI, La storia della salvezza in Ireneo). Il trattato può essere inteso come una
sorta di manuale catechetico, suddiviso in una parte di esposizione storica fatta
alla luce dell'economia della salvezza (capp. 3-42a), una di dimostrazione che
parte dall'incarnazione del Cristo (42b-97) ed una conclusiva (98-100); esso è
indirizzato non ai catecumeni ma a coloro che avevano già ricevuto il batte-
simo. In questo scritto il carattere apologetico riveste un ruolo meno predo-
minante, e si evita qualunque polemica diretta. Sulle diverse interpretazioni
del carattere dello scritto (catechesi, apologia), E. FERGUSON, Irenaeus' Proof.
Sono state tentate diverse divisioni dell'opera: un resoconto delle ipotesi nella
premessa all'edizione di E. PERETIO, Epideixis, pp. 13-17.
90 K. TER-MEKERTISCHIAN - E. TER-MINASSIANTZ, Des heiligen Ireniius
Schri(t, p. 64.
91 Ad esempio nella voce Exorcisme del Dictionnaire de Spiritualité, curata

da Jean Daniélou (col. 1998).


92 Léon Froidevaux (Démonstration de la prédication apostolique, p. 166,

nota 3) riferisce quanto segue sulla parola mp [owr): "Charles Mercier mi scrive
che, all'esame del microfilm, parrebbe esserci un segno di soppressione sul w".
In tal caso, occorrerebbe leggere np [or] e tradurre chiunque al posto di ovun-
IRENEO DI LIONE 247

coloro che credono in lui e fanno la sua volontà, gli sta accanto,
esaudendo le richieste di coloro che lo invocano con cuore puro93 •

Purtroppo, come è evidente anche ad una prima lettura, il passo


presenta alcune difficoltà, a causa della mancanza di un soggetto
espresso nella prima frase del capitolo 9794 ; l'edilio princeps, per
aggirare il problema, rese in questo modo: "Mediante l'invocazione
del nome di Gesù Cristo crocifisso sotto Ponzio Pilato, ha luogo una
separazione nell'umanità", considerando il verbo come una sorta di
impersonale95 • Stephen Wilson, invece, interpretò: "Colui sul quale
è invocato il nome di Gesù Cristo, crocifisso sotto Ponzio Pilato, è

que". In appendice all'edizione di Rousseau sono riportate tutte le varianti sug-


gerite da Mercier per le altre parti dell'opera.
93 IRENAEUS LUGDUNENSIS, Demonstratio praedicationis apostolicae, 96-97:

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.rLI!I!nLf' upmfrL'b /twp,_w'b .,_-,..,, L'edizione di Ad eli n Rousseau riporta una
versione latina letterale, che ha dichiaratamente lo scopo di seguire la struttura
del testo armeno: "Sed omnis qui invocabit nomen Domini salvabitur. Nomen
autem Domini aliud non est datum sub caelo in quo salvantur homines, nisi
Dei qui est lesus Christus, Filius Dei, cui et daemonia subiciuntur et spiritus
maligni et omnes apostaticae operationes. Per invocationem nominis Iesu Chri-
sti crucifixi sub Pontio Pilato seiunctus-separatur ab hominibus, et ubi quis
et vocaverit-invocans illud ex credentibus ei et facientibus eius voluntatem,
veniens-adest, adimplens petitiones eorum qui puro corde invocant eum".
94 Di qui in avanti, nel confrontare le diverse traduzioni tra loro, ho omesso

di ricorrere a quelle che non dipendono direttamente dal testo armeno. Trala-
scio quindi i lavori di H. U. MEYBOOM, Aanwijzing der apostolische verkondiging;
l. D. KARABIDOPOULOS, 'E7tt8e:L1;',Lç 't'OU OC7tOO''t'OÀLXOU Xl)pUy(J.Ot't'Oç; V. DELLAGIA-
COMA, La dottrina apostolica; N. BROX, Epideixis. Una rassegna delle traduzioni
apparse fino al 1995 in A. RoussEAU, lrénée de Lyon. Démonstration, pp. 11-15;
si aggiungano il commentario di l. M. MAcKENZIE, lrenaeus's Demonstration,
che segue però la traduzione inglese di J. A. Robinson, e la versione svedese di
O. ANDREN, Bevis {or den apostoliska forkunnelsen.
95 K. TER-MEKERTTSCHIAN- E. TER-MINASSIANTZ, Des heiligen lreniius Schri{t:

"Indem nun der Narne Jesu Christi, der unter Pontius Pilatus gekreuzigt wor-
den ist, angerufen wird, findet eine Scheidung in der Menschheit statt".
248 CAPITOLO 10

separato dagli uomini" 96 • Joseph Barthoulot tentò di risolvere col-


legando il principio del cap. 97 alla conclusione del capitolo pre-
cedente97 e considerando Gesù come soggetto della frase seguente:
"(Ciò ha luogo) per mezzo dell'invocazione del nome di Gesù Cri-
sto, crocifisso sotto Ponzio Pilato. Gesù Cristo se n'è andato e si
è allontanato dagli uomini" 98 • J. Armitage Robinson segue la let-
tura dei primi editori, ma accetta in nota la variante suggerita dal
Barthoulot99 • Ma queste ricostruzioni appaiono poco convincenti: in
particolare, quella di Barthoulot compie una forzatura, traducendo
un indicativo presente come se fosse un aoristo, e quella di Wilson
si allontana del tutto dal testo armeno.
Simon W eber invece preferisce aggiungere un soggetto, come
Barthoulot, ma ritiene che esso sia lo spirito maligno: "Mediante
l'invocazione del nome di Gesù Cristo, crocifisso sotto Ponzio
Pilato, <il demoniO> si separa <e> si divide dagli uomini" 100 • Dello
stesso parere Ubaldo Faldati: "Per virtù dell'invocazione del nome
di Gesù Cristo, crocifisso sotto Ponzio Pilato, s'allontana <e> si
separa dagli uomini do spirito del male>" 101 • Sulla medesima scia
interpretativa si colloca la lettura di Joseph Smith, che suggerì
un'emendazione: Jl.l{llkwL 'l_Wurw"ll/r /r J'wp,_l,w"llt (mekneal
zalani i mardkane) andrebbe restituito come t!l.J,"lll:.wL 'Lwurw"ll/r
Uwurw"llwJ /r J'wp,_l,w"llt (mekneal zatani Satanay i mardkane),

96 K. TER-MEKERITSCHIAN- S. G. WtLSON, The Proof o{ lhe Aposlolic Preach-

ing: "He upon whom is called the name of Jesus Christ who was crucified under
Pontius Pila te, is separated from men".
97 La divisione in capitoli è opera di Adolf Harnack.
98 J. BARTHOULOT- J. TtXERONT, Démonslralion de la prédication aposlolique:

"[ ... ) ainsi que Jes esprit mauvais et toutes Jes forces rebelles. (Cela a lieu) par
J'invocation du nom de Jésus Christ, crucifié sous Ponce Pilate. Jésus Christ
s'en est allé et s'est éloigné des hommes". Questa versione è stata ripubblicata
e rivista nel 1977 da S. Volcou in A. G. HAMMAN, La prédication des apòlres.
99 J. A. RoBINSON, The Demonslralion: "By the invocation of the name of
Jesus Christ who was crucified under Pontius Pilate, there is a separation and
division among mankind"; p. 151: "He is separated and withdrawn from among
men".
100 S. WEBER, Sancii lrenaei Demonstralio: "Per invocationem nominis Jesu

Christi, crucifixi sub Pontio Pilato, separatur <eb seiungitur (daemonium?) ab


hominibus". Weber nel 1912 aveva già preparato una traduzione tedesca in cui
aveva seguito la lettura dei primi editori (Schri{l zum Erweis). Qui mostra di
aver mutato parere.
101 U. FALDATI, Esposizione della predicazione apostolica.
IRENEO DI LIONE 249

dove il nome Satanay sarebbe caduto per errore, a causa della vici-
nanza al simile zatani. In tal caso il passo suonerebbe: "Per mezzo
dell'invocazione del nome di Gesù Cristo, crocifisso sotto Ponzio
Pilato, <Satana> è scacciato dagli uomini" 102 • Allo stesso modo ren-
dono Léon Froidevaux 103 , Elio Peretto 104 ed Eugenio Romero Pose 105 •
Accettando questa emendazione 106 il passo intero si presenta così:
Ma chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvato. Non è
stato dato un altro nome di Signore sotto il cielo, nel quale gli
uomini sono salvati, se non quello di Dio che è Gesù Cristo, Figlio
di Dio, al quale sono sottomessi anche i demoni, gli spiriti maligni
e tutte le forze apostatiche. Per mezzo dell'invocazione del nome di
Gesù Cristo, crocifisso sotto Ponzio Pilato, <Satana> è separato dagli
uomini, e Iaddove lo invochi qualcuno tra coloro che credono in lui
e fanno la sua volontà, gli sta accanto, esaudendo le richieste di
coloro che Io invocano con cuore puro.
Adelio Rousseau 107 ha proposto una lettura che tenta di risol-
vere altrimenti l'apparente mancanza di soggetto. Il capitolo 96 si
conclude con l'espressione apostaticae operationes (w"luurwJPwJ,w~
~bpq.np~mfil/rL~), dove ~bpq.npltm{iJ/rL~ parrebbe un calco del
greco ÈvépyE~ot~ 108 ; Rousseau ritene che la restituzione &.7tocrTotT~-

102 J. P. SMITH, Proof of the Apostolic Preaching: "Through the invocation of

the name of Jesus Christ who was crucified under P. Pilate, Satan is cast out
from men''.
10.1 L. M. FROIDEVAUX, Démonslration de la prédication apostolique: "Par l'in-

vocation du nom de Jésus Christ, crucifié sous Ponce Pilate, Satan est écarté
des hommes".
104 E. PERETTO, Epideixis: "Per l'invocazione del nome di Gesù Cristo, croci-

fisso sotto Ponzio Pilato, Satana è cacciato fuori dagli uomini".


105 E. RoMERO PosE, Demostraci6n de la predicaci6n: "Por la invocaciòn del

nombre de Jesucristo, crucificado bajo Poncio Pilato, Satanas fue alejado defi-
nitivamente de entre los hombres".
106 Anna Sirinian mi suggerisce un'ulteriore possibilità: il nome proprio

Satana può essere reso non solo nella forma UwUJw'bwJ (Satanay), ma anche
con UwUJw'b(/r) (Satani); esso si differenzierebbe dal verbo precedente sola-
mente per la lettera iniziale, rendendo ancora più facile ipotizzare l'aplografia
per omeoteleuto (comunicazione personale del 19 marzo 2003).
107 A. RoussEAU, lrénée de Lyon. Démonstration, pp. 345-347.

108 Così notava già L. M. FROIDEVAUX, Démonstration de la prédication apo-

slolique, p. 165. Nella Demonstratio il termine appare anche nel cap. 34; per
le occorrenze nell' Adversus haereses, B. REYNDERS, Lexique comparé, vol. 2,
pp. 220-221.
250 CAPITOLO 10

XtXL è:vépyE~tX~ sia improbabile, in quanto sarebbe difficile riferirla


ad esseri concreti come i demoni e gli spiriti maligni che prece-
dono. Egli ricorre ad un passo deii'Adversus haereses nel quale si
tratta precisamente lo stesso tema:
Perciò a colui che è detto Altissimo e Onnipotente sono soggette
tutte le cose, e per mezzo della sua invocazione anche prima
dell'avvento del Signore nostro gli uomini erano salvati dagli spiriti
nequissimi, da tutti i demòni e dall'intera apostasia 109 •
Quest'ultima universa apostasia (micrtX &:rroO""t"tXO"LtX) indicherebbe
l'insieme di tutti quegli esseri che, rivoltatisi contro il Creatore, si
sono da lui separati 110 • Il parallelismo con la frase della Demonstra-
lio è abbastanza forte; il termine apostasia ricorre anche altrove
con il medesimo senso 111 • Ipotizzando che dietro al plurale armeno
uuflfli"!J~ WUfuurwJP.wlfw~ ~bpcprpJnLfil/"-~ (tutte le forze apo-
staliche) si celasse l'espressione greca singolare rriicrtX &:rrocr-rtXcrLtX,
si risolverebbe il problema della mancanza di un soggetto espresso
per il verbo al singolare che ricorre nella frase seguente: esso si rife-
rirebbe ancora all'Apostasia precedente, maldestramente interpre-
tata al plurale dal traduttore armeno. Ecco cosa ne risulterebbe:
Ma chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvato. Non è
stato dato un altro nome di Signore sotto il cielo, nel quale gli
uomini sono salvati, se non quello di Dio che è Gesù Cristo, Figlio
di Dio, al quale sono sottomessi anche i demoni, gli spiriti mali-
gni e l'Apostasia tutta intera. Per mezzo dell'invocazione del nome
di Gesù Cristo, crocifisso sotto Ponzio Pilato, essa è separata dagli
uomini, e laddove lo invochi qualcuno tra coloro che credono in lui
e fanno la sua volontà, gli sta accanto, esaudendo le richieste di
coloro che lo invocano con cuore puro.
Entrambe le ricostruzioni non modificano di molto il senso gene-
rale del passo; nel caso in cui il soggetto sia da ricercarsi nell'intera
Apostasia, non sarebbe solamente Satana ad essere allontanato
dagli uomini, ma tutti gli spiriti che si sono associati alla ribellione
dell'Apostata per eccellenza.

109 IRENAEUS LUGDUNENSIS, Adversus haereses, Il, 6, 2.


110 Sull'apostasia, A. Antropologia de San Ireneo, pp. 258-261.
ORBE,
111 IRENAEUS LuGDUNENSis, Adversus haereses, III, 5, 3: ''[. .. ] Gesù Cristo, che
ci ha redento dall'apostasia con il suo sangue"; V, l, 1: ''[. .. ] poiché l'aposta-
sia dominava ingiustamente su di noi". Cfr. anche A. ORBE, Teologia de San
Ireneo, vol. 1, pp. 66-67; vol. 2, pp. 543-559.
IRENEO DI LIONE 251

L'espressione verbale Jl.J,"bbUIL 'l_UiurUI"bp (mekneal zatani) è la


resa del greco &<pop(~&TCXL. Si tratta in realtà di due verbi armeni
accostati, dal significato assai affine, un participio ed un presente,
che Rousseau correttamente trasporta in latino con seiunctus-
separatur (ma potrebbe anche essere separatus-semovetur): per que-
sto alcuni traduttori rendono con espressioni come essendosi diviso
si separa, o separandosi si divide, o altre simili, inserendo talvolta
una congiunzione tra i due termini. Lo stesso capita più avanti:
vocaverit-invocans e veniens-adest. Questo uso dei doppi è assai
comune nella lingua armena, ma non necessariamente indica la
presenza in greco di due parole: in particolare, è chiaro che spesso
le traduzioni di Ireneo fanno uso di questo sistema per precisare
meglio il senso di un unico vocabolo greco. A motivo di ciò, certi
traduttori rendono con un'unica espressione verbale112 • Nella mia
traduzione ho seguito l'ipotesi di Rousseau, che pensa ad un unico
verbo sottostante in tutti e tre i casi, e giustifica ampiamente la
sua scelta, ritenendo che i doppi siano riconoscibili "senza fatica e
senza pericolo di errore" 113 • In particolare, proprio questi due verbi
sono accostati a formare un doppio in un altro passo demonologico
dell' Adversus haereses ove soggiace il verbo &.<pop(~w 114 •
Data la fedeltà della traduzione armena 115, potrebbe essere ten-
tata una ricostruzione del testo greco: il confronto tra la versione
armena dell'Adversus haereses ed il testo greco e latino permette
una proficua comparazione, allo scopo di verificare la corrispon-
denza dei termini nelle tre lingue 116 • È possibile quindi - con tutta
la prudenza che il caso richiede - ipotizzare un originale greco
pressappoco così:

112 Le due versioni italiane di Ubaldo Faldati ed Elio Peretto si differen-

ziano anche su questo punto.


113 A. RoussEAU, Irénée de Lyon. Démonstration, pp. 33-36 e 46.

114 IV, 40,3: "Per questo Dio separò da qualunque rapporto con sé( ... ) colui

che aveva introdotto la trasgressione" (,iLò xoct b 0e:òç TÒv f.Lèv (... ) -.Yjv 7toc-
pct~ocmv e:tae:ve:yx6noc, tiql6>pLae: njç t8[ocç f.LE't"Oua[ocç). L'armeno ha reso così:
"Propter quod et Deus (... ) eum (... ) qui transgressionem intulit separauit et
seiunxit a sua participatione substantiae".
115 Si vedano le osservazioni di A. RoussEAU, lrénée de Lyon. Démonstration,

pp. 30-40.
116 Ciò è possibile grazie ai lessici comparativi di Bruno Reynders, di cui

mi sono ampiamente servito: Lexique comparé; lo., Vocabulaire de la Démostra-


tion.
252 CAPITOLO lO

'An<X miç 8ç &v È7tLXIXÀÉ<rlJTIXL TÒ iSvo!J.IX Kup(ou acp6~ana.L.


"OvO!J.IX 8è Kup(ou hepov oùx ~<r't"L 8e8o!J.Évov {mò TÒv oùpa.vòv èv
(il a<fl~ovTIXL &v6pw7toL, d IL~ TÒ Tou 0eou, 15ç èanv 'llJ<rouç XpL-
<rTÒç o Ytòç Tou 0eou, (il xa.l. Toc 8a.L!J.6vLa. u7toTocaaeTa.L xa.l. Toc
1t"VEU!J.IXTIX TOC 7tOVlJPOC xa.l. ~ 1tiiaa. OC7tO<rTIX<rLIX [oppure: xa.l. a.t 7tOC<riXL
oc7to<rTIXTLxa.l. èvépyeLa.L]. ~Loc <yocp> Tljç èmxÀ~aewç Tou òv6!J.a.Toç
'llj<rOU Xpt<r't"OU 't"OU O"'t"1XUpw6ÉvToç è7tl. llov't"LOU llLÀOC't"OU occpop(~e­
't"IXL [oppure: occpopt~E't"IXL ~IX't"IXViiç] 't"WV ocv6pw7tWV, xa.l., l57tOU &v XIXL
nç èmxa.ÀÉ<rlj't"IXL a.ÙTÒ 't"WV 7tL<rTeu6vTwv IXÙT{j> xa.l. 7tOLounwv
IXÙ't"OU 't"Ò 6ÉÀlj!J.IX, <rU!J.7tOCpE<r't"LV, 7tÀljpWV 't"OC a.h~!J.IX't"IX 't"WV xa.6a.p~
X1Xp8(~ È1t"LXIXÀOU!J.ÉV<òV IXÙT6v 117•

Rimane il problema di sapere qual è la portata di questa frase


dal punto di vista della storia dell'esorcismo cristiano. Adolf Har-
nack, che per primo considerò questo passo come un formulario
esorcistico, richiama i passi di Giustino in cui si parla dell'invoca-
zione del "nome di Gesù Cristo, crocifisso sotto Ponzio Pilato" 118;
la medesima constatazione è ripresa da numerosi altri commenta-
torP19, e si è visto come la presenza di questo tema non sia assolu-
tamente casuale.
Tuttavia, non mi pare evidente che qui Ireneo pensasse preci-
samente ed esclusivamente al rito dell'esorcismo, ossia all'allonta-
namento di un demonio dal corpo di un posseduto 120: l'orizzonte
dell'autore qui sembra più largo. Il senso generale è che il demo-
nio viene cacciato, bandito, allontanato dal mondo degli uomini, per
lasciare spazio alla presenza del Cristo con tutti i benefici che ne
derivano. Naturalmente la liberazione dei posseduti poteva non
essere assente nel pensiero di Ireneo, ma qui viene presentata in
modo meno esplicito; l'argomento qui adombrato è stato svilup-
pato in Adversus haereses, Il, 32, 4-5, ove, come visto, il linguaggio
è assai più lapalissiano e riferito chiaramente all'attività esorci-

117 Ringrazio Adelio Rousseau per aver preso in esame la mia retroversione,
suggerendomi alcune migliorie dettategli dalla sua lunga frequentazione del
greco di Ireneo, e per altre sue preziose osservazioni (corrispondenza privata
del 22 marzo 2003 e del 6 agosto 2004).
118 K. TER-MEKERTISCHIAN - E. TER-MINASStANTZ, Des heiligen Ireniius
Schri{t, p. 64.
119 Anche E. Peretto, che considera At 4, lO fonte di questo passo "riformu-
lata come esorcismo" (Epideixis, p. 194, nota 337).
120 È anche quanto ritiene Adelio Rousseau (corrispondenza citata).
IRENEO DI LIONE 253

stica; è come se qui si riassumesse quanto colà era stato più pro-
fondamente esposto.
Le tematiche, comunque, sono sempre le stesse: la potenza salvi-
fica dell'invocazione del nome del Signore è supportata dalle cita-
zioni bibliche (Atti, Gioele, Romani), e viene riaffermata la sotto-
missione di tutti i demoni e spiriti malvagi. L'invocazione risulta
efficace quando è effettuata da qualcuno che crede in lui e compie
la sua volontà; in cambio, Cristo si rende presente e vicino a chi lo
chiama, quasi come un benevolo paredro, esaudendo le preghiere di
coloro che lo invocano nella purezza del cuore.

6. Esorcismi e guarigioni nella competizione religiosa


Abbiamo già preso in esame la descrizione che Ireneo fa dell'esor-
cismo degli eretici; sarà utile riprendere il discorso inserendolo
all'interno del contesto più ampio, mediante il quale l'eresiologo
opera una generale distinzione tra i mirabilia compiuti dagli gno-
stici e quelli compiuti dai membri della Chiesa. Si tratta di quella
parte del libro II che l'autore dedica alla confutazione delle dot-
trine non valentiniane:
Inoltre saranno confutati i discepoli di Simone e di Carpocrate e
se vi sono altri di cui si dice che operino miracoli: fanno ciò che
fanno non nella potenza di Dio né nella verità né per beneficare
gli uomini; ma a danno ed errore, per mezzo di illusioni magiche e
con l'inganno generale danneggiano più che portare vantaggio a chi
crede in loro, perché appunto sono seduttori. Infatti non possono
donare la vista ai ciechi, né l'udito ai sordi, né possono mettere in
fuga tutti i démoni, all'infuori di quelli che vengono mandati da
essi stessi, se pure fanno anche questo; né possono curare gli infermi
o gli zoppi o i paralitici o i colpiti .in qualche altra parte del corpo,
come spesso capita a causa dell'infermità fisica, né possono ridare
la buona salute curando le infermità che provengono dall'esterno.
Sono anche tanto !ungi dal risuscitare chi è morto - come ha risu-
scitato il Signore e lo fecero gli apostoli per mezzo della preghiera,
e spesso nella fraternità, quando in caso di necessità l'intera Chiesa
del luogo lo aveva chiesto con un grande digiuno e supplica, lo
spirito del defunto tornò indietro 121 e l'uomo fu donato alle pre-

121 Cfr. Le 8, 55: "Il suo spirito ritornò in lei (~1técr-rpeljJev -rò 7tVEU(J.ot ocùrijç)

ed ella si alzò all'istante".


254 CAPITOLO 10

ghiere dei santF 22 - al punto che non credono neppure che ciò possa
mai avvenire, ma che la risurrezione dai morti sia la gnosi di ciò
che essi dicono essere la verità. Per cui, mentre presso di loro c'è
empiamente errore, seduzione e illusione magica sotto gli occhi degli
uomini, nella Chiesa invece non solo si compiono, senza compenso e
gratuitamente, la pietà, la misericordia 123 , la solidità e la verità in
soccorso degli uomini; ma noi dispensiamo anche ciò che è nostro
per la salvezza degli uomini, e spessissimo i malati ricevono da noi
ciò di cui abbisognano e di cui sono privi. Davvero grazie a que-
sto loro modo di essere si evince che sono del tutto al di fuori della
sostanza divina, della benignità di Dio e della potenza spirituale, ma
sono pieni in tutto e per tutto di ogni frode, dell'ispirazione apo-
statica, dell'operazione demoniaca e dello spettro dell'idolatria. Sono
invero precursori di quel dragone che con una tale illusione trascinerà
con la coda la terza parte delle stelle e le precipiterà sulla terra (Ap
12, 4). Costoro si devono fuggire come quello, e quanto più grande
è l'illusione con la quale sono detti operare, tanto più si deve stare
in guardia da loro, poiché hanno ricevuto un più grande spirito di
iniquità. È per questo che, se si osserverà il loro quotidiano modo
di comportarsi, si constaterà che esso coincide perfettamente con il
comportamento dei demòni' 24 •

122 Oppure: "E a quell'uomo fu fatto il dono (il ritorno alla vita) grazie alle
preghiere dei santi".
123 Cfr. Zc 7, 9: "Esercitate la pietà e la misericordia (!ì..eoc; xoct olx·np(LÒv)".

124 IRENAEUS LUGDUNENSIS, Aduersus haereses, Il, 31, 2-3: "Super haec arguen-
tur qui sunt a Simone et Carpocrate, et si qui alii virtutes operari dicuntur,
non in virtute Dei neque in veritate neque ut benefici hominibus facientes ea
quae faciunt, sed in perniciem et in errorem, per magicas elusiones et universa
fraude, plus laedentes quam utilitatem praestantes bis qui credunt eis in eo
quod seducant. Neque enim caecis possunt donare visum, neque surdis audi-
tum, neque omnes daemones effugare, praeter eos qui ab ipsis immittuntur,
si tamen et hoc faciunt, neque debiles aut claudos aut paralyticos curare vel
alia quadam parte corporis vexatos, quemadmodum saepe evenit fieri secun-
dum corporalem infirmitatem, vel earum quae a foris accidunt infirmitatum
bonas valetudines restaurare. Tocro\hov 8è CÌ7to8€oucrtv "ou ve:xpòv Èyei:poct,
xoc6wc; o Kupwc; ~yetpev xocì ot &.7t6a..oì..ot 8t<X 7tpoaeuxi)c; xoct Èv "n &.8e:ì..cp6-
"'YJ"L 7toì..M.xtc; 8t<X "t &.vocyxoci:ov, ~c; xoc,..,X ,..67tov ÈxxÀ 'Y)cr(occ; 7tOC<r'Y)c; oct TI)O"ot-
(LÉV'Y)c; fJ.e"<X V'YJ<r"docc; xocì Àt,..ocve(occ; 1toì..ì..ijc;, È7tÉcr,..peljiev "ò 7tVeUfJ.ot ..ou nn-
o
ÀeU"'Y)x6 ..oc; xocl ixocptcr6'Yl &v6pùmoc; ..oci:c; eùxoci:c; ..&v &y(wv ut ne quidem
credant hoc in totum posse fieri: esse autem resurrectionem a mortuis agni-
tionem eius quae ab eis dicitur veritatis. Quando igitur apud eos quidem error
et seductio et magica phantasia in speculatu hominum impie fiat, in Ecclesia
autem miseratio et misericordia et firmitas et veritas ad opitulationem homi-
num non solum sine mercede et gratis perficiatur, sed et nobis ipsis quae sunt
nostra erogantibus pro salute hominum, et ea quibus hi qui curantur indigent,
IRENEO DI LIONE 255

La prima cosa che salta agli occhi del lettore è il tentativo di


demonizzare completamente qualsiasi manifestazione straordina-
ria compiuta da coloro che stanno al di fuori della Chiesa. Appare
immediatamente un giudizio di tipo morale: gli eretici non agiscono
per beneficare gli uomini, anzi, se li si osserverà si potrà compren-
dere che il loro comportamento li assimila ai demoni di cui si ser-
vono. Essi sono detti ingannatori, seduttori, portatori di frode,
inganno, illusione, ispirazione apostatica (cioè demoniaca), danno
ed errore; operano sotto gli occhi degli uomini non con verità, ma
con illusione magica (cpocvrocCJ(oc) 125 , con opere accomunabili alle pra-
tiche magiche (m:p~epy(oc), invocazioni angeliche o incantamenti
(invocationes angelicae, incantationes, II, 32, 4).
Sulla base di quanto affermato in precedenza, il contatto con gli
spiriti malvagi e la presenza di demoni paredri è ciò che permette
ai simoniani di compiere gli incantesimi e le attività magiche di
cui sono accusati. Ireneo ci aveva messi di fronte ad una situazione
apparentemente paradossale: l'esorcismo è comunemente conside-
rato un fatto positivo, che permette la liberazione dell'uomo dall'in-
flusso malefico del demonio. Come è possibile quindi che per merito
dei demoni gli eretici siano in grado di cacciare altrettanti demoni
per mezzo di esorcismi? È vero che gli gnostici praticano esorci-
smi: ma si precisa che la loro capacità è assai limitata, circoscritta
all'azione sui demoni che essi stessi hanno inviato nelle persone.
Questi seguaci dell'eresia non hanno alcuna possibilità di compiere
autentici miracoli; nemmeno possono mettere in fuga (effugare)
"tutti" i demoni, eccezion fatta per quelli mandati da loro stessi
(immitto, forse da ÈTCocyw). Ireneo ha affermato che gli eretici sono

saepissime non habentes, a nobis accipiunt: vere et per hanc speciem arguuntur
a divina substantia et benignitate Dei et virtute spiritali in totum extranei,
fraude autem universa et adinspiratione apostatica, et operatione daemoniaca
et phantasmate idolatriae per omnia repleti, praecursores vere draconis eius
qui per huiusmodi phantasiam abscedere faciet in cauda tertiam partem stel-
larum et deiiciet eas in terram: quos similiter atque illum devitare oportet, et
quanto maiore phantasmate operari dicuntur, tanto magis observare eos, quasi
maiorem nequitiae spiritum perceperint. Quapropter etiam, si observaverit quis
eorum diurnam conversationis operationem, inveniet unam et eamdem esse eis
cum daemoniis conversationem".
125 Cfr. A. 0RBE, Teologia de San lreneo, vol. 2, pp. 446-448. Sul phantasma
come opera demoniaca, cfr. IAMBLICHUS, De mysteriis, IV, 7 e III, 29, ed i testi-
moni indicati da F. W. CREMER, Die Chaldiiischen Orakel, p. 58.
256 CAPITOLO 10

accompagnati da demoni paredri, ai quali i papiri magici attribui-


scono tra l'altro la capacità di "recare immediatamente demoni" 126 ;
possiamo pensare che l'autore si rifaccia a qualche idea simile, cre-
dendo che gli eretici possano volontariamente mandare demoni a
possedere qualcuno. Su questi, e solo su questi, essi avrebbero la
capacità di compiere esorcismi. Ma Ireneo pare non essere neppure
del tutto certo che essi compiano quest'azione: "Se pure fanno
anche questo", dice. Nella Chiesa, invece, la cacciata dei demoni
avviene sicuramente e veramente (~e:~oc(wc; xoct &J.:Yj6wc;, Il, 32, 4).
Allo stesso modo, gli eretici non possono donare la vista ai ciechi,
l'udito ai sordi, curare gli infermi, gli zoppi, i paralitici; a maggior
ragione non sono in grado di risuscitare i morti, cosa che invece
Cristo stesso fece, imitato dagli apostoli e dalla comunità ecclesiale
che in certe circostanze particolari ha ottenuto questo speciale pri-
vilegio. Ciò è a tal punto lontano dalle speranze degli gnostici, che
essi non credono nemmeno alla risurrezione, ritenendo che questa
sia "la gnosi di ciò che essi dicono essere la verità" (forse: TI)v
yvwmv rijc; ìnt' ocù-rwv Àe:yofLÉV't)c; OCÀ't)6e:(occ;). In definitiva, l'attività
degli eretici è qualificata in tutto e per tutto come illusoria: ciò li
rende precursori del dragone apocalittico, il quale con la medesima
illusione "trascinerà con la coda la terza parte delle stelle e le pre-
cipiterà sulla terra" 127 • E proprio come questo dragone sono da fug-
girsi questi nemici dell'ortodossia, i quali quanto più sono potenti (a
causa della loro capacità di creare illusioni, sostiene Ireneo), tanto
più sono ripieni di nequiliae spiritum, simili in tutto e per tutto al
comportamento (conversatio) dei demoni.
È noto che l' Adversus haereses presenta un carattere assai pole-
mico ed apologetico, come risulta chiaramente anche da quanto
sopra riportato. Nel II libro, in particolare, l'autore si propone di
confutare per mezzo della ragione le dottrine eretiche esposte nel
libro precedente, con risultati così compendiati da Manlio Simo-
netti:
Spinto da troppa animosità verso i suoi avversari per poter osser-
vare la situazione con un minimo di obiettività, egli troppo spesso

126 Papyri graecae magicae, l, 110: [ò 7tcXpe8poç] aun6(J.Cùc; 8oct(.Lovocc; otaet. Si

tenga presente che siamo di fronte a testi più tardivi.


127 Ap 12, 3-4: "Un enorme drago rosso ( ... ) la sua coda trascinava giù un
terzo delle stelle del cielo e le precipitava sulla terra". Sull'uso dell'Apocalisse,
G. PANI, Ireneo di Lione e l'Apocalisse.
IRENEO DI LIONE 257

si è fatto prendere la mano dalla facile ironia, dall'argomento ad


hominem volutamente caricato, facendo di ogni erba un fascio e
senza saper distinguere, nella dottrina gnostica, ciò che era essen-
ziale da ciò che, anche se più appariscente, in definitiva aveva
valore relativo, se non marginale. Da tutto ciò risulta che la con-
futazione della dottrina gnostica svolta nel libro II troppo spesso
resta all'esterno dell'argomento, nel tentativo di avvilire gli avver-
sari e farli passare per visionari, sferzandoli con ardente sarcasmo,
che più volte colpisce solo le ombre 128 •
Non si può ricavare dalle descrizioni di lreneo qualche partico-
lare in più sulle differenze tra gli esorcismi delle diverse confessioni
cristiane. Potremmo ipotizzare che Ireneo conosca l'uso esorcistico
degli gnostici, per averlo osservato di persona; ma la descrizione
del tutto negativa può essere frutto di un intento denigratorio nei
confronti dell'avversario più che un'attestazione di qualche pratica
specifica a lui nota. Quel che è certo, è che lo scopo dell'autore è
quello di delegittimare qualunque azione soprannaturale che possa
favorire la credibilità degli gnostici: la QJ.etodologia seguita è quella
di descrivere tutti i mirabilia come un'illusione, un inganno o come
frutto del ricorso a qualche potenza maligna. Può darsi che, di
fronte ad una pratica esorcistica attestata al di fuori della Chiesa,
di cui si predica l'efficacia, Ireneo senta la necessità di confutarne
la pretesa autenticità, attribuendo un eventuale risultato positivo
non alla potenza dell'esorcista o all'ausilio celeste, bensì all'inter-
vento ingannevole degli spiriti malvagi. Il fatto che l'esorcismo
gnostico sia accomunato a filtri, incantamenti e magie mostra la
volontà di relegarlo tra le pratiche magiche, all'interno di quella
universa fraude che caratterizzerebbe i suoi eterodossi fautori.
Per Ireneo una caratteristica che differenzia gli eretici dagli
ortodossi risiede nel modo di gestire qualsiasi azione benefica nei
riguardi delle persone: la Chiesa mette in campo la propria "com-
passione, misericordia, solidità e verità in soccorso degli uomini",
soprattutto "senza compenso e gratuitamente". Quello della gra-
tuità dei benefici prestati sarà un tema più volte sviluppato in
futuro ed utilizzato come dimostrazione della buona fede dei cri-
stianP29. D'altra parte la gratuità è una delle caratteristiche essen-

128 M. SIMONETTI, La letteratura cristiana antica, pp. 90-91.


129 Lo incontreremo ad esempio in Tertulliano, in Origene, negli Acta Tho-
mae.
258 CAPITOLO 10

ziali dei carismi; essa dipende dal fatto che l'iniziativa dello Spi-
rito Santo, il quale opera per mezzo di essi, introduce il fedele in
un'esperienza di realtà soprannaturale, in uno stato dove l'uomo è
in piena comunione con Dio; ed è il Figlio che, secondo la benevo-
lenza del Padre, "dispensa come ministro lo Spirito a chi vuole e
come il Padre vuole" 130 • Un'altra caratteristica del vero esorcismo
è che esso è compiuto in modo innocente, puro e manifesto (munde
et pure et manifeste, Il, 32, 5): si intravede la volontà di diffe-
renziare la pratica esorcistica ortodossa da quella eterodossa,
mettendone in luce la semplicità e il candore, da contrapporsi
all'artificiosità e alla tenebrosità dei riti magici, ed il carat-
tere manifesto, pubblico, constatabile da tutti. La Chiesa, poi,
distribuisce non solo guarigioni miracolose, ma provvede anche al
sostentamento materiale dei bisognosi. I benefici e le cure dispen-
sate dalla Chiesa sono fruibili da chiunque in qualsiasi luogo abbia
fede in Cristo; tutto ciò è anche prova della sua divinità e della sua
economia come adempimento delle profezie e dimostrazione della
potenza di Dio.
lreneo tiene in particolar conto l'esorcismo diretto ai pagani, in
quanto strumento di conversione. L'opera dei veri discepoli di Cristo,
infatti, avviene "a beneficio delle genti" (èn:' e:Òe:pye:a(q: -rwv è6vwv,
Il, 32, 4), ed in maniera autentica: prova di ciò è il fatto che
spesso (n:oìJ..chw;) quei pagani liberati veramente dagli spiriti mali-
gni "arrivano a credere e ad essere nella Chiesa", testimoniando la
realtà della loro guarigione con l'adesione al nuovo credo. È chiaro
che l'esorcismo riveste una funzione importante anche all'interno
della predicazione alle genti, e che la sua riuscita era ritenuta come
prova dell'autenticità della predicazione ecclesiale ortodossa, nel
contesto di uno scontro intracristiano chiaramente percepibile dalle
parole dell'autore.

7. L'esorcismo e la conoscibilità di Dio


Nel libro Il, 6 Ireneo affronta il tema della conoscibilità di Dio,
in opposizione a coloro che ritenevano che gli angeli ed il demiurgo
fossero ignari del supremo Dio. Egli afferma che "Dio poteva essere
a loro invisibile per la sua eminenza, ma niente affatto ignoto per

l30 IRENAEUS LuGDUNENSIS, Demonstratio praedicationis apostolicae, 7.


IRENEO DI LIONE 259

la sua provvidenza", come già affermato da Teofilo di Antiochiam.


Più avanti (IV, 20) il medesimo tema viene trasferito sul piano sto-
rico-salvifico: Dio resta inconoscibile per la sua grandezza (magni-
tudo) ma conoscibile per il suo amore (dilectio), poiché l'amore di
Dio rende possibile ciò che è impossibile per l'uomo. I valentiniani,
invece, sostenevano l'assoluta inconoscibilità del Padre 132 ; se è vero
che la Scrittura afferma che nessuno conosce il Padre tranne il Figlio
e coloro ai quali il Figlio lo rivela, è anche vero che il Figlio rivela il
Padre non solo attraverso le apparizioni, le profezie antiche e la sua
incarnazione, ma anche agendo nella ratio degli uomini. Dio nella
sua essenza può essere compreso solo dal Figlio; Ireneo qui afferma
che ogni creatura è ugualmente in grado di averne una certa cono-
scenza grazie alla "ragione innata nell'animo" (ratio mentibus infi-
xus), essendo Dio presente nel mondo con la sua provvidenza. Que-
sta espressione corrisponde probabilmente al greco Myoc, ~fLcpUTOC,,
che starebbe ad indicare l'opera del Verbo che è presente ed attivo
negli uominP 33 • Ecco come l'autore sviluppa il proprio pensiero:
Come potevano dunque gli angeli o l'artefice del mondo ignorare il
primo Dio, dal momento che si trovavano nel suo dominio, erano
sua creatura ed erano da lui contenuti? Dio poteva essere a loro
invisibile per la sua eminenza, ma niente affatto ignoto per la sua
provvidenza. Infatti, anche se fossero alquanto separati da lui, a
motivo della loro discesa, come dicono gli eretici, tuttavia avreb-
bero dovuto conoscere il loro sovrano, estendendosi il suo dominio
su tutti, e sapere che colui che li ha creati è il Signore di tutte
le cose. Infatti la realtà invisibile di Dio, essendo potente, offre a

131 THEOPHILUS ANTIOCHENUS, Ad Aulolycum, l, 5: "Come non si vede l'anima

nel corpo umano, essendo essa invisibile agli uomini, ma si percepisce per il
movimento del corpo, cosi non si può vedere Iddio cogli occhi del corpo, ma
si scorge e si comprende per la provvidenza e per le opere sue". Traduzione di
Emanuele Rapisarda.
132 Cfr. F. SAGNARD, La gnose valenlinienne, pp. 140-198 e 325-333; A. 0RBE,

S. Ireneo y el conocimienlo, pp. 442-463.


133 Su questo L. EscouLA, Saint lrénée el la connaissance, pp. 254-258;

A. HoussiAU, L'exégèse de Malhieu 11, 27, pp. 329-332; J. OcHAGAVIA, Visibile


Palris Filius, pp. 73-80 e 110-113; A. 0RBE, S. lreneo y el conocimienlo, pp. 710-
717; ID., La revelacion del Hijo por el Padre; ID., El Dios revelado por el Hijo.
Uno studio generale R. TREMBLAY, La manifeslalion ella vision; sinteticamente,
J. FANTINO, La lhéologie d'lrénée, pp. 54-61; 210-211; 300-305, e B. BENATS,
Il ritmo lrinilario, p. 222. Qui si dà conto anche delle diverse interpretazioni
dell'inciso ralio menlibus infixus.
260 CAPITOLO 10

tutte le creature un'ampia capacità di intendere e la percezione


della sua potentissima ed onnipotente eminenza. Perciò, sebbene
nessuno conosca il Padre tranne il Figlio, né il Figlio tranne il Padre
e coloro ai quali il Figlio lo avrà rivelato (Le 10, 22; Mt 11, 27),
ciononostante tutte le creature questa cosa la conoscono di per sé,
dal momento che la ragione innata negli animi le muove e rivela
loro che c'è un solo Dio, Signore di tutte le cose. E per questo
al nome dell'Altissimo ed Onnipotente sono soggette tutte le cose,
e per mezzo della sua invocazione, anche prima dell'avvento del
Signore nostro, gli uomini erano salvati dagli spiriti nequissimi, da
tutti i demòni e dall'intera apostasia: non come se gli spiriti terrestri
o i dèmoni lo avessero visto, ma perché sapevano che esiste il Dio
che sta sopra tutte le cose 134 , alla cui invocazione tremavano 135 come
trema ogni creatura, Principato, Potestà ed ogni Virtù soggetta.
Quelli che sono sotto il dominio dei romani, sebbene non abbiano
mai visto l'imperatore, ma siano separati da lui da vaste distese di
terra e mare, conoscono - grazie al dominio che esercita - colui che
detiene la suprema potestà del principato; allora gli angeli che erano
al di sopra di noi, oppure colui che essi denominano Artefice del
mondo, potrebbero non conoscere l'Onnipotente, quando anche gli
animali irrazionalP 36 tremano e si allontanano davanti a tale invo-
cazione? 137

134 Cfr. Rom 9, 5: "Cristo secondo la carne, egli che è sopra tutte le cose".
135 Cfr. Gc 2, 19: "Tu credi che c'è un Dio solo? Fai bene; anche i demòni lo
credono e tremano!".
136 In latino muta animalia, ma in greco certamente mutus era &Àoyoç, che
significa anche irrazionale.
137 IRENAEUS LuGDUNENSIS, Adversus haereses, II, 6, 1-2: "Quomodo autem et

ignorabant vel Angeli aut mundi Fabricator primum Deum, quando in eius
propriis essent et creatura exsisterent eius et continerentur ab ipso? Invisibilis
quidem poterat eis esse propter eminentiam, ignotus autem nequaquam propter
providentiam. Etenim licet valde per descensionem multum separati essent ab
eo, quomodo dicunt, sed tamen, dominio in omnes extenso, oportuit cognoscere
dominantem ipsorum et hoc ipsum scire quoniam qui creavit eos est Domi-
nus omnium. Invisibile enim eius, cum sit potens, magnam mentis intuitionem
et sensibilitatem omnibus praestat potentissimae et omnipotentis eminentiae.
Unde etiamsi nemo cognoscit Patrem nisi Filius, neque Filium nisi Pater, et
quibus Filius revelaverit, tamen hoc ipsum omnia cognoscunt, quando Ratio
mentibus infixus moveat ea et revelet eis quoniam est unus Deus, omnium
Dominus. Et propter hoc Altissimi et Omnipotentis appellationi omnia subiecta
sunt, et huius invocatione etiam ante adventum Domini nostri salvabantur
homines et a spiritibus nequissimis et a daemoniis universis et ab universa apo-
stasia: non quasi vidissent eum terreni spiritus aut daemones, sed cum scirent
quoniam est qui est super omnia Deus, cuius et invocationem tremebant et
tremit universa creatura et Principatus et Potentia et omnis subiecta Virtus.
IRENEO DI LIONE 261

La prova del fatto che Dio è conoscibile dalle sue creature, ed


era conoscibile anche prima dell'incarnazione, è data dal fatto che
ogni creatura era allora sottomessa all'invocazione (ÈTtLX.Àl)GLç)
divina, come lo è oggi. E questo è chiaro soprattutto se si volge lo
sguardo agli spiriti maligni, la cui nefasta influenza poteva essere
allontanata per mezzo di quell'invocazione anche prima che Cristo
si incarnasse 138 : ciò significa che quei medesimi spiriti non potevano
esser ignari dell'esistenza del Creatore, sebbene non lo vedessero
direttamente. La reazione di fronte alla potenza di Dio è il tre-
more, che accomuna tutte le creature: trema ogni spirito malva-
gio, tremano tutte le Potestà celesti e terrestri e tremano anche gli
animali privi della ragione. Come potrebbe avvenire ciò, se anche
questi esseri inferiori non avessero una conoscenza di Dio? E come
potrebbero gli angeli e lo stesso demiurgo non conoscerlo?
Il Nostro trova un paragone calzante introducendo l'esempio
della sottomissione all'imperatore da parte dei suoi sudditi. Non
è infrequente il parallelo tra l'unico Dio e l'unico sovrano terreno,
tra colui che regge l'universo e colui che regge l'impero romano 139;
qui Ireneo si rifà chiaramente ad un'argomentazione sviluppata da
Teofilo di Antiochia 140 •
È proprio in questo contesto che si inserisce l'inciso già esami-
nato a proposito dell'esorcismo degli ebrei, i quali con l'invocazione
del Creatore assicurano la reale liberazione dei posseduti. In questo

Aut numquid hi qui sub Romanorum imperio sunt, quamvis numquam vide-
rint Imperatorem sed valde et per terram et per mare separati ab eo, cogno-
scent propter dominium eum qui maximam potestatem habet principatus, qui
autem super nos erant Angeli vel ille quem mundi Fabricatorem dicunt non
cognoscent Omnipotentem, quando iam et muta animalia tremant et cedant
tali invocationi?".
138 Sull'incarnazione, F. ALTERMATH, The Purpose of the lncarnation.

139 Ad esempio, ATHENAGORAS ATHENIENSIS, Supplicatio pro Christianis, 18, 2:

"Come a voi <imperatori>, padre e figlio, tutte le cose sono state date in mano,
avendo ricevuto l'impero dall'alto - poiché l'anima del re è nelle mani di Dio,
dice lo spirito profetico -, così al Dio unico e al suo Verbo, concepito da noi
come Figlio inseparabile, tutto l'universo è soggetto". Traduzione di Paolo
Ubaldi.
140 THEOPHILUS ANTIOCHENUS, Ad Autolycum, l, 5: "Si crede che esiste l'im-
peratore della terra quantunque non da tutti egli sia visto, ed è riconosciuto
attraverso le leggi, gli ordini e la potenza, i domini e l'immagine, e non vuoi
riconoscere Dio attraverso le sue opere e la sua possanza?" (traduzione di Ema-
nuele Rapisarda). Cfr. F. LooFs, Theophilus von Antiochien, p. 67.
262 CAPITOLO IO

modo, la riuscita dell'esorcismo diventa la conferma dell'erroneità


delle posizioni valentiniane sull'inconoscibilità di Dio, e prova della
sottomissione di tutto il creato, anche dei demoni, al loro Sovrano,
anche prima dell'incarnazione. L'efficacia dell'esorcismo è una
dimostrazione tangibile del dominio e della presa di Dio sulla cre-
azione, ed è accertamento teologico dell'erroneità della posizione
gnostica a riguardo.

8. Caratteristiche dell'esorcismo
È bene tirare le fila di quanto sinora esaminato. L'esorcismo è
rivolto contro i demoni, o spiriti maligni. Daemon e daemonium sono
usati come sinonimi; in Il, 6, 2 Ireneo sembrerebbe operare una
distinzione tra daemonia (8cxt(l-6vtcx) e apostasia (<btoG't"CXGLcx), altrove
usando la forma OC7tOG't"CX't"txoc 7tVS:U(l-CX't"cx 141 • Antonio Orbe suggerisce
che "gli spiriti apostatici siano gli angeli che accompagnarono il
diavolo nella sua apostasia; i demòni, inferiori ai precedenti, sareb-
bero forse coloro che si unirono alle figlie degli uomini" 142, secondo
una ben nota interpretazione di Gen 6, 1143 • Probabilmente tentare
di riconoscere una precisa gerarchia demoniaca all'interno degli
scritti di Ireneo è spingersi troppo in là 144 : qui basterà notare che
le potenze delle tenebre possono essere identificate con espressioni
diverse. Ciò che le accomuna è l'attività malefica nei confronti
dell'uomo.

141 IRENAEUS LuGDUNENSIS, Adversus haereses, IV, 6, 7: "[ ... ) a Patre, a Spi-

ritu, ab angelis, ab ipsa conditione, ab hominibus, et ab apostaticis spiritibus,


et daemoniis, et ab inimico, et novissime ab ipsa morte".
142 A. ORBE, Teologia de San Ireneo, vol. 3, p. 181.

143 Si riprende una tradizione enochica già attestata nel IV secolo a.C. Cfr. il

Libro dei Vigilanti (in Liber Henoch, 8, 1-2): "<Gli angeli> si presero, per loro, le
mogli ed ognuno se ne scelse una e cominciarono a recarsi da loro. E si unirono
con loro ed insegnarono ad esse incantesimi e magie e mostraron loro il taglio
di piante e radici. Ed esse rimasero incinte e generarono giganti la cui sta-
tura, per ognuno, era di tremila cubiti" (traduzione di Luigi Fusella). La stessa
interpretazione era condivisa da Giustino, dove però i demoni sono il frutto di
questa relazione tra gli angeli e le donne: Apologia Il, 5, 2-4: "Gli angeli [... ) si
abbandonarono ad unioni carnali con alcune donne, e generarono dei figli, che
sono i cosiddetti demoni". Traduzione di Giuseppe Girgenti.
144 Per Adelin Rousseau "una tale lettura va respinta senza esitazioni" (cor-

rispondenza privata del 28 Giugno 2004).


IRENEO DI LIONE 263

Ireneo non testimonia l'esistenza di ministri cattolici deputati


alla pratica dell'esorcismo; anzi, è abbastanza chiaro che il carisma
è un dono gratuito ed incontrollabile dello Spirito, anche se pur
sempre esercitato all'interno della Chiesa. Il riferimento ai mystici
sacerdotes simoniani, d'altra parte, non è abbastanza chiaro per
rimandare con certezza ad una pratica sacerdotale, magari con-
trapponibile a quella ortodossa.
L'elemento rituale che caratterizza l'esorcismo cristiano - ed
ogni altra manifestazione del carisma ricevuto dall'alto- è duplice:
la preghiera elevata al Creatore unita all'invocazione del nome di
Cristo (orationes dirigens ad Dominum qui omnia fecit et nomen
Domini nostri /esu Christi invocans; Il, 32, 5). Compare qui per
la prima volta il tema della preghiera; ma il mezzo principale per
l'allontanamento degli spiriti maligni è pur sempre l'invocazione
(È7tLKÀ'YJO'Lç - invocatio) del nome di Dio, che nell'esorcismo degli
ebrei è il Padre creatore (II, 6, 2) ed in quello cristiano è Gesù Cri-
sto (II, 32, 4; Dem. 96). Nella Dimostrazione Ireneo inserisce anche
la citazione scritturistica secondo la quale chiunque invocherà il
nome del Signore sarà salvato (Gl 3, 5; At 2, 21; Rom 10, 13). Come
già in Giustino, manca l'attestazione di un'invocazione al Padre o
allo Spirito Santo nell'esorcismo cristiano.
Nella descrizione dell'esorcismo pronunziato dagli ebrei (II, 6, 2)
compare il termine ad{atio, che ricorre solo due volte nell'Adversus
haereses 145 • L' ad{atio è l'allocuzione, il chiamare o rivolgersi a qual-
cuno, e quindi anche l'invocazione 146 • Si è pensato ad un originale
7tp6crp'YJO'Lç, che significa appunto allocuzione, il rivolgere la parola,
ma anche denominazione, designazione, atto di chiamare, specie nel

145 IRENAEUS LUGDUNENSJS, Adversus haereses, Il, Praefatio, 1: "Abbiamo

messo in luce la loro redenzione, come iniziano quelli che arrivano alla perfe-
zione, le loro adfaliones ed i loro misteri". Wigan Harvey supponeva che l'au-
tore avesse invece scritto 7tp6ppl)cnç, predizione, termine normalmente riferito
agli oracoli e alle divinazioni (Sancii lrenaei episcopi, vol. l, p. 249, nota 4).
146 Così René Massuet nella sua edizione (1710) Detectionis et eversionis,

vol. l, p. 115, nota E: "Adfationes vero sunt profanae illae haereticorum


redemtionis, de qua hic loquitur, formula e, seu invocationes". Cfr. A. BLAISE,
Dictionnaire Latin-Français, sub voce: "Parole [... ), invocations (hérétiques)";
A. SouTER, A Glossary o{ Later Latin, sub voce: "Utterance (... ), address to a
perso n". In latino classico il verbo ad{or é usato in modo simile, anche nel senso
di supplicare gli dèi.
264 CAPITOLO 10

greco cristiano 147 • La descrizione di Ireneo non permette di decidere


una traduzione del tutto certa: ad{atio va recepito come sinonimo
del susseguente invocatio? Si intende l'atto di rivolgere la parola
al demonio, un'intimazione, l'uso del nome di Dio, l'invocazione
di Dio? Per Adelin Rousseau ad{atio è semplicemente un sinonimo
di nomen, ed occorre distinguere l'ad{atio (il nome di Dio) dall'in-
vocatio (l'atto mediante il quale esso è invocato) 148 • Trattasi quindi
della i7t(XÀ1JO'Lç dell'6vo(.Loc divino, la cui potenza mette in fuga ogni
creatura demoniaca, "dal momento che tutte le cose temono l'invo-
cazione di colui che le ha create". L'affermazione di Ireneo secondo
la quale di fronte al nome di Gesù i nomi di Simone, Menandro
o Carpocrate non hanno nessun valore, in quanto la loro invoca-
zione non può portare a nessun miracolo e a nessuna guarigione
(Il, 32, 5), non mi pare possa essere intesa come un chiaro riferi-
mento ad una prassi in uso tra gli eretici, che prevedesse l'invoca-
zione dei nomi di questi personaggi.
È interessante notare che per quanto riguarda la guarigione degli
infermi si menziona l'imposizione delle mani, mentre per l'esorci-
smo manca una descrizione di questo tipo; Ireneo attesta anche la
pratica del digiuno, ma la applica alle preghiere per ottenere la
risurrezione di un defunto.
La conseguenza immediata dell'invocazione del nome di Dio è
la sottomissione (subiicio - Ù7to't'cXO'O'<ù) delle potenze demoniache
(II, 6, 2; Dem. 96) e di tutte le creature, le quali tremano, temono
e si allontanano (II, 6, 2) davanti alla potenza del loro Dio. L'atto
di mettere in fuga i demoni viene descritto con il verbo e{{ugare
(II, 31, 2; Il, 6, 2) oppure con ÈÀocuvw, che significa allontanare,
espellere (II, 32, 4). Ireneo preferisce ÈÀocuvw ad Èx~cXMo, comune
nel Nuovo Testamento; iÀocuvw compare solo una volta nel Vangelo
di Luca a proposito di demoni, ma con un senso diverso 149 • Il fatto
che ÈÀocuvw sia reso in latino con excludo, ci permette di pensare
che ove si incontra e{fugo l'autore avesse usato un altro verbo

147 Cfr. G. W. H. LAMPE, A Palristic Greek Lexicon, sub voce: "Designation,


naming".
148 Corrispondenza privata del 6 Agosto 2004.

149 Le 8, 29: "Gesù infatti stava ordinando allo spirito immondo di uscire da

quell'uomo. Molte volte infatti s'era impossessato di lui; allora lo legavano con
catene e lo custodivano in ceppi, ma egli spezzava i legami e veniva spinto dal
demonio in luoghi deserti" (~ÀocuvE-ro {mò -rou 8octfLov[ou Etc; -rocc; èp~fLouc;).
IRENEO DI LIONE 265

greco, che non ci è dato di meglio identificare. Nella Demonstratio,


invece, si parla più genericamente di separazione del Male dagli
uomini (&:cpop(~e:-rocL -rwv &:v6p6m(t)v).
Un altro risultato della pratica esorcistica è che gli ossessi libe-
rati sono anche purificati dagli spiriti maligni (xoc6ocpLa6év-rocç &:1tò
-rwv 7tOVljpwv 7tVEUIJ.CXT(t)V; Il, 32, 4), ove si utilizza un termine che
nei Vangeli è adoperato in relazione a coloro che sono afflitti da
qualche malattia che rende impuri, come la lebbra, ma mai in con-
testo esorcistico 150 •

9. Crucifixus sub Pontio Pilato


Tutti i carismi che vengono esercitati "dalla Chiesa intera in
tutto il mondo ogni giorno" sono esercitati "nel nome di Gesù Cri-
sto crocifisso sotto Ponzio Pilato" (II, 32, 4). Emmanuel Lanne ha
studiato il valore del nome di Cristo negli scritti di Ireneo 151 , e ne
ha isolato gli attributi a lui riservati: la sua bontà, dolcezza, bel-
lezza e potenza. A tale nome è destinata la glorificazione da parte
di tutte le nazioni, e la sua potenza è invocata dalla Chiesa in un
contesto eucologico ed ascetico, assumendo "una dimensione totale
che, al di là della vita propriamente liturgica della Chiesa, ingloba
l'intera esistenza cristiana" 152 • Ho già sviluppato il tema della men-
zione di Pilato nella pratica esorcistica trattando dell'esorcismo in
Giustino; sarà quindi di grande interesse stabilire quale uso fa Ire-
neo nei suoi scritti del nome del procuratore di Giudea.
Il nome di Pilato compare undici volte nell' Adversus haereses, sei
volte in un contesto contingente, senza alcuna funzione specifica 153 •
Altre cinque occorrenze mostrano, come accade per Giustino, che
questo nome è inserito regolarmente in un contesto di professione
di fede. Per due volte si ricorda come la predicazione di Paolo
avesse per oggetto il Cristo Signore che subì la sua passione sotto
Ponzio Pilato 154 ; in un altro caso è l'apostolo Filippo ad esprimersi

150 Mt 8, 2; 10, 8; 11, 5; Mc l, 40; Le 4, 27; 5, 12; 7, 22; 17, 14.


151 E. LANNE, Le nom de Jésus-Christ et son inuocation chez saint Irénée de
Lyon.
152 E. LANNE, Le nom de Jésus-Christ, p. 52.
153 IRENAEUS LUGDUNENSIS, Aduersus haereses, l, 7, 2; l, 25, 6; l, 27, 2;
III, 12, 3; III, 12, 5; IV, 18, 3.
154 IRENAEUS LUGDUNENSIS, Aduersus haereses, III, 12, 9: "<Paolm predicava
Gesù con molta franchezza dicendo che Cristo è il Figlio di Dio. Questo è il
266 CAPITOLO 10

negli stessi termini' 55 • Nel libro III Ireneo espone l'autenticità della
tradizione apostolica (la regula fidei 156 ) e riporta un simbolo di fede
abbastanza articolato, di struttura bipartita, nel quale si incontra
Pilato 157 • Da ultimo, c'è il passo in cui Ireneo afferma che "non si
può dire il numero dei carismi che, ricevendoli da Dio, la Chiesa
esercita in tutto il mondo ogni giorno nel nome di Gesù Cristo cro-
cifisso sotto Ponzio Pilato" (II, 32, 4). Nella Dimostrazione Ponzio
Pilato è nominato cinque volte: quattro volte a proposito della
morte di Gesù 158 , ed una nel contesto dell'allontanamento delle
forze del male "per mezzo dell'invocazione del nome di Gesù Cri-
sto, crocifisso sotto Ponzio Pilato" (97).
Ciò mi pare confermare l'ipotesi già formulata per Giustino, che
vede uno stretto collegamento tra la pratica dell'esorcismo e la
menzione di Pilato, come eco dell'esistenza di un formulario ben
preciso o a causa dell'inserimento di professioni di fede in contesto
esorcistico. Ma se in Giustino il nome di Pilato, quando non compa-
riva in un contesto non strettamente storico, accompagnava esclu-
sivamente l'esorcismo o il battesimo, in Ireneo esso è collegato più

mistero che, dice, gli è stato manifestato per rivelazione, che colui che ha patito
sotto Ponzio Pilato è il Signore di tutti, re, Dio e giudice"; V, 12, 5: "<Paolm
annunciò il Figlio di Dio Gesù Cristo, che fu crocifisso sotto Ponzio Pilato, una
volta che la sua ignoranza precedente fu distrutta dalla conoscenza che soprav-
venne". Traduzione di Enzo Bellini.
155 IRENAEUS LuGDUNENSIS, Adversus haereses, IV, 23, 2: "<Filippo persuase
l'eunucm a credere che Gesù Cristo che fu crocifisso sotto Ponzio Pilato e patì
tutto ciò che ha predetto il profeta, era il figlio di Dio che dà la vita eterna agli
uomini". Traduzione di Enzo Bellini.
156 Per regula (idei Ireneo intende il contenuto dottrinale della fede cristiana
come trasmesso dalla Chiesa cattolica.
157 IRENAEUS LuGDUNENSIS, Adversus haereses, III, 4, 2: ''(. .. ] custodiscono

scrupolosamente l'antica tradizione: essi credono in un solo Dio, creatore del


cielo della terra e di tutto ciò che è in essi, e in Cristo Gesù, il Figlio di Dio che,
a causa del suo sovrabbondante amore verso la sua creatura, accettò la genera-
zione dalla Vergine, unì egli stesso mediante sé stesso l'uomo a Dio, patì sotto
Ponzio Pilato e fu risvegliato e fu elevato nella gloria, verrà nella gloria come
salvatore di coloro che saranno salvati e getterà nel fuoco eterno gli sfiguratori
della verità, e i disprezzatori del Padre suo e della sua venuta" (traduzione
di Enzo Bellini). La formula era già stata isolata da A. e G. L. HAHN, Biblio-
thek der Symbole, p. 7. Cfr. A. BENOIT, Saint lrénée, pp. 207-219, specie 210;
J. N. D. KELLY, I simboli di fede della Chiesa antica, pp. 75-81. Sul simbolo
secondo la Demonstratio, A. NusSBAUMER, Das Ursymbolum, pp. 5-45 e 86-115.
158 Nei capp. 74 e 77.
IRENEO DI LIONE 267

genericamente all'esercizio quotidiano dei carismi. Evidentemente i


carismi nominati da Ireneo non sono tutti collegati alla liberazione
dai demoni, ma anche alla guarigione degli infermi e all'ispirazione
profetica: egli d'altra parte ritiene innumerevoli i carismi che la
Chiesa può ricevere da Dio. Ireneo, perciò, non fornisce nell'Ad-
versus haereses una precisa formula liturgica esclusiva dell'esorci-
smo, ma collega la menzione di Gesù Cristo crocifisso sotto Ponzio
Pilato all'attività carismatica dei cristiani; vero è però che nella
Dimostrazione si parla più esplicitamente dell'invocazione del nome
del Cristo in un contesto di liberazione dalla potenza satanica.
Nell' Adversus haereses non è quindi possibile definire con certezza
se l'autore abbia inserito nella sua trattazione il riferimento ad
un formulario esistente nella pratica carismatica dei cristianP 59 (di
esorcismo, di guarigione, di risurrezione, di profezia), se si riferisca
all'utilizzo di professioni di fede o se semplicemente da esse abbia
tratto un'espressione adatta per qualificare l'esercizio dei carismi
da parte della Chiesa loto orbe diffusa. Nella Demonstratio, invece,
l'uso di quel tipo di invocazione del nome di Gesù è assai chiaro,
anche se il contesto non è forse esclusivamente esorcistico, ma più
generalmente riferito all'allontanamento del demonio dal mondo
degli uomini.

159 Invece G. H. TwELFTREE, In the Name of Jesus, p. 252, ne è convinto.


CAPITOLO 11
ATTI DI GIOVANNI

l. Premessa generale sugli Atti apocrifi degli Apostoli

Tra il 150 e di 250 fiorisce la produzione di quegli Atti apocrifi


degli ApostolP che, condannati in maniera pressoché unanime dalla
grande Chiesa, furono annoverati tra le composizioni apocrife e
finirono per costituire un vero e proprio corpus Actuum (Giovanni,
Paolo, Pietro, Andrea e Tommaso) 2 ; la loro circolazione ed utilizzo
da parte dei manichei è evidente a partire dal IV secolo3, e nell'890
Fozio ci testimonia ancora l'esistenza di tale raccolta attribuita ad
unico autore, Leucio Carino4 • Classificati da Richard Lipsius come
opere gnostiche5 , definiti poi da Cari Schmidt e Adolf Harnack

1 Uso per comodità la dicitura di Atti apocrifi, conscio delle insidie che un

utilizzo sconsiderato dei concetti di "apocrifo" e "canonico" può nascondere per


lo storico dell'antichità cristiana. Qualche breve indicazione sull'argomento in
S. C. MIMOUNI, Le concept d'apocryphité, con bibliografia.
2 Sugli Atti in generale, vedi M. ERBETTA, Gli apocrifi del Nuovo Testamento,
vol. 2, pp. 1-26; L. MoRALDI, Apocrifi del Nuovo Testamento, vol. 2, pp. 11-56;
W. ScHNEEMELCHER, Neutestamentliche Apokryphen, vol. 2, pp. 71-81; F. BovoN
et alii, The Apocryphal Acts; ID., Les Actes Apocryphes; E. PLOMACHER, Apokry-
phe Apostelakten; F. GoRI, Gli apocrifi e i Padri, pp. 253-267; J. N. BREMMER,
The Apocryphal Acts: Author, Piace, Time and Readership.
3 Cfr. P. NAGEL, Die apokryphen Apostelakten; J. D. KAESTLI, L'utilisation
des Actes apocryphes.
4 Cfr. M. ERBETTA, Gli apocrifi, vol. 2, pp. 16-20; K. ScHAFERDIEK, Die Leu-

kios Charinos. Fozio possedeva una raccolta intitolata 7te:p(o8m -rwv &:1tocr-r6ì.wv
"dov'eran contenuti gli Atti di Pietro, Giovanni, Andrea, Tommaso e Paolo. Il
loro autore - come si ricava dal libro - è Leucio Carino" (PHOTIUS, Bibliotheca,
cod. 114).
5 R. A. LIPSIUS, Die apokryphen Aposlelgeschichten e ancora in ID., Acta
Apostolorum apocrypha, dove si distingue tra Alti cattolici e Atti gnostici. Sul
pesante giudizio negativo di Fozio, E. JuNoD, Actes apocryphes et hérésie. Fozio,
probabilmente l'ultimo che poté avere tra le mani gli originali di questi scritti,
ne critica anche lo stile: "La lingua è completamente disuguale e singolare. Alle
volte adopera costruzioni ed espressioni abbastanza scelte; il più delle volte,
invece, plateali, trite e ritrite. Non offre alcuna traccia di una lingua piana,
non ricercata e quindi della grazia insita in essa, in cui ha ricevuto forma il
270 CAPITOLO I I

come prodotti di un "cattolicesimo popolare" 6 , essi sfuggono, alla


luce delle attuali conoscenze sulla teologia coeva, qualsiasi classi-
ficazione che non tenga conto dei labili confini tra ortodossia ed
eresia e che tenda a considerarli come un gruppo omogeneo 7 • Fatto
salvo un certo legame con gli Alli degli Apostoli canonici8 , il loro
genere e le loro caratteristiche di non facile classificazione hanno
spinto la critica a ricercarne altri precedenti nella letteratura greca
parallela 9 • Il più ovvio indirizzo di indagine si è dedicato a scor-
gerne i paralleli con il romanzo ellenistico 10, oppure con un certo
tipo di aretalogia missionaria, sovente di carattere filosofico 11 , senza
giungere comunque ad individuare un carattere unitario che renda
conto di tutte le particolarità di queste composizioni 12 • Anche la
generica definizione di "racconti popolari, destinati al popolo" che
ne diede Rosa Soder settant'anni or sono 13 , ad indicare la risposta
che venivano a dare al desiderio di tanti di poter ottenere un reso-

verbo evangelico e apostolico (PHOTIUS, Bibliotheca, cod. 114. Traduzione di


Mario Erbetta). Osservazioni sul linguaggio degli Alli: D. H. WARREN, The
Greek Language; E. ZACHARIADEs-HoLMBERG, Philological Aspects.
6 C. ScHMIDT, Die alien Petrusakien; A. HARNACK, Geschichte der alichrisllichen

Literatur, vol. 2/2, pp. 169-177.


7 Cfr. J. D. KAESTLI, Les principales orientaiions, pp. 53-57; W. ScHNEEMEL-

CHER, Neuiestameniliche Apokryphen, vol. 2, pp. 79-81.


8 In R. GouNELLE, Actes apocryphes, c'è un tentativo di svincolare gli studi

sugli Alli apocrifi da quelli canonici. Gli Alli di Andrea e di Giovanni, a suo
parere, sarebbero del tutto indipendenti dagli Alli degli Apostoli canonici; per
quelli di Pietro e Tommaso manca una evidente prova, mentre solo quelli di
Andrea mostrerebbero una diretta dipendenza dall'opera di Luca.
9 Sulle varie interpretazioni della liierarische Gallung dei testi di cui ci

stiamo occupando, W. ScHNEEMELCHER, Neutestameniliche Apokryphen, vol. 2,


pp. 74-79; J. D. KAESTLI, Les principales orientalions, pp. 57-67.
10 R. SùDER, Die apokryphen Aposielgeschichten. Cfr. anche N. HoLZBERG,

Der antike Roman.


11 Cfr. F. PFISTER, Apostelgeschichten (Legenden), su ispirazione principal-

mente degli studi di R. REITZENSTEIN, Hellenistische Wundererziihlungen. Cfr.


E. JuNoD, Les Vies des philosophes. Si ricordino la Vita Apollonii di Filostrato,
le Viiae philosophorum di Diogene Laerzio, la Vita Plotini di Porfirio, etc. Si
veda anche R. GouLET, Les vies des philosophes.
12 Cfr. le osservazioni di E. JuNOD - J. D. KAESTLI, Acta Iohannis, vol. 2,
pp. 682-684.
13 R. SùDER, Die apokryphen Apostelgeschichten, p. 216: "Volkstiimliche

Erzii.hlungen fiir das Volk". Il romanzo, invece, era dedicato ad un pubblico


colto, secondo quanto riteneva la Siider.
ATTI DI GIOVANNI 271

conto delle gesta apostoliche più completo e dettagliato di quello


contenuto nei più antichi Atti degli Apostoli, non deve ingannare e
non può ridurre queste narrazioni a semplici espressioni di un'inge-
nua cultura religiosa. Si deve comunque alla Soder di aver contri-
buito ad isolare alcuni motivi fondamentali della letteratura apo-
crifa degli Atti: il motivo del viaggio; l'elemento aretalogico, ossia
l'enfasi nella descrizione della meravigliosa potenza dell'apostolo 14 ;
l'elemento teratologico, ossia l'interesse per il favoloso e l'esotico;
l'elemento tendenzioso (tendenziose Element), specie nei discorsi,
indirizzato in una prospettiva dottrinale o morale; l'elemento ero-
tico, oscillante tra gli opposti dell'amore passionale e dell'ascetismo
encratita 15 • Gli Atti apocrifi, a causa del loro contenuto e a motivo
del rapporto di dipendenza ed imitazione reciproca che li caratte-
rizza, mi pare che si prestino ad una trattazione congiunta.

2. Gli Alli di Giovanni


Gli Alli di Giovanni 16 , di cui si ha antica traccia nel Salterio
manicheo, sono i più antichi, essendo datati comunemente alla

14 Eviterò di far uso della categoria dell'uomo divino, schema proposto da

Ludwig Bieler (@EIOI: ANHP) e ripreso con maggiore amplificazione da


Hans Dieter Betz (Goltmensch). Il modello paradigmatico di questa figura
divina dovrebbe prevedere alcuni elementi ricorrenti: una miracolosa e profe-
tizzata venuta al mondo, un'infanzia prodigiosa ed una crescita nella saggezza,
poteri taumaturgici e carismatici, bellezza, forza ed impassibilità, attività di
predicazione e creazione di un discepolato, ingiusta accusa di magia, dissolu-
tezza e avidità, conoscenza del futuro, morte straordinaria accompagnata da
fenomeni naturali, risurrezione e successive apparizioni. Trattasi però di una
categoria ermeneutica la cui validità è stata messa in questione, accusata di
essere stata costruita a tavolino "con un sistema di montaggio e di assemblag-
gio radicalmente astorico delle varie fonti delle più svariate epoche e delle più
differenziate aree geoculturali" (P. A. GRAMAGLIA, Il "Padre nostro", p. 1476);
essa rischia di essere sfruttata con eccessiva leggerezza, nel tentativo di ritro-
vare sempre e comunque una presunta tradizione unitaria. A titolo di esem-
pio dell'approccio che nega l'esistenza di un rapporto tra la figura dello theios
aner e la tradizione evangelica: B. BLACKBURN, Theios Aner; R. PENNA, Gesù di
Nazaret, 'uomo divino'?
15 Un esame (troppo sistematico) delle forme e dei motivi ricorrenti, dal
punto di vista quasi esclusivamente letterario, in M. BLUMENTHAL, Formen und
Moti ve.
16 Cfr. M. ERBETTA, Gli apocrifi del Nuovo Testamento, vol. 2, pp. 29-33,

da aggiornare con E. JuNoo - J. D. KAESTLI, Acta Iohannis; W. ScHNEEMEL-


CHER, Neutestamentliche Apokryphen, vol. 2, pp. 138-155 (Knut Schii.ferdiek);
272 CAPITOLO 11

seconda metà del n secolo, o anche prima 17 • II loro luogo di prove-


nienza è incerto: l'Asia minore, la Siria o l'Egitto 18 • Sono opera di
un autore recentemente convertito al cristianesimo, che pare non
aver abbandonato l'ideale spirituale che gli era proprio prima della
conversione; ha voluto comunicare la sua esperienza ad altri per
mezzo di uno scritto semplice ed assai comunicativo. Egli ignora
completamente le radici ebraiche del cristianesimo, e la stessa
vicenda terrena di Gesù: la fede annunciata da Giovanni risulta
priva di qualsiasi radice storica antecedente. Anche le persone del
Dio Padre e del Figlio sono indistinte e completamente identifi-
cate; l'autore pare riempire il vuoto lasciato dall'assenza dell'in-
carnazione e della mediazione del Figlio con la figura dell'apostolo
Giovanni. In un quadro teologico così particolare, non vi è traccia
di un ruolo importante della gnosP 9 •
Il tema demonologico non è sviluppato così profondamente
come altrove, e mancano i modelli biblici consueti 20 ; il Maligno è
comunque ritenuto l'ispiratore di ogni potenza avversa al trionfo
del cristianesimo, ed è colui che spinge l'uomo al peccato, al punto

P. J. LALLEMAN, The Acts of John; A. JAKAB, Actes de Jean. Una raccolta di


studi, The Apocryphal Acts of John, ed. J. N. BREMMER; si veda anche F. CoR-
SARO, Le IJPAEE/1: di Giovanni. Alcuni passi commentati in A. MoNACI, Il
diavolo e i suoi angeli, pp. 259-273. Il testo conservato degli Atti ammonta a
circa due terzi dell'intera opera, redatta in greco; alcuni frammenti conservati
anche in altre lingue permettono di ricostruire con un certo grado di verosimi-
glianza la struttura generale dell'opera. Su quanto è pervenuto, si veda Clavis
Apocryphorum Novi Testamenti, ed. M. GEERARD, pp. 127-134, e E. JuNoD -
J. D. KAESTLI, Le dossier des Actes de Jean; ID., L'histoire des Actes apocryphes.
17 Gli editori sono propensi a ritenere più probabile una data che si avvicina
al 150, piuttosto che al 200; P. J. LALLEMAN, The Acts of John, pp. 268-270
pensa al secondo quarto del 11 secolo.
18 Gli ultimi editori considerano l'ipotesi egiziana (Alessandrina?) la meno
incerta; di diverso parere P. J. LALLEMAN, The Acts of John, pp. 256-268, che
opta per l'Asia minore.
19 E. JuNOD - J. D. KAESTLI, Les traits caractéristiques. Va fatta eccezione

per i capp. 94-102, che non appartengono sicuramente alla redazione primitiva,
sui quali ora G. LuTTIKHUIZEN, A Gnostic Reading.
20 L'assenza di riferimenti alla Scrittura secondo E. JuNOD- J. D. KAESTLI,
Acta Johannis, vol. 2, p. 686, è una delle prove a sostegno dell'ipotesi che que-
sti Atti siano stati scritti per la propaganda nei confronti dei pagani.
ATTI DI GIOVANNI 273

di essere identificato con l'uomo divenuto preda della sua tenta-


zione21.

3. La cacciata della dea Artemide

Un episodio emblematico di quanto poco sopra affermato si


trova proprio negli Atti di Giovanni. L'apostolo 22 si trova ad Efeso,
e prima di partire per Smirne decide di recarsi al tempio di Arte-
mide con un proposito che tradisce immediatamente il suo intento
missionario: "Se ci mostreremo anche là, si potrebbero forse tro-
vare dei servi del Signore".
Ora, dopo due giorni ricorreva il genetliaco del tempio dell'idolo.
Mentre tutti erano vestiti di bianco, Giovanni soltanto entrò nel
tempio vestito di nero. E quelli, presolo, volevano ucciderlo. Ma
Giovanni disse: "O uomini, ·siete pazzi nell'avventarvi contro di
me, servo dell'unico Dio". E salito su un podio, così parlò loro: "O
Efesini [... ] quanti miracoli avete visto per mezzo mio, quante gua-
rigioni, e ancora i vostri cuori sono accecati e non potete vedere!
Che c'è dunque, o Efesini? Mostrando audacia, sono ora salito al
vostro tempio dell'idolo. Dimostrerò che voi siete quanto mai empi,
e morti quanto ad umano raziocinio. Ecco, io sto qui. Voi tutti
dite d'avere come dea Artemide. Pregatela, dunque, affinché io solo
muoia; altrimenti io solo, se non potete farlo, invocando il mio Dio
vi farò morire tutti a causa della vostra incredulità" 23 •

La preghiera di Giovanni è questa:


"O Dio, tu che sei un Dio superiore a tutti quelli che si dicono dèi;
tu che sino ad oggi sei rigettato nella città degli Efesini; tu che mi
hai suggerito nel pensiero di venire in questo luogo, cosa che mai mi
sarebbe venuta in mente; tu che hai respinto ogni culto, attraverso
la conversione a te; tu, il cui nome mette in fuga ogni idolo, ogni

21 Un ragazzo che ha ucciso il padre, mentre è in fuga e medita il suicidio,


viene apostrofato in questo modo da Giovanni (49, 4-5): "Fermati, o demone
impudentissimo, e dimmi dove vai di corsa con una falce assetata di sangue".
Dopo che il ragazzo si è pentito e si è punito amputandosi il membro virile,
Giovanni lo apostrofa (54, 4-12): "Colui che ti ha suggerito, o giovane, di ucci-
dere tuo padre( ... ] ti ha giustificato pure l'amputazione delle membra[ ... ] Pen-
titi, o figliolo, per questo fatto e, una volta riconosciute le astuzie di Satana,
avrai come tuo l'aiuto di Dio". Traduzione di Mario Erbetta.
22 Sulla tradizione giovannea dell'epoca, W. V. LoEWENICH, Das Johannes-
versliindnis im 2. J ahrhunderl.
23 Acta Iohannis, 38, 1-39, 15.
274 CAPITOLO 11

demone, ogni potenza e ogni natura impura: anche ora, mettendo


in fuga il demone che sta qui, il quale inganna una sì grande molti-
tudine, mostra la tua misericordia in questo luogo, poiché essa è in
errore". E mentre Giovanni diceva queste cose, l'altare di Artemide
si frantumò in più parti e subitamente precipitarono al suolo tutte
le offerte che stavano nel santuario. Il loro arco si spezzò, e così fu
pure per più di sette statue. Metà del tempio crollò, di modo che
il sacerdote fu ucciso d'un colpo, a causa della caduta del pilastro
principale. Intanto la folla degli Efesini gridava: "Unico è il Dio
di Giovanni, unico è il Dio che ha pietà di noi, perché tu solo sei
Dio; ora ci siamo convertiti, vedendo le tue meraviglie. Abbi pietà
di noi, o Dio, secondo la tua volontà, e libera ci dal grande errore!".
Alcuni, con il viso a terra, supplicavano; altri, piegando le ginoc-
chia, pregavano; altri, squarciatisi i vestiti, piangevano; altri invece
cercavano di fuggire 24 •
L'orazione dell'apostolo è indirizzata non tanto alla distruzione
del tempio pagano, bensì all'espulsione (rpe:uyw) del demonio che vi
dimorava, spacciandosi per una divinità 25 ; ciò appare chiaramente
da questo testo originario degli Atti, diversamente dai rimaneg-
giamenti posteriori (Virtutes Ioannis, Atti di Giovanni di Procoro,
Passio loannis dello pseudo Melitone) 26 • È da sottolineare come il
mezzo per mettere in fuga "ogni idolo, ogni demone, ogni potenza
e ogni natura impura" sia la potenza dell'(}vofLOC di Dio; manca il
riferimento al Cristo. L'intervento divino è invocato come atto di

24 Acta lohannis, 41, 1-42, 12: '0 0eòc;, o {mèp 7ttXV't"WV ÀEYO!J.évwv 6ewv
{m!Xpxwv 0e6c;" o !J.éxpt a-t1!J.tpov èv Tjj 'Erpealwv 7t6Àtt &6tTOU!J.tvoc;- o Ù7to~oc­
Àwv !J.OU Tjj Stocvo[Cf èÀ6ei:v dc; 't"Òv T67tov Toi:i't"ov &v oò8é1ton èv vij) Eixov· o
7tiiaocv ee:oaé~ttiX'J èÀéy;occ; StÒt njc; aljc; èma't"porpljc;· ou òv6fJ.OC't"t 7t0C'J et8wÀov
rpe:uye:t xoct 1tiic; Soct!J.WV, miiaoc> Mvoc!J.lc; TE xoct 1tiiaoc &x!X6ocpToc; rpuatc;· xoct
vuv tptuyonoç òv6!J.oc't"t Tij) aij) 't"Ou èv61X:Se Soct!J.ovoc;, &aTte; 7tÀocv~ Toaoihov
5xÀov, Se"i:;ov 't"Ò aòv ~Àeoc; èv Tij) 't"6mp 't"OU't"cp, &'t"t 7tE7tÀIXV"t)V't"IXt. Koct &!J.oc Tij)
Àéyttv 't"Òv 'lw!Xw"t)V 't"ocihoc èçoc7tlv"Y)ç o ~W!J.Òç njç 'Ap't"é!J.tSoç Stéa't""Y) etc; !J.ép"Y)
7tOÀÀOC, xoct TIÌ èv Tij) vocij) &vocxtl!J.EVIX &rpvw 1tCÌV't"OC dç ~Socrpoç l1teae xoct 't"Ò
't"6;ov ocÒ't"WV SteppCÌY"Y), O!J.olwç xoct 't"WV ;o&vwv 7tÀei.'ov 't"WV é7t't"CÌ, xoct 't"Ò 't"OU
VIXOU ~!J.ti1U XOC't"é7ttO"EV, Wç XIXL 't"ÒV itpéoc XIXUPXO!J.éVOU 't"OU 11't"~!J.OVOç !J.OV6-
7tÀ1)yoc &voctpe61jvoct. 'O ouv 5xÀoç 'Erpe:alwv è~6oc· Eic; 0eòç 'lw!Xwou, dç 0tòc;
o èÀtWV ~!J.iic;, &n aÙ !J.6voç 0t6c;" vuv è7tEO"'t"péljloc!J.EV opwv't"éç aou TlÌ 6ocu!J.CÌ-
atoc• èÀé"t)I10'J ~!J.iic; o 0tòc;, wc; 6éÀttç, xoct njc; 7tOMljc; 1tÀCÌV1)c; puaoct ~!J.iic;. Koct
ot f.lèV ocÒ't"WV è1t' 61jitv xEt!J.EVOt èÀt't"CÌve:uov· ot Sè TIÌ y6voc't"oc xÀtvovnc; èSéov't"o·
ot Sè 't"IÌç èa61j't"occ; Stocpp~;ocvnç ~xÀoctov· ot Sè rpuyei:v è7tttpwv't"o.
25 Sul culto delle immagini nel 11 secolo d.C. è ancora utile C. CLERC, Les

théories relatiues au culle des images.


26 Cfr. E. JuNOD- J. D. KAESTLI, Acta Iohannis, vol. 2, p. 497.
ATTI DI GIOVANNI 275

misericordia nei confronti degli abitanti del luogo, ingannati dal


demone che risiede nel tempio della dea Artemide. La distruzione
del tempio, effetto della mano di Dio, va intesa nell'ottica delle
manifestazioni visibili e plateali della fuga del demone (in questo
caso, Artemide), il che produce l'immediata conversione della folla
astante, la quale prorompe a voce concorde in una professione di
fede 27 accompagnata da un'implorazione di pietà. La vittoria sul
dio pagano è palese 28 : la potenza del Dio cristiano è in grado di
confondere ogni idolo pagano, destituito al rango di un malvagio
demone. La magia e le feste pagane, poste sotto la sua nefasta
influenza, sono decadute:
Dov'è la potenza della demonessa? 29 Dove i sacrifici? Dove i gene-
tliaci? Dove le feste? Dove le corone? Dove la possente magia e la
stregoneria che le è sorella? 30
L'intervento dell'apostolo può essere considerato come un rac-
conto di esorcismo compiuto su un luogo infestato dalla presenza
di uno spirito malvagio ed ingannatore; anche se l'esame degli esor-
cismi pronunciati sui luoghi non fa parte degli intenti del presente
lavoro, ho pensato che fosse comunque utile riportarne il testo,
perché fortemente esemplificativo di una certa mentalità e di un
certo formulario.

4. Le invettive contro il diavolo


Importante e ricorrente è negli Acta l'opposizione tra il bene,
incarnato dall'apostolo, ed il male, che si presenta in maniera mul-
tiforme ma è riconducibile ad un unico principio demoniaco. Su
queste basi va compreso il parallelismo letterario con il romanzo
greco: quest'ultimo, una versione narrativa di trame già tipiche
della commedia nuova ateniese, è basato su storie di amori con-

27 Sull'acclamazione e:!ç 0e:òç, E. PETERSON, Eis Theos.


28 Per altre storie miracolose, J. BoLYKI, Miracle Stories in the Acts o{
John.
29 Il termine è impiegato al femminile, perché il demone è identificato con

la dea Artemide.
30 Acta /ohannis, 43, 9-12: flou ~ MvocfLLç -rijç 8oc(fLovoç; 1tou oct 6ucr[ocL;
7tOU oct ye:vl6ÀLOCL ~fLépocL; 7tOU oct ÉopToc[; 7tOU TIÌ crTE:<pOCVWfLOCTOC; 7tOU ~ 7tOÀÀ~
fLocye:[oc xoct ~ TOCU'T1) &:8e:ì..qrfj <JlOCpfLocx[oc; Traduzione di Mario Erbetta legger-
mente adattata.
276 CAPITOLO I I

trastati, in cui il ruolo della Tyche, potenza semireligiosa dell'elle-


nismo, è predominante31 • Questo quadro si prestava come modello
letterario calzante per fornire lo spunto negli Atti apocrifi alle
invettive contro il demonio, ricalcanti quelle rivolte alla Tyche nel
romanzo greco. Negli Acta lohannis l'apostolo, dopo che il malva-
gio Fortunato, seppur risuscitato da morte, non si è redento, apo-
strofa il maligno in questo modo:
Giovanni, vedendo l'anima di Fortunato impossibile a convertirsi al
bene, disse: "O natura naturalmente inadatta al meglio! O fonte di
anima dimorante nel sudiciume! O sostanza di corruzione piena di
tenebre! O morte che danzi fra quelli che sono tuoi! O albero infrut-
tifero, carico di fuoco! O ceppo che hai un demone come ragione!
O albero che generi carbone come frutto! O materia che dimori con
la follia della materia e sei affine all'incredulità! Ah! Hai mostrato
chi sei e sarai sempre svergognato con i tuoi figli. Non sai come
poter lodare il meglio: infatti non lo possiedi. Pertanto qual è la
tua via, tale è la radice e la natura. Vattene da coloro che sperano
nel Signore, dai loro pensieri, dalla mente, dalle anime, dai corpi,
dagli atti, dalla vita, dalla condotta, dal comportamento, dall'occu-
pazione, dal consiglio, dall'elevazione verso Dio, dal profumo soave
del quale tu non avrai parte, dai digiuni, dalle preghiere, dal santo
lavacro, dall'eucaristia, dal nutrimento di carne, dalla bevanda,
dall'abito, dall'agape, dalla sepoltura, dalla continenza, dalla giu-
stizia. Da tutte queste cose Gesù Cristo Dio nostro ti allontanerà, o
empissimo Satana e nemico di Dio, tu e quelli che ti assomigliano
comportandosi come te" [ ... ] Giunto poi nella proprietà di Andro-
nico, disse ai fratelli: "Fratelli, uno spirito in me mi ha profetato
che Fortunato sta per morire, a causa dell'avvelenamento del morso
di serpente. Qualcuno vada subito a vedere se è davvero così".
Un giovane, accorrendo, lo trovò già rigonfio; l'avvelenamento si
andava spargendo ed aveva raggiunto il suo cuore [ ... ] Giovanni
esclamò: "Ricevi il tuo figlio, o diavolo" 32 •

3! A. LESKY, Storia della letteratura greca, vol. 3, p. 829: "Essa non incarna
più il grande destino, animato da potenze divine e sublime nelle sue ultime
mosse incomprensibili, col quale si scontravano i personaggi della tragedia:
essa è una forza capricciosa che si trova operante in alcuni tardi drammi di
Euripide e nella quale sarebbe ozioso ricercare un senso (... ) Altrettanto carat-
teristica quanto la credenza nel suo potere è, per questo periodo, l'indetermina-
tezza delle vaghe idee che ad essa sono legate".
32 Acta Iohannis, 84, 1-86, 10: Koct ò 'l<.ù<iWY)t; l86w -d]v OCfLET<i6e:Tov Tou

ll>oup't"OUV!XTOU 7tpÒç TÒ ocyoc6òv ~Jiux~v d7te:v· "il (j)OGLç OC(j)OGL>toç 7tpÒç TÒ


xpe:'ì:nov· iii 1t1)~ IJiuxYjç fLEVoOal)ç ~v pomp· iii oùa(oc (j)6opiiç ax6Touç 7tÀ~pl)<;"
i:! 6<XvocTe: ~v To'ì:ç ao'ì:ç òpxoo!Le:ve:· i:! 8év8pov &xocp1tov 7tupòç yéfLov· iii 7tpé-
ATTI DI GIOVANNI 277

Un elemento interessante è costituito dall'identificazione di For-


tunato con Satana; l'apostolo si rivolge a Fortunato, ma in realtà
si sta direttamente rivolgendo al demonio, come diviene sempre
più chiaro procedendo nella lettura. Questo intervento può essere
comodamente suddiviso in due parti; nella prima, si ha una serie
di nove invettive aperte da è}}, apostrofando Satana con metafore
tratte da elementi naturali (albero, ceppo, legno). A ciò segue
un'altra serie di espressioni imperative ed apotropaiche, con le
quali si invita Satana ad abbandonare i cristiani e tutto ciò che
ad essi è legato. Se nel passo precedente Giovanni invoca il nome
di Dio, qui il soggetto è Gesù Cristo; l'alternanza è interessante, e
potrebbe indicare la coesistenza di formule utilizzate con libertà:
ma occorre ricordare il modo con cui il redattore degli Atti si
rivolge alla divinità, senza distinguere tra le persone del Padre e
del Figlio. Giovanni non domanda solamente la fuga del demone
dalla persona, ma altresì dagli atti quotidiani nei quali i cristiani
sono involti: la condotta, l'occupazione, le decisioni, il cibo, la pre-
ghiera, i sacramenti, sino alla sepoltura. L'ordine è rappresentato
dal verbo x.oc-rocpy/J6YJ·n, vattene, allontanati, seguito da una serie di
ventiquattro complementi introdotti da &n-6. Il x.oc-rocpyÉw ricom-
pare successivamente, ove più esplicitamente si indica come Dio
sia l'autore del predetto allontanamento 33 •

[.LVOV TÒv Myov 3cxt[.J.OVCX éxov· <il E;ùÀov TÒv xcxp7tÒv &v6pcxxcx yevvÙN <il UÀ1J
uÀo[J.cxv(cxç aùvo~xe xcxt &:maT(cxç yei.'Tov· <il ~ÀeyE;cxç T(ç d xod ÈÀÉYXTI &:et &[J.cx
Toi.'ç aoi.'ç T~xvo~ç· xcxt TÒ Mvcxa6cxt 3o1;.X~etv TÒ xpei.'TTov oùx oi3cxç où yocp
éxetç. Totycxpouv o!cx ~ o36ç aou TOLCXÙT1) xcxt ~ p(~cx xcxt ~ rpùmç. KcxTocpy~-
61JTL IÌ:1tÒ Twv ÈÀm~ovTwv 7tpÒç Kùptov, IÌ:1tÒ Èvvo~wv cxÙTwv, IÌ:1tÒ Tou vo6ç,
IÌ:1tÒ Twv tJ!ux.wv, &:1tò Twv aw[J..XTwv, IÌ:1tÒ 7tp.X1;ewç, &:1tò ~(ou, &:1tò &:vcxaTpo-
<p~ç, IÌ:1tÒ 7tOÀLTetcxç, IÌ:1tÒ È1tLT1)3EO(.J.CXTOç, IÌ:1tÒ <JU(.L~OUÀtcxç, IÌ:1tÒ IÌ:VCX<JTOC<JEWç
Tijç 7tpÒç 0e6v, IÌ:1tÒ eùw3(ocç 1jç xowwvei.'v <OÙ> [J.~ÀÀetç, IÌ:1tÒ V1J<rTetwv, oc1tÒ
3e~aewv, oc1tÒ ÀouTpou &y(ou, IÌ:1tÒ eùx.cxptaT(ocç, IÌ:1tÒ Tporpijç acxpx6ç, IÌ:1tÒ
7tOTOU, IÌ:1tÒ Èv3Ù[J.CXToç, IÌ:1tÒ &:y.X7t1J<;, OC7tÒ K1)3elcxç, OC7tÒ ÈyxpcxTdcxç, IÌ:1tÒ
3txcxwaÙv1)ç, IÌ:1tÒ 7tOCVTwv ae TOÙTwv, &:voa~WTCXTE xcxt 0eou F.x.6pÈ ~cxTcxvii,
xcxTocp~ae~ ae 'I1Jaouç XptaTÒç o 0eòç ~(.LWV xcxt ToÙç o[.J.olouç aou ToÙç éxov-
Tocç aou TÒV Tpo7tov [ .•• ] Koct yev6[J.evoç Èv Toi.'ç 'Av3pov(xou éÀeye Toi.'ç &:3eÀ-
rpok 'A3eÀrpo[, meG[.L.X n Èv È[.J.ot È[.LCXVTEÙacxTo TÒV <l>oupTouviiTov IÌ:1tÒ Tijç TOU
ISrpewç 7tÀ1Jyijç [J.eÀcxv(~ [.L~Mov-rcx Te6v.Xvcxt" IÌ:ÀÀoc [J.CX6~Tw T~ç TOC"f.WV 7topeu6dç
d &pcx ouTwç éx.et. Kcxt 3pOC[.LWV Ttç T&v vecxv(axwv dipev cxÙTÒv Àomòv <r31)-
x6Tcx xcxt T~V [J.EÀcxv(cxv ve[J.O[.LéV1JV xcxt &tj/cx[.J.~V1J<; Tijç xcxp3(ocç cxÙTou [ ••• ] Kcxt
EI7tEV O 'lwocVV'Y)ç" 'A7t~"f.EL TÒ T~XVOV <JOU, 3~oc~oÀe.
33 Un breve commento letterario di questi passi in E. JuNOD- J. D. KAESTLI,
Acta Iohannis, vol. 2, pp. 561-564.
278 CAPITOLO 11

Fortunato è già fuggito, e non può udire le parole di Giovanni.


Ma la punizione per lui è la morte per avvelenamento, soprag-
giunta a causa di quel morso del serpente da cui Giovanni lo aveva
sanato. L'esclamazione di Giovanni "ricevi il tuo figlio, o diavolo",
può essere accostata ad un passo dell'omonimo Vangelo 34 • Il lin-
guaggio dell'invettiva contro Fortunato-Satana ha certamente un
sapore esorcistico; tuttavia non si è di fronte ad un esorcismo stricto
sensu, che normalmente prevede la presenza fisica dell'indemoniato
e la pronuncia degli scongiuri sulla sua persona, a scopo liberatorio.
Ma, una volta accertato che l'esorcismo comprendeva delle invet-
tive e dei comandi imperativi rivolti al demone, è possibile pensare
che certi esorcisti non si allontanassero troppo da questo modello.

34 Gv 8, 44: "Voi che avete per padre il diavolo, e volete compiere i desideri

del padre vostro".


CAPITOLO 12
ATTI DI ANDREA

Gli Atti di Andrea 1 sono databili alla seconda metà del n secolo,
probabilmente tra il 150 e il 200, successivamente agli Atti di Gio-
vanni; si ritiene che l'Egitto (Alessandria) possa essere la patria
di origine di questo scritto, anche se una provenienza dalla Gre-
cia, dall'Asia minore o dalla Siria non può essere esclusa 2 • Questi
Atti, in cui il tema biografico e narrativo è prevalente3 , sono un
documento di propaganda, opera di un autore istruito che sa usare
i metodi linguistici concettuali di quella filosofia pagana che egli
stesso combatte. Non è però possibile assegnare gli Atti di Andrea
ad un milieu filosofico o religioso precisamente definito: anche se
la soteriologia dell'opera mostra una certa vicinanza con lo gno-
sticismo, manca completamente una cosmologia di tipo gnostico.
Diversi elementi spingono a ricercare anche legami con il plato-
nismo, il neo-pitagorismo e lo stoicismo. Per la sua particolare
inclinazione teologica, l'opera ebbe fortuna soprattutto nei circoli
di tendenza dualistica ed ascetica, in particolare manichei e pri-
scillianisti.
Gli Atti di Andrea, pur essendo stati originariamente un'opera
uniforme, frutto del lavoro originale di un unico autore, non sono
conservati nella loro forma greca primaria; per la loro ricostruzione

1 Cfr. M. ERBEITA, Gli apocrifi del Nuovo Testamento, vol. 2, pp. 395-398,
da integrare con J. M. PRIEUR, Acta Andreae, vol. l; W. ScHNEEMELCHER, Neu-
teslamentliche Apokryphen, vol. 2, pp. 93-109 (Jean-Marc Prieur). Si veda anche
l'edizione di R. D. MAcDONALD, The Acts of Andrew; J. FLAMJON, Les Acies apo-
cryphes de l'Ap{Jtre André e l'importante studio di L. RotG LANZILLOITA, Acta
Andreae Apocrypha. Una raccolta di studi, The Apocryphal Acts of Andrew, ed.
J. N. BREMMER. Sul rapporto degli Atti con le biografie filosofiche, D. W. PAo,
The Genre of ihe Acts of Andrew.
2 Ad esempio A. JAKAB, Les Actes d'André, opta per un'origine siriaca (spe-
cie p. 135). Una presentazione della varie proposte in L. RotG LANZILLOITA,
Acta Andreae Apocrypha, pp. 46-48 e 271-272.
3 Segue le vicende dell'apostolo Andrea P. M. PETERSON, Andrew, Brother

of Simon Peter. Con particolare attenzione agli Atti, J. M. PRIEUR, La figure


de l'ap{Jtre.
280 CAPITOLO 12

parziale occorre quindi servirsi di testimonianze di diversa prove-


nienza, lingua e datazione, che restituiscono però un testo ritoc-
cato4.
L'apostolo Andrea è presentato dagli Alli come uomo dotato di
spiccate virtù taumaturgiche. Nella recensione che risale a Grego-
rio di Tours possiamo enumerare otto risurrezioni, sei cacciate di
demoni, l'annientamento di un serpente mostruoso, due tempeste
sedate, la messa in fuga di una truppa di uomini ostili, un ter-
remoto e numerose guarigioni di malattie varie. La frequenza dei
miracoli eclatanti, se paragonata a quanto contenuto negli Alli di
Andrea e Mattia o negli Alli di Andrea e Pietro, risulta abbastanza
contenuta; è difficile però stabilire se i traduttori siano intervenuti
o meno ad alleggerire il testo che ebbero tra le mani. Resta evi-
dente l'importanza che questi eventi rivestono, per chi vi ha assi-
stito o partecipato: "State saldi, dunque, o diletti, su tutto ciò di
cui avete visto, udito o preso parte" 5 . I discorsi catechetici, giusta
le parole dell'apostolo stesso, non sono meno importanti dei mira-
coli.

l. Luoghi e contesti di ossessione


I racconti di liberazione compiuti da Andrea sono numerosi, ed
avvengono nei luoghi più disparati; non sempre, tuttavia, l'indi-

4 Cfr. Clavis Apocryphorum Novi Testamenti, ed. M. GEERARD, pp. 135-146;


J. M. PRIEUR, Les Acles apocryphes; L. RoiG LANZILLOTTA, Acta Andreae Apo-
crypha, pp. 3-9 e 267-269. Limitandoci esclusivamente alle fonti di nostro inte-
resse, è da menzionare per primo il Liber de miraculis Beali Andreae Apostoli
composto da Gregorio di Tours poco prima della sua morte (593); si tratta di
un documento di inestimabile valore, perché restituisce la fisionomia dell'opera
completa, dall'inizio alla fine. Nel prologo Gregorio afferma di aver operato
una revisione di un testo degli Alli che aveva tra le mani (probabilmente una
versione latina) eliminandone la prolissità (verbositas); il paragone con altri
frammenti di testo più fedeli ci permette di capire che Gregorio è intervenuto
sull'opera sopprimendo alcuni discorsi, ritoccando la struttura della narrazione
e rendendo l'opera accettabile per un pubblico cattolico. Abbiamo poi un rac-
conto del martirio dell'apostolo, basato su due codici (S. Saba 103, xn secolo;
Sinai gr. 526, x secolo) che mostrano di essere opera di uno scriba il quale
anch'egli ha operato alcuni tagli sull'originale. Infine, il papiro Utrecht l con-
tiene la traduzione in copto saidico di un estratto degli Alli che corrisponde al
cap. 18 del De miraculis.
5 Vita Andreae Gregorii Turonensis, 48.
ATTI DI ANDREA 281

cazione del luogo è un dato trascurabile. In un caso, si narra che


sulla strada per Nicea
si trovavano sette dèmoni che dimoravano fra i sepolcri posti lungo
la via. Costoro lapidavano in pieno giorno i passanti e avevano già
causato la morte di molti6 •
Balzano subito alla mente alcuni paralleli scritturistici: que-
sto episodio pare infatti una sintesi che ingloba in sé diversi ele-
menti tratti da differenti episodi evangelici. Anzitutto, il racconto
dell'esorcismo compiuto da Gesù a Gadara (o Gerasa) nei con-
fronti dell'uomo che gridava, si percuoteva con pietre e dimorava
nei sepolcrF, probabilmente in quelle spelonche tuttora esistenti
in Palestina, scavate naturalmente o artificialmente nella roccia
e sufficientemente ampie per poter accogliere anche la dimora di
persone in vita 8 • "Quei monumenti sepolcrali fornivano un'abita-
zione comoda, ma non piacevole" 9; infatti la presenza di cadaveri li
rendeva luoghi immondi e contaminanti 10, e conseguentemente par-
ticolarmente adatti alla dimora dei demoni o degli indemoniati. La
tradizione talmudica mostra che il cimitero era oggetto di timore
e superstizione, ed era guardato come luogo di residenza di spiriti

6 Vita Andreae Gregorii Turonensis, 6: "[ ... ) erant septem daemones inter

monumenta commorantes, sita secus viam. Homines quoque praetereuntes


meridie lapidabant et multos iam neci mortis adfecerant".
7 Mc 5, 2-5: "Gli venne incontro dai sepolcri un uomo posseduto da uno

spirito immondo. Egli aveva la sua dimora nei sepolcri e nessuno più riusciva a
tenerlo legato neanche con catene, perché più volte era stato legato con ceppi
e catene, ma aveva sempre spezzato le catene e infranto i ceppi, e nessuno più
riusciva a domarlo. Continuamente, notte e giorno, tra i sepolcri e sui monti,
gridava e si percuoteva con pietre"; cfr. Mt 8, 28; Le 8, 27. Nel Teslamen-
lum Salomonis, 17, 2, il demone dice: "Sto vicino ai cadaveri nelle tombe, e a
mezzanotte assumo la forma del morto"; EusEBIUS CAESARIENSIS, Praeparalio
evangelica, V, 2, 1: "Essi facevano dei sepolcri e delle tombe dei morti il loro
soggiorno prediletto".
8 Come avviene, ad esempio, per coloro di cui si fa menzione in Is 65, 4:
"Abitavano nei sepolcri, passavano la notte in nascondigli, mangiavano carne
suina e cibi immondi nei loro piatti".
9 J. SMIT, De daemoniacis in hisloria evangelica, p. 366. Cfr. G. RINALDI,
Sepolcro.
10 Num 19, 11: "Chi avrà toccato un cadavere umano sarà immondo per

sette giorni".
282 CAPITOLO 12

maligni1 1• Secondo gli Atti di Andrea gli indemoniati "lapidavano


in pieno giorno i passanti e avevano già causato la morte di molti".
Nel Vangelo di Marco compaiono delle pietre nelle mani dell'os-
sesso, ma egli non le adoperava per scagliarle verso altri, bensì per
percuotere sé stesso; il passo parallelo di Matteo attesta chiara-
mente che, come negli Atti di Andrea, la presenza degli indemoniati
era pericolosa "al punto che nessuno poteva più passare per quella
strada". Un altro punto di contatto con la tradizione evangelica
risiede nel numero dei sette demoni interessati: sette erano anche i
demoni che possedevano Maria di Magdala e sette sono - secondo
Gesù - i demoni che lo spirito malvagio chiama con sé per impos-
sessarsi di un uomo, dopo averlo già lasciato una prima volta 12 .
In altri casi, l'incontro di Andrea con l'indemoniato avviene
lungo la strada, in situazioni che talora ricordano la predica-
zione di Gesù descritta dai Vangeli. In un caso ciò avviene "men-
tre egli camminava coi suoi discepoli" 13 , oppure "mentre andava
ammaestrando" 14 . Vi è però un luogo in cui risalta una particolare
frequentazione demoniaca: si tratta degli edifici balneari. Il figlio
di Gratino di Sinope viene tormentato da un demonio "mentre si
lavava nel bagno delle donne" 15 . Nello stesso ambiente trovano la
morte la moglie del proconsole ed il suo amministratore "mentre si
lavavano assieme" 16, ed il medesimo Andrea, dopo aver comandato

11 Cfr. M. YDIT, Cemetery; l'idea che i demoni dimorino nelle tombe è pro-
vata anche dalle testimonianze papiracee, come già sottolineava A. DE1SSMANN,
Bibelstudien, p. 281. A. CoHEN, Il Talmud, p. 315, rileva che "luogo di ritrovo
favorito <dei demoni> sono gli edifici in rovina".
12 Mc 16, 9: "Gesù apparve prima a Maria di Màgdala, dalla quale aveva
cacciato sette demoni" (cfr. Le 8, 2); Mt 12, 43-45: "Quando lo spirito immondo
esce da un uomo [... ] va, si prende sette altri spiriti peggiori ed entra a pren-
dervi dimora; e la nuova condizione di quell'uomo diventa peggiore della prima"
(cfr. Le 11, 24-26). Anche nel Testamentum Salomonis, 8, l, ad un comando di
apparire rivolto al demone appaiono sette spiriti malvagi.
13 Vita Andreae Gregorii Turonensis, 2: "Cumque deambularet cum discipulis
suis, accessi t ad eum caecus quidam [... ]".
14 Vita Andreae Gregorii Turonensis, 17: "Sequenti vero die docente eo, ecce
quidam adolescens [ ... ]".
15 Vita Andreae Gregorii Turonensis, 5: "Gratini quoque Senopinsis filius,
dum in balneum mulierum lavaretur, a daemone, perdito sensu, graviter cru-
ciabatur".
16 Vita Andreae Gregorii Turonensis, 23: "Cumque lavarentur simul, appa-
ruit eis daemon teterrimus, a quo percussi ambo ceciderunt et mortui su n t".
ATTI DI ANDREA 283

che gli fosse preparato un bagno ed essere giunto per lavarsi, incon-
tra due indemoniati, uno dei quali "uscì dalla piscina" dicendo:
"Che c'è tra noi e te, Andrea? Sei venuto qui per scacciarci dalle
nostre dimore?" 17 • Andrea stesso, compiuto l'esorcismo, pone l'ac-
cento sul pericolo insito nei luoghi acquosi:
Mentre il beato apostolo si lavava, discorreva in questi termini: "Il
nemico del genere umano pone ovunque insidie, sia nei bagni sia nei
fiumi. Perciò occorrerà invocare continuamente il nome del Signore,
di modo che chi vuole porre insidie non ne abbia il potere" 18 •
Tutto ciò rimanda la mente alla tradizione che faceva dei bagni
luoghi aperti all'infestazione ed all'influsso degli spiriti malvagP 9 •
Si narrava che Porfirio avesse scacciato un demone che risiedeva
in un bagno20 , e qualcuno pensa che l'antico divieto pitagorico di
prendere bagni, deriso dai commediografi2 1, nascesse da questo
genere di preoccupazione; secondo Giamblico ed Eliano, invece,
ciò era dovuto alla paura di venire contaminati dall'impurità22 • Il
medesimo divieto, peraltro, ricorre anche nei papiri magici, appli-
cato al mago ed ai suoi assistenti 23 • Anche se la teoria che i demoni

17 Vita Andreae Gregorii Turonensis, 27: "Post dies autem paucos iussit sibi
balneum praeparari, et cum venisset lavandi gratia, vidit senem daemonium
habentem et trementem valde. Quem dum admiraretur, alius puer adolescens
egressus de piscina, procidit ad pedes apostoli, dicens: "Quid nobis et tibi,
Andreas? Venisti huc, ut destruas nos a sedi bus nostris?".
18 Vita Andreae Gregorii Turonensis, 27: "Beatus vero apostolus lavans, dis-

serebat, quia: "Inimicus generis humani ubique insidiatur, sive in lavacris sive
in fluminibus. Et idcirco nomen Domini assidue invocandum erit, ut is qui vult
insidiari non habeat potestatem".
19 Si veda la documentata trattazione di A. STRAMAGLIA, Res inaudi-

tae, pp. 187-213, ed il contributo di C. BoNNER, Demons of the Bath. Anche


K. M. D. DuNBABIN, Baiarum grata uoluptas.
20 EuNAPIOS, Vitae Sophistarum, IV, l, 12: "<Porfirim riferisce anche che cac-
ciò ed espulse una sorta di demone da un bagno; gli abitanti del luogo lo chia-
mavano Kausatha".
21 Cfr. G. LANATA, Medicina magica, pp. 51-53. ALEXIS coMtcus, Fragmenta,

201; ARISTOPHON COMICUS, Fragmenta, 12.


22 IAMBLICHUS, De uita Pythagorica, XVIII, 83: "Non bisogna toccare l'acqua
di un bagno lustrale, e nemmeno prendere il bagno in un locale pubblico (giac-
ché in tutti questi casi nessuno sa se gli altri sono puri)". AELIANUS, Varia histo-
ria, IV, 17: "Non andare al bagno e non camminare nelle vie maestre; non era
infatti sicuro se questi luoghi fossero puri".
23 Cfr. Papyri graecae magicae, IV, 735-736.
284 CAPITOLO 12

abitassero volentieri luoghi caldi e umidi, e quindi i bagni24 , è stata


messa in dubbio per l'ambito della magia greco-egiziana2S, questa
credenza si ripropone in alcuni testi giudaici o cristiani in maniera
inequivocabile: nel Testamentum Salomonis un demone si presenta
come operante nei bagni 26; nell'Apologia siriaca dello pseudo Meli-
tone, probabilmente redatta sotto l'imperatore Caracalla (211-217),
si narra di uno spirito impuro che abitava un pozzo a Gerapoli 27 ;
Cipriano narra di una donna divenuta indemoniata dopo essersi
recata alle terme28 , e Gregorio di Nissa racconta l'episodio di un
diacono che affronta un demone balneare29 • La presenza dei demoni

24 Cfr. T. HoPFNER, Griechisch-Agyptischer Of{enbarungszauber, vol. l, § 770.


25 È l'opinione di B. MEYER, Magie et bains publics. L'autrice riesamina le
testimonianze papiracee sulle quali la teoria si sostiene: Papyri graecae magicae,
VII, 467-477, un filtro d'amore da gettare nell'ipocausto di un bagno pubblico
(~IÌ:Àe: e: te; ù~oxocucr-rljpwv ~ocÀocve:lou ); similmente in Papyri graecae magicae,
II, 45-55, per l'apparizione di un dio, ma non si parla di demoni balneari. In
Papyri graecae magicae, XXXVI, 333-345 la richiesta scritta si deve gettare sul
pavimento, ma probabilmente a causa del calore che brucerà ciò che si è get-
tato e infiammerà d'amore (per simpatia) la donna desiderata. È conservato un
filatterio del IV secolo che protegge una certa Alessandra dai demoni in tutte le
circostanze della vita comune, compreso "quando ella si bagna nel fiume o nel
bagno pubblico" (R. KoTANSKY, Greek Magica[ Amulets, p. 279, riga 107-109):
per la Meyer si tratta solamente di una circostanza qualunque, come tutte le
altre elencate, e non indica l'esistenza di demoni specifici nei bagni. A. STRA-
MAGLIA, Res inaudilae, p. 191, nota 22, non condivide la negazione della Meyer
dell'esistenza dei demoni balneari nell'immaginario antico; la Meyer, però,
pareva limitarsi solamente al campo della magia greco-egiziana.
26 Testamentum Salomonis, 18, 21: "lo mi chiamo leropa. Siedo nello stomaco

dell'uomo e faccio saluti nel bagno (~oLw cX.crmxcrf.LoÙc; Èv ~ocÀocvd<p)". Il bacio,


l'abbraccio ed il saluto possono aprire la strada ad un attacco demoniaco.
27 Ps. MELITO SARDIANUS, Apologia ad Antoninum Caesarem, 5: "Due maghi
esercitavano l'arte magica presso un pozzo, che si trovava nella selva presso
Mabug (Gerapoli), nel quale abitava uno spirito impuro; e provocava danno, e
cercava di impedire il passaggio a chiunque transitava in tutta la regione nella
quale oggi è sita la cittadella di Mabug. E questi maghi comandarono a Simi,
figlia di Hadad, di attingere dell'acqua dal mare e di infonderla nel pozzo,
affinché lo spirito non sorgesse e non provocasse danno". Traduzione della ver-
sione latina. Sulla datazione, I. ORTIZ DE URBINA, Patrologia syriaca, p. 41.
28 CYPRIANUS CARTHAGINENSIS, De lapsis, 24: "Un'altra, mentre si trovava ai
bagni [... ] afferrata in quel luogo da uno spirito immondo, si dilaniò coi denti
la lingua".
29 GREGORIUS NYSSENUS, De vita Gregorii Thaumaturgi, pp. 51-52: "Regnava
in quel posto un demonio omicida che abitualmente frequentava quel bagno,
ATTI DI ANDREA 285

nei bagni va quindi ricollegata alla pm generica credenza secondo


la quale gli spiriti maligni soggiornano volentieri nelle acque30 • In
tutte le acque vi è uno spirito: per i pagani sarà una divinità o un
demone, per gli ebrei un angelo (buono o malvagio che sia). A ciò
si aggiunge il demone proprio dei bagni. Se è dubbio il passo in cui
Aristide di Atene sembra attribuire l'acqua all'influsso demoniaco 31 ,
ci si potrà riferire a Tertulliano, secondo il quale i luoghi acquosi
(sorgenti, rigagnoli, canali, cisterne) sono ricettacolo di demoni.
Egli ritiene che ciò avvenisse per blasfema imitazione dello Spirito
primordiale di Dio che aleggiava sulle acque32 • Anche per Atana-
sio "i demoni ingannavano gli uomini occupando le sorgenti o i
fiumi" 33 e, più tardi, nell'anonima Historia monachorum in Aegypto
si narra che "i demoni sopraggiungono di continuo nei luoghi in
cui confluisce acqua" 34 • La tradizione ebraica testimoniava simili
concezionPS, trasmesse anche al mondo islamico36 •

dove peraltro esercitava la sua potenza nociva contro chi si avvicinava, ope-
rando nel buio [ ... ] Dopo il vespro, il demonio si impadroniva di tutti". Tradu-
zione di Luigi Leone.
30 Di questo si occupa anche F. J. DùLGER, Der Exorzismus, pp. 160-167.

31 ARISTIDES ATHENIENSIS, Apologia, 2, 4 (2, 9), testo siriaco: "A Dio dun-

que serve il vento, e agli angeli il fuoco, l'acqua invece ai demoni e la terra
agli uomini". Ma l'originale dell'Apologia è perduto; assente nel rifacimento
greco contenuto nella Vita di Barlaam e Joasaph, questo passo è tramandato
solo dalla traduzione siriaca e armena (2, 5). Carlotta Alpigiano, seguendo gli
altri editori, ritiene che la frase sia da espungere (Aristide di Atene. Apologia,
p. 142). Cosi anche l'edizione delle Sources Chrétiennes, pp. 328-329.
32 TERTULLIANUS, De baptismo 5, 4: "Inoltre in altri casi senza alcun rito sacro
gli spiriti immondi non aleggiano forse sulle acque scimmiottando lo Spirito di
Dio che alle origini si librava su di esse? Ne sanno qualcosa tutte quelle sor-
genti che scorrono al buio e quei torrenti selvaggi, quelle piscine termali, quei
canali, quelle cisterne e quei pozzi scavati nelle case che hanno fama secondo
la gente di portare disgrazia, cosa che causano proprio in virtù dell'azione di
qualche spirito cattivo (... ] Perché abbiamo ricordato queste cose? Per fare in
modo che non sia troppo difficile credere alla presenza del santo angelo di Dio
sulle acque per renderle capaci di dare la salvezza all'uomo, dal momento che
l'angelo empio del Maligno ha relazioni molto strette con l'elemento acquatico
per fare invece del male all'uomo". Traduzione di Pier Angelo Gramaglia.
33 ATHANASIUS ALEXANDRINUS, De incarnatione Verbi, 47, 2.

34 Historia monachorum in Aegypto, 20, 84-85.

35 A. CoHEN, Il Talmud, pp. 316-317: "È pressoché universale anche la cre-


denza che gli spiriti malefici frequentino particolarmente i luoghi in cui v'è
acqua. Gli spiriti malefici si trovano nelle sorgenti, come pure nei campi [ ... ] A
286 CAPITOLO 12

Naturalmente, non va sottovalutato - ai fini della comprensione


del testo - un altro particolare: il bagno è un luogo potenzialmente
promiscuo, in cui l'attenzione ai corpi è maggiore di quella agli
spiriti; un luogo, insomma, certamente poco gradito all'ambiente
encratita con il quale gli Atti si sono confrontati. Riprendendo
un tema già percorso tra gli altri da Marziale37 , è questa l'accusa
che Clemente Alessandrino scaglia contro il bagno, visto come un
luogo disdicevole, in cui uomini e donne si recano nudi, e depu-
tato ad incontri lussuriosi 38 • Nella Didascalia apostolorum si invi-
tano le donne ad evitare, quando possibile, questo contatto39 ; ed è
proprio a causa del fatto che uomini e donne si bagnano assieme
che il demonio può scegliere questo luogo per "tendere le sue reti",
afferma Epifanio40 • Tenendo conto di questi due elementi tradizio-
nali - il bagno come luogo promiscuo e disdicevole, ed infestato
da demoni - si comprende più facilmente l'insistenza degli Atti di
Andrea su questo tema.

2. Infermità e sintomi di influenza demoniaca


L'autore degli Atti di Andrea dimostra di credere in un potente
influsso demoniaco sugli uomini, che può arrivare al punto di cau-
sare una vera e propria infermità. Ma anche il peccato può portare
alla malattia fisica: Gratino e la moglie, il cui figlio è indemoniato,

causa della preferenza dei demoni per i luoghi in cui v'è acqua, bisogna aver
molta cura dei liquidi, in specie quando vengono lasciati esposti".
36 A. CoHEN, Il Talmud, p. 315, nota 1: "Identiche credenze corrono fra i

mussulmani: si crede anche che anche essi (gli jinn) abitino i fiumi, le case
in rovina, le fonti, i bagni, i forni ed anche le latrine; perciò le persone,
quando entrano in quest'ultimo luogo, o quando vanno ad empire un secchio
alla fonte, o ad accendere un fuoco, o in altre circostanze ancora, dicono:
"Permesso", oppure: "Permesso, benedetto" e, nel caso in cui entrino in una
latrina, fanno precedere queste parole da una preghiera implorante la divina
protezione contro tutti gli spiriti malefici".
37 MARTIALIS, Epigrammalon libri, 7, 35; 11, 75.
38 CLEMENS ALEXANDRINUS, Paedagogus, III, 5, 32-33.
39 Didascalia apostolorum, 3, 9, 1: "Guardati dal lavarti in un bagno assieme

a uomini. Quando nella città o nel borgo ci sono bagni per le donne tu, o donna
fedele, non andare a lavarti assieme gli uomini. Se nascondi il tuo viso agli
uomini estranei con un velo di purezza, come dunque tu potrai entrare nei
bagni con uomini estranei?". Traduzione di François Nau.
40 EPIPHANIUS SALAMINENSIS, Panarion, 30, 7, 5.
ATTI DI ANDREA 287

soffrono di febbre ed idropisia a causa delle loro iniquità, svelate


dalle parole di Andrea:
"Stai giustamente soffrendo assai m quanto, abbandonato il tuo
letto nuziale, ti unisci ad una meretrice! Alzati, nel nome del
Signore Gesù Cristo, sii sano e non peccare più, per non cascare in
una malattia peggiore". E fu sanato. Disse anche alla donna: "Ti
ha ingannato, donna infelice, la concupiscenza degli occhi, facen-
doti abbandonare lo sposo per congiungerti con altri" 41 •
Il legame tra la malattia e l'ossessione diabolica o il peccato è
richiamato anche altrove42 , e l'infermità può anche essere causata
dal contatto con gli indemoniati. A Megara la moglie di Antifane
è circondata da domestici tormentati dai demoni; al suo ritorno,
il marito la descrive mentre "giaceva maltrattata orribilmente da
quelli. Era a tal punto sconvolta dall'insania che, con la chioma
scompigliata sugli occhi, non poté né vedermi né riconoscermi" 43 •
La liberazione degli ossessi, in questo frangente, dovette essere
accompagnata dalla guarigione della donna. Anche la cecità può
essere causata dall'influsso malefico:
Recatosi in un altro luogo, <Andrea> trovò un uomo cieco, come
la moglie ed il figlio, e disse: "Davvero questo è opera del dia-
volo. Ecco qui delle persone che egli ha accecato nella mente e nel
corpo". E aggiunse: "Ecco, nel nome di Gesù Cristo, mio Dio, vi
restituisco il lume degli occhi corporali; egli stesso si degni di schiu-
dervi anche le tenebre delle vostre menti, affinché, conosciuta la
luce che illumina ogni uomo che viene in questo mondo, possiate
essere salvati". Imponendo loro le mani, aprì i loro occhi. Quelli,

41 Vita Andreae Gregorii Turonensis, 5: "Recte aegrotas incommode, qui,

relicto proprio toro, misceris scorto. Surge in nomine domini Iesu Christi et sta
sanus et noli ultra peccare, ne maiorem aegrotationem incurras"; et sanatus
est. Mulieri quoque dixit: "Decepit te, o mulier, concupiscentia oculorum, ut,
relicto coniuge, aliis miscearis".
42 Vita Andreae Gregorii Turonensis, 25: "Giustamente tu patisci queste

cose, perché ti sei sposata male, hai concepito con frode e ora sei tormentata da
dolori insopportabili. Per di più, hai consultato dei demòni, i quali non possono
giovare né agli altri né a sé".
43 Vita Andreae Gregorii Turonensis, 29: "( ... ) iacebat ab his verberata gra-

vissime. Quae ita erat amentiae fatigatione turbata, ut, caesariem super oculos
dimissam, neque aspi cere neque me cognoscere possit".
288 CAPITOLO 12

prostrandosi, gli baciavano i piedi e dicevano: "Non c'è altro Dio se


non quello che il suo servo Andrea predica" 44 •
In un altro caso in cui Andrea procurò la guarigione ad un cieco,
invece, la cecità non viene presentata come diretta conseguenza
di un'azione demoniaca; il cieco è però anche indemoniato, ed il
demone che parla per sua bocca non desidera che egli sia risanato
dall'apostolo. La guarigione pare essere accompagnata dalla libera-
zione dal demone:
Mentre camminava coi suoi discepoli, gli si avv1cmo un cieco e
gli disse: "Andrea, apostolo di Cristo, so che tu puoi ridonarmi la
vista, ma non voglio ottenerla; ti prego solamente di comandare
a quelli che sono con te di darmi del denaro, con il quale possa
procurarmi un abito decente ed il vitto". Il beato Andrea gli disse:
"In verità, riconosco che questa non è una voce di uomo, ma del
diavolo, il quale non permette a quest'uomo di riottenere la vista".
E, voltatosi, toccò i suoi occhi, e subito questi ricevette la luce e
glorificava Dio 45 •
La guarigione mediante il tocco degli occhi è chiaramente ispi-
rata alla guarigione del cieco a Gerico, operata da Gesù 46 ; l'evange-
lista Matteo presenta anche il caso di un indemoniato cieco e muto,

44 Vita Andreae Gregorii Turonensis, 32: "Degressus vero in alio loco, vidit

hominem caecum cum uxore et filio et ait: "Vere diaboli hoc est opus. Ecce
enim quos et mente caecavit et corpo re". Et ai t: "Ecce ego vobis in nomine
Dei mei Iesu Christi corporalium oculorum restituo lumen; ipse quoque men-
tium vestrarum tenebras reserare dignetur, ut, cognita luce, quae inluminat
omnem hominem venientem in h une mundum, salvi esse possitis". Et inpo-
nens eis manus, aperuit oculos eorum. At illi procidentes, osculabantur pedes
eius et dicebant, quia: "Non est alius Deus nisi quem praedicat famulus eius
Andreas".
45 Vita Andreae Gregorii Turonensis, 2: "Cumque deambularet cum discipulis

suis, accessit ad eum caecus quidam et ait: "Andreas apostole Christi, scio, quia
potes mihi reddere visum, sed nolo eum recipere, nisi depraecor, ut iubeas his
qui tecum sunt conferre mihi pecuniam, de qua vestitum habeam sufficientem
et victum". Cui beatus Andreas "Vere"', inquid, "cognosco, quia non est haec
vox hominis, sed diaboli, qui non sini t ho mini isti recipere visum". Et conver-
sus tetigit oculos eius, et confestim recepit lumen et glorificabat Deum".
46 Mt 20, 29-34: "Mentre uscivano da Gerico, una gran folla seguiva Gesù.
Ed ecco che due ciechi, seduti lungo la strada, sentendo che passava, si misero
a gridare: <<Signore, abbi pietà di noi, figlio di Davide!» [ ... ] Gesù, fermatosi,
li chiamò e disse: <<Che volete che io vi faccia?•. Gli risposero: «Signore, che i
nostri occhi si aprano!•. Gesù si commosse, toccò loro gli occhi e subito ricu-
perarono la vista e lo seguirono". Cfr. Le 18, 35-43; Mc 10, 46-52, dove più
ATTI DI ANDREA 289

fornendo un autorevole precedente al racconto degli Atti, in cui


due aspetti appaiono strettamente collegati47 •
Il demonio può quindi influire sulla salute fisica degli uomini, ed
il sopraggiungere della malattia può in certi casi essere una conse-
guenza del peccato. L'attività diabolica può anche spingersi fino
alla vera e propria possessione, quel particolare dominio eserci-
tato sull'individuo che si configura come un'occupazione del corpo.
Negli Atti di Andrea la possessione è indicata in vario modo: il
corpo dell'uomo nasconde (t.wn) un demone48 (l'uomo è preso da un
demone, nella recensione latina 49 ); l'ossesso ha uno spirito immondo 50 ,
ha un demonio 51 , e diventa un ricettacolo (letteralmente vaso) 52 o
dimora del Malvagio 53 , che discende (e1 etp.\.1)54 o entra (BWK et.oyN)
in lui 55 •

similmente agli Atti l'incontro avviene "mentre Gesù partiva da Gerico insieme
ai discepoli e a molta folla".
47 Mt 12, 22: "In quel tempo gli fu portato un indemoniato, cieco e muto, ed

egli lo guarì, sicché il muto parlava e vedeva".


48 Pap. Utrecht l, p. 9, 7-10: "E mentre l'apostolo diceva queste parole, c'era
tra i quattro soldati un giovane, il cui corpo nascondeva un demone".
49 Vita Andreae Gregorii Turonensis, 18: "Uno dei soldati, preso da un

demone [ ... ) (Ùnus militum arreptus a daemone)".


50 Vita Andreae Gregorii Turonensis, 14: "Uno dei cittadini, il cui figlio

aveva uno spirito immondo [... ) (Unus autem e civibus, cuius filius habebat
spiri tu m inmundum)".
51 Vita Andreae Gregorii Turonensis, 27: "Vide un vecchio che aveva un

demonio[ ... ] (Vidit senem daemonium habentem)".


52 Vita Andreae Gregorii Turonensis, 18: "Che c'é tra me e te [... ) perché tu
mi inviassi da un uomo, che non solo può scacciarmi da questo ricetta colo [... J
(Quid mihi et tibi [... ) ut mitteres me ad hominem, qui non solummodo extru-
dere ab hoc vase". Cfr. Rom 9, 22-23, ove si usa l'espressione "vasi di collera"
e "vasi di misericordia" (crxEUYJ òpyij<;/tMouç).
53 Vita Andreae Gregorii Turonensis, 18: "Sei venuto a scacciarci dalle nostre
dimore? (Venisti, ut nos a propriis sedibus exturbaris?)".
54 Pap. Utrecht l, p. 13, 26-29: "Io sono disceso questa notte in questo gio-

vane uomo, mentre una potenza dall'alto entrava in [... ) ([.l.N)o[K o\.lt>)l «>U.l.l
tH [TjeYoyqm 6tOYN Hn6Y q~[ttp)e qlttH eoy[A)y[Njo\.HIC HTe n[.x1c)e [.l.]cel
etoy[Nj)".
55 Pap. Utrecht l, p. 10, 19-20: "Semmath entrò in lui per lottare con-

tro questa grande atleta (c6HH.l.e KCIJK etoYN 6poq [eno]~eHI HH tNoCS
Ho\.e~ttTttc)".
290 CAPITOLO 12

Le conseguenze dell'ossessione sono fisicamente evidenti: il


demone provoca la perdita dei sensi, un generale tormento 56 , il tre-
more57, oppure colpisce, percuote58 . La spiegazione della malattia o
della possessione come risultato del percuotere, colpire o frustare
è un tema che si riscontra anche nei V angeli, o ve si racconta che
"Gesù guarì molti da malattie, fLcXO"T~ye:ç (frustate, flagelli) e spiriti
cattivi e donò la vista a molti ciechi" 59 . Sulla scorta di questa con-
cezione, che guarda ai demoni come ai possibili responsabili di per-
cosse60, si comprende perché gli indemoniati possano essere detti
8oufLov~67tÀlJK't"OL (colpiti da un demonio) 61 •
In certi casi i sintomi sono quelli dell'epilessia: caduta in terra,
paralisi motoria, contorcimento delle membra e bocca schiumante62 ,

56 Vita Andreae Gregorii Turonensis, 5: "Il figlio di Gratino di Sinope [... )

perduti i sensi era gravemente tormentato da un demone (Gratini quoque


Senopinsis filius [ ... )a daemone, perdita sensu, graviter cruciabatur)"; 14: "Mio
figlio è gravemente tormentato da un demonio ([ ... ) filium m eu m, quia male a
daemonio vexatur)"; 29: "Quel tale, insieme con la moglie e il figlio, era gra-
vemente tormentato da un demonio ([ ... ) ipsum cum uxore et filio male a dae-
monio torqueri)".
57 Vita Andreae Gregorii Turonensis, 27: "Vide un vecchio che aveva un
demonio e tremava assai (vidit senem daemonium habentem et trementem
val de)".
58 Vita Andreae Gregorii Turonensis, 23: "Apparve loro un demonio orrendo,

percossi dal quale entrambi caddero e morirono (apparuit eis daemon teter-
rimus, a quo percussi ambo ceciderunt et mortui sunt)"; Marlyrium, 2: ''[. .. )
giaceva paralizzato su uno sterquilinio, colpito da un demone (Ù1tÒ lìoctfLovoç
7tÀ'Yjyetc; Èv xo7tpwvL ~xeLTO 7tocpoc7tÀ~~- In latino, 34: "ab inpulsu daemonis per-
cussus")".
59 Le 7, 21. Mc 3, 11: "Quanti avevano fLOCaTLyec; gli si gettavano addosso
per toccarlo".
60 In LuciANUS SAMOSATENUS, Philopseudes, 20, un uomo viene punito ogni

notte con frustate "tali che il giorno successivo si riscontravano i lividi sul corpo".
In Papyri graecae magicae, V, 170 un demone è chiamato fLoca·n; Tou 6eou. Cfr.
S. EITREM, Some Notes on the Demonology, pp. 35-36.
61 Ad esempio, PTOLEMAEUS, CLAUDIUS, Tetrabiblos, 3, 15, 3. Cfr. F. PFISTER,
Daimonismos, coli. 103-104. Ancor oggi si parla di essere "colpiti" da un male.
62 Pap. Ulrechl l, p. 9, 15-18: "Quando il giovane ebbe detto ciò, il demo-
nio lo gettò a terra e lo fece schiumare (tu.I [N)Tepeqll:ooy NC5I nq~Hpe
qiHH [.._nA.J.J)HWN T.._yoq enecHT .._qTpeq [T,..ye] czKHHTe eso~)"; Mar-
lyrium, 2-3: "Un servo di quelli che erano con Stratocle giaceva paralizzato
su uno sterquilinio, colpito da un demone ( ... ) divenuto tutto contorto (1toc"ì:ç
TLç TW\1 7tpÒç xe"ì:poc TOU 'I:-rpoc-roxÀtouç imò /ìoct(J.OVoç 7tÀ'Yjydç Èv X07tpwvL
ATTI DI ANDREA 291

ed i racconti sono chiaramente ispirati al modello evangelico63 •


Come qui, anche negli Atti di Andrea la venuta dell'apostolo è suf-
ficiente per provocare la reazione dell'ossesso:
Entrato in casa di Gratino, lo spirito maligno scosse il ragazzo,
venne e si gettò ai piedi dell'apostolo 64 •
Non sempre i demoni rendono inattivi o semplicemente colpi-
scono i corpi di coloro di cui si impossessano. Gli Atti descrivono
un particolare atteggiamento degli ossessi, che ben si attaglia alla
natura degli spiriti che inabitano in loro: risate, agitazione moto-
ria e digrignare dei denti 65 • Altrove, pare che l'ingresso del demone
nella persona sia una sorta di possessione etica, una condizione che
porta l'uomo a compiere atti malvagi. Nella volontà di punire una
vergine, un demone si impossessa di un mago:
Semmath entrò in lui per lottare contro questa grande atleta 66
Secondo Gilles Quispel con il nome ceHH>.e si fa riferimento
al Sammaele della traduzione latina degli Atti di Andrea e Mallia
(24) 67 ; Jean-Marc Prieur non lo segue, convinto che questo nome
non figurasse nell'originale greco degli Atti66 ; Jan N. Bremmer
istituisce invece un parallelo con il demone Sammoth dei papiri

~xe:LTO 7tocpoc7tÀ~!; [... ) Èv'l"IX.pocx.oc; ye:v6fLe:voc;. In latino, 34: "Ab inpulsu daemo-
nis percussus, iacebat spumans in atrio")".
63 Ad esempio, Mt 17, 15; Mc 9, 18-20; Le 9, 39-42.

64 Vita Andreae Gregorii Turonensis, 5: "Cumque introisset in domum Gratini,

conturbavi t spiritus malus puerum, et venit et procidit ante pedes apostoli".


Anche la Vulgata porta il termine conturbo, per rendere il aucmciaaw (scuoto con
convulsioni) dei Vangeli.
65 Vita Andreae Gregorii Turonensis, 29: "Salendo ai piani superiori della
casa, vidi altri domestici digrignare i denti, gettarsi su di me e fare risate insen-
sate (Ascendens vero ad superiora domus, vidi alios pueros stridentes dentibus
et in me impetum facientes et adridentes risos insanos)". Cfr. PHILOSTRATUS,
FLAVIUS, Vita Apollonii, IV, 20: "Il giovane in effetti era posseduto, e non lo
sapeva; rideva per cose che a nessun altro muovevano il riso". Traduzione di
Dario Del Corno.
66 Pap. Utrecht l, p. 10, 19-20: csHtu.e BWK s~oyN spoq [sno]A6HI HN

tNoCi t:i...e.MITHc.
67 G. QuiSPEL, An Unknown Fragment, p. 137, nota 4.
66 J. M. PRIEUR, Acta Andreae, p. 660, nota 4.
292 CAPITOLO 12

magici 69 • Chiunque sia, lo scopo di Semmath è fare in modo che il


mago possa poi rivolgere le sue magie contro la donna:
Il giovane mago evocò delle grandi potenze sulla vergine e le inviò
contro di leF0 •
I demoni costituiscono dunque un pericolo per gli altri uomtm.
domestici di Antifane, ossessi, infierivano sulla moglie del loro
padrone, che viene ritrovata mentre "giaceva maltrattata orribil-
mente da quelli, sconvolta dall'insania" 71 • Il pericolo può anche
essere mortale: i sette spiriti malvagi dimoranti nei sepolcri "lapi-
davano in pieno giorno i passanti e avevano già causato la morte
di molti" 72; un serpente demoniaco causò la morte di un infante73 ;
il demonio che appare improvvisamente per colpire la moglie del
proconsole ed il suo amministratore, li lascia in terra esanimF4 •
La morte può anche essere una conseguenza della fuoriuscita del
demone dal corpo dell'ossesso:
Il demone, sapendo che sarebbe stato scacciato, attirò il ragazzo
in una camera appartata e lo soffocò cavandogli l'anima con un
laccio75 •
Detto questo, il demonio uscì dal soldato. II soldato allora cadde
e morf6 •

69 J. N. BREMMER, Man, Magie, and Martyrdom, p. 25, riferendosi a Papyri


graecae magicae, XII, 79 (testo del tv secolo). A Bremmer devo anche altre
osservazioni qui riprese.
70 Pap. Utrecht l, p. 10, 27-30: nu 'P•re AE HH...roc ...qT...rKo N2_EN NO(!
Nlt.y~HJC Etr.U erit Tn.._reENOC .._cp:ooycoy NCOIC.
71 Vita Andreae Gregorii Turonensis, 29: "( ... ] iacebat ab his verberata gra-

vissime [ ... ] amentiae fatigatione turbata".


72 Vita Andreae Gregorii Turonensis, 6: "Homines quoque praetereuntes

meridie lapidabant et multos iam neci mortis adfecerant".


73 Vita Andreae Gregorii Turonensis, 19: "Il santo apostolo si recò nella pro-

prietà della donna, nella quale giaceva un bambino morto, colpito dal serpente
(Sanctus vero apostolus pervenit ad praedium mulieris, in quo parvulus, quem
serpens perculerat, mortuus decubabat)".
74 Vita Andreae Gregorii Turonensis, 23.

75 Vita Andreae Gregorii Turonensis, 14: "Daemon vero, sciens futurum se


eici, seduxit puerum in secretum cubiculum et suffocavit eum, laqueo extor-
quens animam eius".
76 Vita Andreae Gregorii Turonensis, 18: "Cum autem haec dixisset, daemo-

nium egressum est a milite. Miles igitur cecidit et mortuus est".


ATTI DI ANDREA 293

Tutte queste vittime, ovviamente, sono prontamente guarite o


risuscitate per opera di Andrea. Anche qui è evidente il richiamo
alle guarigioni di Gesù 77 • Seppur in un testo in cui è posta dell'en-
fasi sull'importanza della vita ascetica e spirituale, il tema della
guarigione fisica negli Atti è largamente sviluppato78 •

3. Parole ed atteggiamento di demoni ed indemoniati


Spesso i demoni si servono dei corpi umani per esprimersi con
parole, le quali seppure pronunciate dagli uomini sono in realtà
provenienti dallo spirito maligno insito in loro. L'apostolo, ovvia-
mente, non può esser ingannato: "In verità, riconosco che questa
non è una voce di uomo, ma del diavolo", aveva risposto Andrea
alle parole del cieco. I demoni talora prendono spontaneamente la
parola, altre volte vengono costretti a farlo, loro malgrado, in forza
dell'autorevole presenza dell'apostolo. Normalmente, l'indemoniato
grida o parla ad alta voce.
Ecco che un giovinetto gridò a gran voce, dicendo: "Che c'è fra
te e noi, Andrea servo di Dio? Sei venuto a scacciarci dalle nostre
dimore?" 79 •
Un giovanetto uscì dalla p1scma e si gettò ai piedi dell'apostolo
dicendo: "Che c'è tra noi e te, Andrea? Sei venuto qui per allonta-
narci dalle nostre dimore?" 80 •
Uno dei soldati, preso da un demone, dopo aver sguainato la spada
disse gridando: "Che c'è tra me e te, o proconsole Virino, perché
tu mi inviassi da un uomo, che non solo può scacciarmi da que-

77 Mc 9, 26-27: "E gridando e scuotendolo fortemente, <il demonim se ne

usci. E il fanciullo diventò come morto, sicché molti dicevano: «È morto~. Ma


Gesù, presolo per mano, lo sollevò ed egli si alzò in piedi".
78 Cfr. D. W. PAo, Physical and Spiritual Restoration.

79 Vita Andreae Gregorii Turonensis, 17: "Ecce quidam adolescens exclama-

vit voce magna, dicens: "Quid tibi et nobis, Andreas famule Dei? Venisti, ut
nos a propriis sedibus exturbaris?"
80 Vita Andreae Gregorii Turonensis, 27: "Post dies autem paucos iussit sibi

balneum praeparari, et cum venisset lavandi gratia, vidit senem daemonium


habentem et trementem valde. Quem dum admiraretur, alius puer adolescens
egressus de piscina, procidit ad pedes apostoli, dicens: "Quid nobis et tibi,
Andreas? Venisti huc, ut destruas nos a sedibus nostris?"
294 CAPITOLO 12

sto ricettacolo, ma può anche bruciarmi coi suoi poteri? Oh, se tu


potessi venire ad incontrarlo e non gli facessi alcun malel" 81 •
In tutti questi casi, i demoni sono impauriti dalla figura dell'apo-
stolo e si rendono palesi o alla sua presenza, o davanti a chi minac-
cia di esporli ai suoi attacchi. La descrizione delle parole dei demoni
è assai stereotipata: in due occasioni diverse è un giovane a pre-
sentarsi ad Andrea, pronunciando le medesime parole. Il demone
ha timore di dover essere cacciato dal corpo che occupa, che egli
considera come proprio luogo di abitazione naturale. È interessante
notare la ripetizione della domanda che c'è tra me e te?, un'espres-
sione ripresa testualmente dai racconti evangelici di liberazione82 • Il
quid nobis et tibi, tratto dalle Scritture ('rL ~!J.rvfèflot xoct ao( - '~-;'!~
'f7l [ma-li walak])83 , nega la comunanza di volontà tra due per-
sone e si usa per respingere un intervento ritenuto inopportuno;
lo stesso Gesù la usa con sua madre alle nozze di Cana84 • Qui gli
spiriti malvagi temono di essere scacciati, di perdere il dominio
che rende gli uomini vittima del loro potere satanico. Essi rivendi-
cano un diritto di proprietà sui luoghi infestati dalla loro presenza,
volendo stabilire un visibile confine tra la zona di influenza loro
deputata e quella in cui l'apostolo Andrea può liberamente agire:
"Perché vieni qui a perseguitarci, sant'Andrea? Perché entri in una
casa che non ti é stata concessa? Prenditi quelle che sono tue, ma
non entrare più in quelle che sono state concesse a noi" 85 •

81 Vita Andreae Gregorii Turonensis, 18: "Unus militum arreptus a daemone,

evaginato gladio, exclamans dixit: "Quid mihi et tibi, Virine proconsul, ut mit-
teres me ad hominem, qui non solummodo extrudere ab hoc vase, verum etiam
suis me virtutibus incendere potest?" La recensione copta è molto più scarna:
"O Variano, che cosa ti ho fatto perché tu mi mandi a quest'uomo timorato di
Dio?" (Pap. Utrecht l, p. 9, 13-15).
82 Mc l, 23-24; Le 4, 33-34; Mc 5, 6-7; Mt 8, 29; Le 8, 28.

83 Si veda l Re 17, 18, dove la donna dice ad Elia: "Che c'è fra me e te, o

uomo di Dio? Sei venuto da me per rinnovare il ricordo della mia iniquità e per
uccidermi il figlio?"; Gs 22, 24; Gdc 11, 12; 2 Sam 16, 10; 2 Re 2, 13; Gv 2, 4.
Su questo, O. BACHLI, Was habe ich mit dir zu Schaffen?; P. GuiLLEMEITE, Mc.
l, 24 est-il une formule de défense magique?, che rigetta l'interpretazione soste-
nuta da O. BAUERNFEIND, Die Worte der Diimonen, secondo cui questa espres-
sione sarebbe ein zauberkriiflig Abwehrspruch.
84 Gv 2, 4: "Che c'è tra te e me o donna? L'ora mia non è ancora venuta".

85 Vita Andreae Gregorii Turonensis, 29: "Ut quid nos hic, Andreas sanctae,

persequeris? Ut quid domum non tibi concessam adis? Quae tua sunt posside,
qua e nobis concessa su nt ne adicias penetrare".
ATTI DI ANDREA 295

È un atteggiamento molto simile a quello dei demoni delle nar-


razioni evangeliche, che prendono la parola per opporsi all'opera
di Gesù, cercando di preservare quelli che ritengono essere i propri
diritti acquisiti.

4. L'incontro con l'esorcista


L'incontro tra il demone o l'indemoniato con Andrea è sempre
raffigurato come uno scontro. In esso i demoni, come già nei V an-
geli, si mostrano sempre ben consapevoli della loro inferiorità ed
incapacità nel resistere al potere dell'apostolo. Essi dimostrano
anche con l'attitudine del corpo questa loro consapevolezza: quando
Andrea entra nella casa di Gratino, ad esempio, lo spirito maligno
che possiede il figlio scuote il ragazzo e lo getta ai piedi dell'apo-
stolo86. Il giovane indemoniato della piscina all'arrivo dell'apostolo
esce dall'acqua e si getta ai suoi piedi, per interrogarlo sulle sue
intenzioni, e l'apostolo immediatamente libera il giovane e il vec-
chio tremante che si trovava con lui nello stesso luogo87 . Il gesto di
prostrarsi davanti alla potenza di chi può liberare l'indemoniato,
al suo giungere, lo si ritrova nel V angelo di M arco88 • I demoni
megaresi, che avevano preso possesso dei domestici di Antifane,
alla vista dell'apostolo gridano terrorizzati rivendicando la propria
libertà di azione in quella casa, essendo ben consci di ciò a cui
sarebbero potuti andare incontro:
Oltrepassarono la porta di casa, e subito i demoni proruppero in un
grido, ad una voce sola, dicendo: "Perché vieni qui a perseguitarci,
sant' Andrea?" 89 .
In alcuni casi è il demone stesso che, consapevole del fatto
che sarà cacciato dall'apostolo, si presenta da solo al cospetto di
Andrea, gettandosi a terra e dipartendosi spontaneamente, dopo
aver dichiarato di voler sfuggire ai tormenti ai quali sarebbe stato
sottoposto:

86 Vita Andreae Gregorii Turonensis, 5.


87 Vita Andreae Gregorii Turonensis, 27.
88 Mc 3, 11: "Gli spiriti immondi, quando lo vedevano, gli si gettavano ai
piedi gridando: "Tu sei il Figlio di Dio!".
89 Vita Andreae Gregorii Turonensis, 29: ''(. .. ) ingressi sunt ianuam domus,
et statim omnes daemones unius vocis impetu clamaverunt, dicentes: "Ut quid
nos hic, Andreas san eta e, persequeris?".
296 CAPITOLO 12

Detto ciò, prostratosi a terra dinanzi ai piedi dell'apostolo, uscì dal


giovane 90 •
Un altro spirito maligno, prima di subire qualche punizione che
la visita dell'apostolo gli avrebbe comminato, provoca anticipata-
mente la morte del ragazzo in cui risiede:
Uno dei cittadini, il cui figlio aveva uno spirito immondo, pregava il
beato apostolo, dicendo: "Sana, ti prego, o uomo di Dio, mio figlio,
che è gravemente tormentato da un demonio". Il demone, sapendo
che sarebbe stato scacciato, attirò il ragazzo in una camera appar-
tata e lo soffocò cavandogli l'anima con un laccio 91 •
Il soldato del proconsole Virino, inviato per arrestare l'apostolo,
è indemoniato: temendo terribili punizioni, il demonio prende la
parola stigmatizzando il proconsole ed abbandonando subito il
corpo dell'uomo in cui dimorava. Nel caso dei demoni che dimo-
ravano nei sepolcri lungo la via, l'apostolo comanda loro di pre-
sentarsi davanti a tutto il popolo, ed essi compaiono assumendo le
sembianze di animali:
Ordinò agli stessi dèmoni di presentarsi dinanzi a tutto il suo
popolo. Essi vennero sotto forma di cani92 •
Leggermente diverso è l'atteggiamento di un altro animale mal-
vagio:
C'era un serpente di straordinaria grandezza, che devastava tutta
quella regione. Mentre l'apostolo si appropinquava, quello si fece
incontro, emettendo grandi sibili e a capo eretto. La sua lunghezza
era di cinquanta cubiti, di modo che tutti i presenti furono presi da
timore e si prostrarono a terra93 •

90 Vita Andreae Gregorii Turonensis, 17: "Et haec dicens, prostratus solo

ante p ed es apostoli, exiit a puero".


91 Vita Andreae Gregorii Turonensis, 14: "Unus autem e civibus, cuius

filius habebat spiritum inmundum, rogabat beatum apostolum, dicens: "Sana,


quaeso, vir Dei, filium meum, quia male a daemonio vexatur". Daemon vero,
sciens futurum se eici, seduxit puerum in secretum cubiculum et suffocavit
eum, laqueo extorquens animam eius".
92 Vita Andreae Gregorii Turonensis, 6: "Iussit ipsos daemonas in conspectu

omnis populi eius adsistere; qui venerunt in similitudinem canum". Sui demoni
come cani si veda H. J. LoTH, Hund, specie coli. 822-823, e quanto già detto a
proposito del racconto di Alcibiade di Apamea.
93 Vita Andrea e Gregorii Turonensis, 19: ''(. .. ] serpens mira e magnitudinis

erat, qui totam regionem illam devastabat. Adpropinquante autem apostolo,


ATTI DI ANDREA 297

Il serpente, che rappresenta chiaramente il demone genesiaco e il


dragone apocalittico, pare l'unico essere malvagio che non rifugge
immediatamente dalla presenza dell'apostolo, e si presenta con fare
aggressivo, terrorizzando la folla presente. Anche questa terribile
figura dovrà soccombere, in virtù delle parole di Andrea.

5. Scongiuri e gesti esorcistici


Si è già notato come la guarigione del cieco indemoniato sia otte-
nuta dall'apostolo attraverso il semplice tocco degli occhi, secondo
il modello evangelico94 • Nell'episodio dei tre ciechi, invece, si ado-
pera l'imposizione delle mani, accompagnata da queste parole:
"Ecco, nel nome di Gesù Cristo mio Dio vi restituisco il lume degli
occhi corporali; egli stesso si degni di schiudervi anche le tenebre
delle vostre menti, affinché, conosciuta la luce che illumina ogni
uomo che viene in questo mondo, possiate essere salvati". Impo-
nendo loro le mani, aprì i loro occhi95 •
Andrea chiaramente attribuisce il merito della guarigione a Gesù
Cristo, il Dio che egli predica. Anche se talora potrebbe sembrare
che il potere di guarigione sia insito in Andrea, il redattore degli
Alti è in realtà ben attento a mettere in luce come il vero respon-
sabile del risanamento sia sempre Dio; a lui l'apostolo sempre si
rivolge, domandando di esaudirlo, ed a lui è sempre attribuita
la concessione del miracolo. In ciò quest'uomo si differenzia da
altre figure che potrebbero essere ad esso paragonate: Apollonio
di Tiana, ad esempio, opera i suoi miracoli in virtù delle proprie
personali capacità e senza ricorrere ad un'assistenza soprannaturale
esterna96 •

sibila magna emittens, erecto capite, venit in obviam. Erat enim longitudo
eius quinquaginta cubitorum, ut omnes qui aderant metu terrerentur et terrae
decubarent".
94 Vita Andreae Gregorii Turonensis, 2: "E, voltatosi, toccò i suoi occhi, e

subito questi ricevette la luce".


95 Vita Andreae Gregorii Turonensis, 32: "Ecce ego vobis in nomine Dei

mei Iesu Christi corporalium oculorum restituo lumen; ipse quoque mentium
vestrarum tenebras reserare dignetur, ut, cognita luce, quae inluminat omnem
hominem venientem in hunc mundum, salvi esse possitis". Et inponens eis
manus, aperuit oculos eorum".
96 Cfr. R. GOULET, Les vies des philosophes, p. 182; PHILOSTRATUS, FLAVIUS,
Vita Apollonii, VII, 38: "La natura di Apollonio era divina e superiore
298 CAPITOLO 12

Le parole pronunciate dall'apostolo non sono una vera e propria


preghiera, ma sottolineano come la guarigione sia operata nel nome
di Gesù Cristo; sarà il medesimo Dio a degnarsi di illuminare non
solo gli occhi, ma anche la mente della risanata famiglia, nell'ac-
cettazione della luce divina. La preghiera si conclude con una cita-
zione dal prologo del V angelo di Giovanni, ove il Verbo è detto
TÒ cpwç TÒ cXÀYJ(h v6v 97 •
Il gesto dell'imposizione delle mani si ripropone nel seguente epi-
sodio di esorcismo, a casa di Antifane98 :
Levata una preghiera e presa la sua mano, disse: "Il Signore Gesù
Cristo ti risana". Subito la donna si levò dal letto e benediceva Dio.
Similmente impose le mani a tutti coloro che erano vessati da un
demonio e li guarì99 •
Il racconto di guarigione della donna mi pare modellato su un
episodio narrato dall'evangelista Luca, dove ricorrono nella mede-
sima sequenza la dichiarazione di Gesù, la guarigione, e l'atto di
sollevarsi dell'infermo, ringraziando Dio:
C'era là una donna che aveva da diciotto anni uno spirito che la
teneva inferma; era curva e non poteva drizzarsi in nessun modo.
Gesù la vide, la chiamò a sé e le disse: "Donna, sei libera dalla tua
infermità", e le impose le mani. Subito quella si raddrizzò e glori-
ficava Dio 100 •
Negli Atti, la guangwne dall'insania della moglie di Antifane,
causata dalla presenza vessatoria degli indemoniati, e la liberazione
degli ossessi, sono due episodi temporalmente distinti. Che la libe-
razione dai demoni e la guarigione dalle infermità da essi causate

all'umano; poiché senza sacrifici né preghiere si era preso gioco dei ceppi";
anche VIII, 13.
97 Gv l, 9: "Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo
che viene nel mondo".
98 Cfr. J. BEHM, Die Handau{legung im Urchristentum; J. CoPPENS, L'imposi-
lion des mains; P. A. ELDERENBOSCH, De op/egging der handen; M. PATERNOSTER,
L'imposizione delle mani.
99 Vita Andreae Gregorii Turonensis, 29: "[ ... ] facta oratione, adpraehensam

manum eius, ait: "Sanat te dominus Iesus Christus". Et stati m surrexit mulier
a lectulo et benedicebat Deum. Similiter et singulis quibusque qui a daemonio
vexabantur inponens manum, sanitati restituit habuitque deinceps Anthipha-
nem et uxorem eius firmissimos adiutores ad praedicandum verbum Dei".
100 Le 13, 11-13.
ATTI DI ANDREA 299

siano comunque legati da una stretta correlazione, lo dimostra


l'utilizzo indifferente di una terminologia di guarigione in entrambi
i casi. La donna viene risanata con una preghiera recitata dall'apo-
stolo, che la prende per mano e la solleva dal letto sul quale gia-
ceva. Agli ossessi, invece, è riservata l'imposizione delle mani,
come già si è rilevato per i ciechi. Il modello è ancora una volta
quello neotestamentario, dove l'imposizione delle mani è messa in
relazione frequente con la guarigione degli infermP 01 ; questa facoltà
dell'apostolo Andrea calza a pennello con l'oggetto della promessa
di Gesù.
Un'altra caratteristica dell'opera esorcistica di Andrea è il
rivolgersi in maniera aggressiva ai demoni, sgridandoli. Talvolta
il redattore si limita a riferire che l'apostolo sgrida i demoni 102 ;
altrove, riporta anche le sue parole:
Questi, sgridandolo, gli disse: "Esci, o nemico del genere umano,
dal servo di Dio" 103 •

L'espressione latina discede- probabilmente Ei;e:À6e:- è ben atte-


stata nella tradizione dell'esorcismo giudaico e cristiano. Accom-
pagna l'esorcismo contro lo spirito malvagio, designato qui come
altrove come nemico del genere umano 10\ l'uso del verbo increpo,
che ritengo traduca l'originale greco È'TtLTLfl.tXW (sgridare, rimprove-
rare, minacciare, in certe costruzioni ingiungere), il termine usato
nei V angeli per indicare un tal genere di rimprovero rivolto ai

101 Cfr. Mc 5, 22-23: "Giàiro, vedutolo, gli si gettò ai piedi e lo pregava con

insistenza: "La mia figlioletta è agli estremi; vieni a imporle le mani perché sia
guarita e viva"; 6, 5: "E non vi poté operare nessun prodigio, ma solo impose
le mani a pochi ammalati e li guarì"; 8, 25: "Allora gli impose di nuovo le mani
sugli occhi ed egli ci vide chiaramente e fu sanato e vedeva a distanza ogni
cosa"; Le 4, 40: "Al calar del sole, tutti quelli che avevano infermi colpiti da
mali di ogni genere li condussero a lui. Ed egli, imponendo su ciascuno le mani,
li guariva"; At 28, 8: "Avvenne che il padre di Publio dovette mettersi a letto
colpito da febbri e da dissenteria; Paolo l'andò a visitare e dopo aver pregato
gli impose le mani e lo guarì".
102 Vita Andreae Gregorii Turonensis, 27: "[ ... ) Andrea sgridò (increpavil)
ambedue i dèmoni".
103 Vita Andreae Gregorii Turonensis, 5: "Quem ille increpans: "Discede -

inquit- humanae generis inimice, a famulo Dei".


104 Cfr. 1 Pt 5, 8: "Il vostro nemico, il diavolo, come leone ruggente va in

giro, cercando chi divorare"; Mt 13, 39: "Il nemico che l'ha seminata è il dia-
volo".
300 CAPITOLO 12

demonP 05 • Sarà interessante rilevare che anche la Vulgata rende


Èm't"L(J.OCW conincrepo. È stato notato che il rivolgersi con forti
parole e minacce ai demoni è una consueta caratteristica dell'esor-
cismo anche non cristiano 106 ; ma fonte diretta di questa espressione
evangelica sono il libro del profeta Zaccaria e l'Epistola di Giuda 107 •
Andrea fronteggia con forza il serpente mostruoso, causa del pec-
cato primordiale:
Allora il santo di Dio gli disse: "Nascondi, o funesto, il capo che
erigesti al principio in rovina del genere umano; sottomettiti ai
servi di Dio e muori" 108 •

Non sempre la tensione tra l'apostolo e il demonio è così alta:


la cacciata dello spirito malvagio può anche essere la conclusione
di una pacata discussione tra i due, che porta ad un invito come
quello che segue, nel quale non c'è traccia di scongiuri imperativi:
"Ora è tempo che tu esca da questo giovane, di modo che egli possa
armarsi per il palazzo celeste" 109.

Al che il demone risponde:


In verità, o uomo di Dio, oggi io non gli ho mai distrutto alcun
membro a motivo delle sante mani di sua sorella. Ora, comun-
que, uscirò da questo giovane, alle cui membra non ho fatto male
alcuno 110 •

105 Mc l, 25; Le 4, 41; Mc 9, 25; Mt 17, 18; Le 9, 42.


106 Cfr. PHILOSTRATUS, FLAVIUS, Vita Apollonii, IV, 20 e III, 38; LuciANUs
SAMOSATENUS, Philopseudes, 16. Cfr. S. EITREM, Some Notes on the Demonology,
pp. 51-53.
107 Zac 3, 2: "Il Signore disse a Satana: "Ti sgridi il Signore, Satana! Ti sgridi
il Signore che ha scelto Gerusalemme! Non è forse costui un tizzone strappato
dal fuoco?"; Gd 9: "L'arcangelo Michele, quando contendeva con il diavolo
disputando per il corpo di Mosè, non osò pronunziare contro di lui un giudizio
ingiurioso, ma disse: "Ti sgridi il Signore!".
108 Vita Andreae Gregorii Turonensis, 19: "Tunc sanctus Dei ait ad eum:

"Abde caput, funeste, quod erexisti in principio ad perniciem generis humani,


et subde te famulis Dei a c morire".
109 Pap. Utrecht l, p. 14, 27-30: HAH cse nN.._Y ne eTpe[Kei) esoA ~H
OE~q1Hpe qJHH .XEAAC eq[e)~CPK enn.LUTI[o)N i'ienoyp...NION.
110 Pap. Utrecht l, p. 14, 32-38: ~Hewc w npwHe HnNoyTe .xe Hmn.Ke
oyHeAOc th.._q t:ioy~ooy eTKe NCSU: eToy......s NTeqcwNe TeNoy cse tN...KCPK
(e)KOA ~H OEKJIHpe qJHH EHOU:IT(j NCIONC EJTTHp(j (~N) NEqHeAOC.
ATTI DI ANDREA 301

Durante lo scambio tra il demonio e l'apostolo, il demonio rive-


lava di essere stato costretto ad entrare da parte di altri:
Questa cosa che ho fatta, non l'ho fatta di mia volontà, ma sono
stato obbligato. Ti narro dunque il contenuto della questione 111 •
Seguiva il racconto degli assalti demoniaci contro la donna.
Anche in un altro caso è testimoniata la possibilità per Andrea
di parlare con i demoni; qui l'apostolo si rivolge al demonio che,
urlando, lo aveva apostrofato:
Allora il beato apostolo, chiamato a sé il giovane, gli disse: "Rac-
conta, autore del peccato, qual è la tua opera". E quegli: "Io ho abi-
tato in questo giovane fin dalla sua fanciullezza, pensando che non
lo avrei lasciato mai. Ma due giorni or sono ho sentito suo padre
che diceva ad un amico: "Mi recherò dal servo di Dio Andrea, ed
egli sanerà mio figlio". Ora, temendo i tormenti che ci infliggi, sono
venuto per uscire da lui alla tua presenza" 112 •
Il demonio, quindi, dialoga con l'esorcista; questo dialogo,
quando non è spontaneo come nel caso qui presente, viene impo-
sto allo spirito maligno, comunemente per ricavare dalle sue stesse
parole alcune utili informazioni: la natura del demone che pos-
siede il corpo dell'ossesso, il motivo o il mandante del suo ingresso.
Spesso le parole del demonio, che riconosce la superiorità del suo
esorcista, costituiscono una vera e propria dichiarazione di inferio-
rità e di ineluttabile sottomissione alla potenza di Dio, che l'apo-
stolo o chi per esso rappresenta. Anche nei V angeli i dialoghi tra
Gesù e i demoni sono abbastanza diffusi, e in un caso si sviluppano
abbastanza estesamente 113 •
Il testo greco degli Alli riporta un'importante preghiera libera-
toria:

111 Pap. Utrecht l, p. 10, 1-4: ne~tCPB rA-r NTA.iA.A.q N"rA.IA.A.q A-N eso... trrooT
~ NTA.yt A.N.U"KH eroi ttt.U:CP c5e €fOK NTCSOH THfC HtwB.
112 Vita Andreae Gregorii Turonensis, 17: "Tunc beatus apostolus, voca-
tum ad se iuvenem, ait: "Enarra, auctor criminis, quod sit opus tuum". Et
ille: "Ego", inquid, "in hoc puero ab adolescentia eius inhabitavi, suspicans,
quod numquam ab eo recederem. Die autem tertio audivi patrem illius dicen-
tem amico suo: "Vadam ad hominem famulum Dei Andream, et sanabit filium
meum". Nunc autem timens cruciatos quos nobis inferis, veni, ut egrediar ab
eo coram te".
113 È il caso dell'indemoniato di Gerasa (Mc 5, 9-13; Mt 8, 29-32).
302 CAPITOLO 12

E, senza indugio, levatosi in piedi disse: "O Dio che non ascolti i
maghi, o Dio che non ti concedi ai ciarlatani, o Dio che stai !ungi
dagli estranei, o Dio che sempre concedi ai tuoi ciò che è tuo: anche
ora concedi che la mia supplica si realizzi nel servo di Stratocle, di
fronte a tutti costoro, mettendo in fuga il demone che i suoi conge-
neri non sono stati in grado di scacciare" 114 •
L'orazione, che Andrea pronuncia assumendo la classica posi-
zione dell'arante, si presenta nel caratteristico stile participiale
di cui Eduard Norden ha descritto magistralmente le ricorrenze e
le origini orientali 115 • Nel formulare la sua preghiera, l'apostolo si
ispira alla situazione contingente: la liberazione dal demone potrà
essere elargita da parte di Dio perché implorata da uno dei "suoi",
mentre sono rimasti inascoltati tutti gli appelli dei maghi e dei
ciarlatani, in definitiva di tutti gli "estranei" alla cerchia dei veri
adoratori. L'insistenza sulla superiorità della preghiera cristiana
rispetto a qualunque attività di coloro che non fanno parte della
comunità dell'apostolo, ciarlatani o non, è in questo modo espli-
citata anche nella supplica di liberazione. Queste persone sono in
definitiva identificate con quello stesso demone che non sono state
capaci di scacciare, in quanto sono esse stesse congeneri dello spi-
rito maligno. È quanto Andrea aveva appena affermato rivolgen-
dosi a Massimilla, desiderando ora parteciparne anche i presenti:
Vi sono dei maghi incapaci di fare alcunché, i quali hanno dispe-
rato <di guarire> il servo, e altri che di comune accordo constatiamo
essere dei ciarlatani. Perché non sono stati in grado di scacciare
questo terribile demone dal misero servo? Perché sono suoi conge-
neri. In verità, è utile dire ciò alla folla qui presente 116 •

114 Martyrium, 5: Koct !J:Y)8Èv !J.EÀÀ~aocç &.voca-rÒtç ~q:rt)' 'O !J.cXyo~ç !-'-~ È7toc-
xouwv 0e:6ç, ò 7te:p~Épyo~ç !-'-~ 7tocp&xwv éocu-ròv 0e:6ç, ò -rwv &.ÀÀo-rp[wv &.qn-
a-rcX~J.e:voç 0e:6c;, ò -roi:ç aoi:ç tl7tocxouwv &.d 0e:6ç, ò -rÒt aÒt 7tocp&xwv &.e:t -roi:ç
t8(o~ç @e:6ç, XOC( VUV 7t0CflcXOXOU 'r~V 8É'Y)OLV !J.OU TOCX~V~V ye:v&ai:Joc~ &.7tÉVOCV'r~
-rou-rwv ém&v-rwv Èv -rij) 1toc~8t -rou I:-rpoc-roxì-&ouc;, <puyoc8e:uwv -ròv 8oc[~J.ovoc &v
ot auyye:ve:i:ç ocù-rou !-'-~ 8e:Mv'Y)TOC~ <puyoc8e:uaocL. La recensione gregoriana è assai
più breve: "E quegli, presa la sua mano, disse: "Sorgi, o ragazzo, nel nome del
mio Dio Gesù Cristo, che predico". E subito si alzò, indenne (A t ille, adprae-
hensam manum eius, ait: "Surge, puer, in nomine lesu Christi Dei mei, quem
praedico". Et statim surrexit incolomis. Vita Andreae Gregorii Turonensis, 34)".
115 E. NoRDEN, Agnostos Theos, pp. 261-389.
116 Martyrium, 4: M&yo~ éa~xoca~ !J."'J8Èv 8uvcX~J.e:vm 7tO~'ijaoc~, ot xcd &.7te:-
yvwxocm -ròv 1toci:8oc, xocl &ÀÀoL oì)ç xoLvjj 7tcXv-re:ç òpw~J.e:v 7t&flLÉpyouc;· 8LÒt -r[ !-'-~
8e:Mv'Y)TOCL -ròv 8e:Lvòv -rou-rov 8oc[~J.ovoc &.7te:ÀcXaocL -rou -rocÀocmwpou 7tocL86c;;
ATTI DI ANDREA 303

La preghiera esorcistica non assume un carattere imprecativo,


bensì deprecativo, trattandosi di una supplica rivolta direttamente
a Dio senza fare ricorso ad alcun tipo di scongiuro diretto. Lo scopo
è comunque la messa in fuga del demone (~:puycx8euw, &.7teÀcxuvw).

6. La liberazione
La liberazione dallo spirito maligno, nel caso di un'influenza
che causa la malattia 117 , coincide semplicemente con la guarigione,
come nel caso del cieco che "ricevette la luce e glorificava Dio" 118 •
La possessione diabolica viene interrotta solamente con quella che
viene rappresentata come una uscita del demone dal corpo dell'os-
sesso, mediante l'utilizzo di verbi sinonimi quali egredior, discedo,
exeo, BIDK eso~, e semplicemente descritta con espressioni quali
"il demonio uscì dal soldato" 119, oppure "questi uscirono dai corpi
ossessi" 120 • Nei racconti di liberazione di luoghi infestati ricorre il
particolare del ruggito:
Dette queste cose, i dèmoni, dopo aver dato un ruggito, scompar-
vero dagli occhi degli astanti, e così la città fu liberata 121 •
Sull'istante il serpente, emettendo un profondo ruggito, circondò
una grande quercia che stava lì vicino; avvolgendosi intorno ad
essa e vomitando un fiume di veleno e sangue, spirò 122 •

Analogamente, l'uscita del demone da una persona può essere


accompagnata da grida, come nel caso del figlio di Gratino: dopo
essere stato sgridato dall'apostolo, lo spirito "subito uscì da lui

i7m3~ auyye:ve:'i'ç IXÙ't"oli tm:&pxoua~v. ToG·w ycìp t7tt 't"OU 7t1Xp6noç iSxÀou XP~­
O"~fLOV ÀÉye:~V.
117 Il termine "influenza" tradisce ancor oggi la sua origine, dovuta a questa

concezione della malattia.


118 Vita Andreae Gregorii Turonensis, 2: "Confestim recepit lumen et glori-

ficabat Deum".
119 Vita Andreae Gregorii Turonensis, 18: "Cum autem haec dixisset, daemo-

nium egressum est a milite".


120 Vita Andreae Gregorii Turonensis, 27: "Egressi sunt a corporibus obsessis".

121 Vita Andreae Gregorii Turonensis, 6: "Haec eo dicente, daemonas, dato

rugitu, evanuerunt ex oculis adstantium, et si c civitas liberata est".


122 Vita Andreae Gregorii Turonensis, 19: "Statim serpens emittens gravem

rugitum, circumdedit quercum magnam, quae propinqua erat, et obligans se


circa eam, evomens rivum veneni cum sanguine, expiravit".
304 CAPITOLO 12

(discessit), vociando fortemente" 123 • Anche qui, i racconti evangelici


presentano palesi somiglianze con questo passo 124 •
L'uscita del demonio può essere accompagnata da un gesto di
sottomissione:
Detto ciò, prostratosi a terra dinanzi ai piedi dell'apostolo, uscì dal
giovane; il quale fu guarito e, levatosi, glorificava Diò125 •

In alcuni casi è il demone stesso ad annunciare la sua fuoriu-


scita:
Ora, comunque, uscirò da questo giovane, alle cui membra non ho
fatto male alcuno 126 •
E subito il demone, presa una voce umana, disse: "Fuggo, o uomo
servo di Dio, fuggo non solo da questo giovane, ma anche da tutta
questa città" [... ]Allontanatosi il demone, Alcmane si alzò da terra,
avendogli Andrea allungato la mano 127 •

Il demone è in fuga (q:>e:uyw) e l'ossesso epilettico, esattamente


come avviene nel Vangelo di Marco in un caso simile, si solleva da
terra prendendo la mano dell'esorcista 128 •

7. Luogo e tempo del confino


I demoni, messi in fuga, possono anche ricevere l'ordine di recarsi
in un luogo ben preciso; uno dei demoni esorcizzati da Gesù lo sa

123 Vita Andreae Gregorii Turonensis, 5: "Statim multo clamitans discessit


ab eo".
124 Cfr. Mc l, 26 e 9, 26.
125 Vita Andreae Gregorii Turonensis, 17: "Et haec dicens, prostratus
solo ante pedes apostoli, exiit a puero, et sanatus est et surgens glorificabat
Deum".
126 Pap. Utrecht l, p. 14, 35-38: 66 tN.\BWK [6]Bo~ lH n61q1Hp6 cpHH eHm-
.xrrq N6oNc errrHpq [li'i] NeqH6~oc. Cfr. Le 4, 35: "Il demonio, gettatolo a
terra in mezzo alla gente, usci da lui senza fargli alcun male".
127 Martyrium, 5: Kod e:ò6éwç o 8ottf.L<ùV ~1tocv8pov q.>wv~v &:q.>e:Ìç fAe:ye:· Cl>e:u-
yw, 8ouÀe: 'l'OU 0e:ou &v6pw1te:, cpe:uyw oò f.L6vov 'l'OU 1t0u8òç 'l'OU'!'ou, ocÀÀ<Ìr. xoc(
o
Tljc; 7t6Àe:wc; 15À'Y)ç 'l'otU'l"Y)ç [...] Kott oc7tOO''l'tXVToc; '!'Ou 8otlf.Lovoç 'AÀxf.LtXV'Y)c; &.vé-
O''l"YJ oc1tÒ 'l'ljç yljc; ;x,e:'tpot otÒ'!'~ òpé~otvToç '!'Ou Av8péou.
128 Mc 9, 27: "Ma Gesù, presolo per mano, lo sollevò ed egli si alzò in piedi";

cfr. l, 31: "Egli, accostatosi, la sollevò prendendola per mano; la febbre la


lasciò ed essa si mise a servirli"; Le 14, 4: "Egli lo prese per mano, lo guarì e
lo congedò".
ATTI DI ANDREA 305

bene, quando lo implora "perché non lo cacciasse fuori da quella


regione" 129 • Negli Atti, anche questa consuetudine viene rispettata:
Allora il beato Andrea comandò ai demoni, dicendo: "Andatevene
in luoghi aridi e sterili, senza nuocere assolutamente ad alcun uomo
e senza poter accedere a qualunque luogo dove sia stato invocato
il nome del Signore, finché riceverete il supplizio del fuoco eterno
che vi spetta" 130 •

Il luogo in cui gli spiriti malvagi vengono confinati è un luogo


desertico ed arido, simbolo di una terra alla quale Dio ha negato la
sua benedizione privandola della pioggia e della fertilità. Il deserto
è anzitutto luogo disabitato, ove il demone non è d'impaccio a nes-
sun essere umano; ma è anche il luogo privilegiato in cui si radu-
nano gli spiriti malvagi, assieme ad altri animali come gli sciacalli
e le nottole. Nell'antico Israele nel giorno dell'espiazione veniva
abbandonato il capro destinato ad Azazel nel deserto, carico di
tutti i peccati della comunità 131 • In un deserto Gesù fu tentato dal
demonio 132, ed è nel deserto che lo spirito malvagio spinge l'indemo-
niato di Gerasa, come nel suo luogo naturale di dimora 133 • Secondo
l'evangelista Luca, "quando lo spirito immondo esce dall'uomo, si
aggira per luoghi aridi in cerca di riposo" 134 • È quindi in un luogo
tradizionalmente posto sotto la loro influenza che Andrea confina
i demoni che ha appena esorcizzato (proprio gli stessi loca arida
dei V angeli), con l'ordine di non assalire più alcun uomo e non
accedere a luoghi "in cui sia stato invocato il nome del Signore".
L'esorcismo prevede anche un limite temporale alla permanenza dei
demoni nei luoghi desertici. Infatti, essa sarà conclusa al momento

129 Mc 5, 10. Le 8, 31 parla invece di "abisso".


130 Vita Andreae Gregorii Turonensis, 6: "Tunc beatus Andreas imperavit
daemonibus, dicens: "Ite in !oca arida et infructuosa, nullum paenitus homi-
num nocentes neque accessum habentes, ubicumque nomen Domini fuerit invo-
catum, donec accipiatis debitum vobis supplicium ignis aeterni".
131 Lev 16, 7-10. Per il Liber Henoch, 8, l et passim, Azazel è un demone.

132 Le 4, 1-2: "Gesù, pieno di Spirito Santo, si allontanò dal Giordano e fu

condotto dallo Spirito nel deserto dove, per quaranta giorni, fu tentato dal
diavolo"; cfr. Mc l, 12-13; Mt 4, l.
133 Le 8, 29: "Gesù infatti stava ordinando allo spirito immondo di uscire da

quell'uomo. Molte volte infatti s'era impossessato di lui; allora lo legavano con
catene e lo custodivano in ceppi, ma egli spezzava i legami e veniva spinto dal
demonio in luoghi deserti".
134 Le 11, 24; cfr. Mt 12, 43.
306 CAPITOLO 12

della pena eterna, alla quale essi sono già destinati. Si tratta del
fuoco inestinguibile, proprio quel 7tUp (XLWVLOV (ignis aeternus, qui
e nella Vulgata) che Gesù ha affermato essere preparato per il dia-
volo e per i suoi angeli alla fine dei tempP 35 •

8. Conversione, propaganda, competizione religiosa


La liberazione del figlio di Gratino è accompagnata dalla guari-
gione dell'intera famiglia: il padre è a sua volta in preda alle feb-
bri, sua moglie soffre di idropisia, e tutti questi mali sono causati
dalla reciproca infedeltà dei coniugi. Dopo la guarigione, per i due
sposi inizia una nuova vita:
Il beato apostolo spezzò il pane e ne fece parte a lei. Ella, ren-
dendo grazie, lo prese e credette nel Signore con tutta la sua casa.
Di lì in avanti sia lei sia suo marito non commisero più il misfatto
di cui prima si erano macchiati. Più tardi Gratino mandò grandi
donativi al santo apostolo per mezzo dei suoi servi. Egli stesso in
seguito sopraggiunse con la moglie e, prostrati alla sua presenza, lo
pregavano di accettare i loro donativi. Egli rispose loro: "Carissimi,
non è mio compito ricevere queste cose; è piuttosto compito vostro
distribuirle agli indigenti". E non accettò nulla di ciò che veniva
offerto 136 •
Il racconto vuole dimostrare che le miracolose guarigioni furono
a tal punto evidenti, da portare alla conversione dell'intera casa,
con conseguente conversione e cambiamento di vita di coloro che
abitavano in essa. Si inserisce anche il tema del rifiuto del denaro,
che va inteso come rifiuto del cliché dello stregone: Andrea rifiuta
i donativi e preferisce che il denaro sia distribuito ai bisognosi. La

13 5 Mt 25, 41: "Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato
per il diavolo e per i suoi angeli". Cfr. 13, 40: "Come dunque si raccoglie la ziz-
zania e si brucia nel fuoco, così avverrà alla fine del mondo"; 3, 12: "Egli ha in
mano il ventilabro, pulirà la sua aia e raccoglierà il suo grano nel granaio, ma
brucerà la pula con un fuoco inestinguibile". Cfr. A p 20, 10.
13 6 Vita Andreae Gregorii Turonensis, 5: "Beatus autem apostolus fregit
panem et dedit ei. Quae gratias agens, accepit et credidit in Domino cum omni
domo sua; nec deinceps illa aut vir eius scelus quod prius admiserant perpetra-
runt. Misit quoque postea Gratinus magna munera sancto apostolo per famulos
suos. Ipse postmodum secutus est cum uxore, prostratique coram eo, rogabant,
ut acciperet munera eorum. Quibus ille ait: "Non est meum haec accipere,
dilectissimi, sed potius vestrum est ea indigentibus erogare". Et nihil accipit
ex his quae offerebantur".
ATTI DI ANDREA 307

contrapposizione tra l'apostolo e gli altri guaritori è argomento del


tutto tradizionale nel contesto di una competizione religiosa, all'in-
terno della quale trova la sua naturale collocazione l'uso dell'accusa
di magia, rivolta dai cristiani a tutti coloro che non operano in
nome del loro Dio. L'accusa di magia dalla quale Andrea implici-
tamente si difende, è esplicitata dal proconsole Virino, ma respinta
dalla folla:
Mentre il popolo acclamava: "Gloria al nostro Dio!", il proconsole
replicò: "Non credete, sempliciotti, non credete ad un mago!". Ma
quelli gridavano dicendo: "Questa non è magia, ma dottrina sana
e vera" 137 •
Numerose guarigioni ed esorcismi avvengono sotto gli occhi
della folla. Questo tema, che è richiamato da tutti gli autori finora
esaminati, qui assume una posizione predominante, ed accomuna
anche tutti gli altri racconti degli Atti apocrifi. Durante la sua pre-
ghiera di esorcismo, Andrea domanda apertamente che la fuga del
demone avvenga di fronte a tutti (&:7téVIXV"rt &:7t!xVTwv); fino a che
punto il redattore degli Atti di Andrea abbia voluto insistere sul
tema della pubblica rappresentazione, nella quale inscenare nume-
rose conversioni di massa, lo si può ricavare da un racconto di
risurrezione di un fanciullo morto, dove si arriva al punto di com-
piere il miracolo in un pubblico teatro 138 :
Il padre del fanciullo, trovatolo morto, pianse assai e disse ai suoi
amici: "Portate il cadavere in teatro; confido che potrà essere risu-
scitato dallo straniero che predica il vero Dio". Portatolo e postolo
davanti all'apostolo, gli narrò come fosse stato ucciso da un demone,
dicendo: "Credo, o uomo di Dio, che per mezzo tuo egli possa per-
sino risorgere dalla morte". L'apostolo, volta tosi al popolo, disse:
"Che vi gioverà, o tessalonicesi, il veder compiere queste cose se non
credete?" E quelli dissero: "Non dubitare, uomo di Dio, che quando
costui sarà risuscitato, crederemo tutti". A queste parole, l'apostolo
disse: "Nel nome di Gesù Cristo, alzati, ragazzo"; e subito si alzò.

137 Vita Andreae Gregorii Turonensis, 18: "Cumque populus adclamaret:

"Gloria Deo nostro!" proconsul ait: "Nolite credere, o populi, nolite credere
magum". At illi clamabant dicentes: "Non est haec magica, sed est doctrina
sana et vera".
138 A ciò può essere accostato l'episodio della lapidazione di un demone com-
piuta in un teatro da Apollonia di Tiana (PHILOSTRATUS, FLAVIUS, Vita Apollo-
nii, IV, 10).
308 CAPITOLO 12

Allora tutto il popolo stupefatto gridava dicendo: "È abbastanza;


ora tutti crediamo a quel Dio che tu predichi, o servo di Dio" 139 •
Questa successione di fatti si ripropone continuamente con
lo stesso meccanismo: un malato o un indemoniato non possono
essere guariti da nessuno; l'apostolo, che si sente in grado di farlo,
si rivolge a tutti i presenti invitandoli alla conversione; il miracolo
viene compiuto, e sia l'infermo sia gli astanti abbracciano la fede
dell'apostolo. È questa la conclusione di tutti i racconti di esorci-
smo:
Da allora ebbe Antifane e sua moglie come coadiutori fedelissimi
nella predicazione della parola di Dio 140 •
Quelli, prostrandosi, gli baciavano i piedi e dicevano: "Non c'è altro
Dio se non quello che il suo servo Andrea predica" 141 •
Ogni episodio è teatralizzato ed estremamente drammatizzato.
Non stupisce che il teatro venga scelto come luogo privilegiato per
la pubblica rappresentazione: questa scelta riflette il contempora-
neo fenomeno dell'enorme popolarità del teatro, che gradualmente
in età imperiale aveva rimpiazzato l'agorà come luogo di assembra-
mento per i cittadini 142 • Come Andrea anche Apollonio di Tiana, a
Efeso, aveva fatto uccidere un demone che provocava un'epidemia
solo dopo aver convocato tutta la cittadinanza nel teatro 143 • In un

139 Vita Andreae Gregorii Turonensis, 14: "Denique pater pueri, cum inve-

nisset illum mortuum, flevit multum et ait amicis suis: "Ferte cadaver ad the-
atrum; confido enim, quod poterit resuscitare ab hospite qui praedicat Deum
verum". Quo delato et posito coram apostolo, narravit ei, qualiter interfectus
esset a daemone, dicens: "Credo, homo Dei, quod etiam a morte per te possit
resurgere". Conversus autem apostolus ad populum, ai t: "Qui d vobis proderit,
viri Thesalonicenses, cum haec fieri videtis, si non creditis?" At illi dixerunt:
"Ne dubites, vir Dei, quia, isto resuscitato, omnes credimus". Haec illis dicenti-
bus, ait apostolus: "In nomine Iesu Christi, surge, puer"; et statim surrexit. Et
stupefactus omnes populus, clamabat dicens: "Sufficit; nunc credimus cuncti
Deo illi quem praedicas, famule Dei".
140 Vita Andreae Gregorii Turonensis, 29: "Habuit deinceps Anthiphanem et

uxorem eius firmissimos adiutores ad praedicandum verbum Dei".


141 Vita Andreae Gregorii Turonensis, 32: "At illi procidentes, osculabantur

pedes eius et dicebant, quia: "Non est alius Deus nisi quem praedicat famulus
eius Andreas".
142 Sulla folla ed il teatro, R. SòDER, Die apokryphen Apostelgeschichten,

pp. 158-162; S. SAiD, The City in the Greek Nove/.


143 PHILOSTRATUS, FLAVIUS, Vita Apollonii, IV, 10.
ATTI DI ANDREA 309

altro caso, la folla si presenta essa stessa a ricercare l'apostolo, per


essere liberata dal serpente:
Quando il beato apostolo arrivò, gli si fece incontro l'intera città
con rami di ulivo, proclamando lodi e dicendo: "La nostra salvezza
è in mano tua, o uomo di Dio!". Una volta che gli ebbero narrato
ogni cosa, il beato apostolo disse: "Se credete nel Signore Gesù Cri-
sto, Figlio del Dio onnipotente, un solo Dio con lo Spirito Santo,
col suo aiuto sarete liberati da questa infestazione di demòni".
Quelli gridavano, dicendo: "Tutto quello che tu avrai predicato,
noi lo crederemo e ubbidiremo al tuo comando, pur di venire libe-
rati da questa prova". Quegli allora, rendendo grazie a Dio per la
loro fede, ordinò agli stessi dèmoni di presentarsi dinanzi a tutto
il suo popolo. Essi vennero sotto forma di cani. Il beato apostolo,
rivoltosi al popolo, disse: "Ecco i dèmoni vostri avversari! Se dun-
que voi credete che nel nome di Gesù Cristo io possa comandare
loro di !asciarvi in pace, confessatelo dinanzi a me". Quelli grida-
rono dicendo: "Crediamo che Gesù Cristo è il Figlio di Dio che tu
predichi" 144 •

L'accoglienza con i rami di ulivo richiama alla mente l'ingresso


di Gesù a Gerusalemme, seppure non possa essere escluso un riferi-
mento ad un gesto di supplica attestato nel mondo greco 145 • Questo
racconto è un perfetto modello dello schema secondo il quale sono
costruiti diversi episodi all'interno degli Alli di Andrea: l'esorcismo

144 Vita Andreae Gregorii Turonensis, 6: "Post haec ad Niceam proficiscitur,

ubi erant septem daemones inter monumenta commorantes, sita secus viam.
Homines quoque praetereuntes meridie lapidabant et multos iam neci mortis
adfecerant. Veniente autem beato apostolo, exiit ei obviam tota civitas cum
ramis olivarum, proclamantes laudes atque dicentes: "Salus nostra in manu tua,
homo Dei". Et exponentes omnem rei ordinem, ai t beatus apostolus: "Si credi-
tis in dominum Iesum Christum, filium omnipotentis Dei, cum Spiritu sancto
unum Deum, liberabimini eius auxilio ab hac infestatione daemoniorum". At
illi clamabant, dicentes: "Quaecumque praedicaveris credimus et obaudemus
iussioni tua e, tantum ut liberemur ab ista temptatione". A t ili e gratias agens
Deo pro eorum fide, iussit ipsos daemonas in conspectu omnis populi eius adsi-
stere; qui venerunt in similitudinem canum. Conversus autem beatus apostolus
ad populum, ait: "Ecce daemonas, qui adversati sunt vobis; si autem creditis,
quod in nomine lesu Christi possim eis imperare, ut desistant a vobis, confi-
temini coram me". At ili i clamaverunt dicentes: "Credimus, Iesum Christum
Filium Dei esse, quem praedicas".
145 Cfr. J. N. BREMMER, Scapegoat Rituals in Ancient Greece, p. 318; in APv-
LEilJS MADAURENSIS, Metamorphoses, III, 8, due donne addolorate, vestite a lutto
ed in lacrime, agitano rami di ulivo.
310 CAPITOLO 12

e la guarigione devono essere accompagnati da una vera profes-


sione di fede e conversione da parte della folla. In questo caso,
l'atto di fede precede il miracolo, non lo segue. Naturalmente, ogni
guarigione pubblica è sempre seguita da una ulteriore serie di mira-
coli, che la folla impetra ed ottiene:
Gli abitanti della città, vedendo questo, venivano e portavano gli
ammalati; li collocavano dinanzi a lui e venivano guariti. Venivano
anche da altre città con gli infermi; costoro, risanati, ascoltavano
volentieri la parola di Dio 146 •

146 Vita Andreae Gregorii Turonensis, 27: "Quod videntes viri civitatis,

veniebant et adferebant aegrotos, ponentes ante eurn, et curabantur. Sed et de


aliis civitatibus veniebant curn infirrnis, et ipsi sanabantur et libenter audie-
bant verburn Dei".
CAPITOLO 13
ATTI DI PIETRO

Gli Atti di Pietro 1 sono collocabili nelle due ultimi decadi del n
secolo o all'inizio del m in una regione non chiaramente identificata
(Asia minore, per alcuni Alessandria o Roma 2). L'opera fu stesa
originariamente in greco ma, a parte il racconto del martirio ed
altri isolati passi, la parte più estesa sopravvissuta sembra essere
data da un testimone unico latino, abbastanza fedele, conservato
nella biblioteca capitolare di VercellP. Questa versione latina, per
motivi stilistici, è datata al m-Iv secolo4. Un approfondito studio
di Matthew Baldwin, però, ha messo in dubbio che si tratti di una
traduzione di un originale greco così antico, in quanto prima del
250 non vi sarebbero inequivocabili prove dell'esistenza di un testo

1 Cfr. M. ERBETIA, Gli apocrifi del Nuovo Testamento, vol. 2, pp. 135-139;
W. ScHNEEMELCHER, Neutestamentliche Apokryphen, vol. 2, pp. 243-255. Una
raccolta di studi in The Apocryphal Acts o( Peter, ed. J. N. BREMMER, (da inte-
grare con E. NoRELLI, Sur /es Actes de Pierre). Ancora fondamentale J. FLA-
MION, Les Actes apocryphes de Pierre. Alcuni passi commentati in A. MoNACI, Il
diavolo e i suoi angeli, pp. 275-285.
2 J. N. BREMMER, Aspects o( the Acts o( Peter, pp. 14-20 porta alcune argo-

mentazione in favore dell'Asia Minore.


3 L'elenco di tutti i testimoni in Clavis Apocryphorum Novi Testamenti, ed.
M. GEERARD, pp. 101-116; G. PouPON, Les Actes de Pierre el leur remaniemenl;
C. M. THOMAS, The "Prehislory" o( lhe Acls o( Peter. Si attende da tempo la
nuova edizione di Gérard Poupon, non ancora apparsa. Pur basandomi sull'edi-
zione di L. VouAUX, Les Acles de Pierre, ho tenuto sott'occhio la traduzione
francese contenuta in Écrits apocryphes chréliens, edd. F. BovoN - P. GEoL-
TRAIN, pp. 1041-1114, curata dal medesimo Poupon; egli infatti ha dato conto,
nella sua versione, di alcune correzioni che dovranno entrare a far parte della
sua edizione (cfr. p. 1045).
4 Per J. N. BREMMER, Aspecls o( lhe A cis o( Peter, p. 19, la presenza di spie

imperiali (i curiosi, cap. 11) rimandano ad un periodo successivo al 359. Cfr.


il Codex theodosianus, VI, 29, l, dove si nominano "curiosi et stationarii", e
VIII, 5, 50, ove compaiono "iudices et curiosos". Vedi G. PuRPURA, I Curiosi.
Sulle edizioni ed alcuni problemi del manoscritto latino, A. HILHORST, The Texl
o( lhe Actus Vercel/enses. Per la sua possibile origine africana, G. PouPoN, L'ori-
gine a(ricaine.
312 CAPITOLO 13

denominato Alli di Pietro; gli Alli latini vercellesi sarebbero invece


la traduzione di un'opera da mettere in relazione con le Recognitio-
nes pseudoclementine. Occorrerebbe allora guardare al testo latino
come a una fonte molto indipendente e comunque abbastanza
tardiva, non troppo indicativa del periodo cronologico da me pre-
scelto5. È da verificare l'autenticità di un frammento greco recen-
temente edito, che contiene un episodio di cacciata di demoni, di
cui si dirà alla fine.
L'opera ebbe una grande diffusione, soprattutto tra manichei,
priscilliani ed ariani. Anche se il contrasto tra Pietro e Simon Mago
è il tema prevalente, ciò non implica che si abbia a che fare con
uno scritto completamente assorbito nella polemica colla gnosi
simoniana; più semplicemente, si tratta del contrasto di un apo-
stolo con un mago, servo del demonio, che si spaccia per il Messia.
Nello scritto sono stati evidenziati tratti di monarchianismo e di
docetismo, ma dato il carattere popolare dello scritto si preferisce
evitare un improbabile quanto artificioso inquadramento teologico
sistematico.

l. L'invettiva di Pietro contro Simon Mago


Gli Atti di Pietro mettono in campo due potenze opposte, Simon
Mago e Satana contro l'apostolo Pietro6 , nei termini di una insa-
nabile contrapposizione reciproca 7 • Simone ed il diavolo che lo
accompagna fanno la loro comparsa sin dal capitolo quarto, nella
città di Roma, allo scopo di sconvolgere la fede dei cristiani e
farli apostatare; a Simone, a causa dei suoi prodigi8 , vengono
ormai attribuiti titoli divini, paragonabili a quelli riservati al dio

5 M. C. BALDWIN, Whose Acts o{ Peter?


6 Su Pietro nella tradizione antica, O. CuLLMANN, Pietro; A. RIMOLDI, L'apo-
stolo S. Pietro; R. PESCH, Simon Petrus; K. BERGER, Unfehlbare Offenbarung.
Per le sue caratteristiche in questi Atti, P. HERCZEG, Theios aner Traits.
7 Molte delle argomentazioni qui esposte riprendono le osservazioni di

A. MoNACI, La demonologia negli Atti.


8 Acta Petri, 6 (p. 262): "<Simone> con delle formule magiche e con la sua

cattiveria aveva fatto apostatare completamente tutta la comunità dei fra-


telli". Ma alla fine della narrazione tutto ciò che Simone farà "sarà dimostrato
nient'altro che incantesimi ed inganni magici" (16, p. 318).
ATTI DI PIETRO 313

Asclepio 9 • Pietro sin dal suo arrivo a Roma annuncia qual è il suo
vero antagonista:
Ci ha preceduti colui che tenta l'orbe terrestre 10 per mezzo dei suoi
angeli; ma colui che ha la potestà di sottrarre i suoi servi da ogni
tentazione 11 distruggerà le sue seduzioni e le porrà sotto i piedi di
coloro che credettero nel Cristo che noi predichiamo 12 •

Nel suo primo discorso alla folla, che riecheggia l'ultimo discorso
di Paolo davanti alla popolazione, Pietro ricorda il suo passato,
quando egli stesso era stato scandalizzato dal demonio, insistendo
sul tema dell'incarnazione di Cristo come annientamento del potere
diabolico. Dopo questo discorso, che ottiene il pentimento della
folla, e dopo essere venuto a conoscenza dell'apostasia del senatore
Marcello, uno dei membri più illustri della Chiesa romana, Pietro
pronuncia una lunga invettiva contro il Maligno:
A tal vista, Pietro, scosso da un dolore profondo, inveì: "O artifizi
e tentazioni molteplici del diavolo! O macchinazioni e ritrovati di
malignità! Questi alimenta per sé, nel giorno dell'ira, il più grande
fuoco, sterminio degli uomini semplici, lupo rapace 13 , divoratore e
dissipatore della vita eterna! Tu hai irretito il primo uomo con la
concupiscenza e l'hai vincolato a te con la tua antica malvagità e
col legame del corpo; tu sei il frutto completamente amaro dell'al-
bero dell'amarezza 14, tu che instilli le diverse concupiscenze. Tu hai
spinto Giuda 15 , mio condiscepolo e apostolo, ad agire empiamente,
affinché tradisse il Signore nostro Gesù Cristo, il quale è necessario

9 Acta Petri, 4 (p. 248): "In Italia deus, Romanorum salvator"; più avanti
(12, p. 304) il cane parlante chiama Simone "Inimicissimus omnium animan-
tium", il che parrebbe l'opposto del titolo asclepiadeo cptÀotv6p<ù7t6'!ot'!oç. Cfr.
A. MoNACI, La demonologia negli Atti, p. 342, nota 55. Sull'antagonismo Cristo-
Asclepio, cfr. H. C. KEE, Miracle in the Early Christian World, pp. 78-104; L. e
E. EDELSTEIN, Asc/epius, vol. 2, pp. 132 SS.
10 Cfr. Ap 12, 9: "Satana seduce tutta la terra".

11 Cfr. 2 Pt 2, 9: "Il Signore sa liberare i pii dalla prova e serbare gli empi

per il castigo nel giorno del giudizio".


12 Acta Petri, 6 (p. 266): "Praeoccupavit nos qui temptat orbem terrarum

. per angelos suos; sed extinguet seductiones ipsius et sub pedibus ipsorum con-
stituet qui crediderunt in Christo quem nos praedicamus, qui habet potestatem
eruere servos suos ab omni temptatione".
13 Mt 7, 15; At 20, 29;

14 Cfr. Deut 29, 17: "Non vi sia tra di voi radice alcuna che produca veleno

e assenzio".
1' Cfr. Le 22, 3; Gv 13, 12.
314 CAPITOLO 13

che ti punisca. Tu hai indurito il cuore di Erode, hai infiammato


il faraone 16 e l'hai costretto a combattere contro Mosè, il santo
servo di Dio; tu hai dato a Caifa l'audacia di consegnare il Signore
nostro Gesù Cristo ad un'iniqua moltitutine, ed ancor oggi con le
tue frecce avvelenate colpisci anime innocenti. Malvagio nemico di
tuttP 7 , anatema da parte della Chiesa del Figlio di Dio santo onni-
potente18; come un tizzone gettato via dal fuoco 19 tu sarai spento dai
servi del Signore nostro Gesù Cristo. Contro di te e contro i tuoi
figli, stirpe pessima, si rivolti la tua nerezza, contro te si rivoltino
le tue malizie, contro te le tue minacce, contro te e i tuoi angeli le
tue tentazioni, o principio della malignità20 , o abisso di tenebre! Le
tenebre che ti appartengono siano con te e coi vasi che possiedi21.
Allontànati dunque da coloro che crederaimo in Dio 22 , allontanati
dai servi di Cristo, da coloro che vogliono esserne i soldati23 • Abbi
per te le tue tuniche24 di tenebre. Senza motivo bussi a porte altrui,

16 Cfr. Es 9, 12 el passim, dove però è il cuore del faraone ad essere indu-


rito.
17 Cfr. per questo titolo G. J. M. BARTELINK, 'Avnxd~J.e:voc;.
18 Poupon traduce "sei rigettato come anatema dalla Chiesa", correggendo
ab eius in abiceris.
19 A m 4, 11: "Vi ho travolti come Dio aveva travolto Sòdoma e Gomorra;

eravate come un tizzone strappato da un incendio".


20 Cfr. l Gv 3, 8: "Il diavolo è peccatore fin dal principio".

21 Cfr. HERMAS, Pastor, 33, 2 (Mand. 5, 1): "Lo Spirito Santo che dimora

in te sarà puro; nessun altro spirito malvagio lo oscurerà, ma, trovandosi a


suo agio, sarà lieto e contento con il vaso in cui dimora"; 34, 5 (Mand. 5, 2):
"Quando questi spiriti si trovano in un unico vaso dove dimora già lo Spirito
Santo, quel vaso non contiene più, ma trabocca" (traduzione di Mario Erbetta);
IRENAEUS LUGDUNENSIS, Adversus haereses, III, 8, 2: "Suppellettili e casa <del
diavolO> eravamo noi, quando eravamo nell'apostasia; egli, infatti, si serviva
di noi come voleva e lo spirito immondo abitava in noi" (traduzione di Enzo
Bellini); Ps. BARNABAS, Epistula, 7, 3: "Il Signore avrebbe offerto in sacrificio il
ricettacolo (crxe:uoc;) del suo spirito" (traduzione di Guido Bosio).
22 Cfr. Mt 7, 23: "Allontanatevi da me, voi operatori di iniquità"; Le

13, 27.
23 Cfr. 2 Tm 2, 3: "Prendi anche tu la tua parte di sofferenze, come un buon

soldato di Cristo Gesù"; l Tm l, 18.


24 Poupon sostituisce ianuas (porte) a lunicas (tuniche). Per l'importanza

del colore delle vesti, cfr. HERMAS, Pastor, 86, 5 (Sim. 9, 9): "Dodici donne,
bellissime d'aspetto, vestite di nero"; 9, 13, 5: "Unico sarà il colore dei loro
abiti"; Acta Philippi, 135: "Beato chi sarà trovato con il vestito splendido"
(traduzione di Mario Erbetta). Vedasi E. PETERSON, Theologie des Kleides.
ATTI DI PIETRO 315

le quali non sono tue, ma di Gesù Cristo che le custodisce 25 • Tu


infatti, o lupo rapace, vuoi rapire le pecore che non sono tue, ma
che sono di Gesù Cristo26 , il quale le custodisce diligentemente con
la massima cura 27 •

Un'analisi puntuale di questo passo è g1a stata affrontata


altrove 28 ; mi limiterò a ricordare i paralleli con la demonologia
dell'Apocalisse di Mosè e del Libro dei Giubilei. La prima parte è
una rassegna dell'operato del demonio nel corso della storia umana,
fin dalle origini, che ricorda - seppur all'inverso - le commemoratio-
nes oeconomiae salutis delle più tarde liturgie eucaristiche: là ven-
gono enumerate la creazione del cielo e della terra, la creazione
dell'uomo, il paradiso terrestre ed il peccato originale, la cacciata
dei nostri progenitori, il diluvio, la distruzione di Sodoma, Abramo,

25 Cfr. Le 13, 25: "Quando il padrone di casa si alzerà e chiuderà la porta,

rimasti fuori, comincerete a bussare alla porta, dicendo: Signore, aprici. Ma egli
vi risponderà: Non vi conosco, non so di dove siete".
26 Cfr. Gv 10, 12: "Il mercenario invece, che non è pastore e al quale le

pecore non appartengono, vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge e il


lupo le rapisce e le disperde".
27 Acta Petri, 8 (pp. 282-286): "O artes variae et temptationes diabolil O

machinationes et adinventiones maloruml Qui sibi in die iracundiae ignem


maximum nutrit, exterminium hominem simplicum, lupus rapax, vorator et
dissipator vitae aeternae! Tu priorem hominem concupiscentia inretisti et pri-
stina nequitia tua et corporali vinculo obligasti; tu es fructus arboris amari-
tudinis totus amarissimus, qui varias concupiscentias inmittis. Tu Iudam con-
discipulum et coapostolum meum coegisti inpie agere, ut traderet Dominum
nostrum Iesum Christum, qui de te poenas exigat necesse est. Tu Herodis cor
indurasti et Pharaonem infiammasti et coegisti pugnare contra sanctum ser-
vum Dei Moysen, tu Caifae audaciam praestitisti, iniquae multitudini ut Domi-
num nostrum Iesum Christum traderet, et usque adhuc sagittis tuis veneficis,
animas innocentes sagittas. Improbe inimice omnium, catathema ab eius Eccle-
sia Filii Dei sancti omnipotentis, et tamquam titio de foco eiectus extingue-
ris a servis Domini nostri Iesu Christi. In te nigritudo tua et in natos tuos,
semen pessimum, in te convertantur nequitiae tuae et in te minae tuae et in te
temptationes tuae et in angelis tuis, principium malitiae, tenebrarum abyssusl
Quas habes tenebrae tuae tecum sint et cum vasis tuis quae possides. Discede
itaque ab his qui credituri sunt Deo, discede a servis Christi et illi volentibus
militare. Habeto tu tibi tuas tunicas tenebrarum; sine causa pulsas aliena ostia,
quae non sunt tua sed Christi Iesu qui ea custodit. Tu enim, lupe rapax, volens
abripere pecora quae tua non sunt, sed sunt Christi Iesu qui custodit ea diligen-
ter summa eu m diligentia".
28 A. MoNACI, Il diavolo e le sue metamorfosi, pp. 420-428; vedi anche le note
dell'edizione di L. VouAux, Les Actes de Pierre.
316 CAPITOLO 13

Melchisedech, Giobbe, !sacco e Giacobbe, Giuseppe, Mosè, Aronne e


Giosuè, etc. 29 Qui, invece, si ripercorrono alcune tappe della malva-
gia azione del demonio, dall'inganno del serpente sino al ruolo gio-
cato da Satana durante la cattura di Gesù, e della sua persistente
attività malefica nel mondo. Manca qualsiasi allusione al peccato
carnale degli angeli, presente altrove nella produzione coeva, men-
tre la riflessione demonologica prende spunto dal racconto gene-
siaco della cacciata di Adamo. La seconda parte è invece occupata
dall'invettiva vera e propria. Il mondo qui descritto pare diviso
in due campi: da una parte Satana con ciò che è in suo potere
(angeli, vasi, tenebre, tuniche), dall'altra Cristo e i suoi credenti,
caratterizzati da una simplicitas (&7tÀ6TI)ç) che nella tradizione giu-
daica o giudeo-cristiana è descritta come una virtù dei giustP0 • È
possibile per l'autore degli Atti di Pietro - osserva Adele Monaci -
descrivere come semplici coloro che hanno abbandonato Cristo
per seguire Simone, soltanto se si concepisce l'influsso demoniaco
sull'animo umano come una resa quasi obbligata ad una pressione
irresistibile, caratterizzata da un oblio di sé che è proprio della pos-
sessione, e non come una scelta imputabile totalmente all'uomo31 •
Questo passo assume un certo rilievo se collocato sullo sfondo del
dibattito sulla paenitentia secunda che imperversava all'epoca; la
diffusione della spiegazione del peccato come possessione demo-
niaca, o comunque cedimento alla superiore forza del demonio, è
attestata anche da Origene, all'inizio del m secolo32 •
L'insistenza del testo nell'utilizzo di verbi di costrizione (coego,
vinculo, obligo) per indicare l'operato del demonio sulla persona,
contribuisce a corroborare questa ipotesi; anche il tradimento
di Pietro viene spiegato da lui medesimo come una perdita del
senno (exsensalio) operata dal diavolo33 • L'idea del peccato come

29 Vedi ad esempio l'anafora dell'ottavo libro delle Costituzioni apostoliche;

traduzione in E. MAZZA- MoNACI DI BosE, Segno di unità, pp. 165-177.


°
3 Cfr. il Testamento dei XII Patriarchi o il Pastore di Erma.
31 A. MoNACI, Il diavolo e le sue metamorfosi, pp. 425-426.

32 ORIGENES, De principiis, III, 2, 1: "I più semplici tra i fedeli di Cristo cre-

dono che tutti i peccati commessi dagli uomini sono stati commessi per influsso
esercitato sulle menti da queste potenze avverse, che si rivelano più forti in
questo invisibile combattimento. Sì che, se non ci fosse il diavolo, nessun uomo
peccherebbe". Traduzione di Manlio Simonetti.
33 Acta Petri, 7 (p. 274): ''(. .. ) exsensatus a diabolo et non habens in mente

verbum Domini mei".


ATTI DI PIETRO 317

possessione diabolica è avvalorata dalla presenza di temi ricon-


ducibili ad un linguaggio di natura esorcistica: la maledizione del
demone, le minacce a lui rivolte e l'ingiunzione di allontanamento
(&.7to7tofL7dJ) 34 . In seguito a questa invettiva di Pietro "un numero
di persone ancora più grande credette nel Signore", forse proprio a
causa di questa dimostrazione di potenza.
Il diretto rappresentante del demonio è Simon Mago; la sua
azione è accomunata a quella del Maligno, ed anche la sua per-
sona è talora presentata come un'essenza demoniaca 35 . La figura di
Simone è oggetto di due interpretazioni concorrenti: per alcuni egli
è un uomo potente, che si presenta come figlio di Dio o Dio egli
stesso, che denigra i cristiani quali poveri adoratori di un giudeo
figlio di un carpentiere, e che riserva a sé stesso gli onori adeguati
al suo rango; per altri, è un mago malvagio, in grado di compiere
meraviglie con l'aiuto del diavolo, ma incapace di eguagliare con
la propria magia la potenza taumaturgica e miracolistica dell'apo-
stolo36. La vicenda narrata negli Alli di Pietro pare la fissazione
letteraria di un problema reale: il pericolo di un'apostasia dal cri-
stianesimo in seguito alla comparsa di qualche figura carismatica
concorrente. Se l'attività taumaturgica di Cristo e dei suoi seguaci
aveva influito pesantemente sulla conversione dal paganesimo al
cristianesimo, non era escluso che la comparsa di qualche altro per-
sonaggio ad essi paragonabile potesse compiere la medesima opera-
zione, come è avvenuto nel nostro racconto con i cristiani residenti
a Roma. La concorrenza tra pagani e cristiani in questo campo
è testimoniata anche dalla frequenza con la quale le due fazioni
si scambiano reciprocamente l'accusa di magia (sempre intesa in
senso negativo, opposta al miracolo), un tema ricorrente nella
letteratura del 11 e m secolo37 ; entrambe le parti consideravano il

34 Minacce, invettive ed ingiunzioni sono topoi dell'esorcismo ellenistico; cfr.


K. THRAEDE, Exorzismus, coli. 51-52.
35 Acta Petri, 17 (p. 326): "instabile daemonium"; 17 (p. 332): "angelus
Satanae"; 22 (p. 360): "daemonium".
36 Cfr. P. HERCZEG, Theios aner Traits, pp. 35-38; G. LuTIIKHUIZEN,
Simon Magus as a Narrative Figure. Sulla figura di Simon Mago in generale,
rimando alla bibliografia data nel capitolo dedicato ad Ireneo.
37 La lettura del Contra Celsum di Origene, ad esempio, permette di mettere
immediatamente a confronto il modo con il quale le medesime accuse vengono
utilizzate da entrambe le parti. Sull'argomento, cfr. H. REMUS, Pagan-christian
Con(lict over Miracle.
318 CAPITOLO 13

miracolo come una prova di potenza della divinità, e spesso è dif-


ficile se non impossibile differenziare l'uso che di questi miracoli
viene fatto dall'uno o dall'altro. Negli Atti degli Apostoli e nelle
Lettere di Paolo i prodigi compiuti dai membri della Chiesa sono
differenziati da quelli che avvengono al di fuori di essa, ai quali è
riservata una diversa terminologia: di Simone si dice che esercitava
la magia ((J.ocye:uw) e compiva magie ((J.ocy(ocL, At 8, 9-11), e Bar-
Iesus è chiamato mago ((J.ocyoc;;) e pseudoprofeta (~e:u8o7tpocp~TI)c;;,
At 13, 6). Negli Atti apocrifi l'accusa è frequentissima, e aumenta
nei testi più recenti38 ; le designazioni utilizzate per queste per-
sone sono (J.ocyoc;; (il mago, dotato di un occulto e temibile potere),
cpocp(J.ocx6c;; (il fattucchiere, che si serve di filtri e pozioni) e y61)c;; (più
che altro uno stregone nel senso di impostore, un ciarlatano).
È importante notare che contro Simone è pronunciata mirabil-
mente, da parte di un infante, un'invettiva simile alla precedente,
ove l'identificazione tra la persona di Simone ed il demonio che lo
ispira è quasi compiuta:
Orrore per Dio e per gli uomini, sterminatore39 della verità e pes-
sima semenza di corruzione, sterile frutto della natura! Compari per
un breve e misero tempo, mentre poi ti attende una pena eterna!
Nato da padre spudorato, non getti mai le radici nel bene, bensì
nel veleno, stirpe senza fede, sprovvisto di qualsiasi speranza! [... J
Lungi ora da questa soglia segnata dalle tracce dei santi! Non cor-
romperai più le anime innocenti che rovinavi e rattristavi a pro-
posito di Cristo. Sarà mostrata allora la tua pessima natura e sarà
sventata la tua macchinazione4°. Dico ora la mia ultima parola:
Gesù Cristo ti dice: "Costretto dal mio nome, ammutolisci, e stai
fuori da Roma fino al sabato venturo" 41 •

38 Cfr. G. PouPoN, L'accusation de magie dans [es Acles apocryphes. Sulla


magia negli Atti, J. N. BREMMER, Magie in the Apocryphal Acls; l. CzACHESZ,
Magie and Mind.
39 Cfr. Ap 9, 11: "Il loro re era l'angelo dell'Abisso, che in ebraico si chiama

Perdizione, in greco Sterminatore".


4° Cfr. 2 Tm 3, 9: "Costoro però non progrediranno oltre, perché la loro stol-
tezza sarà manifestata a tutti, come avvenne per quelli".
41 Acta Petri, 15 (pp. 314-316): "O horrende Deo et hominibus, o extermi-

nium veritatis et corruptionis semen pessimum, o infructuosum fructum naturae!


Sed et in brevi et in minimo adparens, et post haec poena aeterna te manet. De
inpuderato patre natus, qui numquam in bono, sed in veneno radices emittis,
incredibile genus et omni spe destituite [... ] Discede itaque a ianua in qua sanc-
torum vestigia conversantur. Iam enim non corrumpes animas innocentes quas
ATTI DI PIETRO 319

Ritornano qui le medesime immagini dell'albero, del frutto e del


veleno, cui si aggiunge il tema della generazione di Simone da parte
del diavolo, che lo sostenta con il nutrimento del proprio fiele. Ma
l'ira di Pietro verso Simone è in realtà rivolta al demonio che lo
guida; nel momento in cui la folla acclama l'uccisione di Simone,
ormai smascherato come mago, Pietro si oppone al cruento epilogo
in nome dell'amore cristiano per i nemici 42 • Se Simone vorrà, potrà
pentirsi e riconciliarsi con Cristo; se non lo vorrà, parteciperà della
sorte di suo padre, il diavolo. È così operata una chiara distin-
zione tra il demonio e Simone, ed è adombrata la possibilità di
redenzione di quest'ultimo. In effetti, la persona che è entrata in
contatto con il demonio, in quella che viene chiamata "possessione
etica", è in una certa misura vittima dell'irresistibile potenza di
Satana, che conduce ad una sorta di oblio di sé; la penitenza e la
conversione sono allora lo strumento di salvezza dell'uomo43 •
In questo discorso è possibile rinvenire i medesimi temi già iden-
tificati come tipici dell'esorcismo; ad essi si aggiunse l'ingiunzione
ad ammutolire, anch'essa un topos della letteratura esorcistica, di
ascendenza evangelica. Per Gérard Poupon questa imprecazione,
come la precedente, sono senz'altro "tratte da un rituale battesi-
male e dagli esorcismi sui catecumeni" 44 • Non sono convinto, però,
che questa sia l'origine di questi formulari: è vero che tra la fine
del n e l'inizio del 111 secolo cominciano ad apparire le prime testi-
monianze di esorcismi battesimali, ma è anche vero che una deriva-

evertebas et contristabas in Christo. Ostendetur itaque tua pravissima natura


et concidetur machinatio tua. Autem novissimum verbum dico: Dicit tibi lesus
Christus: "Ommutesce coactus nomine meo et exi a Roma usque venturo sab-
bato".
42 Acta Petri, 28: "Noi non siamo capaci di rendere male per male, ma

abbiamo imparato ad amare i nostri nemici e a pregare per i nostri persecutori.


Se anche costui può pentirsi, sarebbe meglio. Il Signore non si ricorderà del
male fatto. Venga dunque alla luce del Cristo. Ma se non può, partecipi alla
sorte di suo padre, il diavolo".
43 Cfr. HERMAS, Pastor, 31, 4-5 (Mand. 4, 3): "Per i chiamati prima di questi

giorni il Signore stabilì la penitenza. Il Signore, che scruta il cuore e prevede le


cose, conobbe la debolezza degli uomini e la furberia del diavolo nel fare il male
ai servi di Dio e nel macchinare contro di loro. Misericordioso, il Signore ebbe
compassione della sua creatura e stabilì la penitenza, e diede a me il potere su
di essa". Traduzione di Antonio Quacquarelli.
44 Écrits apocryphes chrétiens, edd. F. BovoN - P. GEOLTRAIN, p. 1069,

nota C.
320 CAPITOLO 13

zione dell'esorcismo sui posseduti dall'esorcismo sui catecumeni mi


pare abbastanza improbabile. Se infatti l'esorcismo dei posseduti è
una pratica che rimonta alle origini apostoliche e ha dei precedenti
nel giudaismo coevo, l'esorcismo dei battezzandi come rito separato
e distinto dal battesimo vero e proprio appare successivamente;
sarebbe quindi assai più probabile che il rito di esorcismo su un
catecumeno si sia ispirato principalmente a quello già preesistente
dei posseduti, piuttosto che l'inverso, anche se non è da escludersi
qualche influsso reciproco. Qui, poi, il modello evangelico è molto
evidente, ed induce a non soffermarsi troppo nella ricerca di altre
origini più remote.

2. Esorcismo di un giovane posseduto


Un racconto di esorcismo vero e proprio si colloca prima dell'in-
contro di Pietro con Simone. Pietro, arrivato nella casa ove si
trova il mago, concede miracolosamente il dono della parola ad un
cane da guardia affinché vada a chiamarlo 45 • Nell'attesa del ritorno
del cane,
si volse quindi alla folla di fronte a lui e vide un tale che sghi-
gnazzava, nel quale vi era un pessimo demonio. Pietro gli disse:
"Chiunque tu sia, che hai riso, mostrati apertamente davanti a
tutti i presenti". A tale intimazione, il giovane si precipitò nell'atrio
della casa, e gridando a gran voce e lanciandosi contro la parete,
disse: "Pietro, c'è una grande discussione tra Simone e il cane che
hai inviato. Simone dice al cane: "Dì che non ci sono". Il cane gli
risponde più di quello che gli comandasti. Questi, dopo aver por-
tato a termine il compito 46 che gli ordinasti, morirà ai tuoi piedi".
Pietro allora gli rispose: "Ma tu, demone, chiunque tu sia, nel nome
del Signore nostro Gesù Cristo, esci dal giovane, senza nuocergli
in alcun modo; mostrati a tutti gli astanti". Udito ciò, il giovane
si spinse avanti ed afferrando una grande statua di marmo, posta

45 Animali parlanti si trovano anche anche in Acta Thomae, 40 (puledro),

Acta Philippi, VIII, 17 et passim (leopardo e capretto). Esiste una base biblica
alla quale poter fare richiamo: il serpente genesiaco (Gen 3, 1-5) e l'asina di
Baalam (Num 22, 28-30; cfr. 2 Pt 2, 15). Sugli animali parlanti, cfr. C. R. MAT-
TEWS, Articulate Animals, specie pp. 223-232. Si veda anche, per l'uso della
figura dell'animale in connessione col simbolismo religioso, H. M. LINS, Tiere in
der Mythologie; nella concezione degli antichi, U. DIERAUER, Tier und Mensch.
Ho già dato ulteriore bibliografia sul cane nel capitolo su Alcibiade di Apa-
mea.
46 Seguendo Poupon, intendo ministerium in luogo di mysterium.
ATTI DI PIETRO 321

nel centro della casa, la fece a pezzi a calci. Era quella la statua
di Cesaré7 •

La scena appare ispirata ad un simile episodio della Vita di


Apollonia di Tiana:
<Mentre Apollonia parlava> un giovane coprì le sue parole con un
riso sguaiato ed insolente; ed egli, sollevando a lui lo sguardo, "non
sei tu", disse "a insultare così, ma il demone che ti incita senza
che tu te ne accorga". Il giovane in effetti era posseduto, e non
lo sapeva; rideva per cose che a nessun altro muovevano il riso,
e passava al pianto senza alcun motivo, parlava con sé stesso e
cantava da solo. La gente credeva che a questi atti lo riducesse
la sfrenatezza dell'età, ma quando sembrava ubriaco egli non era
che l'interprete del demone, appunto come allora. Poiché Apollonia
guardava verso di lui, lo spettro prese a mandare urla di spavento
e di furore, simili a quelle dei condannati al rogo o alla tortura,
e giurava che avrebbe lasciato libero il giovane e non si sarebbe
introdotto in alcun altro uomo. Ma Apollonia gli rivolse la parola
in tono irato, come un padrone fa con uno schiavo astuto, vizioso
e sfrontato, e gli ordinò di dare un segno della sua dipartita. "Farò
cadere quella statua" disse l'altro, indicando una delle statue
intorno al portico del re, dove si svolgeva la scena; e quando la sta-
tua prese a muoversi dapprima lentamente, poi cadde, chi potrebbe
descrivere il tumulto e gli applausi che salutarono il prodigio? 48

Entrambi i posseduti sono presentati nell'atto di ridere; la burla


degli uomini pii, dei santi in particolare, da parte degli empi, è un
motivo ricorrente che trova conferma nel racconto di Filostrato.
Nel racconto cristiano vi sono altre due motivazioni: anzitutto una

47 Acta Petri, 11 (pp. 298-301): "Convertit se Petrus ad turbam quae illi


adstabat, et vidit quendam in turba subridentem, in quo erat daemonium
nequissimum. Ad quem Petrus dixit: "Quicumque es qui risisti, ostende te in
palam omnibus adstantibus". Hoc a udito iuvenis inpetum feci t in atrio domus,
et voce magna clamans et inpingens se in parietem dixit: "Petre, magna con-
tentio est inter Simonem et canem, quem misisti; qui dicit Simon cani: "Nega
me hic esse". Ad quem plura dici t canis quam quae mandasti ei. Et postquam
perfecerit my(ni)sterium quod illi praecepisti, ante pedes tuos morietur". Petrus
autem dixit: "Et tu itaque, quicumque es daemon, in nomine Domini nostri
Iesu Christi exi a iuvene, nihil nocens eum; ostende te omnibus adstantibus".
Hoc audito iuvenis expulit se, et statuam magnam marmoream quae in atrio
domus posita erat adpraehendens, eam calcibus comminuit. Erat enim statua
Caesaris".
48 PHILOSTRATUS, FLAVIUS, Vita Apollonii, IV, 20. Traduzione di Dario Del
Corno.
322 CAPITOLO 13

probabile rem1mscenza biblica, generalmente ostile al riso49 ; poi,


il contrasto emotivo con la toccante scena della conversione di
Marcello che era appena avvenuta sotto gli occhi di tutti, un fatto
che non può che generare un'insolente risata in un uomo malvagio
o posseduto.
La scena descritta è del tutto consueta: il santo e Filostrato rico-
noscono il demonio (demone e demonio sembrano termini intercam-
biabili nel testo degli Atti), e causano una reazione che comporta
delle grida di dolore da parte dello spirito, il quale riconosce imme-
diatamente il potere dell'esorcista. Pietro costringe il ragazzo a
mostrarsi pubblicamente, gli concede di dire ciò che vuole ed infine
lo scaccia. Le parole del demonio sono la rivelazione di ciò che sta
accadendo all'interno della casa, ove un cane inviato da Pietro sta
parlando; esse contengono anche una previsione, la morte del cane
che avverrà poco più avanti 50 •
Questa volta è riportata un'autentica formula esorcistica: "Ma
tu, demone, chiunque tu sia, nel nome del Signore nostro
Gesù Cristo, esci dal giovane, senza nuocergli in alcun modo;
mostrati a tutti gli astanti". La formula è tipica, imperativa,
un comando a demoni di abbandonare il posseduto nel nome di
Cristo. Due elementi meritano di essere sottolineati. Innanzi-
tutto, il chiunque tu sia; si tratta di una denominazione generica
rivolta al demone da parte di un esorcista che non ne conosce il
nome, e si può ritrovare anche in testi più tardivi 51 • Poi, il partico-
lare che l'esorcista comandi al demone di mostrarsi a tutti presenti;
sembra che ogni esorcismo debba compiersi in pubblico, quasi la
liberazione di un ossesso in un contesto privato fosse un contro-
senso. Qui, come nel racconto di Filostrato, la spettacolarizzazione
dell'uscita del demone è portata al massimo grado, con l'improv-

49 Sulla tematica del riso (che non sempre e comunque viene condannato),

Riso e comicità nel cristianesimo antico, ed. C. MAzzucco (specie i saggi di


Clementina Mazzucco, Daniele Garrone).
50 Sorprende la morte del cane, per la quale non viene data spiegazione.
Perché muore, se è una voce divina? Un'interpretazione può essere ricavata
dalla sorte dell'altro animale parlante divino, l'asina di Baalam; secondo la tra-
dizione giudaica essa è morta appena terminato di parlare, affinché la gente
non la potesse più udire, orientandosi ad adorarla (cfr. E. J. ScHOCHET, Animai
Life in Jewish Tradition, p. 95).
51 Ad esempio, Papyri graecae magicae, IV, 1239-1240: 'E~opx(~w ae:, 8oc"L-

!J.OV, iScr·nç 7tO't", OÒV d.


ATTI DJ PIETRO 323

visa quanto mirabile rottura di una statua che, nel caso degli
Atti, è una statua dell'imperatore. La distruzione dell'immagine
di Cesare, peraltro, si configura come un atto suscettibile di lesa
maestà 52 , e la sua successiva ricomposizione da parte di Pietro può
essere vista come un evidente segno di lealtà verso l'impero sotto-
lineata dall'autore dello scritto e rivendicata dai cristiani a partire
da Paolo fino agli apologisti 53 . Il racconto ha tutte le caratteristi-
che di una pubblica rappresentazione religiosa, atta ad indurre gli
astanti alla pronta conversione, in conseguenza dell'azione mirabile
appena realizzata.

3. Un frammento greco
Nel 2006 François Bovon e Bertrand Bouvier hanno segnalato
l'esistenza di un manoscritto, fino ad oggi pressoché ignorato, che
riporta un frammento greco titolato "Dagli Atti del santo apostolo
Pietro" 54 . Il manoscritto è stato datato tra la fine dell'xi secolo e
l'inizio del XII, proveniente da qualche scriptorium basiliano della
regione di Otranto, della Calabria o della Sicilia. Per il suo conte-
nuto non ha paralleli negli Atti latini del manoscritto di Vercelli,
ma dimostra relazioni con il contenuto di una Storia di Pietro e
Paolo conservata in arabo, etiopico, karsuni e cristiano palesti-
nese55.
Il testo narra di un episodio avvenuto mentre l'apostolo si tro-
vava sulla via di Azot, città situata sulla costa palestinese orientale
del Mediterraneo. Sul far della sera gli si presenta un demone sotto
le sembianze di angelo, accompagnato da sette servitori. Ricono-
sciuto immediatamente il principe dei demoni, Pietro si difende da
lui con il segno della croce, la preghiera e l'invocazione del nome
di Gesù Cristo; allo stesso tempo, disegna un cerchio sul suolo per
imprigionare il Maligno:
Mentre dunque il beato Pietro considerava queste cose, fece il
segno della croce tra il suo petto e la fronte teofora e, segnatosi,
si volse alla preghiera. E invocò il terribile e puro nome del nostro

52 Anche solo l'urinare sulla statua dell'imperatore era punibile con la pena
capitale; cfr. J. N. BREMMER, Aspecls ofthe Acls o{ Peter, pp. 11-12.
53 Cfr. A. MARTIN, L'historienne et /es Apocryphes, pp. 15-16.
54 F. BovoN- B. BouviER, Un fragment grec inédit des Acles de Pierre?
55 Cfr. Clavis Apocryphorum Novi Testamenti, ed. M. GEERARD, n° 203.
324 CAPITOLO 13

salvatore Gesù Cristo, Signore nostro, fece il marchio della croce e


segnò attorno al principe e ai dèmoni che erano con lui. Levate le
mani al cielo, disse a gran voce con un sospiro: "Mio Signore Gesù
Cristo, si mostri la tua gloria per mezzo dello Spirito Santo: sono
forse costoro degli angeli della tua divinità, come dicono, oppure
spiriti del Nemico del bene?" E mentre Pietro pregava, il principe
dei dèmoni e quelli che erano con lui dicevano: "Perché gridi, Pie-
tro, perché invochi il nome del salvatore Gesù Cristo? Concedici
un attimo e ti diremo tutta la verità". Pietro disse loro: "Per il
Cristo vivente che vi incatena, se non direte la verità non uscirete
da questo marchio" 56 •
L'apostolo si segna dal basso verso l'alto, cioè dal petto alla
fronte, con la croce. Poi fa il "marchio della croce" (il termine
X.tX.PtXYfl~ qui è sinonimo di x_&ptX"(fltX) e "segna attorno" i demoni.
Secondo gli editori del testo si tratterebbe di un cerchio tracciato
intorno agli avversari infernali, compiuto facendo dei segni di
croce, a scopo apotropaico: Pietro stabilisce una separazione pro-
tettiva tra lui e i diavoli, imprigionandoli 57 .
Dopo aver riconosciuto la propria natura, il demone cessa di
parlare quando Pietro gli chiude la bocca. E così, uno dopo l'altro,
ciascun demone risponde alle domande dell'apostolo, che li inter-
roga sulla loro natura: sono i demoni della malvagità, della menzo-
gna, dell'adulterio, dell'avarizia, della maldicenza. Per sette giorni
Pietro li interroga, costringendoli a parlare con formule imperative
come questa:

56 Fragmentum ex Actis Petri, 3-4: 'Qç oùv -rotu-rot 8Le:Àoy(~e:-ro ò f.totxcipwç

flé-rpoç, 7tOL~aotç -rò O""IJf!.Ei:ov -rou a-rotupou &.votf.téaov -rou a-r~6ouç otù-rou xotl
-rou 6e:oq>6pou f!.ET6mou, xotl aq>potylaotç dç e:ùx~v hp&7t1J. Koct 6vof.tciaotç -rò
q>o[3e:pòv xotl &xpocv-rov 15vof.tot -rou aw-rljpoç ~fi.WV 'I "IJO"OU XpLa-rou -rou Kup(ou
~f.I.W\1 XIXL 1tot~aott; xocpotyfi.~V O"Totupou xotl. 1tEflLX1XflcX~ott; TÒV &pxonot xod -roùç
aùv otù-rii) 8octf1.0Vott;, &.votTEtVIltt; TOCt; xe:i:pocç dç TÒV oùpocvòv e:I7te:V q>wvij fi.EYcXÀ"()
fi.ETOC O"TEVIXYfi.OU" KopLé f!.OU 'I "IJO"OU XpLa-ré, q>otV~T(ù aou ~ M~oc 8Loc TOU ocy(ou
rr VEUf.totTOç. Et &pot wç ÀéyouaLV oihoL &yye:ÀOL e:!al.v -rljç aljç 6e:6T"IJTOç ~
1tVEUfi.IXTot TOU f!.LO"OXcXÀOU; Kotl. wç "IJ~XETO ò flé-rpoç, è:f36"1JO"EV ò &pxwv TWV
8otLf1.6vwv xotl. ot aùv otù-rii) Àéyovnç- Tl [3o~c;. flé-rpe:, -r( 6vof.tcX~e:Lc; -rò 6vof.tot
-rou aw-rljpoç 'I1Jaou XpLa-rou; ~x8e:~otL ~fi-i:" f!.Lxpòv xotl. Myof.tév aoL ~" &.À~-
6e:Lotv 1tiiaocv. 'O 8è: flé-rpoç Àéye:L otù-roi:t;" Zii ò XpLa-ròç ò 8e:af.te:uaocç Òf.tiit;, Èocv
fL~ d1t1JTE ~" &.À~6e:totv, où fl.~ È~éÀ61J-re: Èx Tljç xocpocyf.tl8oç TIXUT"fJt;.
57 F. BovoN - B. BouYIER, Un (ragment grec inédit, p. 33.
ATTI DI PIETRO 325

Ti scongiuro (opx(~w G&) per il fuoco inestinguibile nel quale devi


ardere, dimmi con ogni precisione donde vieni, che cosa sei e quale
potere possiedi 58 •

Infine arriva il momento della liberazione:


Pietro, udite queste cose, liberò i dèmoni dal marchio della croce su
comando del nostro Signore Gesù Cristo59 •

Più che di un esorcismo in senso stretto, si tratta di un rituale


apotropaico. Ma è interessante l'uso del segno di croce, lo scongiuro
e l'interrogatorio dei demoni, che hanno evidenti paralleli con gli
altri racconti di esorcismo.

58 Fragmentum ex Actis Petri, 10: 'Opx(~w Gt <"Ò> &a[3e:<nov 7tÙp Èv 4>


~xe:~ç KOmXXIltljV, e:!mf (J.O~ 1tOCGIXV .. ~V ocxp([3e:t<XV 1t66ev XIXt ,..( .. uyxocve:tç X<Xl
1tOLIXV È;ouaLIXV ~xe:~ç.
59 Fragmentum ex Actis Petri, 11: 'O 8è IU,..poç ocxoua<Xç "<XÙ"<X ocntÀuae:v

..oùç 8<XL[J.OV<Xç &:nò "ijç X<XP<XYfJ.ii<:; "où cr"<Xupoù X<X"dt xÉÀe:ua~v "où crw ..ijpoç
~(J.WV 'l"t)croù Xptcr,..où.
CAPITOLO 14
ATTI DI PAOLO

La datazione degli Atti di Paolo 1 oscilla tra il 150 e la fine del


secolo 2 • Redatti in Asia minore, sono sopravvissuti in maniera assai
frammentaria e in lingue diverse3 ; sono composti principalmente da
tre scritti, gli Acta Pauli et Theclae, l'Epistula tertia ad Corinthios
e il Martyrium Pauli. Grazie ad un papiro copto del VI secolo 4 è
stato possibile anche rintracciare l'itinerario dell'apostolo5 come era
presentato dagli Alli.

l. Esorcismo di Anfione
È proprio il papiro che restituisce, in maniera molto frammen-
taria, l'unico episodio di esorcismo noto negli Acta Pauli, che si
svolge a Tiro:
Dopo <i'arrivm di Paolo <a Tiro, una> folla di giudei [... ] verso di lui.
Questi [... ] e udirono una grandezza [... ] si sorpresero [... ] Anfione
[... ] <dicendm: ''[. .. ] Crisippo [... ] demòni con <lui> [... ] <miracoli?>
numerosi [.. .]''. Come Paolo [... ], dicendo: ''[. .. ] Dio. E nessun
<demonio sarà> con Anfione. Essi [... ) per mezzo del demonio [... ]

1 Cfr. M. ERBETIA, Gli apocrifi del Nuovo Testamento, vol. 2, pp. 243-256;

W. ScHNEEMELCHER, Neutestamentliche Apokryphen, vol. 2, pp. 193-214. Si


ricorre ancora all'edizione di L. VouAUX, Les Actes de Pau/, in attesa dell'edi-
zione di Willy Rordorf. Se ne può avere un assaggio nella traduzione da lui
curata in Écrits apocryphes chrétiens, edd. F. BovoN- P. GEOLTRAIN, pp. 1117-
1177. Traduzione italiana e commento anche in V. MANGOGNA, Commentario agli
Atti di Paolo e Tecla. Una raccolta di studi in The Apocryphal Acls o( Paul and
Thecla, ed. J. N. BREMMER. Anche A. G. BROCK, The Genre of the Acls of Pau/.
2 Il terminus ante quem è la composizione del De baptismo di Tertulliano,

che li cita al cap. 17. La dipendenza dagli Alli di Pietro, spesso data per acqui-
sita, è stata talora messa in dubbio.
3 Testimoni elencati in Clavis Apocryphorum Novi Testamenti, ed. M. GEE-
RARD pp. 117-126.
4 C. ScHMIDT, Acta Pauli.

5 Su Paolo, E. ALEITH, Das Paulusuerstii.ndnis; W. ScHNEEMELCHER, Paulus


in der griechischen Kirche; A. LINDEMANN, Paulus im ii.ltesten Christentum. Negli
Alli in particolare, J. BoLL6K, The Descriplion of Pau[.
328 CAPITOLO 14

nessuno ha [... ] dicendogli: "Salva<mi>, perché io non muoia". Men-


tre la folla [... ) anche quell'altro demonio si presenta [... ] nel [... ),
e subito i demòni <fuggirono?> [... ) Quando la folla vide <queste cose
nella potenza> di Dio, resero gloria a colui che aveva donato [ ... ) a
Paolo6 .
Gli Atti di Tito 7 , che utilizzano certamente gli Atti di Paolo 8,
conservano memoria di questo avvenimento: "Paolo guarì Affia,
moglie di Crisippo, ossessa da un demonio" (3).
Questo è tutto quanto sopravvive; alcuni manoscritti greci testi-
moniano uno sviluppo più tardivo (entro il v secolo) degli episodi
conclusivi della vita di Tecla, aggiungendo anche qualche rife-
rimento alla sua attività esorcistica. Ad esempio, il manoscritto
G9 racconta che Tecla visse per molti anni in una spelonca su un
monte, guarendo gli ammalati e gli ossessi:
Saputolo, dunque, tutta la città e la regione circostante recavano
i loro infermi sul monte, e prima ancora di essersi avvicinati alla
porta, subito rimanevano guariti da qualsiasi infermità fossero col-
piti, e gli spiriti immondi uscivano gridando. Tutti riottenevano le
loro membra sanate 10 •
Questo racconto, peraltro, travalica limiti cronologici che
abbiamo imposto alla nostra indagine.

6 Acta Pauli, 40, 1-25: n.~y~o]c NAe Nn.peqe[• ~~oyN ~Typoc ~~ oyH]-

Httql6 N1oy~e[1 ... ~]~oyN ...r ...q· Nee[1 ......]ycu ~vcw"rii ...HH[NTNMS...] ~yjiq111Hpe
N61 [ ...] .xe ~N [ ... eq.xo]y HH~[c .xe ...] titrHel [ ...] xpycmnoc e[ ...
NA.U]HoNION NHH[eq ...]e~e eN...qJCDOY· [ ...]ere n~v~ N~[ ... eq].xoy H~c·
.xe qN( ...jnNOYTe ~yw H(N~IHONION N~qJCDne] HN ~H.ION. ~y( ...]~ITH
n~IHoN[ION ...]ei1ne ~ve Nc[ ...]ec.xoy HH...c Neq [.xe N]~H[eT .xeu.~ce]
NNIHoy· ~H n[Tpe] nHttep[e ...]~q· ...q~~e...peT[(j N]61 TlKeA[...•HoNioN ...] ~[p]­
Hel ~H n[ ..•]~N ToyNoy N[Ae] NA.uHo[NION ~ynwT • ~H] nTpe nHI:tql6 N[A]e
Ney ~[Neel ~N T&H] ttnNOyTe ~vte~y i1neNT[~qt ...]H... Hn...y~oc.
7 Cfr. F. HALKIN, La légende crétoise de saint Tite; ID., Études d'épigraphie
grecque.
8 Cfr. M. R. JAMES, The Acts of Titus and the Acts of Pau[.
9 È il codice dell'editio princeps di E. Grabe (Barocc. 180 della Biblioteca

Bodleiana di Oxford, secolo xn).


IO L. VOUAUX, Les Actes de Pau/, pp. 233-234: rvoucroc oòv 1t~O"IX ~ 1t6ÀLç
xoci ~ m:plxopoç, ~rpe:pov Toùç &:ppwcrTouç ocÙTwv Èv Téi) 15pe:L, xoct 1tpLv~ T7i 6up~
7tpocre:yylcrwcrL, 6~TTOV oc7t7Jì.ì.liTTOVTO, ol<p 8~1toTe: xocnlxov-.o vo<r~(J.IXTL, xoct
TCÌ 1tVEU(J.IXTIX TCÌ &:x&.6ocpToc xp&.l;;ov-.oc È~~pxovTo" xoct 1tiXVTEç XIXTEÀii(J.~OCvov
TcX t8LIX IXÙTWV uyL~.
CAPITOLO 15
ATTI DI TOMMASO

La città di ongme degli Atti di Giuda Tommaso 1, composti in


Siria orientale nel m secolo, fu forse Edessa, capitale di quel regno
di Osroene nato dopo l'abbandono della Mesopotamia ai parti da
parte dei seleucidi (132 a.C.); una regione multietnica, popolata
dagli autoctoni aramei, da arabi nabatei e da parti, ma anche
da persiani ed ebrei, caratterizzata dunque della coesistenza di
diverse correnti religiose pagane. La città di Edessa, in particolare,
era nota nell'antichità per essere un centro di guarigioni miraco-
lose, per le sue sorgenti con virtù curative; la sua collocazione sulla
via della seta ne aveva favorito una veloce evangelizzazione2 • Qual-
cuno invece ha pensato a Nisibi, più a est, città altrettanto impor-
tante, cosmopolita e culturalmente attiva 3 • Difficile comunque è la
ricostruzione dell'ambiente in cui si è sviluppato il cristianesimo,
milieu d'origine della composizione di cui ci stiamo occupando 4 •
Certo è che all'epoca di composizione dei nostri Atti era già in cir-
colazione da tempo la traduzione siriaca dell'Antico Testamento poi
chiamata Pesitta, ed i quattro Vangeli canonici erano letti nell'ar-
monia del Diatessaron composto da Taziano: una controprova della
presenza in Siria intorno gli anni '70 del n secolo di colui che è
descritto dalle fonti eresiologiche come il padre di quell'encratismo

1 Cfr. M. ERBETTA, Gli apocrifi del Nuovo Testamento, vol. 2, 307-312;

W. ScHNEEMELCHER, Neuteslamenlliche Apokryphen, vol. 2, 289-303 (Han


J. W. Drijvers). Si veda anche A. F. J. KLJJN, The Acls o{ Thomas. Una rac-
colta di studi in The Apocryphal Acts of Thomas, ed. J. N. BREMMER. Una messa
a punto, per certi versi innovativa, in S. MYERS, Revisiling Preliminary lssues.
2 Cfr. R. LAVENANT, Edessa; P. BETTIOLO, Lineamenti di palrologia siriaca,
specie pp. 509-512; 527-530; A. F. J. KL!JN, Edessa; J. B. SEGAL, Edessa, lhe
Blessed City; H. J. W. DRJJVERS, Cults and Beliefs al Edessa.
3 La proposta è di G. HUXLEY, Geography in the Acls of Thomas, e condi-
visa da S. MYERs, Revisiting.
4 Cfr. H. J. W. DRJJVERS, Apocryphal Literature in the Cultura/ Milieu of
Osrhoene.
330 CAPITOLO 15

di cui gli Alti - in una certa misura - sono permeati5 • I contrasti


interni al cristianesimo edesseno e nisibeno, in particolare con una
locale comunità marcionita, sono testimoniati dalle notizie che ci
sono pervenute su Bardesane ed Abercio nella seconda metà del 11
secolo; in un periodo di più difficile collocazione, vedono la luce in
questa regione le Odi di Salomone.
In questo ambiente così variegato si collocano gli Acta Thomae,
associati alternativamente dalla letteratura cristiana successiva a
correnti gnostiche, manichee, encratite e catare, poi rimaneggiati
in senso ortodosso6 • In generale, si può dire che l'opera presenta
certe affinità con il manicheismo 7 , anche se l'ambiente siriaco sin-
cretista pre-manicheo in cui gli Alti sono sorti potrebbe spiegare
almeno in parte queste affinità; I'encratismo è evidente solamente
nella seconda parte del racconto. Gli Alti, originariamente vergati
in siriaco e difficilmente opera di un unico autore, ci sono con-
servati per intero anche in greco8 ; la recensione siriaca sopravvis-
suta, però, è stata rivista in senso ortodosso, per cui talora il greco
mostra di aver conservato meglio il tenore originale dello scritto9 •
Per la mia traduzione mi baso sul testo greco, dando però conto
di ogni divergenza significativa del siriaco, e in alcuni casi presen-
tando sinotticamente le due recensioni 10 •

5 Sull'encratismo, F. BoLGIANI, La tradizione eresiologica; H. CHADWICK,


Enkrateia; l. BLOND, Encratisme; La tradizione dell'enkrateia, ed. U. BIANCHI;
G. SFAMENI GASPARRO, Enkrateia e antropologia. In particolare negli Atti, EAD.,
Gli Atti apocrifi degli Apostoli (ove si tende a rivalutare il carattere encratita di
questi scritti, a suo parere eccessivamente minimizzato dai più recenti studi);
Y. TISSOT, Encratisme et Acles apocryphes.
6 Cfr. F. GoRI, Gli apocrifi e i Padri, pp. 264-265. Su tutto, l'introduzione

agli Atti di A. F. J. KLIJN, The Acls of Thomas, pp. 18-53.


7 Affinità già sottolineate da W. BoussET, Manichiiisches in den Thomas-

aklen; ma, ricorda P. H. POIRIER, Les Actes de Thomas el le manichéisme, la


questione se gli Atti siano ascrivibili a quell'ambiente o meno va meglio ricon-
siderata, al di là della mera ricerca dei parallelismi.
8 Testimoni in Clavis Apocryphorum Novi Testamenti, ed. M. GEERARD,

pp. 147-152. Si è in attesa della nuova edizione di Paul-Hubert Poirier e Yves


T isso t.
9 Cfr. H. W. ATTRIDGE, The Originai Language.

10 La traduzione dei testi siriaci è di Emanuela Braida. Ho costantemente


tenuto sott'occhio la anche più recente versione francese di Paul-Hubert Poirier,
basata su un maggior numero di manoscritti (Écrils apocryphes chrétiens, edd.
ATTI DI TOMMASO 331

1. Il serpente nero
Gli Atti di Tommaso dedicano grande spazio al tema demo-
nologico11 e contengono un gran numero di espliciti racconti di
esorcismo, accompagnati da innumerevoli resoconti di miracoli e
guarigioni di ogni genere. Tommaso è presentato come un potente
taumaturgo, le cui facoltà sono riconosciute dalla folla:
Tutti coloro che avevano dei malati o dei vessati dagli spiriti impuri
li portavano e li mettevano sul cammino dove egli doveva passare,
ed egli li guariva tutti nella potenza del Signore 12 •
Il racconto è chiaramente modellato sulla testimonianza evange-
lica13. Per gli abitanti di quella regione, Tommaso può ben essere
definito un mago ebreo 14 ; ma la sua generosità, le sue guarigioni ed
i suoi esorcismi gratuiti farebbero ritenere diversamente:
Noi pensiamo che sia un mago. Ma i suoi atti di bontà, le guari-
gioni compiute gratuitamente per mezzo suo e ancor di più la sua
semplicità e amabilità, nonché la sua fede, mostrano che è un uomo
giusto o un apostolo del nuovo Dio che egli annunzia 15 •
Il primo caso di esorcismo è descritto da Tommaso medesimo
come una prova: il Signore lo ha condotto in un luogo ben preciso,

F. BovoN - P. GEOLTRAIN, pp. 1323-1470). Ringrazio Yves Tissot per il mate-


riale che mi ha cortesemente inviato.
11 Cfr. S. CARELLO, Aspetti demonologici negli Atti, di cui qui e più avanti
mi sono ampiamente servito. l. CzACHESZ, The Bride of lhe Demon, si occupa di
alcuni dei racconti che qui verranno esaminati.
12 Acta Thomae, 59: Il&vnç ot ~x.ovnç vocrouv-r!Jlç ~ Òx_ÀoufLÉvouç 01tÒ 7tVEU-

fJ.cX-rwv OCxOl6&p-rwv 7tpocrÉcpepov, oQç l>t XOlL Èv Tji ol>éj> hWouv Èv n~fLEÀÀev
8teÀ6ei.'v, XOlL 7tcXVTOlç Èv Tji l>uv&fLet -rou Kup[ou È6ep&7teuev.
13 Mt 4, 24: "La sua fama si sparse per tutta la Siria e così condussero a lui

tutti i malati, tormentati da varie malattie e dolori, indemoniati, epilettici e


paralitici; ed egli li guariva"; At 5, 15-16: "( ... ] fino al punto che portavano gli
ammalati nelle piazze, ponendoli su lettucci e giacigli, perché, quando Pietro
passava, anche solo la sua ombra coprisse qualcuno di loro. Anche la folla delle
città vicine a Gerusalemme accorreva, portando malati e persone tormentate
da spiriti immondi e tutti venivano guariti"; Mc 6, 55: "E accorrendo da tutta
quella regione cominciarono a portargli sui lettucci quelli che stavano male,
dovunque udivano che si trovasse".
14 Acta Thomae, 101: "Ti devo raccontare, o re Misdeo, un fatto nuovo e un
nuovo disastro che Sisiforo ha procurato all'India: si tratta di un certo mago
ebreo, che abita in casa sua".
15 Acta Thomae, 20.
332 CAPITOLO 15

ove giace in terra il cadavere di un bel giovane pagano 16 • Dopo


aver invocato l'aiuto del Signore, l'apostolo si rivolge ai presenti
affermando:
Questo fatto non capitò invano, ma il nemico lo ha prodotto e por-
tato a termine per fare assalto contro sé stesso; vedete che non si è
servito di un'altra specie né ha agito per mezzo di un altro animale
che non fosse a lui soggetto 17 •
Ciò significa che per Tommaso l'attività del demonio sull'uomo
è direttamente legata alle attitudini della sua vittima, la quale più
è entrata in contatto con lui, più è esposta al suo dominio. A que-
sto punto un serpente grande ((l.Éyoc.ç), nero secondo il testo siriaco
(forse la lezione originaria era (l.ÉÀoc.ç, con scambio di consonante),
un diavolo 18 , esce fuori da una buca, sbattendo la testa e scuotendo
la coda per terra e, dopo aver ottenuto il permesso di farlo, rac-
conta il motivo per il quale ha ucciso costui:
C'è una bella donna in questa contrada. Passando presso di me, io
la vidi e ne fui innamorato e, avendola seguita, la spiavo. E trovai
questo giovane che la baciava, si unì a lei e compì con lei altre
cose turpi. Per me sarebbe facile manifestare queste cose davanti a
te, ma so che tu sei gemello di Cristo e sempre rendi inoffensiva la
nostra natura. Non volendo sconvolgerla, non lo uccisi sull'istante,
ma dopo averlo tenuto d'occhio, lo colpii a morte la sera, mentre

16 Il diavolo colpisce specialmente uomini e donne aggraziati (cfr. capp. 31,


42 e 53); a ciò si aggiunge il motivo della bellezza degli indiani.
17 Acta Thomae, 30.
18 Per Ap 20, 2 Satana è un dragone; cfr. THEOPHILUS ANTIOCHENUS, Ad

Autolycum, Il, 28: "Il demone è poi anche chiamato dragone". Secondo PHILO-
STRATUS, FLAVIUS, Vita Apollonii, III, 6, l'India è una terra ricca di grandi
serpenti. Si occupa specificamente del serpente in Tommaso T. ADAMIK, The
Serpenl in the Acts o{ Thomas. Sul colore nero come segno di qualcosa di spet-
trale o demoniaco, A. STRAMAGLIA, Res inauditae, incredulae, pp. 38-39, con
bibliografia; F. J. DòLGER, Die Sonne, specie pp. 49-64; B. TEYSSÈDRE, Il dia-
volo e l'inferno, pp. 259-300. A titolo di esempio, LUCIANUS SAMOSATENUS, Phi-
lopseudes, 31, dove appare un demone "sordido, coi capelli lunghi e più nero
delle tenebre", Ps. BARNABAS, Epistula, 4, 10: "Affinché il Nero non s'insinui
furtivamente, teniamoci lontani da ogni vanità"; Acta Petri, 8 e 22, dove il
colore nero è associato più o meno chiaramente al demonio; Acta Andreae
(latini), 22, dove i demoni appaiono neri come Etiopi (come anche in Acta
Petri 22). Su questo, J. M. CouRTES, Traitement patristique; L. CRAcco RuG-
GINI, Il negro buono.
ATTI DI TOMMASO 333

passava, tanto più che aveva osato compiere quell'atto in giorno


di domenica 19 •
Il dialogo tra Tommaso ed il serpente non è improntato ad una
forte opposizione, ma appare abbastanza disteso. Solamente il ser-
pente è restio a rivelare i particolari più sconvenienti dell'amplesso
tra i due, adducendo come spiegazione la consapevolezza che ha di
star parlando con chi è in grado di mandare in rovina la sua razza
(ma in siriaco il soggetto agente è l'abisso di Cristo, non Tommaso).
L'omicidio compiuto dal serpente pare un vero atto di gelosia 20 ,
sebbene il diavolo utilizzi come pretesto il peccato sessuale dei due
personaggi; l'insistenza sul tema di questa unione fedifraga sem-
bra quasi essere una giustificazione dell'operato del serpente21 • Pare
quasi che il demonio si presenti come un particolare strumento
ineludibile della giustizia divina, una sorta di Satana molto simile
a quello descritto nel libro di Giobbe 22 •
Tommaso allora lo interroga, secondo una consuetudine già evan-
gelica23, domandandogli a quale stirpe appartenesse; la domanda

19 Acta Thomae, 31: ruv~ -.(ç tcr't"tV tilpot(ot tv -.<fl x.wp(cp -.ou-.cp &ntxpuç·
xot~ 8tepx.ofJ.éV1)ç otùrijç 8t' t(J.oÙ l8wv otÙ'Ò)v ~pcicr61Jv otù-.Yjç, xot~ cixoÀou6~crotç
otÙTij t7t&'t"~pouv· Kot~ dipov 't"OU't"OV 't"ÒV VEotV(otv Kot't"otqnÀOUV't"ot otÙ't"~V, 8ç Kott
tXotV6lV1JO"EV otÙ't"ij Xott rxÀÀot otlcrx_p~ 8t&7tpcié;ot't"O (J.E't"' otÙrijç· Kci(J.OL (J.èV e6xoÀot
~v otÙ't"~ t7tt crou hcpiivott, of8ot ycip ere 8(8U(J.OV ISv't"ot 't"OU XptO"'t"OU TÒV 't"'Ì)V
cpucrtv ~(J.WV cid Xot't"otpyoÙV't"ot' 't"otpcié;ott 8è 't"otU't"1)V (J.'Ì) ~ouÀ1J6&Ìç otÙ't"ij 't"ij &p~
OÙX t6otvci't"WO"ot otÙ't"6V, ciM' tm't"1)p'Y)O"ci(J.EVOç otÙ't"ÒV Ècr7tépotç 8tepx.6!J.&VOV wljiotç
t6otvci-.wcrot otù-.6v, Kott (J.ciÀtcr't"ot XotTot't"OÀ(J.~O"otV't"ot otù-.òv -.ij xuptotxij ~(J.ép~
TOU't"O 8tot7tpcié;otcr6ott.
20 In PHILOSTRATUS, FLAVIUS, Vita Apollonii, III, 38, c'è un contesto simile:

"Il ragazzo è bellissimo, ed il demone è innamorato di lui". Anche nel Libro


di Tobia (6, 14), secondo la Vetus latina e la recensione greca rappresentata
dai codici Vaticano e Alessandrino, il demone Asmodeo ama Sara: l'aggiunta è
forse rinvenibile anche in una lacuna di 4Q196.
21 Il rapporto è avvenuto di domenica; dal contesto pare che fosse escluso

ogni atto di questo tipo nel giorno festivo, una santificazione che ci riporta
ad un contesto religioso influenzato dal giudaismo. Il Libro dei Giubilei (L, 8)
affermava riguardo al sabato: "E chiunque lo profani, chi si corica con la moglie
[... ) muoia". Traduzione di Luigi Fusella. Sulla domenica nella tradizione cri-
stiana antica, cfr. gli studi di W. RoRDORF, Der Sonntag; ID., Sabato e domenica;
ID., Origine et signification, e M. AuGÉ, La domenica.
22 Cfr. W. KmcHSCHLAGER - W. KoRNFELD, Satan (et démons); L. RANDEL-
LINI, Satana nell'Antico Testamento.
23 Mc 5, 9: "E gli domandò: "Come ti chiami?" "Mi chiamo Legione - gli
rispose- perché siamo in molti".
334 CAPITOLO 15

permette al serpente di sviluppare una vera e propria lezione demo-


nologica, costruita sulla base di una cosmologia gnostica:
Io sono un rettile della natura d'un rettile e un danneggiatore figlio
d'un danneggiatore. Io sono figlio di colui che ha mandato in rovina
e percosso i quattro fratelli in piedi24 ; io sono figlio di colui che è
assiso sul trono, per quanto sta sotto il cielo 25 , colui che riceve ciò
che gli è proprio da quelli che prendono in prestito. Io sono figlio di
colui che cinge il globo; io sono consanguineo di colui che si trova
al di là dell'oceano, la cui coda sta nella propria bocca 26 • Io sono
colui che entrò in paradiso attraverso la siepe27 e parlò con Eva
di tutto ciò che il padre mio mi aveva ordinato di dirle28 • Io sono

24 Passo di difficile interpretazione: si è pensato ai quattro punti cardinali,


oppure ai quattro elementi dell'uomo primitivo, ai quattro fiumi del paradiso
o ancora ai quattro giusti uccisi dal serpente nella tradizione giudaica (Sabbiith
babilonese, 55b: "Quattro morirono a causa della colpa del serpente: Beniamino
figlio di Giacobbe, Amram padre di Mosé, Jesse padre di Davide e Caleb figlio
di Davide". Traduzione di Joseph Bonsirven). Cfr. anche il cap. 165 dove T om-
ma so dice: "Sono quattro che mi abbattono poiché di quattro elementi sono
composto".
25 Cfr. Gv 12, 31; 14, 30; 16, 11 dove il diavolo è detto "principe di questo

mondo"; in Ef 2, 2 "principe delle potenze dell'aria"; in 6, 12 "dominatore di


questo mondo di tenebra". Ascensio lsaiae, l, 3; II, 4.
26 Secondo la Pistis sophia (126, 2) le tenebre esteriori al di là dell'oceano
"sono un grande drago con la coda in bocca; esse si trovano fuori del mondo
intero e abbracciano l'universo". Il serpente che si morde la coda è detto Dro-
boro.
27 M. ERBEITA, Gli apocrifi del Nuovo Testamento, vol. 2, p. 325, nota 25:
"La siepe è la siepe di malizia degli ofiti, limite di divisione fra il regno del
drago o dell'anima cosmica malvagia del Leviatan e il regno dei sette arconti
psichici, Jaldabaoth e compagni. Il paradiso terrestre dovrebbe trovarsi tra la
siepe suddetta e la siepe di luce, la quale, ancora secondo gli ofiti, divideva il
regno di luce dal regno di fuoco". Cfr. 0RJGENES, Contra Celsum, VI, 24-33,
ove si espone la dottrina degli ofiti (adoratori del serpente), letto alla luce del
commento di B. WIITE, Das Ophilendiagramm. Vedi anche Apocalypsis Mosis,
XVII. L'immagine della siepe ricorre anche nella parabola dei vignaiuoli omi-
cidi ed altrove, come segno di protezione e difesa della vigna piantata da Dio
(Mt 21, 33; Is 5, 5).
28 Gen 3, 1-5: "Il serpente [ ... ] disse alla donna: <•È vero che Dio ha detto:
Non dovete mangiare di nessun albero del giardino?>>. Rispose la donna al ser-
pente: «Dei frutti degli alberi del giardino noi possiamo mangiare, ma del frutto
dell'albero che sta in mezzo al giardino Dio ha detto: Non ne dovete mangiare
e non lo dovete toccare, altrimenti morirete~. Ma il serpente disse alla donna:
«Non morirete affatto! Anzi, Dio sa che quando voi ne mangiaste, si aprireb-
bero i vostri occhi e diventereste come Dio, conoscendo il bene e il male».
ATTI DI TOMMASO 335

colui che accese ed infiammò Caino ad uccidere il proprio fratello,


e per causa mia sono cresciuti sulla terra acanti e triboli29 • Io sono
colui che ha precipitato giù gli angeli dall'alto e li ha avvinti con
i desideri delle donne, le quali diedero alla luce dei giganti perché
nascesse da essi prole figlia della terra ed io, per mezzo di questi,
compissi il mio volere30 • Io sono colui che indurì il cuore del fara-
one perché uccidesse i figli d'Israele e li rendesse schiavi con duro
giogo31 • Io sono colui che traviò la folla nel deserto, quando si fecero
il vitello 32 • Io sono colui che infiammò Erode ed accese Caifa per la
mendace testimonianza dinanzi a Pilato: ciò infatti mi conveniva.
Io sono colui che indusse e acquistò Giuda affinché consegnasse
Cristo alla morte 33 • Io sono colui che abita e detiene l'abisso del
tartaro, ma il Figlio di Dio mi ha ingiuriato e ha scelto i suoi da
me. Io sono consanguineo di colui che dovrà venire dall'orienté\ al
quale è dato il potere di fare sulla terra ciò che vuole35 •

29 Gen 3, 18.
3° Cfr. Gen 6, 1-4: "Quando gli uommt cominciarono a moltiplicarsi sulla
terra e nacquero loro figlie, i figli di Dio videro che le figlie degli uomini erano
belle e ne presero per mogli quante ne vollero. Allora il Signore disse: "Il mio
spirito non resterà sempre nell'uomo, perché egli é carne e la sua vita sarà di
centoventi anni". C'erano sulla terra i giganti a quei tempi - e anche dopo -
quando i figli di Dio si univano alle figlie degli uomini e queste partorivano
loro dei figli: sono questi gli eroi dell'antichità, uomini famosi"; Liber Henoch,
7, 1-2: "<Gli angelb si presero, per loro, le mogli ed ognuno se ne scelse una e
cominciarono a recarsi da loro. E si unirono con loro ed insegnarono ad esse
incantesimi e magie e mostraron loro il taglio di piante e radici. Ed esse rima-
sero incinte e generarono giganti la cui statura, per ognuno, era di tremila
cubiti". Traduzione di Luigi Fusella.
31 Cfr. Ex 9, 12: "Ma il Signore rese ostinato il cuore del faraone". Qui la

causa è Dio, non Satana.


32 Cfr. Es 32, 3-4: "Tutto il popolo tolse i pendenti che ciascuno aveva agli

orecchi e li portò ad Aronne. Egli li ricevette dalle loro mani e li fece fondere
in una forma e ne ottenne un vitello di metallo fuso".
33 Cfr. Mt 2; Le 23, 6-10; Mt 26, 3 ss.; 27, 11 ss.; Gv 18, 28 ss.; Mt 26, 14-16.

Per la tentazione di Giuda, anche Acta Petri, 8; TERTULLIANUS, De anima, 8;


ORIGENES, De principiis, III, 2, l.
34 L'anticristo sarebbe venuto dall'oriente, dal regno dei parti (ad esempio,

HIPPOLYTUS, De Antichristo, 6; Testamentum Domini nostri Jesu Christi, X, 15);


cfr. F. J. DùLGER, Sol salutis, p. 165 e, in generale, F. SBAFFONI, Testi sull'anti-
cristo; G. L. POTESTÀ- M. RIZZI, L'anticristo.
35 Acta Thomae, 32: 'Ey6! Ép7tuu"t"Ìjç Épnuu-rou cpuue:wç xcd (3Àan-r~xòç (3Àa-

n-r~xou· ul6ç e:t!L~ Èxs:(vou -rou (3Mijlav-roç xal. 1tÀ~~av-roç -roòç -rÉuuapaç &.8e:À-
cpoòç -roÒç Éu-rw-raç· ul6ç e:l!J.~ Èxe:(vou 't"OU xa6e:~O!J.ÉVOU Ènl. 6p6vou e:tç 't"~V un'
oÒpav6v, 1'0U -r!Ì !8~a Àa!J.(3~vov-roç <Ì1tÒ -rwv 8ocvs:~~O!J.ÉVWV' ut6ç e:t!L~ Èxdvou
-rou "t"Ìjv acpa1'pocv ~WVVUOV1'0ç' uuyye:v~ç 8É e:t!L~ Èxdvou -rou ~~w6e:v 1'0U wxs:oc-
336 CAPITOLO 15

La recensione greca qui riprodotta è ritenuta essere quella pri-


maria36. Il diavolo si presenta come un rettile37 , appartenente
alla stirpe del "principe di questo mondo", creditore verso chi ha
domandato il suo aiuto, il quale è diventato in qualche modo suo

vou 5v-roç, où i) oùpQ: ~yxe:t-roct -rcj> t8(cp cr-r6(LocTt' ~yw e:t(Lt ò 8tQ: -rou cppocy(Lou
dcre:À66!v ~v -rcj> 7tocpoc8dcrcp xoct (LETQ; EiSocç ÀocÀ1jcrocç i5croc ò 7toc't"1jp (LOU ~ve:-rd­
Àoc-r6 (Lot ÀocÀljcroct ocù-rji· ~yw d(Lt ò ~~<XIjiocç xoct 7tupwcrocç K&·cv tvoc oc7toxn(v1l
TÒV t8tov oc8e:Àcp6v, xoct 8t' ~(Lè &xocv6oct xoct -rp(~oÀot ~cpUYjO"<XV ~v Tji Y7i' ~yw
El(Lt Ò TOÙ<; ocyyÉÀOU<; civ<ù6e:v X<XT<ù p(ljiocç xoct ~V TOtt<; ~m6u(L(<XL<; T& V yuv<XL-
x&v <XÙTOÙ<; X<XToc81jcrocç, tvoc YYJYEVEt<; 7t<Xt8e:ç ~~ <XÙT&V yÉV<ùVT<Xt X<Xt TÒ {lé-
ÀlJ(L& (LOU ~v ocù-roi:ç 8toc7tp&~<ù(L<Xt' ~yw d(Lt ò --rijv xocp8(ocv ll>ocpoc6! crxÀlJpuvocç,
tvoc -rQ: -rÉxvoc -rou 'lcrpoci)À cpove:U0"1) xoct ~v ~uycj> crXÀl)p6TlJTO<; xoc-roc8ouÀWO"YjT<XL
ocù-rouç- ~yw d(Lt ò -rò 7tÀlj6oç ~v -rji ~P1J!L<t> 7tÀocv1jcrocç, !5-re: -ròv (L6crxov ~7to(YJ­
crocv· ~yw d(LL ò -ròv 'Hpw811v 1tupwcrocç xoct -ròv Koc·c&cpocv ~~<XIjiocç ~v T7i ljie:u8l)-
yop(~ -rou ljie:u8ouç ~1tt OtM-rou· -rou-ro yQ:p ~!Lot ~7tpe:7te:v· ~yw d(Lt ò -ròv 'Iou-
8ocv ~~<XIjiocç xoct ~~ocyop<Xcrocç tvoc -ròv Xptcr-ròv 6ocv<X-rcp 7tocpoc8cj>· ~yw e:t(Lt ò -r~v
&~ucrcrov -rou -rocp-r<Xpou otx&v xoct xoc-réx_ <ùV, ò 8è utòç -rou 0e:ou &xov-r<X (LE
~8(xlJcre:v xoct -roùç t8(ouç ~~ ~(LOU ~~e:M~oc-ro· cruyye:v1jç e:l(LL ~xdvou -rou (LÉÀ-
Àov-roç oc1tÒ Tijç ocvoc-roÀijç ~px_e:cr6oct, <;i xoct ~~oucr(oc 8(8o-roct 7totljcroct 57te:p ocù-ròç
~oUÀET<Xt ~7tt Tijç yijç.
36 Il siriaco ha: "Io sono un rettile figlio di un rettile, danneggiatore figlio
di un danneggiatore. Sono figlio di colui al quale è stato dato il potere su tutte
le creature, che egli tormenta. Sono figlio di colui che, per coloro che gli obbe-
discono, si fece simile a Dio affinché compiano la sua volontà. Sono il figlio di
colui che governa ogni cosa creata sotto i cieli. Sono il figlio di colui che è al di
là dell'oceano, e la cui bocca é chiusa. Sono parente di colui che parlò con Eva
e, per mezzo di lei, fece sì che Adamo trasgredisse il comando di Dio. Sono colui
che incitò Caino ad assassinare suo fratello. Per causa mia, la terra fu maledetta
e su di essa crebbero spine: ed è per questo ch'io fui creato. Sono colui che osò
buttare giù i giusti dalla loro altezza e li corruppe con la brama delle donne;
generarono uomini corpulenti nei quali io compii la mia volontà. Sono colui che
irrigidì il cuore del faraone affinché uccidesse i figli di Israele assoggettandoli a
dura bassa schiavitù. Sono colui che traviò il popolo nel deserto, allorché li per-
suasi a modellarsi un vitello. Sono colui che eccitò Caifa ed Erode con calunnie
contro il Giudice giusto. Sono colui che, dopo avermelo assoggettato, indussi
Giuda a ricevere il prezzo per consegnare Cristo alla morte. Sono colui al quale
fu dato il potere su questo mondo, e il figlio di Maria mi afferrò con la forza
e mi strappò ciò che era suo. Sono parente di colui che verrà dall'oriente, e al
quale è stata data la potenza". Traduzione di Luigi Mora! di.
37 lreneo riferendosi alla setta degli ofiti testimonia la loro credenza nella
caduta del serpente genesiaco nel mondo, il quale generò a sua volta sei figli,
venendo a costituire l'insieme dei "sette demoni del mondo" (IRENAEUS LuGDU-
NENSIS, Adversus haereses, l, 30, 8).
ATTI DI TOMMASO 337

schiavo, parente del serpente tenebroso che avvolge l'universo. Si


identifica con il serpente tentatore di Eva, di Caino, degli angeli
ribelli precipitati sulla terra che generarono i malvagi giganti, del
faraone, degli ebrei nel deserto, di Erode, Caifa, Pilato e Giuda, con
richiami allibro dell'Apocalisse. Egli lamenta la venuta sulla terra
del Cristo, ma riafferma il proprio legame con l'Anticristo ex oriente
venturus, ed il proprio dominio sul mondo. Questo brano ricorda
quello già esaminato negli Atti di Pietro 8, l'invettiva dell'apostolo
contro il demonio; se non vi è una dipendenza, certamente le due
fonti attingono ad una tradizione comune. A proposito di questa
composizione, si è richiamato lo stile aretalogico 38 con ripetizione
formulare dell'èyw eLfJ-L39 • Un esempio nella letteratura ellenistica è
fornito da quelle aretalogie le quali, in forma di inni cultuali codi-
ficati, testimoniano l'uso di litanie nelle quali si enumerano i bene-
fici della divinità 40 •
Segue l'ingiunzione dell'apostolo nei confronti del serpente:

E quando il serpente ebbe detto Allora Giuda fece un cenno con


queste cose mentre l'intera folla lo la mano, alzò la voce e disse:
ascoltava, l'apostolo alzò la voce
verso il cielo, e disse:
"Ora cessa, o impudentissimo, "Tu sei ardito, poiché la tua
e vergognati, tu che stai per natura è messa a nudo e <sarai>
venire annientato completamente; ucciso, perché la tua sfrontatezza
è giunta ormai la fine della tua non doveva arrivare <al punto di
distruzione, e non osare dire ciò farti> dire le tue azioni con coloro
che hai fatto per mezzo di quelli che ti obbedivano, senza temere
che ti sono divenuti soggetti. Ti che la tua fine arrivasse. Ma io ti
comando nel nome di quel Gesù, il dico, nel nome del nostro Signore
quale fino ad ora ha fatto guerra Gesù, egli, che fino alla fine lottò
con voi per quegli uomini che sono con la tua natura in favore degli
suoi, di risucchiare il tuo veleno uomini che sono suoi: aspira il

38 Cfr. C. BaNNER, The Technique o[ Exorcism, p. 45. Anche A. J. FESTU-


GIÈRE, Études de religion, p. 150, nota 40, richiama alla mente le aretalogie di
Iside.
39 Cfr. E. ScHWEIZER, Ego eimi.
40 Cfr. F. CHAPOT - B. LAUROT, Corpus de prières grecques et romaines,
pp. 191-195; 347-349.
338 CAPITOLO 15

che gettasti su quest'uomo, di veleno che hai gettato contro que-


estrarlo e riprendertelo da lui" 41 • sto giovane. Poiché il mio Dio mi
ha mandato ad ucciderti e a resu-
scitare <il giovane> davanti a que-
sta folla, affinché essi credano in
lui, che è il Dio della verità e non
ve ne sono altri" 42 •

Il serpente rispose: "Non è venuto ancora il momento della nostra


fine, come dicesti; perché mi costringi a prendere ciò che gettai
su costui e a morire innanzi tempo? Quando infatti il padre mio
tirerà fuori e risucchierà ciò che ha gettato nel creato, allora sarà
la sua fine". Ma l'apostolo gli disse: "Mostra dunque fin d'ora la
natura di tuo padre". Allora, accostatosi, il serpente pose la bocca
sulla ferita del giovane e ne risucchiò il veleno. A poco a poco il
colore del giovane, che era come di porpora, divenne bianco, ed il
serpente si gonfiava. Quando il serpente ebbe ripreso tutto il suo
veleno il giovane, balzato su, si tirò in piedi e correndo si gettò
ai piedi dell'apostolo. Il serpente gonfiatosi crepò e morì, ed il suo
veleno e fiele si sparsero. Nel luogo dove il suo veleno si era sparso,
si fece una grande voragine e quel serpente fu ingoiato. Disse allora
l'apostolo al re e a suo fratello: "Mandate degli operai e riempite
quel luogo, gettate le fondamenta e costruitevi sopra case, affinché
diventi dimora per gli stranieri" 43 •

41 Acta Thomae, 33: Kocl -roci:i-roc e:bt6v-roc; -roi:i Bp&.xov-roc; Èx.e:lvou 7totv-ròc; -rou

6x_ÀoU Xot't'OCXOUO\I't'Oç, È7tcipocc; O &7t6a-roÀoç 't'~\1 (/)W\1~\1 otÙ't'OU e:tc; {)~oc; d7te:v·
TiocucratL ÀoL7tÒv &vocL8écr-roc-re:, xocì octcrx_uv61)'t'L ve:xpoufLe:voc; ISÀoc;· l!p6occre:v y&.p
crou -rò -réÀoc; -rljc; &7twÀe:locc;· xocl fL~ -r6ÀfLot Àéye:Lv & 8Le:7tpocl;w BLIÌ -rwv crol
Ù7tl)x6wv ye:vofLévwv. Ke:Àe:uw Bé croL Èv òv6fLot't'L -roi:i 'I lJGOu Èxe:lvou -roi:i fLéJ.pL
vi:iv &ywvoc 7tpÒc; ÙfLiic; 7towi:iv,..oc; BLIÌ -roùc; t8louc; &v6pw7touc;, lvoc -ròv t6v crou
&v ~~OtÀe:c; e: te; -ròv &v8pat -roi:i-rov ÈKfLU~ ~cr-nc; x.oct &ve:Àx.ucrocc; À&.~7Jc; È/; ocù-roi:i.
42 Acta Thomae, 33: . i::>or<o mL. ,._;r<o . cn:~.oré> ~cnl CII'! r<'lom. ~!l.om
~l'(' i::>or<'~l r<om ~.~l ~l"\:=~ ~r<' 1..\.ao ~..a>,_~ ~l'(' ~'l::oco
.Or< i::>or<' ~ ~r<' . cnl ~ ~ru!Ol ~l ~o : ~ ~Nor<'l ~ré> ~~l
. cnL:~ ~ .!>h. : ~ ,.,._ ~ .O~ l'(' ~~ f6ol>.l om : ....cuo. '-i::>ol m:ou::>
,_.r<' cnlo • .l~r< ~l ,.1\u. ,cnlr<:~ ~ . .Om ~ À.U.r<':l r<'~i::>o ,cn J>NIO~l
~~r<' ~o r<''l\x..:~ r<mlr< a..om:1 m.::o ,cu::oa.m.ll . .Om r6l::> ,.:\.!>,...
:1:> Traduzione
di Emanuela Braida.
43 Acta Thomae, o
33: 'O Bè Bp&.xwv e:Ì7te:v· 061tw xocLpÒc; l<p6occre:v -roi:i -ré-
Àouc; ~fLWV, xoc66lc; d7tatc;' -rl fL& &vocyx&.~e:Lç Àoc~e:i:v & e:tc; -roi:i-rov xoc-ré~ocÀo\1 x.ocl
o
&7to6ocve:i:v 7tpÒ xocLpoi:i; xocl y!Ìp ÈfLÒc; 7tot~p È1t!Ì\I &vLfL~Gl)'t'OCL xocl ÈXfLU~~G1J
o
& È7téppL~e:v -rji x-rlcre:L, -r6-re: ocù-roi:i ylve:,..otL -rò "éÀoc;. EI1te:v Bè oc\mj) &7t6cr-ro-
Àoc;' Lle:i:l;ov oòv ~8'1) "~" !pUGL\1 'tou 7tot-rp6c; crou. Koct 7tpocre:À6wv 8p&.x.wv o
È7té61)xe:v -rò cr-r6fLot È1tl ~~~ 7tÀ'1)y~v -roi:i ve:ocvlcrxou xocl È/;e:fLU~'Y)cre:v -r~v x_oÀ~v
ATTI DI TOMMASO 339

Se nella prima parte il racconto faceva registrare differenze sen-


sibili rispetto ai normali episodi di esorcismo (nessuno si era rivolto
all'apostolo che si era recato sul luogo inviato dal Signore; il ser-
pente si era palesato spontaneamente; il discorso tra i due pareva
disteso; non si trattava di un consueto episodio di possessione), ora
il senso esorcistico è più chiaro. L'apostolo ingiunge al serpente di
riprendersi il veleno con cui ha ucciso il giovane; la bestia prote-
sta che non è ancora giunto il momento della disfatta dei demoni,
che avverrà solamente quando il loro comune padre risucchierà il
fiele sparso nel mondo, ed il male risucchiato sarà la fine per tutte
le potenze demoniache. Tommaso costringe ugualmente il demone
a mostrare in anticipo quale sarà la sorte del padre: il risucchio
del veleno da parte del serpente è un'anticipazione di quella che
sarà la sorte finale di tutta la stirpe demoniaca, il cui risultato
è fin da ora noto ad entrambi gli interlocutori. In questo senso
questo episodio particolare, voluto personalmente dal Signore, è un
potente segno escatologico che riafferma la superiorità di Dio sulle
potenze del male; il confronto escatologico si configura come una
sorta di grande esorcismo, qui anticipato, nel quale Dio porrà fine
all'azione venefica del Maligno. Il fatto che secondo il testo siriaco
Gesù abbia lottato con il demonio "fino alla fine", come se la lotta
fosse già completata, mentre secondo quello greco si è ancora nel
corso della battaglia, ci conferma l'importanza del più generale
tema escatologico qui adombrato. La stessa differenza temporale
ricorre altrove, sebbene il testo siriaco sia probabilmente secon-
dario44. Naturalmente, la conclusione dell'episodio è il battesimo
del giovane, e sul luogo nel quale il serpente ha lasciato il vuoto,
saranno edificate abitazioni per i pellegrini.

ii; OtÙ-rou. KOtt xOt-rtX ~POtXÙ fLÈV ~ xpoLtX -rou ve:Otv(crxou, wcr7te:p 7top<pupOt oÙcrOt,
tÀe:uxOt(vno, o ~È ~p1ixwv t<pucrii-ro. "O-re: ~È 7tiicrOtv -r~v xoÀ~v e:lç ÉOtu-ròv
&:vécr1t0tcre:v o ~pcixwv, o ve:wnpoç ocvOt7t1J~~crOtç ~cr-r1J, XOtt ~POtfLWV 7tpÒç -roùc;
1t6~0tç -rou OC7tocr-r6Àou g1te:cre:v. 'O ~È ~pocxwv <pu<11)6e:tç tÀOCX"I)cre:v XOtt oc7té60tve:v,
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xiltl il;e:xu61J Otù-rau lòc; xOtt ~ xoÀ~· iv ~È -riji -r6mp aù lòc; Otù-rau il;e:xu61l
xoccrfJ.Ot Èyéve:-ro fJ.ÉyOt, XOtt xOtn7t661) o ~pocxwv ixe:~voç. Et1te:v ~È o OC7t6cr-roÀoç
-riji ~OtcrLÀe:~ xOtì -r<;> &:~e:À<p<;> Otù-rau· BocÀe:n ipyoc-rOtç xiX t &:v0t1tÀ1JpwcrOt-re: -ròv
't"67tOV tXE~VOV, XIX t 6én 6e:fLE:ÀLouç XIX t arxouç olxo~OfJ.~<10t't"e: t7t0CVW, rvOt o(X"I)-
<1Lç yÉV"I)'t"OtL 't"O~ç i;ÉVOLç.
44 Cfr. A. F. J. KLIJN, The Acts o{ Thomas, p. 227.
340 CAPITOLO 15

2. L'esorcismo della donna


Un racconto di esorcismo vero e proprio ha per protagonista una
donna. In questo caso la vittima stessa del demonio (ancora una
volta una persona di bell'aspetto) espone la funzione principale
dell'esorcismo: la dimostrazione della potenza di Dio e l'accresci-
mento nella fede negli spettatori:
Una donna molto avvenente improvvisamente diede un gran grido,
dicendo: "O apostolo del nuovo Dio, che sei venuto nell'India, e
servitore di quel santo e unico buon Dio; per mezzo tuo viene pre-
dicato questo salvatore delle anime di coloro che vanno a lui, e
per mezzo tuo sono sanati i corpi di coloro che sono tormentati
dal nemico; tu sei divenuto cagione di vita di tutti quelli che si
volgono a lui. Comanda che io sia portata innanzi a te, perché ti
racconti che cosa mi è successo e subito mi nasca speranza da te, e
quelli che ti stanno accanto divengano maggiormente fiduciosi nel
Dio che tu annunci45 •
La donna racconta di essere importunata da cinque anni dal
demonio; questi si presentò per la prima volta al suo cospetto
all'uscita di un bagno, sotto le sembianze di un giovane uomo
"sconvolto e spaventato", con un accento ed un parlare "molto
scuri e mela ti", invitando la donna a congiungersi con lui. Al rifiuto
opposto da questa, che era casta per scelta e non aveva mai nep-
pur acconsentito a prendere marito, si concluse il dialogo: nacquero
però i primi sospetti nella donna, quando la sua fantesca affermò
di averla vista parlare con un vecchio, non con un giovane. Il rac-
conto prosegue per bocca della donna in questo modo:
Mentre avevo questo in mente, mi addormentai. Quegli, giunto
in quella notte, si unì a me per il suo sordido commercio. Fattosi
giorno, lo vidi e fuggii da lui. Tornato nella notte seguente, abusò
di me. Ed ora, come vedi, sono ormai cinque anni che sono tor-
mentata da lui, e non mi ha lasciata. Ma io so e sono persuasa

45 Acta Thomae, 42: ruv~ 8É ·nç mX.vu wpoc(oc OCL<pVL8(wç <pWV~V oc<pijxe fL&y(-
crnJV ÀÉyoucroc· 'A7t6cr-roÀe: -rou vÉou 0e:ou ò ÈÀ6wv dç -r~v 'I v8(ocv, xoct 8ouÀe:
-rou ocy(ou Èxdvou xoct [.L6vou ocyoc6ou @e:ou· 8Loc crou yocp oihoç X7)pUcrcre't"OCL Ò
crw-r~p 't"WV ljiux_wv 't"WV 7tpÒç ocÙ-rÒv Èpx_o[.LÉVWV, xoct 8LOC crou LIX't"pe:ue:'t"OCL 't"OC
CJWfLIX't"OC 't"WV Ù7tÒ 't"OU Èx_6pou XOÀOC~OfLÉVWV, xoct crÙ d Ò ye:yovwç 7tp6<poccrLç Tijç
~w'ijç 7t<XV't"WV 't"WV È1t' ocÙ-rÒv Èmcr-rpe:rp6v-rwv· XÉÀe:ucr6v fLE: ocx_6'ijvocL ~fL7tpocr6Év
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X7)pucrcreLç.
ATTI DI TOMMASO 341

che anche i dèmoni, gli spiriti ed i geni vendicatori (8~(f.LOVEç x~t


7tVEUf.l~T~ x~t &M:cr-rope:ç)
ti sono soggetti e divengono tremanti di
fronte alla tua preghiera. Prega (e:ò!;~t} dunque per me e scaccia da
me (oc7tEÀ~uvw) il demone che mi vessa, e anch'io sarò libera e mi
congiungerò alla mia natura originaria, e riceverò il carisma dato ai
miei parenti (in siriaco: ai penitenti) 46 •
L'atteggiamento encratita della donna è fortemente ostacolato
dal demone, che la molesta sessualmente47 • Seguono le parole irate
dell'apostolo, che ricordano anche nella forma letteraria l'accumu-
lazione degli attributi negativi già presenti nell'invettiva degli Acta
Petri:

O cattiveria irrefrenabile, o impudenza del nemico, o stregone che


mai sei in pace, o brutto che assoggetti i belli, o polimorfo: ti mostri
come vuoi, ma la tua natura non si può mutare; tu vieni dall'in-
ganno e dalla perfidia, o albero amaro i cui frutti ti assomigliano48 ,
tu che vieni dal diavolo che combatte con gli estranei, tu che vieni
dall'errore che si serve dell'impudenza, tu che vieni dalla malizia
che striscia come un serpente49 •

46 Acta Thomae, 43.


47 Il sesso come strumento dell'azione demoniaca è un lopos degli Atti di
Tommaso; sul contesto encratita di questa composizione, cfr. le due posizioni di
Y. TISSOT, L'encralisme dans les Actes de Thomas e di G. SFAMENI GASPARRO, Gli
Atti apocrifi degli Apostoli. La progressiva sospettosità con la quale gli scritti
giudaici più tardivi guardano alla sessualità, è esposta da L. Rosso UBIGLI,
Alcuni aspetti della concezione della porneia; l'influsso del pensiero giudaico sugli
Atti di Tommaso è, come visto, non trascurabile.
48 Cfr. Acta Johannis, 84, 5-6: "O albero che generi carbone come

frutto!"; Acta Petri, 8: Tu sei il frutto completamente amaro dell'albero


dell'amarezza"; Odae Salomonis, 11, 20-21: "I tuoi operai operano buone tra-
sformazioni, cambiando la malizia in bontà. L'amarezza degli alberi sulla terra
si cambia"; in riferimento al matrimonio aborrito dagli encratiti, I'Evangelium
Aegyptiorum (in CLEMENS ALEXANDRINUS, Stromata, III, 9, 66, 2): "Il Signore le
replicò: "Mangia pure di qualsiasi erba, ma non mangiare quella che è amara"
(traduzioni di Mario Erbetta).
49 Acta Thomae, 44: "Q 1tOV1)p(oc ocxoc-roccrx_e:-roç· ~ ocvoc(ile:toc 't"OU èx6pou· ~ ò

~ocaxocvoç Ò !J.l)ilÉn:o-re: ~pe:!J.&v· ~ Ò 8uae:til~ç Ò -roùç e:Ùe:tile:i:ç un:o-r&aawv· ~ Ò


7tOÀI)!J.Optpoç· wç &v ~OUÀ1)6ji cpoc(ve:-roct, ~ ilè: 't"OUTOU oÒa(oc f.lE:TOC~À1)6ljvoct oÙ ilo-
VOC't"OCt" ~ &:n:ò -rou iloÀ(ou xocl &:n:[a-rou· ~ -rò ilévilpov -rò mxp6v, où ol xocpn:ol ocù-
-rou èo[xocatv• ~ &:n:ò 't"OU 8toc~6Àou 't"OU um:pf.Locxouv-roç TWV IÌÀÀo-rp[wv· ~ &:n:ò
Tijç 1tÀOCV1)t; Tljç XPW(.lÉV1)t; -r1i &:voct8e:(~· ~ &:nò Tijç 7t0V1)p(ocç -rljç épn:oÙal)t; wç
15cptç.
342 CAPITOLO 15

Il siriaco aggiunge:
Ma presto assumi la tua natura, nemico dei servi di Cristo, affinché
questa folla veda che la chiamiamo davanti al Dio della verità 50 •

L'invito a mostrarsi davanti alla folla è il consueto desiderio di


creare una vera e propria rappresentazione, un esorcismo teatra-
lizzato e drammatizzato che enfatizza la sua vocazione pubblica;
ciò si realizza con un richiamo in forma di epiclesi inversa, dove
non si invoca la venuta di Dio ma del demonio. Le caratteristiche
del demonio sono ormai note: la bruttezza, il colore nero, il para-
gone con l'albero, la natura di serpente, la polimorfia. Alle parole
dell'apostolo il diavolo si presenta:
E mentre l'apostolo diceva queste parole, il malevolo venne e si
fermò davanti a lui, senza che nessuno lo vedesse, oltre alla donna
e all'apostolo, e disse a gran voce, di modo che tutti lo sentissero:
"Che c'è tra noi e te, apostolo dell'Altissimo?;' Che c'è tra noi e te,
servo di Gesù Cristo? Che c'è tra noi e te, consigliere del santo Figlio
di Dio? Perché vuoi mandarci in rovina se il nostro tempo non è
ancora giunto? Perché vuoi toglierei la nostra autorità? Infatti sino
a questo momento noi abbiamo speranza e tempo di rimanere. Che
c'è tra noi e te? Tu hai potere sui tuoi, e noi sui nostri. Perché tu
vuoi usare tirannide contro di noi, per di più tu che insegni agli
altri di non usare tirannide? Perché tu domandi dei beni altrui, non
pago dei tuoi? Perché tu sei paragonabile al Figlio di Dio che opera
ingiustamente contro di noi? Tu gli assomigli del tutto, come se
tu fossi nato da lui. Pensammo allora di mettere anche lui sotto il
giogo, come gli altri; ma egli, rivoltatosi, ci ha assoggettati. Infatti
noi non lo conoscevamo; ci ha ingannati con la sua forma abbietta,
la sua povertà e indigenza. Vedendolo tale, credevamo che fosse un
uomo rivestito di carne, non sapendo che egli è colui che vivifica
gli uomini. Egli ci ha dato autorità sui nostri, e nel tempo presente
ci ha permesso di non abbandonare i nostri, ma di aggirarci tra di
loro: tu invece vuoi possedere più di ciò che conviene e che ti è
stato dato, e affliggerci" 52 •

50 Acta Thomae, 44: • ~:& ,mo~:& «:=:&h:. ~c:w. ~cw ~ .,1~


~~ ~;.. ~;u.:~ ~~~ li\~:~ ~m r6u:>. ~LN.l:& Traduzione di Emanuela
Braida.
51 Su questa espressione, vedi quanto già detto a proposito di Acta Andreae.

Vita Andreae Gregorii Turonensis, 18 e 27.


52 Acta Thomae, 44-45: Kcd T<XUT<X e:bt6noc; Tou &7toaT6Àou ÈÀ6wv o 8u-

!1!J.E:V~c; ~!1't"1J ~!J.7tpoa6e:v <XÙTOU, !J.1)8e:vòc; opwnoc; IXÙTÒ\1 e:t !-'-~ T~c; YU\IIXLXÒc;
XIXt TOU &7toaT6Àou, X<Xt <:pwvjj !J.E:yta"t""() XP1J111X!J.e:voc; e:I7te:v 7ttXVTW\I &xou6vTwv·
ATTI DI TOMMASO 343

Il testo abbonda di richiami all'attività esorcistica di Gesù nar-


rata nei Vangeli. Il diavolo si difende con argomenti che ricordano
quelli del serpente; egli rivendica la legittimità del proprio agire,
difende il proprio potere sul mondo, pur sapendo che sarà inter-
rotto alla fine dei tempi. Ma fino a quel momento, gli uomini che
sono caduti sotto il dominio del Maligno li ritiene di sua proprietà,
e Tommaso viene accusato di volersi ingiustamente appropriare di
ciò che non è suo. Il suo operato è paragonato a quello del Cristo,
il quale venuto sulla terra in natura umana, cioè avendo assunto la
natura di chi è sotto il dominio dei demoni, non ha permesso loro
di impadronirsi di lui, ma li ha ostacolati. L'universo, nel pensiero
del demonio, è equamente distribuito in due aree di influenza, l'una
riservata a Dio, l'altra al suo avversario: l'opera di Tommaso, che
qui pare imitare il suo Maestro, è ingannevole e sleale, in quanto
vuole infrangere quanto è stabilito. È Cristo stesso che ha dato
il potere ai demoni di esercitare il proprio dominio legittimo "per
il tempo restante": come nel racconto precedente, l'esorcismo è
un'anticipazione della sconfitta finale del Maligno, e quindi anti-
cipazione della sorte escatologica dei demoni, ad essi ben nota ma
ritardata il più possibile. Per quanto riguarda Gesù, essi credevano
che fosse mortale: era idea diffusa che il Maligno non fosse in grado
di riconoscere la natura divina di Gesù 53 •

T[ ~fLÌ:V xocl O'OL OC7t60''t'OÀe: 't'OU uljl(cr't'ou; 't'( ~fLÌ:V xod O'OL iìouÀe: 'I Y)O'OU XptO''t'Ou;
't'( ~fLÌ:V XIX L crol O'UfL~OUÀE 't'OU ocylou ltou 't'OU 0e:ou; iìt!X 't'[ ~OUÀEL ~fLiic; OC1t0-
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Tijv È~oualocv; l<òc; yocp -rijc; vuv C>p1Xc; e:txofLe:v ÈÀ7ttiìoc xiX l XIXtpòv 7te:ptÀe:m6-
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't'Épotc;. Ttvoc; lve:xiX ~oUÀe:t 't'Up1Xvv(iìt xoc6' ~fLWV XP~O'IX0'61Xt, xocl fLOCÀLO''t'IX ocÙTÒç
&ÀÀouc; iìtMO"X<òV fLi) x_p~criXcr6oct "t'upocvv(iìt; "t'(voc; lve:xoc crù "t'WV OCÀÀO"t'p(<òv iìÉe:t
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ociìtX~O'IXV"t'L ~fLiic;; ~OLXIXç yocp IXÙ't'<j} 7tOCVU wc; È~ IXÙ't'OU <i.7tOXUY)6e:(ç. 'EvofLt-
O'IXfLE'I yocp x&.xe:i:VO'I U7tÒ ~uyÒ'I 7tOt'ijO'IXL wc; xoct 't'OÙc; Àomouc;· l) iìÈ O'"t'poccpdc;
~crxe:v ~fLiic; u7tox_e:tplouc;. Où yocp ~iìe:tfLEV IXÙT6v· ~7tOCTYJO"e:v iìÈ ~fLiic; "t'1j fLOPCJl~
IXÙ"t'OU 't'~ iìucre:tiìe:cr't'OC't'1) xocl 't'~ 7te:V(~ IXÙ"t'OU xocl 't'~ Èviìd~· 6e:IXO'OCfLEVOL yocp
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IXÙ"t'6ç ÈO''t'LV ~<ò07tOLWV 't'OÙç <i.v6pw7touc;. ~Eiì<òXEV iìÈ -ljfLLV È~OUO'(IXV Èv "t'OÌ:ç
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O''t'pÉcpe:cr61Xt' crù iìÈ ~ouÀe:t u7tÈp 't'Ò iìéov xocl "t'Ò iìe:iìofLÉvov crot X't'~O'IX0'6oct xiXl
~fL/ic; XIX't'IX7tOV'ijO'IXL.
53 IGNATIUS ANTIOCHENUS, Epislu/a ad Ephesios, 19, 1: "Al principe di questo

mondo rimase occulta la verginità di Maria, il suo parto e la morte del Signore"
(traduzione di Guido Bosio); ORIGENES, Commenlarium in evangelium Mallhaei,
344 CAPITOLO 15

Per quanto la pretesa di Tommaso sia "sconveniente", il demo-


nio sa di non poter opporre resistenza, né spera nell'aiuto di qual-
cuno più forte di lui, e si rivolge in lacrime, con meste parole e
sentimenti del tutto umanizzati, alla donna:
Ti lascio, o più bella compagna che da tempo ho trovato, e mi sono
riposato. Ti lascio, mia sorella fedele, amata, nella quale mi sono
compiaciuto54 • Non so che cosa farò, o chi invocherò perché mi
ascolti e mi soccorra. So che cosa farò: me ne andrò in luoghi dove
la fama di quest'uomo non è stata udita, e presto ti chiamerò, mia
amata, con un altro nome 55 •
Ma il demonio non abbandona ogni speranza, né pare voler
dimenticare completamente la donna che amava; una volta allon-
tanatosi l'apostolo, egli pensa di potersi riprendere ciò che è suo:
Alzata la voce disse: "Stattene in pace, tu che hai cercato rifugio in
uno maggiore di me. Io me ne andrò e cercherò una come te, e qua-
lora non la trovassi, tornerò di nuovo da te. So infatti che, mentre
quest'uomo ti è vicino, presso di lui hai un rifugio; ma, quando se
ne sarà andato, tu sarai come eri prima della sua comparsa, e per
me sarà il momento giusto e ci sarà libertà di parola. Ora però temo
il nome di colui che ti ha salvato". Detto questo, il demone si fece
invisibile, ed alla sua partenza in quel luogo si videro solo fuoco e
fumo. Tutti i presenti furono sbalorditi. A questa vista l'apostolo
disse loro: "Questo demone non vi ha mostrato nulla di strano e
di estraneo, ma la sua natura, nella quale sarà anche consumato;
infatti il fuoco l'assorbirà, e il suo fumo si dissiperà" 56 •

Questo passo mostra chiaramente l'influenza evangelica, dove


chiaramente si attesta che il demonio può ritornare nella persona
da cui è stato scacciato57 ; in questo caso è l'assenza dell'apostolo
che renderà nuovamente abbordabile la donna. Tommaso, non

XIII, 9: "È a distruzione del loro proprio regno e potere e con propria sorpresa
che hanno ricevuto dal Padre il Figlio" (traduzione di Rosario Scognamiglio);
CYRILLUS HIEROSOLYMITANUS, Calecheses ad illuminandos, XII, 15: "Il diavolo
non avrebbe osato avvicinarsi <a Gesù> se l'avesse conosciuto" (traduzione di
Gabriella Maestri).
54 Cfr. Le 3, 22: "Tu sei il mio figlio prediletto, in te mi sono compiaciuto".

55 Acta Thomae, 46.

56 Acta Thomae, 46-47.


57 Le 11, 24-26: "Quando lo spirito immondo esce dall'uomo, si aggira per

luoghi aridi in cerca di riposo e, non trovandone, dice: "Ritornerò nella mia
casa da cui sono uscito". Venuto, la trova spazzata e adorna. Allora va, prende
ATTI DI TOMMASO 345

mancando di sottolineare il parallelo tra il fuoco e il fumo appena


visti e quelli escatologici, rassicura la donna. Segue una preghiera
di ringraziamento a Gesù proferita da Tommaso (48), un'imposi-
zione delle mani ed il battesimo della donna, la quale domanda di
ricevere il sacramento per essere protetta dal ritorno del demonio
appena fuggito. Il rito dell'iniziazione cristiana è poi completato
dalla celebrazione eucaristica (49-50); in tal modo il demonio non
potrà più ritornare in questa donna, protetta dal sigillo del batte-
simo. Tuttavia il Maligno non è del tutto sconfitto, è potrà riva-
lersi su un'altra persona che non abbia ricevuto un sì forte stru-
mento apotropaico, come vedremo; Tommaso non può stravolgere
completamente l'ordine delle cose, ed il demonio continua la sua
attività rimanendo nel proprio legittimo campo di azione.

3. Le donne di Misdeo
Il successivo episodio esorcistico ha per protagonista la moglie
e la figlia di un ricco comandante del re Misdeo (cap. 62). Alcuni
anni prima, in occasione delle nozze di alcuni amici, egli aveva
inviato le due donne al banchetto nuziale, benché la moglie fosse
indisposta e non volesse andare, in compagnia di alcuni servi. Men-
tre ne attendeva il ritorno, fu raggiunto dai servi in fuga che gli
raccontarono ciò che era accaduto sulla via:
Abbiamo visto un uomo ed un ragazzo con lui. L'uomo mise la
sua mano su tua moglie e il ragazzo su tua figlia, che fuggirono
da loro. Noi li abbiamo colpiti con le nostre spade, ma le nostre
spade hanno colpito la terra. In quel momento quelle caddero,
digrignando i denti e sbattendo la testa in terra 58 •
La situazione è quella consueta di due donne indemoniate, sin-
tomi già descritti negli Atti di Andrea. Dopo essere corso incontro
alle donne, l'uomo le trova giacenti a terra e le conduce a casa;
rinvenute, esse si pongono a sedere e la moglie racconta con mag-
gior precisione:

con sé altri sette spiriti peggiori di lui ed essi entrano e vi alloggiano e la condi-
zione finale di quell'uomo diventa peggiore della prima". Cfr. Mt 12, 43-45.
58 Acta Thomae, 63: Er~of!.év ql'YJO"L\1 &v6pw7t6v -nwx x<Xl 7t<XL~<X crùv <XÙ-c-(ji·

x<Xl ò f!.ÈV &v6pw7toç È7té~<XÀt\l <XÙ-rou -r~v xs:"Lp<X È1tl -c-~v yuv<X"Lxli crou x<Xl ò
7t<XLç È1tl -c-~v 6uy<X-c-ép<X crou, <Xt ~È ~qluyov oc1t' <XÙ-c-wv· ~f!.tLç ~È -c-o"Lç i:;(qltO"L\1
È-c-pwcr<Xf!.t\1 <XÙ-c-01)<;- -riÌ ~È 1;(rp1J ~f!.W\1 dç y~v ~7ttcrov. K<Xl <XÙ-rij -rij &pq: x<X-ré-
7ttcrov <XÙ't"<XÌ T<XL<; Ò~OUO"L -c-p(~O\JO"<XL X<XÌ -c-IÌç Xtql<XÀIÌç e:lç Y~\1 xpoUOUO"<XL.
346 CAPITOLO 15

Non sai che cosa mi hai fatto? Io ti pregavo di non andare al matri-
monio, perché non mi sentivo bene di corpo. Mentre andavo per la
strada, arrivata presso l'acquedotto nel quale scorreva l'acqua, vidi
un uomo nero, ritto di fronte a me, che mi faceva cenno con la
testa e, insieme, un ragazzo in piedi davanti a me. E dissi a mia
figlia: "Guarda questi due brutti ceffi, i cui denti sono come il latte
e le labbra come la fuliggine". E !asciatili presso l'acquedotto, ce
ne andammo. Venuto il tramonto e congedateci dalle nozze, mentre
percorrevamo la strada con i giovani, arrivati vicino all'acquedotto
mia figlia li vide per prima; spaventata, fuggì verso di me. Dopo
di lei anch'io li ho visti che muovevano verso di noi, e noi siamo
fuggite da loro. I ragazzi che erano con noi allora ci colpirono e ci
gettarono a terra, me e mia figlia~9 •

L'incontro con i demoni si svolge nuovamente in un luogo che


ha a che fare con l'acqua; la donna è debole, indisposta; la figura
dei demoni è umana, brutta e nera; come nel caso precedente, c'è
un primo incontro premonitore, seguito da un secondo incontro nel
quale il demonio si scaglia contro la sua vittima. Il racconto della
donna, prosegue il comandante, si interruppe improvvisamente:
Mentre mi raccontava queste cose, i dèmoni le attaccarono
(È7tÉp)(O(l.cx~) di nuovo e le gettarono a terra. Da quel momento non
possono più uscire, ma se ne stanno prostrate dentro una camera
all'interno di un'altra. Per causa loro soffro e patisco assai; infatti
dovunque le trovino le gettano a terra e le spogliano. Ti prego e ti
supplico davanti a Dio, soccorrimi ed abbi pietà di me60 •

~ 9 Acta Thomae, 64: Oùx ~yvwç & 8tE7tp<X~w ~v ~!Lo(; ~8E6fL'1)V y<Xp crou !L~
ocmtVOCL Elç TÒV y<XfLOV, ~7tEL8~ OCV<ùfLIXÀwç dxov Tci) cr<ilfLOCT( fLOU" xoct ocmoucroc
XOCT<Ì 't"~V ò86v, ~yyùç YEVOfLtV'1) 't"OU ocywyou ~v <;i TÒ ()8wp ~ppEEV, ~~ÀE7t0V
&v8poc fLéÀocvoc ÉcrT&Toc ocv..txpuç fLOU, Tjj XE(jl<XÀ'(j ocÙTOU {moypuÀ(~ovT<X fLE, xoct
1tocf:8oc <lfLotov ocÙTou 7t<XpEcrT&Toc. Koct d1tov Tjj 6uyocTp( fLOU" ~ Am8E dc; ToÙç
&v8pocç TOUTouç ToÙç 8uo ToÙç 8ucrEt8Ef:ç, c1v ot ò86vnç ocÙT&v t!cr7tEp y<XÀoc,
T<Ì 8S: )(dÀ1j OCÙT&v wc; occr~6À1j. Koct XOC't"OCÀd\jloccrocL OCÙToÙç 7tpÒç TÒV ocywyòv
OC7t1jÀ60fLEV. ~U!JE<ùç 8S: YEVOfLtV'1j<; xoct OC7tÒ ..&v y<XfLWV ocvocMcroccroct, 8tEp)(O-
!Lévwv iJfL&V crùv 't"OÌ:ç VEocv(crxotç, ~yytcr't"OC YEVOfLtVWV 't"OU ocywyou, ~ 6uy<X't"'1)p
fLOU 7tp6TEpov EI8Ev ocÙTouç xoct 8tocÀoc6oucroc 7tpocréqJuytv fLOL • xoct fLET<Ì TOCU't"'1JV
xocyw ocÙToÙç ~6Eoccr<XfL'1)V ~p)(OfLévouç XOC't"tVOCV't"L ~fL&v, XOCL ~qJUY<XfLEV oc7t'
OCÙ't"é;)V.
60 Acta Thomae, 64: Koci TOCUTOC ocù-rijç 8t'1jY'1)!JOCfLéV'1)<; fLOL ~mjÀ6ov ocÙTocÌ:ç
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T<Xç 7tOÀÀd ~yw 7tiX!J)(W XOCL OCVL&fLOCL• XOC't"OC~iXÀÀOU!JLV y<Ìp OCÙT<Ìç lS7tOIJ É<ÌV E()-
pwcrtv xoct oc7toyufLvoucrtv. ~tOfLOC( crou xoct [xEnuw ~fL7tpocr6Ev Tou 0Eou, ~o1j-
6'1jcrov xoct ~Àé1jcr6v fLE.
ATTI DI TOMMASO 347

Questa volta l'apostolo, prima di esaudire la richiesta, interroga


il comandante riguardo alla sua fede; chiarito che l'autore delle
guarigioni è Gesù e non Tommaso, l'uomo rivolge la sua profes-
sione di fede e la sua preghiera a Dio:
Credo in te, Gesù, e ti prego e ti supplico, da' soccorso alla mia
debole fede che ho in té 1 •
Ottenuta la professione di fede, Tommaso abbandona la comu-
nità appena fondata al diacono Santippo (66), sale sul carro del
comandante e si dirige verso casa sua. Durante il viaggio, i cavalli
stanchi vengono sostituiti miracolosamente da quattro asini selva-
tici (gli onagri, una specie nota per la propria ritrosia) fino all'arrivo
di fronte alla casa del comandante. La moglie e la figlia erano state
nel frattempo fortemente perseguitate dai demoni, non mangiavano
da alcuni giorni e giacevano prive di conoscenza. Tommaso, con un
procedimento del tutto simile a quello messo in atto da Pietro con
un cane (Acta Petri, 8), incarica uno degli onagri di entrare in casa
a convocare i demoni (73-74):
La moglie e la figlia del comandante erano a tal punto vessate dai
dèmoni, che i domestici ritenevano che non si sarebbero più riprese;
infatti non le lasciavano assolutamente mangiare, ma le gettavano
sui loro letti, del tutto irriconoscibili a tutti, fino al giorno in cui
l'apostolo venne in quel luogo. Disse dunque l'apostolo ad uno degli
onagri, che stavano aggiogati sul lato destro: "Entra nel cortile,
fermati là, chiama i dèmoni e dì loro: "Giuda Tommaso, l'apostolo
e discepolo di Gesù Cristo, vi dice: Venite qui fuori! Io sono stato
inviato per causa vostra e di coloro che vi sono congiunti per razza,
per distruggervi e cacciarvi nel vostro posto, finché giunga il tempo
della fine e sarete sprofondati nel vostro abisso di tenebra". Quell'ona-
gro entrò, accompagnato da una gran folla, e disse: "Mi rivolgo a
voi, nemici di Gesù detto il Cristo; mi rivolgo a voi che chiudete
gli occhi per non vedere la luce; la natura malvagia non può infatti
essere mutata nel bene! Mi rivolgo a voi, figli della geenna e della
perdizione, di colui che fino ad oggi non cessa mai di compiere il

61 Acta Thomae, 65: ITta-re:uw GOt 'll)GOU, xod aio(l.<X( GO\J x.xt tXE:TE:U<ù, ~o1}-

61)GOV Tjj ÒÀtyoma-r(~ (J.O\J fl e:lç aè ~xw. Il siriaco ha una professione di fede
più lunga: "Io credo in te, Gesù Cristo, Dio vivo, Figlio del Vivente, che sei
divenuto uomo, che sei apparso come medico, come datore di vita e come Sal-
vatore per tutti gli uomini che veramente si convertono a te. Sì, Signore, ti
supplico e prego, aiuta la mia poca fede e il mio timore, poiché mi rifugio in
te". Traduzione di Luigi Moraldi.
348 CAPITOLO 15

male, che sempre rinnova le sue attività e le cose proprie della sua
natura; mi rivolgo a voi, sfrontatissimi, che vi rovinerete da soli.
Che cosa dire della vostra perdizione e della vostra fine, cosa nar-
rare, non lo so: le cose sono infatti troppe e innumerevoli a sen-
tirsi. Le vostre opere poi sono sempre più gravi del castigo che vi
è riservato. Mi rivolgo a te, o demone, e a tuo figlio che ti accom-
pagna: ora sono stato mandato proprio contro di voi. Perché fare
troppe parole circa la vostra natura e la vostra radice, che voi già
conoscete e non disprezzate? Giuda Tommaso, l'apostolo di Cristo
Gesù, inviato qui per amore e pietà, vi dice: Alla presenza di tutto il
popolo qui presente, uscite e ditemi di che razza siete!" 62 •
Ricompare il tema dell'anticipazione escatologica. L'oc7to7top.rrlj,
espressa facendo uso del verbo èC:épxop.cx~. e l'invito a rivelare la
propria natura, ricordano i racconti di esorcismo contenuti nei
Vangeli canonici63 • Sull'istante escono la donna e la figlia, simili a
delle morte, scoperte e sfigurate.

62 Acta Thomae, 73-74: 'H 8è yuv~ 't"OU cr't"piX'O)À&Tou XIXL ~ 't"Oihou 6uy&Tl)p
È~1Xp~6"1)cr1Xv crcp68p1X \mò 't"W'I 81XtfL6vwv oihwç w<; VOfLl~e:tv 't"OÙ<;; otxe:louc; ilTt
OÙXÉ1"L &v[cr't"IX'I't"IXL" où8' ilÀwç y~p cruve:zwp"l)cr&v 't"L'IO<;; fLE:'t"IXÀIX~E:L'I IXÙ't"&ç, iXÀÀ~
XIX't"É~IXÀO'I IXÙ't"~<;; t1t"L 't"IXL<;; XÀL'IIXtc; IXÙ't"W'I fl-"1)8' ilÀW<;; 1"L'I~c; Èmyt'IWO"XOUO"IXc; ~W<;
Èxe:lv"l)c; Tijc; ~fLÉpiXc; Èv ~ o &n-6crToÀoç Èxe:"Lcre: ~À6e:v. Ein-e:v 8è o &n-6crToÀoc; &vt
Twv òv&ypwv Twv Èv 1"<j) 8e:~t<j} fLÉpe:t È~e:uyfLÉvwv· Ercre:À6e: ÈvTÒ<;; Tljc; IXÙÀ7jç·
xiXl tcr1"wç Èxe:"Lcre: x&Àe:crov Toùç 81XLfLOviXc; xiXl e:ln-è IXÙ1"o"i"ç Aéye:t ÙfL"i"v 'Iou81Xc;
0wfLii<;; o &n-6cr't"OÀO<;; XIX L (.LIX6"1)~<;; 'I "I)O"OU Xptcr't"ou· "EÀ6e:n <18e: ~~w· 8t' ÙfLOC<;;
y~p &n-e:cr't"&À"I)'I XIXL e:lç 't"OÙ<;; 8t1XcpÉponiXc; ÙfLL'I XIX't"~ yévoç, '{viX ÙfLiic; &n-oÀÉcrw
XIXL 8tw~w e:lc; 't"Ò'I ÙfLÉ't"e:pov xwpov, ~W<; ilTe: XIXtpòc; yÉ'I"I)'t"IXL O"U'I't"e:Àe:liXc; XIXL e:tc;
TÒ ÙfLÉTe:pov ~&6oc; 't"OU crx6Touc; XIXTÉÀ6"1)1"e:. Etcr~e:t 8è o llv!Xypoc; Èxe:"Lvoc; n-oÀ-
Àou llzÀou cruv6vTo<;; IXÙT<j} xiXl ~Àe:ye:v· 'YfL"i"v Myw Totc; Èz6po"Lc; Tou 'I"I)crou Tou
XIXÀOUfLÉVou Xptcr't"ou· ÙfLL'I ÀÉyw Totc; ToÙc; òcp61XÀfLoÙc; XIXfLfLUOUO"t'l 't"OU fL~
opiiv 't"Ò cpwc;" où y~p 8U'IIX1"1XL ~ XIXXLO"Tl) ipUO"t<;; fLE:'t"IX~À"I)67jviXL e:lc; 't"Ò &y!X66v·
ÙfLL'I ÀÉyw 't"otc; Téxvotç 1"7j<;; ye:Éw"l)c; XIXL Tijc; &n-wÀe:liX<;;, he:lvou 't"OU &n-IXUO"'t"OU
e:lc; TÒ XIXxÒv ~wc; 't"OU vuv, lìç &e:t &viXXIXtvl~e:t IXÙ't"OU 1"~ Ève:py~fLIX1"1X XIXL 1"~
n-pén-oniX 1"jj tiXU't"OU oùcrlq: ÙfLLV Myw Totc; &v!Xt8e:cr1"&1"otç, TOL<;; 8t' tiXU't"W'I
&n-oÀÀU(.LÉvotc;" TL 8è e:tn-w n-e:pl 1"7j<;; ÙfLW'I &n-wÀe:liX<;; 't"e: XIXL 1"ÉÀouç, Tl 8è XIXl
Ùcp"l)y~crWfLIXt, oùx oi81X" n-oÀÀ~ y&p Ècr't"t'l XIXL n-pòç 't"~'l &xp61Xcrtv &v!XplefL"I)'t"IX
ùn-&pzovTIX. Me:l~oviX 8é e:tcrtv IXl ÙfLÉTe:piXt n-poc~etc; &n-ò Tijc; xoMcre:wc; Tijc; ÙfLLV
Te:T"IJP"IJfLÉV"I)c;. ~ot 8è ÀÉyw 1"<j) 81XLfLO'It XIXL T<j) cr<j) ul<j) T<j) cruve:7tOfLÉVcp crot·
vuvt y~p tep' ÙfLiic; &n-écr't"IXÀfLIXt" TLvoc; 8è ~ve:xiX 7tOÀÀoÙc; Myouc; 7tOLOUfLIXt Tljc;
ÙfLW'I cpucrewc; 1"E: XIX L p[~ "l) c;, ~'l ÙfLe:Lc; IXÙ't"OL or81X't"e: XIX l &v1Xt8e:ue:cr6e; Mye:t 8è
ÙfL"i"v 'Iou81Xc; 0wfLiic; o &n-6cr1"oÀoc; Xptcr1"ou 1"ou 'I "l)crou, lìc; 8t~ n-oÀÀljc; &yoc1t"l)c;
xiXl 8tiX6écrewc; Èv6oc8e &n-ecrTOCÀ"IJ" 'En-t n-1Xv1"Òc; 't"ou Èv6oc8e: tcrTw1"oc; ilzÀou È~e:À-
66ne:c; d7t1X1"É fLOL 1t"OLOU yÉvouc; Ècr't"É.
63 Cfr. Mc 5, 8-9; Le 8, 29; 4, 36.
ATTI DI TOMMASO 349

E subitamente la donna uscì con sua figlia, ridotte come morte e


disonorate. Vedendole, l'apostolo ne fu addolorato, soprattutto per
la giovane, e disse ai dèmoni: "Non c'è per voi propiziazione o per-
dono; infatti anche voi non sapete né perdonare né aver misericor-
dia. Perciò, nel nome di Gesù, allontanatevi da loro e mettetevi da
parte". A queste parole dell'apostolo, le donne cadute per terra spi-
rarono: non davano più né respiro né voce. Il demone, replicando,
disse a gran voce: "Sei di nuovo qui, tu che ti fai beffe della nostra
natura e della nostra razza? Sei qui di nuovo, tu che rendi vana
la nostra arte? Secondo quanto penso, tu rifiuti completamente
che noi stiamo sulla terra; ma ciò al presente non sei in grado di
farlo". L'apostolo comprese che si trattava del medesimo demone
che era stato scacciato da quella donna. Il demone disse: "Ti prego,
permettimi di andare a dimorare dove tu vuoi e di ricevere un
comando da te; io non temo l'autorità che detiene il potere su me.
Come tu sei venuto per evangelizzare, così anche io sono venuto
per distruggere. E come tu, se non porti a termine la volontà di
chi ti ha inviato, riceverai il castigo sul capo, così anch'io, se non
faccio la volontà di chi mi ha mandato, prima del momento e del
tempo fissato, vengo rimandato alla mia propria natura. Come Cri-
sto ti sostiene in ciò che tu fai, allo stesso modo mio padre mi
assiste in ciò che faccio; e come quegli ti prepara come strumenti
coloro che sono degni della tua abitazione, così questi ricerca
per me degli strumenti per mezzo dei quali porto a termine le
mie azioni. Come quegli nutre e amministra i suoi sottomessi,
così questi prepara per me castighi e torture assieme a quelli in
cui dimoro. Come quegli ti dona la vita eterna a ricompensa del
tuo lavoro, così questi mi offre la perdizione eterna in cambio
delle mie azioni. Come tu riprendi vigore dalla tua preghiera e
dalle tue buone opere, durante le tue spirituali dossologie, così
io riprendo vigore dagli omicidi, dagli adulteri, dai sacrifici con
libagioni di vino sugli altari. Come tu volgi gli uomini alla vita
eterna, così io conduco alla perdizione e al castigo eterno quelli
che mi ascoltano. Tu ricevi il tuo salario, io il mio" 64 •

64 Acta Thomae, 75-76: K!Xt e:ù6twç t;ijì..!le:v ~ yw~ crùv -qj 6uy1X't'pt IXÙ't'ijç,

ve:ve:xpw(J.tVIXt xiXt ~'t't(J.IXO'(J.tVIXt' 6EIXO'OC(J.EVoç 8è IXÙ't'CÌ.<; ò oc7t60''t'OÀoç tÀu7t-1)6YJ,


(J.OCÀ.tO''t'IX 8tcì. -djv 7tiXL'81X, xiXt Mye:t 't'Ot<; 81X((J.OO'tV' Mlj ytvot't'o tì..IXO'(J.ÒV ye:vt0'61Xt
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7t6noç 't'OU OC7tOO''t'6Àou 7tEO'OUO'IXt IX t yuviXtXE<; OC7tEVEXpw6YJO'IXV' oihe: ycì.p 7tVEU-
(J.IX e:Ixov oi)n cpwvljv È8(8ouv· ò 8è 81X((J.WV OC7toxpt6e:tç cpwvjj (J.EYOCÀ1J e:!1te:v·
llocÀtv ~XEt<; Èv6oc8E Ò 't'ljv Cj)UO'tV ~(.16>V 8t1XYEÀ6>v XIXt -djv ye:ve:ocv; lJXEt<; 7tOCÀtV
ò -djv dxvYJV ~(.16>v OC7tiXÀdcpwv; xiXt tilç VO(J.(l;;w où O"unwpe:'Lç ~(J.LV 8ì..wç È7tt
't'ijç yijç dviXt' 't'OU't'o 8è vuv Èv 't'<jl XIXtp{jl 't'OU't'<p 7totij0'1Xt où MviXO'IXt. 'EO"'t'oxoc-
350 CAPITOLO 15

L'esorcismo si compie con l'invocazione del nome di Gesù, e gli


spiriti malvagi abbandonano le loro vittime. Le donne cadono a
terra e muoiono, come avviene per il fanciullo esorcizzato da Gesù
(Mc 9, 26). Il demonio, il medesimo già cacciato una volta da una
donna, prende la parola ed istituisce una comparazione tra sé stesso
e Tommaso; come già avvenuto precedentemente, egli ricorda che
entrambi hanno un compito da svolgere, in perfetta opposizione;
su entrambi incombe una punizione se non porteranno a termine il
proprio incarico.
L'apostolo, senza contestare quanto affermato, non distrugge il
demonio, ma lo caccia nel deserto, nel luogo in cui non potrà più
nuocere all'uomo:
"Gesù comanda a te e a tuo figlio, per mezzo mio, di non andare
più in una abitazione umana. Uscite dunque, andatevene e dimo-
rate del tutto in disparte dalla dimora degli uomini". I dèmoni gli
dissero: "Ci hai impartito un ordine crudele. Ma che farai con quelli
che ora si nascondono da te? Costoro, dopo aver costruito tutti gli
idoli, gioiscono in loro stessi più di te. La folla li adora e obbedisce
ai loro comandi, sacrificando loro, offrendo loro nutrimento sotto
forma di libagioni, mediante vino e acqua e con offerte votive". E
l'apostolo rispose: "Anche loro saranno ora annientati assieme alle

O'OCTO 8È O IÌ7t60'TOÀOç /)T~ O 80Ct(J.WV OÒTOç tXELV6ç tO'T~V O IÌ7tEÀoc6eLç !Ìrt' tXe:l-
V1Jç Tijç yuvoc~x6ç. 'O 8È 8oct(J.WV drtEV' ~éo(J.oct crou, t7ttTpEiji6v (:LE xocl ISrtou
~ouÀEL (:LE IÌrtEÀ66VToc otxijcrocL xocl rtocp~ crou ÈVToÀ~v 8éçocaeoc~. xocl où <po~ou­
(J.IXL TÒV t;oumoccr-ri)v TÒv xocT' t(J.OU ~xovToc ~v t;oucr(ocv. "ilcrrtEp y~p crù ~À-
6Eç EÙocyyEÀtcroc<r6oc~. o(hwç x&:y<il ~À6ov IÌ<pocvlcrocL' xocl wcrrtEp crù t~v (:L~ TEÀ~f­
cr1Jç TÒ 6éÀ1JfLIX TOU 7té(:LI)iocvT6ç O'E, XOCT~ XE<pocÀijç 8(8wcr[v 0'0~ T~V T~(J.Wp[ocv,
o6Twç x&:yw, t~v fL~ rtot~crw TÒ 6éÀ1JfLOC Tou IÌrtocrn[ÀocvT6ç fLE rtpò xocLpou xocl
Tijç rtpo6Ecr(J.locç, dç ~v t(J.OCVTOU <pUO'LV IÌrtocrTéÀÀOfLIXL' xocl wcr7tEp crol ~o1J6E'i' o
XpurT6ç crou tv otç 8Loc7tptXTT1J, o6Twç xocl t(J.ol ~o1J6E'i' ò rtocT~p fLOV tv otç
8~ocrtptXTTO(J.oc~· xocl wcrrtEp crol xocToccrxEVOC~EL crxEU1J TOÙç &:;louç Tijç crijç otx~­
O'Ewç, o6Twc; xocl È(J.ol t7tL~1JTEL crxEU1J 8L' <:lv T~c; ocÙTou rtpoc;ELc; nÀ[crxw· xocl
w artE p Tpé<pE~ xocl olxovoiJ.EL ToÙc; Ùrt1Jx6ouc;, o(hwç x!Ì(J.ol xoÀticrE~c; xocl ~oca ti-
vouc; crùv To'i'ç ÒX1JT1Jplo~c; fLOL YEVO(J.évoLc; rtocpoccrxEuOC~EL' xocl wcrrtEp crol T~v
IÌVTL(:LL<r6locv Tijç crijc; ÈvEpyElocç 8(8wcrLv -ri)v octwvLov ~w~v, o6Twc; XIÌ(:Lol rtocpé-
XE~ T~c; IÌ(J.OL~~c; Twv ~pywv fLOV TY]v oclwv(ocv IÌrtWÀELocv· xocl wcrrtEp crù T7j EÙX~
0'01) xocl To'i'c; 1Ìyoc6o'i'ç ~pyo~c; t7tiXVIX7tOCU1J tV Toc'i'ç 7tVEIJ(J.IXTLXIXLç 0'01) 8o;oÀo-
y(ocLç, o6Twc; x!Ìy<iJ t7tOCVOC7tiXUO(J.IX~ tp6vo~c; TE xocl fLOLXEtoc~ç xocl 6ucr(oc~c; Toc'i'c; 8~~
otvov y~vo(J.évocLc; Èv To'i'c; ~WfLo'i'ç· xocl wcrrtEp crù ÈmcrTpé<pELc; ToÙç &:v6pwrtouç
dç ~wYjv oclwvLov, o6Twç x&:y<il IÌrtocrTpé<pw ToÙç ÙrtocxouovTocc; (:LO L dç IÌrtW-
ÀeLocv xocl x6ÀoccrLv oclwv[ocv· xocl aù ToÙc; l8(ouc; 8éx1l x&:y<il ToÙç ÈfLouc;.
ATTI DI TOMMASO 351

loro opere". Sull'istante i dèmoni disparvero; le donne invece giace-


vano a terra come morte, senza aver voce65 •
Fa qui la sua comparsa la polemica contro il paganesimo e l'ido-
latria in generale, centrale negli altri Atti, secondaria in questa
composizione; pare che qui l'identificazione delle divinità pagane
con i demoni sia un dato acquisito, che non necessita di spiega-
zione supplementare. A questo punto l'onagro riprende la parola,
ed esorta l'apostolo a non perdere ulteriormente tempo e a guarire
le donne: con questo miracolo "il Maestro vuole mostrare le sue
meraviglie" (78).
Dette queste cose, l'apostolo si avvicinò alle donne dicendo: "Signor
mio e Dio mio, non mi separo da te, né senza fede io t'invoco, tu
che sei sempre il nostro aiuto, sostegno e dirittura; tu che ci insuf-
fli la tua forza, doni coraggio e dai ai tuoi servi libertà di parola
nell'amore. Ti supplico, fa' che le anime siano sanate, risuscitino e
diventino com'erano prima di essere colpite dai dèmoni". A queste
sue parole le donne si voltarono e si sedettero66 •
È interessante notare che si tratta di due azioni distinte: prima
avviene la cacciata del demone, e successivamente la guarigione.
Ciò prova che non sempre la guarigione coincide con un esorcismo:
qui l'autore degli Alli mantiene distinte queste due realtà.

65 Acta Thomae, 77: Ke:Àe:ue:~ ao~ 'IYJaouc; XIXL -rcj) acj) 7t<X~8t 8~' Èf.LOU rvo: f.LYJ-
xén e:taéÀ61Jc; e:tc; xo:-rolxYJa~v &v6pw7tou· IÌÀÀ, èE;éÀ6e:n xo:t oc7téÀ6e:-re: xo:t otx~­
ao:-re: ~E;w 7tiXVTE:ÀWç njc; OLX~ae:wç TWV ocv6pW7t<ùV. O[ 8è 8o:LfLOVEç d1tov o:Ò-rcj}·
'A7tYJVWç 7tpoaé-ro:E;o:c; ~f.LLV" -rl 8è xo:t 7tpÒc; -rou-rouc; 7tp&E;e:~c; -roùc; vuv IÌ7toxe:-
xpUf.Lf!Èvouc; !Ì1tÒ aou; ot yocp XIXTIXOXEU&ao:v-re:c; TOC 7tOCVTIX E;6o:vo: ÈV <XÒTOLç X<Xt-
poua~V fLOCÀÀov aou· o0c; ot 7tOÀÀOL 7tOÀÀoÙc; 7tpoaxuvouatv xo:( -roc 6e:À~f.LO:TIX o:Ò-
TWV 8to:7tpoc-r-rov-ro:t, 6uovnc; o:ò-ro"Lc; xo:t -rocc; -rpQ(pocc; 7tpoaocyovnc; èv a1tov8o:"Lc;
xo:t 8toc orvou xo:t ()8noc; 7tpOa(jlépovnc; xo:t ocvo:6~fLO:OtV. Ko:t ò !Ì7t6a-roÀoc;
e:l7te:v· Ko:t o:ò-rot vuv xo:-ro:pyYJ6~aovTOCt aùv -ro:"Lc; 7tpoc~e:atv o:ò-r&v. Ko:t O:L(j)Vt-
8lwc; &.(jlO:VTOt ye:y6vo:atv ot 80:tf!OVE:ç· o:t 8è yuvo:"Lxe:c; wc; e:tc; TU7tOV ve:xp&v Èp-
ptf.Lf!ÉVO:t ~XE:tVTO È1tL y-rjc;, fl~ ~XOUOO:t (jl<ùV~V.
66 Acta Thomae, 81: To:u-ro: e:t1twv ò oc7t6a-roÀoc; È7tÈaT'Y) -ro:"Lc; yuvo:tE;t ÀÉywv·

Kup~é f.LOU xo:t 0e:é f.LOU, oò 8to:tp0Ufl1Xt IÌ7tÒ aou oò8è OC7ttOTWV èmxo:ÀOUfliXL
ae:, 1t&v-ro-re: ISv-ro: ~f.LWV ~OYJ6Òv xo:t È1tlxoupov xo:t È7to:vop6w-r~v· ò ~v to:u-rou
Mvo:f.LtV Èf.L7tvéwv ~f.LLV xo:t 7to:po:6o:pauvwv ~f.Locc; xo:t 7to:péxwv 7to:ppYJalo:v Èv
&y&7t1J -ro"Lc; t8lotc; aou 8ouÀotc;· 8éof.L<XL aou, to:6e:"Lao:t o:t ~Jiuxo:t ocvo:a-r~-rwao:v
xo:t ye:véa6wao:v o!o:t ~ao:v 7tpÒ -rou 7tÀYJy1jvo:t {mò -r&v 8o:tf.L6vwv. To:u-ro: 8è
o:ò-rou e:l1t6v-roc; a-rpo:(jl&Lao:t o:t yuvo:"Lxe:c; Èxo:6éa6YJaO:v.
352 CAPITOLO 15

4. Esorcismo per contatto

L'ultimo episodio narrato dagli Atti è successivo al martirio di


Tommaso:
Passato parecchio tempo, accadde che uno dei figli di Misdeo fosse
indemoniato: trattandosi di un demone molto duro, nessuno poteva
guarirlo. Misdeo ebbe un pensiero e disse: "Andrò, aprirò la tomba,
prenderò un osso dell'apostolo di Dio, lo appenderò su mio figlio e
so che sarà risanato". E se ne andava per compiere ciò che aveva
stabilito. Allora Giuda, apparendogli, disse: "Tu non hai creduto
ad un vivo, come puoi credere in un morto? Ma non temere: Gesù
Cristo ha compassione di te nella sua grande misericordia". Misdeo
non trovò le ossa. Uno dei fratelli, trafugatele, le aveva portate
nelle regioni d'occidente. Quegli allora prese della polvere dal luogo
dove giacevano le ossa dell'apostolo e la applicò al figlio, e disse:
"Io credo in te, Gesù, ora che mi ha lasciato colui che sempre
scompiglia gli uomini affinché non vedano la tua luce intellettuale
(voep6ç)". Guarito suo figlio in quel modo, Misdeo si congiunse agli
altri fratelli, curvando la testa davanti a Siforo67 •

La narrazione si conclude con il suggello della piena conversione


del re, inchinato di fronte al sacerdote che gli amministra il batte-
simo. Questo episodio è particolarmente interessante, perché la gua-
rigione dell'indemoniato avviene attraverso il contatto della terra
che ha toccato le ossa dell'apostolo martire; la terra che è venuta
a contatto con un cadavere diventa veicolo di forza purificatrice,
non già di impurità, come era nella tradizione giudaica. Siamo di
fronte ad un testo di grande importanza, che attesta il culto delle

67 Acta Thomae, 170: 8te:À66v-roc; 3È 7tOÀÀOU xp6vou ()UfL~Cdve:L 3octfLOVL()61j-

VIXL &voc -rwv -rou Mtcr~oc(ou utwv· crx.À"I)pou ~È 5v-roc; -rou 3oc(f.Lovoc; où~e:tc; t&croc-
o
cr6oct oi6c; -re: ~v. 8te:voe:"t-ro ~È Mtcr~oc"toc; x.oct ~Àe:ye:v· 'A7te:À6wv &vo(~w -ròv
-r&rpov x.oct M~w òcr-réov Èx. -rou &7tocr-rÒÀou -rou 0e:ou x.oct 7tpocr&tjlw fLOU -r(ji
ul(ji, x.oct o!3oc 11-rt 6e:poc7te:u6~cre:-rocL. Koct &7t"fle:t 7tpii~IXL 81te:p ève:vo~61J. Koct èm-
o
rpocve:lc; ocù-r(ji 'Iou~occ; e:!1te:v· Zwv-rt fLYJ mcr-re:ucrocc; ve:x.p(ji 7tWc; 6tÀe:tc; 7ttcr-re:u-
croct; &ÀÀoc fLYJ rpo~ou· f.PLÀocv6pw7te:ue:-roct e: te; crÈ 'I 1Jcrouc; o Xptcr-ròc; ~Loc "t"Yjv 1toÀ-
ÀYJv ocù-rou XP1Jcr-r6-r1J'"l"IX. 'O 3È Mtcr~oc"toc; oùx e:upe:v -roc òcr-rii· x.e:x.Mrpe:t yocp
ocù-roc e:Ic; -rwv &~e:Àrpwv x.oct e:tc; -roc T1jc; Mcre:wc; f.Le:~ve:yx.E f.Ltp"l)· Àoc~wv ~È x.6vw
86e:v ~v -roc Òcr-rii x.e:lf.Le:Voc -rou &7tocr-rÒÀou 7tpocr1jl)ie: -r(ji ul(ji IXÙ-rou xoct d1te:v·
Iltcr-re:uw crot 'I 1Jcrou vuv 11-re: fLE: &f.P1jx.e:v èx.e:"tvoc; o &e:t -roùc; &v6pùmouc; -rocp&-r-
-rwv rvoc fLYJ ~ÀÉtjloucrtv 7tpÒc; "t"Ò VOEpÒv !pWc; crou. 'Yyt&vocv-roc; 3È "t"OU ulou IXÙ-
"t"OU -r(ji -rp6mp -rou-rcp cruv~ye:-ro f.Le:-roc -rwv Àomwv &~e:Àrpwv u7tox.oc-rocxÀLVÒfLe:voc;
-r(ji .l:tf.f>Òp<p.
ATTI DI TOMMASO 353

reliquie: è la seconda testimonianza per antichità 68 • La mediazione


di Tommaso, dunque, non si interrompe con la sua morte, e questo
racconto non può che invogliare il lettore a confidare nell'inter-
cessione del martire defunto 69 • Anche l'apparizione dell'apostolo in
sogno merita una certa attenzione70 •
È qui evidente l'intento propagandistico, ed è reso esplicito il
tema del confronto-competizione tra i maghi ed i cristiani, in que-
sto caso tra tutti coloro che avevano tentato di liberare il ragazzo
e Tommaso. Questo lopos, molto sviluppato nella letteratura apolo-
getica ed in altre composizioni coeve, è meno significativo, ma non
assente, negli Alli di Tommaso; anche la consueta polemica contro
la magia e l'astrologia, finora incontrata più volte, è pressoché ine-
sistente. Il successo della predicazione cristiana è anche un successo
sugli altri culti concorrenziali, e la conversione del re è la prova
che anche questa volta il controllo sui demoni è una prova deci-
siva della superiorità del cristianesimo. Non è comunque del tutto
escluso che tra coloro che avevano tentato di liberare il giovane ci

68 Il riferimento più antico al culto delle reliquie è in M artyrium Polycarpi,

18. L'autenticità del passo però è stata messa in dubbio, a causa della man-
canza di altre simili attestazioni di culto fino al IV secolo; ad esempio, E. WIP-
SZYCKA, Storia della Chiesa, p. 315: "Sospetto fortemente che il testo si discosti
dalla lettera originale [ ... ] Siamo, ovviamente, nel campo delle supposizioni e
delle intuizioni impossibili da dimostrare, dato che l'argomento basilare della
mancanza di testi di analogo contenuto non è abbastanza forte. Anche ammet-
tendo che non esistano motivi per dubitare dell'autenticità del passo del Mar-
tirio di Policarpo, dovremmo ugualmente essere molto cauti nel dedurne che
nella metà del n secolo il culto dei martiri esistesse nella forma da esso assunta
in seguito. Dal testo infatti non risulta che secondo i cristiani di Smirne i resti
di Policarpo potessero fare miracoli e che egli stesso potesse intercedere presso
il Signore a nome di coloro che glielo chiedevano". Non si fa parola di questo
passo degli Atti di Tommaso, che parrebbe inficiare il valore dell'argumentum e
silentio sopra addotto; qui, infatti, le reliquie del santo hanno funzione esorci-
stica e sembrano oggetto di culto.
69 Cfr. H. DELEHAYE, Les origines du culle; B. DE GAIFFIER, Réflexions sur

les origines du culle; più specificamente, l. DALMAIS, Mémoire et vénération des


saints. In generale, P. BRowN, Il culto dei santi.
°
7 Cfr. J. S. HANSON, Dreams and Visions, ove anche questo episodio è citato
(p. 1424). Per A. B. KOLENKOW, Relationship between Mirac/e and Prophecy,
p. 1496, anche se le reliquie dei martiri acquistano un potere di intercessione
prima riservato alla persona in vita, in questo racconto le parole di Tommaso
sarebbero state un invito (elaborato in ambiente encratita) ad astenersi da
devozioni di tal guisa.
354 CAPITOLO 15

fossero stati anche dei cristiani; il re avrebbe certamente potuto


rivolgersi a chi era stato lasciato dall'apostolo a capo della comu-
nità da lui fondata. Ciò, a livello di ipotesi, potrebbe significare la
innegabile superiorità di chi ha ottenuto il dono del carisma su chi
è stato istituzionalmente designato alla guida di una Chiesa; ma
certamente l'interesse della composizione di cui stiamo trattando
è incentrato sulla figura di Tommaso, e un racconto di liberazione
dai demoni compiuto da altri sarebbe forse apparso come fuori
luogo. Allo stesso tempo, è importante per una città poter vantare
la presenza di un marlyrium; per Edessa la presenza di una tomba
dell'apostolo Tommaso era certamente fonte di grande rinomanza.

5. Esorcismo e battesimo
Di notevole importanza è il rapporto tra esorcismo e battesimo
negli Alli di Tommaso 71 • Franz Dolger considera gli Alli di Tom-
maso la prima chiara prova dell'esistenza di un esorcismo prebatte-
simale in oriente72 , che si evincerebbe da questo passo:
Dopo aver pregato in questo modo, l'apostolo disse a Migdo-
nia: "Svesti le tue sorelle." Quella le svestì, le cinse di fasce 73 e
le mandò innanzi. W'izan era venuto per primo, quelle giunsero
dopo di lui. Giuda, preso dell'olio da una coppa d'argento, parlò
in questo modo 74 :

"O frutto più bello degli altri "Nobile frutto,


frutti, al quale nessun altro è
paragonabile; o misericordiosis- che sei degno di infiammarti con
simo, bollente per l'impulso della la parola di santità, si rivestano di
parola; o potenza del legno, per te gli uomini e sconfiggano grazie
cui gli uomini che se ne rivestono a te i loro nemici, una volta puri-
vincono i loro avversari; tu che ficati dalle loro precedenti azioni.

71 Per una descrizione generale della concezione battesimale negli Atti di

Tommaso, cfr. E. FERGUSON, Baptism in Early Church, pp. 429-435.


72 F. J. DùLGER, Der Exorzismus, p. 12.

73 Il 7tEpt~W!J.ot qui è probabilmente ciò che copre le pudenda; adopera il


medesimo nome Giuseppe Flavio descrivendo le usanze degli esseni, che con-
segnavano ai neofiti le fasce con cui coprirsi i fianchi durante le immersioni
(IOSEPHUS, FLAVIUS, De bello iudaico, Il, 137 e 161).
74 Acta o
Thomae, 157: Oih-wç ocù-ro"i"ç EÙ!;oc!J.EVoç oc7t6cr-roÀoç -rji Muy8ovt~
Et1tEV" 'A7t68ucr6v 0"0\) -rÒtç oc8EÀ(jlOC<;. ~H 8è: 7t08Ucrotcrot 1tEpté~<ùO"EV otÙ-rÒtç 1tEpt~<i>­
!J.ot-rot xott 7tpocr~yocyEv ocù-rocç- Oùoc~ocVlJ<; 8è: 7tp6-rEpov 7tpocrEÀlJÀU6Et, xocxE"i"voct
!J.E't"' otù-r6v. Kott Àot~WV 'I oo8otç ~ÀottOV Èv &:pyupé<p 1tO't"l]pt<p È1tÉÀEYEV oG-rwç·.
ATTI DI TOMMASO 355

coroni i vincitori, simbolo e gau-


dio degli affaticati; tu che hai
annunciato agli uomini la loro
salvezza; tu che mostri la luce
a chi è nelle tenebre; tu, amaro
nelle foglie, piacevole per il tuo
frutto dolcissimo 75 , rude alla vista,
tenero al gusto; appari debole, ma
per l'immensità della tua potenza
porti la forza che vede ogni cosa".
Detto ciò, proseguì: "O Gesù, Sì, vieni, mio Signore, a dimorare
venga la sua vittoriosa potenza in quest'olio
e si stabilisca in quest'olio, come
in quel tempo la sua potenza si è come dimorasti sul legno, mentre
stabilita nel legno a lui apparen- i tuoi carnefici non sopportavano
tato [se. la croce], la cui parola le tue parole.
i tuoi crocifissori non poterono Venga la tua grazia, che soffiasti
sopportare. Venga anche il dono sui tuoi nemici, i quali arretrarono
mediante il quale, avendo soffiato e si prostrarono sul volto,
sui tuoi nemici, li facesti retroce-
dere e cadere con la faccia a terra, e dimori in questo olio, su cui
e dimori in quest'olio, su cui invo- invochiamo il tuo santo nome".
chiamo il tuo santo nome". Detto E lo versò sulla testa di Wizan e poi
questo, prima lo versò sulla testa sulle teste di quegli altri, dicendo:
di Wizan, quindi su quella delle "Nel tuo nome, Gesù Cristo, a
donne, dicendo: "Nel tuo nome, queste persone verranno rimessi
Gesù Cristo, sia per queste anime gli errori e i peccati, e verrà l'an-
in remissione dei peccati, allon- nientamento del nemico e la gua-
tanamento del nemico e salvezza rigione delle loro anime e dei loro
delle loro anime" 76 • corpi" 77 •

75 Forse un velato richiamo ad Ap 10, 9, al libro che "ti riempirà di ama-

rezza le viscere, ma in bocca ti sarà dolce come il miele".


76 Acta Thomae, 157: 'O wpoc'Loç xocprcòç T&v &ÀÀ<òiJ xocprc&v, ~ où8e:lç cruy-

xp[ve:TOtt oÀwç ~Te:poç- ò 7tocvu ÈÀE~fi.WV' ò T1j Tali Myou Òpfl.'ii ~éwv· 8uvOtf1.t<; ~
TOU ~uÀou ~v ot &v6pwrcoL èv8u61.1.e:voL ToÙç éocuT&v OCVTL7tOCÀouç vLx&crw· ò crTe:-
cpocv&v ToÙç vLx&vTocç· O'Ufi.~OÀov xocl J.OtptX TWV XOtfl.v6vTwv· ò e:ùocyye:ÀLO'OCfi.E:Voç
To'Lç &v6pwrcoLç T~v éocuT&v crwTYJplocv· ò 8e:Lxvùç cpwç To'Lç Èv crx6nL' ò TtX 1.1.èv
<pUÀÀIX mxp6ç, TÒv 8è yÀuxuTIXTOV xocprcòv e:Ùe:L8~ç· ò TPIXX,Ùç 1.1.èv ~v 6é1Xv, ocrciX-
ÀÒç 8è ~v ye:ucrw· Ò occr6e:v~ç 1.1.èv 8oxwv, Tjj 8è rijç 8uvOCf1.EW<; urce:p~oÀ'ij ~v
TtX 7tiXvTOt 6e:wpoucrocv ~OtO'TOC~wv MvatfA.LV' TIXUTOt E:t7twv rce:pLwX,dfA.ocç· 'I 'YJO'OU
ÈÀ6éTw ~ VLXYJTLX~ IXÙTou 8uv1Xf1.L<;, xiXl ÈvL8pucr6w T<;i ÈÀIX[<p TOuT<p C!crrce:p
t8puv6YJ Èv T<;i cruyye:ve:L' IXÙTou ~uÀ<p ~ T6Te: IXÙTou 8uv1Xf1.Lç, ~ç TÒv Myov oùx
~ve:yxocv ot O'TIXupwcriXVTéç cre:· ÈÀ6éTw 8~ xocl ~ 8wpe:Ò( 8L' ~ç To'Lç èx.6po'Lç ocù-
TOU Èfl.<pUO'~O'IX<; dc; TtX Òrc[crw urcox.wpljcriXt Èrcoll)O'Otç xoct 7tpl)ve:'Lç XOCTOC7tEO'ELV,
XIXl èm8l)f1.'ijcriXL T<;i ÈÀoc[<p TOUT<p ~ Èm<pl)fl.[~ofi.E:V TÒ cròv &yLov <lvofA.IX. Kocl
356 CAPITOLO 15

E ordinò a Migdonia di ungerle, mentre egli stesso unse Wizan.


Dopo che furono unti, li fece discendere nell'acqua nel nome del
Padre, del Figlio e dello Spirito Santo78 •
La lotta contro l'avversario è un tema ricorrente in questi due
testi eucologici: l'olio, tratto dal frutto dell'olivo, è benedetto e
presentato come mezzo affinché gli uomini vincano i loro nemici; è
invocato il dono di Cristo su di esso, facendo riferimento a ciò che
avvenne nel momento della sua cattura, quando indietreggiarono e
caddero a terra coloro che erano venuti per arrestarlo79 ; si domanda
l'annientamento (~a:J [butal] e cX7tOTporrfj) del nemico per mezzo di
esso, ed il beneficio (ma in greco O"WTI)p(tX) dell'anima e del corpo.
Un breve richiamo al medesimo tema si ha poche righe più avanti,
quando durante l'eucaristia che segue il battesimo Tommaso pro-
nuncia la sua benedizione, commemorando la funzione salvifica
· della morte sulla croce e menzionando il fiele che Gesù ha bevuto:
"In cambio del fiele che tu bevesti per noi, possiamo venir liberati
dal fiele del demonio" 80 •
Secondo Henry A. Kelly 1'&.7toTporrf) del nemico si riferisce ai
combattimenti futuri con il diavolo, e il significato del rito è più

-rocihoc e:btwv 7tpw-rov Tji xe:cpocÀji Oùocl:ocvou È7téxe:e:v, l7te:tTIX Toc"iç Twv yuvoct-
xwv, Àtywv· 'Ev òv6!J.OtT( crou 'I1Jcroii XptcrT~ ye:vf.cr6w -roc"iç ~uxoc"iç -roc1hoctç dç
&cpe:crtv &:!J.ocp-rtwv xocl. dç oc7to-rpo7t~v Toii ÈvocvTlou xocl. dç crWT1Jplocv -rwv ~u­
xwv IXÙTWV.
77 Acta Thomae, 157: . r6r.:1ru>:1 o<~ .uls\1 o<omls\ lluns.:~ o<~ .<;.a.
oG::>II:~<> ~cna~ ~ ~:~li\.<:~ r6o. ~ma:=~ """" .....__~uo ~ ~~l
o'bam ~ "\~o • .CO... .h. li\.U.:1 "''-o< t<lm ~ .h. ,U. .<li\ ,l::o!l ~o<.
~m'l~ nl\t<o: ~Ù>..= ~m::> ~:1 1m "\~me\!:IQ o<ls\o<ls\ • ~""'
,::..'lo<'o • ,mah.. ~l:>.:= ~:1 ~ t<lm .h. o<U.ls\o • ~m.!!.o<' .h. alMa
~~ o<oau. ~ ~ruta ~. l::o!lo<'o ~m:l ~m&. l:> ~:~amo. ~0:1 m&. l::~
~mÀE!U:I o<ls\nam~o «::=~:1 ~da. o<cn\,»o .<:.~ ~a.sl o<'Àd.l ~~
~cn.'l.!!o•;:.~ua Traduzione di Emanuela Braida.
78 Acta Thomae, 157: Kocl. ÈxtÀe:ucre:v Tji Muy8ov(~ ocÀe:L~IXL ocÙTocç, ocù-ròç 8~
lJÀEL~e:v -ròv Oùocl:ocv'Y)v. 'AÀd~ocç 8~ ocÙToÙç KIXT~yocye:v e:tç iJ8wp e:tç TÒ 6VO!J.IX
-roti llocTpÒç xocl. TOU Ytoii xocl. TOU &:ylou nVEU!J.IX"t"O<;.
79 Gv 18, 4-6: "Gesù allora, conoscendo tutto quello che gli doveva accadere,
si fece innanzi e disse loro: "Chi cercate?" Gli risposero: "Gesù, il Nazareno".
Disse loro Gesù: "Sono io!"( ... ) Appena disse "Sono io", indietreggiarono e cad-
dero a terra".
so Acta Thomae, 158.
ATTI DI TOMMASO 357

apotropaico che esorcistico81 . Egli fa appello ad un altro episodio


degli Atti: il battesimo richiesto all'apostolo da una donna, di cui si
parla nel cap. 49, ha proprio lo scopo di impedire il futuro ritorno
del demonio, a conferma del carattere apotropaico da lui sostenuto;
va però osservato che in quel caso l'unzione non è menzionata, ma
soprattutto che la donna era già stata liberata da un demonio, per-
ché su di lei era appena stato praticato un esorcismo vero e pro-
prio: il contesto è quindi assai differente.
Certamente la questione va vista alla luce di una ricostruzione più
precisa della liturgia battesimale attestata dai nostri Atti. Albertus
Klijn ha cercato di stabilire l'ordo baptismi che risulta dagli Atti
di Tommaso e, tra le varie difficoltà testuali, individua l'unzione
prebattesimale come un punto chiaramente attestato82 • Indubbia-
mente ogni tentativo di precisa ricostruzione liturgica sulla base di
testi con queste caratteristiche dev'essere molto ponderato; la diffi-
coltà di stabilire un testo originale e la differenza tra la recensione
greca e quella siriaca, proprio in alcuni passi dedicati all'iniziazione
cristiana, pongono alcuni interrogativi sull'affidabilità del racconto
nella forma pervenutaci: le descrizioni dei battesimi attribuiti agli
apostoli riflettono infatti costumi familiari ai compilatori e agli edi-
tori degli scritti, e talora subiscono alterazioni per concordare con
la pratica di chi questi scritti li riutilizza, li traduce, li corregge
dogmaticamente. E anche se si considerano questi racconti come
specchio di pratiche autentiche, essi sono anzitutto rappresentativi
dell'uso liturgico del gruppo in cui sono sorti83 •
La ricostruzione del rituale dell'unzione battesimale in ambiente
siriaco è stata affrontata a più riprese da Gabriele WinklerB 4 • Le

81 H. A. KELLY, The Devii al Baptism, pp. 131-132.


82 A. F. J. KuJN, The Acts o( Thomas, pp. 54-61. Y. TissoT, Les Actes de
Thomas, pp. 224-226, si occupa del battesimo di Gundaforo e Gad (26), che
egli ritiene essere stato inizialmente solo un'unzione. Successivamente sarebbe
stato aggiunto il battesimo dopo l'unzione nella recensione siriaca pervenuta,
conformemente al rituale siriaco contemporaneo. Per lo stesso motivo, nel testo
greco il battesimo sarebbe stato invece anteposto. Ancora in Afraate è chiara
l'esistenza dell'unzione battesimale: cfr. E. J. DuNCAN, Baptism in the Demon-
strations, pp. 108-123.
83 In generale, su questo, A. NICOLOTTI, Sul metodo per lo studio dei testi
liturgici.
84 G. WINKLER, The Hislory o( lhe Syriac Prebaplismal Anoinling; EAo.,
The Originai Meaning o( lhe Prebaplismal Anoinling; EAo., Das armenische In i-
358 CAPITOLO 15

antiche tradizioni liturgiche siriache ed armene non si riferiscono


mai all'olio come (J.Upov o crisma, ma come ~Àcnov, ~ (mes(lii)
in siriaco, fn'L (iwl) in armeno. Se Klijn aveva ipotizzato l'esi-
stenza nella pratica originaria dell'unzione del corpo intero85 , la
Winkler rintraccia solamente una primitiva unzione sul capo, detta
16a.oi (riismii, cioè segno, marchio), alla quale solo successivamente
si sarebbe aggiunta quella sul corpo intero chiamata t<'~~
(msl/;!iitii, cioè unzione). Questo è all'origine della duplice unzione
prebattesimale (sul capo e sull'intero corpo) attestata nella seconda
metà del IV secolo, a cui farà seguito anche un'unzione postbat-
tesimale ~;\u. ((ltamii, cioè sigillo) 86 • A suo parere, dalle testimo-
nianze coeve risulta questa interpretazione del rito: "Come Gesù
ha ricevuto l'unzione per mezzo della presenza divina sotto l'appa-
renza di una colomba, e fu investito come Messia, ugualmente nel
battesimo cristiano ogni candidato viene unto e, assieme a questa
unzione, gli è conferito il dono dello Spirito Santo. Di conseguenza
il tema principale di questa unzione prebattesimale è l'entrata nel
regno escatologico del Messia" 87 • Questa interpretazione, che nasce
dal legame istituito tra l'unzione battesimale e l'unzione del re e
sacerdote di Israele, solo nel corso del IV secolo avrebbe ceduto il
posto ad una funzione catartica ed apotropaica. Tale cambiamento,
però, interessò principalmente le regioni dell'area mediterranea, con
l'esclusione delle più interne Siria e Armenia.
La Winkler, sostenendo che l'introduzione dell'unzione sul corpo
ha portato a una reinterpretazione del gesto primitivo come rito di
guarigione, ritiene che quelle parti degli Atti di Tommaso che men-
zionano l'unzione del capo e del corpo intero e si concentrano sul
tema della guarigione, includendo una preghiera per la benedizione

tiationsrituale, pp. 95-96 e 136-146. La Winkler si dedica principalmente allo


studio del rituale armeno che, nella sua forma più antica, segue la struttura
battesimale siriaca. Si veda anche E. MAZZA, Elementi di inculturazione.
85 A. F. J. KLIJN, An Ancient Syriac Baptismal Lilurgy, p. 227.
86 La Winkler (The Origina/ Meaning, p. 62) lamenta la grande confusione

creata dalle traduzioni moderne, che confondono tutte il riUmii con lo blamii,
rendendo sigillo ove occorrerebbe rendere con segno, marchio. Diversa la tra-
duzione italiana di Afraate curata da Giuseppe Ricciotti: "Spuntava la luce
intellettuale, e germogliavano i frutti della splendida oliva, nella quale è una
figura (riisma) del mistero della vita. Per mezzo di essa diventano compiuti i
cristiani, i sacerdoti, i re e i profeti" (S. Afraate, p. 81).
87 G. WINKLER, The Originai Meaning, p. 71.
ATTI DI TOMMASO 359

dell'olio (capp. 121 e 157), siano un'aggiunta posteriore rispetto


alle due descrizioni che riportano solamente un'unzione del capo
priva di preghiera di benedizione, associandola al tema messianico
(capp. 27 e 132)88 • Louis Leloir, da parte sua, sottolinea il carattere
simbolico dell 'unzione ai fini di rendere il catecumeno sacerdote,
profeta e re89 •
Qualcuno ha pensato invece di poter conciliare le differenze nella
descrizione delle unzioni; Ruth Meyers ha osseivato infatti che la
menzione esplicita dell'unzione sul corpo appare negli Atti di Tom-
maso solamente quando i candidati al battesimo sono donne, che
necessitano della presenza di un'altra donna per il compimento di
questa operazione. Nel tardo giudaismo la prassi del battesimo per
le donne proseliti prevedeva già la presenza di altre donne all'atto
di immergere la convertita nell'acqua sino al collo90 , e la Didascalia
aposlolorum testimonia chiaramente per il battesimo cristiano l'uso
di affidare alle donne l'unzione muliebre 91 • Per gli Alli di Tommaso
si potrebbe allora ipotizzare che nei casi dove non c'era necessità di
avere una donna che si adoperasse per l'unzione corporale, sia stata
semplicemente omessa la descrizione dettagliata; l'olio versato sulla
testa poteva anche scendere sul corpo nudo del battezzando, o il
medesimo apostolo poteva compiere da solo quest'incombenza 92 •
Bryan D. Spinks, tuttavia, osserva che le differenti descrizioni
potrebbero essere il riflesso della simultanea coesistenza di una
varietà di pratiche battesimali nello stesso periodo in ambiente
siriaco; invece di postulare uno sviluppo lineare nella tradizione
liturgica, egli ipotizza l'esistenza di percorsi differenti, coesistenti
fin dall'inizio. Inoltre, a suo parere, certe usanze andrebbero lette
alla luce di alcuni scritti gnostici, specie quelli di Nag Hammadi93 •
Anche Paul Bradshaw si mostra propenso ad accettare la prima
proposta di Spinks: se la Winkler basa la sua analisi sul presuppo-

88 G. WJNKLER, The Originai Meaning, pp. 36-45.


89 L. LELOIR, Symbolisme dans la liturgie syriaque, pp. 251-256.
90 Cfr. A. KALSBACH, Diakonisse, col. 927.
91 Didascalia apostolorum, III, 12, 2-3: "Quando è presente una donna, spe-

cialmente una diaconessa, non è conveniente che le donne siano viste dagli
uomini; allora tu, imponendo la mano, ungerai il capo soltanto [... ] Poi la dia-
conessa unga le donne, come già detto".
92 R. MEYERS, The Structure o{ the Syrian Baptismal Rite, p. 41.

93 B. D. SPINKS, Baptismal Patterns in Early Syria.


360 CAPITOLO 15

sto che all'interno di una regione geografica lo sviluppo rituale sia


stato sostanzialmente monolineare, e di conseguenza interpreta le
differenti testimonianze liturgiche come fotografie di diverse tappe
cronologiche nell'evoluzione di uno stesso modello, Bradshaw tende
a non sottovalutare la possibilità che diverse descrizioni siano mani-
festazioni di una pratica non ancora uniforme, neppure all'interno
del medesimo ambiente. Il fatto che nella versione siriaca del rac-
conto del battesimo della donna posseduta dal demonio (cap. 49)
sia assente la menzione di qualsiasi unzione, sarebbe una contro-
prova di questa mancata uniformità 94 •
Non va passato poi sotto silenzio il tentativo, operato da Susan
Myers, di dimostrare il carattere opzionale dell'immersione nell'ac-
qua nel battesimo di ambiente siriaco; a suo parere nessun docu-
mento antico autorizza a pensare che il battesimo d'acqua fosse
necessario o più importante dell'unzione95 .
Maxwell E. Johnson ha ripreso in mano gli studi precedenti per
trarne delle conclusioni, a mio modo di vedere, assai equilibrate.
Egli ammette la presenza di tradizioni diverse contemporanee, ma
ricorda anche che vi fu comunque un modello prevalente, quello
espresso sia dagli Atti di Tommaso sia dalla Didascalia Apostolo-
rum; si mostra titubante nell'andare a cercare in ambienti gnostici
il punto di partenza della pratica che sarebbe poi stata largamente
adottata in Siria; sottopone a una nuova critica i modelli evange-
lici e teologici che intervengono nella comprensione dei rituali di
iniziazione96 •
In ogni caso, la difficoltà di ristabilire il testo originario degli
Atti non ci è di aiuto per risolvere questa questione; la scelta di
una delle due lezioni concorrenti può influire pesantemente sull'in-
terpretazione. Accettando la lettura della Winkler, il passo citato
da Dolger come testimonianza di un senso esorcistico dell'un-
zione sarebbe secondario; il battesimo amministrato senza alcuna
unzione, invece, sarebbe testimone di uno stadio ancora più antico.
Ma anche in questo caso, se andasse rigettata l'ipotesi di tre
diversi stadi di sviluppo cronologico nel rito, vi potrebbe essere a
mio parere una diversa spiegazione: l'assenza dell'unzione nel caso
succitato, infatti, avviene in corrispondenza del battesimo di una

94 P. F. BRADSHAW, Alle origini, pp. 175-177.


95 S. E. MYERS, lnitiation by Anointing.
96 M. E. JoHNSON, The Rites of Christian Jnitiation, pp. 78-83.
ATTI DI TOMMASO 361

donna liberata dal demonio. Se veramente l'unzione avesse posse-


duto un significato esorcistico, sarebbe stato superfluo compierla su
una persona già liberata dal maligno poco innanzi. Qualora questa
interpretazione fosse quella corretta, potremmo accettare l'ipotesi
di Di:ilger che vede nell'unzione del cap. 157 una testimonianza
dell'esorcismo battesimale; il fatto che nel racconto del cap. 49 la
donna ossessa appena liberata domandi il battesimo "perché quel
nemico non torni nuovamente", potrebbe semplicemente rendere
esplicita una distinzione tra il carattere apotropaico del battesimo
ed il carattere esorcistico dell'unzione che lo precede (nel caso della
donna omessa, perché superflua). Tuttavia, non credo sia possibile
addivenire ad una soluzione certa sulla base di questi elementi:
proprio il cap. 49 è conservato in due recensioni divergenti, e di
difficile ricostruzione.
CAPITOLO 16
CELSO FILOSOFO

Intorno al 248 Origene ricevette dal suo mecenate Ambrogio


uno scritto intitolato 'AÀ'Y)6~ç Myoç, opera di un pagano di nome
Celso, unito alla richiesta di approntare una replica alle accuse ivi
rivolte contro i cristiani!. L'Alessandrino preparò un commentario,
nel quale alla citazione più o meno letterale delle parole di Celso
fece seguire le proprie confutazioni. L'opera di Celso, che non ha
una tradizione manoscritta indipendente, si è conservata per noi
nella misura in cui Origene ne ha riportato alcune parti nella pro-
pria opera di confutazione. È in questo modo che ci sono pervenute
le argomentazioni del filosofo, la cui estrapolazione, sebbene sol-
levi alcune difficoltà, può restituirei una buona parte del trattato
anticristiano. Ciò che resta del Discorso vero 2 è dunque una serie
di sentenze che Origene ha estratto dall'opera di Celso, seguendole
passo passo nella sua replica; l'Alessandrino, oppositore del filosofo
pagano, ne è involontariamente diventato l'unico testimone e tra-
mite fino ai giorni nostri. Origene ammette di avere talora omesso

1 Sull'opera di Celso, si vedano T. KEIM, Celsus' Wahres Wort; J. F. S. MuTH,


Der Kampf; A. MIURA-STANGE, Celsus und Origenes; W. DEN BoER, La polémique
anti-chrétienne; K. PICHLER, Streit um das Christentum; G. T. BuRKE, Celsus and
Late Second-century Christianity; H. E. LoNA, Die wahre Lehre des Kelsos. Due
traduzioni italiane commentate: G. LANATA, Celso. Il discorso vero; S. Rizzo,
Celso. Contro i Cristiani. Una raccolta di studi e bibliografia in Discorsi di verità,
ed. L. PERRONE; cfr. anche l'introduzione di P. RESSA, Contro Celso, pp. 13-54, e
le brevi notizie di G. DoRIVAL, Celso (contro). Sulla figura di Celso, M. FREDE,
Celsus philosophus Platonicus. Sulle principali obiezioni del pensiero antico al
cristianesimo, il classico P. DE LABRIOLLE, La réaction pai'enne, e W. NESTLE,
Storia della religiosità greca, pp. 463-520; i due saggi, di impostazione opposta,
risultano per questo complementari. Si veda poi I Pagani di fronte al cristiane-
simo, ed. P. CARRARA.
2 Oppure parola di verità, dottrina vera, orazione veritiera. Sulle interpreta-
zioni del titolo, K. PICHLER, Streit um das Christentum, pp. 39-43; S. Rizzo,
Celso. Contro i Cristiani, pp. 20-22; G. LANATA, Celso. Il discorso vero, pp. 9-10;
P. RESSA, Contro Celso, pp. 20-22; L. ALFONSI, 'Aì-:1)6~c; Myoc;.
364 CAPITOLO 16

o sintetizzato, modificando altresì l'ordine originale del testo 3 ; è


quindi impossibile ricavare l'intera opera di Celso, semplicemente
giustapponendo e riorganizzando i passi pervenuti 4 • Certamente
Origene ci ha tramandato una buona parte dell'opera, ed i filologi
ce l'hanno restituita con un certo grado di verosimiglianza; occorre
comunque tener presenti le difficoltà che scaturiscono dal tentativo
di isolare le citazioni testuali del Discorso vero all'interno della tor-
renziale confutazione di Origené.
Prima di passare alla lettura dei testi, mi sembra di dover spen-
dere qualche parola anche sull'identità di Celso. Nessun autore
antico, al di là di Origene, fa menzione di Celso e della sua opera, e
non si hanno notizie di altre confutazioni cristiane6 ; Origene stesso
ha difficoltà nello stabilire l'identità dell'autore del trattato che sta
confutando. Egli conosce "due Celsi seguaci di Epicuro: il primo
vissuto al tempo di Nerone, questo invece vissuto al tempo di
Adriano e più oltre" (1, 8). Altrove osserva: "Tu puoi osservare che
Celso, dicendo questo, ammette in un certo modo l'esistenza della
magia; ed io non so se egli è lo stesso Celso, autore di parecchi libri
contro la magia" (1,68). In seguito si identificò l'autore del Discorso
vero con l'amico di Luciano di Samosata, dedicatario dell'opuscolo

3 Origene tiene fede solo in parte al suo proponimento di confutare i passi di


Celso in ordine consequenziale e cruyypoccp~xwç. Origene medesimo ci informa di
trasposizioni (V, 33), omissioni (Il, 79; VI, 22) e cambiamenti di ordine nel ripor-
tare il testo di Celso (Prooemium, 6). Cfr. P. RESSA, Contro Celso, pp. 22-27.
4 Un esempio di ricostruzione eccessivamente ottimistica è la versione di

L. RouGIER, Celse contre les Chrétiens.


5 La prima presentazione di un testo del Discorso vero reso indipendente
dall'opera di Origene è quella di O. GLbCKNER, Celsi Alelhes Logos (1924). Le
successive edizioni di H. O. ScHRODER, Der Alethes Logos (1939) e R. BADER,
Der Alelhes Logos des Kelsos (1940) hanno migliorato la ricostruzione del Gltick-
ner, che aveva il difetto di aver inserito alcuni elementi eterogenei, nel ten-
tativo di completare ed armonizzare i frammenti isolati. Alcuni frammenti
sono stati diversamente sistemati dall'Andresen e da Chadwick, e discussi dal
Borret nella sua edizione del contra Celsum. Alcune indicazioni sulla storia della
ricostruzione del testo in K. PICHLER, Streit um das Christentum, pp. 8-14 e in
G. LANATA, Celso. Il discorso vero, pp. 39-45.
6 K. PICHLER, Streit um das Chrislentum, p. 85: "La ricerca non è pervenuta

a stabilire con certezza per via storico-letteraria l'utilizzazione dell'Alethes logos


da parte di uno dei successivi critici del cristianesimo o da parte di uno scrittore
cristiano prima di Origene; da questo tuttavia non si può dedurre che lo scritto
di Celso non abbia avuto alcun ruolo nel dibattito tra pagani e cristiani".
CELSO FILOSOFO 365

Alessandro o lo pseudoprofeta (180 circa) e autore di un trattato


contro i maghF, oppure con un corrispondente di Galeno (129-199)
destinatario di una Lettera a Celso l'epicureo. Se è impossibile che
l'autore dell' 'Aì-:1)6~c; Myoc; sia vissuto in epoca neroniana, non è
da scartarsi l'ipotesi che questi tre ultimi Celsi siano la stessa per-
sona. Si è voluto anche ricorrere alla figura di Publio Giuvenzio
Celso, giurista e alto funzionario imperiale nel n secolo. È comun-
que improbabile che il Celso del Discorso vero sia l'epicureo: anche
se talora Origene medesimo taccia di epicureismo il suo avversa-
rio8, altre volte si dimostra incerto sulla sua posizione filosofica,
ritenendolo un platonico9 , fino all'avanzare questi sospetti: "Egli
o ha finto di non conoscere la sua dottrina epicurea, oppure, come
si potrebbe dire, l'ha abbandonata per migliori credenze, o ancora
potremo dire che egli non è Celso l'epicureo, ma un suo omonimo"
(IV, 54). È forse quest'ultima l'ipotesi migliore: sarebbe difficile
ammettere che l'autore del Discorso sia un epicureo, a causa della
sua contraddittoria fede nei demoni e soprattutto per la sua incon-
dizionata ammirazione per Platone 10 • Non si tratterebbe quindi
dell'amico di Luciano né del corrispondente di Galeno, ma di una
persona la cui unica fonte biografica è l'opera sua. Neppure pare
possibile identificare un luogo di provenienza dello scritto: l'igno-
ranza di Origene riguardo a Celso fa pensare che questi non fosse
alessandrino. Il patriottismo filoromano dell'autore (VIII, 63-72) ha
fatto proporre Roma come città di origine del Discorso vero; ma

7 LuciA NUS SAMOSATENUS, Alexander, 21: "Vi sono ancora molte altre maniere,
che non voglio ricordare tutte per non sembrare fastidioso, massime a te, che
contro i maghi hai scritto un libro bellissimo, utile ed istruttivo, nel quale hai
esposto tante cose e maggiori di queste" (traduzione di Luigi Settembrini).
Sostenne con forza questa identificazione J. ScHWARTZ, Du Testament de Lévi,
pp. 126-137.
8 0RIGENES, Contra Celsum, l, 8; I, 10; II, 60; IV, 75; IV, 86 etc.
9 0RIGENES, Contra Celsum, III, 63; III, 80; IV, 4; IV, 83 etc.
10 La diffidenza verso il Celso epicureo era già registrata da E. BuoNAIUTI,

Una polemica religiosa, p. 135: "Quello che gli storici tradizionali han costan-
temente ritenuto, e che la critica moderna invece esclude recisamente, è che
Celso sia stato epicureo". Sull'argomento, K. PICHLER, Streit um das Christen-
tum, pp. 27-38; H. DùRRIE, Die platonische Theologie des Kelsos; P. INNOCENTI,
Per una storia dell'epicureismo; Q. CATAUDELLA, Celso e l'epicureismo (ritiene che
la posizione di Celso oscilli tra i due poli estremi del platonismo e dell'epicu-
reismo); C. MoRESCHINI, Apuleio e il platonismo, pp. 166-169; M. FREDE, Celsus
philosophus Platonicus; A. MAGRIS, Platonismo e cristianesimo.
366 CAPITOLO 16

dalla lealtà di un fedele cittadino non consegue che egli scrivesse


necessariamente da Roma, e una qualunque altra regione dell'im-
pero non può essere scartata 11 •
Gli studiosi si sono adoperati nella ricerca di indizi interni che
permettessero di collocare cronologicamente in maniera più pre-
cisa la composizione dell'opera di Celso 12 • Nella sua risposta al
Discorso vero, Origene (248 o 249) afferma che Celso è scomparso
già da molto tempo 13 ; il lerminus posi quem è dato dal fatto che
Celso conosce i marcelliniani, discepoli della carpocraziana Marcel-
lina che secondo Ireneo si recò a Roma al tempo del pontificato
di Aniceto (157-168) 14 • Sulla base di un passo (VIII, 71) nel quale
l'autore parla di "coloro che oggi regnano" (ot vuv ~ocmÀtuov-rtç), si
è comunemente fissata la composizione del Discorso in un periodo
di diarchia, probabilmente gli anni in cui Marco Aurelio regnò col
fratello Lucio Vero (161-169) o col figlio Commodo (176-180) 15,
anche se per altri il senso di questa frase è assai più incerto 16 • Poi-
ché Celso presenta i barbari come minaccia per l'impero (VIII, 68),
il pensiero va proprio al regno di Marco Aurelio, in particolare
agli anni 177-180. Alcuni accenni a persecuzioni contro i cristiani
hanno fatto pensare alle repressioni dell'anno 177, che per Euse-

11 Qualcuno propende per l'Egitto, sulla base della conoscenza che l'autore

mostra di avere di vari aspetti della cultura egiziana. Rassegna delle posizioni
in M. BoRRET, Contre Ce/se, vol. 5, pp. 136-140; K. PICHLER, Streit um das Chri-
stentum, pp. 97-98.
12 Cfr. le osservazioni riassuntive di G. DoRIVAL, Celso (contro), p. 68.

Un'esposizione più ampia in K. PICHLER, Streit um das Christentum, pp. 94-97;


M. BoRRET, Contre Celse, vol. 5, pp. 122-129.
13 0RIGENES, Contra Celsum, Prooemium, 4: "Celso non vive neanche più

la nostra vita mortale, ma è scomparso già da molto tempo". Traduzione di


Aristide Colonna.
14 0RIGENES, Contra Celsum, V, 62. IRENAEUS LuGDUNENSIS, Adversus haereses,
l, 25, 6.
15 È vero che in 0RIGENES, Contra Celsum, VIII, 68 e 73, si parla di impera-

tore al singolare, ma mi pare che si tratti di un contesto assai generico in cui


Celso esorta i cristiani alla fedeltà verso l'imperatore, qualunque esso sia. Cosi
anche E. BuoNAIUTI, Una polemica religiosa, p. 138: "Questi passi includono
un'affermazione di principi monarchici in genere, più che un'allusione ad un
unico signore presente".
16 H. U. RosENBAUM, Zur Datierung; M. FREDE, Celsus philosophus Plaloni-
cus, pp. 5188-5189.
CELSO FILOSOFO 367

bio furono particolarmente violente 17 . Il 178 è anche l'anno in cui


Marco Aurelio riprese la guerra contro i Marcomanni ed aveva la
necessità del sostegno di tutti i cittadini; ciò giustificherebbe l'ap-
pello conclusivo all'assunzione dei propri doveri civili 18 • Per questo
motivo il 178 è la data congetturale preferita dagli studiosi, anche
se non sono mancate datazioni più alte 19 • Conforme a questa data-
zione, si è suggerito da parte di Marta Sordi di vedere nella figura
di Celso il portavoce di Marco Aurelio, non solo in risposta alle
Apologie di Atenagora, Melitone, Apollinare di Gerapoli e Milziade,
ma anche per invitare i cristiani a collaborare con lo Stato20 ; la sua
tesi è stata energicamente respinta da Giorgio Jossa 21 •
Di qui in avanti il lettore vorrà scusarmi se ho ritenuto oppor-
tuno, a fronte di pochi passaggi di nostro interesse, soffermarmi a
lungo sulle fonti letterarie di Celso, sulla sua concezione demonolo-
gica e sulla sua opinione riguardo al soprannaturale: mi è sembrato
necessario, allo scopo di contestualizzarli adeguatamente.

l. Le fonti di Celso sul cristianesimo


Prima di ricercare qualche riferimento all'esorcismo all'interno
della requisitoria di Celso, è importante stabilire l'attendibilità
delle sue fonti e, più in genere, la verosimiglianza della sua testi-
monianza. Alla domanda di dove Celso traesse le sue informa-
zioni sul cristianesimo e sul giudaismo cercarono di rispondere già

17 0RJGENES, Contra Celsum, VIII, 54; 65; 69. EusEBius CAESARIENSIS, Historia
ecclesiastica, V, l.
18 0RJGENES, Contra Celsum, VIII, 73-75.

19 Ad esempio J. ScHWARTZ, Du Testament de Lévi, e lo., Celsus redivivus,

che propone il 161-164.


20 M. SoRDI, Le polemiche, pp. 17-22; EAD., I cristiani e l'Impero, p. 83: "Il

Discorso vero di Celso, pur nella violenza della polemica ideologica e religiosa,
fu forse la risposta di un portavoce dell'imperatore a queste apologie e rappre-
sentò [... ] una cauta proposta di pace, la ricerca di un modus vivendi che per-
mettesse ai cristiani di uscire dalla clandestinità e di offrire allo Stato la loro
collaborazione di cittadini".
21 G. JossA, I Cristiani e l'impero romano, pp. 164-239. In particolare: "Già

in questa definizione dÌ Celso c'è una forzatura. È difficile infatti considerare il


filosofo platonico Celso, proveniente quasi certamente da una provincia orien-
tale dell'impero, semplicemente come portavoce di Marco Aurelio" (p. 164).
368 CAPITOLO 16

Benjamin Aubé 22 e Walther Volker23 , dedicandosi alla ricostru-


zione dell'ipotetica biblioteca di Celso. Se è infatti relativamente
semplice risalire alle sue letture dei classici (anzitutto Platone, poi
Erodoto, Omero, Esiodo, Eraclito, Empedocle, Ferecide di Siro,
Diogene Laerzio), non si può essere altrettanto sicuri in merito alla
consistenza della sua "biblioteca cristiana". Celso millanta di saper
ogni cosa in merito ai cristiani (7tcXIJTIX ycXp o!8cx; l, 12); certamente
le nozioni che possiede le ha anche ricavate da qualche fonte cri-
stiana scritta, la cui identificazione non è sempre del tutto age-
vole24. Gli studiosi moderni hanno cercato di andare al di là del
giudizio di netta condanna emesso da Origene, secondo cui "tutto
quello che egli pensa di produrre contro Gesù ovvero contro di noi
è dedotto o da fatti male riferiti, o da passi del V angelo malin-
tesi, oppure da storie favolose inventate dai giudei 25 ". Celso cono-
sce indubbiamente la Genesi, o almeno parti cospicue di essa; per i
riferimenti ai libri profetici, invece, si può anche pensare che abbia
fatto ricorso a fonti indirette26 • Ha letto Filone di Alessandria e
conosce certamente il Libro di Enoch 27 • Riguardo a Gesù, mostra di
possedere informazioni ricavate da fonti ebraiche diverse da quelle
evangeliche, talora riproducendo o riassumendo, più spesso riuti-
lizzando con molta libertà 28 • Ha sottomano il Vangelo di M alleo e
forse la versione giovannea della passione29 , mentre nulla ci auto-
rizza ad affermare con sicurezza una diretta conoscenza da parte
sua dei testi paolini e del libro degli Atti. Si è voluta vedere in
alcuni frammenti qualche reminiscenza del V angelo di Tommaso o

22 B. AusE:, Histoire des persécutions de l'Église, pp. 198-243.


23 W. VOLKER, Das Bild vom nichlgnostischen Christentum, pp. 80-88.
24 Cfr. M. BoRRET, L'Écriture d'après le pai"en Celse, pp. 171-193; L. N. FER-

NANDO, Origen's Use o{ Scriplure, pp. 243-250; M. SIMONETII, La Sacra Scrittura


nel Contro Celso; E. NoRELLI, La tradizione sulla nascita di Gesù, pp. 158-163.
25 0RIGENES, Contra Celsum, II, 10. Traduzione di Aristide Colonna.

26 Cfr. G. T. BuRKE, Celsus and the Old Testament. Va però notato che i

frammenti VI, 51-53 seguono certamente una fonte marcionita, che potrebbe
dunque essere alla base di sezioni più ampie del testo genesiaco.
27 Cfr. E. STEIN, De Celso Philonis Alexandrini imitatore. Celso nomina anche

Aristobulo come sua fonte (IV, 51). Per Enoc, vedi V, 25.
28 Cfr. M. Loos, Élude sur les sources juives.

29 Cfr. W. VOLKER, Das Bild, p. 83.


CELSO FILOSOFO 369

di Filippo, quello che egli chiama Dialogo celeste30. Celso maneg-


gia la letteratura gnostica, come è ricavabile dalla sua descrizione
del diagramma degli ofiti e dalla sua conoscenza di una versione
interpolata degli Oracoli sibillini31 , e dispone di un'opera propagan-
distica giudeo-cristiana intitolata Disputa fra Papisco e Giasone3 2 , a
noi inaccessibile.
Assai controverso è il rapporto tra Celso e la letteratura apo-
logetica, dalla quale avrebbe potuto trarre qualche informazione
sull'uso cristiano di cacciare i demoni; secondo Johannes Geffcken,
il filosofo conobbe indubbiamente le opere degli apologistP3 • Per
James R. Harris la fonte principale del Discorso vero sarebbe stata
l'Apologia di Aristide di Atene34 , mentre per Elysée Pélagaud Celso
con la sua opera avrebbe voluto rispondere alle due Apologie e al
Dialogo con Trifone di Giustino (Pélagaud considerava giustinea
anche la Cohortatio ad Graecos) 35 • Diversamente, Walther Volker
affermò che Celso non conobbe affatto la letteratura apologetica 36 ,
e sullo stesso parere si è attestato Quintino Cataudella37 • Il mag-
gior sostenitore moderno della tesi del Pélagaud fu Carl Andresen
(1955), che attribuì alla polemica con Giustino un peso determi-
nante nella scrittura del Discorso vero38 ; egli fu in questo seguito

30 ORIGENES, Contra Celsum, VI, 27; VIII, 15. Cfr. G. LANATA, Celso. Il

discorso vero, p. 50. Invece H. M. JACKSON, The Selling and Seclarian, pensa ad
un'origine marcionita.
31 0RIGENES, Contra Celsum, VI, 24; VII, 53.
32 OR!GENES, Contra Celsum, IV, 52. La Disputa, attribuita ad Aristone di

Pella e datata intorno al 140, costituirebbe il primo esempio di scritto contro-


versistico antigiudaico. Esso si concludeva con la capitolazione ed il battesimo
di Papisco, giudeo alessandrino. Il carattere dello scritto era allegorico. Cfr.
V. ZANGARA, Aristone di Pella.
33 J. GEFFCKEN, Zwei griechische Apologeten, p. XLI.
34 J. R. HARRIS, Celsus and Aristides.

35 E. PÉLAGAUD, Un conservateur au second siècle, pp. 272, 398 e 413-419.


36 W. VòLKER, Das Bild vom nichtgnostischen Christentum, pp. 85-88.

37 Q. CATAUDELLA, Celso e gli apologeti cristiani, p. 29: "Il suo esame e il suo

attacco sembrano avere di mira una specie di 'vulgata' della dottrina cristiana,
anteriore e comunque indipendente da quel travaglio di pensiero che ebbe la
sua espressione nelle Apologie". Per Cataudella, Giustino e Celso "sono indipen-
denti l'uno dall'altro" (p. 33).
38 C. ANDRESEN, Logos und Nomos, pp. 308-400.
370 CAPITOLO 16

da numerosi commentatorP9 e criticato da altri 40 , specie da Gary


T. Burke41 •
L'interrogativo su simili fonti eventuali, non è di facile risolu-
zione. All'epoca di Celso già si era strutturata una sorta di vulgata
apologetica, un repertorio di accuse alle credenze del paganesimo,
che circolava e si incontrava nelle opere dei primi apologisti; ma
argomenti simili potevano anche essere ricavati da una da certa
letteratura pagana, coeva o antecedente, caratterizzata da un
atteggiamento autocritico nei confronti delle proprie credenze.
Celso, allora, avrebbe potuto servirsi non tanto di una biblioteca
di scritti apologetici cristiani, quanto di una serie di luoghi comuni
di scuola, che potevano essere adoperati da chiunque ed in qua-
lunque tipo di discussione. Certe cose che leggiamo nell'apologetica
cristiana avrebbero potuto essere ricavate dall'autore anche da una
conversazione con qualche pagano dotato di una buona cultura
retorica 42 • In definitiva, oggi la questione delle fonti apologetiche
di Celso è attestata su un non liquet; pare infatti troppo azzar-
dato legare l'utilizzo di certi temi alla dipendenza da questa o da
quest'altra apologia a noi nota 43 • Di queste considerazioni occorre
tener conto nella valutazione delle informazioni sugli esorcismi cri-
stiani contenuti nelle sue opere.

39 Ad esempio J. DANIÉLOU, Messaggio evangelico, p. 134; E. R. Dooos,

Pagani e cristiani, p. 104, nota 7; H. CHADWICK, Pensiero cristiano antico, p. 27,


nota 59; A. J. DROGE, Homer or Moses?, pp. 72-81.
40 H. DòRRIE, Recensione a C. ANDRESEN, Logos und Nomos; E. F. OsBORN,

Justin Martyr, p. 169; K. PICHLER, Streit um das Christentum, p. 49.


41 G. T. BURKE, Celsus and Justin. Burke conclude così la sua disamina
delle prove portate da Andresen: "La questione è stata semplicemente riaperta
e riportata alla sua condizione precedente il 1955. Celso potrebbe aver usato gli
scritti di Giustino, e qualcuno potrebbe dimostrare la plausibilità di una tale
dipendenza letteraria; ma, nell'opinione dello scrivente, il lavoro di Andresen
non può più essere considerato la dimostrazione di una tale connessione tra i
due autori".
42 Cfr. G. LANATA, Celso. Il discorso vero, pp. 50-51.

43 Cosi K. PICHLER, Streit um das Christentum, pp. 43-50, conclude la ras-

segna delle posizioni sostenute (fino al 1980), ed il suo parere è ripreso da


A. LE BouLLUEC, Vingt ans de recherches, p. 11. Si veda anche M. BoRRET, Con-
tre Celse, vol. 5, pp. 183-198, dove vengono esaminate con una certa profondità
le tesi di Q. Cataudella, C. Andresen, A. D. Nock, J. Schwartz, J. M. Verman-
der. Un buon riassunto aggiornato della questione in P. RESSA, Origene. Contro
Celso, pp. 41-53.
CELSO FILOSOFO 371

2. Celso e i demoni
Risulta impossibile, dalla lettura congiunta dell'opera di Celso e
della risposta di Origene, ricavare un modo coerente di intendere le
figure demoniche. Gli esseri assolutamente malvagi dello scrittore
cristiano sono esplicati diversamente dal suo interlocutore pagano:
i due autori si servono in maniera non sovrapponibile di diverse
categorie di pensiero. "Celso, contrariamente a Plutarco, Apuleio,
Massimo o Porfirio, non espone una vera e propria demonologia; il
carattere violentemente polemico della sua opera, pieno di dimo-
strazioni spesso schematiche e di ripetizioni, spiega in parte questa
relativa povertà" 44 • La religione greca classica non possedeva una
classe specifica di aocLfJ.OVe:ç ed utilizzava il termine come sinonimo
di 6e:oL Platone nel Simposio fu il primo ad adottare il termine
aoc(fJ.ove:ç per designare gli intermediari fra gli dèi e gli uomini,
escludendo il diretto intervento dei primi nelle cose umané 5 • Dalla
risistemazione senocratea di questa dottrina 46 dipende in gran parte
la demonologia elaborata in ambiente medioplatonico della quale
abbiamo ampia documentazione negli scritti di Plutarco, Apuleio
e Massimo di Tiro 47 • Seguendo Platone, Celso concepisce i demoni
come esseri intermediari tra il divino e l'umano (al punto che anche
Gesù è detto essere un semplice aocLfJ.WV, VIII, 39), che risiedono in
aria o in terra (VIII, 35)48 • Essi possono anche giocare il ruolo di
messaggeri, poiché per il nostro autore gli &yye:Ào~ appartengono
alla classe dei demoni (V, 2; VII, 68), come anche gli arconti 49 •

44 J. PUIGGALI, La démonologie de Celse, p. 40. Sull'argomento, cfr. anche


H. CROUZEL, Celse et Origène, pp. 331-339; in breve, M. FREDE, Celsus, pp. 5208-
5210.
45 PLATO, Symposium, 202d. Cfr. A. LEVI, Sulla demonologia platonica.

46 Cfr. V. R. HEINZE, Xenokrates, pp. 84-95. Si veda anche la posizione più

prudente di M. lsNARDI PARENTE, Senocrate. Cfr. U. BIANCHI, Sulla demonologia,


pp. 56-57.
47 Una presentazione generale del tema in C. MoRESCHINI, Il demone nella

cultura pagana.
48 Cfr. J. PUIGGALI, La démonologie, pp. 28-30. Per un inquadramento,

P. DoNINI, Nozioni di daimon; U. BIANCHI, Sulla demonologia; F. E. BRENK, In


the Light o( the Moon; ID., Index lo Contribution.
49 Sull'uso di &yyeÀoç nell'ellenismo pagano, J. BARBEL, Christos Angelos.

Celso attribuisce ai cristiani tout court la credenza nei demoni arcontici, il che
fornirà a Origene lo spunto per criticare il fatto che egli confonda i cristiani
ortodossi con gli ofiti.
372 CAPITOLO 16

Soprattutto, essi aiutano il Dio supremo nel governo del suo


impero 50 , e sono i medesimi che vengono considerati come dèi dalla
religione tradizionale51 • Celso non condivide con i cristiani l'idea che
i demoni siano tutti malvagi52 , anzi, ritiene che siano generalmente
buoni e causino del male solo a coloro che li oltraggiano (VIII, 35).
In particolare, egli rifiuta l'idea di un principe dei demoni: il filo-
sofo "rimprovera alla teologia cristiana di non essersi limitata alla
nozione del demone punito e incapace di nuocere, ma di essersi
inventata un Satana che, anche dopo la punizione, continua a tor-
mentare il figlio di Dio" 53 • Egli stigmatizza i cristiani:
Cadono in gravi empietà e in questa enorme ignoranza, che ha allo
stesso modo sviato dagli enigmi divini 5\ quando creano un avver-
sario di Dio e lo chiamano diavolo o, in lingua ebraica, Satana.
Peraltro, queste cose sono interamente umane e non è pio dire che
il Dio supremo, volendo far del bene agli uomini, ha uno che gli si
oppone, e ne risulta sminuito. Allora il figlio di Dio è vinto dal dia-
volo e, da lui punito, insegna anche a noi a disprezzare le punizioni
di quello, preannunciando anche che Satana, apparendo con le sue
stesse sembianze, farà mostra di grandi e mirabili opere5S, usurpando
la gloria di Dio; e che non bisogna, da ciò ingannati, rivolgersi a

50 0RIGENES, Contra Celsum, V, 25; VII, 68; VIII, 28.33.53-55. I testi sono

ampiamente commentati da J. PUIGGALI, La démonologie de Celse, pp. 18-22.


51 0RIGENES, Contra Celsum, I, 9; VI, 42. Cosi anche MAXIMUS TYRIUS, Diale-

xeis, 8, 5-6 (dèi omerici chiamati 8ottfL6Vtot) e 9, 7b-i. Importanti le osservazioni


di A. MAGRIS, Platonismo e cristianesimo, pp. 64-66: "Nei frammenti rimastici
non si parla espressamente di una gerarchia, però la si può indurre dal
fatto che egli colloca al livello di 8ot(!Love:ç tutti i personaggi ai quali si riferi-
scono i complessi mitico-rituali esistenti, senza dare alcun peso alla distinzione
che invece la religione greca classica in mancanza di trattazioni teoriche faceva
a livello del culto fra dèi (olimpici o locali), semidei (Ninfe, Eracle, ecc.) ed
eroi (per esempio I'Academo venerato ad Atene). Ciò lascia supporre che Celso
considerasse indistintamente tutte le forme di culto (compreso quello degli dèi
olimpici) allo stadio più basso sia rispetto alla visione "scientifica" degli dèi
come entità astrali (al secondo posto) sia rispetto al concetto filosofico di Dio
(il Primo)".
52 Come Celso anche PoRPHYRIUS, Ad Marcellam, 11 e 21; Io., De abstinentia,
Il, 46.
53 J. PÉPIN, Mythe et allégorie, p. 452.
54 Cioè dalla possibilità di recuperare il vero senso dei miti antichi, nei quali

la sapienza nascosta è espressa sotto forma di testi enigmatici. Cfr. G. LANATA,


Celso. Il discorso vero, pp. 26-27.
55 HERODOTUS, Historiae, Prooemium.
CELSO FILOSOFO 373

quello, ma credere in lui solo. Queste cose sono assolutamente tipi-


che di uno stregone che cerca di arricchirsi e si premunisce contro i
rivali della sua dottrina e del suo accattonaggio 56 •

Celso condivide con altri medioplatonici 57 l'idea che i demoni


siano in grado di provare emozioni (mx6"1)·nxo(). Essi, avendo otte-
nuto da Dio il loro potere, meritano anche un onore 58, sacrifici e
preghiere59 , perché siano benevoli nei confronti dell'uomo60 • Si
tratta di un gesto che non contraddice la superiorità della somma
divinità, bensì la onora per mezzo dei suoi "satrapi"61 • Ma Celso
si guarda anche dall'eccesso, ricordando i difetti dei demoni,
troppo legati alla sfera corporea ed alla dimensione materiale; isti-
tuendo un rapporto tra il culto sacrificale pagano e le bassezze dei
demoni, egli dimostra una certa bassa considerazione dei sacri-

56 0RIGENES, Contra Celsum, VI, 42. Cfr. anche VIII, 11.


57 APULEIUS MADAURENSIS, De deo Socratis, 13, 1: "d demoni> sono interposti
fra noi e gli dei [... ) avendo in comune coi superi l'immortalità, con gli esseri
inferiori la capacità di provare passioni" (traduzione di Raffaello Del Re); PLO-
TINUS, Enneades, IV, 4, 43: "Anche i demoni non sono immuni, nella loro parte
irrazionale, da affezioni" (traduzione di Giuseppe Faggin); Ps. PLATO, Epino-
mis, 985a; PLUTARCHUS, De lside et Osiride, 360d-e; lo., De de(ectu oraculorum,
416c-d; 417b-e; 421c; MAXIMUS Tvmus, Dialexeis, 9, 21f; 9, 4e. Sull'Epinomis,
cfr. L. TARAN, Academia, specie pp. 42-47.
58 0RIGENES, Contra Celsum, VIII, 68: "Perché non bisogna onorare i demoni?
Non è forse vero che tutto è disposto secondo la volontà di Dio, e che ogni
provvidenza proviene da lui? E qualunque cosa esista nell'universo, sia essa
opera di Dio, o dei suoi messaggeri, o di altri demoni o di eroi, non ha nel suo
complesso una legge che proviene dal Dio grandissimo? [... ] Dunque chi venera
Dio non onorerà a giusto titolo colui che ha ottenuto la sua autorità da lui?".
Traduzione di Giuliana Lanata.
59 0RIGENES, Contra Celsum, VIII, 24: "Se de immagini di dèi> sono demoni,

evidentemente appartengono anch'essi a Dio; e a loro bisogna prestare fede,


offrire sacrifici secondo le leggi per averne buoni auspici e rivolgere preghiere
perché siano benevoli". Traduzione di Giuliana Lanata.
60 0RIGENES, Contra Celsum, VIII, 33: "Si deve rendere grazie i demoni che

hanno sortito la cura delle cose terrene e offrire loro, finché viviamo, primizie
e preghiere, per ottenere che siano benevoli nei nostri confronti"; cfr. anche
VIII, 55. Traduzione di Giuliana Lanata.
61 ORtGENES, Contra Celsum, VIII, 35, dove i demoni sono paragonati a
satrapi, governatori, generali e prefetti funzionari del re persiano o dell'impe-
ratore.
374 CAPITOLO 16

fici 62 • E ancora, spingendo all'uso della ragione, egli ritiene che


"occorre sdebitarsi nei loro confronti, nella misura in cui conviene
(la ragione infatti non richiede di farlo in ogni caso)" 63 • Poi, in una
sorta di palinodia, denunciata da Origene64, afferma: "Occorre piut-
tosto credere che i demoni non desiderano nulla e di nulla sentono
il bisogno, ma si compiacciono di chi si comporta con devozione
nei loro riguardi" 65 •

3. L'accusa di magia
I possibili accenni alla pratica esorcistica nell'opera di Celso sono
strettamente legati al tema della magia, che l'autore sviluppa lar-
gamente ed adopera ampiamente nella sua critica della fede cri-
stiana66. Nel condannare la magia, Celso si colloca sulla scia di una
certa tradizione medioplatonica, poco incline a guardare con favore
a certe pratiche "superstiziose", pur essendo tutt'altro che scettica
riguardo alle cose divine 67 • Celso lo conferma, ricordando che

62 OmGENES, Contra Celsum, VIII, 60 : "Tuttavia bisogna fare attenzione,


quando uno pratica <codesti dèmoni>, a non farsi assorbire completamente
dal loro servizio, amando il corpo e distogliendosi dai beni superiori, vinti
dall'oblio. Non conviene forse negar fede agli uomini saggi, i quali affer-
mano che la maggior parte dei dèmoni terrestri, assorbita nella genera-
zione, inchiodata al sangue, al fumo e alle melodie e avvinta da certe altre
pratiche del genere, non potrebbe fare nulla di più che curare il corpo e predire
la sorte futura all'uomo e alla città, e che essi sanno e possono limitatamente
alle attività mortali". Celso si riferisce al fumo dei sacrifizi e delle magiche
melodie. Anche sulla base di III, 28, si è fatto riferimento a HoMERUS, Ilias,
IV, 49; IX, 500; XXIV, 70 e a PoRPHYRIUs, De abstinentia, II, 42, 8, che ripor-
tano l'espressione Àm~~ xcd xv(cra (libagione e fumo di grasso).
63 0RIGENES, Contra Celsum, VIII, 62.

64 Si vedano le osservazioni di J. PuiGGALI, La démonologie de Celse,

pp. 38-39.
65 0RJGENES, Contra Celsum, VIII, 63.

66 L'opera di riferimento sul tema del miracolo e della magia in Celso è


F. MosETTO, l miracoli evangelici, da integrare con le osservazioni di G. ScHòLL-
GEN, Magier, Gaukler, Scharlatane.
67 Si veda quanto afferma Platone: "C'è chi sbaglia completamente la strada

<del divinm e va a scivolare nella superstizione, e c'è anche chi riesce a sfug-
gire al pantano della superstizione ma poi precipita senza accorgersi nel bara-
tro dell'ateismo. È per questo che inoltrandoci in tale cammino noi dobbiamo
CELSO FILOSOFO 375

un certo Dioniso, musico egiziano68 , in un colloquio con lui, ha detto


riguardo all'arte magica che essa ha efficacia sugli incolti e sui cor-
ruttori dei costumi, ma che sui filosofi non è in grado di fare alcun
effetto, dacché hanno provveduto ad un sano tenore di vita 69 •
La superiorità del filosofo non si fa trarre in inganno dalla magia
del volgo, nei suoi riguardi inefficace, secondo un concetto che
Celso condivide con altri pensatori dell'epoca 70 • Egli si dimostra
altresì un buon cittadino romano, rispettoso delle leggi imperiali.
In tal modo, non fa altro che porsi nella stessa linea dell'autorità
politica, per la quale, in particolar modo a Roma, la magia è ille-
cita e viene perseguita legalmente, perché ritenuta capace di recare
danno alle persone. Anche a motivo di ciò, e non solo per ragioni
di ordine filosofico, Celso non poteva esimersi dall'assumere que-
sto atteggiamento completamente allineato alla volontà imperiale;
non va infatti dimenticata la preoccupazione sociale e politica del
suo scritto, che lo spinge a concludere la sua opera con un appello
alla fedeltà verso l'imperatore, rivolto ai cristiani' 1• Nonostante ciò,
Celso non appare al lettore come un pensatore che non lascia spa-
zio al soprannaturale: ciò che lo distingue dai cristiani non è la
mancata fiducia nella possibilità che lo straordinario possa avve-
nire, ma anzitutto il rifiuto della spiegazione cristiana del feno-
meno miracoloso 72 •

prendere come guida ai suoi misteri un criterio razionale che nasca dalla filoso-
fia" (De lside et Osiride, 378a. Traduzione di Marina Cavalli).
68 Potrebbe trattarsi del musica Dionigi citato da Porfirio nel Commenta-

rium in Ptolemaei armonica, p. 37, 15.


69 0RIGENES, Contra Celsum, VI, 41.
70 PHILOSTRATUS, FLAVIUS, Vitae Sophistarum, p. 590: "Un uomo colto non si
lascerebbe indurre alla pratica delle arti magiche" (traduzione di Maurizio Civi-
letti); PLOTINUS, Enneades, IV, 4, 43: "Come è influenzato il saggio da magie e
filtri? Egli è, nell'anima sua, insensibile alla magia"; PoRPHYRIUS, Vita Plolini,
10.
71 0RIGENES, Contra Celsum, VIII, 71; 73. Questo evidente interesse ha por-
tato A. Harnack al punto di definire l'opera di Celso "in ultima analisi uno
scritto politico e una mal dissimulata proposta di pace" (Missione e propaga-
zione, p. 363). Cfr. anche G. JossA, Il cristianesimo antico, pp. 125-127; M. RIZZI,
Problemaliche politiche.
72 H. C. KEE, Medicina, miracolo e magia, pp. 193-200, sottolinea come Celso
condivida con i cristiani la credenza che il trascendente possa svelarsi nella
forma tangibile e visibile del mondo fenomenico, ma sia opposto ad essi nella
376 CAPITOLO 16

L'accusa di magia, rivolta ugualmente a cristiani ed ebrei, ser-


peggia lungo tutta l'opera, ma si concentra principalmente sulla
figura di Gesù. Per Celso, egli ebbe una "vita assolutamente infame
ed una morte altrettanto sciagurata" (VII, 53), essendo un "mise-
rabile stregone (y61)<;) in viso a Dio" (I, 71 ). Il termine y61)ç, usato
primitivamente per indicare una figura sciamanica che accompa-
gnava i morti nell'aldilà 73 , è qui oramai usato nella sua accezione
più deteriore di imbroglione o ciarlatano, persona dedita ad impo-
sture zingaresche, con le quali era possibile fare rapidi guadagni
(specie in pubblico, in occasione delle fiere e delle feste). Quando
ha successo, il y61)<; non opera per diretto contatto con Dio, ma
grazie all'intermediazione di incantesimi e demoni. La tradizione
antica esaltata da Celso, invece, vantava una lunga serie di uomini
divini, esseri superiori che assumevano natura umana oppure
uomini dotati di poteri sovrumani, i quali potevano, grazie al loro
permanente contatto con Dio e senza intermediazione della magia,
compiere mirabilie a favore degli uomini. Anche se un cinquanten-
nio dopo Filostrato rivendicherà questo appellativo per Apollonio
di Tiana, Celso non crede che al momento vi possa essere nessuno
ee:'Loç &v~p in grado di essere paragonato a quei grandi personaggi
dell'antichità. Anche a motivo di ciò, seguendo una tradizione già
diffusa in ambito giudaico, accusa Gesù di magia ed inganno 74 :
Gesù, grazie alla stregoneria, fu in grado di compiere quei mira-
coli (7tocp<X.oo~oc) che parve aver operato, e previde che anche altri,
venuti in possesso delle medesime cognizioni, avrebbero fatto
altrettanto, vantandosi di farlo per merito della potenza di Dio:
costoro li bandisce dalla sua società 75 • [ ••• ] Se giustamente li bandi-
sce, essendo reo delle stesse cose, è un uomo deplorevole; ma se non

visione del mondo che li caratterizza, e conseguentemente nella loro interpre-


tazione di questi fatti.
73 Cfr. w. BuRKERT, r6r;ç. Zum griechischen Schamanismus.
74 Cfr. IusTINUS, Dialogus cum Tryphone iudaeo, 69, 7: "Era un mago e uno
che ingannava il popolo". L'accusa di magia venne suggellata dal TalmCld,
secondo il quale Gesù fu condannato "perché ha praticato la magia e ha sobil-
lato e deviato Israele" (Sanhedrin babilonese, 43a).
75 Celso si riferisce probabilmente a Mt 7, 22: "Molti mi diranno in quel

giorno: "Signore, Signore, non abbiamo noi profetato nel tuo nome e cacciato
demòni nel tuo nome e compiuto molti miracoli nel tuo nome?" Io però dichia-
rerò loro: Non vi ho mai conosciuti; allontanatevi da me, voi operatori di ini-
quità".
CELSO FILOSOFO 377

è deplorevole pur facendo queste cose, neppure lo sono coloro che


agiscono come luF6 •
L'accusa di magia, espressa in forme simili, gli stessi cristiani la
ritorcono contro i loro oppositori. Non ci si deve stupire se l'accusa
di essere un y6Y)c:; rimbalza tra personaggi in conflitto; lo stesso
Galeno, che nelle sue opere tende a squalificare la medicina che si
affida ai rimedi magici, viene accusato di essere un mago da alcuni
suoi colleghi, e non si astiene dal contraccambiare l'accusa. Colui
che è considerato un filosofo o uno 6e:roc:; &.Wjp da amici e discepoli,
può essere un y6Y)c:; per gli avversari. Il medesimo procedimento si
ritrova nelle accuse di Celso ai cristiani, e nella postuma replica di
Origene77 ; è chiaro che questa accusa di magia ha la funzione di
qualificare la persona colpita come pericolosa per la società, scre-
ditandola proprio nel messaggio religioso di cui è portatrice. Tutto
ciò è assai facilitato dal fatto che il cristianesimo è una religione
straniera, facilmente confondibile con altri movimenti religiosi che
dall'oriente confluivano verso il centro dell'impero; ed il fatto che
una religione non radicata fosse qualificata come magica "fino a
che non riceva il diritto di cittadinanza là dove si è trapiantata" 78 ,
rende comprensibile la facilità con cui Celso insiste su questo
tema 79 • Per lui il cristianesimo, che gli sembra far presa soprattutto
negli strati più infimi della popolazione, è il peggiore frutto della
grande rinascenza religiosa che caratterizzò il I e il n secolo: l'avan-
zare di un'assurda religiosità popolare e il dilagare del malfamato
ambiente delle religioni orientali80 •
Più avanti, nella seconda prosopopea ove Celso dà la parola
ad un ebreo81 contro i cristiani, si tenta di squalificare la qualità

76 0RIGENES, Contra Celsum, I, 6.


77 Cfr. E. V. GALLAGHER, Divine M an or M agician?
78 H. HuBERT, Magie, p. 1500.
79 Cfr. F. MosETIO, l miracoli evangelici, pp. 57-58. Anche M. CHOI, Christia-

nity, Magie, and Difference.


80 La visione del cristianesino in rapporto alla religiosità orientale e popolare

secondo Celso è tratteggiata da G. ScHOLLGEN, Magier, Gaukler, Scharlatane.


81 La presenza di questo personaggio è comunemente intesa nell'ottica di un

espediente retorico. Qualcuno invece ha rigettato l'idea di un ebreo fittizio, per


considerarlo come un rappresentante effettivo del giudaismo dell'epoca: L. TRo-
IANI, Il Giudeo di Celso, pp. 115-128, e E. BAMMEL, Die Zitate, pp. 4-6. Si occupa
delle fonti giudaiche di Celso M. Lons, Étude sur les sources juives. Secondo
Lods, Celso si sarebbe ispirato a fonti giudaiche anticristiane. Si vedano però
378 CAPITOLO 16

divina delle imprese di Gesù, servendosi delle sue medesime parole


pronunciate contro i mistificatori82 :
O luce e verità, con la sua stessa voce dichiara apertamente, secondo
quanto anche voi avete scritto, che si presenteranno a voi anche
altri, dotati di identici poteri, malvagi e stregoni (XIXXO~ XIX~ y6l)TE<;;),
e nomina un certo Satana macchinatore di tali cose; sicché neppure
lui nega che ciò non ha nulla di divino, ma si tratta di opere di
malvagi. Costretto quindi dalla verità, ha svelato nel contempo <i
segreti> degli altri e ha condannato i propri. Non è dunque cosa
spregevole stimare questi un Dio, quelli stregoni, sulla base delle
medesime opere? Perché mai a motivo di ciò dovremmo ritenere
malvagi gli altri piuttosto che lui, sulla base della sua stessa testi-
monianza? In effetti egli stesso ha ammesso che queste cose sono
il contrassegno non dì una natura divina, ma di imbroglioni e per-
versi (7tovl)pwv XIX~ xocxo8oc~!L6vwv) 83 •

Lo stesso ebreo, rivolgendosi a Gesù, aveva affermato:


<Ammettiamo che sia verm quanto è stato scritto riguardo alle gua-
rigioni, alla risurrezione, ai pochi pani che hanno sfamato molti, di
cui sono rimasti molti avanzi, e quant'altro, millantando, hanno
raccontato i tuoi discepoli. Ammettiamo dunque che tu abbia real-
mente compiuto queste cose. <Esse sono come> le opere degli stre-
goni, che ne promettono di più mirabolanti. <Sono come> quelle com-
piute da coloro che hanno appreso dagli egiziani, i quali nel mezzo
delle piazze per pochi oboli vendono mirabili scienze, scacciano
dèmoni dagli uomini, soffiano via le malattie, evocano le anime
degli eroi, mostrano banchetti sontuosi, tavole imbandite, manica-
retti e vivande che non esistono, fanno muovere come esseri viventi
cose che in realtà non lo sono, ma appaiono tali solo nell'immagi-
nazione. Ordunque, poiché costoro compiono queste cose, occorrerà
che noi li reputiamo essere figli di Dio? O non dovremmo piutto-
sto dire che queste sono pratiche di uomini malvagi e posseduti da
dèmoni cattivi?84

le interessanti osservazioni di E. NoRELLI, La tradizione sulla nascita di Gesù,


specie pp. 141-148, che focalizza l'attenzione piuttosto sul Vangelo di Matteo
unitamente a materiale apocrifo; anche se le sue conclusioni sono limitate al
materiale dedicato al tema della natività, potrebbero essere sostanzialmente
valide anche per il resto.
82 Mt 24, 24: "Sorgeranno infatti falsi cristi e falsi profeti e faranno grandi
portenti e miracoli, così da indurre in errore, se possibile, anche gli eletti".
83 0RIGENES, Contra Celsum, II, 49.
84 0RIGENES, Contra Celsum, l, 68: [... ] llcroc 7tEpl 6e:poc7tELwv ~ &voccrT&cre:wç ~

7tEpt &p-rwv ÒÀtywv 6pe:~&v-rW'J 7tOÀÀoÙç ocvocyéypoc7tTIXL, ocq/ W\1 ÀEL~IX\IIX 7tOÀÀ<X
CELSO FILOSOFO 379

È evidente la conoscenza di alcuni passi evangelici da parte di


Celso85 ; ma ogni azione soprannaturale è qualificata come illusoria
ed ingannevole, tipica degli stregoni da due soldi che hanno appreso
la loro arte magica in Egitto. Altrove Celso riprenderà questo para-
gone con coloro che vendono illusioni in mezzo alle piazze, rivol-
gendosi alle persone poco sagge86 ; in ciò segue Massimo di Tiro, che
inveiva contro chi crede che Dio sia come i mendicanti "che per
due oboli dicono oracoli al primo venuto" 87 •
Compare qui la prima menzione dell'esorcismo, annoverato tra
le pratiche magiche degli egiziani, accompagnato dalla guarigione
delle malattie e dall'evocazione delle anime degli eroi88 • Questi
fenomeni non rendono Figlio di Dio chi è in grado di compierli, ma
sono piuttosto "pratiche di uomini malvagi e posseduti da dèmoni
cattivi". Dalla stregoneria all'arte vera e propria del ciarlatano, il
passo è breve: Celso menziona illusionismi per i quali non occorre
scomodare i demoni, la cui critica si trova presso altri autori coevi,
specie epicurei e cinici; ricordo tra gli altri Luciano89 , Enomao di

XIXTIXÀÉÀEmTIXL, ~ /5criX riÀÀIX otETIXL TEpiXTEUcriX[.LÉVOUç TOÙç [.LIX6l)TÒ(ç [crTOpl)XÉ-


VIXL [ ...] <l>épe: mcrnucrW[.LEV dvOtl croL TOti:iT' dpyOtcr[.LÉVIX. [ ••• ] TÒ( ~PYIX Twv yo~­
TWV, wç umcrx_VOU[.LtVWV 61XU[.LIX(JLWTEp1X, XIXL 7tpÒç TÒ( U7tÒ TWV [.LOt66nwv &.7tò
Atyu7tT(wv ÈmTEÀOUfLEVIX, Èv [.LtcriXLç &.yopOti.'ç òì.lywv ò~oÀwv &.7to3L30[.LtVWV TÒ(
crt[.Lv!Ì( [.L1X6~[.LIXTIX xiX i 30tlfLOVIXç &.1tò &.v6pw7twv È/;tÀOtuv6vTwv xiXi v6crouç &.7to-
~ucrwvTwv xOtt ljiux_Ò(ç -ijpwwv &.vOtxiXÀouvTwv 3e:i.'7tV& Tt 7tOÀUTEÀlj xOtl. Tp1X7tti;;Otç
XIXL 7tt[.L[.LIXTIX XIXL <lljiiX TÒ( oùx <lvTIX 3ELXVUVTWV XIXL wç ?;:<i>IX XLVOUVTWV oùx
&.ì.1J6&ç 15vTIX ?;:<i> IX, &.ì.ì.Ò( fLtX.PL ~IXvTOtcrlOtç ~IXLV6fLEVIX TOLIXUTIX [ ..• ] T A p' È1td
TIXUTIX 7tOLoucrLv Èxti.'voL, 3t~O"tL -ij[.Liiç OtÙToÙç -ijye:i.'cr60tL utoùç dviXL 0e:ou; ''H
ÀtXTtov IXÙTÒ( ÈmTl)3tUfLIXTIX tLVIXL &.v6pw7twv 7tOVlJp&v xOtt xOtxo31XLfL6vwv;
85 Qualcuno ha notato che Celso mostrerebbe di conoscere solo il racconto di
risurrezione; cfr. Mt 9, 18; Le 7, 11; Gv 11, l.
86 ORIGENES, Contra Celsum, III, 50: "Ma guardiamo un po' quelli che pro-
ducono i trucchi più screditati e fanno la questua nelle piazze: essi non si avvi-
cinerebbero mai a un gruppo di uomini assennati e non oserebbero esibire in
mezzo a loro i propri tesori; ma se vedono da qualche parte dei ragazzi, o un
assembramento di schiavi o una massa di citrulli, ecco che si precipitano a
sciorinare il proprio repertorio". Traduzione di Giuliana Lanata.
87 MAXIMUS TYRIUS, Dia/exeis, 13, 3c.
88 Divinità minori o uomini divinizzati (Eracle, Asclepio), o benefattori e
guaritori, in età ellenistica concepiti con funzioni simili a quelle degli dei.,
89 Nelle sue opere Alexander, Demonax, Philopseudes.
380 CAPITOLO 16

Gadara 90 e, da parte cristiana, anche l'autore romano dell' Elen-


chos91.
È costante il paragone delle arti magiche di Gesù con quelle
degli egiziani: da costoro Gesù avrebbe appreso il modo di stu-
pire le folle, quando "ha lavorato come salariato in Egitto, dove
è diventato esperto di taluni poteri, di cui vanno fieri gli egiziani"
(l, 28) 92 ; ma anche gli ebrei "sono dediti alla stregoneria a cui li
ha iniziati Mosè" (l, 26), discendenti di quei patriarchi della Bib-
bia definiti come la "prima generazione di stregoni e impostori"
(IV, 33)93 • Desta altresì interesse la descrizione della guarigione
dalle infermità. Con il soffio si cerca di allontanare il demone che
causa la malattia 94 • Contro l'uso di curare le malattie con scongiuri
rivolti ai demoni si scaglierà con forza Plotino, vox clamantis in
deserto:
Quando pretendono di liberarsi dalle malattie, avrebbero ragione,
se lo volessero fare mediante la temperanza e un regime regolare di
vita, come fanno i filosofi; essi invece considerano le malattie come
esseri demoniaci (8CXLfLOVLcx) e si vantano di poter cacciarli con for-
mule (My<p), e come tali si esibiscono, credendo di essere così più
autorevoli presso il volgo che rimane sempre estatico di fronte alle
potenze magiche95 •
Lo stesso Celso mostra di credere che i demoni veglino sulle
differenti parti del corpo umano, al punto che è possibile invo-
care la guarigione della parte interessata rivolgendosi al demone

90 La sua opera Smascheramento dei ciarlatani (ro~-rwv cpwpoc) è riportata in


frammenti nella Praeparatio evangelica di Eusebio di Cesarea.
91 Ps. HIPPOLYTUS, Re{utatio omnium haeresium, IV, 28-42.

92 Anche l'accusa di aver appreso la magia in Egitto, qui formulata dalla

prosopopea dell'ebreo, è di origine giudaica (M. Loos, Étude sur /es sources jui-
ves, p. 10). La fama delle arti magiche egiziane è antica quanto la Bibbia (Es
7, 11-12), e ripresa ad esempio da LUCIANUS SAMOSATENUS, Philopseudes, 33, e
da HELIODORUS EMESENUS, Aethiopicae, 16. Cfr. E. NoRELLI, La tradizione sulla
nascita di Gesù, pp. 148-152.
93 Sull'immagine di Mosè e degli ebrei come maghi, J. G. GAGER, Moses
in Greco-Roman Paganism, pp. 134-171; F. MosETTO, I miracoli evangelici,
pp. 52-54.
94 Cfr. S. EITREM, Some Notes on the Demonology, pp. 47-49. Si veda su que-
sto il capitolo dedicato a Tertulliano.
95 PLOTINUS, Enneades, II, 9, 14.
CELSO FILOSOFO 381

deputato ad essa 96 • Trattasi della credenza nei cosiddetti demoni


decani, trentasei divinità astrali egiziane collegate a gruppi di tre
con ognuno dei dodici segni dello zodiaco (Celso stesso ne dà un
breve elenco); ciascuno di essi era corrispondente ad una parte del
corpo, nella quale poteva inviare o curare una malattia 97 • Sulla scia
di questa concezione, per gli antichi il dominio di ogni demone può
trasformarsi in "una malattia in grado di affliggere una o l'altra
parte del corpo", come segnala André Festugière98 • Avendo il con-
trollo il corpo umano, i demoni possono allora agire per il suo bene
o per il suo male99 • Ed in questo modo, la cura delle malattie è
qualificabile come una sorta di esorcismo.

4. Esorcismo come stregoneria


Si è visto dunque come Celso paragoni i miracoli raccontati nei
Vangeli alle arti di coloro che, dopo averlo appreso dagli egiziani,
tra le altre cose "scacciano dèmoni dagli uomini" (aotL(.LOVotç oc1tÒ
ocv6pc.:mwv Èç&ÀotUV&LV, l, 68); è chiaro che il filosofo, se dovesse pro-
nunciarsi sull'arte esorcistica cristiana, la annovererebbe tra queste
arti illusorie o demoniche. Altrove, ricollegando il tema demonolo-
gico a quello della magia, Celso afferma:

96 0RIGENES, Contra Celsum, VIII, 58: "Il corpo umano ripartito in trentasei

sezioni (... ) è stato distribuito fra altrettanti demoni o specie di dèi dell'aria, i
quali hanno ricevuto il compito di occuparsi chi dell'una, chi dell'altra di esse
[... ) E invocando questi nomi <gli egiziani> guariscono le affezioni delle singole
parti". Traduzione di Giuliana Lanata.
97 Su questo, W. GuNDEL, Dekane und Dekansterbilder; A. J. FESTUGIÈRE, La

révélation d'Hermès Trismégiste, vol. l, pp. 89-186; A. BoucHÈ-LECLERCQ, L'astro-


logie grecque, pp. 215-237. IAMBLICHus, De mysteriis, VIII, 3: "Tagliando il cielo
in due, quattro, dodici, trentasei parti, oppure in un numero doppio di esse o
dividendole in altro modo come che sia, assegnano a queste parti autorità più o
meno numerose" (traduzione di Angelo R. Sodano). Questi decani erano, origi-
nariamente, più di trentasei, e la credenza in loro è anteriore all'età ellenistica.
Festugière (La révélation, vol. 3, p. LIV, nota l) afferma che "solo nella tradi-
zione giudaica e nella gnosi pseudocristiana i decani sono abbassati al rango di
demoni"; questa testimonianza di Celso dimostra il contrario (tenendo presente
i dovuti distinguo tra le diverse concezioni demonologiche sopra descritte).
98 A. J. FESTUGIÈRE, La révélation d'Hermès Trismégiste, vol. l, p. 129.

99 Conseguentemente, il Corpus hermeticum (XVI, 14) afferma che i demoni


hanno ricevuto potere sugli affari terreni, potendo provocare danni alle città,
ai popoli e "in particolare a ciascun individuo".
382 CAPITOLO 16

cristiani sembrano ottener forza dai nomi e dalle invocazioni di


alcuni dèmoni 100 .
Non è possibile stabilire se nell' 'AÀl)6~ç Myoç queste parole
fossero messe in bocca all'ebreo o fossero dovute a Celso mede-
simo: questo inciso, contenuto nel sesto capitolo del primo libro,
ossia nella parte in cui Origene non aveva ancora deciso di seguire
passo passo l'ordine originale dell'opera che stava confutando,
potrebbe essere stato parte del proemio dell'autore, oppure tratto
da un qualsiasi altro punto del trattato 101 • Di per sé, il nudo testo
di Celso non fa alcun riferimento all'esorcismo. Origene, però, lo
commenta in questo modo: "Ritengo che egli faccia allusione alle
cose che riguardano coloro che incantano e scacciano i dèmoni" 102 .
Fino a che punto sia affidabile quanto Origene riporta, non è pos-
sibile stabilirlo. Da una parte, occorre notare che il richiamo è
abbastanza generico, e non vi è nulla che si riferisca chiaramente
all'esorcismo; d'altra parte, è risaputo che Origene non ha riportato
completamente il testo di Celso nella sua confutazione, e potremmo
pensare che egli abbia tralasciato di citare qualche elemento più
esplicito, presente nell'originale. A dire il vero, Origene medesimo
non sembra inequivocabilmente sicuro di quanto va affermando:
credo, ritengo (oifl.<XL), egli dice. Quel che è certo è che Celso attribu-
isce ai cristiani il fatto di possedere una potenza (tcrx_u&Lv). Sembrano
possederla (8oxÉw), puntualizza il filosofo: pare che essa sia giu-
dicata come apparente o illusoria, o forse efficace ma dannosa, in
quanto "pratica di uomini malvagi e posseduti da dèmoni cattivi",
come egli stesso aveva già affermato dei discepoli di Gesù (l, 68).
Questa potenza è dovuta all'uso di certi nomi ed alle invocazioni
demoniache (invocazione qui detta K<X't"OCKÀ"Y)crLç, al posto del più
diffuso €7tLKÀlJcrLç) 103 •

100 0RIGENES, Contra Celsum, l, 6: [...] aoc~f1.6vwv ·nvwv 6v6fJ.OCO"~ l!.OCL :KOC't"OC-
:KÀ~O"EO"~ aoxe'ì:v tax.ue~v Xp~O"'t"~ocvouç.
101 I pareri degli studiosi in questo o quest'altro senso in G. LANATA, Celso.
Il discorso vero, p. 48.
102 0RIGENES, Contra Celsum, l, 6: [...] wç oifJ.OC~ oclv~o-0"6fJ.EVOç 't"lÌ 7tEpL 't"WV
:KOC't"E7t~a6v't"WV 't"OÙç aoc[fJ.OVOCç xoc( Èi:;EÀOCUV6V't"WV.
103 Mi sembra che nel Contra Celsum xoc't"tXXÀl)O"~ç significhi sempre invo-
cazione e non incantesimo, contrariamente a come traduce G. W. H. Lampe,
(A Patristic Greek Lexicon, sub voce).
CELSO FILOSOFO 383

Più avanti, Origene sarà nuovamente costretto a rispondere


ad ulteriori accuse di magia, semplicemente negando il fatto che
esistano veri cristiani che corrispondano a questa descrizione di
Celso:
Perché dovrei enumerare quanti hanno insegnato purificazioni,
carmi liberatori, formule apotropaiche o strepiti ed effigi demo-
niche, ogni genere di talismani di vesti, numeri, pietre, piante o
radici, e d'ogni altra sorta di oggetti? 10•
Il confine tra la cura delle malattie e la liberazione dai demoni
è molto labile. Contro alcuni di questi rimedi, specificamente usati
contro le malattie, si scagliava in quegli anni Luciano di Samo-
sala 105 • Celso ricorda anche l'uso delle effigi dei demoni: si tratta di
statue, statuette, rappresentazioni figurate su gemme, pietre, sigilli
o amuleti 11l6. Ma non è chiaro se queste attività siano anche riferite
all'attività esorcistica dei cristiani: certamente il riferimento alle
ÀUTI)p(ouç ~8&.ç, carmi, canti di liberazione, potrebbe essere un indi-
zio in questo senso. Lo stesso dicasi a proposito delle OC7t07tO(.L7tL(.LOU<;
cpwv&.ç, formule apotropaiche, voci, canti o parole di allontanamento;
il raro termine oc7to7t6(.Lm(.LO<; ricorda qualcosa che invia, che sospinge
via, ed è il vocabolo che Filone collega alla figura del capro emis-
sario di Lev 16 (oc7t07tO(.L7tOC~oç -.p&.yoç), il quale viene allontanato
dalla città con tutto il male del popolo di Israele su di sé 107 • Anche
i xoc6ocp(.LOL, puri{icazioni, lustrazioni, canti di puri{icazione, tipici
nel paganesimo del primo grado dell'iniziazione a Eleusi, si pre-
sterebbero senza troppe difficoltà ad un'interpretazione esorcistica.
Tuttavia, il confine tra i riti di guarigione e i riti di esorcismo sono

104 0RtGENES, Contra Celsum, VI, 39: T l fU 8E'L xocTocpt6fLELV iScrot xoc6ocp-

fLOÒç ~8l8oc~av ~ ÀUT"I)plouç ci>8cìç ~ &:TtoTtOfLTt[fLOU<; q>CòvCÌç lì XTOTtouç xat 8at-


fLOV[ouç !rX:"I)fl.<XTL!rfLOOç, ~cr6ljTCòV ~ &:pt6fLWV lì Àl6Còv ~ <j>UTWV ~ {nl:wv xat
/.IÀCò<; TtiXVTo8ocTtwv X:P"IJfl.OCTCòV TtiXVTOL<X <ÌÀE~tq>OCpfL<XXa;
105 LuctANUS SAMOSATENUS, Philopseudes, 8: "Voi pensate dunque che malanni

come questi cessino grazie a qualche formula magica o agli amuleti, che sono
fuori, mentre il male si trova dentro? [ ... ) Dovrei essere di mente così ottusa da
credere che oggetti esterni che nulla hanno in comune con le forze che dall'in-
terno generano le malattie agiscano, come dite, insieme con formulette e qual-
che stregoneria procurando la guarigione col solo stare appesi?" Traduzione di
Vincenzo Longo.
106 Su questo, T. HoPFNER, Mocydoc, col. 347 (Puppen); lo., XocpocxnjpEç.

107 Qualche secolo dopo in HESYCHIUS LEXICOGRAPHUS, Lexicon, gli <i:Tto-

Tt6fl.Tttfl.OL sono associati agli <ÌTto<ppli8Eç ~fLtpat, i giorni nefasti.


384 CAPITOLO 16

assai confusi, se non inesistenti; a motivo di ciò, non ritengo possi-


bile applicare chiaramente questo passo ad una pratica esorcistica
che Celso applica ai cristiani. Celso, poi, afferma di
aver visto presso certi anziani libri contenenti nomi barbari di
dèmoni e ciarlatanerie; costoro non promettono nulla di buono, ma
tutto ciò che è dannoso per gli uominP 08 •
Egli quindi descrive libri in cui sarebbero contenute le formule
utilizzate dai cristiani per le loro attività soprannaturali: ai nomi
dei demoni si aggiungono altre non meglio definite npo(:n:(~c;. ciar-
latanerie, ciurmerie, fanfaronate, millanterie, che costituirebbero
l'infame rituale di questi impostori. È interessante vedere come
la stessa accusa che la tradizione eresiologica rivolge agli gnostici,
cioè di compiere operazioni magiche non a favore ma a danno
degli uomini, viene qui rivolta ai cristiani. Ancora più interessante
la menzione dei 7tpe:a~u-re:poL come possessori dei libri: trattasi
di semplici anziani, o di presbiteri? Francesco Mosetto, ritenendo
che i pagani conoscano i sacerdoti cristiani, preferisce senz'altro
quest'ultima accezione, interpretando questo passo come un'accusa
di magia nera sacerdotale, che faceva parte del vecchio bagaglio
delle accuse popolari contro la setta dei cristiani. Egli si chiede
se questi sacerdoti fossero ortodossi, o appartenessero piuttosto a
qualcuna di quelle stesse sette alla quale gli eresiologi rinfacciavano
pratiche magiche. In effetti, il passo si trova circondato da nume-
rosi frammenti che riguardano i nomi dei sette demoni arconti, evi-
dentemente riferibili ad una setta gnostica che Origene identifica
con quella degli ofiti 109 • Già nel xvm secolo Johann L. Mosheim
aveva ipotizzato che questo passo testimoniasse la frequentazione
da parte di Celso di cristiani gnostici, i quali, secondo lui, sareb-
bero stata l'unica vera conoscenza cristiana diretta del polemista
pagano 110 • Si è detto che "la differenza tra la grande Chiesa e le

tos 0RIGENES, Contra Celsum, VI, 40: [...] ÉwpocxÉvocL 7tocp!X. "t"LO"L 7tpe:cr~uTÉpoLc;
[••• ] ~L~À[oc ~IX.p~ocpoc iìotLfL6vwv òv6fLot1"ot ~xonoc xoct Te:pocnlocc; [ ...] TOUTouc; [ ...]
oòiìtv fLÉv XP"fJO"TÒv ùmcrxve:i:"cr6ocL 7tiX.vToc iì' È1t' &.v6pw7twv ~ÀiX.~ocLc;.
109 Sugli ofiti, si vedano le indicazioni di E. PETERSON, Ofiti, e di C. GIA-
NOTTO, Ofiti-Naasseni. Il diagramma degli ofiti è riprodotto in A. CoLONNA, Con-
tro Celso, p. 624, e studiato in B. WITTE, Das Ophitendiagramm.
110 J. L. MosHEIM, Origenes Vorslehers, p. 33. Su Celso e gli gnostici,

K. PICHLER, Streit um das Christentum, pp. 54-59.


CELSO FILOSOFO 385

sette eretiche poteva benissimo sfuggire ad un estraneo" 111 ; ma,


qualora i responsabili di queste arti evocative fossero realmente
gli eretici, non si può escludere che Celso stesso accomuni volon-
tariamente e strumentalmente pratiche della grande Chiesa e pra-
tiche degli altri gruppi cristiani. Purtroppo, anche in questo caso,
quanto sopravvive dell'opera di Celso non ci permette di esprimere
una parola definitiva su questo tema; certamente Origene respinge
energicamente tali accuse, paragonando le notizie riportate da
Celso alle dicerie di infanticidio e lascivia applicate un tempo ai
cristiani, dicerie "già condannate, persino dalla moltitudine estra-
nea alla nostra religione, come dicerie false". Ma l'esistenza di libri
magici, indipendentemente da chi ne fossero i possessori, è docu-
mentata dal ritrovamento di papiri che ce ne hanno restituita una
certa parte 112 •

5. L'uso dei nomina barbara


A dir di Celso, i libri che egli ha visto nelle mani dei presbyle-
roi contenevano "nomi barbari di dèmoni" (VI, 40), e sono proprio
i "nomi di certi dèmoni" a fornire ai cristiani la potenza di cui
essi paiono godere (1, 6). Questa idea viene ripresa più ampiamente
qui:
<Si servonm di una certa magia e stregoneria e invocano i nomi bar-
barici di alcuni dèmoni. Costoro agiscono come chi, basandosi sui
medesimi presupposti, spaccia fanfaronate a coloro che ignorano il
fatto che altri sono i loro nomi presso i greci, altri presso gli sciti.
Gli sciti chiamano Apollo Gongòsyros, Poseidone Thagimàsada, Afro-
dite Arghimpasa, Restia Tabitì 113 •

111 F. MosErro, I miracoli evangelici, p. 56. Anche H. C. KEE, Medicina,

miracolo e magia, p. 197, sembra propendere per questa spiegazione.


112 Oltre alla raccolta dei Papyri graecae magicae, si vedano anche gli

strumenti indicati in D. E. AUNE, Magie in Early Chrislianity, p. 1516, note


32-34.
113 ORIGENES, Contra Celsum, VI, 39: [... ] f.L(Xye:[~ "twL X(XL Y01JTEL~ X(XL X(XÀouv-

Tocc; òv6f.L(X'l'OC ~ocp~ocptx!Ì ~OCLf.L6vwv TLV<7>V [••• ] ISf.LOLov oÒTOL 7tpliTTOU(JL Totc; t7tt
'l'Ot<; ocÙTotc; U7tOXELf.Lévotc; TEp(X't'EUOf.LéVoL<; 7tpÒc; ToÙc; f.LYJ dMT(X<; /i).,).,(X f.LÈV (Xù-
'l'WV e:IvocL 'l'lÌ òv6f.L(X'!'(X 7tocp' "Eì..À1JaLV, liì..ì..oc ~È 7t(Xp!Ì ~xù6octc;. [ ... ] 'Hpoa6Tou
(•.. ] TÒV f.LÈV 'A7t6ÀÀWVOC royy6aupov XOCÀOUaL ~xù6(XL, TÒV ~È IloaEL~WVOC 0oc-
YLf.Liiaoc~oc, 'l"Ì)v ~· 'Acppo~L'l"YJV 'Apylf.L7t(X(JOCV, 'EaTlocv ~è: T(X~LTL
386 CAPITOLO 16

Celso ricorre volentieri ad Erodoto 11 4, il fondatore della sto-


riografia etnografica, il quale era molto attento nella descrizione
delle diverse caratterizzazioni locali dell'esperienza religiosa, di cui
quella cristiana per l'autore è solo una deplorevole deformazione;
spesso Celso se ne serve per confutare sul piano comparatistica le
pretese dei cristiani, dimostrandone il carattere secondario rispetto
alla gloriosa tradizione religiosa dei greci. Qui, però, la citazione
di Erodoto serve per esemplificare quanto l'autore sta attribuendo
ai cristiani: egli ritiene che essi, nell'uso della loro stregoneria, si
comportino come coloro che invocano i nomi degli dèi in una lin-
gua barbara ed incomprensibile ai più. Quest'abitudine, per Celso,
è frutto dell'inganno: coloro che non conoscono i nomi stranieri
degli dèi, possono pensare che essi stiano evocando divinità segrete
e particolari. Si tratterebbe soltanto, però, degli stessi dèi venerati
in Grecia, invocati però con i loro nomi stranieri 115 •
In verità, quella che sulla bocca di Celso sembrerebbe solo una
vile impostura dei cristiani gode di una tradizione ben attestata
all'interno dello stesso paganesimo; una simile dottrina si ritrova
magistralmente esposta nel Corpus hermeticum, dove Asclepio,
scrivendo al re Ammone, afferma che il discorso ermetico da lui
espresso in lingua egiziana "ha un senso occulto", e per questo non
va tradotto, bensì conservato nella sua lingua natale:
Il mio discorso, espresso nella lingua originaria, conserva chiaro il
significato delle parole; infatti il carattere proprio del suono e l'in-
tonazione delle parole egiziane hanno in sé stesse la forza delle cose
che esprimono. Per quanto ti è possibile dunque, o re, - e a te tutto
è possibile - preserva questo discorso da ogni traduzione, affinché
così grandi misteri non giungano presso i greci e il loro orgoglioso
modo di parlare, debole e ornato, non renda sbiadita la nostra lin-
gua grave e vigorosa e la forza dei suoi termini 116 •

114 In questo caso, HERODOTUS, Historiae, IV, 59.


115 Sull'unicità della divinità a dispetto della diversità delle denominazioni,
così Plutarco (De Jside el Osiride, 377f-378a): "Come il sole e la luna e il cielo e
la terra sono di tutti, anche se prendono nomi diversi, così anche le religioni e
i modi di chiamare la divinità sono diversi da popolo a popolo a seconda delle
singole tradizioni, e però tutti si riferiscono a una sola religione prima". Tradu-
zione di di Marina Cavalli.
116 Corpus hermelicum, XVI, 1-2. Traduzione di Bianca M. Tordini Porto-

galli.
CELSO FILOSOFO 387

È evidente che in questa prospettiva non si tratta di un inganno,


per cui la lingua straniera celerebbe un'impostura, bensì di una
necessità, quella di non modificare il suono delle parole arcane
dotate di un certo potere. Potere che andrebbe disperso, se esse
venissero tradotte. Si tratta di un "luogo comune assai diffuso, che
vale per ogni lingua barbara" 117 : il significato e l'importanza dei
nomi saranno espressi chiaramente da Giamblico:
Tu domandi che cosa vogliono dire i nomi privi di significato.
Ma essi non sono senza significato, come tu credi [... ] Per quale
ragione preferiamo i segni barbari a quelli propri alla lingua di
ciascuno? Anche di questo la ragione è mistica. Infatti, perché gli
dèi ci hanno insegnato che tutta la lingua dei popoli sacri, come
gli assiri e gli egiziani, è adatta ai sacri riti, per questa ragione
noi crediamo di dover rivolgere agli dèi nella lingua a loro con-
genere le formule lasciate alla nostra scelta; e poiché questo modo
di esprimersi è primitivo e abbastanza antico soprattutto perché
quelli che hanno appreso i primi nomi degli dèi ce li hanno traman-
dati mescolandoli con la loro lingua ritenendola propria e adatta a
quei nomi, noi conserviamo ancora immutato costantemente l'uso
della tradizione 118 .
Il medesimo concetto è lapidariamente riassunto in un oracolo
caldaico, ove si invita a non mutare i nomi barbari 119 , ed è condi-
viso da Clemente Alessandrino 120 e da Origene stesso 121 • Si tratta
della risposta al problema dell'origine del linguaggio 122 che, posto
dalla sofistica, specie da Protagora, assume un rilievo particolare
nella scuola neoplatonica, probabilmente sulla scia dell'esegesi del
Cratilo. I Sofisti, l'Ermogene platonico, Aristotele, Sesto Empirico
e Porfirio sostengono che, a prescindere dalla differenza del nome

117 A. J. FESTUGIÈRE, La réuélation d'Hermès Trismégiste, vol. l, p. 85. Cfr.


W. THEILER, Die Sprache des Geisies, pp. 303-305. Nell'Apologia di Apuleio (38)
una lista di strani nomi greci che indicano categorie di animali viene para-
gonata ai "nomi magici secondo l'uso egiziano o babilonico" (magica nomina
Aegyptio ve! Babylonico ritu).
118 IAMBLICHUS, De mysieriis, VII, 4-5. Traduzione di Angelo R. Sodano.
119 Oracula chaldaica, 150.
120 CLEMENS ALEXANDRINUS, Slromala, l, 21, 143, 6: "Tutti ammettono che le
preghiere sono più potenti se recitate in lingua barbara".
121 0RIGENES, Contra Celsum, l, 24-25.
122 Cfr. A. R. SoDANO, Giamblico. l misteri egiziani, p. 354-356; H. STEIN-
THAL, Geschichie der Sprachwissenschafl, vol. l, pp. 332-333.
388 CAPITOLO 16

greco e dell'egiziano, la nozione del dio celeste che viene invocato


è la medesima, poiché il linguaggio è convenzionale (x~'t'~ fléaLv).
L'interpretazione stoica, che qui prevale, ritiene che i suoni imi-
tino per natura (x~'t'~ cpumv) le realtà che designano; ricevuti per
rivelazione, essi mantengono la loro forza evocativa solamente se
pronunciati così come sono stati tramandati. Gli stessi nomi dei
demoni decani, di cui si è già detto, e di cui Celso dà un elenco,
"soddisfacevano la condizione richiesta ai nomi magici, cioè l'essere
inintelligibili; non essendo più compresi, si sono sfigurati di tra-
scrizione in trascrizione" 123 , diventando progressivamente come gli
OCO""YJ[.L~ òv6[.L~'t'~ di cui parla Giamblico. Che i cristiani accusati di
ciarlataneria da Celso condividessero questa convinzione espressa
dagli autori sopra riportati, risulta chiaro da un altro passo dell'
'AÀ"YJfl~c; Myoc;:
Se li chiama con nome barbaro, avranno potere; se in greco o in
latino, no 124 •
Si tratta quindi della ricerca di determinati effetti soprannatu-
rali, da ottenersi costringendo i demoni con l'uso di formule e spe-
cialmente con l'invocazione del loro nome; l'uso di nomi barbari
di demoni si spiega quindi con l'idea che solamente conoscendo il
vero, originario ed occulto nome del dio sia possibile ottenere qual-
che cosa da lui.
Celso, come Origene sottolinea ampiamente, rigetta questa idea.
Egli ritiene che "non faccia differenza alcuna chiamare Zeus
l'Altissimo, o Zen, o Adonai, o Sabaoth, o A m un come gli egi-
ziani, o Papeo come gli sciti" 125 • Tra il I ed il n secolo d.C. la con-
vinzione che la potenza divina fosse unica, sotto qualunque nome
fosse denominata, era abbastanza condivisa tanto nel mondo greco
quanto in quello latino. Quale che sia la posizione di Celso, è
chiaro che essa differisce da quella dei cristiani ai quali egli fa rife-
rimento. Anche in questo caso, naturalmente, ci si può interrogare
su che tipo di cristiani Celso avesse conosciuto, e sulla veridicità
della sua testimonianza. Sicuramente, almeno per quanto riguarda
i cristiani al di fuori della grande Chiesa, l'uso di formule in lingua

123 A. BouCHÉ-LECLERCQ, L'astrologie grecque, p. 230.


124 ORIGENES, Contra Celsum, VIII, 37: 'Eocv !-Lè:v ~ocp~ocpwç ocÒToÙç ÒVO!J.OC~'YJ
't"Lç, Mvoc!J.LV ~l;ouow, è:ocv 3è: 'Eì..ì..lJVLxwç ~ 'Pw!-Loc·cxwç, oòxéTL.
125 0RIGENES, Contra Celsum, V,41; V,45.
CELSO FILOSOFO 389

barbara è attestato 126 • Se i libri che il filosofo pagano afferma di


aver visto nelle mani dei cristiani contenevano formule esorcisti-
che, come Origene mostra di credere, essi recavano anche nomina
barbara che Celso si affretta a tacciare come strumento di inganno.
Naturalmente ciò non costringe a pensare che i cristiani esorcizzas-
sero i demoni utilizzando i nomi "barbari" di altri demoni; l'uso
di nomi divini ed angelici in lingua ebraica, ad esempio, è ampia-
mente attestato nei documenti magici dell'epoca e nei testi esorci-
stici più tardivi, e confermato da autori cristiani 127 • L'importanza
dell'uso dei nomi angelici prestava addirittura il fianco ad accuse
di angelolatria 128 • Si tenga anche conto del fatto che gli angeli e
Cristo stesso sono considerati da Celso come demoni, fondamental-
mente buoni; in tal modo per Celso l'uso di nomi divini ed angelici
da parte dei cristiani può essere tranquillamente inteso come invo-
cazione demonica. In questo modo la risposta di Origene, secondo
il quale l'invocazione esorcistica avviene "nel nome di Gesù" (1, 6),
potrebbe non essere del tutto trascurabile.

126 Cfr. IRENAEUS LUGDUNENSIS, Adversus haereses, I, 21, 3: "Altri <eretici>

pronunciano alcuni vocaboli ebraici per impressionare di più quelli che sono
iniziati, in questo modo: Basyma cacobasa eanaa irraumisla diarbada cacota
babofor camelanlhi [ ... ) Messia ouphareg, magno inseenchaldia mosomeda eaacha
faronepseha, / esou N azarìa". EPIPHANIUS SALAMINENSIS, Panarion, 19, 4, 3:
"<Elcasai> inganna nel libro con l'aiuto di parole e vaniloqui, dicendo: "Nessuno
si domandi la spiegazione, ma dica solo, durante la preghiera, quanto segue
[ ... ]: A bar anid moib nochile daasim ane daasim nochile moib anid abar selam".
127 Sull'importanza dei nomi ebraici, M. SIMON, Verus Israel, pp. 399-401.

Un fornitissimo elenco di nomina barbara in E. PETERSON, Engel- und Dii.mo-


nennamen.
128 Origene giunge ad accusare gli ebrei di prestare culto agli angeli; Com-

menlarii in evangelium /oannis, XIII, 17, 104: "Eracleone riferisce, come inse-
gnamento di Pietro, che non si deve adorare al modo dei greci, che con la loro
mentalità materialistica rendono culto a oggetti di legno e di pietra, né vene-
rare la divinità al modo dei giudei, i quali, sebbene si ritengano gli unici cono-
scitori di Dio, in realtà non lo conoscono e rivolgono i loro culto ad angeli,
mesi e noviluni". (traduzione di Eugenio Corsini). Cfr. CLEMENS ALEXANDRINUS,
Slromala, VI, 5, 41, 2.
CAPITOLO 17
CLEMENTE ALESSANDRINO

l. Davide esorcista
Tito Flavio Clemente 1 nacque tra il 140 ed il 150, forse ad Atene;
la data della sua morte è ricavata da una lettera del suo discepolo
Alessandro di Cappadocia 2 , il quale scrivendo ad Origene ne parla
come di un padre già morto, nel 215-216 (o 231, secondo Nautin).
La parte principale della sua produzione che a noi è pervenuta,
tuttavia, fu redatta probabilmente tra gli anni 195 e 2033 ed è di
provenienza alessandrina 4 •
Il primo riferimento negli scritti di Clemente ad una pratica
esorcistica si trova nel primo capitolo del Pro/replico ai greci, una
composizione esortatoria diretta ai pagani perché riconoscessero la
superiorità del cristianesimo e ne abbracciassero la dottrina: in esso

1 Brevi notizie bio-bibliografiche in G. BÉKÉS, Clemente Alessandrino;


F. W. BAUTZ, Clemens von Alexandrien. Una generale messa a punto in
A. LE BouLLUEC, La •scuola» di Alessandria, pp. 504-524. Monografie:
E. DE FAYE, Clément d'Alexandrie; G. BARDY, Clément d'Alexandrie; G. LAz-
ZATI, Introduzione allo studio di Clemente; S. R. C. LILLA, Clement o( Alexan-
dria; J. FERGUSON, Clement o( Alexandria; L. RIZZERIO, Clemente di Alessandria;
R. FEULNER, Clemens von Alexandrien; E. F. OssoRN, Clement o( Alexandria. Le
notizie biografiche su Clemente sono ricavate principalmente dai suoi scritti e
da Eusebio di Cesarea, Epifanio, Socrate e Girolamo.
2 Allo scoppio della persecuzione di Settimio Severo (202) Clemente si era

rifugiato in Cappadocia da questo vescovo Alessandro.


3 Delle opere Hypotyposeis e Canon ecclesiasticus restano alcuni frammenti,

e gli altri scritti sono quasi integralmente perduti. Ricordiamo un De Pascha,


un De providentia, un Protrepticus in patientiam e delle lettere. Un elenco di
opere unito ad alcune informazioni biografiche è conservato in EusEBIUS CAESA-
RJgNsis, Historia ecclesiastica, VI, 13-14.
4 Sull'importanza di Alessandria in Clemente, A. VAN DEN HoEK, How

Alexandrian was Clement o( Alexandria? Si ha l'impressione che Clemente sia


stato educato nel paganesimo e poi si sia convertito; divenuto cristiano, poi
sacerdote, intraprese una serie di viaggi per conoscere i più celebri maestri
cristiani peregrinando per la Grecia, l'Italia meridionale, la Palestina, la Siria
e infine l'Egitto, ove conobbe Panteno, stabilì la sua residenza ed aprì una
scuola. Pertanto, la sua esperienza non si esaurisce nell'ambiente alessandrino.
392 CAPITOLO 17

l'autore, in tono liricheggiante, alle musiche e ai misteri pagani


contrappone il canto nuovo del Verbo di Dio5 , e si oppone a coloro
i quali- prestando fiducia alle favole antiche- credono nella capa-
cità incantatoria della musica. Una volta chiusi a chiave nell'Eli-
cona e nel Citerone i drammi e i poeti antichi, ci si deve volgere
al monte di Dio, donde proviene non il canto conforme alla regola
dei pagani, bensì "il canto sempiterno dell'armonia nuova, il canto
giustamente chiamato di Dio, il canto novello" 6 • Clemente si serve
del racconto di Orfeo, il quale "costituisce per eccellenza il mito
del potere unificante della voce, della parola e della musica" 7; se
il canto di Orfeo ammansiva le belve, il nuovo canto del Verbo ha
saputo trarre e risvegliare gli uomini, indirizzandoli a Dio8 • Questo
canto non ha bisogno della cetra o della lira, strumenti privi di
vita, ma si serve dell'accompagnamento dell'intero cosmo, parti-
colarmente dell'uomo, quasi come fosse un leggiadro strumento
animato. Con quest'immagine di ascendenza stoica che rende il
macrocosmo (l'universo) e il microcosmo (l'uomo) due strumenti
musicali i quali, armonizzati con Dio, ne cantano le lodi, Clemente
introduce il richiamo al canto di Davide al cospetto di Saul; egli
certamente conosce questo racconto secondo la versione dei Set-
tanta9, che apporta alcune modifiche al testo ebraico 10 • Richia-
mando questo episodio, Clemente così lo sintetizza:

5 Sulla teologia del Verbo, M. J. EowARDS, Clement o( Alexandria and his


Doctrine o( the Logos.
6 CLEMENS ALEXANDRINUS, Protrepticus, 1, 2, 4. Traduzione di Alieto Pieri.
7 J. M. RoEssu, Convergence et divergence, p. 505. Ringrazio l'autore per
avermi inviato il suo articolo.
8 Cfr. F. STORELLI, Itinerario a Dio nel Protrettico. Su questo tema, anche

T. P. HALTON, Clement's Lyre; E. IRWIN, The Song o( Orpheus.


9 Cfr. O. STAHLIN, Clemens Alexandrinus und die Septuaginta. In gene-

rale sull'esegesi clementina, M. SIMONETTI, Lettera efo allegoria, pp. 66-73;


A. CoLUNGA, Clemente de Alejandria escriturario; J. DANIELOU, Messaggio evan-
gelico, pp. 283-303.
10 1 Re (1 Sam), 16, 14-23: "Lo spirito del Signore se ne andò da Saul, e

uno spirito maligno (proveniente) dal Signore lo soffocava. Gli dissero i servi-
tori: "Ecco, uno spirito maligno del Signore ti soffoca (7tVE:Ufl.IX Kup(ou 7tOV1)pÒv
7tVtye:t cre:): possano i tuoi servitori parlare al tuo cospetto e ricercare per il
nostro Signore un uomo abile a cantare sulla cetra. Egli sarà presente quando
lo spirito malvagio è su di te, e canterà con la sua cetra; sarà un beneficio per
te, e ti darà ristoro" ( ... ) E accadde che quando lo spirito maligno veniva su
Saul, Davide prendeva la cetra e cantava accompagnandosi di propria mano;
CLEMENTE ALESSANDRINO 393

Il re Davide, il citarista ( ... ) spingeva verso la verità e distoglieva


dagli idoli. Assolutamente non cantava i dèmoni; piuttosto, essi
erano da parte sua scacciati con la musica della verità, con la quale,
quando Saul era invasato, egli Io guarì solamente cantando 11 •

Il verbo usato dai Settanta, lji&ÀÀw, si presterebbe ad una


duplice traduzione, significando sia suonare sia cantare. Clemente
lo sostituisce con l'univoco ~8w, cantare. Qualunque sia la spiega-
zione dell'azione dello spirito malvagio su Saul, che pare avere la
caratteristica di un attacco di insania, è certo che il sollievo da
quest'afflizione è dovuto al canto di Davide che suona la cetra;
l'azione, in ebraico, viene espressa dal verbo m
(niigan) 12 • Quest'in-
terpretazione del canto si attaglia perfettamente al contesto del
Protreptico, che sta celebrando il Verbo come canto perfetto, san-
cendone la superiorità sul suono procurato dagli strumenti musi-
cali di fattura umana. Clemente, dunque, intende l'episodio biblico
come un racconto di esorcismo, pronunciato contro i dèmoni che
posseggono Saul, il quale è invasato, agitato (èvepyou(.Levoc;) dagli
spiriti malignP 3 • L'Alessandrino nell'interpretare il passo del Libro
di Samuele si inserisce nella tradizione che fa di Davide un esorcista
ed un autore di formule esorcistiche. Nella prospettiva clementina,
il canto di Davide è un "canto della verità": seppur modulato su
uno strumento di fattura umana, al quale il Verbo ha ormai rinun-
ciato1\ esso ha avuto il potere di scacciare i demoni da Saul; il
contesto suggerisce una interpretazione cristologica del canto che,
in tutta questa prima parte dell'opera, è una metafora del Figlio
di Dio. Altrettanto importante la contrapposizione tra la musica
idolatrica di coloro che onorano i demoni con la musica e l'incanto

Saul ne traeva sollievo, e beneficio per sé, e lo spirito maligno s'allontanava da


lui (<i(j)LO"TOCTO &:7t' OCÙTOU)".
11 CLEMENS ALEXANDRINUS, Protrepticus, l, 5, 4: '0 aoc~t8 o ~ocmÀe:Uç, o
Xt6ocptcrT~ç [... ] 7tpO(lTpE7tEV Wç T~V &:ì.~6e:tOCV, &:7tihpE7tE 8è e:t8WÀWV, 7tOÀÀOU
ye: ~8e:t UfLVEtv ocÙTÒV ToÙc; 8oclflovocc; &:ì.YJ6e:'i' 7tpÒç ocÙTOU 8twXOfLÉVouc; fLOUcrtxij,
fl Tou LocoÙÀ ~ve:pyoufLÉvou ~xe:'i'voç ~8wv fLOVov ocÙTÒv toccrocTo.
12 Su musica e medicina, A. MACHABEY, Notes sur les rapports de la musi-

que.
13 Sull'uso di questo termine, cfr. T. KLAUSER, Energumenoi.

14 CLEMENS ALEXANDRINUS, Protreplicus, l, 5, 3: "Il Verbo di Dio, che esi-


steva prima di Davide, pur discendendo da Davide, disprezzò lira e cetra, stru-
menti privi di vita". Traduzione di Alieto Pieri.
394 CAPITOLO 17

musicale delle parole che contro i demoni ha una funzione apotro-


paica.

2. Vigorosi comandi?
Nel Quis dives salvetur?, una riflessione sulla ricchezza in rela-
zione alla possibilità di ottenere la salvezza, Clemente si sofferma
sull'importanza di coltivare le ricchezze interiori, piuttosto che
quelle esteriori, da usarsi per praticare la beneficenza; e, con l'aiuto
di esse, circondarsi di persone dotate delle medesime virtù:
Non !asciarti ingannare tu, che hai gustato la verità e sei stato sti-
mato degno del grande riscatto <della redenzione>, ma al contrario
di ciò che fanno gli altri uomini scegliti un esercito disarmato, paci-
fico, incruento, calmo, incontaminato: vecchi venerandi, orfani pii,
vedove armate di mitezza, uomini adornati di carità. Con la tua
ricchezza prendi costoro come guardiani del tuo corpo e della tua
anima. Loro capitano è il Signore. Per mezzo loro una nave che
stia per andare a fondo è risospinta in alto e la tengono sulla rotta
le sole preghiere dei sanW 5 •
Riguardo a questo esercito della preghiera dei santi (i cristiani in
genere, secondo l'uso arcaico) Clemente aggiunge:
<Per mezzo lorO> una infermità nel pieno del suo vigore è domata,
scacciata con applicazioni delle mani, un assalto di predonP 6 è
disarmato e spogliato da pie suppliche, e la violenza dei dèmoni è
infranta, respinta da vigorosi comandP 7 •
Forse Clemente sta alludendo a qualche precisa pratica euco-
logica volta a scacciare le potenze sataniche? La testimonianza
è preceduta da un chiaro riferimento ad un atto di guarigione,
accompagnato dalla è:m~oÀ~ delle mani (applicazione, più che
imposizione). Non sarebbe la prima volta che l'esorcismo viene
descritto o menzionato assieme alla guarigione, e talora confuso o
equiparato ad essa. Indubbiamente l'identificazione è largamente

15 CLEMENS ALEXANDRINUS, Quis dives salvetur? Traduzione di Alieto Pieri


leggermente riadattata.
16 Per l'uso di À."rJG't"OCt cfr. Gv 10, 8 e, più avanti, CLEMENS ALEXANDRINUS,
Stromala, l, 21, 135, 2.
17 CLEMENS ALEXANDRINUS, Quis dives salvelur?, 34, 3: (... ] v6croç OCXfLtX~ou­
croc 8oc(.LtX~t-rocL, XtLpwv Èm~oÀoc'i:'ç 8LwXOfLÉVlJ, xocl 7tpocr~oÀ~ ÀTJO"Twv OC(j)07tÀt-
~t't"OCL, tÙXOCLç tÙO"t~ÉO"L O"XUÀEUOfLÉVl), xoc( 80CL(.L6VWV ~(oc 6pocUt't"OCL, 7tpOO"'t"tXYfLOCO"L
O"\JV't"6VOLç ÈÀEYXOfLÉVlJ.
CLEMENTE ALESSANDRINO 395

speculativa, ma ciò non toglie che da queste poche righe si possa


trarre qualche informazione che corrisponde pienamente a ciò che
l'esorcismo rappresentava nell'immaginario collettivo. L'attività di
demoni è infatti rappresentata come una violenza, una forza (~(oc),
che certamente si scaglia contro i cristiani; questa violenza può
essere infranta, spezzata (6pocuw) e respinta, vanificata (è:Mrx.w) dai
vigorosi comandi (7tpocrT&y(J.OCTOC) pronunciati dall'esercito di per-
sone pie di cui parlava Clemente, da qualcuno dei "soldati attivi
e guardiani sicuri, nessuno dei quali è pigro, nessuno inutile" 18 •
La mente corre subito alla violenza del rituale esorcistico, che con
comandi imperativi e potenti causa l'allontanamento dello spirito
malvagio. Se Clemente intendesse però riferirsi implicitamente
all'esorcismo, o se invece volesse evocare nella mente del suo let-
tore soltanto un'idea più indistinta di qualche preghiera di carat-
tere apotropaico, è impossibile deciderlo. Potrà essere di una certa
utilità richiamare un altro passo di Clemente in cui la forza della
preghiera sulle entità malvagie è chiaramente dimostrata e collo-
cata in un contesto esorcistico:
Che la preghiera sia più potente della fede, lo dichiarò il Salvatore
agli apostoli, che pure avevano fede, a proposito di un indemoniato
che non avevano avuto la forza di purificare, dicendo: "Cose del
genere si compiono con la preghiera" (cfr. Mc 9, 29) 19 •

3. Gli indemoniati di Platone


Gli Stromati di Clemente sono una miscellanea di insegnamenti
riguardanti la relazione del cristianesimo con la cultura profana e
la spiegazione della vera gnosi; il primo libro affronta, tra l'altro,
l'argomento dell'origine della verità. La filosofia greca, secondo
Clemente, deriva dalla sapienza ebraica: Mosè è considerato come
più antico di ogni sapiente ellenico, e l'autore si dilunga in digres-
sioni di natura cronologica per fornire una dimostrazione alla sua
convinzione. Discutendo degli idiomi di cui l'umanità dispone,
Clemente identifica settantadue lingue, dalla contaminazione delle

18 CLEMENS ALEXANDRINUS, Quis dives sa[velur?, 35, 1. Traduzione di Alieto


Pieri.
19 CLEMENS ALEXANDRINUS, Eclogae propheticae, 15, l: Tljç 7tLcrn<ùç T~ v
e:ùx~v lcrxupoTépcxv &7té<p1)ve:v o ~<ùT~P Toi:'ç mcrToi:'ç &7tocrTOÀotç, È7tL Ttvoç
8cxtfJ.OVLWVToç, llv oùx tcrxucrcxv xcx6cxpLcrcxt, e:lm:.lv· TIÌ TOtcx\hcx e:ùx7i xcxTop6où-
TCXL. Traduzione di Carlo Nardi.
396 CAPITOLO 17

quali si sono formate tutte le parlate diffuse sulla terra. Ma a que-


ste lingue se ne aggiunge una particolare:
Platone attribuisce agli dèi una lingua particolare, arguendolo prin-
cipalmente dai sogni e dagli oracoli, e inoltre dagli indemoniati, i
quali non parlano con la propria voce né lingua, bensì con quella
dei dèmoni che s'insinuano20 •
Questa opinione, come anche quella che segue (l'esistenza di una
lingua degli animali) non trova riscontro nelle opere di Platone,
autore che Clemente predilige21 . I greci ritenevano che gli dèi par-
lassero un linguaggio lor proprio, come anche gli uomini e gli ani-
mali22. Talvolta gli scrittori informavano i loro lettori del signifi-
cato di qualche parola divina: ad esempio, nell'Iliade e nell'Odissea
diverse parole degli dèi vengono tradotte in linguaggio umano23 •
Esiodo afferma che, Tifeo dalle sue numerose teste emetteva suoni
"come se parlasse agli dèi" 24 • Per Hermann Giintert, la credenza in
una particolare lingua parlata da dèi, angeli, demoni, etc., è proba-
bilmente sorta dalla tendenza da parte degli uomini di pronunciare
suoni incomprensibili in stati alterati di coscienza, portando a cre-
dere che qualche spirito parlasse in luogo della persona 25 . È signi-
ficativo che Clemente, indipendentemente dalla fonte dalla quale
trae le sue informazioni, si riferisca esplicitamente agli indemoniati
(3ocLfLOVwne:c;) i quali, presi dagli spiriti maligni, parlano non più
con la propria voce, ma con la voce dei demoni che si introducono
in loro. Se questi demoni siano da intendersi come spiriti mali-
gni oppure, più in linea con la demonologia dell'antichità pagana,
con qualche spirito o divinità intermedia tra l'uomo e gli dèi, non

20 CLEMENS ALEXANDRINUS, Stromala, l, 21, 143, 1: 'O ITM·r<.ùV 8è xoct -ro'iç

6Eo'iç 8L<iÀEx-rov OC7tOVÉ(.I.EL -rLv<X, (.l.<iÀLcr't"Ot (.l.èv oc1tÒ -rwv ÒvELp&-r<.ùv 't"EX(.I.OtLp6(.1.E-
voç xoci -rwv X.P't)<r(.I.WV, ciÀÀ<.ù<; 8è xoct oc1tÒ -rwv 8atL(.I.OVWV't"<.ùV, ot -r~v ocu-rwv où
(j)6éyyov-rocL (j)<.ùV~v où8è 8L&ÀEx-rov, ocÀÀoc ~v -rwv U7tELm6v-r<.ùv 8atL(.I.6V<.ùV.
21 Cfr. A. C. OuTLER, The Plalonism o( Clemenl o( Alexandria.
22 Su questo, F. BADER, La langue des dieux; lo., Aulobiographie el hérilage.
23 Ad esempio, HoMERUS, Ilias, l, 525-527: "Chiamando il gran Centìmano,

che dagli Dei nomato è Briarèo, da' mortali Egeòne"; Il, 813; XIV, 290; XX, 74;
Odyssea, X, 305: "Bruna n'è la radice; il fior bianco di latte; Moli i numi la
chiamano"; XII, 61. Traduzioni di Vincenzo Monti e lppolito Pindemonte.
24 Theogonia, 831. Altri esempi in M. WEsT, Hesiodus. Theogony, pp. 386-
388.
25 H. GONTERT, Von der Sprache der Goller und Geisler.
CLEMENTE ALESSANDRINO 397

necessariamente negativa, dal punto di vista cristiano è irrilevante:


la differenza tra le due concezioni è ormai svanita. Clemente li
intende semplicemente come spiriti malvagi, ed altrove attribuisce
a Platone la credenza nel diavolo come "anima malvagia" 26 •
Pur nella sua povertà, questo è l'unico riferimento esplicito alla
figura degli indemoniati lungo tutte le opere di Clemente; il carat-
tere dei suoi scritti, però, non induce a stupirsi oltremodo di ciò.
AI di là del disinteresse che può mostrare nei suoi riguardi, la pra-
tica esorcistica era certamente a lui nota, soprattutto attraverso
le sue letture del Nuovo Testamento e degli scritti cristiani degli
autori precedenti a lui, i quali su questi temi insistevano spesso.
Soprattutto gli era noto l'altro tipo di esorcismo, quello battesi-
male, proprio attraverso le opere gnostiche che Clemente si adope-
rava a confutare 27 •

4. Battesimo e demoni
Da fondamentali passi conservatici da Clemente nei suoi Excerpta
ex Theodoto ricaviamo l'esistenza, nella seconda metà del 11 secolo,
di riti prebattesimali valentiniani di carattere esorcistico. Ma qual
era la situazione, a cavallo tra 11 e m secolo, della concorrente
Chiesa ortodossa? Non è agevole trarre dagli scritti di Clemente
un quadro chiaro della struttura liturgica dell'iniziazione cristiana
come si svolgeva in Egitto 28 : egli infatti si limita a discrete allu-
sioni, preferendo sviluppare abbondantemente l'interpretazione
personale e dando per scontata la conoscenza dei fatti 29 • Inoltre,
il contesto spesso antignostico dei suoi scritti impone cautela:
Clemente talora menziona inequivocabilmente pratiche in uso nella

26 CLEMENS ALEXANDRINUS, Stromata, V, 14, 92, 5. Seguono citazioni dalle


Leggi (X, 896de e 906a) e dal Fedro (240ab).
27 Riflessioni su alcuni temi della controversia tra Clemente e gli gnostici in
E. PROCTER, Christian Controversy.
28 I principali testi di Clemente sul battesimo sono raccolti in A. BENOIT -
C. MuNIER, Le bapteme, pp. 71-86.
29 Si veda in proposito: V. SAXER, Les riles de l'initiation, pp. 65-99;

H. A. EcHLE, Sacramentai lnitialion; Io., The Terminology o{ the Sacrament;


A. 0RBE, Teologia bautismal; A. BRONTESI, La soteria in Clemente, pp. 377-390;
C. NARDI, Il battesimo in Clemente; lo., Osservazioni sulla teologia; M. E. JoHN-
soN, The Rites o{ Christian lnitiation, pp. 64-69; E. FERGUSON, Baptism in the
Early Church, pp. 309-323.
398 CAPITOLO 17

sua Chiesa, talora si oppone con forza alle pratiche gnostiche, ma


in certi casi la lettura dei testi può far sorgere qualche dubbio sulla
provenienza dei riti a cui Clemente si riferisce. Né, in verità, è
sempre così chiara la linea di demarcazione tra eterodossi ed orto-
dossi, anche all'interno della medesima Chiesa: è proprio in questo
periodo che ad Alessandria
si sta creando il divario all'interno del cristianesimo tra una forma
«ecclesiastica» ed altre tendenze definite <<eretiche>>, e queste ultime
sono sul punto di essere escluse. Clemente ha molto contribuito a
fissare i confini, a definire le norme e a produrre l'esclusione30 •
Seguendo il suggerimento di Victor Saxer, quando l'autore tratta
un argomento in un contesto gnostico ma senza rigettarlo esplici-
tamente come eretico, non escluderò a priori che la grande Chiesa
potesse condividere con gli eterodossi la medesima pratica31 • Nelle
mie conclusioni, però, tenderei ad essere meno ottimista di Saxer.
Che cosa dunque Clemente mette per iscritto riguardo ai riti
battesimali, nei quali andrebbero ricercate tracce di liturgie esor-
cistiche od antidemoniche? Egli nelle sue opere si riferisce inciden-
talmente al catecumenato, un periodo di istruzione nella "catechesi
che conduce alla fede" 32 di una durata di tre anni; durante questo
periodo il candidato viene portato alla comprensione della nuova
dottrina, coronata dal battesimo ricevuto al quarto anno33 • Se negli
Excerpta Clemente si premura di riportare "i digiuni, le suppliche,

30 A. LE BouLLUEC, La •scuola» di Alessandria, p. 517.


31 V. SAXER, Les rites de l'initiation, pp. 65-66.
32 (LEMENS ALEXANDRINUS, Paedagogus, l, 6, 30, 2.

33 CLEMENS ALEXANDRINUS, Paedagogus, l, 6, 36, 2-3: "<Sono> carnali (crcxp-

XL\IOUç) coloro che da poco vengono catechizzati ('t'oÙç ve:wcr't'l XCX'O))(OUfLÉvouc;)


e che sono ancora bambini in Cristo. Infatti d'apostolo Paolm chiamò spiri-
tuali quelli che già hanno creduto allo Spirito Santo, e carnali i neocatechizzati
(ve:oxCXnJ)(~'t'ouc;) e non ancora purificati" (traduzione di Abele Boatti); Stro-
mata, II, 18, 96, 2: "Infatti al quarto anno, poiché c'è bisogno di tempo per
essere istruiti stabilmente nella catechesi ()(p6vou xpe:lcx 't'ijl XCX'O))(OUfLÉV<p ), la
tetrade delle virtù è consacrata a Dio; e già la terza tappa del resto confina con
quarto gradino, che é quello del Signore"; Stromata, VI, 15, 130, 1: "Si parla
pure di sapienza, dell'educazione come qualcosa di diverso da essa, nonché di
parole di saggezza, di discorsi artificiosi, di giustizia vera e ancora di dottrina
del pronunciare retto giudizio e astuzie dei semplici, che proviene loro dall'edu-
cazione, di sensibilità e riflessione per i nuovi catecumeni ('t'ijl ve:oXCX'O))(~'t'cp)".
Traduzioni di Giovanni Pini.
CLEMENTE ALESSANDRINO 399

le preghiere, le imposizioni di mani e le genuflessioni" dei valenti-


nianP\ in nessun altro testo clementino compare qualche richiamo
a questi esercizi penitenziali, confermando la generale indifferenza
di Clemente per l'esposizione a chiare lettere di tutto ciò che è este-
riore ed istituzionale nella vita della sua Chiesa. Certamente questo
non può far pensare che ad Alessandria il catecumenato non fosse
già organizzato e non prevedesse qualche rito di iniziazione; ciò è
suggerito anche dalla lettura di fonti anteriori e contemporanee a
Clemente le quali, sebbene provenienti da ambienti differenti, con-
tengono istruzioni in tal senso. Se quindi la descrizione del catecu-
menato valentiniano non può essere applicata in loto et sine dubio
alla grande Chiesa, è difficile pensare che essa non condividesse con
esso qualche pratica, e che Clemente, ad esempio, non conoscesse
il diffuso uso del digiuno prebattesimale35 • Egli stesso, infatti, ne
tesse le lodi proprio nella sezione delle Eclogae propheiicae (specula-
zioni sulla Genesi e su passi profetici) dedicata al battesimo, seppur
con una lettura spirituale36 •
Clemente, dunque, non richiama esplicitamente alcun momento
caratteristico della liturgia battesimale. Victor Saxer, tuttavia,
crede di poterne intravedere uno di carattere antidemonico, la pub-

34 CLEMENS ALEXANDRINUS, Excerpla ex Theodolo, 84.


35 Didachè, 7, 4: "Prima del battesimo digiunino il battezzante e il bat-
tezzando e se altri lo possono; al battezzando però, ordina che digiuni un
giorno o due prima" (traduzione di Guido Bosio); lusTINUS, Apologia l, 61:
"Coloro che si sono convertiti e che credono alla verità delle nostre dottrine e
del nostro messaggio, e che si impegnano a sforzarsi di vivere coerentemente,
vengono educati alla preghiera e alla richiesta, nel digiuno e al cospetto di Dio,
della remissione di tutti i loro peccati precedenti, mentre noi ci associamo alla
loro preghiera e al loro digiuno" (traduzione di Giuseppe Girgenti); TERTULLIA-
NUS, De baplismo, 20, 1: "Coloro che sono in procinto di accedere al battesimo
debbono rivolgersi a Dio con preghiere intense, con digiuni, con prostrazioni in
ginocchio e con veglie" (traduzione di Pier Angelo Gramaglia).
36 CLEMENS ALEXANDRINUS, Ecloga e prophelicae, 14, 1: "Il digiuno è asten-

sione dal cibo secondo il significato letterale, ma un nutrimento non ci rende


affatto più giusti o più ingiusti; invece secondo il significato mistico esso mostra
che, come per ciascun essere la vita proviene dal nutrimento mentre l'assenza
di nutrimento è indizio di morte, così anche noi dobbiamo digiunare delle
realtà mondane, perché moriamo al mondo e dopo, partecipando al nutrimento
divino, viviamo per Dio" (traduzione di Carlo Nardi). Sul tema del digiuno
dalle cose mondane, A. GUILLAUMONT, N'l')cr-re:ue:w -r6v x6cr(J.OV. Ringrazio Alain
Le Boulluec per questo ed altri suggerimenti bibliografici.
400 CAPITOLO 17

blica rinuncia a Satana37 pronunciata dal catecumeno, in questo


passo del Pedagogo, il trattato indirizzato a coloro che, fattisi cri-
stiani, si ponevano sotto la tutela del divino istruttore38 :
Anche noi, pentiti dei peccati, rinunciato ai loro svantaggi (cbto-roc-
l;oc[J.evm -ro'Lç ÈÀocTTW(J.OCGtv ocù-rwv) e passati attraverso il filtro del
battesimo, corriamo verso la luce eterna, fanciulli verso il Padre39 •
Lo stesso Clemente conserva una menzione più esplicita della
rinuncia in un passo degli Excerpta, che Saxer ha messo in rela-
zione col precedente: in esso si parla della rinuncia ai Principati
malvagi (&7to't"IXGO"Of1.Évwv ~fl.WV -roci."c; 7tOv"fJp1Xi."c; &px_oci."c;) espressa dai
valentiniani durante il battesimo (77, 1). Clemente si serve altrove
del medesimo verbo, fuori dal contesto battesimale, nel suo senso
generico, ad indicare la rinuncia a qualche cosa, principalmente
alle ricchezze 40; ma è un fatto che il verbo &7to't"cXGO"Ofl.IXL ed il cor-
rispettivo latino renuntio si stanno stabilizzando quali termini tec-
nici per indicare la rinuncia a Satana. In quegli stessi anni lo atte-
stano Tertulliano, in ambiente africano 41 , ed Origene, nel medesimo
ambiente alessandrino di Clemente42 • Possiamo allora ritenere come
possibile che Clemente possa alludere ad un rito della rinuncia a
Satana praticato nella sua Chiesa: esso non è un esorcismo, ma ci
conferma il fatto che il battesimo fosse ritenuto in qualche modo
un momento in cui il candidato rinunciava a qualsiasi contatto con
il peccato e le potenze del male. In quest'ottica, quanto segue va
forse inteso in un senso esorcistico?

37 Su questo rito, H. KIRSTEN, Die Taufabsage.


38 V. SAXER, Les rites de l'initiation, pp. 80-81.
39 CLEMENS ALEXANDRINUS, Paedagogus, I, 6, 32, l: 'H f.LtL<; È7tL -rol."<; ~f.LCXPTIJ­
f.LÉvo~<; {J-t-rcxvevo1Jx6-rt<;, &:7to-rcx/;ocf.Ltvo~ -rol."<; ÈÀcxnwf.Lcxcnv cxù-rwv, 8mÀ~~6f.Ltvo~
~cx7t-rto-{J-cx-r~. 7tpÒ<; -rò à:(atav &:vcx-rpix.ofJ.tV <pw<;, ot 7tociae<; 7tpÒ<; -ròv Ilcx-ripcx.
40 Ad esempio, CLEMENS ALEXANDRINUS, Protrepticus, 10, 101, 3 riferito alla
"fantasia", oppure ai "beni" posseduti in Stromata, VII, 12, 79, 7; Quis diues
saluetur?, 14, 6 et passim. Il verbo &.7to-roco-o-OfJ.CX~ in relazione alla rinuncia alle
ricchezze è allusione a Le 14, 33.
41 TERTULLIANUS, De corona, 3, 2: "Proprio mentre stiamo per scendere

nell'acqua, un po' prima nell'assemblea sotto la mano del vescovo, promet-


tiamo di rinunciare (renuntiare) al diavolo, alle sue pompe e ai suoi angeli".
42 ORIGENES, Exhortatio ad martyrium, 17: "Che cosa dire di quelli che, con
un rinnegamento, violano le promesse che hanno fatto con Dio e ritornano a
Satana, a cui hanno rinunziato (&:7tt-rocl;cxv-ro) quando furono battezzati?" Tra-
duzione di Normando Antoniano.
CLEMENTE ALESSANDRINO 401

Queste le nostre invulnerabili armi; armati di queste, schieriamoci


contro il Maligno. Gli infuocati dardi del Maligno spegniamoli con
le acquose cuspidi temprate dal Verbo, contraccambiando i benefici
con lodi di rendimento di grazie e celebrando Dio per mezzo del
Verbo divino43 •
L'allusione all'acqua del battesimo è stata riconosciuta da tutti i
commentatori, ma il senso preciso sfugge alla lettura. Clemente sta
utilizzando e citando un passo dell'Epistola agli Efesii di Paolo 4\ ove
l'apostolo descrive la spirituale panoplia che ogni soldato di Cristo
deve rivestire 45 • Per quest'enumerazione Paolo aveva forse presente
alcuni passi dell'Antico Testamento in cui si descrive Iddio stesso
che si arma contro i suoi nemici per distruggerli 46 , ma sicuramente
teneva ben chiara nella mente l'armatura del soldato romano. I
dardi infuocati del Maligno, per Paolo, vanno spenti con lo "scudo
della fede". Il 6upe:6c; è il grosso scutum romano, quello rettangolare
da armatura pesante di fanteria, lungo un metro e mezzo e largo

43 CLEMENS ALEXANDRINUS, Protrepticus, 11, 116, 4: Tor:u-ror: ~[J.WV 't'OC flTCÀor:

't'OC &-rpw-ror:· 't'OU't'o~c; Èé;oTCÀ~OtX[J.EVOL 7totpor:-ror:é;W[J.e:6or: -rc'jl7toV1Jpc'jl' 't'OC 7tE:7tUpor:-


X't'W[J.évor: 't'OU 7tOV1JpOU !ÌTCoa~éaW[J.E:V ~éÀ1] -ror:'i.'c; ù8or:-r[vor:~c; IÌX[J.ot'i.'c; -ror:'i.'c; ÙTCÒ 't'OU
A6you ~t~ot[J.[J.évor:~c;. tÒX,or:p[a-ro~c; !Ì[J.t~~6[J.e:vo~ -rocc; e:ÒTCodor:c; e:ÒÀoy[or:~c; xor:t -ròv
0e:òv Téjl 6e:[cp ye:por:[povnc; A6ycp.
44 Su Clemente e la Scrittura, T. CAMELOT, Clément d'Alexandrie et l'Écriture;

H. KuTTER, Clemens Alexandrinus und das Neue Teslament; M. MEES, Die Zitate
aus dem Neuen Testamenl.
45 Ef 6, 11-17: "Rivestitevi dell'armatura di Dio, per poter resistere alle

insidie del diavolo. La nostra battaglia infatti non è contro creature fatte di
sangue e di carne, ma contro i Principati e le Potestà, contro i dominatori di
questo mondo di tenebra, contro gli spiriti del male che abitano nelle regioni
celesti. Prendete perciò l'armatura di Dio, perché possiate resistere nel giorno
malvagio e restare in piedi dopo aver superato tutte le prove. State dunque
ben fermi, cinti i fianchi con la verità, rivestiti con la corazza della giustizia,
e avendo come calzatura ai piedi lo zelo per propagare il vangelo della pace.
Tenete sempre in mano lo scudo della fede, con il quale potrete spegnere tutti i
dardi infuocati del maligno (Èv TCiia~v &vor:Àor:~6v-re:c; -ròv 6upe:òv -rijc; TC[anwc;, Èv
~ 8uv~ae:a6e: TCtXVTor: -roc ~éÀ1J TOU 7tOV1Jpou [Toc] 7te:7tupw[J.évor: a~éaor:~); prendete
anche l'elmo della salvezza e la spada dello Spirito, cioè la parola di Dio".
46 ls 11, 5: "Fascia dei suoi lombi sarà la giustizia, cintura dei suoi fianchi

la fedeltà"; 59, 17: "Egli si è rivestito di giustizia come di una corazza, e sul
suo capo ha posto l'elmo della salvezza. Ha indossato le vesti della vendetta,
si è avvolto di zelo come di un manto"; Sap 5, 18: "Indosserà la giustizia come
corazza e si metterà come elmo un giudizio infallibile; prenderà come scudo
una santità inespugnabile, affilerà la sua collera inesorabile come spada e il
mondo combatterà con lui contro gli insensati".
402 CAPITOLO 17

tre quarti di metro. Era formato di due assi di legno unite assieme,
ricoperte prima di tela, poi di cuoio, ed orlate di ferro; esso veniva
particolarmente impiegato negli assalti alle fortezze per ripararsi
dai pila ardenlia, i dardi intrisi di pece e resina che gli assediati
lanciavano dall'alto sul nemico, dopo avervi appiccato il fuoco.
Come già Paolo, anche Clemente si serve dell'immagine militare
per descrivere l'esercito pacifico ed incruento del Verbo; ma sosti-
tuisce lo scudo 47 con le cuspidi o punte immerse, quindi sottoposte
al procedimento che le rende temprate dal Verbo (ocx.fJ.octç Toctç Ù1tÒ
Tou A6you ~E~IXfJ.fJ.ÉVocLç). Si tratta di cuspidi di armi fatte d'acqua
o liquide (ù3ocT(vocLç) con le quali il cristiano dovrebbe affrontare
e spegnere il fuoco dei dardi accesi, come parrebbero aver com-
preso Quintino Cataudella 48 e Alieto Pieri 49? O forse è meglio inten-
dere, come molti altri, che si tratti di cuspidi ù3ocT(vocLç nel senso
di umide, bagnate perché ancora intrise nell'acqua nella quale sono
state immerse dal Verbo, e poi da essa tratte? Paolo opponeva al
fuoco dei dardi la resistenza dello scudo, e non faceva menzione di
spade o di acqua. Il passo è quindi assai difficile: queste cuspidi
sono le punte delle spade affilate di cui si servono i cristiani, spade
di fede e virtù temprate dal Verbo e quindi rese più forti? In verità,
sono i cristiani stessi ad essere stati battezzati, e non le loro armi
spirituali; se Clemente intendesse riferirsi a queste armi, quindi, ne
deriverebbe uno spostamento di attenzione dalle acque battesimali
alle armi da esse fortificate, e dal fedele alle sue virtù. A meno di
non ritenere che queste armi siano i corpi stessi dei battezzati, che
escono bagnati dal fonte battesimale. Se invece si leggesse cuspidi
liquide, si potrebbe pensare che Clemente considerasse le acque
battesimali stesse come un'arma tagliente, rese possenti dal Verbo,
con le quali il cristiano può vincere le armi del demonio.
Qualunque sia il senso preciso della frase, è chiaro il concetto
secondo il quale dall'acqua del battesimo si trae la forza in grado di
vanificare gli infuocati attacchi del demonio, e questo tema ricom-

47 Clemente riprende questo tema altrove, in Stromata, IV, 7, 47, 3: "Ecco

il soccorritore invincibile, colui che ci fa da scudo". Traduzione di Giovanni


Pini.
48 Q. CATAUDELLA, Clemente Alessandrino. Protreptico ai Greci, ad loc.

49 A. PrER!, Clemente Alessandrino. Protreptico ai Greci, ad loc.


CLEMENTE ALESSANDRINO 403

pare anche negli Excerpta ex Theodoto 50 • Clemente stesso parrebbe


riconfermare, in un'altra occasione, questa capacità particolare del
battesimo. Egli racconta un aneddoto 51 secondo il quale l'apostolo
Giovanni avrebbe affidato un giovane alle cure spirituali di un
vescovo; questi, dopo essersi preso in casa il giovane, si sarebbe
occupato di lui fino al momento conclusivo del battesimo:
L'anziano [... ] illuminò il giovanetto; dopodiché allentò la sua
grande sollecitudine e vigilanza, persuaso di aver posto accanto a
quello la perfetta protezione, il sigillo del Signore52 •
In primo luogo, occorre notare che nella terminologia clementina
illuminare (tpwT[~w) va considerato come sinonimo di battezzaré3 ;
anche il termine crcppocy[c;; designa semplicemente il battesimo, e non
un altro rito distinto da esso 54 • Il vescovo, dunque, lascia troppa
indipendenza al giovane il quale, traviato dalle male compagnie, si
tramuta in un criminale sanguinario. Quel che ci interessa, è che il
vescovo considera il battesimo come una perfetta protezione o difesa
(TiÀewv cpuÀocx-rljpwv), la quale da sola parrebbe bastare, secondo
il suo parere, per stornare ogni assalto del nemico ed ogni orien-
tamento malvagio. È questo il solo caso dove Clemente si serve
del termine cpuÀocx-rljpLov; termine appropriato se, come abbiamo
visto, il battesimo è un'arma che protegge dagli assalti del Maligno
descritti da Paolo con metafora militaresca. L'autore desidera cri-
ticare una concezione del battesimo che ne farebbe una protezione
perfetta; il racconto infatti termina con il ritorno dell'apostolo che
si reca dal giovane brigante ed ottiene per lui una seconda remis-
sione dei peccati.

°5 CLEMENS ALEXANDRINUS, Excerpla ex Theodolo, 85, 3: "Dobbiamo dunque


armarci con le armi del Signore, con corpo ed anima invulnerabili, con armi
capaci di spegnere i dardi del diavolo, come dice l'Apostolo".
5' La storia è esaminata da E. JuNOD, Un écho d'une controverse. Egli ritiene
che essa riveli l'esistenza ad Alessandria di una controversia sulla penitenza
postbattesimale; Clemente avrebbe inserito questo aneddoto per mostrare la
sua avversione alla concezione rigorista sostenuta da buona parte del clero.
52 CLEMENS ALEXANDRINUS, Quis dives salvelur?, 42, 4: '0 ~È 7tpEafjUTEpoç
[••. ) 'JE~'JtCJXO'J [ ... ) tcpwnae· X~t !J.ETOC -ro\ho ucpljxE -rljç 7tÀELO'JO<; t1tL!J.EÀEL~<;
X~t 7t~p~cpUÀ~Xljç, W<; TÒ TtÀELO'J ~ÙT<ji cpuÀ~x-rljpLO'J tma-rlja~<;, -rij'J acpp~yi]~
TOU Kuplou.
53 Sul battesimo come illuminazione, G. FILORAMO, Pneuma e pholismos.
54 Cfr. F. J. DOLGER, Sphragis, pp. 75-76.
404 CAPITOLO 17

Questi passi, assieme al probabile rito della rinuncia a Satana,


potrebbero essere una prova del carattere antidemonico o apotro-
paico del battesimo o persino, mutando prospettiva, esorcistico? Si
è già detto che non è certo agevole identificare negli scritti di
Clemente chiari riferimenti alla pratica esorcistica battesimale, né è
realistico aspettarsi di trovarne: egli ha la tendenza a sottovalutare
o tralasciare la descrizione degli usi ecclesiastici liturgici ed este-
riori, e dimostra un certo disinteresse per l'esposizione dei riti della
sua Chiesa. Ciò ubbidisce anche ad un più generale orientamento
che pervade gli scritti clementini, quello di adoperare un certo tono
misterico 55 o simbolico nella rappresentazione dei fatti. Clemente è
forse il primo autore della grande Chiesa - assieme a Tertulliano ed
Origene - che conosce ed applica la disciplina dell'arcano, in obbe-
dienza alla quale si evitava di esporre i misteri cristiani ai pagani
ed ai catecumeni56 . Oggetto particolare dell'arcano furono princi-
palmente i riti dell'iniziazione cristiana, l'eucaristia, il simbolo ed
il Pater; è probabilmente proprio dall'organizzazione delle scuole
di catecumenato che tale disciplina mosse i primi passi, in stretto
legame con le classi progressive in cui i catecumeni erano suddi-
visi e con i differenti momenti dei riti battesimali stessi, rispec-
chiando d'altra parte certi costumi delle scuole filosofiche pagane
nel duplice insegnamento essoterico ed esoterico57 . Questa disciplina
dell'arcano, che distingue chiaramente in tre livelli la conoscenza
riservata ai pagani, ai catecumeni ed ai fedeli, trova un parallelo
nella particolare concezione clementina di gnosi nel senso di una
conoscenza riservata agli iniziati58 • Clemente è convinto che per
avvicinarsi alla conoscenza di Dio, per pervenire alla vera gnosi

55 Cfr. C. RIEDWEG, Mysterienterminologie. Anche A. LEVASTI, Clemente Ales-


sandrino iniziatore della mistica.
56 Sulla disciplina arcani, P. BATIFFOL, La discipline de l'arcane; F. 0PPEN-
HEIM, Arcano; O. PERLER, Arkandisziplin; D. PowELL, Arkandisziplin; V. REc-
CHIA, L 'arcano nell'iniziazione cristiana.
57 Cfr. E. L. FoRTIN, Clement o{ Alexandria and the Esoteric Tradition.
58 Cfr. C. MoNDÉSERT, Clément d'Alexandrie, pp. 47-62; J. DANIÉLOU, Mes-
saggio evangelico, pp. 521-540; C. GuAsco, Lo gnostico cristiano; J. MOINGT, La
gnose de Clément; R. MoRTLEY, Connaissance religieuse. P. DuDON, Le Gnostique,
presenta una raccolta (opera di Fénelon) di un buon numero di testi che colle-
gano la gnosi ad una tradizione segreta (ad esempio, CLEMENS ALEXANDRINUS,
Stromata, I, l, 18, 1-2; l, 2, 21, 2; VI, 7, 61, 1).
CLEMENTE ALESSANDRINO 405

da contrapporsi alla falsa gnosi degli eretici59 , sia necessaria una


propedeutica dell'anima e dello spirito per avvicinarsi alla verità;
ciò accade predisponendosi all'accoglimento della conoscenza quale
dono di Dio, intesa come un dono impossibile a raggiungersi con il
solo ausilio dell'intelletto. "La gnosi - infatti - non è da tutti" 60;
essa potrà essere gustata solamente da alcuni, quando alacremente
ricercata e desiderata, in seguito ad una progressione di conoscenza
che richiama alla mente non solo la tradizione stoica e neopla-
tonica61, ma anche l'intermediazione di Filone di Alessandria62 e
l'esempio della rivelazione progressiva operata da Gesù nei racconti
evangelici63 . Per rispondere quindi alla domanda che ci si è posti
riguardo al carattere esorcistico o apotropaico del battesimo, sarà
necessario esaminare più da vicino la dottrina sacramentale di Cle-
mente che attende all'iniziazione cristiana:
Quest'opera (il battesimo) è denominata in molti modi: dono, illu-
minazione, perfezione, bagno. Bagno, per mezzo del quale laviamo
i peccati; dono, mediante il quale ci sono condonate le pene dovute
ai peccati; illuminazione, attraverso la quale si vede la luce santa
e salutare, cioè mediante essa vediamo in profondità il divino; e
chiamiamo perfezione ciò che non manca di nulla 64 •
Clemente rigetta l'interpretazione valentiniana del doppio bat-
tesimo, secondo cui il battesimo della Chiesa è perfettamente inu-
tile, oppure imperfetto, efficace solo per la remissione dei peccati,
dovendo essere portato a termine con il perfetto e spirituale bat-
tesimo gnostico65 • "Alla distinzione che gli eretici ponevano tra

59 Cfr. A. MÉHAT, Vraie et (ausse gnose d'après Clément.


60 CLEMENS ALEXANDRINUS, Stromata, 1,1, 2, 2.
61 Sui rapporti di Clemente con la cultura e la filosofia classica, E. BuoNA-

IUTI, Clemente Alessandrino; P. CAMELOT, Clément d'Alexandrie et l'utilisation;


E. F. OsBORN, The Philosophy; M. PoHLENZ, Klemens von Alexandria; P. IMPARA,
Gli Stromateis.
62 B. MoNDIN, Filone e Clemente; E. F. OsBORN, Philo and Clement.
63 Cfr. J. LEBRETON, La théorie de la connaissance religieuse, pp. 474-475 e
485.
64 CLEMENS ALEXANDRINUS, Paedagogus, l, 6, 26, 2: Kor.Àti't'or.t 8è: rtoÀÀor.xJill;

't'Ò ~pyov Toi:i't'o, x:llptcrJLor. xor.t tpW't'tcr!J.or. xor.t 't'éÀe:tav xor.t ÀOU't'p6v· Àou't'pÒv !J.È:V
8t' où 't'OCc; cl!J.<Xp't'(or.c; OC1toppurt't'6!J.t6or., x<Xpta!J.IX 8è: <T> 't'OC t7tt 't'aie; Ot!J.<Xp't'~!J.<Xcrtv
tm't'(!J.t<X ocve:i't'or.t, (j)W't'tcr!J.or. 8è: 8t' où 't'Ò &ywv èxe:ivo rp&c; 't'Ò crw~ptav èrtortn-
Ut't'or.t, 't'OU't'écr't'LV 8t' où 't'Ò 6e:iov òl;uwrtoU!J.EV, 't'éÀe:tov 8è: 't'Ò ocrtpoa8e:éc; tp<X!J.EV.
65 È quanto dimostrato da A. 0RBE, Teologia bautismal de Clemente.
406 CAPITOLO 17

semplici fedeli e gnostici, Clemente, coerente alla centralità del suo


pensiero, risponde che il battesimo costituisce di per sé la perfe-
zione, in quanto è raggiungimento della divinizzazione in Cristo
per la fede che è perfetta in sé stessa" 66 • È importante la defini-
zione del battesimo come bagno e dono: "Bagno, per mezzo del
quale laviamo i peccati; dono, mediante il quale ci sono condo-
nate le pene dovute ai peccati". Di conseguenza, una fondamen-
tale funzione sacramentale del battesimo è il lavacro dei peccati
antecedenti ad esso, ed il condono delle pene che ne conseguono.
Ne deriva che il battesimo è una vera e propria rinascita per il
neofita67 , un'occasione per raggiungere una maggiore vicinanza con
Dio, un cpw·nafJ.OC dello spirito:
Anche noi che veniamo battezzati, una volta che ci siamo sbarazzati
dei peccati che in guisa di nebbia ottenebravano lo Spirito divino,
abbiamo libero, senza impedimento e luminoso l'occhio dello spi-
rito, il solo mediante il quale contempliamo il divino, scorrendo su
di noi lo Spirito Santo dall'alto68 .
La liberazione dal peccato accompagnata dalla discesa dello Spi-
rito Santo69 è quindi funzione primaria del battesimo. Ma questa
liberazione è intesa nel senso di una liberazione da una sorta di
possessione demoniaca, come se i demoni inabitassero nel cuore
del catecumeno? La risposta mi pare essere negativa, se si esamina
l'interpretazione che l'Alessandrino fornisce di un passo dell' Epi-
stola di Barnaba (scritto che egli ritiene come ispiratof0 :
Il modo in cui le attività del diavolo a nostro dire seminino
nell'anima del peccatore anche gli spiriti impurF 1, non richiede altre

66 G. LAZZATI, Introduzione allo studio di Clemente, p. 59.


67 A. HARNACK, Die Terminologie der Wiedergeburt.
68 CLEMENS ALEXANDRINUS, Paedagogus, l, 6, 28, 1: Kod ot ~Otrt't'~~6fL&VOL,

't'Òtç ÈrtL<JXO't'OOaOtç OCfLOtp't'(Otç -.iji 6d<p II V&OfLOtn &xMoç a(x1jV à:rto't'p~\jlocfL&Vo~.


ÈÀeo6epov XIXL à:v&fLrt6a~a't'OV XIXL q~wn~vòv ~fLfLOt 't'OU TtV&OfLOt't'Oç raxofL&V, <Ìl a~
fL6V<p 't'Ò 6e'i'ov ÈrtOrt't'&OOfL&V, oÙpOtv66ev Èrte~apéov-.oç ~fL'i'V 't'OU ocy(ou IJveO-
fLOt't'oç.
69 Cfr. L. F. LADARIA, El Espiritu en Clemente Alejandrino.
7° Cfr. B. M. METZGER, Il Canone del Nuovo Testamento, p. 122.
71 Sarebbe anche corretto tradurre: "Come le attività del diavolo e gli spi-

riti impuri a nostro dire seminino nell'anima, etc.", intendendo il verbo in


senso assoluto. Risulterà presto chiaro perché l'altra traduzione sia a mio
parere preferibile.
CLEMENTE ALESSANDRINO 407

parole da parte mia, adducendo come testimonianza il compagno


degli apostoli Barnaba (che era uno dei settanta e collaboratore di
Paolo), il quale dice testualmente: Prima che noi credessimo in Dio,
l'abitacolo del nostro cuore era corruttibile e debole, davvero un tempio
edificato da mano d'uomo; poiché era pieno d'idolatria ed era dimora
di dèmoni, giacché facevamo quanto è contrario a Dio. Egli dunque
dice che i peccatori compiono le azioni corrispondenti ai demòni;
ma non dice che gli spiriti stessi dimorano nell'anima dell'infedele.
Perciò aggiunge: State attenti, affinché il tempio del Signore sia edifi-
cato sontuosamente. In qual modo? Imparatelo: ricevuta la remissione
dei peccati e sperando nel suo nome, facciamoci nuovi, creati di nuovo
da principio. Infatti non i dèmoni sono scacciati da noi, egli dice,
ma sono rimessi i peccati che similmente a quelli commettevamo
prima di credere72 •

In questo passo, inserito m una sezione degli Slromati la cui


struttura argomentativa è stata definita da André Méhat "a
scacchiera" 73 , Clemente nega che gli spiriti abitino dentro gli uomini,
come gli gnostici insegnavano: è egli stesso a riportare le parole di
Valentino, il quale invece, diversamente da lui, legge sotto un'altra
ottica il medesimo passo dell'Epistola di Barnaba:
Per opera di lui (il Figlio] solo il cuore può diventare puro, quando
dal cuore ogni spirito malvagio è scacciato. Poiché molti spiriti vi
abitano e non permettono che esso sia puro (... ] Il cuore, fino a
che non incontra mn atto di> provvidenza, resta impuro, in quanto

72 CLEMENS ALEXANDRINUS, Stromata, II, 20, 116, 3-4; 117, 1-3: d0m.ùç 8'
~!J.e:i:ç Tou 8LOt(36ì..ou TOCç ~ve:pydOtç xOti TOC 7tVEU!J.OtTOt TOC &xoc60tp-rOt dc; -r~v
TOU OC!J.OtpTwÀou \jlux.~v ~m<mdpe:Lv cpOt!J.ÉV, o\J !J.OL 8e:i: 7tÀe:L6vwv Mywv 7tOtpOt6e:-
!J.ÉV<p !J.OCpTUv TÒv &7tocrTOÀLxÒv BOtpvoc(30tv (& 8È -rwv é(38o~J.1JxovTOt ~v xOti cruv-
e:pyòç TOU fiOtUÀou) XOtTOC Mé;w 6>8é 7t<.ùç ÀÉyovTOt" Opò TOU lJ!J.OCç mcrnucrOtL
Tcjl e:cjl ~V lJ!J.WV TÒ olx7jT-1jpLOV njç XOtp8[0tç cp60tpTÒV XOti &cr6e:vÉç, &ì..7j6Wç ol-
xo80!J.TjTÒç vocòç 8Loc x.e:Lp6ç- ihL ~v 7tÀ'1jp7jc; !J.ÈV d8wì..oÀ<XTpdocç xoci ~v olxoç
80tL!J.6vwv, 8LOC TÒ 7t0LELv iScrOt ~v ~VOtVT[Ot Tcjl 0e:ijl. T ocç ~ve:pydOtç oùv TOCç Toi:ç
80tL!J.OV[oLç XOtTOtÀÀYjÀouç ~mTe:Àe:i:v <pTj!rL TOÙç OC!J.OtpT<.ùÀOUç, oux.i 8È OtUTOC TOC
7tVEU!J.OtTOt ~v -rjj -rou &1tlcr-rou xocToLxe:i:v \jlux.n Mye:L. ~Loc -rou-ro xoci ~mcpÉpe:L·
Opocréx.e:-re:, rvoc ò VOtÒç TOU Kup[ou ~86é;wç olxo80!J.TJ67i· Owç; Moc6e:-re:· ÀOt(36v-
Te:ç T~v &cpe:crLv -rwv OC!J.<Xpnwv xoci ~À7t[crocv-re:ç ~1t! -rò ISvo!J.a: ye:vw!J.e:6a: xa:L-
vo[, 7tOCÀLV ~; &px.ljc; XTL~6!J.EVOL. Ou yocp ot 8a:[!J.OVe:ç lJ!J.WV &7te:ÀCX:UVOVTCX:L, &ì..ì..'
Ott OC!J.a:p-r[a:L, <p7Jcr[v, &cp[e:v-ra:L, &ç Ò!J.o[wç ~xe:[voLç ~7te:Te:ÀOU!J.EV 7tp!v 1ì mcr-re:ucra:L.
La citazione è tratta da Ps. BARNABAS, Epistula, 16, 7-8.
73 A. MÉHAT, Étude sur les "Stromates", p. 264.
408 CAPITOLO 17

abitacolo di molti demoni. Ma quando gli rivolge lo sguardo il Padre


unico buono, è santificato e risplende di luce14 •
Rigettando la dottrina dell'inabitazione dei demoni del peccato
come aberrazione gnostica, l'Alessandrino interpreta quindi figura-
tivamente il passo dello pseudo Barnaba; di conseguenza, per lui "la
remissione dei peccati è solo simbolicamente paragonata all'espul-
sione dei demoni" 75 • Secondo Clemente le passioni sono impronte
(Èv!Xm:pa:[afLIXTIX) impresse dalle potenze spirituali sull'animo umano:
contro di esse occorre lottare 76 , ma esse non sono il frutto di una
possessione diabolica 77 • Invece, egli stesso osserva,
Basilide e seguaci sogliano chiamare le passioni appendici: esse
sarebbero cioè per essenza degli spiriti attaccatisi all'anima razio-
nale per un'iniziale confusa perturbazione78 •
Quest'antropologia delle appendici (7tpoa~Xp-rljfLIXT1X) non era retag-
gio esclusivo dei basilidiani, ma "applicazione alla psicologia della
concezione cosmica accreditata nei primi secoli del cristianesimo
fra le persone colte", come osserva Ernesto Buonaiuti: "L'anima
dell'uomo è scesa dalla sfera suprema, ma percorrendo il cammino
degli astri, ha sorbito qualità impure, che costituiscono nel loro

74 CLEMENS ALEXANDRINUS, Stromala, II, 20, 114, 3-6: !1t' ottrrou fJ.6vou Mvott-

-ro &v ~ xotp8(ot xot6otplÌ y€vécr6ott, 7totv-ròç TCOVY)pou 7tV€UfJ.ot-roç è~<ù6oufJ.évou


njç xotp8(otç. IToÀÀlÌ yàp èvotx.ouv-rot otù't""(i 7tV€UfJ.otTot oùx t~ x.ot6otpeu€tv [...] 'H
xotp8(ot, fJ.ézpt fJ.~ 7tpovo(otç -ruyzocvet, &xoc6otp-roç [oùcrot], TCoÀÀwv oùcrot 8ottfJ.6-
o
vc.>v OLXY)TIJptov- èTCetaàv 8È èmcrxÉij;Yj-rott otÙ~v fJ.OVoç &yot6òç ITot-rljp, ~ylot­
cr-rott xot! q:><ù-r! 8totÀcifL7t€t (traduzione di Giovanni Pini). Un commento di que-
sto passo in C. MARKSCHIES, Valenlinus gnoslicus?, pp. 67-77 (per una critica
della tesi di Markschies secondo cui non sarebbe corretto parlare di un Valen-
tino gnostico, essendo piuttosto i suoi seguaci la causa della popolarizzazione
e gnosticizzazione del suo insegnamento, cfr. M. StMONETTI, Valentinus gnosli-
cus).
75 W. E. G. FLOYD, Clemenl o{ Alexandria's Trealment, p. 71, nota 6.

76 CLEMENS ALEXANDRINUS, Slromala, II, 20, 110, 2. Sugli effetti delle pas-

sioni e dei peccati, cfr. A. MÉHAT, Élude sur les "Siromales", pp. 366-373.
77 Cfr. H. A. KELLY, The Devii al Baplism, pp. 52-56.
78 CLEMENS ALEXANDRINUS, Slromala, II, 20, 112, 1. 01 8' tXfJ.q:>! -ròv Botcrt-
Àel3Yjv 7tpocrotpT~fJ.otTot TtX 7tOC6Yj XotÀetv dciJ6otcrt, 7tVtUfJ.otTOC <Té> Ttvot TotU't"Ot
x.ot-r' oùcrlotv {mocpzetv 7tpocr1lP"YlfJ.évot -r1j Àoytx.jj lj;uzjj xot-roc -rtvot -rocpOtzov xOt!
cruyzucrtv &pztx~v (traduzione di Giovanni Pini). Il passo è approfonditamente
studiato da W. A. LùHR, Basilides und seine Schule, pp. 78-102.
CLEMENTE ALESSANDRINO 409

insieme come un OCV't'Lf.L~f.LOV me:Gf.Lcx, uno spirito contraffatto, che


grava sul nostro essere spirituale e ne debilita le capacità" 79 •
C'è però un passo delle Ecloghe profetiche dal quale sembrerebbe
che Clemente, diversamente da quanto detto finora, creda nella
funzione esorcistica del battesimo:
La rigenerazione si ha per mezzo dell'acqua e dello Spirito (Gv 3, 5)
come anche la nascita intera; infatti lo Spirito di Dio si portava
sull'abisso (Gen 1, 2). Perciò il Salvatore stesso si fece battezzare
senza che lo necessitasse, al fine di santificare l'acqua nella sua
totalità per coloro che vengono rigenerati. In tal modo siamo puri-
ficati non solo nel corpo, ma anche nell'anima. È dunque segno che
pure le nostre realtà invisibili sono santificate il fatto che anche gli
spiriti immondi avviluppati all'anima vengono filtrati dalla genera-
zione nuova e spirituale80 •
Questo testo lo aveva già notato Wilhelm Heitmiiller, e sulla
base di esso aveva decretato che Clemente aderiva all'opinione
popolaresca (volkstiimliche Anschauung) secondo la quale la ceri-
monia battesimale andava accompagnata dalla liberazione dagli
spiriti malvagi 81 • Franz Dolger, di diversa opinione, rispose met-
tendo in dubbio la paternità clementina del passo82 • L'apparente
contrasto è stato però risolto da Carlo Nardi:
Clemente si oppone alla sostanzializzazione delle passioni che per
lui sono qualità, puri accidenti dell'anima, a differenza delle appen-
dici basilidiane che, pur aderendo all'anima razionale, hanno una
sostanza propria. Egli, peraltro, contro le opinioni dei valentiniani,
nega una reale inabitazione del demonio. In questo quadro mentale,
caratterizzato da un illuminismo antidemonistico, che privilegia da
un lato l'efficacia sacramentale del battesimo sulle forze del male e

79 E. BuoNAIUTI, Frammenti gnostici, p. 62. Citando Arnobio, Servio scolia-

ste, Macrobio, il Poimandres e la Pistis Sophia, egli ritrova nella cosmologia e


astronomia antica lo sfondo di tale dottrina. Cfr. A. 0RBE, Los •apéndiceS» de
Basllides.
°
8 CLEMENS ALEXANDRINUS, Eclogae prophelicae, 7: AùT(xoc 8~' \J8ocToc; xod
II ve:ufJ.<XToc; ~ ocvocyÉWIJO'~c;. xoc6cbte:p xoct ~ 1tiiaoc yÉve:a~c;. II ve:UfJ.<X yòcp 0e:ou
È7te:cpÉpno m OC~UO'O't:p. Koct a~,x 't'OU't'O ò O'WTYJP È~IX7t't'lO'IX't'O fJ.~ XP~~W'I IXÙT6c;,
rvoc To'i:'c; &vocye:WWfJ.É'Io~c; 't'Ò 7tii'l \J8wp &y~cXO''(l. TocU't''(l 't'O~ où fJ-6'10'1 't'Ò O'WfJ.IX,
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&1tò -rijc; ye:vÉae:wc; -rijc; xoc~v-ljc; n xoct 7t'le:UfJ.<XT~x1jc;.
81 W. HEITMùLLER, /m Namen Jesu, p. 291.

82 F. J. DòLGER, Der Exorzismus, p. 7.


410 CAPITOLO 17

dall'altra il libero arbitrio dell'uomo in lotta contro l'inganno delle


passioni viziose, l'espressione spiriti impuri va intesa nel senso di
passioni, che toccano qualitativamente l'anima83 .
L'idea è chiarita dallo stesso Clemente in un altro passo, ove la
sinonimia di spiriti e passioni è esplicitata:
Spiriti: le passioni presenti nell'anima sono dette spiriti, non per-
ché sostanze, - altrimenti l'uomo in preda alle passioni sarebbe una
legione di demoni -, ma in quanto seducono. Si dice che una stessa
anima ha assunto spiriti, perché riceve diverse qualità di vizio a
seconda dei diversi mutamenti84 •

Gli spiriti, dunque, non sono sostanze che risiedono nell'anima:


diversamente, l'uomo sarebbe una legione di demoni, cioè un pos-
seduto, come l'indemoniato di Gerasa della narrazione evangelica
cui Clemente si richiama. Se quindi gli spiriti sono passioni, qua-
lità dell'anima prive di sussistenza propria, il battesimo non sarà
un esorcismo, ma una liberazione dalle macchie del peccato e delle
passioni. In tal modo si giustifica meglio l'affermazione che "gli
spiriti immondi avviluppati all'anima vengono filtrati dalla genera-
zione nuova e spirituale". L'immagine della filtrazione (8mÀ~afL6<;)
potrebbe essere tratta dal linguaggio alchemico: Gesù ne parla a
proposito dei farisei che "filtravano il moscerino", ed anche Ire-
neo se ne serve per indicare la purificazione dell'anima85 • Clemente
se ne è già servito nel Pedagogo trattando della liberazione e del
pentimento dal peccato: "Passati attraverso il filtro (8mÀ~~6fLe:vm)
del battesimo, corriamo verso la luce eterna, fanciulli verso il
Padre" 86 •
Clemente, in definitiva, rigetta ogni spiegazione del peccato
che faccia appello ad una presenza o ad un reale attaccamento
dei demoni nei riguardi dell'uomo. Ciò mi pare un naturale por-
tato della volontà dell'autore di assicurare un posto privilegiato

83 C. NARDI, Il battesimo in Clemente, p. 75.


84 CLEMENS ALEXANDRINUS, Eclogae prophelicae, 46: IJve:O!J.OC't'OC' ÀÉye:TOCt 't'OC
mx61) Tdt ~v Tjj ljJu:;c1j oùx ~~ oùcr[ocç 7tVEO!J.OCTOC, ~1td ~crToct ~!L7toc6~c; &v6pw7toç
Àe:ye:<iw 8oct!L6vwv, ocÀÀoc xocTdt ~v 7tpoTpo7t~v. 'H ydtp ocùTI) ljJu:;c~ xocTdt !J.ETOC-
~oÀdtc; &ÀÀocc; xoc! &noce; 7tot6Tl)Tocç xocx[occ; &:voc8e::;co!J.éVl) 7tVEO!J.OCTOC Mye:Toct
ocve:tÀ'Ijq>évoct. Traduzione di Carlo Nardi.
85 Mt 23, 24; IRENAEUS LUGDUNENSIS, Aduersus haereses, l, 14, 8.
86 CLEMENS ALEXANDRINUS, Paedagogus, l, 6, 32, l. Su tutto, C. NARDI, Il
battesimo in Clemente, pp. 74-79.
CLEMENTE ALESSANDRINO 411

alla libertà come principio di azione umana. Nella critica al deter-


minismo gnostico di Basilide, osserva Winrich A. Lohr, Clemente
"presenta i seguaci di Basilide come se essi, a motivo della loro
dottrina delle appendici dell'anima, negassero implicitamente la
libertà decisionale" 87 • E come Clemente stesso insegna, "ciascuno è
responsabile della propria condotta. L'atto morale si identifica con
l'atto libero, di modo che non possiamo essere giudicati se non di
quanto abbiamo compiuto liberamente" 88 : il principio della libertà
del volere è ribadito in polemica contro il fatalismo stoico e il natu-
ralismo determinista di certi gnostici89 •
Non è soggetto a giudizio l'atto involontario, che può avvenire in
due modi, o per ignoranza o per necessità 90 •
Esiste però la possibilità di peccare quando coscientemente si
sceglie di compiere il male, quando l'uomo si dirige verso di esso
in seguito ad una scelta volontaria. Poiché "l'uomo non viene al
mondo virtuoso per natura" 91 , occorre quindi sforzarsi di acquisire
la virtù con l'esercizio: infatti "la virtù non dipende da alcun altro
se non da noi, e più di ogni cosa" 92 • Questo è il motivo per cui non
si può pretendere che le cadute morali siano causate semplicemente
dai demoni. Clemente non vuole negare la realtà della tentazione
diabolica, ma vuole affermare che l'uomo è dotato del libero arbi-
trio per resistervi o soccombervi:
Pertanto non si dica che colui che agisce ingiustamente e pecca
cade in fallo per influenza dei dèmoni, perchè se così fosse, sarebbe
innocente; ma scegliendo nel peccare le stesse cose dei demòni,
instabile, leggero, volubile nei desideri, come un demone, l'uomo
diviene demoniaco (~<XLfLOVLx6ç). Ora, il malvagio per natura, por-
tato al peccare per malvagità, è cattivo avendo ciò che ha scelto

87 W. A. LOHR, Basilides und seine Schule, p. 100.


88 G. BARDY, Clémenl d'Alexandrie, pp. 82-83.
89 Cfr. le referenze raccolte da G. PINI, Gli Stromali, p. 63, nota 16. Anche:
T. CAMELOT, Foi el gnose, pp. 31-50; W. VOLKER, Der wahre Gnostiker, pp. 115-
126; A. BRONTESJ, La soteria in Clemente, 508-512. Sul predestinazionismo
valentiniano, S. PÉTREMENT, Le Dieu séparé, pp. 259-301.
90 CLEMENS ALEXANDRINUS, Slromata, II, 14, 60, l. Traduzione di Giovanni Pini.
91 CLEMENS ALEXANDRINUS, Stromala, II, 3, 19, 3. Traduzione di Giovanni Pini.
92 CLEMENS ALEXANDRINUS, Stromata, IV, 20, 124, 2. Traduzione di Giovanni Pini.
412 CAPITOLO 17

per sua volontà; portato al peccare, pecca anche nelle azioni. Al


contrario, il buono opera rettamente93 •
Mi pare quindi che 8oc~fLOV~x6ç, termine che non appare altrove
in Clemente, vada inteso non tanto nel senso di posseduto dai
demoni 94, bensì nel senso di simile ai demoni, o ispirato dai demoni.
Ciò conferma l'idea che, conseguentemente alla sua caduta, l'uomo
sia continuamente soggetto alla tentazione degli spiriti del male,
nella misura in cui la loro azione è limitata dalla volontà permis-
siva di Dio. Sebbene questa azione sia ostacolata dalla presenza
degli angeli, che sono stati "distribuiti secondo i popoli e le città,
e forse anche a taluni singoli ne sono stati deputati alcuni" 9S, essa
rimane efficace, purché non divenga lesiva della libertà dell'uomo 96 •
Se la loro influenza sull'uomo non va esagerata, lo stesso vale per
il resto del creato: diversamente da altri, Clemente non ritiene che
i fenomeni naturali quali le tempeste, le pestilenze, le grandinate e
le perturbazioni degli elementi siano causati dai demoni 97 .
Clemente, dunque, tende ad opporsi contro la dottrina di coloro
che riversano sui demoni e sulla loro possibilità di dimorare o di
attaccarsi gli uomini la causa del peccato; conseguentemente, se
l'uomo è pienamente libero di rinunciare in qualsiasi momento
alla tentazione demoniaca, quando lo desideri veramente, ogni
intervento sul catecumeno volto ad allontanare un demone che,
a motivo del peccato, lo possederebbe eticamente, sarebbe super-
fluo. L'Alessandrino è particolarmente interessato a sostenere que-
sta convinzione, per non correre il rischio di offuscare la realtà del
libero arbitrio umano. Ciò non mi pare che possa essere interpretato
come prova di un "tentativo di demitologizzazione della credenza
in Satana come un demone personale" 98 , ma è piuttosto una lettura
volta a salvaguardare la libertà dell'uomo e la sua capacità a rea-
gire alle pulsioni malvagie. Clemente infatti crede nella personale

93 CLEMENS ALEXANDRINUS, Stromata, VI, 12, 98, 1-2.


94 Cosi, ad esempio, intende Giovanni Pini.
95 CLEMENS ALEXANDRINUS, Stromata, VI, 17, 157, 5. Traduzione di Giovanni Pini.
96 Sulla demonologia di Clemente, F. ANDRES, Engel- und Diimonenlehre;
W. E. G. FLOYD, Clement of Alexandria's Trealment, specie pp. 61-73. Una rac-
colta di testi in A. MoNACI, Il diavolo e i suoi angeli, pp. 245-258.
97 CLEMENS ALEXANDRINUS, Stromata, VI, 30, l.
98 W. E. G. FLOYD, Clement of Alexandria's Treatment, p. 72.
CLEMENTE ALESSANDRINO 413

esistenza dei demoni i quali, oltre a possedere emozioni99 , giocano


un ruolo importante nell'opera dei maghi e degli indovini:
I maghi poi si vantano di avere dei dèmoni come servitori della
loro stessa empietà, ascritti come propri servi, avendoli avvinti e
resi schiavi per mezzo di incantesimi'00 .
Essi possono altresì intervenire, anche pesantemente, sulle per-
sone che li evocano:
Alcuni <indovini> sono tutti predatori e ladri (Gv 10, 8) come dice la
Scrittura, avendo predetto la maggioranza delle cose in base all'os-
servazione e alle probabilità, come i medici e gli indovini che pra-
ticano la fisiognomica; gli altri sono mossi dai dèmoni o agitati da
acque, aromi o atmosfera di un certo tipo 101 .
Al di là di ciò, per quanto riguarda il rapporto tra battesimo,
peccato e demonologia, quanto si è esaminato finora escluderebbe
ragionevolmente la possibilità di immaginare che Clemente potesse
ritenere necessaria l'esistenza di un rito battesimale esorcistico,
con lo scopo di liberare l'anima di colui che è ossesso dal peccato,
quindi dal demonio, per fare spazio alla grazia divina 102 .
Tale deduzione ha valore se si ammette che alla base dell'evo-
luzione del rito di esorcismo battesimale ci sia una concezione
possessivo-demonologica del peccato, la qual cosa non è certa, ma
"rimane la più verosimile", come osserva Henry A. Kelly 103 ; per
Clemente, la rinuncia al peccato è evidentemente sentita come suf-
ficiente per coronare il catecumenato ed avvicinarsi al battesimo,
sul carattere purificatorio del quale l'autore insiste più volte. Non
è quindi improbabile che i riti prebattesimali contemplassero una
esplicita rinuncia a Satana pronunciata dal catecumeno; ma questa
rinuncia, come risultato di una scelta frutto della propria volontà,
è sufficiente a stornare gli effetti dannosi della tentazione diabo-
lica. Evidentemente manca in Clemente l'idea che il peccato sia
causato principalmente dalla presenza degli spiriti malvagi, pre-
senza che un esorcismo avrebbe lo scopo di allontanare: la sua teo-

99 CLEMENS ALEXANDRINUS, Stromata, Il, 8, 40, 1.


100 CLEMENS ALEXANDRINUS, Protrepticus, 4, 58, 3.
101 CLEMENS ALEXANDRINUS, Stromata, l, 21, 135, 2.
102 È quanto già mostrava di ritenere F. J. DùLGER, Der Exorzismus, p. 7:
"Clemente rifiuta l'interpretazione del battesimo come esorcismo".
103 H. A. KELLY, The Devii al Baplism, p. 55.
414 CAPITOLO 17

logia si oppone pubblicamente alla credenza che soggiace a tale


pratica. Nella battaglia dell'uomo contro il peccato, quando que-
sti soccombe, riceve un marchio demoniaco sulla propria anima:
oltre a ciò, null'altro può e deve essere scacciato. Mi sentirei quindi
di escludere con una certa sicurezza che Clemente approvasse la
pratica di esorcismi battesimali, dei quali non avrebbe forse giu-
stificato lo scopo. Rimane però l'interrogativo se essi fossero in
uso nella Chiesa alessandrina, oltre che nei circoli gnostici ai quali
Clemente si oppone. Victor Saxer ritiene che "le differenze tra lo
gnosticismo e la grande Chiesa fossero minime sul piano dei riti,
ma considerevoli su quello del loro significato"; avanzando l'ipotesi
che la Chiesa di Clemente condividesse con gli gnostici o avesse da
essi tratto e mutato di prospettiva qualche rituale battesimale, egli
in definitiva lascia aperto questo interrogativo 104 • Quanto Clemente
ha consegnato alla storia non permette di rispondere in maniera
definitiva. Si potrebbe accettare l'interpretazione del Dolger:
L'esorcismo battesimale non poteva costituire un uso diffuso nella
Chiesa greca intorno all'anno 200, altrimenti Clemente di Alessan-
dria non avrebbe potuto esprimersi sugli effetti del battesimo in
quei termini che usò nella sua polemica contro lo gnostico Valen-
tino, come in realtà ha fatto; se ne dovrebbe desumere che egli
coscientemente volesse porsi in opposizione ad una pratica eccle-
siastica 105 •
Questa spiegazione può essere intesa come una vera e propria
dimostrazione, se pensiamo che Clemente rappresenti e condivida
perfettamente l'uso liturgico della Chiesa di Alessandria, e soprat-
tutto se riteniamo che quest'ultimo fosse unico e universalmente
condiviso nel cristianesimo alessandrino non gnostico. Ma in realtà
non è escluso che anche al di fuori dei circoli gnostici fosse diffusa
un'interpretazione esorcistica del battesimo: non è sempre detto
che usi liturgici attestati per la prima volta in ambito gnostico
(stante la documentazione sopravvissuta) debbano necessariamente
costituire delle novità rispetto ad una tradizione ortodossa prece-
dente, nella quale in certi casi saranno poi recepiti e reinterpre-
tati. L'ambiente alessandrino si dimostra molto variegato, ed è in
esso testimoniata la diffusione e la conoscenza di scritti portatori

104 V. SAXER, Les rites de l'inilialion, pp. 96-99. Citazione tratta da p. 99.
105 F. J. DOLGER, Der Exorzismus, p. 10.
CLEMENTE ALESSANDRINO 415

di una demonologia che poteva supportare una lettura esorcistica


dell'iniziazione cristiana (penso principalmente all'Epistola di Bar-
naba e al Pastore di Erma). Valentino e Clemente, come si è visto,
interpretano in maniera antitetica lo stesso passo di Barnaba: per
l'uno l'uomo prima del battesimo è schiavo del peccato, al punto
che il suo cuore è realmente posseduto dai demoni; per l'altro, il
peccato è esclusivamente di natura spirituale, e la presenza dei
demoni di cui parlava Barnaba va intesa in senso figurato. Siamo
di fronte ad un'interpretazione assolutamente realista e ad un'altra
assolutamente allegorica dello stesso passo; ciò conferma che il pro-
blema si poneva, e si prestava a differenti soluzioni. Si può esclu-
dere del tutto che nella grande Chiesa la spiegazione demonologica
del peccato avesse dei propri sostenitori, magari più moderati?
È certo che fosse assente dal sacramento del battesimo qualsiasi
motivo esorcistico o antidemonico? Non è possibile che gli gno-
stici in questo caso mantenessero e portassero a livelli estremi una
veneranda tradizione? La personalità di Clemente non impedisce
di pensare che egli avrebbe anche potuto opporsi personalmente
ad un costume praticato nella sua Chiesa, proponendo una propria
interpretazione meno legata al tema demonologico e a suo modo
di vedere più rispettoso del libero arbitrio umano. Trattasi in ogni
caso di supposizioni, che non possono trovare conferma nei testi
finora pervenuti.
CAPITOLO 18
ORI GENE

l. Tecniche di esorcismo

La fecondità di questo autore 1 (nato in Egitto tra il 183 ed il


187, probabilmente ad Alessandria, e morto a Tiro nel 253-255,
forse in conseguenza delle torture subite a Cesarea durante la per-
secuzione di Decio2) fu straordinaria, e superò quella di tutti gli
scrittori dell'antichità cristiana. Secondo Girolamo l'elenco dei suoi
scritti, purtroppo perduto, contava più di 1000 opere; di queste,
solo una piccola parte è conservata, e solo parzialmente in greco,
mentre il resto permane in traduzioni latine di diversi autori e dise-
guale valore3 • L'opera origeniana che contiene il maggior numero
di riferimenti alla pratica esorcistica è il Contra Celsum. Trattasi di
una replica ad uno scritto contro i cristiani opera del pagano Celso,

1 La bibliografia su Origene è estesissima, ed è raccolta tematicamente da

H. CROUZEL, Bibliographie critique d'Origène, ed a partire dal 1995 dalla rivista


Adamantius. Alcune monografie fondamentali: G. BARDY, Origène; J. DANIÉLOU,
Origene; H. CRoUZEL, Origene; H. DE LUBAC, Storia e spirito; J. W. TRIGG, Ori-
gen; A. MoNACI, Origene predicatore; C. REEMTS, Origenes. Due utilissimi dizio-
nari origeniani: Origene. Dizionario, ed. A. MoNACI, e The Westminster Hand-
book lo Origen, ed. J. A. McGucKIN.
2 Le fonti biografiche su Origene sono principalmente il VI libro della Histo-
ria ecclesiastica di Eusebio, il Discorso di ringraziamento di un suo allievo, l' Epi-
stola a Gregorio del medesimo Origene, l'Apologia di Origene di Panfilo e la
Bibliotheca di Fozio di Costantinopoli (117 e 118). Pierre Nautin ha proposto
una cronologia di Origene più svincolata dalle notizie di Eusebio (cfr. il suo
Origène), sebbene la sua ricostruzione non sia stata universalmente accettata.
Si veda la sintesi di E. NoRELLI, Origene (vita e opere) e La biografia di Origene,
ed. A. MoNACI.
3 Trattasi principalmente di opere esegetiche, pervenute sotto forma di sco-
Iii, omelie e commentari. Dell'epistolario sono sopravvissute solo due lettere
(a Gregorio il Taumaturgo ed a Giulio Africano), mentre un papiro di Djebel
Tura, scoperto nel 1941 presso il Cairo, ha portato alla luce il Dialogus cum
Heraclide, una sorta di processo verbale svoltosi tra il 244 ed il 249 per giudi-
care l'ortodossia di un vescovo, e due discorsi sulla Pasqua. Di altre opere pos-
sediamo alcuni frammenti. Per un giudizio sulle traduzioni latine delle opere
origeniane, A. MoNACI, Origene predicatore, pp. 29-43.
418 CAPITOLO 18

r'AÀ'Y)6~c; Myoc;, preparata da Origene nel 248 o nel 249 a Cesa-


rea, su sollecitazione del suo mecenate Ambrogio 4 • Origene è già in
età matura, ed ha vissuto numerose esperienze; fin dall'epoca della
persecuzione di Settimio Severo, intorno al 202, aveva sostituito
il padre Leonida nell'istruzione dei catecumeni; aveva già affron-
tato numerosi viaggi, tra i quali quello compiuto a Roma sotto il
pontificato di Zefirino; sacerdote dal 232, si era ormai stabilito a
Cesarea di Palestina, ove dirigeva una scuola sul modello di quella
di Alessandria. Nel Contro Celso, insomma, Origene può far con-
fluire tutta la propria ricchissima esperienza di esegeta e di teo-
logo. L'impianto dello scritto non è simile a quello di un trattato
teologico o di una apologia nel senso tradizionale del termine, ma
trattasi di uno scritto che si avvicina maggiormente al carattere
dei commentari, dove alla menzione della pericope del testo sacro
segue l'esegesi dell'autore; qui siamo di fronte ad un commenta-
rio particolare, dove il testo di Celso preso in esame viene prima
riprodotto e poi sottoposto ad una critica feroce. L'antecedente di
questa letteratura non va ricercato nel mondo cristiano o giudaico,
ma in quello pagano5 • L'opera costituisce una svolta nell'ambito
della letteratura apologetica: essa è rivolta non solo ad un pubblico
pagano, ma anche ai cristiani che "potrebbero essere scossi e scon-
volti dallo scritto di Celso", il quale in verità - a suo parere - non
meriterebbe nemmeno l'onore di una replica6 • Se si considera l'oc-
correnza dei riferimenti all'esorcismo in tutta l'opera di Origene, ci
si rende conto che essi si trovano in misura predominante in que-
sto scritto; evidentemente, la motivazione va ricercata nel carat-
tere particolare dell'opera, il dipanarsi della cui argomentazione è
strettamente legato al contenuto dello scritto di Celso che Origene
si prefigge di confutare. Come già visto, più volte Celso tenta di
squalificare e delegittimare le origini del giudaismo e del cristiane-
simo, toccando spesso l'argomento del soprannaturale, allo scopo

4 Sul Contra Celsum, cfr. le brevi notizie di G. DoRIVAL, Celso (contro). Si


vedano anche K. PICHLER, Streit um das Christentum; l'introduzione all'ottima
versione italiana di P. RESSA, Origene. Contro Celso; J. DANIÉLOU, Origene,
pp. 131-162, e i contributi raccolti in Discorsi di verità, ed. L. PERRONE.
5 Due opere di Galeno (Contro le affermazioni opposte da Giuliano agli afo-
rismi di Ippocrate e Contro Lico) e una di Plutarco (Contro Colate) risultano
imparentate sul piano formale con il Contro Celso; cfr. G. DoRIVAL, La forme
littéraire du Contre Ce/se.
6 Praefatio, 4. Traduzione di Pietro Ressa.
ORIGENE 419

di dimostrare il carattere stregonesco ed ingannevole dei miracoli


compiuti da Gesù, dai suoi discepoli e dai suoi seguaci. Proprio
dall'argomentare di Celso, Origene viene spinto ad approfondire
alcuni terni che spaziano dalla potenza dei nomi alla demonologia.
Il filosofo pagano paragona i miracoli raccontati nei Vangeli alle
arti di coloro che, dopo averle apprese dagli egiziani, compiono
azioni mirabili e, tra le altre cose, "scacciano dèmoni dagli uomini"
(I, 68); questo naturalmente vale anche per le meraviglie compiute
dai cristiani del tempo, mediante l'uso di arti illusorie o demonia-
che. Nel contesto della polemica sull'uso della magia, ad un certo
punto Celso accusa i cristiani di sfruttare a proprio vantaggio i ser-
vigi dei demoni:
In seguito, spinto non so da che, Celso dice che i cristiani sembrano
ottener forza dai nomi e dalle invocazioni di alcuni dèmoni, alludendo,
come credo, all'attività di coloro che pronunciano incantesimi e
scacciano i dèmoni. Risulta chiaramente che egli calunnia il Verbo.
Non è infatti attraverso invocazioni che sembrano aver forza, ma
per mezzo del nome di Gesù, assieme all'esposizione di racconti che
lo riguardano. Infatti la pronunzia di questi fatti spesso ha fatto
sì che i dèmoni si allontanassero dagli uomini, soprattutto quando
coloro che li espongono li recitano con sana disposizione e fede sin-
cera7.

Come ho già osservato a suo luogo, il nudo testo di Celso non


fa alcun riferimento all'esorcismo, ed è Origene a ricollegarlo alla
pratica specifica di coloro che scacciano i demoni. Forse Origene ha
tralasciato di citare qualche parte più esplicita, presente nell'opera
che sta confutando? In ogni caso, anche se Origene medesimo non
sembra inequivocabilrnente sicuro di quanto va affermando (credo,
ritengo, egli dice), qui ci interessa la sua descrizione dell'esorcismo
cristiano. Secondo Celso i cristiani sembrano (Òox.éw) possedere una
potenza (lcrzus:Lv) dovuta all'uso di certi nomi di demoni ed alle
invocazioni (x.oc-rocx.À"Y)crLc;, sinonimo di bttx.À"Y)crLc;). Origene pensa

7 0RIGENES, Contra Celsum, I, 6: Me:-rÒt T<XUT<X oòx olll<X 1t66e:v XLV01JfLEVoç


ò KéÀcroç !Jl1)<1L 8<XL(.L6vwv -rLvwv òv6(.L<X<1L x<XL x<X-r<Xx.À-Ijcre:crL 8oxe:'i:'v tcrx_ue:w XpL-
cr-rL<Xvouç, wç OL(.L<XL <XLVL<1<16(.Lt::Voç -rÒt 7t€pL 't"WV X<XTE7tq:86v-rwv -roùç 8<X((.LOV<Xç
x<XL E:é;e:À<Xuv6v-rwv. "Eotx.e: 8t <1<X!pwç cruxo<p<Xvn'i:'v -ròv A6yov. Oò yÒtp x<XT<X-
xÀ-Ijcre:atv tcrx_ue:w 8oxoucrLv tXÀÀÒt -rij:J òv6(.L<XTL 'I 1)<10U (.LETÒt -rijç tX7t<Xyye:À(<Xç -rwv
7te:pt <XÙ-ròv tcr-roptwv. T<Xu-r<X ydtp Àe:y6(.Le:v<X 7toÀÀcXx.Lç -roùç 8<Xt(.LOV<Xç 7te:7tot1)xe:v
&.v6pw7tWV zwptcr6ljv<XL, X<XL (.LcXÀLcr6' 8-r<XV o[ ÀÉyovnç tX7tÒ 8t<X6écre:wç uywuç
X<XL 7te:mcr-re:ux.u(<Xç yvl)crtwç <XÒ-rÒt ÀÉywcrL.
420 CAPITOLO 18

all'attività di coloro che pronunciano incantesimi (xocn1t~8w) e


scacciano (è!;e:Àocuvw) i dèmoni 8 • Si è pensato che con queste parole
Origene si stia riferendo alla attività degli esorcisti non cristiani, a
causa dell'uso del termine xocn1t~8w; tuttavia, egli stesso si serve di
questa terminologia altrove, riferendola esplicitamente ai cristiani:
essa non va quindi automaticamente intesa come allusione ad una
pratica pagana9 • Il disaccordo con Celso risiede nella sostanza:
evidentemente, egli non accetta che il filosofo pagano accomuni i
maghi incantatori agli esorcisti cristiani. Si tratta quindi di difen-
dersi dall'accusa di magia, che Origene respinge con sdegno.

a. Il nome di Dio e quello di Gesù


Nel caso dell'esorcismo dei cristiani non si contempla alcun
incantesimo (nel senso magico-pagano del termine) o invocazione
di demoni, ma l'utilizzo della potenza del nome di Gesù 10, la cui
importanza è più volte ripetuta:
Anche il nostro Gesù è connesso alla medesima filosofia dei nomi; il
suo nome è stato già chiaramente visto scacciare miriadi di dèmoni
dalle anime e dai corpi, ed agire su coloro dai quali sono stati cac-
ciati11.

La forza del nome di Gesù è legata al valore della sua persona,


che racchiude in sé un potere su tutte le potenze invisibili, secondo
il volere del Padre:
Lo stesso Creatore dell'universo, per mezzo della potenza persua-
siva che risiede nel suo prodigioso parlare, Io costituì degno di
onore non soltanto per coloro che desiderano esser saggi, ma anche
per i dèmoni e le altre potenze invisibili. Costoro fino ad ora dimo-
strano o di temere il nome di Gesù, in quanto essere più potente,
o di accettarlo con venerazione come colui che comanda secondo le
leggi. Infatti se la sua realtà non gli fosse stata concessa per volontà

8 Origene usa il verbo Èçe:Àocuvw (Contra Celsum, l, 6; I, 22; I, 25) ma anche

oc7t&Àocuvw (V, 45; VII, 67; VIII, 43).


9 Egli si serve della forma XOC't'&7t~8w (Contra Celsum, I, 6; IV, 33) ed

Èç&7t~8w (1, 46).


10 Su questo, R. ScoGNAMIGLIO, Giosuè nell'esegesi dei Padri.

11 ORIGENES, Contra Celsum, l, 25: Tijç 8' ÒtLo(ocç ~X&'t'OC~ 7t&pt 6vo!LCÌ't'wv
cp~ÀOO'O(jlLIXç xoct ò 1JtLt't'&poç 'I YjO'OUç, oi'i 't'Ò ISvotLOC tLUp(ouç l]8Yj Èvocpy&ç ewpoc-
't'oc~ 8oc(!Lovocç Èçe:MGocv ljJux&v xoct O'W!LIÌ't'wv, Ève:pyijGocv dç Èxe:(vouç &.cp' i:)v
OC7tYjÀIÌ0'6YjO'OCV.
ORIGENE 421

divina, i dèmoni non si allontanerebbero al solo annuncio del suo


nome, retrocedendo da coloro contro i quali stanno combattendo 12 .
Origene sembra riprodurre anche la formula precisa con il quale
il nomen J esu è chiamato a guarire le infermità e le possessioni
demoniache:
<Celsm non ha notato in che modo il nel nome di Gesù invocato da
chi crede con sincerità abbia sanato non pochi da malattie, osses-
sioni e altre difficoltà 13 •
Da questo passo si ricaverebbe chiaramente che l'esorcismo cristiano
comporta la pronuncia di un'invocazione È:v òv6fJ.<X'"t"t '"t"OU 'I lJO"OU.
Ciò avviene anche per la guarigione delle malattie:
II nome di Gesù scaccia i deliri della mente degli uominP\ i dèmoni
ed anche le malattie, e infonde una straordinaria dolcezza, compo-
stezza di carattere, amore per gli uomini, bontà e mitezza 15 •
Si fa dunque ricorso all'invocazione del nome di Dio, assieme a
quello di Gesù, e anche per le guarigioni:
Il demone (... ] preferisce tollerare le sofferenze inflitte dagli esorcisti
e ciò che deve subire a causa dall'invocazione del nome di Dio 16 •

12 0RIGENES, Contra Celsum, III, 36: A\rròç o


Twv 5ì..wv 8'1)tJ.Loupyòç &.xoÀoÙ-
6wç Tj) Èv T{jl ÀÉye:LV TEpiXCJTLWç 7tELO'TLXj) 8uVOCf.LEL O'UVtO'T'Y)CJEV IXÙTÒV wç TLf.LlJc;
&çtov où To'i'ç di <p pove:'i'v È6&ì..ouaL f.L6vov &.v6p6motç OCÀÀOC XIX L 31XLf.LOO'L XIX L &ì..-
ÀIXLç ocopOCTOLç 8UVOCf.LEO'LV' IXtTLVEç tJ.éXpL TOÙ 8e:ùpo Èf.J.<piXtVOIJO'LV ~"COL <pO~OÙtJ.E­
VIXL TÒ iSVOf.LIX TOÙ 'I 'Y)O'OÙ wç xpe:lnovoç iì O'E:~IX<rf.LLWç OC7to8e:x6f.LE:VIXL wç XIXTOC
v6f.Louç IXÙTwv &pxovToç. Et yocp !L~ 6e:66e:v Yjv IXÙT{jl 8o6e:'i'<riX <rÙ<rTIX<rLç, oùx &v
xiXt 81Xtf.Love:ç T<jl òv6f.LIXTL IXÙTou OC7t1Xyye:ì..Àof.Ltvcp f.L6vov e:rxone:ç &.ve:xwpouv
OC7tÒ Twv {m' IXÙTwv 7taÀE:f.LOUf.Lévwv.
13 0RIGENES, Contra Celsum, VIII, 58: Où yocp ~wp1Xxe:, TtviX Tp67tov TÒ Èv
òv6f.LIXTL TOU 'I 'Y)O'OU 1~mò TWV yv'Y)alwç maTe:u6nwv XIXÀOÙf.Le:vov oùx òì..lyouç
OC7tÒ v6awv XIXL 81XLf.J.OVLO'f.LWV XIXL &Mwv 7te:pL<rTocae:wv tocaiXTO.
14Credo che delirio in questo caso sia la traduzione più appropriata per
~CJTIXO'Lç;la parola è comunque "fonte abbastanza frequente di confusione"
(E. R. Dooos, Pagani e cristiani, p. 70), potendo indicare lo stupore, la follia,
la possessione divina o diabolica, l'estasi mistica.
l5 0RIGENES, Contra Celsum, l, 67: Tò 5vof.LIX TOU 'I'Y)aau ÈxaToccre:Lç f.J.Èv 8tiX-
vatiXç &.v6pw7twv oc<pt<rT'Y)aL XIX L 81Xtf.J.OVIXç ~3'1) 3È xiX t v6<rouç, Èf.L7tOLe:'i' 8È 61Xuf.LIX-
a[IXv nvoc 7tpqt6T'Y)TIX xiXt XIXTIX<JTaÀ~v Taù ~6ouç xiXl <pLÀIXv6pw7ttiXv xiXl XP'Y)crT6-
T'Y)TIX XIXL ~f.Le:p6T'Y)TIX. Traduzione di Pietro Ressa leggermente riadattata.
16 0RIGENES, Homiliae in lesu nave, 24, 1: "Daemon [... ] tolerabilius ferens
exorcistarum poenas et adhibita sibi ex Dei nominis invocatione".
422 CAPITOLO 18

Alcuni, nel compiere guarigioni [... ] non invocano altro che il Dio al
di sopra di tutto e il nome di Gesù 17 .
Nel riferire riguardo alla filosofia dei nomi, Origene fornirà
esempi di espressioni in lingua ebraica che probabilmente facevano
parte del rituale esorcistico cristiano, come si vedrà più avanti.

b. La preghiera
Si è detto che l'esorcismo avviene "grazie alle preghiere ed agli
insegnamenti tratti dalle Sacre Scritture" 18 : è quindi necessaria
anche la preghiera (e:ùx~) 19 • Nel suo trattato De oratione (un trat-
tato dedicato nel 234-235 al tema della preghiera, con un com-
mento del Pater noster) Origene chiarisce che nelle Scritture il ter-
mine e:ùx~ riveste un doppio significato, uno generico e uno che si
avvicina maggiormente al concetto di volo:
È necessario far osservare che qui il nome preghiera (e:ùx~)
- che spesso ha un significato diverso da quello d'invocazione
(7tpocre:ux~) - è riferito a qualcuno che promette con voto di fare la
tale o tal altra cosa, qualora ottenga da Dio un beneficio. Questo
stesso nome peraltro è usato nel senso ordinario20 •
Nel caso dell'esorcismo, mi pare che eùx~ vada interpretato nel
senso generico di preghiera21 •

c. La Sacra Scrittura
L'invocazione del nome di Gesù e la preghiera, associata a sem-
plici scongiuri (Origene usa il termine raro 6pxwmc;) 22 non sono
l'unico elemento caratteristico della pratica esorcistica ricordata da
Origene:

17 ORIGENES, Contra Celsum, III, 24: Twtç [•••] Èv o!ç 6e:pome:uouow, où8tv
rxMO XOCÀOUV't"Eç [...] ~ TÒV È7tt 1tOCCJL 0e:òv x.oct TÒ TOU 'l 1)0"0U <SvofLOC.
18 ORtGENES, Contra Celsum, VII, 67: [ ... ] e:ùxocf:ç xoct -rof:ç oc1tÒ -rwv te:pwv

ypOCfLfL<XTwv fLOC6-IjfLoccrt v.
19 Anche in 0RtGENES, Contra Celsum, VII, 4, dove si afferma che l'esorcismo

avviene con la fL6V1J e:ùxjj.


20 0RtGENES, De oralione, 3, 2. Traduzione di Giuseppe Del Ton.

21 Sul tema della preghiera in Origene, L. PERRONE, Preghiera (con bibliogra-


fia); W. GESSEL, Die Theologie des Gebetes, ed i contributi raccolti in Il dono e
la sua ombra, ed. F. CoccHtNI. Nel Contro Celso, L. PERRONE, Prayer in Origen's
Contra Celsum.
22 ORIGENES, Contra Celsum, VII, 4: [...] Òpx<ilcre:crtv dmÀoucr-rtpoctç.
ORIGENE 423

I cristiani hanno successo senza servirsi di alcuna pratica di incan-


tesimi, ma con il nome di Gesù, assieme ad altre parole in cui si
ripone fede secondo la Scrittura divina2.1.
Di che parole si tratti, qui non è dato di saperlo. Altrove, Ori-
gene afferma che ciò avviene "grazie alle preghiere ed agli inse-
gnamenti tratti dalle Sacre Scritture" 24 ; per due volte, dunque,
è sottolineata l'importanza delle Scritture, prima come fonte di
Mym 7tema-reU!J.Évo~. poi come fonte di cognizioni, istruzioni, inse-
gnamenti (!J.cx6~!J.CX't"cx) utili a rendere più efficace il rituale esor-
cistico. Un brano delle Omelie su Giosuè, che risalgono agli anni
245-247, sembrerebbe chiarire il rapporto tra esorcismo e Scrittura.
Queste omelie sono conservate non solo nella traduzione latina
di Rufino, ma parzialmente anche in lingua greca nella Filoca-
lia, un'antologia di scritti di Origene che tradizionalmente - ma
senza certezza - viene attribuita a Basilio il Grande e Gregorio di
Nazianzo25 • Origene sta commentando una parte del libro di Giosuè
che apparentemente non è di alcuna utilità (wq:>ÉÀe~cx) per gli ascol-
tatori, trattandosi di una lunga lista di nomi di persone e di città;
l'Alessandrino allora si mostra capace di valorizzare anche queste
parti più tediose della Scrittura:
Come infatti gli incantesimi (È7t<paa:l) possiedono una potenza
naturale e chi viene ammaliato, anche senza accorgersene, subisce
qualche effetto dell'incantesimo sulla base della natura dei suoni
dell'incantesimo, pronunciati o per procurare danno o per procurare
guarigione al suo corpo o alla sua anima, cosi, credimi, più potente
di ogni incantesimo è la semplice pronuncia (ÒVO!J.<XO"la:v) dei nomi,
che si trovano nelle divine Scritture. Esistono infatti in noi alcune
potenze (auvoc(J.eLc;), delle quali le migliori vengono nutrite tramite
queste specie di incantesimi, perché hanno connaturalità con essi, e,
anche se non ce ne accorgiamo, tali potenze, che avvertono invece
ciò che viene detto, diventano in noi più potenti per sostenere la

2.'1 0RIGENES, Contra Celsum, l, 6: Xptcr'TtiX'IOL où3efJ.t~ fJ.EÀéTT/ È:mp3wv zpw-


fJ.E'Iot Tuyzlivoucrtv tXÀÀÒ( T0 òv6fJ.IX'Tt 'TOU 'I lJO"OU fJ.E'T' rxÀÀ<ù'l Mywv 7ttmcrnu-
fJ.Évwv XIXTOC -rijv 6e(!Xv ypiX~~v.
24 0RIGENES, Contra Celsum, VII, 67: [...] eÙ;(IXt<; XIXL Totç &1tò Twv tepwv
YPIXflflli'TW'I fJ.1X6~fJ.IXO"t'l.
25 Si veda l'introduzione all'edizione di M. HARL - N. DE LANGE, Origène.

Philocalie, pp. 19-159. In generale, cfr. R. ScoGNAMIGLIO, Giosuè. La traduzione


di Rufina modifica in parte il senso del passo: cfr. P. A. GRAMAGLIA, L'inizia-
zione cristiana in Origene, vol. l, p. 114.
424 CAPITOLO 18

nostra vita [ ... ) Comprendi allora che, anche se accada che in noi la
mente rimanga senza frutto, le potenze, che cooperano alla nostra
anima, alla nostra mente e a tutto ciò che è in noi, vengono nutrite
da un nutrimento spirituale (Àoytxjj Tpo<pjj), proveniente dalle sacre
Scritture e da questi nomi e, così nutrite, diventano più potenti per
cooperare con noi. E come le migliori potenze vengono in certo modo
ammaliate e ne trovano giovamento (xcxn7t~~ovTcxt KCX~ w<peÀouvTcxt)
e diventano più potenti sotto l'azione di scritti e nomi di que-
sto genere (oc1tÒ Twv Tot01hwv ypcx!.f.!.f.OCTwv Kcx~ ÒVO!.f.OCTwv), così le
potenze avverse (cxt OCVTLKEL!.f.EVCXL 8uVOC!.f.ELç), che sono in noi, ven-
gono in certo modo abbattute e vinte dagli incantesimi di Dio e,
una volta abbattute, si assopiscono26 •
L'occasione di questo discorso è fornita ad Origene da una lunga
e monotona lista di nomi ebraici (Gs 15, 13-62) riportati a pro-
posito della divisione delle terre di Canaan tra i figli di Giuda;
decine di nomi propri stranieri che risultano incomprensibili per il
lettore greco, ma che possono essere intesi (voéw) e risuonare come
musica di un incantamento per le potenze benigne che dimorano
nell'anima dell'uomo. Il tema della Scrittura come musica benefica
è enunciato in un passo del Commentario a Malteo, sulla base del
racconto di liberazione di Saul da parte di Davide il citaredo, con-
tenuto nel I libro di Samuele:
<Davide> sa che tutta la Scrittura è uno strumento di Dio perfetto
ed accordato, il quale da differenti suoni produce un'unica melo-
dia salutare per coloro che desiderano apprenderla; essa reprime e
impedisce ogni attività (èvépyetcxv) dello spirito malvagio, come la
musica di Davide represse lo spirito malvagio che era in Saul e lo
soffocava (l Re 16, 14 LXX) 27 •
Origene ricorda come i pagani si servano di incantamenti (Èmp8cx(
o praecantationes) costituiti da parole che nemmeno gli incantatori
comprendono, i quali agiscono sulla persona che li subisce grazie
alla loro potenza naturale (Mvoc!.f.L<; <pumx~) e alla natura dei suoni
(<pomç Twv <p66yywv) 28 • A maggior ragione, quindi, il suono della

26 ORIGENES, Philocalia, 12, l. Traduzione di Pier Angelo Gramaglia.


27 ORIGENES, Philocalia, 6, 2.
28 l pitagorici, secondo Giamblico, "erano dell'opinione che la musica for-

nisse un notevole contributo alla salute, qualora la si utilizzasse nel modo con-
facente. E per emendare l'anima usavano inoltre recitare versi scelti di Omero
e di Esiodo" (IAMBLICHUS, De vita pythagorica, 164. Traduzione di Maurizio
Giangiulio).
ORJGENE 425

voce delle parole tratte dalla Sacra Scrittura sarà pm potente di


qualunque formula magica. L'espressione rufiniana sermonum
vel nominum appellatio è il corrispettivo del greco ÒVOf1.CXcr(cx -r&v
ypcxf1.f1-0CTWV xcxt ÒVOfl.OCTWV, che indica esplicitamente la menzione di
parole e nomi tratti dalla Bibbia.
Dicendo ciò forse Origene sta testimoniando l'esistenza di una
pratica di esorcismi che venivano pronunciati con l'aiuto di parole
e nomi incomprensibili tratti dalle Scritture, come se essi fossero
dotati di un potere incantatorio particolare? Credo che questo passo
non vada inteso in tal modo. Origene non sta trattando dell'esor-
cismo, né lascia intendere che questo ragionamento vada interpre-
tato in quel modo. Semplicemente, egli ha trovato un'ingegnosa
soluzione da opporre a coloro che potessero ritenere inutile la let-
tura di alcune parti delle Scritture. Abbandonata per una volta la
sua più consueta interpretazione allegorica 29 , è proposta una rifles-
sione sul valore impercettibile ma efficace della semplice lettura
meccanica, che non perde mai il proprio valore di autentico cibo
spirituale30 • In tal modo si evince in quale misura tutta la Scrit-
tura divinamente ispirata è utile (2 Tm 3, 16). Sicuramente rispetto
all'interpretazione di questo passo tentata da Henri CrouzeP 1
e Henri De Lubac32 , che rischiano di relegare troppo in secondo

29 Sull'esegesi origeniana, M. SIMONETII, Scrittura Sacra; ID., Lettera ejo allego-

ria, pp. 73-98; ID., Origene esegeta; H. DE LUBAC, Storia e spirito; R. P. C. HAN-
SON, Allegory and Event; J. DANIELOU, Origene, pp. 167-250; R. GùGLER, Zur
Theologie; H. CROUZEL, Origene, pp. 95-125; A. MoNACI, Origene predicatore,
pp. 95-127.
30 Sulla Scrittura come fonte di energia spirituale e purificazione, J. LAPORTE,

Teologia liturgica, pp. 96-100. Si veda anche L. CIGNELLI, La potenza della parola
divina.
31 H. CROUZEL, Origene, p. 154: "Origene incoraggia a continuare la sua let-

tura della Bibbia colui che è tentato di abbandonarla sotto il pretesto che ha
l'impressione di non comprendervi qualcosa: la lettura della Scrittura opererà
tuttavia in lui, distruggendo gli aspidi e le vipere che sono nella sua anima.
A dispetto delle apparenze non si tratta qui realmente di magia, in quanto la
magia tenta di prendere possesso sulle cose, senza riguardo per la sottomissione
a Dio. La lettura della Scrittura è in questo caso un atto di buona volontà
ispirato dal desiderio di comprendere: essa agisce ugualmente se non si ha l'im-
pressione di comprendere, ma non se non lo si vuole, perché essa è fondamen-
talmente una preghiera. La lettura della Bibbia è un atto sacramentale nel
quale Dio risponde alla preghiera dell'uomo".
426 CAPITOLO 18

piano l'importanza della potenza naturale delle parole tratte dalle


Scritture, mi pare che occorra riportare l'attenzione sulla teoria
origeniana dei nomi biblici, i quali posseggono una forza conna-
turata e sono descritti come strumenti dall'efficacia superiore a
quella degli incantamenti pagani. Non vedo comunque un diretto
collegamento tra l'esorcismo e la lettura di passi particolari delle
Scritture, apparentemente incomprensibili, come se le parti più dif-
ficili o le sequenze di nomi ebraici del testo biblico venissero utiliz-
zate come formulari liturgici. Origene qui non intende avvalorare
una credenza nelle capacità esorcistiche di alcuni passi particolari
della Bibbia, ma più generalmente utilizza questa argomentazione
per affermare il principio secondo cui nessuna parte della Scrit-
tura è inutile, perché in ciascuna delle sue pagine "c'è una forza,
la quale basta a chi legge, anche senza spiegazione" 33 • Il contesto è
quello della lectio divina, probabilmente della lettura che accompa-
gnava ciclicamente lo svolgersi dell'anno liturgico, non le pratiche
di guarigione; ugualmente, Origene si spinge ad elaborare questo
ardito paragone tra i formulari della magia pagana e la potenza
dalla Sacra Scrittura: se nei passi esaminati del Contro Celso egli
tendeva ad escludere l'uso del termine incantamenti (~mp8~() per
denominare le parole degli esorcisti cristiani, nel momento in cui
il termine si fa portatore del senso magico che l'Alessandrino con-
sidera proprio del paganesimo, qui in forza del paragone appena
istituito non esita a definire incantamenti di Dio ('rou 0e:ou ~mp8~()
le parole della Bibbia34 •
Se questo passo delle Omelie origeniane non può essere diretta-
mente adoperato per chiarire lo svolgimento di un esorcismo, ciò
non significa che vada sottovalutato: in esso è esposta in nuce
quella teoria dei nomi di cui ci si occuperà più avanti, con la quale

32 H. DE LuBAC, Storia e spirito, pp. 482-483: "Secondo un procedimento che


gli è abituale, Origene spinge a fondo la sua idea, sino al paradosso [ ... ) Benin-
teso, qui si tratta di un caso estremo. Origene vuoi consolare i suoi ascoltatori
troppo poco agili di mente per poterlo sempre seguire [... ) Origene non rinuncia
mai facilmente ad ogni sforzo di intelligenza. Ma questa spiegazione parados-
sale ci permette di vedere meglio che non sopravvaluta né il valore di questo
sforzo né la portata dei suoi risultati. Crede all'intelligibilità profonda della
Scrittura, ma sa già che essa non si lascia contenere nel suo spirito".
33 0RIGENES, Homiliae in Iesu nave, 24, 2: "( ... )in Scripturis sanctis esse vim
quandam quae legenti etiam sine explanatione sufficiat".
34 Anche nel Contra Ce/sum, l, 46 si serve del verbo è~e:7t~3w.
ORIGENE 427

si spiegano la potenza e l'efficacia dei nomi divini. Inoltre, Origene


afferma un principio, quello della Scrittura come nutrimento spi-
rituale o causa di indebolimento delle potenze che abitano nella
nostra anima; questa concezione è alla base dell'idea che la sacra-
lità e la potenza delle Sacre Scritture trovino una loro giusta col-
locazione all'interno della pratica esorcistica. Di ciò ci fornisce
indiretta conferma un passo delle Omelie su Samuele, che descrive
la reazione di un demone alla lettura di un passo della Scrittura
(l Sam 2, 1):
Il mio cuore ha esultato nel Signore. E poiché a queste parole uno
degli astanti è stato riempito da uno spirito immondo, e ha gridato
a tal punto da provocare l'accorrere del popolo, pronunciamole
anche noi; infatti, mentre Anna diceva: Il mio cuore ha esultato nel
Signore, lo spirito avverso non ha potuto sopportare la nostra esul-
tanza35.

Origene si accorge dell'effetto che la lettura produce sul demone,


e invita tutti a ripetere le parole che ne hanno prodotto il risveglio,
mettendo in atto una sorta di azione esorcistica collettiva. Casual-
mente, i convenuti hanno potuto identificare una parte della Scrit-
tura che risulta essere un'arma contro lo spirito malvagio; è una
conferma della convinzione che le potenze del male possano soffrire
la lettura di parole ed insegnamenti tratti dalle Scritture.

d. Le storie su Gesù
Secondo il passo del Contro Celso precedentemente ricordato (1,6),
alla menzione di Gesù si accompagna la esposizione di racconti che
lo riguardano (&:7to:yyeÀ(o: -rwv 7tep~ o:ù-ròv tcr-rop~wv). Il medesimo
concetto è espresso più avanti:
Alcuni, nel compiere guarigioni, mostrano i segni dell'aver ricevuto
un potere miracoloso per mezzo di questa fede, in quanto essi, su
coloro che necessitano di cure, non invocano altro che il Dio al di
sopra di tutto e il nome di Gesù, assieme alla storia che lo riguarda.
Anche noi infatti abbiamo visto molti che grazie ad essi venivano

35 0RIGENES, Homiliae in I Regum, l, 10: "Exsultavit cor meum in Domino.


Et quoniam, cum haec dicuntur, quidam de adstantibus suppletus est spiritu
immundo et exclamavit ita, ut fieret populi concursus, dicamus et nos, quia,
Anna dicente: Exsultavit cor meum in Domino, contrarius spiritus exsultatio-
nem nostra m in Domino ferre non potuit".
428 CAPITOLO 18

liberati da gravi malattie, deliri, follie e da miriadi di altre cose che


né gli uomini né gli dèi avevano potuto guarire36 •
Per le guarigioni si fa ricorso all'invocazione del nome di
Dio e di quello di Gesù, assieme alla storia che lo riguarda
(m:pt octrmu taTop(oc). Si tratta certamente di "una informazione
interessante dal punto di vista liturgico", come afferma Henri
CrouzeP7 ; è difficile però immaginare di che LO"Top(ocL si tratta.
Subito ritorna alla mente quanto osservato negli scritti di Giustino
ed Ireneo, secondo i quali all'interno del rituale esorcistico rive-
stiva una importanza particolare - accanto al nome di Gesù - il
ricordo della sua crocifissione sotto Ponzio Pilato. Dall'analisi di
quei passi si era ricavata l'impressione che l'esorcismo, assieme
al battesimo, al catecumenato, alle persecuzioni ed alla polemica
contro gli eretici, fosse uno dei momenti collegati all'uso di una
professione di fede, o per lo meno all'utilizzo di qualche formula
da essa ispirata. Dalla lettura degli scritti di Origene non risulta
alcun riferimento preciso a qualche punto della vita di Gesù che
possa essere tratto o meno da una professione di fede; le ricorrenze
del termine ta·mp(oc nel Contro Celso riguardano più che altro epi-
sodi tratti dai Vangeli38 • In ogni caso si conferma l'impressione già
enunciata: l'esorcismo prevedeva la commemorazione rituale di
qualche particolare della storia di Gesù. Adolf Harnack interpreta
così questi passi: "Le formule usate dai cristiani e gli scongiuri con-
tenevano i punti principali della storia di Gesù" 39 • Si tratta quindi
di un richiamo dei momenti salienti della vita di Gesù, alcuni dei
quali ricordati nei simboli di fede (incarnazione, passione, morte,
risurrezione ed ascensione), o di altro? Forse con taTop(ocL si inten-
dono gli episodi evangelici della vita di Gesù nei quali egli liberò
gli indemoniati e vinse la potenza del diavolo, i quali magari veni-

36 ORIGENES, Contra Celsum, III, 24: TtvÈc; 8È !11)!.f.E~IX -roù e:tÀl)q>ÉVIXt -rt 8toc
-r~v 7ttcr-rtv 't"IXU't"l)V 7t1Xp1X8o~6-re:pov tm8dxvuv-r1Xt tv oic; 6e:p1X7tEuoucrtv, où8Èv
~ÀÀo XIXÀoÙv-re:c; E7tL -roùc; 8Eo!.f.Évouc; 6e:p1X7tEtiXc; ~ -ròv t7tL 1tocm Ele:òv XIXL -rò -rou
'll)croù 5vo!.f.IX !J.E-roc -rljc; 1te:pt IXÙ-roù tcr-ropt1Xc;. Tou-roLc; yocp xiXi ~!.f.E~c; ÉwpcixiX-
!.f.EV 7tOÀÀoÙc; OC7t1XÀÀ1XyÉv-riXc; X1XÀE7tWV crU!.f.7t't"W!.f.OC't"WV XIXL Èxcr-rcicre:wv XIXL !.f.IX-
VLWV XIXL ÌÌ.ÀÀwv !.f.Up[wv, ÌÌ.7tEp oiJ-r' iiv6pw7toL oiJ-re: 81Xt!.f.ove:c; È6e:pci7te:Ucr1Xv.
37 H. CROUZEL, Celse et Origène à propos des ~démons», p. 340.
38 Ad esempio 0RIGENES, Contra Celsum, l, 42 (storia di Gesù tramandata nei
Vangeli) e II, 47 (storia della crocifissione di Gesù).
39 A. HARNACK, Missione e propagazione del Cristianesimo, p. 101.
ORIGENE 429

vano letti di fronte agli ossessi? In questo caso si risolverebbe il


quesito riguardo alla natura dei f.LOC6~f.LIX't'IX e dei MyoL tratti dalle
Scritture, di cui abbiamo trattato prima. Si tratterebbe di passi che
per il tenore del loro contenuto si prestavano alla lettura durante
un rituale esorcistico, e che probabilmente ricordavano qualche
momento in cui si narrava la sconfitta delle potenza del male.
Trattasi di letture di intere pagine bibliche, o solamente di brevi
richiami ad esse? Origene non ci permette di comprendere fino in
fondo la natura di queste !.cr't'optocL. Il contesto rende spontaneo il
collegamento con l'uso pagano delle historiolae: si tratta di brevi
racconti inseriti all'interno degli incantesimi, particolarmente quelli
di guarigione, dei quali nei secoli successivi vi sono testimonianze
anche cristiane40 • Presso gli ebrei di Israele, ci informa Atanasio,
c'era l'uso di esorcizzare grazie alla sola lettura delle Scritture41 •
e. Gesti materiali e digiuno
Esiste traccia in Origene di qualche gesto materiale compiuto
durante gli esorcismi? In un passo delle Omelie su Giosuè si ricorda
l'imposizione delle mani, ed assieme all'esorcismo viene menzionata
la pratica del digiuno, in ossequio all'indicazione evangelica:
Si ricorre a molte preghiere, molti digiuni, molte invocazioni degli
esorcisti42 •
E ancora:
Prestiamo attenzione al passo questa razza non si caccia fuori se non
con la preghiera ed il digiuno (M t 17, 21 ): se mai dovessimo oecu-

40 Sulle caratteristiche e funzioni delle historiolae, anche cristiane, D. FRANK-


FURTER, Narraling Power.
41 ATHANASIUS ALEXANDRINUS, Epislula ad Marcellinum, 33: "lo per esempio,
disse l'anziano, ho anche udito da uomini sapienti che anticamente, in Israele,
scacciavano i dèmoni solo leggendo le Scritture e smascheravano le trame da
essi preparate a danno degli uomini. Perciò egli diceva esser degni di ogni ripro-
vazione coloro che le trascurano, combinando per sé parole suadenti tratte da
altrove e qualificandosi, grazie ad esse, come esorcisti. Essi, piuttosto, stanno
giocando, e si offrono allo sberleffo dei dèmoni, proprio come capitò ai giudei
figli di Sceva, che tentarono anch'essi di esorcizzare in questo modo. Infatti i
dèmoni, ascoltando da loro queste cose, si trastullano; temono invece le parole
dei santi, e non possono sopportarle. Nelle parole delle Scritture c'è infatti il
Signore, che non possono sopportare".
42 ORIGENES, H omiliae in I esu nave, 24, l: " [... ] adhibeantur autem multa e
orationes, multa ieiunia, multa e exorcistarum invocationes".
430 CAPITOLO 18

parci della guangwne di qualcuno che soffra di un male siffatto,


non facciamo scongiuri né interroghiamo o parliamo con lo spirito
immondo, come se ci ascoltasse; piuttosto dedicandoci a preghiera
e digiuno (l Cor 7, 5) riusciamo, pregando in favore del sofferente
<per la salvezza che viene da Dim e attraverso il nostro digiuno, a
scacciare da lui lo spirito immondo 43 •

Origene sta trattando della liberazione degli indemoniati "luna-


tici", e ritiene che preghiera e digiuno siano gli strumenti più effi-
caci. Oltre a menzionare gli scongiuri, che a suo parere dovrebbero
essere semplici44 , egli ci informa anche dell'usanza di interrogare o
dialogare con lo spirito immondo che risiede nella persona ossessa;
sconsigliando questa pratica, ne attesta l'esistenza.
Nel commentare l'espressione biblica La mano di Efraim si fece
pesante su di loro (Gs 19, 48), Origene scrive:
In che modo la mano di Efraim diventa pesante sugli Amorrei?
Diciamo che la mano di Efraim può pesare sugli spiriti immondi
o per una imposizione della mano compiuta con più forza da parte
degli esorcisti, come si è detto, o perché sono le nostre buone azioni
e buone opere a pesare ed affliggere i dèmoni e le potenze avverse.
Infatti, quanto più operiamo il bene, quanto più ci comportiamo
bene, tanto più ciò per loro diventa di gravoso fastidio. È cosa
grata invece, ed a loro ben accetta, e procura loro un certo pia-
cere, se uno vive nella vergogna e nella infamia. Chi invece ha reso
pesante la sua mano su di loro con azioni buone, anche se non li
potrà espellere del tutto, certamente li renderà suoi tributari in
stato di soggezione45 •

43 ORIGENES, Commentarii in evangelium Matthaei, XIII, 7: llp6crx_w[J.EV 8è


XOtL 't"éi> 't"Oi:i't"o 't"Ò yÉvoç OUX ÈX7tOpEUE't"Olt El (J.~ Èv 7tpO<rEUX1i XOlL V"rj<r't"d~, rv' Et
7tO't"E 8éot 7tEpL 6EpOt7tE[Otv occrx_oÀEL<r60tt ~(J.iiç 't"otOU't"6V 't"t 7tE7tOv66't"oç 't"tv6ç, (J.~
opx[~<.ù(J.EV [J."rj8è È7tEp<.ù't"W(J.EV [J."rj8è ÀOtÀW[J.EV 6>ç OCXOUOV't"t 't"<i> ocxoc6&p't"<p 7tVEU-
(J.Ol't"t, OCÀÀd axoÀ<X~ovnç 7tpO<rEUX1i XOlL V"rjG't"d~ Èm't"UX<.ù(J.EV 7tpO<rEUX6[J.EVOL
7tEpL 't"OU 7tE7tov66't"oç <<r<.ù't""rjp[ocç rijç oc1tÒ 0EoU> xocL 't"1j ~Otu't"wv V"rj<r't"E[~ oc7t<il-
<r<.ù(J.EV oc7t' OlU't"OU 't"Ò ocxoc60tp't"OV 7tVEU(J.Ol.
44 ORIGENES, Contra Celsum, VII, 4: [ •••] opx<il<rE<rtV OC7tÀOU<r't"époctç.
45 0RIGENES, Homiliae in Iesu nave, 24, l: "Quomodo autem gravis efficitur
manus Effrem super Amorraeos? Vel exorcistarum, ut diximus, manus impo-
sitione vehementius imposita gravari dicitur super immundos spiritus manus
Effrem vel quia boni actus et bona opera gravant et affligunt daemonum genus
contrariasque virtutes. Quanto enim nos meliora gerimus et quanto in optimis
conversamur, tanto illis molesta haec efficiuntur et gravia. Gratum vero illis
est et acceptum et voluptates iis quodammodo exhibet, qui in turpitudine et
flagitiis vivit. Qui vero in bonis actibus manum suam gravaverit super eos,
ORIGENE 431

Ne risulta un rituale di esorcismo che prevede l'imposizione delle


mani da parte dell'esorcista. Origene istituisce poi un paragone tra
l'imposizione della mano sugli indemoniati e le buone opere; esse
indeboliscono e infastidiscono le potenze malvagie, ma non pos-
sono "espellerle del tutto": è questo un risultato che compete solo
al gesto liturgico. L'origine dell'uso di questo gesto va ricercata
nei racconti evangelici dell'imposizione delle mani di Gesù sui fan-
ciulli46:
A mio parere, giacché molte potenze maligne si occupano dell'anima
umana sin dall'inizio insidiandola in vari modi, per questo motivo
quelli che presentavano i bambini al Salvatore, conoscendo già da
prima la sua potenza, facevano ciò perché l'imposizione delle sue
mani, la preghiera ed il contatto coi bambini ne allontanassero gli
spiriti cattivi e vi stabilissero una forza superiore e bastevole, anche
in futuro, ad impedire il contatto di forze avverse. E quindi il Sal-
vatore, sapendo che tale gesto non era qualcosa di banale ed ozioso,
ma realtà di salvezza per coloro che egli toccava e che ricevevano
l'imposizione delle mani, ai discepoli che li sgridavano e coi loro
rimproveri impedivano ai bambini di essere portati da lui, replicò:
Lasciate che i bambini vengano a me e non glielo impedite 17 •

Origene, conseguentemente, interpreta l'imposizione delle mani


di Gesù come un potente antidoto contro gli spiriti malvagi, pre-
senti e futuri.
L'autore testimonia anche l'efficacia del segno di croce contro le
potenze demoniache:

etiamsi penitus eos expellere non potuerit, certe tributarios eos faciet et subie-
ctos". Traduzione di Rosario Scognamiglio.
46 Mt 19, 13-14: "Allora gli furono portati dei bambini perché imponesse loro
le mani e pregasse; ma i discepoli li sgridavano. Gesù però disse loro: ~Lasciate
che i bambini vengano a me, perché di questi è il regno dei cieli>>.
47 0RIGENES, Commentarii in euangelium Matthaei, XV, 6: OI(J.OtL ~· il'rt xcxi
tm:i 7toÀÀcxi 7tOVlJpcxi ~uv<X(J.e:tç 1te:pi Ttjv &.v6pw7t(vl)v IJ!uxl)v &.px1j6e:v &.crxoÀouv-
TOtL 1tOLX(Àwç OtÙT?j tm~OUÀEOOUO"OtL, ~LCÌ 't"OU't"O wç lJ~lJ tX 't"é;}V 1tpO't"épwv 't"lJV
Mvcx(J.LV cxÙ't"OU (J.Ot66vnç ol 7tpOcrqJépovTe:ç 'r<j) crw't"1jpt 't"CÌ <1tOtt~(cx lì 't"CÌ> ~pécpl]
TOUT, t1to(ouv, rvcx ~LCÌ 't"1jç tm6écre:wç 't"é;}v xe:tpé;}v OtÙTOU XOtL 't"1jç 1te:pi 't"é;}v 1tOtL-
~(wv XOtL 't"é;}v ~pe:cpé;}v e:ùx1jç <xcxb ~LCÌ 't"1jç occp1jç ci1te:ÀOt0VlJ't"OtL (J.È:V 't"CÌ xe:(povcx,
80VOt(J.Lç ~è: tyytVO(J.éVlJ ~LOtqJépoucrcx XOtL 7tpÒç 't"CÌ éé;1jç ~tcxpx?j wç X<òÀU't"LXlJ
Tuyx<Xvoucrcx t7tcxcp1jç 't"é;}v tvcxv't"(wv. Kcxi o crwTÌjp oòv oùx <wç> OC1tÀouv 't"L xcxi
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(lévotç wv -ij1t-re:-ro, qllJO"L 't"otç tm't"L(J.é;}m (J.Ot6lJ't"Ottç xcxi ~tcì 't"OU tm't"t(J.av xwM-
oucrtv cxÙT{j) 7tpocrcpépe:cr6cxt 't"CÌ 7tOtt~(cx <lì 't"CÌ ~pécpYJ> -rò &cpe:n -rcì 7tOtt~(cx xcxi (J.lJ
xwMe:-re: cxÙTCÌ tÀ6e:L'v 7tp6ç (lE. Traduzione di Rosario Scognamiglio.
432 CAPITOLO 18

Che cosa temono i dèmoni, per che cosa tremano? Senza dubbio
per la croce di Cristo, per la quale si è riportato su di loro il trionfo,
nella quale sono stati spogliati i loro principati e potestà (cfr. Col
2, 15). Dunque: Timore e tremore cadranno sopra di loro (Es 15, 16),
quando vedranno in noi il segno della croce fissato fedelmente e la
grandezza del suo braccio, che il Signore stese sulla croce, come dice:
Tutto il giorno ho teso le mie mani a un popolo incredulo e che si
ribella a me (Is 65, 2). Dunque non ti temeranno e il tremore di te
non sopravverrà loro in altro modo se non vedendo in te la croce di
Cristo, se tu potrai dire: Lungi da me il gloriarmi se non della croce
del mio Signore Gesù Cristo, per il quale il mondo è per me crocifisso
e io per il mondo (Gal 6, 14) 48 •

E ancora, commentando un passo del I libro di Samuele (2, 1):


Il mio corno è stato esaltato nel mio Dio. Vi sono infatti dei corni
per i giusti, dei quali si servono nel fare o dire qualche cosa (... ) È
opportuno che noi abbiamo questi corni, conferiti ai giusti a partire
dalle estremità della croce di Cristo, affinché grazie ad essi possiamo
distruggere e scacciare le potenze avverse dalla nostra anima 49 •
Questo passo è importante perché si trova immediatamente dopo
la menzione di un episodio di ossessione diabolica. Origene si serve
del termine cornua (xépoc-roc) per designare le braccia della croce,
seguendo una tradizione già affermata 50 ; inoltre, egli ne testimo-
nia l'importanza nella lotta contro il demonio. L'importanza della

48 0RIGENES, In Exodum homiliae, 6, 8: "Quid timent daemones, quid tre-


munt? Sine dubio crucem Christi, in qua triumphati sunt, in qua exuti sunt
principatus eorum et potestates. Timor ergo et tremar cadet super eos, cum
signum in nobis viderint crucis fideliter fixum, et magnitudinem bracchii illius
quod Dominus expandit in cruce, sicut dicit: Tota die expandi manus meas ad
populum non credentem et contradicentem mihi. Non te ergo aliter timebunt,
nec aliter tremar tuns veniet super eos, nisi videant in te crucem Christi, nisi
et tu potueris dicere: Mihi autem absit gloriari, nisi in cruce Domini mei Iesu
Christi, per quem mihi mundus crucifixus est et ego mundo". Traduzione di
Maria Ignazia Danieli.
49 0RIGENES, Homiliae in I Regum, 1, 10: "Exaltatum est cornu meum in

Deo meo. Sunt quaedam cornua iustorum, quibus utuntur vel agentes aliquid
vel loquentes [... ) Oportet ergo nos ha bere ista cornua, qua e iustis de crucis
Christi apicibus conferuntur, ut in his destruamus et deiciamus adversarias vir-
tutes de anima nostra".
50 IusnNus, Dialogus cum Tryphone Iudaeo, 91, 2: "Nessuno potrebbe dire e
dimostrare che le corna dell'unicorno si riferiscono ad altra realtà o raffigura-
zione che non sia la figura che rappresenta la croce" (traduzione di Giuseppe
Visonà); TERTULLIANUS, Adversus Marcionem, III, 18, 3-4: "Nell'antenna, che è
ORIGENE 433

croce in Origene è strettamente collegata al tema della morte di


Cristo51 • Oltre ad un interesse eminentemente esegetico, Origene
sviluppa un'argomentazione tesa a valorizzare l'importanza della
croce in prospettiva soteriologica, in contrapposizione alle obiezioni
contro la realtà della crocifissione avanzate da Celso e dallo gno-
sticismo di orientamento doceta 52 • La figura delle mani stese sulla
croce è ricordata nella posizione a braccia aperte dell'arante; essa
viene interpretata come figura del gesto di Mosé durante la batta-
glia contro Amalek, quando l'allargarsi delle sue braccia assicurava
la vittoria del proprio esercito 53 • Questo gesto, riprodotto nella pre-
ghiera dei cristiani5\ costituisce una vittoria contro le potenze del
male 55 • Evidentemente per Origene la preghiera con le mani stese
in forma crucis ha una funzione antidemonica, come anche il segno
di croce. I passi sopra riportati chiariscono bene la funzione apo-
tropaica di questo segno, ma non specificano meglio a quale segno
di croce ci si voglia riferire: forse ad un segno della croce tracciato
sugli ossessi? Il contesto pare rimandare piuttosto al segno della
croce che i cristiani si fanno sulla fronte, o al segno indelebile che è
stato impresso sui battezzandi durante la loro iniziazione cristiana.
Esso è rappresentato dal tau ebraico, annuncio "del segno tracciato
sulla fronte dei cristiani", che essi a loro volta tracciano su sé stessi

una parte della croce, le estremità sono chiamate corni". La medesima figura si
ritrova in Apollinare di Gerapoli, Melitone di Sardi e Ippolito.
51 Cfr. M. SIMONETTI, La morte di Gesù in Origene.

52 Sul valore della croce in Origene, B. STUDER, Croce; G. Q. REIJNERS, Das

Wort vom Kreuz.


53 Es 17, 10-11: "Giosuè eseguì quanto gli aveva ordinato Mosè per combat-
tere contro Amalek, mentre Mosè, Aronne, e Cur salirono sulla cima del colle.
Quando Mosè alzava le mani, Israele era il più forte, ma quando le lasciava
cadere, era più forte Amalek".
54 0RIGENES, In Exodum homiliae, 3, 4: "Anche noi dunque innalziamo le

braccia nella potenza della croce di Cristo, eleviamo nella preghiera mani sante
in ogni luogo senza ira e discussioni, così da meritare l'aiuto del Signore". Tra-
duzione di Maria Ignazia Danieli.
55 0RIGENES, In Exodum homiliae, 11, 4: "Poiché dunque la nostra lotta è

contro i principi, le potenze e i reggitori di questo mondo di tenebre, se vuoi


vincere, se vuoi avere la meglio, innalza le mani [... J Così potrai trionfare su
Amalec". Traduzione di Maria Ignazia Danieli.
434 CAPITOLO 18

"prima di ogni occupazione, e soprattutto prima delle preghiere o


delle sante letture" 56 •

2. Manifestazioni di possessione
Le informazioni sui sintomi della possessione diabolica negli
scritti di Origene sono molto scarse. In un caso, egli associa la
possessione alla follia, poiché entrambe causano una menomazione
nei sensi: "Coloro che sono ossessi da un demone o sono alienati
nella mente non sentono se sono feriti, poiché sono privi dei sensi
naturali" 57 • L'indemoniato, quindi, perde la percezione del dolore,
perché il Maligno "sconvolge e paralizza la mente" 58 • In un altro
passo delle sue omelie Origene fornisce una preziosissima testimo-
nianza dell'attività di un indemoniato durante un'assemblea litur-
gica. Essa prevedeva la lettura di un passo biblico da parte di un
lettore, seguita da un'omelia tenuta da un predicatore attorniato
dagli altri componenti del clero; il tutto si concludeva con una
preghiera comunitaria 59 • La testimonianza è tanto più preziosa in
quanto è contenuta nella produzione omiletica dell'Alessandrino,
dove gli interessi propagandistici e apologetici propri del Contro

56 0RIGENES, Selecla in Ezechielem ({ragmenta e catenis), col. 801a: [ ... ]

"t"OU ye:vofLÉvou Èv Xp~cr"t"~IXVOtç È7tt "t"Ou f.le:"t"W7tOU O"l)f.le:(ou· IS7te:p 7tO~oucr~v o[


7te:mcr"t"e:ux6nç 7tocvnç ou"t"~vocrouv 7tpoxiXT1Xpx6fLe:vo~ 7tPOCYf.l1XToç, xiXt fLOCÀ~cr"t"IX
~ e:òx&v ~ ocy(<ùv &viXyv<ùcrf.l<XT<ùV.
57 ORIGENES, In Numeros homiliae, 8, l, 7: "Qui vel daemone repleti vel

mente alienati sunt, non sentiunt si vulnerentur, quia naturalibus sensibus


carent''.
58 0RIGENES, Homiliae in Jesu nave, 24, 1: "[ ... ] perturbet ac sopiat mentem".

In un'opera la cui attribuzione ad Origene, precedentemente accettata, è stata


messa in dubbio, si descrive l'indemoniato che perde il controllo delle proprie
azioni ed è costretto ad agire sotto l'impulso della volontà di chi lo possiede,
compiendo atti dei quali egli non è più responsabile: 0RIGENES, Tractatus LIX
in Psalmos, 128, 2: "Se giungesse un indemoniato che abbia un demone, mi
desse un pugno e mi prendesse a calci, potrei forse prendermela con lui? Lui mi
percuote col pugno ed io compiango e commisero colui che mi percuote: vedo
che è colpito assai peggio da colui che opera dentro di lui, che non io dalla sua
mano (Si daemoniarius qui habet daemonem venerit, et pugnum mihi dederit,
et calce percusserit, numquid irascor ei? Ille pugno percutit, et ego ploro et
piango percutientem: video enim quoniam peius ille percutitur ab eo qui in se
operatur, quam ego a manu eius)".
59 Le modalità liturgiche della predicazione origeniana sono descritte in

A. MoNACI, Origene predicatore, pp. 50-59.


ORIGENE 435

Celso sono assenti; a motivo di ciò i riferimenti all'esorcismo cn-


stiano sono assai pochi, e contingenti.
Come nel caso dell'astrologia e della magia, il predicatore condi-
vide con i suoi fedeli gran parte dell'immaginario legato ai demoni,
tuttavia la sua predicazione trascura volutamente l'aspetto, per
così dire, meccanico-miracolistico [ ... ] Ciò è tanto più ragguarde-
vole se si considera che Origene fa mostra di essere ben consapevole
dell'importanza dell'argomento demonologico al fine di guadagnare
adesioni al cristianesimo" 60 •

È questo il caso - già parzialmente menzionato - dell'esplo-


dere dell'ossessione diabolica di un uomo che assisteva alla lettura
biblica:
Il mio cuore ha esultato nel Signore. E poiché a queste parole uno
degli astanti è stato riempito da uno spirito immondo, e ha gridato
a tal punto da provocare l'accorrere del popolo, pronunciamole
anche noi; infatti, mentre Anna diceva: Il mio cuore ha esultato
nel Signore, Io spirito avverso non ha potuto sopportare la nostra
esultanza, ma vuole mutarla, levandocela ed introducendo al suo
posto la tristezza, impedendoci di dire: Il mio cuore ha esultato nel
Signore. Davvero non ci lasciamo ostacolare, ma più e più diciamo:
Il mio cuore ha esultato nel Signore. E proprio per questo, perché
vediamo che gli spiriti immondi ne sono tormentati, e anche perché
a cagione di queste cose molti si convertono a Dio, molti si correg-
gono, molti vengono alla fede e non vi è alcunché che Dio com-
pia senza motivo, né egli permette che qualcosa sia fatto invano.
Giacché molti sono coloro che non credono al Verbo e non accet-
tano la spiegazione della dottrina; ma quando un demone si getta
su di loro allora si convertono, affinché dove ha abbondato il pec-
cato sovrabbondi la grazia (Rom 5, 20) e dove una potenza maligna
ha operato, lì in seguito operi maggiormente la grazia del Signore.
La grazia del Signore dopo aver espulso lo spirito maligno intro-
duce Io Spirito Santo, e l'anima, che era stata ripiena dello spirito
immondo, si riempie allora di Spirito Santo61 •

60 A. MoNACI, Origene predicatore, pp. 166-167.


61 0RIGENES, Homiliae in I Regum, 1, 10: "Exsultavit cor meum in Domino.
Et quoniam, cum haec dicuntur, quidam de adstantibus suppletus est spiritu
immundo et exclamavit ita, ut fieret populi concursus, dicamus et nos, quia,
Anna dicente: Exsultavit cor meum in Domino, contrarius spiritus exsultatio-
nem nostram in Domino [erre non potuit, sed vult eam mutare, ut ablata ea
introducat tristitiam et prohibeat nos dicere: Exsultavit cor meum in Domino.
Verum nos non impediamur, sed magis ac magis dicamus Exsultavit cor meum
in Domino et pro hoc ipso, quod videmus immundos spiritus flagellari, quia
436 CAPITOLO 18

Mentre il predicatore sta commentando la lettura, qualcuno evi-


dentemente erompe in grida, rivelando in tal modo la sua osses-
sione diabolica; e le grida sono forti a tal punto da richiamare
l'attenzione di altre persone che si trovavano nelle vicinanze. L'in-
demoniato sta ascoltando l'omelia di Origene, ma il demone che è
in lui non può sopportare la lettura biblica che ricorda l'esultanza
di Anna, e prorompe in grida che denunciano la sua sofferenza;
questo caso conferma la funzione antidemonica espletata dalla let-
tura di alcuni passi della Scrittura, su cui già ci siamo soffermati.
Si tratta in questo caso dell'unico riferimento ai sintomi della pos-
sessione che si può ritrovare negli scritti di Origene, e mi pare una
testimonianza assai importante: l'indemoniato non è tirato in ballo
all'interno di una discussione apodittica o apologetica, ma si affac-
cia casualmente nel momento in cui l'argomento trattato era di
tutt'altra natura. La spontaneità del racconto e la reazione non
troppo turbata del predicatore ci confermano che la possessione
demoniaca era una realtà non così rara e particolare come saremmo
portati a pensare, bensì faceva parte della vita cristiana quotidiana.
È di particolare interesse anche la reazione di Origene: il predica-
tore non si impegna in un personale scontro con il demone che pos-
siede l'uomo, né utilizza lo spunto fornito da una manifestazione
soprannaturale per sottolineare un aspetto miracolistico. Piuttosto,
sia pure dopo aver indicato quale passo della Scrittura aveva dimo-
strato di essere sgradito allo spirito immondo e dopo aver invitato
tutti gli astanti a ripeterlo, egli sposta la sua attenzione altrove.
Senza abbandonare il tema della propria omelia, Origene prosegue
nel commento del passo insistendo sull'aspetto morale; è infatti la
scelta morale, la lotta personale contro il peccato che può effica-
cemente liberare l'uomo dalla presenza demoniaca. Scopo primario
della predicazione origeniana è indurre alla trasformazione morale
degli uomini, e l'insistenza sulla buona disposizione e sulla capa-
cità di affrontare la durissima battaglia contro il peccato, piutto-

et per haec multi convertuntur ad Deum, multi emendantur, multi ad fidem


veniunt et nihil est, quod sine causa faciat Deus, nec aliquid frustra fieri per-
mittit. Nam quoniam multi sunt, qui Verbo non credunt nec rationem doc-
trinae suscipiunt, in hos cum daemon insiluerit, tunc convertuntur, ut ubi
abundavit peccatum, superabundet gratia, et ubi maligna virtus operata est,
ibi plus postmodum Domini gratia operetur, quia, cum expulerit Domini gratia
malignum spiritum, introducit Spiritum sanctum et anima, quae repleta fuerat
spiri tu immundo, repletur postmodum Spiri tu sancto".
ORIGENE 437

sto che sui potenti mezzi dell'esorcismo, è spia· di un particolare


modo di reagire all'assedio continuo delle schiere demoniache: cia-
scuno di noi è in grado di opporsi all'assalto degli spiriti malvagi,
se individualmente coltiva la virtù. Quanto succede sotto gli occhi
di tutti è anche una conferma della provvidenza divina: da una
parte, poiché nulla accade invano, queste manifestazioni hanno la
capacità di portare alla conversione degli uomini; dall'altra, esse
mostrano l'adempirsi delle parole di Paolo sulla sovrabbondanza
della grazia, la quale nell'anima occupa il posto che il peccato ha
abbandonato.

3. Possessione ed epilessia
Nel corso del suo Commentario al Vangelo di Matteo 62 , Origene
si imbatte nell'episodio del fanciullo lunatico, che così è presentato
dall'evangelista (Mt 17, 14-18):
Giunti presso la folla, si avvicinò a Gesù un uomo che, gettatosi
in ginocchio, gli disse: "Signore, abbi pietà di mio figlio, poiché è
lunatico e soffre; cade spesso nel fuoco e spesso anche nell'acqua.
L'ho già portato dai tuoi discepoli, ma non hanno potuto gua-
rirlo". E Gesù rispose: "O generazione incredula e perversa! Fino a
quando starò con voi? Fino a quando dovrò sopportarvi? Portate-
melo qui". Gesù lo rimproverò (È:7te:'t'L(J.'Y)cre:v), il demonio uscì da lui
(è:é;~ì..6e:v &:7t' cxÙ't'ou) e da quel momento il ragazzo fu guarito.

Con il termine di ae:À'Y)VLcx~6f.Le:voL si indicavano coloro che soffri-


vano di epilessia; questo nome era dovuto al fatto che si riteneva
che durante la luna nuova o la luna piena il morbo mostrasse un
aggravamento o un sollievo, a causa di qualche influenza lunare
esercitata sul corpo dell'infermo. Ecco il commento origeniano:
In primo luogo chiediamoci in che senso si dica lunatico
(cre:À'Y)Vtoc~e:a6cxt)
chi è vessato da uno spirito sordo e muto, e a qual
titolo esso si chiami mal di luna dal grande luminare celeste, secondo
dopo il sole, stabilito da Dio per dominare la notte. I medici si
attengano pure alla fisiologia, dal momento che non ritengono che
in questo passo si tratti di spirito impuro, bensì di sintomo fisico
e, stando alla fisiologia, spieghino pure che gli umori liquidi della
testa fluiscono in base ad una certa "simpatia" con la luce della
luna, di natura liquida. Noi, che da un lato crediamo al Vangelo,

62 Su questo commentario, cfr. G. BENDINELLI, Il commentario a Matteo;


L. PERRONE, Les commentaires d'Origène.
438 CAPITOLO 18

che questa malattia la considera prodotta nei soggetti ammalati da


uno spirito impuro, muto e sordo, e d'altra parte constatiamo che
coloro che sono soliti promettere guarigione a tali persone, a somi-
glianza dei maghi egiziani, sembrano a volte riuscirei, diremo che
forse per stravolgere le creature di Dio perché proclamino iniquità
contro l'alto e levino la loro bocca contro il cielo (Sal 72 (73), 8-9)
questo spirito impuro segue alcune fasi della luna; così fa in modo,
a partire dalla osservazione che gli esseri umani soffrono a seconda
delle fasi lunari, da far credere che un così grave morbo avvenga
per colpa non del demonio muto e sordo (Mc 9, 25), bensì del grande
luminare che è nei cieli, stabilito per regolare la notte (Gen l, 16),
che non ha alcun potere nel determinare tra gli uomini un male del
genere. Ma tutti quelli che individuano nella posizione degli astri
il motivo di tutti i disordini che si verificano sulla terra (sia nel
loro insieme sia nei singoli casi) proclamano iniquità contro l'alto.
Questi tali veramente hanno levato contro il cielo la loro bocca, asse-
rendo che tra gli astri alcuni hanno influssi malefici, altri benefici;
mentre il Dio dell'universo non ha creato nessun astro per produrre
del male, secondo Geremia, com'è scritto nelle Lamentazioni: Dalla
bocca del Signore mon> procedono bene e male (Lam 3, 38). Ma può
anche darsi che, come questo spirito impuro, che causa il cosid-
detto mal di luna, osserva le fasi lunari per agire su colui che per
alcuni motivi gli è affidato e non ha meritato di avere una prote-
zione angelica, allo stesso modo alcuni spiriti e dèmoni si adeguano
alle configurazioni di altri astri, perché non solo la luna, ma anche
gli altri astri vengano vituperati da coloro che proclamano iniquità
contro l'alto. Si può certo dare ascolto agli esperti di oroscopi, i
quali fanno risalire il motivo di ogni mania e possessione diabolica
alle fasi lunari. Ora che i soggetti che offrono il cosiddetto mal di
luna cadano a volte nell'acqua, è un fatto evidente; ma che cadano
anche nel fuoco, è fenomeno che avviene, anche se più di rado. Ed
è questo un morbo così difficile da guarire, che coloro che hanno il
dono di guarire indemoniati (a1XL!J.OVWV"t'1Xç) a volte ci rinunciano, a
volte invece non ci riescono se non con digiuni e preghiere e parec-
chi sforzi 63 •

Origene si trova di fronte ad un racconto evangelico nel quale


un ragazzo che mostra tutti i sintomi dell'epilessia viene guarito
con un esorcismo. Egli dà conto dell'interpretazione di alcuni
medici i quali evidentemente non ritenevano che quest'episodio
potesse meritare un trattamento esorcistico, considerando la malat-
tia del ragazzo come una semplice epilessia: l'infermità veniva spie-

63 0RIGENES, Commentarii in evangelium Matthaei, XIII, 6. Traduzione di


Rosario Scognamiglio.
ORIGENE 439

gata fisiologicamente, mettendola in relazione con l'influsso che la


luna esercita sui liquidi contenuti nella testa. Nel Vangelo invece
la malattia è messa in relazione con la presenza di uno spirito
maligno, e Origene stesso attesta di averla vista curata da qual-
che mago egiziano. In questo caso, l'Alessandrino tenta la strada
di una spiegazione concordista, che possa salvaguardare la realtà
della possessione demoniaca e l'eziologia dell'epilessia. Egli ipo-
tizza che il demonio voglia sfruttare la credulità umana, la quale
attribuisce agli astri una capacità benefica o malefica; sfruttando
questa credenza, egli regolerebbe la sua malefica attività secondo
la superstizione astrologica, provocando lo scoppio delle manifesta-
zioni epilettiche proprio nel momento in cui la luna si trova in una
determinata posizione. In questo modo, il Maligno può indurre a
credere di non essere lui la causa dell'epilessia, spingendo l'uomo
a ricercarne le motivazioni negli influssi lunari. È un altro di quei
procedimenti origeniani che tendono ad ascrivere particolari ad
una causa demoniaca 64 •

4. Disposizione dell'esorcista
Origene, nel descrivere le caratteristiche dell'esorcismo cristiano,
esalta la potenza del nome di Gesù invocato da chi crede con sin-
cerità (Ù7tÒ TW'J '('J"t)CJLWç mcr-re:u6nw'J) 65 • Il tema della sincerità è
richiamato altrove, quando l'autore, dopo aver ricordato l'efficacia
esorcistica dei racconti che hanno a che fare con la vita di Gesù,
afferma:
La pronunzia di questi fatti spesso ha fatto sì che i dèmoni si allon-
tanassero dagli uomini, soprattutto quando coloro che li espon-
gono li recitano con sana disposizione e fede sincera. Certamente
il nome di Gesù ha un tale potere sui dèmoni, da riuscir efficace
anche quando è pronunciato da persone malvagie. Insegnando pro-
prio ciò, Gesù diceva: Molti mi diranno in quel giorno: "Nel tuo
nome abbiamo scacciato demòni e compiuto prodigi" (Mt 7, 22). Que-

64 Il passo è commentato anche in B. NEuscHAFER, Origenes als Philologe,


pp. 198-202, che si sofferma in particolare sulla concezione dell'epilessia secondo
la medicina stoica antica.
65 ORIGENES, Contra Celsum, VIII, 58.
440 CAPITOLO 18

sto Celso lo ha trascurato, non so se di proposito e in malafede, o


perché lo ignorava 66 •
Nuovamente Origene descrive le qualità che dovrebbero caratte-
rizzare coloro che pronunciano gli esorcismi: sana disposizione e fede
sincera. Ma coglie anche l'occasione per chiarire quale sia l'impor-
tanza della disposizione personale dell'esorcista ai fini del proprio
successo negli scongiuri: la potenza del nome di Gesù, infatti, gode
di una propria ed autonoma capacità coercitiva nei confronti degli
spiriti immondi, ed è efficace anche indipendentemente dalla bontà
personale di chi si serve di tale invocazione. L'indegnità dell'opera-
tore non influisce sostanzialmente sull'efficacia della formula, che
agisce a colpo sicuro a condizione che siano osservate le regole ed
i riti previsti. Se la mancanza di fede cristiana o giudaica da parte
dei pagani non impedisce loro di pronunciare efficaci scongiuri ser-
vendosi dei nomi divini tratti dall'Antico Testamento (come si vedrà
più avanti), a maggior ragione l'indegnità morale di un cristiano
non è sufficiente a vanif~care la potenza irresistibile della preghiera
da lui correttamente pronunciata. Si può in qualche modo accostare
questa concezione a ciò che nel medioevo sarà chiamata virtus ex
opere operato, per descrivere la capacità sacramentale di conferire
la grazia per propria ed intima efficacia: la validità del sacramento
non dipende di conseguenza dall'ortodossia o dallo stato di grazia
del ministro 67 • Questo tipo di teologia nasce dalla ferma credenza
che Dio stesso operi per mezzo dei rituali cristiani, dei quali i mini-

66 0RIGENES, Contra Celsum, l, 6: T oc\hoc y!Ìp Àe:y6fLE:VIX 7toÀÀocxLç TOÙç /')oc[-

fLOVIXç 7tE:7tOt'l)XE'J &.vflpw7tW'J xwpLcrfl~VOCL, XIXL fLOCÀLcrfl' lhocv OL Àéyovnç &.7tÒ


3Locflécre:wç uyLOuç XIXL 7tE:7tL(J't'E:\JX\JLIXç yv'l)cr[wç OCÙ't'IÌ ÀéywcrL. TocrOU't'O'J flé'J't'OL
ye: MviX't'IXL 't'Ò 5VOf.LIX 't'OU 'l'l)<JOU XIX't'IÌ 't'Ù)'J 31XLf.L6vwv, wç ~crfl' liTe: xoct U7tÒ rpocu-
ÀW'J 6VOfLIX~6f.LE:VO'J &.vue:LV' f57te:p 3L3ticrxwv 6 'l 'lJ<rOuç ~Àe:ye: 't'6· IloÀÀOL Èpoucr[
f.LOL Èv èxe:lv7l TTi ~f.Lépcr Tcjl 6v6f.LIX't't crou 31XLf.L6VLIX èçe:~ocÀOfLEV xoct 3uvocf.Le:Lç
È7toL~<r1Xf.Le:V. To\ho 3' oùx oi3oc 7t6Te:pov Éxwv 7tocpe:i:'3e: xoct xocxoupye:i:' 6 Kéì.croç
~ f.L~ Èm<rTOCf.LE:VOç.
67 Cfr. le osservazioni di E. G. WELTIN, The Concept o{ Ex-Opere-Operato Effi-

cacy, il quale prende in esame diversi autori cristiani fino al IV secolo. Weltin,
tuttavia, accosta indifferentemente il tema del carattere o della disposizione
del ministro di culto a quello della di lui intenzione. Il fatto che la condizione
morale di chi compie qualche atto liturgico possa essere ritenuta ininfluente ai
fini della riuscita di quest'ultimo, non significa necessariamente che sia accetta-
bile anche l'assenza di una precisa intenzione del ministro. In mancanza dell'in-
tenzione, poi, non si può più istituire un paragone con il concetto cattolico di
ex opere operato: esso, infatti, prevede che il ministro abbia, oltre alla facoltà di
ORI GENE 441

stri sono solamente materiali esecutori. A ciò si aggiunge anche il


tema della semplicità e dell'ignoranza:
Non è forse del tutto simile alla specie dei dèmoni che non pochi
cristiani scacciano dai sofferenti senza alcuna pratica occulta,
magica o farmaceutica, ma per mezzo della sola preghiera, di assai
semplici scongiuri e di quanto anche l'uomo più semplice potrebbe
impiegare? Generalmente infatti coloro che compiono queste cose
sono ignoranti, giacché la grazia che è nella parola di Cristo mostra
la meschinità e l'impotenza dei demòni; per vincerli e costringerli a
ritirarsi dall'anima e dal corpo dell'uomo non c'è alcun bisogno di
un sapiente, abile nelle dimostrazioni razionali della fede 68 •
Se Ireneo aveva già insistito sulla semplicità dei taumaturghi
cristiani69 , Origene introduce il tema della scarsa cultura della
maggior parte di essi. In questo modo risulta esaltato il ruolo fon-
damentale della grazia che risiede "nella parola di Cristo" in con-
trapposizione alla pochezza dei demoni: per vincerli è sufficiente
un esorcismo pronunciato da una persona anche ignorante, che non
ha alcun bisogno di essere esperta nella teologia. Origene ammette
che nella folla di quelli che vennero conquistati dalla dottrina di
Gesù "gli ignoranti e i rozzi erano molto più numerosi di quelli
che erano esercitati nella cultura"; ma questa constatazione serve
a dimostrare la superiorità del cristianesimo sulla filosofia pagana,
poiché "l'amore del Verbo giunge ad ogni anima" 70 , a partire da
quelle più umili. Viene da pensare alle parole di Paolo, secondo cui
"Dio ha scelto ciò che nel mondo è stolto per confondere i sapienti,

amministrare il sacramento che gli deriva dalla sua ordinazione, l'intenzione di


fare ciò che fa la Chiesa.
68 0RIGENES, Contra Celsum, VII, 4: [... ] TÒ T&v 8atL!J.6V<ùV yÉvoç, onç oùx
6ÀtyoL XptcrTLatv&v ocm:ÀOtUVOUO"L T& v 7tOtax6vT<ùV aùv où8EVL 7tEpLÉpy<p XOtL !J.Ot-
ytx(j> lì cpatp!J.OtXEUTLX(j> 7tPOCY!J.OtTL ocÀÀoc !J.6V?J EÙXii xoc! ÒpxwcrEcrtv oc7tÀoucrTÉ-
poctç xoc! 15croc &v MvoctTo 7tpocrocyEtv oc7tÀoucrTEpoç &v6p<ù7toç; 'Qç ~1tt1tocv yocp
18t&TatL TÒ TOLOUTOV 7tpOCTTOUO"L, 7tatpLO"TOCO"'YJç rijç ~v T(j> My<p XptcrTOU xocpLTOç
TÒ T&V 8att!J.OVt<ùV EÙTEÀtç XOtL occr6EvÉç, OÙ 7t0CVT<ùç 8E6!J.EVOV 7tpÒç TÒ lJTT'YJ!l'Yjvatt
XOtL El~ocv Ù7tE~EÀ6dv OC7tÒ <.Jiuxljç ocv6pW7t0\) XOtL O"W!J.OtTOç crocpou nvoç XOtL
8uvatTOU ~v TOtLç ÀoyLXOtLç 7tEpL rijç 7ttO"TE<ùç oc7to8d~EO"LV.
69 IRENAEUS LUGDUNENSIS, Adversus haereses, Il, 32, 5: "Essa non fa nulla con
invocazioni angeliche o con incantesimi o con qualche perversa arte magica, ma
innocentemente, puramente e manifestamente rivolgendo preghiere al Signore
che ha creato tutte le cose, e invocando il nome del Signore nostro Gesù Cristo,
compie prodigi a vantaggio e non a seduzione degli uomini".
70 0RIGENES, Contra Celsum, l, 27. Traduzione di Pietro Ressa.
442 CAPITOLO 18

Dio ha scelto ciò che nel mondo è debole per confondere i forti,
Dio ha scelto ciò che nel mondo è ignobile e disprezzato e ciò che è
nulla per ridurre a nulla le cose che sono" (l Cor l, 27-28). Nel con-
fronto tra i più semplici e incolti cristiani e i più raffinati seguaci
della filosofia greca, mentre risalta la santità dei primi balzano agli
occhi i limiti e i fallimenti degli ultimF 1; ma il carattere parzial-
mente strumentale di questo atteggiamento origeniano si evince
dal fatto che "quando egli scrive non per replicare ai pagani, ma
per i cristiani - cioè quasi sempre -, il suo atteggiamento verso la
massa dei cristiani semplici e ignoranti è molto meno benevolo, e
continuamente egli biasima la loro pigrizia" 72 . Che Celso non sia
alieno dal servirsi della medesima argomentazione in maniera con-
traddittoria, è testimoniato ad esempio dall'esegesi che egli riserva
al passo della Epistola ai Corinzi appena riportato: se in certi casi
i sapienti confusi sono identificati con i pagani, da contrapporsi ai
cristiani73 , nel Commento ai Romani i "sapienti" sono gli ebrei "e le
cose stolte del mondo" sono i gentili, introdotti nell'economia della
salvezza a sostituire coloro che pur avendo ricevuto la legge divina
non l'avevano più applicata 74 •

5. Esorcismi ebraici e pagani


Come si è già visto, Origene riconosce l'esistenza di rituali di
esorcismo ebraici e pagani. Egli non disdegna di servirsi di que-
ste testimonianze ai propri scopi, a dimostrare la legittimità di
alcune usanze cristiane di fronte ai propri critici provenienti dal
paganesimo o dall'ebraismo. In particolare, nel Contro Celso Ori-
gene spesso istituisce paragoni tra costumi pagani e credenze cri-
stiane, allo scopo di destituire di fondamento le accuse del filosofo
affrontandolo su un campo a lui proprio75 • È un'applicazione di un

71 Cfr. H. CROUZEL, Origène et la philosophie, pp. 103-137; F. MosETTO,

l miracoli evangelici, pp. 81-83. Sullo statuto della filosofia secondo Origene,
cfr. G. DoRIVAL, Filosofia.
72 M. StMONETTI, Cristianesimo antico e cultura greca, p. 52. Uno studio sul
trattamento origeniano dei cristiani semplici (o rozzi, illetterati, ignoranti,
infanli, come egli stesso li denomina): A. MoNACI, Origene ed "i molli".
73 0RIGENES, Contra Celsum, III, 73; VI, 4.
74 0RIGENES, Commentarii in Epislulam ad Romanos, IV, 5.

75 D'altra parte Origene, fuori del Contra Celsum, non cita quasi mai autori

pagani.
ORIGENE 443

principio così esposto: "Talvolta noi ci serviamo di espressioni dei


pagani per condurli alla fede" 76 • Dei rituali demonici non cristiani
ci tramanda alcune formule stereotipate:
Mosè non è il solo a riportare il nome di Abramo, che aveva fami-
liarità con Dio; ma anche molti fra coloro che incantano i dèmoni
nelle loro parole si servono dell'espressione Il Dio di Abramo,
facendolo per il nome e per la familiarità di Dio nei confronti di
quel giusto. Per questo motivo essi adottano questa locuzione Il
Dio di Abramo, pur non sapendo chi è questo Abramo. Lo stesso
va detto di Isacco, Giacobbe ed Israele; malgrado siano riconosciuti
come nomi ebraici, sono stati frequentemente inseriti dagli egiziani
che professano di avere qualche potere per mezzo delle loro cono-
scenze77.

E ancora, per dimostrare la santità e la potenza dei patriarchi


dell'Antico Testamento:
È chiaro che i giudei riconducono la loro genealogia ai tre padri
Abramo, Isacco e Giacobbe. I loro nomi, uniti alla menzione di Dio,
hanno una forza tale che non solo se ne servono coloro che proven-
gono da quel popolo nelle preghiere rivolte a Dio e nell'incantare
i dèmoni, con l'espressione Il Dio di Abramo, il Dio di /sacco e il
Dio di Giacobbe, ma anche quasi tutti quelli che operano incanta-
menti e magie. Siffatta invocazione di Dio si trova spesso nei loro
libri magici, come l'utilizzo del nome di Dio, congiunto a quello di
questi uomini, nelle formule contro i dèmonF8 •

76 ORIGENES, In Ieremiam homiliae, 20, 5.


77 ORIGENES, Contra Celsum, I, 22: Tou 8' 'A[)pococ!J. 't"Ò /)vo!LIX où M<òticrljç
ocvocyp~q>Et !L6voç obtEtWV IXÙ't"ÒV 0E<jl, ocÀÀOC yocp XIXL 1tOÀÀOL 't"WV ~mlt86VT<òV
8oct!Lovocç xp&v-roct ~v ..arç Myotç ocù ..&v T<jl 'O 6Eòç 'A[)poc~!J.. 1towuvnç !Lév
mvoc> 8toc ..ò 6vo!Loc xoct ~v 7tpÒç 't"Òv 8txoctov Tou 0Eou olxEt6TI)TIX, 8tò 1tocpoc-
ÀIX!J.{)~voum 't"YJV <o> 0Eòç 'A[)pococ!L M!;tv, oux ~mcr't"~!J.EVOt 8é, 't"tç ~cr't"tV o
'A[)poc~!L· Toc 8' ocu't"oc ÀEx't"éov xoct 7tEpt Tou 'Icrococx xoct 7tEpt Tou 'Iocxw~ xoct
7tEpt 't"ou 'Icrpoc~À· &'t"tVIX O!J.oÀoyou!J.éV<òç !~pocroc 6noc òv6!J.IX't"IX 7toÀÀocxou 't"orç
Alyu7t't"totç ~1t1XYYEÀÀO!J.évmç ~vépyEt~v 't"tviX ~vécr7tocp't"oct !J.IX~!J.IX<rt.
78 ORIGENES, Contra Celsum, IV, 33: ~ocq>èç 81) lht xoct yEvEotÀoyounoct 'lou-
8ocrot oc1tÒ ..&v 't"pt&v 7tot't"ép<òv Tou 'A~potoc!L xoct 't"OU 'lcrococx xoct 't"OU 'locx6!~·
<i>v 't"OCJOU't"OV 8uvot't"ott 't"OC Òv6!J.ot't"ot cruvot7t't"6!J.EVot 't"jj 't"OU 0EoU 7tpocrlJYOpL<!t, 6Jç
ou !L6vov 't"OÒç OC1tÒ 't"OU ~6vouç xpijcr6ott ~v 't"otrç 7tpÒç 0EÒV Euxocrç Xott ~v 't"<jl
Xot't"E7t~8Etv 8ott!J.OVotç 't"{jl o 0Eòç 'A~piXOC!J. xoct o 0Eòç 'lcroc<Xx xoct o 0Eòç 'loc-
xw~ ocÀÀOC yocp CJXE8Òv Xott 1t~VTotç 't"OÒç 't"OC 't"WV ~7t<p8&v xoct !L<XYEtWV 7tPIXY!L<X-
nuo!Lévouç. Eup(crxE't"ott yocp ~v ..arç !J.otytxorç cruyyp~!J.!J.<Xcrt 7toÀÀocxou ij Tm-
otu'n) 't"OU 0Eou ~7ttXÀljcrtç xoct 7t1Xp~Àlj\jltç 't"OU 't"OU 0EoU Òv6!J.ot't"oç 6Jç olxdou
't"orç ocv8p~crt 't"OU't"otç Elç 't"OC Xot't"OC 't"WV 8ott!J.6V<òV.
444 CAPITOLO 18

Queste notizie ci informano del fatto che gli esorcisti ebrei uti-
lizzavano la formula Il Dio di Abramo, il Dio di /sacco e il Dio
di Giacobbe (ai quali forse va aggiunto il nome di Israele) nei loro
esorcismi, essendo imitati in questo dagli esorcisti pagani i quali
possedevano anche dei libri di magia in cui questi rituali erano
contenuti (Origene menziona gli egiziani, considerati i maghi per
antonomasia). Abbiamo prove dell'importanza di questa formula
liturgico-magica nella preghiera, nel Talmud, nelle iscrizioni dei
filatteri, negli scritti di Filone di Alessandria e nei papiri magicF9 •
Le informazioni che Origene ci consegna sulla tradizione ebraica
sono credibili? Sì, se si considerano l'interesse che egli riservava
alla conoscenza del patrimonio ebraico80 , i contatti che aveva con
esponenti del giudaismo rabbinico81 e la sua abitudine di citare
tradizioni ebraiche nei suoi scritti 82 • Origene peraltro conferma
direttamente le parole di Giustino, secondo il quale le invocazioni
esorcistiche nel nome del Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe
funzionano anche con i giudei83 • Per mezzo di questa invocazione
l'esorcismo - secondo Origene - poteva guadagnare "risultati non
disprezzabili" 8\ indipendentemente dall'appartenenza religiosa di
chi lo esercitava; il risultato, infatti, era assicurato dalla potenza
del nome del Dio che veniva invocato, e non dalla disposizione o
dalla fede dell'esorcista. L'esorcista, peraltro, non è neppure tenuto
a conoscere l'identità dei patriarchi ebrei che sta nominando, e
neppure a comprendere la reale natura di questi nomi, che sono
ebraici. Il fatto che questi nomi posseggano una forza intrinseca, è
dimostrato dal fatto che altri nomi privi di questa forza sono inef-
ficaci, anche se pronunciati dalle stesse persone:
Se qualcuno, invocando o scongiurando, nomina Il Dio di Abramo,
il Dio di !sacco e il Dio di Giacobbe, certamente ciò produce qualche

79 Molti esempi sono stati raccolti da M. RIST, The God of Abraham, lsaac

and Jacob.
80 Su questo, G. SGHERRI, Chiesa e Sinagoga, specie pp. 9-55; H. BIETEN-

HARD, Caesarea, Origenes und die Juden; N. DE LANGE, Origen and the Jews;
J. A. McGucKIN, Origen and the Jews.
81 Cfr. P. M. BLOWERS, Origen, The Rabbis, and the Bible.
82 Cfr. G. BARDY, Les traditions juives dans l'oeuvre d'Origène.

83 lusTINUS, Dialogus cum Tryphone Iudaeo, 85, 3.


84 0RIGENES, Contra Celsum, IV, 34.
ORIGENE 445

effetto, a causa della natura di questi nomi o anche a causa della


loro potenza, poiché i dèmoni sono vinti e sottomessi a chi pronun-
zia queste cose. Se invece dice Il Dio padre eletto dell'eco, il Dio
del riso e il Dio dell'ingannatore, ciò che viene nominato non sor-
tisce effetto alcuno, come anche ogni altro nome che non possiede
alcuna potenza. Allo stesso modo, se traducessimo il nome Israele
in greco o in un'altra lingua, non otterremmo nulla; ma se invece
lo lasciamo com'è, associandolo a quei termini che gli esperti di
queste cose hanno ritenuto di congiungere a questo, allora potrebbe
avvenire qualche cosa, secondo la promessa di una tale invocazione
espressa in siffatta lingua. Diremo la stessa cosa anche a riguardo
del suono Sabaoth, spesso impiegato negli incantamenti, poiché tra-
ducendo questo nome in Signore delle potenze o Signore degli eserciti
o Onnipotente - infatti gli esegeti lo hanno interpretato in vario
modo - non otterremmo nulla; mantenendolo nei suoi suoni pro-
pri, realizzeremo qualche cosa, come affermano gli esperti di questa
materia. Diremo lo stesso anche per quanto concerne Adonai85 •
Riguardo alla formula Il Dio di Abramo, il Dio di !sacco e il
Dio di Giacobbe, Origene istituisce un paragone del tutto legit-
timo, riproponendo semplicemente quella che, secondo Filone di
Alessandria, è la traduzione del significato dei nomi divini ebraici
appena riportati86 • In seguito, aggiunge anche i nomi Sabaoth e
Adonai, testimoniandone l'uso negli incantamenti. Con ciò, è evi-

85 0RIGENES, Contra Celsum, V, 45: Kod È~v [J.èv o xcxÀ&v ~ o opx&v òvo-
(J.OC~TJ 0e:òv 'A~pd[J. xcxl 0e:òv 'lcrcxh xcxl 0e:òv 'lcxxw~. -r68e: -r~ 7tO~~crcx~ &v
~'t'O~ a~~ 'I"'Ì)v TOUTCù\1 -r&v ÒVO[J.OCTCùV rpucrw ~ xcxl Mvcx[J.~V cxù-r&v, xcxl 8cx~[J.6VCù\l
v~XW[J.Évwv xcxl U7tOTCXTTO[J.Évwv -rijl Àéyov-r~ -rcxu-rcx· È~v 8è: ÀéYTJ' o 0e:òç 7tcx-rpòç
ÈxÀe:x-rou ·djc; ~x.ouç xcxl 6 0e:òc; -rou yéÀw-roc; xocl o 0e:òc; -rou 7tnpvLcr-rou,
oiJ-rwc; oÙ8È:v 7tOLe:'i' TÒ ÒVO(J.IX~6[J.EVOV wc; oùa' &ÀÀO 't'L TÙ)V [J.l)8E[J.(IXV 8\JvCX(J.LV
e:x.ov-rwv. 0\hw 8è: x&v [J.È:v [J.O:TcxÀoc~w[J.e:v -rò 'Icrpcx~À ovo[J.cx e:tc; ÉÀÀoc8cx ~ &À-
ÀlJV 8LocÀO:XTOV, où8è:v 7tOL~O'O[J.EV' È~\1 aè: Tl)p~O'Cù[J.EV cxÙ-r6, 7tpOcrOC7tTO\ITO:c; o!c; o[
7te:pl -rcxu't'Ot 8e:Lvol O'U[J.7tÀÉxe:Lv cxù-rò <i>~(llJcrocv, -r6n yévoL-r' &v TL xcx-r~ -r~v
È7tcxyye:À(ocv -r&v -roLwv8t È7tLxÀ~cre:wv Èx n) c; -roLoccr8t rpwvijc;. T ò 8' Of.!.OLOV Èpou-
f.I.EV xcxl 7te:pt njc; Lcx~ocwe rpwvljc;, 7toÀÀocx.ou -r&v Èmp8&v 7tocpocÀocf.!.~OtVO[J.ÉVlJc;,
o-rL [J.e:-rcxÀoc[J.~ocvovnc; [J.È:V -rò iSvo[J.oc etc; -rò Kupwc; -r&v 8uvoc[J.e:wv ~ Kupwc;
O'TpOtTLWV ~ 7tCXV't'OXpcX-rCùp 8Locrp6pwc; y~p CXÙTÒ Èi;:o:8éi;:cxv-ro o[ Ép[J.l)VO:UOVTE:c;
ocù-r6 -, oùaè:v 7tOL~O'O[J.O:V' -rlJpouv-re:c; 8' ocù-rò Èv -ro'i'c; t8loLc; rp66yyoLc;, 7tO~~­
O'Of.!.ÉV 't'L, wc; (j)OtO'W o[ 7te:pl TOtUTCX 8e:LvoL Tò 8' 8[J.OLOV ÈpOU[J.EV xocl 7te:pt TOU
'A8wvoct.
86 PHILO ALEXANDRINUS, De mutatione nominum, 66: "Abramo si interpreta

Padre elevato e Abraamo Padre eletto del suono"; 137: "Il Signore ha creato il
riso per me, il che equivale a dire: ha dato forma, ha costruito, ha generato
Isacco, perché Isacco si identifica con il riso"; 81: "Giacobbe significa Il sop-
446 CAPITOLO 18

dente che la potenza dei nomi risulterebbe vanificata da qualunque


traduzione, e diventerebbe come qualsiasi nome "che non possiede
alcuna potenza". In un altro passo Origene aggiunge nuovi interes-
santi elementi:
Ma in effetti anche il Dio di Israele, il Dio degli ebrei ed il Dio
che ha sommerso nel Mar Rosso il re degli egiziani e gli egiziani,
viene spesso nominato, utilizzato contro i dèmoni o certe potenze
malvagie8 7 •
Ciò significa che non solamente ci si serviva negli esorcismi pagani
della formula Dio di Abramo, Dio di !sacco e Dio di Giacobbe, ma
si nominava anche "il Dio di Israele, il Dio degli ebrei ed il Dio
che ha sommerso nel Mar Rosso il re degli egiziani e gli egiziani".
Credo che questo passo sia molto significativo, e serva anche a
meglio interpretare quanto Origene riferisce in merito all'esorcismo
cristiano. Si è visto che quest'ultimo, infatti, si caratterizzava per
la presenza di parole tratte dalla Scrittura e storie che riguardano
Gesù; nell'esorcismo ebraico qui descritto si impiega un'espressione
tratta dal Libro dell'Esodo (3, 15) che Dio stesso utilizzò per iden-
tificarsi davanti a Mosè, e si ricorda un episodio biblico, la traver-
sata del Mar Rosso.
Il grande papiro magico di Parigi (già nominato a proposito di
Teodoto) ci restituisce un rituale di esorcismo che serve a confer-
mare quanto Origene riporta nei suoi scritti. Si tratta di un docu-
mento "costituito da genuini elementi giudaici, con particolari di
carattere misto giudaico-pagano-cristiano" 88 ; è evidente infatti che
su una originale base giudaica sono stati inseriti elementi cristiani,
ed il tutto è stato poi confezionato nel contesto di un rituale pagano,
che si richiama all'autorità del leggendario mago egiziano Pibechis.
Ebbene, il formulario dello scongiuro esorcistico riprodotto in que-
sto papiro riporta la menzione di numerosi avvenimenti tratti dalla
Scrittura, a formare una sorta di commemoratio oeconomiae salutis,
una storia dell'economia della salvezza veterotestamentaria. Tra di

piantatore, Israele invece significa Colui che vede Dio". Traduzione di Clara
Kraus Reggiani.
87 0RIGENES, Contra Celsum, IV, 34: 'AìJ.oc yocp xod 6 0e:òç Tou 'Icrpcx~À xcxl
6 0e:òç TWV 'E~pcx(wv xcxl 6 0e:òç 6 xcx-rcx7tOVTwcrcxç Èv Ti) èpu6p~ 6cxM.crcr7J -ròv
Atyu7t-rlwv ~cxcrtÀécx xcxl TOÙç Atyu7tT(ouç 7tOÀÀIXxtç ÒVOfJ.OC~e:Tcxt 7tcxpcxÀCXfJ.~CX­
v6fJ.e:voç xcx-roc 8cxtf.1.6vwv ~ -rtvwv 7tOV1)pwv 8uvocfJ.e:wv.
88 W. L. KNox, Jewish Liturgica/ Exorcism, p. 193.
ORIGENE 447

essi, compare anche l'episodio della traversata del Mar Rosso 89 • Se


davvero il testo riflette lo stesso linguaggio degli esorcismi ecclesia-
stici cristiani contemporanei, come ritiene Pier Angelo Gramaglia 90 ,
forse le lcrTop(ocL riguardo a Gesù o i (.LIX&f)(.LIXTIX delle Scritture pos-
sono essere meglio compresi alla luce di questa testimonianza.
In un caso, Origene condanna esplicitamente la pratica esorci-
stica ebraica; istituendo un legame tra il giurare (Ò(.Lvuw) e lo scon-
giurare (È;opx.(~w) egli la fa ricadere sotto la proibizione del giura-
mento pronunciata da Gesù 91 •
Uno potrebbe chiedere se sia bene scongiurare almeno i dèmoni;
chi guarda ai molti che hanno osato farlo, dirà che ciò accade
non senza una ragione. Chi invece guarda a Gesù che comanda ai
dèmoni e che conferisce potestà su tutti i dèmoni e potere di gua-
rire le malattie anche ai suoi discepoli, dirà che la prassi di scongiu-
rare i dèmoni non è conforme alla potestà conferita dal Salvatore: è
infatti una prassi giudaica. Ciò (anche se i nostri a volte compiono
qualcosa del genere) somiglia alla prassi con cui si è soliti scon-
giurare i dèmoni con gli scongiuri scritti da Salomone. Ma coloro
che si servono di quegli scongiuri, a volte usano libri dal contenuto

89 Papyri graecae magicae, IV, 3029-3060: "Ti scongiuro per colui che è

apparso a Osraele nella colonna di luce e nella nube di giorno, colui che ha sal-
vato il suo popolo dal faraone ed ha portato sul faraone le dieci piaghe a causa
della sua disobbedienza [ ... ] Ti scongiuro per il Dio portatore di luce, inflessi-
bile, che conosce ciò che sta nel cuore di ogni essere vivente, colui che ha for-
mato la stirpe umana dal fango, colui che porta fuori dall'oscurità e addensa le
nubi, fa piovere sulla terra e benedice i suoi frutti, colui che ogni potenza cele-
ste degli angeli e degli arcangeli loda. Ti scongiuro per il grande Dio Sabaoth,
per opera del quale il fiume Giordano si ritirò all'indietro ed il Mar Rosso, che
Israele attraversò, divenne impenetrabile; poiché io ti scongiuro per colui che
ha creato le centoquaranta lingue e le ha distribuite secondo il suo comando. Ti
scongiuro in nome di colui che ha bruciato i caparbi giganti con le folgori, che
il cielo dei cieli inneggia, che le ali del cherubino inneggiano. Ti scongiuro in
nome di colui che ha messo intorno al mare le montagne <O> un muro di sabbia
e ha comandato al mare di non varcar lo". Per la bibliografia, vedi il capitolo
su Teodoto.
90 P. A. GRAMAGL!A, Guarigioni e miracoli, vol. l, p. 332.
91 Mt 5, 34-37: "Non giurate affatto: né per il cielo, perché è il trono di Dio;

né per la terra, perché è lo sgabello per i suoi piedi; né per Gerusalemme, per-
ché è la città del gran re. Non giurare neppure per la tua testa, perché non hai
il potere di rendere bianco o nero un solo capello. Sia invece il vostro parlare
sì, sì; no, no; il di più viene dal maligno".
448 CAPITOLO 18

inappropriato, e scongiurano i dèmoni con alcuni testi che proven-


gono addirittura dagli ebrei92 .
Origene non ha intenzione di condannare la pratica dell'esorci-
smo, ma sta contestando l'uso degli scongiuri ebraici, che eviden-
temente venivano adoperati anche da molti esorcisti cristiani93 • Il
collegamento con l'evangelico divieto di giurare, e soprattutto con
l'istruzione di Gesù che prevede la semplicità delle risposte che
devono uscire dalla bocca del cristiano (sì, sì; no, no; il di più viene
dal maligno) schiarisce le motivazioni di questa condanna: Origene
ritiene che "l'esorcismo cristiano deve imitare quelli di Gesù, essere
cioè un comando secco perentorio, senza dilungarsi a scongiurare i
diavoli di andarsene e soprattutto senza trasformare l'esorcismo in
un dialogo di domande e risposte con l'ossesso" 94 • L'Alessandrino
aveva reagito con forza contro Celso il quale affermava di aver
visto presso certi anziani "libri contenenti nomi barbari di dèmoni
e ciarlatanerie" 95 ; qui è lui stesso ad ammettere che alcuni cristiani
nei loro esorcismi si servono di libri del tutto inappropriati, o addi-
rittura direttamente provenienti dagli ebrei. Desta interesse il rife-
rimento a Salomone, che si ricollega alla tradizione già viva nel
giudaismo secondo cui il re ebreo sarebbe stato autore di rituali di
esorcismo. Senza ripetere la documentazione già precedentemente
citata, sarà opportuno ricordare l'esistenza di un gran numero
di amuleti e talismani di Salomone, di certa origine giudaica 96 ;

92 0RIGENES, Commentariorum series in evangelium Matthaei, 110: "Quaeret

aliquis, si convenit ve! daemones adiurare. Et qui respicit ad multos, qui talia
facere ausi sunt, dicet non sine ratione fieri hoc; qui autem aspicit Iesum impe-
rantem daemonibus, sed etiam potestatem dantem discipulis suis super omnia
daemonia et ut infirmitates sanarent, dicet quoniam non est secundum pote-
statem datam a salvatore adiurare daemonia: Iudaicum enim est. Hoc (etsi
aliquando a nostris tale aliquid fiat) simile fit ei, quod a Salomone scriptis
adiurationibus solent daemones adiurari. Sed ipsi, qui utuntur adiurationibus
illis, aliquotiens nec idoneis constitutis libris utuntur, quibusdam autem et de
Hebraeo acceptis adiurant daemonia".
93 In epoca moderna il Baronio, rigettando l'idea che gli scongiuri degli esor-
cisti provenissero dal giudaismo, impugna la lettura di Origene ed il suo col-
legamento con il divieto di giurare: C. BARONIUS, Anna/es ecclesiastici, vol. l,
p. 490, 10-25 (anno 56).
94 P. A. GRAMAGLIA, L'iniziazione cristiana in Origene, vol. l, p. 66.

95 0RIGENES, Contra Celsum, VI, 40.


96 E. R. GoooENOUGH, Jewish Symbols, vol. l, 68; 2, 226-238; 7, 198-200;
9, 1044-1067.
ORIGENE 449

inoltre, nel 11-m secolo si svilupperà su una base probabilmente


giudaica un'opera completamente dedicata al suo potere magico-
esorcistico, il Testamentum Salomonis 97 • Questa lunga tradi-
zione che condusse a dipingere il re Salomone come conoscitore
dell'arte magica e degli strumenti di lotta contro gli spiriti mal-
vagi98 si era evidentemente diffusa anche in ambiente cristiano.

6. La filosofia dei nomi


Vorrei ora soffermarmi sul tema della potenza dei nomi, pm
volte toccato nell'esposizione. Origene attribuisce infatti una forza
particolare al nome di Gesù e al nome di Dio, e una certa effica-
cia all'utilizzo dei nomi divini in lingua ebraica; gli stessi nomi,
tradotti in altra lingua, non sortiscono effetto alcuno. Si richiami
alla mente quanto già detto nei riguardi di Celso: secondo lui, i
cristiani si comportano come coloro che invocano i nomi degli dèi
in una lingua barbara, allo scopo di ingannare il popolo. Quest'abi-
tudine, per Celso, è frutto dell'inganno: per meravigliare coloro che
non conoscono i nomi stranieri degli dèi, si crea l'impressione di
invocare divinità segrete e particolari. In realtà si tratterebbe di
nomi che hanno un corrispettivo nella lingua greca, e che quindi
potrebbero essere tranquillamente tradotti. Origene, pur respin-
gendo l'accusa di stregoneria, non è disposto ad ammettere che
l'uso dei nomi sortisca lo stesso in qualunque lingua; in ciò, come
già visto a proposito dell' 'AÀ"Yj6~c; Myoc;, egli assume una posizione
chiaramente esplicata nel Corpus hermeticum e nel De mysteriis di
Giamblico. L'argomento del valore efficace dei nomi sacri è un por-
tato della teoria linguistica stoica che Origene condivide99 : i suoni
imitano per natura (x(X-r<X cpumv) le realtà che designano; ricevuti
per rivelazione, essi mantengono la loro forza evocativa solamente

97 Bibliografia in A. M. DENIS, lntroduction à la littérature, pp. 536-539; anche


E. ScHORER et alii, Storia del popolo giudaico, vol. 3/1, pp. 485-490. Un'edizione
commentata: P. BuscH, Das Testarnent Salornos.
98 Oltre alla bibliografia già fornita nel capitolo su Giustino, si vedano:
G. SALZBERGER, Die Salorno-Sage; L. GINZBERG, The Legends o{ the Jews, vol. 4,
pp. 149-154; P. PERDRIZET, Sphragis Salornonos; K. PREISENDANZ, Salorno;
S. GIVERSEN, Solornon und die Diirnonen; D. DuLING, Solornon; Io., The Legend
o{ Solornon; G. STEMBERGER, Salorno; B. BAGATTI, l Giudeo-Cristiani e l'anello.
99 Ma secondo N. JANOWITZ, Theories o{ Divine Narnes la posizione di Ori-
gene non è propriamente quella stoica, sebbene si avvicini ad essa.
450 CAPITOLO 18

se pronunciati come sono stati tramandati. "Il nome - infatti - è


la denominazione compendiosa che esprime l'essenza della cosa
nominata" 100 . La discussione sui nomi è chiaramente modellata sul
Cratilo di Platone, dove si affrontavano le due posizioni di Demo-
crito ed Eraclito; si trattava di un tema filosofico dibattuto e per
nulla marginale, dibattito al quale Origene prende parte con una
scelta opposta a quella di Celso, il quale riteneva che la lingua in
cui veniva nominata una divinità fosse ininfluente 101 . Già Clemente
di Alessandria aveva affermato che "gli uomini credono che le pre-
ghiere recitate in lingua barbara siano più potenti 102 "; ecco come
Origene espone il proprio pensiero:
Nella presente questione rientra un argomento profondo e miste-
rioso, quello riguardante la natura dei nomi: se, come pensa Aristo-
tele, i nomi sono per convenzione (6éaet) oppure, come pensano i
discepoli della Stoà, per natura (<puaeL), in quanto i primi vocaboli
imitano le cose a cui si conformano i nomi; e in accordo con questa
dottrina gli stoici introducono alcuni principi fondamentali dell'eti-
mologia; o, come insegna Epicuro, in maniera differente da come
pensano i discepoli della Stoà, i nomi sono per natura, in quanto
i primi uomini hanno espresso alcuni vocaboli in conformità alle
cose. Dunque, se noi potessimo, nella questione presente, precisare
la vera natura dei nomi efficaci, alcuni dei quali sono usati dai saggi
fra gli egiziani, o dagli eruditi fra i maghi dei persiani, o dai brah-
mani o dai samanei tra i filosofi degli indiani, e così per ciascuno
dei popoli, e fossimo in grado di dimostrare che la cosiddetta magia
non è, come pensano i discepoli di Epicuro e di Aristotele, una pra-
tica assolutamente incoerente, ma, come dimostrano gli esperti in
questa arte, un sistema coerente, che possiede principi noti soltanto
a pochissimi, allora, noi diremmo che il nome Sabaoth, Adonai e
tutti gli altri tramandati presso gli ebrei con grande solennità non
si basano su realtà comuni e create, ma su una dottrina misteriosa
e divina che è riferita al Creatore dell'universo. Per questo motivo
questi nomi hanno potere quando sono pronunciati secondo un con-

100 ORIGENES, De oratione, 24, 2: "OVO(J.OC To(vuv ecrTt xe:q>OCÀOCLfu81jç 7tpocrljyo-


p(oc njç t8(ocç 7toL6Tl)TOç Tou ÒVO!J.OC~O(J.Évou 7tocpoccrTocTLx-Yj.
101 Su questo dibattito, di cui ho già trattato a proposito di Celso, si veda in
generale P. RoTTA, La filosofia del linguaggio, pp. 3-64 e 83-87; in particolare
su Origene, J. DILLON, The Magica/ Power of Names; N. JANOWITZ, Theories of
Divine Names; M. HARL- N. DE LANGE, Origène. Philocalie 1-20, pp. 447-457;
F. MosETTO, l miracoli, pp. l 13-114. In generale, H. BIETENHARD, "Ovof.LOC.
102 CLEMENs ALEXANDRINus, Slromala, I, 21, 143, 6: Tcìç e:ùxcìç Of.LOÀoyoucrtv
ot &v6pw7toL 8uvocTwTÉpocç e:lvocL TtÌç ~ocp~ocp<p q>wvji Àeyo!J.Évocç.
ORIGENE 451

catenamento (e:LpfLou) che li tiene legati insieme, mentre altri nomi


soltanto se proferiti in lingua egiziana per certi dèmoni, che hanno
soltanto determinati poteri, o altri ancora se espressi nella lingua
dei persiani per altri dèmoni ancora, e così per ciascun popolo. E
allora si scoprirà che i nomi dei dèmoni terrestri, che hanno rice-
vuto in sorte differenti luoghi, sono proferiti in maniera conforme
alle lingue del luogo e del popolo 103 •

Questa interpretazione chiarisce il motivo per cui Origene attri-


buisce una forza ai nomi pronunciati nella giusta lingua:
Ancora sull'argomento riguardante i nomi bisogna dire che gli
esperti nella pratica degli incantesimi (Èmp8wv) raccontano che
pronunciare lo stesso incantesimo nella propria lingua significa
compiere ciò che l'incantesimo promette. Tradurlo invece in qualsi-
voglia altra lingua significa vederlo privo di forza e di potere. Così,
non i significati attribuiti alle cose, ma le qualità e le proprietà dei
suoni (ciÀÀ' cxt -r:wv (j)Wvwv 7toL6TYJTEç xcxl. t8L6TYjnç) possiedono un
certo potere per compiere questa o quest'altra cosa 104 •

La lingua ebraica e i nomi divini pronunciati in ebraico rispon-


dono pienamente a questa necessità, essendo l'ebraico la lingua ori-
ginale e divina che gli uomini tutti anticamente parlavano, prima
dell'episodio di Babele: gli ebrei hanno conservato tale lingua "fin
dall'inizio, in quanto non si sono mossi dall'oriente" 105 •
Il tema dei nomi è affrontato anche altrove, nella Esortazione
al Martirio (indirizzata nel 235 circa al diacono Ambrogio e al
prete Protetto, che soffrivano per la persecuzione di Massimino il
Trace 106), in un contesto non apologetico:
Alcuni, inoltre, pensando che i nomi siano solo una convenzione
(6Écre:L) e non abbiano alcun rapporto di natura con le cose che essi
definiscono, credono del tutto indifferente se uno dice: "Venero il
Dio sommo o Zeus oppure Giove", o anche: "Credo e venero il sole
o Apollo e la luna o Artemide, e lo spirito della terra o Demetra e
quante altre divinità proclamano i sapienti tra i greci". A costoro
si deve rispondere che esiste una dottrina anche sui nomi molto
profonda e arcana: chi vi si è addentrato constaterà che, se i nomi
esistessero solo in base a una convenzione, quelli che chiamiamo

103 0RIGENES, Contra Celsum, l, 24. Traduzione di Pietro Ressa.


104 0RIGENES, Contra Celsum, I, 25. Traduzione di Pietro Ressa.
105 ORIGENES, Contra Celsum, V, 31. Su questo concetto nei suoi sviluppi
posteriori, cfr. P. RoTTA, La filosofia de/linguaggio, pp. 78-83.
106 Cfr. E. DAL CovoLo, Martirio, con bibliografia.
452 CAPITOLO 18

dèmoni o le altre potenze per noi invisibili non potrebbero ubbidire


a coloro che pur non conoscendoli tuttavia li chiamano come se i
loro nomi fossero convenzionali. Ora, certi suoni, sillabe e nomi pro-
nunziati con aspirazione aspra o dolce o allungati oppure contratti
ci evocano quelli che sono chiamati, forse in virtù d'una natura
(cpucret) a noi ignota. Se così è ed i nomi non esistono solo per con-
venzione, dobbiamo chiamare il sommo Dio con nessun altro titolo
da quello che usarono il suo servo <Mosè>, i profeti e lo stesso Sal-
vatore e Signore nostro, come: Sabaoth, Adonai, Shaddai; oppure
anche: Il Dio di Abramo, il Dio di !sacco, il Dio di Giacobbe. Questo
è il mio nome in eterno, dice la Scrittura, con questo sarò ricordato
per tutte le generazioni (Es 3, 15). Non dobbiamo infine sorpren-
derei se i demòni attribuiscono i loro appellativi al sommo Dio, per
essere adorati come lo è il sommo Dio: è quanto non usano fare il
nostro servo Mosè, i profeti e Cristo, adempimento della Legge, ed
i suoi apostoli 107 •
Questo passo non si riferisce esplicitamente al rituale di esorci-
smo, ma prevede anche per i cristiani l'evocazione del nome di Dio
con le espressioni Sabaoth, Adonai, Shaddai e Il Dio di Abramo,
il Dio di !sacco, il Dio di Giacobbe; non è quindi improbabile che
anche gli esorcisti cristiani potessero servirsi di queste invoca-
zioni che Origene stesso attribuisce ad esorcisti e incantatori ebrei
e pagani. Ecco come Gustave Bardy riassumeva la concezione di
Origene sul potere dei nomi contro le potenze demoniache:
Ciò che è indubbio è che Origene credeva alla magia ed all'effi-
cacia delle formule magiche. Una teoria filosofica sull'origine del
linguaggio e il significato delle parole gli serviva a spiegare il valore
delle formule. Più ancora la credenza profonda che egli aveva nel
potere dei demoni e nella loro attività nel mondo, gli permetteva di
comprendere che gli uomini potevano entrare in rapporti con questi
spiriti malvagi al punto da diventare in certi casi da essi posseduti.
Il Salvatore aveva recato nel mondo il rimedio contro i demoni,
aveva distrutto il loro imperio: invocando il suo nome, i cristiani
dominavano le potenze del male e si appropriavano dei benefici
della salvezza 108 •

Esiste però un passo del Contra Celsum in cui Origene pone dei
limiti all'importanza della potenza dei nomi:

107 0RIGENES, Exhortatio ad martyrium, 46. Traduzione di Normando Anto-


niono.
ws G. BARDY, Origène, p. 142.
ORIGENE 453

Poi, dimenticando di parlare dei cristiani, che sono i soli che pre-
gano Dio attraverso Gesù, confondendo dottrine diverse tra loro ed
attribuendole irrazionalmente ai cristiani, Celso afferma: Se li si
nomina in una lingua barbara, essi avranno potere, se in greco o in
latino, non lo hanno più. Dimostri allora chi noi nominiamo in una
lingua barbara per chiamarlo in nostro aiuto e si faccia persuaso
dell'inutilità di queste affermazioni di Celso contro di noi chi con-
sidera che la maggior parte dei cristiani non si serve nelle proprie
preghiere neppure di quei nomi che si trovano assegnati a Dio nelle
sacre Scritture, ma che i greci si servono di parole greche, i romani
di parole latine e cosi ciascuno secondo la propria lingua prega Dio
e lo celebra come può. E il Signore di ogni lingua ascolta quelli
che pregano in ogni lingua, come si ascoltasse, per cosi dire, una
voce unica per quanto riguarda ciò che viene significato, anche se
espressa in lingue differenti. Infatti, il Dio al di sopra di tutte le
cose non è uno di quelli che hanno ereditato una lingua barbara o
greca e non conoscono le altre, o non si preoccupano di quelli che
parlano in altre lingue 109 •
Evidentemente, spinto dalla polemica contro Celso, a questo
punto Origene sente la necessità di confutare l'accusa del suo inter-
locutore sull'uso dei nomina barbara; e quindi, a completamento
di quanto aveva sostenuto sull'importanza dell'utilizzo dei nomi
ebraici nella lingua di origine, richiama l'attenzione sulla possibilità
di Dio di ascoltare ed esaudire ogni preghiera a lui rivolta in qual-
siasi idioma. Dio non necessita di una lingua particolare, essendo
egli in grado di comprendere qualunque espressione umana, in qua-
lunque lingua, cogliendone sempre il significato.

7. Origene e la magia
Durante tutta la sua requisitoria contro l'opera di Celso, Origene
è costretto a difendere Gesù ed i cristiani dall'accusa di magia 110 •
La sua apologia, però, non nega la realtà della magia, anzi, la con-
ferma, a dispetto dello scetticismo di peripatetici ed epicurei:
La cosiddetta magia ((.Locy&(oc) non è, come pensano i discepoli di
Epicuro e di Aristotele, una pratica assolutamente incoerente, ma,

109 0RIGENES, Contra Celsum, VIII, 37. Traduzione di Pietro Ressa.


110 Cfr. G. SFAMENI GASPARRO, Origene e la magia. Anche A. MoNACI, Magia;
E. V. GALLAGHER, Divine Man or Magician?; F. MosETIO, I miracoli evangelici,
pp. 109-128. In generale, D. E. AuNE, Magie in Early Christianity (2 articoli).
454 CAPITOLO 18

come dimostrano gli esperti in questa arte, un sistema coerente,


che possiede principi noti soltanto a pochissimi 111 •
A causa di questa sua posizione Origene verrà accusato ingiusta-
mente di aver persino approvato la pratica dei presagi e dell'astro-
logia; in realtà egli non ammette l'influenza degli astri sulla vita
umana, che sarebbe lesiva del libero arbitrio 112 •
Ma su un altro punto, la sua incertezza è grande: è quando si
tratta delle pratiche magiche che esercitano un'influenza diretta sui
demoni. Origene ha letto nella Scrittura che tra i maghi d'Egitto
se ne trovano di più potenti e di meno potenti; i racconti che gli
sono stati fatti o la sua esperienza personale lo hanno confermato
in questa credenza, e del resto egli sa che si sono uditi bambini pro-
fetizzare in versi sotto l'influenza dei demoni o essere posseduti da
questi spiriti maligni. Non c'è quindi ragione per negare i fenomeni
magici, e non si può scherzare con la magia 113 •

Origene affronta il tema della magia collegandolo a quello


dell'azione dei demoni (8oc((love:ç, assai più raramente 8ocL(l6VLoc),
spiriti avversi costituiti da un corpo aereo o sottile e dotati di
libero arbitrio i quali, differentemente da quanto ritiene Celso sulla
scia della tradizione neoplatonica, sono intrinsecamente tutti mal-
vagi114.
Quale sia la natura dei dèmoni è manifestato anche da quelli che
invocano i dèmoni per i cosiddetti filtri (<p(À't'poLç), per dei malefici
(fLta-fJ6potç), per impedimenti di azioni o per infinite cose del genere.
Queste cose compiono quelli che hanno appreso ad invocare i dèmoni
attraverso formule e incantesimi (8t' Èmpòwv xoct fLIXyyocve:twv) e a
obbligarli a compiere ciò che essi desiderano. Perciò il culto di tutti
i dèmoni è estraneo a noi, che veneriamo il Dio al disopra di tutte
le cose. E il culto dei cosiddetti dèi è un culto di dèmoni, poiché
tutti gli dèi delle nazioni sono demòni (Sal 95, 5)n 5 .

ttt 0RIGENES, Contra Celsum, l, 24. Traduzione di Pietro Ressa.


112 Cfr. A. MoNACI, Astri; EAD., Origene predicatore, pp. 130-137.
ll3 H. LECLERCQ, Magie, col. 1080.
114 Sulla demonologia di Origene, A. MONACI, Diavolo; EAD., La demonolo-
gia di Origene; EAD., Origene predicatore, pp. 156-167; EAD., Il diavolo e i suoi
angeli, pp. 353-463, ampia selezione di testi con commento; S. BETTENCOURT,
Doclrina ascetica; H. CROUZEL, Ce/se el Origène; lo., Diab/es el démons; E. FER-
GUSON, Origen's Demonology.
ns 0RIGENES, Contra Ce/sum, VII, 69. Traduzione di Pietro Ressa.
ORIGENE 455

E ancora, sulla magia demoniaca:


Si vede che ci sono dei dèmoni cattivi i quali, invocati dai maghi,
li assistono per il male, non per il bene; infatti sono pronti a fare il
male, ma non sanno fare il bene 116 .
Origene, quindi, crede nell'efficacia della magia, ma la connette
con l'operato dei demoni malvagi. Dall'altro lato, egli prende le
distanze da coloro che considerano del tutto incoerente (occrucr-roc-roç)
la teoria magica, per lo meno per quanto riguarda la teoria dei nomi.
Questo punto di contatto con il mondo della magia ellenistica ha
indotto certi critici ad affermare che Origene condivide semplice-
mente le concezioni magiche del suo tempo 117 . Adolf Harnack non
risparmiò critiche verso queste credenze nei demoni e nell'efficacia
della magia da parte dell' Adamanzio:
La credenza nei demoni era come una rete nella quale cristiani e
pagani si impigliavano sempre più; e mentre nel dogma e nella filo-
sofia religiosa si diradavano le nebbie del politeismo e si elaborava
un monoteismo sublime, nella vita, gli uomini si immergevano sem-
pre più miseramente negli abissi della superstizione, nelle fantasti-
cherie di un sognato modo di spiriti 118 .

Altri invece, come Francesco Mosetto, hanno cercato di ricollo-


care la demonologia di Origene nella scia della tradizione biblico-
cristiana, sottolineando il fatto che il ruolo dei demoni nella magia
era un dato acquisito dell'insegnamento ecclesiastico, che creava
tra magia e miracolo una distinzione intransigente:
Tale intransigenza si esprime in Origene nella polarizzazione tra
le due realtà: la magia, e il politeismo che le è affine, è culto dei
demoni, attività che poggia sulla loro cooperazione. Meglio che di
credenze magiche si dovrebbe pertanto parlare di opposizione fron-
tale alla magia, secondo una precisa diagnosi teologica del feno-
meno119.

116 ORIGENES, In Numeros homiliae, 13, 5, 3. Traduzione di Maria Ignazia

Danieli.
117 Cfr. A. MmRA-STANGE, Celsus und Origenes, pp. 104-113; N. BROX, Magie
und Aberglaube, pp. 161-166.
118 A. 1-IARNACK, Missione e propagazione, p. 109.

119 F. MosETTO, I miracoli evangelici, p. 115. Cfr. anche G. BARDY, Origène


ella magie.
456 CAPITOLO 18

Questa valutazione ha certamente il pregio di rispettare l'in-


tenzione e la visione della realtà dello scrittore cristiano, il quale
mostra di ritenere che vi sia una differenza tra magia e miracolo: la
magia persegue l'intento di manipolare le forze soprannaturali indi-
pendentemente dall'atteggiamento di fede e adorazione dell'unico
Dio, servendosi invece dell'intervento dei demoni. Anche il punto
in cui Origene appare più vicino alle concezioni della magia elleni-
stica, quando tratta dell'uso efficace dei nomi divini, è sviluppato
dall'autore nello sforzo di conciliare la filosofia greca del linguag-
gio con la testimonianza della Sacra Scrittura e della tradizione
ecclesiastica. Quello che secondo Origene rende magica l'invoca-
zione di un nome non è la credenza nell'efficacia del nome stesso,
ma piuttosto la volontà di ottenere un risultato non con l'aiuto
del vero Dio, ma per intercessione dei demoni. Ciò che distingue
l'uso dei nomi pagano ed ebraico-cristiano è pertanto la differente
forza soprannaturale che interviene ad esaudire l'invocazione. In
questo modo "quelli che venerano il Dio supremo attraverso Gesù
secondo il cristianesimo, e che vivono secondo il suo Vangelo,
servendosi ininterrottamente come conviene di giorno e di notte
delle preghiere prescritte, non sono catturati né dalla magia né dai
demoni" 120 • Origene può così salvaguardare la credenza nella reale
efficacia della magia, sulla base della tradizione biblica:
Anche la Scrittura indica che l'arte magica esiste, ma proibisce di
servirsene. Così la Scrittura indica che esistono i dèmoni, ma vieta
di venerarli e pregarli. Giustamente dunque vieta anche di servirsi
dell'arte magica, poiché i ministri dei maghi sono gli angeli ribelli,
gli spiriti maligni e i demòni immondi; giacché nessuno degli spiriti
santi obbedisce ad un mago. Un mago non può invocare Michele,
non può invocare Raffaele né Gabriele; molto di più un mago non
può invocare il Dio onnipotente, né il suo figlio Gesù Cristo nostro
Signore, né il suo Santo Spirito. Soltanto noi abbiamo ricevuto il
potere di invocare il suo unigenito Gesù Cristo 121 .

120 0RIGENES, Contra Celsum, VI, 41: Ot XOC't"OC xp~cr't"tOC\ILGfJ.Ò\1 ~t!Ì 't"OU 'I l)-
crou TÒ\1 1bd 1t/icrt 6e:pacm:UO\ITE:ç @e:Ò\1 xacl ~LOU\Inç XOC't"OC TÒ e:ÙacyyÉÀL0\1 acÙ-rou
-racf.'c; 7tpocr-racx6e:lcractc; -re: e:ùxacf.'c; cruve:xécrnpov xacl ~e:6v-rwc; vux-ròc; xacl ~fJ.Épacc;
XPWfJ.E\IOt o\ln fJ.OCye:l~ o\1-re: ~OCLfJ.O\I(otc; dcrlv &:ì.w-roL Traduzione di Pietro
Ressa. Cfr. Ap 7, 12: "Per questo si trovano davanti al trono di Dio e lo ser-
vono notte e giorno nel suo tempio".
121 0RIGENES, In Numeros homiliae, 13, 5, 2. Traduzione di Maria Ignazia
Danieli.
ORIGENE 457

La distinzione, che può avere un valore per i cristiani, appare


poco convincente per chi volesse identificare senz'altro la magia
pagana e i racconti di guarigione, gli esorcismi e i miracoli di
Gesù e dei suoi seguaci. È quanto fa Celso, il quale non ritiene
che vi sia differenza tra gli stregoni e lo stesso Gesù; Origene,
una volta accettata l'esistenza della magia pagana, è costretto a
fornire una spiegazione del soprannaturale connessa con la vec-
chia religione, ben consapevole che "era difficile fare breccia nella
credulità pagana verso i miracoli con una concezione cristiana
intorno ai medesimi" 122 • L'Alessandrino propone allora un crite-
rio discriminante già noto, basato su considerazioni riguardanti il
procedimento, le circostanze e lo scopo degli atti soprannaturali.
Per quanto riguarda i procedimenti, Origene contrappone l'uso di
incantesimi, di filtri, erbe e svariati oggetti alla semplice preghiera
ed invocazione del nome di Dio; quanto alle circostanze, egli pone
l'accento sul disinteresse, sulla gratuità e sulla moralità di chi agi-
sce in nome del vero Dio; il fine dei cristiani e degli ebrei, poi, è
quello della conversione ad una vita di fede e di buoni costumi.
Queste sono le principali argomentazioni che Origene sfrutta per
rigettare l'accusa di magia formulata da Celso, ottimamente rap-
presentate dai tre passi qui riprodotti:
In quanto utile ai suoi intenti, Celso assimila ciò che si racconta su
Gesù alle azioni derivanti dalla magia. E sarebbero simili, se Gesù
le avesse mostrate esibendole come fanno i maghi. Ora però, nes-
sun ciarlatano con i suoi prodigi invita gli spettatori a un migliora-
mento dei propri costumi, né educa al timore di Dio quelli che sono
sbigottiti da ciò che lui fa vedere, e neppure si sforza di persua-
dere quelli che lo hanno visto a vivere come uomini che saranno in
futuro giudicati da Dio. I ciarlatani non fanno nulla di tutto ciò, in
quanto non possono, oppure perché né vogliono né desiderano darsi
da fare per il miglioramento degli uomini, perché essi stessi sono
colmi dei peccati più vergognosi e più indegni. Gesù, invece, dal
momento che invitava, attraverso i miracoli che compiva, coloro
che li vedevano a un miglior comportamento, come non è verosi-
mile che si presentasse non solo ai suoi veri discepoli, ma anche agli
altri uomini come modello di vita eccellente? 123
Ma una volta che accettiamo l'esistenza della stregoneria e della
magia, esercitata da dèmoni malvagi, allettati con invocazioni

122 J. SPEIGL, Die Rolle der Wunder, p. 305.


123 ORIGENES, Contra Celsum, l, 68. Traduzione di Pietro Ressa.
458 CAPITOLO 18

magiche ed obbedienti a uomini che sono maghi, ne consegue che si


debbano trovare fra gli uomini anche le opere provenienti da una
potenza divina. Per quale motivo allora non esamineremo rigorosa-
mente quelli che promettono miracoli considerando la loro vita, i
loro costumi e le conseguenze dei miracoli, se essi mirano al danno
degli uomini oppure al loro miglioramento morale? Chi, seguendo
i dèmoni, compie tali opere attraverso certi incantesimi e magie,
e chi invece, dopo essere stato davanti a Dio, in un luogo puro e
santo, nella sua anima, nel suo spirito e credo anche nel suo corpo,
dopo avere ricevuto uno spirito divino, compie tali azioni per
beneficare gli uomini e per esortarli a credere nel vero Dio? Ma se
bisogna ricercare, senza pregiudizi causati dai miracoli, chi compie
tali opere in base al bene e chi in base al male, per non disprez-
zarle tutte o per non ammirarle e accettarle tutte in quanto divine,
come allora non risulterà evidente, in base agli eventi di Mosè e di
Gesù, dal momento che interi popoli si sono formati per effetto dei
loro miracoli, che costoro hanno compiuto attraverso una potenza
divina le opere che è stato riportato che hanno compiuto? Infatti,
la malvagità e la magia non avrebbero potuto formare un popolo
intero, che non si è curato soltanto delle statue e delle costruzioni
degli uomini, ma anche di ogni natura mortale, e sale fino al prin-
cipio increato del Dio dell'universo 124 .
È chiaro a chi è capace di comprendere anche solo un po', che il
comportamento naturale e semplice, che proprio per questo è con-
sacrato al Dio al di sopra di tutte le cose, sarà accetto a Dio e a
tutti quelli che gli sono familiari. Invece il comportamento che, per
la salute del corpo, l'amore verso il corpo e il successo nelle azioni
indifferenti ricerca i nomi dei dèmoni e indaga come attirarli attra-
verso certi incantesimi, sarà lasciato da Dio, in quanto malvagio,
empio e demoniaco piuttosto che umano, ai dèmoni che ha scelto
colui che ha pronunciato questi incantesimi, perché sia lacerato dai
ragionamenti suggeriti da ciascuno di loro o da altri malP 25 •

Si possono ora più agevolmente riassumere i diversi criteri con


i quali Origene distingue il vero miracolo dall'opera di magia 126 : la
personalità del taumaturgo, modello di pietà e di santità; i mezzi
usati, dove all'uso di incantesimi e oggetti magici si sostituisce il
semplice esercizio della fede come condizione principale; lo scopo,
che è quello di elevare la vita spirituale degli uomini; l'orizzonte
religioso, che rifiuta il culto dei demoni e si rivolge all'adorazione

124 0RIGENES, Contra Celsum, II, 51. Traduzione di Pietro Ressa.


125 0RIGENES, Contra Celsum, VIII, 61. Traduzione di Pietro Ressa.
126 Cfr. F. MosETTO, I miracoli evangelici, pp. 126-127.
ORIGENE 459

dell'unico Dio. Sono caratteristiche proprie della figura di Gesù ma


anche di tutti i guaritori ed esorcisti cristiani ai quali Origene fa
riferimento: essi operano, in ultima istanza, per il vantaggio spi-
rituale dell'umanità. D'altra parte, ciò che è utile (cru!J.cpÉpov) per
l'uomo "è la virtù e l'agire secondo virtù" 127 : Origene abbraccia il
punto di vista dell'etica stoica, secondo la quale la virtù costituisce
il compimento stesso della natura razionale degli uominP 28 •

8. Esorcisti e posseduti (persone, animali e cose)


Dagli scritti di Origene non risultano informazioni sull'identità
di chi compiva esorcismi, né si possono evincere particolari incari-
chi o ordini ecclesiastici. Esorcisti, taumaturghi e profeti sono detti
agire per opera dello Spirito Santo:
Tracce di questo Spirito Santo, visto in forma di colomba, soprav-
vivono fra i cristiani che incantano dèmoni, compiono numerose
guarigioni e secondo la volontà del Verbo hanno visioni degli eventi
futurP 29 •
Bisogna però notare che Origene ha sviluppato una dottrina
della Chiesa primariamente sotto il suo aspetto spirituale, ed i rife-
rimenti alla Chiesa visibile si affacciano per lo più incidentalmente
all'interno dei commentari esegeticP 30; non è quindi del tutto certo
se egli abbia omesso di collegare la pratica esorcistica a qualche
ordine clericale per disinteresse, o perché effettivamente questo col-
legamento non sussisteva. Certo Origene sottolinea l'aspetto cari-
smatico dell'esorcismo, una capacità o meglio un "potere miraco-
loso che si riceve per mezzo della fede" 131 • Gli esorcisti sono infatti

127 ORIGENES, Contra Celsum, VIII, 62: ~U(.Lq>Épov &:pe:-rlj Èo--rt xoc! ~ xoc-r' &:pe:-
TI)v 7tpii~tç.
128 Cfr. H. CHADWICK, Origen, Celsus and the Stoa, p. 45.
129 ORtGENES, Contra Celsum, l, 46: Koc! ~..L txvlJ -rou &:ylou Èxe:[vou VEU(J.OC- rr
-roç, 6qJ6év-roç Èv e:t8e:t 7te:pto--re:piiç, 1tocpoc Xpto--rtocvo"i.'ç o-<f>~e:-roct È~e:1t~8oum 8ocl-
(.1-0vocç xoc! 7tOÀÀCÌ<; tlio-e:t<; Èm-re:Àouo-t xoc! òp&o-l nvoc xoc-roc -.ò ~oUÀlJ(.LOC -rou
A6you 7te:p! (.Le:ÀÀ6nwv.
°
13 Cfr. G. SGHERRI, Chiesa; lo., Chiesa e sinagoga; A. VtLELA, La condition
collégiale, pp. 44-156; H. J. VoGT, Das Kirchenverstiindnis; T. ScHAFER, Das
Priester-Bild; C. ALESE, Origène et l'Église visible.
131 ORIGENES, Contra Celsum, III, 24.
460 CAPITOLO 18

destinatari di una particolare grazia, la grazia di guarire gli indemo


niati (x_<ipLç 6e:ptX7tEUELV 8tXL[J.OVWVTtXç) 132 •
Anche le informazioni sui destinatari degli esorcismi sono scarne;
colpisce però l'affermazione che i demoni possono essere scacciati
non solo dagli uomini, ma anche dagli oggetti inanimati:
Dunque i dèmoni credono di vendicarsi dei cristiani non perché li
vituperano, ma perché li scacciano dalle statue, dai corpi e dalle
anime degli uomini. Senza rendersene conto, Celso ha detto a que-
sto proposito una cosa vera: è infatti vero che le anime di coloro
che condannano i cristiani, che li tradiscono e si compiacciono di
combatterli, sono piene di dèmoni malvagP 33 •
La menzione delle statue va ricollegata alla polemica contro
l'idolatria, condotta contro coloro che adorano le statue degli dèi
i quali, secondo Origene, sono tutti demoni. Il portamento del
vero cristiano rifugge da ogni culto verso oggetti materiali, specie
quando essi possono essere "ricettacolo di ghiotti demoni che insi-
diano le cose inanimate" 134 . La medesima polemica antipagana si
rivolge contro l'osservazione e la venerazione di certi animali: per
l'Alessandrino sono pazzi ed ebbri coloro che si affrettano ai tem-
pli per adorare statue ed animali 135 • La condanna dell'idolatria e
dell'osservazione dei presagi degli animali viene così ricondotta alla
più generale condanna del culto dei demoni; e come essi possono
risiedere ed essere scacciati dalle persone, così possono anche dimo-
rare all'interno delle statue, in certi luoghi e in certi animali:
Noi ci guardiamo dall'onorare i dèmoni, a tal punto che li espel-
liamo dalle anime umane, dai luoghi nei quali dimorano e talvolta
anche dagli animali grazie alle preghiere ed agli insegnamenti tratti

132 0RIGENES, Commentarii in evangelium Matthaei, XIII, 6.


133 0RIGENES, Contra Celsum, VIII, 43: Où ~Àoccr<:p'Y)(J.OUV't'occ; oùv ocÀÀ' tX7tEÀocu-
vovTocc; IÌ:1tÒ Twv !;olivwv xoct Twv &:v6pw7ttvwv crw[J.IiTwv xoct ~Jiuxwv XptcrTtoc-
voùc; IÌ:[J.UVEcr6oct VO(J.t~oucrtv ot 8oct[J.OVEç. M~ vowv y<Xp 't'Ò yLv6(J.EVOV IÌ:ÀY)6tc; 't'L
o
xocT<X TÒv T67tov KtÀcroç dpY)XEV' IÌ:ÀY)6Èc; y<Xp TÒ cpocuÀwv 8txL(J.6vwv 7tÀY)pou-
[J.Évocc; 't'tXt;; 't'WV xocToc8txoc~6nwv Xptcr't'tocvoùc; l)iux<Xc; xoct 't'WV 7tpa8L86V't'WV xoct
't'WV EÙ8oxouv't'wv Xptcrnocvoi:c; 7tpocr7toÀE(J.Etv.
134 ORIGENES, Contra Celsum, VIII, 18: [ ... ] 8oct[J.6vwv Àtxvwv È<:pE8pEu6VTwv
Toi:c; &:l)iuxotc; 8Exnxtl.
135 ORIGENES, Contra Celsum, III, 76.
ORIGENE 461

dalle Sacre Scritture. Spesso infatti dèmoni agiscono in qualche


modo anche per la loro rovina 136 .
In un altro passo Origene fornisce una pm ampia spiegazione
di questo intervento demoniaco sugli animali di cui gli uomini si
servono per la divinazione, ammettendo apertamente la possibilità
che esistano animali posseduti dagli spiriti maligni:
Secondo noi alcuni dèmoni malvagi e, per così dire, titani o giganti,
dopo essere diventati empi nei confronti del vero Dio e degli angeli
del cielo e dopo essere caduti dal cielo, si aggirano sulla terra
intorno ai corpi più grossi e più impuri e possiedono una certa
chiaroveggenza riguardo agli eventi futuri, in quanto sono privi dei
corpi terrestri. Ed essi si impegnano a far questo, perché vogliono
distogliere dal vero Dio la stirpe degli uomini. Così essi si insinuano
negli animali più rapaci, nei più selvaggi e negli altri più crudeli, e
li spingono, quando vogliono, a ciò che vogliono, oppure volgono le
immaginazioni di tali animali verso determinati voli e movimenti.
E questo affinché gli uomini, conquistati grazie alla divinazione che
si trova negli animali privi di ragione, non ricerchino più Dio, che
abbraccia tutte le cose 137 •

Credo sia degno di attenzione anche un particolare che riguarda


la possessione degli uomini. Origene, infatti, individua due ambiti
dai quali i demoni possono essere allontanati con l'esorcismo:
l'anima (ljiux-YJ) e il corpo (<1Wf.11X) 138 • Questa specificazione non

136 0RIGENES, Contra Celsum, VII, 67: Koà -rocroih6v yt &.7to8Éo(J.tV -rou 6tpoc-
7tEUELV 8ocl(J.ovocc;, &cr-rE xocl à.7tEÀocuvttv ocÙToÙc; Eùxocl:c; xocl To"ì:c; à.1tò Twv ltpwv
yp<X(J.(J.IXTWV (J.OC6~(J.<XO"tv à.1tÒ Twv à.v6pw7tlvwv l)iuxwv xocl à.1tò Twv T67twv, Èv
ote; OCUTOÙc; l8puXOCO"LV, il:cr6' ISn 8È xocl à.7tÒ TWV ~<f>wv. n OÀÀIX.xtc; y~p È7tl -rji
ÀU(J.1l xocl Twv TotouTwv ÈvEpyoucr[ -rtvoc ol 8ocl(J.ovtc;.
137 0RIGENES, Contra Celsum, IV, 92: KocT~ 8È ~(J.iic; 8ocl(J.ovÉc; Ttvtc; qJ<XUÀot

xoc[, rv' o\lTwc; OVO(J..Xcrw, TLTIXVLxol ~ yty.XvTtoL, à.crt~t"ì:c; 7tpÒc; TÒ à.À1j6wc; 6t"ì:ov
xocl Toùc; Èv oùpocv<j) à.yyÉÀouc; ytytV1j(J.ÉVOL xocl 7ttcr6vnc; È~ oùpocvou xoct 7ttpl
T~ 7t1XXUTEpoc Twv O"WfLà.Twv xocl à.x.X6ocpToc È1tl yijc; xocÀtv8ou(J.tVOL, il:xovTÉc;
TL 7tEpl Twv (J.EM6vTwv 8wpocTtx6v, &n yu(J.vol Twv Y1Jtvwv crw(J.&-rwv Turx.Xv-
ovuc;, xocl 7ttpl -rò -rotou-rov il:pyov xocTocytv6(J.tVOL, ~ouÀ6(J.tVOL &.7t.Xyttv TOU
à.Àl)6tvou 0tou TÒ Twv à.v6p6mwv ytvoc;, \moMvovToct TWV ~<f>wv T~ &p7tocxn-
xcilupoc xocl à.yptcilupoc xocl &noc 7t<Xvoupy6npoc xocl xtvoumv ocÙT~ 7tpÒc; lì
~ouÀovToct, ISTE ~ouÀOVTOCL, ~ T~c; qJ<XVToccrlocc; Twv Totwv8l ~<f>wv TpÉ7toucrw È1tl
7t't"lJcrttc; XOCL XLVlJcrtLç TOt.icr8E· rv' !J.v6p<ù7tOL 81~ Tijç Èv TOLç à.J.6yotc; ~<f>otc;
iXÀtcrx6(J.tVOL (J.OCVTLxijc; 0tòv (J.ÈV TÒv 7tEptÉXOVTIX TIÌ iSÀoc (J.~ ~lJTWcrL. Traduzione
di Pietro Ressa.
138 Lo si è già visto in altri passi del Contra Celsum, l, 25 e VIII, 43.
462 CAPITOLO 18

è priva di significato. Secondo Origene, infatti, che si pone sulla


scia dell'esegesi paolina 139 , noi uomini "constiamo di anima, corpo
e spirito vitale" 140 • Questa concezione tripartita spirito-anima-
corpo si affianca al più consueto schema ordinario dell'opposi-
zione anima-corpo e rappresenta una corrispondenza perfetta con
i tre sensi delle divine Scritture: storico, morale e mistico. Origene
ritiene che la Bibbia stessa avvalori questa lettura: "Nelle Scrit-
ture troviamo detto con frequenza, e da parte nostra spesso se n'è
parlato, che l'uomo è spirito, corpo e anima" 141 , e in ciò l'Ales-
sandrino segue Giustino, Taziano ed Ireneo, distinguendo l'anima
dallo spirito 142 • L'anima ha una tendenza superiore chiamata vouç o
~ye:fLOV~x6v (facoltà egemone) o cuore, e una inferiore, più legata alla
sostanza corporea; lo spirito, invece, è l'elemento divino presente
nell'uomo, l'abitazione dello Spirito Santo, la sede della coscienza
morale che agisce come pedagogo del vouç. In quanto dono di Dio,
lo spirito non fa propriamente parte della personalità dell'uomo, e
non si assume la responsabilità dei suoi peccati; i peccati, peral-
tro, lo pongono in uno stato di torpore, di impedimento nella sua
azione nei riguardi dell'anima. È infatti l'anima la sede del libero
arbitrio, e sta ad essa decidere se adeguarsi alla condotta proposta
dallo spirito: adeguandosi, si assimila a lui, divenendo completa-
mente spirituale anche nella sua parte inferiore; rifiutando di ade-
guarsi, si volge al corpo, consegnando all'elemento inferiore il ruolo
egemonico che sarebbe proprio del vouç. La conseguenza di questo
cedimento è la fuga dello Spirito Santo dall'anima, ormai conse-
gnata al Maligno; lo Spirito Santo abbandona l'anima del peccatore
quando subentra il peccato, perché "non può sopportare parteci-
pazione e unione con lo spirito del male" 143 • L'anima è dunque il

139 l Ts 5, 23: "Tutto quello che è vostro, spirito, anima e corpo, si conservi

irreprensibile per la venuta del Signore nostro Gesù Cristo".


140 0RIGENES, De principiis, IV, 2, 4: "Ex anima constamus et corpore et

spiritu vitali".
141 0RIGENES, Commentarii in Epistulam ad Romanos, l, 21, 40-42: "Frequen-

ter in scripturis invenimus et a nobis saepe dissertum est quod homo spiritus et
corpus et anima esse dicatur". Traduzione di Francesca Cocchini.
142 Cfr. H. CROUZEL, L'anthropologie d'Origène; ID., Origene, pp. 129-136;

J. DuPUIS, L'esprit de l'homme; J. DIAZ SANCHEz-Cm, Justicia, pecado y filiaci6n,


pp. 289-310. Le ragioni scritturistiche sono esposte in H. DE LUBAC, Storia e
spirito, pp. 224-234. In breve, G. SFAMENI GASPARRO, Anima; EAD., Corpo.
143 0RIGENES, In Numeros homiliae, 6, 3, l.
ORIGENE 463

luogo privilegiato all'interno del quale possono dimorare lo Spirito


di Dio o il demonio:
Luogo santo è detta l'anima razionale (rationabilis anima), per cui
anche l'Apostolo dice: Non date luogo al diavolo (Ef 4, 27). La mia
anima, dunque, se agisco male è il luogo del diavolo; se agisco bene
è il luogo di Dio 144 •

Anche la tendenza inferiore dell'anima, che è stata aggiunta dopo


la caduta originale, può essere sottoposta alla nefasta influenza dei
demoni: essa corrisponde proprio alla tendenza di distogliersi dallo
spirito per legarsi all'attrazione del corpo, ed è il luogo degli istinti
e delle passioni.
Tenendo presente questa antropologia si può comprendere il
motivo per cui Origene attribuisce la possessione diabolica all'anima
o al corpo, e non allo spirito dell'uomo: quest'ultimo è la parte
divina che si conserva all'interno di ciascuno di noi, ed in quanto
tale è l'unica a non poter essere soggetta al dominio delle potenze
del male.

9. Possessione, peccato e libero arbitrio


Il carattere dell'attività demoniaca sull'anima umana non può
essere compreso a fondo se non viene pienamente inserito nel
contesto nell'antropologia e della demonologia origeniana. Nel
secondo capitolo del III libro del De principiis (composto prima
del 230), Origene affronta in maniera sistematica il tema delle
varie forme dell'esplicarsi dell'azione diabolica sull'uomo. La trat-
tazione si svolge in subordine al tema del libero arbitrio umano
('rò ~XÙn!;ouaLov), principio irrinunciabile che accomuna il pensiero
dell'Alessandrino a quello dei suoi conterranei Filone e Clemente 145 .
Respinte le posizioni del determinismo astrologico, Origene sente la
necessità di indagare il rapporto tra la libertà dell'uomo e l'opera
del diavolo, nell'intento di salvaguardare il valore dell'umana
responsabilità morale. Tra le tentazioni malvagie alle quali l'uomo
è sottoposto, infatti, non tutte sono ascrivibili ai demoni, ed alcune

144 0RIGENES, In Levilicum homiliae, 13, 5. Traduzione di Maria Ignazia


Danieli.
145 Sulla teologia origeniana del libero arbitrio, L. PERRONE, Libero arbitrio,
con bibliografia; R. CALONNE, Le libre arbitre; H. S. BENJAMJNS, Eingeordnete
Freiheit, e i saggi contenuti in Il cuore indurito, ed. L. PERRONE.
464 CAPITOLO 18

derivano da impulsi meramente naturali. Quale ruolo hanno allora


gli spiriti malvagi nella genesi del peccato? Essi sfruttano ogni
occasione loro fornita dalla debolezza della condizione umana per
subentrare e spingere l'uomo a dilatare oltre misura ogni stimolo
dell'intemperanza; una volta travalicata la misura, si cade nel pec-
cato, ed i diavoli agiscono affinché la loro vittima perseveri in esso
quanto più possibile146 • Per Origene, quindi, la cattiva inclinazione
umana e le potenze avverse posseggono entrambe una certa respon-
sabilità quali cagioni del peccato; egli si sofferma maggiormente
ora sull'aspetto psicologico, ora su quello demoniaco, a seconda
delle circostanze. Ciò su cui l'autore vuole insistere, è che non
viene mai a mancare la possibilità da parte dell'uomo di opporsi
all'influsso demoniaco: Dio infatti permette le tentazioni umane,
ma non più di quanto l'uomo possa resisterle 147 • Sta quindi a noi la
scelta: usare della facoltà del libero arbitrio nella maniera più cor-
retta, oppure lasciarci vincere dall'imperio dei sensi e dai demoni.
Con questi presupposti, Origene evita accuratamente di riversare
l'esclusiva responsabilità del peccato sulle potenze malvagie:
Il diavolo non prevarrebbe in nulla su di noi, se non gli fornissimo
forze con i nostri vizi; egli sarebbe assai debole contro di noi, se
non lo rendessimo forte peccando e se egli, a motivo dei nostri pec-
cati, non trovasse in noi spazio per entrare e dominare 148 •
Il tutto avviene sempre nel pieno rispetto della libera scelta,
che l'uomo è in condizione di esercitare con responsabilità fin dal
momento in cui è passato dalla giovinezza all'età della ragione; per
mezzo di essa egli ha la capacità di approvare o disapprovare i sug-
gerimenti del diavolo. Naturalmente, in questa continua battaglia
contro tutte le potenze avverse, è di importanza imprescindibile
il divino soccorso, senza il quale saremmo impotenti di fronte al
nemico. L'aiuto divino e la protezione delle potenze angeliche ser-
vono a controbilanciare il potere nefasto del demonio e a contra-

146 Su questi temi, cfr. L. PERRONE, Peccato; D. BARSOTII, Amore di Dio;

G. TEICHTWEITER, Di e Siindenlehre; J. A. ALCAIN, Cautiverio y redenci6n;


P. KùBEL, Schuld und Schicksal; G. SFAMENI GASPARRO, Origene; J. DiAz SANCHEZ-
Cm, Justicia, pecado y (iliaci6n; J. LAPORTE, Teologia liturgica, pp. 80-114.
147 Cfr. 1 Cor 10, 13: "Nessuna tentazione vi ha finora sorpresi se non umana;
infatti Dio è fedele e non permetterà che siate tentati oltre le vostre forze, ma
con la tentazione vi darà anche la via d'uscita e la forza per sopportarla".
148 ORIGENES, In librum Judicum homiliae, 3, 4.
ORIGENE 465

stare i vizi che si annidano nell'animo umano, i quali costituiscono


il nutrimento dei demoni e li spingono a permanere nell'anima
umana; ma in definitiva sono il retto agire e la fede a costituire
il più potente strumento antidemoniaco, per ottenere la vittoria
nella terribile tenzone che l'uomo è chiamato a sostenere, un vero
e proprio combattimento spirituale 149 • L'uomo virtuoso è in grado
di respingere gli strali demoniaci:
Anche noi non neghiamo che vi siano molti dèmoni sulla terra, ma
diciamo che essi esistono e hanno potere fra i malvagi per la loro
malvagità, ma non possono nulla nei confronti di coloro che si sono
rivestiti dell'armatura di Dio, hanno ricevuto la forza per opporsi
alle astuzie del diavolo e si esercitano continuamente a combattere
contro di loro 150 •

Con questa particolare teologia Origene riesce a salvaguardare


la libertà umana e la fede nell'attività maligna dei demoni. Ma
altrove si parla di vera e propria possessione o inabitazione dei
demoni, strettamente accomunata all'idea del peccato:
Chi è peccatore e impuro, è di molti, giacché molti dèmoni lo pos-
seggono, e perciò lo si chiama comune. Così, quello che nei V angeli
fu guarito dal Signore, interrogato: Come li chiami?, disse: Legione,
poiché siamo in molti (Mc 5, 9) 151 •

Il peccatore è quindi uomo communis, perché compie meretricio


con numerosi demoni. Persino gli atteggiamenti deprecabili sono
descritti come conseguenza di una possessione, della presenza di un
demonio che intorbidisce l'anima umana:

149 Su questo, cfr. S. BETTENCOURT, Doclrina ascetica, pp. 62-88; H. CROUZEL,

L'anlhropologie d'Origène.
150 0RIGENES, Contra Celsum, VIII, 34. Traduzione di Pietro Ressa.

l51 0RIGENES, In Levilicum homiliae, 5, 12: "Qui autem peccator est et


immundus, multorum est. Multi enim daemones possident eum et ideo com-
munis appellatur. Denique ille, qui in Evangeliis a Domino curatus est, cum
interrogatus esset: Quod tibi nomen est? dixit: Legio, multi enim sumus" (tra-
duzione di Maria Ignazia Danieli). Nello scritto di dubbia autenticità Traclalus
LIX in Psalmos, 90, 6, si afferma: "Molto semplicemente dico che il tempo in
cui il demone ha il sopravvento su di noi è quando pecchiamo. Sia che pec-
chiamo al mattino, il demone entra in noi; sia che pecchiamo di sera, o di
notte, o in qualunque ora, il demone entra in noi. Ma se non pecchiamo a mez-
zogiorno, egli non entra in noi" (traduzione Giovanni Coppa). Qui il linguaggio
è evangelico, e si richiama all'episodio del tradimento di Giuda, quando Satana
entrò in lui per spingerlo al tradimento (Gv 13, 27).
466 CAPITOLO 18

Anche noi possiamo attribuirci l'affermazione: Non ho un demonio,


ma saremmo smascherati come gente che nega di essere ossessa ma
è smentita dai fatti. E non è una prova che siamo ossessi quando
gridiamo a guisa di pazzi, arsi di rabbia e d'ira? O quando ci get-
tiamo sulle nostre consorti, furiosi e, per così dire, nitrendo a guisa
di cavalli in foia, trascurando tutte le parole di Dio sul dominio
delle passioni? O quando, abbattuti e rabbuiati, ci lasciamo trasci-
nare dal dolore, fino a perdere quel senso di letizia proprio di chi è
dotato di logos, dimenticando che senza il volere di Dio neppure un
passero cade nel laccio e che giusti sono i suoi giudizi su ogni sin-
gola cosa che capita agli uomini? In questi casi, che dire se non che
queste passioni si scatenano in noi perché c'è un demonio che ci
sopraffà e rende torbida la parte dominante della nostra anima? 152

Il peccato grave richiede dunque la presenza di un demone, anzi,


ciascun peccatore è posseduto da un Satana personale, secondo
quanto Origene ricava dai Testamenti dei XII patriarchi 153 ; l'inter-
pretazione realistica dei demoni del peccato è particolarmente pre-
ziosa, perché discende da una scuola esegetica piuttosto propensa
alla spiegazione allegorica. E ancora, l'anima che accoglie i demoni
dentro di sé, facendo allontanare gli angeli, compie meretricio con
essi:
Non prenderà una meretrice (cfr. Lev 21, 14). Qual è l'anima mere-
trice? Quella che accoglie presso di sé amanti, dei quali dice il pro-
feta: Ti sei fatta meretrice dietro i tuoi amanti (cfr. Ez 16, 28-33).
Chi sono questi amanti che entrano dall'anima meretrice se non

152 ORIGENES, Commentarii in evangelium Ioannis, XX, 331-333: T~v 8È


cpwv~v 8uv&fLe:6oc fLÈ'I xoct ~fLE'i'ç n-poe:vÉyxoca6ocL xoct ÀÉye:Lv· ~OCLfL6vwv oùx ~xw,
{ùÀ' èÀe:yx.61)a6(Le:6oc OfLOLWç -ro'i'ç &:pvl)O"otfLÉ'IoLç n-e: pt -ro\1 8otLfLOviiv xoct èv ocù-
-ro'i'ç -ro'i'ç n-pciy(Lotaw &:n-o8e:Lx6e:'ì:aLv &n ètjle:uaocv-ro. "H oùx ~Àe:yx.oç -ro\1 8otL(LO-
viiv ~(L ii c; 8-rocv fLEfL 1)'16-rwv xoc-rcia-rocaLv ~xovnc; ~OWfJ.E'I, &:n-ò 6ufLOU xoct òpy~c;
<pÀe:y6(Le:'IOL, ~ Àe:ÀUTT1)x6-re:ç, xoct <1lan-e:pe:t XPEfJ.ET(~ov-re:ç xliv -roc'i'c; t8(ocLç yot(LE-
-roc'i'ç 8LX1)'1 rn-n-wv 61)ÀUfLot'1<7!'1 èm~IXL'IU>fJ.E'I, èx~ciÀÀO'ITEç TOÒç 7tEpL li:n-oc6docç
Myouc; 0e:ou e:[c; -roc òn-(aw; ocÀÀÒt x&v -rocn-e:Lvot xoct auwe:cpe:'i'ç ùn-ò -r~ç ÀU7tl)ç
xoc6e:Àx6fLE'IOL xoct -rò (8Lov -r<7lv ÀoyLxwv yocupov ocn-oÀÉaocvnç èn-LÀocv6ocvwfLe:6oc
-ro\1 &ve:u E>e:o\1 a-rpou6wv fL'Ìl n-ln--re:w dç n-ocy(8oc xoct -ro\1 8(xocLot e:tvocL -roc n-e:pt
t'IÒç tXOCO"TOU -r<7lv O"UfL~OCL'16'1TU>'I ocv6pwn-mç xpLfLOCTOC, TL <p~O"OfJ.E'I ~ 8-rL xoct
-ro\1 8otLfLovlou ~fLiiç vLx~aocv-roc; xoct -rò ~YEfLOvLxÒv ~fJ.W'I 6oÀwaocnoç -roc\1-roc
n-ciaxofLE'I; Traduzione di Eugenio Corsini.
153 ORtGENES, Homiliae in lesu nave, 15, 6: "Possiamo ritrovare la medesima
opinione - cioè che occorre pensare ad un Satana per ciascun peccatore (per
singulos peccantes singuli Satanae) - anche in un altro libello, chiamato Testa-
mento dei XII patriarchi, sebbene non sia contenuto nel canone".
ORIGENE 467

le potenze avverse e i dèmoni, i quali concepiscono desiderio della


sua bellezza? Giacché l'anima è stata creata da Dio bella e molto
avvenente. Ascolta come Dio stesso dice: Facciamo l'uomo a nostra
immagine e somiglianza (Gen 1, 26). Vedi di quale bellezza e avve-
nenza è l'anima: ha l'immagine e la somiglianza con Dio. Quando le
potenze avverse, cioè il diavolo e i suoi angeli (cfr. Ap 12, 9), vedono
questa bellezza, bramano la sua avvenenza; e poiché non possono
diventare suoi sposi, bramano di fare meretricio con lei. Se dun-
que, o uomo, accogli nel letto dell'anima tua il diavolo adultero, la
tua anima ha commesso meretricio con il diavolo. Se accogli i suoi
angeli, i vari spiriti che possono indurti al peccato, la tua anima
ha commesso meretricio con loro; se lo spirito dell'ira, dell'invidia,
della superbia, dell'impudicizia è entrato nella tua anima e lo hai
accolto, se hai acconsentito a lui che parla nel tuo cuore, se ti sei
dilettato nelle cose che ti suggeriva secondo il suo consiglio, hai
commesso meretricio con luP 54 •

Qual è dunque la differenza tra un uomo che esercita il pec-


cato e un vero e proprio indemoniato, che presenta tutti i sintomi
dell'autentica possessione diabolica? Origene ha mostrato di cre-
dere e sapere che la possessione degli energumeni è possibile, ma
l'uso che egli fa della terminologia di ossessione non sembrerebbe
permettere una delimitazione chiara dei due ambiti. Una soluzione
può essere raggiunta se si riflette sulle diverse caratteristiche dei
peccati; non tutti sono uguali, e soprattutto non tutti sono gravi
allo stesso modo: vi è chiaramente una scala di gravità nei peccati,
e questo Origene lo ammette. Quanto più l'anima è intorbidita,

154 0RIGENES, In Leviticum homiliae, 12, 7: "Sed et meretricem non accipiet.


Quae est anima meretrix? Quae ad se recipit amatores, de quibus dicit pro-
pheta: Meretricata es post amatores tuos. Qui sunt isti amatores, qui intrant
ad animam meretricem, nisi contrariae potestates et daemones, qui desiderium
capiunt pulchritudinis eius? Pulchra namque a Deo creata est et satis decora.
Audi, quomodo ipse Deus dicit: Faciamus hominem ad imaginem el simililu-
dinem nostram. Vide, cuius decoris, cuius pulchritudinis est anima; imaginem
habet et similitudinem Dei. Hanc pulchritudinem contrariae potestates cum
adspiciunt, id est diabolus et angeli eius, concupiscunt speciem ipsius; et quia
non possunt sponsi eius fieri, meretricari cupiunt cum ea. Si ergo susceperis, o
homo, in cubiti animae tuae adulterum diabolum, meretricata est anima tua
cum diabolo. Si receperis angelos eius, si spiritus diversos, qui peccare te suade-
ant, meretricata est cum iis anima tua; si spiritus irae, si invidiae, si superbiae,
si impudicitiae ingressus fuerit ad animam tuam et receperis eum, consenseris
ei loquenti in corde tuo, delectatus fueris his, quae tibi secundum suam men-
tem suggerit, meretricatus es cum eo". Traduzione di Maria Ignazia Danieli.
468 CAPITOLO 18

quanto più l'uomo si orienta verso il male assecondando i suoi vizi


e le sue passioni, tanto più i demoni avranno libertà di azione e
godranno della capacità di assalirlo e spingerlo al peccato, sino ad
impadronirsi completamente di lui.
Paolo apostolo dice: Dobbiamo prestar maggiore attenzione a ciò che
abbiamo ascoltato per non perderei (Ebr 2, 1), e ancora: Non date
spazio al diavolo (Ef 4, 27), mostrando in tal modo che con un certo
atteggiamento o una certa qual accidia dell'animo si dà spazio al
diavolo. Egli, una volta entrato nel nostro cuore, o ci possiede o
almeno ci contamina l'anima, se non può possederci del tutto, lan-
ciandoci i propri dardi infuocati (Ef 6, 16); a causa di essi talora
veniamo lesionati con una ferita che scende in profondità, talora
restiamo solamente infiammati. Raramente e da parte di pochi
individui i suoi dardi infuocati vengono spenti, affinché non tro-
vino spazio per ferire, cioè quando uno è protetto dal sicurissimo e
fortissimo scudo della fede 155 •

Ne risulta che l'attività del diavolo all'interno delle persone può


assumere diversi connotati: un'influenza nefasta, una presenza che
induce al peccato, una contaminazione dell'anima. Quando lo spi-
rito malvagio inquina a tal punto l'anima dell'uomo da prendere il
controllo su di lui, ecco che la possessione diabolica diventa totaliz-
zante. C'è un passo del De Principiis che prende in considerazione
le due condizioni:
Si dimostra chiaramente e da molti indizi che l'anima umana, men-
tre risiede in questo corpo, può ricevere diverse azioni, cioè opera-
zioni di spiriti diversi, cattivi o buoni. Quelle degli spiriti cattivi
sono poi di due specie, ossia quando si impossessano del tutto della
mente nell'intimo, di modo da non permettere a coloro che posseg-
gono di intendere o sentire alcunché, come avviene ad esempio a
coloro che vengono chiamati energumeni dal volgo, che vediamo

155 0RIGENES, De principiis, III, 2, 4: "Paulus apostolus ait: Amplius debe-


mus intendere his, quae audivimus, ne forte effluamus, et cum dicit: Nolite dare
locum diabolo, ostendens per hoc quia certo quo opere vel certa qua desidia
animi locus diabolo datur ut cum semel ingressus fuerit cor nostrum, aut obti-
neat nos aut certe vel polluat animam, si non penitus obtinere potuerit, cum
ignita sua iacula iactat in nos; quibus aliquando quidem in altum descendente
vulnere sauciamur, aliquando vero tantummodo inflammamur. Raro certe et a
paucis quibusdam haec eius ignita iacula restinguuntur, ita ut locum vulneris
non inveniant, id est, cum quis munitissimo et validissimo scuto fidei fuerit
obtectus".
ORIGENE 469

impazziti ed insanP 56 , quali coloro di cui il Vangelo narra che furono


curati dal Salvatore; oppure, quando con suggestione nemica essi
depravano l'animo che sente ed intende per mezzo di vari pensieri
e persuasioni funeste, come ad esempio nel caso di Giuda, spinto
al crimine del tradimento dalla suggestione del diavolo, come la
Scrittura dichiara dicendo: Quando il diavolo aveva messo in cuore a
Giuda Iscariota, figlio di Simone, di tradir/o (Gv 13, 2) 157 •

È Origene stesso a differenziare chiaramente il caso della posses-


sione diabolica vera e propria dalle altre attività del demonio eser-
citate sulla persona, che partendo dall'ordinaria tentazione possono
spingersi sino all'infestazione personale. Purtroppo in questo passo
egli si limita a sottolineare la differenza tra i due tipi di opera-
zioni demoniache, senza chiarire quale sia il possibile rapporto che
le collega; ritengo però che sostanzialmente si tratti di due diverse
gradazioni della medesima attività demoniaca, che nel primo caso
ha raggiunto il culmine della propria malefica efficacia. Franz
Dolger ha denominato "possessione etica" la prima, e "possessione
corporale" la seconda:
Nella possessione etica lo spirito umano non è ancora completa-
mente legato, come avviene per i folli e gli insani; ma la posses-
sione etica può crescere eventualmente sino alla pazzia, trasforman-
dosi cioè nella cosiddetta possessione corporale 156 •
D'altra parte, è Origene medesimo a servirsi di una terminologia
del tutto simile per descrivere fenomeni che appartengono all'una
o all'altra specie di possessione: ciò significa che, a suo modo di

156 È forse questa una parafrasi di Rufino per rendere il semplice greco
ÈvEpyoÙfLEVOL?
157 0RIGENES, De principiis, III, 3, 4: "Manifeste ergo et ex multis indiciis
demonstratur quod humana anima, dum in hoc corpore est, recipere potest
diversas energias, id est inoperationes, spirituum diversorum malorum ao bono-
rum; et malorum quidem duplici specie, id est ve! tunc, cum penitus ex inte-
gro eorum possederint mentem, ita ut nihil omnino eos quos obsederint intel-
legere ve! sentire permittant, sicut exemplo sunt hi, quos vulgo energumenos
vocant, quos amentes et insanos videmus, quales et illi erant qui in evangelio
a salvatore curati esse referuntur, ve! cum sentientem quidem et intellegentem
animum cogitationibus variis et sinistris persuasionibus inimica suggestione
depravant, ut exemplo est Iudas ad proditionis facinus diaboli inmissione pro-
vocatus, sicut scriptura declarat dicens: Cum autem iam immisisset diabolus in
cor Judae Scariothis ut !raderei eum".
158 F. J. DOLGER, Der Exorzismus, p. 36.
470 CAPITOLO 18

vedere, non vi era una sostanziale differenza tra di loro, se non


nella qualità e nella gravità dei risultati.

10. Esorcismo e battesimo


Rimane da indagare la possibilità che Origene conosca la pratica
di un esorcismo inserito nel contesto dell'iniziazione cristiana 159 . La
ricerca non è certamente agevole, in quanto
Origene non era particolarmente orientato verso le funzioni liturgi-
che. Da un lato, il suo vero ministero è quello della parola. Dall'al-
tro, il suo spirito lo portava a vedere nei segni sensibili niente
altro che le ombre delle realtà spirituali, a cui non si doveva attac-
care160.

Questo non significa che il culto liturgico fosse ritenuto un


aspetto del tutto marginale o inutile: egli ha dedicato un trattato
specifico alla preghiera, e tutta la sua attività di predicatore si
svolge proprio all'interno della liturgia. Ciò che manca è il riferi-
mento alla ritualità, mentre abbondano le ricerche dei significati
spirituali per gli elementi tradizionali del culto 161 .
Per quanto è possibile evincere dai suoi scritti, Origene cono-
sceva un battesimo che prevedeva una preparazione catecumenale
la quale, come primo scopo, aveva l'abbandono completo dell'ido-
latria pagana allo scopo di rendere i gentili veri esseri Àoy~xo(, par-

159 Sul battesimo in Origene, vedi P. A. GRAMAGLIA, Battesimo; H. WIN-


DISCH, Taufe und Siinde, pp. 471-504; H. RAHNER, Taufe und geistliches Leben;
J. DANIÉLOU, Origene, pp. 78-88; H. CRouzEL, Origène el la struclure; C. BLANC,
Le bapléme d'après Origène; V. SAXER, Les riles de l'inilialion, pp. 145-194;
J. LAPORTE, Teologia liturgica, pp. 188-200; M. E. JoHNSON, The Rites o( Chris-
tian lnilialion, pp. 71-75; E. FERGUSON, Baplism in Early Church, pp. 400-428.
Per una raccolta di testi, A. BENOIT - C. MuNIER, Le bapléme dans l'Église
ancienne, pp. 134-171. C'è anche un'importante monografia: P. A. GRAMAGLIA,
L'iniziazione cristiana in Origene, vol. l. Su questo fecondo autore, spesso igno-
rato, è significativo il giudizio di Pierre Petitmengin: "Pier Angelo Gramaglia
è una sorta di La Cerda del nostro secolo: i suoi commentari, come quelli dei
gesuiti del siglo de oro, non possono essere negletti senza rischio, anche se pochi
avranno appetito abbastanza forte e occhi abbastanza penetranti per leggerli
da capo a fondo".
160 J. DANIÉLOU, Origene, p. 50.
161 Cfr. C. MAzzucco, 11 culto liturgico nel pensiero di Origene. Adolf Harnack
ha raccolto tutto ciò che le opere esegetiche contengono sulla vita della Chiesa:
Der kirchengeschichlliche Erlrag.
ORIGENE 471

tecipi del A6yoç divino, associati alla piena conversione morale e


religiosa. Il processo, che prevedeva la suddivisione in un gruppo
di iniziandi uditori e in un altro di catecumeni veri e propri, era
accompagnato dallo studio biblico e dall'istruzione nella dottrina
cristiana. Questo procedimento di progressiva conversione, !ungi
dall'esaurirsi in questo periodo propedeutico, costituiva il principio
di un processo evolutivo di crescita spirituale che sarebbe conti-
nuato anche al di là della realtà sacramentale del battesimo.
Origene spesso sottolinea che il battesimo produce il perdono dei
peccati; poiché per lui il peccato è strettamente legato all'influsso
demoniaco, il battesimo ha un dichiarato valore antidemonico.
Esso, tuttavia, non porta assolutamente ad una completa libe-
razione dal male: è proprio il battesimo il momento in cui inizia
un combattimento spirituale contro le potenze malvagie, al quale
da quel momento prendono parte anche le potenze angeliche. Da
parte loro, i demoni continueranno ad aggirarsi ed a vagare intorno
e dentro l'uomo divenuto cristiano. "Tutta la prospettiva battesi-
male è focalizzata sullo scatenarsi delle battaglie spirituali contro i
demoni" 162 • Conferma l'importanza del tema demonologico del bat-
tesimo la presenza del rito della rinuncia a Satana, molto probabil-
mente già in uso ad Alessandria all'epoca di Clemente:
Ogni fedele si ricordi quando in primo luogo è venuto alle acque
del battesimo (... ) quali parole ha usato allora e cos'ha dichiarato al
diavolo: che non avrebbe usato delle sue pompe e delle sue opere,
né in alcun modo si sarebbe prestato ai suoi servizi e voluttà 163 •
La rinuncia comportava certamente l'uso dei termini
ocrto-r<icr<rofL(XL e probabilmente di rt6fLrrYj ed lpy(X. Purtroppo,
avendo solamente conservato la traduzione latina di Rufino, non
si può stabilire con assoluta certezza se il formulario di Origene,
antecedente di un secolo, fosse il medesimo: accenni alla rinuncia,
infatti, si trovano in altri scritti, ma essi non permettono di ricosti-

162 P. A. GRAMAGLIA,L'iniziazione cristiana, vol. l, p. 31.


163 0R1GENES, In Numeros homiliae, 12, 4, 5: "Recordetur unusquisque fide-
lium cum primum venit ad aquas baptismi (... ) quibus ibi tunc usus sit verbis
et quid denuntiaverit diabolo; non se usurum pompis eius neque operibus eius
neque ullis omnino servitiis eius ac voluptatibus pariturum". Traduzione di
Maria Ignazia Danieli.
472 CAPITOLO 18

tuire una formulazione unica 164 . L'importanza della rinuncia è fon-


damentale, e dovrebbe indurre l'uomo a rispettare l'impegno preso
nel rifuggire dal peccato: infatti "per Origene un peccato commesso
dopo il battesimo, che equivale a un rigetto del battesimo stesso, è
un tradimento di Cristo e una colpa estremamente grave" 165 . Pur-
tuttavia, ciò non autorizza a ritenere che la rinuncia fosse accom-
pagnata da un esorcismo. Klaus Thraede non mostra alcun dubbio
sull'esistenza di un preciso esorcismo battesimale nella Chiesa della
quale Origene faceva parte, se giunge a rinvenire tra i suoi scritti
una chiara presa di posizione contro un presunto costume della sua
Chiesa: "Persino Origene già lamentò l'incomprensibilità dell'esor-
cismo battesimale" 166 . In verità, nel passo a cui Thraede fa riferi-
mento non ha luogo alcuna menzione di esorcismi: semplicemente
viene esposta una dialettica interna alla chiesa tra perfetti eruditi
e semplici fedeli (e non si tratta di una lamentela, ma di una con-
statazione):
Anche tra le pratiche ecclesiastiche ve ne sono di analoghe, che
tutti hanno l'obbligo di eseguire, senza tuttavia che a tutti ne sia
chiara la ragione (... ) Nel caso dell'eucaristia, si tratti di capirla o
di spiegarne il rito con cui viene celebrata, oppure nel caso dei riti
con cui si svolge il battesimo, parole e azioni e il susseguirsi delle
cerimonie, interrogazioni e risposte, chi ne saprebbe facilmente
spiegare la ragione? 167
Le interrogationes e responsiones fanno parte del rituale del bat-
tesimo, senza che ciò induca a pensare ad un esorcismo; piuttosto,
alla rinuncia a Satana e alla confessione di fede. Certamente esi-
stono altri passi dai quali potrebbe trarsi la convinzione dell'esi-
stenza del rituale esorcistico; lo stretto legame che c'è tra la posses-

164 0R1GENES, Homiliae in Psalmos, 38, 2, 5: "Ecce iste qui mihi et operi-
bus meis renuntiavit"; Io., In Exodum homiliae, 8, 4: "Universis aliis diis et
dominis renuntiantes, solum confitemur Deum Patrem et Filium et Spiritum
Sanctum".
165 J. LAPORTE, Teologia liturgica, p. 102. 0RIGENES, Exhorlalio ad martyrium,
46: "Se dunque chi viola i patti suggellati con gli uomini è senza più credito e
privo di soccorso, che cosa dire di quelli che, con un rinnegamento, violano le
promesse che hanno fatto con Dio e ritornano a Satana, a cui hanno rinunziato
quando furono battezzati?".
166 K. THRAEDE, Exorzismus, col. 85.
167 0RIGENES, In Numeros homiliae, 5, l, 4. Traduzione di Pier Angelo Gra-
maglia.
ORIGENE 473

sione ed il peccato da una parte, e tra il battesimo e la conversione


dall'altra, non lo rende certamente improbabile:
La conversione morale è comunque un esorcismo di tortura contro i
demoni, come lo è l'esorcismo rituale, e quindi non doveva destare
alcun stupore un eventuale esorcismo sui convertiti prima del bat-
tesimo168.

Il parere di Henry A. Kelly è che Origene "non fornisca alcuna


indicazione che vi fosse una pratica di esorcismo prebattesi-
male nelle comunità dell'Egitto e della Palestina dove egli visse
ed operò": ciò dimostrerebbe che in Egitto non vi furono tracce
di esorcismi tra i cristiani ortodossi per tutto il n e m secolo 169 •
C'è quindi un disaccordo tra gli studiosi in merito alla questione.
Risulta pertanto opportuno esaminare alcuni passi delle opere
dell'Alessandrino.
Lo spirito immondo ha abitato in noi prima che credessimo, prima
che giungessimo al Cristo, quando ancora, come ho detto sopra,
l'anima nostra fornicava da Dio e se ne stava con i dèmoni suoi
amanti [... ] Dunque siamo stati accolti dal Cristo e la nostra casa
è stata pulita dai peccati passati e ornata con gli ornamenti dei
sacramenti dei fedeli, che gli iniziati conoscono [ ... ] Se dunque tra-
scura la grazia ricevuta e si lascia implicare negli affari del secolo,
subito quello spirito impuro ritorna e rivendica per sé la casa vuota.
E per non esserne di nuovo scacciato, prende con sé altri sette spiriti
peggiori e la condizione finale di tale uomo diventa peggiore di prima
(Le 11, 26) 170 •
Si è già visto quale sia per Origene lo stretto legame che inter-
corre tra il peccato e la possessione diabolica. Egli ha sposato
un'interpretazione del tutto differente da quella di Clemente, per il

168 P. A. L'iniziazione cristiana, vol. l, p. 59.


GRAMAGLIA,
169 H. A. The Devii al Baptism, pp. 50 e 75.
KELLY,
170 ORIGENES, In Exodum homiliae, 8, 4: "Habitavit enim in nobis immun-
dus spiritus antequam crederemus, antequam veniremus ad Christum, cum
adhuc, ut superius dixi, fornicaretur anima nostra a Deo et esset cum amatori-
bus suis daemonibus [... ) Suscepti ergo sumus a Christo, et mundata est domus
nostra a peccatis prioribus, et ornata est ornamentis sacramentorum fidelium,
quae norunt qui initiati sunt [ ... ) Si ergo accéptam gratiam negligat et impli-
cet se negotiis saecularibus, continuo spiritus ille immundus redit et vindicat
sibi domum vacantem. Et ne iterum possit expelli, alias secum septem spiri-
tus adhibet nequiores, et fiunt novissima huiusmodi hominis peiora prioribus".
Traduzione di Maria Ignazia Danieli.
474 CAPITOLO 18

quale non era possibile ritenere che l'anima del peccatore fosse resi-
denza di spiriti malvagi; seguendo l'impostazione del Testamento dei
XII patriarchi e del Pastore di Erma, Origene considera il peccato
grave come causa di inabitazione di Satana nell'anima. Il batte-
simo, allora, essendo per eccellenza il momento della remissione dei
peccati e dell'abbandono dell'idolatria, non potrà non avere una
funzione antidemonica. L'idea soggiacente è che i pagani, a causa
dell'idolatria, fossero in un rapporto più stretto coi demoni, che
facilmente potevano risiedere nelle loro anime. Se allora i demoni
sono stati pensati come realmente dimoranti nel non battezzato,
non sarebbe strano immaginare l'esistenza di esorcismi battesimali
da compiere su di loro. Origene, nel commentare un passo del Levi-
tico (26, 8: ·"Cinque di voi ne inseguiranno cento, cento di voi ne
inseguiranno diecimila e i vostri nemici cadranno dinanzi a voi col-
piti di spada"), sembrerebbe testimoniare l'esistenza di tali esorci-
smi:
Qui cento infedeli vengono messi in fuga da cinque saggi, e ancora
cento fedeli, designati non tanto dal numero cento quanto dalla
perfezione, inseguiranno molte migliaia di infedeli. Giacché i dot-
tori fedeli mettono in fuga innumerevoli dèmoni, perché non ingan-
nino le anime dei fedeli con l'antico inganno 171 •
L'allegorismo origeniano si serve di un racconto biblico per
significare la lotta del giusto contro il male, perfettamente rap-
presentata dall'azione dell'esorcista sui catecumeni. Manca però
l'originale greco che possa identificare chiaramente i fideles doc-
tores: sono dei xocnpwuv-re:c; oppure dei 8L80C(jXIXÀOL? La domanda
è importante, in quanto i XIXTYJXOuv·n:c; sono messi in relazione da
Origene con la catechesi prebattesimale, mentre i 8L8occrxocÀoL non
lo sono necessariamente. Victor Saxer ritiene che l'interpretazione
battesimale del passo possa essere suffragata dal fatto che i docto-
res svolgono funzioni importanti all'interno del catecumenato, non
esclusa la rinuncia all'idolatria 172 •

171 0RJGENES, In Leviticum homiliae, 16, 7: "Et hic centum infideles a quin-
que sapientibus fugantur et rursum centum fideles, non tam numero centum
quam perfectione signati, multa milia infidelium persequentur. Fugant enim
fideles doctores innumeros daemones, ne animas credentium antiqua fraude
decipiant".
172 V. SAXER, Les rites de l'initiation, p. 169.
ORIGENE 475

Potrebbe accennare all'esorcismo catecumenale anche un'allego-


ria sul Vangelo di Matteo (21, 21: "Se avrete fede e non dubiterete
[ ... ] se direte a questo monte: Levati di lì e gettati nel mare, ciò
avverrà"). Il monte da spostare e gettare nel mare andrebbe iden-
tificato con Satana:
È dunque levato in ciascuno di coloro che dal Verbo vengono pre-
parati alla salvezza, quel monte, visto e indicato da Gesù, ed è
buttato nel mare, in conformità alla parola del discepolo di Gesù,
addetto all'istruzione, allorché dice al monte che è dentro ad
ognuno di quelli che ascoltano: Sii levato e buttato nel mare, a patto
che lo dica con fede e senza dubitare, onde si attuino le sue parole;
e tutto ciò che chieda nella preghiera chi ha fede e non dubita,
credendo lo otterrà 173 .
La contestualizzazione catecumenale è suggerita dalla presenza
del tema dell'istruzione (a~aacrxaÀ(a) e degli ascoltatori, che andreb-
béro identificati con gli uditori catecumeni.
Anche se la circostanza rituale di questi passi non è sempre
certa, non si può comunque negare che il battesimo per Origene
abbia una forte connotazione antidemonica. Il fatto che esso sia
inteso come momento di remissione dei peccati, e che il peccato e
l'idolatria vengano interpretati come una sorta di possessione dia-
bolica, lo rendono in qualche modo uno strumento esorcistico. Non
mi pare che si possa asserire con tutta certezza che tra le prati-
che battesimali fosse previsto un esorcismo ritualmente codificato;
ma sicuramente t~tto il battesimo è considerato nel suo complesso
come un grande esorcismo, che avendo lo scopo di liberare l'uomo
dal peccato e da ogni residuo di idolatria avrà conseguentemente
anche la funzione di liberarlo dai demoni che lo infestano. Questa
liberazione non è certamente definitiva, anzi, coincide con l'inizio
di un lungo combattimento spirituale: se l'uomo sarà in grado di
mantenere le promesse che egli stesso ha pronunciato rinunciando
a Satana, i demoni non potranno più possederlo; ma se verrà meno

173 0RIGENES, Commenlarii in evangelium Mallhaei, XVI, 26: Atpe:-rou oùv


xcx6' ~xcxa-rov -rwv \mò -rou A6you xcx-rcxp-rt~Ofi.évwv e:1ç crwnJptcxv ilpoç -rò \mò
TOU 'I l)O"OU ~Àe:1t6fi.&\IO\I xcxt 8e:tX.\IUfi.&\IO\I, xcxt ~tXÀÀ&TCXt e:1ç 'TY)v e.XÀcxaacxv xcx-r<X
-ròv -rou Èmwyx..Xvov-roç fi.CX6l)TOU 'll)aou Èv 8t80taxcxÀt~ Myov, Àéyov-roç -r<!> Èv
-r<!> x.cxe' ~X.CXO"T0\1 TW\1 &xou6v-rwv i5pe:t• &p6l)Tt X.Otl ~À~el)Tt dç T~\1 eocÀCXO"O"Ot\1,
Àéyov-roç 8è: fi.&Tà TOU ~XEL\1 1ttO"Tt\l XCXl fl.~ 8tocx.p(ve:a60tt, rvoc xcxt TÒ Àe:y6fi.&\IO\I
o
yéVl)TCXt. Kcxt -r<X 1tocv-rcx 8è: ilacx Èàv ~xwv 1t(a-rtv x.Ott fl.~ 8tcxx.ptv6fi.e:voç cx!~O"'fl
Èv T'li 1tpoae:uz~. 1tta-re:uwv À~~e:-rcxt. Traduzione di Pier Angelo Gramaglia.
476 CAPITOLO 18

alla sua parola, essi saranno pronti a ritornare in lui, come avvenne
per gli otto demoni della narrazione evangelica che Origene stesso
ha ricordato, e come avviene ancora ai tempi suoP 74 • Credo quindi
che una risposta riguardo alla presenza di un esorcismo battesi-
male debba essere necessariamente articolata. All'interno di una
tale concezione demonico-possessiva del peccato, anche l'eventuale
assenza di un rituale codificato non andrà interpretata come una
mancanza particolarmente significativa; essa non potrebbe comun-
que mutare l'interpretazione che Origene fornisce del fenomeno
della possessione diabolica, che egli estende sino a comprendere
tutti gli uomini peccatori e - a maggior ragione - i catecumeni.
Si è pensato in passato che la funzione antidemonica del batte-
simo fosse collegata alla necessità di cancellazione di un peccato
originale presente in tutti gli uomini. Questo però si scontra for-
temente con le concezioni origeniane di responsabilità personale
e libero arbitrio, che impediscono di immaginare la sussistenza
di una qualsivoglia colpa nei neonati: si tratterebbe infatti di un
peccato imputabile a creature ancora incapaci di esercitare alcun
genere di deliberato consenso. D'altra parte, Origene stesso sa che
non tutti i bambini nascono allo stesso modo, e alcuni dimostrano
di essere già sottoposti al Maligno in tenera età 175 ; egli, inoltre, si
trova a confrontarsi con la pratica del pedobattesimo. È inaccetta-
bile la soluzione di Jean Laporte, il quale risolve questo problema
postulando la credenza in una conseguenza di un peccato com-
messo dall'embrione nel periodo prenatale 176 : questa lettura è stata
contestata tra l'altro da Paola Pisi, che ha riportato l'attenzione su

174 Origene stesso, infatti, non esita a paragonare Celso a uno di quegli
uomini che, dopo essersi liberati dall'ossessione diabolica, in seguito vi ricadono
nuovamente (Contra Celsum, VIII, 66).
175 Cfr. Mc 7, 25: "Subito una donna che aveva la sua figlioletta posseduta
da uno spirito immondo, appena lo seppe, andò e si gettò ai suoi piedi"; Mc
9, 17: "Gli rispose uno della folla: "Maestro, ho portato da te mio figlio, posse-
duto da uno spirito muto".
176 J. LAPORTE, Teologia liturgica, pp. 140-141: "Origene non può sostenere
che gli uomini nascano in condizioni diseguali di fronte alla vita e in partico-
lare con opportunità diverse nella vita spirituale, se non per colpa loro [... )
Un a voglia di logica, forse eccessiva, spinge Origene a sostenere l'esistenza di
una colpa preliminare. Ma questa colpa, o atteggiamento colpevole, può essere
attribuita alla vita misteriosa dell'embrione che, nato dal piacere o anche dal
peccato, sembra già orientarsi verso il bene o verso il male, verso lo spirito o
verso la carne, meritandosi la condizione nella quale nascerà".
ORIGENE 477

alcuni aspetti, principalmente sul peccato delle anime preesistenti


e sulla contaminazione dovuta all'assunzione di un corpo umano e
alla nascita nel mondo materiale 177 • Giustamente si può quindi par-
lare di un peccato antecedente 178 , commesso dalle anime durante
la preesistenza, prima dell'incorporazione 179 • In questo modo Ori-
gene può razionalizzare anche alcuni episodi che normalmente egli
sarebbe portato ad attribuire alla tendenza verso il peccato, in casi
nei quali non gli sarebbe possibile farlo (come nel caso degli infanti
che non possono ancora esercitare il loro libero arbitrio).
Di contro, è chiaramente dimostrato che alcuni sono posseduti da
spiriti avversi fin dalla tenera età; alcuni, cioè, sono nati già con
il demone, altri la storia narra che hanno divinato fin da piccoli,
altri ancora fin dalla prima età hanno subìto il demone denominato
Pitone, cioè ventriloquo. Per questi motivi coloro i quali asseri-
scono che ogni cosa che è in. questo mondo è governata dalla prov-
videnza di Dio, come anche la nostra fede insegna, mi pare che
non possano rispondere diversamente da così, per mostrare la prov-
videnza divina come immune da ogni colpa di ingiustizia: vi sono
state certe cause antecedenti, per le quali le anime prima di nascere
nel corpo hanno contratto qualche colpa nei propri sensi o impulsi,
per cui sono state giudicate dalla provvidenza divina meritevoli di
subire ciò. Infatti l'anima è sempre dotata del libero arbitrio, che
sia in questo corpo, o che sia fuori dal corpo; la libertà dell'arbitrio
è sempre mossa verso il bene o il male, e il senso razionale, cioè la
mente o l'anima, non può mai rimanere senza qualche movimento,
buono o cattivo. È verisimile che questi movimenti siano causa di
meriti anche prima di operare alcunché in questo mondo; così, per
tali motivi e meriti, la divina provvidenza ha stabilito che sin dalla
nascita, anzi, perfino prima della nascita, per così dire, gli uomini
subiscano qualcosa di buono o cattivo 180 •

177 P. PISI, Peccato di Adamo.


178 Su questo tema si veda U. BIANCHI, Péché origine[ et péché antécédent.
179 Sulla preesistenza delle anime, G. SFAMENI GASPARRO, Preesistenza;

M. HARL, La préexistence des àmes.


180 0RIGENES, De principiis, III, 3, 5: "Et rursum e contrario manifeste osten-

ditur ab adversariis spiritibus quosdam a prima statim aetate possessos, id est


nonnullos cum ipso daemone esse natos, alias vero a puero divinasse historia-
rum fides declarat, alii a prima aetate daemonem quem Pythonem nominant,
id est ventriloquum, passi sunt. Pro quibus omnibus ab his, qui dei providen-
tia regi omnia quae in hoc mundo sunt adserunt, sicut nostra quoque conti-
net fides, ut mihi videtur, non aliter poterit responderi ita, ut absque omni
iniustitiae culpa divina providentia demonstretur, nisi priores quaedam fuisse
478 CAPITOLO 18

Origene non ha sviluppato una dottrina del peccato originale


simile a quella agostiniana, essendo incapace di immaginare una
colpa ereditaria che ricadesse sui neonati. Egli rinuncia quindi a
presentare il peccato di Adamo come elemento fondante della col-
pevolezza umana 181 • Ciò che giustifica il battesimo dei bambini,
privi di una colpa personale, è solamente una traccia di sporcizia
(pun-oç) residua in loro: si tratta di una contaminazione connessa
alla nascita, senza che sia implicato il tema demonologico. Una
contaminazione che non risparmiò nemmeno Gesù, il quale fu puri-
ficato nel Tempio.
Ecco cosa sta scritto in Giobbe: Nessuno è mondo da impurità,
neppure se è vissuto un sol giorno (14, 4). Nota che non dice che
nessuno è mondo da peccato, ma da impurità. Impurità e peccato
non sono infatti la stessa cosa [ ... ] E adesso prendendo spunto dal
testo vorrei ancora dire una parola su una questione che i fratelli
discutono sovente. Ecco, noi battezziamo i bambini per il perdono
dei peccati, ma di quali peccati? Quando possono aver peccato?
Se vogliamo trovare un senso al battesimo dei bambini, non pos-
siamo che cercarlo nelle parole che citavo prima: nessuno è mondo
da impurità, neppure se è vissuto un sol giorno sulla terra. Ecco
perché battezziamo anche i bambini, affinché con il sacramento del
battesimo siano purificati dalle impurità dovute alla nascita 182 •

eis causae dicantur, quibus antequam in corpore nascerentur animae aliquid


culpae contraxerint in sensibus ve! motibus suis, pro quibus haec merito pati
a divina providentia iudicatae sint. Liberi namque arbitrii semper est anima,
etiam cum in corpore hoc, etiam cum extra corpus est; et libertas arbitrii ve!
ad bona semper ve! ad mala movetur, nec umquam rationabilis sensus, id est
mens ve! anima, sine motu aliquo esse ve! bono ve! malo potest. Quos motus
causas praestare meritorum verisimile est etiam prius quam in hoc mundo ali-
quid agant; ut pro his causis ve! meritis per divinam providentiam statim a
prima nativitate, immo et ante nativitatem, ut ita dicam, ve! boni aliquid ve!
mali perpeti dispensentur".
181 Sul peccato "originale" in Origene, G. TEICHTWEITER, Die Siindenlehre,

pp. 96-102; G. SFAMENI GASPARRO, Origene; J. DiAZ SANCHEz-Cm, Justicia, pecado


y {iliaci6n, pp. 103-126; J. LAPORTE, Teologia liturgica, pp. 167- 200; P. A. GRA-
MAGLIA, L'iniziazione cristiana in Origene, vol. l, pp. 187-222. Con particolare
riferimento alla pratica del pedobattesimo, lo., Il battesimo dei bambini nei
primi quattro secoli, pp. 103-128.
182 0RIGENES, In Lucam homiliae, 14, 3-5: "Vide, quid in lob scriptum sit:

Nemo mundus a sorde, nec si unius diei fuerit vita eius. Non dixit: nemo mun-
dus a peccato, sed: nemo mundus a sorde. Neque enim id ipsum significant
sordes atque peccata( ... ] Quod frequenter inter fratres quaeritur, loci occasione
commotus rectracto. Parvuli baptizantur in remissionem peccatorum. Quorum
ORIGENE 479

Si può quindi affermare con certezza che il carattere esorcistico


o perlomeno antidemonico del battesimo descritto da Origene non
deriva da una dottrina di peccato originale 183 • Tale carattere anti-
demonico ed esorcistico del battesimo è accertato, ma la probabi-
lità che esso fosse esplicitato in un codificato rituale di esorcismo
battesimale non raggiunge il grado di certezza.

peccatorum? Vel quo tempore peccaverunt? Aut quomodo potest illa lavacri
in parvulis ratio subsistere, ni iuxta illum sensum, de quo paulo ante diximus:
nemo mundus a sorde, nec si unius diei fuerit vita eius super terram. Et quia
per baptismi sacramentum nativitatis sordes deponuntur, propterea baptizan-
tur et parvuli". Traduzione di Pier Angelo Gramaglia.
I83 Cfr. F. J. DòLGER, Der Exorzismus, p. 43.
CAPITOLO 19
TERTULLIANO

1. Demoni, dèi e spiriti


Di Quinto Settimio Fiorente Tertulliano 1 (nato intorno al 160
a Cartagine, da famiglia pagana, e morto certamente dopo il 220,
forse tra il 230 ed il 2402) abbiamo conservato una trentina di
opere3 • Dai suoi scritti si può ricavare quale fosse il trattamento
riservato agli indemoniati, principalmente in Africa settentrionale:
sebbene Tertulliano abbia trascorso un periodo della propria vita
a Roma, dove probabilmente esercitò l'avvocatura 4 , tutta la sua
opera di fecondo scrittore è successiva alla conversione ed al suo
ritorno a Cartagine, a partire dal 197. Tra il 198 ed il 200, nel suo

1 Alcune monografie: P. MoNCEAUX, Histoire littéraire de l'A{rique, vol. 1;


C. GUIGNEBERT, Tertullien; A. D'ALÈS, La théologie de Tertullien; E. BuoNAIUTI,
Il cristianesimo nell'Africa, pp. 37-208; J. C. FREDOUILLE, Tertullien ella conver-
sion; T. D. BARNES, Tertullian; E. F. OsBORN, Terlullian. Dal 1976 la bibliogra-
fia è raccolta e commentata nella Chronica lertullianea della Revue des Éludes
Augustiniennes. L'introduzione di una traduzione italiana è una buona sintesi
aggiornata sull'autore e le sue opere (C. MoRESCHINI, Tertulliano. Opere apolo-
getiche, pp. 7-125).
2 Le poche notizie sulla vita di Tertulliano (sacerdote, secondo Girolamo)
sono tratte dalle sue opere e principalmente da HIERONYMUS, De viris illustri-
bus, 53 e 24; EusEBIUS CAESARIENSIS, Historia ecclesiastica, Il, 2, 4; AuGUSTINUS
HIPPONENSIS, De haeresibus, 86.
3 Un elenco delle opere: Ad naliones, Apologeticum, De testimonio animae,
Ad Scapulam, Adversos Iudaeos, De praescriptione haereticorum, Adversus Mar-
cionem, Adversus Hermogenem, Adversus Valenlinianos, De baptismo, Scorpiace,
De carne Chrisli, De resurreclione carnis, Adversus Praxean, De anima, Ad
martyras, De spectaculis, De cullu feminarum, De oratione, De paenitentia, De
patientia, Ad uxorem, De exhortatione caslilatis, De monogamia, De virginibus
velandis, De corona, De fuga, De idololalria, De ieiunio, De pudicitia, De pal-
lio. Altre opere, composte anche in lingua greca, sono perdute. Ne conosciamo
diversi titoli.
4 L'identificazione con il giurista Tertulliano del quale il Corpus iuris civi-
lis cita diversi estratti è meramente congetturale: cfr. ad esempio R. MARTIN!,
Tertulliano giurista; F. ANGELELLI, Tertulliano giurista.
482 CAPITOLO 19

De spectaculis, Tertulliano enumera le virtù dei cristiani, da con-


trapporsi agli spettacoli dei pagani5 :
Calpestare le divinità dei pagani, cacciare i demoni, operare delle
guarigioni, chiedere delle rivelazioni, vivere per Dio: sono questi
i piaceri, gli spettacoli dei cristiani, santi, eterni, gratuiti. In essi
vedi i tuoi giochi circensi, contempla il corso del mondo, enumera
i tempi che scorrono, aspetta il traguardo della fine del mondo,
difendi le società ecclesiastiche, ànimati al segnale di Dio, sollèvati
alla tromba dell'angelo, glòriati delle vittorie del martirio 6 •

Spicca tra le virtù dei cristiani la capacità di compiere esorci-


smi, accomunata ai carismi della guarigione e delle rivelazioni; il
richiamo alle divinità pagane ci introduce immediatamente al con-
sueto tema della lotta all'idolatria e dell'identificazione degli dèi
pagani con i demoni cristiani, che esplicano la loro nefasta attività
sugli uomini e godono dei sacrificF:
Questa è la principale <deviazione>, il raccomandare codesti dèi alle
menti ingannate ed irretite degli uomini, per procurare a sé il pro-
prio nutrimento, vale a dire l'aroma ed il sangue offerti ai simulacri
ed alle immagini8 •

5 Per il rifiuto cristiano degli spettacoli pubblici, L. LuGARESI, Tra evento


e rappresentazione; W. WEISMANN, Kirche und Schauspiele; H. JiiRGENS, Pompa
diaboli; J. CouRTÈS, Speclacles et jeux; A. SAGGIORO, Novaziano. Gli spettacoli,
pp. 11-47; ID., Dalla pompa diaboli. Descrive le caratteristiche degli spettacoli
romani C. W. WEBER, Panem et circenses.
6 TERTULLIANUS, De spectaculis, 29, 3: "Quod calcas deos nationum, quod

daemonia expellis, quod medicinas facis, quod revelationes petis, quod Deo
vivis: hae voluptates, haec spectacula Christianorum, sancta, perpetua, gra-
tuita. In his tibi circenses ludos interpretare: cursus saeculi intuere, tempora
labentia dinumera, metas consummationis exspecta, societates ecclesiarum
defende, ad signum Dei suscitare, ad tubam angeli erigere, ad martyrii palmas
gloriare". Traduzione di Martino Menghi. Cfr. A. QuACQUARELLI, Gli ideali di
vita cristiana.
7 Sull'atteggiamento verso gli dèi pagani, M. PIMENTEL, Los dioses paganos;

J. M. VERMANDER, La polémique des Apologistes, ID., La polémique de Tertullien.


In generale, A. QuACQUARELLI, Il paganesimo.
8 TERTULLIANUS, Apologeticum, 22, 6: ''(. .. ) quorum iste potissimus, quo

deos istos captis et circumscriptis hominum mentibus commendat, ut et sibi


pabula propria nidoris et sanguinis procuret simulacris imaginibus oblata".
TERTULLIANO 483

Secondo Richard Heinze Tertulliano non si distanzia troppo dai


contenuti della demonologia degli apologisti greci 9 ; da essi, però, si
differenzia "per la chiarezza razionalista e per l'esauriente formu-
lazione dei pensieri" 10, un portato delle caratteristiche qualità per-
sonali dell'autoreu. Al tema idolatrico sviluppato in senso demo-
nologico, si affianca l'identificazione di altri spiriti, resi noti dalla
tradizione classica, con i perniciosi dèmoni (o demòni, in quanto
anche Tertulliano usa indifferentemente i due termini):
Presumibilmente Socrate era spinto piuttosto da uno spirito estra-
neo, dal momento che dicono che fin da bambino sia entrato in
lui un demonio, pessimo pedagogo in verità, quantunque presso i
poeti e i filosofi i demòni siano collocati in ordine d'importanza
con gli dèi o molto vicino a loro. Infatti, non erano ancora apparse
le prove della potenza cristiana che sola confuta questa forza per-
niciosissima, mai buona, artefice di ogni errore, e che ci allontana
da ogni verità. Perché se Socrate fu sapientissimo secondo anche il
responso del demone pitico che naturalmente assisteva il suo col-
lega [se. il demone di Socrate], quanto sono più degne di fede e più
solide le affermazioni della sapienza cristiana di fronte al cui soffio
soggiace tutta la forza dei demoniP 2

9 La demonologia tertullianea è esposta in R. BERGE, Exegetische Bemer-

kungen, pp. 67-76; J. LoRTZ, Tertullian als Apologet, pp. 39-54. Alcuni testi
raccolti in A. MoNACI, Il diavolo e i suoi angeli, pp. 305-332.
10 R. HEINZE, Terlullians Apologelicum, p. 400.

li B. B. WARFIELD, Studies in Terlullian and Augustine, p. 3: "Ardente


nel temperamento, dotato di un'intelligenza tanto sottile ed originale quanto
aggressiva ed audace, egli aggiunse ai suoi doni naturali una profonda erudi-
zione la quale, lungi dal frenarlo, diede solamente forza ai moti della sua vigile
e solida mente".
12 TERTULLIANUS, De anima, l, 4-5: "Sane Socrates facilius diverso spiritu

agebatur, siquidem aiunt daemonium illi a puero adhaesisse, pessimum revera


paedagogum, etsi post deos et cum deis daemonia deputantur penes poetas
et philosophos. Nondum enim Christianae potestatis documenta processerant,
quae vim istam perniciosissimam nec unquam bonam, atquin omnis erroris
artificem, omnis veritatis avocatricem sola traducit. Quodsi idcirco sapientis-
simus Socrates secundum Pythii quoque daemonis suffragium scilicet nego-
tium navantis socio suo, quanto dignior atque constantior Christianae sapien-
tiae adsertio, cuius adflatui tota vis daemonum cedit?" Traduzione di Martino
Menghi (leggermente riadattata).
484 CAPITOLO 19

Per Tertulliano, come anche per Minucio Felice 13 , il demone di


Socrate era un 3(X~(J.WV 7ttXpe:3poç 14 • Tra le fonti alle quali si richiama,
merita menzione almeno il De deo Socratis di Apuleio. Trattasi di
uno spirito maligno in grado di assistere ed ispirare chi lo possiede
al proprio servizio, o chi lo possiede suo malgrado, come abbiamo
già notato a proposito dei demoni di cui parla Ireneo 15 •
Sugli altri oracoli [... ] che altro potremmo dire se non che è demo-
niaca la qualità di quegli spiriti che fin da allora 16 hanno abitato
negli uomini o hanno voluto impossessarsi delle loro memorie 17
per la piena rappresentazione della propria malvagità? Allo stesso
modo sotto queste spoglie fingono di essere divinità e con egual
solerzia ingannano attraverso i benefici delle cure, degli avverti-
menti e delle profezie, danneggiandoci ancor più con il loro aiuto,
giacché con i mezzi attraverso i quali ci aiutano essi ci allontanano
dalla vera divinità, insinuandone una falsa. In ogni modo questa
potenza non è chiusa, né circoscritta nei confini dei santuari; essa è
vagante, errabonda e per il momento libera. Perciò nessuno potrà
dubitare che anche le case sono aperte ai demòni, e che gli uomini
sono insidiati dalle visioni non solo negli ingressi, ma anche nelle
stanze interiori' 8 •

13 MINUCIUS, FELIX, Octavius, 26, 9: "Questi spiriti [... ] li conosce anche

Socrate il quale secondo il cenno e la volontà del demone che lo assisteva (adsi-
stentis) agiva o non agiva". Traduzione di Domenico Bassi.
14 A. WILLING, De Socratis Daemonio, ha raccolto le opinioni degli anti-

chi riguardo al demone di Socrate. Per Tertulliano, J. J. GEFFCKEN, Sokrates,


pp. 25-27.
15 In Tertulliano, il demone paredro è esplicitamente nominato in De anima,

28, 5: "Scimus etiam magiae licere explorandis occultis per catabolicos et pare-
dros et pythonicos spiritus".
16 Dal tempo dei pagani, cioè.
17 Secondo alcuni memoriae va tradotto con tombe. Per un simile uso del

corrispettivo greco !L""IJ!J.ELO'J, vedi E. PETERSON, Eis Theos, p. l nota l, e


pp. 60-61.
18 TERTULLIANUS, De anima, 46, 12-13: "De oraculis etiam ceteris [ ... ] quid

aliud pronuntiabimus quam daemonicam esse rationem eorum spirituum qui


iam tunc in ipsis hominibus habitaverint ve! memorias eorum affectaverint
ad omnem malitiae suae scenam, in ista aeque specie divinitatem mentientes
eademque industria etiam per beneficia fallentes medicinarum et admonitio-
num, praenuntiationum, quo magis laedant iuvando, dum per ea quae iuvant
ab inquisitione verae divinitatis abducunt ex insinuatione falsae? Et utique non
clausa vis est nec sacrariorum circumscribitur terminis; vaga et pervolatica et
interim libera est. Quo nemo dubitaverit domus quoque daemoniis patere nec
tantum in adytis, sed in cubiculis homines imaginibus circumveniri".
TERTULLIANO 485

L'identificazione con i demoni colpisce anche gli oracoli, gli


spiriti che s'impossessano degli uomini, qualunque manifestazione
soprannaturale che finge di provenire da una divinità. Si affaccia
il tema, già più volte sottolineato, dei mezzi apparentemente posi-
tivi di cui gli spiriti malvagi si servono per condurre al culto di sé:
guarigioni, profezie, aiuti di vario genere. La loro influenza non è
circoscritta ai luoghi di venerazione, ma si insinua fin nelle case
degli uomini e nelle loro camere da letto (probabilmente figure da
interpretarsi come le capacità intellettuali dell'uomo, il suo spirito),
sotto forma di visioni oniriche 19 • Questa potenza dei demoni è per
ora libera, ossia può ancora esplicarsi sino al giorno del giudizio;
di qui il quotidiano opporsi al loro potere, in vista della definitiva
sconfitta alla quale, pur consapevoli, cercano di resistere con tutte
le loro forze 20 •

2. Demoni e infermità
I demoni possono esercitare la propria influenza sugli uommt;
spiriti composti di una sostanza rarefatta e sottile, possono agire
sulla salute del corpo e dello spirito:
L'attività loro è il pervertimento dell'uomo: così la malignità di
quegli spiriti ha avuto inizio fin dai primordi, a rovina dell'uomo.

19 Sul sogno in generale, e come momento di apparizioni soprannaturali,


si veda Il sogno in Grecia ed. G. GumoRIZZI in Tertulliano, J. H. WASZINK,
Q. S. F. Tertulliani De anima, pp. 500-503.
20 TERTULLIANUS, Apologelicum, 27, 5-7: "Benché sia soggetta a noi tutta la
potenza dei demoni e degli altri spiriti maligni, tuttavia, a simiglianza di servi
malvagi, questi demoni mescolano talvolta il timore all'arroganza, e tentano
di fare del male a coloro di cui di solito hanno paura e rispetto. L'odio non
nasce anche dal timore? La loro condizione di esseri senza speranza e predesti-
nati alla dannazione li spinge a trarre profitto, nell'attesa della pena, dalla loro
temporanea capacità di nuocere. E tuttavia, messi alle strette, soggiacciono e
si piegano impotenti alla loro sorte, supplicando da vicino quegli stessi che da
lontano combattono. Simili a coloro che, condannati all'ergastolo, alle carceri,
alle miniere o ad altro genere di pena, tentano di resistere e di ribellarsi, essi
si scagliano pronti a combattere contro di noi, che li abbiamo in nostro potere,
pur sapendo bene di essere già perduti, e tanto più ineluttabilmente quanto
maggiore è la loro caparbietà. A questi sciagurati, privi della grazia, noi resi-
stiamo come fossero nostri uguali, e li respingiamo perseverando appunto in ciò
in cui ci assalgono: né mai riportiamo su di loro trionfo più grande di quando
siamo condannati per la perseveranza nella nostra fede". Traduzione di Anna
Resta Barrile.
486 CAPITOLO 19

Pertanto arrecano malattie e dolorosi infortuni ai corpi; all'anima,


invece, turbamenti repentini e straordinari, con violenza 21 •
Questi turbamenti possono celare anche un riferimento ai sin-
tomi della possessione demoniaca, oppure possono essere interpre-
tati semplicemente come una descrizione dei comuni disturbi della
psiche. Per quanto riguarda le infermità del corpo, Tertulliano si
sofferma a descrivere gli ingannevoli sotterfugi ai quali i demoni
ricorrono per accaparrarsi la fiducia degli uomini:
Senza dubbio sono benefici anche per le cure delle malattie. Infatti
in un primo tempo provocano il male, poi, per ottenere il miracolo,
prescrivono rimedi strani o contrari; quindi cessano di far danno, e
si crede che abbiano curato 22 •
Ironicamente, Tertulliano concede ai suoi interlocutori che i
demoni possano essere benefici nel curare le malattie. Egli non
contesta l'autenticità delle guarigioni, delle quali probabilmente
assieme ai suoi interlocutori è persuaso; piuttosto, richiamando
Taziano 23 , attribuisce agli stessi demoni sia la causa della malattia
sia la conseguente guarigione. Non è però dato di sapere se Tertul-
liano avesse elaborato una chiara distinzione tra la malattia e la
possessione demoniaca, o se piuttosto le considerasse due aspetti
della medesima realtà.

3. L'esorcismo dei cristiani


Non sono pochi gli espliciti richiami tertullianei alla pratica
dell'esorcismo 24 • Nel trattato indirizzato nel 212 al proconsole
romano Scapula, Tertulliano fa aperto riferimento alla pratica
esorcistica dei cristiani:

21 TERTULLIANUS, Apologelicum, 22, 4: "Operatio eorum est hominis eversio;


sic malitia spiritalis a primordio auspicata est in hominis exitium. Itaque cor-
poribus quidem et valitudines infligunt et aliquos casus acerbos, animae vero
repentinos et extraordinarios per vim excessus".
22 TERTULLIANUS, Apologelicum, 22, 11: "Benefici piane et circa curas vale-
tudinum. Laedunt enim primo, dehinc remedia praecipiunt ad miraculum nova
sive contraria; post, qua e desinunt la edere et curasse creduntur". La fu! dense
porta la variante circa medicinas valetudinum.
23 TATIANUS, Oralio ad Graecos, 18, 2-3.

24 Una sommaria raccolta di testi era già stata tentata da E. DEKKERS, Ter-
tullianus en de Geschiedenis, pp. 214-217.
TERTULLIANO 487

I dèmoni non solamente li respingiamo, ma anche li sopraffacciamo


e ogni giorno li conduciamo innanzi e li cacciamo dagli uomini,
come è noto a molti 25 •
In questo scritto di carattere apologetico 26 possiamo ritrovare
motivi consueti associati alla cacciata dei demoni. Tertulliano
afferma che i cristiani possono non solo respingere, rigettare, ma
anche sopraffare i dèmoni; un esempio di questa sopraffazione è
proprio l'esorcismo. Secondo il cartaginese, egli ed i suoi correli-
gionari hanno il potere di lraducere gli spiriti maligni; credo che
ci si debba soffermare sul verbo lraducere, che non significa sem-
plicemente condurre innanzi, ma ha in sé anche il senso di far sfi-
lare, portare in scena, esporre pubblicamente allo scherno ed al ludi-
brio, mettere in ridicolo. Gli esorcisti hanno un potere imperativo
sugli indemoniati, o meglio sugli spiriti che occupano il corpo degli
ossessi; con i loro scongiuri hanno la capacità di svergognare pub-
blicamente i propri avversari spirituali, mostrando davanti a tutti
la loro impotenza di fronte all'autorità divina. Ancora una volta
la pubblica vittoria sui demoni e la conseguente liberazione degli
indemoniati nella letteratura cristiana antica è spunto di argomen-
tazione apologetica e propagandistica; per usare le parole di
Adhémar D'Alès, "questa potenza e gli esorcismi cristiani dovevano
essere cosa accertata, perché Tertulliano vi fa più di un'allusione e
non teme di invocare su questo punto l'esperienza dei pagani per
stabilire la verità del cristianesimo" 27 • Quello dell'esorcismo quoti-
diano e della dimostrazione pubblica davanti agli occhi dei gentili
è un tema che si ripropone fin da Giustino. Ad esso Tertulliano
riserva un importante spazio nella sua apologia:
Si conduca qui, proprio davanti ai vostri tribunali, qualcuno che
risulti essere tormentato da un demone: costretto a parlare da un
cristiano qualsiasi, quello spirito veracemente confesserà di essere
un demone, come altrove falsamente confessò di essere un dio.
Ugualmente si conduca innanzi qualcuno di quelli che sono ritenuti
essere invasati da un dio, che inalando sugli altari accolgono in sé

25 TERTULLIANUS, Ad Scapulam, 2, 9: "Daemonas autem non tantum respui-


mus, verum et revincimus et quotidie traducimus et de hominibus expellimus,
si eu t plurimis notum est".
26 Su questo aspetto della produzione tertullianea, J. LoRTZ, Tertullian als
Apologet.
27 A. D'ALES, La théologie de Tertullien, p. 160.
488 CAPITOLO 19

la divinità, che a furia di rutti guariscono, che ansimando profetiz-


zano28. Questa stessa Vergine Celeste, annunciatrice di piogge, que-
sto stesso Esculapio, rivelatore di farmaci, somministratore della
vita a Socordio, a Tanazio e Asclepiodoto, destinati a morire l'in-
domani: se non confesseranno di essere dèmoni, non osando men-
tire ad un cristiano, versate in quello stesso luogo il sangue di quel
cristiano sfrontatissimo. Cosa c'è di più chiaro di un tale proce-
dimento? Cosa di più fedele di questa prova? La semplicità della
verità è davanti agli occhi, la sua virtù l'assiste: non sarà lecito
aver alcun sospetto. Non direte che ciò avviene per virtù di magia
o per un imbroglio del genere, se i vostri occhi e le vostre orec-
chie ve lo permetteranno. Ma che si può obiettare contro ciò che
si mostra nella nuda sincerità? Se, d'altra parte, sono veramente
dèi, perché affermano falsamente di essere demòni? Forse per obbe-
dirci? Allora la vostra divinità è soggetta ai cristiani; e non è certo
da stimarsi divinità quella che è soggetta ad un uomo e, se questi
compie qualcosa a suo disonore, ai nemici suoi29 •

Tertulliano ha familiarità con il diritto, ed inscena una vera e


propria 7tp6xÀl)(nç giuridica, una sfida o intimazione rivolta alla
propria controparte, fatta allo scopo di decidere un punto con-
troverso, ed adducibile come prova in tribunale. L'efficacia degli
esorcismi viene data per scontata, ed il risultato è già anticipato:
qualunque cristiano è in grado di sottomettere un demone. L'au-
tore sembra distinguere due generi di possessione. La prima genera

28 Si tratta probabilmente di coloro che, dopo aver ricevuto in sé la divinità


aspirando i profumi degli altari, se ne liberavano eruttando, per poi essere in
grado, seppur ansimando, di vaticinare.
29 TERTULLIANUS, Apologeticum, 23, 4-8: "Edatur hic aliqui ibidem sub tri-
bunalibus vestris, quem daemone agi constet; iussus a quolibet Christiano
loqui spiritus ille tam se daemonem confitebitur de vero quam alibi deum de
falso. Aeque producatur aliquis ex his, qui de deo pati existimantur, qui aris
inhalantes numen de nidore concipiunt, qui ructando curantur, qui anhelando
praefantur. Ista ipsa Virgo Caelestis, pluviarum pollicitatrix, ipse iste Aescu-
lapius, medicinarum demonstrator, alia die morituris socordio et t<h>anatio et
asclepiodoto <vitae> subministrator, nisi se daemones confessi fuerint, Christiano
mentiri non audentes, ibidem illius Christiani procacissimi sanguinem funditel
Quid isto opere manifestius? Quid hac probatione fidelius? Simplicitas veritatis
in medio est; virtus illi sua adsistit; nihil suspicari licebit. Magia aut aliqua
eiusmodi fallacia fieri [dictis non] dicetis, si oculi vestri et aures permiserint
vobis. Quid autem inici potest adversus id, quod ostenditur nuda sinceritate?
Si altera parte vere dei sunt, cur sese daemonia mentiuntur? An ut nobis obse-
quantur? Iam ergo subiecta est Christianis divinitas vestra; nec divinitas depu-
tanda est, qua e subdita est homini et, si qui d ad dedecus fa ci t, aemulis suis".
TERTULLIANO 489

tormento e combacia bene con i classici sintomi mostrati dagli


indemoniati; la seconda, invece, è quella che viene normalmente
interpretata come possessione da parte di una divinità, caratteri-
stica di quegli invasati che in greco sono detti 6e6À'Y)7t't'OL, ~v6eoL
o Èv6ouO"LIXO'TLXoL Nella sua argomentazione, Tertulliano fa ricorso
a due celebri divinità cartaginesi: la Vergine Celeste, cioè Giunone
punica o Tanit, ed Esculapio, del quale si ricordano alcune miraco-
lose guarigioni compiute su individui destinati a morte certa. Sono
proprio questi dèi, evidentemente per bocca degli ossessi costretti
dagli esorcismi, a confessare la loro autentica natura demoniaca.
L'esorcismo riesce anche a smascherare quei demoni che si presen-
tano come spiriti dei defunti:
Abbiamo detto infatti che quasi nessun uomo è privo di un demo-
nio, ed è noto a molti che anche per opera dei demòni avvengono
morti premature ed atroci, che ascrivono ad incidenti. Anche questo
inganno dello spirito malvagio che si nasconde sotto le spoglie dei
defunti, se non erro, lo proviamo pure con i fatti, quando durante
gli esorcismi questi afferma di essere talora un parente dell'uomo
da lui posseduto, talora un gladiatore o un bestiario, o magari un
dio, non preoccupandosi d'altro se non di confutare quello che noi
predichiamo, affinché non crediamo senz'altro che tutte le anime
finiscono agli inferi, per turbare anche la fede nel giudizio e nella
risurrezione. Tuttavia quel demone, dopo aver tentato di ingannare
gli astanti, vinto dalla veemenza della grazia divina, confessa con-
trovoglia quello che è veramente30 •
Il demone finge di essere un defunto, solitamente una persona
morta prematuramente (ocwpoç) o violentemente ((3Locw6&.vocToç).
Durante il rito esorcistico il demone può esprimersi per bocca
del posseduto, e sfrutta quest'occasione per indurre all'inganno
riguardo alla propria identità, cercando altresì di turbare la fede
degli astanti riguardo alla dimora dei defunti, al giudizio divino ed

30 TERTULLJANUS, De anima, 57, 4-5: "Nam et suggessimus nullum paene


hominem carere daemonio, et pluribus notum est daemoniorum quoque opera
et immaturas et atroces effici mortes, quas incursibus deputant. Hanc quoque
fallaciam spiritus nequam sub personis defunctorum delitescentis, nisi fallor,
etiam rebus probamus, cum in exorcismis interdum aliquem se ex parentibus
hominis sui affirmat, interdum gladiatorem vel bestiarium, sicut et alibi deum,
nihil magis curans quam hoc ipsum excludere quod praedicamus, ne facile cre-
damus animas universas ad inferos redigi, ut et iudicii et resurrectionis fidem
turbent. Et tamen ille daemon, postquam circumstantes circumvenire tempta-
vit, instantia divinae gratiae victus id quod in vero est invitus confitetur".
490 CAPITOLO 19

alla risurrezione. Anche in questo caso la potenza dell'esorcismo è


in grado di smascherare la truffa orchestrata dagli spiriti malvagi.
In un passo dell'Ad Scapulam Tertulliano abbandona il precedente
tono generico e si spinge a ricordare alcuni avvenimenti specifici,
che dovrebbero essere noti e servire da prova circostanziata. Al
proconsole d'Africa destinatario dello scritto così si rivolge:
Tutte queste considerazioni possono esserti suggerite sia dall'eserci-
zio stesso del tuo potere, sia da quei medesimi avvocati che trag-
gono anch'essi benefici dai cristiani, per quanto gridino quello che
vogliono. Infatti anche il segretario di uno di loro, fatto cadere da
un demone, fu liberato; e così anche un parente ed un figlioletto
di alcuni altri. Quante persone ragguardevoli - di quelle di poco
conto non ne parlo nemmeno - sono state guarite dai demòni o
dalle malattie! 31
Scapula, in virtù della carica pubblica che ricopre (officium), ha
la possibilità di venire a conoscenza di quanto i cristiani compiono
pubblicamente; ma qui Tertulliano si rivolge più precisamente agli
advocati che aveva precedentemente nominato, mentre narrava le
vicissitudini di un cristiano contro il quale essi avevano levato la
loro voce; il notarius di uno di loro ed altri loro parenti sono stati
liberati dalla possessione diabolica. Tertulliano mira a far risal-
tare i servigi che i cristiani hanno reso alle personalità importanti,
omettendo di parlare della gente comune; è un artificio retorico
che mira a generare nell'ascoltatore la persuasione che vi siano
prove in abbondanza, in questo caso volontariamente selezionate
tra quelle che possono più facilmente essere di pubblico dominio.
L'autore aggiunge qualche minimo dettaglio nel narrare l'epi-
sodio del segretario che viene liberato dalla sua infermità. Non è
chiaro il senso dell'espressione cum a daemone praecipitaretur; a me
pare si tratti della caduta in terra dell'ossesso, in conseguenza della
crisi provocata dalla possessione diabolica. Preferisco quindi tra-

31 TERTULLIANUS, Ad Scapulam, 4, 4-5: "Haec omnia tibi et de officio sug-


gerì possunt et ab eisdem advocatis, qui et ipsi beneficia habent christiano-
rum licet acclament quae volunt; nam et cuiusdam notarius, cum a daemone
praecipitaretur, liberatus est et quorumdam propinquus et puerulus. Et quanti
honesti viri, de vulgaribus enim non dicimus, aut a daemoniis aut a valetudi-
nibus remediati sunt!".
TERTULLIANO 491

durre praecipito con far cadere, piuttosto che con assalire, espres-
sione più generica prescelta solitamente dai traduttori.
Un ultimo elemento, anch'esso già facente parte del consueto
modus argumentandi e riscontrabile nella letteratura precedente, è
quello dell'insistenza sull'assoluta gratuità della pratica esorcistica
dei cristiani. Ho già riportato un'allusione tertullianea a questi
"spettacoli dei cristiani, santi, eterni, gratuiti" 32 ; l'autore ritorna su
questo tema, per convincere i pagani della efficace e benevola atti-
vità che i credenti esplicano anche nei loro riguardi, senza secondi
fini né spirito vendicativo:
Chi, inoltre, vi strapperebbe a quei nemici occulti e incessanti
devastatori delle vostre menti e della vostra salute, intendo dagli
assalti dei demòni, che noi scacciamo da voi senza premio, senza
compenso? Sarebbe bastato solo questo alla nostra vendetta, che da
ora rimaneste libero possesso in balìa degli spiriti immondi33 •
cristiani non chiedono mercede per le loro attività esorcisti-
che; d'altra parte essi vengono accusati di nuocere al guadagno e
di ostacolare l'attività dei pagani, a motivo della renitenza ad usu-
fruire di certi loro servigi.
Confesserò francamente che qualcuno potrebbe giustamente lagnarsi
del fatto che i cristiani non procurano alcun guadagno. Primi ver-
ranno i lenoni, i seduttori, i mezzani, poi i sicari, gli avvelenatori,
i maghi, indi gli aruspici, gli indovini e gli astrologi. N on procurare
guadagno a costoro è un gran guadagno. E tuttavia, qualunque sia
il danno che questa religione cagiona al vostro tornaconto, esso può
essere compensato da qualche vantaggio. Non vi sembra di dover
stimare non dico chi scaccia i demòni (qui de vobis daemonia excu-
tiant), e neppure chi sparge preghiere al vero Dio anche per voi,
perché forse non ci credete, ma almeno coloro da cui non potete
temere alcunché? 34

32 TERTULLIANUS, De spectaculis, 29, 3: "( ... ] spectacula Christianorum,


san eta, perpetua, gratuita".
33 TERTULLIANUS, Apologeticum, 37, 9: "Quis autem vos ab illis occultis et
usquequaque vastantibus mentes et valitudines vestras hostibus raperet, a
daemoniorum incursibus dico, quae de vobis sine praemio, sine mercede depel-
Iimus? Suffecisset hoc solum nostrae ultioni, quod vacua exinde possessio
immundis spiritibus pateretis.".
34 TERTULLIANUS, Apo/ogeticum, 43, 1-2.
492 CAPITOLO 19

Questo passo presenta una variante testuale che merita di essere


presa in considerazione. L' Apologeticum, infatti, ci è pervenuto
sotto forma di due distinte redazioni: il de vobis daemonia excutiant
della recensione vulgata in quella fu/dense si presenta come de vobis
daemonia discutiant: Tertulliano fa uso di due sinonimP5 •

4. Metodi esorcistici
Lo scopo dell'esorcismo (Tertulliano adopera il calco greco exor-
cismus, ed il corrispettivo exorcizo) è l'allontanamento (expello,
depello, excutio, educo, excludo) dei demoni dalla persona da essi
posseduta. Il primo ed efficacissimo mezzo utilizzato contro gli
assalti demoniaci è quello della preghiera:
Pertanto da preghiera> di null'altro è capace se non di richiamare
le anime dei defunti persino dal sentiero della morte, di ristabilire i
deboli, di sanare gli infermi, di purificare gli indemoniati, di aprire
le porte alle carceri, di sciogliere i vincoli degli innocenti 36 •
Per Tertulliano la preghiera riveste un importantissimo ruolo, in
particolare contro le ostilità del Maligno. Con la preghiera, i cri-
stiani diventano simili a soldati schierati sotto lo stendardo di Cri-
sto e compiono un sacrificio spirituale in sostituzione dei sacrifici
cruenti che Dio più non approva. Alla preghiera del Pater nosler
Tertulliano giunge a dedicare un trattato, il De oratione (198-200),
nel quale chiarisce la sua posizione anche nei confronti della pre-
ghiera giudaica e pagana37 • Ecco su che cosa si fonda l'autorità dei
cristiani sui demoni:

35 La recensione vulgata corrisponde al testo dei manoscritti in nostro pos-

sesso, e quella fuldense è ricostruibile sulla base delle lezioni tratte da un mano-
scritto conservato a Fulda, oggi perduto. Tra le varie interpretazioni suggerite,
quella che ha ottenuto più consensi ritiene che entrambe le redazioni deri-
vino da rielaborazioni personali dell'autore, la cui edizione definitiva sarebbe
rappresentata dalla recensione vulgata. Sarà pertanto mia cura riportare le
varianti della fuldense, quando esse siano significative. Suii'Apologeticum, cfr.
C. BECKER, Tertullians Apologeticum.
36 TERTULLIANUS, De oratione, 29, 2: "Itaque nihil novit nisi defunctorum

animas de ipso mortis itinere revocare, debiles reformare, aegros remediare,


demoniacos expiare, claustra carceris aperire, vincula innocentium solvere".
37 Sulla preghiera in Tertulliano, in breve E. F. OsBORN, Tertullian, pp. 145-

151. Si veda il ricco commentario al De oratione di P. A. GRAMAGLIA, Tertul-


liano. La preghiera.
TERTULLIANO 493

Del resto tutto questo dominio e potestà nostra su di loro trae


la sua forza dal nominare il Cristo e dal ricordare quello che li
minaccia e li attende da parte di Dio, secondo il giudizio di Cri-
sto. Temendo Cristo in Dio e Dio in Cristo, si assoggettano ai servi
di Dio e di Cristo. Così per il solo contatto e soffio nostro, redar-
guiti dalla visione e dalla realtà di quel fuoco, al nostro comando si
allontanano anche dai corpi, di malavoglia, addolorati e vergognosi
a causa della vostra presenza. Credete loro, quando dicono il vero
sul proprio conto, voi che credete loro quando mentiscono! 38 •
Sono quattro gli elementi portati all'attenzione del lettore da
parte di Tertulliano: due sono azioni verbali (l'uso del nome di Cri-
sto e la minaccia del giudizio), altri due sono materiali (il contatto
e il soffio).
L'uso del nome di Cristo nel rituale di esorcismo è assoluta-
mente tradizionale. A questa pratica l'autore aggiunge il richiamo
alla sconfitta finale dei demoni, che è già segnata. Come già detto,
la libertà di azione dei demoni è temporanea e avrà termine nel
giorno del giudizio di Cristo39 ; pertanto, l'esorcista incute timore al
demone che sta esorcizzando ricordandogli la sorte che lo aspetta,
minacciandolo e richiamando alla sua mente le sofferenze e il fuoco
che lo attendono. I diavoli, quindi, vengono indotti alla fuga dalla
visione e dalla realtà del fuoco. Ho scelto di tradurre repraesen-
tatio ignis con realtà del fuoco, piuttosto che con rappresentazione:
con repraesentatio infatti Tertulliano solitamente vuole indicare
una reale presenza, l'evidenza, la rivilalizzazione, la realizzazione,
la visione reale o la manifestazione, comparsa di qualcosa40 • Egli si
serve di questa espressione per significare la comparsa dell'uomo di

38 TERTULLIANUS, Apologeticum, 23, 15-17: "Atquin omnis haec nostra in


illos dominatio et potestas de nominatione Christi valet et de commemoratione
eorum, quae sibi a Deo per arbitrum Christum imminentia exspectant. Chri-
stum timentes in Deo et Deum in Christo subiciuntur servis Dei et Christi.
Ita de contactu deque afflatu nostro, contemplatione et repraesentatione ignis
illius correpti etiam de corporibus nostro imperio excedunt inviti et dolentes et
vobis praesentibus erubescentes. Credite illis, cum verum de se loquuntur, qui
mentientibus creditisl".
39 Sull'escatologia tertullianea, A. QuACQUARELLI, Antropologia ed escatolo-
gia.
40 Ho esaminato le occorrenze di repraesentatio in TERTULLIANUS, De ora-
tione, 5, l; lo., Adversus Marcionem, III, 7, 7; III, 24, 4; IV, 10, l; IV, 13, 3;
IV, 16, 5; IV, 25, 13; V, 12, 5; lo., De resurrectione mortuorum, 14, 10; 17, 3;
22, 8; 23, 7; lo., De corona, 15, 2; Adversus Praxean, 24, 6; De ieiunio adversus
494 CAPITOLO 19

fronte a Dio al momento del Giudizio, oppure per indicare il valore


di un concilio ecclesiastico, nel quale tutta la Chiesa è rappresen-
tata. In un caso la reale repraesentatio è chiaramente contrapposta
alla visio profetica delle ricompense celesti 41 . È quindi evidente che
a Tertulliano preme insistere sulla reale esistenza del fuoco al quale
i demoni sono condannati, piuttosto che alludere genericamente ad
esso: gli spiriti maligni lo possono conoscere e forse sperimentare
fin d'ora.
L'autore non si sofferma a chiarire in quale forma l'esorcista
poteva rivolgersi al demone, e in che modo o in quale contesto le
minacce del giudizio finale e del fuoco dell'inferno vengano proffe-
rite. Secondo Klaus Thraede questo passo dimostrerebbe la persi-
stenza dell'utilizzo della professione di fede cristiana come formula
per scacciare i demoni; la "regula {idei liturgica adoperata a scopo
di guarigione" contiene infatti "la conferma del ritorno di Cristo,
che avrebbe voluto essere una minaccia per i demoni" 42 • Non sono
però sicuro che questa asserzione, seppur generalmente valida,
possa essere supportata dalla lettura dell'opera tertullianea: non
scorgo infatti alcun elemento che induca a pensare che le allusioni
alla punizione del fuoco siano inserite all'interno di una professione
di fede recitata allo scopo.
Tertulliano precisa che i demoni sono correpti dalla visione del
fuoco dell'inferno. In Tertulliano corripio significa rimproverare,
riprendere 43 , e correptio è la riprensione44 • La minaccia della puni-
zione divina e il rimprovero riconducono la mente all'abitudine
di rivolgersi con fare minaccioso ai demoni, sgridandoli, già osser-
vata negli Atti di Andrea. Lì ho mostrato come l'atteggiamento
aggressivo dell'esorcista nei confronti dello spirito maligno fosse un
costume già attestato nei Vangeli e condiviso anche nei racconti
di esorcismo non cristiano. I demoni secondo Tertulliano vengono

psychicos, 13, 6; De pudicitia, 14, 19; Adversos Iudaeos, 13, 18; 14, 9. Un tenta-
tivo di analisi in P. A. GRAMAGLIA, Il linguaggio eucaristico, pp. 955-961.
41 TERTULLIANUS, De corona, 15, 2: "Si tales imagines in visione, quales veri-
tates in repraesentatione?".
42 K. THRAEDE, Exorzismus, col. 66.
43 TERTULLIANUS, Adversus Marcionem, IV, 35, 2; ID., De praescriptione hae-
reticorum, 27.
44 TERTULLIANUS, De praescriptione haereticorum, 6; 16; ID., De pudicitia,
14, 5. In ID., Adversus Marcionem, V, 18, 11, correptio rende la vou!le:a[oc di Ef
6, 4.
TERTULLIANO 495

quindi rimbroltati, redarguiti, e costretti a fuggire cedendo all'impe-


rium dell'esorcista.
Alle parole, gli esorcisti aggiungono anche il contactus e l' affla-
lus. Il contactus induce facilmente a pensare ad un gesto che vero-
similmente può essere descritto come un'imposizione delle mani;
sull'afflatus, il soffio, mi soffermerò più avanti.
La fuga è descritta come un vero e proprio allontanamento,
un'uscita dai corpi dei posseduti; i demoni fuoriescono di mala-
voglia ma soprattutto pieni di vergogna, a causa della presenza
dei pagani. In questo modo si richiama alla mente il tema della
sconfitta pubblica, alla presenza dei non cristiani, i quali risultano
testimoni della pochezza di quei demoni che essi adorano o ser-
vono, sia che si presentino come dèi, sia che assumano l'identità di
anime dei trapassati.

5. Scongiuri, dialoghi e digiuni


Le parole dell'esorcista pronunciate in direzione dell'indemoniato
sono qualificate da Tertulliano come scongiuri, che nulla hanno a
che spartire con i giuramenti idolatrici dei pagani:
Ma anche noi giuriamo, se non per i geni (per genios) dei Cesari,
per la loro salute, che è più augusta di tutti i geni. Non sapete
che i geni si chiamano dèmoni, donde il diminutivo demòni? 45 Noi
negli imperatori rispettiamo il giudizio di Dio, che li ha messi a
capo delle genti. Noi sappiamo che in essi c'è quello che Dio ha
voluto: perciò noi desideriamo che sia salvaguardato ciò che Dio ha
voluto, e lo teniamo in conto come un gran giuramento. Del resto
i demoni, vale a dire i geni, siamo soliti scongiurarli, per scacciarli
dagli uomini (adiurare consuevimus, ul illos de hominibus exigamus),
ma non siamo soliti giurare, per conferire loro l'onore dovuto alla
divinità46 .
Per exigere (o expellere, nella recensione fuldense) i demoni, gli
esorcisti si servono di adiurationes. In questo passo Tertulliano si
preoccupa dell'atteggiamento da tenersi verso l'imperatore; i cri-
stiani possono pregare per lui e per la prosperità dell'impero del
quale è a capo, poiché lo iuramentum per salutem non è un giura-
mento vero e proprio, ma piuttosto un augurio di prosperità rivolto

45 Forse un diminutivo in senso dispregiativo?


46 TERTULLIANUS, Apologelicum, 32, 2-3.
496 CAPITOLO 19

al sovrano47 • Non è invece concesso giurare per il genio dell'impe-


ratore, ossia contaminarsi con l'idolatria: i genì, naturalmente, non
sono altro che demoni, come più volte ribadito. L'autore introduce
quindi una contrapposizione tra il deierare e l' adiurare. Il primo
verbo è spesso adoperato ad indicare i giuramenti religiosi dei
pagani48 , mentre il secondo appare cinque volte negli scritti di
Tertulliano: per due volte è adoperato ad indicare gli scongiuri
contro i demoni49, una volta per quelli contro le morsicature di ani-
mali velenosi 50; una volta per indicare la promessa degli apostoli51 ,
ed una volta per ricordare il giuramento idolatrico52 . Quello che
basterà rilevare qui, è la conferma che l'esorcismo noto a Tertul-
liano prevedeva scongiuri imperativi rivolti verso i demoni celati
dentro un corpo umano, per ottenerne la dipartita.
L'esorcismo non era solo fatto di scongiuri, ma anche di parole
che esorcista ed esorcizzato si scambiavano tra loro. Tertulliano
attesta che il diavolo, attraverso la bocca dell'uomo da lui posse-
duto, rivolgeva parole al suo avversario, per mentire ed ingannare
l'esorcista o per ottenere qualche effetto a lui gradito sugli astanti 53 ,
o per difendersi e dichiarare la legittimità della propria attività di
infestazione54 • Spesso è l'esorcista a costringere lo spirito maligno a
parlare, principalmente per forzarlo a rivelare la propria identità, al
di là di qualsiasi suo tentativo di mistificazione55 • È un modo effi-
cace per accertare la natura dei disturbi manifestati dall'indemo-

47 Sull'atteggiamento di Tertulliano verso Roma e l'imperatore, D. RANKIN,


Tertullian and the Imperia[ Culi; R. KLEIN, Tertullian und das romische Reich;
J. C. FREDOUILLE, Tertullien el l'Empire; A. Z. AHONDOKPE, La Vision de Rome
chez Tertullien.
48 TERTULLIANUS, Apologeticum, 14, 7; 35, 10; 46, 4; lo., Ad nationes,
l, 10, 31; l, 17, 2; l, 17, 6; Il, 9, 14.
49 Nel passo che stiamo esaminando e in TERTULLIANUS, De exhortatione
castitatis, 1O, 2.
50 TERTULLIANUS, Scorpiace, l, 3.

51 TERTULLIANUS, De praescriptione haereticorum, 37, 5.

52 TERTULLIANUS, De ido/olatria, 21, 2.


53 TERTULLIANUS, De anima, 57, 5: "Durante gli esorcismi questi afferma di
essere talora un parente dell'uomo da lui posseduto (... )".
54 TERTULLIANUS, De speclaculis, 26, 2: "Pertanto durante l'esorcismo ( ... )

questi disse con fermezza: "Ho agito a buon diritto (... )".
55 TERTULLIANUS, Apologeticum, 23, 4: "Costretto a parlare da un cristiano
qualsiasi, quello spirito veracemente confesserà di essere un demone ( ... )".
TERTULLIANO 497

niato, e certamente anche un potente mezzo dimostrativo davanti


agli occhi delle persone che assistevano all'esecuzione dell'esorcismo.
Nel suo trattato sul digiuno, scritto dopo la sua adesione al mon-
tanismo56, Tertulliano non manca di sottolineare la forza antide-
monica dell'astinenza dal cibo, che Eligius Dekker qualifica come
pratica esorcistica57 :
<Il Signore> ha infatti insegnato che bisogna combattere con digiuni
contro i demòni più funesti. Che c'è di strano se per mezzo della
medesima operazione lo spirito iniquo viene allontanato, e lo Spi-
rito Santo viene introdotto?58

Il richiamo è all'insegnamento di Gesù, che è propriamente


inserito nel contesto di un racconto di esorcismo59 • È interessante
notare che per Tertulliano la presenza dello spirito maligno costitu-
isce evidentemente un impedimento alla compresenza dello Spirito
Santo nell'uomo; è solo con l'allontanamento del primo che si può
favorire la venuta del secondo.

6. Il segno della croce


Tertulliano è uno degli autori cristiani antichi che dedica il mag-
gior spazio alla pratica del segno della croce60 • Egli lo ritiene parte
integrante della vita cristiana di ogni giorno:

56 Verso il 207 Tertulliano incominciò a mostrare simpatia per il movimento


montanista, al quale in seguito aderi pienamente; a Tertulliano si ascrive la
fondazione del movimento dei tertullianisti, che rimasero attivi a Cartagine
fino all'epoca di Agostino. Anche se recentemente tra i commentatori vi è la
tendenza a rivalutare il legame che Tertulliano continuò a sentire con la Chiesa
cattolica a dispetto della sua adesione alla nuova profezia montanista, è indub-
bio che egli si sentisse in qualche modo separato dalla comunità cristiana sua
contemporanea, per lo meno a motivo delle sue rigoriste posizioni etiche. Cfr.
A. FAGGIOTTO, La diaspora cata{rigia, pp. 129-182; R. G. SMITH, Tertullian and
Montanism; D. PowELL, Tertullianists and Cataphrygians; R. BRAUN, Tertullien
et le montanisme; V. GRoSSI, A proposito della conversione; D. RANKIN, Tertullian
and the Church, pp. 41-51.
57 E. DEKKERS, Tertullianus en de Geschiedenis, p. 217

58 TERTULLIANUS, De ieiunio adversus psychicos, 8, 3: "Docuit etiam adversus

diriora daemonia ieiuniis proeliandum. Quid enim mirum, si eadem operatione


spiritus iniquus educitur, qua sanctus inducitur?".
59 Mt 17, 21: "Questa razza di demòni non si scaccia se non con la preghiera
e il digiuno".
60 Su questo, F. J. DoLGER, Beitriige zur Geschichte des Kreuzzeichens, l,

pp. 5-13; P. ERNY, Le signe de la croix chez Tertullien.


498 CAPITOLO 19

Tutte le volte che iniziamo o terminiamo qualcosa, tutte le volte


che entriamo o usciamo di casa, quando ci vestiamo, ci mettiamo i
calzari, andiamo al bagno, sediamo a tavola, accendiamo le lucerne,
andiamo a letto, ci sediamo, qualsiasi sia l'occupazione alla quale ci
accingiamo, facciamoci sulla fronte un segno di croce61 •

Tertulliano spesso si serve del diminutivo signaculum; ciO


potrebbe far pensare che esistessero un signaculum ed un signum,
ovvero un segno di croce piccolo e uno più grande. In verità Ter-
tulliano fa generalmente un largo uso di diminutivi, ed il termine
signaculum potrebbe facilmente essere l'equivalente del greco
cr~pocy(ç: non sarebbe allora il caso di pensare a differenti modalità
di esecuzione del segno della croce. Così le conclusioni di uno spe-
cifico studio compiuto da Franz J. Dolger:
Il segno della croce, come rito di auto-segnazione nel senso di bene-
dizione rivolta a sé stessi, o come rito di consacrazione di altre per-
sone o oggetti, per benedirli o allontanarne il male, nella seconda
metà del n secolo è fortemente radicato nella coscienza cristiana e
nell'uso popolare dei cristiani dell'Africa del Nord [... )La polemica
tra Tertulliano e Marcione presuppone che il segno di croce fosse
una pratica della Chiesa precedente alla nascita del marcionismo,
di modo che, stando agli scritti di Tertulliano, esso rimonta almeno
a t torno al 150 [... ] Il segnarsi e benedire altre persone consisteva
essenzialmente nel marcare la propria o la loro fronte con un pic-
colo segno di croce, un gesto che Tertulliano chiama signaculum
frontium. Questo gesto si diceva signatio, il tracciare il segno della
croce signare, il tracciarlo sopra di sé se signare62 •
Nel trattato Contro Marcione (tra il 205 ed il 213) Tertulliano
paragona la croce alla lettera tau dell'alfabeto greco 63 :
La lettera tau è infatti quella dei greci, per noi è la T, immagine
della croce, che preannunciava che sarebbe stata sulle nostre fronti
nella vera e universale Gerusalemme, nella quale i fratelli di Cristo,
figli, s'intende, di Dio, avrebbero offerto gloria a Dio, come canta il
ventunesimo salmo nella persona di Cristo stesso al Padre: Narrerò

61 TERTULLIANUS, De corona, 3, 4: "Ad omnem progressum atque promotum,


ad omnem aditum et exitum, ad vestitum, ad calciatum, ad lavacra, ad men-
sas, ad lumina, ad cubilia, ad sedilia, quacumque nos conversatio exercet, fron-
tem signa culo terimus".
62 F. J. DùLGER, Beitrage zur Geschichte des Kreuzzeichens, l, pp. 12-13.
63 Sul tau di Ezechiele si veda quanto già detto a proposito di CLEMENS
ALEXANDRINUS, Excerpta ex Theodoto, 80.
TERTULLIANO 499

il tuo nome ai miei fratelli, in mezzo alle adunanze ti canterò un inno


(Sal 22, 23) 64 •

Da alcuni passi risulta l'efficacia antidemonica del segno di croce;


l'autore sviluppa il tema del serpente innalzato da Mosè come pre-
figurazione della croce di Cristo65 :
Di nuovo, Io stesso Mosè, dopo la proibizione di costruire ogni
immagine 66 , perché ha esposto un serpente in aria, fissato a un
palo, nell'aspetto di uno che stava appeso, affinché fosse uno spet-
tacolo di salvezza? Non forse anche qui metteva davanti agli occhi
l'efficacia della croce del Signore, con la quale veniva smascherato
il serpente diabolico e a chiunque fosse stato offeso dai serpenti spi-
rituali, ma che tuttavia volgesse lo sguardo e credesse nella croce,
veniva annunziata la guarigione dai morsi dei peccati e, quindi, la
salvezza?67
[... ] quella effigie del serpente di bronzo nella poslZlone di un
sospeso raffigura l'immagine della croce del Signore, la quale ci
avrebbe liberato dai serpenti, ossia dagli angeli del diavolo, e su di
essa pende il diavolo, cioè il serpente ucciso68 •

La medesima argomentazione era già stata sviluppata dallo


Pseudo Barnaba69 e da Giustino 70 , i quali attraverso la rilettura

64 TERTULLIANUS, Adversus Marcionem, III, 22, 6. Traduzione di Claudio

Moreschini.
65 Sulla esegesi biblica in Tertulliano, G. ZIMMERMANN, Die hermeneulischen

Prinzipien; T. P. O' MALLEY, Tertullian and the Bible; J. H. WASZINK, Tertul-


lian's Principles; M. SIMONETTI, Lettera efo allegoria, pp. 45-47; C. MoRESCHINI,
La Bibbia e l'apologetica latina.
66 Cfr. Es 20, 4: "Non ti farai idolo né immagine alcuna di ciò che è lassù

nel cielo né di ciò che è quaggiù sulla terra, né di ciò che è nelle acque sotto
la terra".
67 TERTULLIANUS, Adversus Marcionem, III, 18, 7. Traduzione di Claudio

Moreschini.
68 TERTULLIANUS, De ido/o/atria, 5, 4.
~ 9 Ps. BARNABAS, Epistula, 12, 6: "Mosè, benché avesse pubblicato il
comando: Non avrete per vostro dio nessun oggetto fuso o scolpito, tuttavia ne
compose uno egli stesso, per mostrare la figura di Gesù". Traduzione di Guido
Bosio.
70 luSTINUS, Dialogus, 94, 1-2: "Non é forse Dio che per mezzo di Mosè ha

ordinato di non farsi assolutamente né idolo né immagine alcuna sia di ciò che
è lassù nei cieli sia di ciò che è sulla terra? [... ] Ma egli [ ... ] annunciava la sal-
vezza per coloro che credono in colui che per mezzo di questo segno, cioè della
croce, sarebbe stato messo a morte dai morsi del serpente, ovvero le azioni
500 CAPITOLO 19

giovannea 71 commentavano l'episodio di Mosè narrato nel libro dei


Numeri 72 • È quindi chiara la funzione antidemonica del segno di
croce, ma non è evidente il suo uso durante le pratiche di esor-
cismo. In verità sarei propenso a ritenere che esso facesse parte
della prassi esorcistica; se Tertulliano testimonia l'uso della croce
come rimedio contro i morsi degli scorpioni, metafora del male 73 ,
a maggior ragione questo segno sarà stato adoperato nei rituali di
liberazione dei posseduti.

7. La exsufflatio e il desputum
Nel De idololalria, opera la cui datazione è incerta 74 , Tertul-
liano descrive il suo concetto di idolatria; egli la ritrova non solo
nell'aperta dimostrazione di culto verso gli idoli, ma anche in tutta
la vita della società pagana: il commercio, l'insegnamento, molti
impieghi. Tra i mestieri tacciati di idolatria, c'è quello dellurarius,
il venditore di aromi destinati agli altari degli dèi. Un particolare
apparentemente trascurabile, inserito nell'argomentazione di Ter-
tulliano, nasconde preziosi spunti di riflessione:
Con che faccia un profumiere cristiano, se attraverserà i templi,
con che faccia potrà sputare e soffiar sopra gli altari avvolti tra i
fumi ai quali egli stesso ha provveduto?75 .

malvagie, le varie forme di idolatria e le altre ingiustizie". Traduzione di Giu-


seppe Visonà.
71 Gv 3, 14-15: "E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, cosi bisogna
che sia innalzato il Figlio dell'uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita
eterna".
72 Num 21, 9: "Mosè allora fece un serpente di rame e lo mise sopra l'asta;
quando un serpente aveva morso qualcuno, se questi guardava il serpente di
rame, restava in vita".
73 TERTULLIANUS, Scorpiace, l, 3: "Per noi il presidio è la fede - a meno che
anch'essa non sia scossa dal dubbio- nel tracciare subito il segno di croce, nel
pronunciare lo scongiuro e nel fare l'unzione sulla puntura dell'animale (Nobis
fides praesidium si non et ipsa percutitur diffidentia signandi statim et adiu-
randi et ungendi bestiae calcem)".
74 Per alcuni, essa va collocata negli anni immediatamente successivi alla
conversione; per altri, invece, è portatrice delle rigorismo tipico dell'epoca
montanista.
75 TERTULLIANUS, De idololatria, 11, 7: "Quo ore christianus turarius, si per
tempia transibit, quo ore fumantes aras despuet et exsufflabit, quibus ipse pro-
spexit?".
TERTULLIANO 501

Franz Dolger ha dedicato uno studio all'interpretazione dei


verbi sputare e soffiare qui accostatF6 • Tertulliano usa normalmente
despuere in senso metaforico, come sinonimo di disprezzare, aborrire,
detestare77 , ma talvolta anche nel senso reale di sputare18 • Se in un
caso il significato è dubbio 79 , qui, causa la vicinanza con exsufflare,
l'espressione va di certo intesa letteralmente, come atto compiuto
in segno di disprezzo: i cristiani sputavano (con la dovuta discre-
zione, probabilmente) in direzione dei templi, degli altari o dei luo-
ghi sacri del paganesimo.
Lo sputo come segno di dispregio si può riscontrare fin dalla tra-
dizione biblica ebraica 80 • A Roma, nei luoghi consacrati non era
lecito sputare; Varrone e Livio conservano memoria di un luogo
nell'Urbe, detto Doliola, dove non era concesso sputare81 per non
mancare di rispetto ai sacri oggetti ivi sepolti in vasi di terra-
cotta82. A maggior ragione, era sacrilego lo sputo in un tempio.
Come Celso ricordava, "i cristiani non sopportano la vista di tem-
pli, altari e statue" 83 , e nella seconda metà del IV secolo Pruden-

76 F. J. DoLGER, Heidnische Begriipung und chrislliche Verh6hnung der Hei-

dentempel.
77 Le leggi inique vanno ripudiate (TERTULLIANUS, Ad nationes, l, 6, 6); i

pagani talora disprezzano gli dèi (ID., Ad nationes, l, 10, 10); debbonsi rigettare
le superstizioni (ID., De testimonio animae, l, 3); il matrimonio non va disprez-
zato (ID., Adversus Marcionem, I, 29, 3).
78 Cristo subì gli sputi (TERTULLIANUS, De patientia, III, 9). Cfr. H. HoPPE,

Sintassi e stile di Tertulliano, p. 320.


79 TERTULLIANUS, De spectaculis, 13, 4: "Nec minus tempia quam monu-

menta despuimus".
80 Num 12, 14: "Il Signore rispose a Mosè: "Se suo padre le avesse sputato

in viso, non ne porterebbe essa vergogna per sette giorni? Stia dunque isolata
fuori dell'accampamento sette giorni; poi vi sarà di nuovo ammessa"; Dt. 25, 9:
"Allora sua cognata gli si avvicinerà in presenza degli anziani, gli toglierà il
sandalo dal piede, gli sputerà in faccia e prendendo la parola dirà: Così sarà
fatto all'uomo che non vuole ricostruire la famiglia del fratello"; ls 50, 6: "Ho
presentato il dorso ai flagellatori, la guancia a coloro che mi strappavano la
barba; non ho sottratto la faccia agli insulti e agli sputi"; Iob 30, 10: "Hanno
orrore di me e mi schivano e non si astengono dallo sputarmi in faccia".
81 VARRO, MARCUS TERENTIUS, De lingua latina, V, 157: "Presso la Cloaca
massima c'è un luogo chiamato Doliola, dai dolioli che si trovano sotto terra,
dove non è permesso sputare (ubi non licei despuere)".
82 LIVIUS, TITus, Ab urbe condita, V, 40, 8: "Ancor oggi sputare in quel luogo
è sacrilegio (ubi nunc despui religio est)".
83 0RIGENES, Contra Celsum, VII, 62.
502 CAPITOLO 19

zio potrà dichiarare al suo interlocutore pagano: "Volgi gli occhi


al popolo! Quanti sono quelli che non sputano sull'altare di Giove,
macchiato di sangue?" 84 • Questo gesto di disprezzo va certamente
contrapposto all'uso pagano di omaggiare i simulacri, che - exempli
grafia - Minucio Felice descrive in questo modo:
Cecilia, avendo scorta una statua di Serapide, accostando la mano
alla bocca con le labbra vi impresse un bacio, come usa il volgo
superstizioso85 •
Chi ometteva questi gesti era considerato dai pagani irrispet-
toso delle divinità, ci informa Apuleio 86 . È invece incerto un altro
passo in cui Cecilio accusa i cristiani di atteggiamento spregiativo
nei confronti degli dèi: tempia ut busta despiciunt, deos despuunt,
rident sacra 87 • Despuere può ben alludere allo sputo sui simulacri
delle divinità pagane, ma potrebbe anche essere semplicemente un
sinonimo di despicere, da tradursi con disprezzare.
Lo sputo, insomma, era un'espressione tipica dello scherno e del
disprezzo in tutta l'antichità, e nel tardoantico non era infrequente
lo sputo dispregiativo sugli oggetti venerati dai gruppi religiosi
concorrenti. Nei Canoni copti di Basilio, circolanti in Egitto nella
forma finale intorno al VI secolo, si vieta espressamente di sputare
sull'altare, gesto che potrebbe essere male interpretato88 • Dolger
fa anche riferimento alla persecuzione anticristiana degli Imiariti
in Arabia meridionale, dove i persecutori costringevano i fedeli a
rivolgere il proprio sputo sulla croce89 , e al "tipico gesto giudaico

84 PRUDENTIUS, AURELIUS, Contra Symmachum, l, 578-579.

85 MINUCIUS, FELIX, Ociavius, 2, 4. Traduzione di Michele Pellegrino. Il gesto


è così descritto in APULEIUS MADAURENSIS, Meiamorphoses, IV, 28: "Portando la
mano destra alle labbra e unendo l'indice al pollice".
86 Cfr. APULEIUS MADAURENSIS, Apologia, 56: "Emiliano [ ... ] è arrivato alla
sua età senza mai alzare suppliche a un dio, senza mai entrare in un tempio; se
passa accanto a un santuario, considera nefando portare la mano alle labbra in
segno di adorazione". Traduzione di Giuseppe Metri.
87 MINUCIUS, FELIX, Octavius, 8, 4.
88 Canones Basi/ii, 96: "Nessuno dovrebbe sputare in direzione dell'altare se

non per urgente necessità, a causa di una infermità". Traduzione di W. RIEDEL,


Die Kirchenrechtsquellen, p. 273.
89 A. MoBERG, The Book o{ the Himyarites, p. CXXIV: "Rinnega Cristo
immediatamente, e sputa sulla sua croce".
TERTULLIANO 503

dello sputare sulla croce" 90 • Questa interpretazione esorcistica non


ha molto a che spartire con quella che insiste maggiormente sulle
caratteristiche lenitive e curative della saliva91 • Ma il limite di
demarcazione tra i due aspetti potrebbe essere molto lieve, come ci
indurrebbe a pensare questo passo di Plinio:
Abbiamo detto che la saliva di ognuno di noi, soprattutto se
digiuno, è un rimedio contro i serpenti; ma è bene che la gente
conosca anche gli altri impieghi salutari di essa. Sputiamo sugli
epilettici durante gli attacchi: così facendo rigettiamo il contagio.
In modo analogo ci difendiamo dal malocchio e dagli incontri con
gli zoppi dal piede destro [... ] È usanza sputare e fare tre volte
gli scongiuri tutte le volte che adoperiamo una medicina [... ] Fra i
metodi di protezione contro i sortilegi vi è quello di sputare sulla
urina emessa [... ] Dovremmo allora anche credere giusto che, al
sopraggiungere di un estraneo o se si volge lo sguardo su un pop-
pante addormentato, la nutrice sputi tre volte92 •
Lo sputo, in genere, aveva anche una funzione apotropaica oltre
che dispregiativa, come ci attesta Teocrito93 ; una satira di Persio
ci propone la figura di una donna che con la saliva tocca la fronte
e le labbra del bambino per allontanare il malocchio9\ e non man-
cano altre testimonianze in questo senso 95 • A questo punto ritengo
sia opportuno restituire allo studioso italiano Carlo Pascal la pater-
nità di quest'interpretazione del passo di Tertulliano, successiva-

90 F. J. DOLGER, Heidnische Begrii{Jung, p. 201. Secondo lsrael Shahak

(Spitting on the Cross), gli ebrei fin dall'antichità usarono sputare sulla croce o
in direzione dei luoghi di culto cristiani, abitudine che tuttora perdura.
91 In generale, sull'uso della saliva e suoi significati, W. CROOKE, Saliva;

L. DEUBNER, Speichel; sullo sputare, ID., Spucken.


92 PLINIUS, SECUNDUS, Naturalis Historia, 28, 35-37. Cfr. VII, 15; X, 69;

XXVII, 131. Traduzione di Umberto Capitani.


93 THEOCRYTUS, Idyllia, VII, 127-128: "Il nostro scopo sia la quiete e una
vecchia ci protegga e, sputandovi sopra, tenga indietro le cose poco belle";
XX,ll: "Schernendo mi cosi sputò tre volte nella sua veste e dalla testa ai piedi
mi squadrò tutto e intanto con le labbra faceva smorfie e mi guardava storto e
si muoveva con affettazione e a bocca stretta in segno di disprezzo si burlava
di me".
94 PERSIUS, Saturae, Il, 31-34: "Una nonna o una zia per parte di madre,

timorata degli dèi, ha tolto l'infante dalla culla e col dito impudico e saliva
lustrate gli purifica la fronte e le umide labbra, esperta com'è nell'esorcizzare
il malocchio".
95 F. W. NICOLSON, The Saliva Superstition, ne fornisce un buon elenco.
504 CAPITOLO 19

mente ribadita e sviluppata con maggiore profondità di analisi dal


Dolger:
Credo avvertire che tale uso non serviva solo a denotare l'estremo
disprezzo, ma aveva probabilmente origini in una superstizione
popolare molto antica. Credo cioè che anche nel paganesimo fosse
popolare l'uso di sputare contro le persone o le cose in cui si cre-
deva avesse posto sede uno spirito maligno 96 •
Per quanto concerne il soffio 97 , Tertulliano non si riferisce, come
qualcuno ha pensato, all'atto del soffiare via il fumo dei sacrifici,
ma ad un altro gesto dispregiativo (e quindi condannato se diretto
alle immagini dell'imperatore98 ) o antidemonico, che qui per la
prima volta compare come mezzo esorcistico. Un'origine biblica di
tale pratica potrebbe essere individuata in Esodo 15, 10: "Soffia-
sti con il tuo alito: il mare li coprì, sprofondarono come piombo
in acque profonde", e nel gesto dell'annientamento dell'Anticristo
descritto dall'apostolo Paolo: "Solo allora sarà rivelato l'empio e
il Signore Gesù lo distruggerà con il soffio della sua bocca" (2 Ts
2, 8). La fonte paolina è il Libro di Isaia: "La sua parola sarà una
verga che percuoterà il violento; con il soffio (D~1, ru"b) delle sue
labbra ucciderà l'empio" 99 • Diverso sembra il caso del noto passo
del Vangelo di Giovanni (20, 22-23): "Dopo aver detto questo, alitò
su di loro e disse: Ricevete lo Spirito Santo; a chi rimetterete i
peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non
rimessi". Il senso dell' if.L<pucrocw va piuttosto ricollegato al soffio
vitale divino di Gen 2, 7; ma accanto all'interpretazione del gesto
come comunicazione dello spirito, Dolger accenna ad alcuni scrit-
tori antichi (Eusebio, Cirillo di Alessandria) che intesero questo
soffio come mezzo catartico, di ripulitura delle anime 100 • Lo gno-
stico Eracleone intorno alla metà del II secolo nel suo Commento al
V angelo di Giovanni dice che "la frusta è immagine della potenza e

96 C. PASCAL, Dèi e diavoli, p. 116, nota 40.


97 Su questo in generale, W. ALY, Blasen (und hauchen). Come gesto esor-
cistico, F. J. DbLGER, Der Exorzismus, pp. 118-130; O. BùcHER, Diimonen(urchl
und Diimonenabwehr, pp. 220-224.
98 Cfr. AuGUSTINUS HIPPONENSIS, Contra Iulianum, III, 199, dove il soffiare
(exsu((lare) verso la statua del sovrano è considerato come alto tradimento, e
quindi punibile anche con la morte.
99 Is 11, 4. Nei Settanta l'espressione è resa Èv 1t\IEUfJ.OC't'L 8Ldt xe:LÀtwv.
100 F. J. DoLGER, Der Exorzismus, pp. 121-122.
TERTULLIANO 505

dell'attività dello Spirito Santo che soffia via i malvagi" 101 ; DOlger
cita anche un passo del Libro di Enoc etiopico 102, e nel Quarto libro
di Ezra vi è un episodio analogo 103 • Negli Atti di Tommaso, Gesù
soffia per far retrocedere i suoi avversarP 04 • La pratica è condivisa
dai pagani: secondo Luciano di Samosata un mago babilonese, per
far sparire dei serpenti, "soffiò su di loro, che tutti in un attimo
furono arsi dal soffio" 105 • Il soffio ha un carattere apotropaico e
allo stesso tempo taumaturgico: i maghi egiziani, dice Celso, "scac-
ciano dèmoni dagli uomini, soffiano via le malattie" 106 , e Plotino
deride quei maghi che credono nell'obbedienza dei demoni "purché
si conosca un po' l'arte di cantare in un certo modo, di gridare, di
aspirare, di soffiare" 107 • Nel racconto di un Vangelo dell'infanzia, il
piccolo Gesù guarisce il morso di una vipera e fa morire l'animale
con il suo soffio 108 • Ugualmente, afferma Dionigi di Alessandria,
"c'erano e vi sono tuttavia cristiani capaci di sconvolgere i disegni
dei demoni nefasti con la loro sola presenza, col loro sguardo, col
loro soffio e con la loro voce" 109 • L'esorcismo di Pibechis del papiro
magico di Parigi prevede questo rito: "Mentre fai lo scongiuro,
soffia una volta, dalle punte dei piedi diminuendo il soffio sino al
volto" 110 • Evidentemente la differenza tra possessione diabolica e
infermità è abbastanza sottile. Per il IV secolo c'è un importante
testimonianza di Giuliano l'Apostata, il quale in una sua lettera
descrive compiaciuto l'atteggiamento del vescovo Pegasio; questi,

101 In ORIGENES, Commentarii in evangelium Joannis, X, 33, 213. Cfr. Gv


2, 15.
102 I Enoc, 99, 16: "Egli solleverà lo spirito/soffio della sua ira per farvi tutti

perire di spada".
103 Liber quartus Ezrae, 13, 10: "Vidi soltanto che emise dalla sua bocca

come un flutto di fuoco, e dalle sue labbra un soffio di fiamma, e dalla sua
lingua scintille di tempesta". Traduzione di Paolo Marrassini.
104 Acta Thomae, 157: "Venga il tuo dono, che tu soffiasti contro i tuoi

nemici allorché retrocedettero e caddero bocconi".


105 LUCIANUS SAMOSATENUS, Philopseudes, 12.
106 0RIGENES, Contra Celsum, l, 68.

107 PLOTINUS, Enneades, II, 9, 14. Traduzione di Giuseppe Faggin.

108 Evangelium Thomae, 16, 2: "Giacomo giaceva steso a terra e stava per

morire. Gesù si avvicinò, alitò sulla morsicatura e il dolore cessò in un istante.


L'animale scoppiò. Giacomo fu guarito". Traduzione di Mario Erbetta.
109 EusEBIUS CAESARIENSIS, Historia ecclesiastica, VII, 10, 4.

110 Papyri graecae magicae, IV, 3081-3083.


506 CAPITOLO 19

al tempo dell'imperatore Costanzo, aveva fatto da guida per i tem-


pli della città di Ilio, senza mostrare alcun fastidio per la presenza
dei simulacri:
Egli non ha fatto nulla di ciò che quegli scellerati sono soliti com-
piere, tracciandosi il segno dell'empio sulla fronte, né ha soffiato,
come quelli, tra i denti 111 : infatti la più alta teologia presso di loro
prevede queste due cose, di soffiare contro i dèmoni e farsi il segno
di croce sulla fronte 112 .
Il verbo che Giuliano adopera è crup(nw, che significa principal-
mente fischiare, o suonare uno strumento a fiato; Giuliano intende,
secondo Di:ilger, il sibilo che si ottiene soffiando con i denti superiori
appoggiati al labbro inferiore 113 . Egli ricorda poi l'atto di fischiare
qualcuno in segno di disapprovazione: è il sibilo di scherno che, ad
esempio, accompagnò il Crisostomo mentre si recava in esilio, umi-
liato dai suoi detrattori pagani ed ebrei 114 • Atanasio narra che
Antonio, per scacciare un demone, "soffia contro di lui, pronun-
ciando il nome di Cristo" 115 . Il verbo usato è È(.Lq:liJcrciw, in latino tra-
dotto con exibilo. Secondo Teodoreto di Cirro, il monaco Marciano
per scacciare un grande serpente "si fece col dito il segno della croce
e soffiò con la bocca" 116 . Nella Vita della martire Pelagia, opera del
diacono Giacomo, si narra l'episodio di una cacciata del diavolo:
"La serva di Dio, facendo il segno di croce e soffiando (È(.Lcpucr&:w)
su di lui, lo fece sparire" 117 ; la traduzione latina di Eustachio rende
lo stesso gesto indifferentemente con insuf{lare o exsufflare in dae-
monem118. Lo stesso negli Atti di Cipriano di Antiochia, dove il sof-
fio contro il diavolo è accompagnato dal disprezzo 119 • Illuminante
un passo delle Catechesi battesimali di Cirillo di Gerusalemme:

111 Letteralmente tra sé. Cosi interpreta anche Joseph Bidez.


112 IULIANUS IMPERATOR, Epistulae, 79, 33-38.
113 F. J. DòLGER, Heidnische Begriipung, p. 194. Anche C. A. BoLTON (The
Emperor Julian) ha commentato brevemente questo passo.
114 PALLADIUS, Dialogus de vita Joannis Chrysostomi, 10, p. 61.
115 ATHANASIUS ALEXANDRINUS, Vita Antonii, 40, 2.
116 THEODORETUS CYRRENSIS, Historia religiosa, 3, 7.
117 Vita Pelagiae, 10, in H. UsENER, Legenden der heiligen Pelagia p. 11, 5-7.
118 H. RoswEYD, Vitae Patrum, p. 379
119 Acta S. Cypriani et S. lustinae, 5 (T. ZAHN, Cyprian von Antiochien,
p. 145).
TERTULLIANO 507

Spesso il demonio, che non poteva essere trattenuto da molti con


catene di ferro, fu vinto da uno con parole di preghiera per la
potenza operante in lui dello Spirito Santo. E la semplice insuffla-
zione dell'esorcista (È!J.tpU<1'1j!J.(X -rou È7tOpx(~ovToc:;) diventa un fuoco
per l'invisibile nemico 120 •
In una omelia pseudocrisostomica, composta tra IV e v secolo, si
narra di un uomo che "rovesciò i simulacri dei demoni, sfigurò le
statue degli idoli, soffiò contro il diavolo" 121 • Prudenzio racconta
l'episodio del martire Romano il quale, dopo la tortura, viene invi-
tato a sacrificare agli dèi; vedendo l'altare preparato per l'offerta,
egli "soffia, come se avesse visto gli stessi dèmoni" 122 • Numerosi
sono i racconti di cristiani che soffiano in direzione dei demoni,
o degli idoli e del culto che li ricorda 123 • In certi casi, la liturgia
battesimale si servì di questo gesto del soffio per accompagnare la
rinuncia a Satana 124 • Ma, soprattutto, è la testimonianza di Ago-
stino che ci conferma questa interpretazione esorcistica, in quanto
egli descrive la exsuf{latio come rito a cui venivano sottoposti tutti
i catecumeni (e non solo nelle Chiese africane). L'exsufflatio agosti-
niana è già stata oggetto di un ottimo studio 125 ; qui sarà pertanto
sufficiente riportare un'unica citazione significativa:
Anche i bambini vengono exsuf{lati ed esorcizzati, per scacciare da
loro il potere nemico del diavolo, che inganna l'uomo per possedere
gli uomini. Nei bambini non viene esorcizzata ed exsuf{lata la crea-

120 CYRILLUS HtEROSOLYMITANUS, Catecheses ad illuminandos, XVI, 19. Tradu-

zione di Victor Saxer.


121 Ps. IOANNES CHRYSOSTOMUS, /n drachmam et in illud: Homo quidam habe-

bat duos filios, col. 783. B. MARX, Procliana, p. 32, propone come autore Anfilo-
chio; secondo S. J. V01cu, Trentatrè omelie, l'autore è un cappadoce vissuto tra
la fine del IV e l'inizio del v secolo.
122 PRUDENTIUS, AURELIUS, Peristephanon, 10, 916-920.
123 Diilger cita anche la Vita di Pietro d'Iberi a, la Passione di Susanna, il
Martirologio geroniminiano, il Passio Felicis et Adaucti.
124 Ps. DIONYSIUS AEROPAGITA, De ecclesiastica hierarchia, Il, 2, 7: "Con la
faccia rivolta verso l'occidente e con le mani alzate verso la stessa direzione <il
vescovm lo invita a soffiare tre volte contro Satana e quindi a pronunciare la
formula della rinuncia". Traduzione di Piero Scazzoso.
125 D. V AN SL YKE, A ugustine an d Catechumenal Exsuf(latio. Ringrazio l' au-

tore per avermi inviato il suo articolo prima della pubblicazione.


508 CAPITOLO 19

tura di Dio, ma colui sotto il quale stanno tutti coloro che nascono
nel peccato: egli è infatti il capo dei peccatorP 26 •
Ritornando a Tertulliano, egli stesso è prova che la pratica del
soffio esorcistico fosse già in uso al suo tempo. Nello scoraggiare il
matrimonio di una cristiana con un pagano, egli enumera le diffi-
coltà che una fedele avrebbe potuto essere costretta ad affrontare
vivendo a contatto con un miscredente:
Potrai forse nasconderti quando segni il tuo letto o il tuo corpo,
quando scacci via qualcosa di immondo con il soffio, o quando ti
alzi addirittura la notte per pregare? Non sembrerà che tu stia
compiendo qualche atto di magia? 127
Il codex Agobardinus (Ix secolo) riporta flatis al posto di flatu
explodis. Forse ciò suggerì una correzione ad un antico editore, che
cercò di dare un senso più immediato al passo: egli emendò ali-
quid immundum flantis explodis, pensando al fastidio che la donna
poteva provare per il fumo proveniente dall'altare domestico
pagano 128 • La correzione, in verità, non è necessaria, e viene ben
interpretata alla luce di quanto detto sinora.
La conclusione del Dolger è che i gesti dello sputo e del soffio
siano da interpretare come dimostrazione di disprezzo verso i luo-
ghi di culto pagani, ed al contempo come rituale esorcistico diretto
contro le divinità pagane - assimilabili ai demoni - che dimorano
in quei luoghP 29 • A questo punto si può comprendere il passo, già
preso in esame, nel quale si affermava che i demoni fuggono al
contatto e soffio dei cristiani (de contactu deque afflatu nostro) 130 •
L'esorcismo sugli indemoniati poteva anche non contemplare lo
sputo, riservandolo agli oggetti materiali in segno di disprezzo, ma
prevedeva certamente il gesto del soffio in direzione del posseduto;
esso poteva mantenere una funzione terapeutica e dispregiativa, ma

126 AUGUSTINUS HIPPONENSIS, De symbo[o ad calechumenos, 1, 2.


127 TERTULLIANUS, Ad uxorem, II, 5, 3: "Latebisme tu, cum lectulum, cum
corpusculum tuum signas, cum aliquid immundum flatu explodis, cum etiam
per noctem exurgis oratum? Et non magiae aliquid videberis operari?".
128 N. RIGALTIUS, Observaliones el nolae, p. 59. Questa interpretazione ha
avuto una certa fortuna, anche indipendentemente dalla correzione del testo.
Cfr. l'l n dex lalinilalis tertullianeae: "Fumantes aras despuet et exsufflabit, i. e.
profitens se Christianum fumi idololatrici aversatione" (PL 2, col. 1301).
129 F. J. DOLGER, Heidnische Begriipung, p. 203.
130 TERTULLIANUS, Apologeticum, 23, 16.
TERTULLIANO 509

soprattutto indicava un atto di rifiuto e opposizione nei confronti


dei demoni, i quali ne soffrivano e venivano indotti alla fuga. Non
vi è però prova alcuna che I'exsufflalio e il despulum fossero parte
di un esorcismo prebattesimale.

8. Idolatria, teatro e demonismo


L'idolatria, come già visto, va rifuggita da ogni cristiano in
tutte le sue forme. Il passo qui sopra commentato è il preludio
alla condanna di ogni professione che abbia a che fare con il culto
pagano:
Con che faccia un profumiere cristiano, se attraverserà i templi, con
che faccia potrà sputare e soffiar sopra gli altari avvolti tra i fumi,
ai quali egli stesso ha provveduto? Con quale fermezza esorcizzerà
coloro di cui si prende cura, ai quali fornisce la sua stessa casa come
dispensa? Se costui avrà cacciato un demonio, non si compiaccia
della propria fede: non l'ha infatti cacciato come nemico. Egli lo ha
senz'altro dovuto ottenere da quello stesso, che nutre ogni giorno.
Non v'è dunque arte alcuna, nessuna professione o affare che in
qualche modo si occupa di apparecchiare o formare idoli, che possa
sfuggire alla qualificazione di idolatria 131 •
Qualsiasi partecipazione a tutto l'apparato del culto idolatrico,
non esclusa la fornitura degli incensi, impedisce al cristiano di
poter affrontare quei demoni ai quali, seppure indirettamente, egli
presta servizio. Qualora sia in grado di portare a termine l'esorci-
smo, la vittoria non sarà ascrivibile alla propria fede, ma alla con-
discendenza dei medesimi spiriti maligni che vengono quotidiana-
mente da lui nutriti. Non è escluso che dietro a questa asserzione
si celi l'eco di una polemica intercorsa tra il Tertulliano rigorista
e qualche cristiano il quale, pur occupato in qualche mestiere che
potrebbe essere accusato di compromesso con l'idolatria, ottenesse
nella lotta contro i diavoli i medesimi risultati di un qualunque

131 TERTULLIANUS, De idololalria, 11, 7-8: "Quo ore christianus turarius, si per
tempia transibit, quo ore fumantes aras despuet et exsufflabit, quibus ipse pro-
spexit? Qua constantia exorcizabit alumnos suos, quibus domum suam cellarium
praestat? llle quidem si excluserit daemonium, non sibi placeat de fide: neque
enim inimicum exclusit. Facile debuit de eo impetrare, quem cotidie pascit.
Nulla igitur ars, nulla professio, nulla negotiatio, quae quid aut instruendis aut
formandis idolis administrat, carere poteri t ti tulo idololatriae".
510 CAPITOLO 19

altro cristiano. La stessa intolleranza Tertulliano la riserva a coloro


i quali non disdegnano gli spectacula:
Perché dunque persone di tal fatta non dovrebbero anche divenire
penetrabili dai demòni? Si è infatti verificato il caso - il Signore ne
è testimone - di quella donna che si recò al teatro e ne uscì con
un demonio. Pertanto durante l'esorcismo, mentre si opprimeva lo
spirito immondo perché aveva osato aggredire una fedele, questi
disse con fermezza: "Ho agito a buon diritto: l'ho infatti trovata in
territorio mio" 132 •
In questo caso è ben descritta l'ossessione diabolica come improv-
visa aggressione di un uomo da parte di uno spirito maligno che ne
prende possesso. Inoltre, dalle parole stesse del demonio si ricava
che vi sono alcuni luoghi che egli considera di propria pertinenza:
in meo eam inveni, si difende dagli attacchi dell'esorcista. Anche in
Ad martyras il diavolo usa una simile espressione, a proposito del
carcere: "Si trovano nel mio territorio, li tenterò" 133 • Per descrivere
l'effetto degli scongiuri dell'esorcista che opprimono il diavolo, Ter-
tulliano usa il verbo onero che, secondo Joseph Biichner, sarebbe la
versione del greco btL't'LfLav 134•

9. Gli esorcisti
Occorre anzitutto sottolineare che Tertulliano, sulla scia di una
coerente interpretazione ereditata dalla teologia precedente, attri-
buisce il merito della liberazione degli indemoniati a Dio, non
all'esorcista. Il diavolo, infatti, pur combattendo con un esorci-
sta in carne ed ossa, è "sottomesso dalla veemenza della grazia
divina" 135 • È però indubbio che questa facoltà, secondo la convin-
zione dell'autore, non è esercitabile da qualunque essere umano.
Nel suo scritto De testimonio animae, redatto tra il 198 ed il 200,
egli attribuisce ai soli cristiani la facoltà di scacciare i demoni dai
corpi degli ossessi:

132 TERTULLIANUS, De spectaculis, 26, 1-2: "Cur ergo non eiusmodi etiam dae-
moniis penetrabiles fiant? Nam et exemplum accidit Domino teste eius rnulieris
quae theatrum adiit et inde cum daemonio rediit. Itaque in exorcismo, curn
oneraretur immundus spiritus quod ausus esset fidelem aggredi, constanter "et
iustissime quidem, inquit, feci: in meo eam inveni".
133 TERTULLIANUS, Ad martyras, 1, 5: "In meo sunt, temptabo illos".
134 J. BOcHNER, Tertullianus. De spectaculis, p. 149.

135 TERTULLIANUS, De anima, 57, 5.


TERTULLIANO 511

In verità quando noi affermiamo che i demòni esistono - quasi


non ne dessimo anche la prova, dal momento che noi soli li scac-
ciamo dai corpi - qualche adulatore di Crisippo ci deride. Gli stessi
demòni attestano di esistere e di sopportare l'abominio della tua
esecrazione. Tu chiami demonio un uomo sgradito al punto che si
rende necessario odiarlo per la sua sporcizia, per la sua malizia, per
l'insolenza o per qualunque altra macchia che noi attribuiamo ai
demòni. Infine in ogni occasione di tormento, aborrimento e impre-
cazione tu pronunci il nome di Satana, che noi chiamiamo angelo
del male, artefice di ogni errore, manipolatore 136 del mondo intero;
per mezzo di lui l'uomo fu circuito fin dall'origine affinché trasgre-
disse il comando di Dio, e di conseguenza, consegnato alla morte,
costituì da allora come propagatrice della propria condanna l'intera
discendenza contaminata dal suo seme. Tu dunque intuisci colui
che ti ha portato alla perdizione, anche se lo hanno conosciuto
solamente i cristiani o qualunque gruppo che aderisce al vero Dio;
anche tu lo hai conosciuto, quando lo hai odiato 137 •

Tertulliano sta rispondendo alle argomentazioni di qualche


seguace della scuola di Crisippo, nell'ambito dello stoicismo, che
derideva la credenza negli spiriti malvagi professata dai cristiani.
"Gli Stoici - commenta Pier Angelo Gramaglia - erano gene-
ralmente inclini ad ammettere l'esistenza di potenze protettrici
degli uomini e distinte dalle semplici anime dei morti [ ... ] Sem-
pre comunque è costante nello stoicismo la diffidenza verso le teo-
rie popolari e cristiane che parlano di demoni malvagi" 138 • Carlo
Tibiletti considera oscuro il senso di questo passo 139 , in quanto è

136 Corruttore, adulteratore (interpolator). J. FoNTAINE, Sur un titre de Satan,


traduce falsificatore.
137 TERTULLIANUS, De testimonio animae, 3, 1-3: "Enimvero cum daemonia

affirmamus esse, sane quasi non et probemus qui ea soli de corporibus exigi-
mus, aliqui Chrysippi adsentator inludit. Et esse se et abominationem sustinere
execrationis tuae respondent. Daemonium vocas hominem aut immunditia aut
malitia aut insolentia aut quacumque macula quam nos daemoniis deputamus
ut ad necessitatem odii inportunum. Satanan denique in omni vexatione et
aspernatione et detestatione pronuntias, quem nos dicimus malitiae angelum,
totius erroris artificem, totius saeculi interpolatorem, per quem homo a primor-
dio circumventus ut praeceptum Dei excederet, et propter ea in mortem datus,
exinde totum genus de suo semine infectum suae etiam damnationis traducem
fecit. Sentis igitur perditorem tuum, et licet soli illum noverint Christiani, ve!
quaecumque apud Deum secta, et tu tamen eum nosti dum odisti".
138 P. A. GRAMAGLIA, Terlulliano. La testimonianza dell'anima, p. 179.

139 C. TIBILETTI, Tertulliano. La testimonianza dell'anima, p. 74.


512 CAPITOLO 19

noto che Crisippo credeva nei demoni cattivi, esseri intermedi tra
gli uomini e la divinità, che servivano agli dèi come punitori degli
uomini empi 140 • Lo scherno dei filosofi, allora, sarebbe non tanto da
ricercarsi nella credenza nei demoni in sé, quanto nella persuasione
che essi potessero impossessarsi degli uomini ed essere conseguen-
temente esorcizzati. A questa derisione Tertulliano oppone l'argo-
mentazione dell'attestazione popolare: la gente nelle sue maledizioni
nomina Satana esplicitamente, a dimostrazione della fede nella sua
esistenza. È la ripresa di un tema già sviluppato nell'Apologetico:
Tutti i poeti li conoscono, ed anche il volgo ignorante li evoca
abitualmente nelle maledizioni e, quasi per intuizione immediata
dell'animo, pronuncia con accento imprecatorio il nome di Satana,
principe di questa stirpe malvagia. Anche Platone afferma che vi
sono gli angeli: e dell'esistenza di demoni e di angeli sono testimoni
i maghi 141 •
Satana è dunque noto indirettamente a tutti, per l'intuizione che
deriva dall'odio espresso dalle spontanee imprecazioni; i cristiani,
però, ne hanno una conoscenza più profonda, e -assieme ad essi quae-
cumque apud Deum secta. Con René Braun ritengo che questo sia
un riferimento a qualunque religione che si fondi sulla rivelazione
giudeo-cristiana 142 , anche se il testo potrebbe essere interpretato
più genericamente. È probabilmente grazie a questa conoscenza
più approfondita espressa dai cristiani, e a motivo della veridicità
della loro fede, che essi sono gli unici a poter esorcizzare con suc-
cesso. Tertulliano, quindi, non riconosce la validità della pratica
esorcistica non cristiana. Probabilmente egli sarebbe anche pronto
a fornire una coerente interpretazione di un esorcismo pagano
apparentemente efficace, adoperando la medesima argomentazione
messa in atto più volte: si tratterebbe di un inganno, di una falsa

140 Cfr. M. PoHLENZ, La Stoa, vol. l, p. 189: "Non sono dèi, invece, i dèmoni
cari alla fantasia popolare, alla cui esistenza Crisippo, in particolare, credeva,
non diversamente dal platonico Senocrate".
141 TERTULLIANUS, Apologeticum, 22, 2: "Omnes sciunt poetae; etiam vulgus

indoctum in usu<m) maledicti frequentat. Nam et Satanan, principem huius


mali generis, proinde de propria conscientia animae eadem exsecramenti voce
pronuntiat. Angelos quoque etiam Plato non negavit. Utriusque nominis testes
esse vel magi adsunt". Traduzione di Anna Resta Barrile.
142 R. BRAUN, Deus Christianorum, p. 94, nota l. Cfr. TERTULLIANUS, De
resurrectione carnis, II, l: "Si vero et apud Deum aliqua secta est".
TERTULLIANO 513

possessione e guangwne ordita dai demoni stessi, interessati ad


attirare gli uomini al culto degli idoli e ad alimentare la fede nei
guaritori ad essi asserviti.
L'autore conosce la pratica esorcistica diffusa nelle chiese etero-
dosse; ne fa parola nel contesto delle sue critiche all'organizzazione
delle comunità non cattoliche, svolta intorno al 200 nel trattato
antiereticale 143 De praescriplione haerelicorum:
Tutti inorgogliscono, tutti promettono la scienza. I catecumeni sono
resi perfetti ancor prima di essere stati istruiti. Le stesse donne ere-
tiche, quanto sono sfrontate! Osano insegnare, disputare, compiere
esorcismi, promettere guarigioni, forse anche battezzare 144 •
È possibile ipotizzare che egli stia indirizzando i propri strali
verso i marcioniti' 45 • In effetti, per quanto concerne il ministero
delle donne Tertulliano rimane fedele ad una rigida applicazione
delle prescrizioni paoline, che non assegnavano alla donna alcun
ruolo nell'assemblea e nell'insegnamento 146 • In ciò Tertulliano non
si allontanava dalla disposizione del diritto civile romano, che pre-
scriveva l'esclusione delle donne "da tutti gli uffici civili e pub-
blici"; esse non potevano "essere giudici o agire in qualità di magi-
strati, né intentare causa o intervenire in favore di altri, né agire

143 Sulla concezione dell'eretico e dell'eresia, P. A. GRAMAGLIA, Il linguaggio


eresiologico.
144 TERTULLIANUS, De praescriptione haereticorum, 41, 4-5: "Omnes tument,

omnes scientiam pollicentur. Ante sunt perfecti catechumeni quam edocti.


lpsae mulieres haereticae, quam procaces! Quae audeant docere, contendere,
exorcismos agere, curationes repromittere, fortasse an et tingere".
145 P. A. GRAMAGLIA, Tertulliano. Il battesimo, pp. 83-84: "Tertulliano sta
probabilmente polemizzando contro le comunità marcionite che praticavano
il battesimo e l'eucaristia; quelle valentiniane infatti si distinguevano per una
rigorosa prassi dell'arcano e forse per un lungo periodo propedeutico di cinque
anni prima di ammettere gli adepti, come nei misteri di Eleusi [ ... ] Anche da
montanista Tertulliano, benché stimasse e venerasse gli oracoli delle profetesse
Massimilla e Priscilla, nega perentoriamente alle donne il permesso di parlare in
chiesa, di insegnare, di battezzare, di celebrare l'oblazione, di rivendicare per sé
qualsiasi funzione tipica degli uomini specie nell'ambito delle funzioni sacerdo-
tali". Cfr. anche lo., Il matrimonio, pp. 201-204. Sui ministeri nel montanismo,
F. E. VoKES, Montanism and the Ministry.
146 l Cor 14, 34: "Come in tutte le comunità dei fedeli, le donne nelle assem-

blee tacciano perché non é loro permesso parlare; stiano invece sottomesse,
come dice anche la legge"; l Tm 2, 12: "Non concedo a nessuna donna di inse-
gnare, né di dettare legge all'uomo".
514 CAPITOLO 19

in qualità di procuratori" 147 • La norma, conservata nel Digesto giu-


stinianeo, proviene dal Liber primus ad Sabinum di Ulpiano, giuri-
sta che operò proprio nell'epoca di Tertulliano e commentò lo ius
civile di Sabino (t secolo d.C.). Questa limitazione nella capacità
di sviluppare funzioni pubbliche e di intervenire nei negozi pri-
vati avrebbe avuto come precedente, nel più antico diritto civile,
il senatoconsulto velleiano, risalente al 1 secolo; esso vietava che
le donne facessero atti di intercessio, che rivestissero cioè il ruolo
di garanti in atti di obbligazione in favore di terzi, persino verso
il proprio marito 148 • Il passo ulpianeo era l'espressione di un rigore
del diritto civile sicuramente repubblicano, che si estendeva anche
alle attività pubbliche; infatti in seguito al rilassamento della tutela
mulieris al tempo di Claudio e con l'introduzione al tempo di Augu-
sto dello ius liberorum, che permetteva alle madri con almeno tre
figli di evitare l'auctoritatis interpositio del tutore, la donna aveva
acquisito un ruolo più rilevante nella società romana 149 • La legge
commentata da Ulpiano volle certamente mettere un freno a que-
sta libertà 150 • Tertulliano insiste altrove su questo tema 15 1, negando

14 7 lusTINIANUS, Digesta, L, 17, 2: "Feminae ab omnibus officiis civilibus ve!

publicis remotae sunt et ideo nec iudices esse possunt nec magistratum gerere
nec postulare nec pro alio intervenire nec procuratores existere".
148 Il testo, sicuramente interpolato, si trova in lusTINIANUS, Digesla,

XVI, l, 2, 1: "Postea factum est senatus consultum, quo pienissime feminis


omnibus subventum est. Cuius senatus consulti verba haec sunt: "Quod Marcus
Silanus et Velleus Tutor consules verba fecerunt de obligationibus feminarum,
quae pro aliis reae fierent, quid de ea re fieri oportet, de ea re ita censuere:
quod ad fideiussores et mutui dationes pro aliis, quibus intercesserint feminae,
pertinet, tametsi ante videtur ita ius dictum esse, ne eo nomine ab his petitio
neve in eas actio detur, cum eas virilibus officiis fungi et eius generis obligatio-
nibus obstringi non sit aequum, arbitrari senatum recte atque ordine facturos
ad quos de ea re in iure aditum erit, si dederint operam, ut in ea re senatus
voluntas servetur".
149 Di ciò si lagnava Cicerone: i maiores avevano desiderato che le donne
fossero sottoposte ai tutori, mentre i giuristi avevano ormai inventato un modo
di sottoporre i tutori alle donne, visto che la donna poteva scegliere il tutore
che più le aggradava (Pro Murena, 27).
150 In generale sulla condizione della donna nell'antichità greco-romana,
E. CANTARELLA, L'ambiguo malanno. Ringrazio il prof. Alejandro Valiiio per la
consulenza giuridica offertami (corrispondenza privata del 24 giugno 2004).
151 Per la concezione della donna nel cristianesimo antico, C. MAzzucco,

E fui fatta maschio; L. ZscHARNACK, Der Dienst der Frau; sui ministeri femmi-
nili, E. CATIANEO, I ministeri nella Chiesa antica, pp. 181-199; con particolare
TERTULLIANO 515

alla donna il diritto di compiere qualche attività riservata agli


uomini:
La sfacciataggine di una donna che ha già persino usurpato la
facoltà di insegnare non potrà arrivare fino al punto di arrogarsi
anche il diritto di battezzare 152 •
Alle donne non è concesso parlare in assemblea, ma non è loro
permesso neppure dare istruzioni, battezzare, offrire l'eucaristia,
rivendicare per sé l'autorità di qualsivoglia incarico espletato dagli
uomini, tanto più se si tratta di una funzione sacerdotale 153 •
Tertulliano conosce, oltre ai tre ordini maggiori di vescovo, pre-
sbitero e diacono, almeno altre sei posizioni all'interno della Chiesa:
vedove, vergini, dottori, lettori, profeti e martirP 54 • Ma la distin-
zione tra il clero ed il laicato è molto chiara:
L'ufficio inteso come grado o posizione formalmente costituita,
dotato di una funzione o autorità in virtù di tal grado, nel pen-
siero di Tertulliano è applicato pressoché esclusivamente al clero, e
solo raramente agli ordini minori del lettore, del dottore e dei due
"ordini" femminili 155 •
Se alle donne nella Chiesa cattolica era precluso l'ufficio dell'esor-
cista nelle comunità, a quali uomini esso era deputato? A un cri-
stiano qualunque (a quolibet christiano), afferma Tertulliano 156 • È la
prova di una concezione arcaica, che vedeva in ogni cristiano un
uomo adatto a scongiurare i demoni in nome della propria fede e

attenzione nei riguardi di Tertulliano, P. A. GRAMAGLIA, Tertulliano. De virgi-


nibus velandis; R. UGLIONE, Tertulliano, pp. 77-111; D. L. HoFFMANN, The Sta-
lus o{ Women, pp. 45-207. Si veda anche R. GRYSON, Il ministero della donna,
pp. 46-55; D. RANKIN, Terlullian and lhe Church, pp. 175-180.
152 TERTULLIANUS, De baplismo, 17, 4: "Petulantia autem mulieris quae usur-

pavit do cere utique non etiam tinguendi ius sibi rapiet". Traduzione di Pier
Angelo Gramaglia.
153 TERTULLIANUS, De virginibus velandis, 9, l: "Non permittitur muli eri in

ecclesia loqui, sed nec docere, nec tinguere, nec offerre, nec ullius virilis mune-
ris, nedum sacerdotalis officii sortem sibi vindicare" (traduzione di Pier Angelo
Gramaglia). Per la costruzione del concetto di aucloritas con riferimento con-
creto a Tertulliano, G. FILORAMO, Auclorilas ed eresia.
154 Su questo, si veda ora D. RANKIN, Terlullian and lhe Church, pp. 143-
189.
155 D. RANKIN, Terlullian and the Church, p. 142.
156 TERTULLIANUS, Apologeticum, 23, 4.
516 CAPITOLO 19

con l'aiuto di Dio. Non vi è neppure menzione di qualche carisma


particolare, anzi, le sfide lanciate da Tertulliano ai propri interlo-
cutori pagani prevedono l'intervento di un cristiano qualsiasi. Si
è già visto come un profumiere potesse compiere esorcismi; anche
un soldato ne ha facoltà. Nel trattato De corona, dell'anno 211,
Tertulliano vuole dimostrare che il soldato che porta una corona
di alloro offende la fede cristiana che professa, per poi toccare il
delicato tema della legittimità della partecipazione dei cristiani al
servizio militare 157 • Nell'elencare quali sono i compiti del soldato
incompatibili con il cristianesimo, egli ricorda la statio dei soldati
e soprattutto l'obbligo di fare la sentinella davanti ai templi degli
idoli pagani, per preservarne le ricchezze:
Quelli che durante il giorno ha messo in fuga con esorcismi, di notte
li proteggerà, mentre se ne sta appoggiato riposando sulla lancia
con la quale è stato trafitto il costato di Cristo? 158
Tertulliano descrive l'atteggiamento del soldato che monta di
guardia davanti ad un tempio pagano. "Si tenga presente che i
soldati in statione non vegliavano tutti insieme: vegliavano solo le
sentinelle (vigiles, vigiliae): gli altri, pur restando completamente
armati, potevano prendere riposo e dormire" 159 , non coricati, ma
"appoggiati alla lancia, assopiti con il capo posato sul bordo dello
scudo" 160, perché le armi rilucenti potessero essere vedute dal
nemico lontano.
Al di là della descrizione, è interessante constatare come a più
riprese Tertulliano attribuisca nei suoi scritti la qualifica di esor-
cista a cristiani privi di qualunque ordine clericale e di qualsiasi
estrazione sociale; unico impedimento ad espletare questa funzione,
per lo meno pubblicamente, sembra essere il sesso femminile.

157 Si vedano in proposito: P. A. GRAMAGLIA, Terlulliano. La corona; F. RuG-

GIERO, Terlulliano. De corona.


158 TERTULLIANUS, De corona, 11, 3: "Et quos interdiu exorcismis fugavit,

noctibus defensabit, incumbens et requiescens super pilum quo perfossum est


latus Christi?".
159 P. FRANCHI DE' CAVALIERI, Sopra alcuni passi, p. 380.
160 Ltvms, TITUS, Ab urbe condila, XLIV, 3, 33.
TERTULLIANO 517

10. Battesimo e demonismo


Tertulliano è il primo autore cristiano ad averci lasciato un com-
mentario dedicato interamente alla liturgia battesimale. Risulta
anzitutto che anche per Tertulliano il battesimo significa libera-
zione dalla schiavitù di Satana:
Quale prefigurazione può esser più chiara nel sacramento del bat-
tesimo? I pagani vengono liberati dal mondo, per l'appunto attra-
verso l'acqua, e abbandonano travolto nell'acqua il diavolo, il loro
dominatore di prima 161 •

Ciò significa forse che il battesimo a lui noto contenesse un esor-


cismo, e che il dominio esercitato dal demonio sulle persone fosse
inteso nel senso di una possessione diabolica?
Dagli scritti di Tertulliano non si può trarre una sistematica
descrizione del rito dell'iniziazione cristiana 162 ; Paul Bradshaw, rag-
gruppando le indicazioni forniteci, così ordina lo svolgimento della
liturgia 163 : preparazione al battesimo con orazioni, digiuni, genufles-
sioni, veglie e confessione dei peccati; preghiera sull'acqua, invo-
cando lo Spirito Santo per la sua santificazione; rinuncia a Satana;
interrogazioni sulla fede cristiana; triplice immersione; unzione (e
segno della croce?); imposizione delle mani; prima preghiera con gli
altri cristiani; eucaristia e condivisione di latte e miele. Purtroppo
Tertulliano non si sofferma a descrivere con sufficiente precisione
quali fossero le pratiche a cui venivano sottoposti i catecumeni

161 TERTULLIANUS, De baptismo, 9, 1: "Quae figura manifestior in baptismi

sacramento? Liberantur de saeculo nationes, per aquam scilicet, et diabolum


dominatorem pristinum in aqua obpressum derelinquunt".
162 Sull'iniziazione cristiana in Tertulliano E. DEKKERS, Tertullianus en de

Geschiedenis, pp. 163-208; F. REFOULÉ, Tertullien. Traité du baptéme, pp. 12-60;


P. A. GRAMAGLIA, Tertulliano. Il battesimo, pp. 7-114; A. HERRERO DuRAN,
El bautismo en Tertullian; V. SAXER, Les rites de l'initiation, pp. 121-138;
M. E. JoHNSON, The Rites of Christian Initiation, pp. 84-90; E. FERGUSON, Bap-
tism in the Early Church, pp. 336-350. Molti testi concernenti il battesimo sono
raccolti in A. BENOIT- C. MuNIER, Le baptème dans l'Église ancienne, pp. 86-122.
Brevi osservazioni in A. NocENT, La teologia del battesimo.
163 P. F. BRADSHAW, Alle origini, p. 181. Il battesimo era previsto prefe-

ribilmente per Pasqua o per la Pentecoste, ma qualunque altra domenica o


momento poteva essere adatto. Su questo, M. E. JOHNSON, Tertullian's 'Diem
baptismo sollemniorem '.
518 CAPITOLO 19

(audientes, novicioli, catechumeni, ingressuri baptismum) 164 , al di là


dell'istruzione cristiana che ricevevano 165 ; il carattere penitenziale
di questo periodo ben si accorderebbe con qualche rituale esorci-
stico, ma di ciò non vi è alcuna prova.
L'utilizzo dell'acqua ricopre una parte importante all'interno
della speculazione sacramentale tertullianea 166 ; Tertulliano si vede
costretto a riaffermare l'importanza dell'uso rituale dell'acqua, con-
tro l'insegnamento di un'eretica che ne contestava l'utilità 167 , cer-
cando di conciliare l'efficacia del rito compiuto con il valore salvifico
della fede personale. L'invocazione dello Spirito Santo sull'acqua è
stata interpretata come rimedio rituale al cambiamento del luogo in
cui avviene il battesimo, il quale invece che in fiumi e laghi ormai
viene celebrato mediante immersione in grossi recipienti contenenti
acqua stagnante 168 ; l'acqua corrente è per natura segno di vita e
di presenza dello Spirito di Dio, mentre quella stagnante, priva di
questo carattere, andrebbe preventivamente santificata e investita
di quella potenza di cui è priva 169 • Questa interpretazione si basa
anche sul confronto con l'uso dell'olio; Tertulliano infatti descrive il
potere di guarigione concesso all'acqua santificata in termini simili
a quelli usati per l'olio 170 • Anche la concezione stoica "secondo la
quale lo Spirito divino o Potenzialità divine sono diffuse e impre-
gnano l'intera materialità cosmica in ogni sua manifestazione" 171

164 Qualcuno ha voluto vedere in questa terminologia un indice di tappe suc-

cessive di formazione: F. X. FuNK, Die Katechumenatsklassen, pp. 209-241, ed


E. DEKKERs, Tertullianus en de Geschiedenis, pp. 164-173. Ma la terminologia
stessa è fluida e sembra piuttosto denunciare un istituto del catecumenato non
ancora rigidamente istituito.
165 Su questo A. HoBLAJ, Catechesi ai catecumeni negli scritti di Tertulliano.
166 Su questo tema, V. ALFARO BEcH - V. E. RoDRiGUEZ MARTiN, El simbo-
lismo del agua. Ringrazio Virginia Alfaro Bech per avermi inviato il suo arti-
colo.
167 TERTULLIANUS, De baplismo, 2.
168 Una via di mezzo era quella di servirsi di acqua condotta da una cana-
lizzazione a scaturire in un bacino: T. KLAUSER, Tau(et in lebendigem Wasser!.
È esattamente quanto si ritrova nella tradizione mandaica, che prevede l'edi-
ficazione di un'area sacra adatta all'uopo: E. LuPIERI, I Mandei, pp. 31-33.
Sulla simbologia dell'acqua viva, J. DANIÉLOU, I simboli cristiani primitivi,
pp. 53-68.
169 Cfr. J. D. C. FISCHER, The Consecration o( Water.

170 Cfr. P. F. BRADSHAW, Alle origini, p. 181.


171 P. A. GRAMAGLIA, Tertulliano. Il battesimo, p. 20.
TERTULLIANO 519

ha certamente giocato un ruolo non secondario 172 ; come nei lava-


cri pagani agiscono i demoni, così nei riti battesimali cattolici si
avverte la presenza dello Spirito di Dio. L'immersione dell'acqua
non è comunque il momento della ricezione dello Spirito Santo, ma
piuttosto il momento della purificazione e preparazione ad esso;
ciò avviene per intervento di uno specifico angelo del battesimo
il quale rinnova il miracolo evangelico della piscina di Betesda 173 ,
scendendo sull'acqua: "Questa mescolanza di acqua e di spirito, per
così dire, è il rimedio delle infermità dell'anima" 174 •
Il tema della consacrazione dell'acqua meriterebbe tutta una
trattazione a parte, in quanto è evidente che Tertulliano ritiene
l'acqua come luogo di potenziale residenza di demoni e spiriti mal-
vagi, ad imitazione dello Spirito Santo che aleggiava sulle acque
primordiali e come l'opinione corrente del tempo induceva a cre-
dere175. Se l'acqua viene santificata e a sua volta diventa oggetto
di santificazione a motivo della discesa dello Spirito divino, essa
può anche essere strumento di dannazione per l'uomo 176 • Que-
sto argomento, peraltro, esula dal tema, essendomi ripromesso di
trattare solamente gli esorcismi compiuti sulle persone. Anche se
la benedizione potrebbe avere un intento esorcistico, l'acqua non
risulta coinvolta direttamente in un eventuale esorcismo del cate-
cumeno; la benedizione, infatti, si limita a preparare l'elemento

172 Sullo stoicismo di Tertulliano, J. DANIÉLOU, Le origini del cristianesimo

latino, pp. 201-222.


173 Gv 5, 4: "Un angelo in certi momenti discendeva nella piscina e agitava

l'acqua; il primo ad entrarvi dopo l'agitazione dell'acqua guariva da qualsiasi


malattia fosse affetto".
174 E. AMANN, L'ange du baptéme dans Tertullien, p. 213. Cfr. TERTULLIANUS,

De baptismo, 5, 5; 6, l.
175 TERTULLIANUS, De baptismo V, 4: "Ne sanno qualcosa tutte quelle sor-

genti che scorrono al buio e quei torrenti selvaggi, quelle piscine termali, quei
canali, quelle cisterne e quei pozzi scavati nelle case che hanno fama secondo
la gente di portare disgrazia, cosa che causano proprio in virtù dell'azione di
qualche spirito cattivo". Traduzione di Pier Angelo Gramaglia.
176 TERTULLIANus, De baptismo V, 5: "Perché abbiamo ricordato queste cose?

Per fare in modo che non sia troppo difficile credere alla presenza del santo
angelo di Dio sulle acque per renderle capaci di dare la salvezza all'uomo, dal
momento che l'angelo empio del Maligno ha relazioni molto strette con l'ele-
mento acquatico per fare invece del male all'uomo". Traduzione di Pier Angelo
Gramaglia.
520 CAPITOLO 19

acquatico all'accoglienza dello Spirito in vista della purificazione


dell'uomo 177 •
Atto antidemonico esplicito compiuto dal catecumeno è la
rinuncia a Satana, forse ripetizione di un'analoga rinuncia già fatta
precedentemente, probabilmente una settimana prima 178 ; essa è
seguita dalla professione di fede in forma interrogativa, secondo un
modello che potrebbe derivare dal contratto romano civile 179 • Ecco
alcuni testi significativi del rito della rinuncia:
Se il termine avversario è riferito al diavolo per la sua azione di
spia che non ci lascia mai, sei esortato a osservare anche con lui
quell'intesa che viene stabilita in accordo con la tua fede; hai pro-
messo infatti di aver rinunciato a lui, alla sua pompa, ai suoi angeli
(renuntiasse ipsi et pompae et angelis eius) 180 •
Perché qualcuno non creda che vogliamo fare i sofisti, mi rivol-
gerò alla suprema autorità del nostro sacramento. Quando, immersi
nell'acqua, professiamo la fede cristiana secondo le parole della sua
legge, dichiariamo con le nostre stesse parole di aver rinunciato al
diavolo, alla sua pompa e ai suoi angeli (renuntiasse nos diabolo et
pompae et angelis eius). E che cosa vi è di più evidente e di più
chiaro in cui vedere il diavolo, le sue pompe, e i suoi angeli, se non
l'idolatria? Da essa ogni spirito immondo e malvagio trae per così
dire i nostri omaggi. Ma di ciò basta. Se dunque è assodato che
tutta la messinscena degli spettacoli trae la sua essenza dall'idola-
tria, sarà altrettanto chiaro che la testimonianza della nostra rinun-
cia fatta nella fonte battesimale si riferisce anche agli spettacoli,

177 F. J. DoLGER, Der Exorzismus, pp. 160-167, ha dedicato un excursus

all'esorcismo dell'acqua. Seguendo l'interpretazione di Tertulliano, egli ritiene


che l'acqua dovesse essere sottoposta a un esorcismo vero e proprio per essere
liberata dagli spiriti maligni che la prediligevano come dimora. Pau! Drews,
nella recensione all'opera di Diilger, sostiene invece che l'acqua è un elemento
sacro, e per questo motivo viene insidiata dai demoni, non per preferenza, ma
per depredarla della sua naturale funzione purificatoria. Essa va quindi esorciz-
zata per scrupolo, per assicurarsi che non sia stata infestata.
178 Non è di questo parere P. A. GRAMAGLIA, Tertulliano. Il battesimo, p. 65,
nota 43.
179 Cfr. J. A. HARRIL, The lnfluence of Roman Contraci Law. Un'altra somi-
glianza del rituale battesimale con il costume civile potrebbe essere, secondo
Alistair Stewart-Sykes, l'imposizione delle mani postbattesimale, che sarebbe
stata tratta dal modo di manumettere gli schiavi nel mondo antico (Manumis-
sion and Baptism, pp. 141-149).
180 TERTULLIANUS, De anima, 35, 3. Traduzione di Martino Menghi.
TERTULLIANO 521

poiché essi sono asserviti al diavolo, alle sue pompe e ai suoi angeli,
per il tramite dell'idolatria 181 •
Proprio mentre stiamo per scendere nell'acqua, un po' prima
nell'assemblea sotto la mano del vescovo, promettiamo di rinun-
ciare al diavolo, alle sue pompe e ai suoi angelP 82 •
Per Eligius Dekkers, il risultato della comparazione di otto
occorrenze dell'apologista condurrebbe ad una formula di questo
tipo: Renuntio diabolo et pompae et angelis eius 183 • Si rinuncia dun-
que a Satana stesso, ai suoi angeli e all'idolatria che accompagna le
diverse manifestazioni della vita di una città pagana 184 • Commen-
tando il passo del De corona qui sopra riportato, Johannes Behm
ritiene probabile che la rinuncia a Satana fosse anche accompa-
gnata da un esorcismo rituale, materialmente eseguito per mezzo
dell'imposizione della mano da parte del vescovo 185 • Di ciò non vi
è prova alcuna, né sono presenti gesti di exsufflatio o desputum;
ugualmente, Alistair Stewart-Sykes accetta questa ipotesi, e rin-
traccia nella letteratura africana successiva, specie nelle catechesi
di Quodvultdeus, la prova dell'esistenza di questo esorcismo che
avrebbe avuto' luogo una settimana prima del battesimo, ammini-
strato ordinariamente a Pasqua 186 •

181 TERTULLIANUS, De speclaculis, 4, 1-3. Traduzione di Martino Menghi.


182 TERTULLIANUS, De corona, 3, 2. "( ... ) aquam adituri ibidem, sed et ali-
quanto prius in ecclesia sub antistitis manu, contestamur nos renuntiare dia-
bolo et pompae et angelis eius". Si può anche rendere: "Proprio mentre stiamo
per scendere nell'acqua, come anche precedentemente nell'assemblea( ... )".
183 E. DEKKERS, Tertullianus en de Geschiedenis, pp. 182-183.

184 Per il significato di pompa, la lettura di S. REINACH (Cultes, mythes,

vol. l, pp. 347-362) e di H. RAHNER (Pompa diaboli), secondo cui la pompa è


il seguito, il corteo angelico di Satana, è stata accantonata in favore di quella
di P. DE LABRIOLLE (Pompa diaboli) e J. H. WASZINK (Pompa diaboli) secondo
cui, invece, la pompa è originariamente l'insieme delle manifestazioni spettaco-
lari del culto idolatrico pagano. Un tentativo di perfezionamento di quest'ul-
tima interpretazione in G. WATSON, Ali his Works. Cfr. anche G. DA FABRIANO,
Riflessi biblici.
185 J. BEHM, Die Handauflegung im Urchrislenium, p. 67, nota 3.

186 A. STEWART-SYKES, Aliquanto prius sub aniisiiiis manu. Secondo W. Roet-

zer (Des Heiligen Augusiinus, pp. 150-154) e R. J. De Simone (The Bapiismal


and Christological, pp. 272) questo scrutinio nel v secolo si teneva alla vigi-
lia di Pasqua; ma lo Stewart-Sykes preferisce seguire B. Busch (De initiaiione,
pp. 452-453) e W. Harmless (Augusiine and ihe Catechumenate, p. 272, nota 78)
che lo collocano una settimana prima di Pasqua.
522 CAPITOLO 19

A v eva quindi luogo il lavacro battesimale in remissione dei pec-


cati, con la triplice professione di fede. In Tertulliano si ha forse
la prima testimonianza di unzione postbattesimale, altrove atte-
stata sempre come prebattesimale, che comunque non ha valore
esorcistico 187 • È dubbia la presenza di una signatio cruciforme, che
è stata ricavata dalla lettura di un passo del De resurrectione mor-
tuorum188:
La carne viene lavata perché l'anima sia mondata, la carne viene
unta perché l'anima sia consacrata, la carne viene segnata perché
anche l'anima sia protetta, la carne viene adombrata dall'impo-
sizione della mano perché anche l'anima sia illuminata dallo Spi-
rito, la carne si ciba del corpo e del sangue di Cristo perché anche
l'anima sia nutrita di Dio 189 •
Tralascio i rituali che seguono, i quali certamente non hanno
nulla di esorcistico o antidemonico. Mi sembra necessario però sof-
fermarmi su alcuni aspetti della teologia di Tertulliano, per poter
dare più agevolmente un giudizio sulla sua eventuale interpreta-
zione esorcistica del battesimo. Alcuni testi insistono sull'impurità
delle nascite, specie tra i pagani:
Così dunque uno spirito demoniaco si imbatté anche in Socrate
ancora fanciullo. Così poi a tutti vengono assegnati dei geni che
hanno nome di dèmoni. E pertanto quasi nessuna nascita è pura,
quantomeno tra i pagani. Per questo motivo infatti anche l'Apo-
stolo afferma che da uno dei due genitori che sia stato santificato
nascono dei santi, sia per la loro origine, sia per la loro istruzione.
Altrimenti - prosegue - nascerebbero impuri 190 , come se volesse fosse

187 Lo aveva già sottolineato R. REITZENSTEIN, Die Vorgeschichle der chrislli-

chen Taufe, pp. 174-175. C'è però anche HtPPOLYTUS, Commenlarium in Danie-
lem, l, 16, 3, secondo il quale l'olio è la potenza dello Spirito Santo con la quale
"i fedeli vengono unti dopo il lavacro (flET~ -rò Àou-rp6v)". Il trattato, che pro-
viene dall'Asia minore, è datato da alcuni al 203-204, certo non dopo il 235.
188 Così anche P. A. GRAMAGLIA, Terlulliano. Il battesimo, p. 68; A. STEWART-

SYKES, Manumission and Baptism, pp. 136-137. Diversamente E. DEKKERS,


Terlullianus en de Geschiedenis, pp. 200-201 e V. SAXER, Les riles de l'inilialion,
p. 131.
189 TERTULLIANUS, De resurreclione carnis, 8, 3: "Sed et caro abluitur ut anima
emaculetur, caro unguitur ut anima consecretur, caro signatur ut et anima
muniatur, caro manus impositione adumbratur ut et anima Spiritu illuminetur,
caro corpore et sanguine Christi vescitur ut et anima de Deo saginetur".
190 l Cor 7, 14: "Il marito non credente viene reso santo dalla moglie cre-

dente e la moglie non credente viene resa santa dal marito credente; altrimenti
TERTULLIANO 523

inteso che i bambini dei cristiani sono destinati alla purezza e per
ciò stesso anche alla salvezza, per proteggere col pegno di questa
speranza i matrimoni che aveva stabilito di salvare. Per il resto
aveva ben presente quanto stabilito dal Signore: Se uno non nasce
da acqua e da Spirito non entrerà nel regno di Dio (Gv 3, 5), cioè
non sarà puro 191 •
Secondo alcuni, l'esorcismo battesimale troverebbe la sua giusti-
ficazione nella necessità di cancellare il peccato originale; ci si può
dunque domandare se Tertulliano avesse sviluppato una teologia
del peccato originale simile a quella agostiniana 192 • Il Cartaginese,
invero, non conosce il concetto di una trasmissione di colpevolezza
attraverso una successione ereditaria, ma è disposto ad accettare
che la punizione adamitica ed il castigo divino, che hanno una fun-
zione non solo espiatoria ma anche medicinale, possano avere una
dimensione collettiva. Satana, maledetto da Dio, "costituì l'intera
discendenza contaminata dal suo seme come propagatrice della
propria condanna (tradux damnationis)" 193 ; trasmise quindi la sua
punizione, non la sua colpa. C'è un punto fermo nell'antropologia
di Tertulliano: "il rifiuto cosciente della colpa originale imputabile
di dannazione nei neonati attraverso la generazione" 194 , motivo per
cui egli non ritenne di dover approvare il pedobattesimo già dif-
fuso nella prassi del tempo. Tuttavia, l'uomo è sottoposto fin dalla
nascita all'azione efficace del Maligno, al punto che quasi nessuna
nascita può essere considerata monda. Ciò vale primariamente per
i bambini che vengono alla luce in una famiglia pagana, dedita
a pratiche superstiziose ed idolatriche (e di conseguenza demoni-
che); questi bambini vengono quasi trattati alla stregua di esseri
in balìa di Satana 195 . Anche i nati da cristiani andranno battez-
zati, se vorranno essere santi ed essere restituiti nuovamente alla

i vostri figli sarebbero impuri, mentre invece sono santi".


191 TERTULLIANUS, De anima, 39, 3-4. Traduzione di Martino Menghi.
192 Cfr. A. D'ALÈS, La théologie de Tertullien, pp. 264-268; P. A. GRAMAGLIA,
Tertulliano. Il battesimo, pp. 89- 114; P. F. BEATRICE, Tradux peccati, pp. 260-
278.
193 TERTULLIANUS, De testimonio animae, 3, 3: "( ... ) totum genus de suo
semine infectum sua e etiam damnationis traducem feci t". Tradux è un termine
agricolo, e indica il tralcio, il virgulto che dà origine ad altre piante.
194 P. A. GRAMAGLIA, Tertulliano. Il battesimo, pp. 107-108.
195 Cfr. TERTULLIANUS, De anima, 39, 3: "Praticamente nessuna nascita è
pura, massimamente tra i pagani".
524 CAPITOLO 19

sua somiglianza con Dio 196 • Infatti, "ogni anima è messa in conto
ad Adamo finché non è messa in conto a Cristo; è immonda fino
a quel momento, ed è peccatrice, in quanto immonda" 197 • Il pec-
cato di Adamo, deliberata scelta del male, ha certamente avuto un
influsso importante sull'anima dell'uomo. Pur essendo integra per
natura, le inclinazioni al peccato hanno prodotto su di essa effetti
via via più abbondanti, al punto che il male è divenuto per essa
come una sorta di seconda natura inrationale. L'anima dell'uomo
quindi si trasmette durante le generazioni già intaccata non già
nella sua più profonda natura originaria, ma come una seconda
natura incrostata dal peccato, concrescente colla prima 198 • Tertul-
liano istituisce una distinzione tra la peccaminosità causata dal
diavolo nella vita di ciascun individuo dall'adamico vitium origi-
nis che precede il battesimo (che ritengo opportuno non tradurre
con l'espressione peccato originalel 99 ); lo schema secondo cui il male
dell'anima, contrario all'intenzione del Creatore, è una aggiunta
alla natura umana, è stato chiamato dai teologi addizionale200 •
Il peccato, dunque, risulta dal cattivo uso del libero arbitrio 201 ;
in principio vi fu il peccato di Adamo e quindi, secondo la teoria
del traducianesimo, quello dell'uomo. Questo peccato primordiale
ha corrotto la natura umana, l'ha manipolata, rendendola esposta
all'intervento demoniaco.
Pertanto nessuna anima è senza peccato, poiché nessuna è priva
del seme del bene. Perciò quando giunge alla fede trasformata dalla

196 E questo il senso di restituo in TERTULLIANUS, De baptismo; cfr. P. SINI-

scALCO, I significati di restituere e restitutio.


197 TERTULLIANUS, De anima, 40, 1: "Ita omnis anima eo usque in Adam cen-

setur, donec in Christo recenseatur, tamdiu immunda, quamdiu recenseatur,


peccatrix autem, quia immunda".
198 TERTULLIANUS, De anima, 41, 1: "Il male dell'anima, dunque, lasciando

da parte quello che si sovrappone in seguito all'arrivo dello spirito malvagio,


procede dal vizio d'origine, in qualche modo naturale. Infatti, come abbiamo
detto, la corruzione della natura è una seconda natura, che ha un dio ed un
padre propri, ovvero il medesimo autore della corruzione".
199 D'altra parte Tertulliano non usa mai la parola peccatum per designare

questo male trasmesso da Adamo ai suoi discendenti.


200 M. FucK - Z. ALSZEGHY, Il peccato originale, p. 83. Il modello concor-
rente, elaborato soprattutto dalla scuola alessandrina, è detto sottrallivo.
201 Si veda A. QUACQUARELLI, Libertà, peccato e penitenza; E. PoLTO, Evolu-
zione del pensiero.
TERTULLIANO 525

seconda nascita dall'acqua e dalla superiore virtù, tolta la cortina


della precedente corruzione, vede tutta la sua luce. Viene anche
accolta dallo Spirito Santo, come nella precedente nascita era stata
accolta dallo spirito empio202 •
In questo passo Tertulliano ripropone la teoria espressa nel De
testimonio animae secondo cui "l'anima è naluraliler chrisliana, e
preserva la sua originaria bontà in ogni circostanza; per mezzo
del battesimo viene distrutta la corruzione causata dal peccato
d'origine" 203 • Essa è dunque per natura propensa al bene, per
quanto questa tendenza possa essere adombrata dall'oscurità del
peccato. In tal modo il battesimo è una liberazione dalla cortina
del male, una rinascita nel bene originario e connaturato, fino a
quel momento oscurato dal velo della corruzione: ciò mette bene in
luce il carattere del battesimo, un autentico <pw-r~afL6ç.
Si può quindi concludere che "a Tertulliano rimase sostanzial-
mente estranea la concezione agostiniana del peccato originale" 204 •
Coerentemente con questa convinzione il Cartaginese si oppose
al battesimo dei bambini, i quali non avevano necessità di essere
purificati da alcuna colpa originale. Non si può quindi annoverare
Tertulliano tra i precursori della dottrina agostiniana 205 , né si può
pensare che egli abbia sviluppato una teologia che rendesse neces-
sario un esorcismo battesimale per liberare i catecumeni dal pec-
cato originale: la pratica, in ogni caso, non è certamente nata per
rimediare ad esso206 •
Una volta esaminati tutti gli elementi, la conclusione risulta
non certo agevole. Tertulliano ha sicuramente sviluppato una
demonologia notevole, che potrebbe in qualche modo giustificare
l'esistenza di una pratica esorcistica che preceda il battesimo; tut-
tavia, usando le parole di Pier Angelo Gramaglia, "non sappiamo
fino a che punto egli ha tratto conclusioni dalla sua ideologia sui
diavoli" 207 • Tertulliano certamente accettava la possibilità di una
possessione etica dei non battezzati, particolarmente dei pagani; pur

202 TERTULLIANUS, De anima, 41, 3-4.


203 J. H. Q. S. F. Tertulliani De anima, p. 453.
WASZINK,
204 P. F. BEATRICE, Tradux peccati, p. 270.
205 Come fecero, ad esempio, E. BuoNAIUTI, Il cristianesimo nell'Africa
romana, p. 146; H. RoNDET, Le peché originel, p. 74.
206 Lo ha dimostrato chiaramente F. J. DòLGER, Der Exorzismus, pp. 39-43.

207 P. A. GRAMAGLIA, Tertulliano. Il battesimo, p. 114.


526 CAPITOLO 19

non raggiungendo il realismo che si riscontra nel Pastore di Erma 208


questa credenza, nella sua forma indebolita, avrebbe potuto servire
da presupposto ideologico per una "reale" espulsione di demoni
nell'esorcismo battesimale: "I cuori degli uomini, ossessi dal dia-
volo in vari modi, si sono aperti per mezzo della fede in Cristo",
egli afferma 209 • Franz Dolger, interrogandosi sull'origine del esorci-
smo battesimale in Africa, trova nella metà del m secolo la prima
attestazione assolutamente certa negli Atti del concilio cartaginese
del 256 210 • Si trattava però di "qualcosa di relativamente nuovo",
come sosteneva Johann W. F. Hofling 211 ? Dolger è molto cauto, e
rifiuta di seguire altri autori che avevano voluto trovare in certi
passi dei velati riferimenti all'esorcismo battesimale. D'altra parte,
Tertulliano si sofferma spesso sul rito della rinuncia a Satana, ma
non dice nulla di un esorcismo battesimale, sebbene nelle sue opere
si occupi abbastanza spesso dell'esorcismo degli energumeni. Ci
sono, è vero, atti penitenziali che precedono il battesimo i quali
potrebbero portare con sé un carattere esorcistico, ma negli scritti
di Tertulliano non vi è prova incontrovertibile di questa connes-
sione. Dolger conclude la sua disamina riaffermando l'evidenza
della presenza dell'esorcismo battesimale in Africa intorno al 250,
di modo che "per la Chiesa occidentale dobbiamo collocare la sua
genesi come minimo nella prima metà del m secolo. Anche un poco
prima, forse. Non si ha però una prova sicura per convalidare que-
sta supposizione" 212 • François Refoulé non affronta direttamente il
problema, ma solamente crede che gli esercizi di preghiera, veglia
e penitenza del periodo catecumenale "avessero anche un valore di
esorcismo, perché il catecumenato non era solamente considerato
come un periodo di insegnamento ma soprattutto come espulsione
del demonio che risiedeva nell'uomo pagano" 213 • Secondo Henry
A. Kelly, invece, la Chiesa cartaginese dell'epoca di Tertulliano non

208 Tertulliano conosceva bene questo scritto, del quale inizialmente parlò

anche favorevolmente (De oratione, 16, 1), per poi rigettarlo in seguito come
falso ed apocrifo (De pudicitia, 10, 11).
209 TERTULLIANUS, Adversus Iudaeos, 7, 6: "( ... ) praecordia singulorum variis

modis a diabolo obsessa fide Christi sint reserata [... )".


210 F. J. DòLGER, Der Exorzismus, p. 14.
211 J. W. F. HòFLING, Das Sakrament der Taufe, vol. l, p. 393.

212 F. J. DòLGER, Der Exorzismus, p. 17


213 F. REFOULÉ, Terlullien. Trailé du bapteme, p. 36.
TERTULLIANO 527

sembra aver avuto esorcismi battesimali; il candidato non subiva


esorcismi, ma era comunque costretto a uno stretto programma
di ascetismo catecumenale. Tertulliano attribuirebbe ad esso un
valore più apotropaico che esorcistico, soprattutto per evitare che
i futuri battezzati potessero ricadere nel peccato e affinché ne
risultassero fortificati contro le future tentazioni. Seppur convinto
della onnipresenza delle influenze demoniache nel mondo, Tertul-
liano non avrebbe indicato alcun rito speciale destinato alla libera-
zione dei catecumeni da qualunque sorta di possessione diabolica,
in aggiunta alla rinuncia a Satana. Allo stesso modo, sembra che
non ci siano stati esorcismi dell'acqua prima della sua benedizione
per il battesimo. Per Kelly, il grande Antagonista brilla per la sua
assenza, e la parte liturgica a lui dedicata si riduce alla semplice
rinuncia, senza che nemmeno in essa ci si rivolga direttamente
alla sua persona 214 • Questa rinuncia, secondo Klaus Thraede, "fa
incontestabilmente parte del nucleo dell'esorcismo battesimale" e
sarebbe di origine gnostica 215 • Victor Saxer, infine, ritiene curioso il
fatto che Tertulliano, pur attestando l'esistenza dell'esorcismo negli
usi cristiani della sua epoca, non li abbia integrati nel rituale del
catecumenato né in quello del battesimo: "Bisogna credere che non
gli appartenessero", conclude216 • Tuttavia Saxer pensa di poter rin-
venire altrove un piccolo riferimento ad un esorcismo battesimale
nell'Africa contemporanea, traendolo da un passo della Passione di
Perpetua e Felicita; il richiamo però mi pare assai speculativo217 •
Da parte mia, credo di poter assentire al giudizio prevalente tra
gli studiosi: Tertulliano non descrive un rituale di esorcismo bat-
tesimale, sebbene consideri il battesimo come purificazione e libe-
razione dal dominio demoniaco. Nella sua teologia sono presenti
elementi che si presterebbero a fungere da fondamento dottrinale
per una tale pratica, ma non vi è alcuna prova che ciò sia avve-
nuto nella realtà. I rituali penitenziali, tutto il catecumenato, la

214 H. A. KELLY, The Devii al Baptism, pp. 106-109.


2l5 K. THRAEDE, Exorzismus, coli. 98-99.
2l6 V. SAXER, Les rites de l'initiation, p. 129.
217 Passio Perpetuae et Felicitatis, 10. In una visiOne Perpetua combatte
nell'arena contro un egiziano, assistita da un diacono. Il combattimento è
preceduto da un'unzione e si chiude con la vittoria di Perpetua, la quale al
risveglio comprende che "non avrei combattuto contro le fiere, bensì contro il
diavolo". V. SAXER, Les rites de l'initiation, p. 134.
528 CAPITOLO 19

rinuncia a Satana e lo stesso battesimo posseggono certamente una


funzione antidemonica, ma non risulta evidente una loro interpre-
tazione esorcistica; qualora fosse sottintesa, ad essa Tertulliano non
dà spazio nei suoi scritti, forse per disinteresse, o forse perché essa
non si realizzava in un rituale di esorcismo esplicito. La sua dot-
trina del vitium originis non è paragonabile a quella del peccato
originale espressa da Agostino, ed in ogni caso non rende necessari
nemmeno una purificazione ed un esorcismo da compiersi sui bam-
bini.
CAPITOLO 20
MINUCIO FELICE

Prima di affrontare il tema dell'esorcismo in Minucio, è oppor-


tuno dar conto dei risultati cui la moderna critica è giunta in
merito alla sua identificazione. Le notizie pervenuteci sulla figura
di Minucio 1, apologeta vissuto tra gli ultimi decenni del u e i primi
decenni del m secolo, sono desumibili dal suo unico scritto soprav-
vissuto, I'Octavius2 , e da alcune informazioni recate da Girolamo3
e Lattanzio\ probabilmente tratte dalla medesima fonte. Prove-
niente da una famiglia pagana, egli esercitò a Roma l'avvocatura
o la magistratura 5 • Ottavio, il defunto dedicatario dello scritto, era
un suo compagno di studi, giurista come lui, che esercitava la sua
professione in una provincia al di là del mare (l'Africa, probabil-
mente); anche Cecilio, l'altro protagonista dello scritto, era oriundo
della Numidia, poiché nomina Frontone di Cirta come suo concit-
tadino. Questi elementi, assieme ad altri dedotti principalmente

1 Per le informazioni fondamentali e la bibliografia su Minucio, P. SINI-


SCALCo, Minucio Felice; M. FRENSCHKOWSKI, Minucius Felix. La migliore edizione
dell'opera di Minucio, con ampia introduzione e commento, è quella di Michele
Pellegrino, pubblicata postuma a cura di Paolo Siniscalco e Marco Rizzi (Minu-
cio Felice. Ottavio). Si vedano anche C. BECKER, Der Octavius; G. W. CLARKE,
The Historical Setting; ID., The Literary Setting. Interessanti osservazioni anche
in J. DANIÉLOU, Le origini del cristianesimo latino, specie pp. 183-200.
2 Il testo è trasmesso in un unico manoscritto, dove segue come ottavo libro
i sette libri dell' Adversus nationes di Arnobio. Nella sua opera Minucio parrebbe
promettere la scrittura di un altro dialogo dedicato al fato (36, 2); Girolamo
non sa se si tratti di uno scritto De fato vel contra mathematicos che egli pos-
sedeva e che riportava il suo nome, dell'autenticità del quale però dubita per
motivi stilistici (De viris illustribus, 58). Anche questo scritto è perduto.
3 HIERONYMUS, De viris illustribus, 58; ID., Epistulae, 49, 13; 60, 10; 70, 5.

4 LACTANTIUS, Divinae institutiones, I, 11, 55; V, l, 21-22. Lattanzio attinse

a piene mani dall'opera di Minucio: cfr. M. PELLEGRINO, Minucio fonte di Lat-


tanzio.
5 Avvocato, se accettiamo la precisa designazione di causidicus presentata
da Girolamo e Lattanzio; Minucio è più vago, e afferma nell'Oitavio di essere in
vacanza dalla propria iudiciaria cura (Octavius, 2, 3).
530 CAPITOLO 20

dai dati ricavati dall'onomastica epigrafica africana, fanno pensare


che anche Minucio fosse africano di origine, convertitosi al cristia-
nesimo sull'esempio dell'amico Ottavio.
Il terminus posi quem della redazione dell'Octavius è fornito dalla
menzione del retore arcaicizzante Frontone (9, 6; 31, 2), che operò
a partire dagli anni '30 del II secolo e morì poco dopo il 170; il
terminus ante quem è la stesura del trattato Quod idola dii non sini
assai probabilmente ciprianeo e composto poco prima del 250, il
quale riecheggia l'opera di Minucio. Esiste però una palese interdi-
pendenza tra I'Ottavio ed alcuni scritti di Tertulliano, in particolare
l' Apologeticum e l'Ad nationes, datati al 197 d.C. I commentatori si
sono dedicati allo studio comparato delle analogie tra questi scritti
per stabilire chi dei due prese a modello l'altrui scritto, decretando
l'anteriorità ora di uno ora dell'altro autoré, impegnandosi in una
"mai sopita questione di priorità tra Tertulliano e Minucio Felice" 7 •
Un giudizio assolutamente definitivo non è stato ancora emesso:
nel XIX secolo prevalse l'opinione della priorità minuciana, mentre
nel xx i più sostennero la priorità tertullianea, sebbene non siano
mai mancate voci autorevoli di dissenso 8 • Da parte mia, ho scelto
di adattare la mia disposizione cronologica all'opinione maggiori-
taria di coloro che considerano I'Octavius come posteriore all' Apo-
logeticum, confermando la testimonianza di Girolamo, il quale nel
suo De viris illustribus presentò Tertulliano come primo degli scrit-
tori latini, dopo Vittore ed Apollonio. La priorità di Tertulliano
sarebbe confermata "dal raffronto analitico dei passi somiglianti,
e soprattutto dalle consuetudini e dal carattere dei due scrittori,
poiché Minucio Felice lavora abitualmente di mosaico, desumendo
in abbondanza concetti ed espressioni specialmente da Cicerone e
Seneca, mentre Tertulliano si distingue per vigorosa originalità" 9 •

6 Si può considerare abbandonata l'ipotesi di una fonte comune alla quale


avrebbero attinto entrambi gli scrittori.
7 W. FAUSCH, Die Einleitungskapitel zum Octavius, p. 9.
8 Vedasi la trattazione di M. PELLEGRINO, Octavius, pp. 33-51. Inoltre:
F. RAMORINO, L'Apologetico di Tertulliano; R. HEINZE, Tertullians Apologeti-
cum; B. AxELSON, Das Prioritiitsproblem; E. PARATORE, La questione Tertullia-
no-Minucio; P. FRASSINETTI, Minucio Felice; P. FERRARINO, Il problema storico;
C. TIBILETTI, Il problema della priorità.
9 M. PELLEGRINO, Minucio Felice, col. 1057. Va comunque tenuto presente
che "il ciceronianesimo di Minucio non è poi così supino come si suole affer-
mare, sempre per deprimere la personalità dell'autore dell'Octavius, tanto che
MINUCIO FELICE 531

La datazione non potrà comunque essere assai precisa, e lo scritto


andrà collocato nella prima metà del secolo m 10 •

l. Possessione ed esorcismo
L'Octavius è la lunga rievocazione di un dialogo di tre amici 1
quali, approfittando delle ferie giudiziarie, si recano ad Ostia; il
saluto di una statua di Serapide da parte di Cecilia è l'occasione
per iniziare una discussione sul carattere della vera religione. Trat-
tasi di un dialogo in senso improprio, essendo in realtà composto,
seguendo i precetti retorici, da due orazioni introdotte e collegate
tra loro: ad una arringa in favore del paganesimo del pagano Ceci-
lia, segue quella di Ottavio in difesa del cristianesimo. A Minucio
spetta l'arbitrato dell'amichevole disputa, che si conclude con la
conversione di Cecilia. Ottavio, nel rispondere alle argomentazioni
del pagano Cecilia, affronta nei capitoli 26 e 27 il tema degli auspici,
degli àuguri e degli oracoli romani, qualificando in generale tutti i
prodigi attribuiti agli dèi come opere demoniache. L'occasione lo
spinge ad affrontare il tema demonologico 11 : Minucio, richiamando
Platone, afferma "esistere una sostanza che sta tra la mortale e
l'immortale" 12 che egli stesso interpreta, vicino ad Apuleio, come
"a metà tra corpo e spirito, risultante dalla mescolanza di peso ter-
reno e levità celeste" 13 • Questi demoni, riprende Minucio, ispirano
la passione d'amore che penetra nei cuori umani, muovono i senti-

ci sono stati altri autori cristiani che hanno voluto mostrarsi più ciceroniani di
lui" (E. PARATORE, /l capitolo 17, p. 382).
10 Non sembra accettabile l'alta datazione proposta da S. Rossi, L'Octavius

fu scritto prima del 161.


11 Sulla demonologia di Minucio contenuta nel capitoli 26 e 27, R. BERGE,

Exegetische Bemerkungen, pp. 32-67. Cfr. anche J. DANIÉLOU, Le origini del cri-
stianesimo latino, pp. 381-387 (considerando Minucio anteriore a Tertulliano).
12 MINUCIUS, FELIX, Oclavius, 26, 12; cfr. PLATO, Symposium, 202d-e: "La

sua natura è a mezza via tra il mortale e l'immortale (... ) I demoni, infatti,
hanno una natura intermedia tra quella dei mortali e quella degli dèi". Tradu-
zione di Paola Pultrini.
13 MINUCIUS, FELIX, Oclavius, 26, 12; Cfr. APULEIUS MADAURENSIS, De deo

Socralis, 9: "Non posson certo essere di natura terrena (... ) e neppur fiam-
mee (... ) Dobbiamo dunque concepire una natura intermedia". Traduzione di
Raffaello Del Re.
532 CAPITOLO 20

menti, producono gli affetti e infondono l'ardore del desiderio 14 . Da


queste considerazioni muove la trattazione sull'esorcismo cristiano,
che è svolta in questo modo:
In tal modo d dèmoni> dal cielo trascinano verso il basso e distol-
gono dal vero Dio in favore delle cose materiali, turbano la vita,
inquietano i sonni; inoltre insinuandosi celatamente nei corpi, quali
spiriti sottili, creano malattie, terrorizzano gli animi, contorcono
le membra per costringere al culto di sé, di modo che, pasciuti
dal fumo degli altari o dalle immolazioni degli animali, una volta
lasciato libero ciò che avevano avvinto, sembrino averlo curato.
Di qui provengono anche gli invasati che vedete scorrazzare per
strada, anch'essi vati, ma senza tempio: così folleggiano, così si
dimenano, così si rivoltolano; l'istigazione del demone in loro è la
medesima, solo è differente la materia del furore. Da essi proven-
gono quei fatti da te poco fa menzionati, come Giove che nel sonno
domandava che si ripetessero i giochi, i Castori che apparivano con
cavalli e la navicella che seguiva il cingolo di una matrona. La
maggior parte di voi sa che i dèmoni confessano tutte queste cose
di sé stessi, ogniqualvolta da noi vengono cacciati dai corpi coi tor-
menti delle parole e i fuochi della preghiera. Saturno stesso, Sera-
pide, Giove e i dèmoni che onorate, vinti dal dolore, dichiarano ciò
che sono, senz'altro senza mentire, a propria vergogna, soprattutto
in presenza di molti di voi. Che essi siano dei dèmoni, credetelo
sulla loro testimonianza, quando confessano il vero riguardo a sé
stessi: scongiurati infatti per mezzo del vero ed unico Dio, contro
lor voglia rabbrividiscono nei corpi, i miserabili, e balzano fuori
immediatamente oppure si dileguano a poco a poco, per come la
fede del paziente aiuta o la grazia del curante favorisce 15 •

14 Cfr. PLATO, Symposium, 195e-196a: "Eros infatti ha stabilito la sua


dimora nel cuore e nell'anima degli uomini e degli dèi. Ma non senza distin-
zione in tutte le anime. Se ne incontra una che abbia un carattere duro, fugge
via e va ad abitare in quelle in cui trova dolcezza. È sempre a contatto, coi
piedi e con tutto il suo essere, con ciò che tra tutte le cose tenere è più tenero,
ed è quindi assai delicato, necessariamente. Ecco dunque, l'Eros è il più gio-
vane e il più delicato degli esseri. E inoltre dobbiamo ricordare la flessibilità
della sua forma, perché non potrebbe andare dappertutto né passare inosser-
vato quando penetra nelle anime e quando ne esce, se fosse rigido". Traduzione
di Paola Pultrini.
15 M1NUCIUS, FELIX, Oclavius, 27, 2-7: "Sic a caelo deorsum gravant et a Deo
vero ad materias avocant, vitam turbant, somnos inquietant, inrepentes etiam
corporibus occulte, ut spiritus tenues, morbos fingunt, terrent mentes, membra
distorquent, ut ad cultum sui cogant, ut nidore altarium vel hostiis pecudum
saginati, remissis quae constrinxerant, curasse videantur. Hinc sunt et furentes,
quos in publicum videtis excurrere, vates et ipsi absque tempio, sic insaniunt,
MINUCIO FELICE 533

Ottavio si propone anzitutto di replicare a quanto Cecìlio aveva


affermato riguardo alle divinità pagane (che per Ottavio, invece,
non sono null'altro che demoni) 16 :
I vati, pieni del dio e da lui posseduti, delibano il futuro, premu-
niscono contro i pericoli, trovano rimedi ai morbi, danno speranza
agli afflitti, soccorso ai miseri, sollievo nelle calamità, ristoro nei
travagli. Anche nel sonno vediamo, ascoltiamo e riconosciamo gli
dèP 7•
Ribaltando completamente l'argomentazione dell'amico pagano,
Ottavio riprende ogni sua affermazione e ne fornisce una spiegazione
opposta, al negativo, dimostrando il carattere distruttivo di ogni
intervento demoniaco nei confronti dell'uomo. Alla convinzione di
Cecilio secondo il quale gli dèi causano prodigiose guarigioni, Minu-
cio oppone una interpretazione tradizionale, secondo la quale le
guarigioni attribuite agli dèi non sono altro che un inganno orche-
strato dai dèmoni, responsabili essi stessi delle infermità. Un altro
effetto dell'influenza nefasta dei demoni sugli uomini è evidente
negli invasati che si mostrano posseduti da un dio. Già precedente-
mente Ottavio aveva ridicolizzato alcuni riti pagani, ricordando le
processioni e le pubbliche rappresentazioni dei Lupercali, dei sacer-
doti Salii adoratori di Marte e di quelli di Cibele 18 • In questo punto
probabilmente Minucio ha presente un passo delle Metamorfosi di
Apuleio, in cui si narra - con simili espressioni - dello scomposto

sic bacchantur, sic rotantur: par et in illis instigatio daemonis, sed argumentum
dispar furoris. De ipsis etiam illa, quae paulo ante tibi dieta sunt, ut Iuppi-
ter ludos repeteret ex somnio, ut cum equis Castores viderentur, ut cingulum
matronae navicula sequeretur. Haec omnia sciunt pleraque pars vestrum ipsos
daemonas de semetipsis confiteri, quotiens a nobis tormentis verborum et ora-
tionis incendiis de corporibus exiguntur. Ipse Saturnus et Serapis et luppiter et
quicquid daemonum colitis, vieti dolore, quod sunt eloquuntur, nec utique in
turpitudinem sui, nonnullis praesertim vestrum adsistentibus, mentiuntur. Ipsis
testibus, esse eos daemonas, de se verum confitentibus credite: adiurati enim
per Deum verum et solum, inviti miseri corporibus inhorrescunt et vel exiliunt
statim vel evanescunt gradatim, prout fides patientis adiuvat aut gratia curan-
tis adspira t".
16 Sul carattere di quest'orazione, S. BooELòN, El discurso anticristiano

de Ceci/io.
17 MINUCIUS, FELIX, Octavius, 7, 6. Traduzione di Michele Pellegrino.
18 MINUCIUS, FELIX, Octavius, 24, 11: "Scorrazzano nudi nel crudo inverno,

incedono col pileo, portano in giro vecchi scudi, battono sulle pelli, conducono
per le vie gli dèi mendicanti". Traduzione di Michele Pellegrino.
534 CAPITOLO 20

spettacolo pubblico di alcuni furentes (quelli che in greco eran detti


fLotLV6fLe:VoL) seguaci della dea Siriaca, la cui statua era trasportata
sulla schiena dell'asino Lucio:
A testa bassa, torcono la collottola con movimenti serpentini, rote-
ano in giro i capelli pendenti, talora a morsi rivolgono i denti con-
tro le loro stesse carni, e, per finire, tutti si tagliuzzano le braccia
con le armi a doppio filo che portavano. Nel frattempo, uno di loro
si abbandona a delle contorsioni ancora più frenetiche, e con un
respiro corto e affannoso che gli saliva su fin dalle viscere, quasi
che il divino afflato del nume lo penetrasse, finge di essere in preda
al delirio fino allo sfinimento 19 •

La rassegna dei prodigi falsamente attribuiti agli dei, ma in


realtà operati dai demoni, si conclude con la menzione di alcuni leg-
gendari racconti della tradizione romana: l'ammonizione di Giove a
ricominciare i giochi nelle ferie latine del 263, comunicata in sogno
a Tito Latinio; l'apparizione dei Castori a cavallo durante la batta-
glia del lago Regillo nel 495; l'episodio della vestale Claudia Quinta
che durante le guerre puniche trascinò con il suo cingolo una nave
che trasportava sul Tevere il simulacro della Magna Matero. Il
passo ha un chiaro parallelo nell'Apologetico di Tertulliano 21 •
Minucio affronta quindi il tema dell'esorcismo: Saturno, Sera-
pide, Giove e tutti gli dèifdemoni che i pagani adorano, sono essi
stessi a confessare la propria reale identità, costretti dalla forza
degli scongiuri cristiani. L'argomento della confessione dei demoni
durante l'esorcismo, noto alla tradizione apologetica, si ritrova
in Tertulliano22 • Da quest'ultimo è tratto anche quanto segue nel

19 APULEIUS MADAURENSIS, Melamorphoses, VIII, 27. Traduzione di Claudio

Anarratone.
20 Per le fonti pagane di questi racconti, M. PELLEGRINO, Minucio Felice.

Ollavio, pp. 257-258.


21 TERTULLIANUS, Apologelicum, 22, 12: "Ma perché ricordare ancora i falsi
miracoli di queste forze malefiche, che proferiscono oracoli e compiono prodigi,
come l'apparizione dei Castori e l'acqua portata in vasi forati, la nave trasci-
nata con una cintura e la barba divenuta rossiccia al solo tocco della mano, se
non per far credere che siano numi i simulacri di pietra e non si cerchi vero
Dio?" Traduzione di Anna Resta Barrile.
22 TERTULLIANUS, Apologeticum, 23, 4: "Si conduca qui, proprio davanti ai
vostri tribunali, qualcuno che risulti essere tormentato da un demone: costretto
a parlare da un cristiano qualsiasi, quello spirito veracemente confesserà di
essere un demone, come altrove falsamente confessò di essere un dio".
MINUCIO FELICE 535

testo minuciano; l'esortazione "che essi siano dei dèmoni, crede-


telo sulla loro testimonianza, quando confessano il vero riguardo a
sé stessi" pare ricalcare una esortazione dell'Apologetico: "Credete
loro, quando dicono il vero riguardo a sé stessi, voi che credete
ad essi quando mentono" 23 • Una confessione, rilasciata perlopiù di
fronte ai propri fedeli, costituisce un'onta per i demoni, e garanti-
sce la veridicità delle loro parole.
Le informazioni sulla pratica dell'esorcismo sono molto scarne:
Ottavio parla di verba e orationes pronunciate dagli esorcisti, che
risultano un tormento e un incendio per i dèmoni, i quali soffrono
di un vero e proprio dolore. Lo scopo è quello consueto di scac-
ciare gli spiriti maligni: Minucio, sulla scia di Tertulliano, fa uso
del verbo exigo 24 • Per indicare l'esorcismo si usa il termine adiuro,
una delle rese latine del greco È!;opx(~w; Minucio non conosce exor-
cizo ed exorcismus.
Ottavio parla di uno scongiuro pronunciato per il Dio vero ed
unico. Non saprei fino a che punto si possa tentare di ricavare da
queste poche parole un'informazione precisa sul formulario in uso
presso la Chiesa cristiana della quale Minucio faceva parte. Il dub-
bio nasce sulla base di un'analisi del carattere generale dell'Octa-
vius: lungo l'opera intera l'attenzione dell'autore si rivolge maggior-
mente ad argomenti morali piuttosto che dottrinali; il cristianesimo
è preso in considerazione solamente sotto l'aspetto puramente filo-
sofico, e con lo scopo primario di scagionarlo dalle accuse mosse
contro di esso, passando poi a mostrare l'esistenza di un solo Dio, di
una provvidenza e di un'anima immortale. "Ottavio non si spinge
troppo innanzi nell'enunciazione e nella difesa dei dogmi cristiani.
Accortamente egli indugia di preferenza sulle verità la cui accet-
tazione può riuscire meno ostica ad un'intelligenza pagana colta e
ragionevole" 25 • Perciò si esclude completamente il riferimento alla
Scrittura e manca persino qualunque evidente menzione di Cristo,
in ossequio ad una volontà di rivolgersi ad un pubblico ignaro della
teologia cristiana ma avvezzo alle speculazioni filosofiche moraleg-
gianti sulle quali l'autore vuole fare leva per dimostrare la supe-

23 TERTULLIANUS, Apologeticum, 23, 17.


24 TERTULLIANUS, Apologeticum, 31, 3; In., De testimonio animae, 3, l.
25 E. BuoNAIUTI, Il cristianesimo nell'Africa, p. 219.
536 CAPITOLO 20

riorità della propria fede 26 • "Le due religioni, pagana e cristiana,


vengono presentate nel nostro dialogo non tanto come confessioni
di fede o insieme di riti e cerimonie diverse, quanto come due
mondi morali in diretta e completa opposizione" 27 • Ritengo quindi
possibile che nel descrivere l'esorcismo l'autore faccia un generico
riferimento al suo vero e unico Dio, del quale egli parla lungo tutta
la sua arringa, senza preoccuparsi di richiamarsi ad un formula-
rio liturgico effettivamente in uso. Il fatto che Minucio non faccia
menzione di Gesù o dello Spirito Santo, non credo possa costituire
un'argomentazione sufficiente per ritenere che essa fosse assente
dalle preghiere esorcistiche del suo tempo.
Minucio non fornisce alcuna informazione sull'identità degli
esorcisti, e attribuisce ad un generico "noi" cristiani la responsabi-
lità dell'esorcismo. Egli si sofferma poi a descrivere le reazioni dei
demoni ai loro attacchi: anzitutto il tremore28 , poi l'abbandono del
corpo dell'ossesso, che può avvenire immediatamente o gradual-
mente. È questa una specificazione che non si incontra negli autori
precedenti. La liberazione dell'indemoniato viene peraltro accele-
rata dalla propria fede e dalla grazia di colui che si preoccupa di
curarlo; con gratia curantis Minucio intende direttamente la grazia
divina, come ritiene Luigi Valmaggi29 , oppure la grazia posseduta
dall'esorcista, "per la miglior concinnitas con patientis, e perché
suonerebbe strana la designazione di Dio, del <<vero e solo Dio)> con
questo semplice participio" 30 • Naturalmente, la grafia curantis è una
grazia che in ogni modo proviene da Dio ed è solamente ricevuta
dall'esorcista, il quale non la amministra se non strumentalmente.

26 Queste caratteristiche sono lumeggiate da M. PELLEGRINO, Minucio Felice.

Otlavio, pp. 58-65.


27 G. FLORES D'ARcArs, Minucio Felice. Ottavio, p. 25. Per l'atteggiamento
dell'autore verso la romanità, l. VEccHIOTTI, La filosofia politica di Minucio
Felice.
28 Cfr. Gc 2, 19: "Tu credi che c'è un Dio solo? Fai bene; anche i demòni lo
credono e tremano!".
29 L. VALMAGGI, M. Minucii Felicis Octavius, p. 67.

30 M. PELLEGRINO, Minucio Felice. Ottavio, p. 384, richiamando il parere di

Jean-Pierre Waltzing. Egli, invero, nel suo Octavius (p. 143) condivide l'inter-
pretazione del Valmaggi.
CAPITOLO 21
CIPRIANO E L'AFRICA SETTENTRIONALE

l. Possessione e idolatria
L'atteggiamento di Tascio Cecilio Cipriano 1 (nato intorno al 200-
210 da genitori pagani e martirizzato nel 2582) nei confronti del
fenomeno della possessione demoniaca è caratterizzato da una certa
specificità, dovuta alla peculiare condizione della Chiesa cartagi-
nese durante il suo episcopato. Se il collegamento tra la demonolo-
gia ed il culto pagano idolatrico è già stato evidenziato in numerosi
autori precedenti, per Cipriano esso assume un'importanza tutta
speciale, direttamente correlata alle difficoltà che la comunità cri-
stiana dell'Africa settentrionale era costretta quotidianamente ad
affrontare. Cipriano, che per alcuni anni aveva praticato l'avvo-
catura oppure l'insegnamento, intorno al 245 si era convertito al
cristianesimo, conquistato dalla predicazione del prete Ceciliano,
e nel 248-249 era divenuto vescovo di Cartagine. Quasi subito si
trovò a dover affrontare la persecuzione ordinata dall'imperatore
Decio, che in Africa ebbe inizio nel gennaio del 250; il vescovo si
tenne nascosto per quattordici mesi nei pressi della città, conti-

1 Monografie: E. W. BENSON, Cyprian; P. MoNCEAUX, Histoire liltéraire de


l'A{rique, vol. 2; A. D'ALES, La théologie de Saint Cyprien; M. JouRJON, Cyprien
de Carthage; M. M. SAGE, Cyprian; C. SAUMAGNE, Saint Cyprien; P. l. BuRNS,
Cyprian the Bishop; A. CARPIN, Cipriano di Cartagine; M. VERONESE, Introdu-
zione a Cipriano. Utili anche F. TRISOGLIO, San Cipriano; In., Cipriano uomo
vescovo scrittore. L'introduzione di una traduzione italiana dell'epistolario cipria-
neo è una buona sintesi aggiornata sull'autore e le sue opere (C. DELL'Osso et
alii, Cipriano, vol. l, pp. 7-73). Alcuni testi demonologici raccolti in A. MoNACI,
Il diavolo e i suoi angeli, pp. 333-346.
2 Le notizie sulla sua vita sono tratte dalle sue opere e dalla sua copiosa
corrispondenza. Esiste anche una Vita Cypriani scritta dal diacono Ponzio,
che condivise con lui l'esilio: M. PELLEGRINO, Vita e martirio di San Cipriano;
A. A. R. BASTIAENSEN, Vita di Cipriano, pp. 1-49. I dati bio-bibliografici sono
discussi da E. GALLICET, Cipriano di Cartagine. La Chiesa, pp. 23-34 e 50-57.
Sono conservati gli Alli del martirio sotto la persecuzione di Valeriano: M. PEL-
LEGRINO, Vita e martirio, pp. 189-199; A. A. R. BASTIAENSEN et alii, Alli e pas-
sioni dei martiri, pp. 195-231.
538 CAPITOLO 21

nuando a mantenere stretti rapporti con la sua Chiesa. Ritornato


in città nella primavera del 251, dovette affrontare in un si nodo
l'opposizione di alcuni sacerdoti (tra i quali Novato) che conte-
stavano il trattamento che egli riservava a coloro che durante la
persecuzione si erano piegati all'abiura. Proprio all'interno del De
lapsis, un trattato 3 d'occasione composto nel 250 e letto pubblica-
mente al concilio cartaginese del 251, emergono alcuni riferimenti
alla condizione degli indemoniati. Il sinodo era stato convocato per
risolvere la preoccupante situazione della Chiesa africana dilaniata
dalle conseguenze della persecuzione imperiale4 • L'editto di Decio
non ci è pervenuto, ma sappiamo che esso ordinava a tutti gli abi-
tanti dell'impero di manifestare la propria fedeltà a Roma offrendo
alle sue divinità incenso, vino o un sacrificio animale. I magistrati
locali erano incaricati di far rispettare il decreto, e a coloro che
si sottoponevano a quest'obbligo venivano rilasciati certificati (i
libelli) che attestavano l'adempimento del sacrificio richiesto5 •
Ogni mattina (... ] s'accendeva il fuoco dei sacrifici. I ricchi con-
ducevano sia capre, sia pecore, sia bovi. I poveri si contentavano
senza dubbio di gettare incenso sull'altare (... ] Nel dopo pranzo,
coloro che avevano adorato in questo modo gli dèi partecipavano in
un'altra maniera al sacrifizio: [... ] si apparecchiavano tavole cariche
delle carni delle vittime immolate, e la coppa delle libazioni pas-

3 Occorre tener presente il vero significato di tractatus: esso va inteso nel


senso di "esposizione, anzitutto per lo più orale, e poi messa per iscritto, di un
problema religioso sulla base della Scrittura" (E. GALLICET, Cipriano di Carta-
gine. La Chiesa, p. 51, nota 8). Sono sopravvissuti dodici trattati ciprianei (Ad
Donatum, Ad Demetrianum, Ad Quirinum, Ad Forlunalum, De Ecclesiae calho-
licae unitale, De lapsis, De habilu virginum, De morlalilale, De bono palienliae,
De dominica oratione, De opere el eleemosynis, De zelo et livore).
4 Sulle persecuzioni dei cristiani in generale, P. ALLARD, Storia critica delle
persecuzioni (una miniera di informazioni, da utilizzarsi con cautela; per quella
di Decio, vol. 2, pp. 245-409); J. MoREAU, La persecuzione; W. H. C. FREND,
Marlyrdom and Persecution; M. SoRDI, I cristiani e l'Impero; P. MARAVAL, Les
perséculions. In particolare sulla persecuzione di Decio, si aggiungano P. FRAN-
CHI DE' CAVALIERI, A proposito dei sacrifizi; R. ANDREOTII, Religione ufficiale;
O. GIORDANO, I cristiani nel III secolo; C. SAUMAGNE, La persécution de Dèce.
Negli scritti di Cipriano, C. C. BERARDI, La persecuzione di Decio. Vedi anche
P. l. BuRNS, Cyprian lhe Bishop, pp. 1-77.
5 Cfr. J. R. KNIPPING, The Libelli o{ lhe Decian Persecution. Sono sopravvis-
suti alcuni libelli egiziani scritti su papiro: A. BLUDAU, Die iigyplischen Libelli.
CIPRIANO E L'AFRICA SETTENTRIONALE 539

sava di mano in mano [... J Il numero degli apostati fu immenso. La


Chiesa non aveva dovuto mai piangere su tante defezioni6 •
La testimonianza di Cipriano è informazione primaria sullo
svolgimento della persecuzione nell'Africa proconsolare. Numerosi
furono i cristiani che caddero (lapsi) rinnegando in qualche modo
la propria fede: alcuni presentarono all'autorità civile falsi certifi-
cati (i libellatici), altri offrirono agli idoli incenso (i turificati) o un
sacrificio (i sacrificati). Il De lapsis fu composto proprio per esporre
una soluzione al problema della riammissione degli apostati all'in-
terno della Chiesa, e contiene naturalmente una condanna di quanti
non avevano avuto la capacità di sopportare la persecuzione, prefe-
rendo il cedimento alla eroica resistenza testimoniata dai martiri o
dai confessori. Cipriano ritiene che senza ombra di dubbio la con-
taminazione con l'idolatria attiri sull'apostata il malefico influsso
demoniaco, che può anche condurre l'uomo alla possessione e alla
pazzia:
Quanti ogni giorno vengono occupati da spiriti immondi! Quanti,
dissennati, sono sconvolti fino all'insania dal furore della folliaF
L'autore fornisce un chiaro esempio della possessione diabolica
di un'apostata, avvenuta poco dopo la sua partecipazione all'empio
sacrificio:
Un'altra, mentre si trovava ai bagni - mancava solo questo al suo
crimine e ai suoi mali, che andasse tosto ai bagni, ella che aveva
perduto la grazia del lavacro che dà la vita - quest'immonda, affer-
rata in quel luogo da uno spirito immondo, si dilaniò coi denti la
lingua con la quale si era empiamente nutrita o aveva parlato.
Dopo aver assunto il cibo sacrilego, la furia della sua bocca si
armò a proprio danno: divenne carnefice di sé stessa, e non poté in
seguito sopravvivere a lungo. Morì straziata dai dolori al ventre e
agli intestini8 .

6 È la colorita descrizione di P. ALLARD, Storia critica delle persecuzioni,

vol. 2, pp. 299-300.


7 CYPRIANUS CARTHAGINENSIS, De [apsis, 26: "Quam multi cottidie inmundis

spiritibus adinplentur, quam multi usque ad insaniam mentis excordes demen-


tiae furore quatiuntur".
8 CYPRIANUS CARTHAGINENSIS, De lapsis, 24: "Alia in balneis constituta

- hoc enim crimini eius et malis deerat, ut et ad balneas statim pergeret quae
lavacri vitalis gratiam perdidisset - illic ab inmundo spiritu inmunda correpta
laniavit dentibus linguam, quae fuerat vel pasta impie vel locuta. Postquam
540 CAPITOLO 21

Si tratta inequivocabilmente di possessione diabolica, in quanto


la donna è presa, afferrata (correpta) dal demonio; Cipriano sottoli-
nea l'iniqua condizione morale dei due, donna e spirito, qualifican-
doli entrambi con l'aggettivo inmundus. La possessione ha inizio
ai bagni, un luogo promiscuo ed esposto all'influsso maligno, con-
trapposto al santo lavacro battesimale. La donna infedele è punita
con una sorta di pena di contrappasso: la lingua e gli intestini di
cui si era servita per pronunciare la propria apostasia e per cibarsi
del cibo dei sacrifici (i cosiddetti idolotiti) sono preda dell'attività
distruttiva del demone, che incalza sino alla morte.
Può forse essere considerato come conseguenza di una posses-
sione diabolica anche l'atteggiamento di un'infante, la quale era
stata nutrita con pane inzuppato nel vino sacrificale; pur priva di
capacità di intendere, la neonata manifesta avversione al sacro rito
dell'eucaristia:
La bambina, mescolata tra i fedeli, insofferente alla nostra prece
ed orazione, ora scossa dal pianto, ora sbattuta qua e là per l'agi-
tazione della mente, come seviziata da un torturatore, manifestava
la consapevolezza dell'accaduto con i semplici indizi che poteva,
anima innocente qual era 9 •
Per mezzo dell'endiadi prex et oratio Cipriano accosta alla solenne
preghiera dei cristiani (oratio) un riferimento alla liturgia eucaristica
(prex) 10 • È come se assieme al cibo contaminato la bambina avesse
assunto in sé uno di quei demoni che sovrintendono al culto ido-
latrico, e le manifestazioni di pianto e di agitazione motoria sono
tipiche degli indemoniati. Al momento di ricevere la comunione,
l'inslinctus divinae maiestatis spingerà la neonata ad allontanare
il volto dal calice offertogli dal diacono; costretta a comunicarsi,
vomiterà le gocce di vino consacrato. Il sangue di Cristo, infatti,

sceleratus cibus sumptus est, in perniciem suam rabies oris armata est: ipsa
sui carnifex extitit nec diu superesse postmodum potuit. Doloribus ventris et
viscerum cruciata defecit".
9 CYPRIANUS CARTHAGINENSIS, De [apsis, 25: "Puella mixta cum sanctis,
precis nostrae et orationis impatiens, nunc ploratu concuti, nunc mentis aestu
fluctuabunda iactari, velut tortore cogente quibus poterat indiciis conscientiam
facti in simplicibus adhuc annis rudis anima fatebatur".
10 Secondo V. SAXER, Vie liturgique et quotidienne, p. 249, in Cipriano prex

"evolve verso il senso tecnico di preghiera eucaristica in senso proprio, ovvero


quella della Messa". Devo ad Ezio Gallicet la sollecitazione a riflettere su que-
sto punto.
CIPRIANO E L'AFRICA SETTENTRIONALE 541

non può rimanere a contatto con le stesse viscere che avevano rice-
vuto il vino sacrificate.
Il sacrificio agli dèi, dunque, è una vera e propria apostasia,
e le sue conseguenze sui lapsi sono disastrose: esso può produrre
una possessione demoniaca che conduce anche alla morte, e deter-
mina l'impossibilità di accostarsi nuovamente al cibo eucaristico.
L'esempio della bambina non ancora padrona delle proprie azioni
serve a Cipriano per mostrare come gli effetti della contaminazione
idolatrica non possano rimanere occultati; a maggior ragione, ogni
tentativo messo in atto dai sacrificati per accostarsi di nascosto
all'eucaristia non potrà non essere sventato. In questo modo "si è
avuta la prova che il Signore si allontana quando lo si rinnega e
che il sacramento così ricevuto non giova alla salvezza per chi non
lo merita" 11 •

2. L'esorcismo
Cipriano conosce la pratica dell'esorcismo, e la considera certa-
mente un segno dell'assistenza divina. Nel De Ecclesiae catholicae
unitate, scritto contemporaneo del De lapsis, egli pone sullo stesso
piano profezie, esorcismi e prodigi:
È senza dubbio cosa sublime e meravigliosa profetare, scacciare i
demòni e compiere grandi prodigi in terra: tuttavia chi fa tutte
queste cose non ottiene il regno celeste, se non incede lungo la
strada della rettitudine e della giustizia 12 •
Il profetizzare, lo scacciare i demoni ed il compiere prodigi sono
i segni distintivi dei seguaci di Gesù, secondo la testimonianza della
Scrittura. Mi pare che qui Cipriano si stia ispirando direttamente
al Vangelo di Malteo, dove la sequenza delle virtù carismatiche è
esattamente la medesima 13 • Cipriano nelle sue opere si allontana
dall'uso degli apologeti latini che lo precedono, facendo largo uso

11 CYPRIANUS CARTHAGINENSIS, De lapsis, 26. Traduzione di Ezio Gallicet.


12 CYPRIANUS CARTHAGINENSIS, De Ecc/esiae calholicae unita/e, 15: "Nam et
prophetare et daemonia excludere et virtutes magnas in terris facere sublimis
utique et admirabilis res est, non tamen regnum caeleste consequitur quisque
in his omnibus invenitur, nisi recti et iusti itineris observatione gradiatur".
13 Mt 7, 21-23: "Non chiunque mi dice: "Signore, Signore", entrerà nel
regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli. Molti
mi diranno in quel giorno: "Signore, Signore, non abbiamo noi profetato nel
tuo nome e cacciato demòni nel tuo nome e compiuto molti miracoli nel tuo
542 CAPITOLO 21

delle Scritture. È una novità che fu rilevata chiaramente da Lat-


tanzio, il quale lo biasimò per aver usato un procedimento ina-
datto alla qualità del destinatario pagano, discutendo con il quale
non era opportuno, a suo parere, allegare testimonianze bibliche 14 •
In questo caso, il significato della breve pericope evangelica è da
ricercarsi nell'intensa accentuazione dell'etica ai fini della salvezza.
Un cristianesimo a cui manca la serietà morale non è sufficiente
alla salvazione, e persino l'operare azioni miracolose nel nome di
Gesù non ha valore, se ciò è disgiunto dall'obbedienza alla volontà
divina. Secondo l'evangelista, qui ripreso da Cipriano, la virtù
carismatica può dimostrare di essere opera di Dio, ma non è suffi-
ciente da sola per ottenere il beneplacito del Giudice universale, il
quale può decidere di rigettare persino i suoi stessi discepoli. Pro-
prio a motivo del richiamo così evidente al testo evangelico, non
credo che questo passo possa servirei a trarre qualche conclusione
sulla concreta pratica esorcistica nella Chiesa africana dei tempi
di Cipriano: si può soltanto intravedere sullo sfondo l'intenzione
di non sopravvalutare l'importanza di questi carismi, che da soli
non possono essere prova della rettitudine di colui che li possiede.
Questi non sempre è un uomo che fa la volontà di Dio, e Cipriano
potrebbe voler alludere a qualche carismatico che esercita la sua
attività in opposizione alla Chiesa.
Maggiori informazioni, allora, dovranno essere tratte da altri
scritti. In proposito va tenuto presente che con Cipriano sempre si
avverte come impellente la necessità di risalire alle fonti anteriori
dalle quali egli è dipendente. La riproposizione di motivi esorcistici
mutuati dalla precedente letteratura cristiana, perciò, non andrà
sottovalutata nel corso della nostra analisi, allo scopo di discernere
quanto è dovuto a topos o imitazione letteraria e quanto invece è
frutto originale della penna dell'autore. L'operazione non è peral-
tro del tutto agevole: "appunto perché tali motivi erano divenuti
patrimonio comune dell'apologetica greca e latina, è difficile sceve-
rare l'influsso di autori particolari. Tuttavia Tertulliano e Minucio

nome?" Io però dichiarerò loro: "Non vi ho mai conosciuti; allontanatevi da


me, voi operatori di iniquità".
14 LACTANTIUS, Diuinae institutiones, V, 4, 3-7. Sull'uso ciprianeo della Bib-
bia, M. A. FAHEY, Cyprian and the Bible; E. GALLICET, Cipriano e la Bibbia.
CIPRIANO E L'AFRICA SETTENTRIONALE 543

hanno lasciato nell'opera di san Cipriano tracce sicure" 15 • Fatta


questa premessa, l'analisi delle occorrenze può ben muovere i suoi
primi passi dall'opera che fu composta poco dopo il battesimo, nel
245 o 246, ed indirizzata a Donato, un amico di Cipriano a noi
altrimenti ignoto. Il neofita, ormai incamminato sulla via della giu-
stizia, si volge a contemplare con orrore la corruzione morale della
vita pagana appena abbandonata. Chi percorre il cammino della
volontà di Dio, può fruire dei doni del suo Spirito senza alcun limite
o misura, ed ottiene l'autorità di sconfiggere le forze del male:
Ci è dunque ormai data la facoltà, con temperante purezza, mente
irreprensibile e voce pura, di poter estinguere l'acidità dei veleni,
come medicamento per coloro che soffrono; di purgare le piaghe
degli animi insensati, riportandoli alla salute; di imporre la pace
agli aggressivi, la quiete ai violenti, la clemenza agli incrudeliti;
di costringere alla confessione gli spiriti immondi ed errabondi - i
quali si son cacciati dentro gli uomini per impadronirsene - con
minacce di rimprovero; di tormentarli con robuste sferzate affinché
retrocedano, di abbatterli tra tormenti, grida e gemiti per l'accre-
scersi della prolungata sofferenza; di colpirli con flagelli e di arderli
col fuoco. Tutto ciò avviene in loro, ma non si vede: la percossa è
invisibile, ma la sofferenza è palese" 16 •

Cipriano esalta la potenza dei cristiani contro i demoni, con


evidenti reminiscenze di concetti ed espressioni del capitolo ven-
titreesimo dell' Apologeticum di Tertulliano 17 • I demoni sono spiriti

15 M. PELLEGRINO, Studi su l'antica apologetica, p. 122. Secondo Girolamo


(De viris illustribus, 53) Cipriano leggeva quotidianamente Tertulliano, e
quando desiderava un suo libro da leggere si rivolgeva al suo segretario dicendo:
"Dammi il Maestro".
16 CYPR!ANUS CARTHAGINENS!S, Ad Donatum, 5: "lnde iam facultas datur,

castitate sobria, mente integra, voce pura in medellam dolentium posse vene-
norum virus extinguere, animorum desipientium labes reddita sanitate purgare,
infestis iubere pacem, violentis quietem, ferocientibus lenitatem, inmundos et
erraticos spiritus, qui se expugnandis hominibus inmerserint, ad confessionem
minis increpantibus cogere, ut recedant duris verberibus urguere, conflictantes,
heiulantes, gementes incremento poenae propagantis extendere, flagris caedere,
igne torrere. Res illic geritur nec videtur: occulta plaga et poena manifesta".
17 "Però la dipendenza è tutta nei particolari, ché i due contesti sono affatto
diversi: mentre Tertulliano (e così Minucio) invoca l'efficacia degli esorcismi
praticati dai cristiani per dimostrare l'impotenza degli dèi, che non sono altro
che demoni, Cipriano, accogliendo lo spunto tertullianeo, non si lascia fuorviare
dal suo intento, che è di celebrare la grandezza dei doni largiti da Dio ai cri-
stiani" (M. PELLEGRINO, Studi su l'antica apologetica, p. 112).
544 CAPITOLO 21

inmundi, secondo la tradizione evangelica, ed erratici, cioè vaganti,


errabondi. La loro attività è descritta facendo uso del verbo
inmergo, che denota l'atto di penetrare, di introdursi, di immergersi
da parte dello spirito malvagio all'interno dell'uomo, allo scopo di
expugnare, ossia di acquistarsi, di prendere con la forza il dominio
sulla persona, come se si trattasse di un'anima da conquistare a sé.
Cipriano non si sofferma con gran precisione sui metodi esorcistici
messi in atto contro gli spiriti malvagi, ma è significativo il riferi-
mento alle minae increpantes: sono minacce pronunciate sgridando
e rimproverando lo spirito immondo responsabile dell'ossessione
diabolica. Increpo è il verbo che rende il greco Èm·nfLOCW (sgridare,
rimproverare, minacciare, in certe costruzioni ingiungere) il quale,
come più volte osservato, è tipico di questi racconti. Cipriano
indica la con{essio come primo ed immediato scopo dell'esorci-
smo: si tratta dell'ammissione della propria natura malvagia, a
smascheramento di qualunque inganno ordito ai danni dell'uomo.
Diversamente da Tertulliano, Cipriano non si sofferma ad esempli-
ficare questi inganni, ma prosegue con la descrizione dell'effetto
che gli scongiuri esorcistici producono sui demoni: retrocessione,
sofferenza, tormento, grida e gemiti. Le parole dell'esorcista sono
metaforicamente paragonate a sferzate, flagelli, percosse e fuoco. È
interessante notare che l'autore si serve dei termini heiulare, gemere
e flag rum esclusivamente in questi contesti esorcisticP 8 • Gli effetti
di queste torture sono palesi e resi evidenti dalle manifestazioni di
sofferenza del demoni, che evidentemente svelano il loro tormento
con voce umana, per bocca di coloro che possiedono; la visibilità
della poena demoniaca si contrappone all'invisibilità della plaga
dell'esorcismo, il quale agisce solamente in virtù della forza delle
parole 19 •
Un secondo passo tra le opere di Cipriano aggiunge nuovi ele-
menti alla comprensione del tema esorcistico. Nel 253 Cipriano
indirizza uno scritto A Demetriano, un agitatore pagano di Car-
tagine che attribuiva alla presenza dei cristiani l'aggravarsi della

18 Tutti e tre i termini compaiono in CYPRIANUS CARTHAGINENSIS, Ad Dona-


tum, 5 e ID., Ad Demetrianum, 15, che sono i passi di contesto esorcistico.
Gemere è attestato anche in ID., Ad Quirinum, III, 16; ID., Ad Fortunatum, 12;
ID., Ad Demetrianum, 24, ma si tratta di tre citazioni letterali di Sap 5, 3.
19 Su un particolare uso di plaga e poena, E. GALLICET, Cipriano. Ad Deme-
trianum, p. 206.
CIPRIANO E L'AFRICA SETTENTRIONALE 545

crisi economica dello stato20 • Uno degli argomenti qui affrontati dal
vescovo è quello del culto idolatrico di quegli dèi pagani che, in
verità, non sono null'altro che demoni:
Oh, se tu volessi udirli e vedere quando sono da noi scongiurati,
tormentati con flagelli spirituali, scacciati dai corpi degli ossessi
mediante le torture delle parole! Quando gridando e gemendo, sen-
tendo i flagelli e le sferzate provocate dalla parola umana e dalla
potestà divina, confessano il giudizio venturo! Vieni, e saprai che
quanto diciamo è vero; e poiché dici di onorare tanto gli dèi, credi
perlomeno a coloro che onori; oppure, se vorrai credere anche a te
stesso, parlerà per mezzo tuo, mentre tu lo ascolterai, colui che ora
ha occupato il tuo animo, colui che ora ha accecato la tua mente
con la notte dell'ignoranza. Vedrai che noi veniamo pregati da
quelli che tu preghi, e temuti da quelli che tu adori; vedrai rima-
nere avvinti sotto la nostra mano e tremare come incatenati quelli
che tu veneri e adori come signori. Almeno così potrai senza dub-
bio restare smarrito per questi tuoi errori, quando vedrai e udrai
i tuoi dèi rivelare subito, dietro nostra richiesta, ciò che sono, e
non poter nascondere quelle loro ciarlatanerie ed inganni, anche in
vostra presenza 21 •

Questo passo si ispira talora verbatim a Minucio, anche se


Cipriano lo muta un poco di prospettiva, secondo le sue consuetu-
dini di vescovo22 • Egli, infatti, non abbandona mai il suo intento
pastorale, dottrinale e parenetico, rivolgendosi in primo luogo ai

20 Si accetta qui la datazione proposta da E. GALLICET, Cipriano. Ad Deme-


trianum, pp. 53-62. Sono stati proposti anche il 251 e il 252.
21 CYPRIANUS CARTHAGINENSIS, Ad Demetrianum, 15: "0 si audire eos velis

et videre, quando adiurantur a nobis, torquentur spiritalibus flagris, et verbo-


rum tormentis de obsessis corporibus deiciuntur; quando heiulantes et gemen-
tes, voce humana et potestate divina flagella et verbera sentientes, venturum
iudicium confitentur. Veni: et cognosces vera esse quae dicimus; et quia sic
deos colere te dicis, vel ipsis quos colis crede: aut si volueris et tibi credere, de
te ipso loquetur, audiente te, qui nunc tuum pectus obsedit, qui nunc mentem
tuam ignorantiae nocte caecavit. Videbis nos rogari ab eis quos tu rogas, timeri
ab eis quos tu adoras; videbis sub manu nostra stare vinctos, et tremere cap-
tivos, quos tu suspicis et veneraris ut dominos. Certe vel sic confundi in istis
erroribus tuis poteris: quando conspexeris et audieris deos tuos quid sint inter-
rogatione nostra statim prodere et, praesentibus licet vobis, praestigias illas et
fallacias suas non posse celare".
22 MINUCIUS, FELIX, Octavius, 27, 5-7. Cfr. M. PELLEGRINO, Studi su l'antica
apologetica, pp. 123-124. Non è certo questo "il documento più antico sul rito
dell'esorcismo", come sostiene J. C. Fredouille (Cyprien. A Démétrien, p. 168).
546 CAPITOLO 21

suoi fedeli con l'intento di istruirli, esortarli alla vita cristiana ed


incoraggiarli. La lunga consuetudine con gli Apologisti e l'attua-
lità della loro letteratura hanno certamente una forte influenza
sull'opera ciprianea, ma non ne monopolizzano l'orientamento: esso
è sempre strettamente legato alle circostanze e alle cure quotidiane
che l'autorità episcopale si vede costretta ad affrontare. La descri-
zione dell'esorcismo è del tutto similare a quella dell'Ad Donatum,
ma arricchita di alcuni particolari. L'atto scongiuratorio dell'esor-
cismo è eloquentemente descritto facendo uso del verbo adiuro;
che gli scongiuri contenessero anche l'invocazione del nome divino,
in particolare di quello di Gesù, è attestato in un altro scritto di
Cipriano, il De bono patienliae (256):
<Gesù) ha sopportato i flagelli, egli nel cui nome oggi il diavolo
assieme ai suoi angeli è flagellato da noi suoi servi 23 .
La descrizione dell'Ad Demetrianum mette bene in luce le due
componenti che producono la liberazione dell'ossesso: la parola
umana, che agisce come una percossa per i demoni, e la pote-
stà divina, vera ultima responsabile del successo dell'esorcista.
Cipriano esplicita anche l'oggetto della confessione alla quale i
demoni sono costretti, che riguarda il giudizio venturo: "tutta la
frase, attraverso un succedersi elegante di clausole, di asindeti e di
omoioteleuti, tende appunto a mettere in risalto, nella conclusione,
che, sotto l'azione degli esorcismi, sia pure ululando e gemendo, i
demoni ammettono, non possono non ammettere, che il giudizio
sta per venire. Viene dato, cioè, rilievo proprio a questo partico-
lare relativo al venturum iudicium" 24 • È questo un tema già ampia-
mente sviluppato dalla letteratura precedente25 , che trova qui la
sua prima collocazione nell'ambito di una confessione estorta ad un
indemoniato. Ciò che segue è del tutto simile, quanto al contenuto,
alle ormai tradizionali argomentazioni presentate dall'apologetica
latina. L'esorcismo è adoperato come dimostrazione della veridi-

23 CYPRIANUS CARTHAGINENSIS, De bono patientiae, 7: "( ... ) cuius nomine a


servis nunc eius diabolus cum angelis suis flagellatur flagella ipse pateretur".
24 E. GALLICET, Cipriano. Ad Demetrianum, p. 228.
25 Michele Pellegrino fornisce questi riferimenti: lusTINUS, Apologia l, 18, l;
TATIANUS, Oratio ad Graecos, 14; ATHENAGORAS ATHENIENSIS, Supp/icatio pro
Chrislianis, 12, 12; TERTULLIANUS, De spectaculis, 30; MINUCIUS, FELIX, Oclavius,
35, 2.
CIPRIANO E L'AFRICA SETTENTRIONALE 547

cità del cristianesimo e della nullità delle divinità pagane le quali,


costrette dalla potenza dell'esorcismo, sono indotte a confessare la
loro natura demoniaca e la loro impotenza di fronte all'esorcista
cristiano. Quegli stessi dèi ai quali i pagani rivolgono la preghiera,
dirigono ora la propria supplica, incatenati e tremanti, ai cristiani
esorcisti, svelando con vergogna tutte le loro ciarlatanerie. Cipriano
si spinge ad invitare Demetriano a sottoporsi ad un esorcismo, per
udire con le proprie orecchie la confessione del demone dal quale
egli stesso è posseduto, mentre questi parlerà servendosi della sua
bocca. Mi pare degno di nota che Cipriano preveda la possibilità
che un indemoniato possa udire e comprendere la voce del demone
che lo possiede e parla per mezzo suo; è questo un momento che
solitamente corrisponde .ad una pressoché totale presa di possesso
della persona da parte dello spirito malvagio, con conseguente tem-
poranea perdita di consapevolezza dell'individuo. Anche altrove si
narra che il demonio che possiede gli uomini può parlare, e mentire,
promettendo di abbandonare la propria vittima per poi continuare
nella propria ostinazione a resistere ai comandi dell'esorcista 26 •
Un vago accenno all'essere vincti sub manu dell'esorcista - forse
un richiamo alla pratica dell'imposizione delle mani - completa la
descrizione di questi esorcismi che Victor Saxer, probabilmente per
le analogie con l'Epistola 69, considera esorcismi prebattesimali27 •
Il motivo per cui non ritengo che questo sia il caso, lo esporrò più
avanti.
Nel suo trattato De dominica oralione, solitamente datato verso
la fine del 251 o l'inizio del 25228 e dedicato al commento del Paler
nosler, l'autore fornisce anche una possibile interpretazione teolo-
gica della possessione diabolica; essa, come ogni tentazione, dipende
dalla volontà permissiva di Dio, ed in qualche modo è anche con-
nessa alla nostra inclinazione al peccato:
Il Signore ci avverte che dobbiamo necessariamente dire nella pre-
ghiera: E non permettere che siamo indotti in tentazione. Con queste
parole si dimostra che l'Avversario non può nulla contro di noi, se

26 CYPRIANUS CARTHAGINENSIS, Epistu/ae, 69, 15, 2: "Pur dicendo spesso di

uscire e lasciare gli uomini di Dio, egli mente in ciò che dice".
27 V. SAXER, Vie liturgique et quolidienne, p. 123.
28 La datazione segue l'ordine della lista contenuta nella Vita Cypriani di

Ponzio. M. RÉVEILLAUD, Saint Cyprien. L'oraison dominicale, propone invece il


250, ma solo perché nell'opera non si fa menzione dei lapsi.
548 CAPITOLO 21

prima Dio non lo ha permesso, di modo che tutto il nostro timore,


tutta la nostra devozione e rispetto siano rivolti a Dio; giacché a
quello nelle tentazioni non è lecito operare alcunché di male, se da
lui non glie ne è accordata la facoltà. Lo conferma la Scrittura che
dice: Nabucodonosor re di Babilonia giunse a Gerusalemme e la espu-
gnava, ed il Signore la consegnò in suo potere29 • Al Maligno, poi, è
lasciata facoltà contro di noi secondo i nostri peccati30 .
In sintesi, "al diavolo non è concesso di agire sull'uomo, se Dio
non lo ha permesso" 31 •

3. Il trattato Quod idola dii non sini


Merita una trattazione a parte il trattato Gli idoli non sono dèi. Lo
scritto inizia dimostrando che le divinità pagane non sono null'altro
che antichi re onorati di culto dopo la morte, proseguendo poi con
una discussione sulla natura dell'unico Dio e concludendosi in un
compendio di cristologia. Girolamo e Agostino attribuiscono questo
trattato a Cipriano con positivi commentP2 , ma la sua autenticità
è stata messa in dubbio a più riprese: esso è assente nella migliore
tradizione manoscritta, non è menzionato nella Vita di Ponzio e
nella lista di Cheltenham (del 359)33 e l'autore non ne lascia trac-
cia in nessuno dei suoi scritti. La maggiore difficoltà risiede nel
fatto che l'opera è una pedestre compilazione tratta da apologie
di autori precedenti, principalmente Tertulliano e Minucio Felice,
il che si oppone alla differente consuetudine di Cipriano che ci è
nota dalle opere di autorità indiscussa. Hugo Koch però ha rite-
nuto di ritrovare in questo scritto una stretta analogia formale con

29 Cfr. Dan 1, 1-2; 2 Re 24, 11.


30 CYPRIANUS CARTHAGINENSIS, De dominica oralione, 25: "Illud quoque
necessarie monet Dominus ut in oratione dicamus: El ne patiaris nos induci
in lemptationem. Qua in parte ostenditur nihil contra nos adversarium posse,
nisi Deus ante permiserit, ut omnis timor noster et devotio, atque observatio
ad Deum convertatur, quando in temptationibus nihil malo liceat, nisi pote-
stas inde tribuatur. Probat scriptura quae dicit: Venil Nabuchodonosor rex Bab-
yloniae in Hierusalem el expugnabat eam, el dedil eam Dominus in manu eius.
Datur autem potestas adversum nos malo secundum nostra peccata".
31 CYPRIANUS CARTHAGINENSIS, Ad Quirinum, III, 80.
32 HIERONYMUS, Epislulae, 70, 5; AUGUSTINUS HIPPONENSJS, De baptismo,
VI, 44, 87; ID., De unico baptismo, 4.
33 PoNnus DIACONUS, Vita Cypriani, 7; T. MoMMSEN, Zur laleinischen Slicho-
melrie.
CIPRIANO E L'AFRICA SETTENTRIONALE 549

Io stile ciprianeo34, ed anche Michele Pellegrino e soprattutto Manlio


Simonetti si sono espressi a favore di questa attribuzione35 • Si
spiegherebbe il carattere compilativo della raccolta ipotizzando che
"l'opera risalga alla prima attività letteraria di S. Cipriano, quando
il vescovo, non ancora in possesso di una cultura e di idee pro-
prie, si doveva limitare a lavori compilatori", probabilmente senza
neppure avere intenzione di pubblicarli36 • Proprio perché l'auten-
ticità del trattato è stata messa in dubbio, anche recentemente 37 ,
preferisco trattarne a parte. Ecco il passo di nostro interesse:
Questi spiriti si nascondono sotto le statue e le immagini consacrate,
con il loro influsso ispirano gli animi dei vati, animano le fibre delle
viscere, governano i voli degli uccelli, determinano le sorti, danno
oracoli, circondano sempre di verità le menzogne; infatti mentre
sono ingannati ingannano, turbano la vita, inquietano i sonni, ed
insinuandosi celatamente nei corpi, spiriti che sono, terrorizzano gli
animi, contorcono le membra, debilitano la salute, creano malattie
per costringere al culto di sé, di modo che, pasciuti dal fumo degli
altari o dai roghi degli animali, una volta lasciato libero ciò che
avevano avvinto, sembrino averlo curato. [... ) Ma costoro, scongiu-
rati per mezzo del vero Dio, subito si piegano a noi, confessano e
sono costretti ad uscire dai corpi ossessi: per mezzo della nostra
voce e preghiera li vedresti colpiti dai flagelli della maestà invisi-
bile, arsi dal fuoco, abbattuti per l'accrescersi della prolungata sof-
ferenza, gridare, gemere, implorare, confessare da dove vengono e
quando se ne andranno anche alle orecchie di quelli che prestano
loro culto, fino a che balzano fuori immediatamente oppure si dile-
guano a poco a poco, per come la fede del paziente aiuta o la gra-
zia del curante favorisce 38 •

34 H. KocH, Cyprianische Untersuchungen, pp. 1-78.


35 M. PELLEGRINO, Studi su l'antica apologetica, pp. 136-141; M. SIMONETII,
Sulla paternità del Quod idola. Non ha ottenuto credito la proposta prudente-
mente avanzata da Sisto Colombo (Osservazioni sui rapporti) che il Quod idola
ciprianeo si ispirasse a Tertulliano, e che Minucio Felice, posteriore a Cipriano,
da esso abbia tratto ispirazione per il suo Octavius. Lo stesso dicasi per l'ipotesi
di Joseph Révay (Uber den Verfasser) secondo cui il trattato sarebbe una rac-
colta preliminare di passi tertullianei, operata da Minucio in vista della stesura
dell'Ottavi o.
36 M. SIMONETII, Sulla paternità, p. 288.
37 Ad esempio, Victor Saxer lo considera apocrifo: Storia del cristianesimo,
edd. L. e C. PIETRI, vol. l, p. 579.
38 CYPRIANUS CARTHAGINENSIS, Quod idola dii non sini, 7: "Hi ergo spiritus
sub statuis atque imaginibus consecratis delitescunt, hi adflatu suo vatum
550 CAPITOLO 21

Risulta fin da una prima lettura che si tratta di un testo ripreso


quasi verbalmente dall'Octavius (27) al centro del quale sono inse-
rite alcune espressioni che occorrono identiche nell'Ad Donatum
(5) 39 • Purtroppo l'edizione del Quod idola dell'Accademia di Vi enna
curata da Wilhelm Hartel, che è quanto di meglio abbiamo, non
è esente da difetti: la scelta troppo ristretta dei testimoni mano-
scritti, condotta con criteri arbitrari, la propensione alla preferenza
di un codex optimus e l'eliminatio codicum recentiorum 40 • Per questa
ragione non mi sembrano assai sicure le scelte operate dall'editore; il
confronto con le moderne edizioni dell'Octavius mi induce a pensare
che talune lezioni prescelte dali'Hartel andrebbero forse rigettate.
Tuttavia il senso generale è ben chiaro, e sarebbe superfluo ripetere
quello che è stato già trattato quando ci si è occupati di Minucio;
solamente vorrei attirare l'attenzione su alcuni inserimenti che tra-
discono un'origine ciprianea. L'autore insiste sul tema dell'esorci-
smo, la cui efficacia deriva dalla preghiera e dalla voce degli esorci-
sti; gli effetti delle dolorose sferzate, da essi sollecitate, provengono
dalla divinità invisibile. È il tema trattato anche nell'Ad Donatum.
Pure Cipriano, o chi per lui, ritiene che la liberazione dal demo-

pectora inspirant, extorum fibras animant, avium volatus gubernant, sortes


regunt, oracula efficiunt, falsa veris semper involvunt, nam et falluntur et fal-
Junt, vitam turbant, somnos inquietant, inrepentes etiam spiritus in corporibus
occulte mentes terrent, membra distorquent, valitudinem frangunt, morbos
Jacessunt, ut ad cultum sui cogant, ut, nidore altarium et rogis pecorum sagi-
nati remissis, quae constrinxerant curasse videantur (... ] Hi tamen adiurati per
Deum verum nobis statim cedunt et fatentur et de obsessis corporibus exire
coguntur: videas illos nostra voce et oratione maiestatis occultae flagris caedi,
igne torreri, incremento poenae propagantis extendi, eiulare, gemere, deprecari,
unde veniant et quando discedant ipsis etiam, qui se colunt, audientibus confi-
teri, ut vel exiliant statim vel evanescant gradatim, prout fides patientis adiu-
vat aut gratia curantis aspira t".
39 A sua volta, Michele Pellegrino (Studi su l'antica apologetica, p. 122) nota

i richiami di Cipriano a Tertulliano; ad esempio, i rogi pecorum di Quod idola


(7) e di Ad Demetrianum (12) con l' Apologeticum (23, 14).
40 Hermann F. Soden si spinse a definire del tutto inutile l'apparato dell'edi-

zione viennese (Die cyprianische Brie{samm/ung, p. 202). È forse dir troppo,


osserva Gallicet, misconoscendo un lavoro paziente e meritorio deii'Hartel,
durato sei anni (Cipriano. Ad Demetrianum, p. 9). In ogni caso, già pochi anni
dopo la pubblicazione Giovanni Mercati evidenziava la necessità di rivedere
ed ampliare la selezione della tradizione manoscritta (D'alcuni nuovi sussidi).
Sulla tradizione manoscritta dei trattati ciprianei, M. BÉVENOT, The Tradition
o{ Manuscripts.
CIPRIANO E L'AFRICA SETTENTRIONALE 551

nio possa talvolta essere immediata, talvolta impiegare più tempo.


Minucio ci informava che questo dipende dall'efficacia della grazia
e dalla fede del paziente, ma qui si arriva persino a poter estorcere
al demonio una confessione: in essa lo spirito malvagio rivela quale
fu l'occasione in cui si impadronì dell'uomo e in quale momento lo
lascerà nuovamente libero.

4. L'esorcistato a Cartagine
Cipriano, come già Tertulliano 41 , distingue il popolo cristiano in
laicato e gerarchia ecclesiastica, adoperando le designazioni tecniche
di plebs e clerus 42 • Membri del clero sono naturalmente i vescovi, i
presbiteri e i diaconi ai quali, secondo gli studi di Richard Seagra-
ves, si aggiungono i suddiaconi, gli esorcisti, gli accoliti e i lettori 43 ;
se la gerarchia all'interno della prima triade è evidente, per questi
ultimi non è possibile ricavarne una simile, e Cipriano stesso non ci
informa sulle loro mansioni nella Chiesa di Cartagine. La funzione
più intuitiva è quella del lettore, impegnato nelle proclamazioni
liturgiche delle sacre Scritture; per il resto, dagli scritti dell'autore
si può solo evincere un utilizzo di suddiaconi, esorcisti, accoliti e
lettori come corrieri per trasmettere ai destinatari le lettere scritte
dal vescovo; si comprende bene perciò il giudizio di Walter Croce,
secondo il quale dagli scritti di Cipriano si evince che "esorcisti
ed accoliti hanno dovuto giocare un ruolo assai subordinato" 44 • È
comunque probabile che ogni diversa appellazione corrispondesse
effettivamente ad una funzione specifica, anche se non esplicitata:
nomen, omen. Certamente questi gradi inferiori della piramide cle-
ricale, che presto saranno veri e propri ordini minori, sono ormai

41 TERTULLIANUS, De exhortalione castitalis, 7, 3: "La distinzione che differen-

zia l'ordine ecclesiastico dal popolo è un dato istituzionale, dovuto all'autorità


della Chiesa". Traduzione di Pier Angelo Gramaglia.
42 Cfr. H. JANSSEN, Kullur und Sprache, pp. 49 e 60; V. SAXER, Vie liturgi-
que el quotidienne, pp. 72-76; P. GRAMAGLIA, Il matrimonio nel cristianesimo pre-
niceno, pp. 384-385. Sulla plebs, Y. DuvAL, La plebs chrétienne (devo quest'ul-
tima referenza alla cortesia di Paolo Bernardini, che ringrazio anche per altre
indicazioni comunicatemi dopo la lettura del presente capitolo).
43 R. SEAGRAVES, Pascenles cum disciplina. Agli esorcisti sono dedicate le
pp. 155-165.
44 W. CRoCE, Die Niederen Weihen, p. 261.
552 CAPITOLO 21

una tappa in vista della promozione nella vita clericale45 ; per ora,
comunque, non si sa neppure se a costoro fosse dato un sussidio
economico, o la stipes dovuta agli altri ordini.
Nelle opere di Cipriano, dove non si trova mai il verbo exorcizare,
il termine exorcista appare tre volte; solamente in un caso, però,
è stato adoperato dal vescovo, perché per le altre due occorrenze
abbiamo a che fare con lettere tramandate all'interno del corpus
dell'epistolario ciprianeo, ma non opera sua 46 • L'unica inequivoca-
bile testimonianza dell'esistenza di un ordine clericale di esorcisti è
fornita dalla chiusa di una lettera del confessore Luciano di Carta-
gine, che Cipriano conserva nel proprio carteggio 47 • Incarcerato in
attesa del martirio, Luciano scrive nel 250 un'impertinente lettera
a Cipriano a nome di tutti i confessori, comunicando la propria
indulgenza nell'accordare il perdono ai lapsi, e concludendo in que-
sto modo:
Speriamo che tu sia d'accordo con i santi martiri. Luciano ha
scritto, alla presenza di due membri del clero, un esorcista ed un
lettore 43 •
Luciano accosta la figura dell'esorcista a quella del lettore, con-
siderandoli entrambi membri del clero, e dimostrando l'esistenza di
una classe di esorcisti che prendevano in qualche modo parte alla
vita ecclesiastica della Chiesa di Cartagine. Dall'ordine di citazione,
sembrerebbe che gerarchicamente l'esorcista preceda il lettore, qui
come a Roma al tempo di Cornelio 49 •

45 Cfr. V. SAXER, Vie lilurgique el quolidienne, pp. 76-80; A. FAIVRE,


Naissance d'une hiérarchie, p. 307.
46 CYPRIANUS CARTHAGINENSIS, Epislulae, 23, l (l'autore è il confessore

Luciano) e 75, 10, 4 (l'autore è Firmiliano di Cesarea). L'epistolario consta di


ottantun lettere, sessantacinque delle quali sono opera di Cipriano stesso, men-
tre le rimanenti sedici sono destinate a lui o al clero di Cartagine.
47 Egli è l'autore di due lettere: CYPRIANUS CARTHAGINENSIS, Epislulae, 22 e
23.
48 CYPRIANUS CARTHAGINENSIS, Epislulae, 23: "Optamus te cum sanctis mar-
tyribus pacem habere. Praesente de clero et exorcista et lectore Lucianus scrip-
sit".
49 EusEBIUS CAESARIENSIS, Historia ecclesiastica, VI, 43, 11: "Nella Chiesa
[... ] vi sono quarantasei presbiteri, sette diaconi, sette suddiaconi, quarantadue
accoliti, cinquantadue tra esorcisti, lettori e ostiarii, più di millecinquecento
vedove e poveri".
CIPRIANO E L'AFRICA SETTENTRIONALE 553

Un'altra occorrenza del termine exorcisla nell'epistolario di


Cipriano si incontra in una lettera del vescovo Firmiliano di Cesa-
rea; conseguentemente, non può servirei per comprendere la prassi
della Chiesa africana, ed andrà esaminata più avanti 50 •
Cipriano da parte sua parla una sola volta di esorcisti, quando
afferma che "avviene anche oggi che il diavolo per opera degli
esorcisti sia flagellato, arso e tormentato" 51 • Normalmente si ritiene
che Cipriano voglia qui riferirsi agli esorcisti incaricati degli esorci-
smi prebattesimali; in questo caso, si dovrebbe pensare che tra gli
incarichi riservati agli esorcisti nominati da Luciano ci fosse quello
di prendersi cura dei catecumeni, esorcizzandoli, oppure che questo
fosse il loro incarico principale, ed il motivo per cui essi erano stati
organizzati in un regolare gruppo. Io però ritengo che in quel passo
Cipriano intendesse riferirsi ai comuni esorcismi sui posseduti, e
non a quelli dei catecumeni: ci torneremo più avanti.
Tutti gli altri testi ciprianei già esaminati non fanno parola
dell'esistenza di uno specifico incarico per compiere esorcismi, ma
neppure lo escludono. Nell'A Donalo il potere di scacciare i demoni
ed il carisma taumaturgico sono attribuiti genericamente ai cri-
stiani ai quali Dio ha elargito il suo Spirito: "Ci è data la facoltà
[ ... ) di costringere gli spiriti immondi" 52 • Anche nell'A Demelriano
Cipriano si serve della prima persona plurale: "Oh, se tu volessi
udirli e v ed erli, quando i demoni sono da noi scongiurati [ .. .)" 53 , e
così pure nel trattato Sulla virtù della pazienza: "Il diavolo è fla-
gellato assieme ai suoi angeli da noi suoi servi" 54 • Probabilmente
l'autore, pur senza operare alcuna distinzione, non intende affer-
mare che ciascun cristiano in quanto tale può esorcizzare, ma si
riferisce indirettamente a coloro i quali, in virtù di un carisma par-
ticolare o di un incarico ricevuto, hanno la capacità di compiere
queste meraviglie. I loro successi possono essere ascritti alla Chiesa

50 CYPRIANUS CARTHAGINENSIS, Epislulae, 75, 10, 4: "Si presentò dunque


all'improvviso uno degli esorcisti, uomo provato che si era comportato sempre
bene nei riguardi della disciplina religiosa [ ... ]".
51 CYPRIANUS CARTHAGINENSIS, Epislulae, 69, 15, 2: "Quod hodie etiam geri-

tur, ut per exorcistas voce humana et potestate divina flagelletur et uratur et


torqueatur diabolus".
52 CYPRIANUS CARTHAGINENSIS, Ad Donalum, 5.

53 CYPRIANUS CARTHAGINENSIS, Ad Demelrianum, 15.

54 CYPRIANUS CARTHAGINENSIS, De bono palienliae, 7.


554 CAPITOLO 21

intera, e sono certamente un frutto del loro appartenere ad essa: è


per questo che Cipriano adopera la prima persona plurale, parlando
a nome della Chiesa che rappresenta 55 • Si è già ricordato come la
facoltà di scacciare i demoni sia un dono dello Spirito; l'esorcista
agisce castitate sobria, mente integra, voce pura 56 • Seguendo l'insegna-
mento evangelico, Cipriano ricorda tuttavia che "l'incedere lungo
la strada della rettitudine e della giustizia" è condizione necessaria
per ottenere il regno dei cieli, da ricercarsi anche da parte di chi
può profetare, scacciare i demoni e compiere prodigi57 • Il carisma,
insomma, non è assoluta garanzia di moralità.

5. Esorcismi battesimali?
Cipriano prevede la pratica dell'esorcismo prima o durante il
rito del battesimo? Sì, se potessimo fidarci senza alcun dubbio delle
parole di Agostino, il quale vuole dimostrare al suo interlocutore
Giuliano l'antichità dell'esorcismo e della exsu{f1atio battesimale:
Prima di me c'era Ambrogio, che non era manicheo; prima di lui
Ilario, Gregorio, e prima di questi Cipriano, ed altri che sarebbe
lungo ricordare, i quali non erano manichei. Tuttavia, essi insegna-
rono alla Chiesa ciò che avevano appreso nella Chiesa, cioè che i
bambini portano un peccato originale, e vanno exsufflati durante
gli esorcismi, per essere tratti dalla potenza delle tenebre e trasfe-
riti nel regno del loro Salvatore e Signore58 •
Questa testimonianza, che vorrebbe dimostrare l'antichità di un
rito messo in discussione da Giuliano, non credo possa essere consi-
derata sufficientemente attendibile, anche a motivo della menzione
del peccato originale, la cui dottrina Agostino sembra attribu-
ire anche ai suoi predecessori. Sarà meglio quindi fidarsi esclusi-
vamente delle notizie coeve a Cipriano, e prima di abbozzare un
tentativo di risposta, sarà bene riassumere quanto ci è noto della
pratica dell'iniziazione cristiana dell'epoca 59 •

55 Sull'ecclesiologia di Cipriano, U. WrcKERT, Sacramentum unitatis;


A. AooLPH, Die Theologie der Einheil; E. GALLICET, Cipriano e la Chiesa;
A. MusoNI, Habere iam non potest.
56 CYPRIANUS CARTHAGINENSIS, Ad Donatum, 5.
57 CYPRIANUS CARTHAGINENSIS, De calholicae Ecclesiae unitale, 15.
58 AuGusnNus HrPPONENSIS, Contra Iulianum opus imper(eclum, l, 117.
59 Cfr. V. SAXER, Vie lilurgique el quotidienne, pp. 106-144; Io., Les riles
de l'iniliation, pp. 139-143; G. W. CLARKE, Baptism as Wilnessed; M. E. JoHN-
CIPRIANO E L'AFRICA SETTENTRIONALE 555

Durante un periodo di formazione morale e religiosa di impreci-


sata lunghezza i catechumeni o audientes, organizzati in una istitu-
zione regolare, sia che provengano dal paganesimo sia che giungano
dall'eresia, vengono sottoposti a pratiche didattiche e penitenziali60 •
L'istruzione impartita in primo luogo dai doctores riveste un ruolo
assai importanté 1 ; è verosimile che la Chiesa di Cartagine cono-
scesse già una embrionale forma di traditio symboli. Da questa pre-
parazione sono esclusi ovviamente gli infanti; Cipriano comunque
approva e pratica il pedobattesimo62 • Segue la benedizione dell'ac-
qua da parte del vescovo; ciò fa pensare che si adoperasse acqua
messa da parte, e non acqua viva63 •
Bisogna che anzitutto l'acqua sia purificata e santificata dal sacer-
dote, affinché possa mediante il suo battesimo lavare i peccati
dell'uomo che viene battezzato64 •

Il rituale prosegue con la rinuncia a Satana, già attestata


all'epoca di Tertulliano. Vlctor Saxer ha tentato di ipotizzare
quale potesse essere la formula di rinuncia adottata da Cipriano,
sulla base delle testimonianze da lui tramandate65 ; ne propone una

SON, The Rites o{ Christian Initiation, pp. 91-95; E. FERGUSON, Baplism in the
Early Church, pp. 351-361. Testi raccolti in A. BENO!T- C. MuNIER, Le bapteme,
pp. 171-197.
60 CYPRIANUS CARTHAGINENSIS, Epistu[ae, 18, 2, 2; 29, l, 2; 73, 22, l; ID., Ad
Quirinum, III, 98.
61 CYPRIANUS CARTHAGINENSIS, Epistu{ae, 29, l, 2; 73, 3, 2; 73, 22, 3.
62 La SUa opinione in proposito è esposta in CYPRIANUS CARTHAGINENSIS,
Epistulae, 64, 2-6; se ne veda il riassunto in P. A. GRAMAGLIA, Il battesimo dei
bambini, pp. 98-102.
63 Sarebbe un costume attestato altrove in Africa, come testimoniato dall'in-
tervento di un vescovo al concilio cartaginese del 256, in Senlenliae episcopo-
rum LXXXV Il, 18: "Sedato da Tuburbo disse: L'acqua santificata in chiesa
dall'invocazione del sacerdote lava i peccati [... ]". A meno che con l'espressione
in ecclesia si intenda all'interno della Chiesa, non intesa come edificio, ma come
ambiente ecclesiale da contrapporsi alla comunità degli eretici.
64 CYPRIANUS CARTHAGINENSIS, Epistulae, 70, l, 3: "Oportet vero mundari et
sanctificari aquam prius a sacerdote, ut possit baptismo suo peccata hominis
qui baptizatur abluere".
65 CYPRIANUS CARTHAGINENSIS, Epistulae, 11, l, 2: "Saeculo (... ] renuntian-
tes"; 13, 5, 3: "Saeculo renuntiaveramus cum baptizati sumus"; 57, 3, l: "Ad
saeculum cui renuntiaverant reversi gentiliter vivunt"; ID., De habitu virgi-
num, 7: "Pompis et deliciis iam tum renuntiavimus, cum meliore trangressu
ad Deum venimus"; ID., De lapsis, 2: "Repugnastis fortiter saeculo [... ] qui
556 CAPITOLO 21

di questo tenore: Renuntio diabolo et pompis eius et saeculo, non


mancando però di rilevare la possibilità che non esistesse ancora
un formulario canonizzato66 . Alla rinuncia a Satana è intimamente
collegata la professione di fede in Cristo, che consisteva in una tri-
plice interrogazione da parte del ministro, con triplice risposta da
parte del catecumeno67 ; il tutto era assai probabilmente accompa-
gnato dall'altrettanto triplice immersione in acqua, mentre per gli
ammalati o i morenti (i clinici) era previsto il battesimo per infu-
sione o aspersione. Tra i riti postbattesimali ricordiamo anzitutto
l'unzione68, l'imposizione della mano e la signatio sulla fronte in
forma di croce69 , sigillo di protezione contro la furia devastatrice
degli angeli del Giudizio; negli ultimi giorni essi si accaniranno
contro i non cristiani ed i profani, gli empi, che comprendono non
solo i pagani, ma anche e soprattutto i cristiani indegni, eretici o
scismaticF0 • Richiamandosi a Ezechiele (9, 4-6) e all'Esodo (12, 3),
Cipriano attribuisce al sigillo battesimale cruciforme la funzione
di distinguere i fedeli di Cristo da coloro che sono destinati alla

saeculo renuntiasse se meminit nullum saeculi diem novit"; 8: "Stare illic


potuit Dei servus et loqui et renuntiare Christo, qui iam diabolo renuntiave-
rat et saeculo?"; Io., De dominica oratione, 9: "Contestetur quoque inter prima
statim nativitatis suae verba renuntiasse se terreno et carnali patri"; 13: "Qui
renuntiavit iam saeculo maior est et honoribus eius et regno"; 19: "Qui saeculo
renuntiavimus et divitias eius et pompas fide gratiae spiritalis abiecimus"; Io.,
De bono patientiae, 12: "Qui diabolo et mundo renuntiavimus"; Io., Ad For-
lunalum, 7: "Ne ad diabolum rursus et ad saeculum quibus renuntiavimus et
un de evasimus revertamur".
66 V. SAXER, Vie lilurgique el quolidienne, p. 122.
67 CYPRIANUS CARTHAGINENSIS, Epislulae, 69, 7; 70, 2, l; 73, 4, 2.

68 CYPRIANUS CARTHAGINENSIS, Epislu/ae, 70, 2, 2: "È necessario che il bat-


tezzato venga anche unto perché, ricevuto il crisma, ossia l'unzione, possa
essere l'unto di Dio ed avere in sé la grazia del Cristo".
69 CVPRIANUS CARTHAGINENSIS, Epislu/ae, 73, 9, 2: "Coloro che vengono bat-
tezzati nella Chiesa vengono presentati ai responsabili della Chiesa affinché,
grazie alla nostra preghiera e all'imposizione della mano, ricevano lo Spirito
Santo e siano resi perfetti dal sigillo del Signore". Cfr. Epistulae, 69, 11, 3;
73, 6, 2; 74, 5, l.
70 Cfr. E. GALLICET, Cipriano. Ad Demetrianum, p. 257.
CIPRIANO E L'AFRICA SETTENTRIONALE 557

dannazione71 ; non si tratta pertanto di un segno tracciato a scopo


antidemonico o esorcistico72 •
Nel cerimoniale dell'iniziazione cristiana seguono la traditio ora-
tionis dominicae73 , un bacio di pace74 e la celebrazione dell'eucari-
stia75. Nessuno dei riti finora elencati, però, mostra alcuno scopo
esorcistico; solo la rinuncia a Satana ha il consueto carattere anti-
demonico.
Come nel caso di Tertulliano e diversamente da quanto afferma
Agostino, anche per Cipriano non è la credenza in un peccato origi-
nale che possa far ipotizzare la presenza di qualche esorcismo bat-
tesimale76; questo è vero anche se "la nascita fisica trascina con sé

71 Cfr. CYPRIANUS CARTHAGINENSIS, Ad Quirinum, II, 22: "In questo segno di


croce c'è la salvezza per tutti coloro che lo recano in fronte".
72 CYPRIANUS CARTHAGINENSIS, Ad Demetrianum, 22: "Il Signore predice che

saranno bruciati ed inceneriti gli stranieri, cioè gli estranei alla famiglia di
Dio ed empi, i quali non sono rinati spiritualmente né sono divenuti figli di
Dio. Che possano scampare solo quelli che siano rinati e siano stati segnati col
segno di Cristo, Dio lo dice in un altro luogo, quando, inviando i suoi angeli a
devastare il mondo ed a distruggere il genere umano, pronuncia da ultimo la
minaccia più grande, dicendo: Andate e sterminate, e non risparmiate alcunché
ai vostri occhi; non abbiate pietà di vecchio o giovane, uccidete fanciulle, donne e
pargoli, che siano annientati; ma chiunque sul quale è stato tracciato il segno non
lo toccherete. In che cosa consista questo segno ed in quale parte del corpo sia
posto, Dio lo indica in un altro luogo, dicendo: Passa in mezzo a Gerusalemme, e
noterai il segno sulla fronte degli uomini che gemono e si lamentano per le iniquità
che avvengono in mezzo a loro. Che questo segno abbia a che fare con la passione
ed il sangue di Cristo, e che sia preservato salvo ed incolume chi ne è trovato
segnato, è pure confermato dalla testimonianza di Dio, quando dice: E il san-
gue sarà per voi segno sulle case in cui vi troverete; vedrò il sangue e vi proteggerò,
e su di voi non sarà la piaga dello sterminio, quando colpirò la terra d'Egitto.
Ciò che prima è anticipato nell'immagine dell'agnello ucciso, una volta susse-
guita la verità, si compie in Cristo. Come allora, quando l'Egitto fu percosso, il
popolo giudaico non poté scampare se non con il sangue ed il segno dell'agnello,
allo stesso modo, quando il mondo comincerà ad essere devastato e percosso,
solo chi sia trovato con il sangue ed il segno di Cristo potrà scampare".
73 Su questo, V. GRossi, Il contesto battesimale dell'oratio dominica.

74 Cfr. F. J. DòLGER, Der Kuss im Tauf- und Firmungsritual.


75 CYPRIANUS CARTHAGINENSIS, Epislu[ae, 63, 8, 3: "Per mezzo del battesimo
si riceve lo Spirito Santo, e così dopo il battesimo e la ricezione dello Spirito
Santo si giunge a bere il calice del Signore".
76 Su questo, P. F. BEATRICE, Tradux peccati, pp. 185-190; J. J. PELIKAN,
Cyprian on Originai Sin.
558 CAPITOLO 21

il contagio della morte adamica" 77 . Secondo il vescovo cartaginese


"il neonato non ha commesso alcun peccato, tranne che quello di
nascere carnalmente dalla discendenza di Adamo, contraendo con
questa prima nascita il contagio della morte antica" 78 . Il contagium
mortis antiquae altro non è che la sporcizia, la sordes della prima
nascita carnale; tutti gli uomini mediante il battesimo "attraverso
una seconda nascita sono purificati dalle sporcizie del contagio
antico" 79 . Ma ciò non impedisce a Cipriano di considerare innocenti
i neonati, ed il motivo che giustifica il suo invito ad affrettarsi a
battezzarli "non è costituito tanto dall'urgenza di purificarli dal
peccato originale, quanto piuttosto dalla constatazione che la loro
bontà naturale di creature uscite direttamente dalle mani di Dio ne
esige l'aggregazione il più possibile rapida alla Chiesa, fuori della
quale non v'è salvezza per alcuno" 80 • Non vi è quindi motivo per
ritenere che Cipriano condividesse la medesima concezione agosti-
niana del peccato originale, il quale peraltro, come già detto, non
fu l'elemento che spinse all'adozione degli esorcismi battesimali81 •
Esiste però un passo dell'epistolario che viene comunemente
citato come prova dell'esistenza di un esorcismo dei catecumeni.
Esso è inserito in una lettera scritta da Cipriano nel 254 circa82
all'altrimenti ignoto Magno, il quale gli aveva domandato la sua
opinione circa l'ammissione alla Chiesa degli eretici battezzati nella
comunità scismatica di Novaziano. Negli anni 255 e 256 Cipriano
fu infatti impegnato in una controversia battesimale che lo con-
trappose ad altri vescovi africani e soprattutto a Stefano, papa di
Roma. Se quest'ultimo accettava la validità del battesimo ammini-
strato dagli eretici o dagli scismatici, e al momento del loro ritorno
nella Chiesa cattolica si accontentava di imporre loro le mani, la
Chiesa africana riteneva nullo tale battesimo. Cipriano si rifiuta
di .sottomettersi all'interpretazione romana, che giudica come

77 P. A. GRAMAGLIA, Il battesimo dei bambini, p. 99.


78 CYPRIANUS CARTHAGINENSIS, Epistulae, 64, 5, 2. Traduzione di Pier Franco
Beatrice.
79 CYPRIANUS CARTHAGINENSIS, De habilu virginum, 23.
80 P. F. BEATRICE, Tradux peccati, p. 188.
81 Cfr. F. J. DùLGER, Der Exorzismus, pp. 39-43.
82 Cfr. L. DuQUENNE, Chronologie des lellres, pp. 24-27; G. W. CLARKE, Pro-
legomena, p. 702.
CIPRIANO E L'AFRICA SETTENTRIONALE 559

un'ingerenza inopportuna nelle questioni canoniche africane83 • Il


vescovo coglie anche l'occasione per esprimere il proprio parere sul
cosiddetto battesimo dei clinici, ossia di quegli infermi che veni-
vano battezzati in stato di necessità mediante aspersione e non
per immersione, a causa della malattia che li affliggeva, dispensati
altresì dagli impegni del catecumenato. Cipriano, contro il parere
di qualche altro vescovo, ritiene che essi vadano considerati cri-
stiani a pieno titolo, esattamente come tutti gli altri84 •
Se qualcuno è impressionato dal fatto che alcuni di quelli che
vengono battezzati da ammalati erano ancora tentati dagli spiriti
immondi, sappia che la malizia del diavolo persevera sino all'acqua
della salvezza, ma al momento del battesimo perde ogni veleno della
propria nequizia. Ne abbiamo un esempio nel re faraone il quale,
resistendo a lungo e ostinandosi nella sua perfidia, poté durare
così lungamente e avere la meglio fino a quando giunse all'acqua:
arrivato lì, fu sconfitto e distrutto. Che quel mare rappresentasse
il sacramento del battesimo lo dichiara il beato apostolo Paolo,
quando dice: Non voglio infatti che ignoriate, o fratelli, che i nostri
padri furono tutti sotto la nuvola, tutti attraversarono il mare e tutti
furono battezzati in Mosè nella nuvola e nel mare. E aggiunge: Tutte
queste erano per noi figure (1 Cor 10, 1-2.6). Avviene anche oggi che
il diavolo per opera degli esorcisti sia flagellato, arso e tormentato
dalla parola umana e dalla potestà divina; pur dicendo spesso di
uscire e lasciare gli uomini di Dio, egli mente in ciò che dice, e fa
quello che anticamente fu fatto dal faraone, con la medesima men-
zogna di ostinazione ed inganno. Tuttavia, quando giunge all'acqua
di salvezza ed alla santificazione del battesimo, dobbiamo sapere e
confidare che in quel luogo il diavolo è oppresso e l'uomo consa-
crato a Dio è liberato dalla divina benevolenza. In verità se i ser-
penti e gli scorpioni che all'asciutto hanno il sopravvento potessero
avere il sopravvento anche quando sono gettati in acqua, oppure
trattenere i loro veleni, anche gli spiriti malvagi, che sono detti

83 Su questa controversia la monografia di A. CARPIN, Battezzali nell'unica


vera Chiesa?. Ancora utili J. ERNST, Die Ketzertaufangelegenheit; lo., Papst Ste-
phan; G. MoNGELLI, La Chiesa di Cartagine (da usarsi con cautela); J. J. SEBA-
STIAN, Baplisma unum; A. NocENT, San Cipriano e la controversia. Sulla posi-
zione di Cipriano vedi anche P. l. BuRNS, Cyprian the Bishop, pp. 100-150;
E. FERGUSON, Baplism in Early Church, pp. 388-392.
84 CYPRIANUS CARTHAGINENSIS, Epistulae, 69, 12, 3: "Anche l'aspersione

dell'acqua ottiene gli effetti dovuti, alla stessa stregua del lavacro di salvezza"
(traduzione di Nerino Marinangeli). Da alcuni questo battesimo era visto con
disfavore: cfr. M. RIGHETTI, Manuale di storia liturgica, vol. 4, p. 111. Una
breve sintesi del problema in P. CIPROTTI, Clinici.
560 CAPITOLO 21

serpenti e scorpioni e vengono da noi calpestati grazie alla facoltà


che Dio ci ha dato, potrebbero permanere ulteriormente nel corpo
dell'uomo battezzato e santificato, nel quale lo Spirito Santo ha
cominciato ad abitare. In fin dei conti di ciò ne abbiamo esperienza,
poiché quelli che sono stati battezzati e hanno conseguito la grazia
in stato di malattia, poiché ne urgeva la necessità, sono privi dello
spirito immondo dal quale prima erano agitati, vivono nella Chiesa
con lode ed onore, ed ogni giorno progrediscono nella grazia celeste
grazie all'accrescimento della fede. Spesso invece alcuni di quelli
che vengono battezzati da sani, se successivamente incominciano a
peccare, sono sconquassati dallo spirito immondo che ritorna. Ciò
perché sia manifesto che il diavolo al momento del battesimo viene
allontanato grazie alla fede di colui che crede, ma ritorna se succes-
sivamente la fede viene meno 85 •

Il primo concetto espresso da Cipriano è che l'uomo rimane espo-


sto alle tentazioni del diavolo solo fino al momento del battesimo,

85 CYPRIANUS CARTHAGINENSIS, Epistulae, 69, 15-16: "Quod si aliquis in ilio

movetur quod quidam de his qui aegri baptizantur spiritibus adhuc immundis
temptabantur, sciat diaboli nequitiam pertinacem usque ad aquam salutarem
valere, in baptismo vero omne nequitiae suae virus amittere. Quod exemplum
cernimus in rege Pharaone, qui diu reluctatus et in sua perfidia demoratus tam
diu resistere potuit et praevalere donec ad aquam veniret; quo cum venisset, et
victus est et extinctus. Mare autem illud sacramentum baptismi fuisse decla-
rat beatus apostolus Paulus dicens: Nolo enim vos ignorare, fratres, quia patres
nostri omnes sub nube fuerunt, et omnes per mare transierunt, et omnes in Moyse
baptizati suni et in nube et in mari. Et addidit dicens: Haec autem omnia figu-
rae nostrae fuerunt. Quod hodie etiam geritur, ut per exorcistas voce humana
et potestate divina flagelletur et uratur et torqueatur diabolus, et cum exire
se et homines Dei dimittere saepe dicat, in eo tamen quod dixerit fallat et id
quod per Pharaonem prius gestum est eodem mendacio obstinationis et fraudis
exerceat. Cum tamen ad aquam salutarem atque ad baptismi sanctificationem
venitur, scire debemus et fidere quia illic diabolus opprimitur et homo dica-
tus Deo divina indulgentia liberatur. Nam si scorpii et serpentes qui in sicco
praevalent, in aquam praecipitati praevalere possunt aut sua venena retinere,
possunt et spiritus nequam, qui scorpii et serpentes appellantur et tamen per
nos data a Domino potestate calcantur, permanere ultra in hominis corpore, in
quo baptizato et sanctificato incipit Spiritus Sanctus habitare. Hoc denique et
rebus ipsis experimur, ut necessitate urguente in aegritudine baptizati et gra-
tiam consecuti careant immundo spiritu quo antea movebantur et laudabiles ac
probabiles in ecclesia vivant plusque per dies singulos in augmentum coelestis
gratiae per fidei incrementa proficiant. Et contra saepe nonnulli de illis qui
sani baptizantur, si postmodum peccare coeperint, spiritu inmundo redeunte
quatiuntur, ut manifestum sit diabolum in baptismo fide credentis excludi, si
fides postmodum defecerit regredi".
CIPRIANO E L'AFRICA SETTENTRIONALE 561

nel quale il demonio "perde ogni veleno della propria nequizia".


L'esempio del faraone travolto dal Mar Rosso serve a mostrare l'ef-
ficacia del lavacro battesimale, che opprime la potenza demoniaca;
Cipriano, insomma, afferma che il diavolo non può resistere alla
forza purificatrice dell'acqua battesimale. In verità c'è un passo
che sembrerebbe affermare il contrario: Nam si scorpii et serpen-
tes qui in sicco praevalent, in aquam praecipitati praevalere possunt
[ ... ] possuni el spiritus nequam [ ... ]permanere ultra in hominis cor-
pore. Sembrerebbe che i serpenti e gli scorpioni, e di conseguenza
gli spiriti maligni, possano sopravvivere all'acqua; ma il contesto e
soprattutto il paragone con il faraone sconfitto dall'acqua del Mar
Rosso suggeriscono il contrario. Per questo motivo, alcuni mano-
scritti riportano questa frase con una correzione in senso negativo,
mediante l'aggiunta di due non 86 • I più recenti editori, però, hanno
mantenuto la lectio difficilior positiva: si dovranno allora intendere
in senso potenziale i due possunt: "Se i serpenti e gli scorpioni [ ... ]
potessero avere il sopravvento (cosa che non è) anche quando sono
gettati in acqua [... ] anche gli spiriti malvagi potrebbero perma-
nere nel corpo dell'uomo (ma così non avviene)" 87 .
Una volta che il significato di questo passo è chiaro, occorre
comprendere perché Cipriano parla in questo contesto di un esor-
cismo, che descrive con un linguaggio del tutto simile a quello di
cui si è servito nell'Ad Demetrianum: egli intende sottolineare il
fatto che vi sono casi in cui l'esorcismo è stato praticato su persone
ammalate, le quali nonostante ciò sono state ugualmente ammesse
al battesimo e solo in quel preciso momento liberate dall'influsso
degli spiriti maligni. Il contesto generale è quello del battesimo dei
clinici, ed evidentemente il vescovo desidera sottolinearne la piena
validità; per questo, egli afferma che il sacramento è in grado di
opprimere il demonio che agita il catecumeno, e giustifica in tal
modo l'ammissione al sacramento di coloro che non sono ancora
stati guariti. Se ne evince che Cipriano ritiene lecito battezzare

86 CYPRIANUS CARTHAGINENSIS, Epislulae, 69, 15, 2: "Nam si scorpii et ser-

pentes qui in sicco praevalent, in aquam praecipitati praevalere non possunt


aut sua venena retinere, sic et spiritus nequam, qui scorpii et serpentes appel-
lantur et tamen per nos data a Domino potestate calcantur, permanere ultra
non possunt in hominis corpore".
87 Così intende il passo anche Graeme Clarke (corrispondenza privata del
10 settembre 2004).
562 CAPITOLO 21

indemoniati in pericolo di vita, persuaso del fatto che il battesimo


stesso sia un potente mezzo esorcistico; assai probabilmente, in
condizioni normali, l'ammissione all'iniziazione cristiana sarebbe
stata invece posticipata, in attesa della guarigione, secondo un pro-
cedimento simile a quello stabilito a chiare lettere nella Traditio
apostolica 88 • Il risultato è tangibile, perché quelli che sono stati bat-
tezzati in stato di necessità "sono privi dello spirito immondo dal
quale prima erano agitati", e vivono nella Chiesa con onore ed in
grazia di Dio89 ; altri, invece, seppur battezzati in piena salute, rica-
dono in balìa dello spirito malvagio che ritorna. Tutto ciò mostra
che il battesimo dei clinici non ha nulla da invidiare al battesimo
ordinario, il quale non garantisce certo una immunizzazione defini-
tiva dal peccato e dal demonio: se viene a mancare la fede, il dia-
volo che al momento del battesimo si era allontanato può ritornare
in colui che aveva lasciato.
Per la maggioranza dei commentatori questa è un'importante
testimonianza dell'esistenza di esorcismi prebattesimali in Africa 90 ;
per Victor Saxer, "malgrado le esagerazioni oratorie della frase di
Cipriano, la costanza del suo vocabolario ed il seguire delle imma-
gini potrebbero tradire una tematica e un rituale di esorcismo
già in via di fissazione "91 . Afferma al contrario Henry A. Kelly:
"Cipriano non dice nulla riguardo a questa pratica nei suoi scritti, il
che potrebbe significare che il rito non era ancora stato introdotto
a Cartagine" 92 • Per Kelly Cipriano sta semplicemente trattando del
battesimo di indemoniati in pericolo di morte. Personalmente sono
più propenso a ritenere corretta l'interpretazione di Kelly. Cipriano
non sta descrivendo un rito esorcistico battesimale al quale ven-
gono sottoposti tutti i catecumeni, ma un esorcismo di "qualcuno
di tra coloro che vengono battezzati da ammalati" (quidam de his
qui aegri baptizantur) mentre sono ancora sottoposti al dominio del
Malvagio. L'unica informazione che quindi si può ricavare da que-

88 Traditio apostolica, 15, 8 (saidico): "Se c'è qualcuno che ha un demonio,


non udrà la parola dell'insegnamento fino a che non sia purificato".
89 Sulla grazia in Cipriano, S. BARBALATO, La dottrina della grazia in
S. Cipriano.
90 Ad esempio, F. J. DùLGER, Der Exorzismus, p. 13; G. W. CLARKE, The

Letters o( SI. Cyprian, vol. 4, p. 189, nota 54.


91 V. SAXER, Vie liturgique el quolidienne, p. 164.
92 H. A. KELLY, The Devii al Baplism, p. 109.
CIPRIANO E L'AFRICA SETTENTRIONALE 563

sto passo, è che vi erano alcuni infermi agitati dagli spiriti malvagi i
quali, in pericolo di morte, venivano ugualmente ammessi al batte-
simo; il lavacro battesimale costituiva per loro l'esorcismo più effi-
cace, essendo considerata l'acqua benedetta come un luogo in cui il
demonio viene oppresso. Una successiva ricaduta nelle grinfie dello
spirito immondo non andrà attribuita alla precedente condizione
di questi battezzati o al battesimo "imperfetto" da essi ricevuto,
ma alla perdita della fede che può colpire chiunque, anche dopo
un battesimo regolarmente amministrato. Non si tratta neppure di
un passo che esclude l'esistenza del rituale: qui l'autore intendeva
trattare esclusivamente il problema del battesimo dei clinici, e non
aveva necessità di soffermarsi sullo svolgimento rituale del batte-
simo dei comuni catecumeni, che poteva a sua volta contenere un
esorcismo, sebbene non menzionato nei suoi scritti.
In definitiva, dagli scritti ciprianei non si evince alcuna men-
zione di un generalizzato esorcismo battesimale dei catecumeni,
ma solo dell'esorcismo degli energumeni. Tuttavia, l'esistenza di
un esorcismo battesimale in Africa è chiaramente attestata dagli
scritti dei vescovi contemporanei di Cipriano, che a questo punto
sarà opportuno analizzare, al fine di delineare una visione comples-
siva del fenomeno.

6. I vescovi delle Sententiae episcoporum LXXXV Il


Il primo settembre del 256 un'ottantina di vescovi prove-
nienti dalle province dell'Africa, della Numi dia, della Mauritania
e della Tripolitania93 si riunirono a Cartagine sotto la presidenza
di Cipriano per discutere sulla questione del battesimo degli ere-
tici, alla presenza del clero e del popolo. Trattasi dell'ultimo dei
sette concili presieduti da Cipriano94 • È sopravvissuta la raccolta
dei vota, cioè dei pareri dei partecipanti di questo sinodo nel quale
i vescovi espressero il loro parere sulla questione, sotto il nome di
Sententiae episcoporum LXXXV II: si tratta di un'importantissima

93 I romani chiamavano Africa il territorio sottomesso fin dall'epoca delle

guerre puniche, che corrisponde alle attuali Libia, Tunisia, Algeria e Marocco.
AI tempo di Cipriano essa era suddivisa in Africa proconsularis (capitale Carta-
gine), Numidia (capitale Lambesi), Maurelania caesariensis (capitale Cesarea) e
Maurelania lingitana (capitale Tingis). Cfr. V. SAXER, Africa.
94 Una sommaria descrizione dei sette concili in Dizionario dei Concili, ed.

P. PALAZZINI, vol. 1, pp. 248-252.


564 CAPITOLO 21

testimonianza della vita canonico-liturgica delle Chiese africane e


dei loro vescovi. Naturalmente, il risultato di questo concilio fu
la conferma della legittimità della pratica africana tradizionale,
sostenuta da Cipriano contro il parere di altri colleghi africani e
del papa Stefano95 • A noi interessano gli interventi di quei vescovi
che fanno parola di esorcismi battesimali; un primo riferimento
indiretto a questa pratica potrebbe celarsi dietro l'uso del verbo
purgare riferito al battesimo di coloro che dall'eresia ritornano al
cattolicesimo:
Lucio di Castra Gaiba disse: "[ ... ) Poiché essi sono diventati insipidi
e nemici, allontanandosi dalla Chiesa che è una sola, si agisca come
sta scritto: Le case dei nemici della Legge devono essere purificate
(Prov 14, 9), e ne consegue che quelli battezzati dai nemici, conta-
minati, prima vanno purgati e solamente dopo battezzati" 96 •
Lucio, vescovo di una città posta nell'attuale Algeria, ritiene che
coloro che sono stati battezzati dagli eretici siano in stato di con-
taminazione, e vadano ribattezzati. Ma il battesimo va preceduto
da una purificazione, che potrebbe essere anche intesa come un
esorcismo; ma poiché ciò da cui occorre essere purificati è la con-
taminazione causata dal battesimo eretico, più facilmente potrebbe
trattarsi di una pratica catartica o penitenziale. Non vi sono invece
dubbi sulle parole del vescovo di Teveste (oggi Tebessa, in Alge-
ria):

95 Victor Saxer così descrive l'episcopato africano: "Rispetto a Cipriano, i

suoi colleghi africani hanno una cultura alquanto modesta[ ... ] Una controprova
si ha nell'uso che fanno della Bibbia [... ] Nulla ci dice che essi ne conosces-
sero di più di ciò che sentivano nella lettura liturgica oppure di quanto hanno
trovato nei florilegi biblici. Più caratteristico è il loro atteggiamento rispetto
gli autori cristiani. A quanto pare, ne conoscono uno solo, Cipriano. Nessuno
dei suoi colleghi dimostra di avere letto Tertulliano [ ... ] Alcuni, più dotati per
natura, più anziani del mestiere, hanno imparato di più: sono poco numerosi e
la loro cultura è limitata. Questa situazione culturale spiega in ultima analisi
anche l'ammirazione che l'episcopato africano attribuiva alla sua guida: egli
deve essere apparso a questi nani come un gigante della cultura" (Reflels de la
culture, pp. 283-284).
96 Sententiae episcoporum LXXXV Il, 7: "Lucius a Castra Gaiba dixit: (... ]

Cum ipsi ab ecclesia, quae una est, recedendo infatuati contrarii facti sint, fiat
sicut scriptum est: Domus conlrariorum legis debenl emundationem, et conse-
quens est eos, qui a contrariis baptizati inquinati sunt, primo purgari et tunc
demum baptizari".
CIPRIANO E L'AFRICA SETTENTRIONALE 565

Leucio di Teveste disse: "Ritengo che gli eretici, blasfemi ed iniqui,


i quali con i loro vani discorsi distruggono le sante ed adorabili
parole delle Scritture, debbano essere detestati, e quindi esorcizzati
e battezza ti "97 •

Il carattere di quest'esorcismo prebattesimale è chiarito dall'in-


tervento del vescovo di Tibari (Tibar, in Tunisia):
Vincenzo di Tibari disse: "Sappiamo che quegli eretici sono peggiori
dei pagani. Se, una volta convertitisi, vogliono venire al Signore,
hanno senz'altro la regola di verità che il Signore ha affidata agli
apostoli con divino mandato, dicendo: Andate, imponete la mano
nel mio nome, scacciate i demoni. E in un altro passo: Andate e
ammaestrate le genti, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio
e dello Spirito Santo (Mc 16, 17; Mt 28, 19). Essi, quindi, prima
devono passare attraverso l'imposizione della mano nell'esorcismo,
poi attraverso la rigenerazione del battesimo, ed allora possono
venire alla promessa di Cristo. Non si deve agire diversamente" 98 •

Viene qui chiarito che l'esorcismo prevedeva l'imposizione della


mano. Ci si potrebbe legittimamente domandare a questo punto
se l'esorcismo battesimale della Chiesa cattolica africana fosse una
pratica a cui tutti venivano sottoposti, o se piuttosto si trattasse
di un rito riservato solamente agli eretici che si convertivano, come
se l'eresia venisse interpretata come una possessione diabolica. Una
sententia dissipa a mio modo di vedere questo dubbio:
Crescente di Cirta disse: " [... ] Ritengo che tutti gli eretici e gli sci-
smatici che vogliono venire alla Chiesa cattolica, non vi debbano
entrare prima di essere stati esorcizzati e battezzati, fatta natu-
ralmente eccezione per quelli che erano già stati battezzati nella

97 Sententiae episcoporum LXXXV Il, 31: "Leucius a Theveste dixit: Hae-

reticos blasphemos atque iniquos verbis vanis decerpentes sancta et adorabilia


scripturarum verba execrandos censeo et ideo exorcizandos et baptizandos".
98 Sententiae episcoporum LXXXV II, 37: "Vincentius a Tibari dixit: Hae-

reticos scimus illos esse peiores quam ethnicos. Si conversi ad Dominum venire
voluerint, habent utique regulam veritatis, quam Dominus praecepto divino
mandavit apostolis dicens: !te, in nomine meo manum inponite, daemonia expel-
lite. Et alio loco: Ile et docete gentes tinguentes eas in nomine Patris et Filii et
Spiritus sancii. Ergo primo per manus inpositionem in exorcismo, secundo per
baptismi regenerationem, tunc possunt ad Christi pollicitationem venire. Alias
autem fieri non debere".
566 CAPITOLO 21

Chiesa cattolica; questi, tuttavia, siano riconciliati con la Chiesa


mediante l'imposizione della mano per la penitenza" 99 •
Il vescovo di Cirta (Costantina, in Algeria) afferma che tutti i
battezzati per mano di un eretico debbano essere prima esorcizzati
e poi battezzati nuovamente. Per coloro che invece avevano già
ricevuto il battesimo nella Chiesa cattolica, sarà sufficiente l'im-
posizione della mano. Se il vescovo avesse ritenuto che l'esorcismo
fosse necessario per tutti gli eretici, senza esclusione di nessuno,
non avrebbe omesso di inserirlo; evidentemente, egli considera che
l'esorcismo compiuto in occasione del suo battesimo cattolico, rice-
vuto prima di aderire all'eresia, sia sufficiente e non vada ripetuto.
A meno che l'imposizione della mano di cui Crescente sta parlando
non sia altro che il gesto esorcistico sopra ricordato da Vincenzo di
Tibari; ma questa interpretazione mi sembra sia da scartare: se Cre-
scente avesse desiderato parlare di esorcismo, lo avrebbe fatto aper-
tis verbis. Inoltre, credo che in quel caso il vescovo stesse facendo
un esplicito richiamo alla prassi penitenziale seguita in Africa: per
chi si era macchiato di un peccato (come l'eresia, appunto) dopo
la confessio delle proprie colpe e la giusta satisfactio espiatoria,
aveva luogo una pubblica reconciliatio ecclesiale. Al termine del
rito, il peccatore era ritualmente e pubblicamente riaccolto nella
comunione dei credenti con l'imposizione della mano. È la pratica
ricordata da Cipriano: "Facciano penitenza nel modo prescritto,
e attraverso l'imposizione della mano da parte del vescovo e del
clero ottengano il diritto di ritornare alla comunione dei fedeli" 100 •
L'espressione di Crescente per manus inpositionem in paenitentiam
ecclesiae reconcilientur riecheggia alcune formule ciprianee dove
chiaramente si tratta della riconciliazione dei penitentP 01 . È quindi

99 Sententiae episcoporum LXXXV l/, 8: "Crescens a Cirta dixit: "[ ... ) Cen-
seo ergo omnes haereticos et schismaticos, qui ad catholicam ecclesiam volue-
rint venire, non ante ingredi, nisi exorcizati et baptizati fuerint, exceptis his
sane, qui in ecclesia catholica fuerint ante baptizati; ita tamen per manus inpo-
sitionem in paenitentiam ecclesiae reconcilientur".
100 CYPRIANUS CARTHAGINENSIS, Epistulae, 16, 2, l: "Secundum disciplinae

ordinem ad exomologesin veniant, et per manus inpositionem episcopi et cleri


ius communicationis accipiant".
101 Cfr. CYPRIANUS CARTHAGINENSIS, Epistulae, 13, 2, 1: "( ... ) exomologesi
facta et manu eis a vobis in paenitentiam imposita cum pace a martyribus sibi
promissa ad Dominum remittantur"; 15, l, 2: "(. .. ] ante manum ab episcopo
et clero in poenitentiam impositam"; 18, l, 2: "( ... ) exomologesin facere delicti
CIPRIANO E L'AFRICA SETTENTRIONALE 567

alla riconciliazione degli eretici che Crescente fa riferimento, e non


ad un'imposizione di mano che accompagna un esorcismo, secondo
la prassi penitenziale testimoniata da Cipriano 102 •
C'è poi un intervento di un vescovo che secondo alcuni menzio-
nerebbe l'esorcismo praticato dagli eretici:
Cecilio di Bilta disse: "Io so che esiste un unico battesimo nell'unica
Chiesa, e che, fuori della Chiesa, non ve n'è nessuno. L'unico batte-
simo sarà là dove c'è la vera speranza e la fede sicura. Sta scritto,
infatti: Una sola fede, una sola speranza, un solo battesimo (Ef 4, 5),
ma non presso gli eretici, dove la speranza non esiste e la fede è
falsa, dove tutto si fa con menzogna, dove l'indemoniato esorcizza,
invoca il sacramento colui la cui bocca e le cui parole sprigionano
cancrena, l'infedele dà la fede, il criminale concede il perdono dei
peccati, l'anticristo battezza nel nome di Cristo, chi è maledetto da
Dio benedice, chi è morto promette la vita, chi non è pacifico dona
la pace, il blasfemo invoca Dio, il profano esercita il sacerdozio, il
sacrilego erige l'altare" 103 •
Questa l'interpretazione di Franz Dolger: "Secondo il votum di
Cecilio, anche gli eretici praticavano l'esorcismo battesimale; per-
tanto esso doveva essere già in uso prima della separazione delle
sette dalla Chiesa cattolica" 104 • Ma davvero la menzione dell'esor-
cismo sopra riportata è senza ombra di dubbio da riferirsi alla
pratica dell'esorcismo battesimale? È giusto ritenere che la succes-
sione degli atti sacerdotali menzionati da Cecilio sia un riassunto

sui possint, ut manu eius in paenitentiam inposita veniant ad Dominum cum


pace".
102 Anche Graeme Clarke concorda con questa mia interpretazione (cor-

rispondenza personale del 10 settembre 2004). Sulla prassi penitenziale in


Cipriano, A. VANBECK, La pénitence dans Cyprien; M. C. CHARTIER, La discipline
pénitentielle; C. B. DALY, Absolution and Satis{action; K. RAHNER, La dottrina
della penitenza.
103 Sententiae episcoporum LXXX V Il, 1: "Caecilius a Bilta di xi t: Ego unum
baptismum in ecclesia sola scio et extra ecclesiam nullum. Hic erit unum, ubi
spes vera est et fides certa. Sic enim scriptum est: Una fides, una spes, unum
baptismum, non aput haereticos, ubi spes nulla est et fides falsa, ubi omnia per
mendacium geruntur, ubi exorcizat daemoniacus, sacramentum interrogat cuius
os et verba cancer emittunt, fidem dat infidelis, veniam delictorum tribuit sce-
leratus et in nomine Christi tinguit antichristus, benedicit a Deo maledictus,
vitam pollicetur mortuus, pacem dat inpacificus, Deum invocat blasphemus,
sacerdotium administrat profanus, poni t altare sacrilegus".
104 F. J. DùLGER, Der Exorzismus, p. 13.
568 CAPITOLO 21

di quanto avviene in occasione del battesimo, come Dolger rite-


neva? Ne dovremmo ricavare questa successione rituale: esorcismo
(exorcizat), interrogazione battesimale (sacramentum interrogai),
professione di fede ({idem dal), remissione dei peccati (veniam delic-
torum tribuit), immersione (tinguit), bacio di pace (pacem dal). Mi
fa specie la remissione dei peccati collocata appena prima dell'im-
mersione, e le espressioni benedicit e vitam pollicetur mortuus non
hanno nulla a che vedere con la cerimonia battesimale; l'espres-
sione sacramentum interrogai non è così facilmente interpretabile
come riferimento all'interrogazione del catecumeno. Anche Graeme
Clarke, inizialmente del parere che questo votum descrivesse con
precisione i vari passaggi del processo battesimale, ha riconosciuto
la fondatezza dei miei dubbi 105 • È infatti vero che Cecilio parla di
battesimo, ma anche di benedizione, esercizio del sacerdozio, ere-
zione di altari: sono queste le più comuni funzioni di un sacerdote,
e non sono strettamente collegate al battesimo, toccando diversi
aspetti della vita cristiana. Può darsi che Cecilio avesse in mente
l'esorcismo che precede il battesimo, ma può anche darsi che inten-
desse riferirsi all'esorcismo degli indemoniati, in tal caso svincolato
dal sacramento del battesimo. Questo non significa che il batte-
simo presso gli eretici non potesse prevedere un esorcismo: sem-
plicemente, si potrebbe mettere in conto la possibilità che questo
votum non sia testimone di quella pratica.
In definitiva, ciò che si può ricavare con assoluta certezza dalle
sentenliae episcoporum è che in Africa alla metà del m secolo era
diffusa la pratica dell'esorcismo prebattesimale. Se amministrato
nella Chiesa cattolica assieme al battesimo, il suo valore non risul-
tava inficiato nel caso di una successiva adesione all'eresia da
parte di chi lo aveva ricevuto; nel caso di un successivo ritorno
alla Chiesa, pertanto, non andava ripetuto. Non è chiaro se un rife-
rimento ad un esorcismo praticato dagli eretici vada interpretato
come testimone della medesima pratica battesimale presso di loro,
o se abbia piuttosto a che fare con l'esorcismo degli energumeni. Il
fatto che alcuni dei vescovi africani facciano esplicito riferimento
ad un esorcismo battesimale, potrebbe autorizzarci a pensare che
anche la Chiesa di Cartagine conoscesse questa pratica, sebbene
Cipriano non ne faccia menzione esplicita.

105 Corrispondenza privata del 10 e del 14 settembre 2004.


CAPITOLO 22
FIRMILIANO DI CESAREA

Firmiliano 1 fu vescovo di Cesarea in Cappadocia a partire dal


230 circa. Amico di Origene, ebbe occasione di accoglierlo presso
di sé ed ascoltare la sua predicazione in Palestina; durante la crisi
di Novaziano, assieme ad Eleno di Tarso si schierò contro Fabio di
Antiochia, che era favorevole a quello. Il vescovo Stefano di Roma
ebbe a scomunicarlo, e fu in disaccordo con lui a causa della sua
ferma adesione alla prassi di ribattezzare gli eretici; Firmiliano poté
riconciliarsi con Roma solo più tardi, verso il 260. Intorno al 265
prese parte al sinodo di Antiochia per giudicare Paolo di Samosata,
invitato da Eleno; morì verso il 268, mentre si recava nuovamente
ad un sinodo convocato per la stessa ragione.
Dei suoi scritti ci resta solamente una lettera, conservata
nell'epistolario di Cipriano. Quando il vescovo cartaginese si trovò
in disaccordo con Stefano per la questione battesimale, inviò il
diacono Rogaziano a richiedere lettere di approvazione dei vescovi
dell'oriente; egli intendeva dimostrare ai cristiani cartaginesi che
la consuetudine di ripetere il battesimo per gli eretici che ritor-
navano alla Chiesa cattolica era condivisa da molti altri, e che
la procedura seguita dai romani non era universale 2 • Firmiliano
rispose all'appello, approvando la condotta di Cipriano ed espri-
mendo forti parole di condanna per Stefano. La lettera fu scritta
nel 2563 , in prossimità dell'inverno 4 • In passato l'autenticità di

1 Le poche notizie sopravvissute sono discusse in P. NAUTIN, Firmilien;

Io., Firmiliano; F. W. BAUTZ, Firmilian. Si veda anche EusEBIUS CAESARIEN-


SIS, Historia ecclesiastica, VI, 27; VI, 46, 3; VII, 5, 1-4; VII, 14; VII, 28, l;
VII, 30, 3-5.
2 Una breve presentazione della posizione di Cipriano in E. FERGUSON, Bap-
tism in Early Church, pp. 394-396.
3 CYPRIANUS CARTHAGINENSIS, Epistulae, 75, 10, 1: "Circa ventidue anni or

sono, nei tempi che seguirono il regno dell'imperatore Alessandro [.. .]''. Firmi-
liano si riferisce ai tempi della persecuzione di Massimino; Alessandro Severo
mori nel 235.
570 CAPITOLO 22

questa lettera fu contestata, e probabilmente il fatto di essere molto


ostile al vescovo di Roma contribuì a generare dubbi su di essa.
Il francescano Marcellinus Molkenbuhr nel 1790 ritenne che fosse
opera di un donatista africano del v secolo5 ; altri pensarono che la
lettera fosse stata interpolata a Cartagine, nell'interesse della parte
fedele a Cipriano6 • Joseph Ernst ne difese invece l'autenticità7 , con-
vincendo infine anche Adolf Harnack, che precedentemente aveva
sposato la tesi opposta8 • L'originale greco della lettera è perduto,
e ne resta soltanto una traduzione latina di ambiente cartaginese9 ,
che potrebbe anche essere opera di Cipriano stesso. Nella lettera
Firmiliano approva le decisioni di Cipriano, e aggiunge personali
riflessioni in merito ali 'impossibilità di riconoscere il valore dei
sacramenti amministrati dagli eretici 10 •

l. L'esorcista cappadoce
Ad un certo punto della sua lettera, Firmiliano narra un episo-
dio occorso nella sua regione ventidue anni prima, cioè nel 235, in
un'epoca di grandi difficoltà per la Chiesa:
Qui apparve improvvisamente una donna la quale, presa da estasi,
si presentava come profetessa ed agiva come se fosse ripiena di Spi-
rito Santo. Era dunque sospinta dall'impeto dei demòni più feroci,
al punto di turbare e trarre in inganno i fratelli compiendo cose

4 CYPRIANUS CARTHAGINENSIS, Epistu/ae, 75, 5, l: "Poiché questo vostro

inviato aveva fretta di ritornare e la stagione invernale era alle porte [ ... ]".
5 M. MoLKENBUHR, Binae Dissertationes, col. 1361c: "La famosa lettera a

S. Cipriano attribuita a Firmiliano non fu scritta da un greco, bensì da un


imbroglione latino"; 1365a: "Non è verosimile che S. Firmiliano abbia scritto
contro S. Stefano Papa la famosa lettera sul ribattesimo"; 1401d: "È più vero-
simile che qualche donatista africano abbia composto quella lettera, ma succes-
sivamente all'epoca di S. Agostino".
6 O. RITSCHL, Cyprian uon Karthago; ID., De epislulis cyprianicis, pp. 44-54;
H. F. SoDEN, Die cyprianische Brie{sammlung.
7 J. ERNST, Die Echtheit des Brie{es Firmilians; ID., Zur Frage iiber die Ech-
theit. Così anche E. W. BENSON, Cyprian, pp. 372-389, rigetta le argomentazioni
di Ritschl.
8 A. HARNACK, Geschichte der altchristlichen Literatur, vol. lfl, pp. 407-409;
vol. 2(2, pp. 359-360.
9 Lo dimostra, tra l'altro, il testo biblico latino che viene utilizzato.

10 Agli studi sull'epistolario ciprianeo già menzionati, si aggiunga M. GIRARDI,

Scrittura e battesimo degli eretici.


FIRMILIANO DI CESAREA 571

stupefacenti e portentose, e di promettere di far tremare la terra:


non già che un demone abbia una tale potenza da muovere la terra
o sia in grado con la propria forza di scuotere un elemento, ma per-
ché talvolta lo spirito maligno, conoscendo in anticipo e sapendo che
sarebbe sopraggiunto un terremoto, finge di provocare egli stesso
quanto semplicemente sa che deve avvenire. Con queste menzogne
e millanterie aveva soggiogato le menti di alcuni a prestargli obbe-
dienza e a seguirlo ovunque li comandasse e li conducesse; faceva
anche camminare quella donna a piedi nudi nel freddo inverno sulle
gelide nevi, ed ella non ne soffriva per nulla né risentiva di quel
cammino; diceva anche di doversi affrettare alla volta della Giu-
dea e di Gerusalemme, fingendo di provenire da là. Indusse anche
uno dei presbiteri, uomo di campagna, e pure un altro, diacono,
ad avere relazioni con quella donna 11 , cosa che fu risaputa poco
dopo. Allora gli si parò innanzi all'improvviso uno degli esorcisti,
uomo provato e sempre irreprensibile nella disciplina religiosa, il
quale, spinto anche dall'incitamento di molti fratelli anch'essi forti
e lodevoli per la loro fede, si levò contro quello spirito malvagio per
sconfiggerlo. Quegli con sottile inganno poco prima aveva già pre-
detto che sarebbe giunta una persona ostile, un tentatore infedele.
Ma quell'esorcista, ispirato dalla grazia di Dio, resistette con forza
e mostrò che colui che passava per essere un santo era invece uno
spirito nequissimo 12 •

11 C. TREVETI, Spiritual Authority, pp. 57-58, intende commisceo nel senso

di dormire assieme, avendo in mente il problema delle virgines subintroductae


(vedi anche l'uso della Vulgata in Lev. 18, 22: "Cum masculo non commiscebe-
ris coitu femineo quia abominatio est"); cfr. poi R. SEAGRAVES, Pascentes cum
disciplina, p. 164.
12 CYPRIANUS CARTHAGINENSIS, Episiu/ae, 75, 10, 2-4: "Emersit istic subito

quaedam mulier quae in extasin constituta propheten se praeferret et quasi


Sancto Spiritu piena sic ageret. Ita autem principalium daemoniorum impetu
ferebatur ut per longum tempus sollicitaret et deciperet fraternitatem, admi-
rabilia quaedam et portentosa perficiens, et facere se terram moveri pollicere-
tur, non quod daemoni tanta esset potestas ut terram movere aut elementum
concutere vi sua valeret, sed quod nonnumquam nequam spiritus praesciens et
intellegens terrae motum futurum, id se facturum esse simularet quod futurum
videret. Quibus mendaciis et iactationibus subegerat mentes singulorum ut sibi
oboedirent et quocumque praeciperet et duceret sequerentur, faceret quoque
mulierem illam cruda hieme nudis pedibus per asperas nives ire nec vexari in
aliquo aut laedi illa discursione, diceret etiam se in Iudaeam et Hierosolimam
Cestinare fingens tarnquam inde venisset. Hic et unum de presbyteris rusticum,
item et alium diaconum fefellit, ut eidem mulieri commiscerentur, quod paulo
post detectum est. Nam subito apparuit illi unus de exorcistis vir probatus et
circa religiosam disciplinam bene semper conversatus, qui exhortatione quoque
fratrum plurimorum, qui et ipsi fortes ac laudabiles in fide aderant, excitatus
572 CAPITOLO 22

Questo racconto, nelle intenzioni di Firmiliano, doveva servire


a mostrare fino a che punto poteva essere pericolosa l'accetta-
zione dei sacramenti celebrati illegittimamente al di fuori della
Chiesa cattolica. Infatti questa donna invasata aveva anche cele-
brato l'eucaristia e amministrato il battesimo 13 • Per noi la que-
stione della validità del battesimo rimane sullo sfondo; ci interessa
invece il racconto della donna, forse una montanista o influenzata
dal montanismo, movimento di cui Firmiliano parla poco prima 14 •
Lo spirito in lei fingeva di provenire da Gerusalemme, come per
ricollegare la sua figura alla terra di Gesù e millantando un'ori-
gine apostolica; l'uso del verbo festinare rimanda ad un contesto
di attesa millenarista. In tempo di persecuzione, quando una parte
del clero aveva abbandonato la propria sede, prese l'iniziativa di
amministrare i sacramenti, procacciandosi dei fedeli. Anche un dia-
cono ed un sacerdote, ruslicus perché campagnolo e poco istruito,
oppure Rustico di nome, furono attratti nella sua sfera di influenza.
Firmiliano qualifica immediatamente la donna come indemoniata,
sospinta dall'impeto (forse pUfJ."fl, oppure ÒpfJ.~, ÒpfJ.~fJ.OC, ~Loc o Mvoc-
fJ.Lç) dei demoni più feroci. Essa, grazie all'intervento soprannaturale,
compie prodigi; sfruttando la propria preiscienza, profetizza anche
calamità, ad inganno del popolo. La descrizione mette bene in luce
come gli atti della donna siano guidati dal demonio, come se la
donna in certe occasioni perdesse il governo di sé e fungesse sola-
mente da canale per l'attività satanica: un atteggiamento simile
alla profezia estatica che corrobora l'ipotesi della sua provenienza
montanista.
Ed ecco che si presenta ad affrontarla unus de exorcistis; l'espres-
sione sembra indicare che in Cappadocia nel 235 gli esorcisti erano

erexit se contra illum spiritum nequam revincendum, qui subtili fallacia etiam
hoc paulo ante praedixerat venturum quendam aversum et temptatorem infi-
delem. Tamen ille exorcista inspiratus Dei gratia fortiter restitit et esse illum
nequissimum spiritum qui prius sanctus putabatur ostendit".
13 CYPRIANUS CARTHAGINENSIS, 75, 11, 1: "Che diremo dunque di questo bat-
tesimo, che il nequissimo demone ha amministrato per tramite della donna?
Stefano e quelli che concordano con lui approvano anche questo?".
14 CYPRIANUS CARTHAGINENSIS, 75, 7, 3. Si occupa della figura della donna,

considerandola una montanista, C. TREVETT, Spirilual Aulhorily. Condivide


questa interpretazione E. A. LEEPER, Exorcism in Early Chrislianily, p. 189, e
EAo., The Role of Exorcism, p. 61; ma non comprendo da che cosa ella possa
dedurre che "l'esorcista fu apparentemente incapace di scacciare il demone".
FJRMILIANO DI CESAREA 573

riconosciuti come una classe ben definita, e questa è stata giudi-


cata la più antica attestazione dell'esistenza di un simile gruppo 15 •
Poche righe prima, si trova un unus de presbyteris e Cipriano, da
parte sua, usa un'espressione simile in una sua lettera: unus de con-
fessoribus16. Sulla base di queste poche parole non ci si può certo
spingere troppo in là nell'ipotizzare l'esistenza di un vero e proprio
ordo clericale già strutturato al pari dell'episcopato, del presbite-
rata e del diaconato: ma è significativo che per la prima volta un
esorcista venga nominato come membro di una classe evidente-
mente nota e ben inserita nell'organizzazione ecclesiale. Non molti
anni dopo gli scritti di Cornelio di Roma e di Cipriano di Carta-
gine confermeranno che l'ordine degli esorcisti era ormai diffuso ed
attestato in tre regioni ecclesiastiche lontane tra loro.
Questo exorcista (è:;opx~cr't"~Jc:;) compie il proprio dovere affron-
tando il demonio. Purtroppo Firmiliano non dà spazio ad alcun
tipo di descrizione dell'esorcismo che verosimilmente fu effettuato
sulla donna; si accenna solamente alla resistenza dell'esorcista ed
alla conclusione dello scontro, al termine del quale poté essere sma-
scherata la vera identità del demonio, fino ad allora considerato
come un santo da una parte dei cristiani della regione. Il vescovo
si dilunga maggiormente nella esposizione delle qualità morali
dell'esorcista: è un vir probatus et circa religiosam disciplinam bene
semper conversatus, e condivide le qualità di altri fratelli cristiani
fortes ac laudabiles in fide. Sarebbe molto interessante sapere quale
parola greca soggiaceva al latino disciplina. Se ipotizziamo che
Cipriano sia l'autore della traduzione, sarà interessante notare che
quello della disciplina è un tema a lui congeniale 17 , nel particolare
senso che assume in ambito cristiano 18; nei Testimonia ad Quirinum

15 Cfr. R. SEAGRAVES, Pascenles cum disciplina, p. 158; G. W. CLARKE, The


Lellers of St. Cyprian, vol. 4, p. 266, nota 52.
16 CYPRIANUS CARTHAGINENSIS, Epislu[ae, 27, 1, 1.

17 Vedasi ad esempio come apre il suo trattato De habitu uirginum, 1: "La


disciplina è custode della speranza, fermaglio della fede, guida di salutevole
cammino, germe e nutrimento di buona indole, maestra di virtù; essa ci fa
dimorare sempre in Cristo e vivere tutti di Dio, ci fa giungere alle promesse
celesti e ai premi divini. Chi la segue trova salvezza, chi la respinge si procura
morte". Traduzione di Sisto Colombo.
18 E. GALLICET, Cipriano. Ad Demelrianum, p. 168: "Disciplina è esercizio di

volontà, è sforzo di applicazione pratica di un discere che per i cristiani ha un


oggetto e un fine ben diversi da quelli pagani. Se già i due aspetti (morale e
574 CAPITOLO 22

vi sono alcune citazioni bibliche in lingua latina presentate come


prova della necessità di coltivare la disciplina 19 : la traduzione delle
Scritture di cui Cipriano si serve, rende con disciplina principal-
mente il termine greco 7t<XL8d<X (Prov 3, 11; Sal 2, 12; 49, 17; Ef
6, 4) e in un caso èmcrT'fJ!J."tl (Ger 3, 15). Forse questa è una chiave
di lettura per tentare di ipotizzare congetturalmente che cosa
Cipriano - o chi per lui - stesse traducendo dalla lingua greca.
Quale che sia l'originale greco del latino disciplina, traspaiono
dalle parole di Firmiliano le preoccupazioni di un pastore nei con-
fronti del proprio gregge, traviato da un personaggio dalle discuti-
bili capacità carismatiche. Alla demoniaca rappresentazione della
donna si contrappone la raffigurazione dell'esorcista ripieno di
virtù; Adele Monaci coglie sullo sfondo di questo breve racconto gli
elementi cruciali di una possibile contrapposizione tra due mondi:
Il breve profilo che Cipriano offre del personaggio rivela quali fos-
sero le aspettative nutrite da un vescovo riguardo a queste figure
carismatiche che potevano diventare concorrenti dell'autorità
vescovile. Firmiliano presenta il suo successo contro il demonio
radicato nel contesto di una vita morale e di un'obbedienza eccle-
siastica irreprensibili, espressione di un carisma esercitato non in
modo individualistico, ma sottomesso al volere delle parti migliori
e più responsabili della Chiesa20 •

intellettuale) erano contenuti nel termine, con i cristiani non solo il termine si
arricchisce di sfumature nuove, ma soprattutto la disciplina è la regola di vita
propria di chi si sforza di applicare la dottrina cristiana, la concezione nuova
e rivoluzionaria che il cristianesimo ha introdotto nel mondo". Cfr. O. MAUCH,
Der lateinische Begriff Disciplina; W. DùRIG, Disciplina; H. I. MARROU, Doc-
lrina et disciplina; V. MoREL, Disciplina.
19 CYPRIANUS CARTHAGINENSIS, Ad Quirinum, III, 66, dove si dimostra

che "disciplinam Dei in ecclesiasticis praeceptis observandam"; cfr. l, 15;


III, 66-71.
20 A. MoNACI, Il diavolo e i suoi angeli, p. 350.
CAPITOLO 23
CORNELIO E NOVAZIANO

l. Esorcismo e spettacoli in Novaziano


La scomunica che colpì Novaziano 1 (nato nel 200 circa e morto
forse durante la persecuzione di Valeriano 2) fece sì che nulla fosse
tramandato sotto il suo nome3 ; anche le informazioni biografiche
sono lacunose, e spesso alterate dalla polemica che lo oppose a Cor-
nelio4. Di Novaziano possediamo un breve passo di interesse per
noi all'interno della sua trattazione Sugli spettacoli, pervenuta tra
le opere di Cipriano. Richiamando un tema che abbiamo già visto
sviluppato da Tertulliano, l'argomentazione è sviluppata in guisa
del tutto tradizionale: gli spettacoli sono inconciliabili con la fede
cristiana, perché sono essenzialmente manifestazione dell'idolatria
alla quale i seguaci della nuova fede avevano rinunciato con il loro
battesimo; essi, inoltre, sono contrari alla verità delle cose create

1 Su Novaziano, la monografia di H. J. VoGT, Coetus sanctorum. Presentazioni


con bibliografia: A. MAYER, Novaziano; H. J. VoGT, Novaziano; R. T. KLEIN,
Novalian; J. S. ALEXANDER, Novatian; M. SIMONETTI, Novaziano. Per la teologia,
A. D'ALES, Novalien. Si veda anche l'introduzione di V. Lor, Novaziano. La
Trinità.
2 È discusso il valore di una iscrizione funebre ritrovata lungo la via
Tiburtina che indicherebbe il luogo di sepoltura del martire Novaziano; cfr.
L. MoHLBERG, Alcune osservazioni; A. FERRUA, Novatiano beatissimo (a favore);
H. J. VoGT, Coetus sanctorum, pp. 24-27 (contrario).
3 I suoi De trinitate e De cibis iudaicis furono trasmessi sotto il nome di
Tertulliano, e il De spectaculis e il De bono pudicitiae ascritti a Cipriano; tutti
gli altri scritti sono perduti. Nel De viris illustribus (70) Girolamo elenca:
De pascha, De sabbato, De circumcisione, De sacerdote, De oratione, De instanlia
e altre opere non nominate. Sono probabilmente opera sua le lettere del clero
romano indirizzate a Cipriano nel 250, nelle quali si dimostra l'accordo con il
vescovo cartaginese nel temporeggiare sulla riammissione dei lapsi: CYPRIANUS
CARTHAGINENSIS, Epistulae, 30.31.36. Su questo, H. Gouow, Cyprian und Nova-
lian. In generale sulla questione dei lapsi tra Roma e Cartagine, P. GRATTA-
ROLA, Il problema dei Lapsi.
4 CYPRIANUS CARTHAGINENSIS, Epistulae, 44-55; 59-61; 68.69.73; EUSEBIUS

CAESARIENSIS, Historia ecclesiastica, VI, 43, 4-22; VI, 45.


576 CAPITOLO 23

da Dio e si oppongono alla morale e alla dottrina cristiana 5 • Come


rileva Hans Urs Balthasar, "se il cristianesimo ha iniziato così
prontamente e intensamente l'assimilazione della filosofia antica in
tutte le sue sfumature, non si è intrapresa un'analoga assimilazione
anche per il teatro antico" 6 • Novaziano, pertanto, condanna gli
spettacoli pagani, e si rivolge ai cristiani in questo modo:
Del resto, sappia che tutte queste sono invenzioni dei demòni, non
di Dio. Impudentemente nella Chiesa esorcizza i demòni colui che
negli spettacoli ne loda i divertimenti. E pur avendo messo da parte
una volta per tutte la questione rinunciando al diavolo nel batte-
simo, quando si reca ad uno spettacolo dopo <aver accoltm Cristo
rinuncia a Cristo come aveva fatto col diavolo 7•
Il riferimento all'esorcismo è così sfuggente da non prestarsi
a particolari commenti. Semplicemente, l'autore vuole rilevare il
contrasto tra la cacciata dei demoni da parte di quel medesimo cri-
stiano che successivamente si recherà a godere dei loro spettacoli.
La rituale rinuncia battesimale a Satana, accompagnata dall'acco-
glienza di Cristo, non va tradita con la partecipazione agli spet-
tacoli demoniaci. La menzione dell'esorcismo in questo contesto
sembrerebbe indicare che lo scongiuro dei demoni fosse una pratica
abbastanza nota; se Novaziano ha scelto di adoperare questa argo-
mentazione all'interno di un discorso così generico, significa pro-
babilmente che la pratica esorcistica era sufficientemente diffusa e
conosciuta. Sembra pure che l'attività esorcistica sia alla portata
di tutti, quasi come se ogni cristiano che va a teatro potesse esor-
cizzare: nulla di particolare, sarebbe solamente la riproposizione di
un argomento apologetico già noto. Ma la brevità dell'inciso e l'oc-
casionalità della menzione impediscono di trarre conclusioni certe
anche riguardo a questo.

5 Per il rifiuto cristiano degli spettacoli pubblici in Novaziano, A. SAGGIORO,


Novaziano. Gli spettacoli, pp. 11-47.
6 H. U. BALTHASAR, Teodrammatica, p. 85.

7 NovATIANUS, De spectaculis, 4, 3: "Ceterum sciat haec omnia inventa dae-

moniorum esse, non Dei. Impudenter in ecclesia daemonia exorcizat quorum


voluptates in spectaculis laudat. Et cum semel illi renuntians rescissa sit res
omnis in baptismate, dum post Christum ad diaboli spectaculum vadit, Christo
tamquam diabolo renuntiat".
CORNELIO E NOV AZ! ANO 577

2. Il battesimo di Novaziano
Non vi sono altri richiami all'esorcismo o alla possessione diabo-
lica nell'opera di Novaziano. C'è però una lettera del suo antago-
nista Cornelio (t 253)8 , inviata a Fabio di Antiochia nel 251, che
si sofferma a descrivere il battesimo di Novaziano stesso. Delle
opere di Cornelio ci restano solo parte di una sua lettera a Fabio di
Antiochia e due lettere a Cipriano9 ; le notizie sulla vita di Cornelio
sono esigue, e quasi interamente dipendenti da Cipriano, ma oltre-
modo istruttive per meglio comprendere quanto segue. Nel 251,
al termine della persecuzione di Decio, quando la Chiesa di Roma
fu nuovamente in grado di eleggere un vescovo dopo la morte di
papa Fabiano, il seggio episcopale fu oggetto di aspra contesa fra
due presbiteri, Novaziano e Cornelio. Il primo era portatore di
una tendenza rigorista, poco propensa ad accettare la riammis-
sione di quei cristiani che avevano ceduto alla persecuzione di
Decio; il secondo, invece, si mostrava meno rigido. La scelta cadde
su Cornelio, anche se questi era stato ·accusato di essere stato un
libellatico e di aver ceduto alla persecuzione; nonostante queste

8 Manca uno studio specifico su questo papa. Si vedano le sintesi di E. Jos1,


Cornelio; G. BARDY, Cornei/le; M. SIMONETTI, Cornelio. È noto il triste epilogo
del pontificato di Callisto: in concomitanza con una nuova persecuzione di Tre-
boniano Gallo e nell'infuriare della peste, fu esiliato a Cenlumcellae (Civitavec-
chia), dove morì nel giugno del 253, per poi essere seppellito a Roma nel cimi-
tero di S. Callisto. Su questo, oltre alla bibliografia generale sulle persecuzioni
fornita riguardo a Cipriano, P. FRANCHI DE' CAVALIERI, La persecuzione di Gallo;
M. SoRDI, Il cristianesimo a Roma, pp. 261-286. Le lettere di Cornelio a Fabio
sono esaminate da P. NAUTIN, Lellres el écriuains chrétiens, pp. 143-156.
9 EusEBIUS CAESARIENSIS, Hisloria ecclesiastica, VI, 43; CYPRIANUS CARTHAGI-

NENSIS, Epislulae, 49 e 50. Cornelio non ha certamente la levatura intellettuale


di Novaziano, e le sue lettere latine conservate denunciano una certa man-
canza d'arte e di perizia letteraria; un po' diversa la situazione dell'epistola a
Fabio, che si presenta più raffinata anche nello stile. Osserva Giovanni Mercati:
"L'epistola corneliana a san Fabio d'Antiochia è molto più continua, scorrevole
e limpida delle due conservate nel latino originale. Forse l'effetto è dovuto in
buona parte alla superiorità del linguaggio greco: forse Cornelio stesso, o il suo
segretario, valeva più nel greco e meditò più a lungo il grave documento; ma
forse anche il merito è di Eusebio o di colui che tradusse la lettera. L'argo-
mento addotto per provarne greca l'originale redazione è più specioso che forte,
potendo molto probabilmente a Roma stessa od altrove, e segnatamente ad
Antiochia, essere stata la lettera tradotta d'ufficio come indirizzata al metropo-
lita antiocheno, e questa versione soltanto essere giunta ad Eusebio" (D'alcuni
nuovi sussidi, p. 227).
578 CAPITOLO 23

imputazioni - oppure calunnie - il 6 o 13 marzo del 251 venne


consacrato vescovo di Roma ed ottenne il consenso della Chiesa
universale, con l'eccezione del rigorista Fabio di Antiochia. Nova-
ziano, animato dal diacono Nicostrato e dal presbitero cartaginese
Novato, ottenne ugualmente da tre vescovi la consacrazione epi-
scopale, dando origine ad una Chiesa scismatica. Uno scambio di
delegazioni fra Roma e Cartagine determinò la presa di posizione
di Cipriano in favore di Cornelio 10 , il quale nell'autunno convocò
un concilio e comminò la scomunica a Novaziano alla presenza
di sessanta vescovi e di numerosi altri membri del clero. Queste
vicende chiariscono il motivo per cui Cornelio, nel passo che stiamo
per analizzare, si mostra così energicamente avverso a Novaziano.
Egli ha tutto l'interesse di screditare il suo oppositore, dipingendo
tutta la sua vita a foschi tratti: fin dal battesimo, amministrato in
condizioni particolari e di dubbia validità, poteva rivelarsi la sua
natura malvagia:
L'occasione del suo credere fu Satana, che venne in lui ed abitò
dentro di lui per lungo tempo; mentre veniva soccorso dagli esor-
cisti, poiché era caduto in una grave malattia, e dal momento che
si credeva che sarebbe morto a breve, ricevette di battesimm per
infusione, nel medesimo letto in cui giaceva, se pur bisogna dire
che un simile uomo Io abbia ricevuto. E neppure dopo essere scam-
pato alla malattia ottenne le cose rimanenti che bisogna ricevere,
in ossequio alla regola della Chiesa, né ebbe impresso il sigillo dal
vescovo; se non ha ottenuto queste cose, come avrebbe potuto otte-
nere lo Spirito Santo? 11

10 Cfr. M. BÉVENOT, Cyprian and his Recognilion. Una descrizione del carteg-
gio tra Cipriano e Cornelio in A. D'ALÉS, La lhéologie de Saint Cyprien, pp. 146-
172. Nel 252 Cornelio sostenne la causa di Cipriano contro i presbiteri Novato,
Fortunato e Felicissimo, riuscendo a spegnere uno scisma cartaginese.
11 EusEBIUS CAESARIENSIS, Hisloria ecclesiastica, VI, 43, 14-15: '1lt ye: &.cpo-
p[J.'Ìj TOU mcrTe:ucron yéyove:v 6 croc-rocviiç, cpmT~crocç dç ocÙTÒv xoc! otx-Jjcrocç Èv
OCÙT<j) xp6vov Ìxocv6v· 8ç (1o"Y)60U(J.E:VOç Ù7tÒ 't"WV È7topxtcr't"WV v6cr~ 7tE:pme:crwv
xocÀe:7t1jxoc! &.7to6ocve:Lcr6oct 15crov oùiìé1tw VO(J.~~6[J.e:voç, Èv ocÙT1j T1j XÀLVTI, où
~xe:tTo, 7te:ptxu6dç ~J..ocf1e:v, d ye: XP'ÌJ Mye:tv TÒv TOtOUTov dJ..l)cpévoc~. Où [J.'ÌJV
oùiìè Twv Àomwv ~.. uxe:v, iì~occpuywv T'Ìjv v6crov, wv XP'ÌJ (J.E:TOCÀ<X[J.[1&vE~v xocToc
TÒv T-ljç ÈxxÀ"Y)cr(ocç xocv6voc, TOU n crcppocym6-1jvoct Ù7tÒ TOU Èmcrx67tou· TOuTwv
iìè [J.'Ìj ..uxwv, 7tWç &v 't"OU ocy(ou DvEU(J.OC't"Oç ~TUXEV;
CORNELIO E NOVAZIANO 579

Il battesimo di Novaziano è un battesimo clinico, amministrato


al malato a letto (Èv 't'jj KÀLVYJ) per infusione (7ts:pLxu6dç) 12 • Dei
dubbi sul valore del battesimo dei clinici espressi da una parte
della Chiesa abbiamo già avuto a che dire commentando gli scritti
di Cipriano; Cornelio afferma che l'ordinazione presbiterale di
Novaziano fu accompagnata dall'opposizione del clero e di molti
del laicato, proprio a motivo del suo imperfetto battesimo:
Non era lecito che ricevesse alcuna consacrazione chi, come lui,
aveva ricevuto il battesimo a letto per infusione durante una
malattia; ma il vescovo chiese che gli fosse permesso di ordinare
solamente luP 3 •
Come afferma Victor Saxer, dalla notizia di Cornelio si può rica-
vare che Novaziano "è stato esorcizzato, ma non sappiamo quali
esorcismi gli furono fatti" 14 • Ferdinand Probst ha proposto questa
spiegazione:
Il soccorso prestato dagli esorcisti a Novaziano non ha potuto con-
sistere in altro che in scongiuri, poiché era questo il loro mestiere,
e la rinuncia <a Satana> non fu un atto degli esorcisti, ma dell'in-
fermo. Novaziano stesso non era un energumeno (Cornelio sicura-
mente lo avrebbe rilevato, perché ci teneva ad elencare ogni suo
difetto), bensì un catecumeno; perciò i catecumeni venivano esor-
cizzati, e precisamente non solo al momento del battesimo, ma
anche prima 15 •
Franz Dolger ritiene che Probst non abbia preso sufficientemente
in considerazione il fatto che Cornelio attribuisce esplicitamente la
causa del suo aderire alla fede, cioè del suo battezzarsi, a Satana.
La grave malattia in cui Novaziano è incappato va attribuita alla
malvagia attività di un demone, come quello che l'evangelista Luca
chiama 7tVS:U!J.IX &cr6s:vd1Xc; (Le 13, 11 ) 16 • La venuta degli esorcisti
è conseguenza della malattia 17 • Dopo aver disperato dell'efficacia

12 Il battesimo clinico di Novaziano è esaminato da H. HAMMERICH, Taufe


und Askese, pp. 143-155.
13 EUSEBIUS CAESARIENSIS, H isloria ecclesiastica, VI, 43, 17. Traduzione di

Maristella Ceva.
14 V. SAXER, Les rites de l'inilialion, p. 142.

15 F. PROBST, Sakramente und Sakramenlalien, p. 57.

16 F. J. DòLGER, Der Exorzismus, pp. 144-145.


17 Qualche commentatore propone una traduzione ed un'interpretazione del

testo a mio avviso poco convincente sia sul piano della resa della struttura sin-
580 CAPITOLO 23

della medicina tradizionale, ecco che si ricorre all'esorcismo; ma


nel frattempo le sue condizioni si sono aggravate, e si è deciso di
amministrare il battesimo in arliculo mortis, forse in un momento
in cui Novaziano non era in grado né di professare la sua fede, né
di rinunciare a Satana. Dolger in un suo studio sul battesimo di
Novaziano 18 fornisce alcune prove di casi simili, tra cui il racconto
di Agostino di un amico battezzato in stato di incoscienza 19 e l'epi-
taffio di una infante battezzata in stato di malattia e defunta poco
dopo 20 • Uno dei motivi per cui il battesimo dei clinici era visto con
disfavore, era l'insufficiente preparazione del battezzando, che sal-

tattica greca sia sul piano concettuale. Ad esempio, Arthur Cushman McGiffert:
"Satan, who entered and dwelt in him for a long time, became the occasion of
his believing. Being delivered by the exorcists, he fell into a severe sickness".
Émile Grapin: "Le principe de sa croyance est Satan qui est venu en lui et y a
habité un temps assez long; il a été secouru par les exorcistes, il est tombé dans
une dure maladie". Erwin Preuschen: "Denn der Ursprung des Glaubens wurde
ihm der Satan; denn er ging ein und wohnte in ihm lange Zeit und es wurde
ihm von den Exorzisten geholfen. Aber er verfiel in eine schlimme Krankheit".
Everett Ferguson: "While being treated by the exorcists, he fell into a serious
illness". Come si evince dalle versioni proposte, il participio aoristo 7tEpmEawv
viene talvolta tradotto come un tempo di modo finito. Una simile scelta tra-
duttiva potrebbe, in certi casi, risultare agile e linguisticamente efficace, ma nel
contesto in esame l'alterazione del valore sintattico, che é proprio del participio
aoristo, incide sul senso generale modificandolo vistosamente. Infatti la resa di
7tEpmEawv con un verbo di modo finito genera un fraintendimento esegetico:
Novaziano cade malato mentre era soccorso dagli esorcisti. Una traduzione più
fedele alla grammatica del testo sembra suggerire una diversa lettura inter-
pretativa: se il participio aoristo, come pare legittimo, si rende con sfumatura
causale-temporale (in contrapposizione al participio presente [3ol)60U(J.EVOç che
lo precede), si spiega diversamente l'intervento degli esorcisti i quali avevano
soccorso Novaziano per la malattia, intesa come effetto di Satana che venne
in lui e dimorò in lui per lungo tempo. La malattia era sopraggiunta già prima
dell'arrivo degli esorcisti; era proprio essa, infatti, ciò che li aveva spinti ad
accorrere. Le traduzioni di Giuseppe Del Ton, Maristella Ceva, Franz Joseph
Dolger e Christian Frederic Crusé interpretano proprio in questo modo; anche
Nicola Basile si mostra in accordo con questa mia lettura (corrispondenza
privata del 6 ottobre 2009). Sul valore del participio, si veda il suo ottimo
manuale: N. BASILE, Sintassi storica del greco antico, pp. 476-480.
18 F. J. DOLGER, Die Taufe des Novatian.

19 AuGUSTINUS HtPPONENSIS, Confessiones, IV, 4: "Tormentato dalle febbri egli


giacque a lungo incosciente nel sudore della morte. Poiché si disperava di sal-
vario, fu battezzato senza che ne avesse sentore".
20 Corpus lnscriptionum Latinarum, III, 9586: "Alla giovane dolcissima Fla-
via, che a mente sana nel salutare giorno di Pasqua conseguì la grazia del glo-
CORNELIO E NOVAZIANO 581

tava a piè pari l'addestramento catecumenale; per questo verso la


fine del IV secolo il concilio di Laodicea si preoccupò di prescrivere
l'istruzione religiosa per quei clinici battezzati che successivamente
riacquistassero la salute21 • Il disfavore diveniva necessariamente
maggiore nel caso di quei catecumeni che appositamente differi-
vano il loro battesimo fino al punto di morte, per poter più a lungo
condurre una vita libera e per il timore di non poter essere ulte-
riormente assolti da eventuali peccati commessi dopo il battesimo.
Inoltre, nel caso di chi veniva battezzato in stato di incoscienza,
c'era anche il dubbio che la sua conversione non fosse sincera; è
per questo motivo che nel 315 un canone del Concilio di Neocesarea
impedirà l'accesso al sacerdozio dei clinici, che sono stati battezzati
non per loro volontà ma solamente per necessità 22 • Proprio a causa
di ciò alcuni presbiteri romani potevano essere stati sfavorevoli
alla ordinazione di Novaziano: per il timore che egli avesse tardato
deliberatamente il suo battesimo per convenienza, o che la sua fede
non fosse accompagnata da una sincera conversione spontanea, e
ancora a motivo del carattere del battesimo stesso, amministrato
con minor solennità e senza gli altri riti accessori (principalmente
l'unzione), come Cornelio stesso non manca di sottolineare.
Georg Kretschmar avanza un'ulteriore spiegazione: "In un caso
come quello di Novaziano è comprensibile che rimanga il dub-
bio se lo spirito maligno sia già stato scacciato o se forse non sia
stato battezzato insieme" 23 • È la stessa preoccupazione di Teodoto,

rioso fonte <battesimale> e sopravvisse per cinque mesi dopo il santo battesimo".
Altre occorrenze epigrafiche sono elencate in P. CIPROTTI, Clinici, col. 1873.
21 Concilium laodicensis, canon 47: "Quelli che vengono battezzati durante la

malattia e successivamente guariscono, devono imparare a memoria il Credo e


sapere che sono stati loro concessi i doni divini".
22 Concilium neocaesariensis, canon 12: "Se qualcuno è battezzato quando

è ammalato, giacché la sua <professione di> fede non fu volontaria ma causata


dalla necessità, non può essere promosso al presbiterato, se non sulla base della
fede e dello zelo che avrà dimostrati in seguito e in caso di scarsità di per-
sone".
23 G. KRETSCHMAR, Die Geschichte des Taufgotlesdienstes, p. 142. Mi sembra
che possano prestarsi ad errata interpretazione le parole di E. FERGUSON, Bap-
tism in Early Church, p. 382, nota 10: "Georg Kretschmar explains the doubts
about Novatian's baptism as due to the absence of exorcisms (Cornelius men-
tions the "other things" connected with baptism that he did not receive), so
demons may have been baptized with him". In verità Kretschmar non parla
di assenza degli esorcismi: egli prima si riferisce alla credenza che la malattia
582 CAPITOLO 23

cioè che gli spiriti maligni possano scendere alle acque battesimali
assieme al battezzando24 • Kretschmar non menziona Teodoto ma
ricorre alla Traditio apostolica, la quale vieta di accettare gli ossessi
per le ultime fasi del catecumenato se prima non sono stati puri-
ficati25; ma, rispetto a Teodoto, il passo della Traditio mi sembra
assai meno chiaro riguardo alla motivazione del divieto.
Ritornando alla presenza degli esorcisti, è probabile che DOlger
sia nel giusto interpretando il loro soccorso prestato a Novaziano
come tentativo di esorcizzare il demone che causava la sua malat-
tia; probabilmente Novaziano non era un energumeno, cioè non
mostrava i segni della possessione diabolica consueta, ma la sua
malattia era stata attribuita alla presenza di Satana in lui: su
questo Cornelio è chiarissimo. Può anche darsi che Novaziano non
abbia ricevuto il battesimo in stato di coscienza. Questo passo ci
fa comprendere che a Roma prima del 250 esisteva una classe di
esorcisti impegnata regolarmente nel soccorso degli indemoniati e,
più in generale, nella cura dei malati la cui infermità era ascritta
all'influenza nefasta di un demone. Non è però testimonianza di
una prassi comune di impartire esorcismi battesimali a Roma.

3. L'esorcistato a Roma secondo Cornelio


Dalla medesima lettera di Cornelio a Fabio di Antiochia si trag-
gono ulteriori informazioni sulla classe degli esorcisti:
Non sapeva dunque quel vendicatore del vangelo che deve esserci
un solo vescovo nella Chiesa cattolica? Eppure non ignorava - come
poteva? - che vi sono quarantasei presbiteri, sette diaconi, sette
suddiaconi, quarantadue accoliti, cinquantadue esorcisti, lettori ed

di Novaziano potesse essere guarita solo con gli esorcismi; poi ipotizza che la
validità del battesimo potesse essere messa in dubbio a motivo del timore che
anche i demoni (presenti con la malattia) fossero stati battezzati con lui; infine,
quando parla delle "altre cose", menziona il sigillo dal vescovo. Kretschmar
non collega le "other things" agli esorcismi, e più che di "absence of exorcisms"
occorrerebbe parlare di "failure of exorcisms". Gli esorcismi, infatti, erano stati
fatti, ma non erano bastati a guarirlo.
24 CLEMENS ALEXANDRINUS, Excerpia ex Theodoto, 83.
25 Traditio apostolica, 15, 8 (saidico): "Se c'è qualcuno che ha un demonio,
non udrà la parola dell'insegnamento fino a che non sia purificato".
CORNELIO E NOV AZIANO 583

ostiarii, più di millecinquecento vedove e poveri, tutti sostenuti


dalla grazia e dalla benignità del Signore26 •
A buon diritto così si esprimeva Adolf Harnack sul breve
inciso:
Questo passo, sotto l'aspetto statistico, è il più importante docu-
mento che noi possediamo dei primi tre secoli della storia ecclesia-
stica. La comunità romana nell'anno 251 aveva un clero di cento-
cinquantacinque persone (compreso il vescovo), che essa manteneva
e nutriva, ed oltre millecinquecento tra vedove e bisognosi 27 •
Papa Cornelio enumera dunque quarantasei presbiteri, sette
diaconi, sette suddiaconi, quarantadue accoliti e cinquantadue tra
esorcisti, lettori ed ostiarii. Il numero dei preti, dei diaconi e dei
suddiaconi era stabilito e commisurato alle necessità di ciascun
luogo di culto nei quartieri della città (i tituli) e delle sette regioni
ecclesiastiche della Roma antica (suddivisione che il Liber pon-
tificalis attribuisce a Clemente, ma opera di Fabiano, secondo il
Catalogo liberiano) 28 • Il numero di quarantasei fa pensare ad una
ventina di tituli, ciascuno probabilmente servito da due presbiteri,
ai quali andrebbero aggiunti nel conteggio i sacerdoti che erano
impegnati nel servizio del vescovo; in effetti dalle sottoscrizioni dei
preti presenti al concilio romano del primo marzo 499, sotto papa
Simmaco, si può ricavare che a quel tempo i tituli erano giunti
ad essere circa venticinque 29 • Riguardo all'ubicazione di questi luo-
ghi di culto, restano valide le parole di Louis Duchesne: "Non si è

26 EUSEBIUS CAESARIENSIS, Historia ecclesiastica, VI, 43, 11: 'Q Èxatx'l)-


T~c; a?iv TOU e:ùocyye:ì..(ou aùx ~7ttO'TOCTO itvoc È7ttO'X07taV ae:i:v e:Tvoct Èv xoc6aì..txij
ÈxxÀ 'l) O' t~, Èv fl aùx ~yv6e:t, 1twc; y,Xp; 7tpe:a~uTÉpauc; e:Tvoct Te:aaocptX.xanoc it~,
atocx6vauc; É7tTtX, tJ7taatocx6vauc; É7tTtX, &xaÀau6auc; Ma xoct Te:O'O'OCptXXaVTOC, È~ a p-
XLO'TOCç aè xoct ocvocyv6>0'TOCç &fLOC 7tUÀ<ùpai:c; Ma xoct 7te:VTYJXaVTOC, x1Jpocc; O'ÙV
6ì..t~afLÉVOtc; Ù7tÈp Toce; XLÀ(occ; 7te:VTOCXaO'(occ;, a~c; 7ttXVTocc; ~ TaU ae:a7t6TOU xtX.ptc;
XOCL (j)LÀIXV6pt•l7ttOC atocTpÉtpe:t.
27 A. HARNACK, Missione e propagazione, p. 508.

28 Sulla suddivisione territoriale ed organizzativa della Chiesa romana,


J. P. KIRSCH, Die romischen Titelkirchen; F. LANZONI, I titoli presbilerali; R. VIL-
LIARD, Recherches sur les origines; C. PIETRI, Régions ecclésiastiques; V. SAXER,
L 'utilisation par la liturgie.
29 Il numero dei titoli rimase sostanzialmente invariato sino al xn secolo; la

loro lista si ritrova in V. SAXER, L'ulilisation par la liturgie de l'espace urbain.


Ancor oggi è sopravvissuto il sistema dei tituli, che attualmente sono le chiese
romane alle quali è preposto un cardinale dell'ordine dei preti.
584 CAPITOLO 23

conservato alcun documento che permette di determinare in modo


certo dove si trovavano, prima di Costantino, gli edifici cristiani
compresi dentro le mura della città di Roma" 30 • Ognuna delle sette
grandi regioni ecclesiastiche - analoghe alle quattordici regioni
civili di Augusto - era invece affidata alla sollecitudine ministeriale
di un diacono, assistito da un suddiacono e da sei accoliti: i diaconi
a Roma rimasero sette fino almeno al IV secolo, per rispettare il
numero stabilito nell'era apostolica31 • Purtroppo il numero dei cin-
quantadue ministri inferiori (esorcisti, lettori ed ostiarii) non può
essere schematicamente suddiviso, non essendo multiplo né delle
regiones né dei tituli.
Secondo Cornelio i centocinquantacinque membri del clero ed i
millecinquecento indigenti vengono tutti sostenuti dalla filantropia
del Signore, e questa circostanza fa presupporre la loro iscrizione
in apposite liste. Si era sviluppata verosimilmente una gerarchizza-
zione corporativa, che veniva mantenuta economicamente dai fedeli
e che in alcuni casi prevedeva anche l'esistenza di un numero fisso
di ministri, ripartiti tra regiones e tituli. Nel complesso, da questo
documento si può indurre che il numero dei cristiani cattolici di
Roma si aggirasse tra le trentamila e le cinquantamila unità.
Da tutto ciò è possibile evincere che nel 250 a Roma esisteva uno
specifico ordine di esorcisti, pienamente inserito all'interno della
gerarchia clericale e collocato tra quello dei suddiaconi e quello dei
lettori. Sono probabilmente questi gli esorcisti che hanno prestato
la loro attività in favore di Novaziano immediatamente prima del
suo battesimo: essi erano quindi impiegati non solo negli scongiuri
contro gli energumeni, ma anche nella cura di quegli infermi la cui
malattia era considerata effetto della possessione demoniaca.

30 L.DucHESNE, Les titres presbyléraux elles diaconies, p. 217.


31 At 6, 3: "Cercate dunque, fratelli, tra di voi sette uomini di buona repu-
tazione, pieni di Spirito e di saggezza, ai quali affideremo quest'incarico". Nel
258, sotto il pontificato di Sisto II ed in seguito al secondo editto di Valeriano,
tutti e sette i diaconi romani vennero martirizzati.
APPENDICE l
TRADIT IO APOSTOLICA

Prima di esaminare il testo di questo ordinamento, è necessaria


una premessa. Nel 1551 fu ritrovata a Roma la statua acefala di
un personaggio seduto; sul suo trono furono notati alcuni titoli di
scritti, incisi nel marmo, che vennero ricondotti alla figura di Ippo-
lito romano. Eduard Schwartz nel 1910 e Richard H. Connolly nel
19161, in modo indipendente, identificarono un ordinamento cano-
nico-liturgico che nel 1891 Hans Achelis aveva denominato Costitu-
zione ecclesiastica egiziana con il trattato 'A7tO(jTOÀLK~ 7t~poc3omç il
cui titolo era inciso sulla statua. Si trattava certamente di un'opera
pseudoapostolica e pseudoepigrafica 2 ; tuttavia essa poteva rivelarsi
un'utile fonte di informazione sul pensiero e la pratica di coloro che
l'avevano elaborata3 • Di conseguenza, il documento venne conside-
rato come opera di Ippolito e testimone della tradizione liturgico-
canonistica della Chiesa romana dei primi anni del m secolo. Ora,
nel 1977 decadeva l'identificazione ippolitea della statua vaticana,
dimostrata essere originariamente la raffigurazione di un personag-
gio femminile 4 , e si metteva fortemente in dubbio la personalità
storica e letteraria dell'Ippolito ricostruita sulla base di essa5 ; sono
poi seguite numerose critiche all'attribuzione ippolitea del testo,

1 E. ScHWARTZ, Uber die Pseudoapostolischen Kirchenordnungen;


R. H. CoNNOLLY, The So-Called Egyplian Church Order.
2 Sulla pseudoepigrafia, cfr. W. SPEYER, Fiilschung, lilerarische; ID., Die lile-
rarische Fiilschung; N. BRox, Falsche Verfasserangaben; F. ToRM, Die Psycholo-
gie der Pseudonymiliit; A. D. BAUM, Pseudepigraphie und literarische Fiilschung.
3 Su questa letteratura, A. FAIVRE, La documentalion canonico-liturgique;
P. F. BRADSHAW, Kirchenordnungen; ID., Alle origini, pp. 87-114; B. STEIMER,
Vertex lraditionis; A. DI BERARDINO, Letteratura canonistica.
4 M. GuARDUCCI, La statua di Sant'Ippolito; EAD., La statua di Sanl'lppolito
e la sua provenienza; P. TESTINI, Di alcune testimonianze; ID., Vetera et nova su
lp polito. Cfr. E. CASTELLI, Le due statue di sant'lp polito.
5 Per una aggiornata messa a punto di questa ricerca tutta italiana, M. SIMO-
NETTI, Ippolilo; ID., lppolito. Contro Noeto, pp. 70-139; E. PRINZIVALLI, lppo-
lito.
586 APPENDICE

alla sua provenienza romana, alla sua integrità, alla sua possibile
ricostruzione coerente6 •
Il testo greco originale della Traditio apostolica è sostanzialmente
perduto; si è quindi costretti, nella ricostruzione del trattato, a
dipendere da versioni tardive e da riadattamenti più o meno estesi.
Anzitutto, una versione latina databile tra il 375 ed il 400, una
in copto saidico del 500 circa, una araba, ricavata nel xm secolo
dal saidico, e quella etiopica, in parte tratta dall'arabo, in parte
testimone di antica fedeltà. Poi vi sono più o meno ampie rielabo-
razioni del testo: i Canoni di Ippolito, le Costituzioni apostoliche e
la loro Epitome, ed il Testamento del nostro Signore Gesù Cristo. Ben
presto gli studiosi tentarono di trarre un testo unico dalle nume-
rose versioni e riadattamenti, da presentare come ricostruzione
dell'originale greco soggiacente. Gli editori che si sono succeduti
hanno fatto largo affidamento sulla versione latina, considerandola
una buona traduzione; l'edizione da tempo recepta, quella di
Bernard Botte7 , presenta il testo latino accompagnato da una ver-
sione latina del testo saidico (rimpiazzato nelle lacune dall'etiopico
o da altro), con un apparato di varianti; a fianco, si ha una tradu-
zione francese che vorrebbe ricostruire il tenore dell'originale per-
duto. Questo modo di procedere ha favorito l'utilizzo acritico di un
testo ricreato in modo apparentemente coerente, ma in realtà rico-
struito sulla base di una personale interpretazione di fonti spesso
discordanti tra loro; questo metodo, infatti, non tiene conto del
fatto che potenzialmente ogni manoscritto liturgico può essere un
esemplare di uno stadio differente di evoluzione di quello che è
stato ben definito come un testo vivente8 • Il fatto che nella Traditio

6 La bibliografia è molto estesa; mi permetto di rimandare ad A. NICOLOTTI,


Che cos'è la Traditio apostolica. Qui segnalo solamente gli ultimi lavori deco-
struzionisti di M. METZGER, Nouvelles perspeclives; ID., Enquètes; C. MARKSCHIEs,
Wer schrieb die sogenannte Traditio; P. F. BRADSHAW, The Problems of a New
Edilion. L'ultima versione italiana commentata (E. PERETTO, La Tradizione
apostolica) è del 1996 e contiene solo parzialmente la menzione di questi svi-
luppi. Non è raro, però, trovare ancora autori che ignorano completamente
questo nuovo indirizzo di studi su Ippolito e sulla Traditio apostolica; ad esem-
pio, P. LAMPE, From Pau/ lo Valentinus (sul quale vedi E. CASTELLI, Considera-
zioni a margine, pp. 510-513).
7 B. BoTTE, La Tradition Apostolique de Saint Hippolyte.
8 Cfr. P. F. BRADSHAW, Liturgy and "Living Literalure". Questi temi li ho già
toccati altrove: A. NICOLOTTI, Sul metodo per lo studio dei lesti liturgici.
TRADITIO APOSTOLICA 587

apostolica siano stati rinvenuti doppioni, contraddizioni ed incoe-


renze, è prova che essa risponde perfettamente a queste caratteri-
stiche; di fronte ad un testo canonico-liturgico così malamente con-
servato, di cui manca persino una qualunque testimonianza diretta,
per decidere se un particolare elemento compete alla versione "ori-
ginale" o è un cambiamento tardivo, occorre ricorrere allo studio
comparativo, sulla base di quanto è noto della pratica liturgica
coeva, ove questo sia possibile9 • Questa premessa vale per giustifi-
care il mio approccio critico verso questo testo, che ordinariamente
è stato utilizzato dagli storici - nella sua forma ricostruita - come
se fosse una pura testimonianza di un ambiente ben preciso e collo-
cato cronologicamente. Di qui, la necessità di esaminare sinottica-
mente ed indipendentemente ogni diversa versione della Traditio,
senza illudersi di avere di fronte un testo perfettamente conser-
vato, testimone incontaminato della tradizione liturgico-canonica
del m secolo. Un esempio di questo nuovo approccio è l'ottima tra-
duzione sinottica e commentata di P. F. Bradshaw, M. E. Johnson
e L. E. Phillips, di cui mi sono ampiamente servito 10 • La posizione
da loro assunta è radicale: la Traditio sarebbe
una aggregazione di materiale proveniente da differenti fonti, assai
verosimilmente originato in diverse regioni geografiche e proba-
bilmente in differenti periodi storici, forse databile a partire dalla
metà del 11 secolo fino alla metà del IV, senza che nessuna delle
testimonianze testuali possa essere collocata con certezza prima
dell'ultimo quarto del IV secolo. Riteniamo inverosimile che esso
rappresenti la pratica di una singola comunità cristiana, e che si
comprenda meglio tentando di discernere i vari elementi individuali
e gli strati che lo costituisconou.
Nella mia trattazione mi concentrerò principalmente sulle ver-
sioni vetustiori, latina e copta; ma riporterò anche le versioni arabe
ed etiopiche, quando si differenzino dalle precedenti in maniera
significativa. Grazie alla gentilezza di Alessandro Bausi, ho potuto

9 Il pioniere del metodo comparativo applicato alla liturgia fu Anton Baum-

stark; si veda il suo noto Liturgie comparée. Una raccolta di studi sull'argo-.
mento in Comparative Liturgy, edd. R. F. TAFT- G. WINKLER.
10 P. F. BRADSHAW- M. E. JoHNSON- L. E. PHILLIPS, The Apostolic Tradi-
tion (2002). Ho seguito questa edizione anche nella numerazione dei capitoli.
li P. F. BRADSHAW- M. E. JoHNSON- L. E. PHJLLIPS, The Apostolic Tradi-
tion, p. 14. Cfr. anche p. XI.
588 APPENDICE I

inserire anche alcuni riferimenti ad un nuovo e tuttora inedito


testimone etiopico di rilevante importanza 12 •

l. Carismi di guarigione
Nella cosiddetta Traditio apostolica vi è una serie di disposizioni
concernenti le ordinazioni o le istituzioni di particolari categorie:
presbiteri, diaconi, confessori, vedove, lettori, vergini, suddiaconi;
per ultimo, un canone riguardante coloro che hanno ricevuto il
dono della guarigione:
Se qualcuno dice: "Io ho ricevuto i doni di guarigiOne attraverso
una rivelazione", non andrà imposta la mano su di lui; infatti
l'opera stessa rivelerà se egli dice il vero 13 •
L'istruzione ha il medesimo tenore in tutte le recensioni per-
venute. Questa disposizione pare riflettere una precisa situazione
nella quale alcuni appartenenti al laicato esercitano il ministero
della guarigione; mancano ulteriori precisazioni sulla natura di
questo ministero, ma si può pensare che non sia molto diverso da
quello già descritto da Ireneo:
Alcuni infatti allontanano i dèmoni sicuramente e veramente [... )
Altri hanno prescienza dell'avvenire, visioni e detti profetici. Altri

12 Si tratta di un manoscritto contenente 36 testi appartenenti ad una colle-

zione canonica egiziana, probabilmente tradotta in età aksumita (Iv-vn secolo)


da un originale greco. Questo manoscritto rispetto al testo etiopico finora noto
"preserva una più antica e indipendente traduzione, che è di gran lunga più
importante" ed è ritenuto da Alessandro Bausi "una nuova fonte decisiva". Cfr.
A. BAusi, New Egyplian Texls (cito dalle pp. 147 e 149). I passi qui riportati e
la loro traduzione e interpretazione sono il risultato assolutamente preliminare
di un lavoro in corso d'opera, sia sulla Tradilio apostolica sia sugli altri testi
della stessa raccolta di cui la Tradilio apostolica fa parte: per primi elementi di
inquadramento il lettore si rifaccia anche ad A. BAUSI, San Clemente; ID., The
Aksumile Background; ID., La Collezione aksumila. In particolare sulla Tradilio
apostolica, ID., The "So-called Traditio Apostolica". Apparenti incongruenze gra-
fiche e linguistiche dell'etiopico sono dovute a peculiarità paleografiche e lin-
guistiche proprie della collezione etiopica di cui la Traditio apostolica fa parte:
per qualche indicazione al riguardo, A. BAUSI, Ancienl Features.
13 Traditio apostolica, 14: erq~.a..ttoyA Ae xooc xe AU::I N2,€H2,HOT NT.UC5o
2,1TN oyCSWAn €BOA NH€VKA C5U:: €.li:Wq· NToq r.a..p n2,W8 HAOYOH2,q 680A
eqJWne eqxe He.
TRADITIO APOSTOLICA 589

curano gli infermi per mezzo dell'imposizione delle mani e li resti-


tuiscono guaritP 4 •

Pare chiaro che il redattore della Traditio si sta riferendo a


qualcuno privo di ordini sacri, come risulta ancora più evidente
dalla redazione del Testamentum Domini, dove la norma IniZia in
questo modo: "Se qualcuno appare tra il popolo [... }". Gregory
Dix, che considera questa recensione come la migliore, ricostru-
isce: Mv nç <pocvij Èv -r<'ì) Àoc<;l, ritenendo che <pocvij (appare) sia la
corretta lezione, sostituita successivamente da <pij (dice) 15 • Bernard
Botte, che inizialmente condivise questa ipotesP 6 , successivamente
preferì fidarsi del testo saidico, abbandonando la retroversione di
Dix 17 •
Quale che sia la redazione originale, il testo richiama uno dei
doni dello Spirito Santo presenti nella prima Epistola ai Corinzi,
i XOCPLCJfJ.OC't"OC ~OCflcX't"WV (12, 9); l'interesse per questo passo sta nel
fatto che esso potrebbe essere applicato anche agli esorcismi, ordi-
nariamente accomunati alle guarigioni. Per Jean M. Hanssens il
guaritore di cui si parla nella Traditio è semplicemente ciò che negli
altri testi norma ti vi sarà chiamato esorcista 18 • In effetti, lo stesso
canone nel suo rifacimento ampliato delle Costituzioni apostoliche (e
della sua Epitome) associa pienamente le due figure (diversamente
da quanto faceva Ireneo):
L'esorcista non sia ordinato, poiché il successo della sua lotta
dipende dalla volontaria benevolenza e dalla grazia di Dio, per
mezzo del Cristo attraverso la venuta dello Spirito Santo; infatti
colui che ha ricevuto il carisma della guarigione è fatto conoscere
per mezzo della rivelazione da Dio, essendo visibile per tutti la gra-

14 IRENAEUS LUGDUNENSIS, Adversus haereses, Il, 32, 4.


15 G. Dix, The Trealise on the Apostolic Tradition, p. 22. Sulla tradizione
testuale di questo passo, vedi anche J. MAGNE, Tradition Apostolique, pp. 78-80.
R. J. S. BARRET-LENNARD, Christian Healing, p. 244, nota 65, nel descrivere la
retroversione di Dix mostra di non comprendere le ragioni filologiche dell'au-
tore, risolvendosi a fidarsi maggiormente di Botte, ma confessando di non
saperne il motivo, per poi ugualmente affermare che in ogni caso il testo di Dix
è probabilmente "abbastanza vicino all'originale".
16 Nella sua prima edizione del 1946: B. BoTTE, La Tradition Apostolique

d'après les anciennes versions.


17 B. BoTTE, La Tradition Apostolique, p. 33.

18 J. M. HANSSENS, La Liturgie d'Hippolyte, p. 125.


590 APPENDICE l

zia in lui. Ma se si necessita di lui come vescovo, presbitero o dia-


cono, lo si ordinP 9 •
R. Barret-Lennard si sofferma sull'uso dell'espressione x~p(a­
!J.~T~ L~!J.<XTwv al plurale, domandandosi se questo non celi - nelle
intenzioni di Paolo e del redattore della Tradilio - la volontà di
identificare due distinte categorie di infermità, quella causata dalla
malattia corporale e quella conseguente alla possessione diabolica 20 •
Solo la recensione saidica della Traditio, però, porta il termine
"doni" al plurale; le altre, senza l'eccezione del nuovo testimone
etiopico, hanno il singolare. In ogni caso, l'esempio delle Costitu-
zioni apostoliche sopra riportato mostra una sovrapposizione dei due
ruoli, e ad esso si aggiunge la certezza dell'esistenza fin dalla metà
del 111 secolo di uno specifico ordine di esorcisti almeno a Roma, a
Cartagine ed in Cappadocia 21 .
Nella Traditio si parla della ricezione dei doni di guarigione otte-
nuta attraverso una rivelazione; se le Costituzioni apostoliche hanno
conservato l'espressione greca originale, essa era probabilmente
8t' oc7tox~Mijlewç. Sebbene Paolo non usi il termine OC7tO><.ocÀuljJLç, egli
insiste nell'attribuire la provenienza dei doni 8toc -rou llveu!J.~Toç22 ;
la rivelazione è lo strumento del quale lo Spirito si serve per tra-
smettere il carisma nell'uomo, carisma che non gli deriva da una
propria capacità connaturata, ma dall'intervento soprannaturale
che si realizza in un determinato momento della storia.

19 Constilutiones Apostolorum, VIII, 26: 'E7topxtcr't"Ìjç où X.Etpo-rovEt't"IXL, EÙ-

votiXç y<Xp Éxoucr(ou -rò ~7t1X6Àov xiX! x_&pt-roç 0Eou 8tcì Xptcr-rou im<pot't"~O"EL
-rou &:y(ou llvEUtJ.IX't"oç·o yà:p ÀIX~6>v x_&ptcrtJ.IX t!XtJ.&-rwv 8t' oc7tox!XM~Ewç {mò
0Eou ocv1X8dxvu-r1Xt, <piXvEpiiç oì)crl)<; 1tiicrtv njç iv IXÙ-r(\1 x_&pt-roç. 'E<Xv 8è x_pd1X
IXÙ't"OU yéVl)'t"IXL Elç i7ttO"X07tOV ~ 7tpEO"~U't"Epov lì 8t&xovov, X,ELpO't"OVEt't"IXt.
20 R. J. S. BARRET-LENNARD, Christian Healing, pp. 246-247.
21 EusEBIUS CAESARIENSIS, Historia ecclesiastica, VI, 43, 11; CYPRIANUS CAR-
THAGINENSIS, Epistufae, 23; 75, 10, 4.
22 l Cor 12, 8-11: "A uno viene concesso dallo Spirito il linguaggio della
sapienza; a un altro invece, per mezzo dello stesso Spirito, il linguaggio di
scienza; a uno la fede per mezzo dello stesso Spirito; a un altro il dono di far
guarigioni per mezzo dell'unico Spirito; a uno il potere dei miracoli; a un altro
il dono della profezia; a un altro il dono di· distinguere gli spiriti; a un altro le
varietà delle lingue; a un altro infine l'interpretazione delle lingue. Ma tutte
queste cose è l'unico e il medesimo Spirito che le opera, distribuendole a cia-
scuno come vuole".
TRADITJO APOSTOLICA 591

La norma in oggetto pare ostacolare la creazione di una speci-


fica classe di guaritori, ufficialmente investiti di una qualche sorta
di ordinazione ecclesiale impartita tramite l'imposizione delle mani
(o, meglio, della mano 23 ). In effetti, la taumaturgia non è necessa-
riamente un carisma sempre in grado di funzionare, ma può avere
un carattere occasionale e saltuario; concedere una ordinazione
sacra ad un guaritore sarebbe forse attribuire un onore eccessivo
ad una persona la cui funzione, comunque, si esplica tranquilla-
mente anche senza aver ottenuto alcuna investitura speciale. Ciò
però non significa che si escluda completamente l'esistenza di un
qualche tipo di ordine di guaritori (esorcisti?) nell'ambiente in cui
questo canone era applicato; nella stessa Traditio, infatti, se da
una parte i vescovi, i presbiteri ed i diaconi devono essere ordi-
nati, le vedove, i lettori, le vergini e i suddiaconi non sono desti-
nati a ricevere l'imposizione della mano, ma a loro è riservata una
nomina. Ugualmente, queste categorie vengono prese in considera-
zione come autentiche classi che rivestono un ruolo istituito all'in-
terno della Chiesa; i lettori e i suddiaconi, poi, sono espressamente
nominati per compiere attività liturgiche, svolgendo funzioni che
saranno tipiche dei veri e propri ordini minori. Quella dei guaritori
si configura come una categoria pienamente inserita nel contesto
istituzionale ecclesiale, che però non necessita di un'ordinazione
sacramentale impartita dal vescovo; ne entra a far parte chi è stato
fatto oggetto di una particolare rivelazione personale, mediante la
quale gli è stata comunicata la virtù di sanare le infermità. L'au-
tenticità del suo carisma è di facile attestazione, perché i fatti sono
prova tangibile dell'onestà di chi si dichiara investito di una tale
capacità. Tutto ciò non pare in contrasto con la responsabilità del
ministero rivolto agli infermi che fin dal 1 secolo venne attribuita

23 V. SAXER, Vie lilurgique et quolidienne, pp. 133-136, prende in esame le

testimonianze di alcuni autori che chiaramente parlano dell'imposizione di una


mano sola. Contro la posizione di chi considera l'espressione come un singo-
lare collettivo, indicante l'imposizione di entrambe le mani (J. ScHRJJNEN -
C. MoHRMANN, Sludien zur Synlax, vol. l, pp. 48-55) Saxer sostiene la coesi-
stenza delle due pratiche, con preferenza per il rito dell'imposizione della sola
mano destra nelle ordinazioni e nell'iniziazione. Secondo le testimonianze ico-
nografiche, l'imposizione della destra era di regola: L. DE BRUYNE, L'imposilion
des mains dans l'ari.
592 APPENDICE l

al vescovo ed al collegio presbiterale24 ; la situazione descritta dalla


Traditio apostolica rivela la coesistenza pacifica delle due even-
tualità: "Mentre i vescovi e i presbiteri esercitavano un ministero
rivolto agli infermi di qualche genere, con la regolamentazione
relativa ad un laico provvisto del dono della guarigione possiamo
gettare lo sguardo su un ministero di guarigione ancora persistente,
parallelo e carisma ti co " 25 •
Dalla lettura di questo passo della Traditio apostolica, in defini-
tiva, risulta che al momento della sua stesura esistevano persone
prive di ordine sacro che esercitavano il carisma della guarigione,
ottenuto per singolare privilegio. È possibile ma non dimostrabile
che il redattore del testo intendesse riferirsi non solo ai guaritori
delle malattie fisiche, ma anche agli esorcisti: nella seconda metà
del rv secolo diverrà chiaro nella stesura di quella parte delle Con-
stitutiones apostolorum (VIII, 26) che si riferisce direttamente al
passo in questione della Traditio. L'esistenza di esorcisti cristiani è
certo cosa evidente fin dal 1 secolo, ma fino alla metà del m secolo
non si hanno prove di una organizzazione di esorcisti inserita a
pieno titolo nella lista degli uffici della Chiesa: di conseguenza, non
è possibile ritenere per assodato che la Traditio potesse riferirsi
ad essi, affiancandoli ad altre categorie (lettori, suddiaconi, etc.)
alcune delle quali hanno una vera e propria funzione ecclesiale e
saranno poi considerate come ordini minori. Ma certamente "tutte
le comunità contavano nel loro seno un certo numero di fratelli, i
quali, in virtù di un carisma particolare, erano ritenuti maggior-
mente idonei ad esorcizzare i posseduti dal demonio" 26 • Qualunque
siano la condizione e l'organizzazione presupposte dalla regolamen-
tazione della Traditio, la norma sui guaritori può essere interpre-
tata come espressione di una tendenza conservativa, la quale lascia
una certa libertà di azione a coloro che si dimostrano possessori di
un carisma elargito dallo Spirito, senza che l'autorità ecclesiastica
sia costretta ad impartire alcun tipo di ordinazione ministeriale.
Infatti poteva anche trattarsi di persone che si mostravano certa-

24 Gc 5, 14: "Chi è malato, chiami a sé i presbiteri della Chiesa e preghino su

di lui, dopo averlo unto con olio, nel nome del Signore". Nella stessa Traditio
si esortano i diaconi a riferire al vescovo chi è ammalato, affinché egli li possa
visitare (cap. 34).
25 R. J. S. BARRET-LENNARD, Christian Healing, p. 251.
26 M. RIGHETTI, Manuale di storia liturgica, vol. 4, p. 381.
TRADITIO APOSTOLICA 593

mente dotate di un carisma di guarigione, ma prive delle necessa-


rie qualità e della necessaria istruzione per accedere a qualsivoglia
grado di ordinazione sacra. La disposizione riconosce apertamente
che il dono carismatico non è materia di scelta personale o di desi-
gnazione ecclesiastica, sfuggendo al controllo della volontà umana;
d'altra parte, l'esistenza di questa disposizione sembrerebbe voler
prendere in considerazione e possibilmente regolamentare il carisma
taumaturgico all'interno della Chiesa, assicurandogli una posizione
accanto a quelle riconosciute delle vedove, dei lettori, dei suddia-
coni e delle vergini. È comunque un chiaro indizio che dimostra la
presenza di spinte verso l'istituzionalizzazione di queste figure.

2. Possessione diabolica e catecumenato


La Traditio apostolica contiene una precisa descrizione dell'ini-
ziazione cristiana, a partire dal momento in cui avviene la presen-
tazione ai maestri (3L3&crxocÀm) di coloro che si accostano per la
prima volta alla fede. Costoro devono essere interrogati riguardo
alle proprie motivazioni, al proprio stato civile e al proprio mestiere,
per avere la certezza che la loro vita e la loro condotta siano com-
patibili con l'istruzione catechetica e il futuro ingresso nella Chiesa.
Tra le condizioni necessarie si trova la seguente:
Se c'è qualcuno che ha un demonio, non udrà la parola dell'inse-
gnamento fino a che non sia purificato27 •
Il testo latino non è conservato, ma tutte le altre versioni e
recensioni sono concordi nel riportare questa norma: chi è posse-
duto dal demonio (30CL(J.6vLOv) non potrà udire la catechesi (cRw).
La versione saidica riporta anche un riferimento alla purificazione
(xoc6ocp(~w), assente però nell'arabo e in una delle due versioni etio-
piche; quella più antica (inedita), tuttavia, lo riporta:
Se c'è un indemoniato, non ascolti la parola presso il maestro fino
a che non sia purificato28 •
Esso si ritrova inoltre nel rifacimento delle Costituzioni apostoli-
che (7tpl.v &v xoc6ocpLcr6ji) e del Testamentum Domini.

27 Traditio apostolica, 15, 8: ecpwn€ A€ oy... n€ EYN oy.t..uHCVNION NHH.._q


NNEqcwTH Encp~ NT€CBW cp.._NTEqTi Bo.
28Tradilio apostolica, 15, 8: )\DD{l: H;J~"J{l: J\.f,<iP"7b: ?Il= o.-,o: DD9"LJC:
Mlh: f,'~Jt.l.ll Traduzione di Alessandro Bausi.
594 APPENDICE l

Purtroppo l'ordinamento non ci fornisce informazioni sulla sorte


di questi indemoniati; sicuramente saranno stati sottoposti ad
esorcismi, ma non possediamo informazioni né sugli attori né sulle
caratteristiche dei medesimi. Né servono allo scopo le descrizioni di
esorcismo battesimale presenti nell'ordinamento, che non possono
essere applicate senza distinguo a questo caso: era certamente per-
cepita la differenza tra un esorcismo compiuto su un energumeno e
l'esorcismo battesimale al quale tutti i catecumeni erano sottopo-
sti, anche se in loro non vi era alcun segno esterno di possessione
diabolica. Se l'esorcismo battesimale descritto dalla Traditio pre-
vede l'intervento del vescovo, questi altri esorcismi probabilmente
non erano riservati a persone che rivestivano un alto ruolo isti-
tuzionale nella Chiesa: è più facile pensare che questi ossessi che
si affacciavano al catecumenato fossero presi in cura da esorcisti
appositamente incaricati. Sulla natura di questi esorcisti, però, pos-
siamo avanzare solamente supposizioni: poteva trattarsi di membri
del clero deputati allo scopo, oppure di guaritori carismatici come
quelli di cui si occupava la disposizione del cap. 14, riconosciuti
dall'autorità ecclesiastica; per gli uni e per gli altri manca nella
Traditio qualunque prova lampante della presenza o dell'assenza di
una vera e propria struttura istituzionale, anche se a mio parere la
condizione descritta dal redattore del testo presuppone l'esistenza
di una ben riconoscibile organizzazione di esorcisti.

3. Gli esorcismi degli electi


Nel 1968 Jean-Paul Bouhot, occupandosi dei riti dell'iniziazione
esposti nei capitoli 20 e 21 della Traditio, suggerì che essi fossero
il risultato redazionale della fusione di due rituali di diversa pro-
venienza: una prima descrizione iniziatica romana, incentrata sul
ruolo del vescovo (cap. 20 e parte del 21), sarebbe stata successi-
vamente interpolata ed ampliata con materiale di provenienza afri-
cana che rivelava una maggiore attenzione per le figure dei presbi-
teri e dei diaconi (parte del cap. 21) 29 • L'analisi delle incongruenze
che emergono dalla lettura del rituale è stata poi affrontata da
Robert Cabié, il quale ha sposato in parte le intuizioni di Bouhot30 •

29 J. P. BouHOT, La confermazione, pp. 38-39.


30 R. CABIÉ, L'ordo de la initiation chrétienne.
TRADITIO APOSTOLICA 595

Bradshaw, Phillips e Johnson, rifacendosi a questi studi, ritengono


assai probabile questa influenza nordafricana, testimoniata dalle
numerose congruenze con gli scritti di Tertulliano e Cipriano. Essi
osservano altresì che una parte del testo riporta numerose istru-
zioni utilizzando una terminologia di esortazione impersonale (''che
essi facciano [... )", "si reciti la preghiera [... )"), senza che venga
specificato un preciso ruolo ministeriale. Sarebbe quindi possibile
ipotizzare tre diversi strati redazionali: quello di carattere imper-
sonale, quello episcopale e quello presbitero-diaconale31 • L'impos-
sibilità di riconoscere una unitarietà ed una provenienza certa del
rituale dell'iniziazione cristiana contenuto nella Traditio apostolica,
costringe ad esaminare ogni segmento della medesima alla luce dei
rituali già noti nelle diverse tradizioni liturgiche32 •
Con il capitolo 20 incomincia la descrizione dell'ultimo periodo
del catecumenato, quando è già avvenuta la "scelta" di coloro che
sono pronti per ricevere il battesimo dopo aver seguito un'istruzione
triennale (17): se questa parte competesse ad uno strato antico del
testo, la Traditio apostolica sarebbe una delle prime testimonianze
della suddivisione del catecumenato in due categorie33 . Dopo aver
verificato se i catecumeni hanno vissuto con coerenza il loro periodo
di istruzione, si passa ad una fase di preparazione intensiva al bat-
tesimo. La tradizione romana si riferisce a coloro che partecipano
a questo periodo proprio con la denominazione di electi, mentre
l'Africa, la Spagna e la Gallia li chiamano competentes, e l'oriente
illuminandi (<pWTL~6fJ.€vm). Riporto la versione saidica e il nuovo
testo etiopico inedito:

31 P. F. BRADSHAW- M. E. JoHNSON - L. E. PHILLIPS, The Apostolic Tradi-


tion, p. 108.
32 Una buona descrizione selettiva dei rituali sopravvissuti è V. SAXER, Les
riles de l'initiation. Si veda anche, per il n e 111 secolo, A. BENOIT- C. MUNIER,
Le bapUme dans l'Église ancienne.
33 È contrario a questa interpretazione T. MAERTENS, Hisloire et pastorale,
p. 92, secondo il quale non si è in presenza di due gruppi distinti che ricevono
insegnamenti differenti; non si può però negare che il testo operi una qualche
distinzione tra le due categorie, che non necessariamente deve aver a che fare
con l'istruzione.
596 APPENDICE l

Dal momento in cui saranno sepa- E durante le mattine imporranno


rati, sia imposta ogni giorno la la mano, mentre sono esorcizzati,
mano su di essi, esorcizzandoli. da quando sono stati eletti; e
E quando si avvicina il giorno in prima che si approssimi il giorno,
cui saranno battezzati, il vescovo il vescovo esorcizzi ciascuno,
esorcizzi ciascuno di loro, per per essere sicuro se siano dive-
sapere se sono puri. Ma se c'è nuti puri. E se risulta qualche
qualcuno che non è buono o puro, sospetto, li allontaneranno e li
lo metta da parte, perché non ha svergogneranno, perché non hanno
ascoltato la parola con fede; infatti ascoltato con fede; infatti un'en-
non è possibile nascondere sempre tità estranea non può risiedere in
lo straniero. A coloro che sono lui. Ma coloro che sono destinati
destinati al battesimo si ordini di a entrare (nel battesimo), siano
prendere un bagno e di rendersi istruiti di prendere un bagno il
liberi, e di lavarsi il quinto giorno quinto giorno della settimana35 •
della settimana34 .

Il racconto è parzialmente redatto in forma impersonale o col-


lettiva, parzialmente riferito al vescovo. I catecumeni da questo
momento sono messi da parte, separati dal gruppo; il verbo copto
utilizzato rende solitamente il greco op~~{ù o il composto &tpop~~{ù.
I prescelti prendono parte ad alcune assemblee particolarmente
importanti, tempi forti della preparazione quaresimale chiamati
scrulinia, nei quali hanno luogo pubblici e solenni esami dei candi-
dati al battesimo. Nella tradizione romana gli scrutinia erano ini-
zialmente tre, e si tenevano nella terza, quarta e quinta domenica
di quaresima; poi passarono a sette, ricoprendo anche alcuni giorni
feriali. Bradshaw, Phillips e Johnson fanno notare che la Tradi-
tio apostolica sembra contenere un solo scrutinio; inoltre, poiché la

34 Traditio apostolica, 20, 3-5: .XINH nNAY Ae eToyNAnop.xoy eBoA tu.poyu


csu:: e.xwoy HHHHNe eye:llopnze HHooy. epqJANnetooy AetCPN etOYN
eToytu.BAnTJZe RHooy NtHT(j tu.penemcKonoc elEopnze RnoyA noyA
RHooy .xeuc eqeeJHe .xe ceoyuB. eqJCPne Ae oyeN oyA eoyKUoc AN
ne " oyueApoc AN ne tu.poyuAq NCA oycA .xe RneqcwTR enqJA.xe
tN oymcTIC· eBOA .xe HN cp60H eTpempRHo tCPn eNet. tu.poyt CBW
Ae NNeTTHfP eBAOTIZe eYpey.xwKR AYW NceAAY NpeHte Nceeu.Ay Rntoy
RncABBATON.·
35 Tradilio apostolica, 20, 3-5: 111~').,.: A"Q.Ia.'f-: f'IP'I\.: ~J!:: ~')H: f.+C+f.:
<D ~-~-= .,...,cf.: ~~~~'tnA: +~l11: M<-1->: ~A.ll.f~it: 1\~1\= ~mJJ.: f.l<t=
hDD: f,~OD'): 1\~0D: ~Jrm.: III~OD<{I>fl: ih111J.'J-: f"'mP'fPl lllf,HChf,fP-: ~{IOD:
~-~: }\.(t9"o-: ~{IOD: 1\.hU/\: f,'"IJ!:C: ,IJ.fLII-: HObJ:.-11 lllf,.'f-,.0~: Qih ... : ~1\:
f,QI\.: VI\ID.: O..,_<(t>: it'JO.'f-: .,...,6<fl>: Traduzione di Alessandro Ba usi.
TRADITIO APOSTOLICA 597

versione etiopica tardiva ed il rifacimento dei Canoni di Ippolito


non riportano alcun esorcismo ma solamente un esame della con-
dizione dei catecumeni, essi ritengono possibile che il riferimento
all'esorcismo quotidiano possa essere stato aggiunto successiva-
mente36. Anche se alla metà del m secolo a Cartagine sono noti
esorcismi battesimali, è solo dal IV secolo che nel contesto della
preparazione ultima al battesimo sono attestati esorcismi quotidiani
nelle fonti liturgiche orientali, siro-occidentali e siro-palestinesP7 •
Anche le fonti occidentali (Agostino, gli ordines e i sacramentari
romani) sembrano ignorare gli esorcismi quotidiani, limitandoli al
periodo dei tre o sette scrutini quaresimali. Ciò tuttavia non è suf-
ficiente per affermare con sicurezza che il riferimento agli esorcismi
quotidiani sia il risultato di un'evoluzione tardiva; la mancanza di
questo riferimento nella versione etiopica e nei Canoni di Ippolito
potrebbe certamente indicare che esse disponevano di una versione
della Traditio che non li conteneva, ma è anche possibile che esse
stiano riflettendo, da parte loro, il costume tipicamente paleoales-
sandrino di uno scrutinio unico, non esorcistico38 . È interessante
che il nuovo testimone etiopico concordi con il testo latino.
Gli esorcismi sono quindi quotidiani: la costante ripetizione
potrebbe essere indice della credenza che un unico esorcismo non sia
sufficiente per liberare completamente il catecumeno dall'influsso
demoniaco, oppure potrebbe essere frutto della convinzione che gli
spiriti malvagi fossero continuamente pronti a ritornare presso i
catecumeni lungo tutto il periodo dell'istruzione, fino all'ultimo
momento che precedeva il battesimo; una precauzione, quindi,
memore delle parole di Gesù il quale affermava che gli spiriti pos-
sono anche ritornare in un corpo dal quale sono stati già scac-

36 P. F. BRADSHAW- M. E. JoHNSON - L. E. PHILLIPS, The Apostolic Tradi-


tion, p. 109.
37 EGERIA, Itinerarium, 46, 1: "Quanti si accostano al battesimo, durante

i quaranta giorni durante i quali si digiuna, siano dapprima esorcizzati di


buon'ora da parte dei chierici" (traduzione di Elena Giannarelli); loANNES CHRY-
sosToMus, Catecheses ad illuminandos, II, 12: "Bisogna dunque che voi sappiate
per quale motivo dopo l'istruzione quotidiana (xoc6Yj(.I.Eptv~) noi vi indirizziamo
alle parole di coloro che vi esorcizzano" (traduzione di Aldo Ceresa-Gastaldo);
CYRILLUS HIEROSOLYMITANUS, Catecheses ad illuminandos, l, 5: "Sii disponibile
per gli esorcismi, frequenta assiduamente le catechesi" (traduzione di Gabriella
Maestri); cfr. lo., Procalechesis, 9; 13; 14.
38 Cfr. P. F. BRADSHAW, Baplismal Praclice, pp. 10-12.
598 APPENDICE l

ciati (Mt 12, 43-45). O ancora, la reiterazione del rito di esorcismo


potrebbe essere interpretata come una semplice ripetizione rituale.
Il testo, per come ci è pervenuto, si preoccupa di attribuire al
vescovo la responsabilità dello scrutinio finale, mentre gli esorcismi
quotidiani precedenti paiono essere opera dei presbiteri, o forse di
esorcisti appositamente qualificati. Mi pare improbabile che questo
genere di esorcismi rituali ed istituzionali non si appoggiasse ad un
gruppo di esorcisti ben organizzato e deputato allo scopo, e fosse
lasciato all'arbitrio o alla competenza di esorcisti non pienamente
inseriti nel contesto ecclesiale; verrebbe da pensare ad una cate-
goria di esorcisti, forse anche sacerdoti, opportunamente scelti per
compiere scongiuri sui catecumeni. Vi era certamente una grossa
differenza tra gli esorcismi abitudinari dei catecumeni e gli esorci-
smi degli ossessi; se i primi probabilmente potevano essere anche
demandati ad un qualunque chierico appositamente incaricato dal
vescovo, gli altri sicuramente necessitavano di un carisma parti-
colare, di una specifica capacità o di un preciso incarico continua-
tivo. Se è corretta l'interpretazione proposta per le disposizioni
sui guaritori (14), la loro scelta dipendeva esclusivamente dalla
capacità che essi mostravano di avere. Abbandonando le suppo-
sizioni, è evidente che questo genere di esorcismi prebattesimali è
direttamente posto sotto il controllo episcopale: al vescovo infatti
spetta riconfermare il risultato positivo degli esorcismi preceden-
temente impartiti, compiendo egli stesso l'ultimo esorcismo prepa-
ratorio, dopo il quale poteva anche scegliere di rimandare il cate-
cumeno che non si dimostrava sufficientemente puro. La purezza
così dimostrata, tuttavia, non pare essere data per assodata, se il
sabato immediatamente prima del battesimo e nel giorno del bat-
tesimo stesso il vescovo pronuncerà altri esorcismi, come se quelli
precedenti non fossero stati sufficienti. Henry A. Kelly ritiene che
questa ripetizione sia disconcerting: egli risolve la questione ipotiz-
zando una ripetizione erronea del precedente esorcismo episcopale,
oppure intendendo l'ultimo esorcismo come una semplice "ricapito-
lazione drammatica" di ciò che era già stato compiuto, allo scopo
di edificare l'assemblea, fortificare i candidati e ammonire gli spiriti
avversi a non riavvicinarsi agli electi 39 • Tutto ciò va letto nell'ottica
ben messa in risalto da Jean Daniélou: "Il complesso dei riti del

39 H. A. KELLY, The Devii at Baptism, p. 87.


TRADITIO APOSTOLICA 599

battesimo costituisce un dramma in cui il candidato che finora era


appartenuto al demonio, si sforza di sfuggirvi" 40 •
È indubitabile che l'esorcismo non fosse solamente inteso come
atto simbolico, poiché esso coincideva con il momento della scelta
dei catecumeni degni del battesimo e del rimando di chi non si
mostrava buono (xocMç) o puro (xoc8ocp6ç). Il testo della Tradi-
tio suggerisce la presenza di una colpabilità morale in coloro che
vengono rimandati e rimproverati perché "non hanno ascoltato la
parola con fede"; Barret-Lennard propone una spiegazione di que-
sto inciso secondo la quale "per essere completamente efficace, il
rito dell'esorcismo doveva essere accompagnato da qualche genere
di riposta riguardo alla fede, da parte del candidato" 41 : ciò fa
immediatamente pensare ai contatti tra l'esorcismo e la professione
di fede già riscontrati negli scritti di Giustino ed Ireneo.
L'ultima parte della sezione presa in esame è di difficile com-
prensione. Nel saidico "infatti non è possibile nascondere (xpu7tTw?)
sempre lo straniero (CJIHHo)" si legge comunemente un riferimento
al diavolo; nella versione sai dica del V angelo di Giovanni (l O, 5)
qJHHo traduce il greco &.ÀÀ6Tpwç, nel senso di straniero, lontano
da Dio. Altrove, nella medesima Traditio apostolica, &.ÀÀ6Tpwç sta
ad indicare lo spirito malvagio (38, 2: nNeYJ1.l. N.u.AoTploN). La
nuova versione etiopica conferma questa interpretazione: "Un'en-
tità estranea non può risiedere in lui". Le altre versioni in arabo ed
etiopico, invece, non aiutano a comprendere meglio:
Non è possibile che lo straniero Non è appropriato fare (ciò) per
sia battezzato assolutamente42 • uno straniero assolutamente 43 •
Alistair Stewart-Sykes ipotizza tra l'altro che il testo faccia rife-
rimento alla possibilità ventilata negli Estratti da Teodoto che lo
spirito malvagio si attacchi al corpo del battezzando e si immerga
con lui nel fonte battesimale, ricevendo egli stesso il battesimo44 .

40 J. DANIÉLOU, Bibbia e liturgia, p. 28.

41 R. J. S. BARRET-LENNARD, Christian Healing, p. 267.


y1
42 Traditio apostolica, 20, 4: Ui\ .:i!;.t ~) :f.::t, "i Traduzione di Davide Righi.
43 Tradilio apostolica, 20, 4: MIOD: A.S'.hlll-'l': Mh.c: ,...,Oc: ..,,_t-,. Tradu-
zione di Michael Hanssens.
44 CLEMENS ALEXANDRINUS, Excerpta ex Theodoto, 83; si veda il passo più
avanti, a proposito della nudità corporale. A. STEWART-SYKES, On the Apostolic
Tradition, p. 108.
600 APPENDICE l

Il saidico è difficilmente accessibile anche nella parte in cui


richiede a coloro che sono destinati al battesimo di "rendersi liberi".
Secondo Botte si tratta di un errore di trascrizione: il copista
copto avrebbe confuso l'espressione NC€€1.U.Y (lavarsi) con NC€.U.Y
(rendersi). Qualcun altro poi per dare un senso alla frase avrebbe
aggiunto il termine pHf€ (liberi), traendolo dalle Scritture45 ; il mano-
scritto pervenutoci avrebbe quindi confuso le due lezioni 46 • Questa
spiegazione sarebbe confermata dalle recensioni araba e da entrambe
quelle etiopiche, che non portano traccia di quella espressione:
Essi istruiscono coloro che stanno Ma coloro che sono destinati a
per essere battezzati a prendere entrare (nel battesimo), siano
un bagno ed a lavarsi il quinto istruiti di prendere un bagno il
giorno della settimana47 • quinto giorno della settimana 48 •
A questa istruzione la recensione etiopica edita aggiunge anche
un esorcismo, sempre il giovedì, assente invece in quella inedita
più antica sopra riportata. Il significato di questo bagno potrebbe
semplicemente risiedere nel fatto che, nel periodo di preparazione
al battesimo, i catecumeni non si erano più lavati.

4. Esorcismo battesimale
La descrizione degli ultimi giorni di catecumenato prevede altri
esorcismi; ecco i testi della recensione copta e di quella etiopica
inedita:
Coloro che riceveranno il batte- Ma coloro che devono entrare (nel
simo, digiunino nel giorno della battesimo), digiunino il venerdì
parasceve del sabato. Il sabato, ed il sabato. Il sabato il vescovo,
quando coloro che riceveranno dopo aver riunito coloro che entre-
il battesimo si riuniscono in un ranno (nel battesimo), ordini
unico luogo secondo la volontà di inginocchiarsi, ed imposte le
del vescovo, sia loro imposto di mani su di essi, esorcizzi dicendo:
pregare e piegare le proprie ginoc- "Ogni spirito straniero sia scac-

45 Cfr. Rom 8, 21: "[. .. ) per entrare nella libertà della gloria dei figli di
Dio".
46 B. BOTTE, La Tradition Apostolique, p. 43, nota 7.
47 Traditio apostolica, 20, 5: .;.._?..li ~~ ._; ~-' !_,~,· 1. .)1 .:,_,~ .:,_~1 ~ Tradu-
zione di Davide Righi. ·
48 Traditi o apostolica, 20, 5: IDf.TIIDII"-: fl.lt ... : ).{\: f-IJI>-: 111\ID.: n...-
<(l>: (I')O"t-: +'111<11>: Traduzione di Alessandro Ba usi.
TRADITIO APOSTOLICA 601

chia. Quando questi ha imposto la ciato da lui e non ritorni più". Una
propria mano su di essi, esorcizzi volta che ha esorcizzato, soffi, e
ogni spirito straniero, ché si allon- dopo aver segnato la fronte, le
tani da loro e non torni più in essi. narici e le orecchie, li farà alza-
E quando ha finito di esorcizzare, re50.
soffi su di essi. Quando ha segnato
le loro fronti, orecchie e narici, li
faccia alzare49 •

Il digiuno prebattesimale è una pratica attestata da più parti51 ,


e si svolge il venerdì (ma secondo il nuovo testo etiopico e il Testa-
mentum Domini, anche il sabato). Più avanti nel testo si parla di
una veglia che dura "tutta la notte", impegnata in letture ed istru-
zioni, e comunemente si intende che si tratti del sabato notte, fino
al canto del gallo della domenica (20, 9). In realtà, nota Hanssens,
non è del tutto chiaro che la preghiera e l'esorcismo si svolgano
nella giornata del sabato a partire dalla mattina: egli pensa alla
possibilità che ciò abbia luogo immediatamente dopo il digiuno
del venerdì, dopo il tramonto del sole, da considerarsi secondo il
costume ebraico come inizio del giorno successivo. In tal modo, la

49 Traditio apostolica, 20, 7-8: H.a.poyNHCTeye NCSI NeTtu..XI B.a.rrncm


NTn.a.p.a.cKeYH Rnc.a.BB.a.ToN. Rnc.a.BB.a.ToN Ae epq~.a.NNeTNA.XI B.a.nTICH.a.
cwoyl eyH.a. NOYUJT liTN TerNUJHH RnemcKonoc H.a.poy[oy]elCAlN€ NAY
THpoy ecv~11~ .a.yw eKe>..X Neyn.a.T . .a.yw epq~.a.N~U. Teqcsax EKwoy H.a.peqell.op-
n::z.e RnNeyH.a. NIH NCJIHHo eTpeynwT Nc.a. NB~ HHooy .a.yw NC€THKOToy
6lOYN epooy J(INH 061NAy . .a.yw epev.a.Noyw eqell.opn::Z.€ H.a.p€qNIB€ 6lOYN
€lPAY .a.yw eqq~.a.Nctp.a.n::z.e NT6YT6lN6 HN N6YH.a.A.X6 HN CJIAANTOY H.a.peq-
ToyNocoy eu.a.1. .a.yw mpoy€p T€YCJ111 T11pC eypo€1C €YCDCJI epooy .a.yw
ey~U.eHre Rttooy.
50 Traditio apostolica, 20, 7-8: GJf,A--: IIm ... : l\11\: Vl\9'-: f,llt..: OCO:
GJ""JO-t: mo""JO-l-: M-t;Jfl}'.: ~A.li.,.Al\: l\1\: f,OGJot..: f,l\1111: fll-tiiCh-:
GJII\l\11\: l\~GJo: 1\"JflC': ,.~4:= l\"Jn: f,iiA: f,(I~Y:: tttr: OD"JLll: 'lh.~=
l\9"1\c)fl,ll-: m-,-~: 1\.f,liGJT: aJ~of:f": f,")tj;<1>: tDO-f:fl: tj;A"OD: tDJ\")L: GJl\11'1:
f'IP'l\: Traduzione di Alessandro Bausi.
51 Didachè, 7, 4: "Prima del battesimo digiunino il battezzante e il battez-
zando e se altri lo possono; al battezzando però, ordina che digiuni un giorno
o due prima" (traduzione di Guido Bosio); IusTINUS, Apologia l, 61, 2: "Quanti
siano persuasi e credano che sia vero quanto è da noi insegnato ed esposto, e
promettano di poter vivere così, vengono educati a pregare ed a domandare a
Dio, digiunando, la remissione dei peccati precedenti, mentre noi preghiamo e
digiuniamo insieme con loro"; TERTULLIANUS, De baptismo, 20, l: "Quelli che
sono in procinto di accedere al battesimo debbono rivolgersi a Dio con pre-
ghiere intense, con digiuni, con genuflessioni e veglie".
602 APPENDICE 1

veglia notturna andrebbe collocata nella notte tra venerdì e sabato,


e non tra sabato e domenica 52 • In ciò Hanssens trovava un'altra
dimostrazione del carattere alessandrino della Traditio apostolica,
da lui strenuamente sostenuto: infatti ad Alessandria probabil-
mente si conosceva un rito battesimale celebrato il venerdì della
sesta settimana di un periodo prebattesimale di quaranta giorni,
in un giorno libero da ogni legame con la festività pasquale, rite-
nuto essere il giorno in cui Gesù aveva amministrato il battesimo
ai suoi discepoli 53 • Queste osservazioni impongono anche l'osser-
vanza di una certa cautela nell'istituire paragoni con il rituale bat-
tesimale romano più tardivo. Spesso si paragona quanto descritto
nella Traditio con la pratica del bagno il giovedì santo, seguito dal
digiuno del venerdì, e dalla preparazione al battesimo del sabato
che si concludeva con il battesimo vero e proprio nella notte della
veglia pasquale. In realtà la Traditio non fa alcuna menzione della
Pasqua 54 , né specifica il giorno della domenica, il che potrebbe
essere un segno di antichità di questo segmento. Un particolare
contro l'attribuzione del testo ad un Ippolito orientale sarebbe dato
dal fatto che nel Commentario a Daniele c'è un chiaro legame tra
il battesimo e la Pasqua 55 ; anche Tertulliano testimonia che perlo-
meno nella regione nordafricana al principio del m secolo questa
era già una tradizione che tendeva ad affermarsi 56 • È invece pro-
babile che la descrizione del rituale battesimale del nostro testo si

52 J. M. HANSSENS, La Liturgie d'Hippolyte, pp. 447-451.


53 Cfr. T. TALLEY, Le origini dell'anno liturgico, pp. 192-200.
54 P. F. BRADSHAW - M. E. JoHNSON - L. E. PHILLIPS, The Apostolic Tra-

dition, p. 111, fanno notare che nel capitolo 33, dove si parla della Pasqua, il
testo tace riguardo a qualunque battesimo, mentre ci si aspetterebbe che ne
facesse menzione, qualora si trattasse di un uso diffuso. Questo silenzio, comun-
que, non mi pare probante, in quanto quel capitolo è solamente dedicato alla
trattazione del digiuno pasquale, e non ha necessità di specificare altro.
55 HIPPOLYTUS, Commentarium in Danielem, I, 16, 2: "Qual è il giorno con-

veniente <per il battesi m m se non quello di Pasqua?". Il testo è datato 203-204


circa.
56 TERTULLIANUS, De baptismo, 19, 1-3: "Il giorno più solenne per l'ammini-

strazione del battesimo è la festa di Pasqua (... ) Anche il periodo di Pentecoste


è un momento molto adatto [ ... ) D'altra parte ogni giorno è del Signore e per-
ciò ogni ora e qualsiasi momento può andar bene per il battesimo". Traduzione
di Pier Angelo Gramaglia.
TRADITIO APOSTOLICA 603

riferisca ad un qualunque periodo dell'anno 57 , confermando che la


celebrazione del battesimo a Pasqua prima del IV secolo era pro-
babilmente un costume locale non condiviso da tutte le Chiese ed
attestato soprattutto a Roma e nell'Africa del Nord 58 •
Segue la descrizione dell'esorcismo; il nuovo testimone etiopico
riporta una formula: "Ogni spirito straniero sia scacciato da lui e
non ritorni più". L'esorcismo è seguito dal soffio e dal sigillo della
fronte, delle orecchie e del naso dei catecumeni. Come già osservato
nel capitolo dedicato a Tertulliano, lo sputo e il soffio sono due
segni di disprezzo ed allontanamento, impiegati come gesti esor-
cistici. Il soffio esorcistico, in particolare, è un gesto che Agostino
ritiene profondamente antidemonico, e ne fa menzione decine di
volte come rituale prebattesimalé9 , attribuendolo anche alla Chiesa
di Milano 60 • Spesso i riti della saliva che accompagnano l'esorcismo
sono identificati con l'apertio o effata, gesti che, come l'esorcismo
stesso, sono attestati per la prima volta in questa forma da Ambro-
gio di Milano 61 , poi nei riti prebattesimali romani 62 e in Spagna 63
con il significato di apertura dei sensi64 • Secondo Bradshaw, Phil-
lips e Johnson i gesti che seguono l'esorcismo vanno interpretati
come "una chiusura dei sensi al male piuttosto che come un'aper-

57 È la conclusione di R. CANTALAMESSA, La Pasqua nella Chiesa antica, p. 79,

nota l.
58 Cfr. P. F. BRADSHAW, Diem baptismo sollemniorem.

59 Si veda lo studio di D. VAN SLYKE, Augustine and Catechumenal Exsuf-

(latio.
60 AuausTINUS HIPPONENSIS, Contra Iulianum opus imperfectum, IV, 108:

"Anche Ambrogio ed i suoi colleghi [... ] testimoniano l'esorcismo e la exsuf(latio


dei pargoli battezzati"; vedi anche IV, 120.
61 AMBROSIUS MEDIOLANENSIS, De sacramenlis, l, l, 2: "Questi misteri dell'aper-

tura sono stati celebrati quando il vescovo ti ha toccato le orecchie e le narici


[ ... ) affinché le tue orecchie si aprano al sermone e alla parola".
62 Sacramenlarium gelasianum, n° 420: "Gli toccherai con la saliva le narici

e le orecchie [... ] Effe/a, che significa apriti in odore di soavità. Tu fuggi, o


diavolo: infatti il giudizio di Dio si è avvicinato".
63 Liber ordinum, col. 27: "II sacerdote gli tocca la bocca e le orecchie con

l'olio benedetto. Effela, effela, con Io Spirito Santo in odore di soavità".


64 Si richiama alla guarigione del sordomuto di Mt 7, 33-35: "Portandolo

in disparte lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva
gli toccò la lingua. Guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e disse:
«Effatà•> cioè: «Apriti!». E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo
della sua lingua e parlava correttamente".
604 APPENDICE l

tura dei medesimi per la ricezione della catechesi" 65; è peraltro la


stessa spiegazione della romana Epistula ad Senarium di Giovanni
diacono 66 • La recensione etiopica sopprime il segno sulla fronte,
sulle orecchie e sul naso, possibilmente riflettendo una forma ante-
riore del testo; tutti i segni compaiono invece in arabo, nei Canones
apostolorum e nel Testamentum Domini. Il riferimento all'esorcismo
compiuto affinché ogni spirito maligno "si allontani da loro e non
torni più in essi" potrebbe inoltre richiamare una reale formula
liturgica, forse modellata su una reminiscenza marciana 67 • Non mi
sembra quindi accettabile tralasciare questa evidenza in favore di
altre spiegazioni più artificiose68 •

5. Nudità corporale
Colui che battezza dovrà attenersi a queste regole:
In seguito, battezzi gli uomini adulti, e infine le donne, sciogliendo
tutti i loro capelli e deponendo gli ornamenti d'oro e d'argento che
stanno indossando. Che nessuno porti con sé alcuna cosa estranea
dentro l'acqua 69 •
Questa istruzione compare in tutte le recensioni e in tutti i rifa-
cimenti del testo; la versione saidica si differenzia dalle altre sola-

65 P. F. BRADSHAW- M. E. JoHNSON -L. E. PHILLIPS, The Apostolic Tradi-

tion, p. 111. Per H. A. KELLY, The Devii at Baptism, p. 87, questi gesti hanno
lo scopo di "eliminare qualunque influenza demoniaca che permanga".
66 loANNES DIACONUS, Epistula ad Senarium, 4: "Si toccano le loro orecchie

e le loro narici coll'olio della santificazione; le orecchie perché attraverso di


esse la fede giunge all'intelletto [... ) affinché, fortificate da una sorta di muro
di santificazione, non accettino alcunché di nocivo, nulla che possa far tornare
indietro".
67 Mc 9, 25: "Allora Gesù, vedendo accorrere la folla, minacciò lo spirito

immondo dicendo: <•Spirito muto e sordo, io te l'ordino, esci da lui e non vi


rientrare più>>.
68 Ad esempio per T. MAERTENS, Histoire et pastorale, p. 94, il soffio è il segno

che, dopo l'esorcismo che ha scacciato il demonio, serve a restituire una forza
vitale positiva al catecumeno (come Dio fece per Adamo), e i segni su fronte,
orecchi e narici (soprattutto sulle narici) starebbero ad indicare la rianimazione
dell'uomo novello.
69 Traditio apostolica, 21, 5: NNNcwc NT«>TNBATITIZ.e NNNoc5 tlpwNe «>ntA«>

11.6 N6tiON6 6AVB6JI. NeyBCP 680JI. THpoy AYW 6AYJC.W etpAl NNKOCNHCIC
NNoyB t• tAT «>TtLXWoy· i1ne>pTp«>J~.AAY Xl eJAoc tl~oTplON NHNAq «>tpAJ
e>nNooy.
TRADITIO APOSTOLICA 605

mente per il fatto di aggiungere la menzione dell'argento a quella


dell'oro. Dolger ha interpretato questo passo come una dimostra-
zione dell'exorzislische Charakter della nudità 70 • La spiegazione che
egli avanza per il divieto di entrare nella vasca battesimale con
gioielli, è che all'interno di essi potrebbe nascondersi un demone,
che scendendo nell'acqua con il catecumeno renderebbe vano l'atto
del battesimo. Il timore che qualche spirito maligno possa entrare
nell'acqua battesimale è sicuramente attestato nella seconda metà
del 11 secolo dagli Estratti da Teodoto conservati tra le opere di
Clemente Alessandrino:
Sarebbe conveniente andare con gwia al battesimo: ma poiché
sovente scendono <nell'acqua?> insieme con alcuni <battezzandi>
anche degli spiriti impuri, che accompagnandoli e ottenendo il
sigillo battesimale insieme con l'uomo diventano insanabili per il
restante tempo, alla gioia si mescola il timore, affinché solamente
uno che è puro possa scendere71 •
Se quindi assieme al neofita vi fossero degli spiriti malvagi, al
momento del battesimo essi potrebbero beneficiare del rafforza-
mento prodotto dalla ricezione del battesimo. Dolger nella propria
interpretazione seguì Gustav Anrich, il quale aveva indicato che già
nel paganesimo lo sciogliere i capelli ed il deporre i gioielli erano
usi di carattere lustrale 72 • A sua volta, egli sottolinea un parallelo
con il Libro dei Vigilanti, ove i gioielli ed i belletti sono considerati
un'invenzione di Azazel e dei suoi demonF3 ; i gioielli sul corpo del
battezzando potevano perciò dare facilmente adito ai demoni di
scendere nell'acqua, nel tentativo di ostacolare la grazia battesi-
male e di legarsi nuovamente, nonostante l'esorcismo precedente, a
colui dal quale erano stati scacciati. Dolger ritiene anche probabile
che questo divieto fosse valido anche per tutto il periodo di pre-
parazione al battesimo. In questo contesto, l'interdizione di recare

7° F. J. DòLGER, Der Exorzismus, pp. 112-114.


71 CLEMENS ALEXANDRINUS, Excerpla ex Theodolo, 83.
72 G. ANRICH, Das antike Mysterienwesen, p. 204.
73 Liber Henoch, 8, 1: "E Azazel insegnò agli uomini a far spade, coltello,

scudo, corazza da petto e mostrò loro quel che, dopo di loro e in seguito al loro
modo di agire sarebbe avvenuto: braccialetti, ornamenti, tingere ed abbellir
le ciglia, pietre, più di tutte le pietre, preziose e scelte". Traduzione di Luigi
Fusella.
606 APPENDICE l

con sé nell'acqua qualunque oggetto estraneo (ocÀÀ6Tp~oc;) andrebbe


interpretata come il rifiuto della presenza di qualunque oggetto
ostile, perché soggetto all'influenza demoniaca (cfr. 20, 4). L'uso
poi sarebbe decaduto, perché ritenuto superfluo o soppiantato dagli
esorcismi veri e propri.
Volgendo la nostra attenzione allo scioglimento dei capelli,
occorre ricordare che nell'antichità le donne generalmente porta-
vano i capelli legati o intrecciati, e potevano impreziosire la pro-
pria acconciatura confezionandola con l'ausilio di legacci di stoffa
che potevano scendere sino al collo 74 • Sulla scia dell'interpretazione
apotropaica di Di:ilger, forse lo scioglimento della chioma andrebbe
visto come un invito allo scioglimento dei nodi dei capelli, in rela-
zione al significato magico dei nodi e del loro disfarli? 75 Va notato
che già nel culto greco c'era l'uso di avere i capelli disfatti durante
certe cerimonie e preghiere76 : un unico esempio della Delia di Tibullo
varrà per tuttF7 • Ma lo scioglimento della chioma era anche un
segno di doglio, come attesta un passo della Passio Perpetuae78 ; ai
funerali romani, similmente, ci si andava senza gioielli e coi capelli
sciolti. Abbandonando il modello pagano, Willem C. Van Unnik 79

74 Cfr. E. PoTIIER et alii, Coma; sui capelli, B. KOTIING, Haar. In generale,

C. BARINI, Ornatus muliebris.


75 Cfr. G. PICCALUGA, Knots. Va notato che ancora in epoca recente era d'uso

sciogliere i capelli durante la recita degli scongiuri popolari contro le malìe:


"Strecciarsi i capelli significa, evidentemente, abolire un qualunque ostacolo,
dato che le forze nocive - approfittando di qualche nodo - potrebbero rimanere
nella casa da dove si vogliono scacciare" (G. CoccHIARA, Il diavolo nella tradi-
zione popolare italiana, p. 154).
76 Cfr. P. ScHREDELSEKER, De superstilionibus Graecorum quae ad crines per-

tinent, pp. 63-64.


77 TIBULLUS, Carmina, I, 3, 27-32: "Ora, o dea, ora soccorrimi [... ) sicché la

mia Delia, sciogliendo i voti promessi, sieda davanti alle sacre porte vestita
di lino, e due volte al giorno, sciolte le chiome, debba cantare le tue lodi".
Traduzione di Francesco Dalla Corte. Per altre fonti, W. C. VAN UNNIK, Les
cheveux dé{aits, pp. 87-88.
78 Passio Perpetuae, 20, 5: "Poi, chiesto un fermaglio, raccolse e fissò i

capelli sciolti: non era decoroso che una martire patisse coi capelli sciolti: non
doveva sembrare in lutto in un momento tanto glorioso". Traduzione di Gioa-
chino Chiarini.
79 W. C. VAN UNNIK, Les cheveux dé{aits des {emmes baptisées.
TRADITIO APOSTOLICA 607

ritiene che la necessità di sciogliere i capelli delle donne vada col-


legata alla pratica giudaica, descritta dalla Misniih 80 • L'uso pre-
scritto dalla Traditio andrebbe quindi interpretato nell'ottica del
lavacro lustratorio (il :1)71?. miqweh, cioè luogo di raccolta dell'acqua)
ove le donne posano ogni cosa che sia estranea al corpo e sciol-
gono i loro capelli dai nodi e dai legami delle fettucce 81 • In questo
caso il materiale estraneo (à:ÀÀ6TpLoc;) da deporre sarebbe semplice-
mente ogni cosa estranea al corpo nudo, senza che ciò abbia alcun
riferimento demoniaco. Così anche il nuovo testo etiopico: "Nes-
suno dovrà avere alcunché con sé, mentre scenderà nell'acqua".
Invero già Gregory Dix aveva richiamato alla mente la possibile
ascendenza ebraica del rito, qualificando il battesimo della Tradi-
tio come una pratica "derivata direttamente dal rito battesimale
giudaico dei proseliti" 82, infatti illavacro, solitamente riservato alla
purificazione rituale delle donne dopo il periodo mestruale, è un
atto essenziale per ottenere l'accoglienza nel seno del giudaismo83 •
Altri, però, hanno ritenuto che alcune prescrizioni della Tradilio
apostolica si allontanassero dallo schema ebraico84 • La preferenza
per l'acqua viva (21, 2) è tipica dell'ebraismo, anche se in man-
canza di acque vive (0'~!:1 O~~. mayim f.wyyim) c'erano delle prescri-
zioni rabbiniche che permettevano di "vivificare" l'acqua ferma

80 Sabbiilh, 6, 1: "Che cosa può portare una donna che esce e cosa non può

portare? ( ... ) né cordoni di lana, né cordoni di lino né corregge attorno al pro-


prio capo. Ella non può tenerli per il bagno, a meno di sciogli erli". Traduzione
di Joseph Bonsirven.
81 Ancor oggi occorre presentarsi al lavacro già puliti, senza anelli, collane,

smalto per unghie, trucco, etc.


82 G. D1x, The Treatise on the Apostolic Tradition, pp. XI; XL-XLI.
83 Il proselito doveva accompagnare il bagno con la circoncisione e con

un'offerta al tempio di Gerusalemme (prima della sua distruzione). Sullo status


del proselito e sui suoi obblighi, B. J. BAMBERGER, Proselytism in the Talmudic
Period.
84 Cfr. R. J. Zwr WERBLOWSKY, On the Baplismal Rite. Werblowsky, com-

mentando il cap. 20, 6 ove si impone di differire il battesimo delle donne


mestruate, osserva che gli ebrei ammettevano donne mestruate al battesimo
dei proseliti, adducendo alcuni passi come prova (B'kh6ròth babilonese, 46b;
K'lhubbòth babilonese, 37a), ed invitando a ricercare l'origine greca del divieto
(cfr. T. WAcHTER, Reinheitsvorschriflen im griechischen Kult, p. 37). In realtà
quei due passi non riguardano il battesimo dei proseliti, che tuttora è vietato
alle donne mestruate.
608 APPENDICE l

facendola "baciare" con acqua viva ed adoperarla per un'abluzione


valida 85 ; per questo in certe condizioni l'immersione in cisterne di
acqua stagnante o convogliata poteva essere lecita86 , specie a causa
della scarsità di acqua in Palestina. Bradshaw, Phillips e Johnson
concordano con Zwi Werblowsky, che ricorda come nel Talmud lo
scioglimento dei capelli (;"1~'~1;1. f:u'iphiphdh) prima del lavacro delle
donne dopo ogni ciclo mensile fosse semplicemente un accorgimento
per evitare che l'impermeabilità delle trecce impedisse il passaggio
dell'acqua, la quale doveva toccare tutte le parti del corpo87 • In tal
modo, andrebbe escluso un significato apotropaico del gesto. Essi
riconoscono però un carattere esorcistico o antidemonico alla depo-
sizione dei gioielli, richiamando l'interpretazione di &.N.6-rpwc; come
ostile, diabolico 88 • Questa è anche la lettura dei Canoni di lppolito,
dove espressamente si sottolinea il pericolo che essi possano fungere
da veicolo di spiriti malvagi durante la discesa nell'acqua. Ancora
oggi, la liturgia battesimale della Chiesa copta prescrive la rimo-
zione degli ornamenti prima delle unzioni battesimali89 •

85 Nel trattato della Misniih intitolato Miqwii'6ih e dedicato ai bagni rituali,

si invita all'uso di acque correnti, ma sono ritenute ritualmente sufficienti


anche le cisterne contenenti acqua bastante a coprire l'altezza di un uomo, o
grandi contenitori di acqua piovana. Il primo capitolo del trattato è dedicato
alla suddivisione delle acque in sei categorie, in ordine di qualità.
86 Sabbiiih babilonese, 14a: "Originariamente la gente faceva il bagno rituale
dentro pozze d'acqua stagnante" (traduzione di Joseph Bonsirven). Successi-
vamente la pratica di bagnarsi stando in una pozza d'acqua stagnante e ver-
sandosi addosso acqua viva per purificarla, fu vietata. Gli abitanti di Qumran
si lavavano in pozze di acqua stagnante, con l'accorgimento che l'acqua non
fosse "sporca o insufficiente a coprire interamente un uomo" (Documento di
Damasco, X, 12; traduzione di Luigi Moraldi). Un'ottima trattazione sul rap-
porto degli ebrei con le acque in S. PRINCIPE, Nel cortile, pp. 109-138. Cfr. anche
J. D. LAWRENCE, Washing in Water.
87 R. J. Zw1 WERBLOWSKY, On the Bapiismal Rite, p. 99; cfr. nella Misniih il
trattato Miqwii'6th, 9, 1: "Ecco ciò che si frappone [tra il corpo e l'acqua] in
un essere umano: fili di lana, fili di lino o nastri per il capo delle fanciulle"; il
Biibhii' qammii' babilonese (82a-b) prescrive che le donne entrino in acqua con i
capelli pettinati, per evitare la presenza di nodi.
88 P. F. BRADSHAW- M. E. JoHNSON- L. E. PHILLIPS, The Aposlolic Tradi-
tion, p. 130.
89 Cfr. O. H. E. BuRMESTER, The Egyptian or Copfic Church, p. 115.
TRADITIO APOSTOLICA 609

Occorre però, credo, non sottovalutare troppo l'influsso della


letteratura apostolica, la quale invita le donne a rifuggire la pre-
ziosità degli ornamenti e delle acconciature, e che avrebbe potuto
orientare il clero a preferire un battesimo scevro di qualsivoglia
segno di sfarzo90 • Questa preoccupazione cristiana convogliava nei
binari di una lunga tradizione romana che fin dalla lontana epoca
del mos maiorum stigmatizzava il lusso femmineo (Catone il Cen-
sore, Plauto, Tibullo, Properzio, Ovidio, Seneca)91 • Tra gli autori
cristiani basterà ricordare Clemente Alessandrino, che attesta tra
l'altro il costume di intrecciare i capelli e di annodarli con nastri 92 ,
e Tertulliano, che dedicò un intero trattato alla critica del cultus
feminarum 93 •
In definitiva, mi pare che allo stato attuale delle conoscenze non
si possa né garantire né escludere del tutto l' exorzistische Charakter
della deposizione dei gioielli e dello scioglimento delle chiome
muliebri.

6. Esorcismo dell'olio ed olio dell'esorcismo


Il rituale battesimale della Traditio apostolica prevede anche
un'unzione esorcistica (recensione copta ed etiopica inedita):

90 l Tm 2, 9: "Alla stessa maniera facciano le donne, con abiti decenti, ador-

nandosi di pudore e riservatezza, non di trecce e ornamenti d'oro, di perle o


di vesti sontuose"; l Pt 3, 3: "Il vostro ornamento non sia quello esteriore -
capelli intrecciati, collane d'oro, sfoggio di vestiti".
91 Sulla polemica pagana e cristiana contro la toeletta ed i gioielli delle

donne, vedi le osservazioni di S. ISETTA, L'eleganza delle donne, pp. 33-41.


92 CLEMENS ALEXANDRINUS, Paedagogus, III, 62, 2: "Alle donne basta di custo-
dire i capelli e Iegarsi la chioma senza spesa, con una semplice fibbia lungo il
collo, con un culto moderato, facendo crescere fino a una sincera bellezza le
loro moderate chiome. Infatti l'intrecciare i capelli, come fanno le etère, e il
legarli con nastri, oltreché le fa vedere corrotte, li taglia, perché sono svelti da
quelle male trecce per le quali non osano nemmeno toccare il loro stesso capo
per timore di scompigliare i capelli". Traduzione di Abele Boatti.
93 TERTULLIANUS, De cultu feminarum, I, 4, 3: "Intendiamo per l'insieme degli

ornamenti ciò che chiamano acconciatura femminile, per cure di bellezza ciò
che converrebbe chiamare sconcezza femminile. L'uno consiste nell'oro, nell'ar-
gento, nelle pietre preziose e nell'abbigliamento, l'altro nella cura dei capelli
[... ] Accusiamo il primo di vanità, il secondo di prostituzione".
610 APPENDICE 1

All'ora che è stata stabilita per Mentre stanno per ricevere l'olio
battezzare, il vescovo renda gra- per l'esorcismo, il vescovo renda
zie sull'olio, lo metta in un vaso grazie in un vaso, e ne esorcizzi
e lo chiami olio del rendimento di dell'altro; e quello esorcizzato lo
grazie. Prenda altro olio e lo esor- prenda un diacono e sì disponga
cizzi, e lo chiami olio dell'esorci- in piedi presso il presbitero; e
smo. Un diacono prenderà l'olio l'altro ugualmente, dell'azione di
dell'esorcismo e si porrà alla grazia, (e) si disponga alla destra;
sinistra del presbitero, e un altro ed il presbitero che l'esorcizza si
diacono prenderà l'olio del ren- disponga alla sinistra. E prenden-
dimento di grazie e si porrà alla doli uno ad uno, chieda se crede e
destra del presbitero. Quando dice: "Rinuncio a Satana, alla sua
il presbitero prende ciascuno di opera, alle sue azioni e alla sua
coloro che riceveranno il batte- contaminazione"; ed una volta
simo, gli imponga di rinunciare che li hanno fatti pronunciare la
dicendo: "Rinuncio a te, Satana, professione, sia unto con l'olio
a tutto il tuo culto ed a tutte le esorcizzato, dicendo (la formula)
tue opere". E quando avrà rinun- per la purificazione da ogni spi-
ciato a tutte queste cose, lo unga rito estraneo; e così, consegnatolo
con l'olio dell'esorcismo, dicendo: nudo al vescovo o al presbitero,
"Ogni spirito si allontani da te". a colui che lo battezza, nudo in
Così lo affidi, nudo, al vescovo o piedi nell'acqua [... )95 .
al presbitero che sta presso l'ac-
qua per battezzare94 .

94 Traditi o apostolica, 21, 6-11: i1n~y A€ €TOYTHql €B.a..nTIZ€ H.a..p€n€m-


cKonoc €yx.t.p1CT€1 €lJ'.a..l cu:i1 nN€Z N{jK.a...a..q zt:i oycK€oc N(jHoyT€ €poq
.X€ nN€Z NT€yx.t.pHCTI.a..· N(j.xl ON NK€N€Z N{j€:ZOpriZ€ €lJ'.a..l cu:wq N{jHo-
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€Zc.a..zN€ NAq €Tp€qAnOT.a..CC€ €q.XW HHOC .X€ tAnOTACC€ HHOK ncATA-
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THpoy HAp€qTAZC€q HnN€Z i1n€:ZOpr1CHOC €q.K.W HHOC .X€ HAp€nN€YHA
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H n€np€CBYT€pOC €TAl€p.a..T(j llXH nHooy €TB.a..nTIZ€.
95 Traditio apostolica, 21, 6-11: 1Dh1H: llftiD.: f.'lP'Jl.: ~ili\: ftC-t-l-: fMt-l-:
lt.A.ll ...~lt: 0'l1'f.: IDitll\h: f.l-t: IDC.f<{p: f.<ll>C: 11f...'l: IDf..'l": ..,0: +l'l.
Il: IDitAht: h"71Jo: HMt-t-l-: f.41'1": Of"71: IDHf.l-tf"<{p: +1\11: f..'l": OA;t'J":
IDI\..<1\>mt.: 1\mt.: h"'.ll= f.lii\A: fthDD: f.l\'1"1" IDf.iiA: hhihP.: Mf.IIJ'l:
IDft"'il"": IDftt;;'ì'f!flo: ID-il'ìflo:l IDI\h"t'f-: f.-l-+Oh: OH: Tl.+f: ~ili\: h'lH:
f.illl\: ftl\'llt,l.: h'J"ltA-: t1D"J4.11: )h.l: IDh'/"11: IIDm.l'": ftlt.A_li ...M: IDhDDt:
ft+l\11: ftH: fm'l"~: +'f!'f": ID"IIT: "7f.: b&.•= Traduzione di Alessandro
Ba usi.
TRADITIO APOSTOLICA 611

È difficile determinare con accuratezza quale sia lo sfondo ide-


ologico dell'esorcismo dell'olio 96 • Il primo evidente riferimento alla
pratica esorcistica applicata ad un oggetto materiale starebbe
nell'esorcismo dell'acqua del rito battesimale dello gnostico Teo-
doto; in quel caso, è probabile che si segua l'antica concezione
secondo la quale l'acqua era dimora di spiriti malvagi e necessi-
tava di essere purificata prima di diventare strumento sacramen-
tale97. Barret-Lennard ritiene che la medesima concezione stia die-
tro all'esorcismo dell'olio98 , ma a mio parere questa interpretazione
non è sufficiente: essa non spiega perché l'olio dopo essere stato
esorcizzato venga adoperato a sua volta per esorcizzare il catecu-
meno, né spiega perché l'altro olio, quello del rendimento di grazie,
non sia sottoposto allo stesso esorcismo: anch'esso, infatti, avrebbe
potuto nascondere in sé qualche spirito malvagio. È più verosimile
l'ipotesi che si guardasse all'olio come a una materia che possedeva
in sé un potere apotropaico, e poteva giocare un ruolo positivo nel
rituale di liberazione dalle potenze avverse. Forse la scelta dell'olio
con questo obiettivo costituisce il risultato di uno sviluppo teolo-
gico basato sulla pratica dell'unzione degli infermi, testimoniata fin
dall'Epistola di Giacomo (5, 14) e compiutamente rappresentata nel
IV secolo dal Sacramentario di Serapione 99 • Va comunque sottoline-
ato che l'uso di olio esorcizzato per un esorcismo prebattesimale
non è attestato in altre fonti anteriormente al IV secolo (Serapione
di Thmuis 100 , Cirillo o Giovanni di Gerusalemme 101 e Giovanni

96 Per l'olio nella Tradilio, vedi E. SEGELBERG, The benedictio olei.


97 CLEMENS ALEXANDRINUS, Excerpta ex Theodoto, 82: "Così anche l'acqua,
diventando acqua esorcizzata e battesimo, non solo separa ciò che è inferiore,
ma apporta anche santificazione". Non è però detto che si trattasse davvero
di un esorcismo dell'acqua, come notato a suo luogo.
98 R. J. S. BARRET-LENNARD, Christian Healing, p. 271.
99 Cfr. la Orazione per l'olio degli infermi, per il pane o per l'acqua (SERAPION
THMUITANliS, Euchologium, 17).
100 SERAPION THMliiTANUS, Euchologium, 15: "Noi ungiamo con quest'olio

coloro che si avvicinano a questa divina rigenerazione, supplicando il nostro


Signore Gesù Cristo affinché produca in essi un'energia che guarisca e dia la
forza, si manifesti attraverso questa unzione e guarisca la loro anima, il loro
corpo e il loro spirito da ogni segno di peccato, iniquità e macchia satanica [ ... )
Rimodellati per mezzo di questo unguento, purificati dal lavacro e rinnovati
nello Spirito, siano abbastanza forti per vincere le potenze avverse che li assal-
gono [ .. .]''. Le preghiere battesimali sull'olio (15, 16 e 17) paiono far parte di
612 APPENDICE l

Crisostomo 102); orazioni di consacrazione dell'olio battesimale sono


note a partire dalla metà del m secolo in fonti orientali 103 , ma non
in occidente, nelle poche fonti sopravvissute (possediamo solamente
un riferimento ciprianeo ad una santificazione degli olii 104), prima
di Ambrogio che menziona un'unzione che precede la rinuncia a
Satana 105 • Per quanto riguarda la tradizione egiziana, l'unzione
prebattesimale originariamente rivestiva un carattere non esorci-
stico; solamente dopo l'introduzione di una unzione postbattesi-
male importata da altrove e collegata al tema del dono dello Spi-
rito Santo, l'unzione prebattesimale assunse una natura esorcistica.
Come la tradizione siriaca antica, infatti, l'iniziazione cristiana in
Egitto originariamente non conosceva cerimonie postbattesimali 106 .

un diverso strato del documento; cfr. M. E. JoHNSON, The Prayers o{ Sarapion,


pp. 85-87, e per il carattere esorcistico dell'orazione, pp. 138-141.
1°1 CYRILLUS H1EROSOLYMITANUS, Catecheses mystagogicae, II, 3: "Poi, svestiti,
siete stati unti con l'olio esorcizzato dai capelli del capo sino alle estremità del
corpo". Traduzione di Gabriella Maestri.
102 IOANNES CHRYSOSTOMUS, Catecheses ad i/luminandos, Il, 23-24: "Poiché
conosce ormai che l'avversario è furioso, digrigna i denti e va intorno come un
leone ruggente, vedendo che coloro che prima erano sotto la sua tirannia tutti
insieme si rivoltano contro di lui, rinunciano a lui, passano a Cristo e mostrano
di essersi arruolati con lui, per questo motivo il saeerdote unge sulla fronte
ed impone il sigillo, affinché quello allontani gli sguardi l ... ] In seguito l ... ]
si accinge ad ungere tutto il corpo con quell'olio spirituale, cosicché tutte le
membra siano rafforzate dall'unzione e diventino invulnerabili ai dardi seagliati
dall'avversario". Traduzione di Aldo Ceresa-Gastaldo.
103 Ad esempio, SERAPION THMUITANUs, Euchologium, 16-17, e le benedizioni
degli olii negli Acta Thomae.
104 CYPRIANUS CARTHAGINENSIS, Epistulae, 70, 2, 2: "Eucharistia est unde bap-
tizati unguntur oleum in altari sanctificatum". Si può intendere: "L'olio, che
è stato santificato sull'altare e che serve per ungere i battezzati, è eucaristia",
probabilmente nel senso che è un olio di rendimento di grazie; oppure: "È
attraverso l'eucaristia che l'olio con il quale si ungono i battezzati è santificato
sull'altare", cioè la sua santificazione avviene sull'altare dove si celebra anche
l'eucaristia, a meno che non si voglia intendere eucharislia come sinonimo di
consacrazione. Cfr. G. W. CLARKE, The Letters o{ St. Cyprian, vol. 4, pp. 201-
203, con bibliografia.
105 AMBROSIUS MEDIOLANENSJS, De sacramentis, I, 2, 4: "Siamo giunti al fonte,

sei entrato, sei stato unto 1... ] come un atleta di Cristo".


106 Cfr. G. KRETSCHMAR, Beitriige zur Geschichte der Liturgie; P. F. BRADSHAW,
Baplismal Practice; M. E. JoHNSON, Lilurgy in Early Christian Egypl, pp. 7-16.
Si ricordi però la testimonianza, che parrebbe essere proveniente dall'Asia
Minore all'inizio del 111 secolo, di HIPPOLYTUS, Commentarium in Danielem,
TRADITIO APOSTOLICA 613

Per questi motivi Bradshaw, Phillips e Johnson ritengono che la


presenza nella Traditio di una unzione esorcistica prebattesimale
possa essere un'aggiunta del IV secolo al testo. Vero è, di contro,
che esistono altre fonti siriache anteriori che attestano un'un-
zione battesimale; ma, come osservato per il cap. 157 degli Atti di
Tommaso, la possibilità di interpretare in senso esorcistico queste
unzioni è incerta.
La formula di rinuncia a Satana, riportata con alcune varianti
dalle recensioni araba ed etiopica, è dichiarativa. Hanssens l'ha
paragonata alle più tardive formule alessandrine, sire ed armene,
pure dichiarative, osservando poi la mancanza di simili paralleli
nelle fonti romane, nord-africane e bizantine, dove la rinuncia è
espressa in stile interrogativo (Rinunci a Satana?, etc.); da que-
sta assenza egli ritenne di poter ricavare un ulteriore elemento
per provare l'ispirazione alessandrina della Traditio apostolica 107 •
Bradshaw, Phillips e Johnson non condividono questa certezza 108 :
essi ritengono che la mancanza dell'originale greco e della tradu-
zione latina di questo passo (che però compare nel nuovo testimone
etiopico) non consenta di escludere che le versioni etiopica, araba
e copta del testo siano rimaste immuni da qualsiasi ritocco in
senso alessandrino. Inoltre, le fonti liturgiche occidentali tacciono
riguardo alla forma più antica di rinuncia al demonio: Tertulliano,
il nostro primo testimone, si esprime in modo non sufficientemente
chiaro per far comprendere come si svolgesse letteralmente il rito
di rinuncia.
La rinuncia agli angeli di Satana, che come già visto è riscontra-
bile in Tertulliano, compare anche nella versione etiopica della Tra-
ditio; la rinuncia alla pompa o 1t"Of-L7t~ è attestata anche in ambiente
alessandrino 109 e siriaco 110 , e forse era questo il termine utilizzato

I, 16, 3, secondo il quale l'olio è la potenza dello Spirito Santo con la quale "i
fedeli vengono unti dopo il lavacro (!J.n!X TÒ ÀouTpov)".
107 J. M. HANSSENS, La Liturgie d'Hippolyte, pp. 452-456. È quanto già notava
A. SALLES, La tradition Apostolique, p. 199.
108 P. F. BRADSHAW- M. E. JoHNSON- L. E. PHILLIPS, The Apostolic Tradi-
tion, p. 131.
109 CYRILLUS ALEXANDRINUS, Expositio in Psa[mos, 45, 2: "Rinuncio a te,
Satana, a tutte le tue opere, a tutti i tuoi angeli, a tutta la tua pompa e a
tutto il tuo culto".
°
11 CYRILLUS HIEROSOLYMITANUS, Catecheses mystagogicae, I, 6: "Poi dici: E a
ogni tua pompa. Pompa del diavolo sono il fascino del teatro, le corse di cavalli,
614 APPENDICE l

nell'originale greco della Tradilio, piuttosto che Àoc't"pdoc, come


potrebbero suggerire le versioni orientali pervenute. Lo conferme-
rebbe il fatto che il Testamentum Domini presenta una rinuncia al
servizio, teatro e vanità del demonio, il che pare proprio una interpre-
tazione allargata del senso di 7tO!J.rrYt'. Questi indizi non permette-
rebbero di dichiarare con assoluta certezza, sulla scorta di Hanssens,
l'origine esclusivamente alessandrina di questo segmento liturgico.
Dopo la rinuncia ha luogo una unzione prebattesimale di carat-
tere esorcistico; anche qui Hanssens rifiuta la paternità romana di
questa pratica, la quale contrasterebbe con la tradizione successiva
che mostra l'esistenza di una unzione che precede la rinuncia 112 •
lnvero, la documentazione liturgica romana a cui egli si riferisce
è contenuta nella Epistola a Senario, dell'inizio del VI secolo, nel
cosiddetto Sacramentarium gelasianum e nell'Orda romanus Xl, che
riflettono lo stadio di evoluzione del rito romano nel vn-vm secolo;
anche l'unzione che precede la rinuncia, attestata per l'Italia del
nord da Ambrogio, è tardiva. La mancanza di fonti anteriori non
permette quindi di essere così categorici. La formula di unzione
è "Ogni spirito si allontani da te"; solo il testo saidico omette la
qualifica di "spirito malvagio".
Il battezzando allora si avvicina "al vescovo o al presbitero che
sta presso l'acqua per battezzare"; accolgo qui la correzione di
Botte del testo copto, il quale propone di leggere eTB~JITIZ€ (per
battezzare) al posto di eB~JITIZe (che battezza, forse riferito all'ac-
qua?). Il senso generale, comunque, rimane il medesimo, e si riferi-
sce all'immersione battesimale vera e propria.

7. Il pane esorcizzato
Nel capitolo dedicato al momento del pasto, si trova questa
istruzione:

la caccia e ogni simile vanità" (traduzione di Gabriella Maestri); Constitutiones


Aposlolorum, VIII, 41, l: "Rinuncio a Satana, alle sue opere, alle sue pompe, ai
suoi culti, ai suoi angeli, alle sue invenzioni e a tutto ciò che da lui proviene".
111 Su questo, si veda quanto già detto a proposito di Tertulliano. M. E. Bms-

MARD, Je renonce à Salan, appoggerebbe indirettamente questa interpretazione,


ritenendo che pompe, opere, angeli e servizio siano tutte traduzioni dell'unico
termine ebraico ;,;a<71,l (m'lii'khiih) variabilmente inteso come opera, servizio (e.g.
Gen 2, 2; Es 31, 3; l Re 5, 30).
11 2 La Liturgie d'Hippolyte, pp. 452.
TRADITIO APOSTOLICA 615

Ma ai catecumeni sia dato del pane esorcizzato, e ciascuno offra un


calice 113 •
Il testo saidico si differenzia nell'offerta del calice:
Ma ai catecumeni siano dati pane esorcizzato ed un calice 114 •
Allo stesso modo si comportano anche il testo arabo ed etio-
pico edito, ma quello etiopico inedito può essere interpretato come
il saidico 115 • L'inciso è inserito all'interno della descrizione di un
pasto comune, dove ciascuno prima di bere pronuncia una benedi-
zione sul proprio calice. Questa usanza richiama alla mente la pra-
tica ebraica di pronunciare la propria benedizione sul vino durante
il pasto 116 • Per i catecumeni invece è prevista una sorta di segrega-
zione dai fedeli, éome avviene nella preghiera (cap. 18, l) e nell'eu-
caristia (27, l).
Il tema del pane esorcizzato si ripresenta più avanti, sempre nel
contesto di un passo comune:
Similmente il catecumeno lo riceva Similmente il catecumeno riceva
esorcizzato 117 • pane esorcizzato 118 •

Come nel caso dell'olio, ci troviamo di fronte ad una pratica


di esorcismo pronunciato su un oggetto materiale, anche se ci è
impossibile sapere che tipo di scongiuro sia stato pronunciato sul
pane 119 • Kelly ritiene che l'esorcismo fosse recitato sul pane subito
prima della sua distribuzione, come l'olio veniva esorcizzato subito

113 Traditio apostolica, 26, 2: "Catecuminis vero panis exorcizatus detur et


calicem singuli offerant".
114 Tradilio apostolica, 26, 2: NKA.Tt1XOYH€Noc A€ HA-poyt NA-Y NOY0€1K
N€JEopncHoc HN oyA-noT.
115 Traditio apostolica, 26, 2: "E al catecumeno sia dato del pane esorciz-
zato e un calice mentre ciascuno l'offre" (CDI\1tt.ll: hClltf'}: <1>flliT: C4tf.:
f.-1-<CD>Uofl: CDJr'l'c): 1\<m>JI.: 1\mJI.: ).'}H: ffla>-).rr). Traduzione di Alessandro
Ba usi.
116 Misniih B'riikh6t, 6, 6: "Se in molti si siedono a mensa, ognuno dice la
benedizione per conto suo (... ] Se viene porto del vino durante il pasto, ognuno
dice la benedizione per conto suo". Traduzione di Eugenio Zolli.
117 Traditio apostolica, 28, 5: "Similiter et catecuminus exorcizatum id ipsut

accipiat".
118 Traditio apostolica, 28, 5: lWHA.Ioc NT€OKA.THxoyH€Noc .x1 i1no€1K
i1n€JE[opr]lcHoc.
119 Cfr. E. BARTSCH, Die Sachbeschworungen, pp. 80-81.
616 APPENDICE l

prima del suo uso 120 • Dolger ritiene che questo pane sia il medesimo
di cui parla Agostino in Africa:
Ciò che i catecumeni ricevono, sebbene non sia il corpo di Cristo, è
tuttavia santo, e più santo del cibo di cui ci nutriamo, poiché è un
sacramentum 121 •

Non vi è però prova che si trattasse qui di cibo esorcizzato.


Il pane esorcizzato per Dolger avrebbe ricevuto questo nome non
perché oggetto di un vero e proprio esorcismo, come se dovessero
essere cacciati da esso spiriti maligni, ma perché era benedetto per
l'esorcismo degli ossessi e dei catecumeni, come avveniva per l'ac-
qua di esorcismo 122 • Si tratta comunque di una ipotesi, poiché non
risulta chiaramente dal testo della Traditio a che cosa servisse il
pane dell'esorcismo. Tralascio qui di approfondire il significato che
assunse l'esorcismo pronunciato sulle cose, il quale esula dal tema
della presente indagine ed il cui carattere del tutto particolare è
già stato preso in esame altrove 123 •

8. Il segno della croce


Poco innanzi la conclusione dell'opera, in un passo assai mal
conservato 12\ si trova un elogio del segno della croce. Il testo
latino è presentato in due recensioni, una delle quali, più prolissa
e collocata dopo il capitolo 38, pare essere un tentativo di conci-
liare una più lunga e una più breve versione; seguirò qui la recensio
brevior125 • Il redattore della Traditio invita a segnarsi la fronte col
segno della croce: G. Dix e B. Botte ricostruiscono l'originale greco
dell'esortazione in questo modo: "Se sei tentato, segnati la fronte

120 H. A. KELLY, The Devii al Baplism, p. 90.


121 AUGUSTINUS HIPPONENSIS, De Peccatorum merilis el remissione Il, 26.
122 F. J. DùLGER, Der Exorzismus, p. 89.
123 Ad esempio, l'opera citata di E. BARTSCH, Die Sachbeschworungen.

124 Si vedano tutti i tentativi di ricostruzione in P. F. BRADSHAW -

M. E. JoHNSON- L. E. PHILLIPS, The Aposlolic Tradilion, pp. 218-219. In parti-


colare, B. BoTTE, Un passage difficile.
125 B. Botte e G. Dix presentano entrambe le recensioni tra i cap. 42 e 43,
mentre G. Cuming e P. Bradshaw preferiscono seguire l'ordine del manoscritto
latino, ponendo il testo lungo dopo il cap. 38 e nominandolo rispettivamente
42A-43A e 38B.
TRADITIO APOSTOLICA 617

con rispetto" (d 8è 7tELpcX~7J• aùv eÙÀoc.~e(~ acpp&:yL~€) 126 . La gene-


rica tentazione viene esplicitata successivamente come un vero e
proprio pericolo di attacco da parte del demonio contro i cristiani,
da respingersi con il segno della croce:
Latino: Infatti questo segno della Copto: Infatti questo è il segno
passione è conosciuto e speri- conosciuto e manifesto, per mezzo
mentato contro il diavolo, se lo del quale il diavolo è distrutto, se
fai con fede, non per apparire lo fai con fede, non mostrandoti sol-
davanti agli uom1m, ma per tanto davanti agli uomini, ma nella
conoscenza, presentandolo come conoscenza sulla quale fai affida-
uno scudo 127 • mento come uno scudo 128 •
Lo sculum in copto è chiamato eHpwN, dal greco 6upe6c;; in
arabo, in etiopico e nella versione latina lunga si parla di armatura
o corazza 129 • Il testo prosegue in questo modo:
Latino: Infatti l'avversario, Copto: Poiché l'avversario, il dia-
quando vede la potenza che è volo, vede assai la potenza del
dal cuore, affinché l'uomo mostri cuore. Se egli vede l'uomo inte-
la somiglianza del Verbo figurata riore, che è razionale, che (si)
all'esterno, fugge, non a causa segna interiormente ed esterior-
della bocca che sputa, ma che sof- mente col sigillo del Verbo di Dio,
fia 180. fugge subito, respinto dallo Spirito
Santo che è nell'uomo il quale gli
fa spazio dentro di sé 181 •

126 G. Dix, The Treatise on the Apostolic Tradition, p. 68; B. BorrE, Un pas-
sage difficile, p. 9.
127 Traditio apostolica, 42, 1: "Hoc enim signum passionis adversum diabo-

lum manifestum et conprobatum est, si ex fide itaque facis, non ut hominibus


appareas sed per scientiam tamquam scutum offerens".
128 Tradilio apostolica, 42, l: n.A.I r~r R6 nH~61N 6TOY61H6 6roq ~vw

6TOYONt 680>.. RAI 6ql~r6RAI~80AOC TUO 680>.. tiTOOTij 6Kql~~q tN


oymcTIC 6KOVWNt HHOK 680>.. NN~N NrwH6 H~T6 AN ~ tH ncooyN
6T6KTHT NtHT 6UA1 &ltWq N06 NOYOHriDN.
129 Forse è la corazza della giustizia? Cfr. Is 59, 17: "Egli si è rivestito di giu-

stizia come di una corazza, e sul suo capo ha posto l'elmo della salvezza"; Sap
5, 18: "Indosserà la giustizia come corazza e si metterà come elmo un giudizio
infallibile"; Ef 6, 14: "State dunque ben fermi, cinti i fianchi con la verità,
rivestiti con la corazza della giustizia".
130 Traditio apostolica, 42, 2: "Nam adversarius, cum videt virtutem, quae

ex corde est, ut homo similitudinem Verbi in manifesto deformatam ostendat,


infugiatur non sputante sed flan te hore".
618 APPENDICE 1

Arabo: Il maligno, infatti, vede Etiopico: E l'avversario, quando


solo la potenza del cuore, e quando vede la potenza dell'uomo razio-
vede che l'uomo interiore è razio- nale (e) interiore che risiede nel
nale e segnato interiormente ed cuore - poiché egli si è segnato
esteriormente col sigillo del Verbo, interiormente ed esteriormente col
fugge e si affretta ad allontanarsi sigillo del Verbo - allora trema e
dalla parte dello Spirito Santo che rifugge velocemente indietro dallo
è nell'uomo il quale gli ha fatto Spirito Santo. Questi è colui che
spazio dentro di sé 132 • sta nella persona che (gli) ha fatto
uno spazio di dimora presso di
sé 133 •

B. Botte ha tentato di ritoccare il testo latino per renderlo acco-


stabile alle altre recensioni. Anzitutto, egli corregge "ut homo
similitudinem verbi in manifesto deformatam ostendat" in "ut
homo interior, hoc est rationabilis, interiorem similitudinem Verbi
in manifesto deformatam ostendat", aggiungendo il contenuto di
una riga che sarebbe caduta nella scrittura. Egli ritiene anche che
deformatam (che si trova in entrambi i testi latini) sia la tradu-
zione di Èx't'U1tOUf.L~"ll"· anche se il termine saidico corrispondente è
una parola di prestito greco (mpp~Xy(~ELv): essa sarebbe stata usata
dai traduttori al posto di un termine greco meno familiare e non
sarebbe quindi un calco dell'originale. La frase finale "infugiatur
non sputante sed flan te hore", di difficile lettura sul palinsesto, era
stata ricostruita diversamente nell'edizione di Hauler, "infugiatur
non sputante sed flante spiritu in te" 134 ; su questa lettura Botte
ipotizzava una cattiva lettura da parte del copista di "spiritu in
te", correggendo semplicemente "infugiatur spiri tu in te" ed armo-

131 Traditio apostolica, 42, 2: tme:IAH n.J.NTIKIHe:Noc nAI.J.IIOAOC ee:wpe:1


NT6oH HntHT HH.J.Te: .J.YW e:qqJ.J.NN.J.Y e:npwHe: e:TtltOYN .Xe: oyAOriKOC ne:
e:qctp.J.nze; tltOYN .J.YW tiiiOA tN Te:ctp.J.rlC HOAOroc HnNoyTe; qJ.J.qnWT
NTe:yNoy e:ynHT NCWq tiTH ne:nNe:yH.J. 6TOY.J..J.II O.J.I e:TtH npwHe: NT.J.qK.J.
H.J. N.J.q NtHT(j.
132 Traditio apostolica, 42, 2: m_; ~U Z\ ~~~ ~;li fo 11~ l.i.:.O.j ~~ ;_;i Jl j.:.;, J\;ji ;)
-~" --~~ ·Wì'l
v;'?"'..; · -· ,J, ilo. .r.~~ r_.v-
• ~_,.'?"' •11 ~--,~ ~'tr'l--' .:x Zli. ~~
·'- .:/ :- \•..:; ~.;.-_, ~l.ì
-- f'-" - •r_,...._,.
:.-
\a.;>y~4.\
133 Traditio apostolica, 42, 2: mn.r.+.+mf'": Ck.f": nm-1'1+: Aofl: '1f.A: ofll\{1.:
HID"i'l'l': )Qfl11 l\i'lott: +"+o: l\"t+: OJ-i'lm-t: IDl\"t+: J\~J\11-t: 06-l-O+: .4'AI1
l\i'lott: f.Cc)~: m,r..,.,r.,r.: ~m-): ~"'l.ll-: l\Oit"J~i'l: o}>JJ.I'I" 11"tof>: ID-l\of>: HVfl-:
m-il+: ofll\1'1.: Hll'lr: '1fLII-: Traduzione di Michael Hanssens.
!34 E. HAULER, Fragmenta Veronensia Latina, p. 149.
TRADITIO APOSTOLICA 619

nizzando con le versioni orientali 135 • Così ricostruito, secondo Botte,


il testo latino (che egli considerava il più affidabile) andrebbe così
interpretato:
Se tu sei tentato, segnati la fronte con rispetto, perché è un segno
ben conosciuto e sperimentato contro il diavolo, se almeno lo fai
con fede, non per essere visto dagli uomini, ma presentandolo con
scienza come uno scudo. Perché l'avversario, quando vede la forza
che viene dal cuore, non appena l'uomo interiore, cioè il razionale,
mostra, figurata all'esterno, l'immagine interiore del Verbo, è messo
in fuga anche grazie allo Spirito che è in te.
Il ritrovamento del nuovo testimone etiopico, però, fornisce un
testo che si avvicina alla lettura della recensione latina, riconfer-
mando il tema dello sputo e del soffio, del cui carattere esorcistico
già ho detto (a proposito di Tertulliano):
E l'avversario, una volta che ha visto la potenza dell'uomo che è
nel cuore, fatto con certezza a somiglianza di un lavacro, fugge tre-
mando di paura, non per lo sputare ma per il soffio 136 •
Il tema delle armi e degli scudi di difesa spirituale contro gli
attacchi del maligno è di ascendenza biblica 137 • Il resto del para-
grafo, di difficile ricostruzione, può voler significare che il segno
della croce rende visibile davanti al demonio lo scudo della fede,
che è nascosto dentro ogni credente; se il demone non vede il segno
interiore, che deve essere esteriorizzato mediante il segno della croce
sulla fronte, lo scudo della fede rimane invisibile e nascosto. Ciò è
confermato da quanto segue nel testo, ove si istituisce un paragone
con il segno di sangue posto sugli stipiti delle porte al tempo della
strage dei primogeniti in Egitto, quando Dio suggerì a Mosè di far
segnare all'esterno le case dove dimoravano gli ebrei per preser-
varne i figli. Anche in questo caso, il segno tracciato all'esterno è
ciò che rende palese la fede nascosta all'interno; ed il segno della
croce, tra i suoi tanti utilizzi, obbedisce a questo scopo 138 •

135 B. BoTTE, Un passage difficile, pp. 13-14. Cfr. anche In., La sputalion,

anlique rite baptismal?, p. 197.


..,,_1\:
136 Traditi o apostolica, 42, 2: tDHf.+ :J'<tD 'l": Cl\. V": HtD<tl+: A11:
11l\ll.: OM'"I\I\: 1éO:t-: 06tD..)o: .,.<1>flt:: l\'JH: f,C61:: Wl-1-1-: J\tt:
O<+> &.l\: J\1\: Ol\tl:t-'J<f.tl: Traduzione di Alessandro Ba usi. Testo riportato
e commentato in lo., The "so-called Traditio apostolica", pp. 311-314.
137 Ef 6, 16: "Tenete sempre in mano lo scudo della fede, con il quale potrete

spegnere tutti i dardi infuocati del maligno".


138 Per i diversi significati del segno della croce, F. J. DOLGER, Beilriige zur
Geschichle des Kreuzzeichens.
620 APPENDICE 1

Le versioni orientali della Traditio dimostrano chiaramente


che la fuga di Satana dalla persona è dovuta indirettamente al
segno della croce, ma più direttamente allo Spirito di Dio che
dimora nell'uomo, una volta che è stato fatto uno spazio per lui
nell'anima; ma alla fine del capitolo si riafferma l'importanza del
gesto esteriore:
Latino: Segnandoci con la mano Copto: Per mezzo di essa (la fede),
la fronte e gli occhi, allontaniamo quando segniamo le nostre fronti
colui che tenta di distruggere 139 • con la nostra mano ci sbarazze-
remo di coloro che vogliono ucci-
dercP40.
L'allontanamento del demonio (Noyte significa allontanare, scrol-
larsi via, buttar fuori), o dei demoni al plurale, in saidico ed etio-
pico, è in definitiva il risultato del segno della croce. Entrambe le
versioni latine prescrivono il segno di croce sia sulle fronti sia sugli
occhi, mentre tutte le versioni orientali si limitano a menzionare
solo le fronti; comunemente si intende che per quanto concerne gli
occhi si tratti di una glossa del testo latino 141 • Però, ancora una
volta, il nuovo testo etiopico è assai vicino al latino, e merita di
essere preso in considerazione:
Segnandoci dunque con le mani la fronte e gli occhi, teniamoci lon-
tani da colui che medita di far morirel 42 •
Mi pare che questo capitolo riepiloghi quanto si può ritrovare
disseminato altrove: il segno tracciato sulla fronte, sulle orecchie
e sulle narici del battezzando, l'unzione trinitaria postbattesimale
sulla fronte (cap. 20, 8; 21, 22) e il segno purificatorio con la saliva
(41, 14) possono essere tutti interpretati come segni della croce,
portatori di un autentico valore soteriologico ed apotropaico.

139 Traditio apostolica, 42, 4: "Frontem vero et oculos per manum consignan-

tes declinemus eum, qui exterminare temptat".


140 Traditio apostolica, 42, 4: TAl €NqJANc+rAri:Ze NTeNT€ZN€ NZHTC ZN

T€N6U: T€NNANOYZH 6N€Toywcp €ZOT86N.·


141 Cfr. B. BorrE, La Tradition Apostolique, p. 101, nota 4; G. Dix, The

Treatise on the Apostolic Tradilion, p. 70, nota 4; J. M. HANSSENS, La Liturgie


d'Hippolyte, p. 165.
142 Tradilio apostolica, 42, 4: ii:<A">9": 1-'Jh: tlll\6-"'J-l-: 01..(11>": 1-'JH: 'J0-1--R:

'J-l-'ldtl'l: 1.9"11: +-tA: -"""'hC: Traduzione di Alessandro Bausi.


APPENDICE 2
EPISTOLE AI VERGINI

Tra le opere falsamente attribuite a Clemente romano, vi sono


due epistole dedicate a persone di ambedue i sessi dedite all'ascesi.
Le due lettere, che in realtà costituivano originariamente uno
scritto unico, sono una sorta di regola che esorta alla pratica delle
virtù e dei sacrifici, cercando di inculcare l'osservanza dei doveri
inerenti lo stato di verginità e producendo numerosi esempi tratti
dalle Scritture. L'autore, in particolare, ribadisce l'obbligo di evi-
tare la coabitazione con persone dell'altro sesso, sfuggendo così la
maldicenza che ne deriva. Adolf Harnack ha ricostruito la tradi-
zione di questo scritto, conosciuto a partire da Epifania, Girolamo
e Timoteo di Alessandria: forse originario della Siria o della Pale-
stina, si sarebbe a breve diffuso solamente in Egitto 1• Più insidioso
il problema della datazione: comunemente l'opera viene collocata
alla metà del m secolo, secondo Harnack nei suoi primi decenni,
secondo altri dopo, ma alcuni si sono spinti sino alla seconda metà
del rv 2 • Poiché la datazione è incerta, stabilita solo sulla base della
menzione del problema delle virgines subintroductae, ho preferito
inserire la presente trattazione in appendice.
Solo in siriaco è pervenuto il testo completo dello scritto3 ; ci
sono stati tramandati poi ampi frammenti dell'originale greco ed
una traduzione in copto4 •

1 A. HARNACK, Die Pseudoclementinischen Briefe (le conclusioni alla p. 40).


Si vedano anche F. G. MARTINEZ, L'ascétisme chrétien, pp. 171-186; H. KocH,
Quellen zur Geschichte der Askese, pp. 42-48; D. MARAFIOTI, La verginità in tempo
di crisi. In H. DUENSING, Die dem Klemens von Rom, si ha una buona introdu-
zione al testo, con traduzione critica.
2 Secondo Antonio Casamassa, ad esempio, le due epistole andavano collo-

cate tra la fine del m e la prima metà del IV secolo (I Padri apostolici, p. 70).
3 Si tratta di un codice scritto nel 1470 e conservato ad Amsterdam.

4 Il fatto che queste epistole fossero lette in chiesa è attestato da Epifanio

ed è confermato dal fatto che esse sono riportate in un codice siriaco del Nuovo
Testamento, dopo l'Epistola di Giuda. La versione copta (dei primi otto capi-
toli) le ascrive ad Atanasio. I frammenti greci sopravvissuti sono tratti dalle
Pandette di Sacra Scrittura del monaco palestinese Antioco di San Saba (620
circa).
622 APPENDICE 2

l. Esorcisti itineranti

Fortunatamente il brano che per noi riveste un certo interesse


è conservato in tutte e tre le recensioni. Quella greca è più breve
delle altre due, più prolisse ed assai simili tra loro: la loro prolis-
sità non è però dovuta alla presenza di elementi nuovi, quanto alla
ripetizione dei medesimi concetti espressi sinteticamente dal greco.
Sarà quindi utile confrontare il testo greco con quello copto:

Poiché anche ciò è bello e vantag- Poiché è cosa buona e vantag-


gioso per la fraternità in Cristo, giosa per i confratelli in Cristo,
che si visitino gli indemoniati e che si visitino gli indemoniati e
si pronunci su di loro una pre- si indirizzi per loro una preghiera
ghiera gradita a Dio, con fede gradita a Dio, con fede e non
e non grazie alla combinazione per ostentazione di molte parole
di molte parole o con declama- di declamazioni di esorcismi pro-
zioni di esorcismi come sfoggio di nunciati, come sfoggio apprez-
umana approvazione, allo scopo zato dal pubblico, al fine di farsi
di apparire eloquenti o di buona vedere come dotati di memoria o
memoria, facendo risuonare come buoni parlatori - come un oratore
un flauto sugli energumeni insul- esclamante o un cembalo risonante
saggini e ciance e non in fede di (1 Cor 13, 1) - davanti agli ener-
verità, gumeni, e si lanciano in insulsag-
gini in parole, e non nella fede
ma come insegnò il Signore: Que- nella verità. È così che il Signore
sta razza - dice - si vincerà con la ci ha insegnato che questa razza
preghiera e con fede si scaccia col non può andarsene se non con una
digiuno (Mt 17, 21). supplica fedele, una preghiera fre-
quente, santa e pura (Mt 17, 21).
Domandate a Dio con digiuno e
vigilanza allo stesso tempo; senza
un secondo fine malvagio rechia-
Con sobrietà dunque visitiamo il moci accanto al fratello malato,
sofferente, come conviene, o piuttosto alla sorella e, come
è importante, per far visita, non
per soddisfazione della gente, per
amore del denaro, o per curio-
sità, o per chiacchierare, ma nel
in spirito di umiltà. È dunque puro spirito di umiltà del Cri-
bello collaborare con i fratelli sof- sto; solo con digiuni e preghiere,
ferenti, come è detto, con veglie, non con l'eleganza (x6cr[L'f)mç) di
digiuni, preghiere incessanti. vane parole o sequele di formule
di esorcismi. Ma come da parte
del Signore avete ricevuto gratui-
tamente un carisma (XOCflLO'[L(l) di
EPISTOLE AI VERGINI 623

guarigione, allo stesso modo dona-


telo gratuitamente (Mt. 10, 8) con
confidente fiducia per la gloria di
Dio, perché questi sia glorificato
da veglie, digiuni, preghiere inces-
santi e tutti i restanti rimedi, pre-
stando attenzione (7totpotTI)pl)crtç) e
con spirito mortificato all'attività
(7tpcX:;tc;) corporale (crWf.Lot). Che
un uomo tale, realmente divenuto
tempio dello Spirito Santo (cfr.
l Cor 6, 19), scacci i demoni, per-
ché Dio l'assiste. È dunque cosa
buona soffrire con coloro che sof-
Infatti è stato detto dal Signore: frono, poiché è detto dal Signore
Scacciate i demòni, assieme ad di scacciare i demoni con altre
altre guarigioni: Gratuitamente guarigioni, e: Gratuitamente date
avete ricevuto, gratuitamente date (Mt 10, 8)6 •
(Mt 10, 8)5 •

5 Ps. CLEMENS RoMANUS, Epislulae ad virgines, l, 12, 2-5: "O·n 8è xoct TOÙTo
XotÀÒv XotL 6l<ptÀLfLOV Tjj Èv XptcrTéj) oc8eÀ<p6TIJTL TÒ TOÙç 8ottfLOVLWVTotç Èmcrxé-
7tTecr0otL XotL e\)xecr!lotL ÈmÌvw otÙTWV EÙX~V Téj) 0eéj) ocpécrxoucrotv mcrTWç XotL
!L~ Èx cruvOécrewç 1tOÀÀWV Mywv ~ fLEÀéTot<; È;opxL<rfJ.WV 7tpÒç È1tl8eL;tv ocv0pw-
7totpecrxdocç 7tpÒç TÒ <potvijvotL eÙÀIXÀouç iìfJ.V~fLOVotç -IJ!J.ii<;, 8lx1)v ocÙÀou l)xouv-
Totç 7tpÒç TOÙ<; ÈvepyoufLtVouç <pÀUotp[ocç XotL ~otTTOÀoy[ocç XotL oÙx Èv 7tL<rTEL
OCÀ1)0docç, xocO<ilç È8l8oc;ev o Kupwç· TOÙTo y<Xp TÒ yévoç, <p1jcrlv, Èv 7tpocreux1i
ÈxTeve'L xoct 7tL<rTEL fLET<Ì V1)<rTelocç È;tpxeTotL. N1)<p6vTwç oùv TÒv XOCfLVOVTot Èm-
crxe7tTWfLE0oc, ~ç 8e'L, Èv 7tVEUfLotTL Tot7tELVwcrewç. KocÀÒv oùv TÒ cruyxomiiv To'Lç
XOCfLVOU<rLV oc8eÀ<po'Lç, ~ç erp1)TOCL, 8L' ocypu1tVLWV Xott V1j<rTELWV XotL eùxwv oc8Lot-
ÀeL1tTWV. 'Eppé01) y<Xp {mò TOÙ Kuplou· ~otLfL6VLot Èx~ocÀÀETE, fLET<Ì xoct TWV
1i.ÀÀwv !occrewv· 8wpe<Xv ÈÀ<Ì~ETE, 8wpe<Xv 86-re. L'accusativo fLEÀtTotç sarebbe
molto più facilmente giustificabile se fosse un genitivo, fLEÀtTIJ<;.
6 Ps. CLEMENS RoMANUS, Epislulae ad virgines, l, 12, 2-6: €80~ AE .XENA-Noy-

nA-l A-YW qjiNoqr€ NTHNTCON ETtHnEXC €C5HOqiiN€ NNETO NAA-IHONION,


A-YW Ef9~H.\. t>.xwoy NOYf9.\.H.\. EqjiA-NA-q HnNoyTE tNoyHNTniCToc, A-YW €80.\.
tNtENq~oyq~oy A-N tNt€Nf9A..x€ €NA-f9WOY N-rEoyHE.\.€TH i1HN-rrEqExorKIZ€
NNA.tri1noywNi E8o~ NoyHNTrEqA-r€CK€ Nrw[H€ t>]TrEqoywN[tJ €80.\.
.xt>oyr[Eq]jinHEEYE ii [oy]rEqf9A..KE U.\.Wc· Ne€ NoyrEq.xw Eqwg~ E8o.\. ii
oyKyH8~0N Eqt.\.oy.\.A.l NNA-trHNETOYENErrEI HHooy HNNETHOOf9€ tNt[EN]-
HNT• .\.YA-roc tNtENf9A..KE, A-YW tNoymcTic A-N NTETHE, Ne€ ENTA-qtc8w
Ne5nUtOEIC .xEnE"irENoc tNoynrocEyxH ECNtOT tN[oy]g~~.\. N[tA.tJ Neon
EqoyA-[A-8] NA-TTW.\.H [f9E1]· A-ITEI i1nNoyTE HNoyNHcTEIA- HNHN-rrEqNH4'€
NIH tloycon HNOYHNTA-T [H]EEYE EnnE[e]ooy· ENEtnENoyo€1 EncoN
ETf9WNE ii N-roq oycwNE A-YOJ Ne€ ETEf9f9E €C5HOf91NE, tNoyHN-rA-rEcKE
624 APPENDICE 2

Il testo siriaco, che non differisce sostanzialmente da quello


copto, sarà sufficiente riportarlo in traduzione 7 •
L'autore dello scritto desidera dunque far conoscere le regole
ascetiche di vita adottate nella regione in cui egli dimora. L'apo-
stolato di questi asceti, che non hanno certamente una vita ceno-
bitica organizzata, è di carattere itinerante: per il bene spirituale
dei fedeli essi si recano da un villaggio all'altro per la predicazione,
la lettura delle Scritture e la preghiera. Una delle loro occupazioni

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7 "Oltre a ciò questa ancora è una cosa conveniente, giusta e di decoro per i

fratelli in Cristo, che si visitino coloro i quali sono vessati da spiriti malvagi, e
si facciano degli esorcismi e orazioni sopra di essi, accortamente, con orazione
accetta davanti a Dio; non con parole ornate e molte, ordinate e preparate
al fine di apparire come uomini eloquenti e di buona memoria. Sono simili a
una tromba che squilla o a un cembalo che risuona (l Cor 13, 1) la loro gar-
rulità, e nulla giovano a quelli sui quali fanno gli esorcismi, ma parlano con
parole terribili e spaventano con i loro detti gli uomini, e non operano con
retta fede, secondo la dottrina di nostro Signore, il quale disse: Questa razza
non esce fuori se non con digiuno e orazione (Mt 17, 21) sempre perseverante e
con mente attenta. Sicchè santamente preghino e chiedano a Dio con fervore
e con ogni vigilanza e castità, senza avversione e malizia. In questa maniera ci
avvicineremo a un fratello o sorella infermi e li visiteremo, com'è ragionevole,
senza frode o amore di denaro, senza tumulto e garrulità, in atteggiamento non
alieno dalla pietà e senza superbia, ma con lo spirito dimesso e umile del Cristo.
Con digiuni dunque e con preghiera esorcizzino, non con parole di erudizione
ornate, disposte ed acconce, ma come uomini i quali ricevettero il carisma di
guarigione da Dio. Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date, con fiducia,
a lode di Dio, con digiuni, preghiere e incessanti veglie, e con le altre buone
opere. Mortificate le opere della carne con la virtù dello Spirito Santo. Un tale
uomo è tempio dello Spirito Santo di Dio (cfr. l Cor 6, 19). Un tale uomo scac-
cia i demoni, e Dio lo aiuterà. È infatti una bella cosa sovvenire agli infermi.
Disse il Signore: Scacciate i demoni, con molte altre guarigioni, e: Gratuitamente
avete ricevuto, gratuitamente date (M t 10, 8)". Traduzione di Giovanni Battista
Gallicciolli, leggermente riadattata.
EPISTOLE AI VERGINI 625

principali è la visita delle vedove, specialmente di quelle che hanno


il compito di mantenere gli orfani. È proprio il carattere di queste
visite ad introdurre il discorso della deprecabile pratica esorcistica
di certuni asceti maschi, i quali "vanno girando intorno per le case
dei fratelli o delle sorelle vergini, sotto il pretesto di visitarli, di
leggere loro la Scrittura o di esorcizzarli" (1, 10, 4). Trattasi di per-
sone spudorate che con il pretesto di motivazioni spirituali coa-
bitano con le vergini, si radunano per chiacchiere e maldicenze,
oziano, sono vanagloriose e simoniache, fanno mercato del nome di
Cristo con parole seducenti.
Di qui nasce la preoccupazione per la pratica esorcistica. Dal
racconto possiamo ricavare informazioni su come questi asceti
avrebbero dovuto esorcizzare gli indemoniati secondo la prospettiva
dell'autore dell'epistola, e come invece in certi casi essi si compor-
tavano. L'esorcismo raccomandato dall'autore è considerato opera
giusta e conveniente per i cristiani, ed è accomunato alla miseri-
cordiosa opera della visita degli infermi. Condizione necessaria per
l'efficacia dell'esorcismo è la fede in Dio, accompagnata dalla pre-
ghiera e dal digiuno, secondo il consiglio evangelico più volte già
incontrato; il tutto deve svolgersi in una cornice di umiltà, veglie
di preghiera e soprattutto completa gratuità. Secondo il testo copto
e siriaco, l'esorcista agisce in quanto tempio dello Spirito Santo, e
Dio lo assiste.
Diverso è l'atteggiamento biasimato dal redattore dell'epistola.
Pare che vi fossero persone che visitavano gli energumeni e li esor-
cizzavano facendo uso di formule magniloquenti, cianciando, asso-
ciando formulari allo scopo di apparire eloquenti e di buona memo-
ria, usando quelle che vengono stigmatizzate come chiacchiere e
ciance. Secondo il testo siriaco, la loro eloquenza si spinge a spa-
ventare gli uomini con terribili detti. Ma la loquacità di costoro
è vuota, produce un rumore inefficace che ricorda certe parole
dell'apostolo Paolo8 ; il loro scopo non è la salute di coloro che
visitano, ma la curiosità, le chiacchiere, l'approvazione della gente
e possibilmente anche il guadagno.
Non vi è nulla di nuovo in questo documento rispetto a quanto
già visto altrove. È però interessante vedere come questi asceti

8 l Cor. 13, 1: "Se anche parlo le lingue degli uomini e degli angeli, ma

non ho la carità, sono un bronzo sonante o un cembalo squillante (xÙ!J.~<XÀov,


come nel copto)".
626 APPENDICE 2

itineranti svolgano una funzione profetico-didascalica, una esor-


cistico-curativa ed una cultuale9 • Non vi è alcun indizio sull'ap-
partenenza o meno al clero di questi personaggi, che potrebbero
semplicemente essere missionari carismatici che svolgevano un
importante ruolo negli ambienti rurali e nei villaggi. L'efficacia e
la legittimità dell'esorcismo pronunciato non sembra dipendere dal
ruolo di chi lo pronuncia, ma dalle sue intenzioni, dalle sue parole,
dalla sua fede e dall'approvazione divina.

9 Cfr. E. CAITANEO, I ministeri nella Chiesa antica, p. 709.


CONCLUSIONE

La mia analisi delle fonti si interrompe attorno alla metà del


m secolo. In questi anni l'esorcismo battesimale, come rito speci-
fico e distinto dal vero e proprio battesimo d'acqua, sembra aver
raggiunto una propria identità ed una diffusione abbastanza capil-
lare. Contemporaneamente in Africa, a Roma e in Cappadocia è
attestata l'esistenza di gruppi organizzati di esorcisti impegnati nel
servizio liturgico e nelle mansioni proprie del loro ruolo.
In occidente l'esorcistato diverrà presto un ordine minore, inca-
ricato del trattamento dei catecumeni e dei posseduti: nel 475
circa gli Statuta Ecclesiae antiqua stabiliranno che l'ordinazione
dell'esorcista avvenga mediante la consegna da parte del vescovo
di un libro di formule esorcistiche accompagnata da questo invito:
"Prendi ed impara, e ricevi la potestà di imporre le mani sull'ener-
gumeno, sia battezzato sia catecumeno". La medesima formula è
passata nel Ponti{icale romanum ed è stata adoperata sino al 1972,
quando l'esorcistato è stato soppresso. La menzione di un libellum
in quo scripti suni exorcismi induce a pensare che il rituale di esor-
cismo già a quei tempi, come oggi, fosse basato su un testo euco-
logico codificato. La progressiva trasformazione dell'esorcistato in
una semplice tappa del cursus honorum degli ordini sacri, senza
che il candidato dovesse garantire una particolare predisposizione,
anzianità o esperienza, ci fa comprendere il motivo per cui le fun-
zioni proprie dell'esorcistato passarono gradualmente nelle mani
degli ordini sacri maggiori; ancor oggi, nelle Chiese latine, solo un
sacerdote può esorcizzare.
In oriente l'esorcismo degli energumeni continuò ad esistere
principalmente come carisma spontaneo. Non si poteva diventare
esorcisti grazie ad un'ordinazione: quando qualcuno veniva quali-
ficato come tale, aveva già dato prova del proprio carisma. Ciò
nonostante, l'autorità ecclesiastica cercherà di esercitare un certo
controllo su questi carismatici, incoraggiando l'ordinazione suddia-
conale, diaconale o sacerdotale di chi sapeva compiere esorcismi.
Nel canone 10 del concilio di Antiochia del 341 gli esorcisti ven-
gono nominati a fianco dei lettori e dei suddiaconi, ai quali nel
628 CONCLUSIONE

canone 24 del sinodo di Laodicea (fine IV secolo) vengono aggiunti


anche i cantori e gli ostiari.
L'ambito nel quale la prassi esorcistica cristiana rimase quasi
sempre espressione di un carisma libero, è quello dei santi. Fonda-
mento dei loro esorcismi restano la preghiera e la salmodia, accom-
pagnate da sguardi ed espressioni sprezzanti, minacce e rimproveri.
Lo scongiuro esorcistico, che avviene nel nome di Gesù, può essere
accompagnato da imposizioni delle mani, segni di croce, aspersioni
con acqua santa, uso di olio benedetto, pane o altro.
Non conosciamo i libri più antichi in uso presso dell'esorcistato
ufficiale; i primi formulari sopravvissuti sino ad oggi non risal-
gono a prima del IV secolo, contenuti negli eucologi o nei papiri
magici. Spesso queste preghiere esorcistiche venivano attribuite ad
autorità ecclesiastiche antiche (ad esempio Basilio, Giovanni Criso-
stomo, Gregorio il Taumaturgo, Cipriano), ed alcuni indizi fanno
pensare che alcune di esse fossero destinate ai sacerdoti. Continua
l'uso delle allocuzioni, delle minacce, degli scongiuri e degli epiteti
tradizionali; vi si ritrovano i nomina barbara, le menzioni di famosi
esorcisti (come Salomone), l'uso dell'olio, della cera e dell'acqua
benedetta, i segni di croce e le exsufflationes; si aggiungono nuove
formule di acclamazione e invocazioni, brani liturgici, formule tri-
nitarie e trisagi. I sacramentari franchi del secolo VIII (il gelasianum
vetus e il gellonensis) ed il Pontificate romano-germanico del 955
circa contengono quei formulari per l'esorcismo sugli ossessi che,
tramandati per tutto il medioevo, furono recepiti nel Rituale roma-
num del 1614 (al titolo De exorcizandis obsessis a daemonio) e ven-
gono ancora usati.
L'esorcismo battesimale, ormai giustificato teologicamente come
rito connesso alla cancellazione del peccato originale, è parte inte-
grante dell'iniziazione cristiana: i catecumeni vengono sottoposti
a digiuni, unzioni ed esorcismi, anche quotidiani, in attesa della
notte di Pasqua nella quale saranno battezzati. Per l'oriente le
fonti eucologiche sono costituite principalmente dagli ordinamenti
ecclesiastici e, più tardi, dagli eucologi: il Codex Barberini, ad
esempio, contiene le orazioni di esorcismo sui catecumeni in uso
nel rito bizantino alla H metà dell'viii secolo. In occidente abbiamo
a disposizione i sacramentari, a partire dal gelasianum vetus, il cui
testo è sostanzialmente il medesimo del Rituale romanum del 1614.
Ai costumi liturgici tradizionali talora si aggiungono altri gesti,
CONCLUSIONE 629

come la velatura del capo, la nudità, l'uso di giacere sul cilicio e


l'utilizzo della saliva da parte dell'esorcista.
Preghiera di rouline all'interno del rituale di iniziazione cristiana,
oppure, più raramente, terribile sacramentale riservato a sacerdoti
scelti con cura, o potente carisma degli uomini santi: in tutte que-
ste forme l'esorcismo ha continuato, fino ad oggi, la sua storia.
ENGLISH SUMMARY

0BJECT, PERIODIZATION AND LAYOUT OF THE MATERIAL

Foreword, pp. 17-20

The object of this book is an analysis of the records of exorcis-


tic practices and the understanding and treatment of demonic pos-
session in Christian Antiquity, from the beginning of the second
century CE to the middle of the third. I have left aside writings
concerning the first century since they ali merged in compiling
the New Testament for which there is plenty of highly specialized
scientific literature. I have set the time limit for my investigation
at c. 250 CE for motives that regard the history of Christianity
in generai and for two reasons in particular. Firstly, it is in this
period that baptismal exorcism, a specific ritual distinct from
regular baptism, seems to bave taken on a separate identity and
become rather widespread. Secondly, this period also witnessed
the evolution and establishment of an increasingly well-structured
class of exorcists which was clearly defined within the ecclesiastic
hierarchy and soon after became a stable interim phase in the rise
to sacred orders.
After delimiting the historical time frame, I proceeded to read,
systematically an d integrally, the collection of useful texts per-
taining to this period for the purpose of compiling-for the first
time--an exhaustive list of well-analysed sources. In order to avoid
any risk of anachronism, I bave not taken into account the narra-
tions of exorcisms attributed to persons living in the second or third
centuries but which were recorded by authors in later times. For
the same reason I have also excluded the texts included in the
magie papyri and the remains of the pseudo-Clementine Romance
because both of the available recensions go beyond the chrono-
logical constraints of this research. On the other band, I bave
acknowledged-cautiously and in appendix-the testimony of the
Apostolic Tradition and the Epistles io Virgins by the pseudo-Cle-
ment of Rome.
632 ENGLISH SUMMARY

CHRISTIAN DEMONOLOGY AND IDOLATRY

Chapter 2, § 2, pp. 38-42

The belief in demons was widespread in ancient times. J ews an d


Christians portrayed them very negatively and contrasted them
to angels, God's celestial messengers. In the pagan world instead,
two trends co-existed regarding demons: one, the traditional belief
that demons were peaceful intermediaries between humankind and
Divinity and, therefore, beings to be addressed with reverence, and
another belief of a more popular character and closer to Christian
beliefs that is represented in the writings of Plutarch, Apuleius,
Maximus of Tyre, Philostratus, and in the Chaldean Oracles.
Christian preachers found themselves confronted with a series of
deeply-rooted beliefs in the oracular, thaumaturgical, and miracu-
lous capacities of the pagan gods. The solution that they devised
for uprooting such beliefs called for the annihilation of the divini-
ties themselves. Rather than denying the reality of the overthrown
ancient gods' interventions in human affairs, these divinities met
a different end: they were identified with the wicked demons of
Judaeo-Christian tradition. These demons would have deceived
people by pretending to be deities and performing wonders; they
would bave inspired ancient poets, promoted the erection of sacri-
ficial shrines, and controlled the world of dreams, oracles and heal-
ing. They could possess humans, damaging them and making them
lose their self-control. Every gentile who converted to Christianity
had to renounce these evil beings that swarmed over all the world
and the airspace surrounding it. It had to be done as a public repu-
diation that soon acquired the solemnity of a ceremonial renuncia-
tion within the liturgy of Christian initiation-a renunciation of
sacrifices, the cult of statues, and of any activity related to idol-
atry. Diabolic possession, understood as Christians contaminated
by idolatry, was an issue that would acquire great importance in
a period of persecutions when Roman authority had redoubled its
efforts to force the faithful into apostasy. The miserable epilogue
of the vicissitudes of some lapsi, whose bodies were possessed and
ravaged by the demons to which they had surrendered, must bave
had the effect of a severe admonition.
ENGLISH SUMMARY 633

EXORCISM, ALTERITY ANO RELIGIOUS COMPETITION

Chapter 2, § 3, pp. 42-51

One of the features of inter-religious conflict was the process of


demonization of rivals: whoever did not belong to one's group was
labelled a follower of Satan and an enemy of God, thus, an adver-
sary to be fought. Exorcism played an important role in the Chris-
tian attitude towards paganism, the creation of a Christian iden-
tity, the maintenance of internai social cohesion, and the control
of internai deviation. In a period when Christianity risked being
torn apart by internai schisms and external persecution, the estab-
lishment of a close link between deviation and an association with
demons provided further motivation for fighting internai dissent
and putting up with external attacks. The fluid nature of organi-
zation of the Christian communities at the time, when the roles of
laymen and minor clergy were not yet clearly defined, made them
unstable and especially vulnerable to internai divisions. In view
of this predicament, the Great Church tackled the issue on two
fronts. On the one hand, it hastened the process of institutionaliza-
tion, securing for itself the exorcistic function that so far had been
freely exercised; on the other hand, it questioned the legitimacy of
those who exorcized without the approvai of the official ecclesiasti-
cal authority.
There is another issue that is obvious to those who explore
accounts of exorcisms: the constant appeal to magie. The accusa-
tion of sorcery had become a form of social control used to alienate
and exercise influence over those who operated in the marginai,
less structured areas of the society. Recourse to this accusation
was favoured by the fact that there was no clear, universally-
valid distinction back then between the various methods of heal-
ing, namely, medicine, miracles, and magie. Every religious group
made different use of these conceptual classifications and tried to
make sure that its own practices were not assimilated into the cat-
egory of magie. The accusation of sorcery-condemned by Jews,
Christians, and civil authorities alike-was a weapon that could
be used in a specular fashion within the context of religious dis-
putes: if the successes of one's group were described as miracles,
then the successes of those who did not belong to one's group must
be the result of magical or occult arts. The Great Church soon pro-
634 ENGLISH SUMMARY

posed a fundamental criterion to try and establish an ontological


distinction between the miracles of magicians and those of faithful
worshippers of God. This was based on the presence or absence of
'techniques' aimed at capturing the divine. Magicians cast spells
of an illusory or ephemeral nature in cooperation with diabolic
forces enslaved through materia! manipulation and suitable formu-
las. The faithful, instead, are able to invoke divine intervention
merely through prayer and the simplest of invocations. This was
the interpretative criterion used to pass judgement on the valid-
ity and efficacy of exorcistic practices within each of the religious
groups. The whole process contributed to fostering religious compe-
tition by providing arguments for debate.

APOLOGETIC AND PROPAGANDISTIC FUNCTIONS OF EXORCISM

Chapter 2, § 4, pp. 51-54

The power that Christians exerted over evil spirits was one of
the most cherished topics in apologetic literature. In the process
of putting forth their credenda, Christian writers also responded
to accusations against their faith and, thus, indissolubly merged
apologetic and propagandistic elements. The inclusion of exorcis-
tic narrations in such contexts needs to be seen, therefore, in the
light of their strong missionary purpose. It is not by chance that
the issue of exorcism makes its first appearance in the history of
Christian literature, with the exception of the New Testament, in
the oldest apologies and is almost completely absent in other sur-
viving texts.
Christians portrayed themselves as great demon casters and their
spells were an extremely important instrument of both mission and
propaganda. When Christian writers addressed a pagan audience
to persuade people of the veracity of their faith, the well-known
exorcistic skills of the faithful turned out to be a compelling argu-
ment since, they claimed, such abilities were displayed right before
everyone's eyes. Consequently, the ritual of exorcism becomes
a powerful instrument of persuasion proving the truthfulness and
the superiority of Christianity while at the same time showing the
demonic nature of the pagan deities not only to heathens, but also
to the Christians themselves.
ENGLISH SUMMARY 635

Readers of such texts will undoubtedly note the utter lack of


information regarding the identity of both those possessed and the
exorcists. Records of exorcisms contain numerous references to
situations in which a Christian exorcist vanquishes an evil spirit
in front of a crowd of witnesses, but the authors do not seem to
be concerned about the reliability of their stories, or at least not
enough to bother adding facts or details that could account for the
identity of the protagonists. The effectiveness of Christian exorcists
is stated as fact and confirmed by pagans as well, so evident and
easily accepted that any further demonstration would bave been
redundant. Obviously, the generic nature of many of these refer-
ences and their consistent presence in apologetic literature deter-
mine the need to frame them - at least partially - in the category
of a literary topos. A clear example of the repeated use of the same
arguments can be found in the synoptic comparison of some pas-
sages of Tertullian, Minucius Felix, and Cyprianus, where a formai
dependency becomes evident.

THE APOCRYPHAL ACTS OF THE APOSTLES AND EXORCISM

Chapter 2, § 5, pp. 54-57

The issue of demonology reaches the apex of its collocation in


the Apocryphal Acts. The repeated comparison between these texts
and Greek fiction, initiated by Rosa SOder's research, has long hin-
dered a proper criticai study of their demonology which was often
poorly understood and underestimated as a mere dramatic mech-
anism typical of the genre of fiction. From this perspective, the
opposition between the main character and his enemy-in this case,
the devil-would reproduce the functions carried out in fiction by
the Tyche, i.e., the cause of ali the obstacles and vicissitudes that
lovers had to overcome before the reunion concluding the narra-
tion. This interpretation, which reduced the issue of demonology to
a literary device, has cast a shadow over the relevance given to the
battle between good and evil by the authors of these texts.
The Apocryphal Acts bave no rival among profane models
regarding the description of wonders. The writings feature a lav-
ish succession of deaths, lethal curses, prodigious feats attributed
to animals, and so many awesome exorcisms that it would seem
636 ENGLISH SUMMARY

natura] to compare the apostle who was the leading character with
Christ himself: the needy prostrate themselves in front of him,
demons talk to him, the laws of nature are subverted. It is note-
worthy how the Apocryphal Acts stress this unique capacity of the
apostle to fight Satan, while the rest of Christian contemporary lit-
erature constantly emphasizes how ali the faithful have the upper
hand over the devii to such an extent that any Christian is said
to be capable of performing successful exorcisms. In the Acts, the
cosmic conflict is taken to such a degree of exacerbation and the
figure of the apostle is so heightened that it becomes the only hope
of winning the war against evil forces.
Although an apostolic origin of the accounts of exorcisms
present in these texts is most unlikely, the use of certain formulas
and gestures can be interpreted as an anachronistic re-proposal of
traditions known to the authors and commonly practised in their
homelands. This has been verified in liturgica] history for accounts
of baptism rituals and I believe it can be applied with due cau-
tion to rites of exorcism.
A close correlation can be seen between the events of the life of
Jesus and the ones narrated in the Apocryphal Acts. The numer-
ous similarities have been re-elaborated in a narration character-
ized by a highly fictional style. Precise descriptions are typical of
this literature as well as the development of real scenes-something
unparalleled in previous or contemporary literature. Especially sig-
nificant are the dialogues between the apostle (or his envoy) and
the magician or the person who is possessed by a demon. Such dia-
logues are carefully reported, often after the example of Jesus's
dialogues in the Gospels. In addition, the Acts sometimes describe
even the places where demonic possession and exorcisms take
piace. The presence of witnesses is also crucial; the crowd satisfies
a precise need for testimony and guarantees the veracity of what
has happened, and at the same time, turns every awesome deed
into an overt manifestation of the superiority of Christianity. The
crowd's massive conversion to Christianity, and especially the con-
version of the possessed who have been healed, is made evident
through the ritual of baptism which concludes many accounts of
liberation.
ENGLISH SUMMARY 637

POSSESSION, EXORCISM, THEOLOGY AND EXEGESIS

Chapter 2, § 7, pp. 59-63

The main theological justification of Christian exorcistic prac-


tices is the fulfilment of the promises Jesus made to his disci-
ples. The Gospels contain a specific order to cast out demons along
with some evidence of the efficacy of Jesus's promise. The ability
to exorcize is counted among the signs of recognition of the true
faithful. All authors agree in attributing to God alone responsibil-
ity for the success of the exorcism-the exorcist merely carries out
the ritual. The exorcisms performed by Christians reveal the conti-
nuity of Christ's messianic work as an anticipation of the ultimate
defeat which will take piace on Judgement Day.
The activity of Christian exorcists is constantly correlated to the
issue of Christology: Justin insists on the fact that the son of God
was incarnated to save mankind and defeat the demons. For Ire-
naeus of Lyon, this not only proves Jesus's divine filiation, but also
his fulfilment of biblical prophecies. Moreover, his grace continues
to function in the Church he instituted, distributed as charismata
among the faithful who possess the gift of demon-casting.
Satan's defeat, achieved through Christ's redemption, belongs to
the categories of now and noi yet because it is already in act at the
moment, but will its reach supreme realization only at the end of
time. The war waged by Christians against the forces of evil is pos-
sible because God, in the mysterious designs of his providence, has
allowed Satan the freedom to exert a certain influence over Crea-
tion. Although defeated and well aware of his future annihilation
at the moment when Creation will finally be subservient to God
and the power of death over humankind eliminated, Satan is still
working his way in the world, albeit unable to prevent or delay
what will occur on the day of reckoning.
A particular theological use of exorcism can be found in the
writings of Irenaeus. He puts it forward as proof of the capability
of God's beings to know Him, in an attempt to provide an answer
for heretics who claimed that neither the angels nor the demiurge
knew the Supreme Divinity. Evil spirits feared an exorcistic invo-
cation of the name of God, even before knowing Him directly after
his incarnation, because they were by nature subject to the One
that had brought them into existence.
638 ENGLISH SUMMARY

Alexandrine theology has concerned itself with the systematic


study of the various ways in which diabolic action affects mankind
as part of an interest in human free will, an inalienable principle
common to Phiio, Clement and Origen. Clement rejects any expla-
nation of sin that appeals to possession or to a real attachment of
demons to human beings: renouncing sin remains a free choice of
human beings not subjected to any kind of external diabolica! coer-
cion. Origen agrees with Clement; for him, demonic intervention
can never stop the conscious exercise of free will since the Scrip-
tures state that God does not allow man to be tempted beyond his
own forces. He admits, however, that the devii can take possession
of human mood in the case of a person inclined to evii who will-
ingly allows the evil spirit to act freely within him. The greater
the perseverance in sin, the deeper the devii will be allowed to
insinuate himself into a human soul-to the point of total posses-
sion. Such possessed individuals need to be liberated by means of
an exorcism. According to Cyprianus, diabolic possession, as with
any other temptation, is subordinate to God's permissive will
which seems to be in some way dependent on our personal inclina-
tion towards sin.

TERMINOLOGY AND CHARACTERISTICS OF DIABOLIC POSSESSION

Chapter 2, § 8, pp. 63-66

The term most widely used to indicate those who are possessed
by a demon in the writings examined is daemoniaci or 3cx~f1.0VWV't"Eç
and acx~f.LOV~wvnç. The latter forms, usually paired as 3CXLf1.<.ùV
- 30C~f1.6VLOV and daemon - daemonium, are interchangeable and
are used equally without any implication of a difference in mean-
ing. There are also a variety of ways to describe the condition of
these persons: some are said to be oppressed, moved, filled, possessed,
or contaminated by a demon while others are called receptacles or
habitations of the Evii One, or said to hide or contain a demon. Since
these individuals suffer the activity of the demon possessing them,
they end up being labelled technically as ève:pyouf.Le:Vo~. There is
also an ampie list of terms for describing the baleful influence of
demons over men: they creep or descend into people; they enter,
imprison, abduci, and invade human beings; they inhabil them,
ENGLISH SUMMARY 639

stick to them, take, possess, and drive them, striking and upsetting
the human body.
Evil possession produces unbearable consequences in the pos-
sessed. In the first piace, the demons that enter the person cause
diseases (people suffer from dropsy and become blind) and seizures
consistent with epilepsy. The manifestations of this torment, which
can lead to death, range from the ordinary screaming and moaning
to the more extreme contortion of limbs, upsetting of the mind,
madness and loss of one's senses.
The presence of the demon in the individuai is depicted as a real
an d utter substitution of the personality. The poor wretch mani-
fests the possessed condition especially in moments when his own
personality, overpowered by the force of the spirit that possesses
him, is forced to surrender and withdraw. The possessed who are
forced to talk or who address the exorcist spontaneously do not
speak with their own voices or tongues, but with those of the
demons that bave invaded them. Thus, any dialogue between the
exorcist and the possessed is a dialogue between the exorcist and
the demon that inhabits the body of the energumen.

GESTURES ANO FORMULAS

Chapter 2, §§ 10-11, pp. 62-76

The objective of exorcism is to overpower the evil spirits pos-


sessing an individuai up to the point of total liberation, which
occurs when the demon abandons the person's body. Contrary to
colloquiai language, ritual language makes use of a series of for-
mulas that tend to become canonica! and is subject to particular
laws. In ancient times though, there was stili a certain flexibility
that allowed for ritual improvisation. Only major liturgica! acts,
such as baptism and the Eucharist, that were performed on a regu-
lar basis were already on their way to becoming an established set
of formulas. Among the texts examined in this research, only Cel-
sus and Origen show knowledge of writings that contain exorcistic
formulas. It would be possible to attempt a reconstruction of some
exorcistic formulas used by Christians living in the geographical
areas that gave birth to the Apocryphal Acts which feature exten-
sive dialogues between exorcists and possessed, complex conjura-
640 ENGLISH SUMMARY

tions, epicleses, and verbal commands. However, as has already


been stated, a vast part of the material is obviously derived from
the Gospels and the nature of such writings does not allow us to
glean evidence with any reasonable amount of certainty.
It is possible, nevertheless, to put together recurrences indicat-
ing the presence of certain widely accepted elements. Christian
exorcism, as weli as J ewish exorcism, is performed 'in the name of'
someone and therefore implies the invocation of the name of Jesus
Christ or of God. As was the case in Israel, great value was attrib-
uted to the power contained in a name. According to Justin and
Irenaeus, Jewish exorcists are able to vanquish demons by invok-
ing the name of 'the God of Abraham, Isaac, and Jacob', exactly
as Christians do in the name of Jesus, but should these exorcists
attempt to utter their spells in the name of a king, righteous per-
son, or prophet of the Old Testament, their efforts would be fruit-
less. Irenaeus applies the same logic to the Gnostics: the invoca-
tion of the names of Simon Magus, Menander, or Carpocrates has
no efficacy whatsoever. Origen reckons that even pagan exorcisms
carri ed out using J ewish formulas could yield satisfactory results
and he refers to the invocation of 'the God of Abraham, Isaac,
and Jacob' as well as 'the God of Israel, the God of the Jews, and
the God who drowned the Egyptians and their Pharaoh in the
Red Sea', 'Sabaoth', and 'Adonai'. T o this, Origen adds appeals
to the archangels Michael, Raphael, and Gabriel, and to the Holy
Spirit. Christians are likely to have used these invocations too.
The indispensable appeal to the divine name was obviously
accompanied by other words uttered by the exorcist about which
we possess little information. In some cases it is nevertheless pos-
sible to reconstruct at least the contents based on a series of recur-
rent elements. To begin with, it can be easily noted that, in ali the
passages about exorcisms in the writings of Justin, it is said that
the exorcism was performed invoking Jesus, 'crucified under Pon-
tius Pila te'. This might suggest that exorcistic rituals were carri ed
out along the recitation of a statement of faith or that the latter
could be used as a kerygmatic source from which the words to be
uttered over the possessed were drawn. Most likely, a reading of the
sacred Scriptures also had a function within the rites of exorcism.
Some Christian authors seem to have believed in the super-
natural powers of certain names only if they were pronounced in
a particular language, which was a rather common belief in the
ENGLISH SUMMARY 641

Hellenistic age (for example, lamblichus and the Corpus hermeti-


cum). Such names would lose their effect entirely if translated into
another language. The Stoics' interpretation, accepted by Christian
authors as well, held that sounds, by their very nature, imitated
the realities they denoted. Known through revelation, these names
could maintain their efficacy only if uttered in their particular lan-
guage. The languages were generally Egyptian and Hebrew with
the latter thought to be the divine tongue and primitive language
of humanity before the episode of Babel. The names are referred to
as nomina barbara which Origen, for instance, states are included
in books containing Christian invocations. Both Clement and Ori-
gen share this belief although Origen strives to avert an accusation
that Christians used the nomina barbara to perform magie by indi-
cating God's ability to listen and respond to every prayer addressed
to him in any language. He insists on the difference between the
ways in which Christians and Jews employ these names and the
way they are used by heathens who would, in fact, use the names
for the purpose of securing the intercession of demons rather than
relying on invocations of God.
From a reading of the sources it is possible to glean further
information regarding the type of verbal expressions the exorcists
employed in addressing the energumens. First of ali, an exorcism is
made up of adjurations and is generally imperative in nature. To
the actual exorcism is added the threat of divine judgement and
the eternai flames that await the demons. At times the exorcist
also has the task of getting rid of the demon which has been cast
out of the energumen by sending it off to the wilderness or other
deserted piace.
Apart from the words and accompanying prayers, an exorcism
includes a range of non-verbal behaviour which serves to enrich the
context of ritual expression. Barring gestures named in baptismal
exorcisms, the most widely recorded non-verbal element used by
exorcists seems to be the imposition of hands. The sign of the cross
can be added to this, likely in Origen, Tertullian, and in the Tradi-
tio apostolica. Among other exorcistic gestures, Tertullian mentions
blowing and spitting which fit with a derogatory and apotropaic
demeanour, are widely recorded in non-Christian sources, and are
normally encountered in a baptismal context but, evidently, were
also performed during exorcism of energumens. Based on the model
642 ENGLISH SUMMARY

of an evangelic exhortation, some authors prescribe fasting as an


anti-demonic device.

THE SCENE OF EXORCISM

Chapter 2, § 12, pp. 77-78

Oftentimes the description of an exorcism has ali the charac-


teristics of a religious performance through which an experience is
communicated and made available to society by means of a mis-
en-scène, a theatrical play. Most exorcistic acts took piace in front
of an audience. Justin invites the public to which his works were
addressed to think about what was happening before their eyes,
thus showing the important role played by the boastful exhibition
of the efficiency of Christian exorcism. Demons themselves, accord-
ing to Tatian, love to show their wonders in public, to convince
the crowds of their thaumaturgic powers. Tertuliian, in his turn,
encourages his interlocutors to take an energumen and an exorcist
before a court of law, in front of everyone.
In the Apocryphal Acts and ali following literature, this aspect
will be further developed with the addition of melodramatic mani-
festations that bave the purpose of openly demonstrating the
departure of a demon from a possessed person: for example, the
sudden appearance of smoke and fire, or the breaking of a statue
positioned in front of the crowd to prove the liberation of the pos-
sessed.
The exorcist possesses special wisdom and unique experience; he
acts on behalf of God and he has the ability to convey a certain
knowledge or value to the spectators through his actions. The audi-
ence interacts with the performers to the extent of becoming actors
themselves; they not only suffer the effects of particular actions,
but contribute to the success of the endeavour. Each performance
is different from the others but, as a rule, they ali yield results
that transform both performers and audience. The main goal of
the rites and gestures of the exorcist is the healing of the possessed
person and, consequently, both the person healed and the audience
that has witnessed the success of the exorcist are bound to adhere
unconditionaliy to the religious message offered by the healer.
ENGLISH SUMMARY 643

THE EXORCIST AND THE ESTABLISHMENT OF THE MINISTRY OF EXORCISM

Chapter 2, §§ 13-14, pp. 78-84

Because none of the examined sources record the name of a par-


ticular exorcist or include biographical information regarding any
of the exorcists, it is necessary to rely on quite generic descrip-
tions. Up to the second half of the third century there is no record
of a special ministry that establishes a substantial distinction
between exorcists and laymen. The ability to cast out demons is
understood as a gift that could potentially reside in every Chris-
tian as one of the signs of the permanence of divine grace in the
Church. Some authors emphasize the high moral standards or the
personal qualities of the exorcist; others state that the power of
Jesus's name has its own independent coercive capacity in regards
to evil spirits. Such a capacity is independent of the goodness of
the person who invokes Jesus's name.
The first signs of a process of transformation appear in the first
half of the third century. Cyprianus talks about organized groups
of sub-deacons, acolytes, exorcists, and readers committed to the
liturgica! service and tasks related to their positions. Cyprianus
emphasizes that the ability to cast out demons is not enough to
guarantee reaching the heavenly kingdom if the exorcist strays
from the path of virtue and justice. Might this be the first hint of
a judgement of the deeds of certain Charismatics who exercised their
activities in opposition to the Church? In the year 251, the bishop
Cornelius records a comprehensive list of exorcists living in Rome
during his pontificate and even furnishes the exact number-fifty-
two including exorcists, readers and ostiarii. Firmilian of Caesarea
describes an exorcist operating in Cappadocia in the year 235 as 'a
trustworthy man, irreproachable in religious discipline', inspired by
divine grace, strong, and of admirable faith. The expression unus
de exorcistis seems to allude to a group of organized exorcists regu-
lated in some manner within the ecclesiastical hierarchy. Faith and
moral irreproachability must accompany obedience to the Church
since belonging to the Church and having its approvai were already
indispensable conditions.
The charisma of exorcism (no longer tied to the individual's sin-
gular condition regarding divine grace, but linked to sacred orders)
would soon become one of the typical supernatural abilities of
644 ENGLISH SUMMARY

a new category of men who would not necessarily be part of an


ecclesiastical hierarchy-the saints.

THE THEOLOGICAL BACKGROUND OF BAPTISMAL EXORCISM

Chapter 2, § 15, pp. 84-91

The tradition of exorcistic liturgy in the context of baptismal


rites has survived in many Christian confessions to this day. In
the past it was believed that the ideologica} foundations of this
ritual were to be found in the doctrine of originai sin, hence the
need to exorcise innocent children. An examination of the sources,
however, proves the independence of baptismal exorcism from the
concept of originai sin regardless of the argumentative use made of
this type of exorcism since the time of the Pelagian dispute.
The idea that pagans and heretics, due to idolatry or apostasy
from the true faith, were closely associated with demons was one
of the most convincing reasons for insisting that they required
baptismal exorcism. Another reason was a particular interpretation
of the correlation between sin and Satan. Some people understood
sin to be Satan's actual habition of a person; the Shepherd of Her-
mas, the Epislle of Barnabas, and the Gnostics state that idola-
try, sin, and Satan turned men's hearts into a dwelling piace for
demons. This makes it even easier to understand how the funda-
mental moment of adherence to the faith, i.e. baptism, could bave
been interpreted in anti-demonic fashion: it became the occasion in
which, along with conversion and abandonment of sin, liberation
from demons inhabiting the body of an individuai took piace, thus
preparing it for receiving God's spirit. One voice raised against the
idea of 'ethical possession' deriving from sin is that of Clement of
Alexandria. Origen, instead,, would express his acceptance of the
literal interpretation a few years later heedless of the fact that it
was the same one accepted by the Gnostics. Clement's remained,
perhaps, a relatively isolated position.

ANCIENT TESTIMONIES OF THE EXORCISM OF CA TECHUMENS

Chapter 2, §§ 16-17, pp. 91-99

It is difficult to fix the exact date when exorcism was incorpo-


rated into the ritual of Christian initiation. Unfortunately, extant
ENGLISH SUMMARY 645

writings of Christian authors in the second and third centuries do


not offer a wealth of data about the eventual existence of a baptis-
mal exorcism within the context of their activities. The few refer-
ences to the baptismal liturgy are often casual and superficial, not
intended to describe the ritual in its entirety. Consequently, it is
important to avoid the risk of making a negative judgement com-
pletely dependant on a dangerous argumentum e silentio. It is also
necessary to be cautious when interpreting sentences that bave
often been taken, without satisfactory substantiation, as proof of
an exorcistic conception of baptism.
The Gnostic excerpts belonging to the second half of the sec-
ond century, collected by Clement in his Excerpta ex Theodoto,
are the first surviving testimony of baptismal, anti-demonic ritu-
als. The Gnostic Book o{ Jeu also mentions a baptism for expel-
ling wickedness from archons. The Acts of Thomas speak, in the
third century, of an anointment immediately before baptism and
administered for the remission of sins and the annihilation of the
enemy. The surviving text, however, has most certainly been mod-
ified and some scholars believe this baptismal anointment to be
a later addition. Clement reacts against the Gnostic exacerbation
of demonology and, even though he considered baptism a purify-
ing, anti-demonic rite containing a public renunciation of Satan,
in order to conserve human free will, he rejects the Valentinian
interpretation of sin which viewed the catechumen as a slave to
bis passions victimized by the demons dwelling in his soul. Ori-
gen, on the other band, considers the whole ritual of baptism an
exorcism. The acknowledgement of baptism as exorcistic is evi-
dent in Africa by the middle of the second century. African bish-
ops who attended the Carthaginian Council in 256 bear witness to
the diffusion of a baptismal exorcism accompanied by the imposi-
tion of hands. This could mean that the church of Carthage also
engaged in this practice even though Cyprianus does not mention
it at all. The liturgica! regulation known as Traditio Apostolica is
the oldest one mentioning exorcism as a deeply-rooted part of the
Christian initiation. Unfortunately, the Tradilio Apostolica has not
survived in its originai form; what we bave received is the result of
various translations and modifications that do not allow for a clear
distinction between what corresponds to the originai version and
what is attributable to those who took it in band between the mid-
dle of the second century and middle of the fourth.
646 ENGLISH SUMMARY

It is quite difficult, if not entirely impossible, to fili in the gap


between the Excerpta ex Theodoto and the Council of Carthage. Some
bave attempted to attribute the introduction of the practice of
pre-baptismal exorcism to the Gnostic, Valentinus, who would
bave brought it from Alexandria to Rome where it was adopted
by the Great Church. This explanation, however, is based on the
traditional dating and geographical background of the Traditio
Apostolica that is nowadays highly debated. Moreover, the fact
that the first probable record is included in a Gnostic text is not
sufficient reason to assume that the origins of the rite are to be
found necessarily within this religious environment. Indeed, to
a certain extent, some aspects of the Gnostic baptism were slav-
ishly adopted in their liturgica) form from the Christian baptism of
the Great Church.

CHARACTERISTICS OF PRE-BAPTISMAL EXORCISM

Chapter 2, § 18, pp. 99-101

An important anti-demonic ritual is that of the renunciation


of Satan present in Clement and Origen (Egypt), Tertullian and
Cyprianus (Africa), and in the Traditio Apostolica. The catechu-
menal fasting and prayer prescribed by Justin do not manifest
any overt exorcistic character. Fasting is also mentioned in the
Excerpta ex Theodoto, although its function is not clear: prayers,
pleas, and genuflexions were added to it. The gesture of the impo-
sition of hands has been recorded by Theodotus, while Tertullian
seems to refer to it in the context of the renunciation of Satan
but does not mention the word exorcism. Instead, the African
bishop, Vincentius of Thibaris, clearly refers to the imposition of
hands as an exorcistic gesture performed on the person being chris-
tened. The oldest example of the use of the cross as an apotropaic
ceremony in Christian initiation may come from the Excerpta ex
Theodoto. The Traditio Apostolica, ali its dating and location prob-
lems notwithstanding, remains the richest text in terms of ceremo-
nial descriptions: exorcisms are complete with frequent impositions
of hands, anointments, and the signatio of forehead, ears, and nos-
trils shortly before baptism. The regulation also demands complete
baptismal nudity, which some scholars interpret as having an anti-
demonic function. The Acts o{ Thomas feature a ritual, adminis-
ENGLISH SUMMARY 647

tered by means of anointment and the invocation of Jesus's name,


that could be interpreted as a pre-baptismal exorcism. Needless to
say, these exorcistic gestures were probably performed along with
invocations, prayers, or outright adjurations formulated to force
the evi! spirit to depart from the catechumen's body.

JEWISH PARALLELS AND ANTECEDENTS

Chapter 3, §§ 1-4, pp. 104-120

The ancient sources contain very few mentions of the practice


of exorcism within the Jewish environment and, in any case, these
mentions date from a late period. In the Book of Tobias there is
a brief account of the expulsion of a demon: the main charac-
ter, following instructions given by Archangel Raphael, frees the
haunted Sarah from the demon Asmodeus using smoke produced
by the burning of certain parts of an awesome fish-the heart,
bile, and liver. A more explicit episode is narrated in the Book o{
Samuel: an evi! spirit is cast out of King Saul by the voice of David
who sang and played the sitar to deliver the king from his afflic-
tion. Both the Liber antiquitalum biblicarum and Flavius Josephus
bear witness to the evolution of this Jewish tradition which inter-
prets David's singing as an exorcism of demons. Moreover, Fla-
vius Josephus himself tells of the long tradition that deemed King
Solomon a person versed in the arts of magie who knew the instru-
ments to use in fighting evil spirits. The large number of Solomon's
charms and amulets remaining today, without a doubt of Jewish
origin, are proof of this and the second and third centuries CE
would see the development of the Teslamenlum Salomonis which
was founded most likely on a Jewish base and dedicated entirely
to Solomon's magical-exorcistic powers. Flavius Josephus also
attributes the knowledge of spells and magie formulas to Solomon
and records an exorcism performed by the Jew, Eleazar, before the
emperor Vespasian in which the exorcist touches the energumen's
nose with the seal of Solomon (under which there is a thaumatur-
gic root}, extracts the demon aut of his nostrils, and commands it
not to return. From Qumran comes a re-elaboration of the book
of Genesis known as Genesis Apocryphon that dates from the first
or second century BCE. It contains an episode of demon-casting
648 ENGLISH SUMMARY

narrated by Abraham: a prayer for tbe pbaraob and tbe impo-


sition of bands frees tbe pbaraoh from tbe demon tbat haunted
bim. Otber findings at Qumran would prove, as claimed by some
scbolars, tbat tbe practice of exorcism was more than a memory
of ancient times. Tbe fourtb cave bas yielded part of two writings
corresponding to a collection of prayers intended to ask God's help
in deliverance from demons. These writings date from the end of
tbe last quarter of the first century BCE and are called Songs of
the Sage. An apotropaic bymn is clearly titled 'Song to frigbten
tbose who terrify bim'. In tbe eleventb cave a scroll dating from
c. 50-70 CE has been found wbicb contains the rest of four compo-
sitions to be used against demons, the last of wbicb is a version of
Psalm 91. The fragmentary condition of ali tbese texts, bowever,
make it impossible to determine with an acceptable level of cer-
tainty wbether sucb formulas had an exorcistic scope or were more
generally apotropaic.
Tbe writings collected in tbe New Testament report some forty
texts dedicated to demons, severa! of wbicb regarded tbe pbenom-
enon of demonic possession. Jobn, instead, does not include any
accounts of exorcisms. Jesus, in contrast to wbat bas been seen
so far, never employs material elements to perform his exorcisms;
be makes neither special gestures nor utters particular formulas to
address tbe demons. Jesus's exorcisms include neither sacred names
nor magica! words; instead, liberation from Satan takes piace sim-
ply by means of authoritative aural commands addressed to tbe
demon witb the purpose of casting it out of tbe energumen. Even
after Jesus's demise, tbe exorcistic activity of bis followers does
not stop: tbe apostles, Paul, and others continue to perform exor-
cisms on bis bebalf.

PAGAN ANTECEDENTS AND PARALLELS

Cbapter 3, § 5, pp. 121-124

Wbile tbe belief in demons was widespread in tbe Greek world


wbicb conceived tbem as go-between beings tbat linked man to
divinity and could influence people, there is very little evidence
of tbe belief in tbe possibility of an evil spirit dwelling witbin
a man-a presence tbat could be cast out witb exorcism. An exam-
ENGLISH SUMMARY 649

ination of the sources suggests that finding any record of an exor-


cism performed on a possessed person before the Christian era is
highly improbable. The issue is stili up for debate and it is not yet
clear to what extent this silence of the literary sources may be an
indication of the absence of such practices in popular demonology
too. Even the value to be attributed to stories of possession within
the context of prophetic inspiration, disease, and madness is under
discussion. Consequently, I cannot include any documentary record
of a specific Greek exorcistic practice previous to the period under
examination.
The first account of a proper exorcism in a Greek environment
belongs to Lucian of Samosata (c. 120-190). In bis Philopseudes,
he has the Platonic scholar Ionis tell of the deeds of a Syrian man
from Palestine, a master of exorcistic arts, who liberates haunted
and possessed individuals from spirits by means of threats and
spells in exchange for money. Other accounts of exorcisms can be
found in the Life o{ Apollonius o{ Tyana written by Philostratus
after the year 217. This philosopher, who lived in the first cen-
tury CE, is described by bis biographer as a powerful thaumaturg
and exorcist. He cast out demons with bis choleric verbal com-
mands or even with threats written in letters addressed to the
energumen.

ALCIBIADES OF APAMEA

Chapter 4, pp. 125-139

According to what was reported by the Roman author of the


Elenchos in the first decades of the third century, a certain Alcibia-
des from Apamea in Coelesyria had arrived in Rome during the
episcopacy of Bishop Callistus (217-222 CE) bringing along a 'book
of revelations' that he associated with a 'righteous man' by the
name of Elchasai. The book in question was to bave been given
to humankind by the Son of God and the Holy Spirit; to the
miraculous gift of the book there would also bave been added
the announcement of a new remission of sins, proclaimed dur-
ing the Roman-Parthian war, towards the end of Trajan's rule
(c. 116). According to the narrator of the Elenchos, Alcibiades
worked in Rome, preaching the practice of a second baptism which
650 ENGLISH SUMMARY

was administered after the reading of the book of revelations. Ali


commentators agree that the Elenchos includes, to a certain degree,
some quotations from the book of revelations in the p~rt that deals
with the Elchasaites. One of the parts referring to the Elchasaites
contains the description of a ritual ablution preached by Alcibiades
explicitly indicated as a treatment for those bitten by a rabid dog,
sick with consumption, and possessed by demons. In my opinion,
the symptoms of rabies (a disease which causes the infected indi-
viduai to suffer from hydrophobia) and consumption might bave
been considered by the baptist Elchasaites as a manifestation of
possession by an evil spirit transmitted through the bite of an ani-
mal. W e would then be dealing with an ancient record of a Chris-
tian ritual of exorcism practiced in Rome during the first half of
the third century in which ritual ablutions were performed on
account of the belief that illness and demonic possession were sim-
ply different aspects of the same reality. It would also be possible
to conjecture that this practice was previously in use elsewhere, for
example in the region of Caelesyria, Alcibiades' homeland. In that
case it would be an ancient practice that could be traced back to
the first half of the second century, but the available sources do
not allow us to state this beyond a doubt. In fact, the author of
the Elenchos is a direct witness only of Alcibiades' practices.

JusnN MARTYR

Chapter 5, pp. 141-174

Exorcism serves a propagandistic function in the context of Jus-


tin's works. The different addressees and purposes of the Apolo-
gies and the Dialogue with Trypho influence both the language
and theology of the issues developed. Justin addresses an audience
that, according to him, can be convinced of the power of Christ by
being shown what the exorcists perform in the name of Jesus. He
bears witness to the existence of 'many' Christian exorcists who
act publicly and are described as superior to Hebrew and pagan
exorcists. This superiority is, according to the author, living proof
of the veracity of their faith and of the powers of Jesus Christ
against any malignant spirit. The activity of such exorcists consists
of the healing of numerous energumens, subjugating and casting
ENGLISH SUMMARY 651

out the evil spirits by means of an exorcism. They succeed where


other exorcists, enchanters, and pagan magicians bave failed: their
defeat of the forces of evil is the result of the invocation of the
powerful name of Christ. Justin also recalls the exorcistic activity
of non-Christians: while Christian exorcists act successfully in the
name of Jesus Christ, Hebrew exorcists succeed only when invok-
ing the name of the God of Abraham, Isaac, and Jacob and their
appeals to kings, righteous men, prophets or patriarchs of the Old
Testament yield no results. Justin states that Hebrew and pagan
exorcists perform by artificial means (Tfj ·'t'Ézv7l) while making use
of scents and bonds: the use of perfumes or incense when casting
out demons was a widely known non-Christian activity while bond-
ing was a magica! practice to enslave evil spirits. Justin may bave
been personally acquainted with the practices of Hebrew exorcism
since be usually demonstrates knowledge of the Hebrew environ-
ment of his time. Moreover, he was able to observe both pagan
and Hebrew practices and habits quite closely while residing in
Rome. Apologetic literature, bere and elsewhere, generally tends to
insist on the diversity and superiority of Christian exorcisms and
wonders and on the fact that they were entirely gratuitous, devoid
of ulterior motives, and performed with exclusively beneficent and
ethical intentions. It also tends to be criticai of parallel exorcis-
tic activities of non-Christians presented as pertaining to the field
of occult practices. Such portrayals constitute an attempt to per-
form a more or less conscious classification of religious groups and
phenomena, although the possibility of Justin's being biased in his
negative description of the competition must not be overlooked.
Every account of exorcism in Justin's work is set in a Christo-
logical context intended to highlight the power of the Logos and of
the Father who granted it to Him for neutralizing those demons to
which Justin had once been subjected; Jesus himself bestowed this
power on ali followers who invoke his name. Numerous prophe-
cies of the Old Testament, interpreted in a Christological sense, are
fulfilled by the power of the Word against the forces of evil. Jus-
tin emphasizes the concept of the divine otx.oVO(J.LIX, the design of
salvation outlined by God in the Old Testament and fulfilled by
Christ whose birth and death in the world had the main purpose
of delivering it from all demons. Justin considers the Incarnation
and, above ali, the death of Christ as a victory over demons and
he recalls the destruction to which they are destined at the end of
652 ENGLISH SUMMARY

time according to a model most likely taken from Paul's theology


of the cross.
The frequent mention of the passion of Jesus and other elements
of its otxovof.LLot might suggest that pre-established formulas were
used in the practice of exorcism, formulas sharing many features
with certain primitive professions of faith. More specifically, it is
constantly pointed out is that exorcisms were performed by invok-
ing Jesus 'crucified un der Pontius Pila te'. l t is significant that, in
an exorcistic context, Justin commemorates Jesus's incarnation,
passion, death, and resurrection along with his crucifixion under
the Procurator of Judaea and points to several correlations with
some ancient professions of faith. It could be assumed that such
professions could be part of the rituals of exorcism or that they
could be the kerygmatic source from which to draw the invocations
to be uttered upon the energumens. Justin's surviving writings do
not allow for an exorcistic interpretation of baptism or practices
connected with it, therefore, the old hypotheses linking baptismal
fasting and renunciation of demons with exorcism must be consid-
ered mere hypotheses suggested by later sources.

TATIAN THE AssYRIAN

Chapter 6, pp. 175-190

Tatian treats the issue of exorcism in an indirect way, within the


context of his close scrutiny of the evil activity of demons. First
of all, he passes a condemning judgement on the <potpf.Lotxdot, not
understood as 'medicine' in generai but as the art of healing the sick
without trusting in the power of God-an art that either encroaches
on the field of occult magie or lends itself to demonic intervention,
sometimes configured as proper diabolic possession. According to
Tatian the cpotpf.Lotxe(ot would be, in the hands of demons, a tool
for human enslavement as it was laden with magical superstition
and made use of elements pertaining to inferior matter. Although
aware of natural causes that can bring on sickness, Tatian hypoth-
esizes that a malignant and supernatural influence is responsible
for disease in certain cases or is a concurrent cause. The presence
of demons is already evident when, in taking advantage of human
superstition, they creep into a person who is ili of natural causes
ENGLISH SUMMARY 653

and falsely claim to be the origin of such illness. In other cases,


according to a belief widely held among pagans, demons are the
rea! cause of the sickness. Drawing on a metaphor from Justin,
Tatian compares demons to bandits who kidnap a man and hold
him to ransom. This is the way of evi! spirits who deceivingly sub-
jugate human beings: first they invade and then leave the body
of the diseased only after having forced the person to believe in
their power and having used him to allure those around him. Thus,
the very perpetrators of the disease can pass themselves off as the
healers. Dreams were one of the instruments used to deceive the
unlucky victims of the diabolica! scheming, dreams caused by
demons. The mention of dreams, a favoured moment for divine
epiphany, probably responds to the desire of bringing to mind, and
condemning, the widespread practice of incubation.
The healing of a possessed person had to be made evident in
public by staging a proper scene of liberation with an overt propa-
gandistic purpose: having abundantly enjoyed mundane pleasures
and been adequately worshipped, the departing demons leave the
person in his originai healthy condition. How this fraudulent heal-
ing could happen is not clearly explained though, and it is not said
whether it occurred with or without the use of the magica! rem-
edies of previously criticized qì1Xpf.L1XXdiX.
Demonic activity within a person is described in terms of an
influence exerted upon human limbs which causes physical sickness
or, in certain occasions, body commotion and uncontrolled agita-
tion. Such activity can only end with deliverance from the evi!
spirit. This can occur voluntarily, faked and staged for the pur-
pose of deception, or can be forcibly induced by appeal to God's
MviXLf.uc; in which case the demons are stricken and terrified and
have to set the energumen free. This, I believe, is a clear indicator
of the might of Christian exorcistic invocations to which Tatian
makes implicit reference.

THEOPHILUS OF ANTIOCH

Chapter 7, pp. 191-198

Theophilus makes just one brief reference to exorcism included


in his tirade against Greek poetry. Plato had already described
654 ENGLJSH SUMMARY

poetic inspiration as a Èv6oumiXO"f.L6ç or a f.LIXVLIX, thus diminishing


the value of poet's artistic genius. Theophilus too supports the view
that poets are not really the authors of what they write, but sim-
ply impersonators. They unconsciously become the spokesperson
of a supernatural force which inspires and 'inflates' them with all
they will transfer to their books and artistic compositions. Because
Theophilus clearly equates pagan Muses that inspire poets to Chris-
tian demons, it follows that poetic inspiration is seen as impure,
demon-induced and, therefore, deceiving and fallacious.
The countercheck of what has been said is to be found in the
exorcism of the possessed: forced to tell the truth by the power of
the exorcist, the demons confess to being the same spirits that, dis-
guised as deities, inspired Homer and Hesiod. In this way, Theo-
philus makes use of a confession to achieve his aim of delegitimiz-
ing and exposing the pagan art of poetry. The rite of exorcism
alluded to in Theophilus's account requires the intervention of an
exorcist who does not merely adjure 'in the name of the true God',
but engages the demon dwelling in the body of the energumen in
conversation in order to induce it into confessing its true nature.

THEODOTUS THE GNOSTIC

Chapter 8, pp. 199-217

According to the Gnostic thought permeating the Excerpts of


Theodotus, baptism is the way of incorporating Christ and getting
away from evil powers. The baptism of men, compared to that of
Christ, regenerates the neophyte, making him stronger than any
other power. The effect of baptism is internai and produces a real
transformation that frightens demons that had previously haunted
the individuai. Baptism, which was probably accompanied by
a public renouncement of Satan, is considered a perfect sign of the
union between Christ and men and is compared to a seal, a brand
of possession that God impresses on his followers. Even when it
has been already proved that the mpp!Xy(ç mentioned by Theodotus
is not an anointment separate from baptism and likely to consti-
tute an autonomous sacrament (confirmation), this does not mean
that baptism could not be accompanied by a materia! sign. We
are probably dealing with the practice of a cruciform anointment
ENGLISH SUMMARY 655

of the forehead, analogous to Ezekiel's lau and to the sign of the


Apocalypse, representing at the same time the name of God, the
cross, and the union of the baptized witb Cbrist. This would be
tbe first example of an apotropaic usage of the cross in Christian
initiation.
Baptismal rites include the use of bread, oil, and water. Bread
and oil are subjected to sanctification transforming them into
'spiritual powers' wbereas tbe water-exorcized and used to bap-
tize--provides boliness. The purpose of tbe oil and bread is not
clarified and links with anointment and the Eucbarist bave been
bypothesized. Wbetber the exorcized water is tbe same water used
for baptizing is not clarified either, so some scholars bave assumed
that the exorcism of tbe water was meant to eliminate the demons
that were thought to inhabit it, while otbers state that tbe water
itself performed an exorcistic function, in virtue of its own purify-
ing power.
What is certain is that, according to Tbeodotus, baptismal water
bas no exorcistic function: indeed he fears tbat even evil spirits
could be baptized if they were to dive into tbe baptismal water
along with the catei::humen (for example, hidden under clothes or
hair). In this case, instead of being cast out, tbey would acquire the
same strengtb as the neophyte. In order to prevent tbe demons from
being thus strengtbened, tbere were a series of rituals tbat pushed
tbe baleful presence of material devils and cosmic demons away
from the catechumen: fasts, pleas, prayers, impositions (or raising)
of bands, and genuflexions. It was probably at this point that pre-
baptismal exorcism took place. Tbis is confirmed by tbe fact that
the malignant spirits turned back to the soul from which tbey had
been cast out once these practices were completed. Tbe idea of an
actual dwelling of evil spirits in the beart of those wbo bad not yet
been baptized is likely to bave underlain these rites, as confirmed
by the Gnostic theologian Valentinus.
Since the Excerpla ex Theodolo are the first evident record of
anti-demonic rituals previous to baptism, this has been com-
pared witb the other text featuring tbe same liturgical practice,
namely, the Tradilio apostolica. Tbis is traditionally beld to be
a Roman work that originated in the very city wbere Valentinus
preached. Botb tbe Excerpls and the Tradilio would then be heirs
to a Gnostic tbeological and liturgical concept beld in Alexandria
by Theodotus, brought to Rome by Valentinus himself, and then
656 ENGLISH SUMMARY

adopted by ali the Church. However, the difficulties encountered


in dating the Traditio and reconstructing its authentic text, along
with the lack of contemporary liturgica! records, do not allow for
positing any relatively safe hypothesis.

THE SECOND BooK oF JEu


Chapter 9, pp. 219-225

In a religious system which seeks deliverance and redemption


from the equally pervasive and baleful influence of the inferior
spirits, the Second Book of Jeu (probably dating from the second
half of the third century) narrates the development of a many-
faceted ritual of initiation taught by Jesus to bis disciples. The
baptism of water, fire, and Holy Spirit is followed by a (J.UGTIJp~ov
to eliminate the evil of the archons. It requires the erection of an
altar of scents, coronation of the linen-clad disciples with artemi-
sia, blowing of incense into their mouths, and allotting numbers to
be held in their hands. After having stamped their foreheads with
seals of which a graphic representation is included, Jesus utters
an epiclesis to the Father asking Him to force Sabaoth Adamas,
a mighty archon who rules over the Eons, to withdraw the evil
from the disciples. The latter, by the end of the ceremony, acquire
immortality. This story is proof of the growing importance given
to the exorcistic concept of Christian initiation in the Gnostic envi-
ronment.

IRENAEUS OF LYONS
Chapter 10, pp. 227-267

In bis works, lrenaeus describes not only the exorcistic practices


of bis Church, but also those of the Gnostics and the Jews. He
tends to relegate the exorcistic activity of the Simonians and the
Carpocratians to a context of occult magie, equating it to the prac-
tice of love filters and charms and to the use of parhedroi demons
and dream-bearers for one's own benefit. lrenaeus often dwells on
the denigration of any spectacular achievement of bis opponents
in an attempt to discredit any attempt at imitating miracles per-
ENGLISH SUMMARY 657

formed by Cbrist, tbe apostles, or any of tbe Cburcb's faitbful. Ali


of tbe argumentation is carried out witb a certain animosity, for
tbe purpose of demonstrating tbe absolute incapacity of tbose out-
side tbe Cburcb to accomplisb any wonderful action and to expose
any deception perpetrated by sucb scbemers. Irenaeus also refers
to Jewisb exorcism, performed by means of tbe invocation of God
tbe Creator to wbom ali beings are subservient. Sucb exorcism is
stili entirely valid and effective, and tbere is no bint of tbe criticai
perspective wbicb cbaracterizes bis previous descriptions of beretic
rituals. In Irenaeus's works, tbe deceptions perpetrated by beretics
are contrasted witb tbe fulfilment of tbe propbecies and Scriptures
in Cbrist; be bas vested bis Cburcb witb tbe cbarismata, described
by Irenaeus on tbe basis of Pauline tbeology, wbicb included tbe
capacity to cast out demons. Tbe cbarismata is a gift of tbe Holy
Spirit to tbe Cburcb wbicb guarantees trutb and autbenticity. Out-
side tbe Cburcb tbere is only error and perdition. Irenaeus lasbes
out energetically against anyone wbo tries to discredit tbose wbo
believe tbemselves to be bestowed witb tbe cbarismata. Tbanks to
tbem, Cbristians bave tbe power to free tbe possessed of evil spir-
its. It is obvious tbat Irenaeus is forced to deal witb an exorcistic
practice carried out among beretics outside tbe Cburcb. Tbe effi-
cacy of Gnostic exorcism is possible, in Irenaeus's view, only wben
tbose wbo perform tbe exorcism bave previously sent tbe demons
tbey will cast out in an attempt to deceive. In any case, even tbis
exorcism is a magical, demonic illusion. Sucb mockery is contrasted
witb ortbodox exorcism wbicb was pure, simple, cost notbing, and
was truly successful. Furtber proof of tbe successful outcome of
tbe cbarismatic exorcism of tbe Cburcb is tbe conversion of pos-
sessed pagans wbo, as tbe autbor claims, embrace tbe Catbolic faitb
after being delivered of tbeir demons. Tbe propagandistic intention
bebind tbis practice does not need to be bigbligbted.
Irenaeus also uses exorcism as a tbeological proof tbat God
is cognizable by tbe beings He created: evidence is provided by
tbe fact tbat every being sbows subjection to divine invocation,
not only after Cbrist's Incarnation, but even before tbe Son of God
made bimself visible to tbe world. Tbe efficacy of Jewisb exor-
cism, performed in tbe name of tbe Creator before tbe arrivai of
tbe Word on Eartb, demonstrates tbat evil spirits feared His name
even before tbey met Him, being by tbeir nature subject to tbe
one wbo bas given tbem existence.
658 ENGLISH SUMMARY

The exorcistic rituai does not seem to be restricted to members


of an instituted ministry. There are insufficient eiements to decide
if this was aiso the case among the Gnostics for whom Irenaeus
seems to suggest a mystic priesthood. The Iiberation of the energu-
men, interpreted as an act of purification, takes piace by means of
prayer and invocation of the name of Jesus crucified under Pontius
Piiate; this is made possibie by the submission dispiayed by every
being, even demonic creatures, before the Creator or His Son. The
prayer of delivery can be answered when it comes from a faithfui
individuai who approaches Christ with a light heart. Since through
the Word 'having received saivation we constantly thank God', it
can be seen how the invocation of Jesus is closeiy associated with
the act of thanksgiving. Saivation is manifested in the person of
Jesus; He answers the prayers of those who invoke Him. Having
received the gift of saivation is what prompts mankind to give
thanks. The purpose of the invocation of Jesus is that very saiva-
tion which consists of access to the divine vision and the resur-
rection of the flesh. In comparison with the previous authors, and
coherent with the objectives of Irenaeus's work, the need to distin-
guish the exorcism of orthodox Christians from that of the heretics
is more strongiy feit. To counter Gnostic teachings, he uses the
efficacy of Jewish exorcism as a theoiogicai proof and, for the first
time, exorcism is included in a theoiogically eiaborated charismatic
context.

THE AcTs oF JoHN

Chapter 11, pp. 269-278

In the Acls of John there is an episode of exorcism performed


not on a person, but a piace piagued by the presence of an evil
spirit. Although beyond the scope of this research on the exor-
cism of persons, the episode is nevertheiess of interest owing to
the formuias used, which might be simiiar to those empioyed in
exorcizing energumens. As a consequence of severai invocations of
God and his aimightiness, the tempie is immediateiy destroyed and
the crowd of behoiders burst into a profession of faith that signais
their conversion. A second passage worthy of attention contains
a series of tirades directed at Satan urging him to distance himself
from Christians and everything that concerns them. Not even this,
ENGLISH SUMMARY 659

strictly speaking, is an exorcism but both passages can help us to


imagine what type of invectives-according to the experience of
the writer of the Acts---might bave been addressed to a demon in
possession of a person. In the first account there is an invocation
of God; Jesus Christ is invoked in the second.

THE AcTs oF ANDREW

Chapter 12, pp. 279-310

Many are the accounts of liberation found in the Acts of Andrew


and they occur in ali sorts of places, often inspired by narrations of
the gospels: the energumen who dwells in the graveyard, for exam-
ple, or those found along the road while the apostle preached. This
dependence on the synoptic gospels can be seen in many details-in
the number of demons that possess a person, for instance, which
are generally a multiple of seven. The baths are a piace that seems
to accommodate an unusually large number of demonic pres-
ences. This corresponds to a widespread tradition according to
which the baths were places exposed to the influence of evil spirits
and to habitation by them, but it also recalls a moral aversion to
places regarded as potentially promiscuous and excessively devoted
to the care of the body.
The author of the Acts of Andrew reckons that sin, demonic influ-
ence, and dealing with evil spirits can lead men to physical disease,
blindness, and possession. The symptoms of possession, understood
as the entrance of an evil spirit into the body of a human being,
are the loss of senses, a tormented soul, strokes, and trembling-
all behaviours resembling that of an epileptic individuai. Posses-
sion leads the energumen to shake, laugh, grind teeth, and wilfully
commit evil activities, and to death in some cases. The invading
demon expresses itself through words and screams, and generally
deplores the apostle's intervention, claiming that it is an attempt
to cast it out of a property (the energumen's body) to which it
is entitled. It often pronounces the evangelic formula 'What do
you want from me?' to indicate a rejection of the divine interven-
tion prompted by Andrew. In their encounter with the exorcist,
the demons' demeanour betrays their perception of the apostle's
660 ENGLJSH SUMMARY

superiority: they throw themselves at his feet, beg for mercy, and
manifest their fear of the punishment they fear will befall them.
In order to restore the sight darkened by diabolic possession and
to cast out demons, Andrew performs the imposition of the hands,
taking care to stress the fact that the power of healing is not his,
but God's alone. The terminology used does not allow for a clear
distinction between healing of the sick and healing of the pos-
sessed. In cases of particularly resistant demons, an exorcism might
require the apostle to address the demon directly, rebuking it and
ordering it to abandon the energumen's body at once. Instead, in
some other cases, the act of casting out the demon is preceded by
a meek argument between the two, without any kind of imperative
conjurations. There is one instance featuring a deprecatory prayer
of exorcism in participial style which invokes God's deliverance
from the devii and insists on the argument of the superiority of
Christians over all other exorcists.
In the case of a malignant influence causing disease, liberation
from an evil spirit merely coincides with healing, while actual
diabolic possession ends when the demon is cast out of the ener-
gumen's body. The phenomenon includes the departing demon's
screams and roars and, every now and then, there is even a ges-
ture of submission and the announcement of deliverance is made
by the demon itself. The expelled demons might also be ordered to
remove themselves to the desert-an arid and lonely piace where
they will not be able to harm any other human being.
Every exorcism and every healing episode prompts the conver-
sion of the person who benefits from it, embraces the faith, and
changes his ways. At the same time, since such episodes often take
place in front of a crowd of beholders; the propagandistic effect of
the account is evident as it describes a public demonstration of the
superiority of the Christian exorcists. The crowd plays the crucial
role of a witness and differences are stressed. The apostle's actions
are gratuitous and altruistic while the other exorcists seek after
money-a traditional argument denouncing a context of religious
competition. Another identifying element is the accusation of sor-
cery which different religious factions used against each another in
the same fashion.
ENGLISH SUMMARY 661

THE AcTs oF PETER AND PAUL

Chapters 13-14, pp. 311-328

In the Acts of Peter, an irreconcilable opposition is staged


between Satan-Simon the magician and Peter the apostle. One of
Peter's tirades against the devii is particularly noteworthy as it
hints at a demonology easily correlated to that of the Apocalypse
o{ Moses and of the Book o{ the Jubilees. The invective contains
a lengthy review of the works of the devii along the course of
human history, from the deceptive snake in the Garden of Eden to
the role played by Satan in Jesus's apprehension and his persist-
ent and baleful activity in the world. Peter commands the devii to
depart from the servants of God at once and forever, thus allowing
for an interpretation of sin as a consequence of demonic possession
or surrender to the superior might of the devii. Simon himself is
identified with the devii in severa! occasions. Moreover, it stands
out as obvious that this text represents the literary fixation of the
real danger of an apostasy of Christianity after the apparition of
a charismatic figure that competes with that of the apostle. Both
contestants consider the miracle to be proof of the power of God
and accuse each other of sorcery.
In an actual record of an exorcism, the liberation of a young
energumen occurs after invoking the n a me of J esus Christ an d
ordering the demon to leave the young man without causing him
any harm and to show itself to the crowd of witnesses. The young
man's condition was made evident when he scornfully laughed
at the apostle, this being the characteristic behaviour of the pos-
sessed. The apostle addresses the demon with the expression 'who-
ever you are', a typically generi c denomination adopted by the
exorcist when dealing with unknown demons. The destruction of
the statue and its wondrous restoration before the very eyes of the
crowd has all the characteristics of a public and well-researched
religious representation which prompts the beholders to adhere to
the religious message conveyed by the person who performs the
miracle and, thus proves the truthfulness of his own faith.
A manuscript, the authenticity of which is stili under exami-
nation, containing a Greek fragment 'from the Acts of the Holy
Apostle Peter' has been recently found. The excerpt tells about
a demon appearing to the apostle disguised as an angel and escorted
662 ENGLISH SUMMARY

by seven servants. Peter, recognising tbe prince of demons on tbe


spot, defends bimself witb tbe sign of tbe cross, a prayer, and
an invocation of tbe name of Jesus Cbrist wbile drawing a circle
on tbe floor around tbe devii and its entourage so as to imprison
tbem. Peter questions tbe demons about tbeir nature, forcing tbe
answers out of tbem by means of imperative formulas, and only
after eacb demon bas answered tbe apostle's questions does be free
tbem from tbe circle. More tban an exorcism in tbe strict sense
of tbe word, tbis is an apotropaic ritual. In any case, tbe use of
tbe sign of tbe cross, tbe invocations, and tbe interrogation of tbe
demons are most interesting and bave obvious similarities witb
otber accounts of exorcism.
Only a minimal fragmentary reference to an exorcism of
Ampbion, wife of Cbrysippus, performed by tbe apostle survives
from tbe Acts of Paul.

THE AcTs oF THOMAS

Cbapter 15, pp. 329-361

In tbe Acts of Tbomas, tbe first action tbat could be regarded as


an exorcism is performed against a big black snake that bad killed
a young man married to tbe woman fancied by tbe snake. Tbe
snake is tbe demon and Tbomas, invoking tbe name of Jesus,
commands it to suck the poison out of tbe young man. Tbe snake
resists and complains, arguing that tbe time of its annibilation bas
not yet come, but tbis does not impede tbe escbatological anticipa-
tion of its defeat.
An actual exorcism is performed on a woman tormented by
a demon tbat bad abused ber. Tbe apostle forces the demon, vis-
ible only to bim, to appear and it obeys. Tbe evil spirit complains
about Tbomas' intervention in tbis instance as well, claiming tbat
is not yet time for it to be cast out but, unable to resist tbe apos-
tle's will, it is forced to leave tbe woman's body.
Anotber episode of possession is caused by an encounter of some
women and two demons near an aqueduct. Tbe demons chase tbe
women, tbrow tbem to the ground and undress tbem. Presently,
they prevent tbem from eating and lead them to lose conscious-
ness. The apostle, in tbe name of Jesus, sends tbe evil spirits to
ENGLISH SUMMARY 663

a desert and they reluctantly obey, leaving the women free to be


reanimated.
The Acts of Thomas also include the case of an energumen whose
deliverance, after a series of failed attempts by severa] exorcists,
took piace when he was smeared with dust that had been in con-
tact with the holy apostle's corpse inside his tomb. It is a unique
account in the context of this literature, and hints at the cult of
relics.
The power of the apostle is great: he makes no effort to cast
out demons. On the contrary, they show up before him, sometimes
spontaneously, well-aware of their fate and taking for granted the
superiority of the man facing them. The exorcisms are accompanied
by a variety of wonders performed with the purpose of increasing
the number of conversions and strengthening the faith of the wit-
nesses. The only tool used by Thomas in casting out demons is
prayer; only once is there mention of a band gesture although it
occurred in response to a begging crowd and has nothing to do
with the exorcism. Prayer, then, is the most important component
of these exorcisms and this is constantly stressed in the Acts of
Thomas, rich in prayers and hymns.
Every time a demon talks, it recognizes, without further ado,
the superiority of Thomas and the impossibility of resisting his
authority. The elements that vary are the symptoms produced in
people by the demonic activity. In the case of the black snake, the
extent of its malignant influence reaches lethal poisoning. In other
cases it is limited to falls, distress, nakedness, inability to eat, .loss
of consciousness, and women forced into undesired intercourse. In
the first woman, the intermittent demonic activity is manifested
as forceful intercourse. Instead, the two women possessed by the
same demon and its offspring are described as typical examples of
energumens constantly subjected to an oppression provoking loss
of consciousness, that is to say, just one step away from death.
The purpose and function of the miraculous healings are, above
ali, conversion to Christianity and a proclamation of Christian
faith. Thomas's exorcistic practice has yet another purpose how-
ever: to force the demonic powers to confess to their own nature
and their inferiority before God and to confirm their own eschato-
logical fate. The speeches of the demons are configured as true cat-
echeses from which readers and listeners can benefit. The Acts of
Thomas set aside a certain type of comparison between the exor-
664 ENGLISH SUMMARY

cist and the demon-structured as head-on struggies--in favour of


a Iess violent exposition of the issues that captured the interest of
the listeners. In this way, the demon functions as guarantor for the
truthfulness of the Christian preachers. In this context, the subject
of these 'catecheses' concerns not oniy demonoiogy, but deais with
eschatological and cosmologica! issues as well.
In the narrative context of a ritual of Christian initiation, a pre-
baptismai anointment takes piace in which there is an invocation
of the enemy's annihilation. Some scholars interpret this as a pre-
baptismai exorcism, whiie others attribute an apotropaic mean-
ing to this rite rather than an exorcistic one. The studies of the
Syrian rituai of initiation have estabiished that the foundation of
this pre-baptismal function, which perhaps ruled out a baptism
of water, was the entrance into the eschatoiogical kingdom of the
Messiah. This interpretation is based on the correiation established
between baptismai anointment and the anointment of the king and
High Priest of Israei, and oniy in the fourth century wouid it have
given way to a cathartic and apotropaic interpretation. At the
same time, an anointment originally performed oniy on the head
would have been substituted by an anointment of the whoie
body. It is not clear though, how many alterations were made to
the two surviving versions of the text and whether it wouid be safe
to date the excerpts mentioning an anointment of the entire body
to a Iater period. Considering the possibility of a strict Encratite
environment, such an action would be quite a singular ritual intro-
duction. The coexistence of different traditions cannot be ruied out
and, taking into account the latest research, it seems that an origi-
nai exorcistic meaning of the anointment can be neither dismissed
nor stated with certainty.

CELSUS THE PHILOSOPHER

Chapter 16, pp. 363-389

Celsus, as Plato before him, conceives of demons as being in


between the human and the divine, and does not share the Chris-
tian idea of the malignity of all demons. Instead, he reckons that
demons are generally good in nature and they harm only those
who offend them. The possible references to Christian exorcistic
ENGLISH SUMMARY 665

practice found in Ceisus's writings are included in the context of


the poiemic against occult practices. Ceisus, who represented a cer-
tain Neo-piatonic realism, was a man faithfui to imperiai author-
ity and, as such, tried to enforce the ban on magicai arts. Conse-
quently, bis accusations of wizardry befeli equaliy the figure of
Christ, bis discipies and foliowers, and ali foliowers of impious doc-
trines alike. According to Ceisus the philosopher, miracles worked
by Christ and Christians were the direct result of, and compa-
rabie to, the magicai arts of the Egyptian chariatans who were
abie to fake wonders and trick peopie in exchange for a meagre
compensation. Among other things, they aiso practiced exorcisms
and heaied the diseased-ali things cleariy Iinked to demonic
causes. Ceisus, who ascribes the same actions to Christians, claims
to bave seen in their hands books containing the names of demons
and simiiar mumbo jumbo. According to Origen, Ceisus means the
exorcistic formuias when be refers to invocations and the use of
demonic names. The Iack of clarity in Ceisus's text and the simi-
Iarity between exorcism and heaiing of the diseased does not aliow
for a convincing identification of the true purpose of the accusa-
tions on the one band and, on the other, it shows how indistinct
the border was between medicai practices and the casting out of
demons. Reference to purifications, poems of deliverance, and apo-
tropaic formuias compietes the depiction of these aliegediy magicai
arts of the Christians.
Reference is made, possibiy for the first time, to the eiders
-perhaps actuai ministers of the use of these formuias-which
Ceisus calied presbyteroi. They wouid bave made use of books
containing invocations of demons and other sorts of 'chariatan-
ism'. These demons were calied by their 'barbarian name' accord-
ing to Ceisus's records; this proves that Ceisus shared the wide-
spread pagan beiief that oniy by knowing the true, originai, and
secret name of the deity is it possibie to exert influence over it and
secure its services. Transiations into comprehensibie Ianguages are
not aliowed. These nomina Barbara (Hebrew names?), not Iisted
by Ceisus, are of a demonic nature. It is important to note that
Ceisus's demonoiogy does not correspond to Christian demonoiogy,
as be uses the umbrelia term 'demon' to refer to a Iarge series of
intermediaries between God and human beings, among which be
counts Jesus himself and ali the angeis.
666 ENGLISH SUMMARY

Given these facts, it is impossible to trace the sources from


which Celsus has drawn this description, as it is also impossible
to know who the Christians he had to deal with were. Were they
members of the Great Church or were they heterodox, as he seems
to suggest and Origen often points out? Were it possible to accept
as true the testimony of this pagan author regarding the Chris-
tians of his time, whatever their ecclesiastical affiliation, we would
be faced with a clear split in Christian experience, a constant tug
of war between the diseased person and demonic influence, joined
together by a rope which was difficult-or even impossibl~r-to
break.

CLEMENT OF ALEXANDRIA

Chapter 17, pp. 391-415

Consistent with his style of writing, Clement's references to


exorcistic practices are quite vague and elusive. In the context
of a speech intended to praise the Word, the true new song, Cle-
ment recalls David's song for King Saul. In accordance with
a widespread tradition, he interprets it as a song possessing
authentic exorcistic power, able to cast out the demons haunting
the king. David's exorcism is noteworthy in terms of the history
of exegesis but does not provide information about the exorcistic
practice in Clement's times. In another passage where the author
exalts the spiritual wealth of the Christians, there is a reference to
a struggle against demonic forces which the faithful win by means
of pious pleas and vigorous commands. Elsewhere the Alexandrian
makes a passing reference to the existence of a presumed special
language of the gods (according to Plato), the existence of which
was revealed by the possessed who, having abandoned their own
language, expressed themselves in the language of the demons
dwelling within them.
The texts examined in reconstructing a precise theology of bap-
tism are equally scanty and uncertain. The Alexandrian Church
was definitely acquainted with the exorcistic baptism of the Valen-
tinians, but it is not clear whether it followed a similar ritual. Most
likely, Clement follows a baptismal tradition where the rite of
renouncing Satan is already present, and it is also certain that he
ENGLISH SUMMARY 667

interprets baptism as an efficient cleansing of sins previously com-


mitted. He compares the strength of baptismal water to the sharp
weapons of a soidier who goes to battle against the Evil One. Not-
withstanding the evident attribution of an anti-demonic and
cieansing function to baptism, there is neither sufficient evidence
to be able to state that Ciement considered baptism an exorcistic
rite powerfui enough to free the catechumen from the presence of
a demon hidden in his heart, nor to prove that baptism was pre-
ceded by an exorcistic ritual. Indeed, Ciement, in contrast to the
Valentinians, does not accept the concept of the pagan as a man
ensiaved by passions and victim to the habitation of demons in his
soul; sins and passions are not spirits that enter or attach them-
seives to the rationai soui of the human being, oniy signs stamped
on a person's conscience. Even bearing these signs of sin, the indi-
viduai does not Iose his own free will, nor is he deprived of the pos-
sibility of choosing between fideiity to God or surrender to sin. He
is continuousiy exposed to diabolic temptation, but this is no valid
reason to conceive of the soui as a dwelling piace for demons that
have to be cast out. This reflection Iogically ruies out the possibil-
ity of Ciement's approvai of a baptismal exorcism where the cat-
echumen was treated as if he were infested by demons that had
to be evicted. lt is impossible to know with any significant degree
of certainty whether, outside the Gnostic circles, other Christians
in Aiexandria shared his interpretation and it is not clear whether
all the exorcistic rituals recorded in Gnostic sources were entirely
absent within the Great Church.

ORIGEN

Chapter 18, pp. 417-479

Because of its particuiar characteristics, the largest number of


references to the practice of exorcism in Origen's writings is to
be found in Origen's treatise Against Celsus. The treatise consists
mainly of a series of answers to the accusations of sorcery against
the Christians or arguments that betrays a certain propagandis-
tic purpose. In his exegetic writings instead, Origen does not pay
much heed to the wondrous element and references to exorcism
are very few and incidental. Rather, he stresses the function of
668 ENGLISH SUMMARY

divine providence and insists on the value of moral conversion


and the exercise of virtue as infallible weapons against attacks by
the devil. The Christian exorcism described by Origen is based on
the invocation of the power of God's name, especially the name of
Jesus. To this are added simple invocations, prayers, fasting and
readings of the Holy Scriptures. The Scriptures, according to Ori-
gen, are the source of the most precious and efficient teachings
against the evil powers: the stories of the life of Jesus contained
in the gospels bave an exorcistic effect upon the energumens and
should be used to that end. It is not clear whether Origen was
referring to ritualistic readings of excerpts from the gospels or,
more simply, to the mention of episodes particularly interesting
or efficient. Generally, the Scriptures are always regarded as an
anti-demonic instrument inasmuch as their reading, even if not
fully understood by the listeners, constitutes spiritual nourishment
for the human soul and weakens any evil spirit that might dwell
therein. Some biblical passages are particularly useful. Among the
material gestures performed during exorcism, Origen records the
imposition of hands, the origins of which he traces back to stories
of Jesus's imposition of hands in the gospels. The references to the
sign of the cross as an anti-demonic tool, instead, seem to be quite
generic and do not necessarily belong in an exorcistic context.
Information about the symptoms of diabolic possession is
scarce. Origen describes the energumens by associating their behav-
iour with that of the insane. Intellectually damaged, they lose
their natural senses and are mentally distressed and insensitive to
pain. Having lost control over their own actions, the possessed act
according to the will of the demons that inhabit them and carry
out actions for which they cannot be blamed. They scream and
shake, especially when the demon within them suffers the unbear-
able effects of exorcism or bible reading.
Origen also dwells on the moral qualities of the exorcist. His
task is greatly eased if h e is a sincere believer, but invoking J esus's
name has its own autonomous coercive capacity when it comes to
fighting unclean spirits and it is always effective, regardless of the
righteousness of the person who utters it. God himself guarantees
the success of the ritual. The power of the exorcism is exalted since
in most cases the exorcists are simple persons who lack the ability
to provide rational demonstrations of faith: in this context, Origen
ENGLISH SUMMARY 669

emphasizes the humbleness of these Christians in contrast with the


erudition of the pagans.
Origen is acquainted with the exorcistic practices of both pagans
and Jews. In bis diatribe against Celsus, Origen makes use of bis
knowledge of such practices to demonstrate the legitimacy of some
Christian customs by exploiting the arguments raised by bis inter-
locutor. From non-Christian exorcism, Origen quotes the expression
'The God of Abraham, the God of Isaac, and the God of Jacob'
that the pagans-especially the Egyptians-would bave taken
from Jewish rituals. The use of these formulas, addressed to the
true God, produces successful results even when it is used by idola-
trous exorcists completely ignorant of the identity of the characters
named. The same rule applies to other divine names such as
'Sabaoth', 'Shaddai', or 'Adonai', and to expressions such as 'God
of Israel', 'God of the Jews', or 'God that has drowned the Egyp-
tians and their Pharaoh in the Red Sea'. Origen does not value
the use of conjurations and exorcistic formulas in Jewish exorcism,
especially those attributed to King Solomon, but be does admit dis-
approvingly that some Christian exorcists appeal to such formulas
and use ritual books featuring texts of Hebrew provenance. Good
Christian exorcists do not need such conjurations and their exor-
cisms are characterized by the simplicity and the sobriety with
which they are performed.
The exchange of formulas and divine names between exorcists
with diverse religious affiliations is possible precisely because of
the power that such formulas possess per se. In this regard, Origen
puts forth a true philosophy of names. Sharing a position typical
of the Stoics, be thinks that the sound of a name represents the
reality it denotes. Consequently, divine names received by revela-
tion keep their evocative force only when they are uttered in their
originai language. In order to support this interpretation, Origen
appeals to the testimonies of efficacy regarding the spells cast by
magicians. When it comes to answering Celsus's accusations, how-
ever, be takes care to remember how Christians are able to address
God each in their own tongue and nevertheless fully benefit from
divine graces.
The issue of magie is closely linked to this theme; Origen admits
to the efficacy of magie, but tries to clarify the difference between
his views of magie and Christian prayer. Magie, which makes use of
spells and formulas, works through the intervention of evil demons
670 ENGLISH SUMMARY

forced to carry out the desires of wizards. This occurs independent


of faith and worship of the one and only God. The author estab-
lishes a distinctive criterion based on considerations that regard the
procedures (use of spells, filters, objects, and formulas), the circum-
stances (lack of interest, gratuity, and morality), and the purpose
of the supernatural actions (morality and conversion), the exist-
ence of which he does not doubt even in a non-Christian environ-
ment. No information is given regarding the identity of the exor-
cist. Even though Origen is not very explicit regarding the visible
organization of the Church, it seems that the primary requirement
for an exorcist was a charismatic gift of divine grace. He could
perform exorcisms not only on human beings, but also on animals
and inanimate beings which could be receptacles for demons. With
regards to men, he will cast the demons out of their souls and bod-
ies. The human spirit, being the divine element present in men,
cannot suffer demonic possession. It is also the duty of the exorcist
to heal anyone who manifests symptoms of epilepsy which, accord-
ing to the evangelica! tradition, are the effects of demonic posses-
sion.
Origen's conception of demonic possession is strictly linked to
the issue of sin. Indeed, sin occurs when an individuai, in exercis-
ing his free will, chooses to surrender to demonic temptations, thus
allowing the demons to enter him and persevere in their inten-
tion of inducing sin. Every sin, therefore, leads to demonic posses-
sion. Origen distinguishes between total the diabolic possession of
a possessed individuai and ethical possession of sinners, but as for
the causes, they are the same ones: the energumens are nothing
but people who show that the baleful activity of the evil powers
within them has reached its climax. There is no substantial differ-
ence, then, between sinners and energumens.
Whether Origen knew about the practice of a baptismal exorcism
is stili matter of discussion. Research is hindered by the fact that
he does not seem interested in recording the ritual descriptions of
any liturgica! function. In Origen's view, the purpose of baptism is
mainly that of sealing the abandonment of idolatry and represents
an important step in the continuous process of moral and religious
renewal of a person; it marks the moment when the spiritual strug-
gle against evil forces begins, but also the moment of the remis-
sion of sins. By renouncing Satan, the catechumen commits to the
abandonment of th~ devii and sin. Some passages could be under-
ENGLISH SUMMARY 671

stood as a reference to a baptisrnai exorcisrn, but cautiousness is


in order. Nevertheiess, it cannot be denied that baptisrn acquires
a strong anti-dernonic connotation for Origen in virtue of its con-
nection to deliverance frorn sin which, as expiained above, Ieads to
true dernonic possession. In the absence of a ritually encoded exor-
cisrn, the entire baptisrn is considered an exorcisrn; catechurnens
and, in particuiar, idoiaters are rnorally possessed peopie. In the
case of baptisrn of infants, however, a correiation between the anti-
dernonic nature of Origen's baptisrn and the need to erase originai
sin has to be ruied out. Origen does not know an originai sin in the
Augustinian sense of the terrn; rather, he hypothesizes the possibil-
ity of the existence of a prior sin. In virtue of the idea of this sin,
cornrnitted before birth, Origen rnanages to provide an expiana-
tion for some apparently unreasonabie situations that puzzied hirn
invoiving the dernonic possession of children who were not yet abie
to exercise their free will-the rnain reason for falling into sin. The
baptisrn of infants, rnoreover, is justified by the need for purify-
ing thern frorn a contarnination associated with birth shared by ali
hurnan beings, including Christ.

TERTULLIAN

Chapter 19, pp. 481-528

Arnong the charisrnata given to Christians, Tertullian Iists the


capacity of casting out dernons. The evil spirits, as the Greek
Apoiogists had taught, were rnainiy those the pagans had wor-
shipped as deities. Other spirits known to the classicai tradition
are added to these, for exarnpie, Socrates' dernon and the spirits of
prophecy. Ternporarily free to act upon rnen, but aware of their
doorn, they stubborniy and arrogantiy defy the Christians, even
knowing that they stand no chance of defeating thern. This is
a consequence of their nature consisting of a rarefied and sub-
tle substance that allows thern to act upon spirituai and physi-
cai heaith. Without establishing an easiiy perceivabie distinction
between disease and dernonic possession, Tertullian reckons that
dernons are aiso abie to harrn rnen physically whiie intending
to ask, in due tirne, to be heaied, thus securing credit for thern-
seives. They airn at deceiving hurnanity by showing up disguised
672 ENGLISH SUMMARY

as oracles, spirits, and ghosts and by causing diabolical possession


that passes itself off as a divine trance.
Against such demonic darts there is only one shield: Christian
exorcism, capable of casting out and defeating the evil spirits. Ter-
tullian makes propagandistic use of this argumentation, pausing
to recall cases of Christian exorcists that have healed energumens
before the very eyes of large crowds, as a demonstration of the
truthfulness of Christianity. In his writings addressed to a paga n
audience, Tertullian dares to make a public challenge in order to
demonstrate that any Christian has the power to cast out demons,
even those demons that have pretended so far to be gods. A con-
fession from these false deities will unmask their deception and
demonstrate the superiority of the Christian faith over idolatry. In
certain cases the author-so as to strengthen his own stand-pro-
vides specific references and drops names of well-respected charac-
ters that have already been healed by exorcists. Such exorcisms,
moreover, are absolutely gratuitous and also available to pagans,
even when this might go against Christian interests.
The main goal of the exorcism is to cast the demon out of
the possessed person. Prayer is an effective means of liberation,
to which the uttering of the name of Christ and a severe berat-
ing of the evil spirits are added. As a further threat, the demons
are reminded of the second coming of Christ and their consequent
annihilation. The exorcists address the demons with imperative
adiurationes and force them to speak and publicly reveal their true
nature. The prayer, the adjuration, the threats, and the berating,
made effective by the exorcists' imperium, are the verbal weapons
brandished in an exorcism. The anti-demonic practice of fasting is
mentioned along with them. The sign of the cross upon the energu-
men was probably one of the material signs. Tertullian's use of the
sign of the cross-continually underlining its anti-demonic function
and comparing it to the Mosaic image of the suspended snake-
leads to the belief that it was used in liberation rituals although
there is no direct proof of this. Tertullian explicitly mentions the
contactus, which can be explained as the imposition of hands, and
the ad{latus. This was accompanied by the gesture of the exsuffla-
tio: blowing has a clear anti-demonic and apotropaic meaning and
it is used to put the evil spirits to flight. Then comes the gesture of
the desputum which aims mainly at denigrating the adversary. The
exorcism ends with the defeated demon's departure from the ener-
ENGLISH SUMMARY 673

gumen's body, although this is not always due to the exorcist: in


some cases, the demon abandons the victim of its own will, due to
a particular relationship established with Christians employed in
occupations or tasks tainted with idolatry. Theatres, for example,
are demonic habitations par excellence, where demons feel at ease
and, therefore, are prone to attack spectators attending perform-
ances.
It is also possible to glean some information from Tertullian's
writings regarding Christians who could always count on successful
exorcisms as a result of divine intervention. First of ali, Tertul-
lian holds that only Christians can exorcize due to their superior
knowledge of the true divinity. No woman, though, Christian or
otherwise, can perform any function reserved for men, especially
one having to do with priestly functions, and it is also forbidden
for women to perform exorcisms. Tertullian did not differ in this
aspect from civil law, but opposed some heterodox communities
(probably Marcionites) who allowed women to exorcize, heal, and
baptize. Male Christians of any social class-laymen or members
of the clergy-were thus the only ones who could exorcize, appar-
ently without needing to demonstrate that they possessed any par-
ticular charismatic qualities.
Since baptism for Tertullian meant deliverance from slavery
to Satan, it is legitimate to wonder whether he was acquainted
with the practice of a pre-baptismal exorcism. From the few com-
ments available on this topic, it seems that the catechumens had
to undergo a period of prayer, penitence, fasting, and confession of
their sins. Ali these actions could have had an exorcistic charac-
ter, but Tertullian's writings do not yield any glaring proof of the
existence of such a correlation.
The water destined for the sacrament was consecrated and a bap-
tismal angel was invoked upon it who would perform a purification
and prepare the way for receiving the Holy Spirit. The meaning of
the consecration of the water is not entirely clear and Tertullian
hints at the idea of water as a favoured dwelling piace for evil
spirits. Nevertheless, even if it were assumed that this blessing was
an exorcism, it would not directly concern the catechumen, only
the water. The only anti-demonic action explicitly performed by
the catechumen is the renunciation of Satan which is pronounced
beneath the bishop's hand. This gesture has been interpreted by
some as an exorcistic sign, sometimes even referred to as a possi-
674 ENGLISH SUMMARY

ble renunciation pronounced a week before the baptism. The same


exorcistic interpretation has been assigned to a possible cruciform
signatio, the existence of which is stili a matter of discussion.
Tertullian has undeniably developed an important demonology
and he believes that every man horn bears an impurity transmit-
ted as a legacy of Adam's condemnation (traducianism). Baptism,
then, has the function of liberating the soul, the deepest nature of
which remains pure, from the evil encrustations that bave become
a sort of second nature to it. Tertullian, however, shuns the Augus-
tinian belief of sin as originai guilt responsible for the damnation of
infants and transmitted to future generations, so he does not con-
sider it necessary to approve of paedobaptism-all the more reason
why Tertullian's traducianism does not seem a valid motive for
hypothesizing the existence of a pre-baptismal exorcism (and the
later Augustinian doctrine will not be sufficient motive either).
In summation, it seems highly unlikely that Tertullian was
acquainted with an explicit ritual of baptismal exorcism, notwith-
standing his concept of baptism as a cathartic moment of deliver-
ance from demonic dominion. Passages put forward as evidence of
the existence of a proper exorcistic rite do not appear sufficiently
convincing. Pre-baptismal rituals definitely fulfill an anti-demonic
function but no exorcistic interpretation of them is evident. More-
over, this interpretation, should it exist, does not seem to bave
been cause for concern to Tertullian who does not describe it as
likely to become a specific rite worthy of attention.

MARCUS MINUCIUS FELIX

Chapter 20, pp. 529-536

Minucius Felix brings up the issue of demonology in the context


of a discussion with his pagan interlocutor, Caecilius, about won-
ders attributed to the gods. He equates pagan deities to evil Chris-
tian demons and provides a demonologica! interpretation of every
account of miracles belonging to the Roman tradition. A descrip-
tion of the evil attitude of demons in relation to humanity-driven
to insanity and disease by such demons-becomes an opportunity
to introduce the issue of demonic possession. One type of obsession
is caused by disease intentionally brought about by demons with
ENGLISH SUMMARY 675

the aim of persuading the sick that the demons themselves were
responsible for the subsequent healing. This subject is dealt with
in the writings of Tertullian and Tatian. Another type of obses-
sion can be seen in the {urentes who publicly claim to be invaded
by a deity. Minucius returns to a matter developed by Teophilus
of Antioch and Tertullian and attributes to the deities themselves
a confession of their true nature: when forced by Christian exorcists,
these self-proclaimed gods admit to being none other than demons,
even doing so before the eyes of their pagan worshippers. Minucius
does not dwell on the description of the characteristics of Christian
exorcism, nor does be provide further information regarding the
identity of the exorcists. He only incidentally mentions verba and
orationes directed at malignant spirits causing the demons to suffer
and, finally, to flee. Minucius telis of an adjuration pronounced in
the name of 'the true and only God', but be does not seem to fol-
low closely any precise ecclesiastica! set of formulas. The generic
nature of bis writings lead one to suppose that be had no interest
in dwelling on details of the Christian liturgy at that time. The
end result of exorcism, which leaves the demons trembling, is the
liberation of the possessed: the sooner the faith of the energumen
and the divine grace administered by the exorcist begin working,
the sooner this will come about. Ali in ali, it does not seem that
the testimony of Minucius Felix can add much further knowledge
of exorcistic practices of bis time; the context of the narration is
exquisitely apologetic and propagandistic, and the author makes
extensive use of material drawn from previous authors which be
includes with mastery in a text assigned to a very precise literary
genre.

CYPRIANus AND NoRTHERN AFRICA

Chapter 21, pp. 537-568

In Cyprianus's thought, the topics of exorcism and demonol-


ogy are especially influenced by the unique predicament of the
Church of Carthage which was tormented by the persecution of
Decius. The bishop shows bis open disapprovai of those who had
surrendered to persecution, denied the promises made at baptism,
and provided evil spirits with a fertile ground for their malignant
676 ENGLISH SUMMARY

activity: contamination with idolatry can lead to madness, diabolic


possession and death. In particular, the consumption of food sacri-
ficed to idols pollutes the body and renders it unfit to receive the
sacrament of the Eucharist.
Cyprianus sees the practice of exorcism as a sign of divine assist-
ance to be placed on the same level as prophecy and wonders. Fol-
lowing the example of the Gospel of Matthew, he warns against
the belief that the exercise of charismata is enough to secure eter-
nai salvation: whoever strays from the path of righteousness and
justice will be cast away from God on doomsday. An intention of
binding the use of the charismata to ethical seriousness and fidelity
to the Church can be read between the lines. The descriptions of
exorcisms contained in the writings of Cyprianus are often heavily
influenced by motives that had already become the common herit-
age of previous apologetics, especially of Tertullian and Minucius,
although every reference is submitted to a personal and unique re-
elaboration. Filthy, wandering spirits try to enter a person and take
possession of him; the exorcism is performed with adjurations pro-
nounced in the name of Jesus, threats, and a berating addressed to
the demon so as to force it to confess its true nature and flee. The
demon's confession will demonstrate the real, evil nature of the
gods worshipped by pagans, as well as their impotence before the
exorcist in view of the coming judgement. Cyprianus indulges in
the metaphoric description of the sufferings inflicted on evil spirits
by the vigorous words of the exorcist: these human words, along
with divine power, are the efficacious tool to defeat the invisible
enemy.
The exorcism, which perhaps included the imposition of hands,
forces the demon to speak through the mouths of the possessed,
who in their turn listen to it. Some demons even promise to set
their victims free, but then fail to keep their word while arguing
with the exorcist who tries to cast them out. In the treatise Quod
idola dii non sini, it is stated that an exorcist can force the demon
to tell with precision when it entered its victim and when will it
leave the person. Diabolic possession, therefore, is subservient to
the permissive will of God inasmuch as it is God who grants the
demon the faculty to influence men.
Cyprianus identifies a rather precise clerical hierarchy featur-
ing bishops, presbyters, deacons, sub-deacons, exorcists, acolytes
and readers, without clarifying the hierarchic order of the last
ENGLISH SUMMARY 677

three. Nor does he bear testimony to the specific functions attrib-


uted to each of them, although it is likely that a precise task was
associated with each of the distinct titles. This demonstrates the
presence of a system of minor orders in Africa, seen as stages in
a clerical career. Cyprianus uses the term exorcisla only once, in
a rather generic manner, and there is only one unequivocal proof-a
letter from Lucian the confessor-that allows for the certain exist-
ence of a class of exorcists in Africa. Moreover, in the accounts of
exorcism, Cyprianus does not include any information about the
type of men who were able to perform exorcisms; it seems that he
had in mind someone gifted with a particular charisma, who might
or might not belong to a particular clerical class. The indications
regarding this are, therefore, not sufficient to allow for a reliable
interpretation.
The ritual of baptism in Carthage, as described by Cypri-
anus, includes the customary renunciation of Satan and a cruci-
form anointment which will separate Christ's followers from those
who are destined to damnation. This however does not imply
any exorcistic or anti-demonic aspect. The belief in some kind of
originai sin, as in the case of Tertullian, is not enough to justify
the existence of an exorcistic ritual. One passage that is usually
interpreted as the description of a baptismal exorcism is, in my
view, the record of an exorcism performed on certain energumens
christened while in danger of death. The context is, in fact, that
of the polemic about clinic baptism which was disapproved of by
many. Cyprianus justifies the admission to baptism of some termi-
nally ill individuals still haunted by demons, stating that the bap-
tismal water had the power of vanquishing the devil. Any eventual
recurrence of its baleful power after the christening was attributed
to the person's lack of faith and not to the permanence of the devii
in his body during the Christian initiation. Due to the absence of
any explicit datum, then, no certain conclusion can be derived
from the writings of Cyprianus regarding the existence of a wide-
spread practice of a pre-baptismal exorcism of catechumens. Nev-
ertheless, there are not sufficient elements to rule out the possibil-
ity either, whereas there are clear references to the existence of
a pre-baptismal exorcism of catechumens in Africa in the writings
of other bishops at the time of Cyprianus.
The minutes of a council in Carthage, held in 256, prove that
the practice of baptismal exorcism was widespread in the African
678 ENGLISH SUMMARY

Catbolic Cburcb of tbe tbird century. Tbis exorcism included an


imposition of bands and was not repeated wben a Catbolic wbo bad
temporarily slipped into beresy returned to tbe Cburcb. Heretics
may also bave practised tbis exorcism, but tbe excerpt in question
does not lend itself to an univoca( interpretation. Altbougb Cypri-
anus does not mention it explicitly, tbe fact tbat some African
bisbops refer to a baptismal exorcism could allow us to conclude
tbat tbe Cburcb of Cartbage engaged in tbis practice.

FIRMILIAN OF CAESAREA

Cbapter 22, pp. 569-574

In a letter from Firmilian to Cyprianus, tbere is a narration of


an episode tbat occurred in Cappadocia in 235 after a period of
great bardsbip for tbe local Cburcb. A woman, apparently a mem-
ber of tbe Montanist movement, appeared before tbe faitbful pre-
tending to be a propbetess filled witb tbe Holy Spirit. Encouraged
by demons, sbe disturbed and deceived tbe people by means of por-
tentous actions and predictions of natura( pbenomena. Her activi-
ties bad already involved members of tbe clergy and, bebaving in
tbe manner of priests, sbe even celebrated tbe sacraments. One
of tbe exorcists, wbose name is not mentioned, confronted tbe
woman. Tbe expression unus de exorcistis seems to imply tbe pres-
ence of a recognized category included in tbe Cappadocian eccle-
sial ranks and would be tbe first record of tbe existence of sucb
an ordo. Firmilian is very sparing of details wben be describes
tbe activities of tbis individuai, focusing instead on tbe victory
of tbe exorcist inspired by divine Grace and on tbe unmasking of
tbe demon pretending to be a saint in tbe eyes of tbe people. Tbe
bisbop concerns bimself witb describing tbe moral qualities of
tbe exorcist-a respectful man wbo was strong in bis faitb and
observed religious discipline. Tbe issue of disciplina was most dear
to Cyprianus too, but in tbis particular context it acquires special
significance: Firmilian clearly establisbes wbat tbe expectations
of tbe Episcopal autborities were regarding cbarismatic figures of
beterodox provenance wbo migbt bave represented competition for
tbe legitimate bierarcby of tbe Cburcb. Tbe man wbo defeats tbe
demon possessing and directing tbe actions of tbe woman is a per-
ENGLISH SUMMARY 679

fect role model, an example of virtue and fidelity to tbe Cburch


wbo operates under tbe grace of God, not diabolical inspiration,
and exercises bis function in perfect communion witb bis own
bishop.

CoRNELIUS AND NovATIAN

Chapter 23, pp. 575-584

Novatian and bis antagonist Cornelius are a rich source of infor-


mation on tbe figure of exorcists in tbe Roman Churcb of tbe sec-
ond balf of tbe tbird century. A brief mention of the exorcism of
demons bas survived from among Novatian's writings, witbin tbe
context of a strong criticism of pagan entertainment: it is an act of
insolence to exorcize demons wbile enjoying the show, thus forget-
ting tbe renunciation of Satan promised during baptism. Obviously,
the practice of exorcism was quite widespread and well-known.
Cornelius accuses Novatian in a letter addressed to bishop
Fabius of Antiocb. According to tbe Roman Pope, he had received
baptism in order to be rid of a satanic presence that had made him
ill. Following assistance from exorcists, wbo evidently also pro-
nounced their adjurations in the case of physical disease of alleg-
edly demonic origins, he almost died. He was therefore adminis-
tered what was known as a 'clinic' baptism by infusion. This was
a practice frowned upon for several reasons: sucb a candidate for
baptism would not undergo tbe customary catechumenal instruc-
tion, be migbt even be unconscious and tberefore unable to adbere
to the faitb, the baptism was not by immersion, and oftentimes the
ritual could not be properly completed. Moreover, tbe practice of
delaying baptism until the last years of life--to secure the remis-
sion of sins and the purification of the soul shortly before pass-
ing on to tbe afterlife--was extremely common. Cornelius insists
on tbe presence of a demonic malady in Novatian, an illness that
prompted the intervention of the exorcists.
In tbis same letter, Cornelius relates tbe fact tbat Roman exorcists
belonged to a distinct class, a proper clerical order bierarchically
positioned below the sub-deacons and above tbe acolytes. Unfortu-
nately, the Pope refers to the number of presbyters, deacons, and
sub-deacons in tbe tituli and in the seven regions of the Urbs, but
680 ENGLISH SUMMARY

does not provide precise information about the employment of the


exorcists which makes it difficult to imagine a territorially-based
recruitment. Together with the readers and the ostiarii, they num-
bered fifty two. They, along with the others, were economically
dependent on the faithful. This is the first instance of an order of
exorcists included in the official hierarchy in Rome.

THE APOSTOLIC TRADITION

Appendix l, pp. 585-620

An examination of the text known as the Traditio apostolica has


not yielded a reliable account of the practices of a unified Chris-
tian church, rather a series of dispositions, probably from dispa-
rate environments, that bave been progressively incorporated into
a single document. In this text (dating, in its oldest version, from
the last quarter of the fourth century) there are elements the ori-
gins of which are datable to previous times, i.e., between the first
half of the second and the mid-fourth centuries. Although it is
wrong to believe that the prescriptions of the Traditio bear wit-
ness to a canonica! liturgy of the third century, their importance
cannot be underestimated as they may contain traditions of great
antiquity. The Traditio features a canon which forbids imposing
the hands on anyone who, without having received sacred orders,
claims to possess a healing charisma obtained by revelation. It is
likely that this disposition applied to exorcists as well, as they were
also considered healers of maladies caused by the devii; this is cer-
tainly the meaning of the same canon, albeit reformulated, in the
Apostolic Constitutions. Although it does not record the creation of
a specific kind of sacramentally ordained exorcists, the text seems
to presuppose the existence of a category of healers that were
somehow part of the institutional context of the Church. Sacred
orders were not thought to be necessary for the bearers of such an
unpredictable charisma, unfit for regulations, and above all, not
consistently effective.
Among the ones to benefit from the works of these exorcists
were those who, eager to deepen their knowledge of the Christian
faith, were stili tormented by a demon. Purification was indeed
a necessary condition for admission to catechumenal instruc-
ENGLISH SUMMARY 681

tion. According to the Traditio, in the final period of this instruc-


tion, the candidates receive a series of daily exorcisms accompa-
nied by the imposition of hands. At the last moment, the bishop
himself exorcizes each of the electi, verifying their doctrinal knowl-
edge, their righteousness and purity. The usage of the daily exor-
cisms-not recorded elsewhere before the fourth century-could
lead us to presume the existence of a class of exorcists, perhaps
presbyters, charged with this task. There might bave been a divi-
sion into two classes: one of laymen who exorcized in virtue of
a charisma and another of presbyters in charge of ritual baptismal
exorcisms. Another possibility is that the same exorcists exerted
the skills on the possessed and catechumens alike. Shortly before
baptism, the candidates had to gather in one place to pray; the
bishop proceeded to lay bis hands on them-an action accompa-
nied by an exorcism, a puff of air blown on the catechumens, and
the anointment of their foreheads, eyes, and nostrils. The meaning
of this ritual is perhaps different than that of the similar western
ritual of the ephata. The Traditio also describes an episcopal exor-
cism pronounced over oil. This oil was then entrusted to a deacon
and used by the presbyter to anoint the catechumens immediately
after their renunciation of Satan. The anointment was admin-
istered by the priest while pronouncing the sentence: 'Let every
spirit depart from you'. In this case as weli, the first external testi-
monies of an exorcistic baptismal anointment date from the fourth
century. The possibility that the Traditio's description of Christian
initiation could be the result of a juxtaposition of several drafts,
which would bave generated duplicate copies, definitely makes it
difficult to understand the described rituals in a unified, global,
and organic way.
Baptism itself would be received in absolute nudity; women had
to loose their hair and remove their jewellery, a gesture that has
been sometimes interpreted in an exorcistic or apotropaic sense,
although the link with pagan and Jewish traditions and the insist-
ence on the Christian argument against the preciousness of female
jewellery and hairstyles could constitute a sufficient or comple-
mentary explanation. Mention is made of the existence of exor-
cized bread served to the catechumens within the context of the
common feast, but nothing else is specified. The Traditio ends with
an invitation to repeat, several times, the sign of the cross, which
682 ENGLISH SUMMARY

bas tbe power to repel any demonic influence, making evident tbe
inner disposition of tbe believer to receive tbe Holy Spirit.

THE PSEUDO-CLEMENTINE EPISTLES TO VIRGINS

Appendix 2, pp. 621-626

Tbe two letters, wbicb were actually only one originally, bave
been falsely attributed to Clement of Rome. Most Iikely origi-
nating in Syria or Palestine, tbey became widely known only in
Egypt. Tbe work is generally tbougbt to date back to mid-tbird
century, wbereas some attribute it to tbe early decades of tbat
century, otbers later tban tbat, and otbers stili bave gone as far as
tbe second balf of tbe fourtb century, making it difficult to estab-
lisb a reliable dating.
Tbe autbor of tbe text wisbes to explain tbe rules of Iife of
certain wandering ascetics wbo go from one village to anotber
preacbing, reading tbe Scriptures, and praying for tbe benefit of
tbe faitbful. One of tbeir most important duties consists of calling
on widows, especially tbose wbo bave to bring up orpbans. Tbe
nature of tbese visits provides an opportunity for a lecture on tbe
regrettable exorcistic practices of some male ascetics wbo 'wander
around tbe bouses of brotbers or virgin sisters, on tbe pretext of
calling on tbem, to rea d tbe Scriptures and exorcize tbem'.
According to tbe writer, tbe necessary condition for tbe effec-
tiveness of an exorcism is faitb in God accompanied by prayer
and fasting, ali in a frame of bumility, prayer vigils, and absolute
gratuity. Instead, tbere seem to be people wbo bave visited tbe
energumens and exorcized tbem witb pompous formulas, incober-
ent mumbo-jumbo, and long discourses witb tbe aim of sounding
eloquent and clever. Tbeir purpose was not tbe bealtb of tbose
visited, but curiosity, gossip, people's approvai, and possibly earn-
ings. Tbere is no indication of wbetber or not tbese individuals
belonged to tbe clergy. Tbey migbt simply be cbarismatic mission-
aries wbo play an important role in villages and rural areas. Tbe
efficacy and legitimacy of tbe exorcisms do not seem to depend on
tbe role of tbose wbo perform tbem, but on tbeir intentions, tbeir
words, tbeir faitb, and divine approvai.
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Indice dei nomi

a cura di

Walter NtcoLOTTI
Abadie P., 153 Ambrogio di Milano, 554, 603, 612,
Abramo, 36, 70, 71, 109, 143, 147, 614
153, 154, 158, 213, 236, 315, 443, Ambrogio diacono, 451
444, 445, 446, 452 Ammone, 386, 388
Academo, 373 Andrea apostolo, 56, 80, 269, 270,
Achelis H., 585 271, 279-310
Achille, 33 Andrén 0., 247
Achtemeier P. J., 54 Andreotti R., 538
Adamik T., 230, 332 Andres F., 52, 182, 412
Adamo, 104, 156, 161, 178, 316, 336, Andresen C., 156, 364, 369, 370
478, 524, 558, 604 Andronico, 276
Ader G., 23 Anfilochio di !conio, 507
Adolph A., 554 Anfione, 327
Adonai, 71, 388, 445, 450, 452 Angelelli F., 481
Adorno F., 196 Aniceto pontefice, 227, 231, 236, 366
Adriano imperatore, 364 Anna, 427, 435, 436
Affia, 328 Anrich G., 605
Afraate, 357, 358 Antifane, 287, 292, 295, 298
Afrodite, 187, 385 Antifonte, 35
Agostino di Ippona, 84, 149, 481, 497, Antioco di San Saba, 621
504, 507, 528, 508, 548, 554, Antoniano N., 400, 452
557,580,597,603,603,616 Apollinare di Gerapoli, 367, 433
Agrippa, 87 Apollo, 385, 451
Aland B., 244 Apollonio di Tiana, 122, 123, 147,
Alcain J. A., 464 297, 307, 308, 321, 376, 530
Alcibiade di Apamea, 63, 94, 125-139, Apuleio di Madaura, 38, 39, 309, 371,
296, 320 373,387,484,502,531,533,534
Alderink L., 232 Archiloco, 33
Aleith E., 327 Ardesiane, 199
Alese C., 459 Aristide di Atene, 285, 369
Alessandra, 284 Aristide Elio, 188
Alessandro di Cappadocia, 391 Aristobulo, 368
Alessandro Poliistore, 183 Aristofane, 34, 183
Alessandro Severo, 569 Aristofane comico, 283
Alessandro di Cappadocia, 391 Aristone di Pella, 369
Alessi comico, 283 Aristotele, 74, 387, 450, 453
Alexander J. S., 575 Arnobio, 409, 529
Alfaro Bech V., 518 Aronne, 206, 316, 335, 433
Alfieri V. E., 196 Artemide, 273, 274, 275, 451
Alfonsi L., 363 Asclepiade, 179
Allard P., 538, 539 Asclepio, 187, 188, 313, 379, 386
Allert C. D., 157, 158 Asclepiodoto, 488
Alpigiano C., 285 Asmodeo, 104, 105, 149, 333
Alszeghy Z., 524 Aspasia, 187
Altermath F., 261 Assionico, 199
Aly W., 504 Atanasio di Alessandria, 73, 189, 285,
Amalek, 433 429, 506, 621
Amann E., 519 Atchley E. G. C., 148
Amati F., 16 Atenagora di Atene, 148, 261, 367,
Ambrogio, 363, 418 546
792 INDICE DEI NOMI

Ateneo di Naucrati, 35 Bastiaensen A. A. R., 141, 537


Attridge H. W., 330 Batiffol P., 404
Atzberger L., 85 Bauernfeind 0., 294
Aubé B., 368 Baum A. D., 585
Audin A., 228 Baumstark A., 587
Audollent A., 35 Bausi A., 21, 587, 588, 593, 596, 600,
Augé M., 333 601, 610, 615, 619, 620
Augusto, 514, 584 Bautz F. W., 391, 569
Aune D. E., 46, 157, 219, 385, 453 Baynes C. A., 219
Austin J. L., 68 Beatrice P. F., 161, 523, 525, 557,
Autolico, 191, 197 558
Avigad N., 109 Becker C., 492, 529
Axelson B., 530 Beelzebul, 116, 147
Azazel, 104, 305, 605 Behm J., 298, 521
Békés G., 391
Belial, 104, 114, 115
Baalam, 320, 322 Bellini E., 162, 208, 237, 238, 241,
Bacco, 192 266, 314
Biichli 0., 294 Benats B., 227, 259
Bader F., 364, 396 Bendinelli G., 437
Bagatti B., 151, 449 Benedetto XIV, 24
Baillet M., 110 Benjamins H. S., 463
Balducci C., 25, 31 Benoit A., 173, 227, 228, 229, 236,
Baldwin M. C., 311, 312 237, 240, 241, 266, 397, 470,
Balthasar H. U., 576 517, 555, 595
Bamberger B. J., 607 Benson E. W., 537, 570
Bammel E., 377 Bentivegna J., 241
Barbalato S., 562 Berardi C. C., 538
Barbe! J., 371 Bergada M. M., 90
Bardesane, 199, 330 Bergamelli F., 191
Bardy G., 141, 191, 391, 411, 417, Berge R., 483, 531
444, 452, 455, 577 Berger K., 312
Bar-Iesus, 318 Bernardini P., 551
Barini C., 606 Berruto A. M., 141
Barnard L. W., 90, 141, 151, 152, 156, Bettencourt S., 454, 465
157, 162, 163, 173, 176, 178 Bettiolo P., 329
Barnes T. D., 481 Betz H. D., 232, 271
Baronia C., 448 Beuzart P., 227
Barret-Lennard, R. J. S., 233, 242, Bévenot M., 550, 578
589,590,592,599,611 Beyschlag K., 230
Barsotti D., 464 Bianchi U., 40, 179, 330, 371, 477
Bartelink G. J. M., 184, 314 Bieler L., 271
Barthoulot J., 248 Bienert W. A., 55
Bartsch E., 26, 33, 615, 616 Bietenhard H., 69, 444, 450
Base! F. G., 33 Binterim A. J., 24, 85
Basile N., 15, 580 Blackburn B., 271
Basilide, 236, 408, 411 Blaise A., 263
Basilio di Cesarea, 150, 423, 628 Blanc C., 470
Bassi A., 135 Blatty W., 27
Bassi D., 484 Blau L., 215
INDICE DEI NOMI 793

Bio n d l., 178, 330 Brox N., 227, 240, 243, 247, 455, 585
Blowers P. M., 444 Bruce J., 219
Bludau A., 538 Bucero M., 24
Blumenthal M., 271 Biichner J., 510
Boatti A., 398, 609 Buonaiuti E., 199, 219, 365, 366, 405,
Bobichon P., 152, 156 408,409,481,525,535
Biicher 0., 92, 103, 209, 504 Burke G. T., 363, 368, 370
Bodelòn S., 533 Burkert W., 376
Boffo L., 166 Burmester O. H. E., 608
Boismard M. E., 614 Busch B., 521
Bolgiani F., 175, 178, 191, 330 Busch P., 449
Bollòk J., 327
Bolo di Mende, 176
Bolton C. A., 506 Cabié R., 594
Bolyki J., 275 Caifa, 314, 335, 337
Bona G., 196 Calasiride, 147
Bonner C., 283, 337 Calderòn Dorda E., 15, 150, 215
Bonsirven J ., 334, 607, 608 Caleb, 334
Borret M., 364, 366, 368, 370 Calmet A., 24
Bosio G., 134, 168, 314, 343, 399, 499, Calonne R., 463
601 Calvino G., 24
Bossina L., 15 Calzecchi Onesti R., 182
Botte B., 161, 586, 589, 600, 614, 616, Cambiano G., 195
617, 618, 619, 620 Carnei o t P., 405
Botti G., 175 Camelot T., 401, 411
Bouché-Leclercq A., 381, 388 Cana, 294
Bouhot J. P., 594 Cantalamessa R., 603
Bourgeois D., 141 Cantarella E., 514
Bousset W., 225, 330 Capelli P., 206
Bouvier B., 323, 324 Capitani U., 179,503
Bovon F., 55, 269, 311, 319, 323, 324, Cappelletti S., 151
327, 331 Caracalla, 284
Bradshaw P. F., 15, 167, 168, 174, Carello S., 331
359, 360, 517, 518, 585, 586, Carena M., 146, 194
587, 595, 596, 597, 602, 603, Carpin A., 537, 559
604,608,612,613,616 Carpocrate, 43, 71, 229, 231, 234, 238,
Braida E., 21, 330, 338, 342, 356 239, 264
Brandt W., 126, 132 Carrara P., 363
Braun R., 497, 512 Casadio G., 21
Brelich A., 183 Casamassa A., 141, 621
Bremmer J. N., 269, 272, 279, 291, Casey R. P., 200, 202, 208
292,309,311,318,323,327,329 Cassio Dione, 47
Brenk F. E., 40, 121, 371 Castelli E., 585, 586
Bressan G., 105 Cataudella Q., 365, 369, 370, 402
Briarèo, 396 Catone Marco Porcio, 179, 609
Briend J., 153 Cattaneo E., 80, 514, 626
Brière J., 153 Cavalli M., 375, 386
Brock A. G., 327 Ceciliano presbitero, 537
Brontesi A., 200, 211, 212, 397, 411 Cecilio di Bilta, 502, 529, 531, 533,
Brown P., 48, 353 567, 568
794 INDICE DEI NOMI

Celso filosofo, 41, 48, 59, 63, 68, 191, 389,391-415,450,463,471,473,


363-389,417,418,419,420,421, 498, 582, 599, 605, 609, 611
433, 435, 440, 442, 448, 449, Clerc C., 274
450, 453, 454, 457, 460, 476, Clerici A. M., 246
501, 505 Clinton K., 232
Centimano, 396 Cocchiara G., 606
Ceresa-Gastaldo A., 597, 612 Cocchini F., 422, 462
Cerfaux L., 230 Cohen A., 282, 285, 286
Cesare imperatore, 167, 321, 323 Cola S., 234
Ceva M., 579, 580 Colin G., 195
Chadwick H., 178, 330, 364, 370, 459 Colombo S., 549, 573
Chantraine P., 33 Colonna A., 196, 366, 368, 384
Chapot F., 337 Colunga A., 392
Chardon C., 84 Commodo imperatore, 366
Chartier M. C., 567 Connolly R. H., 585
Cheltenham, 548 Contrecas C. A., 146
Chiarini G., 606 Coppa G., 465
Chocholackova A., 16 Coppens J., 298
Choi M., 377 Cornelio di Roma, 18, 36, 37, 64, 81,
Cibele, 533 552, 573, 575-584
Ciccarese M. P., 134 Corsaro F., 272
Cicerone Marco Tullio, 37 Corsini E., 27, 210, 389, 466
Cignelli L., 425 Cosci P., 179
Cini Tassinario A., 25 Cosentino A., 98, 200, 217, 219, 221,
Cipriano di Cartagine, 15, 18, 36, 37, 224
41,42,44, 54, 61, 62,63,64,65, Courtès J., 482
66,67, 69, 74, 75, 76,80,81,94, Courtès J. M., 332
99, 100, 159, 201, 284, 537-568, Cracco Ruggini L., 49, 332
569, 570, 571, 572, 573, 574, Cremer F. W., 255
575, 577, 578, 579, 590, 595, Crescente di Cirta, 565, 566, 567
612, 628 Crisippo, 327, 328, 511, 512
Ciprotti P., 559, 581 Croce W., 551
Ciraolo L., 233 Crooke W., 503
Cirillo di Alessandria, 504, 613 Crouzel H., 371, 417, 425, 428, 442,
Cirillo di Gerusalemme, 84, 344, 506, 454, 462, 465, 470
507, 597, 611, 61~ 613 Cullmann 0., 168, 171, 172, 205, 312
Cirillo L., 126, 127, 129, 130 Cur, 434
Civiletti M., 375 Cushman McGiffert A., 580
Clarke G. W., 15, 529, 554, 558, 561, Czachesz 1., 318, 331
562, 567, 568, 573, 612
Claudia Quinta, 534
Claudio Eliano, 187, 283 D'Alès A., 161, 243, 481, 487, 523,
Claudio imperatore, 233, 514 537, 575, 578
Clemente, Romano, 49, 228, 583, 622 Da Fabriano G., 521
Clemente di Alessandria, 15, 36, 61, Dabaghy M., 16
62,63,64,65,66,67, 74,90,91, Dal Covolo E., 78, 451
92, 93, 94, 96, 97, 99, 100, 175, Dale M., 136
185, 192, 199, 200, 202, 203, Dalla Corte F., 606
204, 208, 209, 211, 212, 213, Dalmais I. H., 353
214, 217, 231, 286, 341, 387, Daly C. B., 567
INDICE DEI NOMI 795

Daniele, 152 Dione Cassio, 47


Danieli M. l., 15, 432, 433, 455, 456, Dionigi di Alessandria, 18, 505
463,465,467,471,473 Dionigi musico, 375
Daniélou J., 52, 126, 141, 156, 157, Dioscoride, 221
161, 162, 173, 206, 207, 231, Dix G., 205, 206, 589, 607, 616, 617,
240, 246, 370, 392, 404, 417, 620
418, 425, 470, 519, 529, 531, Djebel Tura, 417
598, 599 Dodds E. R., 39, 176, 370, 421
Davide re, 111, 105, 106, 107, 112, Dolger F. J., 25, 26, 27, 86, 90, 96,
113, 114, 115, 153, 159, 165, 98, 99, 173, 202, 203, 205, 208,
168, 288, 334, 392, 393, 424 210, 211, 285, 332, 335, 354,
Davies J. G., 83 360, 361, 403, 409, 413, 414,
De An dia Y. 228, 243 469, 479, 497, 498, 501, 502,
De Bruyne L., 591 503, 504, 505, 506, 507, 508,
De Faye E., 391 520, 525, 526, 557, 558, 562,
De Gaiffier B., 353 567, 568, 579, 580, 582, 605,
De Labriolle P., 244, 363, 521 606, 616, 619
De Lange N., 423, 444, 450 Dollinger I., 125
De Lubac H., 417, 425, 426, 462 Donato, 543
De Simone R. J., 521 Donini P., 40, 371
Decio imperatore, 18, 418, 537, 538, Donovan M. A., 227
577 Doré J., 141
Deissmann A., 215, 216, 282 Dorival G., 363, 366, 418, 442
Dekkers E., 486, 497, 517, 518, 521, Dorrie H., 365, 370
522 Dressler E., 85
Del Corno D., 123, 291, 321 Drews P., 210, 211, 520
Del Re R., 373, 532 Drijvers H. J. W., 329
Del Ton G., 422, 580 Droge A. J ., 370
Delehaye H., 353 Dubois J. D., 219, 220
Delia, 606 Duchesne L., 83, 85, 199, 200, 583,
Dell'Osso C., 537 584
Della Torre L., 32 Dudon P., 404
Dellagiacoma V., 247 Duensing H., 621
Demetra, 451 Duling D., 449
Democrito, 74, 176, 196, 450 Dunbabin K. M. D., 283
Demostene, 34, 36 Duncan E. J., 357
Den Boer W., 363 Dunn J. D. G., 163, 242
Denis A. M., 449 Dupont-Sommer A., 213
Denzinger H., 168, 170, 171 Dupuis J ., 462
Destro A., 46, 77, 153 Duquenne L., 558
Deubner L., 187, 503 Diirig W., 574
Di Berardino A., 585 Duval Y., 551
Di Cristina S., 175, 177, 188
Di Nola A. M., 187
Diaz Sanchez-Cid J., 462, 478 Ebion, 130
Dierauer U., 320 Ecate, 183
Dieterich A., 215 Echle H. A., 397
Dillon J., 450 Edelstein L., 180, 187, 313
Diodoro Siculo, 36 Edwards M., 141, 392
Diogene Laerzio, 270, 368 Egeòne, 396
796 INDICE DEI NOMI

Egeria, 597 188, 191, 227, 228, 231, 244,


Ehrhard A., 141 245, 281, 367, 380, 391, 417,
Eitrem S., 290, 300, 380 481, 504, 505, 552, 569, 575,
Elcasai, 125, 126-139, 389 577, 578, 579, 583, 590
Elderenbosch P. A., 298 Eva, 104,192,334,336,337
Eleazaro, 108, 149, 153 Evagrio Scolastico, 189
Elena, 232 Ezechia, 164
Eleno di Tarso, 569 Ezechiele, 206, 207, 498, 556
Eleutero, 244
Elia, 152, 194, 294
Eliodoro di Emesa, 147, 380 Fabiano papa, 18, 83, 577, 583
Elze M., 175, 182 Fabio di Antiochia, 569, 577, 578,
Empedocle, 144, 368 582
Empusa, 183 Faggin G., 373, 505
Enea, 59 Faggi otto A., 244, 497
Ennoia, 232 Fahey M. A., 542
Enoc, 219, 368 Faivre A., 78, 81, 552, 585
Enomao di Gadara, 379 Faldati U ., 248, 251
Epicuro, 364, 450, 453 Fantino J., 227, 229, 236, 240, 241,
Epifanio di Salamina, 125, 126, 127, 259
129, 130, 139, 178, 229, 231, Fantuzzi M., 179
244, 286, 389, 391, 621 Farkasfalvy D., 240
Eracle, 372, 379 Fausch W., 530
Eracleone, 199, 201, 389, 504 Felici S., 47
Eraclito, 74, 368, 450 Felicissimo presbitero, 578
Erbetta M., 207, 217, 219, 220, 224, Fénelon, 404
269,270,271,273,275,279,311, Ferecide di Siro, 368
314, 327, 329, 334, 341, 505 Ferguson E., 174, 200, 205, 214, 246,
Eris, 34 354, 391, 397, 454, 470, 517,
Erma, 34, 89, 90, 91, 96, 205, 206, 555, 559, 569, 580, 581
214,228,235,236,243,314,316, Fernando L. N., 368
314, 316, 319, 415, 474, 526 Ferrarino P., 530
Ermogene, 74, 387 Ferrua A., 575
Ernst J., 559, 570 Festugière A. J., 337, 381, 387
Erny P., 497 Feulner R., 391
Erode, 167,168,314,335,336,337 Filippo apostolo, 180, 265, 266
Erodoto, 36, 372, 368, 386 Filippo diacono, 230
Eros, 532 Filone di Alessandria, 39, 61, 106,
Eschine, 34 121, 156, 166, 368, 383, 405,
Escoula L., 259 444, 445, 464
Esculapio, 488, 489 Filoramo G., 15, 47, 200, 215, 221,
Esichio lessicografo, 383 225, 230, 235, 241, 403, 515
Esiodo, 34, 136, 193, 196, 197, 368, Filostrato, 39, 122, 147, 270, 321, 322,
396, 424 376
Euan, 192 Filostrato Flavio, 122, 123, 291, 297,
Eunapio, 283 300,307,308,321,332,333,375
Euripide, 276 Finney P. C., 221
Eusebio di Cesarea, 36, 37, 64, 81, Fiori M., 31
124, 125, 126, 145, 150, 162, Firmiliano di Cesarea, 44, 64, 80, 81,
171, 175, 176, 178, 184, 185, 83, 552, 553, 569-574
INDICE DEI NOMI 797

Fischer B., 26 Garribba D., 17


Fischer J. D. C., 518 Garzoni T., 13
Fitzmyer J. A., 109 Geerard M., 272, 280, 311, 323, 327,
Flamion J., 279, 311 330
Flavia, 580 Geffcken J., 369, 484
Flick M., 524 Geoltrain P., 311, 319, 327, 331
Flores D'Arcais G., 536 Gessel W., 422
Fiorino, 200 Giacobbe, 70, 71, 143, 147, 153, 236,
Floyd W. E. G., 408, 412 316,334,443,444,445
Flusser D., 213 Giacomini G., 16
Foerster W., 230, 231 Giacomo, 505, 506
Fogen M. T., 46 Giàiro, 299
Fontaine J., 511 Giamblico, ·73, 255, 283, 381, 387,
Forget J., 32 388, 424, 449
Forster N., 234 Giangiulio M., 424
Fortin E. L., 404 Giannarelli E., 597
Fortunato, 276, 277, 278 Gianotto C., 15, 21, 233, 241, 384
Fortunato presbitero, 578 Gihr N., 85
Fox R. L., 51, 197 Ginzberg L., 449
Fozio, 269, 270, 418 Giobbe, 104,316,333,478
Franchi De' Cavalieri P., 516, 538, Giordani 1., 52
577 Giordano 0., 538
Frankfurter D., 429 Giosuè, 316, 423, 433
Franz A., 25, 86 Giovanni apostolo, 45, 116, 119, 163,
Frassinetti P., 530 168, 242, 269-278, 403
Frede M., 363, 365, 366, 371 Giovanni, diacono, 604
Fredouille J. C., 141, 481, 496, 545 Giovanni Crisostomo, 190, 506, 597,
Frend W. H. C., 538 612, 628
Frenschkowski M., 187, 244, 529 Giovanni di Gerusalemme, 84, 611
Friedkin W., 27 Giovanni evangelista, 53, 88, 504
Frinico Sofista, 150 Giove, 232, 451, 502, 532, 534
Froidevaux L. M., 246, 249 Girardi M., 570
Frontone di Cirta, 529, 530 Girgenti G., 15, 141, 145, 146, 149,
Funk F. X., 518 156, 157, 187, 194, 262, 399
Fuse Ila L., 87, 262, 333, 335, 605 Girolamo, 125, 191,391,417,481,484,
529, 530, 543, 548, 576, 622
Giuda apostolo, 88, 313, 335, 336,
Gabriele, 71, 76, 456 337. 465, 469
Gad, 357 Giuliano, 554
Gager J. G., 380 Giuliano imperatore, 505, 506
Galeno, 47, 149, 180, 365, 377, 418 Giulio Africano, 417
Gallagher E. V., 377, 453 Giunone, 489
Gallicciolli G. B., 624 Giuseppe, 316
Gallicet E., 15, 537, 538, 540, Giuseppe Flavio, 35, 36, 37, 107, 108,
541. 542, 544, 545, 546, 550, 109, 148, 149, 151, 152, 153,
554, 556, 573 166,237,354
Garcia Bazan F., 230, 231 Giustiniano, 37, 514
Garcia Martinez F., 112, 113, 114, Giustino martire, 15, 36, 37, 49, 51,
115 52, 53, 60, 63, 64, 66, 67, 69, 71,
Garcia-Monco J. C., 135 77, 78,92,99,141-174,176,178,
798 INDICE DEI NOMI

t8t, t84, t85, t87, t86, t89, t94, Gundaforo, 357


t98, 20t, 224, 227, 228, 229, Gundel W., 38t
230, 23t, 233, 236, 238, 252, Giintert H., 396
262, 263, 265, 266, 369, 370,
376, 399, 428, 432, 444, 449,
462, 487, 499, 546, 599, 60t Haar S., 230
Giversen S., 449 Habermehl P., 33
Glesinger L., t34 Habib G., t6
Gliickner 0., 364 Hadad, 284
Gnilka J., t60 Haenchen E., 230
Giigler R., 425 Hahn A. e G. L., t68, 266
Good D. J., t9t Hahn G. L., t68, 266
Goodenough E. R., t4t, t56, t62, Halkin F., 328
448 Halton T. P., 392
Goodman M., t4t Hamilton M., t87
Goodsped E. J., t4t Hamman A. G., t6t, 248
Gori F., 269, 330 Hammerich H., 579
Goulet R., 270, 297 Hansen J. V., 224
Gounelle R., 270 Hanson J. S., 353
Grabe E., 328 Hanson R. P. C., 425
Graeme C., t5, 56t, 567, 568 Hanssens J. M., 589, 599, 60t, 602,
Graf A., 40 6t3, 6t4, 6t8, 620
Gramaglia P. A., t5, t2t, t24, 205, Harl M., 423, 450, 477
2t0, 27t, 285, 399, 423, 424, Harmless W., 52t
447, 448, 470, 47t, 472, 473, Harnack A., 52, 82, 83, t25, 171, 245,
475, 478, 479, 492, 494, 511, 246,248,252,269,270,375,406,
5t3, 5t5, 516, 5t7, 5t8, 5t9, 428, 455, 470, 570, 583, 62t
520, 522, 523, 525, 551, 555, Harril J. A., 520
558, 602 Harris J. R., 369
Granado C., 243 Harrison T. R., t33, t35
Grant R. M., t4t, t76, t78, t9t, 227 Harvey W. W., 263
Grapin É., 580 Hauck R. J., t9t
Gratino, 282, 286, 290, 29t, 295, 303, Hauler E., 6t8
306 Hawthorne G. F., t 75
Grattarola P., 575 Heiler C. L., t 78
Gregorio di Nazianzo, 9t, 423 Heinrich J. B., 85
Gregorio di N issa, t 9, 284 Heinze R., 483, 530
Gregorio di Tours, 280 Heinze V. R., 37t
Gregorio il Taumaturgo, t 9, 4 t 7, 628 Heitmiiller W., t65, 409
Grillmeier A., t6t Hemachudha T., t33
Grossi V., 497, 557 Hengel M., t63
Gryson R., 5t5 Herczeg P., 3t2, 3t7
Guarducci M., 585 Herrero Dunin A., 5t7
Guasco C., 404 Herter H., t82
Guerra M., 78 Hestia Tabiti, 385
Guidorizzi G., 187, 485 Hilhorst A., 3t t
Guignebert C., 48t Hoblaj A., 518
Guillaumont A., 399 Hoffmann M., t57
Guillemette P., 294 Hoffmann D. L., 5t5
GU!zow H., 575 Hiifling J. W. F., 92, 526
INDICE DEI NOMI 799

Hoh J., 241 Jesse, 334


Holte R., 156 Jeu, 219-225.
Holzberg N., 270 Johnson M. E., 360, 397, 470, 517,
Holzmeister U., 166 587, 595, 596, 597, 602, 603,
Hooker M. D., 163 604, 608, 612, 613, 616
Hopfner T., 284, 383 Joly R., 155
Hoppe H., 501 Jonas H., 58, 220, 230
Horner T. J., 157 Jongeling B., 109
Houssiau A., 240, 259 Josi E., 577
Howton J., 162 Jossa G., t 7, 367, 375
Hubert H., 377 Jourjon M., 537
Hunt E. J., 175 Jucci E., 153
Huxley G., 329 Junod E., 269, 270, 271, 272, 274,
277, 403
Jiirgens H., 482
Iao, 76
leropa, 284
Ignazio di Antiochia, 87, 134, 168, Kaestli J. D., 269, 270, 271, 272, 274,
210, 228, 343 277
Ilario, 554 Kalsbach A.• 359
Impara P., 405 Karabidopoulos I. D., 247
Innocenti P., 365 Kasemann E., 163
Ione, 122 Kattenbusch F., 168
Ippocrate, 183 Kausatha 283
lppolito, 21, 97, 125, 234, 335, 522, Kee H. C., 46, 179, 313, 375, 385
585, 586, 602, 612 Keim T., 363
Ireneo di Lione, 15, 36, 43, 48, 49, Kelly H. A., 27, 97, 173, 207, 208,
50, 52, 58, 60, 61, 66, 67, 69, 215, 216, 356, 357, 408, 413,
70, 71, 72, 75, 78, 79, 88, 89, 90, 473, 526, 527, 562, 598, 604,
98, 159, 162, 169, 172, 192, 207, 615, 616
208,227-267,314,317,336,366, Kelly J. N. D., 168, 169, 170, 171,
389, 410, 428, 441, 462, 484, 172, 266
488, 489, 499, 589 Kennedy J. M., 75
lrwin E., 392 Kere 183
!sacco, 36, 70, 71, 143, 147, 153, 236, Kilborne B., 187
316, 443, 445 Kirchschlager W., 163, 333
Isaia, 158, 164, 504 Kirsch J. P., 583
!setta S., 32, 609 Kirsten H., 202, 400
lside, 337 Klauser T., 32, 393, 518
Isidoro di Pelusio, 189 Klein R., 496
Isnardi Parente M., 371 Klein R. T., 575
Israel Shahak, 503 Klijn A. F. J., 126, 329, 330, 339, 357,
358
Klutz T., 103
Jakab A., 272, 279 Knipping J. R., 538
Jaldabaoth, 334 Knox W. L., 215, 446
James M. R., 328 Koch H., 548, 549, 621
Janowitz N., 73, 449, 450 Koch R., 135
Janssen H., 551 Kolenkow B., 353
Jaschke H. J., 227, 243 Kollmann B., 74, 215
800 INDICE DEI NOMI

Kornfeld W., 163, 333 Levasti A., 404


Koschorke K., 201 Levi A., 371
Kotansky R., 75, 76, 284 Liboron H., 231
Kotting B., 606 Liechtenhan R., 202
Krafft J. M., 24 Lietzmann H., 168
Kraft H., 231, 244, 245 Ligier L., 243
Kraus Reggiani C., 446 Lilit, 104, 110, 111, 112
Kretschmar G., 581, 582, 612 Lilla S. R. C., 391
Kiibel P., 464 Lindemann A., 327
Kukula R. C., 175 Lins H. M., 320
Kuntzmann R., 203 Lipsius R. A., 269
Kutter H., 401 Lister J., 135
Livio Tito, 501, 516
Lloyd G., 181
Ladaria L. F., 406 Lods M., 368, 377, 380
Ladu R., 16 Loewenich W. V., 273
Lalleman P. J., 272 Lohr W. A., 408, 411
Lambertini P., 24 Loi V., 575
Lammia, demone, 183 Lona H. E., 363
Lampe G. W. H., 205, 206, 264, 382 Longo V., 383
Lampe P., 586 Loofs F., 228, 229, 236, 261
Lanata G., 136, 182, 183, 283, 363, Lortz J ., 483, 487
364, 369, 370, 372, 373, 379, Loth H. J., 134, 296
381, 382 Luca, 45, 56, 147, 159, 160, 230, 271,
Lanne E., 265 298, 305, 579
Lanzoni F., 583 Luciano, 37, 365, 379, 553
Laporte J., 425, 464, 470, 472, 476, Luciano di Cartagine, 81, 552
478 Luciano di Samosata, 121, 122, 136,
Lattanzio, 185, 529, 542 290, 300, 332, 364, 365, 380,
Laurin J. R., 141 383, 505, 552
Laurot B., 337 Lucio di Castra Gaiba, 564
Lavenant R., 329 Lucio Vero, 366
Lawrence J. D., 608 Lucio papa, 18
Lawson J ., 240 Luck G., 215
Lazzati G., 141, 391, 406 Lucrezi F., 46
Le Boulluec A., 15, 370, 391, 398, Liidemann G., 230
399 Lugaresi L., 482
Leal J., 15 Luhumbu Shodu E., 170
Lebreton J., 405 Lundstrom S., 229
Leclercq H., 153, 454 Lupieri E., 15, 138, 148, 192, 518
Leeper E. A., 28, 44, 68, 97, 173, 572 Lutero M., 43
Legione, 118, 333, 465 Luttikhuizen G. P., 125, 126, 127,
Lehnus L., 34 129, 130, 131, 272, 317
Leisegang H., 231
Leloir L., 359
Leone L., 176, 178, 285 MacDonald D. R., 279
Leopardi G., 21 Machabey A., 393
Lesky A., 276 MacKenzie I. M., 247
Leucio Carino, 269 MacMullen R., 56
Leucio di Teveste, 565 Macrobio, 409
INDICE DEI NOMI 801

Maertens T., 595, 604 Mayer A., 244, 575


Maestri G., 84, 344, 597, 612, 614 Mazza E., 15, 132, 316, 358
Magne J., 589 Mazzucco C., 322, 470, 514
Magno, 558 McCasland S. V., 121, 154
Magris A., 234, 365, 372 McGehee M., 175
Magugliani L., 34 McGowan A., 209
Maier J., 126 McGuckin J. A., 417, 444
Manca M., 16 Mees M., 401
Mangogna V., 327 Méhat A., 241, 245, 405, 407, 408
Marafioti D., 621 Melato M., 16
Maraval P., 538 Melchisedech, 316
Marcellina, 231, 366 Melitone di Sardi, 367, 433
Marcello, 313, 322 Menandro, 71, 231, 239, 264
Marciano, 245, 506 Menghi M., 482, 483, 520, 521, 523
Marcione, 157, 498 Mercati G., 550, 577
Marco, 45, 53, 56, 120, 199, 234, 282 Mercier B. C., 190, 246, 24 7
Marco Aurelio imperatore, 191, 227, Merkelbach R., 15, 215, 216
366, 367 Metzger B. M., 90, 163, 406
Marcovich M., 21 Metzger M., 586
Maria madre di Gesù, 157, 168, 170, Meyboom H. U., 175, 2.31, 247
336, 343 Meyer B., 284
Maria di Magdala, 282 Meyers R., 359
Marin M., 163 Michele arcangelo, 71, l 15, 300, 456
Marinangeli N., 559 Migdonia, 354, 356
Markschies C., 408, 586 Milziade, 367
Marmorstein A., 237 Mimouni S. C., 126, 269
Marrassini P., 505 Minerva, 232
Marrou H. l., 38, 227, 574 Minns D., 227
Marshall J. L, 142 Minucio Felice, 37, 41, 48, 54, 64, 65,
Martano G., 39 66, 67, 69, 75, 185, 188, 194,
Marte, 533 484,502,529-536,542,543,545,
Martin A., 323 546, 548, 549, 550, 551
Martin J. P., 90 Minuti R., 16, 149
Martinez F. G., 112, 113, 114, 115, Misdeo re, 331, 345, 352
621 Miura-Stange A., 363, 455
Martini R., 481 Mnemosine, 196
Martone C., 109, 110, 11, 113, 213 Moberg A., 502
Marx B., 507 Mohlberg L., 575
Marziale, 286 Moingt J., 404
Massimilla, 244, 302, 513 Molkenbuhr M., 570
Massimino il Trace, 451, 569 Mommsen T., 548
Massimo di Tiro, 39, 371, 372, 373, Monachino V., 51
379 Monaci Castagno A., 15, 27, 28, 54,
Massuet R., 263 141, 182, 183, 272, 311, 312,
Mastema, demone, 104, 112 313, 315, 316, 412, 417, 425,
Mastrocinque A., 76 434, 435, 442, 453, 454, 483,
Masuelli S., 15 537, 574
Matteo evangelista, 56, 156, 282, 288 Monceaux P., 481, 537
Mattews C. R., 320 Mondésert C., 404
Mauch 0., 574 Mondin B., 405
802 INDICE DEI NOMI

Mongelli G., 559 Norden E., 302


Montano, 244 Norelli E., 15, 16, 162, 178, 229, 234,
Monti V., 33, 396 311,368,378,380,417
Moraldi L., 206, 213, 219, 221, 269, Noto E., 16
336, 347, 608 Novato, 538, 578
Moreau J ., 538 Novaziano, 37, 41, 81, 558, 569, 575-
More! V., 574 584.
Moreschini C., 40, 365, 371, 481, 499 Numenio di Apamea, 156
Morgenthaler C., 187 Nussbaumer A., 168, 266
Mormo, demone, 183 Nutton V., 136
Morris L. L., 163
Mortley R., 404
Mosè, 138, 151, 241, 300, 314, 316, O' Malley T. P., 499
334, 380, 395, 433, 443, 446, Ochagavia J ., 259
452,458,499,500,501,619 Odisseo, 144
Mosetto F., 374, 377, 380, 384, 385, Oesterreich T. K., 25
442,450,453,455,458 Olivera H. M., 16
Mosheim J. L., 384 Omero, 33, 34, 136, 144, 182, 183,
Miiller K., 243 193, 195, 196, 197, 368, 374,
Munier C., 141, 156, 397, 470, 517, 396, 424
555, 595 Oppenheim F., 404
Murray P., 195 Oppenheimer A., 126
Musoni A., 554 Orbe A., 178, 205, 227, 250, 255, 259,
Musurillo H., 173 262, 397, 405, 409
Muth J. F. S., 363 Orcos, 34
Myers S. E., 329, 360 Oreste, 184
Mylonas G. E., 232 Orfeo, 392
Origene, 34, 36, 37, 38, 41, 48, 50, 59,
61, 62, 63, 64,65,66,67,68,69,
Nagel P., 269 70, 71, 72, 74, 75, 76, 79, 80,
Nardi C., 203, 395, 397, 399, 409, 90, 91, 94, 96, 99, 126, 184, 185,
410 196, 204, 210, 258, 316, 317,
Narsi N., 15 334, 335, 343, 363, 364, 365,
Nau F., 286 366, 367, 368, 369, 371, 372,
Nautin P., 168, 227, 391, 417, 569, 373, 374, 375, 377, 378, 379,
577 381, 382, 383, 384, 385, 387,
Nerone, 364 388,389,400,404,417-479,501,
Nesselrath H. G., 21 505, 570
Nestle W., 363 Ortiz De Urbina l., 284
Neunheuser B., 209, 211 Ortkemper F. J., 163
Neuschiifer B., 439 Osborn E. F., 175, 227, 370,391,405,
Nicklas T., 46 481, 492
Nicolotti A. 97, 132, 357, 586 Otranto G., 145, 155, 157, 162
Nicolson F. W., 503 Ott, M., 32
Nicosia S., 188 Otto 1., 184
Nicostrato diacono, 578 Otto J. K. T. 196
Nischan B., 24 Oulton J. E. L., 205
Nocent A., 517, 559 Outler A. C., 396
Nocilli G. A., 174 Ovidio Publio Nasone, 192
Noormann R., 242
INDICE DEI NOMI 803

Pagels E., t 73 Peterson P., 16


Pahad, 104 Peterson P. M., 279
Palazzini P., 563 Petitmengin P., 470
Palladio, 506 Pétrement S., 230, 4tt
Pani G., 256 Pettazzoni R, 232
Panteno, 391 Pezzi V., 16
Pao D. W., 279, 293 Pfister F., 63, 270, 290
Paolo apostolo, 35, 37, 46, 47, 70, 87, Pibechis, 446, 505
118, 120, 126, 158, 163, 181, Piccaluga G., 606
242, 244, 265, 266, 269, 299, Pichler K., 363, 364, 365, 366, 370,
313,318,323,327-328,398,401, 384, 418
402, 403, 407, 437, 441, 468, Pieri A., 392, 393, 394, 395, 402
504, 559, 560, 590, 626 Pietri C., 18, 549, 583
Paolo Giulio, 47 Pietri G., 398, 402, 408, 4tt, 412
Paolo di Samosata, 569 Pietri L., 18, 549
Papeo, 388 Pietro apostolo, 59, 70, 171, 230, 269,
Papia di Gerapoli, 228, 229 270, 31 l-325, 331, 347, 389
Papisco, 369 Pilato Ponzio, 71, 142, 143, 154, 158,
Paratore E., 530, 531 160, 164, 166, 167, 168, 169,
Paretsky A., 90 170, 171, 172, 201, 239, 246,
Parlagi G., 16 247, 248, 249, 250, 252, 265,
Parrinello R. M., 15 266,267,335,337,428
Pasca! C., 40, 503, 504 Pimentel M., 482
Pasteur L. 135 Pincherle A., 191
Pegasio, vescovo, 505 Pindaro, 34, 35, 195
Pélagaud E., 369 Pindemonte 1., 396
Pelikan J. J., 557 Pinter A. B., 16
Pellegrino M., 51, 141, 157, 502, 529, Pisi P., 476, 477
530, 533, 534, 536, 537, 543, Pitagora, 144
545, 546, 549, 550 Pizia, 144, 196
Penna R., 271 Platone, 35, 39, 144, 150, 195, 196,
Pennacchietti F. A., 15 365, 368, 371, 374, 395, 396,
Pépin J., 372 397, 450, 512, 531, 532
Perani M., 15 Pley J., 187
Perdrizet P., 449 Plinio il Giovane, 132
Peretto E., 228, 246, 249, 251, 252, Plinio il Vecchio, 179, 180, 503
586 Plotino, 220, 373, 375, 380, 505
Pericle, 182 Pliimacher E., 269
Perler 0., 404 Plutarco, 34, 39, 371, 373, 386, 418
Perpetua, 527 Plutone, 124
Perrat C., 228 Pohlenz M., 405, 512
Perrone L., 363, 418, 422, 437, 463, Poirier P. H., 330
464 Polanco Fermandois R., 240
Persio, 503 Polibio, 35, 36
Pesce M., t 7, 18, 46, 77, 153 Policarpo di Smirne, 227, 353
Pesch R., tl9, 312 Pollastri A., 161
Peterca V., 153 Polto E., 524
Petersen W. L., 175 Pompeo Magno, t 79
Peterson E., 132, 134, 135, 231, 275, Ponzio diacono, 537, 548, 549
314, 384, 389, 484 Porfirio, 74, 124, 188, 270, 283, 371,
804 INDICE DEI NOMI

372, 374, 375, 387 Quispel G., 291


Potestà G. L., 335
Potino vescovo, 227
Pottier E., 606 Raffaele arcangelo, 71, 75, 76, 105,
Pouderon B., 141 113, 114, 149, 456
Poupon G., 311, 314, 318, 319, 320 Rahner H., 146, 194, 206, 207, 470,
Powell D., 404, 497 521
Preisendanz K., 216, 449 Rahner K., 567
Preuschen E., 580 Ramorino F., 530
Price S., 141 Randellini L., 333
Pricoco S., 27 Rankin D., 496, 497, 515
Prieur J. M., 279, 280, 291 Rapisarda E., 191, 192, 193, 259, 261
Prigent P., 157 Recchia V., 404
Principe S., 608 Redfield R., 42
Prinzivalli E., 15, 125, 585 Reemts C., 417
Prioreschi P., 136 Refoulé F., 517, 526
Priscilla, 244, 513 Reijners G. Q., 433
Probst F., 24, 85, 210, 579 Reinach S., 521
Procter E., 397 Reinink G. J., 126
Protagora, 73, 387 Reitzenstein R., 270, 522
Protetto, prete, 451 Remus H., 317
Prudenzio Aurelio, 502, 507 Ressa P., 185, 363, 364, 370, 418, 421,
Ps Melitone, 274, 284 44t, 45t, 453, 454, 456, 457,
Ps. Barnaba, 88, 89, 91, 96, 158, 205, 458, 461, 465
216, 314, 332, 406, 407, 408, Resta Barrile A., t49, 233, 485, 5t2,
415, 499 534
Ps. Clemente Romano, 19, 49, 50, 63, Révay J., 549
64, 67, 75, 76, 233, 623 Réveillaud M., 547
Ps. Dionigi Aeropagita, 507 Reynders B., 249, 251
Ps. Filone di Alessandria, 106, 153 Ricciotti G., 207, 230, 358
Ps. Giovanni Crisostomo, 507 Riedel W., 502
Ps. Giustino, 229 Riedweg C., 232, 404
Ps. Ippolito, 63, 128, 131, 199, 229, Ries J., 27
231' 233, 380 Rigaltius N., 508
Ps. Luciano, 36 Righetti M., 559, 592
Ps. Melitone di Sardi, 274, 284 Righi D., 21, 599, 600
Ps. Platone, 373 Rimoldi A., 3t2
Ps. Plutarco, 150 Rinaldi G., 281
Publio, 299 Rist M., 444
PuechA.,52, 141,175,177,180,181,184 Ritschl 0., 570
Puech É., 112, 113, 114, 115, 159 Ritter A. M., 168
Puiggali J., 371, 372, 374 Rizzerio L., 39t
Pultrini P., 531, 532 Rizzi M., 141, 335, 375, 529
Purpura G., 311 Rizzo S., 363
Robinson J. A., 247, 248
Roda S., 47
Quacquarelli A., 89, 319, 482, 493, Rodo ne, t 75, t 76
524 Rodriguez Antufiano E., 162
Quinn J. D., 243 Rodriguez Martin V. E., 518
Quirino, 167 Roessli J. M., t5, 392
INDICE DEI NOMI 805

Roetzer W., 521 Saul, 105, 106, 107, 109, 153, 392,
Rogaziano diacono, 569 393, 424
Rogers R., 191, 192 Saumagne C., 537, 538
Rohde E., 211 Saxer V., 80, 84, 200, 209, 397, 398,
Roig Lanzillotta L., 279, 280 399, 400, 414, 470, 474, 507,
Rolla A., 15 517, 522, 527, 540, 547, 549,
Romano martire, 507 551, 552, 554, 555, 556, 562,
Romero Pose E., 249 563, 564, 579, 583, 591, 595
Rondet H., 525 Sbaffoni F., 335
Rordorf W., 327, 333 Scapula proconsole 53, 486, 490
Rosenbaum H. U., 231, 366 Scarpi P., 232
Rossi S., 142, 531 Scazzoso P., 507
Rosso Ubigli L., 341 Scevà,45, 46,120,147,429
Rosweyd H., 506 Schafer T., 459
Rotta P., 450, 451 Schiiferdiek K., 269, 271
Rouge J., 228 Scheeben M. J., 85
Rougier L., 364 Schepelern W., 244
Rousseau A., 15, 235, 245, 247, 249, Schmidt C., 219, 220, 269, 270, 327
251, 252, 262, 264 Schmitt C., 230
Ruben, 214 Schneemelcher W., 269, 270, 271,
Rudolph K., 126, 128, 230, 232 279, 311, 327, 329
Rufino di Aquileia, 234, 423, 469, Schneider J., 34
471 Schochet E. J ., 322
Ruggiero F., 516 Schoedel W. R., 192, 227
Rupprecht C. E., 133 Scholem G., 224
Russe! J. B., 27 Schollgen G., 374, 377
Schonmetzer A., 168, 170, 171
Schredelseker P., 606
Sabaoth, 71, 223, 224, 388, 445, 447, Schrijnen J., 591
451 Schroder H. 0., 364
Sabino, 514 Schiirer E., 153, 166, 215, 449
Sacchi P., 15, 90 Schwartz E., 141, 585
Saggioro A., 482, 576 Schwartz J., 365, 367, 370
Sagnard F., 199, 200, 203, 208, 209, Schweizer E., 337
213, 259 Scibilia A., 233
Sald S., 308 Scognamiglio R., 15, 205, 344, 420,
Salles A., 613 423, 431, 438
Salles-Dabadie J. M. A., 230 Scopello M., 15, 220
Salomone, 68, 105, 107, 108, 112, 149, Seagraves R., 551, 571, 573
152, 153, 164, 237, 447, 448, Sebastian J. J., 559
449, 628 Segai J. B., 329
Salzberger G., 449 Segelberg E., 209, 217, 611
Sam, 112, 153, 165, 294, 392, 427 Selva K., 16
Sammoth, 291 Semihazah, 104
Sanchez S. J. G., 157 Semmath, 289, 291, 292
Santippo diacono, 347 Senocrate, 512
Sara, 105, 109, 333 Serapide, 124, 502, 531, 532, 534
Sartori P., 16 Serapione di Thmuis, 611, 612
Saturnino, 236 Servio scoliaste, 409
Saturno, 532, 534 Sesboiié B., 168, 240
806 INDICE DEl NOMI

Sesto Empirico, 74, 387 Spinks B. D., 359


Settembrini L., 365 Stiihlin 0., 202, 214, 392
Settimio Severo, 228, 391, 418 Stanley Jones F., 127, 129
Sevrin J. M., 201 Stefano papa, 18, 558, 564, 569, 572
Sfameni Gasparro G., 179, 234, 330, Steimer B., 585
341,453,462,464,477,478 Stein E., 368
Sgherri G., 444, 459 Steinthal H., 387
Shahak l., 503 Stemberger G., 15, 449
Shotwell W. A., 157 Stewart-Sykes A., 520, 521, 522, 599
Siforo, 352 Storelli F., 392
Simeone L., 32 Story C. I. K., 174
Simi, 284 Stramaglia A., 182, 283, 284, 332
Simmaco papa, 583 Stratocle, 302
Simon M., 389 Strecker G., 126
Simone, 43, 48, 71, 88, 229, 230, 231, Studer B., 433
232, 233, 234, 238, 239, 253, Suggs M. J ., 90
264, 312, 314, 316, 317, 318, Svetonio Tranquillo, 47
319, 320
Simonetti M., 21, 125, 158, 178, 191,
199, 200, 204, 217, 230, 231, Tacito Cornelio, 47, 166
233, 241, 256, 257, 316, 368, Taft R. F., 587
392, 408, 425, 433, 442, 499, Talavera Fernandez P. A., 227
549, 575, 577, 585 Talley T. J, 602
Siniscalco P., 524, 529 Tambornino J ., 182
Siriaca, 534 Tanazio, 488
Sirinian A., 21, 249 Tanit, 489
Siro di Palestina, 122 Tanzarella S., 17
Sisiforo, 331 Taran L., 373
Sisto papa, 19, 584 Tardieu M., 219, 220
Skarsaune 0., 141, 151, 157 Taziano il Siro, 21, 47, 48, 64, 65, 66,
Skiles S. H., 224 67, 69, 77, 175-190 ' 192, 194,
Smit J., 281 196, 236, 329, 462, 486, 546
Smith J. P., 236, 248, 249 Tecla, 328
Smith J. Z., 42, 43 Teichtweiter G., 464, 478
Smith M., 230 Teocrito, 503
Smith R. G., 497 Teodoreto, 233, 506
Smith W. D., 121 Teodoro di Mopsuestia, 132
Socordio, 488 Teodoto, 36, 95, 97, 99, 100, 199-217,
Socrate, 41, 144, 392, 483, 484, 522 446, 447, 581, 582, 599, 611
Sodano A. R., 381, 387 Teofilo di Antiochia, 36, 41, 63, 66,
Soden H. F., 550, 570 69, 191-198, 228, 259, 261, 332
Sòder R., 54, 57, 270, 271, 308 Ter-Mekerttschian K., 245, 246, 247,
Solignac A., 175 248, 252
Sophia, 220 Ter-Minassiantz E., 245, 246, 247,
Sordi M., 367, 538, 577 252
Sorensen E., 28, 40, 90, 103, 121 Tertulliano, 15, 37, 41, 42, 48, 50, 52,
Souter A., 263 53, 54, 61, 63, 64, 65, 66, 67, 69,
Speigl J., 457 73, 74, 75, 76, 77, 79, 80, 89, 93,
Speyer W., 585 99, 100, 132, 148, 149, 157, 169,
Spineto N., 15 185, 193, 210, 229, 231, 233,
INDICE DEI NOMI 807

257, 285, 327, 335, 380, 399, Urbico prefetto, 141


400,404,432,481-528,530,534, Usener H., 202, 506
535, 542, 543, 544, 546, 548,
549, 550, 551, 555, 557, 564,
576, 595, 601, 602, 603, 609, Valenti G., 151
613, 614, 619 Valentino, 96, 97, 98, 178, 199, 216,
Testa E., 177 407, 408, 414, 415
Testini P., 585 Valeriano, 537, 575, 584
Teyssèdre B., 27, 332 Valgimigli M., 196
Theiler W., 387 Valiiio A., 15, 514
Thomas C. M., 311 Valmaggi L., 536
Thomas J., 126 Van Dale A., 85
Thraede K., 26, 83, 90, 96, 98, 99, Van Den Hoek A., 391
103, 154, 195, 209, 317, 472, Van Der Straeten J., 228
494, 527 Van Slyke D., 15, 507, 603
Tibiletti C., 511, 530 Van Unnik W. C., 606
Tibullo, 606 Vanbeck A., 567
Timoteo di Alessandria, 621 Variano, 294
Tissot Y., 15, 330, 331, 341, 357 Varrone, 501
Tito Latinio, 534 Vecchiotti l., 536
Tixeront J., 248 Velardi R. 195
Tobia, 105, 149 Vermander J. M., 191, 370, 482
Tolomeo, 199, 201 Veronese M., 537
Tolomeo Claudio, 36, 290 Vespasiano imperatore, 108
Tommaso Giuda, 270, 271, 329-361, Vilela A. 459
505 Villiard R., 583
Toner P. J., 86 Vincenzo di Tibari, 565, 566
Tordini Portogalli B. M., 386 Virgilio, 37
Torijano P. A., 153 Virino proconsole, 293, 296, 307
Torm F., 585 Visonà G., 15, 89, 141, 152, 155, 156,
Traiano, 126 157, 158, 161, 162, 163, 164,
Treboniano Gallo, 577 165, 194, 432, 500
Tremblay R., 259 Vitellio, 47
Trevett C., 571, 572 Vittore papa, 228, 530
Triacca A. M, 28 Vogt H. J. 240, 459, 575
Trifone, 145, 152, 155, 157, 194 Voi:cou S., 248
Trigg J. W., 417 Voicu S. J., 507
Trismegisto Ermes, 150 Vokes F. E., 513
Trisoglio F., 15, 537 Viilker W., 368, 369, 411
Troiani L., 377 Von Der Goltz E., 161
Trunk D., 103 Voss B. R., 157
Tuburbo, vescovo, 555 Vouaux L., 311,315, 327, 328
Tucidide, 34, 35, 182
Turchi N., 232
Twelftree G. H., 15, 53, 103, 172, 173, Wacht M., 187
175, 267 Wiichter T., 607
Waegeman M., 150
Ubaldi P., 175, 180, 181, 184, 261 Wahlen C., 103
Uglione R., 515 Waitz H., 230
Ulpiano, 37, 514 W altzing J. P., 536
808 INDICE DEI NOMI

Warfield B. B., 483 Witte B., 334, 384


Warren D. H., 270 Wi'zan, 354, 355, 356
Waszink J. H., 156, 485, 499, 521, Wuilleumier P., 227
525
Watson G., 521
Weber C. W., 482 Yadin Y., 109
Weber M., 83 Ydit M., 282
Weber S., 248 Yousif P., 178
Weder H., 163
Weismann W., 482
Weltin E. G., 440 Zaccaria, 75, 104
Wesseling K. G., 175 Zachariades-Holmberg E., 270
West M., 396 Zahn T., 506
Westphal J. C., 23 Zangara V., 176, 369
Westra L. H., 170 Zappalà M., 178
Wey H., 52, 141, 181, 182, 189, 191 Zeegers-VanderVorstN., 191,192,193
Wheelock W. T., 68 Zefirino, 125, 418
Whittaker M., 176, Zen, 388
Wickert U., 554 Zeppegno D., 16
Wieland F., 24, 82 Zeus, 33, 34, 35, 182, 185, 388, 451
Wilamovitz U., 188 Zimmermann G., 499
Williams G. H., 173, 174 Zink 0., 185
Willing A., 484 Zolli E., 615
Wilson N. G., 187 Zscharnack L., 514
Wilson S. G., 245, 247, 248 Zwi Werblowsky R. J., 607, 608
Windisch H., 470 Zwingli U., 24
Winkler G., 357, 358, 359, 360, 587
Wipszycka E., 15, 353

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