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QUADERNI DI SPIRITUALITÀ FRANCESCANA

SANTUARIO DELLA VERNA

fr. Cornelio Del Zotto o.f.m.

S. FRANCESCO E LA CHIESA
in CORSO DI SPIRITUALITÀ FRANCESCANA
20-30 AGOSTO 1984

QUADERNO VI
QUADERNI DI SPIRITUALITÀ FRANCESCANA

SANTUARIO DELIA VERNA

S. FRANCESCO E LA CHIESA

Lezioni di spiritualità francescana


di Fr. Cornelio Del Zotto, o.f.rn.
Professore di Teologia nel Pontificio Ateneo Antoniano in Roma

Quaderno VI Lez X/XVLl


DAGLI SCRITTI DI S. FRANCESCO

"Ti saluto Signora, santa Regina, Santissima Madre


di Dio, Maria, che sei Vergine fatta Chiesa, eletta dal
santissimo Padre celeste e da Lui, col santissimo Figlio
diletto e con lo Spirito Santo Paraclito, consacrata.
Tu in cui fu ed è ogni pienezza di grazia e ogni bene.
Ti saluto, suo palazzo.
Ti saluto, sua tenda.
Ti saluto, sua casa.
Ti saluto, suo vestimento.
Ti saluto, sua ancella.
Ti saluto, sua Madre.
E saluto voi tutte, sante virtù, che per grazia e lu-
me dello Spirito Santo siete infuse nei cuori dei fedeli,
affinché li rendiate, da infedeli, fedeli a Dio.

(Saluto alla Vergine, FF 259-260)

2
X Lezione

IL R I F I O R I R E D E L L A C H I E S A N E L C U O R E D E I FEDELI

1. La p r e s e n z a d e i r e l i g i o s i nella Chiesa.

2. Il rifiorire della Chiesa n e l c u o r e d e i f e d e l i e la teo-


logia della Chiesa.

3. In c o m u n i o n e di fede e di amore con San Francesco alla


Verna.

4. Rassegna bibliografica.

5. Amore alla Chiesa, speranza del mondo.

•k -k ic

In questa seconda parte allarghiamo il discorso alla primitiva espe-


rienza di vita francescana, continuando le riflessioni del P . Gerardo, in
uno studio teologico-spirituale, che faccia confluire la nuova forma di
vita francescana in quell'itinerario di fede e di amore che ci dischiude
il mistero della Chiesa e ci aiuta a rinnovarci in essa, sull'esempio del
Serafico Padre Francesco, che ha amato la Chiesa e l'ha restaurata con il
suo operoso amore di figlio generoso e fedele. Parimenti ci illunineremo
nella contemplazione di Chiara, la quale, nel mistero di S . Maria degli
Angeli, realizzò la sua vita nella Chiesa: "Sacra Madre, essa diede alla
luce Fratelli e Sorelle e per loro mezzo partorì Cristo rinnovando il mon-
do" (1).
Prima di esaminare l'aspetto peculiare dell'intensa esperienza di Chie-
sa, che caratterizzò San Francesco e i suoi primi compagni, è necessario
ricordare il posto che occupano i religiosi nella Chiesa e tratteggiare
a grandi linee il cammino della teologia della Chiesa almeno negli ultimi
decenni.

1
* <-a p r e s e n z a d e i r e l i g i o s i n e l l a Chiesa.

In occasione del Giulileo Straordinario della Redenzione, il Sorrmo Pon-


tefice Giovanni Paolo II, nella Esortazione Apostolica "Redemptionis donun"

1) Specchio di perfezione, 84 : FF 1781.

3
del 25 marzo 1984 (2), ha messo in luce che la vocazione religiosa nasce
da uno sguardo d'amore del Signore che chiama ciascuno per none e gli per-
mette di partecipare al suo mistero redentivo nella Chiesa, specialmente
in virtù dei voti di Castità, Povertà e Obbedienza, che caratterizzano la
loro piena consacrazione a Dio nella Chiesa.
"La vocazione, cari fratelli e sorelle - scrive il Papa - , vi ha con-
dotti alla professione religiosa, grazie alla quale siete stati consacrati
a Dio mediante il ministero della Chiesa e , al tempo stesso, siete stati
incorporati nella vostra Famiglia religiosa. Perciò la Chiesa pensa a voi,
prima di tutto, come a persone ••consacrate": consacrate a Dio in Gesù Cri-
sto come propietà esclusiva. Questa consacrazione determina il vostro posto
biella vasta comunità della Chiesa, del Popolo di Dio. A l tempo stesso essa
introduce nella missione universale di questo Popolo una speciale risorsa
di energia spirituale e soprannaturale: una particolare forma di vita, d i
testimonianza e di apostolato, in fedeltà alla missione del vostro Istitu-
to, alla sua identità e al suo patrimonio spirituale. La Missione universa-
le del Popolo di Dio si radica nella missione messianica di Cristo stesso
- Profeta, Sacerdote e Re - , alla quale tutti partecipano in diversi modi.
La forma di partecipazione propria delle persone "consacrate" corrisponde
alla forma del vostro radicamento in Cristo. Della profondità e della forza
di questo radicamento decide proprio la professione religiosa.
Essa crea un nuovo legame dell'uomo con Dio uno e trino, in Gesù Cri-
sto. Questo legame cresce sul fondamento di quel vincolo originale, che
è contenuto nel sacramento del Battesimo. La professione religiosa "ha le
sue profonde radici nella consacrazione battesimale, e ne è una espressione
più perfetta" (3). In tal modo essa diventa, nel suo contenuto costitutivo,
una nuova consacrazione: la consacrazione e la donazione della persona uma-
na a Dio, amato sopra ogni cosa... bisogna cercare la radice di questa con-
sacrazione consapevole e libera e della conseguente donazione di sé come
proprietà a Dio nel Battesimo, sacramento che ci conduce al mistero pasqua-
le come vertice e centro della Redenzione compiuta da Cristo" (n.7).
'^Questa Esortazione - conclude il Papa - che vi indirizzo nella solen-
nità dell'Annunciazione dell'Anno Giubilare della Redenzione, vuol essere
espressione di quell'amore che la Chiesa nutre per i Religiosi e le Reli-

2) GIOVANNI PAOLO II, Esortazione Apostolica "Redemptionis Donum" ai Reli-


giosi e alle Religiose, L'Oss. Rom. 30.3.1984-
3) Cf. Conc.Ecum.Vat.il, Decr. "Perfectae Caritatis", 5; cf. anche Documen-
to della S. Congr. per i Religiosi e gli Istituti Secolari "Elementi
essenziali dell'Insegnamento della Chiesa sulla vita religiosa (21 mag-
gio 1983), nn. 5 ss.

4
giose. Voi, infatti, cari Fratelli e Sorelle, siete un bene speciale della
Chiesa... Riconoscete, dunque, in questa luce, la vostra identità e la vo-
stra dignità. Che lo Spirito Santo - per opera della Croce e della Risurre-
zione di Cristo - "possa davvero illuminare gli occhi della vostra mente,
per farvi comprendere a quale speranza vi ha chiamati, quale tesoro di glo-
ria racchiude la sua eredità fra i santi" (Ef 1,18)"(n. 16).
Il carmino di conoscenza della Chiesa passa per le molteplici vie della
consacrazione e della testimonianza, sempre in una modalità caratteristica
dell'amore, che ha nello Spirito Santo la sua sorgente inesauribile. E così
come "per la grazia dello Spirito Santo la natura custodisce l'origine del-
la vita, anche noi dobbiamo custodire lo spirito della vita" (4).
"Nell'Anno Giubilare della Redenzione - ammonisce il Santo Padre - la
Chiesa intera desidera rinnovare il suo amore verso Cristo, Redentore del-
l' ucmo e del mondo, suo signore ed insieme suo Sposo divino. E perciò in
questo Anno Santo essa guarda con singolare attenzione a voi, cari Fratelli
e Sorelle, che, come persone consacrate, occupate un posto speciale sia
nella ccmunità universale del Popolo di Dio, sia in ogni comunità locale.
Se la Chiesa desidera che mediante la grazia del Giubileo straordinario
si rinnovi anche il vostro amore verso Cristo, al tempo stesso essa è pie-
namente consapevole che questo amore costituisce un bene speciale dell'in-
tero Popolo di Dio. La Chiesa è consapevole che, nell'amore che Cristo ri-
ceve dalle persone consacrate, l'amore dell'intero Corpo viene indirizzato
in modo speciale ed eccezionale verso lo Sposo che, in pari tempo, è capo
di questo Corpo. La Chiesa vi esprime, cari Fratelli e Sorelle, la sua
£ gratitudine per la consacrazione e per la professione dei Consigli evange-
lici, che sono una particolare testimonianza d'amore. Essa, nello stesso
tempo, riconferma la sua grande fiducia in voi, che avete scelto uno stato
di vita che è un dono speciale di Dio alla sua Chiesa. Essa conta sulla
vostra collaborazione completa e generosa, affinché, cane fedeli ammini-
stratori di così prezioso dono, voi "sentiate con la Chiesa" e sempre col-
laboriate con essa, in conformità con gli insegnamenti e con le direttive
del Magistero di Pietro e dei Pastori in comunione con lui, coltivando,
a livello personale e comunitario, una rinnovata coscienza ecclesiale. E
contemporaneamente essa prega per voi, affinché la vostra testimonianza
d'amore non venga mai meno" (cf. Le 22,32)"(n.14).
"La professione religiosa - scrive ancora il Papa - pone nel cuore di
ognuno ed ognuna di voi, cari Fratelli e Sorelle, l'amore d e l Padre, quel-
l'amore che è nel cuore di Gesù Cristo, Redentore del mondo. E' amore, que-

4) S. BONAVENTURA, De Septem Donis Spiritus Sancti, coli. V,n.8; Opera Om-


nia, V,481a.

5
sto, che abbraccia il mondo e tutto ciò che in esso viene dal Padre e che
al tempo stesso tende a sconfiggere nel mondo tutto ciò che non viene dal
Padre" (n.9).
'Che insieme con questo amore si approfondisca in ciascuno e ciascuna
di voi la gioia di appartenere esclusivamente a Dio, di essere un'eredità
particolare della S S . Trinità, Padre, Figlio e Spirito Santo. Ripetete ogni
tanto insieme col Salmista le ispirate parole:
"Chi altri avrò per me in cielo?
Fuori d i te nulla bramo sulla terra.
Vengono meno la mia carne e il mio cuore:
ma la roccia del mio cuore è Dio,
è Dio la mia sorte per sempre" (Sai 73 (72), 25-26).

Oppure le altre:

"Ho detto a Dio: "Sei tu il mio Signore,


senza di te non ho alcun bene"...
Il Signore è mia parte d i eredità e mio calice:
nelle tue mani è la mia vita" (Sai 1 6 , 2-5)"(n.8).
/

"Essere un'eredità particolare della S S . Trinità, Padre, Figlio e Spi-


rito Santo" è la modalità d i essere-nella-Chiesa propria dei Religiosi e
delle Religiose (cf. Ltnen Gentium, n.4).

2. Il rifiorire della Chiesa nel cuore d e i f e d e l i e la teo-


logia della Chiesa.

Uno dei più grandi doni fatti da Dio al nostro secolo è stata la rive-
lazione del mistero della Chiesa. Già verso il 1920 Romano Guardini poteva
affermare: "Sta avvenendo qualcosa d i incalcolabile portata: la Chiesa na-
sce nel cuore dei fedeli!". Il suo annuncio divenne messaggio d i speranza
nel Movimento Giovanile Tedesco (Jugendbewegung) che contribuì al rinnova-
mento liturgico e diede un forte impulso alla testimonianza cristiana in
tempi difficili. Anche il fervore in Italia della Azione Cattolica e il
Movimento incentrato sull'onore a Cristo Re dell'universo e Signore della
storia portarono alla scoperta della verità misteriosa e consolantissima
della Chiesa come Corpo Mistico di Cristo. Pio XII colse il frutto d i quel-
la primavera dello Spirito e promulgò la Lettera Enciclica "Mystici Corpo-
ris" del 29 giugno 1943. In essa la Chiesa appare fulgente nel suo mistero
d i grazia, animata dallo Spirito Santo e sotto il Capo, Cristo, che racco-
glie tutte le membra nella unità del suo Mistico Corpo. Cristo e la Chiesa
"costituiscono quell'unico uomo nuovo, nel quale, perpetuando l'opera salu-
tare della croce, vengono congiunti insieme cielo e terra: parliamo di Cri-

6
sto e del suo Corpo, del Cristo totale " (5).
A questa gioiosa scoperta e a questo solenne annuncio del Magistero
rifiorisce la vita della Chiesa e si moltiplicano le iniziative di testimo-
nianza che sostengono la Chiesa durante l'inmane flagello della Seconda
Guerra Mondiale. La Chiesa non solamente diffonde la speranza, ma edifica
i popoli ricomponendoli in unità nazionali e compaginandoli con il suo in-
flusso salutare in Organizzazioni internazionali.
Negli anni '50 fervono i pellegrinaggi e la devozione mariana, incre-
mentati dall'Anno Santo e dall'Anno Mariano per il Centenario della Defini-
zione del Dogma dell'Immacolata Concezione nel 1954. Il popolo di Dio si
scopre in cammino e il Concilio Vaticano II ne sancisce ufficialmente il
percorso, riscoprendo la teologia veterotestamentaria del Popolo pellegri-
nante. La Costituzione Dorrmatica sulla Chiesa "Lumen gentiim" dispiega il
senso del mistero della Chiesa esprimendolo in tutte le immagini bibliche
riportate dalla Rivelazione divina.
" Cristo è la luce delle genti: questo santo Concilio, adunato nello
Spirito Santo, desidera dunque ardentemente, annunciando il Vangelo ad ogni
creatura (cf. Me 16,15), illuminare tutti gli uomini con la luce del Cristo
che risplende sul volto della Chiesa. E siccome la Chiesa è, in Cristo,
in qualche modo il sacaramento, ossia il segno e lo strumento dell'intima
unione con Dio e dell'unità di tutto il genere imano, continuando il tema
dei precedenti Concili, intende con maggior chiarezza illustrare ai suoi
fedeli e al mondo intero la propria natura e la propria missione universa-
le" (n.1).
• "I credenti in Cristo (Dio) li ha voluti chiamare a formare la santa
Chiesa, la quale, già annunciata in figure sin dal principio del mondo,
mirabilmente preparata nella storia del popolo d'Israele e nell'Antica Al-
leanza, stabilita infine "negli ultimi tempi", è stata manifestata dall'ef-
fusione dello Spirito e avrà glorioso compimento alla fine dei secoli. Al-
lora, infatti, come si legge nei Santi Padri, tutti i giusti, a partire
da Abramo, "dal giusto Abele fino all'ultimo eletto", saranno riuniti pres-
so il Padre nella Chiesa universale" (n.2).
"La Chiesa, ossia il regno di Dio già presente in mistero, per la poten-
za di Dio cresce visibilmente nel mondo. Questo inizio e questa crescita
sono significati dal sangue e dall'acqua che uscirono dal costato aperto
di Gesù crocifisso (cf. Gv 19,34), e sono preannunciati dalle parole del
Signore circa la sua morte in croce: "Ed io, quando sarò levato in alto
da terra, tutti attirerò a me" (Gv 12,32). Ogni volta che il sacrificio
della Croce, col quale Cristo, nostro Agnello pasquale, è stato immolato

5) Oenzinger Schonmetzer, n. 38)3.

7
(cf. 1 Cor 5,7), viene celebrato sull'altare, si rinnova l'opera della no-
stra redenzione. E insieme, col sacramento del pane eucaristico, viene rap-
resentata ed effettuata l'unità dei fedeli, che costituiscono un solo corpo
in Cristo (cf. 1 Cor 10,17). Tutti gli uomini sono chiamati a questa unione
con Cristo, che è la luce del mondo; da lui veniamo, per mezzo suo viviamo,
a lui siamo diretti" (n.3).
A Pentecoste poi venne effuso lo Spirito Santo. "Lo Spirito dimora nel-
la Chiesa e nei cuori dei fedeli come in un tempio" (cf. 1 Cor 3,16; 6,19)
e in essi prega e rende testimonianza della loro condizione di figli di
Dio per adozione (cf. Gal 4,6; Rn 8,15-16 e 26). Egli introduce la Chiesa
nella pienezza della verità (cf. Gv 16,13), la unifica nella comunione e
nel ministero, la provvede e dirige con diversi doni gerarchici e carisma-
tici, la abbellisce dei suoi frutti (cf. Ef 4,11-12; 1 Cor 12,4; Gal 5,22).
Con la forza del Vangelo la fa ringiovanire, continuamente la rinnova e
la conduce alla perfetta unione con lo Sposo. Poiché lo Spirito e la Sposa
dicono al Signore Gesù: "Vieni" (cf. Ap 22,17).
Così la Chiesa universale si presenta come "un popolo che deriva la
sua unità dall'unità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo" (n.4).
Nel periodo post-conciliare va crescendo il senso della Chiesa come
"condivisione", come partecipazione del dono, come edificazione comune (cf.
1 Cor 13,1ss.).
A l vertice del mistero della Chiesa splende di incontaminata bellezza
la Vergine Maria, "Madre della Chiesa".
"La Madre di Gesù, ccme in cielo, in cui è già glorificata nel corpo
e nell'anima,j costituisce l'immagine e l'inizio della Chiesa che dovrà
avere il suo compimento nell'età futura, così sulla terra brilla ora innan-
zi al peregrinante popolo di Dio, quale segno di sicura speranza e di con-
solazione, fino a quando non verrà il giorno del Signore" (cf. 2 Pt 3,10)"
(n.68).
Il testo conciliare sulla Chiesa si conclude con l'invito a rendere
il debito onore alla Vergine Maria 'Madre di Dio e Madre degli uomini".
"Tutti i fedeli effondano insistenti preghiere alla Madre di Dio e Ma-
dre degli uomini, perché dopo aver assistito con le sue preghiere la Chiesa
nascente, anche ora, esaltata in cielo sopra tutti i beati e gli angeli
(Santa Maria degli Angeli!), nella comunione dei santi interceda presso
il Figlio suo, fin tanto che tutte le famiglie dei popoli, sia quelle insi-
gnite del nome cristiano, sia quelle che ancora ignorano il loro Salvatore,
in pace e concordia siano felicemente riunite in un solo popolo di Dio,
a gloria della santissima e indivisibile Trinità" (n.69).

8
3. In comunione di fede e di amore con San Francesco alla
Verna.

Questi pochi accenni all'esperienza della Chiesa e all'opera della teo-


logia, in particolar modo del Magistero solenne del Concilio Vaticano II,
permettono di situare l'esperienza di Chiesa fatta da Francesco e dai suoi
primi compagni, come un momento di rifioritura dell'amore e come alito di
una nuova Pentecoste, avvenuta nel tempo in cui essi vissero e i cui frutti
salutari non cessano di rallegrare i fedeli.
Il tema specifico di queste lezioni riguarda San Francesco e la Chiesa
in quella esperienza originale e affascinante che caratterizza la primave-
ra di vita francescana come autentica vita nella Chiesa.
Avvenne allora quello che in parte abbiamo constatato ai nostri giorni.
Il soffio dello Spirito che anima i fedeli apre uno spiraglio nuovo alla
verità e rivela il mistero nascosto da secoli, facendone dono a tutta la
Chiesa, in virtù della promulgazione universale da parte del Magistero.
I singoli doni diventano così edificazione comune e celebrazione del Regno
di Dio che viene.
Intendo quindi percorrere insieme con voi quel tratto di vita che parte
da San Damiano e giunge a Santa Maria degli Angeli, passando proprio per
questo vertice altissimo del Monte Santo della Verna, che diventa l'Apoca-
lisse dell'Ecclesiologia francescana, ossia la chiave di lettura, nel segno
dell'Agnello immolato e vivente che scioglie tutti i sigilli (cf. Ap5,6ss.),
come un itinerario pasquale, paragonabile al Cavaliere bianco, che percorre
i secoli futuri compiendoli nell'avvento del Regno di Dio, in virtù della
£ parola di vita che annuncia, e della fedeltà del suo ministero di verità,
segnato dalla spada della veracità incorruttibile (cf. Ap 19,11-13). Il
suo nome è "Verbo di Dio", le sue caratteristiche "veracità e fedeltà",
il suo annuncio decisivo come spada fulgente, i suoi occhi ardenti come
fuoco. In questo incandescente incontro con il Risorto si mette in cammino
la Chiesa apostolica e riprende il carrmino ogni vera esperienza ecclesiale.
Cai vigore della testimonianza alla gioia della celebrazione, alla tensio-
ne verso l'unità per realizzare il testamento di Gesù, che tutti siano
"uno" (Gv 17,21). Si tratta di una divina e sorprendente avventura salvifi-
ca. "Mistero è la Chiesa, cioè realtà permeata dalla divina presenza, e
perciò sempre capace di nuove e più profonde esplorazioni" (6).
Intendiamo proprio dedicarci a questa esplorazione del mistero della
Chiesa in San Francesco e nella primitiva esperienza francescana. Si tratta
di un'esperienza che riproduce la vita della Chiesa di quel tempo e ne met-

6) PAOLO VI, Discorso ai Padri Conciliari del 29 settembre 1963; Enchiri-


dion Vaticanum, voi. I, 150.

9
te in luce i vigorosi germi rinnovatori.
L'Autore della Vita di S . Chiara invita anche noi a seguire quegli e-
sempi, per essere in grado di rinnovare anct-s oggi, nella Chiesa, la prima-
vera di una nuova Pentecoste, permettendo allo Spirito Santo di rinnovare
la Chiesa, inccminciando da quel piccolo mondo che è il nostro cuore cre-
dente. "Seguano, dunque, gli uomini, i nuovi seguaci del Verbo Incarnato,
imitino le donne Chiara, impronta della Madre di Dio, nuova guida delle
donne" (7).
Il Celano ricorda il supremo desiderio del Serafico Padre San France-
sco, che i suoi frati fossero concordi e uniti nella Chiesa: "Fu suo desi-
derio costante e vigile premura mantenere tra i figli il vincolo dell'unità
(cf. Ef 4,3), in modo che vivessero concordi nel grembo di una sola madre
quelli che erano attratti dallo stesso spirito e generati dallo stesso Pa-
dre" (8).
Come nota dominante delle lezioni di questi giorni, deve restare la
preghiera che abbiamo cantato all'inizio: "Il Saluto alla Vergine" (9),
che costituisce, per il Serafico Padre,la modalità stessa di approccio al
mistero della Chiesa, nello stupore e nella riconoscenza.
Non è sufficiente una considerazione scientifica pertinente o una logi-
ca ineccepibile, se il cuore non si appassiona e la vita non si illumina
nel mistero di Cristo, della cui adorabile presenza vive la Chiesa. L'in-
telletto fedele è capace di intonarsi nell'inno eucaristico della Chiesa,
a lode della gloria.di Cristo (cf. Ef 1,4-23).
La preghiera del Serafico Padre intendo proporla secondo il testo cri-
tico di P . Kajetan Esser, dal quale si scosta la traduzione delle Fonti
Francescane, ossia "quae es Virgo Ecclesia facta" (10).
La Chiesa è quindi come una sposa che attende il Signore e lo invita
a venire (cf. Ap 22,17.20). Questa prospettiva ci offre l'immagine di Chie-
sa cara al Serafico Padre: un nome e un volto amabilissimi: Santa Maria
degli Angeli. Fu proprio li che nacque l'Ordine dei Frati Minori. Lì è nata
Chiara, la quale, a sua volta, "santa Madre, diede alla luce fratelli e
sorelle (ossia divenne "virgo ecclesia facta"!), e per loro mezzo partorì
Cristo, rinnovando il mondo" (11).
Ora se la Chiesa può essere considerata "la giovinezza del mondo" (12),

7) Leggenda.S. Chiara, Lett. introd.: FF 3153.


8) 2 Cel 191 : FF 777.
9) Sai Vergine : FF 259-260.
10) K. ESSER, Opuscula, p. 300.
11) Specchio di perfezione, 84 : FF 1781.
12) PAOLO VI, "Gaudete in Domino", VI; Enchiridion Vaticanum, voi. V, 1294.

10
si comprende quale vigore provenga da ogni nuova esperienza che lo Spirito
fa sorgere nella Chiesa e, nel nostro caso, dalla vita francescana, che
della Chiesa riflette e rivela l'anima ardente. Per noi, Santa teria degli
Angeli è la Chiesa dell'esperienza francescana.
"Francesco sapeva che il Regno dei cieli si estende ad ogni località
della terra ed era convinto che la grazia divina poteva esser largita agli
eletti di Dio, dovunque; pure aveva sperimentato che il luogo di Santa Iste-
ria della Porziuncola era colmo di ogni grazia più copiosa, ed era frequen-
tato dalla visita degli Spiriti celesti. Per questo era solito dire ai fra-
ti: "Guardate, figli, di non abbandonare mai questo luogo! Se vi cacciano
via da una parte, voi tornateci dall'altra, poiché questo lupgo è santo,
e l'abitazione di Cristo e della Vergine sua Vkdre. Fu qui che, quando noi
eravamo in pochi, l'Altissimo ci ha moltiplicati; qui ha fatto risplendere
l'anima dei suoi poveri con la luce della sua sapienza; qui ha acceso le
nostre volontà con il fuoco del suo amore. Qui, colui che pregherò con cuc^
re devoto, otterrà quanto domanderà; ma le offese saranno punite più seve-
ramente. Per questo, figli, considerate con riverenza e onore questo luogo
così degno, come si addice all'abitazione di Dio singolamente prediletta
da Lui e dalla Madre sua. E qui, con tutto il cuore e con voce di esultanza
e di ringraziamento, glorificate Dio Padre e il Figlio suo, il Signore Gesù
Cristo, nell'unità dello Spirito Santo" (13).
Francesco stesso aveva esperimentato che proprio lodando Dio e cantando
alla Vergine, aveva scoperto il mistero della Chiesa, diventando quel "se-
me" che ancora fa fiorire la speranza e inonda di gioia tutta la Chiesa
# di Dio. Per questo vorrei che diventasse anche il nostro atteggiamento in
questi giorni, come un grande inno alla Chiesa che rinasce in noi, rinno-
vando la giovinezza del mondo.
Vi sono ancora da illustrare le due immagini.
La prima, del P . Giorgio Accione, OFM, raffigura in sintesi tutto l'i-
tinerario ecclesiale di S . Francesco, simboleggiato proprio dalle due chie-
sette di San Damiano e di Santa Maria degli Angeli, nelle quali Francesco
glorificò la Santissira Trinità divenendo araldo di Cristo, nel vigore del-
lo Spirito Santo. La Verna è dentro, misteriosa e possente, nei raggi che
inondano Francesco e richiamano il fulgore ardente del Serafino, che lancia'
nitidamente vedere il Crocifisso giovanneo, che inaugura i cieli nuovi del-
la risurrezione, nella quale anche Francesco venne introdotto proprio in
questo luogo di grazia.
L'immagine rappresenta il Crocifisso di San Damiano (Assisi), che parlò
a S . Francesco, dicendogli: "Va', Francesco, ripara la mia Chiesa, che,

Specchio di perfezione, 83 : FF 1780.

11
come vedi, sta andando in rovina!". Tutto tremante di commozione il giova-
ne rispose: "Lo farò volentieri, Signore!". Questa risposta di innamorato
del Crocifisso permise al giovane Francesco di restaurare la Chiesa, intro-
ducendola nello spirito delle Beatitudini evangeliche. Tutta la sua vita
divenne un Cantico delle Creature, un annuncio di gioia pasquale. Il Croci-
fisso infatti è una, icona, eh© nipnesenta. il messaggio pa.squa.le dell!Eva.nge—

lista Giovanni, per il quale la Croce è la sintesi di tutto il mistero pa-


squale di passione, morte e risurrezione del Signore, ma anche di ascensio-
ne al cielo e di effusione dello Spirito Santo a Pentecoste. La vita di
Francesco diventa così un itinerario pasquale che procede da San Damiano
a Santa Nteria degli Angeli: le due chiesette riprodotte nei riquadri supe-
riori. Il mistero della Chiesa viene raffigurato dalla scena centrale, dove
appaiono la Vergine Maria e Giovanni sotto la Croce, assieme ad altri te-

12
stimoni della Risurrezione, in una nuova Pentecoste.
La vocazione di Francesco risuona così nella Chiesa e diventa una an-
nunciazione di grazia a Santa Maria degli Angeli, la Pentecoste francesca-
na, che raffigura la Vergine fatta Chiesa, immessa nel mistero della San-
tissima Trinità. E' a Santa Maria degli Angeli che Francesco comprese pie-
namente il senso della sua vocazione e rispose: "Questo è ciò che desidero,
questo è ciò che bramo con tutto il cuore!", quando udì il Vangelo del
giorno, che trasformò lui, la Chiesa e il mondo intero, illuminandolo divi-
namente e vivificandolo con la verità del Vangelo, al quale egli intonò
tutta la sua vita. A Santa Maria degli Angeli ricevette in dono i fratelli
e le sorelle Clarisse e volle portare tutti in Paradiso, ottenendo il gran-
de perdono della Porziuncola.
S . Francesco è l'uomo nuovo, mandato dal Crocifisso ad annunciare e
a donare agli uomini la pace e il bene, cane appare nel riquadro inferiore.
La sua presenza- rinnova e rende fratelli gli uomini, nel ncme del Signore.
Il disegno è illuminato dai raggi della luce dello Spirito Santo e viene
dominato dal Crocifisso vivente, che, lasciando il sepolcro vuoto, si diri-
ge verso il Padre celeste nella festa degli Angeli e dei Santi, dando il
senso definitivo alla vocazione di S . Francesco. La vita francescana diven-
ta così un annuncio di gioia pasquale e un messaggio di speranza cristiana,
secondo lo stile, caro a S . Francesco, di squisita bontà e di cortesia,
come si conviene ai figli della grazia, che il Signore continua a chiamare
dal Crocifisso di San Damiano e manda a restaurare la Chiesa, rinnovando
a Santa Maria degli Angeli il miracolo di una nuova Pentecoste.

* La seconda è una suggestiva rappresentazione della Pentecoste di un


Maestro della Westfalia del 1300. E' una singolare esperienza di Chiesa
come eucaristia perenne, nella vivacità espressiva del corpo di Cristo,
che è presente nell'Ostia che raccoglie tutti gli Apostoli, rendendoli
"uno". Se consideriamo il movimento dei raggi che procedono dalle bocche
degli Apostoli uniti alla Vergine Maria, allora la sorpresa diventa armiira-
zione: gli Apostoli perseveranti nella preghiera e nella comunione, di-
ventano un solo corpo e una sola lode di gloria divina, ma anche un solo
Spirito e ciascuno spira lo Spirito generando gli altri nell'unità del
corpo di Cristo. Tutti coloro che diventano uno, che sono "unità", spirano
lo Spirito Santo, diventano una Pentecoste perenne, una sorgente di vita
divina, che zampilla fino alla vita eterna.
In sintesi: tre momenti salienti: un inizio: San Damiano come esperien-
za pasquale. Un procedimento salutare: Santa Maria degli Angeli: intimità
d'amore, fecondità, fraternità. Un compimento: il sacrificio di lode, che
inaugura il giorno beato dell'eternità. Questo non avrà mai più fine. Più
si diventa eucaristia più si è consumati nell'unità, più si spira lo Spiri-

13
to Santo, più si effonde la beatitudine del Regno. Tutto questo si è mira-
bilmente verificato in S . Francesco.
In nessun luogo come sopra questo Monte santo della Verna si può perce-
pire il palpito dell'anima ecclesiale di Francesco 'Uomo cattolico e tutto
apostolico" (14). Egli ha esperimentato il senso del Regno di Dio, perché
qui è stato reso partecipe di una grazia straordinaria, quella della con-
formazione a Cristo anche secondo il corpo non soltanto crocifisso, ma ri-
sorto. Il velo della croce si apre sulla Verna come suprema rivelazione
dell'amore che edifica la Chiesa intera, consacrando quel suo corpo nel-
l'ardore del Serafino crocifisso e rendendolo quindi piena rivelazione del-
la gloria di Dio. Il trasferimento nel Regno di Dio segna il compimento
della Chiesa restaurata dall'amore e trasfigurata dalla gioia della visione
del Signore. E' un coronamento divino dell'opera della salvezza e quindi
un luminoso segno di speranza lungo il cammino della Chiesa che percorre

14) Antifona che anche oggi si canta nella festa del Santo.

14
i secoli per compierne il mistero di grazia, introducendoli nel Regno di
Dio.
Vorrei che questi nostri incontri di preghiera e di studio avessero
le caratteristiche dei pellegrinaggi pasquali di Gesù Cristo che raccoglie
la Chiesa e la edifica vivificandola con il suo Santo Spirito. Quegli in-
contri sono fatti di poche parole e di molta grazia, nella gioia indicibile
della visione del Signore. Solo un particolare vorrei ancora mettere in
luce: il Signore apparve "sotto altro aspetto" (Me 16,11). Anche oggi egli
appare velato e il velo misterioso della sua presenza è proprio il suo cor-
po, la Chiesa, che ha iniziato il cammino proprio quando Lui le ha permesso
di "entrare nel santuario per mezzo del sangue di Gesù, per questa via nuo-
va e vivente che egli ha inaugurato per noi attraverso il velo, cioè la
sua carne" (Eb 10,20). Non fermiamoci all'apparenza, cerchiamo di penetrare
la verità che è sempre solo quel bellissimo volto di Gesù Cristo che è la
beatitudine di tutti gli eletti.
Mettiamoci in cammino insieme, concordi e unanimi nella lode divina
e nell'appassionata ricerca teologica, perché siamo in grado di "rispondere
a chiunque ci demandi ragione della nostra speranza" (1Pt 3,15). E faccia-
molo con quella serena gioia francescana che comprende il mistero dei se-
gni, dando voce all' amore di Francesco e di Chiara, che intonano con noi,
oggi, la stupenda sinfonia della Chiesa, rendendoci raggianti nella "siner-
gia della verità" (3Gv v.8) che restaura la Chiesa rivelandola nella bel-
lezza della gloria divina.
Francesco ci ha preceduti su questa montagna della visione di Dio, per-
^ correndo avanti a noi i sentieri aspri delle ascensioni del cuore, "per
incoraggiare come aquila i suoi piccoli al volo" (Dt 32,11)"(15).
Vorrei proprio che dal cielo ci benedicesse, come benedisse, ripieno
di gioia, quei frati che vivono umilmente e fedelmente come quelli del "po-
vero eremo" in Spagna: "Francesco non stava in sé dalla gioia, inebriato
com'era dal profuno dei suoi figli. Subito si mise a lodare il Signore e,
come se il sentire parlare bene dei frati fosse l'unica sua gloria, esclamò
dal più profondo del cuore: "Ti ringrazio, Signore, (cf. Le. 18,11), che
santifichi e guidi i poveri, perché mi hai riempito di gioia con queste
notizie! Benedici, ti prego, con la più ampia benedizione e santifica con
una grazia particolare tutti quelli che rendono odorosa di buoni esempi
la loro professione religiosa!" (16).
Mi piace ricordare che fin dagli inizi dell'Ordine l'esempio edificante
dei Frati fosse un richiamo efficacissimo per tutti i fedeli, che, intonan-

15) 2 Cel 173 : FF 759.


16) 2 Cel 178 : FF 764.

15
dosi alla loro liturgia di lode, si convertivano a Dio. Si tratta dell'ere-
mo di Greccio.
"Stimolati dall'esempio e dalla predicazione sua e dei suoi frati e
ispirati dalla grazia del Signore, molti abitanti del paese entrarono nel-
l'Ordine. Anche numerose donne vivevano in verginità, restando a casa pro-
pria e indossando un abito religioso. Pur dimorando in famiglia, esse con-
ducevano vita comunitaria, coltivando la virtù e affliggendo il corpo con
digiuni e orazioni. Alla gente e ai frati esse apparivano, benché giovani
e semplici, non come persone dimoranti nel mondo e a contatto con i fami-
liari, bensì come viventi in comunità di religiose sante e dedite al servi-
zio del Signore da lunghi anni. A proposito degli uomini e delle donne di
Greccio, Francesco soleva dire tutto felice ai frati: "Non esiste una gran-
de città dove si sismo convertite al Signore tante persone quante ne ha
Greccio, un paese così piccolo".
E sovente, quando alla sera i frati di quell'eremo cantavano le lodi
del Signore - ciò che a quei tempi i frati solevano fare in molti luoghi
- , gli abitanti del paese, piccoli e grandi, uscivano dalle case, si riuni-
vano sulla strada davanti al villaggio, e ad alta voce rispondevano, a mo'
di ritornello, al canto dei religiosi: "Lodato sia il Signore Dio!". Perfi-
no i bambini, che non sapevano ancora ben parlare, al vedere i frati loda-
vano il Signore come potevano" (17). La Chiesa non è un'idea, ma un'espe-
rienza d'amore. La semplice vita dei frati diventava edificazione della
Chiesa. Qualcosa di molto simile avviene qui con la "Processione alle Stim-
mate", tutti i giorni.

4. Rassegna bibliografica.

Prima di iniziare lo studio dei temi riguardanti la Chiesa in S . Fran-


cesco e nella primitiva esperienza francescana, intendo proporre qualche
studio che può servire anche in seguito per l'approfondimento personale.

Nel clima di rinnovamento della Chiesa in Germania, che è passato alla


storia come 'Movimento dei giovani" (Jugendbewegung) appare un libro pro-
prio sulla teologia della Chiesa nella esperienza francescana.
E . BENZ, Ecclesia spiritualis. L'idea di Chiesa e la teologia della
storia della riforma francescana (1934.) E' uno studio approfondito e dili-
gente, dedicato "Alla Chiesa che sta venendo, che è in arrivo". Per il Benz
l'opera di Francesco "è una santa operazione dello Spirito", una rifioritu-
ra della Chiesa, mediante la "riforma francescana". Non che Francesco in-
tenda riformare la Chiesa, ma riformando se stesso e i suoi frati diventa
fermento evangelico e impulso vigoroso di rinnovamento di tutta la Chiesa.

17) Leggenda Perugina 34 : FF 1581.

16
Secondo lo studioso tedesco la forma di vita di Francesco diventa un'espe-
rienza "nuova" nella Chiesa e può essere designata come "riforma francesca-
na" della Chiesa. Poiché ogni dono dello Spirito è affidato al singolo,
ma per la edificazione comune, ogni cristiano contribuisce alla edificazio-
ne di tutta la Chiesa secondo il dono ricevuto e nella misura in cui lo
sviluppa fino alla, partecipazione dei frutti dello Spirito (cf. Gal 5,22).
Il titolo "Chiesa spirituale" intende indicare appunto il rinnovamento nel-
lo Spirito, come promozione della vita spirituale nella Chiesa.
L'A. ha ripreso in un articolo "Francesco d'Assisi e il nostro terrpo"
uscito in Germania nel 1977 , la sua analisi dell'esperienza cattolica di
S . Francesco, accentuandone l'impulso unificatore e il vigore apostolico.

K. ESSER, Sancta Mater Ecclesia Romana. La pietà ecclesiale di S .


Francesco d'Assisi (1961), trad. ital.: Temi spirituali (Presenza di San
Francesco n. 11) Milano 1981, 139-188.
Lo studio rimane fondamentale per l'atteggiamento di devozione che ri-
specchia l'anima ecclesiale di San Francesco e ne ripropone il messaggio.
Partendo dalla presenza sacramentale della Chiesa come "santa Madre" che
comunica ai suoi figli la vita spirituale, il P . Esser vede la "fraterni-
tas" come immagine della Chiesa.
Il senso della vita dei frati è quindi quello di "seguire le orme au-
guste della Santa Madre Chiesa Romana", sempre sudditi e soggetti, con ri-
verenza ed amore, ne assimilano la forma di vita.
La missione dei frati è quella di essere '\nandati in aiuto alla Chiesa"
e quindi di vivere per la Chiesa, con sincera devozione, annunciandone il
messaggio di salvezza.
In tal modo i frati diventano "luce e specchio per tutta la Chiesa",
e concorrono al suo rinnovamento in virtù del loro "sentire cim Ecclesia".
La loro presenza di figli devoti e riconoscenti è già un dono vivifi-
cante per tutti. Il fascino dell'esempio diventa annuncio radioso della
speranza cristiana, che continuamente fiorisce nel cuore della santa Madre
Chiesa. L'Ordine è donato alla Chiesa, "perché la grazia, ancor più abbon-
dante ad opera di un maggior numero, moltiplichi l'inno di lode alla gloria
di Dio" (2 Cor 4,15).
Il P . Esser afferma, con l'autorità che tutti gli riconoscono, che "una
esplorazione imparziale del materiale disponibile rende subito esplicito
che la tesi di un conflitto tra Francesco e la Chiesa Romana non dispone
di nessun appoggio negli scritti del Santo e nerrmeno nelle biografie di
lui del sec. XIII" (p. 142).
"Francesco non si limita a pregare con la Chiesa, ha anche una incondi-
zionata fiducia nella comunità di preghiera, in cui tutti i membri della

17
Chiesa si aiutano. La sua descrizione di questa fiducia risuona quasi come
un inno: "Inoltre a tutti coloro, i quali nel seno della santa Chiesa cat-
tolica apostolica vogliono servire il Signore Iddio, a tutti gli Ordini
ecclesiastici, Sacerdoti, Diaconi, Suddiaconi, Accoliti, Esorcisti, Letto-
ri, Ostiari, e Chierici tutti, a tutti i Religiosi e le Religiose, a tutti
i fanciulli e bambini, poveri e ricchi, re e principi, operai, agricoltori,
servi e padroni, a tutte le vergini, vedove e maritate, ai laici, maschi
e fermine, a tutti gli infanti, adolescenti, giovani e vecchi, sani ed in-
fermi, a tutti i piccoli e grandi, a tutti i popoli, genti, tribù e lingue,
a tutte le nazioni e a tutti gli uomini di ogni parte della terra, che sono
e saranno, noi tutti frati minori, servi inutili, rivolgiamo l'unile ed
insistente preghiera di perseverare tutti nella vera fede e nella peniten-
za, che diversamente nessuno può salvarsi" (RecfM3 c.23). Il Santo conosce
dunque la Chiesa cattolica, che riunisce tutti gli uomini. Aspetta il suo
aiuto e lo chiede per sé e per i suoi frati, quando si tratta di realizzare
i fondamenti della sua vita, la vita nella penitenza evangelica. Egli e
i frati, "servi inutili", non vantano alcun diritto o pretesa su questo
aiuto dell'intera Chiesa, tuttavia egli prega con grande umiltà e in modo
pressante, perche sa che a questo e legata la salvezza. In queste semplici
ma penetranti parole la pietà ecclesiale di S . Francesco si manifesta nella
sua struttura fondamentale. Quanto si è detto per il centro della vita del-
l'Ordine, vale anche per tutti gli altri campi della vita" (pp.164-165).

P . Kajetan Esser aveva già scritto su S . Chiara, presentandola come


"inmagine e specchio della Santa Chiesa", poiché, come afferma il Serafico
Padre nella 'Forma di Vita', "per divina ispirazione, vi siete fatte figlie
e ancelle dell'altissimo sanno Re, il Padre celeste, e vi siete sposate
allo Spirito Santo scegliendo di vivere secondo la perfezione del Santo
Vangelo".
K . E S S E R , S . Chiara d'Assisi, inmagine e specchio della Santa Chiesa
(1953) apparso ora in traduzione italiana e pubblicato nello stesso voltine,
indicato sopra, Temi spirituali, 211-230.
L'A. afferma che 'Chiara ha sempre considerato la sua forma di vita
come contributo alla edificazione di questa santa Chiesa". E' persuasa di
essere chiamata da Dio con le sue Suore a vivere una vita cristiana inte-
grale, per "risplendere come specchio ed eserrpio a tutti quanti dimorano
nel mondo" (Testamento di S . Chiara)",(p.216).
"Cresta vita è "esempio e specchio", ma è anche molto di più. Chiara
è penetrata profondamente nel mistero della vita intima della Chiesa; essa
sa esattamente che un membro della Chiesa può supplire con la sua vita alle
deficienze di un altro. Lo sperimenta, essa, stessa.» lo riconosce con gioia.

18
e gratitudine, rivolgendosi alla sua grande figlia, la beata /Agnese di Pra-
ga: "Le liete nuove del tuo benessere, del tuo stato felice e dei tuoi pro-
speri progressi nella corsa che tu hai intrapresa per la conquista del ce-
leste palio, mi riempiono di tanta gioia; e tanto più respiro d'esultanza
nel Signore, perché so e ritengo che tu supplisci magnificamente alle im-
perfezioni che sono in me e nelle altre Suore nella nostra imitazione degli
esempi di Gesù Cristo povero ed umile"(3LAgn)".
Se questa legge di mutua compensazione vale all'interno di una Comunità
di Suore, tanto più vale per i Cristiani "che vivono nel mondo", e che con
la vita della grazia sono pure chiamati a "seguire le orme di Cristo" (cf.
1Pt 1,21). Le loro frequenti mancanze esigono che nella Chiesa vi siano
uomini pronti a compensare le loro omissioni. Questa coscienza conduce
Chiara al mistero più profondo della vita religiosa. E scrive ad Agnese
di Praga: "E, per valermi delle parole del medesimo Apostolo, ti stimo come
coadiutrice di Dio stesso e sostegno delle membra deboli e vacillanti del
suo ineffabile corpo" (ivi). E' intimamente persuasa del legame vivente
di tutti i membri del Corpo di Cristo, la Chiesa; e sa anche che la vita
cristiana di un membro è aiuto e sostegno per gli altri. La vita delle Suo-
re, nel completo nascondimento, è fonte di benedizione per la vita intima
della Chiesa. Ma per Chiara le religiose hanno un ruolo ancora più impor-
tante, e lo esprime chiamandole "coadiutrici di Dio". Già S . Paolo, nel
suo impegno apostolico, si considera "collaboratore di Dio" (cf. 1Cor 3,9).
E Chiara, valendosi "delle parole del medesimo Apostolo", indica alle Suore
lo stesso compito: collaborare con Cristo all'opera della salvezza, nella
Chiesa. La loro vita, la loro preghiera e il loro sacrificio affluiscono
» nell'opera salvifica di Cristo, completandola (cf. Col 1,24). Forse davanti
ai suoi occhi c'era l'immagine del primo Adamo, a fianco del quale Dio pose
un aiuto (cf. Gen 2,18). Così a fianco del "nuovo Adamo" (cf.-1Cor 15,45b),
Cristo, collabora la Chiesa, e in essa tutte le sue membra vive.
Ecco su quali basi si fonda la mistica cristocentrica di S . Chiara,
che non ha niente in comune con l'individualistica autosufficienza, rra ren-
de presente, vivificante, attuale il rapporto nuziale di Cristo con la sua
Chiesa. Proprio per la verginità che la rende sposa di Cristo, la religiosa
diviene, nella Chiesa, coadiutrice di Cristo nella sua opera salvifica,
e "sostegno delle membra deboli e vacillanti del suo ineffabile Corpo".
Per Chiara tutta la vita cristiana delle Suore è vita ecclesiale. La Santa
non tende semplicemente alla perfezione del cristiano per la gloria di Dio;
ma sa che Dio l'ha chiamata con le sue Suore a condurre nella Chiesa una
vita pienamente cristiana: "...questo suo piccolo gregge, che l'altissimo
Padre... generò nella sua santa Chiesa" (Testamento di Chiara). Per questa
vocazione, che è dono di Dio, innalza un'incessante azione di grazie, e
con tale ringraziamento inizia pure il suo Testamento: "Tra gli altri bene-
fici, che abbiamo ricevuto ed ogni giorno riceviamo (=la vita come dono!)
e per i quali soprattutto dobbiamo rendere a Lui glorioso vive azioni di
grazie (=la vita come riconoscenza!), inestimabile è quello della nostra
vocazione. E quanto più essa è grande e perfetta, tanto maggiormente siamo
a Lui obbligate" (pp.217-219).
"Perciò il Papa (Alessandro IV nella Bolla di canonizzazione) può chia-
rore Chiara "la nuova donna", "che aprì il fonte nuovo di acqua vitale a
ristoro e beneficio delle anime, il quale, derivato per vari ruscelli nel
territorio della Chiesa, prosperò il vivaio della religione" (p.224).
"Chiara testimonia luminosamente che il vero amore tra gli uomini è
un riflesso di quell'amore soprannaturale che ha la sua origine in Dio.
Fino a tanto che nella Chiesa arde il fuoco di un tale amore, che rende
l'uomo una "fiamma viva di carità" (Bolla di Canonizz.), la Chiesa è illi>-
minata dallo "eccelso candelabro di santità che rifulge nel tabernacolo
del Signore, sì che attratte da tale splendore, molte accorsero e accorrono
ancora per accendere a quel lume le loro lampade" (ivi)"(p.227).

K. ESSER, Evangelii Jesu Christi mysterium implere, in: Wissenschaft


und Weisheit (1978) è l'ultimo messaggio del benemerito Padre, nel quale
egli dimostra come la vita comune dei frati, la vita fraterna, non sia un
impulso iniziale di un movimento evangelico, ma un compimento ecclesiale
della forma di vita apostolica rinnovata dal Serafico Padre Francesco.

J . L O R T Z I N G , Francesco d'Assisi come riformatore, in: Wissenschaft


und Weisheit (1942), nel quale l'A. afferma, con il vigore di un testamento
spirituale (l'articolo è apparso postumo), che Francesco ha intensamente
amato la Chiesa e, proprio in virtù del suo grande amore, potè contribuire
a rinnovarne il volto di Vergine Madre e Regina.

Per il Centenario di S . Francesco, 1'Antonianum ha pubblicato un intero


volume su San Francesco e la Chiesa, a.57 (1982). C*è da ricordare il di-
scorso del Santo Padre Giovanni Paolo II 'Nella sollecitudine quotidiana
per tutte le Chiese", tenuto durante la vìsita all'Antonianun il 16 gennaio
1982, nel quale tra l'altro dice: "Io vorrei che l'Ordine dei Frati Minori,
in particolare modo mediante questo suo Ateneo, contribuisse a colmare que-
sto bisogno di speranza con l'apporto originario che a S . Francesco s'ispi-
ra. Io confido che ogni sforzo sia fatto, affinché, con la multiforme atti-
vità propria ad una Istituzione accademica, essa possa e sappia, nella so-
cietà odierna, allargare gli spazi ai valori contenuti nel Vangelo, i soli
capaci di generare ed alimentare non illusorie speranze... E' infatti da
ricordare che Pio XI, ricevendo in udienza i membri dell'Antonianun il 15

20
dicembre 1933, disse: "Tra i frutti più eccellenti e salutari della Reden-
zione ci piace annoverare l'inaugurazione del vostro Ateneo" (Acta O.F.M.,
53 (1934) p.73). Un dono di Dio, dunque, che crea in chi lo ha ricevuto
un obbligo permanente alla corrispondenza, nella linea dello stesso dono:
un obbligo quindi a mettersi al servizio dell'opera della salvezza ccmpiuta
da Cristo Redentore".
Parlando di S . Francesco, il Papa dice: "Molti sono i motivi per i quali
ha esercitato, ed esercita ancora, un fascino tanto rilevante nella Chiesa,
e anche al di fuori di essa: la visione ottimistica di tutto il creato,
come epifania di Dio e patria di Cristo, da lui celebrato nel notissimi
"Cantico delle Creature"; la scelta della povertà, cane espressione della
sua intera vita e da lui chiamata Madonna, l'appellativo dato dai cavalieri
alle dame e dai cristiani alla Madre di Dio.

Ma a sostegno di tutto stava una virtù teologale integralmente pratica-


ta, che egli raramente chiama per nome, perché diventa il suo stato d'ani-
m o
' che lo fa concentrare tutto in Dio, che tutto gli fa aspettare da Lui,
che lo rende felice di non possedere altro che Lui. Con accenni appassiona-
ti egli esprime questo suo stato d'animo nella "Chartula" data a Frate Leo-
ne sul monte della Verna: 'Tu sei il bene, ogni bene, il s o m e bene, Signo-
re Dio, vivo e vero... Ju sei la nostra speranza" (p.7).

Da segnalare gli studi di:

- M . C O N T I , La parola di Dio "Spirito e Vita" negli Scritti di San Fran-


cesco, pp. 16-59;
- T h . M A T U R A , L'Eglise dans les écrists de Francois d'Assise, pp.94-112;
- A . B O N I , L'obbedienza ecclesiale di S . Francesco al Papa e ai Vescovi,
pp. 113-155; ~ ~~ ~~ '
- C . D E L Z O T T O , L'esperienza dello Spirito Santo nella vita della Chie-
sa secondo San Francesco d'Assisi, pp. 156-207;
- A . R E C I O V E G A N Z O N E S , S . Francisco en el sueno de Innocencio III.
pp.259-285. Questo studio sulla rappresentazione del mosaico del fronto-
ne della Chiesa di Aracoeli, rivela S . Francesco che si protende con
tutta la forza e il peso del suo corpo per sostenere il Laterano che sta
tutto rotolando a terra.

0 . V A N A S S E L D O N K , 'Maria Sposa dello Spirito Santo", in: L'Espe-


rienza di Dio in Francesco d'Assisi, a cura di E . Covi. Rana. Ed. Laurerv-
tianim 1982, 414-^23.

1 . P Y F F E R O E N , "Ave Dei Genetrix Maria, quae es Virgo Ecclesia facta",


in: Laurentianum, 12 (1971) 412-434.

Nei volimi pure dell'Antonianum sulle Fonti Francescane, c'è da segna-

21
lare: nel voline del 1979 M. MACCARONE, S . Francesco e la Chiesa di
Innocenzo III, come presentazione storica eccellente e lo studio di P . A.
S O U S A C O S T A , La dottrina ecclesiale, della vita religiosa e il suo in-
flusso sulla "Forma vitae" di San Francesco. E tutto il volume 5 del 1983
sulla Fraternità, dove si trova pure il mio studio: "La dimensione evange-
lica e la funzione ecclesiale della fraternità francescana alla luce del
Vaticano II", pp. 15-68.

E . I S E R L O H , Carisma e Istituzione nella vita della Chiesa, presenta-


ti in Francesco d'Assisi e nei movimenti pauperistici del suo tempo (1977),
pubblicato pure in Germania. L'A. presenta il rapporto di S . Francesco con
la Chiesa come un tipico esempio di collaborazione armonica e feconda.

0. SCHMUCKI, "Francesco fa l'esperienza di Chiesa nella sua Frater-


nità". in: Franziskanische Studien (1976), pure in lingua tedesca. E' un'a-
nalisi molto approfondita del rapporto tra fraternità e Chiesa.

A A . V V . , Quaderni di Spiritualità Francescana: 7 . La Chiesa nella Spi-


ritualità francescana, Santa Maria degli Angeli 1964, specialmente lo stu-
dio di P . A . G H I N A T O , "San Francesco nella Chiesa e per la Chiesa",
22-42.

K . S E L G E , Francesco d'Assisi e la Curia romana, in Zeitschrift fur


Theologie und Kirche, 67 (1970) 129-161.

Per una panoramica di tutti gli aspetti della vita spirituale di S .


Francesco e della prima esperienza francescana, è prezioso il voltine di
Padre A . M A T A N I C , Francesco d'Assisi: fattori causali della sua spiritua-
1:Lt
à (PubbJ. Istituto Apostolico dell'Antonianun, 10), Ed. Antonianun Rema
1984.

C . T E K L A K , La Chiesa nella vita e negli Scritti di San Francesco


d'Assisi, in Vita Minorum (1982).

T . S Z A B O , Chiesa in Dizionario Francescano, (1983). Una eccellente


sintesi della dottrina sulla Chiesa.

E' soltanto un breve accenno degli studi utilizzati in queste lezioni.


Concludo indicando pure il mio studio, che apparirà in Analecta Missionalia
(1985), Francesco d'Assisi riformatore all'interno della Chiesa Cattolica.

22
5
- Amore alla Chiesa: speranza del mondo.

Ancora una parola sull'attualità del a s s a g g i o di S . Francesco, come


risulta dai numerosi libri pubblicati per il Centenario della nascita. In
uno dei più suggestivi, quello di J . G R E E N , Frate Francesco (1983) tro-
viamo questa testimonianza: "In certi momenti della storia sembra che il
destino sia esitante tra la felicità e la sventura, come se attendesse la
venuta di qualcuno; ma di consueto non giunge nessuno. Verso la fine del
secolo XII apparve tuttavia un fanciullo che riuscì quasi a far trionfare
l'ideale". Per lui, Francesco te trovato l'eternità, alla luce del Vangelo
dando senso definitivo alla sua vita; a tal punto che l'A. stesso si lasciò
incantare dal suo fascino ed entra nella Chiesa cattolica. "Divenni pazzo
d'amore per quel mondo meraviglioso. Anch'io dovevo diventare come Fran-
cesco d'Assisi... Quando il mio direttore, incaricato della mia istruzione
religiosa, mi demandò che nome avessi scelto per il mio battesimo, subito
gli risposi: S . Francesco d'Assisi!... Che folli pensieri turbinavano nella
mia testa ignorante! Essere cane Francesco d'Assisi, quale gloria- In un
impeto di irresistibile amore fui ancor più categorico: Voglio essere San
Francesco d'Assisi!".
Certo è necessario un grande amore alla Chiesa per comprendere San
Francesco. La sua vita è il mistero di.una appassionata avventura di arore
per Gesù Cristo e per la Chiesa."Solo l'amore comprende il mistero del Re-
gno di Dio. Si racconta che durante un Congresso a Venezia venisse chiesto
a l
• teologo Karl Rahner perché si notasse una diminuzione dell'amore alla
Chiesa e alla Vergine Maria. Il grande teologo gesuita rispose: 'Troppi
cristiani, di qualunque confessione essi siano, tendono a fare del cristia-
nesimo una ideologia, un'astrazione, e le astrazioni ideologiche non hanno
bisogno di una madre. Noi invece sappiamo che debbiane tornare da nostra
Madre, dalla Vergine Madre Maria e dalla santa l^dre Chiesa" (18).
E' illuminante l'affermazione di Rahner. I mali rraderni sono legati
alla nostra incomprensione e la loro soluzione dipende dalla nostra capaci-
tà di amare. Se non riconosciamo la Chiesa come radre, siamo senza fami-
glia, senza focolare e ci sentiamo infelici. Francesco ha scoperto la Chie-
sa e l'ha amata, divenendo un uomo felice e compiuto nella sua vocazione
cristiana. Ha ritrovato in essa il senso della sua vita, ha trovato l'opera
e lo stile cortese di vero figlio della grazia.
Un esempio in merito. Una giovane convertita russa: Tatiana Goritsche-
ve. Nel suo libro, apparso in edizione tedesca, "Credere in Dio è pericolo-
so", essa ricorda come la preghiera della Chiesa sia stata il misterioso
tramite della sua improvvisa conversione. Professoressa di filosofia, atea

18) H. DE LUBAC, L'Eglise et les Eqlises (19.70). Appendice.

23
per educazione, essa scopre Dio, leggendo in un libro il "Pater noster".
Ora è in esilio e vive a Parigi. L'anno scorso (1983) scoprì, dopo una con-
ferenza a Linz (Austria), il segreto della grazia di cui era stata resa
partecipe. Lha Suora anziana le si avvicinò, chiedendole di parlarle. Le
sussurrò all'orecchio: "Ringrazio il Signore, perché questa sera mi ha dato
un segno. Sono 40 anni che prego per la conversione della Russia...". La
convertita russa conclude il libro così: "Allora compresi che la mia im-
provvisa conversione non era soltanto frutto del sacrificio dei martiri
russi, ma delle preghiere di quanti hanno accolto l'invito della Madonna
di Fatima di pregare affinché la santa Russia ritorni a diventare la dimora
della Santissima Madre di Dio".
Il rinnovamento della Chiesa passa oggi per il nostro cuore, ccme un
tempo per il cuore di Francesco e di Chiara, figli devoti della Santa Madre
Chiesa. Soltanto l'amore è creativo, allora come oggi.
Il Testamento di Siena del Serafico Padre ci accompagni e segni il rit-
mo del nostro cammino spirituale. E' la quint'essenza del suo messaggio
e la sua benedizione per tutti i frati dell'Ordine che furono sono e saran-
no fino alla fine del mondo, il testamento dell'amicizia.
"Scrivi il modo in cui benedico tutti i miei frati che sono ora nel-
l'Ordine e che vi entreranno fino alla fine del mondo. E siccome per la
mia debolezza e per la sofferenza della malattia non posso parlare, in tre
parole mostrerò brevemente la mia volontà e la mia intenzione a tutti i
frati presenti e futuri.
Cioè: in ossequio alla mia memoria, alla benedizione e al testamento,
1. sempre si amino tra loro ccme io li ho amati e li amo;
2. sempre amino e osservino nostra signora la santa povertà;
3
- e sempre siano fedeli sudditi dei prelati e chierici della santa Madre
Chiesa" (19).
S . Francesco scopre nella Chiesa l'ordine dell'amore. Il messaggio è
talmente importante che neppure gli eremiti possono fare l'esperienza di
Dio da soli. Anch'essi, secondo la norma proposta loro da S . Francesco,
hanno la gioia e la grazia di potersi esercitare ogni giorno nell'amore
'Vnaterno" (che dona la vita! ) e "filiale" (che si accoglie cane dono e si
ringrazia!) per raggiungere la perfezione della Chiesa e viverne piènamente
il mistero di salvezza (20).

19) Testamento di Siena 1-4 : FF 132-135.


20) CompFrEr 1-13 : FF 136-138.

24
XI Lezione.

DIMENSIONE ECCLESIALE DELL'ESPERIENZA FRANCESCANA

1. Papa Onorio III, S. Bonaventura e Frate Alessandro da


Brema.

2. L a c a t e c h e s i p a s q u a l e d e l S a n t o : "Il S i g n o r e t i d i a pace!".

3. Rivelazione del mistero della Chiesa in S . Chiara.

4. Aspetto ecclesiale della vita fraterna.

* * *

Fin dagli inizi dell'Ordine venne messa in luce la dimensione ecclesio-


logica dell'esperienza francescana. Così anche la nostra ricerca rientra
in quel filone di storia dei dogmi che arricchisce la teologia e alimenta
la vita della Chiesa.

1
• Papa Onorio III, S. Bonaventura e Frate Alessandro da
Brema.

L'esperienza di S . Francesco e dei suoi primi frati manifesta evidente-


mente la forma di vita della Chiesa apostolica, a tal punto che il Dottore
Serafico ne fa il motivo della sua scelta di diventare frate minore.
" Ti confesso davanti a Dio che questo è ciò che mi ha fatto sommamente
amare la vita del beato Francesco, poiché è simile all'inizio e alla perfe-
zione della Chiesa, la quale dapprima incominciò da semplici pescatori e
poi progredì fino ai dottori illustrissimi e peritissimi; così riscontrerai
nella religione del beato Francesco, di modo che Dio dimostra che essa non
fu istituita dalla prudenza degli uomini, ma da Cristo; e poiché le opere
di Cristo non vengono mai meno, ma progrediscono sempre, si dimostra all'e-
videnza che quest'opera fu un'opera divina" (1).
La somiglianza della forma di vita francescana con quella mirabile for-
ma di vita inaugurata sulla terra dal Figlio di Dio, non è semplicemente
allusiva, ma pienamente espressiva, sì da diventarne segno visibile e fa-
scino di edificazione personale e ccmunitaria.

1) S. BONAVENTURA, Opusculum XIII: Epistola de tribus quaestionibus, n.13;


Vili,336a.

25
Nota in merito il Congar: 'Non esiste, non può esistere organizzazione
che traduca adeguatamente il Vangelo. Non può esserci programma che sia
definito una volta per tutte: il pensiero sarebbe indotto a credere che
l'Assoluto possa essere formulato adeguatamente sul piano del relativo e
nel linguaggio del relativo. Ma per quanto riguarda questo Assoluto del
Vangelo, noi non possiamo ottenere che risultati parziali, precari: soltan-
to immagini della sua giustizia perfetta...
Fra queste immagini umane la vita di S . Francesco è senza dubbio la più
vicina, la più somigliante. Nei suoi confronti si potrebbe opportunamente
usare l'espressione cosi bella del Padre Allo a proposito di S . Paolo: egli
è stato "il primo dopo l'Uhico"(2).
Se n'erano ben accorti i primi biografi del Santo, i quali non poterono
contenere la loro gioia nel partecipare a tutti la novità della forma di
vita di Francesco che ravvivava nel mondo la primavera della Chiesa. "I
fratelli minori" insieme alle "sorelle minori" erano "tenuti in grande con-
siderazione dal Papa e dai Cardinali"(3).
Tutta la Chiesa esulta per la presenza dei frati minori, perché ricono-
sce in essi una primavera dello Spirito. Basti per tutti la testimonianza
di Tommaso da Celano:
"Simile a un fiume di paradiso (cf. Gen 2,10), il nuovo evangelista
di quest'ultimo tempo ha diffuso con amorosa cura le acque del Vangelo per
il mondo intero, e con le opere ha additato la via e la | vera dottrina del
Figlio di Dio. Così in lui e per suo merito il mondo ritrovò una nuova gio-
vinezza e una insperata esultanza e il virgulto della antica religione ha
subito rinnovato rami, che erano ormai vecchi e decrepiti. Gli eletti furo-
no riempiti di uno spirito nuovo e dell'abbondanza della grazia, quando
questo santo servo di Cristo, come astro celeste, ha irradiato la luce del-
la sua originale forma di vita e dei suoi prodigi. Tramite Francesco si
sono rinnovati gli antichi miracoli, quando nel deserto di questo mondo
è stata piantata una vite feconda, che produce, mediante un modo di vita
nuovo» ma fedele agli antichi, fiori profumati di sante virtù e stende o-
vunque i tralci della santa religione"(4).
La novità è data dalla riscoperta della forma di vita evangelica, se-
condo gli esempi degli Apostoli, i quali condivisero la vita di Gesù e ne
divennero testimoni fedeli. Così afferma il Papa Onorio III nella Bolla
"Curi dilecti" del 18 giugno 1218, raccomandando i frati "ai venerabili fra-
telli arcivescovi e vescovi e ai diletti figli abati, decani, arcidiaconi

2) Y. CONGAR, Le vie del Dio vivo, Morcelliana Brescia 1965, 235.


3) G. DA VITRY, Lettera da Genova del 1216,8 : FF 2205.
4) 1 Cel 89 : FF 475-476.

26
e agli altri prelati delle chiese" (5)

i diletti figli frate F ^ c o e » U u W „ t e . .poiché


e r e g i o n e dei f r a * , « - U n e n t i alla vita
a V e 1 6
hanno l l t o una ^ d i ^ „ T " «"«* « -"do,

Cloe, quando i latori delle presenti >„„


conunità dei predetti frati, riterrLZlTT ' W t ™ t i

^ « « a i - e H i c L s ^ r ^ ttr K s s a r e tra v o i ' u acc<>-


" ». s t r i a t e a loro
<6
I '-.ti stessi avevano la "" >-
C h l e s a e
ne il mistero, tanto che si * . di viver-
» a vedere -

A Parte un certo velato o ^ T v o ^ e ™ ' ^ ^


1 intuizione vera, c h e ogni dono d e l l o .Sp^. o ^ ' aT T ' ^

dell'Eucaristia, M " v a so," Z" Z T J Z T ? * " ™ *


nel mondo intero" (7) t u t t e l e c h l e s
^ ' e che sono
d e l s u o
tutta la C h i e s a ^ ^ ^ " ^ — adorante,
Orbene nel 1242, ossia appena 16 anni dopo la TOrte di SS p
d l
Frate Alessandro da BBr«r« ^ « ' Francesco,
® r e m a c c m P o n e un Corrmento all'Aooca]

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riteniamo il l o r o 0 rd „ . r . n " ^ ^
— rzi;;:;: 1 c ™ : ; ^ 1 — . —
Romana". cattolici e devoti alla Chiesa
7) Test. 6 : FF 111.

27
della Chiesa che scende dal cielo (8).
Basti un saggio per indicarci di quale valore ecclesiale sia la sua
affermazione (Ap 21,10): "L'Angelo mi trasportò in spirito su di un monte
grande e alto (perché non pensare anche a questo monte altissimo della Ver-
na per le rivelazioni di questi giorni?) e mi mostrò la città santa, la
nuova Gerusalemme, che scendeva dal cielo, da Dio, splendente della gloria
di Dio". Per questa città vengono significati (designati) i Frati Minori,
che secondo la storia imitano la vita apostolica, e i Predicatori, che se-
guono l'Apostolo Paolo nella predicazione. Tutti costoro vengono chiamati
Gerusalemme poiché già tendono alla visione dell'eterna pace. Si dice nuo-
vo, perché svestendosi dell'uomo vecchio rivestono quello nuovo, che è
creato secondo Dio. E quindi mentre assumono l'abito spirituale, viene loro
detto che si spoglino dell'uomo vecchio e rivestano quello nuovo" (9).
L'A. è talmente convinto della verità che annuncia, che soggiunge: "Si
deve aggiungere che in tutto il libro dell'Apocalisse avviene raramente
che un testo concordi tanto perfettamente con la storia, come quello che
parla della nuova Gerusalemme".
Vediamo quindi come la prima coscienza ecclesiale dei Frati fosse pro-
prio quella di essere i testimoni dell'ultima rivelazione dell'amore, an-
nunciata da Gesù agli Apostoli, nel Vangelo di Giovanni: "In verità, in
verità vi dico: Vedrete il cielo aperto e gli Angeli di Dio salire e scen-
dere sul Figlio dell'Uomo" (Gv 1,51).
L'A. vede nel "topazio" la preziosità dell'Ordine dei Frati Minori,
"che Francesco fondò, affinché, per felice disposizione, in essi sorgesse
la fabbrica spirituale di tutte le virtù" (10).

2 . La c a t e c h e s i pasquale del Santo: "Il Signore ti dia pace!".

S . Francesco viveva nella Chiesa ed amava immensamente la Chiesa. Per


questo egli si esprime anche nelle modalità tipiche della vita della Chie-
sa. Egli è un pellegrino pasquale che percorre le vie del mondo, facendo
memoria di Gesù Cristo ed adorandone la presenza" in tutte le chiese che
sono nel mondo intero" (11).
L'universo diventa lo spazio in cui si eleva la sua lode al Creatore
e il luogo in cui egli dimora insieme agli uomini suoi fratelli, raccolti

8) A. KLEINHANS, De Commentario in Apocalypsim Fr. Alexandri Bremensis,


O.F.H., (a.1242), in: Antonianum, 2 (1927) 289-334.
9) Ivi, p. 320.
10) Ivi, p. 326; cf. RegB 6,5 : FF 90.
11) Test 6 : FF 111.

28
"nel grembo di un'unica Madre" (12), la santa Madre Chiesa. In modo parti-
colare la liturgia della Chiesa lascia un'impronta profonda nel suo spiri-
to, di modo che quanto egli vive nella Chiesa, diviene per lui rivelazio-
ne. Ascoltando il Vangelo, durante la S . Messa a S . Maria degli Angeli,
percepisce il senso della sua vocazione nella Chiesa e ci si ritrova tutto
come nella sua dimora di luce (13).
Il saluto liturgico del Risorto che appare in mezzo ai suoi Apostoli,
dicendo: "Pace a voi!" (Le 24,36; Gv 20,19-21) e riempiendoli di gioia,
diventa per lui il senso della vita, partecipata come annuncio del Regno
di Dio, quindi piena rivelazione: "Il Signore m i rivelò che dicessi questo
saluto: "Il Signore ti dia pace!" (14).
S . Francesco assimila anche le forme liturgiche e le fa proprie a tal
punto da ritrovarcisi tutt'intero e da condividerne profondamente il senso.
Anche la sua esegesi personale diventa quindi per noi una chiave di lettura
della sua vita. Nell'annuncio di pace del Vangelo di Giovanni è il Signore
che entra nell'assemblea degli Apostoli raccolti nel Cenacolo e partecipa
il dono della pace e il mandato di viverne la beatitudine (cf. M t 5,9) come
testimonianza che essi "sono veri figli di Dio", poiché è nella pace che
nascono, crescono e vengono consumati nella perfezione dell'amore tutti
i figli di Dio. Non è quindi la voce di Francesco che conta, quanto il vi-
gore della Parola di Dio che entra nella storia, determinandola e rendendo-
la Regno di Dio (cf. Ap 19,13), la Parola del Risorto, che diventa presen-
te in chi ne fa memoria. E' Gesù Cristo risorto, glorioso e vivente nei
secoli, che Francesco immette nella comunione dei fratelli, quando fa ri-
suonare quel saluto. Ed è Gesù stesso che li edifica insieme nell'amore
in virtù della sua presenza. Il Serafico Padre ne è semplice Araldo e adem-
pie la sua missione di testimone e annunciatore del Signore. Poiché il Si-
gnore è il tutto della sua vita, diventa anche il senso delle sue parole
e il contenuto del suo messaggio, il vigore del suo annuncio e la perfezio-
ne dell'amore che egli partecipa ai fratelli, salutandoli, nella gioia del
Signore.

12)i 2 Cel 191 : FF 777.


13) LegM 3,1-3 : FF 1051-1054.
14) Test 27 : FF 121. S. Francesco ritenne talmente impegnativa quella
rivelazione del Signore e talmente beatificante il suo adempimento,
eh* ne fece una beatitudine per i suoi frati: "Beati i pacifici perché
saranno chiamati figli di Dio" (Mt 5,9). Sono veri pacifici quelli che
in tutte le cose che sopportano in questo mondo, per amore del Signore
nostro Gesù Cristo, conservano la pace nell'anima e nel corpo"; Am 15,
1-2 : FF 164.

29
E' un'afférrnazione molto semplice, ma piena di luminosa speranza, ful-
gente nella Pasqua del Signore risorto. Il Santo dice che è stato il Signo-
re a rivelargliela e quindi a introdurlo nel senso delle beatitudini di
quanti sono figli di Dio, come operatori di pace (cf. Mt 5,9). Gesù, appa-
rendo, anche mediante la memoria celebrativa di Francesco, edifica l'uomo
nuovo riconciliato, capace di gustare il Regno di Dio in tutte le manife-
stazioni della vita della Chiesa.
Così il Santo fa la prima esperienza di Chiesa, un'esperienza liturgi-
ca, scambiando un saluto che rende presente la gioia degli incontri con
il Risorto e ii vigore della Chiesa nascente. Egli è un uomo nuovo, ricon-
ciliato, senza divisioni, compiuto nella pace di Cristo, felice di essere
figlio di Dio e quindi, salutando, introduce i fratelli nella beatitudine
della vita risorta e li rende operatori di pace.
Ma l'espressione "il Signore mi ha rivelato" lascia intravedere altre
profondità di significato: Egli è entrato nella mia vita come Presenza di
Race, è Lui la mia pace. Il saluto diventa quindi un dono e un testamento
da attuare in sua memoria. Dice anche che il Vangelo è rivelazione piena,
in ogni sua parola, per cui una Parola basta a dare senso a tutta la vita,
a riempire di beatitudine divina ogni esperienza urana. E' il fulgore della
presenza di Cristo, come Primo dei Risorti (cf. Col 1,18; R n 8 , 2 9 ) , "come
Primogenito tra molti fratelli". E' la sua presenza che fonda la comunità
e dà senso definitivo al vivere umano, che entra nella dimensione nuova
della salvezza. Cresta si apre alla dimensione della Chiesa, che è il Regno
di Dio in divenire.
Dimorando nella pace, contenti del Signore, si ravviva quell'incontro
pasquale del quale ci riferisce Giovanni nel suo Vangelo: "Gli Apostoli
furono ripieni d i gioia alla vista del Signore" (Gv 20,20), d i modo che
il ritrovarsi nella Chiesa, alla presenza del Signore, diviene una festa,
l'anticipo della festa del Regno di Dio. E' la Domenica, il giorno che dà
senso alla storia e la trasferisce nella pienezza definitiva del Regno di
Dio. Così Francesco, nella sua semplicità, riscopre, quasi otto secoli pri-
ma del Vaticano II, la vita cristiana come mistero pasquale di Cristo. Egli
entra nella resurrezione e trasforma tutta la sua vita in un grande inno
di riconoscenza e di lode a Gesù Cristo, che, apparendo in mezzo ai suoi,
li edifica nella pace.
La comunità è il luogo in cui si esperimenta il dono della pace. Chi
se ne allontana, chi si allontana dalla Chiesa, non trova il Signore, non
gode il dono della pace. Tommaso diventa simbolo per questa ricerca fatico-
sa della pace, come senso della vita, al di fuori del Cenacolo, in cui sta
fiorendo la Chiesa. Dopo otto giorni egli ritorna e ritrova il Signore e
la pace (cf. Gv 20,24-29), nella comunità dei credenti.

30
P a C e
dell, ^ k ^ F P a n C e S C ° r i m O V a l a 9 Ì O i a d i q - l l a prima ora
della (^xesa ohe sta risorgendo e si avvia per le vie del TOndo c o L t e s t "
- n e dell'amore, generatrice di speranza e operatrice di s a l v e z z a " t ^ t -

U n 6 d e l l a e d i f i i 0
^ T I T T " " " ^ - - - n e in
S Ì i n S t
L In Cr-sto ^ T " " ' ^ ^ — « -col-
ta in Cristo, m una celebrazione ^ s q u a l e , che divenga per Lui cane uuna
n a
dolce canzone d'amore.

5 1
e r i L r ' L ^ r " ^ ^ ^ ^ " " » * > nuovo, rappacificato
1 1 1
ente d r ' p Z ' s ' ^ tristo, allo sguardo inno-
cente di Francesco, che ne contempla la grazia, e si trasfigura egli stes-
so, divenendo raggiante di riconoscenza.
L'invito a celebrare continuamente la ft.squa, "passando per il deserto

F r e s c o e la . T * " " " ^ ^ ^ di pace di


Francesco e la gioia che irraggia dalla sua presenza semplice e t r a s e n t e
n e i r i ^ n e di Gesù Cristo, che, in lui e per la sua TOdiazioTe e " t I
nella Chiesa, edificandola nella pace. U vita del singolo entra cos nella

— — , vivificata da G e s ù l i s t o , che e ^ !
capa il suo Spirito, introducendola nel Regno di Dio

C h Ì e S a G 6 S Ù
za I T J T T ^ ' è P - P ^ o ^ Sua presen-
za con il saluto agli Apostoli nel Cenacolo, congiunto al dono dello Spi
rito Santo, che li edifica nella pace. ^

1 1 f a c c i a
p a c e ^ v i ^ ? ^ ^ ^ ^ ^ ^ catechesi sulla
pace, vista come saluto e dono al popolo di Dio.
d e U a 6 7
di " « Specchio
Perfezione, 26 - che corrispondono - , presentando il "nuovo p ^ I ^ I
Dio", "contento solo di Gesù Cristo A l t i c c i •• • P"Poio a i
oace P i a a n n • , Altissimo e glorioso", che vive nella
Pace e la annuncia al mondo (16). La presenza di Cristo è insieme opera
d amoro e dono della pace, gioia della salvezza ed edificazione c c T n e
rendere presente Cristo, anche nella gioia di ritrovarsi uniti n e T £ L
o c per celebrarne la m e ^ r i a , costituisce il fatto ecclesiale c a ^ r "

^ a n e ^ r 5 0 0 ' * ^ ~ ^ - * C h i e s a ^ i rin-
nova alle origini della sua storia divina ed o d i f i ^ , i ^
uxvxria ea eairica il mondo intero nplla

i r ^ r r s rdei ^ d i * — ~
Alla luce dei Documenti conciliari possiarro misurare l'attualità
sor-

15) :r;:v:t:.ii29- ^ » ^ « n a t a , „ s e r a f i c o

Padre i n w i f , suo, frata a perdonare coati e ad e


P 6
sortare tutti alla p e n i t e n z a . c o n v e r s i o n e ; «atl * - -
16)LegP 67 : FF 1617-1619; Spec 26 : FF 1710-1711.

31
prendente della visione d i S . Francesco, di una Chiesa che celebra il mi-
stero del Regno e si illumina in Cristo, facendone memoria. La Chiesa sco-
pre se stessa nella dimensione d i Cristo e ringiovanisce nell'ascolto
e nell'annuncio della sua parola, nella visione e nella rivelazione del
suo volto. La forza rigenerante dell'amore diventa memoria celebrativa e
partecipazione della vita nuova del Risorto a quanti vengono a Lui attratti
in virtù della fede del suo fedele servo Francesco, araldo di pace e di
perdono.
Il saluto del Serafico Padre è quindi il frutto della sua esperienza
pasquale, del suo incontro con il crocifisso di S . Damiano e della sua pie-
na adesione al compito affidatogli di "restaurare la Chiesa" (17).
E ' per questo,1 che egli educa i suoi fratelli a fare lo stesso e nella
catechesi pasquale ricordata, non solamente scopre il "nuovo popolo di Dio"
(si pensi alla risonanza del Vaticano II!), ma confida a i suoi fratelli,
che lo pregavano d i permettere loro un altro saluto, diverso da quello del-
la pace, "Il Signore m i rivelò che dovessi dire come saluto: 'Il Signore
ti dia pace!' " (18), perché pace e riconciliazione sono i doni che il Si-
gnore partecipa, comunicando il suo Spirito (cf. Gv 20,19-23).
Ecco la novità: i frati sono un popolo d i risorti, che entrano in Cri-
sto, edificando il suo Regno che non avrà fine. Non sono più morenti, ma
risorti, viventi nel fulgore della luce, che vide ascendere il Primo dei
Risorti, nella gioia della visione del Signore, che appare in mezzo agli
Apostoli nel Cenacolo e li edifica in Chiesa del Dio vivente, donando loro
il suo Spirito Santo.
Il loro messaggio è il dono del Risorto a i risorti: la pace. Non più
qualcosa, m a il dono definitivo, la pienezza dei doni, il dono del Risorto
e la sua presenza pacificatrice. Per questo, il Serafico Padre nel suo Te-
stamento ce ne partecipa il dono, dopo averne detto il motivo nella cate-
chesi fatta a i suoi primi fratelli. Egli vuole che essi comprendano che
non si tratta solo di una parola che può venire facilmente mutata, ma d i
un modo d i vivere, quello inaugurato dal Risorto. Si tratta di diventare
nuova creatura e di annunciare, partecipandola a tutti gli uomini, la pace
del Risorto. Il linguaggio nuovo non è più manipolabile, perché nasce dallo

17) 2 Cel 10 : FF 593: "Francesco - gli dice chiamandolo per nome (cf. Is
40,26) - va', ripara la mia casa che, come vedi, è tutta in rovina".
I 3 Comp riportano anche la sua risposta generosa: "Tremante e stupe-
fatto, il giovane rispose: Lo farò volentieri, Signore!", 3 Comp 13:
FF 1411. La "casa" del Signore è evidentemente la Chiesa, non solo
quella fatta di pietre, ma quella fatta di persone.
18) Spec 26: FF 1711; Test 27 : FF 121.

32
Spirito, del quale la pace è un frutto squisito (G&l 5,22). Non si tratta
più di convenienze urtane, ma dell'edificazione del Regno di Dio, secondo
le modalità suggerite dallo Spirito Santo e inaugurate da Gesù Cristo che
ha istituito la Chiesa. Le convenienze umane, sia pure giustificate, riman-
gono nella tensione e nella contrapposizione, che spesso divide, mentre
10 Spirito del Signore unisce i figli del Regno, edificandoli nella pace.
Perche l'amore ha un'immensa capacità creativa; fa nuove tutte le cose.
Da queste considerazioni possiamo quindi concludere che il saluto "Il
Signore ti dia pace" è il dono personale di Francesco a tutti coloro che
11 Padre celeste mette sul suo cammino, affinché li raccolga e li restitui-
sca a Lui, nella Chiesa, edificandoli nella pace, come veri "figli di Dio"
(cf. Mt 5,9), capaci di pacificare, vivendo nella beatitudine evangelica.
Francesco ottenne il dono della pace dal Risorto che dalla Croce di San
Damiano gli aprì le vie della risurrezione e lo mandò ad edificare, pacifi-
cando e riconciliando in Cristo tutti gli uomini, l'universo intero, in
vista della sola pace dell'amore.
Possiamo quindi chiamare il saluto di pace la prira catechesi sulla
Chiesa fatta da Gesù risorto e comunicata agli Apostoli, rra anche al suo
servo Francesco, che dalla sua Croce pasquale, Egli restituì a nuova vita,
introducendolo per la via nuova e vivente, che è la Chiesa. Tale saluto
è un invito a vedere e ad accogliere l'esperienza umana come una divina
avventura di amore, come l'opera della salvezza del mondo che Gesù Cristo
ha iniziato e che continua nella sua Chiesa. Si tratta del punto di vista
divino dell'esperienza umana, dell'apertura della porta nel cielo (Ap 4,1).
Secondo quest'insegnamento di S . Francesco, la Chiesa è il luogo in'cui
si incontra il Signore risorto e si proclama insieme che "Gesù è il Signo-
re" (Fil 2,11). Poiché solo quando si riconosce la presenza del Signore
nella Chiesa, si è capaci di contribuire, nella misura del dono ricevuto,
alla sua edificazione, incominciando dalla gioiosa testimonianza fino alla
memoria celebrativa e alla partecipazione del dono della sua pace. Non d<^
vrerrmo accontentarci di proclamare la pace. Da veri figli e figlie di S .
Francesco abbiamo la gioia di donare la pace, edificando la Chiesa con la
nostra presenza di risorti, che hanno visto il Signore. Così fece lo stesso
Serafico Padre, ordinando a Frate Silvestro di scacciare i derroni da Arez-
zo, per edificare quei cittadini nella pace di Cristo, riconciliandoli tra
di loro (19).

Non basta donare solo la propria buona volontà, bisogna partecipare


Gesù Cristo, non più morente ma risorto, che dona la sua pace.

19) Così ad esempio, quando S. Francesco -chiamò frate Silvestro, uomo di


Dio e di ragguardevole semplicità, e gli comandò: "Va- alla porta del-

33
3. Rivelazione del mistero della Chiesa in S . Chiara.

E' sorprendente ccme nella vita di S . Chiara appaia luminoso il mistero


della Chiesa, ossia come la sua vita acquisti le dimensioni della "Virgo
Ecclesia facta", di Santa Maria degli Angeli, a imitazione della Vergine
Maria, cantata da S . Francesco (20).
Proprio nel contesto di S . Maria degli Angeli appare una significazione
ecclesiale della vocazione e della vita della Santa. "In questo luogo fu
generato l'Ordine dei Frati Minori, mentre una folla di uomini seguiva l'e-
sempio del Padre. Chiara, sposa di Dio, qui si lasciò recidere le chiome,
e seguì Cristo abbandonando gli splendori del mondo. Sacra madre, essa die-
de alla luce Fratelli e Sorelle, e per mezzo loro partorì Cristo rinnovando
il mondo" (21).
Ma vi sono delle testimonianze, ancor più sorprendenti, al Processo
di canonizzazione. Si tratta di un'esperienza meravigliosa, di una vera
liturgia della parola, che introduce alla celebrazione del mistero della
Chiesa vergine e Madre. La vita cristiana si apre alla dimensione del cielo
e ne esperimenta la visione. "Aeternitati vivimus: aperti sunt caeli"! Fin
d'ora viviamo per l'eternità, poiché i cieli si sono già aperti, nella ri-

la città (di Arezzo), e da parte di Dio Onnipotente comanda ai demoni


che quanto prima escano dalla città... La città poco dopo ritrovò la
pace e i cittadini rispettarono i vicendevoli diritti civili con gran-
de tranquillità", 2 Cel 695 : FF 695. Il Santo scrive una Lettera En-
ciclica "A tutti i fedeli", annunciando ad essi e partecipando loro
la pace: "A tutti i cristiani, religiosi, chierici e laici, maschi e
femmine, a tutti coloro che abitano nel mondo intero, frate Francesco,
loro umile servo, ossequio rispettoso, pace vera dal cielo e sincera
carità nel Signore", Lf 1-2 : FF 179.
Francesco appare un vero testimone della Chiesa cattolica e il suo mes-
saggio continua ad affratellare i popoli. Cito in merito il giudizio
di L . HERTLI1NG, Storia della Chiesa, Città Nuova 1981, pp. 266-267:
"Non era un teologo, ma aveva la fede profondamente genuina che è pro-
pria del popolo cattolico. E' certo che quest'uomo umile, dall'apparen-
za fisicamente insignificante, appartiene alle maggiori personalità
della storia universale. Egli incarna un grado di vicinanza con Dio
e di unione con lui da ben pochi raggiunto. I Santi, nella loro maggio-
ranza, hanno avuto degli avversari già al tempo in cui vivevano e anche
più tardi. Fino ad oggi, san Francesco non ha avuto avversari. Non tut-
ti lo comprendono, ma tutti, anche i non cattolici, lo amano".
20) Saluto alla Vergine, 2 : FF 259.
21) Spec 84 : FF 1781.

34
velazione del mistero della Chiesa (cf. Gv 1,51).
Chi ama rende presente ed è presenta ^
&
del Verbo diventa il ! ^ ^ ^ ^ ^ L'Incarnazione

r O ogni ucmo (22), inaugurando pure uno stile di luce e di r ™


z ^ ^ "»u
zione come trasparenza dello Spirito che eoli consacra-
9 S t 6 S S 0 c c m u n i c a
nella sua Incarnazione * • ' . cosicché
dre" (23) e ^rnazione non diminuì, ma consacrò la verginità della
(23). E proprio questo fatto mirabile che appare visibile l n
Presenza e rivelazione del mistero della Chiesa ^

1 6
-izza c i ò che a n n u ^ . " ^

q u l n d i i n
ogni celebrazione liturgica la „ ^ '
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v e z z a
e si i ^ T ™ ^

stessa diventa quella d i v i ™ H ^ r ^ Z Z cl ^


nuovo che a l l i e t e ™ perennemente il cielo ™ ' ! " ^
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eloquenza celeste, 1 Osi 25), essa te-

22] Gaudiu. et Spes. n. 22.


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24) A . 1,13 : FF H 3 . S. Francesco dice
MarÌa S a " t i 8 s i - ' 8
che è lo S n i H f
••».
,

"0Ì " U S a n t Ì S S Ì
- « Sangue del Signore" ! I ' ^ ^
C h e
2 5 ) p M e r e n d e Feconda in noi la Paiola « " i l
Proc, Test. IX,4 : FF 3062; Test. X,8 : FF 3076.

35
sti/nonia vide appresso a santa Chiara uno mammolo bellissimo, e parevale
de età quasi de tre anni. Et orando essa testimonia nel suo core che Dio
non permettesse che essa fusse ingannata, le fu risposto nel suo core in
queste parole: "Io so' in mezzo de loro" (cf. Mt 18,20), significando per
queste parole come el manmolo era Jesu Cristo, lo quale sta in mezzo de
li predicatori e de li uditori, quando stanno et odono come debbono...
Adomandata che tempo fu, respose: in quella settimana dopo Pasca, nella
quale se canta: "Ego sum pastor bonus"(26).
Adomandata chi ce era presente, respose: che c'erano le Sore.
^domandata se alcuna de loro vide quello marrmolo, respose che una Sora
disse ad essa testimonia: "Io so che tu hai veduto qualche cosa".
Adomandata per quanto spazio stette lì quello mammolo, respose: per
grande parte della predica. E disse che allora pareva che uno grande splen-
dore fusse intorno alla preditta madre Santa Chiara, non quasi de cosa ma-
teriale, ma quasi splendore de stelle. E disse che essa testimonia per la
apparizione preditta sentiva una soavità inesplicabile.
E dopo questo, vide un altro splendore, non quasi de quello colore che
era el primo, ma tutto rosso, in modo che pareva gittasse fora certe scin-
tille de foco; e circundò tutta la preditta santa, e coperse tutto el capo
suo. E dubitando essa testimonia che cosa fusse questa, le fu risposto,
non con la voce, ma le fu detto nella mente sua: "Spiritus sanctus super-
veniet in te" (Le 1,35)".
Leggiamo anche la versione più breve perché ha qualche particolare in-
teressante e accentua .la esperienza dell'Angelo, raffigurato dalle ali che
possono raffigurare sia l'Angelo dell'Annunciazione che quello del mistero
pasquale di Francesco, il Serafino della Verna, con le sue ali infuocate.
"Anche disse che, una volta, nel d ì de calendimaggio, ^ssa testimonia
vide nel grembo de essa madonna Chiara, innanti| al petto suo, uno mammolo
bellissimo, in tanto che la bellezza sua non se poteria esprimere; et essa
testimonia medesima, per lo vedere di quello mammolo, sentiva una indicibi-
le soavità de dolcezza. E senza dubbio essa credeva che quello mammolo fus-
se lo Figliolo de Dio. Anche disse che allora essa vide sopra el capo de
essa madonna Chiara due ali splendide ccme el sole, le quali alcuna volta
se levavano in alto, et alcuna volta coprivano el capo de la preditta ma-
donna".
Cerchiamo di ricomporre il quadro liturgico di quello straordinario
avvenimento. Si tratta di un incontro pasquale, dell'apparizione del Signo-
re, vivente nella sua Parola, che ccme Buon Pastore visita e consola le
sue pecorelle. E' quindi l'esperienza di Chiesa per eccellenza, quella pri-

26) Era la Seconda Domenica dopo Pasqua.

36
mondiale e originaria degli Apostoli nel Cenacolo che vedono entrare il
Signore che porta loro la pace e sono ripieni di gioia (cf. Gv 20,19-23).
Anche la celebrazione della parola, di cui sono testimoni le sorelle
di Chiara, rassomiglia a quell'incontro pasquale del Buon Pastore con le
sue spose, consacrate dalla parola e dallo Spirito, che esperimentano, in
una sequenza mirabile, l'evento dell'Annunciazione del Verbo e dell'adom-
bramento dello Spirito Santo, ma anche la presenza del Verbo Incarnato,
cane "bambino"-Pastore.
Si tratta di un incontro personale con la singola persona, che accoglie
la parola nella fede, che celebra quindi la Parola di Dio, nutrendosi alla
sua mensa. L'accoglienza avviene nel cuore, la nuova concezione non conosce
più la fecondità del grembo, ma la pienezza di fecondità del cuore aperto
dall'esperienza della parola, accolta mediante lo Spirito datore di vita,
nella doppia esperienza: di annunciazione ossia di concezione divina, che
equivale a una celebrazione pasquale ossia a una introduzione nell'intimità
d'amore del Signore risorto e vivente; e di celebrazione della Chiesa in
una Pentecoste infuocata e rigenerante. Un inizio e un compimento divino:
una Concezione del Verbo nella mente, resa deiforme dalla sua presenza mi-
rabile, una effusione dello Spirito, che rende evidente la divina materni-
tà, propria della Vergine Madre Maria e della Vergine Madre Chiesa.
"Cristo è Uno e l'Unico; il Capo e il Corpo. Egli è uno: Figlio dell'u-
nico Dio nei cieli, figlio dell'unica Madre sulla terra. Sono molti i fi-
gli - eppure un unico Figlio. Come di conseguenza il capo e le membra sono
insieme molti figli e tuttavia un unico figlio; così anche Maria e la Chie-
sa sono un'unica Madre e tuttavia due, una Vergine e tuttavia due. Ognuna
è madre, ognuna è vergine. Ambedue hanno concepito senza intervento unano
dal medesimo Spirito. Ambedue generano senza macchia a Dio un figlio. Una
senza peccato ha generato al corpo il Capo; l'altra, nella capacità di ri-
mettere tutti i peccati, ha donato il corpo al Capo. Ognuna è madre di Cri-
sto, ma nessuna lo genera completamente senza l'altra" (27).

27) ISACCO DELLA STELLA, Sermone 51, Sull'Assunzione della B.V. Maria in
cielo; PL 194, 1863. Lumen Gentium, n.64: "Orbene, la Chiesa, contem-
plando la santità misteriosa della Vergine, imitandone la carità e a-
dempiendo fedelmente la volontà del Padre, per mezzo della Parola di
Dio accolta con fedeltà, diventa essa pure madre, poiché con la predi-
cazione e il battesimo genera a vita nuova e immortale i figli, conce-
piti ad opera dello Spirito Santo e nati da Dio. Essa pure è vergine,
che custodisce integra e pura la fede data allo Sposo; imitando la Ma-
dre del suo Signore, con la virtù dello Spirito Santo, conserva vergi-
nalmente integra la fede, salda la speranza, sincera la carità".

37
Queste parole di Isacco della Stella ci chiariscono il mistero della
Chiesa che segue l'esempio della Vergine Madre Maria e concepisce per opera
dello Spirito Santo e genera a Dio i figli del Regno, in virtù della Parola
accolta nello Spirito e custodita nella santità.
Chiara già vive in quel cielo nel quale appare il Signore. Poiché ella
molto amava la Parola di Dio. E uno vive là dove ama, dove ha riposto il
suo cuore. Essa si ritrovava in quella Parola e vi abitava come nel suo
cielo, divenendo così per le sorelle "rivelazione" della Chiesa Vergine
e Madre.
Bisogna notare anche la percezione delle sorelle, che vedono la presen-
za di Cristo risorto nel suo Cenacolo, ma nella dimensione di Bambino, come
Figlio della Vergine Madre, ossia nella più profonda intimità d'amore. Tut-
ta la persona viene raccolta e consacrata dalla presenza della Parola e
dello Spirito. L'esperienza dell'Angelo, che introduce nel compimento defi-
nitivo, è significata dalle ali, che sembrano dei raggi scintillanti ccme
stelle; quella dell'adcmbramento dello Spirito, dalle fiarrme di fuoco. E'
un'esperienza completa e sublime di liturgia della parola che rende pre-
sente Cristo e lo dona alla Chiesa.

4. Aspetto ecclesiale della vita fraterna.

La scelta di vita fraterna, che è fondamentale in S . Francesco, non


viene accentuata se non nella ripetuta formula di "fratelli", che fa un
po' da ritornello nelle sue disposizioni normative e nei suoi consigli
paterni. Il termine di fraternità è usato poco, ma vi è talvolta una e-
spressione equivalente "i frati si mostrino familiari tra loro"(28). La
familiarità è proprio la caratteristica per cui ognuno non solamente rico-
nosce nell'altro il fratello, ma si affida a lui e gli permette di amarlo
e nutrirlo ccme una madre il suo figlio. Anzi, secondo la formulazione più
intensa e significativa della Regola bollata, con maggiore affetto.
"E ovunque sono e si troveranno i frati, si mostrino familiari tra di
loro. E ciascuno manifesti con fiducia all'altro le sue necessità, poiché
se la madre nutre ed ama il suo figlio carnale, con quanto più affetto uno
deve amare e nutrire il suo fratello spirituale? E se uno di essi cadrà
malato, gli altri frati lo devono servire come vorrebbero essere servi-

28) Nei suoi scritti la troviamo solo 10 volte: nella Lettera al Capitolo
e ai frati della "fraternità": FF 215; nella Regola bollata, 8,1,
quando si parla di eleggere il "ministro e servo di tutta la fraterni-
tà": FF 96. Per quanto ci riguarda è interessante nel contesto del
Cardinale correttore e protettore "di questa fraternità" (RegB 12,4 :
FF 108; M. CONTI, Lettura biblica della Regola francescana, 259-265).

38
ti"(29).
Francesco, pur ricordando l'esempio di amore più grande che esista sul-
la terra, quello di una madre, non si limita alla perfezione naturale del-
l'amore, ben sapendo che vi sono dei limiti causati dalla debolezza umana.
Purtroppo una madre può nutrire la sua creatura, ma non amarla e, allora,
questa rimane infelice, quando non perda anche la vita. Sul piano fisico
c'è anche un limite di fecondità. Sul piano spirituale viene proposta la
perfezione dell'amore (la "carità perfetta"), che il Concilio Ecumenico
Vaticano II metterà al centro della sua teologia della vita religiosa (30).
Orbene l'amore ha la sua sorgente divina personale, lo Spirito Santo,jche
non ha altro compito e altra intenzione, se non di comporre quella mirabile
unione comune, quella comunione, che tende alla unità e diventa quindi co-
munità, ma senza perdere il pregio della libera adesione personale di fede.
E' proprio l'elemento di fede, carne beatitudine, oltre che ccme "obbedien-
za" (Rn 16,26; 1,5; 2 Cor 10,5-6), che edifica la fraternità nell'amore.
La beatitudine della parola diventa la beatitudine della fede e della
risurrezione, ossia dell'incontro con il Signore risorto e dell'esercizio
della condivisione dei doni, che egli ha distribuito magnanimamente alla
sua Chiesa (cf. Gv 20,29; Ef 4,7-8).
Francesco vuole esplicitamente che la sua comunità sia composta di fra-
telli: "E nessuno sia chiamato priore, ma tutti siano chiamati semplicemen-
te frati minori: "E l'uno lavi i piedi all'altro" (Gv 13,14)"(31). Ma il
servizio, che risponde alla nuova alleanza instaurata da Gesù, come compi-
mento della sua opera salvifica, deve essere fatto con stile e cortesia.
L'accoglienza è la prima caratteristica dell'amore vero, la maternità
è il segno di un amore maturo, capace di donare la vita. Così Francesco
ripropone lo stesso ideale d'amore, che lo ha sorpreso nella chiamata a S .
Damiano e nella scoperta della pienezza di quella verità d'amore a S . Maria
degli Angeli.
Per questo non permette a nessuno di vivere fuori di questo esercizio
perfetto dell'amore che dona la vita, di questo amore perfetto. Né qualcuno
può venire eliminato, né qualcuno può escludersi, senza che i fratelli lo
accolgano e lo ridonino alla vita come una madre il suo figlio diletto.
'Si guardino i frati dal mostrarsi tristi all'esterno e oscuri (Mt 6 ,
16) in faccia come gli ipocriti, ma si mostrino lieti nel Signore (cf. Fil
4,4) e giocondi e garbatamente graziosi"(32).

29) RegB 6, 8-11 : FF -91-92.


30) Perfectae caritatis, 1.
31) RegNB 6,3 : FF 23.
32) RegNB 7,17 : FF 27. La caratteristica della cortesia francescana trova

39
La vita negli eremi intende continuare la perfezione della carità, che
costituisce l'essenza della vita fraterna, quella del dono reciproco della
vita e dell'accoglienza riconoscente. Il nuovo rapporto, creato dall'acco-
glienza della Parola di Dio, per cui uno è "fratello, sorella e madre di
Cristo" (Le 8,21), permette all'uno di essere fratello e madre dell'altro
anche nei rapporti reciproci che sono venuti a instaurarsi nella Chiesa
in virtù della vita nuova, mediante il battesimo, del quale la vita frater-
na e l'espressione più genuina, perché presuppone la figliolanza divina
e quindi l'accettazione riconoscente e gioiosa delle meraviglie operate
dal Signore.
Stupisce quindi solo chi non comprende questa finezza di espressione
di vita, il fatto che S . Francesco voglia che la vita fraterna sia garanti-
ta anche tra gli eremiti. E' un fatto per sé inaudito. Eppure è la più sem-
plice applicazione della dottrina del Vangelo: "Dove due o tre sòno riuniti
nel mio nome, Io sono in mezzo a loro" (Mt 18,20) e della beatitudine deri-
vante dal ccmune ascolto della parola di Dio, che non può fermarsi alla
mensa della parola, ma che tende a compiersi nella "comunione dei Santi,
nella Comunione al Corpo di Cristo, velato nel mistero della fede, dei se-
gni sacramentali e delle sembianze del prossimo. E' la stessa presenza d'a-
amore, lo stesso mistero di fede, la stessa beatitudine d'incontro, secondo
la gradualità propria di una celebrazione : dalla Parola al Corpo di Cristo:
dall'ascolto e dall'obbedienza di fede, alla condivisio'ne e comunione nella
partecipazione dei doni dello Spirito e anche dei beni, ma sempre nel reci-
proco dono della vita, nel quale consiste appunto la forza vivificante del-
la fraternità francescana, che per questo fatto appunto non può in nessun
caso rinunciare alla sua caratteristica "materna", neppure nella solitudine
degli eremi.
"Coloro che vogliono vivere religiosamente nei romitori, siano tre fra-
ti o al più quattro. Due di essi facciano da madri e abbiano due figli o
almeno uno... I figli poi assumano talora l'ufficio delle madri, ccme volta
per volta parrà loro opportuno disporre per l'alternarsi" (33).
La disposizione di essere in almeno in tre potrebbe avere una giusti-
ficazione anche liturgica, per garantire la recita dell'Ufficio divino,
secondo il Rito della S . Chiesa (34). In questo caso avrebbe una dimensione

nella risposta di San Francesco al Crocifisso di S. Damiano il suo to-


no ispiratore perfetto: "Lo farò volentieri, Signore" (Legg3Comp 13 :
FF 1411).
33) CompFrEr 1-2 e 12 : FF 136-138.
34) K. ESSER, Studien zu den Opuscula des hi. Franziskus von Assisi, He
rausgegeben von E. Kurten, ofm, und I. De Villapadierna, ofm Cap. Rom,

40
r : , i T r ^ ^ r r * ^ ^ - - —

e le tenne nuove" (?Pt i -ni L i e 1 1


nuovi
v^rt j , U ) dovunque la ccreatura
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arroH-i mi-
etei Dio divinamente e accolna n h ^ a accetti di essere amata
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La coscienza e accolga
fra-H h-ìil dono con cuore riconoscente.
ucx irati, di essere viventi nella
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la sua forma primordiale, trova eco nella I L °
nata "Sacrun Cormerciu." n * n C i t a z i o n e assai antica, denemi-
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ne, c e taluni s l ' l L o T I l ' * * * ^ z i o -
s,orzatevi di ^ ^ ^
avete professato, al di sopra delle forze e d e l I i ^ * ^ ^
t U u n a n e ca ce d
far risplendere di luce niù • ! ' Pa i
dubbio né incertez ze sul la vo ^t & ^ a n t i c h i
^ ' abbiate
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Perché già tenete in " n o / ^ * ^ ^ dei cieli,
n r a
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a d e l l o t i r L ree d ^
ucì±u s p i n t o , recando impresso il ^ n e avete ricevut
(cf. 2 Cor 1,22;
TOStnandovi
grazia, in tutto conformi I quel o r l i * ' P * ' sua

»ÌìÌ2n±hì±J.nstitutit der Kapuziner. Ì973, 169ss.


35) SacrComm 65 : FF ?(1?4 <; q„„, 1.
ròTssò tutta / Bonaventura ricorda che S. Francesco "aveva
3 P r Ì V Ì l 6 9 Ì 0 0 6 1 1 3 P 0 V 6 r t à
u s ' -
come egli stesso'di — -

41
XII Lezione

S . FRANCESCO D'ASSISI RESTAURATORE DELLA CHIESA


E RIFORMATORE NELLA CHIESA CATTOLICA

1. I l m i s t e r o d i un u n i c o a m o r e : la s a n t a M a d r e C h i e s a cat-
tolica romana.

2. Il rifiorire della Chiesa nell'esperienza nuova di San


Francesco e dei suoi primi compagni.

3. San Francesco figlio devoto della santa Madre Chiesa Ro-


mana.

* * *

1 . Il m i s t e r o di un unico amore: la s a n t a M a d r e C h i e s a cat-


tolica romana.

E' impossibile poter pensare a San Francesco senza ricordarsi del suo
tenerissimo amore per la Santa Madre Chiesa Cattolica Romana. Egli ne fa
oggetto di vera fede teologica e confessa in tutta verità nel suo Testamen-
to: " E il Signore mi dette tanta fede nelle chiese, che così semplicemente
pregavo e dicevo: "Ti adoriamo, santissimo Signore Gesù Cristo, qui e in
tutte le tue chiese che sono nel mondo intero e ti benediciamo, poiché con
la tua santa croce hai redento il mondo" (1). Si tratta del mistero di un
unico amore: il realismo cristiano acquista in San Francesco la sua più
evidente espressione proprio in queste adoranti parole. La Chiesa e ogni
singola chiesa, sia pure esigua o diroccata, come Santa Maria degli Angeli
prima del restauro, è per il giovane innamorato di Gesù Cristo, Francesco,
soltanto il velo esile e fragile che custodisce il mistero adorabile della
"Presenza del Santissimo Signore nostro Gesù Cristo". Per questo, dal suo
cuore, innocente per grazia, scaturisce il grande canto dell'amore che si
compie nell'adorazione. Eucarestia e Croce, ossia amore che dona la vita
e il tessuto del corpo disteso sulla Croce per avvolgere di tenerezza l'u-
niverso, consacrandolo nella luce e rigenerandolo nella lode divina, diven-
gono per Francesco i poli di un'unica visione di fede che illunina il mondo
intero, rivelandolo nella sua identità di creatura di Dio.

I. Testamento, 5-6 : FF 111.

42
Con Tommaso da Celano possiamo esclamare: "Quanto glorioso è questo San-
to, di cui un discepolo contemplò l'anima ascendere in cielo. "Bella come
la luna, splendente come il sole" (Ct 6,9), mentre ascendeva raggiava di
gloria in mezzo ad una nube candida. O vera luce del mondo, che rifulgi
più del sole nella Chiesa di Cristo" (2). Sembra che il Celano lo descriva
così mentre ascende nella luce, ccme Santa Maria degli Angeli, la "Virgo
Ecclesia facta" (3). Si tratta della Creatura mortale che si compie nella
sua originale vocazione divina, divenendo così ccme è stata concepita nel-
l'intemerata bellezza del primo amore di Dio. Forse per questo si ebbe la
netta percezione del mistero ecclesiale negli atteggiamenti e nelle parole
di Francesco, che rivelavano la sovrabbondante ricchezza di grazia custodi-
ta nel suo cuore ccme in un tabernacolo, un taberbacolo dell'amore che tra-
sforma e consacra tutta la vita. Appena egli si presentò al Papa, il Cardi-
nale Giovanni di S . Paolo lo rivelò nella sua identità cristiana ed eccle-
siale: "Ho incontrato un ucmo di straordinaria virtù, che si è impegnato
a vivere l'ideale evangelico, osservando in ogni cosa la perfezione espres-
sa nel Vangelo. Sono convinto che il Signore vuole, per mezzo di lui, ri-
formare in tutto il mondo la fede della santa Chiesa" (4).
E' significativo che lo stesso giudizio venga emesso a distanza di otto
secoli da una Teologa russa dei nostri tempi, che scoprì San Francesco leg-
gendo le Fonti Francescane, proprio nell'edizione italiana, che noi abbia-
mo tra le mani. Permettete che legga la sua testimonianza: "Un caro amico,
teologo della Chiesa cattolica di Roma, che è anche frate francescano, ci
ha portato (non senza rischio da parte sua!) diverse copie di un grosso
volume: Fonti Francescane. Una splendida opera, traduzione italiana comple-
ta, ammirevolmente introdotta ed annotata, dei testi più antichi, classici,
del grande movimento della Chiesa d'Occidente che si dice francescanesimo.
Dapprima i testi autentici di San Francesco, poi i racconti dei suoi bio-
grafi, le prime cronache, ecc. Tutto ciò, per noi teologi ortodossi, so-
prattutto per chi sempre di più si occupa della teologia spirituale, è una
meravigliosa rivelazione: è come essere entrati in una cattedrale tutta
rivestita di affreschi e di icone; le mura di questo tempio sono ccme im-
pregnate di un intenso profumo, di una musica sacra che sprigionano una
forte teologia, una fervida spiritualità che fanno sognare il mistero pro-
fondo dell'unica anima indivisa della Santa Chiesa di Cristo, vivente nel-
l'anima di ogni credente con lo splendore delle sue ricchezze, alla ricerca
di se stessa nell'anima dei suoi santi" (5).

2. 1 Cel 111 : FF 514.


3. Saluto alla Vergine : FF 259.
4. 3 Comp. 48 : FF 1457.
5. Marija Tatiana ALEXEEVA-LESKOV, "Francesco d'Assisi icona della indivisa

43
E' così che anche noi, rileggendo con intelligenza d'amore l'esperienza
di fede vissuta nella Chiesa da San Francesco, veniamo rapiti dal fascino
della sua santità che si rivela nei suoi Santi, i quali hanno il merito
di aver ripulito il suo volto di Vergine Madre e Regina, permettendole di
brillare dai loro occhi divenuti innocenti mediante la visione di fede,
come la Donna bella dell'Apocalisse (Ap 12) che splende nel Sole e della
cui luce noi tutti viviamo. Per Francesco quell' immagine splendida porta
i tratti dolcissimi della Vergine degli Angeli. La Santa Madre Chiesa, "re-
staurata e riformata", resa fulgente nella corona di gloria di Santa Maria
degli Angeli, la "Vergine fatta Chiesa".
Da questo amore indiviso che congiunge la Chiesa fatta di pietre alla
Chiesa mistero di salvezza nelle sembianze di Santa Maria degli Angeli e
della Santa Madre Chiesa Cattolica Romana, San Francesco giunge alla perce-
zione del mandato apostolico di restaurarla ed è felice ccme un giullare
di Dio, quando può raccogliere le pietre che abbelliranno e renderanno sta-
bile la Porziuncola cementandole con il suo sudore, ma soprattutto quando
può detergere il volto sfigurato dalla lebbra del suo fratello cristiano,
nel quale egli restaura il corpo della Chiesa, continuazione nel tempo del
mistero di Cristo e infine è beato, quando "il Signore gli dona tanta fede
nei Sacerdoti che vivono secondo la forma della santa Chiesa Romana... e
non vuole in loro considerare il peccato, perché in essi vede il Figlio
di Dio (6). Si tratta di un unico mistero di fede, che apre a lui, creden-
te, l'ultimo sigillo della verità, rendendolo "da infedele fedele a Dio",
come ripeteva spesso, riferendosi proprio al mistero di Santa Maria degli
Angeli. Si tratta di quella premessa fatta da Gesù a Natanaele e rivelata-
gli, quando egli, nel Crocifisso di S . Damiano-, contemplò l'Agnello immola-
to- e vivente, che aprì per lui, Francesco, una porta nel cielo (cf. Ap
4,1ss), affinché potesse "vedere le cose ben più grandi" (Gv 1,50). Allora
egli venne fatto partecipe proprio della prima di tutte le beatitudini,
quella della fede, che rivela il mistero della Vergine Madre Maria (cf. Le
1,45) e il mistero della Chiesa, per chi crede senza vedere (cf. Gv 20,29),
non dubitando ccme Tormaso, ma riconoscendo il Signore, che rivela la sua
Chiesa nel cielo: "In verità, in verità vi dico: vedrete il cielo aperto
e gli Angeli di Dio salire e scendere sul Figlio dell'uomo" (gv 1,51).

E' così che Francesco assapora la dolcezza della beatitidine, ogniqual-


volta l'amarezza del servizio ai lebbrosi gli "viene mutata in dolcezza

santità della Chiesa", in: R. FALSINI (a cura), San Francesco educatore


spirituale, Ed. O.R. Milano 1982, 53-66, qui: 53.
6. Testamento : FF 110-113.

44
di anima e di corpo" (7), proprio perché ha il coraggio della fede dei ri-
sorti che usano misericordia, da quando riconosce che Gesù, il Signore,
10 condusse tra i lebbrosi, per rivelare in lui la sua infinita tenerezza
che si chiama appunto "misericordia". Il compimento di quella visione si
ha quando squarcia le nubi del peccato del credente "sacerdote" nel quale
più oscuro è diventato il cielo, ma proprio per questo più gioiosa è la
scoperta che anch'egli è un figlio della grazia, un cielo "aperto" nel qua-
le egli "vede il Figlio di Dio".
Da questa prospettiva di fede è possibile parlare di San Francesco re-
stauratore e, se si vuole, anche riformatore, non "della Chiesa", ma "nella
Chiesa Cattolica", in quanto riuscì a rendere fulgente quel cielo, che era
11 suo cuore, reso da ogni cosa libero e talmente puro da poter vedere il
Signore (cf. Mt 5,8). Anche la povertà acquista allora la sua vera dimer>-
sione di amore del Regno di Dio e di scelta preferenziale del Cielo, del
Regno dei Cieli, della "nuova creazione" (Mt 19,28), che Francesco sceglie
come sua "unica porzione (cf. Sai 141,6) che conduce alla terra dei viven-
ti" ed esorta i suoi frati a non voler "aver altro sotto il cielo, per sem-
pre, nel nome del Signore" (8), proprio perché "vede il Signore, che scende
dal cielo facendosi povero in questo mondo (cf. 2 Cor 8,9). Una vita nel
Nome del Signore è tutta una Pentecoste di Grazia, dove è possibile vivere
compaginati nella verità, edificando insieme non solo le mura del tempio,
ma il tempio intero, quello fatto di pietre vive e consacrate dal crogiuolo
purificante della vita eterna, che "li edifica in tempio dello Spirito San-
to" (9).
Il "nulla di proprio sotto il cielo" è il genio ispiratore della'Vifor-
ma" realizzata da S . Francesco nel piccolo cielo che era il suo cuore e
in quel cielo più ampio che erano i suoi fratelli, divenuti, al suo sguardo
fedele, S . Maria degli Angeli, dove, come racconta il Dottore Serafico, un
frate semplice vide proprio aprirsi il cielo e illuminare il volto dell'u-
manità raccolta attorno ad essa, nella festa pasquale della divina miseri-
cordia, nella festa della riconciliazione e della pace, nella "Domenica"
(cf. A p 1,10) nella quale tutta la realtà terrestre e gli avvenimenti di
questo mondo appaiono nella loro verità, espressi "nel cielo", come la
Donna dell'Apocalisse (Ap 12), che per Francesco acquista il volto dimesso,
ma parimente raggiante della "Donna del Deserto", che fu proprio il suo
primo amore e la Parabola, che il Signore gli ispirò di raccontare e di
vivere, per essere "figlio della grazia", nella Chiesa, che è il Regno di

7. Testamento : FF 110.
8. Regola Bollata, 6,5-7.
9. 1 Cel 38 : FF 387.

45
Dio nel suo divenire, nella sua fragile veste di umanità, nel suo mistero
di indigenza e nella gioia di essere "commensale del Regno dei cieli", come
quei "figli poveri e bellissimi", che dal Deserto aveva generato a Dio e
affidati alla sua Chiesa (cf. Ap 12;5,9-14), quel popolo nuovo, semplice
e umile, "contento solo d i Gesù Cristo, Altissimo e glorioso" (10), felice
di poterlo sempre contemplare in quella celebrazione pasquale che è stata
tutta la sua vita, come "pellegrinaggio da questo mondo'al Padre (cf. Gv
13,1ss.) passando per il deserto del mondo in povertà di spirito, e come
pellegrini e forestieri e come veri Ebrei" (Lec^vi 7,9:FF 1129). Questo pel-
legrinaggio pasquale segna il cammino di Francesco nella Chiesa e per la
Chiesa e gli permette di rinnovarla tutta, mediante quella "sinergia del-
l'amore" (3 Gv v . 8) che proviene dalla verità e giova alla edificazione
comune.

2 . il rifiorire della Chiesa nell'esperienza nuova di Fran-


cesco .

L'inizio della nuova esperienza di Francesco è intimamente legato con


la Chiesa. Non solo perché l'episodio determinante avviene in una chiesa,
ma perché Francesco scopre la Chiesa come sua vera dimora. L'itinerario
ecclesiale inizia dal ritrovarsi nella chiesa edificata da pietre che hanno
perduto la loro coesione e abbisognano di nuovo "cemento" per venire "edi-
ficate insieme" in tempio di Dio. Prosegue nella consapevolezza che le pie-
tre sono vive e che, dall'adesione vitale al Vangelo del giorno in una pic-
cola chiesa, durante la celebrazione della Messa di un semplice sacerdote,
il cuore s'illumina e diventa fedele, capace di accoglienza e di comunione,
capace di "restaurare" la Chiesa intera, in virtù di quella-, Parola di Dio,
che, al suo solo apparire e risuonare nella comunione dei credenti, edifica
il Regno incorruttibile dei risorti, proprio vivificando i semplici e i
puri di cuore, i quali, come Francesco, non hanno nulla da opporre al vigo-
re fiammante di quella "spada a doppio taglio" e accettano di venire "ri-
formati", ossia resi "fedeli e veraci" (Ap 19,11) dall'apparire del Risorto
nel Cenacolo per edificare i figli di Dio nel suo Regno incorruttibile ed
eterno (cf. A p 19,13). E' lì che Francesco prende la nuova forma e , la-
sciandosi rapire il cuore da quel messaggio sconvolgente di resurrezione
e di vita, s'incammina nuovo e raggiante per la via "nuova e vivente che
egli ha inaugurato per noi attraverso il velo, cioè la sua carne" (Eb 10,
20).
C'è da accogliere la suggestione di uno scrittore dei nostri giorni,
il quale coglie il senso della esperienza di Francesco nel ritrovamento

10. Leggenda Perugina 67:FF 1617; Specchio di Perfezione, 26:FF 1710-1711.

46
sorprendente dell'eternità e nella identificazione dell'eternità con il
Vangelo (11). Già gli antichi S p i e n t i avevano intuito che soltanto chi
riesce a dare un senso definitivo alla vita è in grado di edificare gli
altri nell'amore, edificandosi a sua volta nella canunione con Dio e con
gli uomini.(12). L'esperienza religiosa personale diventa il tramite di
una nuova f o m a di vita, che si realizza nella Chiesa e insiane la restau-
ra, le rida forma, vigore e bellezza. Il Vangelo incette nel cuore di Fran-
cesco il senso definitivo e gli traccia il c a l i n o della pienezza di Cri-
sto, nel quale egli si ritrova "nuovo", contento e raggiante nell'innagine
del primo amore.

La Chiesa è la dimensione del "corpo", della "pienezza" di Cristo. Per


questo l'esperienza di Dio non può avvenire che nella creazione, divenuta
tempio di rivelazione della sua gloria (13), ossia nella Chiesa, che di
Cristo e "il corpo, la pienezza di colui che si realizza interarrente in
tutte le cose" (Ef 1,23).
E' così che ogni conoscenza sfocia nell'amore, anzi "diventa amore"
come dice con una espressione vigorosa S . Gregorio di Nyssa, nel Dialogò
dell'anima e della risurrezione, per consolare la sorella S c r i n a (14)
E poiché l'amore soltanto è creativo, quando esso è vero ravviva la persona
ed edifica la comunità, restaurandola nella bellezza della santità di Dio
(cf. Ef 2,2) rendendola "dimora di Dio per rrezzo dello Spirito" (Ef 2,22).
E' così che Francesco si trova a vivere nel misteri del Tempio e a fare
l'esperienza singolare di Dio, che lo edifica in Cristo, p e n d e n d o g l i
di restaurare la sua Chiesa (15).

11. J- GREEN, Frère Francois, Editions du Seuil, Paris 1983 319


12.
Cf- PLATONE, S w o s i o n , 1 8 8 C.; in: Opera, Tomus III, L ^ 1821, p. 467
13.
esperienza delle Stilate diventa rivelazione piena della pienezza'
ài Cristo nel èstero della Chiesa, concessa a Francesco affinché la
restaurasse tutta con il suo esempio, come afferma J. RATZINGER, Die
Geschichtstheologie des heiliqen Bonaventura, Schnell und Steiner M u n c ^
und Ziirich 1959,95.

H. S. GREGORIO NISSENO, De anima et resurrectione: PG 46 col 96 c


15. E' Tommaso da Celano che definisce in termini di edificazione del tempio
vivo dello Spirito Santo 1-eperienza della primitiva fraternità sorta
attorno a S. Francesco, che in tal modo contribuiva a "restaurare" la
V Ì V a : 3 8 : F F 3 8 7 :
davvero su questa solida base edifica-
rono, splendida, la costruzione della carità. E come pietre vive, raccol-
te ; per c o S 1 dire, da ogni parte del mondo, crebbero in tempio dello
Spinto Santo".

47
a) La s o r p r e s a d i e s s e r e c o n o s c i u t o nel tempio e chiamato.
Ogni vocazione ha la sua genesi nella esperienza della chiamata. Per
Francesco la chiamata deve essere stata talmente vigorosa e determinante
da fargli considerare quell'evento come una rivelazione: "Il Signore con-
cesse a me frate Francesco... il Signore stesso mi condusse... e il Signore
mi dette tanta fede nelle chiese..., poi il Signore mi dette e mi dà tanta
fede nei Sacerdoti che vivono secondo la forma della santa Chiesa Romana...,
10 stesso Altissimo mi rivelò che dovessi vivere secondo la forma del santo
Vangelo" (16). Francesco riceve la nuova forma in virtù della Parola del
Vangelo che lo interpella personalmente e lo manda a compiere la stessa
missione, ossia a partecipare il dono ricevuto "secondo la misura del dono
di Cristo" (Ef. 4,7), esortando tutti a comportarsi "in maniera degna della
vocazione ricevuta" (Ef 4,1). Si tratta di continuare la missione degli
Apostoli, rivelando il mistero nascosto da secoli, "perché sia manifesto
per mezzo della Chiesa" (Ef 3,9-10), nella misura in cui ogni credente si
comporta da "cittadino degno del Vangelo" (Fil 1,17) "irreprensibile e sem-
plice, figlio di Dio immacolato in mezzo a una generazione perversa e dege-
nere, nella quale deve splendere come astro nel mondo, tenendo alta la pa-
rola di vita" (Fil 2,15-16).
La Parola di Dio lo interpella in tutte le risonanze del "corpo di Cri-
sto che è la Chiesa" (Col 1,24) ed egli la compie nel suo corpo, adempiendo
la missione apostolica di annunciarla "per rendere ciascuno perfetto in
Cristo" (Col 1,28), per donargli quella mirabile forma primitiva e origina-
le, "conforme all'immagine del Figlio suo Gesù Cristo" (Rn 8,29). Dalla
conoscenza di Cristo nel lebbroso (17) alla visione del suo volto velato
dal peccato del fratello Sacerdote (18) fino allo sguardo del Crocifisso
che gli penetra il cuore e gli rapisce tutta la vita per sempre, introdu-
cendolo per quella via nuova e vivente che inaugura i cieli nuovi della
risurrezione (cf. At 2,37; Eb 10,20; 2Pt 3,13; Ap 21,1), ossia nella Chie-
sa, velo che copre il mistero di Cristo e ne partecipa la salvezza, lungo
11 fluire dei secoli, nella pienezza dei tempi.
Questo momento definitivo mi sembra determinante per tutto l'itinerario
di conversione di Francesco e per l'inserimento in quell'arcana e difficile
via, per la quale la verità diventa in lui vita, inizio di vita eterna (cf.
Gv 14,6). La grazia diventa la prospettiva nuova della salvezza, inaugurata
da Cristo stesso (cf. Le 16,16) con la sua Incarnazione (Gv 1,14), risco-
perta da Francesco come modalità dell'essere cristiani, ossia "figli della

16. Testamento, 14-16 : FF 116.


17. Testamento, 1-3 : FF 110.
18. Testamento, 11 : FF 113.

48
STazia" < 1 9 ) , . . c o n t e n t i d i C n i s t 0 a l t .ssiro e .

c ~ un grarcle inno „ e l l a Testa p a ^ i e dei,! S i i o t l L ^

« s^tia : i r r ci n F r m c e s c o i n c n i s t
°Kr " ^
to P l e n e z z a d e l l a
SCO (21). ' «ita di France-

; r m 1 1 rnto cutoi™te di

r e S
tralcio r r , ° l r r i C O n O S C l b l l e d a l peccato che recide il
tralcio dalla vite, impedendogli di portare fr,i++-o t
razione di tutta la O h i e « l ' 1 u r 9 e n z a d e l l a restau-
materiale d ^ c W e t r T * * restauro
-wie aeiia chiesetta vecchia e diroccata di San C&miano r ™
)m 6 S t a
prima opera è c e un "ex voto" de! o» +• n ^ ^

U r e 9 1 1 r i c b ,Bto V T

"a v e n t a cnastiara, r u c m 0 creato in Cristo e vivente in Lui „

19- Tale espressione viene ncafa a •


U S a t a p e r
,4, \ , ^signare Francesco: 1 Cel 13 • pp

e a te
-0. giungere con l . a i u t o d e l l a t ( J g „ '.° A l t » » -
orazia rh„ 1 e , grazia . t' l'esperienza della
grazia che lo fa esultare, quando riceve in dono il P„ r - f 9 1 1,•0 1 C f
Leggenda Maggiore 3 3 • FF m ^ « ,, "
— — 9 0 L £ . J.3 . FF 1054. Nella ReaolajjonBollata, 7 17-18
• FF 27, ne fa la norma di comportamento I l
f r a t l
»• a ^ d e n t e s J ^ ^ D o ^ ( c f . F i l 4 4 ) e t ' "Pendant
ttiosos
i o s ^ , Zossia
T; come si• conviene a "finiihilares a n et convenienter
• gra-
? U r e 2 C e l
128 : FF 712. ^ '

20. Cf. Leggenda Perugina, 67 : FF 1617 1R1Q. e l- ,.


= FF 1 7 1 0 - 1 7 1 1 1617-1619; Speccjno di Perfezione. 26

22. Id., Ibid, 27-28. _l_Cel 17 : FF 348

49
nella sua pienezza. A questa conoscenza si accende la scintilla della rico-
noscenza di Francesco, che diventa una grande fiamma, alla quale si alimerv-
ta la speranza di molti. Egli stesso ne è talmente sorpreso che, ripropo-
nendola come messaggio nobilitante l'uomo, la considera una "speciale co-
gnizione della somma sapienza" (24).
Tommaso da Celano è conscio di quale portata storico-salvifica sia il
momento nel quale Francesco si mette all'opera.
"Avvicinandosi ad Assisi, si imbatte in una chiesa molto antica, fab-
bricata sul bordo della strada e dedicata a San Damiano, allora in stato
di rovina per vecchiaia. Il nuovo cavaliere di Cristo si avvicina alla
chiesa e vedendola in quella miseranda condizione, si sente trafiggere il
cuore (cf. At 2,37). Vi entra con timore riverenziale e, incontrandovi un
povero Sacerdote, con grande fede gli bacia le mani consacrate, gli offre
il denaro che reca con sé e gli manifesta i suoi proponimenti" (25).
Entrando nella chiesetta diroccata e ravvivando la sua fede nella pre-
senza sacramentale di Cristo nel Sacerdote, egli già partecipa il suo dono,
simboleggiato dai denari che mette a disposizione, riformando tutta la
Chiesa (cf. 1Cor 12,7; 12,27; Ef 4,7). Il mistero di fede della reale pre-
senza di Gesù Cristo, sotto i veli del mistero del prossimo, lebbroso o
Sacerdote che sia, e del mistero eucaristico, sotto i veli dei segni sacra-
mentali memoriali della passione morte e risurrezione del Signore, ridà
forma e vigore alla Chiesa, restaurandola in Cristo. L'intuizione è del
Celano: "La prima opera cui Francesco pose mano, appena liberato dal giogo
del padre terreno, fu di riedificare un tempio al Signore. Non pensa
di costruirne uno nuovo, ma restaura una chiesa antica e diroccata;
non scalza le fondamenta, ma edifica su di esse, lasciandone cosi, sen-
za saperlo, i l p r i m a t o a C r i s t o . "Nessuno infatti potrebbe creare
un altro fondamento all'infuori di quello che già è stato posto: Gesù Cri-
sto" (1Cor 3,11). Tornato perciò nel luogo in cui, ccme si è detto, era
stata costruita anticamente la chiesa di San Damiano, con la grazia
dell'Altissimo in poco tempo la riparò con ogni diligenza" (26).
E' così che il giovane Francesco, interpellato dalla parola, velata

24. Dall'opera di restauro dell'uomo come persona, che traspare in Cristo,


del tempio come edificio, edificato in Cristo (cf. 1 Cor 3,11) nasce
il suo messaggio edificante della Ammonizione V, 1 : FF 153, che consi-
dera l'uomo edificato in Cristo. Tale conoscenza il Serafico Padre la
chiama appunto "Speciale cognizione della somma sapienza", Ammonizione
V, 6 : FF 154.
25. 1 Cel 8-99 : FF 334-335.
26. 1 Cel 18 : FF 350.

50
dal mistero dei segni, incontra il Signore e gli permette di rivelarsi alla
sua Chiesa, incominciando da lui che si lascia rapire il cuore e rimettere
i n j o n m proprio da quella parola di vita, che fa nuove tutte le cose (cf.
Ap 21,5-6). Quel ravvivare la presenza di Cristo in sé e negli altri per-
mette alla Chiesa di apparire nella sua veste di luce, rigerenerata nella
bellezza della santità di Dio. In tal senso il Celano interpreta pure un
altro gesto memoriale di Francesco, il suo far memoria della Incarnazione
d e l V e r b o nell
' ^ i l t à del presepio di Greccio, inserito nella celebrazione
eucaristica della Chiesa, in piena comunione di fede e d'arare con il Papa,
che gli aveva dato esplicitamente il mandato di farlo (27). Fu in tale oc-
casione, proprio mentre Francesco, quale Diacono, esercitava il ministero
della Parola di Dio, nella celebrazione eucaristica, che qualcuno ebbe la
grazia di vedere quanto avveniva nei cuori dei fedeli: in essi appariva
Cristo, risorto e vivente nei secoli, proprio mentre nelle immagini del
presepio si ravvivava la presenza del Signore. "Gli sembra che il Bambinel-
lo giaccia privo di vita nella mangiatoia, e Francesco gli si avvicina e
1 0 d e s t a c
'uella s
^ P e c i e di sonno profondo" (28). Il "ridestare Cristo"
restaura il volto della Chiesa e ne illumina la presenza, come c a m i t a
puntualmente il Celano: "Né la visione prodigiosa discordava dai fatti,
perché, per i meriti del Santo, il fanciullo Gesù veniva r i s u s c i t a t o n e i
cuòri di molti, che l'avevano dimenticato, e il ricordo di lui rimaneva
impresso profondamente nella loro meroria. Terminata quella veglia solenne,
ciascuno tornò a casa sua pieno di ineffabile gioia" (29). E' la stessa
gioia che riempie di luce il cenacolo e inonda i cuori degli Apostoli,
quando in mezzo a loro appare il Signore risorto (cf. Gv 20,20).
Si comprende cosi che la Vita Seconda del Celano e s p r i t anche a parole
quel mirabile evento, che la Vita Prima lascia solo intuire e sveli quindi
11 mistero del tempio di Dio nella teofania definitiva del mistero pasquale
di Cristo, che introduce la Chiesa pellegrina nella dimora stabile dell'e-
ternità, rendendola partecipe della festa del Regno di Dio.
"Era già del tutto mutato nel cuore e prossimo a divenirlo anche nel
corpo, quando, un giorno, passò accanto alla Chiesetta di San C6miano, qua-
si in rovina e abbandonata da tutti. Condotto.dallo Spirito, entra a pre-
gare, si prostra supplice e devoto davanti al Crocifisso e, toccato in modo
straordinario dalla grazia divina, si ritrova totalmente c a m b i a t o (inte-
ramente nuovo, rimesso in forma, trasformato, totalmente diverso da coro
era entrato). Mentre egli era così profondamente corrmosso, all'improvviso

27. Leggenda Maggiore. 10,7 : FF 1186.


28. 1 Cel 86 : FF 470.
29. 1 Cel 66 : FF 470.

51
- cosa da sempre inaudita (cf. Gv 9,32) - l'immagine del Cristo crocifisso,
dal dipinto gli parla, muovendo le labbra: "Francesco, - gli dice chiaman-
dolo per nome (cf. Is 40,26) - va', ripara la mia casa che, ccme vedi, è
tutta in rovina" (30).

b) La g i o i a d i p o t e r r i s p o n d e r e : lo f a r ò v o l e n t i e r i , S i g n o r e !

Il ritmo della beatitudine viene immesso nel cuore del giovane France-
sco, radicalmente ravvivato e riformato dalla parola che lo chiama per no-
me, mandandolo in missione domestica di restaurazione di tutta la Chiesa,
permettendo al Signore di rivelarsi nel suo tempio.
Nel racconto dei biografi si nota il tentativo di esplicitare quanto
era avvenuto nell'intimo del giovane, interpellato dalla parola del Croci-
fisso, fino ad esprimere a parole quell'immensa commozione del cuore di
Francesco. 'Tremante e stupefatto, il giovane rispose: "Lo farò volentieri,
Signore!" (31). Il canto nuovo dei redenti già risuona nel cuore e diventa
un grande inno nella celebrazione della Chiesa. Da quel vigoroso impulso
e dalla sorprendente novità della Parola di Dio, dipendono i movimenti suc-
cessivi di Francesco. Egli risponde "diligentemente", da innamorato. E la
sua risposta riaccende l'amore per Gesù Cristo, permettendogli di rivelarsi
nel suo tempio. Il gesto simbolico di offrire il denaro per accendere la
lampada dinanzi a quel Crocifisso denota il senso nuovo che sta dando alla
sua vita, rivolgendola totalmente verso Cristo, orientandosi a Lui. E' cosi
che viene riformato e diventa riformatore, ritrovandosi in Cristo, restau-
rando in Lui tutta la Chiesa.
Il gesto di Francesco, che restaura la Chiesa, diventa rivelazione sim-
bolica nella visione di Innocenzo III, che riconosce in quel piccolo uomo
il gigante che sostiene il Laterano cadente. Per comprendere lo spessore
di verità di quella illuminazione, si dovrebbe considerare il mosaico del
Turriti sul frontone della Chiesa di Ara Coeli, recentemente illustrato
da A . Recio (32). Il Laterano sta rotolando a terra e Francesco, tutto so-

30. 2 Cel 10 : FF 593.


31. Leggenda dei Tre Compagni, 13 : FF 1411. Il ritmo della beatitudine
entra nel suo cuore come un inizio del Cantico delle Creature: cf. C.
DEL ZOTTO, "Il Canto della Vocazione francescana", in: Vita Hinorum,
53 (1982) 506-515.
32. A. RECIO VEGANZONES, OFM, "Escena musiva medieval en la fachada de Ara-
celi (Roma) representando a Francisco en el sueno de Inocentio III",
in: AA.VV., S. Francesco e la Chiesa. Studi e Testi pubblicati nell'ot-
tavo centenario della nascita di Francesco d'Assisi 1182-1982 (Biblio-
theca Pontificii Athenaei Antoniani, n. 21), Ed Antonianum Roma 1982,

52
lo, gli oppone resistenza, gettandosi contro per sostenerlo con tutto il
vigore del suo corpo divenuto gigante. Fu un vigoroso atto di fede quanto
Francesco compi, sostenendosi con le pietre raccolte e levigate dal fuoco
del dolore, per adattarsi alla -misura" di Cristo, fino a ricomporre quella
mirabile opera, nel vigore dello Spirito Santo di Dio. Fu proprio allora
che la Chiesa fu rigenerata nel suo cuore di figlio devoto e cominciò a
perdere le sue rughe, per apparire nel suo mistero di santità feconda, per
rigenerare lui e i suoi figli nel suo grembo verginale (33).
Il restauro esterno è soltanto l'inizio di un'opera di trasfonrazione
interiore e di rigenerazione, mediante la parola e lo Spirito, di tutto
il corpo della Chiesa, nella misura in cui egli, Francesco, diventava Chie-
sa. —

Il ritmo della risposta introduce Francesco nella "santa operazione


dello Spirito del Signore" (34) e fa crescere in lui la Chiesa, nella misu-
ra in cui la Parola di Dio cresce nel suo cuore, che diventa "da infedele
fedele a Dio" (35), vivendo nella sua esperienza cristiana il mistero di
Santa Maria degli Angeli, della Verdine fatta Chiesa, come "corpo di Cri-
sto, pienezza di Colui che tutto compie in tutte le cose" (Ef 1,23). Questa
mirabile scoperta dell'unità dell'amore, che lo rigenera in Cristo, gli
permette di esultare nella ricomposta armonia fondamentale del suo essere,
restaurato nella fonte consacrante del primo Amore, nel fuoco incorruttibi-
le dello Spirito Santo. E' cosi che l'itinerario nuovo e vivente, aperto
dalla parola del Crocifisso nel cuore di Francesco, inaugura nel suo cammi-
no di credente la teoria dei pellegrini pasquali che continuamente incon-
trano il Signore e ne annunciano esultanti la risurrezione (36), felici

259-285. Il P. Recio spiega molto bene che è l'immagine di Francesco


scalzo e con le stimmate, umile e crocifisso, quella che rinnova la
Chiesa del Laterano (p. 275ss.).
33. Cf. K. ESSER, Sancta Mater Ecclesia Romana. La pietà ecclesiale di S.
Francesco d'Assisi", in: Temi spirituali, 158.
34. Cf. C. DEL ZOTTO, "L'esperienza dello Spirito Santo nella vita della
Chiesa secondo San Francesco d'Assisi", in: AA.VV., S. Francesco e la
Chiesa, 156-207. E' lo stesso S. Francesco che invita i suoi frati a
porre al di sopra di tutte le loro aspirazioni l'operazione santa dello
Spirito, Regola Bollata. 10,10 : FF 104.
35. Preghiera alla Vergine. 6 : FF 260. La fedeltà nasce dalla fede. Sola-
mente il rinvigorirsi della devozione alla Chiesa in un rinnovato spi-
rito di fede, permette di percepirle il mistero e di esperimentarne
la grandezza. La fedeltà è l'ultimo grado della conoscenza.
36. Leggenda Maggiore, 7,9 : FF 1129. Cf. C. DEL ZOTTO, il primato di Cri-

53
e raggianti nella celebrazione del Regno di Dio, in uno scambio gioioso
di doni, che edificano la Chiesa, ravvivando in essa la presenza di Gesù

Cristo Signore.
L'evento di S . Damiano può ben venire considerato il momento pasquale
dell'esperienza di San Francesco, l'istante felice del passaggio in Cristo
che lo rende cosi lieto della salvezza, ''contento solo di Lui, Altissimo
e glorioso" (37). La riscoperta della beatitudine del regno dà vigore di
significazione all'opera di restauro di chiese da lui iniziata come adempi-
mento del nandato ricevuto dal Crocifisso, che, vinte ornai le ultime resi-
stenze della morte, si libra nei cieli immensi della beatitudine nella cotk
piacenza del Padre, inaugurando il popolo nuovo del "Pater noster" (38),
dei figli, che "rifonmti" dall'obbedienza di fede alla parola del Signore,
vengono " c o n f o r t i " alla sua inrragine di luce (cf. Rn 8,2^-20) e compagi-
nati in tempio vivo del Signore nello Spirito.
Santa Maria degli Angeli segna questo momento di interiorizzazione corv
sacrante della parola, che, penetrando nel cuore, lo feconda, illumina ed
accende di insaziabile brarra di beatitudine. San Francesco sta assaporando
il senso della beatitudine, rrentre la Parola del Vangelo, che gli aveva
aperto il cuore nell'evento pasquale di San Damiano, diventa piena rivela-
zione del Signore risorto e rtanifestazione aperta del mistero del tempio,
dell'evento rigenerante della Pentecoste, ossia di quel ricordo memoriale
che fa rinascere la Chiesa nel suo genetliaco divino, rendendola raggiante
nella ricomposta unità e nella sua serena ed originale bellezza di santità.
Essa rinasce, rigenerata dalla parola e dallo Spirito, in ogni cuore fedele
e ricompone, in quel piccolo cielo, l'arco di pace dell'alleanza nuova ed
eterna, che solca le vie nuove e viventi del Regno di Dio, cavalcando irv-
sieme al cavaliere apocalittico, "fedele e verace" (Ap 19,11), che porta
sulla fronte il sigillo del Dio vivente "Verbim Dei" (Ap 19,13), edificando

sto nella vita di S. Francesco e nella Scuola Francescana", in Regalità


di Cristo: una verità che si fa vita, O.R. Roma 1983, 79.
37. Cf. nota 29. Il ritmo è dato dall'Ammonizione 20 (21) : FF 170.
38. Commento al Pater Noster" : FF 266-275. Ad esso si deve aggiungere il
testo della Regola nom Bollata, 23,lss. : FF 63-73, nel quale appare
espressa, in un ampio canone liturgico, comprendente tutta la vita del-
la Chiesa e del mondo, l'esperienza cristiana come consacrazione del-
l'universo in tempio della gloria divina, come compimento dell'opera
di "restauro" delle mura e della presenza memoriale, nella fase cele-
brativa della domenica della Chiesa, che è l'Apocalisse. E' questa la
visione della prima generazione francescana, che vede nell'Ordine dei
frati minori la Chiesa dell'Apocalisse, che scende dal cielo.

54
in Cristo quanti accolgono fedelmente nel cuore la sua Parola

vivente nella Chiesa ed p C „ h a e&bere egli stesso


c-l-lc oniesa ed esulto come una madre che oenera Hai
-edett „nitì ^

es
dal rn i P e r i e n Z a della misericordia rigenerante di Dio, discesa
dal cielo ccme una pioggia di d i a n o t i che rivestono a festa il Ph
a C h l e s a
incoronandola vera "reaina , >
vera regina en celo, cln la Vergene Maria"
E San Bonaventura che predette la grande illuminazione di fede all'è
sperlenza rigenerante della Chiesa, al vertice di un n o n
re che raccoglie tutta r , ™ Pellegrinaggio di aro-
i. ccogiie tutta 1 umanita attorno a quella chiesetta appena resta,,-
rata nelle ^ r a esterne, Santa Maria degli Anqeli ,
numerevoli uomini, colpiti da cecità r i T ^ ^
in ginocchio e con la f a c e ^ ^ a l T° ^ * q U M t a Chiesa-
Gl
verso l'aito a • 1 °- T u t t i Protendevano le rrani
verso 1 alto e, piangendo, invocavano da Dio misericordia e luce

e t ~ £ r

z z z z x z z z s r - —

L ™ LTTdalla m
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Z nella ,* " ^ " 1 « 1
e l l a Chle
s a , nel sacramento consacrante h » ì i , •
e d e l l ^ d i ^ ^ S ^ S ^ J S S S S ^ L ^ S S :
ReanÓ^fn""18™0 e S U l t a
^ "te «legione e festa del

d i 1 , J e U
™ t t ! f la T T t ',""e"™"t'J e stupendo che ^

le « r a , Viene fatta L i , * ^ di rigenerarne


zione dal Z I t " « r ^ n » al mister» dell'Incapa-
1161
nna J l S T ^ ^ a t t o r e Serafico San Bona-

c o n c i ii c r P r r r : ? r r - r

t r i ? . ™ e — — v r z

- i t i che 1 U 1 stesso concepisse e « r t o r i ^ ,„

39
- Leggenda Maggiore, 2,8 : FF 1049.

55
gelica" (40).
La rigenerazione avviene in una celebrazione liturgica, in quel vertice
di divina fecondità che è il ricordo memoriale della parola e del sacrifi-
cio pasquale di Cristo, che fa rinascere la Chiesa, edificandola in Regno
di Dio.
Dopo essersi prodigato nel raccogliere le pietre che gli permisero di
restaurare simbolicamente tre chiesette diroccate\ San Francesco fa l'espe-
rienza del mistero della Chiesa rigenerata dalla Parola e dai Sacramenti,
continuamente nascente dal costato trafitto di Cristo. E' qui che il primo
impatto di fede, reso saldo dall'esercizio spirituale di edificazione del-
l'edificio della chiesetta, permette di degustare tutta la pienezza di vita
e di beatitudine della parola, che diventa Vangelo, annuncio festante della
gioia pasquale, per il giovane Francesco. Mentre ascoltava il Vangelo della
Messa del giorno, che proclamava la missione degli Apostoli (cf. Mt 10,7-
13; Le 9,1-6), Francesco si ritrovò nuova creatura, ebbe la rivelazione
di sentirsi pienamente avvolto dal mistero di grazia della rigenerazione
nella Chiesa, mediante la Parola e l'Eucaristia: "Questo è ciò che deside-
ro, questo è ciò che bramo con tutto il cuore" (41). Dall'ascolto del ri-
chiamo divino di San Damiano a questo mandato apostolico di predicare il
Vangelo, dando alla luce, ossia rivelando con l'esempio e con la parola,
quell'annuncio di vita eterna, si compie l'opera di restaurazione della
Chiesa, passando dalle mura esterne alle "pietre vive, raccolte, per così
dire da ogni parte del mondo", per edificarle "in tempio dello Spirito San-
to" (42).

^0. Leggenda Maggiore, 3,1 : FF 1051. L'opera di Francesco si estende a


tutta la creazione e abbraccia tutto l'universo. Per questo lo stesso
Dottore Serafico usa una espressione significativa nei suoi riguardi,
considerandolo in certo qual modo quella Donna dell'Apocalissg (Ap 12)
che dà alla luce i figli di Dio o, secondo la parabola raccontata dallo
stesso Francesco a Innocenzo III (cf. 2 Cel 16 : FF 602) della donna
molto povera e bella, della quale il Re dei Re si innamorò e le donò
molti figli nel deserto e poi accolse nella sua casa perché gli rasso-
migliavano, ossia erano tutti "riformati", conforme alla sua immagine
di gloria (cf. Rm 8,29).
41. Leggenda Maggiore, 3,1 : FF 1051.
42. 1 Cel 38 : FF 387; cf. C. DEL ZOTTO, OFM, "la dimensione evangelica
e la funzione ecclesiale della fraternità francescana alla luce del
Vaticano II 0 , in: AA.VV., Lettura delle Fonti Francescane. Temi di vita
francescana: La Fraternità, a cura di G. Cardaropoli e C. Stanzione
(Pubblicazioni Istituto Apostolico, n. 8) Ed. Antonianum 1983, 15-68.

56
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e il suo insegnamento s i r i n n o v i iT ch °' 1 & S U a
uomini e donne» (43) E San T t ^ ^ SU0± f e d e l i '
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quella -'santa operazione dello Spirito» T P a l m e n t o vitale di

^ T ^ T Risorto ( c f Gv O ^ T ^ T ^ ^
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(cf- 2 T 3,16; 1 14 27) P ^ ^ ^ ^ VÌ d Ì a ^ e "


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pltto ; e> con 16 sue anTOnizi °ni
che prima, in d i s c o l i a con C r i s t o s f , " " --
TOltÌSS i

(45). I presenti si sentono J Z ^ V ^ T ^ ^


q nU
con vigore profetico e 7 °V° annunciato
- rinnovate^ i n n ^ z a ^ "
r i f o m a
- v i e n e per simpatia, che si t r l w ' p i e t r e vive
v.8> e in c ™ ^ ™ ^ ^ (cf. 3 *

e ^ r * ? a ~ ^ s u ° —
l a S C l a n d o ni
rinnova il pelleorinannin V ' °9 cosa» (46). S i
-li pellegrinaggio pasquale del popolo di Din e • ,

«. l_C£l 37 : FF 384; cf. anche il T e s I a £ e n t o J L S ^ : FF 1 3 2 1 3 5

Testamento. 127 : FF 121.


Leggenda Maggiore. 3,2 : FF 1052.
Leggenda Maggiore. 3,3 : FF 1054.

57
e reso fecondo dalla parola, sì da impersonare quella "donna bellissima
e povera del deserto, amata dal Signore" (47) e in procinto di diventare
la Donna apocalittica, che compie tutti i misteri della salvezza di Dio,
generando i figli del Regno (cf. Ap 12). Santa Maria degli Angeli è tutto
questo per Francesco, ma è soprattutto la sua immagine di Chiesa: la Vergi-
ne (ossia il credente fedele) che diventa Chiesa, in virtù della fedeltà
che la introduce nella festa definitiva del giorno del Signore.
La modalità nuova è quella inaugurata dal Risorto. Chi crede, diventa
fratello sorella e madre di Cristo (cf.Mt 12,50), Chiesa, vivendo la gioia
della prima beatitudine, quella della Vergine Madre Maria, la prima creden-
te chiamata beata (cf. Le 1,45) e di tutti coloro che, ccme Tommaso, rie-
scono a fare il passaggio della adesione di fede (cf. Gv 20,29). La vergine
che diventa Chiesa è l'ultima rivelazione di Dio, quella che inaugura i
cieli nuovi della risurrezione, quella che squarcia il velo del tempio e
apre il cielo, permettendo di contemplare gli Angeli di Dio che salgono
e scendono sul Figlio dell'uomo (cf. Gv 1,51), ossia, per Francesco, Santa
Maria degli Angeli, la Creatura prediletta, che diventa Madre di Dio, re-
stando vergine, in virtù della fede genera a Dio i figli del Regno e così
diventa veramente regina, "en celo coronata".
La benedizione di Dio segna il passaggio dell'arco di pace nel cielo.
Così ogni partecipazione della vita divina, ccme benedizione, diventa quel-
la alleanza nuova e definitiva, che si compie nei cieli e rivela i cieli
come abitazione degli eletti, ai quali è premesso il regno dei cieli (cf.
Mt 5,3-11). E' così che a Santa Maria degli Angeli anche Francesco ha la
sorpresa e la gioia di scoprirsi madre. Quando si presentò a lui il primo
fratello che il Signore gli aveva donato, com'egli stesso confessa nel
Testamento (48), egli esultò ccme quella partoriente del Vangelo, che ha
dato alla luce un figlio di Dio (cf. Gv 16,21). "Ascoltandolo, il servo
di Dio si sentì ripieno della consolazione dello Spirito Santo, perché ave-
va concepito il suo primo figlio" (49).
C& da quel momento egli sa che non può più essere solo. Dovunque uno
accetta di essere di Dio, nella dimensione del Corpo di Cristo, che è la
Chiesa, diventa "pienezza di Cristo" e realizza nella sua vita la pienezza
della vita divina ccme beatitudine di grazia incorruttibile e gloriosa.
Il Santo proporrà questo paradigma ecclesiale come struttura fondamentale

47. 2 Cel 16-17 : FF 602-603.


48. Testamento, 16 : FF 116.
49. Leggenda Maggiore, 3,3 : FF 1054. E' l'ascolto del Vangelo del gior
no in quella piccola chiesa che rende Francesco beato nella beatitudin
evangelica del Regno di Oio e lo rende fecondo nel suo amore verginale

58
della fraternità, che nella Chiesa diventa struttura portante e centro di
irradiazione feconda, beatitudine del Regno di Dio che viene, segno pe

è 6
quanti T " ? ^ " ^ * ** ^ ^ P-tecipi
quant, crede n d o al Vangelo (cf. Gv 17,21), i n s i ^ si sentono attratti
6 n e l S U t 6 S t Ì T O n e f 6 d e l e 1 3
f i T ^ T T ° - ^ ^ testimonianza
la fedeltà della sposa vergine p e n t o n o di entrarvi e di comprendere
il mistero del Regno di Dio.

3
" ^ ^ ^ ^ ^ ^ Chiesa Ro-
maria

La Chiesa custodisce per Francesco il mistero del Regno di Dio E' essa
stessa mistero. Per ni,P=tn -ne.,*. ,
n
°n ^ ^ ^
S 6 n z a r i v e
liale Eoli è i T T , ™ z a fi-

;
9
i i ^ S i i l ^ ^ d e l l a ^ ^ a n ^ ^ cattolica rorana

ticandola in se e negli altri.


Appena Francesco s i accorge d i e s s e r e oggetto singolare di una i n f i n i t a

u'r:' r
P^rrecipare il dono, la grazia divina (cf
h a aitro d e s i d e r i
At ?n
° — - • ^
ch e r e n d o n o f i _ e , sul - - i n virtù di n

r ; c c m e
u n f i 9 u
°deiia
s i
" z T d ^ o * *
S la 9 r a t Ì a
en e a la D ' a " ^ ^ ^ " ° "' Per-
venire alla pura semplicità e alla perfetta Trinità del Padre del f ^ -
e dello Spirito Santo (rai ti i Figlio
dichiarati sola gratia non appare limitativo, quanto
0 8 8 e S P
;eSSÌV° ^ ^
d Ì
^ a U ^ " ^ ^ d a z i o n e d e ù a sai!

STdI; ~ r ~ t e nellatellezza~ -
1 V 6 n t a m U n Ì C d 0 n 6 s i C
Diar ^ ° ° - P i e nella divina com-
co

Il P. K . Esser mette in luce il sentimento devoto e filiale di San


Francesco nei confronti della Chiesa, trattando della sua pietà " c l e s a S
d , q u e l l ^ n s o a ™ r e che rigenerava in sé i fratelli e li r e s t i l a a '
Dio ccme sua pura lode di oloria fR-M tt 'esxiruiva a
9 & ( 5 1 1 1 S U 0 s e n t l T O n t o
cera e di a J , • di devozione sin-
0 0 6 i n C
°ndÌZÌOnate
l a
o q stT ^ a v e di lettura di tutti
1 suoi gesti, segno espressivo di un am^re incondizionato e sincero Altri

rrrr v
sull tesso rticoiare che 11 " ' ^ - ^ --
rimento m ultima analisi alla chiamata originale di Gesù Cristo e alla
missione apostolica c „ n a n C t o esplicito di edificazione c Z e neUa

Pranzisi Lsi"
- 17 ( l g 5 4 ) 1 7 6 _ ] 9 0 ; ^ ^ ^ , vt oa ni i a n a •
t i ;
• >tH. Temi spirituali. 285-3 14, p . 290.

59
Chiesa, non ha mai parole di biasimo o di critica di quanto viene operato
dal Papa, dai Vescovi e da quanti sono partecipi di una funzione gerarchi-
ca, ma una incondizionata comprensione di amore e un immenso desiderio di
rigenerarli a Cristo come una madre il suo unico figlio prediletto (52).
L'esperienza di Chiesa, fatta da Francesco, anche nelle sue peripezie apo-
stoliche e nelle sue predicazioni popolari, diventa paradigmatica per un
apostolo ardente ccme lui, che ha imparato a donare al mondo la contempla-
zione di Dio e a Dio la gioia di raccogliere i figli nella sua consolante
dimora di grazia, la Chiesa.

a) "Seguire le o r m e a u g u s t e d e l l a S a n t a M a d r e Chiesa".

Fin dalla prima esperienza di conversione, Francesco si ritrova a "di-


morare" nella Chiesa. Avendo lasciato tutto, gli rimane soltanto la chiesa
come dimora e la "mensa del Signore" come nutrimento. La povertà, scelta
come opzione del Regno di Dio e beatitudine dei figli del Regno, diventa
liberazione e affidamento a Dio, presso le cui dimore egli si ritrova a
scoprire il Padre celeste e ad esultare nella sua compiacenza: "Oh, com'è
glorioso, santo e grande avere in cielo un Padre!" (53).
E' così che egli apertamente confessa nel Testamento che il suo itine-
rario di fede gli ha fatto incontrare il Signore velato, dalla lebbra, nel
"fratello lebbroso", che diventa il "fratello cristiano" (54); dal mistero
della morte, che si apre alla visione del risorto; dall'esperienza della
misericordia, al suo esercizio verso tutti i peccatori. Il più grande atto
di fede egli lo fa nel Signore realmente presente nel mistero eucaristico.
La chiesa edificata di pietre diventa per lui il luogo dell'adorazione eu-
caristica: "Ti adoriamo, Signore Gesù Cristo, in tutte le tue chiese che
sono nel mondo intero e ti benediciamo, poiché con la tua santa croce hai
redento il mondo" (55).

52
- Leggenda Maggiore, 9,4 : FF 1168: "Ma, mentre questo eccesso di carità
e di devozione lo innalzava alle realtà divine, la sua affettuosa bontà
si espandeva verso coloro che natura e grazia rendevano suoi consorti...
Non si riteneva amico di Cristo, se non curava con amore le anime da
Lui redente".
53. Lettera a tutti i fedeli, 9,48-56 : FF 200-201.
Leggenda Perugina, 22 : FF 1569; Fioretti, 25 : FF 1857.
55. Testamento, 5-6 : FF 111. Il restauro della chiesa e la rigenerazione
dei suoi figli, mediante la comunione di fede e di amore, si compie
nel silenzio dell'adorazione eucaristica. E' nel nome del Signore,
"corporalmente presente" (Test. : FF 113) che, finalmente, i molti di-
ventano uno (cf. Gv 17,20-21) e la Chiesa entra nella festa del Regno

60
Restaura così anche i fratelli, regalatigli dal Signore, ravvivando
in essi la fede pasquale, ossia la visione del Signore, anche se velata
da debolezze umane particolarmente visibili in coloro che sono costituiti
gerarchicamente come pastori e guide del popolo di Dio e ministri dei mi-
steri santissimi (cf. 1 Cor 4,1). Egli crede veramente che con la venuta
del Signore nella debolezza della carne umana, anche l'uomo sia rigenerato
e ricostituito in dignità, di modo che in lui non debba essere più determi-
nante il peccato, bensì la grazia: l'ucrmo in Cristo! E' quella splendida
figura di uomo nuovo restaurato, riformato dal battesimo e reso vivente
in Cristo, che egli contempla in ogni volto, sia pur velato da una lebbra
ben più appariscente della malattia fisica, dall'oscura.e pesante macchia
del peccato. E' qui il suo genio cristiano, che gli permette di obbedire
più a Dio che agli uomini, di mettere in luce la grazia, propria di ciascu-
no, come dote nativa del Padre e la immagine bella del Figlio primogenito,
già fulgente e radiosa nell'alba pasquale della vita che risorge, ravvivata
dallo Spirito che tutto raccoglie, rigenerandolo nell'unità del primo amo-
re. Francesco lo dichiara solennemente nel testamento: "Poi il Signore mi
dette e mi dà tanta fede nei sacerdoti che vivono secondo la forma della
santa Chiesa Romana, a causa del loro ordine, che se mi dovessero persegui-
tare voglio ricorrere ad essi. E se io avessi tanta sapienza, quanta ne
ebbe Salomone, e mi incontrassi in sacerdoti poverelli di questo mondo,
nelle parrocchie dove abitano, non voglio predicare contro la loro volontà.
E questi e tutti gli altri voglio temere, armare e onorare come miei signo-
ri, e non voglio in loro considerare il peccato, perché in e s s i io ve-
do il F i g l i o d i D i o e sono miei signori. E faccio questo perché,
dell'altissimo Figlio di Dio nient'altro io vedo corporalmente, in questo
mondo, se non il santissimo corpo e il sangue suo che essi soli consacrano
ed essi soli amministrano agli altri" (56).

Francesco riforma quindi l'uomo, richiamandolo alla sua dignità di fi-


glio di Dio e di immagine e somiglianza di Cristo. I_a grazia ravvivata nei
cuori ravviva l'immagine di Cristo e la rende visibile, riformando il cuore
e il volto della creatura: "Ricordati, o uomo, in quale sublime condizione

di Dio, nella Domenica di Resurrezione.


56. Testamento, 8-12 : FF 112-113. La piena accettazione di fede del miste-
ro della Chiesa e il riconoscimento del Signore sotto tutti i veli,
sacramentali o personali, rendono Francesco un pellegrino pasquale e
un vero "restauratore" di tutta la Chiesa. E' la visione del Signore
che fa la Pasqua e rende il cielo beato. Chi si ferma ai difetti della
Chiesa e non vede in essa il Signore, è uomo di poca fede e non entra
nella beatitudine dei credenti.

61
ti ha posto Dio che ti creò e ti fece a immagine dei suo diletto Figlio
secondo il corpo, e a sua similitudine secondo lo spirito (cf. Gen 1,26;
Rn 8,29; Col 1,27;3,1-4). Il senso della vita è "rivelazione del Figlio
di Dio" (cf. Gii 1,15-16), mediante una piena conversione a lui, ossia una
conoscenza piena di riconoscenza, nell'esultante esperienza della sua mi-
sericordia. L'incontro con i lebbrosi fu per Francesco quella svolta, che
potrerrmo ben definire "riforma" della sua vita; l'incontro con il difetto
del volto, pieno d i rughe, della Chiesa, stimola il suo sguardo di fede
e gli permette di riformare il suo cuore, vivendo la prima di tutte le bea-
titudini, quella della Vergine Madre Maria (cf. Le 1,45), divenendo in
qualche modo fratello e madre di quel suo "prossimo" debole e bisognoso
di misericordia, che egli abbraccia con la tenerezza di Cristo, vivendo
con lui la beatitudine dei risorti, che penetrano il velo del mistero e
contemplano risorgente colui che è ancora avvolto di quel manto di fragili-
tà, in attesa che qualcuno sveli in lui la presenza di Cristo, facendone
per primo memoria. E' la celebrazione della Pasqua giovannea, presente fin
dall'inizio della conversione in quell'immagine di Risorto che dalla croce
di San Damiano ascende al Padre e già diffonde la vita, effondendo il suo
Spirito e riconciliando nella pace i figli del Regno (57). Forse per questo
Francesco ha una predilezione anche per l'altra modalità della Pasqua gio-
vannea, che è incentrata sullo stesso mistero di fede, quello che introduce
nella grande celebrazione eucaristica, la lavanda dei piedi (58).

Le categorie pasquali diventano talmente determinanti in lui, che tutta


la sua vita acquista il ritmo di un pellegrinaggio con il Risorto per le
vie della vita, verso la terra dei viventi. Lkio che rinasce continuamente
in questa fondamentale unità di sentimenti con Dio, in sé e con gli altri,
in virtù di quella inesauribile creatività dell'amore che ha il potere di
far nuove tutte le cose, raccoglie ed edifica la Chiesa, riconciliandola.
In questa mirabile esperienza di grazia, Francesco vive nella pura di-
mensione del dono e partecipa il suo dono, riconoscendo gli altri doni,
molteplici e splendidi, che il Padre gli affida lungo il cammino, permet-
tendogli di accoglierli con bontà, rigenerandoli tutti nella pura fonte
della grazia, che è la Chiesa, Madre dei Santi, mediante la celebrazione
dei Sacramenti e la continua esperienza del Sacramento primordiale, che
è Cristo, vivente nel mistero eucaristico nella massima evidenza dell'amore
"corporalmente presente" (59) ccme fonte di vita e di santità.

57. Cf. 0. VAN ASSELDONK, OFM Cap., "De Crucifixo sancti Damiani, qualem vi
dit et "vixit" Franciscus", in Analecta Ordinis Fratrum Minorum Capuci-
norunt, 97 (1981) 374-388.
58. Ammonizione IV, 1-3 : FF 152.
59. Testamento, 12 : FF 113.

62
Appena ricevuto il dono dal Signore, Francesco si premura di parteci-
parlo non solo a tutti i suoi vicini, ma di renderne omaggio solenne alla
Chiesa tutt'intera. M i sembra appropriato il parallelo con l'esperienza
pasquale dei discepoli di Errmaus (cf. Le 24,13-35), tanto più che lo stesso
Santo la suggerisce in una sua significativa catechesi ai suoi fratelli
(60). Il pellegrinaggio a Roma di Francesco con i suoi primi compagni di-
venta questo ritorno a Gerusalemme dei due che hanno visto il Signore. An-
che l'atmosfera descritta dai biografi sembra indicare una esultanza che
è frutto di una novità sorprendente, quasi una celebrazione del Regno d i
Dio (61).
Appena giunto, Francesco non pretende di insegnare qualcosa, ma chiede
il mandato di annunciare Qualcuno, che gli ha talmente rapito il cuore,
da trasformargli la vita, immettendolo in una nuova esperienza, che egli
chiama rivelazione: "Lo stesso Altissimo m i rivelò che dovessi vivere se-
condo la forma del Santo Vangelo. Ed io con poche parole e semplicemente
lo feci scrivere, e il Signor Papa me lo confermò" (62). La rivelazione
gli viene dal Risorto, il mandato gli è conferito dal Papa. In virtù di
quel mandato apostolico egli, da semplice testimone del Risorto che era,
viene ufficialmente incaricato di ravvivare nella Chiesa quella "forma di
vita evangelica", che avrebbe restaurato non solamente lui e i suoi pochi
fratelli, bensì tutta la Chiesa. Egli, infatti, riscopri e ravvivò la vita
apostolica di quei pellegrini che, ascoltando il Vangelo della salvezza,
si erano talmente lasciati attrarre da Cristo che ne condivisero la vita
e poi furono per primi "mandati" alle genti tutte, ccme messaggeri del Re-
gno di Dio, nella gioiosa e coraggiosa testimonianza di avere visto il Si-
gnore e di sapere bene che per prino Egli era apparso a Simone (cf. Le 24,
34).

Qjesta doppia testimonianza: che il Signore è risorto ed è apparso a


Simone qualifica la comunione della Chiesa raccolta attorno a Simone, che
aveva conosciuto la debolezza, ma che era stato poi "riformato" dalla fede
e graziato in virtù della preghiera di Gesù (Le 22,31-32) e della riconci-
liazione (cf. Gv 21,4-19) unita al mandato di "conferrrare i fratelli" (Le
22,32). A questa testimonianza, che l'arrivo dei pellegrini da Assisi rende
più vigorosa nei Ministri del Tempio e in tutta l'assemblea conciliare (63),
si unisce quella più dimessa, ma non meno raggiante del Poverello, il quale

60. Leggenda Maggiore, 7-9 : FF 1129.


61. Cf. C. DEL ZOTTO, OFM, Franz von Assisi, lebendiger Garant des Wortes",
i n :
Franziskanische Studien, 60 (1978) 372.
62. Testamento, 16-18 : FF 116.
6 3 . Cf
- Legenda Trium Sociorum, 49 e 51-52; Th. DESBONNETS, Legenda Trium

63
partecipa il suo dono e prega il Papa di comunicare alla Chiesa il frutto
di quella esperienza d'amore, permettendo non solo a lui, ma a tutti coloro
che lo desiderassero, di vivere "secondo la forma del Santo Vangelo" (64).
Si ravviva in Francesco, nel suo unile comportamento di compitore della
parola del Vangelo, il mistero della pienezza del Regno di Dio che viene.
La totalità dell'amore gli fa scoprire la Chiesa come pienezza di Cristo
(cf. Ef 1,23) e ne rimane conquiso. Sembra quasi di percepire quella brezza
del mattino della vocazione apostolica del primo degli Apostoli (cf. Le
5,1-11), il quale, con i primi due soci, esperimentò, come un'ondata di
Pentecoste, la gioia di essere, per prima, quella Chiesa, che accoglie fe-
dele e festante il Signore che viene. La realtà terrestre, sia essa barca
da pesca o dimora di sofferenza, ufficio di imposte o tempio di preghiera,
società per azioni o asilo di pellegrini, viene pienamente trasfigurata,
quando, di buon mattino, viene il Signore e quanti l'ascoltano hanno la
gioia di essere introdotti nella barca di Pietro, divenuta, in virtù della
presenza salutare di Cristo, parola e mistero di comunione eucaristica,
vera "Communio Sanctorum", introduzione alla festa del Regno di Dio che
viene. Quel mattino rinnova la freschezza corroborante del mattino primige-
nio, quello che irruppe festante nel fulgore del giorno che vide ascendere
il Primo dei Risorti. Francesco è diventato veramente un mattino d'incontro
con il Signore che percorre le vie degli uomini, introducendoli tutti nella
comunione dell'amore che rende uno (65). In lui Gesù Cristo stesso genera
l'unità, compaginando i figli di Dio nell'unico pane e fondendoli nell'uni-

Sociorum, in: Archivimi Franciscanum Historicum, 87 (1974) 126ss. cita-


zione: DESBONNETS, Legenda).
64. Cf. in merito A. BONI, Componenti essenziali..., 143: "Poiché i provve-
dimenti del Concilio Lateranense IV non toccano minimamente la frater-
nità francescana, si deve concludere che detto Concilio ha ritenuto co-
me pienamente legittima la sua posizione giuridica, in quanto fondata
sulla istituzione religiosa apostolica (approvata da questo Concilio)
ed in quanto approvata, come fraternità specifica, dalla Sede Apostoli-
ca prima del Lateranense IV".
65. Cf. L. HARDICK, "Franziskus, die Wende der mittelalterlichen Frommig-
keit" in: Wissenschaft und Weisheit, 13 (1950) 130ss. L'A. richiama il
fervore pasquale di alcuni movimenti prima di Francesco e inserisce
l'impulso da lui dato come una modulazione alleluiatica nel grande inno
pasquale della Chiesa, facendo propria la opinione di Anselmo di Havel-
berg, che saluta Francesco con il giubilo pasquale "surrexit": "Sur-
rexit Augustinus, surrexit Benedictus, surrexit alia nova congrega-
tio...".

64
CO calice salutane, che nutre la nostalgia di beatitudine di tutti i f i g l i

La beatitudine diventa la modalità rivelata, la perfezione della vita


nuova segnata dall'acre. -Beato quel religioso, che non ha g i o c o n d i
e letizia se non nelle parole e nelle opere santissime del Signore e me-
diante queste, conduce gli uomini all'amore di Dio in gaudio e L i z i a J ) .
Di fronte a quest'uomo che ha scelto & s ù Cristo come suo unico Bene non

— i v r rco9iie ia m ^ - — — * -
6 l n t U Ì S C e C h e S t a P 6 r 9 1 U n 9 6 r e a l
t t 1 suoi d H - P - ^ O di
tutti 1 SUOI desideri, sta per degustare il s e n s o definitivo, entra nella
pienezza dei tempi, che acorrono verso Cristo e si compiono n L
presentazione del Regno al Padre (cf. 1 Cor 15 24-28)

l ' e s o e S ^ F ' n e l l 0 P 0 r a C C O n t ° r Ì V 6 l a t o r e d e l ^ t e r o personale del-


1 esperienza di Francesco, osservano come tutti fossero sorpresi e felici

^ e l l T ^ ; ^ " S 6 9 U a C e 0 6 1 V a n 9 6 l ° d l C r i s t 0 e un ^
P
Pao o d °ntÌfÌCÌa' ^ C a r t l n a l e " Colonna di S .
a l 1 6 S U l t a n Z a C C
^ t i s Z T 1 ' ™ esclamando: " I o ha trovato un uon»
perfettissimo, il quale vuole vivere secondo la v

C 0 S à
IT kono" ' ^ Perfezione
016220
fede deTì ^ ^ ^ ^ ^
ìnt^Chiesa». Q u " ^ parole c o l p l ^ ^ — ^
che ordino a l Cardinale d i condurrli Francesco (67)

con l e f l 1 1 1 i e 9 n Ì n a g 9 Ì ° a R 0 m a d e i ^ ^ i c i f r a t i c e l l i ha molto in comune


con l e p e l l e g r i n a z i o n i p a s q u a l i d e g l i Apostoli, che tornano a Gerusalorrme
Per confermare i l mandato ricevuto cfcl Signore d i e s s e r l i testimoni I T
ciando n vangelo e battezzando f i n o a i c o n f i n i d e l l a t e r r a ( c f . Le 24 47-

% 12,5 T i
2 8 2 0 ) p r i o i n v i r t ù d i q u e i i a s u a
;r ' r — ~
16,12) di pellegrino d'amore e. araldo della parola di vita anch'eoli er^
tra nella c storia,
"fedele.., edificando
h e g a r a n t i s c e l a
il Regno di Dio (cf Ap 19 T

(68)' ^ 1 CÌC1Ì — ^
I Tre Compagni ricordano bene: -Vedendo Francesco che i l Signore accre
sceva i suoi f r a t e l l i in nur.ro e in reriti - erano ormai dodici, p e r ^ L

66. Ammonizione 20 : FF (Am 21) 170.


67
- LeSì^a Trium Sociorum, 48; DESBONNETS, Legenda, 126 • FF 1457
68. La v^ta come celebrazione pasquale diventa la modalità specifica della
- a . o n e c r . t i a n a , che Francesco ricorda ai suoi frati; facendone me-

FF 1129 1e l " e ' " "


r Ì f 6 r Ì S C e S
- BONAVENTURA, A g e n d a Maggiore. 7,9

65
mente concordi (l'accordo interiore riforma ciascuno dì loro!) nello stesso
ideale - , si rivolse agli undici, lui che era il dodicesimo (Francesco si
mette all'ultimo posto! ), guida e padre del gruppo: "Fratelli, vedo che il
Signore misericordioso vuole alimentare la nostra comunità. Andiamo dunque
dalla n o s t r a M a d r e , l a s a n t a C h i e s a R o m a n a , e comunichiamo al sonv-
Pontefice ciò che il Signore ha cominciato a fare per mezzo di noi, al
fine di continuare la nostra missione secondo il suo volere e le sue dispo-
sizioni" (69).
L'analogia con il viaggio a Gerusalemme di Paolo e Barnaba (cf. At 15)
è facile coglierla dal contesto. L'amore dei giovani frati e tale e tanto,
che essi anticipano nella speranza la beatitudine dell'incontro con il Pa-
pa La nostalgia del desiderio li fa celebrare per via l'evento: "Eleggiamo
come capo uno del nostro gruppo, considerandolo quale Vicario di Gesù Cri-
sto. Andremo dove lui ci indicherà, e, quando stabilirà d i fare una sosta,
ci fermeremo" (70). I frati vanno con gioia verso la "Curia Romana", vanno
a farsi riconoscere dalla loro Ntedre, dalla "Santa Madre Chiesa Romana".
Il loro atteggiamento di aro re li rende edificanti lungo il cammino ed edi-
fica in loro e per loro, tutta la Chiesa. L'amore ha un'immensa capacita
di coesione, tutto raccoglie e sigilla nell'unità. Quand'è vero, l'amore
rende sempre uno. Proprio così: i frati, accolto con riconoscenza il dono
d i Dio, felici di essere "figli della grazia", "lieti nel Signore (cf. F U
4 4) giocondi e convenientemente graziosi" (71), "carmunavanq tutti giuli-
v i , parlando t m loro le parole del Signore" (72). "Il Signore s'incaricava
di preparare loro l'ospitalità e procurava fossero serviti del necessario
(cf. M t 10,7-13 = Vangelo della conversione e della missione di France-

sco!). ,
Arrivati a Rama vi trovarono il Vescovo di Assisi, che li ricevette
con grande gioia. Egli nutriva una stima affettuosa per Francesco e tutti
i frati; rra, ignorando il motivo della loro venuta, fu preso da ansieta:
temeva che volessero abbandonare Assisi, dove il Signore aveva cominciato
per loro mezzo a campiere meraviglie di bene. Egli era lieto e fiero di
avere nella sua diocesi uomini così zelanti, sulla cui vita esemplare face-
va moltissimo conto. Quando però seppe lo scopo del viaggio e comprese i

69. DESBONNETS, Legenda, 46, p. 124 : FF 1455.


70. DESBONNETS, Legenda, 46, p. 124 : FF 1455.
71. Regola non Bollata, 7, 15-17:FF 26-27; 2 J * 1 128 : FF 712. Credo che
si debba interpretare e tradurre rettamente l'aggettivo "graziosi",
come "figli della grazia", qualifica che il Celano attribuisce al gio-
vane Francesco: l_Cel 13 : FF 342: "il figlio della grazia".
72. DESBONNETS, Legenda, 46, p. 125 : FF 1455.

66
e ^ ^ ^ ^ n
lo, vescovo d i sabina o l i ^ ^ ^ ^ ^ ^
larmente a t t u a t o ^ g " ^ ^ ^ ^ * '
^ l A s s i s . (11 velvo f a T t > ^ ^ ^ - d ^ e s c ^

Giovanni d e s i d e r a v a vivamente d ^ ^ I

- d ò loro un ^ e I n v e t r i ' ^ ^ * * Ro-


Pochi giorni che passarono , 7 ^ ^ * ^
ti discorsi ed esempi, Il c a r t i n a ^oro san-
ate rispondevano a verità sTra « " f * * " * ^he le i n f e z i o n i r i c e _
6 a l l e
preghiere e chiese, come g V a ^ "" ^ ^ ^ ^
d e l
d'essere considerato uno di l o r o ri ^ f ^ ^ dono!) speciale,
- t a e, c e ebbe ^ sua
S Ì
come loro rappresentante alla curia ^ Z ) ^ * ^ ^

6 6
- - " t ^ . r r ^ — o , che
il cardinale Giovanni * S p I I ^ ^ ^ - n t e
da quell'innocente bontà evangelica' e & J T Z ^ ^
9 6
* &1 fratl
1 1
la penitenza. ^ d a t o di predicare
"Il giorno dopo, l'uomo di n-i^

r r r ' -
i ^ ^ r r ^ ^ r 1 ^ ' S s
'roltiplicati in numero „en
i. • y a z i a , v e n i t e a riferirr*»"!^ »
P r i v i l e g i rraggiori e i n c a r i c h i mn f e r i r c e l o , e noi v i a c c o r r e r e ™
R -"icaricni pi U impegnativi" (74)

™ " t e segnato ^ T ^ ^ T T * ^ ^
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«.tu A ragione ^ e T ^ J T ™ "
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« t e n t a l e disponibile rende subito ^ T T ' T "
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id., "Oas Wort Gottes
e s i» i.k
in Leben des hi.

67
Fu anzi la perspicacia di Innocenzo III a permettere che quella sempli-
ce iniziativa di un minuscolo gruppo di frati, che intendevano vivere da
fratelli, diventasse una "forma di vita" riconosciuta e stabile, un
"Ordine" nella Chiesa. La vera riforma di Francesco sta nell'aver stimo-
lato e ravvivato nella Chiesa questa modalità, che s'era assopita nei cuo-
ri, anzi non era ancora stata sufficientemente esperimentata, la modalità
di consuetudine di vita degli Apostoli, condividendo la "sequela di Cri-
sto", ossia divenendone "annuncio reale" come si esprime felicemente H .
Schlirmann, per venire continuamente abilitati al ministero della parola
per l'edificazione del popolo di Dio (76).
E' naturale che tale vigorosa irradiazione della "potenza del Vangelo"
non potesse fermarsi all'interno della Chiesa cattolica, ma diventasse au-
rora di speranza per tutti i popoli, nel mandato che Francesco darà poi
ai suoi Frati, precedendoli con l'esempio, e confermandoli con la Regola,
approvata con bolla pontificia di Onorio III, di "andare tra i Saraceni
e tra gli altri infedeli" (77), sempre tuttavia conservando lo "stile" de-
gli Apostoli, che si edificano in Cristo condividendone la vita, concordi
e unanimi e "confessando di essere cristiani", disposti all'annuncio espli-
cito e alla partecipazione sacramentale, "quando vedranno che piacerà al
Signore" (78).
La grazia diventa la modalità "francescana" di essere nel mondo ccme
cristiani e figli devoti della Chiesa, ravvivando quel segno che Gesù ha
chiesto al Padre di realizzare come testamento e ultimo atto dell'edifica-
zione del Regno di Dio: "Per loro io consacro me stesso, perché siano an-
ch'essi consacrati nella verità... perché tutti siano una sola cosa. Ccme
tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch'essi in noi una sola cosa, pelu-
che il mondo creda" (Gv 17,19-21).
La partecipazione reciproca del dono ricevuto in una continua condivi-
sione fraterna, diventa vera riforma cellulare della Chiesa. Poiché è nel-
l'esercizio dell'amore del prossimo che il Signore può rivelarsi anche og-
gi. I fratelli, amandosi "cane una madre ama e nutre il proprio figlio"
(79), anzi ancor più di una madre, "con più intenso affetto" (80), non per-

Franziskus", in: AA.VV., La Sacra Scrittura e i Francescani, Ed. Anto-


nianum - Roma Jerusalem 1973, 19-30.
76. H. SCHURMANN, Orsprung und Gestalt. Erorterungen und Besinnungen zua
Neuen Testament, Dusseldorf 1970, 48.
77. Regola non bollata, 12,1 : FF 107.
78. Regola non Bollata, 16, 6-10 : FF 43.
79. Regola non Bollata, 9,11 : FF 32.
80. Regola Bollata, 6,8 : FF 91. In questa formulazione della Regola si ha

68
u a e i i a l o r
o presenza di veri finii
9
rion a ltu c e
irrompente e gioiosa vitalità h- 4- - O^ta
« c.ist„ e l
mandato apostolico Tal. " alimento
». ^ J T i ^ r r r , ^ s e n z a
le opere» ( 8 1 ) . risonanza di Cristo con l e parole e con

» Adempiendo il a n d a t o apostolico della .ita Traterna.


La rivelazione di F r a n r ^ ™ „ • ^
d e l
nuova f 0 m a di vita: ^ d Z che T ? ^ ccme
d e i
mostrava che cosa dovessi f a 7 e I *"* — n o mi
.vere
l e e C h
semplicemente l o l S ^ ^ — " " " ^
S
n « genio d i r i f o ^ t o ; " ^ 0 H I < ® •
re e d i c r e d e r e nel i ^ ^ ^ r « 1 W
presenza ^ ^ X ^ Z Z Z ' ^ U T ^ *
reciproco generoso e cortese servizio |a edificazione comune,
- s t o divenne il suo tutto e * ^ ^
- - potrerrmo designare g ^ l l a p ^ l d i T "
cuore, interpellandolo di tra le piaghe d e l 7 2 ^ ^ "
trafitto del Crocifisso o r - ° ° encrT1^ndo cuore
"d"eSSa" ^ 1 1
fratello, p a o c a ^ ^ i ^ T t ^ * * * **
chiedendogli di t ^ ^ ^ ~ —ricopia,
in Lui mediante l ' u l t i ™ " t r a o i l J T edificarlo pienamente

9 permise di diventare "voce di Cristo

accrescimento e una intensificazione dol 1

d rchiasmo d e i i a
-.il."... c t ; p i ù evidente
| " 0 figlio carnale, con q u a n t o p i ù a f f e t t o / ^ ^ l ^ a m a
1 1
s«» fratello s p i r i t u a 7 7 ^ T ^ ^ ~ 7 ° ^ ^ t r i r e
°laaffl;Che n
°n a a d a
-bile sul p i a n o n a t u r a l e > o s s i « 1«nto è pos-

spirituale l W e d e v , e s s e r e n u t r ' l ^
^ che fin d a i p r i m i t ' significativo il

5 1 3
^ ^ - « realizzare 1• oca e T ° ^ " P "
il S i g n o r e . Apocalisse, o s s i a di rendere presente

81
' — , 9 : FF 216.
82. Testamento. 1 4 - 1 5 : FF 1 1 6 .

69
con la parola e con le opere" (83), chiara risonanza e pura, fulgente rive-
lazione.
Ma la sua intuizione più sapiente fu di non ridurre l'efficacia di
quella parola, limitandone l'ambito di diffusione. Permise a Gesù Cristo
di diventare "il Signore" in tutta la sua vita e di rivelarsi in Lui, ccme
misericordia che tutto edifica e raccoglie, rigenerando maternamente i fra-
telli, ricomponendoli nell'indivisibile unità del Corpo di Cristo e ritor-
nando con Lui continuamente al Padre ccme eucarestia perenne.
La preghiera della Verna diventa cosi il canto nuovo dell'inanità re-
denta, che viene trasferita nel Regno dei cieli, mediante quella totale
adesione di fede, divenuta trasferimento in Cristo e gioia di essere nel
suo Corpo (= nella Chiesa), pur nel drammatico travaglio delle stimmate
della passione di Cristo, lieto di compiere nel suo fragile corpo mortale
"quanto mancava alla passione di Cristo per il suo Corpo che è la Chiesa"
(Col 1,24). Con Paolo, Francesco può continuare a rendere testimonianza
al Vangelo della grazia (cf. At 20,24), proprio in virtù di quel martirio,
che è appunto l'entrare, per virtù di un amore diventato irresistibile,
nel Corpo di Cristo, non avendo più nulla di proprio sotto il cielo, anzi
esperimentando in sé l'ultima beatitudine del Regno, "il cielo aperto e
gli Angeli di Dio salire e scendere sul Figlio dell'uomo" (Gv 1,51).
Così l'esperienza folgorante della stimmatizzazione della Verna diventa
un compimento personale del Vangelo che lo aveva interpellato e lo richia-
mava là donde era provenuto, trasferendolo in una solenne celebrazione pa-
squale da questo mondo al Padre. Avendogli Gesù rivelato il Padre, non gli
rimase altro senso nella vita se non quello di compiere anche nella Chiesa
il Vangelo della grazia ricevuta. Fu questa infatti una conoscenza che ot-
tenne nel travaglio della esperienza quotidiana delle stimmate, ossia del
tessuto del corpo, che sono i fratelli ed è tutta la realtà terrestre. Egli
ne rivelò la dimensione spirituale, compiendone il mistero nella Chiesa,
simboleggiandone la presenza anche nell'edificio materiale, nel quale

83. cf. C. DEL ZOTTO, OFM, "La dimensione evangelica e la funzione eccle-
siale della fraternità francescana alla luce del Vaticano II 0 ", in:
Lettura delle Fonti Francescane: la fraternità, 68: "Sarebbe un primo
frutto di questa settimana della fraternità se noi sentissimo irresi-
stibile il fascino della vita fraterna, come un modo eminente di edifi-
care con Francesco la Chiesa. Lo stile rimane lo stesso di Francesco
d'Assisi, nell'intento di "riedificare un tempio al Signore. Non pensa
di costruirne uno nuovo, ma restaura una chiesa antica e diroccata; non
scalza le fondamenta, ma edifica su di esse, lasciandone così, senza
saperlo, il primato a Cristo (cf. 1 Cor 3.11 )"(1 Cel 18 : FF 350).

70
aveva fatto l'esperienza della missione degli Apostoli (84). Appena
giunse alla Verna nel 1216, U suo priro desiderio fu quello di edifi-
care Santa Maria degli Angeli, la chiesetta nella quale aveva fatto l'espe-
rienza della misericordia e aveva ricevuto il dono della vita fraterna,
poiché proprio lì il Signore gli aveva fatto esperimentare la beatitudine
dell'ascolto della parola, che lo rendeva "fratello, sorella e madre di
Cristo" (cf. Mt 12,50). Fu lì, infatti, che egli, radiante la proclamazione
liturgica del Vangelo della missione degli Apostoli, era stato non sola-
m e n t e
Sformato dal Vangelo, ma aveva ottenuto il dono dei fratelli, per
la mediazione di Santa Maria degli Angeli, "la Madre della Miserico'rxJia,
(che) ottenne con i suoi meriti che lui stesso c o n c e p i s s e e partoris-
se lo spirito della Verità Evangelica" (85). Ossia ne ravvivasse la piena
vitalità, permettendo a quella verità di effondersi e di consacrare, rigene-
randoli, tutti i figli di Dio.
Fu proprio in un'esperienza, non di tensione gerarchica, rra di trava-
glio per ricomporre cellularmente l'unità, ossia il s u p e r a n d o "pasquale"
del molteplice, che rende possibile una pentecoste di grazia, che Francesco
comprese la preziosità del dono dei fratelli, tanto che ne farà menzione
nel suo Testamento (86). Mentre soffriva perché i fratelli non erano coe-
renti al Vangelo professato, comprese che Gesù stesso era il fondamento
della fraternità ccme lo era della Chiesa e confessò la verità, in una e-
splicitazione del mistero della vita fraterna come compianto del Vangelo-
"Signore Gesù Cristo, tu che hai scelto i dodici Apostoli, dei quali anche
se uno venne meno, gli altri però rimasero fedeli < = perseverarono nell'a-
more della fraternità, vivendo la sinergia dell'amore, cf. 3Gv v.8) ed han-
no predicato il santo Vangelo animati dall'unico Soiritn. tu, o S i ^
in quest'ultima ora (2 Gv 2,18) nerrore dell'antica misericordia (cf. Sai

84. Cf. C. DEL ZOTTO, OFM. "Santa Maria degli Angeli: il mistero della Ver
na". in: La voce della Verna. 47 (1982), n. 11, novembre, p 1
85. Legenda Maior, 3,1 : FF 1051: "meritis Matris Misericordiae concepit
ipse ac pepent spiritum evangelicae veritatis", proprio durante l" a
scolto devoto e l'accoglienza di fede della parola di Dio a Santa Maria
degli Angeli. Così il Vangelo del giorno (cf. Mt 10,9-10) e in virtù
della spiegazione del sacerdote, ministro della parola e custode del
Corpo di Cristo, restaura Francesco la Chiesa, cominciando dal tempio
del suo corpo e in sé tutta la riforma, rigenerandola nel suo amore in-
nocente di figlio devoto. Perché l'amore, quand'è vero, è sempre crea-
tivo e rigenerante, capace di ricomporre uomini e cose, l'universo in-
tero nella serena pace della verità.
86. Testamento di Siena : FF 132-135.

71
88,50) hai fondato l'Ordine dei Fratelli Minori, a sostegno della tua fede
e perché si compisse per loro mezzo i l m i s t e r o d e l t u o Vangelo"
(87).
E' qui che Francesco viene introdotto dallo Spirito Santo nel mistero
divino della Chiesa. Mentre fa memoria nello Spirito di Gesù Cristo egli
comprende il mistero sacrale della creazione e la dignità della creatura
chiamata a diventare madre di Dio, permettendo ai figli di Dio di assapora-
re la gioia del Regno dei cieli. E' in questa memoria celebrativa, in que-
sta rievocazione sacrale del senso divino della creatura mortale, che Fran-
cesco ritrova se stesso nella Chiesa, divenuta sua dimora e sua Madre e
intona l'inno della riconoscenza filiale, esultante nel fulgore redioso
del giorno del Signore. La sua vita diventa un mattino, il suo volto s'il-
lumina in Cristo e diventa nel cuore della Chiesa un grande inno eucaristi-
co. Al suo cuore devoto e riconoscente sorride lo sguardo pieno di tenerez-
za e di beatitudine della mirabile Donna vestita di sole (cf. Ap 12) inco-
ronata di stelle, compiuta nella corona di gloria dell'intemerata bellezza
della santità di Dio.
Egli scopre il senso divino dell'amore come consacrazione e raccogli-
mento dell'essere in Dio fino al compimento di tutti i suoi misteri, fino
all'inaugurazione della festa del Regno. Santa Maria degli Angeli rivela
a Francesco il volto immacolato della Santa Madre Chiesa Romana ed egli,
ricolmo di devozione e di riconoscenza, rimane stupito della sua divina
bellezza. Nel suo volto egli non vede le rughe, ma la trasparenza della
grazia divina e si impegna a fare di quella scoperta felice la sua modalità
di essere nella Chiesa e la sua missione di edificazione della Chiesa.
Fu a Santa Maria degli Angeli che Francesco scoprì non solo la pienezza
di grazia della Vergine Madre Maria, ma anche si ritrovò rigenerato, dalla
parola accolta nel cuore, nella intemerata bellezza della santità di Dio.
In quella indivisibile unità consacrante generata dalla Parola di Dio, an-
che Francesco diventa "materno", diventa "Virgo Ecclesia facta", ossia par-
tecipa del mistero di Santa Maria degli Angeli, venendo riconciliato con
il suo corpo, configurato al secondo Adamo e reso tutto memoria salvifica,
reso tutto "Spirito vivificante" (1 Cor 15,45), vivente nella memoria divi-
na della Chiesa, nella celebrazione memoriale della "pienezza di Cristo"
(Col 1,19; Ef 1,23), affinché egli possa avere il primato su tutte le cose

87. 2 Cel 156 : FF 740. La fraternità diventa quindi un compimento divino


della sua Chiesa, un "dono" come dirà, esplicitando, il Concilio Ecume-
nico Vaticano II, nella Costituzione dommatica sulla Chiesa "Lumen Gen-
tium", n. 43: "donum divinum, quod Ecclesia a Domino suo accepit et
gratia Eius semper conservat".

72
(Cf. Col 1,18) e consegnare continuamente U Regno al Padre (cf. 1 Cor 1 5
24), cosicché sottomettendosi pienamente al Figlio, possa essere ''sottane s-

9 1 1 S O t t C m e S S 0 9 m C O S a P C h é D Ì S Ì a t u t t
(1 ^ r 15,28)^ ^ ° ' ^ ° °^ tuttx"

E' in virtù della memoria evocativa dello Spirito Santo, in una fulgen-
te r ^ ^ ^ serafica, che Francesco scopre il
della sua vita e quindi scopre la sua posizione nella Chiesa e la sua mis-
s i n e per riformarla, riparandosi, ossia convertendosi a Dio con tutto
il cuore.^ Appena entrò nella fase celebrativa o r l a l e della Parola di
Dio cesso di restaurare e rifonrare solamente le mura esterne delle chie-
suole diroccate e incominciò a diventare v e r o r ^ f ™ ^
S l aCC
° n S e C h e l a P a r o l a ^ T v a n g e l o riguardava l u T ^ n
era per qualcuno o contro qualcuno, rra semplice rivelazione di P W , Cristo
Figlio di Dio. Francesco ne divenne raggiante ed esclami: 'Questo è ciò
che desidero, questo è ciò che branp con tutto il n . ^ m ( 8 8 )
E' significativo che S . Bonaventura faccia risalire questa scoperta

te'o l o T i a r " ^ ^ 0 1 ^ 0 6 1 1 3 C h Ì 6 S a a l l ' a S C ° l t 0 d e l


d i

! ^ ^ i a dello S n i n ^ ossia dall'accoglienza della


Parola e dall'adorazione sincera in spirito e verità, che lo edificava in
tempio santo di Dio, rendendolo totalmente C h i ^ - ^ s t o udì, questo cotk
prese e affidò alla memoria l'amico della povertà apostolica» (89). Rapito
da quella concezione divina, folgorato da quella parola di salvezza, egli
si lascia consacrare, riferire, rendere nuova creatura, divenendo co^ì
restauratore» della Chiesa, non solo nel gesto simbolico ricordato dal
Celano di non costruirne una nuova, ma di restaurare quella antica e di-
roccata, di non scalzarne le f o n d a t a , ma di edificare sopra di esse
lasciando senza saperlo il primato a Cristo» (90), rra lasciandosi edificare
in lui, riformare dallo Spirito Santo e consacrare in tempio di Dio. Com-
prese che la riforma della Chiesa non era opera sua, rra vigore della Parola
di Dio e dinamismo dello Spirito e si lasciò rifonrare dalla Parola e ri-
plasmare dallo Spirito, accogliendosi rigenerato nell'esperienza vivificar-
te del dono di Dio.

I l tempio diroccato da restaurare era l u i . Incominciò a l l o r a un cannano

88. Legenda M a i o r , 3,1 : FF 1051.

89. Legenda Maior, 3,1 : FF 1052. Da quel momento non potè più restare so-

lo: il frutto permanente della Parola accolta in un cuore ben forma-

to e generoso (cf. Le 8,15) gli viene continuamente partecipato come


d f i l f r a t e U Ì
" (iSitasento. K : FF H 6 ) « r < > i p a r t e c i p i d e U a _
cazione divina" ( c f . Eb 3,1).
90- 1 Cel 18 : FF 350.

73
di conversione, che gli permise di essere coerente con la verità di Cristo
e fecondo nell'effusione piena dei doni dello Spirito. Tutta la sua vita
divenne nuova, gioiosa e ridente come un'alba radiosa di salvezza. Poiché
l'alba di ogni vera fraternità è l'aurora propria di Dio, il segno sicuro
che il suo Regno viene.
Fu così che Francesco, mosso dallo Spirito di Dio (91), ravvivò la pre-
senza di Cristo nel cuore dei fedeli, edificando in essi il Regno di Dio
(92). C'erano infatti nella Chiesa delle modalità canoniche di esperienza
religiosa, ma tutte si erano dimostrate carenti proprio sul piano determi-
nante della convivenza, della cooperazione, della celebrazione festosa del
Regno di Dio. La paura e la de bolezza umana sarebbero state in grado di
diminuire la tensione vigorosa dello Spirito Santo di Dio, sostegno e sor-
presa di una vita consumata, nella gioia e nel dolore, solamente per un
indicibile amore, se lo Spirito Santo non avesse suscitato nel cuore di
Francesco la nostalgia delle origini, il richiamo della vita apostolica,
il desiderio di quella pienezza di vita redenta, che è l'edificazione comu-
ne nel cuore del mistero sacro della Chiesa. Il dramma della Chiesa era
allora come oggi la tensione esistente, a motivo della umana debolezza che
tendeva a privatizare i doni di Dio e a creare delle posizioni di potere,
diminuendo gli spazi della carità. Francesco si sentì chiamato a realizzare
la pienezza, perché era innamorato di Gesù Cristo e aveva trovato in Lui
il suo tutto, la sua piena beatitudine. Rapito dalla fulgente speranza del
Regno di Dio e acceso dal desiderio di annunciarlo, quale "Araldo del Gran
Re" (93), era disposto a impegnare la sua vita, ccme già in quella espe-
rienza singolare, nella quale, avendo affermato la sua identità cristiana,
essendosi riconosciuto in quella mirabile presenza di Cristo che lo faceva
vivere: "Io sono l'Araldo del Gran Re", si era guadagnato la percosse, ma

91. Cf. C. DEL ZOTTO, OFM, "L'esperienza dello Spirito Santo nella vita del-
la Chiesa secondo San Francesco d'Assisi", in: AA.VV., S. Francesco e
la Chiesa, Studi e testi pubblicati nell'ottavo centenario della nasci-
ta di Francesco d'Assisi 1182-1982. (Bibliotheca Pontificii Athenaei
Antoniani, n. 21) Roma, Ed. Antonianum 1982, 156-207, spec. 206-207.
92. Cf. M. CONTI, "Attualità del carisma francescano", in: Vita Minorum,
56 (1985) 35.
93. 1 Cel 16 : FF 346. Si veda in merito il nostro studio: C. DEL ZOTTO,
"Francesco d'Assisi: Cristo pienezza dell'uomo", in: Il Fuoco. Rassegna
trimestrale di Cultura e d'Arte, 31 (1983) 26-42; Id., Il primato di
Cristo nella vita di S. Francesco e nella Scuola Francescana", in: AA.
VV., Regalità di Cristo: una Verità che si fa Vita, O.R. Roma 1983, 71-
87.
non si era lasciato determinare da esse, ossia dal travaglio, dalla tensio-

della Ferola di vita che, ccme Vangelo di grazia, gli ave va rapito il
cuore trasferendolo d e f i n i t i v a ^ nel Regno di Dio, "appena iTr^cn
sono s p a n t i , balza fuori fossa e, tutto giulivo ^ e a ^ e
e P Ì e m p Ì e n d 0 1 1 tosco c o n
; e ™ ' ^ lodi al Creatore di tutte le co-

spinto dall'amore, Francesco ha la geniale intuizione che non era


sufficiente una diagnosi, sia pure perfetta, dei rrali della C h l e Ì Z P

occorreva riaccendere il r i t T O vigoroso della vita apostolica, per s o v i


ne il miracolo di una nuova Pentecoste, permettendo allo S p r * o * 2 Ti

1 9
Z Z I * ™ 1 S ; 0 Ì d ° n Ì a C ° l 0 r c C h e a V e S S e r °a C C e t t a t o d i S n d i v i d ^ e quel
d o T O
°^ ^ ' c h e era loro affidato. Dai ™ t o in cui aveva
sposto di si alla chiamata, fino all'ulti™ istante della « T v i * q Z
2 « - v o non a c c e n d a a d ^ i n u i r e nel suo cuore, anzi 1 i ^
a u n t a v a nuovi accenti e nuove modulazioni, intonandovi tutte le T o d
eli universo diventato in lui "felice", perché amato e restituiti c i
Creat
°re ^ ^ 1 6
la^lode ! ? * ^ critica e r . L Z
° S S Ì a l a O v a z i o n e del n i ^ ^ I ^ I T ^ ^
tto riforma e r m n o v a , r i c a d e n d o l o nella serena beatitudine dell' t e t
- t a L a J f e r a ^ f o a r a era la scoperta del Signore.
misterioso velo dell'unana

^ Z T ^ t T T ^ ^ ^ " " " ^ * nell'esercizio

salutare di riscoperta e di rinnovazione del volto di Cristo in ogni crea

^ ~ ^ ^ ^ ^ ^
O 11 prossimo per TCzzo della d i s c e n d e n z a e, r ^ c o n c i l i a ^ T ^ ;

la vera pietà che nutriva in cuore, sentiva grandissima attrazione ver-

94
' ^fron! d 7 3 V U e S t a m e M r Ì a C 6 l e b r a t Ì V a d e l S i 9
"0re »"ife-
lntr dUCe F r a n C e S C n e U a VÌSÌ
vita , 7 ° ° °ne ^lla
' Pe^ttendo a Cristo di risorgere nei cuori, come più tardi av

c e l
; b rpresenza
a z i o n e d e l p r e s e p i o di G r e c c i
OH L'ammirabile
h
del Verbo incarnato ° - c f -visione teologie
nella
S. Bonaventura , m : AA.VV., i ^ a z ^ ^
Studio interdisciplinare a

75
so le creature, ma in modo particolare verso Le anime, redente dal Sangue
preziosissimo di Gesù Cristo; e, quando le vedeva inquinate dalle brutture
del peccato, le compiangeva con una ccrrmiserazione così tenera c h e , ogni
g i o r n o , le p a r t o r i v a , come una m a d r e , in C r i s t o .
E la ragione principale per cui venerava i ministri della parola di
Dio era questa: che essi fanno rivivere la d i s c e n d e n z a del loro
fratello (Dt 25,6) morto, cioè fanno rivivere il figlio d i Cri-
s t o , che è stato crocifisso per i peccatori, quando li convertono, facen-
dosi loro guida con pia sollecitudine e con sollecita pietà" (95).
E' quanto egli accetto di fare condividendo con il ministero apostolico
la sollecitudine per i fratelli e provvedendo alla testimonianza del Signo-
re con le parole e con le opere.
La vita fraterna è questa fucina rigenerante la Chiesa cellularmente,
in virtù del dono reciproco della vita che i fratelli si esercitano a fare
ogni giorno, scambiandosi, come bellamente il Santo consiglia, nella Rego-
la, anche gli eremiti, il ruolo di "madri" e di "figli" ossia la doppia
perfezione di un amore che dona la vita e di una vita che è tutta ricono-
scenza, in un perenne rendimento di grazie, in una eucarestia perenne, come
un grande inno nella domenica della Chiesa (96).
Francesco.ravviva, quindi, nella Chiesa, la pienezza di vita apostolica,
permettendo ai suoi fratelli, frutto e dono del Vangelo accolto nel cuore,
di fare la stessa esperienza che fecero gli Apostoli, con la semplice dif-
ferenza che essi la fecero insieme con Gesù nella sua prima venuta e noi
la facciamo nel tempo intermedio, nel tempo della Chiesa, proprio facendo
l'esperienza di fratelli minori, riconoscendo l'unico Padre che è nei cie-
li, ossia "vivendo il Padre Nostro" (97), felici dello stesso dono, che
si moltiplica partecipandolo, concordi nell'acclamare insieme che Gesù è
il Signore a gloria di Dio Padre (Fil 2,11). Dove questa celebrazione di
gloria viene condivisa, lì rifulge la conoscenza di Cristo, raggiante nella
sua gloria di risorto e i fratelli, trasfigurati, scendono ogni giorno
dalla montagna della loro divina rigenerazione, per partecipare i frutti
del loro divino messaggio e raccogliere tutto l'universo nella casa del
Padre. I figli del Regno condividono la stessa gioia di "essere figli" e

95. Legenda Maior, 8,1 : FF 1135.


96. Regula prò Eremitoriis data, 1-2 : FF 136-137.
97
- Commento al Pater Noster. Il Pater Noster è per Francesco la modalità
del suo vivere con i fratelli ossia del suo essere chiesa. In tale
luce appare l'immagine sublime dell'uomo in Cristo, che egli descrive
nella Ammonizione V, FF 266-275.

76
"sono contenti solo di Gesù Crim-n ah-- •
Accanto all'esperienzad ^
e consacrante nell'incorruttibile f e r ^ , "
1
— v i t a di o u l ^ ^ ^ ^ ^ ^

sione della Chiesa e un contributo salutare alia s i " /


r i f d i 6
— ^ t t o il corpo mistico di Cristo T n T ^ ™ ' ^
F r a n c e s c
la modalità di vita eremiti™ • u ° ° ricolora
lodi liturgiche d a l ^ T v i v ^ T " ^ ^ ^ ^ ^
Chiesa, „ anche c o * J L le Z C " " ^ ^
di ripiego esige la vita comune senzaZf ^ - s t i c a " , che solo
6
della vita clericale, che solo per' s u f i c h e " " ^ *
vivenza accetta la o o n . U v i s i o n . ^ ^ ^ ^ Z T * * * ' " ^
modalità di vita consacrata nella C h i e T ^ ^ ^

I n n O C 6 n Z O 1 1 1
la I d e T " ^ ^ : ^ — — - guel-
f a modalità T ^
* così Che il dono continuò a p a r t e c W s i d l f T . " ^ * ^
& r a
gando sempre più la sfera d ' i n f l ^ " ^ "e-'
a r a 1 U n e r e
della Chiesa cattolica
TOilca
la
l a
T " 9 > °"re i l ^ i t i
' zona lontana dei non rai-i-oi ^ •
anche in essi la presenza salutare di G e S Ù C r Z > S i T ^ ^
altro none sotto il cielo nel auale t •
9n
°re' P°1Ché n o n c ' è
( c f . At 4,12). " 6 911 ^ ^ P ^ 0 t e n e r e la salvezza
Quando poi trasmise ai suoi fnat-n
Vangelo di Gesù, Francesco — >1
& r e a U Z
- e il vangelo nella totalità della v e n T 1 V e 1 " ^ '
P P e S e n t e
-enti, velata dal s a c r a t o del prossi™ „ ^ ^
Pnigi niera n e i
creazione, annunciando a tutti il V i ' ° ceppi della
- s t o , con la ^ ^ ^ - Gesù
Di fronte a l l a Pentecoste l a sorpresa divenne partecipazione ,
Pìu a ^ a e f e s t o s a j a n n u n c Ì Q e c o n d i v i s i o n e f e Z d T »
6 9 n
Così pure di fronte alla rinnovata r^dalità apostoiil °* ^
cesco, tutta la Chiesa si sentì
corde nella gloria incorruttibile della comunione ^
Francesco ha compreso che s o l a m e n t ^ ^ 0 8t _. V )

98. 2_Cel 180 : Ff 766.


99. 2 Cel 191 : FF 777.

10
°- ^ìli^liJ^t^r^jùssa, 9 : FF m

77
edifica (cf. 1 Cor 8,2), promuovendo La vita a tutti 1 livelli di diffusio-
ne, con la forza raggiante della luce, che consacra e trasferisce la perso-
na nel suo centro ideale, nel cuore, il quale soltanto rivela tutto il mi-
stero della persona, realizzandola nella misura in cui essa ama. In questo
cuore segreto del mistero, in questa celebrazione memoriale, che è il pegno
della gloria futura, viene inaugurato l'ordine definitivo, che è quello del-
l'amore. Francesco ha riattivato la cellula rigeneratrice della Chiesa,
riconciliando nel suo cuore uomini e cose e l'universo intero e ricomponen-
doli' tutti nel grande inno dell'umanità redenta, ccme qualcuno ha chiamato
il cap. 23 della Regola non bollata (101) o allargando la partecipazione
del creato nella sinfonia mirabile del Cantico delle creature. La potenza
consacrante della lode divina rende raggiante e luminosa tutta la Chiesa,
che viene rivestita di riconoscenza e trasferita ai vertici del suo compi-
mento divino in una perenne eucaristia di lode. Poiché del travaglio del
molteplice, nel quale la Chiesa trascorre i suoi giorni laboriosi, unico
vero rimedio è l'Eucaristia come sacrificio di espiazione, mentre il nuovo
sacrificio di lode è tutto un trasferimento nel Regno di Dio che viene.
Questo richiamo al Regno di Dio, questa nostalgia di beatitudine, aprono
il cuore alla speranza e sono per tutti già un dono, una edificazione nel
regno incorruttibile della fedeltà di Dio (cf. Fil 3,20-21).

Conclusione

Al termine di queste riflessioni mi accorgo che è veramente difficile


delimitare San Francesco, spero almeno di averne ravvivata la memoria e
resa amabile la presenza, come di un raggio di luce pasquale nell'inno eu-
caristico della Chiesa, di una grande canzone d'amore nella sinfonia del
Vangelo che si diffonde come aurora e annuncio di salvezza in tutto il mon-
do.
Un autore ha chiamato, non senza verità, Francesco d'Assisi "l'ultimo
cristiano'" (102). In un momento in cui gli uomini incominciavano a diventa-
re indipendenti e cercavano di tracciare nuove vie edificando una loro cul-
tura che chiamarono moderna, contendendosi il potere delle conquiste unane,
contendendosi anche, nell'ambito della salvezza, "il potere sacro", ccme
prestigio di umana potenza o rifiutandolo come privatizzazione indebita,
Francesco si ostinò a credere che l'unica vera novità che fosse degna di
essere apprezzata era il Vangelo del Signore e se ne innamorò talmente da

101. L. LEHMANN OFM Cap., Tiefe und Heite, Per universale Grundzug in den
Gebeten del Franziskus von Assisi, Roma Antonianum, Werl Westfalen
1984, 192-193.
102. A. HOLL, Per letze Christ: Franz von Assisi, Stuttgart 1979.

78
farne il suo bene unico e definitivo. Non trascurò nessuna risonanza di
quella parola di vita, facendo di tutta la sua esistenza un pieno raccogli-
mento dell'essere in Cristo. Recuperò in quella appassionata rrenoria cele-
brativa del Signore umile, povero, crocifisso e vivente nei secoli il serv
so sacrale del creato e il divino mistero della Chiesa, sposa fedele di
Cristo (cf. A p . 22,17). u verità lo reso libero nel dono che egli ci la-
scio, dopo aver penetrato l'enigma della Chiesa povera e sofferente; dopo
aver ripulito, spinto da u n ' a n s a compassione, il suo volto oscurato Z
peccato, introducendo sapientemente anche i fratelli nell'esperienza salu-
tare di non voler vedere il peccato, rra di vedere solo il S i o n o ^ ricon^
scendo^ sotto i loro tratti dimessi e talvolta logori, lo stupendo volto
di Gesù Cristo.
San Francesco non si accontentò di contemplare le rughe sul volto della
èfedre ma la riconobbe ccme sua genitrice e continuò a chiamarla "Santa
Madre Chiesa Romana", rigeneralo nel suo a ™ r e innocente quanti incontrava
sul suo c a l i n o . Per questo la Chiesa amò e favorì Francesco, dimostrando-
gli di essere quello che egli credeva, Santa l^ria degli Angeli, la 'Verqi-
(103)
~ ~ — " - 0 0 5 1 S - Francesco riuscì a realizzare v e «
una riforma nella Chiesa, incominciando da se stesso e diffondendo ovur^ue
quella radiosa pace dell'amore che rigenera tutti, riconciliandoli in Cri-
sto, proclamato, con tutto il vigore della sua persona, quale Signore. Al-
lora la Chiesa si i l M n a in Cristo e si riconosce nella sua Parola, di-
venta in lui raggiante e fedele. Ed egli esulta, intonando nel suo cuore
il "Cantico dei Cantici dell' inanità redenta" (104).
"E' un mistero del Regno di Dio - scrive Rorano Guardini - che la sua
vite abbia due punti focali: quello individuale e quello della totalità,
della Chiesa. Non si può separarli; antedue hanno la loro giustificazione
essenziale. Ambedue sono rivolti verso l'Ultimo, verso l'Urico" (105) A
ragione y. Congar accentua proprio questa dimensione per situare Francesco
nella Chiesa ed esprimerne la vitalità rigenerante e imperitura: "Egli è
stato il primo dopo l'Unico" (106), permettendo alla C h i e s a , rigenerata
dallo S p i n t o Santo, di rivelarsi come la vera giovinezza del mondo" (107)
Cosi egli vive come H ^ s e n z ™ ^ . . i c o n a della indivisa santità della

103
- Salutatici beatae Maria Virginis, 1 • FF 259
104. Cf. L. LEHMANN, OFM C a p „ Tiefe und Weite/per
den Gebeten des hi. Franziskus von Assisi. 178ss " ~

I"5- ^ G U * R D I N I ' °er Franziskus. Arche Verlag, Zurich 1951, 47.


106. V. CONGAR, Le vie del Dio vjy 0 . Morcelliana, Brescia 1965 235
107
' "0L0 M ^ i i t i o Apostolica "Gaudete in Domino" de ch'risti'ano gau-
dio, 9.5. 1975; AAS 67 (1975) 312.

79
Chiesa" (108), edificando tutti con quell'amore che gli aveva conquistato
la vita, rendendola tutta dono edificante, puro e cortese, espresso nella
piena obbedienza di fede verso il Papa, i Vescovi e verso tutti i Chierici
che vivono secondo la forma della santa Chiesa Romana, ben sapendo che so-
lamente la Chiesa avrebbe garantito l'autenticità del carisma dell'Ordine
e lo avrebbe salvato dalle bufere della storia e dal bacillo delle corro-
sioni intestine, permettendogli di restare quel segno dei "molti che diven-
tano uno" (cf. Gv 17,12) nella crescente e raggiante "sinergia della veri-
tà" (3 Gv v.8), affinché tutt*intera la Chiesa fosse riformata da quella
presenza, "ringiovanendo in virtù della Parola di Dio e compiendosi nella
pienezza della verità racchiusa nel mistero di Gesù Cristo" (109), del qua-
le, Poverello, era diventato semplice rivelazione.
S . Francesco ha avuto la sapienza dei poveri che gli permise di contem-
plare, chiara, nel mistero della Chiesa, la bellezza del Regno di Dio che
viene e di riconoscere sotto i tratti, forse non sempre raggianti, dei fra-
telli cristiani, lo stupendo volto di Gesù Cristo. Per questo egli rimane
presente nella Chiesa, come un annuncio di perfetta letizia, come un raggio
di beatitudine, fulgente sul volto di Gesù Cristo, come un grande inno nel-
la liturgia eucaristica della Chiesa. In lui tutto diventa significazione
e la sua immagine stimmatizzata ripresenta quel pellegrino pasquale che an-
cora incontra gli uomini, invitandoli a raccogliersi nella Chiesa per esse-
re salvati e riconciliati nell'amore, restaurati e rigenerati dall'acqua
e dallo Spirito, compaginati nella verità dell'amore che è appunto quel
velo misterioso, disteso sul volto di Cristo, coperto di inanità e vestito
di debolezza, ma sempre trasparente nell'immagine splendida del risorto.
S . Francesco è un vero uomo cortese, che rigenera col suo sguardo inno-
cente, consacrando nell'unità dell'amore, quanti incontra sul suo cammino.
Egli ha compreso che solamente l'amore edifica (1 Cor 8,2). Per questo an-
che noi, insieme, vorremmo accendere alla sua grande fiamma la nostra spe-
ranza, che anche oggi la Santa Madre Chiesa ritrovi nei figli del Poverello
quello stesso tenerissimo amore e possa essere consolata dalla loro preserv-
za come lo fu nei loro primordi, già nel 1216, secondo la testimonianza
di G . da Vitry: "Esistevano da tempo tre Ordini religiosi: eremiti, monaci,

108. M.T. ALEXEEVA-LESKOV, "Francesco d'Assisi icona della indivisa santità


della Chiesa", in: AA.VV., San Francesco educatore spirituale, a cura
di R. Falsini, Ed. O.R., Milano 1982, 53-66. ~
109. CONCILIO ECUMENICO VATICANO II, Costituzione do.-atica "De Divina Re-
velatione" Dei Verbum, n. 24; in Constitutiones Decreta Declarationes.
cura et studio Secretariae Generalis Concilii Oecumenici Vaticani II,
Typis Polyglottis Vaticanis 1966, 444.

80
canonici ; ma il Signore volle rhp
c^ vivono s e c o ndo la R e g Z e ^ ^ ^ ^ ^ «
n e l l a
solidità, e perciò aggiunse m questi " ^
9 - s a , la bellezza d l u n 0 0 ' ' ^ ^
&
chiamano frati min0 rT, ^ * ^ ^gola».
de razione ^ ^ S T ^ ^ ^ P ^ ~ ^ in grande consi-
missione - conclude Torrmaso da Celano eh h Particolare sotto-
Jch PPeP
e di sollecitudine che, da sempre " T * ** °9ativa * amore
C e S S a d i
niare a l l e i n e d e i m W i " (7" ) .' ^ ^ ^stimo-

u o G D A VITRY
- - - iliiiiili^id^, i n c 3 2 f f ,

^lla fraternità francescana ' ' '


di
S. Francesco", in ' '' ' ^ M . e degli Scritti

m
1J1
-
rn tspirituaie
Cel 25 : FF 61? e;
di 139ss - : m -conti--

^ i r » . ..l..r. rélZ.Tc",":" " " "" "" " a t a " ^

«i q « l c l i c M . o g g i di „„, °Ul" "" infondato e a „ t i s t . r i c o

ta P r S S e n
t o e propagandato in certa letteratura l ^ ~
« n t r . gli - -udiosi im-
m a n i f e s t
tutta la verità: "Francesco aff ^ o con corag-
'f;erMVa.P0Ì' d a I t
fortemente, c o n l e p , ^ ' - P-"t. non meno

6
sue labbr •" ^ ^ "
i V;8 n i r™ o n o di
f o r m u l e e n e i i a
- ie « i . „
— nti, la Chiesa R o m a n a , U P a p a ' a"0" * Preti, i sa-
caratteristica, una nota di a d e s i o n e m . , h"" " " ""
t 0 t a l , dl
^ Poesia grave e fresca che « ingenuità. e insieme
« 1 . - . Così scrive V. C « f i ì l V Z Z " ^ ^ ^
« i a 1965, 233-234, iL^i£_del_Dio_vivo, Morcelliana Bre-

"FranCeSC0 è Santo modello - scrive G R


fr.t. che, professando la vita ^ " ''
^ d r e il cammino e la r n . T " " " ^ t r o v a nel
6
* " escatelo ^ ^
B0UGER0L' r9elica'' j-g-
— !JLÌ9fJl£L_Hajor (Esperienze dello
La loro presenza unile e fedele rallegra tutta la Chiesa, come quella
del Serafico Padre Francesco, che in loro continua il suo pellegrinaggio
apostolico in mezzo al popolo di Dio. "Quand'egli entrava in una città,
il clero gioiva, si suonavano le campane, gli uomini esultavano, si congra-
tulavano le donne, i fanciulli applaudivano, e spesso gli andavano incon-
tro con ramoscelli in mano e cantando dei salmi. L'eresia era coperta di
confusione, la fede della Chiesa trionfava; mentre i fedeli erano ripieni
di giubilo, gli eretici si rendevano latitanti. I segni della sua santità
erano così evidenti, che nessun eretico osava disputare con lui, mentre
tutta la folla gli obbediva. Egli riteneva sacrosanto dovere osservare,
venerare e seguire in tutto e sopra ogni cosa gli insegnamenti della santa
Chiesa romana, nella quale soltanto si trova la salvezza. Rispettava i Sa-
cerdoti e nutriva grandissimo amore per l'intera gerarchia ecclesiasti-
ca" (112).

Spirito, 10) Edizioni L.I.E.F. - Vicenza 1984, 94.


Aveva visto bene Tommaso da Celano, quando osservava: "Artista e mae-
stro di vita evangelica veramente glorioso: mediante il suo esempio,
la sua Regola e il suo insegnamento si rinnova la Chiesa di Cristo nei
suoi fedeli, uomini e donne, e trionfa la triplice milizia degli elet-
ti", 1 Cel 37 : FF 384.
112) 1 Cel 62 : FF 431-432. E 1 questo senso della Chiesa che distingue S.
Francesco da tutti i movimenti ereticali del suo tempo. Egli non con-
testa, ma ama. E l'amore non distrugge, ma edifica sempre (cf. 1 Cor
8,2).

82
XIII Lezione

Il S E N S O D E L L A C H I E S A IN S A N F R A N C E S C O D'ASSISI:
CRISTO PIENEZZA DELL'UOMO NUOVO

1. Vivente in C r i s t o " L u c e d e l l e genti".

2. La gioia di essere nella Chiesa.

3. L'ora solenne della pienezza della verità.

4. Cristo pienezza dell'uomo nuovo.

5. Un g r a n d e inno nella celebrazione della Chiesa.

* * *

V i v
ente in C r i s t o "Luce delle genti".

Gesù Cristo è la "Luce delle genti" (LG 1), il senso della storia la
beatitudine di tutti i figli d i D i o . F r a n c e s c o ^ ^ è u n ^ ^
Piare e un cristiano felice, che ha trovato nella fede di Dio la sua luce
solare e nella sequela fedele di Gesù Cristo la pienezza della sua rraturità
UTiana 6 c r i s t i a n a
- E9li vive nella Chiesa, della quale rinnova la giovinez-
23.»

Tommaso da Celano, primo biografo del Santo, lo presenta con anrrùrazi^


ne:^ "Fu ripieno di sapienza divina più di tutti i suoi contemporanei...
CX5S1 m lui e per suo merito, il mondo ritrovò una nuova giovinezza e una
insperata esultanza" (1). tente ne fa una pura irradiazione di luce:
...nacque al mondo un sole!" (2).
Nella sua esile figura di uomo crocifisso, Francesco fu l a n o s o e fe-
lice, perche raggiunse la verità della sua esistenza, componendo in armonia
1 ideale intravisto e la meta raggiunta, nell'adempimento fedele di una
missione che lo qualifica ccme uor» e come santo, per la finezza del suo
tratto cortese e per la sua ricchezza di inanità.
Nel compimento del suo itinerario terreno egli raggiunse tale conforrra-
zione interiore e tale visibile somiglianza con Gesù Cristo che un grande

1- 1 Cel 89 : FF 475.
2. 0. ALIGHIERI, La Divina Commedia. Paradiso, c. XI, v . 50.

83
teologo contemporaneo, Yves M . Congar, scrive: "Fra queste immagini umane
la vita di San Francesco è senza dubbio la più vicina e la più somigliante.
Nei suoi confronti si potrebbe opportunamente usare l'espressione così bel-
la del Padre Allo a proposito di San Paolo: egli è stato 'il primo dopo
l'Unico' " (3).
L'accostamento non deve sorprendere, se fin dai primi tempi sembrava
quasi impossibile distinguere il discepolo dal Maestro, ccme testimonia
una significativa apparizione del Santo, riportata dai primi biografi.
"Il padre glorioso apparve... e lo seguiva una folla innumerevole di
persone. Alcuni si staccarono dal gruppo per chiedere al frate: "Costui
non è forse C r i s t o (Gv 7,26), o fratello?". "Sì, è lui" - rispondeva.
Ed altri di nuovo lo interrogavano: 'Non è questi san Francesco?". E il
frate allo stesso modo rispondeva affermativamente. In realtà sembrava a
lui e a tutta quella folla che Cristo e Francesco fossero una sola persona.
Questa affermazione non può essere giudicata temeraria da chi sa inten-
dere bene, poiché chi aderisce a Dio diventa un solo spirito
(1Cor 6,17) con Lui e lo stesso Dio s a r à t u t t o in t u t t i (cf. 1Cor 12,
6; 1Cor 15, 28; Col 3,11; Ef 4,6)" (4).
Nel compimento della vita, all'istante della morte, si rivela l'identi-
tà della persona e il vigore della sua presenza nella varietà della sua
vita, nel modo in cui l'ha vissuta.
Il fatto sorprendente, che l'esemplare rifulgesse con tale perfezione
nel seguace fedele di Cristo, Francesco, crea l'imbarazzo della scelta,
ma offre anche il grado della sua compiuta umanità cristiana.
Intendo approfondire questa dimensione cristiana di Francesco d'Assisi,
per accendere alla sua grande fiamma la nostra speranza e allargare gli
orizzonti umani della civiltà dell'amore.
Se Gesù Cristo traspare ccme verità della pienezza umana di Francesco,
ciò significa che egli prima è entrato nel mistero divino di Gesù Cristo,
incarnandone la parola e rivelandone la presenza, di modo ch'egli tutto
s'illumina nella dimensione di Cristo, divenendo per Lui ccme una grande
canzone d'amore e per noi ccme un Vangelo di grazia e di uianità vera.
Questo processo di incarnazione di Gesù Cristo nell'uomo non può signi-
ficare per Gesù Cristo un arricchimento, bensì uno "svuotamento" (Fil 1,7)
per poter assumere la povertà della creatura, come sua "verità del corpo" (5)

3. Y.H. CONGAR, O.P., Le vie del Dio vivo, Morcelliana, Brescia 1965, 253.
2 Cel 219 : FF 814. Per la teologia della imitazione di Cristo, si
veda: C. DEL ZOTTO, La teologia dell'immagine in San Bonaventura, Ed.
LIEF - Vicenza 1977, spec. 231ss. e 261ss.
5. S. LEONE MAGNO, Epistula Papae Leonis ad Flavianum ep. Constantinopoli-

84
* L r ^ r z r : : - - 1 : 2 ?
S t l a
sua "icona visibile" (Col 1 15- Fh 1 ^ „ • • °
8 i
* sua c o n f i s s i ^ ^
Col 1,27-28). splendida irradiazione di gloria (cf.

Similmente, anche per Francesco, l'attuazione d e H ,


e cristiana non significa un riempirsi ^ J ^ J ^ ^ ^
Pen immettersi f e d e n t e nella " v i a d e l ^ ^ ***

tutta l'estensione; un i m m e r s i nel d i n l l


rapito il cuore e gli trasferì tutta la v T 4 f T ^ ^ *
dai lineamenti della ' ° * l a S C Ì a n trasparire
1 t r a t U
lezza d i ^ ^ " ^ « - d i s t i c i della divina bel-

^ c r i s t i a n ° > quindi, pienamente compiuto in Gesù Cristo h


Processo di i m ^ g ^ r e c i p r o c a > c h e ^ ' ^ F ""
l n q U 6 l l a d i
^ i s t o , permettendogli di apparire in C r ^ t

2 L a
' gioia di essere nella

Tutta la vita di Francesco ha il fascino di „ r a • 1


d'amore. E' quindi sintonia ^ • singolare esperienza
e rivelarne T l ^
.colroolgerecblaSLadiviraavven™-
"" ^ ^ ^ ^ il mistero
e rivelarne il messaggio, mettendoci in cammino insieme con lui * !

figlio di un ricco mercante di Assisi Pietro hs c^


» erede « un l n v i d i i b U e . ^ ^
"esso al panne Ci diventar, potente e o f f r i i a lui 1 """
u Piacene di essene c M a ^ t o « U ne delle f e L ' t t T " *, ^
incomincia a ^ e n s i venso M pienezza * "
- t i , di opene, , , J o ,,,„.„ q u a i c u „ 0 d i s o p p J t t o T l Òu
M P T t
sparendo da volti r h P , ^ ° a X s u o cu °re, tra-
d l C nOSCere
stante a u ° ' ^ e fino a quell'iM 1
stante gli erano rimasti estranei e nuinrii a p p a r i v a r
"orribili a vedersi": i lebbrosi (6) La "" ° ^ »
lebbrosi (6). La scena cambiò, grazie a un incontra

Tomus Leonia a .U9 in- r w i •


DnecretaT7Z17r7^77^ D , Concilioru, Oecunenicoruin
p 6 S c i e n 2 e
e 777—^ Religiose, 9 1 9 / Z 7 8
6- TesUmento, 1 : F F n o . 2 C e l g . ' -
Le
FF 1036. ' ' 9 9 e n d a Maggior». i > 6 .

85
verace, che mise alla prova il vigore del suo spirito e la magnanimità del
suo cuore, permettendogli di superare la vecchiaia di una chiusura insensa-
ta, che eliminava l'altro quando appariva poco amabile e povero, fino ad
accoglierlo cordialmente per lasciar trasparire da quel corpo, "esinanito"
(Fil 2,7) dalla lebbra, il mirabile volto di Cristo, entrando gioioso nella
giovinezza di Dio.
Seguiamo attentamente la descrizione che ne fa il primo biografo, Tom-
maso da Celano: "Fra tutti gli orrori della miseria umana, Francesco senti-
va ripugnanza istintiva per i lebbrosi. Ma ecco, un giorno ne incontrò pro-
prio uno, mentre era a cavallo nei pressi di Assisi. Ne provò grande fasti-
dio e ribrezzo; ma per non venir meno alla fedeltà premessa, come trasgre-
dendo un ordine ricevuto, balzò da cavallo e corse a baciarlo. E il lebbro-
so, che gli aveva teso la mano, come per ricevere qualcosa, ne ebbe contem-
poraneamente denaro e un bacio.
Subito risali a cavallo, guardò qua e là - la campagna era aperta e
libera tutt' intorno da ostacoli - ma non vide più il lebbroso. Pieno di
gioia e di atrmirazione, poco tempo dopo volle ripetere quel gesto: andò
al lebbrosario e, dopo aver dato a ciascun malato del denaro, ne baciò la
mano e la bocca" (7).
La sorpresa di Francesco è di avere incontrato la pienezza dell'uemo:
Gesù Cristo. Da allora non vede più il lebbroso o i lebbrosi, ma vede Cri-
sto e i fratelli lebbrosi diventano "fratelli cristiani" (8). Incomincia

7. 2 Cel 9 : FF 592. S. Bonaventura ne dà la motivazione teologica: "Ora,


a causa di Cristo crocifisso, che, secondo le parole del Profeta (Is
53,3-4), ha assunto l'aspetto spregevole di un lebbroso, li serviva
con umiltà e gentilezza... Visitava spesso le case dei lebbrosi; elar-
giva loro generosamente l'elemosina e con grande compassione ed affetto
baciava loro le mani e il volto", Leggenda Maggiore, 1,6 : FF 1036.
L'insistenza sul fatto del bacio ai lebbrosi vuole accentuare il corag-
gio di Francesco che affronta il pericolo del contagio, proprio perché
non si lascia determinare dalla apparenza esteriore ributtante, bensì
dal fascino di Gesù Cristo che in ognuno di essi lo attende per essere
da lui cortesemente servito. Lo stesso atteggiamento lo dimostrava
incontrando i poveri: "Anche per i poveri mendicanti bramava spendere
non solo i suoi beni, ma perfino se stesso". La totalità dell'amore
sta facendo breccia nel suo cuore. Più tardi permetterà ai suoi frati
perfino di questuare denaro, per i lebbrosi: Regola non bollata, 8,12 :
FF 28.
8. Leggenda Perugina, 22 : FF 1569: "Il Santo chiamava 'fratelli cristia-
ni' i lebbrosi". Anche lo Specchio di Perfezione, 58 : FF 1748. L'ag-

86
a scoprire la verità e, reso cfa ogni cosa libero, anche dalla paura del
contagio - tale è il senso del bacio sulla bocca - egli ha il potere di
incontrare gli altri nella loro verità e di amarli v e r s t e in Colui che
di tutti e la pienezza. Così ogni uomo viene visto in trasparenza e incora
trato nuovo e compiuto nella sua luminosa fonte sorbiva, che è l'amore di
Dio.

In virtù di quell'amore Francesco fa un'altra scoperta. Si accorge che


la povertà della creatura può essere un rivestimento di Cristo, anzi lo
nasconde talmente bene che tasta un nonnulla per impedirli di vederlo o
addirittura per eliminarlo. Per questo egli entra in quel rivestimento
indossando i vestiti dei poveri, per condividerne l'umiliazione e poter
quindi esperimentare anche in se stesso la mirabile pienezza di Colui che
divenuto povero per amore, riempie tutti della sua pienezza (2Cor 8 9)
E' significativo che l'episodio sia avvenuto a Rama, "alla tomba d e l l W
stolo Pietro" (9), per indicare che la riparazione della Chiesa avviene
cellularmente, edificando in ogni u o m la immagine di Cristo e lasciando
trasparire in ciascuno l'immagine di Cristo, come pienezza vera di ogni
uomo. E' la verità che penmette di raggiungere la pienezza. Chi si ferirà
all'esterno e vede dapprima il povero, difficilmente incontra Cristo. Fran-
cesco comprende quanto sia in pericolo la interezza della persona urana
e quanto si diventi ingiusti quando ci si lascia determinare dal ritmo de-
gli avvenimenti e non dalla verità dell'amore. Quando un giorno "tutto irv
daffarato nel negozio, rrandò via a rrani vuote, contro le sue abitudini
un povero che gli chiedeva l'elemosina per amore di Dio, rientrato in sé
stesso, gli corse dietro, gli diede una generosa eleusina e promise al
Signore Iddio che d'allora in poi, quando ne aveva la possibilità, non a-
vrebbe mai detto di no a chi gli avesse chiesto per amore di Dio" (10)
Il rapporto viene determinato dall'amore, il quale ha il potere di s v e l a i
il mistero della persona e viene illuminato dalla visione di fede, che per-
mette di intravedere in ogni uomo il volto divino di Gesù Cristo. Questo
non diminuisce il valore della persora e neppure limita la" sua libertà,
anzi, cogliendola e incontrandola nella verità, le permette di esprimersi
nella sua originalità e di manifestarsi nella vivacità di un amore sempre
nuovo.

gettivo 'cristiano' aggiunto a 'fratello' rende evidente la presenza


di Cristo nel lebbroso.
9. 2 Cel 8 : FF 589.
10. Leggenda Maggiore. 1,1 : FF 1028. J_Cel 17 : FF 349 ne fa un ritratto
interiore: "ritenne vergognosa villania non esaudire le preghiere fatte
in nome di un Re così grande".

87
Ma è 1'incontro diretto con G e s ù C r i s t o C r o c i f i s s o che g l i permette
d i scoprire il m i s t e r o d e l l a vita che r i s o l e e q u i n d i inaugura 1 uoro nuo-
Conciliato, r a p p a c i f i c a t o , vìvente e c a ^ c e d i tutta - ^titudine
d i D i o . L ' u o m o v e r o è q u e l l o capace d i donare la vita p e r a m o r e . E per
q u e s t o che G i o v a n n i indica q u e l l a s c e n a d e l l a passione d i G e s u Cristo in
c u f P i l a t o d i c e : " E c c o l'Uoro!" (Gv 1 9 , 5 ) , c o r . il m o m e n t o solenne delia
rivelazione d e l l a j S S ^ u o » nella ^ v e r t à d e l F i g l i o d i D i o G e s ù
C r i s t o . D a a l l o r a non c'è unano d o l o r e o f i l i a z i o n e o ingiustizia
J o nascondere il suo v o l t o . A n z i più ^ v e r a è la c r e a t u r a più luminosa
traspare quella im^ine d i v i n a m e n t e b e l l a e attraente d i C r i s t o , povero

6
^ T a l e " ^ i n c o n t r o sorprende nuovamente F r a n c e s c o m e n t r e è in c a m m i n o verso
il m e r c a t o d i F o l i g n o . S o s p i n t o d a l l a n o s t a l g i a d e l cuore che cerca la ve-
r i t T e g l i e n t r a n e l l a c h i e s e t t a d i S a n D a m i a n o e viene inondato d e l l a pie-
nezzll C r i s t o . N e p p u r e la croce è « e r t a , a n z i i l C r o c i f i s s o p a r l a l e lo
chiama per n o m e . L a n*>rte non è i l o r i t e r i o p e r conoscere 1 u o m o , b e n s
a risurrezione. Il Crocifisso appare vivente s o p r a il sepolcro, v u o t o ^
s t a salendo a l c i e l o in c a m m i n o verso la p a t r i a dell'amore p e r f e t t o . A t t o r -
n o a L u i s t a n n o q u a n t i h a n n o compreso l'amore: la V e r g i n e M a d r e M a r i a , S a n
Giovanni, altri testimoni fedeli e , sopra in a l t o , i t e s t i m o n i celeri
ali Angeli d i Dio, mentre lo S p i r i t o v i v i f i c a n t e , simboleggiato dal ^ i t o
d i D i o ^ ohe d à o r i g i n e a l l ' u n i v e r s o e f a sprizzare la luce d a g l i a s t r i e
immette i l vigore vitale n e g l i e s s e r i a n i m a t i , a c c o g l i e n e l suo aoneji
vita il Figlio d i Dio C*sù Cristo e lo p r e s e n t a a l Padre, c a e s t e r e
l'Uomo v e r o , v e r s o i l q u a l e t u t t i d o v r a n n o volgere lo sguardo ( c f . O , 1 9 ,
27) E c c o la p i e n e z z a a p p a r i r e n e l l a luce che vide ascendere i l p r i m o d e i
R i s o r t i . L a c h i a m a t a d e l C r o c i f i s s o : " V a ' , F r a n c e s c o , e ripara la m i a c a s a ,
c h e , come v e d i , sta a n d a n d o t u t t a in rovina!" (11) d i v e n t a il o a n t o d e l l a
v i t a che non solo vince la rrorte, m a inaugura la risurrezione e immette,
q u a n t i l ' a c c o l g o n o , nella v i t a p i e n a d e l g i o r n o , che non c o n o s c e 1 a m a r e z z a
d e l tramonto. Francesco d i v e n t a u n a nuova c r e a t u r a , capace d i a c c o r d a r s i

2 Cel 10 : FF 593. S . Bonaventura rileva la trasformazione interiore


11,
7he~oper& quella sorprendente chiamata del Crocifisso: "Il servo del-
l'Altissimo, in questa sua nuova esperienza, non aveva altra guida,
se non C r i s t o " . "Pregando inginocchiato davanti a l l ' i w a g i n e del Croci-
f i s s o , si senti invadere da una grande consolazione spirituale e , men-
tre fissava gli occhi pieni di lacrime nella croce del S i g n o r e , udì
con gli orecchi del corpo una voce scendere verso di lui dalla croce
e dirgli per tre volte: "Francesco, v a ' . . . ! " . Leggenda M a g g i o r e , 2,1 :
FF 1038, e f r . FF Hll.

88
a quella parola divina e di rispondere a tono: "Lo farò volentieri, Signo-
re (12), entrando per sempre non solo nella giovinezza di Dio, rra anohe
nella pienezza dell'uomo.
Clelia parola, scaturita dal cuore di Cristo, che partecipa la sua vita
per amore, divenendo quindi tatonte povero da donare tutta la sua vita
entra nel cuore di Francesco e lo libera da ogni altro possesso, aprendoli
a tutte le dimensioni dell'amore e facendogli intravvedere tutta la pienez-
za di Cristo. Egli rivestirà quella voce di flessioni coprirà quel
volto di tratti personali, dovrà circoscrivere la parola nel suo cuore per
farlo pulsare divinamente, ma non aggiungerà nulla alla verità di Cristo
che diventerà per lui l'unica verità d e l l ' u t . 11 Cristo di San Damiano,'
dalle caratteristiche giovannee, cioè di un unico mistero di a e r e che com-
prenda il dono della vita sulla croce e la sua glorificazione nel cielo
in virtù della effusione dello Spirito e della intronizzazione del Figli;
0 1 D l
°^ " f ^ g e n i t o di ogni_£reatura'' (Col 1 f 1 5 ) f anche cor* "Pri-
H E g e n i ^ d i coloro che r i s u s c i ^ a r o d ^ r t i » (Col 1,18), inaugura il c l ^ o
nuovo della vita ed invita Francesco ad accordare tutta la sua vita al rit-
mo vivificante di quella parola, che ha il potere di rinnovare non solo
lui, rra tutta la Chiesa. E' un annuncio di speranza, una grazia, che pia-
smera tutta la persona di Francesco e gli permetterà di compiersi proprio
nell esperienza della povertà di quell'uomo vero, che, essendo Figlio di
Dio ha riempito di vita anche la e r t e . Da allora egli "era rivestito dei
( G a l 3
> 2 7 > (13) e "cercava di custodire Cristo n ^ J
intimità del cuore" (14). —
La pienezza dell'uomo acquista per lui sempre più evidentemnte i trat-
ti della persona di Cristo, specialmente nel mistero della sua presenza
eucaristica, che perpetua l'amore perfetto e la perfezione di un corpo do-
nato per la vita, ossia di un amore talmente grande che c o n t i n u a n t e dona
la vita ai suoi amici (cf. Gv 15,13). a,ni uorc ornai celerà e gli rivelerà
quel volto mirabile, ogni cuore s'accenderà nel palpito di quell'acre
che ammetterà nella creatura e r t a l e la pienezza di vita e di umanità del
Figlio di Dio Gesù Cristo. * è nell'assimilazione vitale del assaggio
ricevuto, che Francesco entra piena^nte in sintonia con quella Parola
che, essendo piena d'amore, riempirà di beatitudine la sua vita

L^gend^— —tre—CMipajjrù, 13 : FF 1411. Q u e l "volentieri" segna il


" t " della vita, che diventa Vangelo, annuncio di gioia, perfetta
letizia. Si veda: Della vera e perfetta letizia. FF 278.
13,
Leggenda Maggiore. 1,1 : FF 1028.
14, Le
9ge"da dei tre compagni. 8 : FF 1043.

89
3. L'ora solenne della pienezza della verità.

Ricordando gli episodi, che ho riportato sopra, Francesco dice che sono
stati per lui delle "rivelazioni di Dio" (15). La stessa conoscenza della
verità della sua vocazione di uomo e di cristiano diventa un "concepire
e dare alla luce lo spirito della verità del Vangelo" (16). Di modo che
egli si sente unito per la simpatia a Gesù Cristo. "Questo è ciò che desi-
dero, questo è ciò che bramò con tutto il cuore" (17). Cosi la sua vita
si mette in cammino verso la pienezza della parola di Dio, esprimendosi
in essa come nella sua identità, ritrovando cioè la fonte sorgiva dell'amo-
re e rinnovandosi continuamente nel mistero della sua pienezza. Il compi-
mento della parola, risuonata nel suo cuore ccme "Vangelo di grazia" (At
20,24), segnerà il ritmo della sua testimonianza e diventerà alla fine il
sigillo divino della fedeltà, come irradiazione della luce del giorno che
vide ascendere "il Primo dei Risorti" (Col 1,18). La presenza di Gesù Cri-
sto diventa in lui "speranza della gloria" e anticipata presenza del Regno
di Dio (cf. Col 1,27). E' Lui che "come capo del corpo che è la Chiesa",
"detiene il primato su tutte le cose"; "come Primogenito di coloro che ri-
suscitano dai morti" immette tutti nella pienezza della vita risorta, "poi-
ché piacque a Dio di fare abitare in Lui ogni pienezza" (Col 1,18-19). "E'
in Cristo che abita corporalmente tutta la pienezza della vita e della ve-
rità divina dell'uomo" (cf. Col 2,9), di modo che chiunque a Lui si affidi,
attuandone la parola di vita, "abbia parte alla sua pienezza" (Col 2,10).
Francesco inccmincia ad assaporare la gioia di essere di Cristo, ccme
voce e risonanza di quella pienezza divina: "Io sono l'Araldo del Gran Re!"
(18), dirà a quanti gli chiedono la sua carta d'identità. Egli è contento
di quella parola e ne assapora la pienezza, esprimendone tutte le potenzia-
lità, nella sua esperienza di vita. Non subisce più il fascino dell'appa-
renza delle cose e delle persone, perché le incontra nella loro verità che
è Cristo (cf. Col 2,17), e, divenuto "nuova creatura", "tutte le avvolge
con la tenerezza di Cristo" (19). Un nuovo senso di umanità si diffonde

15. Testamento, 1-27 : FF 110-121.

16. Leggenda Maggiore, 3,1 : FF 1051.


17- Leggenda Maggiore, 3,1.: FF 1051.
18. 1 Cel 16 : FF 346; Leggenda Maggiore, 2-5 : FF 1044; 12,8 : FF 1212:
"Uomo n u o v o d o n a t o d a l cielo al mondo".

19. Con q u e s t a e s p r e s s i o n e il Concilio Ecumenico V a t i c a n o II designa l'amo-


re consacrato e consacrante dei Religiosi, nella Lumen Gentiua, 46;
il nuovo rapporto che si instaura viene designato da Francesco con
il termine di "consanguinei di spirito".

90
ovunque risuoni la sua voce, cane pienezza di Cristo e sua splendida rive-
lazione. ^ nuova fratellanza unisce insiane tutte le creature r t ^ T

tro avviene nella v e n t a , irradia in esse l ' i m ^ i n e della bellezza


compimento divino della creatura u n t a l e e d T ^ t ^ I n
C e custodisca „ ^ ^ l o r o e s i s t e ™ ~

-pò " 1 , ™ a * i i a

9 l O Ì
solamente per amore Z ^ ' » ' ^
C U Ì 6 9 1 1
(2») i w " " Percepisce la s u , "povertà"

j z z zTir r * p I ù nulla * ^ ^

diventa un nadioso m a t t i ™ , che si i l l ^ i n c ^ ^ * «

9 c o n o s c e r
r ° ' ™ ™ « ~

S P Ì r Ì t f 0 l 9 0 r
C r i s t t u T r r ° 'a"te « e m p i m e n t o in

- r i
Fin dalla p r i ™ percezione della divina c h i a t t a , nella chiesetta di

- - ~ dei ciexo,
•Cantico delle Creature" (23) testimonia di quell'istante f „ ™
nel Francesco tolse ogni indugio ed e n t ™ neli p ^ C di S S
r j te
i , r e rdi conformare l'amantP a i T a m a ^«
potere
1 1 9 a i
« • n / c ™ verace
n e l l a
gine radiosa di Cristo (cf 1 L T T ^ ' ^ ^ ^ W
(cf. 2 Cor 4,6) pienezza dell'uomo e dell'uano carv-

20- i ^ n ^ P e r ^ , 4 3 : pp 1 5 g l ; ^ ^ ^
9
de p u r i f i c a z i o n e , c h e g l i p e r m e t t e di r i s o r g e r e .
iig91_ n d a
dei tre c o m n a n n i 13 . F F U 1 K

2 2
- Leggenda M a g g i o r * . 3,1 . pp 1 0 5 1 >

23. Cantico 1-5 : FF 263.

91
piuto in Cristo, come nella sua ultima verità.
I due momenti di quella mirabile esperienza d'amore sono l'impressione
delle Stimmate della passione del Signore nel corpo di Francesco e l'annun-
cio che era prossima la festa del Regno di Dio.
II primo avvenne sul monte della Verna, dove Francesco aveva trascorso
un periodo di quaranta giorni di più intensa preghiera, corroborata dal
digiuno in onore della Vergine degli Angeli e dell'Arcangelo San Michele,
di cui era particolarmente devoto.
Nel desiderio di vivere pienamente la verità del dono ricevuto, France-
sco ricerca nell'apertura del Vangelo, l'indicazione della via. Alla tri-
plice apertura in onore della Santissima Trinità, ricorre per tre volte
il racconto della passione del Signore. Allora egli comprende che è giunto
il momento del compimento, l'ora della piena rivelazione dell'amore (24).
In uno slancio di generosità fece una preghiera audace: chiese di sentire
nel suo cuore la pienezza dell'amore e del dolore, che aveva sentito per
noi Gesù Cristo, quando offrì la sua vita per amore nostro sulla croce(25).
La risposta divina non tardò a venire. Il sigillo della fedeltà impres-
se nella carne di Francesco i segni della passione del Signore, permettendo
alla immagine di Lui di trasparire radiosa dalla sua debole umanità (26):
fu così che in lui apparve la pienezza di Cristo, come piena realizzazione
dell'uomo, al vertice divino della santità crocifissa.
L'intonazione del canto di risposta adi'invito di partecipare alla
grande festa del regno di Dio risuonò in quel suo cuore aperto dalla ferita
dell'amore e reso quindi capace di risonanze divine.
Mentre egli si trovava nelle vicinanze di San Damiano, nello stesso
luogo in cui aveva ricevuto il primo invito a restaurare la chiesa, Fran-
cesco, quasi cieco, non poteva più vedere la luce del sole di giorno né
sopportare il bagliore del fuoco di notte. A questa esperienza di estrema
povertà si aggiunsero innumerevoli sofferenze di corpo e di spirito e una
persistente tentazione del maligno.
Dopo cinquanta giorni di perseverante sopportazione d'amore, egli si
sentì al limite della sua capacità di soffrire e invocò l'aiuto del Signo-

24. Leggenda Maggiore, 13,2 : FF 1224.

25. F i o r e t t i , III C o n s i d e r a z i o n e delle sacre Stimmate, FF 1919.

26. Leggenda Maggiore, 13,5 : FF 1228: "Così il verace amore di Cristo

aveva trasformato l'amante nella immagine stessa (cfr. 2 Cor 3,18)

dell'amato... L'uomo angelico Francesco discese dal monte (cfr. Mt

8,1): e portava in sé l'effige del C r o c i f i s s o raffigurata non su tavole

di pietra (cfr. Es 31,17) o di legno dalla mano di un artefice, ma

disegnata nella sua carne dal dito del Dio vivente (Tb 12,7)".

92
ne: .Signore, vieni in soccorso alle mie infermità, affinché io possa sop-
portarle con pazienza!" (27). ^
E subito gli fu detto in spirito- "Fratelln h ^ ì .
delle rrateilo, dimni: se uno, m compenso
delle tue sofferenze e malattie, ti donasse un grande prezioso tesoro
non ne saresti molto felice?". tesoro...

RÌSP Se F P a n C e S C 0 : Sl9n re q u e s t o t e S 0 T O
orand ° ' ° ' «rebbe un tesoro veraente
grande e ^comparabile, prezioso e anabile e desiderabile"
U voce concluse: "Allora, fratello, sii felice ed esultante nelle tue
infermità e tribolazioni; d'ora in poi vivi nella serenità, come
9
fossi nel mio Regno" (28).

Fu allora che Francesco effuse dal suo cuore pieno di riconoscenza il


suo Cantico delle Creature, facendo della sua vita un g r a n d e T n 0 e U 1
lode di gloria del suo munifico Creatore. no e una

E così la sua intera esistenza si accorava alla voce divina dell'aere


e risuonava in tutte le vibrazioni delle creature, cor. un'unica l o d 7 d
gloria. (Xiest'uomo vivente, che sapeva cantare la sua vita, aveva a s t r a -
to, nella sua estrema ^ v e r t à , la gioia di vivere in pienezza.

4
* Cristo pienezza dell'uomo nuovo

U percezione della divina pienezza di a e r e e di beatitudine non può

a sce ti ° ; : r n C e S r * a v U t o 1 1 * lasciar* ogni cosa facendo


la scelta preferenziale di Gesù Cristo ed è rinasto ad essa fedele fino
alla f m e . Attraverso la liberazione della povertà egli poteva accogliere

aT I ?
i n 1 U 1 n e l l a r i v e l a z i 0 n e d e l l a S U a
sorgi—
va Cor. lo specchio rivela l'immagine che in esso si rispecchia, così ar>~
che il corpo di Francesco, divenuto duttile e intonato alla limpida voce
di Cristo, appariva cristallino nella sua limpidezza, terso nel suo fulgo-
re, armonioso nell'annuncio della vita cane beatitudine di Cristo
I biografi del Santo riconoscono in lui quel tratto inconfondibile che

D Ì
L t t T r ^ " °6 1 1 C O T P Ì m e n t °d 6 l l e nell' irmagine
1 6 1Ché 1 1 S U
r ^ - ° °d 0 n ° — nella verità,
in lui la divina bellezza di Cristo.
Die episodi sono particolarmente significativi: l'esperienza della sua
misteriosa presenza, che verifica i frati, introducendo!! nella luce radio-
sa di Cristo, verità ultima di ogni ucm> (29) e l'apparizione della sua

1799.
2 7 ,
Specchio di p e r f e z i o n e . 100 : FF
28. Leggenda Perugina. 43 : FF 1591.

29- Si veda in .erito la A g n i z i o n e quinta, FF 153, nella quale San Fran-

93
immagine crocifissa come sigillo divino della verità e garanzia di ogni
parola di Dio (30), sia rivelata che annunciata.
Non solamente la sua vita traspare nella luce di Cristo, ma anche i
suoi scritti diventano illuminanti, nella dimensione espressiva della luce
che permette alla conoscenza di diventare amore e visione piena.

a) La v i t a d e l S a n t o rivelatrice della pienezza di Cristo.

Sono numerose le indicazioni dei biografi del Santo che ci fanno pensa-
re a una vita talmente intensa ed espressiva, da divenire talvolta piena
rivelazione della pienezza, che custodiva ccme sua identità cristiana.
L'uomo è espressivo in tutto il suo essere, di modo che quanto porta in
cuore diventa palese nelle parole e nei segni. Lo stile dell'uomo rivela
la sua identità. Ora Francesco apparve talvolta non tanto nella sua figura
itinerante, quanto nel suo compimento divino, nella gloria illuminante che
custodiva nel mistero della sua persona, come germe di vita eterna.
Così lo esperimentarono i suoi primi compagni, quando una sera furono
sorpresi da una luce intensa e vivacissima che li visitò, mentre si trova-
vano riuniti a Rivotorto.
"L'uomo a Dio devoto, secondo la sua abitudine, passò la notte a prega-
re Dio, in un tugurio situato nell'orto dei canonici, lontano, con il cor-
po, dai suoi figli.
Ma. ecco: verso mezzanotte - mentre alcuni frati riposavano e altri ve-
gliavano in preghiera - un carro di fuoco di meraviglioso splendore entrò
dalla porta della casa e per tre volte fece il giro dell'abitazione: sopra
il carro si trovava un globo luminoso, in forma di sole, che dissipò il
buio della notte.
Furono stupefatti quelli che vegliavano; svegliati e, insieme, atterri-
ti quelli che dormivano - fu più grande la chiarezza provata nel cuore che
quella vista con gli occhi, perché, per la potenza della luce miracolosa,
fu nuda la coscienza di ciascuno davanti alla coscienza di tutti.
Tutti reciprocamente videro nel cuore di ciascuno e tutti compresero,
con un solo pensiero, che il Signore mostrava loro il padre santo, a s s e n -
t e c o l c o r p o , m a p r e s e n t e c o n lo s p i r i t o (cfr. 1 Cor 5,3), tra-
sfigurato soprannaturalmente dalla luce dei celesti splendori e dalla fiam-
ma dei celesti ardori, sopra quel carro di luce e di f u o c o (cfr. 2
Re 2,11), per indicare che essi dovevano camminare, ccme veri Israeli-

cesco presenta l'uomo configurato all'immagine di C r i s t o anche secondo

il corpo.

30. Vedi: C. DEL ZOTTO, 'San Francesco e lo S p i r i t o Santo', in: L . SARTORI

(a c u r a ) , S p i r i t o Santo e Storia, editrice Ave, Roma 1977, 157-166.

94
ti (cfr. Gv 1,47), sotto la sua guida" (31).
Qjando la persona si illumina in Cristo, diventa non solo luminosa,
ma illuminante. La sua pienezza interiore traspare e diventa un dono parte-
cipato a quanti hanno la grazia di condividerne l'esperienza di vita.
"Nel nulla della povertà, tutto diventa per l'ucmo un dono oltre la
nuda esistenza e se qualcuno è diventato povero per amore di Dio è stato
per poter prendere così ogni cosa come un dono di Dio, perché ha ricono-
sciuto in ogni cosa, con tutta verità un suo libero regalo d'amore. Vita
francescana significa allora continua e pura lode glorificante per la glo-
ria della grazia e dell'amore di Dio che irradia fino a noi attraverso tut-
ti gli esseri" (32).
Qjando poi questa luce traspare nell'immagine più perfetta, che è l'uo-
mo reso espressivo nell'immagine di Cristo, la luce diventa celebrazione
pasquale e canto della vita.
Così fece Francesco, ritornando tra i suoi frati, dopo quella mirabile
illuminazione notturna. Egli incominciò a "rimare i pensieri dei loro cuo-
ri", componendo quelle voci in un canto di speranza per il futuro dell'Or-
dine e della Chiesa (33). Ecco come Francesco restaurava la Chiesa viva,
rendendola capace di lodare e di contemplare pio nella purezza di un cuore,
"reso da ogni cosa libero" (34).
L'episodio è rilevante, perché indica anche la dimensione dell'influsso
di una persona, che abbia attinto la pienezza della luce e della verità
di Cristo, il quale illumina non parlando, ma illuminando il cuore di chi
ama (35). E' così che la conoscenza, non solamente di Dio, ma anche delle
creature, diventa amore. E l'amore è creativo e realizza la creatura nella
dimensione divina della verità, immettendola nell'immagine della verità
incarnata, Gesù Cristo, " p i e n e z z a d i g r a z i a e d i v e r i t à " ( G v 1,14).
Si attua così l'icona divina della creazione redenta, che porta i tratti
del volto di Cristo e l'irradiazione della sua gloria.
Chi si compie nella verità, diventa garante della medesima e ha il po-
tere di sigillare quanti ad essa consacrano il cuore e la vita, divenendone
apostoli. E' l'episodio verificatosi durante il Capitolo provinciale dei
Frati, ad Arles, in Provenza. Esso dimostra che l'alba di ogni vera frater-
nità è l'aurora propria di Dio.

31. Leggenda Maggiore, 4,4 : FF 1070.

32. H.U. von BALTHASAR, Gloria. Una estetica t e o l o g i c a , v o i . 4: N e l l o spa-

zio della m e t a f i s i c a . L ' A n t i c h i t à , Jaca Book Milano 1977, 342-343.


33. Leggenda M a g g i o r e , 4,4 : FF 1071.

34. 2 Cel 212 : FF 801.

35. S. BONAVENTURA, In H e x a e m e r o n , c o l i . 1 2 , 5 ; O p . O m n i a , V,385a.

95
Curante il Capitolo di Arles, Antonio, allora, insigne predicatore *d
ora glorioso confessore di Cristo, stava predicando ai frati, s©r^ndosl
come tema dell'iscrizione posta sulla croce: 'Gesù Nazareno, re deiGiufcì"
(Gv 19,19). ";•
Ebbene, un frate di virtù sperimentata, di nome Monaldo,' si'mise, per*-
ispirazione divina, a guardare verso la porta della sala capitolale e vide
con i suoi occhi il beato Francesco che, stando librato nell'aria pori te
mani stese in forma di croce, benediceva i frati. Tutti i frati, a loro
volta, si sentirono ripieni di una consolazione spirituale così grande«e
così insolita che la ritennero una testimonianza con la quale lo Spirito
li assicurava che il padre santo era veramente in mezzo a-loro" (36).
Qjesti episodi, narratici dai biografi, vengono suffragati da fnolté'
altre simili esperienze, come quella di frate Pacifico, che vide Francesco
segnato dalla Croce formata da due spade luminosissime, che illuminavano
la sua persona, allargandosi poi a illuminare tutto il mondo (37)", irra^
diando ovunque la gloria della pienezza di Cristo.
Forse per questo anche l'esperienza delle Stirmate, che sigilli divina-
mente l'immagine di Cristo nel corpo di Francesco, venne percepita dagli
altri come irradiazione di luce, ccme fuoco illuminante; impressilo ed e-
spressivo di una divina pienezza, che trascendeva ogni umana conoscènza,
esprimendosi nel segno consacrato della umanità di Cristo, la croce, ini-
zio di resurrezione e pegno di vita eterna (38). •» -

b) Francesco "nuovo evangelista" d e l l a p i e n e z z a d i CriSLtov

Tra gli altri titoli dati a Francesco dai suoi biografi, uno è parti*-
colarmente significativo, quello di "nuovo evangelista di questo. ultima
tempo" (39). Francesco diventa egli stesso un Vangelo, ccme pura risonanza

36. Leggenda Maggiore, 4,10 : FF 1081; pure 1 Cel 48 : FF %07; 3C*l_»3


: FF 827. t v

37. Leggenda Maggiore, 4,9 : FF 1078. i.


38. Si tratta dell'esperienza del compimento in Cristo, che viene percepita
come sorgere della luce del giorno del Signore. Sarà utile ricoNjlpe '
che la Verna, dove Francesco ricevette le Stimmate, diventa cosi 11
monte dell'ascensione a Dio, la celebrazione visibile della -g$d>f$-a
della Vergine Maria Immacolata, Assunta in Cielo, che per i Fr'anc«sc«ni
porta il nome gentile di "Santa Maria degli Angeli". C. Ofiì • ZOTTO, '
"L'ultima preghiera di San Francesco alla Verna", in: La Voce d»llfr
Verna, 47, (1982) n.8,p.l.Id., "Santa Maria degli Angeli e il l n i s t ^
della Verna", in: La Voce della Verna, 47 (1982) n.ll.p.l. . »
39. 1 Cel'89 : FF 475. • * * .
della 'Vera dottrina del Figlio di Dio" (40), che annuncia con la vita,
ma anche con la parola e con gli scritti.

La scoperta dell'uomo, nella luce radiosa di Cristo, lo fa esultare,


mentre invita tutti a riconoscere quella dignità e ad esprimerla nella puri
riconoscenza di figli.
"Considera, o uomo, in quale sublime condizione ti ha posto Dio che
ti preò e ti fece a imragine del suo diletto Figlio secondo il corpo e a
sua similitudine (cfr. Gen 1,26; 1 Cor 11,7; Col 3,10; Ef 4,24) secondo
lo spirito" (41).

Per Francesco l'uomo è vivente in Cristo, ne porta l'immagine, non solo


nello spirito, ma anche nel corpo, di modo che, pur nella sua debolezza,
è capace di accoglierne e di rivelarne la divina pienezza di grazia e dì
gloria. L'immagine non si limita alla umanità sofferente del Figlio di Dio,
ma abbraccia anche la sua gloria di Risorto e immette quindi ogni uomo,
che in Lui crede, spera ed ama, nei cieli nuovi della risurrezione. Forse
per questo Francesco non cessava di esortare i suoi frati a celebrare con-
tinuamente la Pasqua, ossia il passaggio, attraverso il deserto di questa
vita, da questo mondo al Padre (cfr. Gv 13,1), e quindi a vivere in questo
mondo ccme pellegrini e forestieri, tutti protesi, con il vigore di un'e-
terna nostalgia divina, verso la patria dell'amore perfetto (42).
E' cosi che egli stesso sapeva consolare i suoi frati, indicando loro
la pienezza del compimento divino della loro vocazione, che si esprimeva
in Cristo e che trovava in Lui la sua beatitudine.
"Beato quel religioso, che non ha giocondità e letizia se non nelle
parole e nelle opere santissime del Signore e, mediante queste, conduce
gli uomini all'amore di Dio in gaudio e letizia" (43).
E soggiungeva, ammaestrandoli a proseguire nella vocazione intrapresa
e a non desiderare di avere altro sotto il cielo: "L'Ordine e la vita dei
frati minori può asscmigliarsi a un piccolo gregge, che il Figlio di Dio,
in questi ultimi tempi, chiese al suo Radre celeste dicendo: "Padre, vorrei
che tu creassi e dessi a me un nuovo popolo e umile in quest'ora ultima
e che fosse dissimile per umiltà e povertà da tutti gli altri che l'hanno
preceduto e fosse contento di non possedere che Me".
Rispose il Padre al Figlio diletto: "Figlio mio, ti è concesso quanto

40. 1 Cel 89 : FF 475.


41. Ammonizione 5,1 : FF 153.
E' la indicazione teologica del suo biografo-teologo, San Bonavent
nella sua Leggenda Maggiore 7,9 : FF 1129.
43. Ammonizione 21 : FF 170.

97
hai demandato" (44).
"Diceva ancora Francesco che Dio volle e rivelò a lui che i frati si
chiamassero "minori", perché questo è il popolo povero e umile, che il Fi-
glio di Dio chiese al Padre suo" (45).
La caratterizzazione dei suoi "fratelli minori" è data da Francesco
con le parole "che siano contenti solo in Cristo". Questo significa non
solamente che essi debbano rinunciare a tutto il resto per possedere Lui
solo, ma positivamente che essi trovino in Lui solo la loro pienezza e che
esprimano nella loro vita tale pienezza come beatitudine e canto nuovo.
"Invero cosa grande è che il Signore abbia yoluto avere un nuovo e piccolo
popolo, differente nella vita e nel parlare da tutti quelli venuti prima
e contento di non possedere che Lui solo, altissimo e glorioso" (46).
La più intensa presenza di Cristo sulla terra è per Francesco quella
sacramentale, che egli chiama "corporea" (47) e ne rimane talmente conquiso
da farne il modello di tutta la sua vita.
La sua esistenza si muove, non soltanto idealmente, attorno al 'Mi Si-
gnore", ma anche concretamente, attorno alla presenza sacramentale del
Figlio di Dio, nel mistero eucaristico (48). La doppia dimensione della
sua presenza è una pienezza di servizio, che si esprime nel dono della vi-
ta, che diventa glorificazione di Dio e nutrimento dei fratelli, una vita
che diventa puro dono, nella delicata espressione di una madre, che nutre
il suo figlio (49), di un fratello che "lava i piedi al fratello" (50),

44. Leggenda Perugina 67 : FF 1617; Specchio di P e r f e z i o n e , 26 : FF 1710.

Si v e d a in m e r i t o : C . DEL ZOTTO: "La dimensione evangelica e la funzio-

ne ecclesiale della fraternità francescana alla luce del Vaticano II",

in: Lettura delle Fonti F r a n c e s c a n e . Temi di v i t a francescana: La Fra-

ternità a cura di G. Cardaropoli e C. Stanzione, Ed. Antonianum, Roma

1983, 15-68.

45. Specchio di P e r f e z i o n e , 26 : FF 1711.

46. Leggenda Perugina, 67 : FF 1619.

47. Testamento, 11-13 : FF 113-114.

48. Francesco lo esprime con una preghiera che recita e insegna ai suoi

frati a recitare quando entrano in chiesa: "Ti adoriamo, Signore Gesù

Cristo, qui e in tutte le tue chiese che sono nel mondo intero e ti

benediciamo, poiché con la t u a santa croce hai redento il mondo",Testa-

mento , 5-7 : FF 111.

4 9 . Un esempio personale lo a b b i a m o nella Lettera a Frate L e o n e , 2 : FF 2 5 0 :

"Così dico a te, figlio mio, come una madre...". Un esempio di norma

imposta ai frati: Regola non bollata, 9,14 : FF 32: "E ciascuno ami

e nutra il suo fratello come una madre ama e nutre il p r o p r i o figlio,

98
come rigenerazione dell'amore che diventa cortese, divina accoglienza e
introduzione nella festa del Regno di Dio. Due riorienti di un unico a e r e ,
due espressioni dell'unica pienezza di Cristo, "venuto nel mondo non per
essere servito, ma per servire e per dare la sua vita a s a l v i a Hi
(cfr. Mt 20,28). ~ ~ ~ —
Francesco lo ricorda con accenti commossi: "Guardate, fratelli, l'umil-
d i
tà Dio, e aprite davanti a Lui i vostri cuori (Sai 61,9); umiliatevi,
anche voi, perché egli vi esalti (1 Pt 5,6). Nulla, durx^ue, di voi, tenete
per voi; affinché vi accolga tutti colui che a voi si dà tutto" (51).
La totalità è la legge dell'amore e diventa per Francesco l'unica n o m a
di vita, rispondente al Vangelo e all'esempio di Gesù Cristo. E poiché Dio
non può donare mai meno di se stesso, ma tutto a tutti si dona e opera tut-
ta in tutti, mediante il Figlio suo Gesù Cristo, per questo Francesco non
può riservare nulla per sé, ma è felice di poter entrare nel ritmo della
pienezza dell'amore, che lo compie in Cristo e che permette a Cristo di
rivelare in lui la sua pienezza di inanità, non solo nella mediazione dei
segni sacramentali, ma in ogni espressione di vera inanità. E' per questo
che la vita fraterna, inaugurata da Francesco e da lui chiamata "rivelazio-
ne" e "dono" dei fratelli (52) da parte di Dio, diventa "compimento del
mistero del Vangelo di Cristo" (53). Tutta la vita si illumina in Cristo,
come rivelazione della sua gloria « risonanza del suo Vangelo di grazia,'
trasformandosi in "parola dello Spirito" (54). Francesco ne fa un irandato
per i suoi frati, ma io credo anche per tutti gli uomini di buona volontà:
"Udite, figli del Signore, e fratelli miei, e prestate gli orecchi alle

in t u t t e quelle cose in cui Dio gli darà grazia". Nella Regola bollata,
6,8-10 : FF 91, San F r a n c e s c o intensifica la q u a l i t à d e l l ' a m o r e spiri-
tuale a confronto di quello naturale della madre; usando un chiasmo
"nutre ed ama" e "deve amare e nutrire", egli intende dire che anche
se il nutrimento materno non riuscisse a diventare amore e quindi non
fosse in grado di dare alla luce una nuova vita, quello fraterno deve
essere sempre amore "nutriente" ossia che alimenta, custodisce, corro-
bora e compie nell'arte divina della santità e della bellezza, la vita
del fratello.

50. Regola non bollata. 6 , 3 : FF 23; Ammonizione 4,2-3 : FF 152.


5 1
- Lettera al C a p i t o l o Generale e a tutti i Frati, 2,36-37 : FF 221.
52. Testamento, 16-17 : FF 116.

53. 2 Cel156 : FF 740.

54. Lettera a tutti i f e d e l i , 3 : FF 1 8 0 . C . DEL Z0TT0, "L'esperienza dello


Spirito Santo nella vita della Chiesa secondo S. Francesco d'Assisi"
in: A n t o n i a n u m , 57 (1982) 203-252.

99
mie parole (At 2,14). Inclinate l'orecchio del vostro cuore (Is 53,3) e
obbedite alla voce del Figlio di Dio. Custodite nelle profondità di tutto
il vostro cuore i suoi precetti e adempite perfettamente i suoi consigli.
"Lodatelo perché è buono" (Sai 135,1) ed "esaltatelo nelle opere vo-
stre" (Tb 13,6), perché vi mandò per il mondo intero affinché testimoniate
la sua voce con la parola e con le opere e facciate conoscere a tutti che
"non c'è nessuno onnipotente eccetto Lui" (Tb 13,4). "Perseverate nella
disciplina" (Eb 12,7) e nella santa obbedienza e adempite con proposito
buono e fermo queste cose che avete premesso. "Il Signore Dio si offre per
voi come per dei figli" (Eb 12,7)" (55).
A questo vertice di umanità, dove la vita si esprime ccme lode pura
e annuncio verace dell'amore, ogni uomo, che accolga l'invito di Francesco,
diventa custode del fratello, nella immagine delicata e gentile di una ma-
dre che nutre ed ama il suo unico figlio (56).
La tenerezza diventa l'atmosfera che premuove il progresso della vita
e ne custodisce il mistero di santità. Lo stupore, la meraviglia, la gioia,
caratterizzano ogni incontro verace; e ogni comunicazione diventa inizio
di comunione, oasi di speranza e attimo di beatitudine, che invera il tem-
po, immettendolo nel compimento divino della storia sacra, nel giorno pieno
dell'eternità.
Francesco, segnato da due spade luminosissime, che lo sigillano ccme
fiammante croce sul mondo, eleva coraggioso la fiaccola della speranza,
come apostolo della civiltà dell'amore, che albeggia nella sua esperienza
fraterna, ccme aurora propria di Dio (57). Un mondo nuovo, proteso verso
il compimento della speranza, sostenuto dalla tensione del desiderio, rag-
giante nella presenza dell'amore, che solo è creativo, irradia come luce
mattutina dalla immagine esile e raggiante di Francesco.
La sua gioia diventa incontenibile e il suo canto intonazione corale.
Dalla montagna della Verna, monte santo dell' umanità, egli eleva a Dio
la sua lode, divenuta vocefcieimondi infiniti, nella splendida ottava della

55. Lettera al C a p i t o l o Generale e a tutti i frati, 6-12 : FF 2 1 6 . Si pensi


alla modernità di q u e s t a visione di F r a n c e s c o , se il C o n c i l i o Ecumenico
Vaticano II l'ha scoperta come la sua più grande conquista teologica:
Sacrosanctum C o n c i l i u m , 7; Dei Verbum, 1-6.

56. Così presenta i primi frati la L e g g e n d a dei tre C o m p a g n i , 41 : FF 1446:


"Si amavano l'un l'altro con affetto profondo, e a vicenda si servivano
e procuravano il necessario, come farebbe una madre col suo u n i c o fi-
glio teneramente amato".

57. E. LECLERC, OFM, Francesco d ' A s s i s i , il r i t o r n o al V a n g e l o , 10: "L'alba


di o g n i vera fraternità è l'aurora propria di Dio".

100
creazione, ma anche sublime preghiera corale della imanita, che è entrata
con lui in Cristo, nel mistero della pienezza f i a t a n t e dell'amore che dona
la vita sulla Croce (58).

•Tu sei santo, Signore Iddio unico, "che fai cose stupende"(Sal 76,15).
Tu sei forte.
Tu sei grande (cfr Sai 85,10).
Tu sei l'Altissimo.
Tu sei il Re onnipotente.
Tu sei il Padre Santo (Gv 17,11), Re del Cielo e della terra (cfr. Mt 11,25).
Tu sei Trino e Uno, Signore Iddio degli dèi (cfr. Sai 135,2).
Tu sei il bene, il sorrmo bene, Signore Iddio vivo e vero.
Tu sei amore, carità.
Tu sei sapienza.
Tu sei umiltà.
Tu sei pazienza (Sai 70,5).
Tu sei bellezza.
Tu sei sicurezza.
Tu sei la pace.
Tu sei gaudio e letizia.
Tu sei la nostra speranza.
Tu sei la nostra gioia.
Tu sei giustizia.
Tu sei temperanza.
Tu sei ogni nostra ricchezza.
Tu sei bellezza.
Tu sei mitezza.
Tu sei il protettore (Sai 30,5).
Tu sei il custode e il difensore nostro.
Tu sei fortezza (cfr. Sai 42,2).
Tu sei rifugio.
Tu sei la nostra speranza.
Tu sei la nostra fede.
Tu sei la nostra carità (cfr. 1 Gv 4,16).
Tu sei tutta la nostra dolcezza.
Tu sei la nostra vita eterna:
Grande e anmirabile Signore,
Dio onnipotente,
Misericordioso Salvatore" (59).

58. Vedi: T. MOURIEN, Introduction a 8reviloquium di S. Bonaventura, p.2,

Le m o n d e créature de D i e u , E d i t i o n s Franciscaines Paris 1967, 11-15.

101
Questa preghiera può essere chiamata la preghiera dell'umanità, perché
sgorga dal cuore di un uomo, che, essendo ormai entrato, per un mistero
di conformazione d'amore, in Gesù Cristo, ha trovato la sua pienezza e in-
troduce l'ucmo nella pienezza. Non c'è più in lui contaminazione di egoi-
smo, ma pura lode di gloria e radiosa comunicazione d'amore, ccme dono cor-
tese della vita.
Cosi Francesco diventa "profezia vivente" e segno di benedizione per
tutta l'umanità.
Alla preghiera, che immette con il vigore dei suoi 32 "Tu", nel mistero
del compimento della divina bellezza, egli jaggiunge un segno personale per
frate Leone e per quanti sono come lui ancora nella tristezza. Egli tra-
smette in forma personale, accordandola nel suo cuore segnato dall'amore
del Crocifisso, la Benedizione di Dio (60). Anzi diventa egli stesso sor-
gente di benedizione, nella partecipazione della vita, con la cortesia di
Cristo e la tenerezza di una "madre", che ama e nutre il suo figlio dilet-
to" (61).

5. Un grande inno nella celebrazione della Chiesa

Chi ha sperimentato, come Francesco, la gioia di essere totalmente


"creatura di Dio" (62), nella massima partecipazione possibile alla pienez-
za della umanità di Cristo, è in grado di introdurre gli uomini nella veri-
tà della loro vita e di guidarli fraternamente lungo il cammino della spe-
ranza, fino alla piena rivelazione in loro del mirabile volto di Cristo
(63).

5 9 . Lodi di Dio Altissimo, 1-3 : FF 261; ho aggiunto: "Tu sei la nostra

g i o i a " , che si t r o v a nel testo originale latino e manca nella traduzio-

ne italiana.

6 0 . Si v e d a in m e r i t o il m i o studio: "Il S i g n o r e benedica te, frate Leone",

in: Fiamma Nova, Panorama F r a n c e s c a n o , 47 (1982) 3-6. Pure C.DEL ZOTTO,

"L'ultima preghiera di San Francesco alla Verna", in: La Voce della

V e r n a , 47 (1982) n.8,p.l.

61. Precede cosi con il b u o n esempio i suoi f r a t i , ai q u a l i prescrive nella

Regola bollata, 6,10 : 91 di essere come una madre, che sperimenta

la b e a t i t u d i n e della parola di D i o vissuta in p i e n e z z a secondo il detto

di G e s ù : "Madre mia e miei fratelli sono coloro che ascoltano la parola

di Dio e la mettono in p r a t i c a " (Le 8 , 2 1 ) . C o s ì i frati diventano con-

tinuamente fratelli e madri di Cristo.

6 2 . Si veda la R e g o l a non bollata, 23,23-26 : FF 69.

63. Per questo San Francesco, scrivendo ai s u o i frati, diventa egli stesso

preghiera nello Spirito e accende in e s s i la s c i n t i l l a divina del com-

102
Il momento più solenne e di maggiore creatività è quello della preghie-
ra, che esprime la vita, accogliendola ccme dono d i Dio, custodendola nel
mistero della persona che si identifica entrando in comunione, partecipan-
dola ccme lode di gloria (cfr. Ef 1,14) divina e come nutrimento dei fra-
telli (64), in una liturgia che raccoglie uomini e cose, l'universo intero
in vista della sola pace dell'amore, accordandoli nella sinfonia della pie-
nezza. Il capitolo 23 della prima Regola di S . Francesco segna questa apo-
teosi divina della storia, che si rivela opera della Trinità, ossia di un
amore, che non è solitudine, ma comunione e procede dall'esperienza di co-
munione fino alla perfezione dell'unità, "ricapitolando tutte le cose in
Cristo" (Ef 1,10) e immettendole in Lui, nella pienezza dei tempi, nel mi-
stero corale della Liturgia della Chiesa, "la quale è il suo corco, la pia-
nezza di Colui che si realizza interamente in tutte le cose".

Comprendere questo significa essere resi partecipi di quella verità


divina dell'ucmo, creato dalla mirabile potenza del Verbo eterno di Dio
e vivente in Cristo (Ef 1,14), ccme "sua lode di gloria" (Ef 1,14), che
Francesco, nella limpida trasparenza della verità dell'amore, confessa di
avere ricevuto in dono "coro speciale cognizione della s o m a Sapienza" (65).

In questo l'arte ha preceduto, con il raggio divino della ispirazione


poetica, la riflessione serena della teologia. Poiché Luca Signorelli ( 1 4 4 1 -
1523), ad Orvieto, in una Cappella del Duomo, dipinge Francesco nella
schiera dei "Dottori sapienti" (66).
Rileggendo questa preghiera, credo di poter condividere il suo giudizio
e di riconoscere a San Francesco la qualifica d i "Dottore sapiente".
•Onnipotente, altissimo, santissimo e sommo Dio, Padre santo e giusto,
Signore Re del cielo e della Terra, per te stesso ti rendiamo grazie, poi-
ché per la tua santa volontà e per l'unico tuo Figlio nello Spirito Santo
hai creato tutte le cose spirituali e corporali, e noi, "fatti a tua imra-
gine e a tua somiglianza hai posto in Paradiso" (cfr. Qen 1,26; 2,15; 1
Cor 11,7; C o l 3,10)...

E ti rendiamo grazie, perché, come tu c i hai creato per mezzo del tuo

pimento dell'amore, al vertice stesso dei Serafini: Lettera al Capitolo


Generale e a tutti i frati, 6,62-65 : FF 233.
64. Si veda il mio studio: Teologia dell'amore: Pedagogia dell'amore",
in: Vita Minorum, 52 (1981) 325-331,
65. Ammonizione 5,6 : FF 154.
66. L. SIGNORELLI, I Dottori della Chiesa: "Doctorum Sapiens Ordo", Orvie-
to, Ouomo, Cappella di S. Fabrizio, riprodotto in S. Bonaventura 1274-
1974, a cura di J.G.BOUGEROL, OFM, Grottaferrata (Roma) 1974, vol.I,
p. 274, ripr. n. 29.

103
Figlio, così per il vero e s a n t o ^ j * ^ ^
Gv 17 26), hai fatto nascere lo stesso vero Dio e vero Uomo dalla gloriosa
s^pri Vergine beatissima santa ^ r i a e per la croce, il sangue e la morte
di Lui ci hai voluti liberare e redimere. ^
E ti rendiamo grazie poiché lo stesso tuo Figlio ritornerà nella glo-

Pia,
E " d o v e r e invitato singolarmente, chiamandoli tutti, Angeli e uomi-
ni » che furono sono e saranno, affinché rendano grazie a Te, sommo e
vero" Dio, eterno e vivo con il Figlio tuo carissimo, Signore nostro Gesù
Cristo e con lo Spirito Santo Eraclito» (68), Francesco di rivolge alle
singole categorie della Chiesa e a tutti gli uomini nelle loro varie condi-
zioni sociali e invita -tutti i popoli, le genti, le razze, le lingue, (Ap
7 9) tutti gli uomini della terra, che sono e saranno (69).
' non tutto il cuore e con tutta l'anima, con tutta la men-
te — ^ T ^ T T ^ t À e la fortezza, con tutta 1" intelligenza, con tut-
te' le forze» (Db 6,5; Me 12,30 e 33; Le 10,27) con tutto lo slancio, con
tutto l'affetto, con tutti i sentimenti più profondi, con tutto il deside-
rio e la volontà il Signore Iddio, il quale a noi ha dato e da tutto il
corpo, tutta l'anima, tutta la vita; che tutti ci ha creato e redento e
che ci salverà per sua sola misericordia. Lui che ogni bene fece e fa a
noi... Nient'altro durr,ue si desideri, nient'altro si voglia, nient altro
ci piaccia e ci soddisfi se non il Creatore e Redentore e Salvatore nostro,
solo vero Dio, che è pienezza di bene, totalità di bene, completezza di
bene vero e scorno Bene, "che solo è buono" (Le 18,19), misericordioso e
mite', soave e dolce, che solo è santo, giusto, vero e retto, che solo e
benigno, innocente e puro, "dal quale e per il quale e nel quale" (cfr.
Rn 11,36) è ogni pedono, ogni grazia, ogni gloria di tutti i penitenti
e di tutti i giusti, di tutti i santi che godono insieme nei cieli.
Niente durr,ue ci ostacoli, niente ci separi, niente si interponga. E
ovunque, noi tutti, in ogni luogo, in ogni ora, in ogni tempo, ogni giorno
senza cessare, crediamo veramente e umilmente e teniamo nel cuore e amiamo,
onoriamo, adoriano, serviamo, lodianu e benediciamo, glorifichiamo ed esal-
tiamo, lignifichiamo e ringraziamo l'altissimo e sommo eterno Dio, Trino
ed Uno, Padre e Figlio e Spirito Santo, Creatore di tutte le cose, Salvato-
re di chi spera e crede in Lui, di chi ama Lui; il quale, senza inizio e
senza fine, imitabile, invisibile, inenarrabile, ineffabile, incomprensi-
bile e ininvestigabile, benedetto, degno di lode, glorioso, sopraesaltato,

67. Regola non bollata, 23,1-7 : FF 63-65.


68. Regola non bollata, 23,12-15 : FF 67.
69. Regola non bollata, 23,16-22 : FF 68.

104
sublime, eccelso, soave, amabile, dilettevole e tutto sempre e sopra tutte
le cose è desiderabile nei secoli dei secoli" (70).
In questa celebrazione la Chiesa stessa diventa "pienezza di Colui che
si realizza interamente in tutte le cose" (Ef 1,23).
Non ci rimane che accogliere l'invito del nostro fratello Francesco
di Assisi ed entrare nella sua sfera di amore e di esperienza cristiana,
tutta centrata in Gesù Cristo e protesa verso il compimento della gloria
di Dio e il raggiungimento della perfezione dell'uomo, nella manifestazione
della parola e dell'immagine, nella irradiazione della luce, esultante e
gloriosa di Gesù Cristo, pienezza dell'uomo: "Cristo, l'uomo nuovo" (71).
Avremo così la sorpresa e la gioia di essere anche noi raggianti, in virtù
di quella luce, della quale vive e nella quale è incoronata regina la Ver-
gine Maria, la quale "sulla terra brilla ora innanzi al peregrinante popolo
di Dio quale segno di sicura speranza e di consolazione, fino a quando non
verrà il giorno del Signore (cfr. 2 Pt 3,10)"(72). E Gesù Cristo apparirà
nella sua gloria, nella creatura mortale, vivente nella Chiesa, che inaugu-
ra il Regno di Dio.

70. Regola non bollata. 23,23-24 : FF 69-71; questo cantico degli uomini
redenti viene intonato da Francesco per quanti desiderano esprimere
la propria vita nella beatitudine della parola di Dio, che è insieme
verità e amore.

71. Gaudium et S p e s , n . 22.


72. Lumen Gentium, n. 68.

105
XIV Lezione

PRESENZA EUCARISTICA E VITA DELLA CHIESA

1. La crociata eucaristica di S- Francesco.

2. La celebrazione della S . Messa e l'Ufficio D i v i n o .

3. La pietà ecclesiale d i S . F r a n c e s c o .

* * *

L'amore di S . Francesco per la Chiesa trova la sua nota più significa-


tiva nell'amore appassionato ch'egli nutriva per il "Santissimo Signore
nostro Gesù Cristo", che adorava e invitava ad adorare in tutte le chiese
del mondo (1). L'adorazione eucaristica è il primo atto di fede che segui
alla sua conversione e diede senso alla sua vita cristiana nella Chiesa.
L'espressione del Testamento unisce l'Eucaristia alla Chiesa in cui essa
si trova e ne fa il vincolo di unità di tutte le chiese del mondo e quindi
la massima espressione della cattolicità della Chiesa, che vive dell'Euca-
ristia.
Esaminiamo insieme i testi di S . Francesco che parlano della Eucari-
stia, soffermandoci su quelli riguardanti la S . Messa e la celebrazione
dell'Ufficio divino. Comprenderemo così il senso profondo del mandato di
restaurare la Chiesa, affidatogli dal Signore.

1 . La c r o c i a t a e u c a r i s t i c a di S . Francesco.

Nel suo Testamento, il Serafico Padre si premura di indicarci quali


fossero i capisaldi della sua vita di fede: l'Eucaristia, il Sacerdozio
ministeriale nella Chiesa cattolica, la Parola di Dio e i ministri della
Parola, la Chiesa gerarchica e la Celebrazione liturgica, compreso l'Uffi-
cio divino, la Regola approvata dal Papa. Il suo modo di vivere nella Chie-
sa è caratterizzato da un rapporto di fede teologale, fondato sulla Rivela-
zione del Signore e sul Magistero della Chiesa. Alla fede segue l'amore
filiale e la devozione sincera.
Fin dall'inizio della sua conversione appare evidente il senso del "re-
stauro", che è chiamato a compiere. Esso non può limitarsi alle mura, ma

1) Test 5-6 : FF 111.

106
riguarda principalmente la fede nel Signore, "corporalmente presente" (2)
nel mistero eucaristico, in tutte le chiese del mondo. Il Celano lo nota
subito, indicando la riverenza del Signore, come determinante per la moda-
lità del restauro, anche materiale, delle chiese. "La prima opera cui Fran-
cesco pose mano, appena libero dal giogo del padre terreno, fu di riedifi-
care un tempio al Signore. Non pensa di costruirne uno di nuovo, ma restau-
ra una chiesa antica e diroccata; non scalza le fondamenta, ma edifica su
di esse, lasciandone cosi, senza saperlo, il primato a Cristo. "Nessuno
infatti potrebbe creare un altro fondamento ali'infuori di quello che già
è stato posto: Gesù Cristo" (1 Cor 3,11). Tornato perciò nel luogo, in cui,
ccme si è detto, era stata costruita anticamente la chiesa di San Damiano,
con la grazia dell'Altissimo, in poco tempo la riparò con ogni diligenza" (3).
La preoccupazione di edificare una dimora al Signore rimarrà in lui
costantemente presente, tanto che ne farà una prescrizione nella Regola:
"E sempre costruiamo in noi una casa, una dimora permanente a Lui, che è
Signore Dio onnipotente, Padre e Figlio e Spirito Santo (4). Il Signore
diventa il pensiero dominante, il senso unico della sua vita, il movente
di tutte le sue iniziative salutari.
Il fatto che il Signore sia realmente presente nel sacramento della
Eucaristia, lo colpisce a tal punto che non riesce a trattenere la corrmo-
zione: "L'umanità trepidi, l'universo intero tremi e il cielo esulti, quan-
do sull'altare, nelle mani del Sacerdote, è il Cristo Figlio di Dio vivo.
0 ammirabile altezza, o degnazione stupenda! 0 umiltà sublime! 0 su-
blimità umile, che il Signore dell'universo, Dio e Figlio di Dio, così si
umili da nascondersi, per la nostra salvezza, in poca apparenza di pane!
Guardate, fratelli, l'umiltà di Dio e aprite davanti a Lui i vostri cuori
(Sai 61,9); umiliatevi anche voi, perché egli vi esalti (1 Pt 5,6). Nulla,
dunque, di voi, tenete per voi; affinché vi accolga tutti colui che a voi
si dà tutto" (5).
La totalità è la legge dell'amore e diventa il senso eucaristico di
Francesco: totalità del dono di Cristo, totalità della nostra adorazione,
della nostra celebrazione eucaristica e della nostra risposta di fede. "San
Francesco ci appare dunque veramente ccme la ecclesialità personificata"
(6), colui che fa dell'Eucaristia nella Chiesa il centro focale di tutta
la sua vita, e del suo amore all'Eucaristia il modo più perfetto di restau-

2) Test 12 : FF 113.

3) 1 Cel 18 : FF 350.

4) RegNB 22,27 : FF 61.

5) LCapFr 2,33-37 : FF 221.

6) I. F E L D E R , L ' i d e a l e di S . F r a n c e s c o d'Assisi, Firenze 1944, p. 77.

107
rare la Chiesa.
Cerchiamo di cogliere insieme, dai numerosi testi che parlano della
Santissima Eucaristia, il vigore della fede e della predicazione eucaristi-
ca di S . Francesco.
C'è un particolare nel Testamento del Santo che ci offre il clima di
devozione dal quale sono scaturiti i testi: " e assai volentieri dimoravamo
nelle chiese" (7). S . Francesco e i suoi primi compagni abitavano pratica-
mente nelle chiese, perché avevano scelto di vivere per il Signore e di
stare sempre alla sua presenza. E' il primo messaggio eucaristico del San-
to: una vita che si illumina e si compie nel silenzio dell'adorazione eu-
caristica: "E il Signore mi dette tanta fede nelle chiese, che così sempli-
cemente pregavo e dicevo: "Ti adoriamo, Santissimo Signore Gesù Cristo,
qui e in tutte le tue chiese che sono nel mondo intero e ti benediciamo,
poiché con la tua santa croce hai redento il mondo" (8).,
Alla presenza, costante e preferenziale, gioiosa e fedele, davanti al
Santissimo, il Serafico Padre unisce l'adorazione esplicita, che lo rende
come lo sguardo adorante di tutta l'umanità, perché il Signore raccoglie
nella sua presenza tutti gli uomini e S . Francesco lo adora in tutta la
sua presenza nell'universo intero, in virtù della Santissima Eucaristia,
che è presente in tutte le chiese del mondo.
Qui permettetemi una domanda: se Francesco poverello ha capito subito
che la vita cristiana ha senso solo se si compie in Gesù Cristo entrando
nel mirabile mistero della sua presenza, come mai la Chiesa non ne fa men-
zione nel Credo? Che ve ne pare? Se l'Eucaristia è il centro divino, il
fulcro vitale, la forza raggiante della Chiesa, ci deve pur essere almeno
un accenno nel Credo. Certamente. "Credo la Comunione dei Santi"! Il senso
è: credo la comunione dei Santi Misteri, del Santissimo, dei fedeli, che
partecipano al Santissimo e comunicano tra di loro, nella mirabile presenza
del Corpo di Cristo (9). E' l'Eucaristia che fa la Chiesa. Così chi vive
per l'Eucaristia, vive per la Chiesa. "La comunione dei santi fra loro è
il frutto della comunicazione delle cose sante fatta a ciascuno di essi.
L'unione [perfetta della comunità suppone il compiersi del "mistero della
fede" nel quale Dio si dona. Ecco il contenuto della formula del nostro
Credo. E ciò corrisponde a quanto diceva Sant'Agostino, alludendo a coloro
che si trovavano con il popolo fedele "nella comunione dei sacramenti divi-

7) Test 22 : FF 118.

8) Test 5-6 : FF 111.


9) C f . H.de LUBAC, "Credo sanctorum communionem", in: Communio 1 (1972)

23-31: "Il 'corpo eucaristico' costruisce il 'corpo m i s t i c o ' (p.28).

108
ni" (10).
San Francesco entrò talmente nella verità di Cristo "corporalmente pre-
sente nell'Eucaristia" da apparire in Lui ccme nella sua dimora (11).
Non fa quindi meraviglia che la sua principale attenzione sia rivolta
alla conoscenza e all'adorazione del Signore.
1X16113
Lettera a tutti i Chierici "Sulla riverenza del Corpo del Signo-
re" (12), il Serafico Padre insiste sulla centralità del mistero eucaristi-
co: "Niente, infatti, abbiamo e vediamo corporalmente in questo mondo dello
stesso Altissimo, se non il corpo e il sangue,, i nomi e le parole mediante
le quali fummo creati e redenti da morte a vita" (13).
In queste incisive parole viene descritta la vita del cristiano total-
mente incentrata in Cristo. La presenza reale di Gesù Cristo è la presenza
dell'Altissimo che ci ha creati e redenti e che ci mantiene in vita donan-
doci la vita eterna. Per questo il Santo è tutto compreso da quella mirabi-
le presenza e non cessa di additarla agli altri.
In modo particolare ai Chierici, egli racccmanda di guardarsi dal
"grande peccato di ignoranza" riguardante l'Eucaristia e li esorta a cele-
brare degnamente i "si grandi misteri".
"Badiamo, quanti siamo chierici, di evitare il grande peccato e l'igno-
ranza, che certi hanno riguardo al Santissimo Corpo e Sangue del Signore
nostro Gesù Cristo, ai santissimi Nomi e alle Parole di Lui scritte, che
consacrano il Corpo" (14).

E' notevole il senso sacramentale del Poverello, il quale afferma:


"Sappiamo che non ci può essere il corpo se prima non è consacrato dalla
parola" (15).
Egli riconosce il rapporto tra segno sacramentale e parola. La Pa-
rola immette lo spirito, vivificando il segno, affinché sia presente Cristo
nella totalità della sua persona. S . Francesco insiste sulla presenza "cor-
porea" e vede in essa il vertice dell'amore che ci dà vita. In questa con-
templazione adorante egli scopri l'uomo in Cristo e ne rimase affascinato.
Basti considerare l'Armonizione quinta, nella quale egli vede l'ucmo come
immagine e somiglianza di Cristo, secondo il corpo e secondo lo spirito:

10) H . de L U B A C , C r e d o Sanctorum Communionem, p. 29.

1 1 ) T . da E C C L E S T O N , L ' i n s e d i a m e n t o dei frati in Inghilterra, 115 : FF 2547,


ricorda la visione dei due nobili Veneziani di Francesco "nel cuore
di C r i s t o " , s e c o n d o il racconto di P a p a Innocenzo IV.

12) L C h i e r 1-15 : FF 207-209.

13) L C h i e r 3 : FF 207.
14) LChier 1 : FF 207.
15) L C h i e r 2 : FF 207.

109
una doppia confonnazione, iniziale e definitiva, creaturale ed eucaristica.
L'uomo nuovo, perfetto, definitivo, è quello rispondente al secondo Marno
(cf. 1 Cor 15,45), a Gesù Cristo, nella realtà del suo corpo eucaristico,
divenuto "tutto spirito datore di vita".
Per questo continua il Serafico Padre ad esortare i chierici ad anmini-
strare con grande riverenza e decoro "sì grandi misteri" e a curare che
"i calici, i corporali, le tovaglie usate per la consacrazione del Corpo
e del Sangue del Signore nostro Gesù Cristo" siano degne e il Santissimo
Corpo del Signore "sia posto e custodito in luogo prezioso" (16). Essi de-
vono essere ripieni dello Spirito del Signore.
"E sappiamo che tutto ciò siamo tenuti ad osservare sopra ogni altra
cosa secondo i comandamenti del Signore e i precetti di santa Madre Chie-
sa" (17).
L'insistenza del Serafico Padre sui "precetti di santa Madre Chiesa"
fa pensare ai Decreti del Concilio Lateranense IV (11-30 nov. 1215), che
richiamavano la fede nel Sacramento dell'Altare ccme "mysterium unitatis"
(18), da celebrarsi solamente dai Sacerdoti consacrati e secondo il rito
della santa Chiesa.
Comprendendo bene e celebrando degnamente l'Eucaristia, si comprende
il mistero della Chiesa e il mistero dell'ucmo, che trova soltanto in Cri-
sto la sua ultima spiegazione e nella sua presenza eucaristica il senso
definitivo del suo essere nel mondo e del suo vivere nella Chiesa.

Da teologo dell'Eucaristia, S . Francesco diventa il teologo sapiente

dell'uomo nuovo in Cristo, rivelandone il mistero e la sovrana dignità (19).

L'ucmo non ha altra dimora sulla terra, al di fuori di Cristo. Questa dimo-

iò) LChier 11 : FF 209.


17) LChier 13 : FF 209.

18) D e n z i n g e r - S c h o n m e t z e r , n.802: "Una vero est fidelium universalis Eccle-

sia, extra quam nullus o m n i n o s a l v a t u r , in qua idem ipse sacerdos est

sacrificium Iesus C h r i s t u s , cuius corpus et s a n g u i s in s a c r a m e n t o alta-

ris sub speciebus panis et v i n i veraciter continentur, transsubstantia-

tis pane in corpus et v i n o in s a n g u i n e m potestate divina: u t ad perfi-

ciendum mysterium unitatis accipiamus ipsi de suo, quod accepit ipse

de n o s t r o . E t h o c utique sacramentum nemo potest conficere, nisi sacer-

dos qui rite fuerit ordinatus, secundum claves Ecclesiae, quas ipse

concessit Apostolis eorumque successoribus Iesus C h r i s t u s " . Il medesimo

Concilio stabilì il precetto della Confessione almeno annuale e della

Comunione pasquale (812).

1 9 ) Am 5 : FF 153. Egli riconosce in q u e s t o il senso della vera sapienza

rivelata.

110
ra peregrinante, ccme raccoglimento e trasfigurazione dell'universo che
entra nel mistero del regno di Dio, è la Chiesa, corpo di Cristo e sua pie-
nezza (cf. Ef 1,23). Adorando il Signore, Francesco si scopre vivente nella
Chiesa ed è felice di dimorarvi, protetto dalle sue mura esterne e vivifi-
cato dalla "presenza reale di Gesù Cristo", com'egli afferma nel suo Te-
stamento: "E assai volentieri rimanevamo nelle chiese" (20).
Scrivendo ai Chierici, S . Francesco trasmette il suo appassionato amore
per il Signore "corporalmente presente" nel mistero eucaristico e proclama
insieme la sua beatitudine, poiché egli è contento solo del Signore e non
vuole avere altro sotto il cielo. Questa vita "in Cristo" diventa la massi-
ma, la più perfetta edificazione della Chiesa, non di quella che appare,
ma di quella che "traspare", fulgente, nel mistero della presenza reale
di Cristo.
Per questo potremmo cogliere il senso di questo messaggio ai Chierici,
sintetizzandolo nelle parole: vedere e adorare il Santissimo.
Nell'Ammonizione prima egli richiama la necessità della fede nella pre-
senza reale del Signore e fa un parallelo con coloro che lo incontrarono
nel suo primo avvento e furono salvati non perché lo videro con i loro oc-
chi, ma perché riconobbero in Lui il Figlio di Dio.
"Perciò tutti coloro che videro il Signore Gesù Cristo secondo l'inani-
tà e non videro né credettero, secondo lo Spirito e la divinità, che Egli
è il vero Figlio di Dio, sono condannati; e così ora tutti quelli che vedo-
no il sacramento del Corpo di Cristo, che viene consacrato per mezzo delle
parole del Signore sopra l'altare per le mani del Sacerdote sotto le specie
del pane e del vino, e non vedono e non credono secondo lo spirito e la
divinità, che sia veramente il santissimo Corpo e Sangue del Signore no-
stro Gesù Cristo, sono condannati perché l'Altissimo stesso ne dà testimo-
nianza e dice: ''Questo è il mio corpo e il sangue del nuovo testamento"
(Me 14,22-24) e ancora: "Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha
la vita eterna" (Gv 6,55)"(21).
In tale contesto, S . Francesco richiama sempre la necessità di una pie-
na adesione interiore e di una accoglienza secondo lo spirito, poiché sol-
tanto nello Spirito è possibile ricevere veramente il Signore. "Per cui
lo Spirito del Signore, che abita nei suoi fedeli, egli stesso riceve il
Santissimo Corpo e Sangue del Signore" (22). Soltanto l'accoglienza di fe-
de, secondo lo Spirito di Dio che abita in noi, permette alla presenza del
Signore di operare in noi efficacemente, trasformandoci nella sua imragine

20) Test 22 : FF 118.

2 1 ) Am 1, 1,9-12.

2 2 ) Am 1, 1,13 : FF 143.

111
di luce e partecipandoci la sua pienezza di vita. Anche la comunione euca-
ristica è azione trinitaria, che edifica la Chiesa intera, raccolta nel
nome della Trinità e convocata dall'amore del Signore.
"Ecco, ogni giorno egli si umilia, ccme quando dalla sede regale (Sap
18,15) discese nel grembo della Vergine; ogni giorno discende dal seno del
Padre" (Gv 1,18; 6,38) sopra l'altare nelle mani del Sacerdote. E ccme ai
santi Apostoli apparve in vera carne, così ora si mostra a noi nel pane
consacrato; e come essi con lo sguardo fisico vedevano solo la sua carne
ma, contemplandolo con gli occhi della fede, credevano che era Dio, così
anche noi, vedendo pane e vino con gli occhi del corpo, vediamo e fermamen-
te crediamo che il suo santissimo Corpo e Sangue sono vivi e veri" (23).
Il Serafico Padre, quindi, esorta in questa Armonizione a "contemplare
con gli occhi della fede" il Signore realmente presente sotto i veli euca-
ristici, riconoscendo la sua sovrana dignità e immensa degnazione, riceven-
dolo degnamente e ringraziandolo, perché "in tale maniera il Signore è sem-
pre presente con i suoi fedeli, com'egli dice: "Ecco, io sono con voi sino
alla fine del mondo" (Mt 28,20)"(24).
Nel suo fervore eucaristico, S . Francesco non si limita ad esortare
i Chierici e i Frati, ma estende il suo messaggio a tutti i popoli, rivol-
gendosi ai Reggitori dei Popoli, affinché adempiano a tale mandato, che
costituisce il loro primo dovere: di dare a Dio il primato, permettendogli
di essere il Signore, il senso della vita e l'artefice della felicità dei
popoli loro affidati.
Intanto devono precedere tutti con il buon esempio e "ricevere devota-
mente la comunione del santissimo Corpo e Sangue del Signore nostro Gesù
Cristo in sua santa memoria" (25).
Dopo avere loro augurato "salute e pace", li "supplica...di non dimen-
ticare il Signore, presi ccme siete dalle cure e dalle preoccupazioni del
mondo" (26) e di provvedere che il Signore sia onorato e glorificato da
tutti i loro sudditi e per questo devono stabilire un banditore, che annun-
ci le ore della lode divina.
"E dovete dare al Signore tanto onore fra il popolo a voi affidato,
che ogni sera un banditore proclami o altro segno annunci che siano rese
lodi e grazie all'Onnipotente Signore Iddio da tutto il popolo. E se non
farete questo, sappiate che voi dovete rendere ragione al Signore e Dio

2 3 ) Ani 1 , 1 , 1 6 - 2 1 : FF 144.

2 4 ) Am 1, 1,22 : FF 145.

25) LReggP 8 : FF 212.

26) LReggP 2-4 : FF 210-211.

112
vostro Gesù Cristo nel giorno del giudizio" (27).
D a quando ha scoperto che Gesù è il Signore ed è presente in mezzo a
noi, in tutte le chiese del mondo, S . Francesco non si dà pace, finché non
ha mobilitato tutti, invitandoli a prenderne atto e a riconoscerne la di-
gnità e grandezza, adorandolo e lodandolo come si conviene al Signore della
gloria.
Basti ricordare l'esclamazione della Lettera al Capitolo Generale e
a tutti i Frati: "L'inanità trepidi, l'universo intero tremi e il cielo
esulti, quando sull'altare, nelle mani del Sacerdote, è il Cristo Figlio
di Dio" (28).
In particolar modo sono impegnati i Sacerdoti a vivere santamente: "Ba-
date alla vostra dignità, frati Sacerdoti, e siate santi perché Egli è san-
to (Lv 11,44). E ccme il Signore Iddio onorò voi sopra tutti gli uomini,
per questo mistero, cosi voi più di ogni altro uomo amate, riverite, onora-
te Lui. Gran miseria sarebbe, e'miserevole male se, avendo Lui così presen-
te, vi curaste di qualunque altra cosa che fosse nell'universo intero"(29).
Nella Lettera a tutti i Custodi, S . Francesco sintetizza tutta la sua
dottrina sull'Eucaristia e manifesta il suo zelo per il culto di adorazione
del Santissimo: "Vi prego, più che se lo facessi per me stesso, perché
quando conviene e lo vedrete necessario, supplichiate imilmente i sacerdoti
perché venerino sopra ogni cosa il santissimo corpo e sangue del Signore
nostro Gesù Cristo e i santi nomi e le parole di Lui scritte che consacrano
il corpo. I calici, i corporali, gli ornamenti degli altari, e tutto ciò
che riguarda il sacrificio devono essere preziosi. E se il santissimo corpo
del Signore sarà collocato in modo miserevole in qualche luogo, secondo
il precetto della Chiesa, sia posto da essi in un luogo prezioso e sia cu-
stodito e sia portato con grande venerazione e nel dovuto modo sia dato
agli altri.
Anche i nomi e le parole del Signore, scritte, se sono trovati in luo-
ghi sconvenienti, siano raccolti e debbano essere collocati in un luogo
decoroso.
E in ogni predicazione che fate, ammonite il popolo di fare penitenza
e che nessuno può essere salvato se non colui che riceve il santissimo cor-
po e sangue del Signore. E quando è consacrato dal sacerdote sull'altare
ed è portato in qualche parte, tutti, in ginocchio, rendano lode, gloria
e onore al Signore Dio vivo e vero.
E dovete annunciare e predicare a tutte le genti la sua gloria perché,

27) LReggP 9-10 : FF 213.

28) LCapFr 2,33 : FF 221.

29) LCapFr 2,30-32 : FF 220.

113
ad ogni ora e quando suonano le campane, dal popolo intero siano rese lodi
e grazie all'onnipotente Dio per tutta la terra" (30).

2 . La c e l e b r a z i o n e della S . Messa e l'Ufficio Divino.

Una particolare sollecitudine dimostra S . Francesco per promuovere la


devozione eucaristica, insistendo sul mistero della presenza reale e sulla
necessità dell'adorazione del Signore. Ma non meno pressanti sono le sue
esortazioni a celebrare degnamente, con fede viva e grande amore, il Sacra-
mento dell'Eucaristia nella celebrazione della S . Messa. In particolar modo
ai suoi frati egli insegna come debbano comportarsi, sia "diffondendo la
Lettera che tratta del santissimo Corpo e Sangue del Signore nostro" (31)
che celebrando degnamente la S . Messa e celebrando con decoro e proprietà
la liturgia delle Ore. Nella Lettera al Capitolo Generale e a tutti i Fra-
ti, S . Francesco sviluppa le teologia della celebrazione eucaristica, insi-
stendo sulla S . Messa e sull'Ufficio divino.
E' sorprendente che alla esortazione sull'Eucaristia egli premetta
l'invito a celebrare la liturgia della parola.
L'inizio della Lettera è già un saluto liturgico: "In nome della s o m a
Trinità e della santa Unità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.
Anen...frate Francesco, uomo di poco conto e labile, vostro piccolo servo,
dà il suo saluto in Colui "che ci ha redenti e ci ha lavati nel suo prezio-
so sangue" (cf. Ap 1,5), udendo il nome del quale, adoratelo con riverente
timore "proni verso terra" (cf. Gen 19,1): Signore Gesù Cristo, "Figlio
dell'Altissimo" (cf. Le 1,32) è il suo nome, che è benedetto nei secoli.
Anen" (32).
Segue poi la celebrazione della Parola di Dio, che permette ai frati
di ritrovarsi in Gesù Cristo e di divenirne annunciatori con la parola
e con le opere. Solo chi entra in Cristo, chi ne adora il mistero, è in
grado di percepirne il messaggio salutare, di adorarne la presenza, di edi-
ficarne il Regno.
"Udite, figli del Signore e fratelli miei, e prestate gli orecchi alle
mie parole. Inclinate l'orecchio del vostro cuore e obbedite alla voce del
Figlio di Dio. Custodite nelle profondità, di tutto il vostro cuore i suoi
precetti e adempite perfettamente i suoi consigli.
Lodatelo poiché è buono, e esaltatelo nelle opere vostre, poiché vi
mandò per il mondo intero affinché testimoniate la sua voce con la parola
e con le opere e facciate conoscere a tutti che non c'è nessuno onnipotente

30) LCust 4-11 : FF 241-243.

31) LGFr 4 : FF 247.


32) LCapFr 1.4-5 : FF 214-215.

114
eccetto Lui. Perseverate nella disciplina e nella santa obbedienza e adesrv
pite con proposito buono e fermo quelle cose che avete p r e s s o . Il Signore
Dio si offre per voi come per dei figli" ( 3 3 ) .
C'è poi un breve capitolo per ricordare l'adorazione eucaristica cone
principale compito dei frati: "Perciò vi scongiuro tutti, o fratelli ba-
ciandovi i piedi e con tutto l'amore di cui sono capace, che prestiate
per quanto potete, tutto il rispetto e tutta l'adorazione al Santissimi
Corpo e Sangue del Signore nostro Gesù Cristo, "nel quale tutte le cose
che sono in cielo e in terra sono state pacificate e riconciliate" (Col
1,20) a Dio onnipotente" (34).

Il capitolo sulla S . Messa contiene una intensa esortazione ai fratelli


Sacerdoti a celebrare la S . Messa con purità e retta intenzione, "deside-
rando con la S . Messa di piacere soltanto al SOTTO Dio, perché nella Messa
Egli solo opera, come a Lui piace" (35).
La sua preghiera è rivolta-a tutti i Sacerdoti, presenti e futuri "che
quando vorranno celebrare la Messa, puri, in purità offrano con profondo
raccoglimento il vero sacrificio del santissi™ Cor^o e Sangue del Signore
nostro Gesù Cristo, con intenzione santa e rranda, e non per rmtivi terreni
0 per timore o amore di alcun uomo, come se dovessero piacere agli uomi-
ni" (36).

Diventa infine accorato appello a dispersi a celebrare santamente, pro-


seguendo in una possente esclamazione di ammirazione e di lode per il San-
tissimo.
"Udite, fratelli miei, se la beata Vergine ^ r i a è cosi onorata, come
e giusto, perché lo portò nel suo santissimo seno; se il Battista beato
tremò di gioia e non osò toccare il capo santo del Signore; se è venerato
il sepolcro, nel quale per qualche tempo Egli giacque; quanto deve essere
santo, giusto, degno, colui che Lui non già rrorituro, rra eternamente viverv
te e glorioso, Lui, sul quale gli Angeli desiderano volgere lo sguardo,
accoglie nelle proprie mani, riceve nel cuore e con la bocca, offre agli
altri perché lo ricevano?
Badate alla vostra dignità, frati sacerdoti, e siate santi perché egli
è santo. E come il Signore Iddio onorò voi sopra tutti gli uomini, per que-
sto mistero, così voi più di ogni altro uomo, arate, riverite, onorate Lui.
Gran miseria sarebbe, e miserevole rrale se, avendo Lui così presente,
vi curaste di qualunque altra cosa che fosse nell'universo intero!

33) L C a p F r 6 12 : FF 216.
34) L C a p F r 1,13-14 : FF 217.
35) L C a p F r 2,18 : FF 218.
36) L C a p F r 2,16 17 : FF 218.

115
L'umanità trepidi, l'universo intero tremi, e il cielo esulti, quando
sull'altare, nelle nani del sacerdote, è il Cristo figlio di Dio vivo.
O ammirabile altezza, o degnazione stupenda! O umiltà sublime! O subli-
mità umile, che il Signore dell'universo, Dio e Figlio di Dio, così si umi-
li da nascondersi, per la nostra salvezza, in poca apparenza di pane! Guar-
date, frati, l'umiltà d i Dio, e aprite davanti a Lui i vostri cuori; umi-
liatevi anche voi, perché egli vi salti. Nulla, dunque, di voi, tenete
per voi; affinché vi accolga tutti; colui che a voi si dà tutto" (37).
Vi è , infine, una singolare prescrizione, quella di celebrare una sola
S . Messa al giorno, anche se vi sono più Sacerdoti, ma ancor più singolare
è la motivazione che porta: "Se poi nel luogo si troveranno più Sacerdoti,
l'uno per amore di carità si contenti di aver partecipato alla celebrazione
dell'altro Sacerdote, perché il Signore Gesù Cristo riempie presenti e as-
senti che sono degni di Lui. Egli, infatti, quand'anche sembri essere in
più luoghi, rimane indivisibile e non conosce detrimento di sorta, ma uno
e ovunque, come a Lui piace, opera insieme con il Signore Iddio Padre e
con lo Spirito Santo Paraclito nei secoli dei secoli. Amen" (38).
Che fede nell'efficacia della presenza eucaristica e nella potenza uni-
ficante dell'amore che tutto sigilla nell'unità del Padre, del Figlio e
dello Spirito Santo! E' così che si edifica, proprio celebrando insieme
la S . Messa, la Chiesa in tutto il mondo e si affretta per tutti l'avvento
del Regno di Dio. Veramente, per S . Francesco è l'Eucaristia che fa la
Chiesa ed è nella S . Messa che vergono edificati nel Sacramento di unità
e di pace, che è l'Eucaristia, tutti i figli di Dio.
Anche in questa Lettera il Serafico Padre insiste sull'intimo nesso
esistente tra la ferola di Dio e i segni sacramentali, dimostrando un in-
tuito teologico sorprendente: "Molte cose infatti, sono santificate median-
te (1 Tm 4,5) le parole di Dio, e in virtù delle parole di Cristo si cele-
bra il Sacramento dell'altare" (39).
Vi è infine un gioiello, che sembrerebbe tolto da un documento conci-
liare, come ad es. dal n. 7 della Sacrosanctum Concilium del Vaticano II,
dove si dice che "il Signore è presente nella sua parola, mentre questa
viene annunciata". S . Francesco esorta i frati a custodire la parola di
Dio "onorando nella sua parola il Signore che ha parlato" (40).
Nella Lettera a tutti i fedeli, dopo avere ricordato il mistero pasqua-
le di Cristo, aggiunge che il Padre "vuole che tutti siano salvi per Lui,

37) LCapFr 2,26-37 : FF 220-221.

38) LCapFr 3,39-42 : FF 223.


39) LCapFr 4,47 : FF 225.

40) LCapFr 4,46 : FF 225.


e che lo si riceva con cuore puro e corpo casto" (41). Per questo invita,
ricordando implicitamente le prescrizioni del Concilio Lateranense IV,
•'a confessare al Sacerdote tutti i nostri peccati e ricevere da Lui il Cor-
po e il Sangue del Signor nostro Gesù Cristo" (42).
Nella Regola non bollata ricorda la stessa prescrizione ai frati (43)
La celebrazione del Divino Ufficio sta molto a cuore al Serafico Padre.
Egli ne parla sempre con intensità e vigore e lo prescrive ai suoi frati
nella Regola: "Perciò tutti i frati, sia chierici sia laici, recitino il
divino Ufficio, le lodi e le orazioni ccme devono" (44). "I chierici reci-
tino il Divino Ufficio secondo il rito della santa Chiesa Romana" (45).
La Recita del Divino Ufficio "secondo il rito della santa Chiesa Roma-
na" è un modo efficace di cooperare alla sua "restaurazione", mediante la
glorificazione di Dio.
Per i fratelli laici il "Pater noster" diventa la preghiera liturgi-
ca ufficiale. Recitando e vivendo il Pater essi edificano parimenti la
Chiesa (46).
Ma è soprattutto il modo di celebrare l'Ufficio Divino che il Serafico
Padre vuole inculcare ai frati.
"Perciò scongiuro, ccme posso frate H., ministro generale, mio signore,
che faccia osservare da tutti inviolabilmente la Regola e che i chierici
dicano l'Ufficio con devozione davanti a Dio (potrebbe indicare alla pre-
senza del Signore nella Eucaristia?), non badando alla melodia della voce,
ma alla rispondenza della mente, così che la voce concordi con la mente
e la mente, poi, concordi con Dio, affinché possano mediante la purezza
del cuore, piacere a Dio e non accarezzare gli orecchi del popolo con la
mollezza del canto" (47).
E' notevole il senso liturgico "moderno" di S . Francesco. Egli non so-
lamente anticipa il Vaticano II con la sua fede chiara nella presenza del
Signore nella sua Parola, ma perfeziona anche la modalità celebrativa del-
l'Ufficio, insistendo sul fatto che non solo il rito sia ineccepibile, ma
che l'amore segni l'armonia del canto in un perfetto accordo con Dio. Già
S. Benedetto consigliava: "...e celebriamo il Divino Ufficio in modo che

4 1 ) Lf 1,14 : FF 184.

4 2 ) Lf 4 , 2 2 : FF 189.

43) RegNB 20,1-9 : FF 53-54.

44) RegNB 3,3 : FF 10.

45) RegB 3,1 : FF 82.

46) RegNB 3,10-14 : FF 11; R e g B 3,3-5 : FF 83.

47) L C a p F r 6,51-53 : FF 227.

117
il nostro spirito concordi con la voce" (48), S . Francesco aggiunge: "e
la mente, poi, concordi con Dio".
Giova, infine, ricordare che il Serafico Padre ha composto il testo
dì jn Ufficio della Passione del Signore (49), componendone anche i Salmi
e che il cap. 23 della Regola non bollata può ben venire considerato un
Canone liturgico universale (50).
L'importanza dell'Ufficio Divino per la edificazione spirituale della
Chiesa, trova una conferma autorevole nella Regola per i frati negli eremi.
Il Serafico Padre non solamente prescrive che siano almeno 3, e questo po-
trebbe corrispondere al numero minimo indispensabile per poter "fare coro"
nella recita dell'Ufficio divino, ira anche perché ordina la loro vita se-
condo il ritmo della recita delle Ore canoniche (51). Anche gli eremiti
sono chiamati a vivere nella Chiesa e ad edificarla nell'amore, mediante
la glorificazione di Dio e l'esercizio quotidiano dell'amore fraterno.

3 . La pietà ecclesiale d i S . Francesco.

Scrivendo sul rapporto tra S . Francesco e la Chiesa, il compianto P .


K . Esser non trova titolo più appropriato di questo: "Sancta Mater Ecclesia
Romana", specificando che si tratta della pietà ecclesiale di S . Francesco
d'Assisi (52). "La Chiesa è per lui la casa di Dio, ma soprattutto la santa
Madre. Uno studioso moderno non potrà più nascondersi che in S . Francesco
la Chiesa si identifica con la gerarchia e il clero. E questa identifica-
zione ha la sua ragion d'essere nell'azione materna della Chiesa, che il
Poverello incontra concretamente nella gerarchia e nel clero. Ed è sempli-
cemente la logica conseguenza della sua dedizione alla santa Madre Chie-
sa" (53).
La Chiesa è per lui oggetto di fede teologale. Così nel Testamento enu-
mera i punti principali del suo Credo nella Chiesa (54), fondandoli tutti
sulla fede eucaristica.
In primo luogo la fede nelle chiese che custodiscono il Santissimo e
nelle quali egli può adorare il Signore e vivere alla sua presenza.

48) S. BENEDETTO, Regola, 19,7; similmente S. AGOSTINO, Ep. 211,7; PL 48,3.


49) UffPass : FF 279-303.
50) RegNB 23,1-39 : FF 63-73.
51) CompFrEr 1-13 : FF 136-138.
52) K. ESSER, Sancta Water Ecclesia Romana, La pietà ecclesiale di S. Fran-
cesco d'Assisi, in: Temi spirituali, Milano 1981, pp. 139-188.
53) K. ESSER, Sancta Mater Ecclesia, p. 184.
54) Test 5-27 : FF 111-121.

118
Alla fede nell'Eucaristia segue la fede nei Sacerdoti che vivono secorv-
do la forma della santa Chiesa Romana, a causa del loro orxJine "che se
mi dovessero perseguitare voglio ricorrere ad essi".
La devozione si esprime non solo con la riverènza verso di loro per
1 ordine sacro che hanno ricevuto, rra in un verx, affetto e una devozione
sincera, proprio per amore del Signore. "E questi e tutti gli altri voglio
temere, amare e onorare come miei signori, e non voglio in 1 0 T O considerare
PeCCat
° ' * * * * * ^ essi io vedo il F i n l i o _ d i ^ o e sono miei signori.
E faccio questo perche, dell'altissimo Figlio di Dio nient'altro io vedo
q U 6 S t 5 6 1 1 6
r — ' " °^ ^ — " Sangue suo
che essi soli consacrano ed essi soli amministrano agli altri" ( 5 5 )

I'JTT'hNT
a u t o n t a del Papa
C O n 9 Ì U n 9 e
^ ^ l l a grazia dell'Altissimo
e la devozione verso la gerarchia, che ne garantisce
1 autenticità.

Ai suoi frati egli chiede innazitutto di essere cattolici, nutrendo


i suoi stessi sentimenti di amore e di devozione alla Chiesa: "Tutti i fra-
ti siano cattolici e vivano e parlino cattolicamente" (56).
Si tratta quindi di un rapporto fondato sulla verità di fede e sulla
grazia, che viene trasmessa mediante i Sacramenti, dei quali la Chiesa è
custode e dispensatrice provvida.
"E riteniamo tutti i Sacerdoti e tutti i religiosi per padroni in quel-
le cose che riguardano la salvezza dell'anima e che non deviano dalla no-
stra religione, e rispettiamone l'Ordine sacro, l'Ufficio e il ministero
nel Signore" (57).
Il vivere nella Chiesa diventa un'esperienza di grazia e di misericor-
dia. L'esperienza dell'amore di Dio e della sua paternità determina anche
il rapporto dei frati nella Chiesa.
Tommaso da Celano interpreta cosi i sentimenti del Serafico Padre- "Fu
suo desiderio costante e vigile premura mantenere tra i figli il v i n c o l o
dell'unità (cf. Ef 4,3), in modo che vivessero concordi nel grerrtoo di una
S O l a q u e l l i c h e e r a n o
attratti dallo stesso Spirito e generati cfello
stesso Padre" (58).
Non fa quindi meraviglia che lo stesso Torraso da Celano descriva l'o-
Pigine dell'Ordine francescano come una nuova esperienza di Pentecoste
poiché i frati "ccme pietre vive, raccolte, per così dire, da ogni parte

55) Test 10-12 : FF 113.

56) RegNB 19,1 : FF 51.

57) RegNB 19,3-4 : FF 52

58) 2 Cel 191 : FF 777.

119
del mondo, crebbero in tempio dello Spirito Santo" (59).
Secondo la Leggenda dei Tre Compagni fu lo stesso Serafico Padre che
si affrettò a iniziare il pellegrinaggio dell'Ordine verso Rema e i primi
compagni del Santo lo celebrarono come una festa della Chiesa, una parteci-
pazione della grazia ricevuta e una benedizione del Signore:''"Fratelli,
vedo che il Signore misericordioso vuole aumentare la nostra comunità. An-
diamo, dunque, dalla nostra Madre, la santa Chiesa Romana, e comunichiamo
al Sommo Pontefice ciò che il Signore ha cominciato a fare per mezzo di
noi, al fine di continuare la nostra missione secondo il suo volere e le
sue disposizioni' . L'iniziativa del Padre piacque ai fratelli" (60). Anche
noi continuiamo questo pellegrinaggio devoto verso Roma, con la stessa de-
vozione del Serafico Padre, per vivere come lui nel cuore della Chiesa,
edificandola con il nostro amore.

59) 1 Cel 38 : FF 387.


60) 3Comp 46 : FF 14^

120
XV Lezione

IL M I S T E R O D E L L A V E R N A E IL C O M P I M E N T O D E L "RESTAURO"
DELLA CHIESA "NEI CIELI"

1. L'esperienza d e l l ' A n g e l o e il c o r o n a m e n t o d e l l ' o p e r a d i D i o .

2 . Il S e r a f i n o c r o c e f i s s o e l'esperienza "contemplativa".

3. Nella luce della gloria: l'uomo nuovo "creatura del sanc-


tus" (S. Serafino di S a r o v ) .

* * *

C'è un aspetto della vita di S . Francesco e della sua esperienza cri-


stiana, che non è stato ancora sufficientemente illustrato. Si tratta della
sua profonda devozione agli Angeli santi e, in particolar modo, all'Arcan-
gelo S . Michele (1), che lo accompagna sempre e lo introduce nell'esperien-
za di piena conformazione a Gesù Cristo sul monte della Verna. Per questo
mi piace intitolare questa lezione: "Il mistero della Verna", ossia il modo
di vivere nella Chiesa al vertice della perfezione dell'amore dei Serafini
ardenti, intonati nel triplice canto di lode dell'unico Dio in Tre Persone
(cf. Is 6,2ss.).
Lo stesso Serafico Padre ci introduce al mistero dell'Incarnazione,
ricordando "a tutti i cristiani, religiosi, chierici e laici, maschi e fem-
mine, a tutti coloro che abitano nel mondo intero" che "l'Altissimo Padre
annunciò che questo suo Verbo, cosi degno, così santo e così glorioso, sa-
rebbe venuto dal cielo, l'annunciò per mezzo del suo arcangelo Gabriele
alla santa e gloriosa Vergine Maria, dalla quale ricevette la carne della
nostra fragile umanità" (2). Egli entra quindi nella grande storia delle
annunciazioni della salvezza, riattuandone il messaggio: dall'annuncio pro-
fetico dell'arcangelo Gabriele al profeta Daniele (cf. Dn 9,20ss.), alla
definitiva e gioiosa realizzazione dello stesso Arcangelo Gabriele nell'an-
nuncio a Maria (cf. Le 1,19).

1) C i sono degli studi sulla sua identificazione con l'Angelo del Sesto

Sigillo (Ap. 7,2), che segna gli eletti. Ad esempio: S.BIHEL, OFM, S.

Franciscus fuitne Angelus sexti sigilli?, in: Antonianum, 2 (1927) 60-

90; l'A. fonda il s u o s t u d i o sulla interpretazione di S . Bonaventura.


2 ) Lf 1.4 : FF 179 e 181.

121
L'opera della salvezza nella Chiesa avviene mediante la celebrazione
liturgica e la ricapitolazione dell'universo nella lode della gloria divi-
na. Gli Angeli santi intonano la sua preghiera: quella liturgica della
Chiesa e quella che egli stesso compone, come ad esempio il cap. 23 della
Regola non bollata: "E per il tuo amore umilmente preghiamo la gloriosa
e beatissima Madre sempre Vergine Maria, il beato Michele, Gabriele, Raf-
faele e tutti i cori degli Spiriti celesti: Serafini, Cherubini, Troni,
Dominazioni, Principati e Potestà, Virtù, Angeli e Arcangeli" (3).
Mentre sta compiendo la quaresima in onore dell'Arcangelo S . Michele,
su questo Monte santo della Verna, egli viene introdotto nell'esperienza
definitiva della conformazione a Cristo, mediante la mediazione del Sera-
fino crocefisso, il quale "con rapidissimo volo" (4) gli annuncia le arcane
parole dell'Altissimo, ccme già aveva esperimentato Daniele con l'Arcangelo
Gabriele: 'Mentre io stavo ancora parlando e pregavo e confessavo il mio
peccato e quello del mio popolo Israele (è in funzione di mediazione di
grazia e di salvezza) e presentavo la supplica al Signore Dio mio per il
monte santo del mio Dio, mentre dunque parlavo e pregavo, Gabriele, che
10 avevo visto prima in visione, volò veloce verso di me: era l'ora della
offerta della sera. Egli mi rivolse questo discorso: 'Daniele sono venuto
per istruirti e farti comprendere. Fin dall'inizio delle tue suppliche è
uscita una parola e io sono venuto per annunziartela, poiché tu sei un uomo
prediletto. Ora sta' attento alla parola e comprendi la visione' " (Dn 9,20-23).
L'esperienza dell'Angelo, fatta dal Profeta, diventa un ammaestramento
divino, un "sussidio" didattico per la conoscenza e la piena glorificazione
del Signore: l'Angelo introduce nella comprensione dei misteri di Dio, nel-
la verità secondo lo Spirito e, quindi, compie anche l'imnagine di Dio,
che è l'uomo, nella sua similitudine perfetta, permettendogli di percorrere
11 cammino della parola, che è Suscita" dalla bocca del Padre e attende
di essere accolta nello Spirito per diventare in noi piena rivelazione del
Figlio, "a lode della sua gloria" (Ef 1,14). Cosi pure avviene per France-
sco. L'Angelo lo introduce nella verità di Cristo, permettendo a Cristo
di rivelare in lui, ancora mortale, la sua gloria di risorto. E' l'ultima
esperienza dell'amore di Dio sulla terra, quella che anticipa e preannuncia
l'avvento del Regno di Dio.
Cerchiamo quindi di approfondire insieme: l'esperienza dell'Angelo e

3) RegNB 23,12 : FF 67.


4) LegM 13,1-3- : FF 1222-1225. S. Bonaventura parla del S e r a f i n o , che di-
scese dalla sublimità dei cieli "con rapidissimo volo" (13,3:1225), men-
tre "secondo il suo solito, aveva iniziato a digiunare la q u a r e s i m a in
onore di san Michele Arcangelo" (13,1:1223).

122
il coronamento dell'opera di Dio; il Serafino crocefisso e l'esperienza
contemplativa; la gloria di Dio e la glorificazione perfetta dei Serafini,
ai quali l'uomo è chiamato ad accordarsi e, di fatto, si accorda, in ogni
celebrazione della Santa Messa, riempiendo il tempio: del corpo umano, del-
la Chiesa "corpo di Cristo" e dell'universo, della gloria del Signore (cf.
Is 6,2ss.).

1
• L'esperienza dell'Angelo e il c o r o n a m e n t o dell'opera di
Dio.

Prima di iniziare questo pellegrinaggio serafico, fermiamo l'attenzione


sul "Commento al Pater", nel quale Francesco descrive la dimora di Dio e
quindi la mèta di tutti i suoi desideri. "Beato il servo che accumula per
il cielo i beni (cf. Mt 6,20) che il Signore gli mostra e non desidera ma-
nifestarli agli uomini con la speranza di averne compenso, poiché lo stesso
Altissimo manifesterà le sue opere a chi piacerà. Beato quel servo che con-
serva in cuor suo (cf. Le 2,19.51 e 8,15) i segreti del Signore" (5).
"Che sei nei cieli (Mt 6,9): negli Angeli e nei Santi, illuminandoli
a conoscere che tu, Signore, sei amore; inabitando in essi, pienezza della
loro gioia, poiché tu, Signore, sei il sommo Bene, eterno, dal quale viene
ogni bene, senza il quale non vi è alcun bene" (6).
Se l'abitazione di Dio è formata dagli Angeli e dai Santi, allora, per
poter conoscere pienamente e vedere chiaramente Dio, bisogna passare per
la mediazione degli Angeli e dei Santi, ossia per la esperienza della Chie-
sa "sulla terra e nei cieli". Non basta quindi l'esperienza "umana". E'
necessaria quella "angelica", perché la gloria di Dio riempia i cieli e
la terra e la nostra glorificazione sia perfetta.
Come immagine espressiva dell'esperienza cristiana di Francesco, S .
Bonaventura ricorda la Scala di Giacobbe (cf. Gen 28,11ss.): "Francesco,
uomo evangelico, non si disimpegnava mai dal praticare il bene. Anzi, come
gli spiriti angelici sulla scala di Giacobbe, o saliva verso Dio o discen-
deva verso il prossimo. Il tempo, a lui concesso per guadagnare meriti,
aveva imparato a suddividerlo con grande accortezza: parte ne spendeva nel-
le fatiche apostoliche per il suo prossimo, parte ne dedicava alla tran-
quillità e alle estasi della contemplazione" (7).
Il cielo che si apre e gli Angeli che scendono e salgono sul Figlio del-

5 ) Am 2 8 , 1 - 3 : FF 178.

6) CommPater 2-4 : FF 267.

7) LegM 13,1 : FF 1222. Il Dottore Serafico ne fa un bellissimo commento

a Gen 2 8 , 1 1 , in u n a P r e d i c a per la f e s t a di S . M i c h e l e : De s a n c t i s Ange-

lis, sermo 1; I X , 609-618.

123
l'uomo, indicano e manifestano la Chiesa, secondo la premessa fatta da Gesù
a Natanaele: "Vedrai cose maggiori di queste". Poi gli disse: "In verità,
in verità vi dico: vedrete il cielo aperto e gli Angeli di Dio salire e
scendere sul Figlio dell'Uomo" (Gv 1,50-51) e secondo la rivelazione del-
l'Apocalisse di S . Giovanni.
Colpisce il fatto che il Serafico Padre non limitasse la sua esperienza
di fede alla Chiesa visibile, ma spaziasse continuamente nell'invisibile,
procedendo verso il compimento del mistero del Regno, ossia nella comunio-
ne dei Santi e degli Angeli di Dio.
Questo fatto è visto come una illuminazione salvifica nell'esperienza
di Santa Maria degli Angeli (8): la grande misericordia, il grande perdono,
che illumina il cuore e rinnova la vita, inmettendola fulgente nel primo
amore del Padre e restituendola a Lui come pura lode di gloria. Una vita
come glorificazione di Dio diventa l'anelito costante di Francesco per
sé e per tutti gli ucmini, nella comunione della Chiesa.
L'Angelo lo introduce nel mistero della Parola e della gloria divina,
dell'Eucaristia e delle Stimmate, della lode divina e della corona di glo-
ria di Santa Maria degli Angeli. Percorriamo insieme questo itinerario di
luce.
La preghiera alla Vergine, l'Antifona "Santa Maria", che per ben 14
volte al giorno ritmava il tono del suo canto delle Ore prima e dopo o-
gni Salmo e ne modulava gli accenti, contiene un'invocazione a S . Michele
Arcangelo (9).
Il ritmo della vita liturgica di S . Francesco si accorda alla liturgia
celeste, nella esperienza della mediazione consolatrice del glorioso prin-
cipe S . Michele (cf. Dn 10,13), il quale decide nel cielo la battaglia vit-
toriosa a favore della Donna vestita di sole (Ap 12,1) sconfiggendo il dra-
go, che viene precipitato sulla terra (Ap 12,7) e permettendo che, nei cie-
li, risuoni la lode degli eletti: "Esultate, dunque, o cieli, e voi che
abitate in essi" (Ap 12,12). Il suo compito continua sulla terra finché
anche in essa sarà vinto il drago, che attenta alla vita dell'uomo e seduce
i popoli. Solamente se Michele con i suoi Angeli combatte a fianco dell'uo-
mo, questi riesce a glorificare pienamente Dio. S . Francesco ne è consape-
vole ed affida al vittorioso Principe S . Michele la battaglia contro il
maligno che lo insidia per tutta la vita, ma deve ammettere la sua piena
sconfitta, quando, proprio qui sulla Verna, Francesco- viene introdotto da
S . Michele nella stabile dimora del Regno dei cieli, che è Gesù Cristo "Se-
rafino crocefisso", ultima patria di S . Francesco su questa terra.

8) C f . LegM 2,8 : FF 1049.

9 ) U f f P a s s , A n t . : FF 281

124
Si realizza cosi per il Serafico Padre quella visione dell'uomo in Cri-
sto, che egli considera una singolare "rivelazione della s o m a sapienza"
(10). Egli vi perviene progressivamente, grazie all'aiuto degli Angeli san-
ti.
Nelle "Lodi per ogni Ora", il Serafico Padre si allena a quella subline
lode di gloria dei Serafini, che è anche l'ultima rivelazione della gloria
di Dio nei cieli (cf. Ap 4,8): "Santo, santo, santo, il Signore Dio, l'On-
nipotente (Is 6,3), Colui che era, che è e che viene".

Leggiamo insieme questo testo che è un esercizio didattico di pedagogia


divina dell'amore: l'intonazione viene dal cielo, l'accordo si forma sulla
terra.

"Santo, santo, santo il Signore Iddio onnipotente, che è, che era e


che viene" (Ap 4,8).

Lodiamolo ed esaltiamolo in eterno.

"Degno è il Signore Dio nostro di ricevere" la lode, "la gloria" e l'o-


nore e la benedizione.

Lodiamolo ed esaltiamolo in eterno.

"Degno è l'Agnello, che è stato ucciso, di ricevere la potenza e la


divinità e la sapienza e la fortezza e l'onore e la gloria e la benedizio-
ne" (Ap 4,11).

Lodiamolo ed esaltiamolo in eterno.

Benediciamo il Padre e il Figlio con lo Spirito Santo.


Lodiamolo ed esaltiamolo in eterno.

"Benedite il Signore, opere tutte del Signore" (Dn 3,57).


Lodiamolo ed esaltiamolo in eterno.

"tote lode a Dio, voi tutti, suoi servi, e voi che temete Iddio, picco-
li e grandi" (Ap 19,5).
Lodiamolo ed esaltiamolo in eterno.

Lodino Lui glorioso i cieli e la terra e "ogni creatura che è nel cielo
e sulla terra", il mare "e le creature che sono in esso" (Ap 5,13).
Lodiamolo ed esaltiamolo in eterno.

Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo.


Lodiamolo ed esaltiamolo in eterno

IO) Am 5 , 6 : FF 154.

125
Come era nel principio e ora e sempre e nei secoli dei secoli. Amen
Lodiamolo ed esaltiamolo in eterno" (11).

Il Serafico Padre intona la sua lode a quella dei Serafini, che risuona
nel Tempio della rivelazione della sua gloria (cf. Is 6,2ss.) e che riempie
il cielo degli eletti (cf. Ap 4,8), diffondendosi ccme benedizione sulla
terra. E' rilevante per noi il fatto che Francesco si ritrovi nelle rivela-
zioni del Profeta Daniele e soprattutto nell'Apocalisse di S . Giovanni,
che svela gli ultimi misteri della storia della salvezza che entra nella
beatitudine del Regno di Dio.
S . Bonaventura, che condivide con Francesco l'appellativo di "serafi-
co", proprio per la sua affinità con gli Spiriti celesti e soprattutto con
i Serafini ardenti, dà la significazione teologica dell'esperienza liturgi-
ca di S . Francesco, che appare nel mondo ccme "una grazia di Dio" (cf. Tt
2,11), che rifulge nei cieli sereni della salvezza.
"Come la stella del mattino, che appare in mezzo alle nubi" (Sir 50,6),
con i raggi fulgentissimi della sua vita e della sua dottrina attrasse ver-
so la luce coloro che "giacevano nelle tenebre e nell'ombra di morte; come
l'arcobaleno che brilla tra le nubi luminose" (Sir 50,8), portando in se
stesso "il segno del patto" (cf. Gen 9,13) con il Signore, annunziò agli
uomini "il vangelo della pace" (cf. Is 33,7) e della salvezza, Angelo della
vera pace, anch'egli, a imitazione del Precursore, fu predestinato da Dio
a preparargli la strada nel deserto (cf. Me 1,3) della altissima povertà
e a predicare la penitenza (cf. Le 24,47) con l'esempio e con la parola (...)
fu ricolmo anche di spirito (Le 1,67) profetico e, deputato all'ufficio
degli Angeli, venne ricolmato dell'ardente amore dei Serafini, finché, di-
venuto simile alle gerarchie angeliche, venne rapito in cielo da un carro
di fuoco (1 Sam 2,11). (...) E perciò si afferma, a buon diritto, che egli
viene simboleggiato nella figura dell'Angelo che sale dall'oriente e porta
in sé il sigillo del Dio vivo (Ap 6,12 e 7,2), come ci descrive l'altro
amico dello sposo (cf. Gv 3,29), l'apostolo ed evangelista Giovanni, nel
suo vaticinio veritiero. Dice infatti Giovanni nell'Apocalisse, al momento
dell'apertura del sesto sigillo: Vidi poi un altro Angelo salire dall'O-
riente, il quale recava il sigillo del Dio vivente" (12).
S . Bonaventura insiste sulla conformazione a Dio non solamente in rap-
porto alla realtà terrestre, ma a quella celeste, a tal punto che la dimen-
sione di Serafino diventa caratteristica per Francesco e ne determina il
posto nella Chiesa.
•'Questo araldo di Dio, degno di essere amato da Cristo, imitato da noi

11) LodOr 1-9 : FF 264.

12) L e g M , P r o l 1 . : FF 1020-1022.

126
e ammirato dal mondo, è il servo di Dio Francesco: lo costatiamo con sicu-
rezza indubitabile, se osserviamo ccme egli raggiunse il vertice della san-
tità più eccelsa, e, vivendo in mezzo agli ucmini, imitò la purezza degli
Angeli, fino a diventare esempio di perfezione per i seguaci di Cristo...
Ma ci conferma, poi, in essa, con la sua verità incontestabile, la testimo-
nianza di quel sigillo che lo rese simile (Ez 28,12) al Dio vivente, cioè
a Cristo crocifisso (cf. 1 Cor 2,2). Sigillo che fu impresso nel suo corpo
non dall'opera della natura o dall'abilità di un artefice, ma piuttosto
dalla potenza meravigliosa dello Spirito del Dio vivo (2 Cor 3,3)"(13).
La dimensione rilevata con tanta evidenza dal Dottore Serafico, è
quella di conformità a Cristo secondo lo Spirito. L'ucmo è, infatti, un'im-
magine in cerca del suo volto divino, ossia della sua similitudine. Soltan-
to nell'esercizio della "riconoscenza", ossia della conoscenza mediante
la lode divina, diventa manifesta quell'immagine impressa nel cuore fino
a trasparire dal volto fino a lasciare i segni "espressi" nella carne. In
questo processo di verifica divina e di compiacenza adorante, l'Angelo è
l'esemplare più perfetto e l'aiuto più prezioso.
"Alla fine del 'De Civitate Dei', Agostino stabilisce una singolare
corrispondenza tra la visione di Dio nel cuore e la visione della sua glo-
ria nel cosmo trasfigurato (= divenuto similitudine secondo lo spirito!)
con i sensi del corpo trasfigurato" (14).
Il Dottore Serafico, a sua volta, descrive con insuperabile precisione
l'essenza della vita angelica ccme estasi d'amore: "per mille mondi l'Ange-
lo non distoglierebbe per un solo istante i suoi occhi dal volto di Dio"
(15).
Anzi, neppure le missioni, che gli Angeli compiono al servizio di Dio,
possono distrarli da quella beata contemplazione, che li fa vivere. Essi
sono totalmente "presenti" in Dio, vivono di quella mirabile presenza, sen-
za possibilità di distrazioni, essendo confermati in grazia. S . Bonaventura
lo chiarisce magistralmente nel Breviloquio:
"Intorno alla confermazione degli Angeli è da sapere che, come gli Angeli
che si allontanarono da Dio furono immediatamente ostinati nell'impeniten-
za, così quelli che si rivolsero a Dio vennero subito confermati, per mezzo
della grazia e della gloria, nella volontà, e perfettamente illuminati nel-
la ragione con le cognizioni mattutine e vespertine (= visione diretta di
Dio o visione mediata dalle creature); invincibilmiente fortificati nella
virtù imperativa ed esecutiva, e bene ordinati nell'operazione contemplati-

13) L e g M , P r o l 2 : FF 1022.

14) H . U . von BALTHASAR, Herrlichkeit, vol.I, p.l, pag. 422.

15) S . B O N A V E N T U R A , De s a n c t i s A n g e l i s , sermo 1, Collatio; IX, 616a.

127
va e di ministero; e ciò nella triplice gerarchia: suprema, media e infima.
Alla suprema appartengono i Troni, i Cherubini e i Serafini; alla media
le Dominazioni, le Virtù e le Potestà; all'infima i Principati, gli Arcan-
geli e gli Angeli. Dei quali una gran parte sono mandati ad officiare e
inviati a custodire gli uomini, ai quali rendono servizio, purgandoli, il-
luminandoli, perfezionandoli (si pensi al Carmento al Pater di S . Francesco
FF 266-267) secondo i comandi del volere di Dio.
A ben intendere tutto questo serve il pensare che gli Angeli, avendo
per la manifesta somiglianza e prossimità al primo e sommo principio l'in-
telletto deiforme e il libero arbitrio immutabile dopo il consenso, vòlti
al sommo bene con la piena e totale tendenza a Dio, sopravvenendo la grazia
divina, furono confermati e perfezionati nella gloria. Qiindi nella volontà
furono stabili e felici; nella ragione perspicaci da conoscere le cose nel-
la propria realtà,/ non solo, ma altresì nell'arte divina (= nel Verbo,
che è insieme Immagine e Figlio, Arte del Padre!), da essere perciò nel
pieno godimento della cognizione vespertina e mattutina e anche diurna per
la pienezza e purità perfetta di quella luce, {rispetto a cui ogni creatura
può dirsi a buon diritto tenebra. Nella virtuosità furono solidamente for-
tificati sia nel comandare come nell'eseguire o col corpo assunto o senza
corpo. Nell'operazione furono magnificamente ordinati per modo che non pos-
sono più disordinarsi né salendo alla contemplazione di Dio, né discendendo
al servizio dell'ucmo; perché contemplando Dio a faccia a faccia, dovunque
siano rrandati, corrono dentro Dio (= quocunque mittantur, intra Deum cur-
runt ! ).
Sono invero trattati e trattano secondo l'ordine gerarchico iniziato
in essi dalla natura e compito nella gloria, la quale, stabilizzando il
libero arbitrio, in sé mutevole, illustrò la perspicacia, mise in ordine
l'officiosità, corroborò la virtù dando compitezza alle quattro proprietà:
l'essenza semplice, la personalità, la spiritualità e la libertà. La ragio-
ne perspicace nel contemplare, o mira principalmente a venerare la divina
maestà o ad intendere il vero o a desiderare il bene: così s'hanno tre or-
dini nella prima gerarchia, vale a dire i Troni a cui spetta la riverenza,
i Cherubini ]ai quali s'addice la sapienza e i Serafini dei quali è propria
la benevolenza. Nella perfetta virtuosità s'acclude la forza imperativa,
esecutiva, liberativa. La prima è delle Dominazioni, la seconda delle Vir-
tù, la terza delle Potestà, a cui appartiene l'allontanare le contrarie
potenze. La perfetta officiosità abbraccia il reggere, il rivelare e il
rilevare. Reggono i Principati, rivelano gli Arcangeli, rilevano gli Ange-
li, perché custodiscono chi sta ritto, affinché non cada e aiutano chi ca-
de, perché risorga. E' quindi chiaro che tutto questo è negli Angeli tutti,
secondo il più e il meno, discendendo gradatamente dalle cose superiori

128
sino alle infime. Ma l'ondine angelico prende necessariamente il n a m dal-
l'incarico più speciale che ha ricevuto" (16).
Nell'Itinerario della mente a Dio, che il Serafico Dottore concepì prc^
p n o qui alla Verna e che rappresenta la spiegazione teologica di quanto
S. Francesco ha esperimentato, egli chiarisce maggiorante la dimensione
ecclesiale della mediazione angelica, dopo che l ' a n i ™ è stata purificata
illuminata e accesa dal fuoco dello Spirito Santo e rivestita delle virtù
teologali, per- elevarsi alla visione di Dio.
"Compiuta questa iniziazione, il nostro spirito diventa gerarchico (-
purificato, illuminato e acceso: cf. LCapFr 6 , 6 2 ^ 5 : FF 233) nelle sue
elevazioni, in conformità a quella ferusalemne celeste, nella quale nessuno
—— 3 6 6 S S a s t e s s a e
"tra suo cuore con la grazia c o ^ I
S. Giovanni nell'Apocalisse (Ap 2 1 , 2 ) . ~ ~
Essa discende nel cuore quando il nostra spirito, per il ristabilimento
dell immagine (resa finalmente "confort" ossia similitudine secondo lo spi-
n t o ) divina in lui, per le virtù teologiche, per le gioie dei sensi spiri-
tuali e i rapimenti estatici, diventa gerarchico, cioè purgato, illuminato
e perfezionato. Viene pure insignito di nove gradi, rispondenti ai nove
cori angelici: l'annunzio, il consiglio e la guida: l'ondine, il vigore
e il comando; l'accoglimento, la rivelazione e l'unzioni"
I primi tre riguardano la natura della mente utana; gli altri tre l'o-
perazione; gli ultimi la grazia. Con questi doni, rientrando in se stessi
entra nella Gerusalemme celeste, dove, considerando i cori d e g ù
Angeli, vede in essi Dio (videt in eis Deum!), il qua i e in essi inabita
e compie tutte le loro operazioni (CamPater 4 : FF 267: "inabitando in
essi, pienezza della loro gioia").
Dice infatti S . Bernardo nell'opera dedicata al Rapa Eugenio: "Dio ama
nei Serafini ccme carità, conosce nei Cherubini come verità, risiede nei
Troni come giustizia, domina nelle Dominazioni come rraestà, reggT^Tprin-
cipati ccme principio, difende nelle Potestà c a m salvezza, opera nelle
Virtù come forza, rivela negli Arcangeli come luce, assiste n^Angeli
cerne pietà". Da tutto ciò appare che Dio è tutto in tutti (1 Cor 15 28)
mediante la contemplazione di Lui nelle menti, nelle quali abita con i'doni
del suo tenerissimo amore ("per contemplationem ipsius in mentibus, in qui-
bus habitat per dona affluentissimae caritatis" (17).
In una predica sugli Angeli, infine, il Serafico Dottore descrive il

16) S . BONAVENTURA, Breviloquio, p.2, c.8; trad. di P.G. Piccioli, Ed.


Cantagalli Siena 1931, pp. 86-89.
1 ? ) S B 0 N A V E N T U R A
- . Cinerario della mente in m „ c .4> „.4; t r a d . i t a l <

P.G. Melani, OFM, Edizioni "La Verna" 1963, pp. 97-101.

129
dinamismo del compimento, operato dagli Angeli, mediante il ministero della
lode di Dio.
"Gli Angeli scendono sulla terra per cantare le Lodi; similmente si
elevano in alto (sursum aguntur) per lodare Dio. Lodano Dio Padre ccme ori-
ginale principio del Verbo e lodano il Padre e il Figlio ccme principio
dello Spirito Santo e lodano il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo ccme
originale principio di tutte le creature; e mentre il Verbo parla (si pen-
si alla singolare affermazione del Celano su S . Francesco: "derivava dal
Verbo ciò che risuonava nelle sue parole": "a Verbo trahebat, quod resona-
bat in verbis": 2 Cel 54 : FF 640), loda il Padre, e lo Spirito Santo loda
il Padre e il Figlio, e tutta la Trinità loda se stessa. Se ascoltassi le
lodi dei Santi, non mi stancherei mai di lodare Dio; dice il Salmo 137,2:
A te voglio cantare davanti agli Angeli". All'anima pigra invece si dice
nel libro di Giobbe: "E tu, dov'eri, mentre m i lodavano gli Astri del mat-
tino?" (Gb 38,4.7)... Vedete, in che modo gli Angeli si elevano verso l'al-
to; e anche noi seguendo il loro esempio dobbiamo elevarci in alto (sursum
agi), se vogliamo essere angelici. Il nostro volto indica che dobbiamo ten-
dere verso l'alto (sursum ferri)"(18), per contemplare il volto di Dio.
"Il volto di Dio (cf. Mt 18,10; Est 15,17) dal quale l'Angelo per mille
mondi non distoglierebbe il suo sguardo...è la bellezza della sapienza e-
terna, che dà origine a tutte le cose, che tutte le rinnova e tutte le per-
feziona. ..La parte superiore della mente è fatta ad immagine di Dio.. .Come
il cristallo quando viene esposto al sole e non vi si frappone alcun osta-
colo, allora il raggio di sole lo compenetra totalmente; così quando l'oc-
chio dell'intelletto urano viene riempito della luce divina, diventa dei-
forme (= l'immagine compiuta, la similitudine perfetta). Per questo si dice
nella 1 Gv 3,2: "Saremo simili a Lui, perché lo vedremo così com'Egliè".
Per chi viene rapito da quella bellezza, il mondo non ha più attrattiva
alcuna" (19).
Gli Angeli sono come fiamme di fuoco (cf. Sai 103,5). "Infatti gli Spi-
riti serafici vengono detti ardenti: "Tu, che fai dei venti i tuoi Angeli
(= messaggeri), delle fiamme guizzanti i tuoi Ministri"; un'altra traduzio-
ne dice: "Fiaima di fuoco" (Flanmam ignis). Gli Spiriti serafici vengono
detti ardenti, perché eccellono nel dono della carità, che è il massimo
dei doni; per questo sono eccellentissimi; e poiché la carità riempie tutta

18) S . B O N A V E N T U R A , De s a m c t i s Angelis, sermo 1, Collatio, IX, 616b. Nella

stessa Collatio, S. Bonaventura ricorda che è per l'ardente amore che

veniamo trasferiti nei cieli, poiché "verius est a n i m a , ubi amat, quam

ubi h a b i t a t " (616a).


19) S . BONAVENTURA, De sanctis Angelis, sermo 1, Collatio, IX, 615b-616a.

130
la città celeste, per questo tutti gli Angeli vengono detti ardenti" (20).
Potrei moltiplicare le citazioni del Dottore Serafico per illustrare
l'opera dell'Angelo nella fase di compimento dell'amore nell'esperienza
mistica, realizzata in forma esemplarmente perfetta da S . Francesco proprio
qui alla Verna. M i limito solo a qualcuna.
"Gli Angeli sono come gli Astri del mattino, poiché dal principio del
mondo non cessano di lodare Dio; sono, quindi, i prcmulgatori delle lodi
divine, per questo vengono a noi, per rallegrarsi con noi che lodiamo il
Signore" (21).
"Così S . Francesco fu un cielo per la pienezza della carità, che si
estende a tutte le cose; nel libro del Siracide si dice: "Il giro del cielo
da sola ho percorso" (Sir 24,8). Questo si può dire della carità, sia quel-
la che è in Dio che quella che è in noi, poiché essa percorre il giro del
cielo, poiché il cielo è ciò che contiene tutte le cose (continentia uni-
versalis omnium), e tuttavia non abitano nel cielo se non i buoni; così
la carità ama tutte le cose degne di essere amate, e tuttavia non abita
se non nei buoni. La carità, infatti, fece sì che la Dininità si unisse
alla carne, che Cristo si umiliasse e si assoggettasse alla morte. "Osserva
l'arcobaleno e benedici colui che l'ha fatto" (Sir 43,12). Qual'è l'arco
se non la Croce di Cristo? Perciò nell'uomo celeste, nel quale vi fu la
piena effusione della carità, dovette venir posta la Croce di Cristo, in
S. Francesco" (22)... "Vuoi anche tu imprimere Cristo crocifisso nel tuo
cuore? Vuoi essere trasformato in Lui, in quanto ardi d'amore? Ccme avviene
del ferro, il quale quand'è bene infuocato, tanto da liquefarsi, allora
vi si può imprimere qualsiasi forma o immagine: così nel cuore bene acceso
d'amore per Cristo crocifisso si imprime lo stesso Crocifisso o la croce
del Crocifisso, e l'amante viene trasferito o trasformato nel Crocifisso,
come fece il beato Francesco. Alcuni si meravigliano che sia stato inviato
a lui un Serafino, quando dovettero venirgli impresse le stimnate della
passione di Cristo. Ma come, essi dicono, è stato forse crocifisso un Sera-
fino? No certo; ma il Serafino è lo Spirito chiamato così per il suo ardo-
re, cioè significa che Francesco era ardente di carità, quando venne manda-
to a lui il Serafino" (23).

"Gli Angeli sono deiformi, poiché rifondono i carismi delle grazie,


che ricevono da Cristo, nel Corpo mistico della Chiesa" (24).

20) I v i , 616a.

21) S . B O N A V E N T U R A , De s a n c t i s A n g e l i s , s e n n o 4 , I X , 621a.
22) S . B O N A V E N T U R A , De S . P . N . F r a n c i s c o , s e n n o 4 ; I X , 589a.

23) S . B O N A V E N T U R A , De S . P . N . F r a n c i s c o , senno 4 , IX, 589ab.


«24)8. B O N A V E N T U R A , De S . S t e p h a n o H.. senno 1, IX, 480b.

131
"Speriamo di avere gli Angeli come nostri concittadini, per essere il-
luminati dalla loro luce, vivificati dalla loro vita e riempiti del loro
gaudio" (25).

2. Il S e r a f i n o crocefisso e l'esperienza "contemplativa".

Abbiamo già accennato all'inizio di questa lezione che S . Francesco,


proprio mentre faceva la quaresima in onore dell'Arcangelo S . Michele, dopo
avere finito la quaresima in onore di S . Maria degli Angeli, l'Assunta
Francescana, ossia mentre celebrava il compimento ' divino e il coronamento
della gloria di Dio che rifulge nei suoi Angeli, venne reso partecipe della
esperienza dell'Angelo, in un'estasi di contemplazione mistica che tutto
10 rapi e trasformò in Cristo crocefisso.
Anche questa fase finale dell'esperienza del Santo viene chiamata da
S . Bonaventura "esperienza di cielo": "Così Francesco fu un cielo per la
sublimità della contemplazione...nella contemplazione avviene che l'ucmo
veda la sua effigie e la rifulgenza della luce divina nello splendore delle
acque" (cf. Sai 103,3s.)"(26).
Commentando il versetto di Matteo 24,30: "Allora comparirà nel cielo
11 segno del Figlio dell'uomo", il Dottore Serafico situa l'esperienza del-
le Stimiate nel cielo del corpo di S . Francesco, divenuto "uomo celeste"
(cf. 1 Cor 15,45).
Tra gli altri doni che Dio elargì al beato Francesco, anile e poverel-
lo, c'è questo privilegio unico e speciale, anzi oso dire singolare, che
"portò le stimmate del Signore nostro Gesù Cristo nel suo corpo" (Gal 6,17)
per due anni prima della sua morte, poiché il suo fianco fu trafitto e ne
sgorgava sangue; e similmente aveva le cicatrici nelle mani, nelle quali
c'erano i chiodi neri e ribattuti. Questo è certo, ccme può essere certa
una cosa in questo mondo. Molti lo videro, alcuni dei quali sono ancora
in vita. Il Signore impresse tale segno a questo poverello e umilissimo,
che per la sua umiltà si fece servo dei lebbrosi.. .11 testo di Matteo si-
gnifica, secondo il senso letterale e la verità storica, l'apparizione del
segno del Signore, ossia della Croce, nel giorno del giudizio; in senso
allegorico significa l'apparizione del segno della Croce nel Corpo di Cri-
sto nella sua passione; in senso tropologico significa l'apparizione del
segno del Signore nel corpo del beato Francesco" (27).

25) S . BONAVENTURA, De s a n c t i s A n g e l i s , sermo 1, C o l l a t i o , IX, 614b.: "ideo

libenter debemus audire loqui de A n g e l i s . V i r i sancti conversantur cum

Angelis".
2 6 ) S . B O N A V E N T U R A , De S . P . N . F r a n c i s c o , sermo 4, IX, 589b.
27) S. BONAVENTURA, De S.P.N. Francisco, sermo 4, IX, 586ab.: "In corpore

132
L'esperienza delle Stimiate segna il vertice della contemplazione esta-
tica e dell'unione mistica, nel quale si compie il mistero della Chiesa,
come sposa di Cristo che entra nella festa del Regno di Dio. Per questo
S. Bonaventura propone Francesco quale esemplare per quanti anelano alla
pace della contemplazione e dell'unione con Dio, sia nediante l'azione che
mediante la contemplazione.
"Mentre, dunque, io peccatore, sull'esempio di S . Francesco - di cui
sono indegno settimo successore nel governo dell'Ordine - anelavo con tutta
l'anima la pace dello spirito, il Signore mi ispirò di ritirarmi nella
tranquilla solitudine del monte della Verna. Ciò avvenne trentatre anni
dopo la morte di S . Francesco e quasi nella data anniversaria del suo tran-
sito (1259). E lì, mentre riflettevo sulla possibilità che ha l'anima di
ascendere a Dio, mi ricordai del prodigio che si era compiuto nel luogo
predetto in favore di S . Francesco, cioè la visione del Serafino alato in
forma di Crocifisso. Meditando su questo avvenimento, mi sembrò immediata-
mente che quella visione raffigurasse l'estasi contemplativa del medesimo
Padre e la via per giungere ad essa.
Le sei ali del Serafino, infatti, raffigurano le sei fasi dell'illumi-
nazione mistica, con le quali, come per gradini o sentieri, l'anima è aiu-
tata a passare al godimento della pace nei rapimenti estatici della sapien-
za cristiana. Ma la via unica per giungervi non è che l'amore ardentissimo
al Crocefisso, che rapì S . Paolo al terzo cielo (2 Cor 12,2) e lo trasformò
talmente in Cristo da fargli dire: "Sono crocefisso con Cristo in croce.
Non sono più io che vivo, ma è Cristo che vive in me" (Gal 2,19).
Questo stesso amore infiammò tanto la mente di S . Francesco, che appar-
ve visibile nella carne (adeo mentem Francisci absorbuit, quod mens in car-
ne patuit), quando portò le stimiate sacratissime della passione nel suo
corpo per due anni prima della sua morte. Le sei ali del Serafino simboleg-
giano dunque i sei gradi di illuminazione, che cominciano dalle creature
e conducono fino a Dio, al quale nessuno arriva rettamente se non tramite
il Crocefisso" (28).
"Tutto ciò si verificò in S . Francesco, quando nel rapimento dell'esta-
si contemplativa in questo monte altissimo - dove meditai queste cose che
ho scritto - gli apparve un Serafino crocefisso, come io e molti altri ab-
biamo udito dal compagno che allora era con lui. Ivi, nel rapimento dell'e-
stasi, passò a Dio. E così, novello Giacobbe e novello Israele (Gen 35,10),
divenne modello della perfetta contemplazione, come prima lo era stato del-

Christi mystico apparuit istud s i g n u m , e t a p p a r e b i t in m e m b r i s Christi".


28) S . BONAVENTURA, Itinerario della mente in Dio, Prol.2-3; trad. P.G.

M e l a n i , O F M , E d . "La Verna", 1963, pp. 5-9.

133
l'operazione, in modo che Dio, per mezzo suo, invitasse tutti gli uomini
veramente spirituali a questo passaggio e ai rapimenti dell'estasi, più
con l'esempio che con la parola" (29).
Rendendo presente il segno di Gesù Cristo nella Chiesa, Francesco la
restaura nell'intimo, e la rende raggiante. Ognuno compie il mistero del
Regno di Dio nella misura in cui ama. Francesco serafico lo compie nel ver-
tice ardente dell'amore dei Serafini, nell'esperienza della gloria di Cri-
sto che rifulge nel suo corpo mortale. Allora risuona nel suo cuore il can-
to nuovo. Perché i raggi della contemplazione non sono soltanto illuminan-
ti, ma "splendono ccme fiaccole ardenti, perché ivi è un veementissimo in-
cendio. E in questo consiste tutta la ragione della contemplazione; poiché
nella contemplazione non giunge alcun raggio splendente, senza essere anche
infiairmante. E perciò Salomone fa nel Cantico come una canzone d'amore,
perché non si può giungere a quei fulgori, se non per mezzo dell'amore" (30).
"L'anima contemplativa è come sole sfolgorante, quando cioè è elevata
alla contemplazione di Dio...Quest'anima, allora, è anche ccme arcobaleno,
perché è riconciliatrice di Dio e dell'uomo (cf. Gen 9,13), come Mosè che
trasmetteva le luci di Dio al popolo (cf. Es 24,3ss.). Dell'anima contem-
plativa dice Giovanni nell'Apocalisse: "Vidi nel cielo un segno grandioso:
una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e sul suo capo
una corona di dodici stelle" (Ap 12,1)"(31).
S . Bonaventura caratterizza non solo l'esperienza di S . Francesco, ma
quella dell'Ordine dei Frati Minori, come "presenza contemplativa" nella
Chiesa, che si realizza nell'età di Cristo.
"Questo sesto tempo, in cui Dio creò l'uomo a sua immagine e somiglian-
za (Gen 1,26), deve essere riempito dalle malignità ccme di cani latranti.
E aggiungeva: "Considerate la vostra vocazione (1 Cor 1,26), perché essa
è grande. E soggiungeva che Dio affiderà ai poveri il giudizio delle loro
malignità (Gb 36,5); saranno i poveri i giudici delle dodici tribù d'Israe-
le (Le 22,30). E' a loro che in questa vita è concessa la contemplazione.
Infatti, la contemplazione non può darsi se non nella sorrma semplicità (per
questo S . Francesco chiama la "pura e santa semplicità" sorella della Sa-
pienza, che è regina: LodVir 1 : FF 256) ; e la somma semplicità non può
darsi se non nella massima povertà. E questa è dell'Ordine di Francesco;
infatti, l'intenzione del beato Francesco fu quella di vivere nella sorrma

2 9 ) I_vi, c . 7 , n . 3 ; p . 1 4 7 .

30) S. BONAVENTURA, Collationes in Hexaemeron, Col 1 . 2 0 , n . 12; trad. ital.


di V . C h . B i g i , J a c a Book 1985, p. 277.

31) S . BONAVENTURA, Collationes in Hexaemeron, Collatio 20, nn.27-28; pp.

284-285.

134
povertà. E osservava che abbiamo regredito molto dal nostro stato, e per-
tanto Dio permette che siamo afflitti, affinché, per l'afflizione, siamo
ricondotti a quello stato che deve avere la terra promessa (si pensi alla
RegB 6,6 : FF 90). Grandi cose Dio premise ad Israele, e da quella stirpe
furono eletti grandi uomini, come gli Apostoli" (32).
Il richiamo a quelle sublimi altezze della contemplazione diventa anche
per noi un invito a riconsiderare l'esperienza di S . Francesco qui alla
Verna e a continuarne l'opera benefica nella Chiesa. S . Bonaventura chiama
quest'Ordine apostolico, per la "conformità a Cristo". "Negli Apostoli vi
fu il fervore della carità. Pertanto, se la progenie del Nuovo Testamento
derivò da un principio nobilissimo, fu necessario che provenisse da nobi-
lissimi principi. E perciò gli Apostoli corrispondono ai Serafini, perché
l'Ordine apostolico si conforma a Cristo" (33).
Il tempo della conformazione a Cristo diventa il compimento della Chie-
sa contemplativa. Per questo l'esperienza contemplativa di S.Francesco al-
la Verna realizza e compie il mistero della Chiesa in forma esemplare.

3 -
N e l l a l u c e d e l l a g l o r i a : l'uomo n u o v o " c r e a t u r a d e l S a n c t u s " .

La teologia della esperienza francescana alla Verna è teologia dell'im-


magine che diventa conforme all'esemplare perfetto che è Gesù Cristo povero
e crocefisso. In questa illuminazione sapienziale, essa diventa segno e
luce del mondo, partecipandone copiosamente i frutti salutari. La liturgia
delle Ore (cf. LodOr 1-9 : FF 264) illumina la vita.
Appena segnato dalle Stimmate, il Serafico padre Francesco si rivolge
a Dio, parlandogli ccme parlano, cantando, i Serafini: "Tu sei santo, Si-
gnore Iddio unico, che fai cose stupende" (Sai 76,15). Egli è tutto stupore
e meraviglia, come dimostrano le Lodi di Dio Altissimo, delle quali abbiamo
ricordato l'intonazione serafica (34). "Tu sei il Padre santo" (35) - con-
tinua - ccme rappresentante di tutti i fratelli, che dello stesso Padre
sono figli, generati dalla stessa santa Madre Chiesa.1 Con ben 32 " T U " egli
si trasferisce, cantando quel suo inno di lode, pienamente, in Cristo e
in Lui e con Lui loda il Padre e vi rigenera il creato nella sua lode inno-
cente, restituendolo tutto al Padre. Reso ormai libero da ogni cosa, ricco
solo del cielo, nel quale ha già preso dimora, appare fulgente nel cielo,
ccme Angelo di pace e di riconciliazione (36). Anzi, stando alla visione

32) S . B O N A V E N T U R A , Collationes in Hexaemeron, Coli. 20,n.30; p. 285.

33) S . B O N A V E N T U R A , Collationes in H e x a e m e r o n , C o l i . 2 2 , 6 ; p . 303.


34) L o d A l t 1 : FF 261.

35) L o d A l t 3 : FF 261.

36) L e g M , P r o l . 1 : FF 1021.

135
di frate Pacifico, che Bonaventura dapprima interpreta con una certa riser-
va, ma, alla fine della sua vita accetta pienamente e ripropone, Francesco
occuperebbe nel cielo il posto di Lucifero.
"Il beato frate Pacifico, colui che per primo introdusse l'Ordine dei
frati nella Francia, era uomo di grande santità. Ebbene, mentre un giorno
egli pregava in una chiesa, insieme con San Francesco, assopitosi un poco,
vide aprirsi il cielo (l'aprirsi del cielo segna l'avvento della Chiesa
e ne indica la dimora divina, cf. Ap 21) e, là nel cielo, vide un seggio
bellissimo. Chiese di chi era quel seggio e gli fu spiegato: ''Questo è il
seggio che fu perduto da Lucifero a causa della sua superbia e che è riser-
vato per il beato Francesco, a causa della sua umiltà" (37).
Il mistero pasquale di Cristo, vissuto da Francesco con tanta intensità
e vigore qui alla Verna, diventa quindi la fucina rigenerante la Chiesa.
Il fascino dell'esempio diventa illuminazione teologica e itinerario spiri-
tuale per quanti anelano alla perfezione dell'amore, ripercorrendo i sen-
tieri deserti e silenziosi della contemplazione del Crocefisso, nell'amore
ardente dei Serafini, fino all'intonazione del canto nuovo, che riempie
di beatitudine il cielo degli elètti (cf. Ap 14,3), accompagnato dalle arpe
e sonoro come il fragore di molte acque, nel turbine incandescente e vorti-
coso degli Esseri viventi (cf. Ap 4,6-8): "I quattro Esseri viventi hanno
ciascuno sei ali (cf. Is 6,2; Èi 10,12), intorno e dentro sono costellati
di occhi; giorno e notte non (Sessano di ripetere: "Santo, santo, santo,
jl Signore Dio, l'Onnipotente (Is 6,3), Colui che era, che è e che viene"
(cf. pure Ap 5,6ss.).
Questo pieno raccoglimento dell'essere, consacrato dalla santità di
Dio e reso fulgente dall'ardore dei Serafini, trasfigura anche il corpo,
che, come quello di Francesco stimmatizzato, non è più di un morente, ma
di uno che risorge con Cristo e continuamente ritorna con Lui al Padre,
portando con sé l'universo intero per ricomporlo nel suo canto nell'armonia
della sola pace dell'amore.
. E' qui alla Verna che il Serafico Padre inizia l'esperienza finale del
compimento del mistero del Vangelo di Gesù Cristo, entrando nel mistero
del Crocefisso "giovanneo" di San Damiano, che, nel vigore espressivo del-
l'icona pasquale, segna il momento di nascita della Chiesa, in virtù di

37) LegM 6,6 : FF 1111; S. BONAVENTURA, De S.P.N Francisco, sermo 2; FF


2699. Nella LegM il Dottore Serafico dice: "Questo seggio apparteneva
a uno degli Angeli ribelli ed è ora riservato per l'umile Francesco".
Soltanto verso la fine della sua vita, divenuto anch'egli "serafico",
potè comprenderne appieno il m i s t e r o e rivelare tutta la v e r i t à , simbo-
leggiata dalla visione di f r a t e Pacifico.

136
quell'effusione dello Spirito, resa possibile dal dono del corpo, divenuto
"quel corpo donato per la vita del mondo" (cf. Gv 6,51), "affinché chiunque
vede il Figlio e crede in Lui abbia la vita eterna" (Gv 6,40). Si tratta
di quell'amore del quale Gesù dice che non ve n'è uno più grande (cf. Gv
15,13). Citando S . Francesco osa chiedere quell'amore, viene trasformato
nella stessa immagine espressiva dell'amore di Gesù Cristo che dona la vita
sulla croce, nell'immagine del Serafino crocefisso, che raccoglie insieme
l'universo e lo restituisce alla sua dignità originale e perfetta di imma-
gine di Cristo, per la lode della sua gloria (cf. Ef 1,14). "Egli, infatti,
è la nostra pace, colui che ha fatto dei due un popolo solo, abbattendo
il muro di separazione che era frammezzo, cioè l'inimicizia, annullando,
per mezzo della sua carne, la legge fatta di prescrizioni e di decreti,
per creare in se stesso, dei due, un s o l o u o m o n u o v o , facendo la pa-
ce, e per riconciliare tutti e due con Dio in un solo corpo, per mezzo del-
la croce, distruggendo in sé l'inimicizia: Egli è venuto perciò ad annun-
ziare la pace (cf. Zc 9,10; Is 57,19) a voi che eravate lontani e pace a
coloro che erano vicini (cf. 1 Cor 13,13; Ef 4,4; 3,12). Per mezzo di Lui
possiamo presentarci, gli uni e gli altri, al Padre, in un solo Spirito"
(Ef 2,14-18).
La memoria della Passione di Cristo, celebrata da S . Francesco qui sul-
la Verna, diventa ricapitolazione in Cristo di tutte le cose (cf. Ef 1,10)
e pacificazione universale dell'universo intero ricomposto, nel suo corpo
trasfigurato e reso cristiforme, nella serena pace dell'amore. Calla litur-
gia della parola passa alla liturgia eucaristica.
"La sua aspirazione più alta, il suo desiderio deminante, la sua volon-
tà più ferma era di osservare perfettamente e sempre il santo Vangelo e
di imitare fedelmente con tutta la vigilanza, con tutto l'impegno, con tut-
to lo slancio dell'anima e del cuore la dottrina e gli esempi del Signore
nostro Gesù Cristo" (38).
"CXie anni prima che rendesse lo spirito a Dio, dopo molte e varie fati-
che, la Provvidenza divina lo trasse in disparte (cf. Mt 17,1) e lo condus-
se su un monte eccelso, chiamato monte della Verna.
Qui egli aveva iniziato, secondo il suo solito, a digiunare la quaresi-
ma in onore di S . Michele Arcangelo, quando inccminciò a sentirsi inondato
di straordinaria dolcezza nella contemplazione, acceso da più viva fiamma
di desideri celesti, ricolmo di più ricche'elargizioni divine. Si elevava
a quelle altezze non ccme un importuno "scrutatore della maestà che viene
oppresso dalla gloria" (Pr 25,27), ma ccme un "servo fedele e prudente"
(Mt 24,25), teso alla ricerca del volere di Dio, a cui bramava con sommo

38) 1 C e l 8 4 : FF 466.

137
ardore d i conformarsi in t u t t o e per t u t t o " ( 3 9 ) .
L'apertura del Vangelo e la scoperta in esso della volontà di Dio fanno
di quella celebrazione pasquale un'eucaristia della Chiesa e realizzano
nelle Stimmate del Serafico Padre quella liturgia della parola che si corrv-
pie nel sacramento del Corpo di Cristo, donato per la vita del mondo. Fran-
cesco entra nel mistero di quel dono e nel dolore di quella fecondità dello
spirito, che gli permette di "generare alla risurrezione" tutta la Chiesa,
secondo una bellissima espressione di Rupert von Deutz a proposito della
Vergine Isteria sotto la Croce, "che genera il Figlio suo alla risurrezione".
L'ardore serafico del desiderio, dunque, lo rapiva in Dio e un tenero
sentimento di compassione lo trasformava in Colui che volle, per eccesso
di carità, essere crocifisso (cf. Ef 2,4).
Un mattino, all'appressarsi della festa dell'esaltazione della santa
Croce, mentre pregava sul fianco del monte (cf. Dn 9,20-21), vide la figura
ccme di un Serafino, con sei ali tanto luminose quanto infocate, discendere
dalla suublimità dei cieli: esso con rapidissimo volo, tenendosi librato
nell'aria, giunse vicino all'ucmo di Dio, e allora apparve tra le sue ali
l'effige di un uomo crocifisso, che aveva mani e piedi stesi e confitti in
croce. Due ali si alzavano sopra il suo capo, due si stendevano a volare
e due velavano tutto il corpo.
A quella vista si stupì fortemente, mentre gioia e tristezza gli inon-
davano il cuore.
Provava letizia per l'atteggiamento gentile, con il quale si vedeva
guardato da Cristo, sotto figura di Serafino. Ma il vederlo confitto in
croce gli trapassava l'anima con la spada (cf. Le 2,35) dolorosa della com-
passione.
Fissava, pieno di stupore, quella visione così misteriosa, conscio che
l'infermità della passione non poteva assolutamente coesistere con la natu-
ra spirituale e inmortale del Serafino. Ma da qui comprese, finalmente, per
divina rivelazione, lo scopo per cui la Divina Provvidenza aveva mostrato
al suo sguardo quella visione, cioè quello di fargli conoscere anticipata-
mente che lui, l'amico di Cristo, stava per essere trasformato tutto nel
ritratto visibile di Cristo Gesù crocifisso, non mediante il martirio della
carne, ira mediante l'incendio dello spirito.
Scomparendo, la visione gli lasciò nel cuore un ardore mirabile e segni
altrettanto meravigliosi lasciò impressi nella sua carne" (40).
Questa piena configurazione a Gesù Cristo segna il vertice della espe-
rienza cristiana e quindi la più perfetta realizzazione, nella Chiesa', nel

39) LegM 13,1 : FF 1223.

40) LegM 13,3 : FF 1225-1226.

138
mistero di Cristo.
''Questa, però, è un'esperienza mistica e segretissima, che nessuno co-
nosce se non chi la riceve (cf.Ap 2,17) e non la riceve se non chi la desi-
dera, e non la desidera se non colui che lo Spirito Santo infiamma nell'in-
timo con il suo fuoco ardente, quello Spirito che Cristo ha mandato sulla
terra. E perciò dice l'Apostolo che questa sapienza (si pensi alla "specia-
le cognizione della somma sapienza" ossia dell'ucmo in Cristo, di cui S .
Francesco parla nella A n 5,6 : FF 154) mistica (cf. 1 Cor 2,10ss.) è rive-
lata dallo Spirito Santo" (41 ).
Anche il grande amore di S . Francesco per gli Angeli santi e la loro
opera di mediazione di grazia rientrano nella "santa operazione" dello Spi-
rito, il quale santifica la Chiesa e continuamente la rigenera nella bel-
lezza incorruttibile della fedeltà di Dio.
"Agli spiriti angelici, i quali ardono di un meraviglioso fuoco, che
infiarrmano le anime degli eletti e le fanno penetrare in Dio, era unito da
un inscindibile vincolo di amore. In loro onore digiunava per quaranta
giorni continui, a incominciare dall'Assunzione della Vergine gloriosa, de-
dicandosi incessantemente alla preghiera.
Per il beato Michele Arcangelo, dato che ha il compito di presentare
le anime a Dio, nutriva particolare devozione e speciale amore, dettato dal
suo fervido zelo per la salvezza di tutti i fedeli.
I Santi e il loro ricordo erano per lui come carboni ardenti, che rav-
vivavamo in lui l'incendio deificante" (42).
E', quindi, negli Angeli e nei Santi, che sono la dimora celeste di Dio
(cf. CannPater 2-4 : FF 267), che Francesco glorifica il Signore, riceven-
do, nella celebrazione della gloria di Dio, la piena conformazione a Cri-
sto.
S. Bonaventura ne parla in una predica, proprio commentando il triplice
canto dei Serafini, nella visione profetica di Isaia (cf. Is 6,2ss.), men-
tre "i cieli e la terra sono ripieni della gloria di Dio".
Se "gloria di Dio è l'uomo vivente e vita dell'uomo la visione di Dio"
(S. Ireneo), allora più l'uomo diventa vivente inCristo, maggiormente ri-
fulge in lui la sua gloria, e la sua persona diventa nella Chiesa quel se-
gno di unità per il quale il mondo crede (cf. Gv 17,21). E' questa gloria
che Gesù vuole comunicare e rivelare negli eletti, come suprema testimo-
nianza del suo amore e come segno dell'amore del Padre: "E la gloria che
tu hai dato a me, io l'ho data a loro, perché siano come noi una cosa sola.

41) S. BONAVENTURA, Itinerario della mente in Dio, c.7,n.4; V,312b; trad.


ital., ed. La Verna, pp. 147-149.
42) LegH 9,3 : FF 1166-1167.

139
Io in loro e tu in me, perché siano perfetti nell'unità e il mondo sappia
che tu mi hai mandato e li hai amati come hai amato me". In Francesco, che
appare nel Figlio di Dio crocifisso, ogni uomo sa di essere amato dal Padre
con lo stesso amore con cui egli da sempre ama il Figlio e di essere accol-
to in Lui nella beata dimora della Trinità.
La glorificazione di Dio diventa quindi compimento del suo regno nella
Chiesa e nel mondo, in virtù della mediazione del corpo configurato a Cri-
sto, al vertice dell'ardore dei Serafini.
"Di questo cantico e di questa lode si dice nel cap. 6 di Isaia (Is 6 ,
3): "Proclamavano l'uno all'altro e dicevano: "Santo, santo, santo il Si-
gnore Dio degli eserciti". Santo, per la prima volta, a indicare che ha
scolpito l'irmagine delle anime beate nella creazione; santo, per la secon-
da volta, poiché nella passione la ridipinse; santo, per la terza volta,
poiché la rese fulgente nella eterna rimunerazione" (43).
Ogniqualvolta risuona quel triplice canto dell'amore unificante dei Se-
rafini, si riempie il tempio della gloria divina e ogni creatura viene con-
figurata alla sua immagine di gloria. Per questo S . Francesco, accettando
non solo di accorciarsi al canto dei Serafini, ma permettendo che la confi-
gurazione divenisse in lui perfetta, è entrato nella schiera degli ucmini
"serafici", nel coro dei Serafini. Secondo S . Serafino di Sarov, infatti, l'uo-
mo nuovo è "la creatura del Sanctus"! Non si deve dimenticare che la proclama-
zione del "Sanctus" nella S . Messa segna questo momento estatico dell'amo-
re, che precede l'unione trasfigurante della "consacrazione" e introduce
nella festa del Regno di Dio, nella piena comunione con il Santissimo e con
tutti gli Angeli e i Santi. Francesco serafico rifulge nel "Sanctus" dei
Serafini.
La sua caratteristica è quella di realizzare il mistero di Gesù Cristo
con tale evidenza, da renderlo una "memoria pasquale", una mirabile conce-
zione divina (44).
Ma c'è anche un altro aspetto importante da considerare. Chi è segnato
da Dio, al vertice della contemplazione, è chiamato a partecipare il suo
dono alla Chiesa e , quindi, a "segnare" gli eletti.
''Questo segno viene impresso nella fronte dell'anima contemplativa e
sulle fronti degli eletti. Questo segno era nei segnati sopra il monte Sion
(Ap 14,1)...Questo è il segno, col quale il Signore conosce i suoi (2 Tm
2,19). Li conosce per mezzo del segno espresso, per il quale l'anima, dal-

43) S . BONAVENTURA, Dominica XXII post Pentecosten, serrno 6 ; IX,449b.


44) R. GUARDINI, Per Bericht Uber das LeEen des Franziskus von Assisi,

Nachwort, Miinchen 1981, 250: "Il suo speciale carisma è di essere una
viva memoria di G e s ù (an J e s u s zu erinnern!).

140
l'intimo, invoca il nome del Signore. Così l ' a n i ™ contarpiativa è segnata
da Dio. Qide sotto il sesto Angelo, si dice che apparve l'Angelo che aveva
il sigillo del Dio vivente (Ap 7,2); questo fu nell'assegnazione di Gerusa-
lemme (ossia della Chiesa) come collocata nel cielo. A questo Angelo appar-
ve il segno espressivo riguardo al modo del vivere consono a tale sigillo"
...e vuol dire: colui che ha questa triplice luce elevante, deve avere la
triplice perfezione rispondente alla carità. Old'è che segnare in questo
modo, significa vincolare a questa perfezione per mezzo della professione
e imprimere il sigillo, affinché risponda a quel segno espressivo della ca-
rità" (45).
S . Bonaventura riscontra in S . Francesco questa "missione" angelica di
segnare gli eletti, sia nel Prologo della Leggenda l i q u o r e (46), come nel
capitolo 13 della medesima (47) e nei Sermoni in onore del Santo (48). Il
suo corpo è diventato piena rivelazione della gloria divina.
"L'ucmo di Dio ormai era confitto con Cristo sulla croce (Cài 2,19)
con la carne e con lo spirito, e perciò non solo veniva elevato in Dio'dal-
l'incendio dell'amore serafico, na si sentiva anche trafitto dal fervore
dello zelo per le anime, e insieme con il suo crocifisso Signore sentiva la

45) S . B O N A V E N T U R A , C o l l a t i o n e s in H e x a e m e r o n , C o l l a t i o 23, nn.13-14; trad.


ital., Jaca Book 1985, pp. 325-326.

46) L e g M , P r o l . 1 : FF 1022: "E p e r c i ò si a f f e r m a , a b u o n d i r i t t o , che egli


viene simboleggiato nella figura dell'Angelo che sale dall'Oriente (Ap
d e l Dio v i v o (ftp 7.2).
6 1 2 e
- ) porta in s é il s i g i l l o

4 7 ) L e g H
13.10 : FF 1235: "Ora, finalmente, verso il' t e r m i n e della tua vi-
t a , ti viene mostrato il Cristo contemporaneamente sotto la f i g u r a ec-
celsa del Serafino e nell'umile effige del Crocifisso, che infiamma
d'amore il tuo spirito e imprime nel tuo corpo i sigilli, per cui tu
vieni t r a s f o r m a t o nell'altro A n g e l o , che sale dall'Oriente..."(Ap 7 2)
48) S . B O N A V E N T U R A , De S . P . N . F r a n c i s c o , sermo TX.M9- m q u o d ' An '_
gelus qui v e n i t ab o r t u solis, signavit ab o m n i tribù servos Dei Israel.
Illi s u n t s i g n a t i qui sunt in c o n f o r m i vita Christi".

Sermo 4; I X , 5 8 7 : "Placuit ergo Domino, sicut ipse voluit tempore illius


Constantini...et sic voluit signum victoriae ponere in b e a t o Francisco.
Ipse enim ad hoc elegit hominem simplicem et pauperem et humilem ut
exemplar esset poenitentiae. Ipse enim maxime exercuit se in humilitate
et p o e n i t e n t i a et p l a c u i t D o m i n o imprimere in eo s t i g m a t a crucis, stig-
nata suae passionis; unde et de i p s o p o t e s t intelligi illud verbum Apo-
calypsis: "Vidi alterum angelum ascendente™ ab ortu solis habentem si-
gnum Dei vivi" (A» 7,2) ut scilicet imprimeret signum illud" super
frontes virorum gementium et d o l e n t i u m " (Ez 9,4).

141
sete di salvare tutti quelli che si devono salvare.
E sicccme non poteva camminare a causa dei chiodi sporgenti sui piedi,
faceva portare attorno per città e paesi quel suo corpo mezzo morto. Così,
quale secondo Angelo che sale dal luogo dove sorge il sole (Ap 7,2), egli
voleva infiammare il cuore dei servi di Dio con una divina fiamma di fuoco
(Lam 2,3): dirigerli sulla via della pace (cf. Lam 1,79) e segnare col si-
gillo del Dio vivo la loro fronte (cf. Ap 7,3)"(49).
Nel Sermone primo in onore del Santo, il Dottore Serafico interpreta
l'evento in senso ecclesiologico, unendo al testo dell'Apocalisse il testo
di Ezechiele: "Parimenti è espressivo per lo zelo della salvezza eterna,
secondo il detto dell'Apocalisse: "Vidi un altro Angelo che saliva dall'O-
riente e aveva il sigillo del Dio vivente" (Ap 7,2). Questo segno, infatti,
è lo zelo per la salvezza degli uomini; per cui in Ezechiele si legge: "Se-
gna un Tau sulla fronte degli uomini che sospirano e piangono" (Ez 9^4)"(50).

4 9 ) Legnili V I I , 1 : FF 1384.

5 0 ) S . B O N A V E N T U R A , De S . P . N . F r a n c i s c o , sermo 1; I X , 574.

142
XVI Lezione

LA M I R A B I L E P R E S E N Z A DELLA "VERGINE FATTA CHIESA"

1. L'uomo: immagine e somiglianza di Cristo "secondo lo


spirito".

2. Santa M a r i a d e g l i A n g e l i "la Vergine fatta Chiesa".

3. L a m i r a b i l e f e c o n d i t à d e l l ' a m o r e e la " c o r o n a d e l l a Ver-


gine" degli Angeli.

•k * *

1. L'uomo: immagine e somiglianza di Cristo "secondo lo


spirito".

San Francesco ha f a t t o ogni cosa con grande amore. E l'amore è sempre


creativo. Non solo conforma a quanto s i ama, ma r e a l i z z a n e l l a misura in
cui s i ama e secondo l ' i n t e n s i t à dell'amore. Chi ama non recepisce p a s s i v a -
mente l a r e a l t à , ma l a r i c r e a e s i configura in certo qual modo ad e s s a .
S i t r a t t a d i un mirabile processo d i conformazione che va d a l l a percezione
dell'immagine a l l a realizzazione d e l l a somiglianza. I l dinamismo d e l l a per-
sona è quello d i un'anima che cerca i l suo volto, d i un'immagine che cerca
la sua somiglianza e in e s s a continuamente s i r e a l i z z a .
Abbiamo g i à d e s c r i t t o a larghi t r a t t i i l cammino d i S . Francesco da San
Damiano a Santa Maria d e g l i Angeli, ccme un i t i n e r a r i o d i sequela di Gesù
Cristo, una celebrazione pasquale e una e d i f i c a z i o n e d e l l a Chiesa. Ora in-
tendiamo approfondire i l senso d i una sua intuizione profonda e o r i g i n a l e ,
quello d e l l a Vergine Maria, che diventa Chiesa. E' un mistero profondo che
comprende lo s t i l e d i Dio che consacra l a creatura n e l l a bellezza d e l l a sua
santità e ne compie l a fecondità secondo l a s a n t i t à d e l l o S p i r i t o che in
essa dimiora, rigenerandola continuamente n e l l a pura fonte dell'amore t r i n i -
tario.
Forse nessuno, dopo S . Francesco, è r i u s c i t o ad esprimere q u e l l a r e a l t à
trasfigurante dell'amore, che rende i l corpo Limano pienezza d i C r i s t o , pas-
sando per l a purificazione e rigenerazione pasquale d e l l a croce d i C r i s t o ,
o s s i a entrando nel suo Corpo e divenendo suo Corpo, come i l poeta R.M. R i l -
ke, nella sua ode a S . Francesco che chiude i l suo "Libro d e l l e Ore": "Ed
ogni corpo in anima converso / ora accoglieva in sé l'Immacolato" ( 1 ) .
Oltre l a poesia s t a l a visione t e o l o g i c a d e l l a pienezza d i v i t a d i cui

143
è capace la persona quando diventa immagine conforme al Figlio di Dio Gesù
Cristo, realizzando quel piano originale dell'amore e della compiacenza del
Padre, che ci vuole "figli nel Figlio" portatori e irradiatori della sua
stessa immagine di "Primogenito tra molti fratelli" (Rm 8,29). Quando l'im-
magine diventa conforme, allora il corpo perde il suo limite creaturale e
diventa pienezza di vita nello spirito, viene reso "tutto spirito vivifi-
cante" (1 Cor 15,45), in quanto diviene conforme a Colui che della vita è
l'Autore e l'Esemplare perfetto, il Verbo eterno di Dio, che è insieme Ver-
bo-Immagine e Figlio e configura a sé, partecipando il suo Spirito a quanti
aderiscono alla sua Parola e vengono immessi nella sua immagine di Figlio
per essere consacrati nella piena compiacenza del Padre, ogniqualvolta di-
cono nello Spirito: "Abbà" (Gal 4,6). Poiché è lo Spirito che può finalmnen-
te squarciare il velo del mistero e rivelare il corpo umano nella sua veri-
tà di pienezza di luce e di vita, di "spirito datore di vita" (1 Cor 15,
45), proprio in quanto pienamente conforme al secondo Adamo, quello "ulti-
mo" (1 Cor 15,45). Proprio jqui sta il vertice della perfezione cristiana:
che quanti sono chiamati alla vita "dell'uomo fatto di terra" pervengano
alla pienezza di vita e di beatitudine dell'uomo che viene dal cielo, por-
tando "l'immagine dell'uomo celeste" (1 Cor 15,49). "E ccme abbiamo portato
l'immagine dell'uomo di terra, così porteremo l'immagine dell'uomo celeste"
(1 Cor 15,50).
Per comprendere bene la preghiera del Santo alla Vergine, a Santa Maria
degli Angeli, bisogna prima approfondire il senso della sua conoscenza del-
l'uomo, di quell'antropologia divina, che gli fu rivelata da Dio stesso e
che egli definisce "singolare cognizione della somma sapienza" (2).
Soltanto quando l'ucmo è visto nella sua dimora di luce e nella sua a-
bitazione divina, ossia in Cristo, soltanto allora egli appare nella sua
dignità e nella sua mirabile vocazione originale, come "pienezza di Cri-
sto", come "Vergine e Madre" insieme, in quella incorruttibile fecondità
dell'amore, che il Figlio di Dio ha rivelato nella sua Incarnazione, poiché

1) R . M . RILKE, Stundenbuch, Ode a S. Francesco, in: V. ERRANTE, Liriche

e prose d i R . M . Rilfce, Sansomi, Fi r e n z e 1956, pp. 220-222:

"Egli non fu di q u e l l ' a n i m e stanche , che gli facea fiorir d'intorno il

in c u i muore la v i t a a poco a poco. /mondo.

Ma camminò lungo gli erbosi prati Non avea soglie al luminoso cuore,
l'anima confidando ad o g n i stelo e gli sfuggiva innanzi ogni viltà,
quasi fosse suo piccolo fratello Sali di luce in p i ù limpida luce.
E parlava d i sé d i q u e l segreto, C o s t r u ì la s u a c e l l a in q u e l sereno"

2 ) Am 5 , 6 : F F 154.

144
non "diminuì, ma consacrò la verginità della Madre" ( 3 ) . Si tratta di uno
stile di figli della luce che introduce nel regno della luce, in virtù di
quella mirabile compiacenza del Padre, che "ci trasferisce nel Regno della
sua ammirabile luce" (Col 1,13). I figli della luce sono i cristiani, i
quali non possono più nascondersi, essendo più luminosi del sole, tanto che
nei Padri della Chiesa si trova l'espressione: "E' più facile non vedere
il sole, che non vedere un cristiano"!
Questa dimensione di luce è espressa teologicamente nell'uomo, fatto
a immagine di Dio e a sua somiglianza. S . Francesco ne parla magistralmente
nella sua V /Vrmonizione (4) :
"Considera, o uomo, in quale sublime condizione ti ha posto Dio, che
U c r e
° e t : i f e c e a immagine del suo diletto Figlio secondo il corpo, 7~a
sua similitudine secondo lo spirito".
Il Serafico Padre dimostra qui di percepire la luminosa presenza del
corpo trasfigurato nella similitudine secondo lo spirito e quindi conforma-
to a Gesù Cristo, reso sua piena lode di gloria. Si tratta non solo del
Corpo glorioso di Gesù Cristo, ma del corpo del cristiano che viene reso
pr-tecipe della stessa gloria.
S . Francesco chiama questa visione dell'uomo nell'unità indivisibile
dell'immagine di Cristo, nella doppia dimensione, quella iniziale e quella
definitiva, che porta la similitudine secondo lo spirito, "una speciale co-
gnizione della somma sapienza" (5). Ora, secondo l'Apostolo, la sapienza
si ha tra i perfetti, ed esprime la perfezione dell'opera di Dio, che è di
realizzare l'uomo in Cristo, pienamente "conforme al Figlio". Ma solo quan-
do la conformazione supera il limite dell'immagine dell'ucmo terrestre (cf.
1 Cor 15,49), per diventare fulgore di gloria sul volto di Cristo (cf. 2
Cor 4,6), in virtù di quella immissione nella luce, che rende pienamente
a lui conformi secondo lo Spirito del Signore (cf. 2 Cor 3,18). Si tratta
quindi della piena realizzazione del progetto originale di Dio (cf. Rm 8 ,
28-30).
E qui ci viene in aiuto il nostro fratello sapiente, Giovanni Duns Sco-
to, che vede l'ucmo nella sfera di gloria dell'Incarnazione del Figlio, co-
me sommo glorificatore del Padre.
Si tratta della piena realizzazione del mistero d'amore della vita tri-
nitaria. Dio è amore per essenza (cf. 1Gv 4,8.16: oti o Theòs agàpe estìn!).
La perfezione dell'amore implica la beatitudine della perfetta partecipa-
ci Colletta nella Festa della Natività di Maria Santissima, ora anche nell'a
Messa del Comune delle Feste della Madonna.
4) Ani 5 , 1 - 2 : FF 153.

5)«» 5 , 6 : F F 154.

145
zione. Il Padre, pienezza fontale, si comunica totalmente al Figlio nella
massima perfezione della concezione mentale; il Figlio è la persona del
grazie: si riceve e si ringrazia, contento di essere Figlio, non trovando
altra gloria se non nella compiacenza del Padre; lo Spirito Santo è il dono
del Padre e del Figlio e non ha altra gioia se non quella di essere del
Padre e del Figlio, proclamandone la gloria. La stessa natura divina è
quindi infinitamente partecipata nella gioia di essere Uno: un solo Dio
in Tre Persone. La persona consacra quindi l'unità e la beatitudine del-
l'essere uno nell'Amore.
La partecipazione ad extra segue il ritmo instaurato dall'ordine del-
l'amore: Dio ama per primo se stesso; in secondo luogo ama Colui che somma-
mente può glorificarlo ad extra e vuole da lui essere glorificato, prede-
stinandolo per primo. In Lui ama Colei che, come Madre, gli permette di
glorificarlo ad extra e la vuole nello stesso atto d'infinito amore con
il quale predestina il Figlio alla gloria: la Vergine Madre Maria (la divi-
na Maternità della Vergine Maria custodisce e inaugura il mistero della
Chiesa!). La Chiesa, nel fulgore del mattino della vita, porta le sembianze
amabilissime della Vergine Madre Maria, Madre del Verbo Incarnato.
La vocazione divina della creatura razionale e libera, dotata d'intel-
ligenza e d'amore, è quella di essere "Madre di Dio". La prima creatura
si chiama Maria, "Vergine e Madre": immagine del Figlio, pienamente confor-
me, secondo lo Spirito, nella incorruttibile bellezza della sua santità.
Da questa vocazione fondamentale, a vivere in Cristo Verbo Incarnato,
proviene per l'uomo la grazia di potere amare con lo stesso amore del Fi-
glio, per glorificare sommamente il Padre ed essere compiuto al vertice
della compiacenza del Padre, che tutto raccoglie e sigilla nell'unità. A
questo livello si inserisce, insieme alla grazia divina, anche la tristezza
della colpa e l'oscuramento dell'immagine a causa del peccato. L'universo
viene previsto e finalizzato all'uomo e raggiunge in lui il vertice della
somma glorificazione di Dio, insieme all'Angelo, che è pura immagine, pie-
namente conforme, e quindi atto a configurare l'uomo all'immagine di Gesù
Cristo.
La vocazione fondamentale dell'uomo è quindi quella di essere gloria
di Cristo, glorificazione del Padre, e di esserlo, mediante una configura-
zione sempre più perfetta a Cristo, sommo Glorificatore del Padre. Vi è
una doppia dimensione, quella ontologica e quella esistenziale. L'uomo è
già immagine, che tende alla somiglianza. Ma deve diventare ciò che è , pas-
sando da quella somiglianza iniziale, che è il germe dell'immortalità:
"Cristo in voi speranza della gloria" (Col 1,27), alla piena manifestazione
della gloria di Gesù Cristo nel corpo. Il travaglio stesso della conforma-
zione diventa perciò motivo di gioia. 'IMella misura in cui partecipate alle

146
sofferenze di Cristo, rallegratevi perché anche nella rivelazione della
sua gloria possiate rallegrarvi ed esultare. Beati voi, se venite insultati
per il nome di Cristo, perché lo Spirito della gloria e lo Spirito di Dio
riposa su di voi" (1 Pt 4,13-14).
Il senso pieno della vita sulla terra diventa quindi l'attuazione di
quell'opera di conformazione all'immagine di Cristo non solo secondo la
carne, nella sua fase germinale, ma secondo lo Spirito, nella sua fase di
compimento. A questo punto s'inserisce l'opera degli Angeli, i quali, es-
sendo puri Spiriti, rendono possibile questa piena .apertura conformante
dell'amore. Per questo noi viviamo "nell'attesa della beata speranza e del-
la manifestazione della gloria del nostro grande Dio e Salvatore Gesù Cri-
sto; il quale ha dato se stesso per noi, per riscattarci da ogni iniquità
e formarsi un popolo puro che gli appartenga, zelante nelle opere buone"
(Tt 2,13-14).
"Siamo infatti opera sua, creati in Cristo Gesù" (Ef 2,10). "Con lui
ci ha anche risuscitati e ci ha fatti sedere nei cieli, in Cristo Gesù,
per mostrare nei secoli futuri la straordinaria ricchezza della sua grazia,
mediante la sua bontà verso di noi in Cristo Gesù" (Ef 2,6-7).
"E' in Cristo che abita corporalmente tutta la pienezza della divinità,
e voi avete in lui parte alla sua pienezza" (Col 2,9-10).
"Dobbiamo confessare che grande è il mistero della pietà: Egli si mani-
festò nella carne, fu giustificato nello Spirito, apparve agli Angeli, fu
annunziato ai pagani, fu creduto nel mondo, fu assunto nella gloria" (1
Tm 3,16).
L'assunzione nella gloria segna il coronamento dell'itinerario terreno
e costituisce anche il vertice di conformazione dell'ucmo a Cristo. Il com-
pimento viene dall'alto, quando si apre il cielo e dal cielo scende l'imma-
gine perfetta.
"...siate irreprensibili e semplici, figli di Dio immacolati in mezzo
a una generazione perversa e degenere, nella quale dovete splendere come
astri nel mondo, tenendo alta la parola di vita. Allora, nel giorno di Cri-
sto. ..rallegratevi con me" (Fil 2,14b-16.18b).
"La nostra patria invece è nei cieli e di là aspettiamo come salvatore
il Signore Gesù Cristo, il quale trasfigurerà il nostro misero corpo per
conformarlo al suo corpo glorioso" (Fil 3,20-21).
"Per questo - scrive S . Bonaventura - dobbiamo avere una grande purità
e mondezza, perché il Signore è molto geloso della nostra verginità e puri-
tà, e non vuole che rivolgiamo ad alcun altro, se non a Lui, il nostro cuo-
re e il nostro sguardo" (6).

6) S . B O N A V E N T U R A , De S . M a r c o Evangelista, sermo 1; IX,522a.

147
La t o t a l i t à è la legge dell'amore. Chi s i ritrova in questa sua fonda-
mentale unità, nella purezza incorruttibile del dono di Dio, ha trovato
l a via d e l l a conformazione, percorrendo t u t t a l a dimensione dell'amore che
cerca esclusivamente Colui che ama.
Questa i n c o r r u t t i b i l i t à fondamentale dell'amore è i l presupposto di
ogni s a n t i t à : "Occorre, quindi, se vogliamo essere s a n t i , che abbiamo l a
purità e l a mondezza" ( 7 ) .
Tale i n c o r r u t t i b i l e s a n t i t à viene s i g i l l a t a in noi dall'obbedienza,
o s s i a d a l l a partecipazione a l mistero pasquale di C r i s t o .
"In secondo luogo dobbiamo avere l'obbedienza. Eva, nostra prima madre,
fu pura e monda, perché non era ancora s t a t a toccata da suo marito; ma poi-
ché non obbedì a l precetto divino, venne cacciata dal paradiso, né furono
gradite a Dio l a sua purità e mondezza, anzi f u c a s t i g a t a . Similmente
Lucifero, i l primo A n g e l o . . . " ' 8 ) .
'Occorre, quindi, che l a nostra mente s i a s s o g g e t t i totalmente a Dio
mediante l ' u m i l t à , per essere resa idonea ad accogliere i doni d i v i n i . In-
f a t t i i l libero a r b i t r i o , nel quale s i riceve i l dono divino, è una f a c o l t à
d e l l a volontà e d e l l a ragione, che porta in sé l'immagine d e l l a Trinità;
perciò affinché l a mente dell'uomo s i a idonea ad accogliere i doni d i v i -
ni, deve assoggettare l a f a c o l t à del libero a r b i t r i o a i "rimedi" d i v i n i ;
l a ragione, poi, a l l e "dottrine" divine; l a volontà, infine, a i "bene-
p l a c i t i " d i v i n i , affinché con questa umiltà venga, nelle t r e forme suddet-
t e , disposta a ricevere i l dono perfetto d e l l a T r i n i t à " (9).
Ci troviamo a i v e r t i c i d e l l a percezione d e l l ' e s s e r e e d e l l a conforma-
zione dell'amore. Soltanto quando non c i s i limita a una semplice adesione
generica, ma c i s i a f f i d a totalmente a Dio, secondo i l ritmo d e l l a "confor-
mità" dell'amore che tutto rende uno, a l l o r a l'uomo viene pienamente c o n f i -
gurato, secondo l e sue t r e potenze, e appare nel suo fulgore di immagine
conforme.
"Poiché chi s i dona totalmente a Dio adempiendo i c o n s i g l i d i v i n i s i
dispone totalmente a ricevere bene i doni d i v i n i . Quanto più, i n f a t t i , s i
conforma a l l a volontà divina, tanto maggiormente diventa divino, tanto più
abbondantemente Dio a b i t a in l u i ; e quanto più abbondantemente Dio a b i t a
in l u i , t a n t i più abbondanti doni g l i e l a r g i s c e , e per i l f a t t o che s i dona
perfettamente a Dio s i prepara a l l a grazia e a l l a g l o r i a divina" (10).
Mi sembrano importanti queste precisazioni teologiche per comprendere

7) I v i .

8) Ivi.

9) S . B O N A V E N T U R A , In P e n t e c o s t e , sermo 7; IX, 339a.

10) S . B O N A V E N T U R A , In P e n t e c o s t e , sermo 7. IX, 339b.

148
il senso della mirabile fecondità dell'amore, che realizza nella Vergine
la divina maternità, senza diminuirne la verginità.
Di S . Francesco dice Tommaso da Celano, che egli era "diventato tutto
lingua", "tutto annuncio del Regno di Dio", "riempiendo la terra del Vange-
lo di Cristo".

Onesto avvenne nel travaglio di conformazione, attraverso il crogiuolo


della sofferenza purificatrice e consacrante dello Spirito Santo.
"In quello stesso periodo, il suo corpo cominciò ad essere tormentato
da mali fisici diversi e violenti. Soffriva infatti parecchie malattie in
conseguenza delle aspre penitenze cui già da anni sottoponeva il suo corpo.
Esattamente per diciott'anni, quanti erano passati da quando aveva comir>-
ciato le sue peregrinazioni per varie e vaste regioni, impegnato a diffon-
dere la parola evangelica, animato da costante e ardente spirito d i fede,
quasi mai si era preoccupato di dare un po' d i riposo alle sue membra af-
frante. Aveva riempito la terra del Vangelo d i Cristo. Era capace d i pas-
sare per quattro o cinque città in un sol giorno, annunciando a tutti il
Regno di Dio. Edificava gli uditori non meno con l'esempio che con la paro-
la, si potrebbe dire divenuto tutto lingua" (11).
Già i Padri della Chiesa avevano intuito il mistero dell'uomo, espresso
chiaramente nella sua dimensione d i immagine che diventa somiglianza e
quindi pienezza di Cristo e del suo corpo che è la Chiesa. S i tratta d i
una presenza dinamica della parola, vivificata dallo Spirito, di quella
misteriosa realtà d e i molti che diventano uno, del molteplice che si ricom-
pone nell'unità del Corpo di Cristo.
"...noi tutti, avendo ricevuto un unico e medesimo Spirito Santo, sia-
m o , in certo qual modo, uniti sia tra noi, sia con Dio. Infatti, sebbene
presi separatamente, siamo in molti, ed in ciascuno di noi Cristo faccia
abitare lo Spirito del Padre e Suo, tuttavia unico e indivisibile è lo Spi-
rito. Egli con la sua presenza e la sua azione riunisce nell'unità spiriti
che tra loro sono distinti e separati. Egli fa di tutti in Se stesso una
unica e medesima cosa (...) La potenza della santa inanità del Cristo rende
concorporali coloro nei quali si trova. Allo stesso rodo, credo, l'unico

11) 1 Cel 97 : FF 488. Il Celano continua: "L'accordo tra lo s p i r i t o e la


carne appariva in lui così perfetto, che quest'ultima, invece di co-
stituire un ostacolo al primo, lo precedeva nella corsa verso la san-
tità, come dice la Scrittura: "Di Te ha sete la mia anima, e guanto
anche la mia carne (Sai 62,2). L'obbedienza assidua aveva finito per
rendere volontaria questa sottomissione, e questa docilità di ogni
giorno l'aveva reso luogo proprio di una grande virtù; infatti spesso
la c o n s u e t u d i n e si tramuta in natura".

149
e indivisibile Spirito di Dio che abita in tutti, conduce tutti all'unità
spirituale (...) Lo Spirito Santo riconduce all'unità con Sé e all'unità
vicendevole fra loro tutti quelli che si trovano a partecipare di Lui"(12).
La dimensione incarnatoria si compie in quella del corpo di risurrezio-
ne. Se, come si dice nella Costituzione sulla Chiesa nel mondo d'oggi:
'Nella sua Incarnazione il Verbo ha in certo qual modo incarnato ogni uomo"
(13), si deve pur ammettere che Egli ha già trasfigurato anche ogni uomo
nel suo Corpo di risurrezione, portando a compimento quel germe che era
seminato in ciascuno dalla sua presenza mirabile di Verbo Incarnato. Lo
sviluppo dell'immagine, come somiglianza nello Spirito, è pure il compimen-
to della salvezza nella storia e costituisce la modalità sacramentale di
partecipazione della vita divina nella Chiesa, che ne è il compimento defi-
nitivo.
E' qui che traspare la Chiesa come mistero di grazia unificante dal
tessuto umano-divino della sua costituzione gerarchica.
'Ma la società costituita da organi gerarchici e il corpo mistico di
Cristo, la comunità visibile e quella spirituale, la Chiesa terrestre e
la Chiesa ormai in possesso dei beni celesti, non si devono considerare
come due cose diverse, ma formano una sola complessa realtà risultante da
un duplice elemento, umano e divino. Per una non debole analogia, quindi,
è paragonata al mistero del Verbo incarnato. Infatti come la natura assunta
serve al Verbo divino da vivo organo di salvezza, a Lui indissolubilmente
unito, in modo non dissimile l'organismo sociale della Chiesa serve allo
Spirito di Cristo che la vivifica, per la crescita del corpo (cf. Ef 4 ,
16)"(14).
Il testo conciliare richiama quello vigoroso di S . Cirillo: "Il Figlio
è in noi col suo corpo (somatikòs), quale uomo (= uomo celeste), mescolato
con noi e unito con noi per mezzo dell'eulogia mistica; ma anche spiritual-
mente (pneumatikòs), quale Dio, per mezzo della potenza (energeia) e della
grazia del proprio Spirito, ricreando lo Spirito che è in noi per la novità
di vita, e rendendoci partecipi della propria natura divina"(15).
Si tratta, quindi, di quella pienezza di Cristo" che prende corpo nella
Chiesa, rendendola "pienezza di Colui che si realizza interamente in tutte
le cose" (Ef 1,23).

12) S . CIRILLO ALESSANDRINO, Commento al Vangelo di San Giovanni, PG 74,


560-561.

13) Gaudium et S p e s , n . 22.

14) Lumen Gentium, n. 8a.


15) S . CIRILLO ALESSANDRINO, Commento al Vangelo di S. Giovanni, l.IX.ll,
cap. 17,20-21; PG 74, 563-564.

150
Queste considerazioni teologiche introducono nella complessa e miste-
riosa realtà del corpo, che diventa "corpo di Cristo".
"E ogni corpo in anima converso
ora accoglieva in sé l'Immacolato" (16).
La piena espressione della vita secondo lo spirito rende il corpo capa-
ce di accoglienza divina, di concezione mirabile, di fecondità straordina-
ria: non più secondo il limite della natura, ma secondo la immensità felice
dello spirito, che configura l'immagine alla sua similitudine divina, ren-
dendola conforme al Figlio di Dio.
L'accoglienza sincera diventa dono reciproco della vita, maternità se-
condo lo spirito, celebrazione del Regno di Dio che viene, nel mistero del-
la Chiesa. Ogni vera espressione di amore contribuisce a partecipare il
dono della pienezza di Cristo, non più qualcosa, ma qualcuno, sempre pre-
sente come realtà di ogni segno espresso nella concretezza della verità
della carne.
"Si volevano bene l'un l'altro con affetto profondo, si servivano e
procuravano il nutrimento con l'amore di una madre verso i propri figli.
Tanto ardeva in essi il fuoco della carità, che avrebbero volentieri dato
la vita l'un per l'altro, proprio come l'avrebbero data per il nome del
Signore nostro Gesù Cristo" (17).
Il Serafico Padre Francesco aveva fatto personalmente l'esperienza,
quando, dopo avere accolto "con tutto il cuore" la parola del Vangelo, ven-
ne reso partecipe della sua pienezza di vita e della beatitudine della fe-
de, come esplicitamente annota S . Bonaventura: "Nella Chiesa della Vergine
Madre di Dio dimorava, dunque, il suo servo Francesco e supplicava insi-
stentemente con gemiti continui Colei che concepì il Verbo pieno di grazia
e di verità (Gv 1,14), perché si degnasse di farsi sua avvocata. E la madre
della misericordia ottenne con i suoi meriti che lui stesso concepisse e
partorisse lo spirito della verità evangelica" (18).
Fu allora che il felice araldo di Gesù Cristo ricevette in dono dal
Signore i fratelli, che egli potè "concepire e partorire", ccme pienezza
della verità del Vangelo che aveva professato. Quando vide giungere il pri-
mo "figlio della premessa", frate Bernardo, "ascoltandolo, il servo di Dio
si sentì ripieno della consolazione dello Spirito Santo, perché aveva con-
cepito il suo primo figlio" (19).
Appare indicativa della vocazione di Francesco una osservazione di Tom-

16) Vedi nota 1.

17) A n P e r u g 25 : FF 1 5 1 6 . La R e g N B 9,13 : FF 32; RegB 6,9-10 : FF 91.

18) LegM 3,1 : FF 1051.

19) LegM 3,3 : FF 1054.

151
maso da Celano: "Siccome il glorioso Santo aveva la sua dimora nell'intimo
del cuore, dove preparava una degna abitazione a Dio, il mondo esteriore
con il suo strepito non poteva mai distrarlo, né alcuna voce interrompere
la grande opera a cui era intento" (20). Egli realizzava per primo quanto
consigliava ai frati: "Attendano a ciò che devono desiderare sopra ogni
cosa: avere lo Spirito del Signore e la sua santa operazione, pregare sem-
pre con cuore puro" (21). Dal silenzio consacrante dell'adorazione di Dio
nell'intimo del cuore nasce questa mirabile esperienza di Chiesa, favorita
dalla frequente visione della Vergine Maria e degli Angeli Santi nelle sue
intense e luminose notti di preghiera a Santa Maria degli Angeli.

2. Santa Maria degli Angeli: la V e r g i n e fatta Chiesa.

La Chiesa è guidata dallo Spirito Santo e procede lungo il fluire del


tempo, realizzando nel mistero dei segni sacramentali la salvezza di Dio.
La divina fecondità della Chiesa procede dalla forza vivificante dello Spi-
rito che opera nel singolo fedele come nell'intera comunità di fede la co-
munione dell'amore.
Si tratta della presenza dello Spirito che realizza pienamente la con-
figurazione originale alla Santissima Trinità, ccme S . Francesco chiarisce
nella Lettera a tutti i Fedeli: 'Non dobbiamo essere sapienti secondo la
carne (cf. 1 Cor 1,26), ma piuttosto dobbiamo essere semplici, umili e pu-
ri... E tutti quelli che faranno tali cose e persevereranno fino alla fine
riposerà su di essi lo Spirito del Signore, ed Egli ne farà la sua dimora,
e saranno figli del Padre celeste (cf. Is 11,2; Gv 14,23; Mt 5,45), di cui
fanno le opere, e sono sposi, fratelli e madri del Signore nostro Gesù Cri-
sto. Siamo sposi, quando per lo Spirito Santo l'anima fedele si unisce a
Gesù Cristo. Siamo fratelli suoi, quando facciamo la volontà del Padre (Mt
12,50) suo che è nei cieli. Siamo madri sue, quando lo portiamo nel cuore
e nel nostro corpo con l'amore e con la pura e sincera coscienza, e lo ge-
neriamo attraverso le sante opere che devono risplendere agli altri in e-
sempio" (22).
S . Bonaventura dice che è lo Spirito Santo a realizzare in noi la piena
somiglianza con la Santissima Trinità, immettendoci nella sua perfezione
di gloria e permettendoci di realizzarci nel Figlio (cf. Rn 8,28-30).
"Lo Spirito Santo, che in noi dimora e pone la sua abitazione, ci rende
simili a quella Somma Trinità, come dice il Signore, "affinché siano uno,

20) 1 Cel 43 : FF 396.

21) RegB 10,10 : FF 104; RegSCh 10,8-13 : FF 2811'.

2 2 ) LF 9,45.48-55 : FF 199-200.

152
come noi siamo Uno (Gv 17,22)"(23).
Nella Antifona "Santa Maria. Vergine" che ritmava tutto il canto della
Liturgia delle Ore nell'Ufficio Divino di S . Francesco, leggiamo le sor-
prendenti parole rivolte alla Vergine Maria "Sposa dello Spirito Santo",
insieme all'invocazione dell'Arcangelo S . Michele, che presiede all'opera
di compimento del disegno di salvezza, introducendo alla presenza del Si-
gnore e favorendo il passaggio nel cielo, nel Regno dei cieli. "Santa Maria
Vergine, non vi è alcuna simile a te, nata nel mondo, fra le donne, Figlia
e ancella dell'altissimo re, il Padre celeste, Madre del santissimo Signore
nostro Gesù Cristo, Sposa dello Spirito Santo; prega per noi con San Miche-
le Arcangelo e con tutte le virtù dei cieli, e con tutti i Santi, presso
il tuo santissimo Figlio diletto, nostro Signore e Maestro" (24).
E' utile leggere insieme anche la "Forma di vita", che trasferisce la
stessa visione teologica e lo stesso senso spirituale alla vita consacrata
nella contemplazione di Dio, ossia "consacrata alla somiglianza secondo
10 spirito". Si tratta di quell'amore di compiacenza che si rivolge total-
mente a Dio, mediante la contemplazione che fa di tutta la vita un'unica
effusione dello Spirito che consacra mettendo in comunione.
"Poiché, per divina ispirazione, vi siete fatte figlie e ancelle del-
l'altissimo sommo Re, il Padre celeste, e vi siete sposate allo Spirito
Santo scegliendo di vivere secondo la perfezione del Santo Vangelo.. ."(25).
Proprio per quella scelta di amore totale ed esclusivo, che immette
la consacrata e, in particolar modo, la contemplativa, nella sfera di compi-
mento della vocazione dell'immagine che entra nella somiglianza e rivela
11 Corpo di Cristo, la Chiesa nel suo mistero di luce divina, vi è una
grande somiglianza tra la Vergine Madre Maria e le vergini consacrate,
"spose dello Spirito Santo", consacrate dalla Trinità.
La formulazione perfetta avviene nella preghiera alla Vergine degli
Angeli, alla Vergine fatta Chiesa.
"Ti saluto, Signora, santa Regina, santissima Madre di Dio, Maria, che
sei Vergine fatta Chiesa, eletta dal santissimo Padre celeste e da Lui,
col santissimo Figlio diletto e con lo Spirito Santo Paraclito, consacrata.
Tu in cui fu ed è ogni pienezza di grazia e ogni bene.
Ti saluto, suo palazzo.
Ti saluto, sua tenda.
Ti saluto, sua casa.
Ti saluto, suo vestimento.

23) S . B O N A V E N T U R A , I Sent., d.10,a.1,q.2,fund. 4;I,197a.

24) U f f P a s s , Ant. Santa Maria V e r g i n e , FF 281.

25) ForVit 1 : FF 139.

153
Ti saluto, sua ancella.
Ti saluto, sua Madre.
E saluto voi tutte, sante virtù, che per grazia e lume dello Spirito
Santo siete infuse nel cuore dei fedeli, affinché le rendiate, da infedeli,
fedeli a Dio"(26).
Abbiamo cosi il quadro vivo e completo della Vergine Maria Immacolata
nel suo ineffabile mistero di predilezione divina e nel suo ccmpimento ec-
clesiale. La Vergine Maria è esemplare per quanti seguono il Vangelo del
Signore e specialmente per coloro che, essendo "le Vocate", ossia quelle
che vivono della Parola nello Spirito, vengono pienamente configurate alla
inrogine di Cristo e sono totalmente consacrate dallo Spirito. Fedeltà e
fecondità consacrata, verginità e maternità secondo lo spirito sono le mo-
dalità di questa pienezza di grazia e di gloria.
Nella sua profonda e illuminante esperienza di preghiera, S . Francesco
contempla la creatura nel fulgore della concezione divina, che è una
"concezione iimacolata". La creatura appare splendida nella immacolata bel-
lezza della vocazione divina ad essere nel figlio di Dio una irradiazione
d'amore. Essa appare ccme una "memoria" divina e una ripresentazione di
quel primo amore che 1' ha donata alla vita.
Questa Vergine è signora e regina, perché Madre di Dio; in forma unica
e irripetibile la Vergine Maria, in forma analoga e pur tanto mirabile la
vergine madre Chiesa e ogni singolo fedele che ne vive il mistero di santi-
tà e di fecondità. Questa "vergine", consacrata nella santità incorruttibi-
bile dell'amore e della fedeltà di Dio, "diventa Chiesa", realizzando in
sé quella pienezza che la rende corpo di Cristo, "la pienezza di Colui che
si realizza pienamente in tutte le cose" (Ef 1,23). La pienezza è la vita
feconda secondo lo Spirito, che proviene dall'elezione del Padre celeste,
che la consacra con il suo santissimo Figlio e con lo Spirito Santo para-
clito. Si tratta di una bellissima definizione di Chiesa, un popolo consa-
crato, raccolto nell'unità consacrante della Trinità (27).
Questa creatura mirabile vive nel tempo della grazia, nel tempo della
pienezza di grazia, perché vive in Cristo, che realizza la pienezza dei
tempi, di modo che chiunque in lui si inserisce, in virtù della fede e del-
le opere sante, viene continuamente compiuto in Cristo e diviene, a sua
volta, compimento di Cristo, ossia "chiesa".
La pienezza di Grazia di cui parla S . Francesco è congiunta alla pie-
nezza di ogni bene: "Tu in cui fu ed è ogni pienezza di grazia e ogni be-
ne". La condizione per partecipare alla pienezza di Cristo è di avere il

26) SalVerg 1-8 : FF 259-260


27) Lumen Gentiuin, n.4.

154
suo S p i r i t 0 ) perche "e lo Spirito del Signore, che abita nei suoi fedeli
egli stesso riceve il s a n t i s s ™ corpo e sangue del Signore" (28). La coni
formazione tende alla pura semplicità dello Spirito, il q u a l e è " s a n t o "

C O n 9 Ì U n 9 e n d
- r ° la ^ ^ « n t i t ì incorruttibile
alla fecondità consacrante della e t e r n i t à divira, poiché il f r u t t o d e l l o
S ^ t o e sempre il F i g l i o d i D i o . E . ^ c h e ^

Z i T a ' ^ ^ ^ 1 0 0 6 1 1 F l 9 l Ì ° d l D l °6 divenendo r ^
goante nella consacrazione dello Spirito, vera "Donna nel Sole" (cf 1
12), che genera i .figli d i D i o c o n t i n u a n d o e s a r p l a m i e n t e ,, ' £
Chiesa e in ogni singolo fedele.

c o n ^ U 7 a t U r a V 1 6 T O q U Ì n d Ì 6 s p r e s s a n e l l a dimensione dello Spirito che


consacra la verginità nella e t e r n i t à divina, compiendo la m i r r i l e L t
nazione del Ver^o nel c c m p ^ n t o del mistero ^ s q u a l e , ^ i a n t e T e J f u ^
dello Spirito. Tutto il creato partecipa della d i z i o n e del c o c che

ZZ Zr iT CrÌSt°' SeCOnd° U tessut° sa™e di


'• a a n c e l L ; 1
"CaSa" " ^ 6 d i
vestimento" e
l U U n i n a r S Ì
luto ^ P i e n a m e n t e nella maternità divina: 'Ti sa
luto, sua Madre"! n sa-

La presenza consacrante dello Spirito diventa sempre più vigorosa


non solo per la presenza delle virtù, che dello Spirito s o sono T
namismo, rra anche delle "Virtù sante", che potrebbero essere san i l e

-U, che compiono il quadro della Chiesa e contribuiscono al suo I p i ^ to "


C C m p i n i e n t o
finale, introducendo la creatura nella dimora dell'eternità
nella fedeltà incorruttibile della s a n t ^ d D J ^ L T ^ Z T

T r i n i t à
nei ^ Z T ^ ^ r * " " ' ~ —

3
" Ver-
gine" degli Angeli. —

nellTaT!. ' T ' ^ ^ * ^ FranCeSC°' 11 ^ella Chiesa


nella sua complessa realta di fede, che implica l'espressività dei segni
il dinamismo dell'amore, ossia la realtà del Ver*o Incarnato q eHa
dello Spirito Santo, uniti nella stessa lode di gloria divina.
Nel suo ultimo Canto, il Serafico Padre Francesco illustra poeticamente
28) Am 1,13 : FF 143.

2 9 )
;;:./• F F l m
; [ - f : r ' - — serafico ricorda la visione
frate Pa i f 1 C 0 , d e i s e g g i ^ ^ ^ ^
Questo seggio apparteneva a uno degli Angeli r i b e l l i e d J , p . ^
to p e r l'umile Francesco". riserva

155
il senso della vocazione cristiana, nella sua espressione più perfetta,
nella bellezza della consacrazione contemplativa, come indivisibilità di
quell'unico amore che consacra il cuore della Sposa fedele, la quale fa
di tutta la sua vita e di tutto il suo cuore e di tutto il suo corpo e di
tutte le sue opere un unico grido: "Vieni!" (Ap 22, 17.20). Il corpo diven-
ta allora la dimensione di un dono e la sorgente della speranza di tutta
la Chiesa, che diventa in ogni vergine consacrata e fedele, da "infedele",
fedele a Dio" (30). La "contemplativa" è liberata dalla distrazione dell'o-
perosità umana, che tempra la fedeltà della serva e incorpora l'immagine
della sposa, rendendo palese a tutta la Chiesa che solo l'amore sponsale
comprende il mistero del Regno di Dio ed introduce definitivamente in esso.
Intendo parlare di quelle "Sante parole" che il Serafico Padre dettò
per le "sorelle di santa Chiara": "Dopo che Francesco ebbe composto le Lodi
del Signore per le sue creature, compose anche alcune sante parole, con
la loro melodia, per la consolazione e l'edificazione delle Povere Dame
(= continua ad edificare la Chiesa, nel suo cuore contemplante, che si ri-
genera continuamente nella bellezza incontaminata della pura fonte sorgiva
dell'amore del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo), sapendo quanto
soffrivano per la sua infermità. E non potendo visitarle di persona, mandò
loro quelle parole a mezzo dei compagni. In quel cantico egli volle manife-
stare loro la sua volontà, che cioè sempre vivessero e si comportassero
umilmente e fossero concordi nell'amore fraterno (= fossero "uno" = fossero
cellula viva della Chiesa, conformate a Gesù Cristo "mite e umile di cuore"
(Mt 11,28), poiché 1' umiltà è trasparenza della verità e la mitezza si ac-
quista per l'affetto della fraternità).
Vedeva infatti che la santa vita di quelle non era solo un motivo di
fervore per l'Ordine dei frati, ma riusciva di edificazione per tutta la
Chiesa (S. Francesco riconosce l'alto contributo della vita contemplativa
per l'edificazione della Chiesa). Sapendo che, fin dal principio della loro
conversione avevano condotto un'esistenza dura e povera, era sempre mosso
da pietà e compassione verso di esse.
In quel cantico dunque le pregò che, come il Signore le aveva adunate
insieme da molte parti per vivere nella santa carità (è una bellissima de-
finizione di Chiesa, che S . Bonaventura farà sua nella Prima Conferenza
sull'Hexaemeron, "Ecclesia enim mutuo se diligens est"!), povertà e obbe-
dienza (la consacrazione dei voti immette in forma più evidente nella vita
della Chiesa, secondo la Lumen Gentiun, n. 42), così dovessero sempre vive-
re e morire in queste virtù. Le esortò specialmente che, con le elemosine
che il Signore loro donava (vivere sempre dei doni di Dio, nutrite alla

30) SalVerg 8 : FF 260.

156
TOnSa del
S o n o r e ) , provvedessero alle W
n e C 6 S S Ì t à
( c c T s ^ l Pa^nte,

^ nel lavoro ohe affrontavano p T r [ " Z " buona s a l u -


t e r ò con ^ ^ le lopo ^ ^ ^ e queste sop-

V1V6nte nel
— - l e c U l t r ^ L v ^ ^ ^
'•Audxte, poverelle, dal Signor vocate
6
^ Provincie sete adunate:
vivate sempre en v e r i t a t e
ke en obedientia fioriate.

Non guardate a l a v i t a defora


«a quella dello s p i r i t o è m i g ^ w

Io ve prego per grand'amore,


k ' a i a t e discrecione dele l a ^ s e r *
ke ve da e l Segnor.

r r r ad9PaVate de
6 ke Per
tut ' ^ adfatigate
tute quante lo sostengate en pace,
ka multo vederi cara questa f a ( t ) i g a :

ka^cascuna sera regina en celo coronata,


cun l a vengene Maria" (32).

31
) Spec 90 : rFF 1 7aa e , ,
u n a . Sulla caratteri e t - ; , , c
r

:larÌSSe' Chiara T Z — " Sorelle


^ U s l ì i J s n U . FF pp.
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2 2 2 „ ! - ^ ' I l l ^ d u z i ^ ^
Francesco ave a " 6 ^
FF S (l
" > - « . l i . di una sua Z S ^ T ^ ^ ^
Aspetto a l l a v i t a Z Z I ' " * ° ^ ^
nella Chiesa. E r a n o , a , l a B £ a , « . 1 tempo
nU V0
caratteristiche rivoluzionarie . sornr H " ^ ° '
Che
da san Francesco tutta l a . ! " ^ ^

!" — P.vr. e ulne V ì X n " "! "
9rUPP
solo piano della fede e della " °' t r " P " t . n d o
Primo O r d i n e » . . . , , ^ » attere ,tine_
reClus
di Francesco; le - s u e f " " 0 Cel 1 1 7 : F F
Ordine, a f i a n c o , I j ^ 'n" T ^ * C 0 B > 1 - ' * " . al
tà d6lla Claus
- a aperta- dei f r a t i
Ritornano, in quest'ultimo canto di Francesco, i temi a lui cari della
"Vergine" consacrata e incoronata "in cielo", totalmente "dedicata" al Re-
gno dei cieli e purificata dall'esperienza della croce pasquale di Cristo,
nel travaglio quotidiano dell'amore, che rigenera vicendevolmente le sorel-
le, le quali portano insieme il peso della croce e insieme si preparano
a ricevere la corona di gloria della Vergine Maria.
Si tratta di un'immagine trasfigurata della Chiesa, "convocata" dalla
Parola di Dio, vivente nello Spirito Santo, nutrita alla mensa del Signo-
re ed operosa nella carità, che è "regina" e incorona la creatura, divenuta
"da infedele fedele a Dio" (33).
Le vergini fedeli, totalmente dedicate all'unico Signore, ne proclamano
la venuta, alimentando, nella totale consacrazione a Dio del loro corpo,
significata pure dal voto di clausura che ne fa un'oblazione eucaristica,
la speranza cristiana. Cosi i monasteri di clausura diventano le emittenti
divine della speranza cristiana di tutti i figli di Dio, non solamente di
quelli "presenti" nella Chiesa, ma, e soprattutto, di quelli "lontani" che
solo il loro amore, fulgente nella corona di gloria della Vergine Maria,
riesce a raccogliere in virtù della mediazione degli Angeli, insieme ai
quali il Signore viene (cf. Mt 16,27).
La loro vita diventa luminosa in Gesù Cristo e s'intona al grande inno
eucaristico della Chiesa, "adunata" nel nome del Signore. "Seguano, dunque,
gli uomini i nuovi seguaci del Verbo Incarnato: imitino ile donne Chiara,
impronta della Madre di Dio, nuova guida delle donne" (34). Così la vita
cristiana diventa edificazione della Chiesa e rivelazione della gloria del
Signore.

minori, hanno scelto di 'abitare rinchiuse'(= habitare incluso corpore)

e dedicarsi al Signore in povertà somma, per potere con animo libero

(mente libera) servire a Lui..." (Lettera del card. Rainaldo, in Reg


S C h , P r o l . 13 : FF 2748.
32) AudPov : FF p p . 2239-2240.

33) SalVerg 8 : FF 260.


34) LeggSCh, Lettera I n t r o d . , FF 3153).

158
XVII Lezione

LA POTENZA DELLA LODE: IL C A N T I C O D E L L E CREATURE


COME INNO EUCARISTICO COSMICO (Col 1,13-20)

1. S . Francesco invita a lodare il Signore.

2. La vita cristiana come glorificazione d i D i o : un Cantico


di lode.

3. Il Cantico delle Creature come ricapitolazione in C r i s t o


d i t u t t e le c o s e .

4. Le Lodi di Dio Altissimo e il Cantico dei Cantici dei


redenti come Eucaristia perenne.

* * *

1• S. Francesco invita a lodare il Signore.

L'Incarnazione del Verbo inaugura la pienezza dei tempi (cf. Gal 4,4)
e il compimento della glorificazione di Dio nella perfezione della lode.
La rivelazione della gloria di Dio si compie nell'istante in cui il Figlio
può realizzare il suo unico desiderio di donare il suo corpo per testimo-
niare al Padre la sua fedeltà (cf. Eb 10,5-10): "Ed è appunto per quella
volontà che noi siamo stati santificati, per mezzo dell'offerta del corpo
di Cristo, fatta una volta per sempre" (Eb 10,10). Egli inaugura per noi
il tempo della pienezza e ci permette di compierci entrando nel suo inno
di lode al Padre, che passa per tutta la sua persona e fa del suo corpo un
unico "peso di gloria", aprendoci la "via nuova e vivente che egli ha inau-
gurato per noi attraverso il velo, cioè la sua carne" (Eb 10,20). Noi vi-
viamo ora nella luce trasfigurante della sua presenza "velata", "nell'atte-
sa della beata speranza e della manifestazione della gloria del nostro
grande Dio e salvatore Gesù Cristo, il quale ha dato se stesso per noi" (Tt
2,13). Quanto più la gloria divina si rivela in noi e la sua lode diventa
in noi perfetta, tanto maggiore sarà il compimento divino della nostra sal-
vezza e la partecipazione alla sua stessa gloria "nei cieli", non solo
quando egli apparirà con i suoi Angeli (cf. Mt 16,27), ma ogniqualvolta ci
disponiamo a dargli gloria.
Il Serafico Padre ci insegna che non è sufficiente essere imragine di
Cristo secondo il corpo e sua somiglianza secondo lo spirito, rra bisogna

159
esprimere questa verità nella "riconoscenza" e nella glorificazione di Dio,
rendendo "espressa" quella gloria che custodiamo come dignità della nostra
persona (1). La parola di Dio ci rivela nel fulgore della gloria divina e
ci intona nella pura lode di gloria. Si tratta di condividere con il Sera-
fico Padre la beatitudine che egli proclama: "Beato quel religioso, che non
ha giocondità e letizia se non nelle parole e nelle opere santissime del
Signore e, mediante queste, conduce gli uomini all'amore di Dio in gaudio
e letizia" (2). La parola di Dio ci ricrea e ci abilita all'opera del sorrmo
glorificatore del Padre, Gesù Cristo, trasferendoci nel suo regno di luce
infinita, accordandoci nell'inno eucaristico della Chiesa, "non badando al-
la melodia della voce, ma alla rispondenza ideila mente, cosi che la voce
concordi con la mente e la mente, poi, concordi con Dio, affinché possiamo
(possano) mediante la purezza del cuore, piacere a Dio" (3).
La liberazione del cuore da tutti gli impedimenti passa per il fuoco
illuminante e ardente dello Spirito Santo, che compie l'opera della santi-
ficazione, rendendoci "voce" di Cristo "con la parola e con le opere" (4),
dopo averci "purificati, illuminati e accesi" (5), accordandoci in Cristo
nell'inno eucaristico della Chiesa. E' questa l'operazione santa dello Spi-
rito che S . Francesco raccomanda a tutti i frati nella Regola, esortandoli
a "pregare sempre con cuore puro" (6). In modo particolare i Sacerdoti ven-
gono esortati a conformarsi agli Angeli di Dio, i quali sono ardenti di de-
siderio, con lo sguardo proteso verso Cristo, per essere consacrati nella
sua santità (cf. 1 Pt 1,12; Lv 11,44),jresi essi stessi fulgenti nella sua
lode di gloria eucaristica (7).
La lode è sempre incentrata sull'Eucaristia e ne completa la irradia-
zione consacrante nel mondo intero. Per questo il Serafico Padre non si
stanca mai di invitare ad esprimerne il canto nella Chiesa e nel mondo, in-
viando lettere a tutti i responsabili.

1 ) Am 5 : FF 153-154.

2 ) Am 2 1 : FF 170.

3) LCapFr 6,52-53 : FF 2 2 7 . Il S e r a f i c o Padre perfeziona la f o r m u l a di S.


Benedetto (Regola, 19,7, che si rifà a S . A g o s t i n o , E p i s t . 2 1 1 , 7; PL
48,3) già molto significativa: "...e celebriamo il divino ufficio in
modo che il nostro spirito concordi con la v o c e " . C i ò c h e sta a cuore
al Serafico Padre è il compimento in Dio della lode espressa, è il
senso eucaristico della vita cristiana.

4) LCapFr 10 : FF 216.

5) LCapFr 6,63 : FF 233.


6) RegB 10,10-11 : FF 104; RegSCh 10,8-13 : FF 2811.

7) L C a p F r 2,29 : FF 220.

160
"E dovete annunciare e predicare a tutte le genti la sua gloria perché,
ad ogni ora e quando suonano le campane, dal popolo intero siano rese lodi
e grazie all'Onnipotente Dio per tutta la terra" (8).
"Vi invio anche un'altra lettera perché la consegniate ai governatori,
ai consoli, ai capi delle nazioni. In essa è contenuto un invito a far pro-
clamare tra i popoli e sulle piazze le lodi di Dio" (9).
"E dovete dare al Signore tanto onore fra il popolo a voi affidato, che
ogni sera un banditore proclami o altro segno annunci che siano rese lodi
e grazie all'Onnipotente Signore Iddio da tutto il popolo. E se non farete
questo, sappiate che voi dovete rendere ragione al Signore Dio vostro Gesù
Cristo nel giorno del giudizio" (10).
"E poiché patì tanto per noi e ci gratificò di tanti doni e continuerà
a gratificarcene per il futuro, "ogni creatura che è in cielo e in terra
e nel mare e nella profondità degli abissi, renda a Dio lode, gloria e ono-
re e benedizione (cf. Ap 5,13), poiché egli è la nostra virtù e la nostra
forza. "Egli solo è buono" (Le 18,19), che solo è altissimo, che solo è on-
nipotente e ammirabile; glorioso e santo, degno di lode e benedetto per gli
infiniti secoli dei secoli. Amen" (11).

2. La vita cristiana come glorificazione d i D i o : un Cantico


di lode.

Credo che non vi sia una fonte rivelata più esplicita della Lettera ai
Colossesi, 1,13-20, con il poderoso inno cristologico, per significare la
presenza della lode di S . Francesco nella Chiesa e nel mondo. Per questo
lo propongo come chiave di lettura dei testi francescani, che possono veni-
re considerati una composizione sinfonica, un grande inno rivolto a Gesù
Cristo. E' così che si può comprendere "la potenza della lode" e il Cantico
delle Creature come un inno eucaristico cosmico, raccoglimento sublime de-
gli esseri creati e ricapitolazione in Cristo di tutte le cose, in una so-
lenne liturgia che riempie l'universo della gloria di Dio. La lode divina
diventa la pura fonte sorgiva dell'amore che continuamente ci rigenera con-
sacrandoci. Noi subiamo per lo più l'influsso esterno e ci lasciamo "im-
pressionare" dalle cose e "turbare" dai peccati degli uomini o per lo meno
"disturbare" da quanto avviene attorno a noi. Soltanto la forza consacrante
della lode divina ci custodisce nella bellezza fulgida della santità di
Dio, rendendoci raggianti nel vigore consacrante della nostra vita, tutta

8) L C u s t 11 : FF 243.

9) L G u a r d 5 : FF 248.

10) LRegPop 9-10 : FF 213.

1 1 ) Lf 10,61-62 : FF 202.

161
rapita in Dio e resa incorruttibile dalla sua presenza. La gloria divina
è la sua presenza vivificante e trasfigurante che consacra nell'unità. Chi
continuamente custodisce questa "gioia indicibile e gloriosa" (1 Pt 1,4),
viene sigillato nell'unità della compiacenza del Padre, come "fulgore di
gloria, splendente sul volto di Cristo" (2 Cor 4,6), entrando in Cristo
e ritornando con lui continuamente al Padre.
La memoria della "Parola di Dio" o l'invocazione del Nome di Gesù rige-
nera in noi la sorgente dell'amore e purifica il cuore, preservandolo da
tutte le contaminazioni terrene e trasferendolo nel cielo della visione di
Dio, aprendo per noi il cielo e rivelandoci nella "Donna vestita di sole"
(Ap 12,1ss.), come rivelazione del Figlio di Dio e sua lode di gloria (cf.
Ef 1,6.16).
Le parole degli uomini possono contaminare il cuore e scomporre la cel-
lula della vita o contaminare la sorgente, la quale, essendo inquinata, si
corrompe e non riesce più a diventare dono. La lode di Dio rigenera la per-
sona, rinnovandola e ringiovanendola nella pura fonte dell'amore.
E' urgente oggi il servizio della lode divina, permettendo che essa
riempia la mente, il cuore, la vita e si diffonda ccme irradiazione consa-
crante in tutto l'universo. Soltanto il Signore deve restare "determinante"
nella nostra vita, nuli'altro e , tanto meno, il peccato. La lode del Signo-
re sarà la nostra forza, che ci rende fulgenti nel mattino di Dio, trasfor-
mandoci in quel raggio fulgente che custodisce e consacra il creato, resti-
tuendolo a Dio come lode di gloria. Si tratta di realizzare la vita come
dono, come celebrazione, nella massima espressività dell'amore, che diventa
coro unanime e concorde nella Chiesa. Bisogna superare il rapporto d i lavo-
ro esistente tra gli uomini e compiere una scelta preferenziale di Dio, ac-
cettando di vivere da figli e riservandoci quel giorno di comunione che è
la Domenica, la quale "dà senso" alla settimana e la compie nella glorifi-
cazione d i Dio. "Voi infatti siete morti e la vostra vita è ormai nascosta
con Cristo in Dio! Quando si manifesterà Cristo, la vostra vita, allora an-
che voi sarete manifestati con lui nella gloria"(Col 3,3-4).
L'accordo avviene nella "riconoscenza", "ringraziando con gioia il Pa-
dre che ci ha messi in grado di partecipare alla sorte dei santi nella lu-
ce" (Col 1,12). La lode è il vertice della conoscenza d'amore e il fiore
più perfetto della riconoscenza come restituzione a Dio della gloria che
egli ha rivelato in noi e nell'universo, affinché possiamo glorificarlo.
Lodando il Signore, si viene rigenerati nella fonte della luce e continua-
mente si riceve la vita come dono purissimo del Padre. Riconoscere il Pa-
dre e accettare il suo amore è la prima glorificazione.
"E' lui infatti che ci ha liberati dal potere delle tenebre e ci ha
trasferiti nel regno del suo Figlio diletto" (Col 1,13). Come oggetto della

162
sua compiacenza infinita, Egli ci raccoglie e custodisce, "trasferendoci"
nel suo Figlio diletto, nel suo corpo che è la Chiesa, regno del Figlio suo
che continuamente in noi viene.
"Per opera del quale abbiamo la redenzione, la remissione dei peccati"
(Col 1,14). Il dono del Figlio è "pace e riconciliazione" (cf. Qv 20,19-
23), che ci edifica tutti insieme, nell'unità del suo corpo, che è la Chie-
sa (cf. Ef 2,13-18), permettendoci di ritornare, riconciliati, al Padre.
"Per mezzo di lui possiamo presentarci, gli uni e gli altri, al Padre in
un solo Spirito" (Ef 2,18). La riconciliazione ci rivela la misericordia
di Dio, come arte divina della premozione umana.
"Egli è l'immagine del Dio invisibile, generato prima di ogni creatura;
poiché per mezzo di lui sono state create tutte le cose, quelle nei cieli
e quelle sulla terra, quelle visibili e quelle invisibili: Troni, Domina-
zioni, Principati e Potestà. Tutte le cose sono state create per mezzo di
lui e in vista di lui. Egli è prima di tutte le cose e tutte in lui sussi-
stono. Egli è anche il capo del corpo, cioè della Chiesa; il principio, il
primogenito di coloro che risuscitano dai morti" (Col 1,15-18a).
Si tratta di una immissione totale nel Regno della gloria del Figlio:
cielo e terra hanno in lui la "immagine", il "senso", la "vita", secondo
la pienezza del suo amore. Angeli e uomini stanno al vertice di questa rea-
lizzazione d'amore, poiché sono creati direttamente nell'unità della "Imma-
gine" ossia nel Figlio, dal Figlio e per il Figlio, per amare il Padre con
lo stesso amore e rendergli la stessa gloria, venendo così in lui anche
glorificati. La glorificazione di Dio nel Figlio e come il Figlio diventa
quindi il compito specifico e primario della Chiesa, che è il suo corpo,
la missione di quanti non sono più morenti, ma, in virtù del Battesimo, già
risorti e viventi in Cristo. E' il fascino irresistibile della fede che ci
introduce nella festa del Regno di Dio, facendocene pregustare la dolcezza.
Il Serafico Padre Francesco esprime questa sublime realtà ecclesiale
nella V Ammonizione, descrivendone la dimensione di immagine non solo se-
condo lo! spirito, ma secondo il corpo. La forza raggiante dell'immagine di
Cristo diventa il dinamismo della comunione che raccoglie tutti e tutto
nell'unità della sua lode di gloria. Accettare di essere in Cristo, nella
piena dimensione dell'immagine significa diventare a lui simili non solo
ccme singolo, ma come "corpo", ccme Chiesa, che ne esprime la pienezza, os-
sia ccme "Vergine che diventa Chiesa", generando a Dio i figli del Regno,
finché in lei si compiano tutti i misteri di Cristo.
E' quanto divenne evidente in S . Francesco nel miracolo folgorante del-
le Stimmate. Egli venne rivelato in Cristo, nella conformazione piena del
corpo divenuto conforme alla sua morte per rivelarne la sua risurrezione.
E' l'immagine del Cristo risorto che appare in lui fulgente per effondere

163
la pienezza dello Spirito Santo, rendendolo definitivamente "chiesa", ossia
"suo corpo, pienezza di colui che si realizza pienamente in tutte le cose"
(Ef 1,23). Siamo ai vertici delle rivelazioni di fede, quando la gloria del
corpo glorioso di Cristo appare nel corpo mortale di Francesco, trasferito
nei cieli, espresso nel fulgore del primo amore del Padre, che si compiace
di rivelare in lui il suo Figlio, sigillato nella bellezza incorruttibile
della santità di Dio.
Ed è qui che l'anelito missionario del Santo trova la sua ispirazione
ideale. Egli vuole che tutti i popoli glorifichino il nome del Signore,
partecipando alla pienezza del Corpo di Cristo che è la Chiesa. La glori-
ficazione piena presuppone la conoscenza del Vangelo e questa è possibile
solamente mediante la missione. Per questo il Santo va in missione e manda
i suoi frati in missione (11a), affinché Gesù Cristo ottenga "il primato
su tutte le cose" (Col 1,18b) e sia davvero il Signore, il centro del cosmo
e della storia.
"Perché piacque a Dio di far abitare in lui ogni pienezza e per mezzo
di lui riconciliare a sé tutte le cose, rappacificando con il sangue della
sua croce, cioè per mezzo di lui, le cose che stanno sulla terra e quelle
nei cieli" (Col 1,19-20).
Si tratta di quell'effusione di vita che porta il segno dell'amore del
Figlio, che esprime al Padre la sua compiacenza, donando il suo corpo ccme
prezzo della sua gloria e non trovando altra gloria al di fuori di lui, co-
me risulta dalla preghiera sacerdotale riportata da S . Giovanni nel cap.
17 del suo Vangelo. L'anelito dell'unità pervade tutta quella solenne li-
turgia di lode, quell'Eucaristia espressa nella piena compiacenza del Pa-
dre, unita alla preghiera che genera in noi l'unità, rendendoci quel "se-
gno", quel "sacramento" di unità e di pace", quell'eucaristia, , per cui
"il mondo crede" e confessa che è lui il Signore (cf. Gv 17,21). La glori-
ficazione del Signore gli permette di apparire in mezzo ai suoi discepoli,
come nei primi incontri pasquali, per edificarli tutti nella pace e donare
loro il suo Spirito (cf. Gv 20,19-21), anzi permettendo loro di effondere
lo Spirito, essendo diventati in lui una sola cosa. La glorificazione coin-
volge tutta la persona del credente e tutta la realtà creata, ricongiungen-
do cielo e terra, ossia rivelando il volto cristiano dell'uomo e la dimen-
sione cristologica dell'universo.
Ancor più di S . Francesco, Chiara diventa la glorificatrice cosmica del
Signore risorto, in virtù della sua pura contemplazione, che tutta la rapi-
sce nella visione del Signore e nella rivelazione della sua gloria. Dalla
Lettera Quarta alla Beata Agnese possiamo recepire il ritmo adorante della

Ila) RegB 12,1 : FF 107; R e g N B 16,3 : FF 42.

164
sua glorificazione, che introduce la B . Agnese nella stessa sfera di glo-
rificazione cosmica del Signore della gloria. Si tratta di una partecipa-
zione del frutto più squisito della sua consacrazione d'amore nella clausu-
ra, che la custodisce nell'intimità del Signore, concedendole il n a s s i ™
raccoglimento dell'essere e la più pura irradiazione della gloria divina
che dal suo cuore rifulge sul volto di Cristo (cf. 2 Cor 4,6) configurando^
la a lui pienamente (cf. 2 Cor 3,18) in virtù del suo Spirito. Si tratta
della Vergine fatta Chiesa di cui parla Francesco nella sua contemplazione
della Vergine Maria.

"E poiché questa visione di lui è '"splendore dell'eterna gloria" (Et


1 , 3 ) c h i a r o r e
' della luce perenne e specchio senza rracchia (Sap 7,26) ogni
giorno porta l'anima tua, o regina, sposa di Gesù Cristo (cf. 2 Cor'11 2)
m questo specchio e scruta in esso c o n t i n u a n t e il tuo volto, perché'tu
possa così adornarti tutta all'interno e all'esterno, vestita e circondata
d l VaPieta ( S a l 4 4
- '10)' e
sii adorna dei variopinti fiori di t u t t T I T ^ Ù
e ancora di vesti splendenti, quali convengono alla figlia e sposa del soiv-
mo Re.
In questo specchio (della contemplazione della Chiesa che risplende nel
cielo) poi rifulgono la beata povertà, la santa umiltà e l'ineffabile cari-
tà; e questo tu potrai contemplare, con la grazia di Dio, diffuso su tutta
la superficie dello specchio... Perciò è lo stesso specchio che, dall'alto
del legno della croce, rivolge ai passanti la sua voce perché si fermino a
meditare: '0 voi tutti, che sulla strada passate, fermatevi a vedere se e-
siste un dolore simile al mio' (Lam 1,12); e rispondiamo, dico a Lui che
chiama e geme, ad una voce e con un solo cuore: 'Won m i abbandone~rè^i il
ricordo di te e si struggerà in me l'anima mia' (Lam 3,20). Lasciati, dun-
que, o regina sposa del celeste Re, bruciare sempre più fortemente da que-
sto ardore di carità" (12>.

E' lo Spirito Santo che introduce la Santa in questa piena confomazio-


ne a Cristo ccme rivelazione della sua gloria, divenuta presente in quella
"«noria celebrativa che raccoglie e consacra anche il suo corpo, ossia tut-
ta la dimensione della corporeità sia personale che sociale e cosmica.
Nella Terza Lettera alla B . Agnese, Chiara parla del tesori incompara-
bile, nascosto nel campo del mondo e nei cuori urani, ossia d i quella glc^
ria mirabile del Figlio di Dio, che essa è chiamata a rivelare.
"E ti ammiro ancora stringere a te, mediante l'umiltà, con la forza
della fede e le braccia della povertà, il tesori incomparabile, nascosto
nel campo del rondo e dei cuori urani, col quale si compra Colui che dal
nulla trasse tutte le cose (cf. Gv 1,3); e, per avvalermi delle parale me-

12) 4LAgn 14-26 : FF 2902-2904.

165
desime dell'Apostolo, ti stimo collaboratrice (cf. 1 Cor 3,9; Ffrn 16,3) di
Dio stesso e sostegno delle membra deboli e vacillanti del suo ineffabile
Corpo" (13).
La contemplazione diventa quindi la più sublime edificazione della
Chiesa ai vertici consacranti e radiosi della gloria rivelata del Signore.
Come la donna sterile della Bibbia, le vergini contemplative generano a Dio
molti figli, rierrpiendo gli spazi del cielo, ossia rivelando la Chiesa che
scende dal cielo, edificando così il Regno dei cieli. Tutto il mondo diven-
ta lo spazio di rivelazione della gloria divina, raccolta e custodita nello
specchio casto e verginale del corpo, divenuto veramente corpo di Cristo,che
è la Chiesa. Quel rapimento della contemplativa diventa il massimo racco-
glimento dell'essere e la più preziosa lode di gloria dello Sposo, che in-
troduce la creatura mortale, restaurata nella sua immagine di creatura di
Dio, nella festa radiosa del Regno di Dio.
"Colloca i tuoi occhi davanti allo specchio dell'eternità, colloca la
tua anina nello splendore della gloria (=in Cristo, cf. Eb 1,3), colloca
il tuo cuore in Colui che è figura della divina sostanza, e trasformati
(cf. 2 Cor 3,18) interamente, per mezzo della contemplazione, nella immagi-
ne della divinità di Lui. Allora anche tu proverai ciò che è riservato ai
suoi amici, e gusterai la segreta dolcezza (cf. Sai 30,20) che Dio medesimo
ha riservato fin dall'inizio per coloro che l'amano. Senza concedere neppu-
re uno sguardo alle seduzioni, che in questo mondo fallace e irrequieto
tendono lacci ai ciechi che vi attaccano il cuore, con tutta te stessa ama
Colui che per amor tuo tutto si è donato" (14).
Più la vita è raccolta in Dio, più essa è consacrata dall'amore, tanto
maggiormente si accresce la capacità di percezione e di manifestazione del-
la gloria di Dio. La contemplazione diventa così un puro immergersi nella
luce radiosa del sole, che vide ascendere al cielo il Primo dei Risorti.
A questo vertice di intemerata bellezza può giungere solamente chi ha il
coraggio e la grazia di poter vivere solamente del Signore e per il Signo-
re anche nella concretezza "corporale" di un eremo che custodisce il miste-
ro dell'amore o di una clausura, che ne consacra l'intimità divina. E' al-
lora che la creatura diventa pienamente serena come un cielo di rivelazione
della gloria di Dio.
"Sì, perché è ornai chiaro che l'anima dell'uomo fedele, che è la più
degna tra tutte le creature, è resa dalla grazia di Dio più grande del cie-
lo. Mentre, infatti, i cieli con tutte le cose create non possono contenere
il Creatore (cf. 1 Re 8,27; 2 Cor 2,5), l'anima fedele invece, ed essa so-

13) 3LAgn 7-8 : FF 2885-2886.

14) 3LAgn 12-15 : FF 2888-2889.

166
la, è sua dimora e soggiorno, e ciò soltanto a motivo della carità, di cui
gli empi sono privi (cf. Gv 14,23). E' la stessa Verità che lo afferma:
"Colui che m i ama, sarà amato dal Padre mio, e io pure l'amerò; e noi ver-
remo a lui e porremo in lui la nostra dimora" (Gv 14,21-23) (15).
E' un bellissimo commento al canto del Serafico Padre alla Vergine Ma-
ria, la quale, in virtù della "consacrazione" della Trinità, è la Vergine
fatta Chiesa, nella quale lo Spirito Santo consacra ed accoglie il Signore
della gloria, rendendola sua dimora, sua veste, sua Madre.
Si tratta di "vedere il Signore" e di permettergli di essere il Signore
come unico nostro bene, nel nostro cuore e nell'universo. Solo allora la
gloria di Dio rifulge e il segno della Chiesa diventa fulgente ccme segnale
dei popoli in cammino verso Cristo e delle creature tutte protese verso
quella piena liberazione dei figli di Dio, che le ristabilisce nella loro
dignità e bellezza originali, come risonanza e rivelazione della gloria del
Signore.
La creatura raggiunge ora la massima capacità espressiva e anche la
massima potenza recettiva, entrando nella pienezza della grazia, nella pie-
nezza della gloria, nel compimento della "pienezza di Cristo", di modo che
"per mezzo di lui possiamo presentarci, gli uni e gli altri, al Padre in
un solo Spirito" (Ef 2,18), secondo l'espressione felice della 2 Cor 1,20:
"Per questo sempre attraverso lui, sale a Dio il nostro M e n per la sua glo-
ria". La lode concorde dei molti che diventano uno in Cristo compie il cir-
colo dell'amore trinitario che ricompone la mirabile unità della sua pura
fonte sorgiva (cf. Gv 17,21). Essi realizzano il testamento spirituale di
Gesù e colgono il frutto maturo della sua preghiera al Padre: "Padre, vo-
glio che anche quelli che mi hai dato, siano con me, dove sono io, (= nel
mio cielo, nel Regno dei cieli!), perché contemplino la mia gloria, quella
che mi hai dato" (Gv 17,24).

'"L'anima unita e trasformata in Dio vive in Dio e per Dio e riflette


verso di lui lo stesso impulso vitale che egli le trasmette. E' ciò che ha
inteso dire, penso, S . Paolo quando scrisse: 'E che voi siete figli ne è
prova il fatto che Dio ha mandato nei nostri cuori lo Spirito del suo Fi-
glio che grida: Abbà, Padre (Gal 4,6)' ...Non bisogna ritenere impossibi-
le che nell'anima avvenga una cosa tanto sublime. Infatti quando Dio le fa
la grazia di giungere ad essere deiforme e unita con la Santissima Trinità,
essa diventa Dio per partecipazione. Allora si rende possibile nell'anima
un'altra vita intellettiva, conoscitiva e caritativa, realizzata nella Tri-
nità. ...Si può solo dimostrare che il Figlio di Dio ci ottenne uno stato
tanto sublime e ci meritò di poter essere figli di Dio e lo chiese al Padre

15) 3LAgn 21-23 : FF 2892.

167
dicendo: 'Padre, voglio che anche quelli che mi hai dato, siano con me, do-
ve sono io, perché contemplino la mia gloria, quella che mi hai dato' (Gv
17,24), vale a dire che per partecipazione compiano in noi la stessa opera
che io compio per natura, cioè quella di spirare lo Spirito Santo (si pensi
all' immagine di Pentecoste, che abbiamo presentato il primo giorno!).
"Disse anche: 'Non prego solo per questi, ma sinché per quelli che per
la loro parola crederanno in me: perché tutti siano una cosa sola. Come tu,
Padre, sei in me e io in te, anch'essi siano in noi una cosa sola, perché
il mondo creda che tu m i hai mandato. E la gloria che tu mi hai dato, io
l'ho data a loro, perché siano come noi una cosa sola. Io in loro e tu in
me, perché siano perfetti nell'unità e il mondo sappia che tu mi hai trancia-
to e li hai amati ccme hai amato me' (Gv 17,20-22). Dio quindi ha comunica-
to loro lo stesso amore che al Figlio, e ciò non per natura come al Figlio,
ma per unione e per trasformazione d'amore. Il Figlio chiede al Padre che
gli eletti siano una cosa sola non ccme unica essenza e natura ccme lo sono
il Padre e il Figlio, ma nel senso di un'unione d'amore, ccme il Padre e
il Figlio vivono in un'unione d'amoré" (16).
La creatura raggiunge il vertice della sua vocazione esistenziale dive-
nendo quello che è: "immagine di Dio, nella dimensione del corpo di Cristo
che è la Chiesa.
"A quel modo, dunque, che la gloriosa Vergine delle Vergini portò Cri-
sto materialmente nel suo grembo, tu pure, seguendo le sue vestigia (cf.
1 Pt 2,21) specialmente dell'umiltà e povertà di lui, puoi sempre, senza
alcun dubbio, portarlo spiritualmente nel tuo corpo casto e verginale. E
conterrai in te Colui dal quale tu e tutte le creature sono contenute (cf.
Sap 1,7; Col 1,17), e possederai ciò che è bene più duraturo e definitivo
anche a paragone di tutti gli altri possessi transeunti di questo mondo"(17).
La contemplativa, che vive nella nuda povertà e nella pura e santa sem-
plicità, totalmente rivolta alla glorificazione di Dio nel suo cuore e nel-
l'universo che ella raccoglie e restituisce a Dio come lode di gloria, non
solo è collaboratrice di Dio nel generare i figli per il suo Regno, ma è,
come Maria, spiritualmente madre di Gesù Cristo medesimo e dimora della
Trinità.
In questa piena comunione d'amore che rigenera e sigilla la creatura
nella bellezza della santità di Dio, fiorisce e si compie sulla terra la
Chiesa, che continuamente "fa memoria" del Signore. Anzi ogni memoria urta-
rla diventa, in virtù di questo rapporto unificante dello Spirito di Dio,
una "eucaristia", una grazia unificante e rivelatrice dell'unità dei figli

16) S . G I O V A N N I DELLA CROCE, Lezione del B r e v i a r i o , al 14 dicembre.

17) 3LAgn 24-26 : FF 2893.

168
di Dio. Per questo S . Chiara scrive alla R ^
A 0 n e S e :
templazione, abbi remoria del!, , 1 a questa con-
. «juì memoria della tua madre ooverpTla h*^ ^
io porto il tuo caro • Poverella, ben sapendo che anche

zione di Gesù Cristo " e l i c i l a c o r r u t t i b i l e delia risurr*-

sto con la stessa intensità della J 2 ^ ' " ^

» -il: z z r z z d?r,1 —- - —

rXirT'^tTde^ 6 — ^
centro e il vertice ridila particolare l'amore e il
* OU, .ria
P l
produce in modo eminente l ' i t i n e di D i o e d è l ^ ^ "
lo con intensità i n c o m p a ^ T c ^ C ^ ^ T ^ "
t - n t i . E' l'unica ancella del S i g n o T c f * T S ' ^ ° ^
S U 0
libero e personale risponde a l l ' à m ^ n ^ ^
le comanda. Come q u e l l a ^ * £ ^ " T * ^ ^ ^
— , è grazia e dono^di Dio; V Z ^ Z i T
la sua libertà, la libertà di S c o l a t a lì ! ^
con Maria l'amore non , . 1 J j T r n a c o l a t a - A l l ' u n i o n e dello Spirito & n t o
aria, i amore non congiunge soltanto queste due persone ™ t •
amore e tutto amore della Santissima f r i n i i merrtrTtt ^
^ n i a , e tutto l'amore della creazione e t k T Z l 'q U 6 l l ° *
unisce alla terra tuttn t - , tele u n i o n e
H Cielo si

U
risposta di Maria è quella dell'intera uranità" (19).
/

3
' I\C"tte Te del1" 'aeitolglga^ncrlg.
a i t u t t e le c o s e : inno e u c a r i s t i c o c o - J ^ T

«J: ; icrr11
- n » nei de^li esseni, . r a n c a s i £ ~ ~

18) 4LAgn 33-34 : FF 2907.


19)|GIOVANNI PAOLO II, Omelia in S Mari* « •
M a r l a
- " "aggio™. 8 die. 1982.

169
tenerezza fraterna e materna insieme, di modo che ogni creatura si riconci-
lia in lui al suo Creatore e rifulge nella sua originale dignità e bellez-
za, ccme lode di gloria divina.
Per la sua esperienza cristiana l'universo intero diventa il grande li-
bro nel quale si dispiega e rifulge la sapienza del Creatore, al quale il
Santo intona il suo inno di riconoscenza. Il suo rapporto è un rapporto
pieno di delicatezza, di riverenza e grande amore. E' il luogo in cui egli
realizza la scelta preferenziale di Dio, vincendo il maligno e contemplando
le creature di Dio come "specchio tersissimo della sua bontà" (20).
Per lui il cielo si apre e la verità delle cose e delle persone diventa
palese. La visione del Signore fa di ogni incontro con le creature una ce-
lebrazione pasquale e quindi una celebrazione del Regno di Dio nel mistero
della Chiesa.
"In ogni opera loda l'Artefice; tutto ciò che trova nelle creature lo
riferisce al Creatore (cf. Sap 7,26). Esulta di gioia / in tutte le opere
delle mani del Signore (cf. Sap 8,6 e Sai 91,5), e attraverso questa visio-
ne letificante intuisce la causa e la ragione che le vivifica. Nelle cose
belle riconosce la Bellezza Somma, e da tutto ciò che per lui è buono (cf.
Gen 1,31) sale un grido: "Chi ci ha creati è infinitamente buono". Attra-
verso le orme impresse nella natura, segue ovunque il Diletto e si fa scala
di ogni cosa per giungere al suo trono (cf. Ct 5,17; Gb 23,3).
Abbraccia tutti gli esseri creati con un amore e una devozione quale
non si era mai udita, parlando loro del Signore ed esortandoli alla sua lo-
de. ...Quella Bontà "fontale" che un giorno sarà tutto in tutti (cf. 1 Cor
12,6), a questo Santo appariva chiaramente fin d'allora ccme il tutto in
tutte le cose" ( 21).
La significazione delle creature diventa irradiazione della sapienza
divina e quindi accensione nel suo cuore di quell'immenso amore che lo ri-
collegava mediante la lode e la riconoscenza a Dio, alla vista di quelle
meraviglie da Lui operate. La percezione Ideila presenza del Signore diventa
per lui l'elemento unificante, il vigore rigenerante e la forza di coesione
di tutte le cose. Dal momento in cui egli ha trovato l'unità della sua vita
in Cristo, anche il creato diventa intelligibile e in esso traspare il vol-
to sereno della Chiesa, che in esso realizza il compimento della salvezza,
nella mediazione dei segni sacramentali nell'esercizio del ministero della
lode divina.
Gesù Cristo diventa visibile nel creato e traspare da tutte le creatu-
re, che ne esprimono la gloria. "Ogni creatura è parola di Dio, una parola

20) 2 Cel 165 : FF 750.


21) 2 Cel 165 : FF 750.
stupenda che il cuore percepisce e l'occhio contempla" (22). Cosi S . Bona-
ventura interpreta da teologo l'esperienza di Francesco: ' S t e m p i a v a , nel-
le cose belle, il Bellissimo e, seguendo le orme (cf. Gb 23,11) impresse
nelle creature, inseguiva (cf. et 5,17) dovunque il Diletto. Di tutte le
cose si faceva una scala per salire ad afferrare Colui che è tutto deside-
rabile (Ct 5,16).

Con il fervore di una devozione inaudita, in ciascuna delle creature,


come in un ruscello, delibava quella Bontà fontale, e le esortava dolcenerJ-
te, al modo di Davide profeta, alla lode di Dio, perché avvertiva cane un
concento celeste nella consonanza delle varie doti e attitudini che Dio ha
loro conferito" (23).

E' in questo clima "liturgico" che risuona il Cantico delle Creature,


quasi preannuncio della gloria del Regno di Dio, che a Francesco è dato per
un istante di contemplare.
Il momento è segnato da una grande croce, che affligge il suo povero
corpo e gli rende penoso ogni contatto con il creato. Anche la luce diventa
insopportabile ai suoi occhi che stanno per spegnersi, logorati dalla ma-
lattia. E' l'esperienza del passaggio "da questo mondo al Padre" (cf. Gv
13,1ss. ), un'esperienza pasquale. Dapprima il senso della rrorte, dopo cin-
quanta giorni di intensa sofferenza e tentazione e finalmente, di buon rat-
tino, la premessa del Signore, l'accoglienza nel suo Regno di luce incor-
ruttibile. Può quindi venire chiamato il Canto della speranza cristiana,
che si ancora nella patria dell'amore perfetto e già degusta le gioie ini
corruttibili della visione del Signore. E' il canto nuovo che risuona nei
cieli (cf. A p 5,9).
'Uia notte, essendo sfinito più del solito per le gravi e diverse mole-
stie delle sue malattie, cominciò nell'intimo del suo cuore ad avere com-
passione di se stesso. Ma, affinché lo spirito sanpre pronto (cf. Mt 26,41)
non provasse, neppjre per un istante, alcuna debolezza urana per il co'rpo,
invocò Cristo e col suo aiuto tenne saldo lo scudo della pazienza. Mentre
pregava cosi impegnato in questa lotta, il Signore gli promise la vita e-
terna con questa s i m i l i t u d i n e : ' ~~ " '
"Supponi che la terra e l'universo intiero sia oro prezioso di valore
inestimabile e che, tolto ogni dolore, ti venga dato per le tue gravi sof-
f 6 r e n z e u n
tesoro di tanta gloria che, a suo confronto, sia un niente l'oro
predetto, neppure degno di essere nominato; non saresti tu contento e non
sopporteresti volentieri questi dolori rrementanei?". "Certo sarei contento
- rispose il Santo - e sarei contento smisuratamente!".

22) S . BONAVENTURA, Commentarius in E c c l e s i a s t e n . P r o e m . , q . l - V I 6b


23) LegM 9,1 : FF 1162.

171
"Esulta, dunque, - concluse il Signore - perché la tua infermità è ca-
parra del mio regno e per merito della pazienza devi aspettarti con sicu-
rezza e certezza di aver parte allo stesso regno (cf. Ef 5,5)".
...In quella circostanza compose alcune Lodi delle creature, in cui le
invita a lodare, come è loro possibile, il Creatore" (24).
La Leggenda Perugina completa il racconto del Celano, dopo aver ricor-
dato che Gesù dà a Francesco il nome di "fratello". "Sì, io devo molto go-
dere adesso in mezzo ai miei mali e dolori, e trovare conforto nel Signore,
e rendere grazie sempre a Dio Padre, all'unico suo Figlio, il Signore no-
stro Gesù Cristo e allo Spirito Santo, per la grazia e la benedizione così
grande che mi è stata elargita; egli infatti si è degnato nella sua miseri-
cordia di donare a me, suo piccolo servo indegno ancora vivente quaggiù,
la certezza di possedere il suo Regno.
Voglio quindi, a lode di Lui e a mia consolazione e per edificazione
del prossimo, comporre una nuova Lauda del Signore per le sue creature. O -
gni giorno usiamo delle creature e senza di loro non possiamo vivere, e in
esse il genere urano molto offende il Creatore. E ogni giorno ci mostriamo
ingrati per questo grande beneficio, e non ne diamo lode, come dovremmo,
al nostro Creatore e datore di ogni bene" (25 ).
Si aggiunge pure la motivazione della strofa del Perdono, accentuando
l'aspetto di incontro pasquale del Poverello non solamente con le Creature
ma soprattutto con gli ucmini. Al suo canto si riconciliano gli uomini, in-
tonati con lui nella liturgia di lode del Creatore, resi "uno" in Cristo,
per la mediazione del suo servo Francesco. La pura lode di gloria purifica
e risana, riconciliando i cuori.
"Andate e cantate il Cantico di frate Sole alla presenza del vescovo
e del podestà e degli altri che sono là presenti. Ho fiducia nel Signore
che renderà unili i loro cuori, e faranno pace e torneranno all'amicizia
e all'affetto di prima".
CXando tutti furono riuniti nello spiazzo interno del chiostro dell'e-
piscopio, quei due frati si alzarono e uno disse: "Francesco ha composto
durante la sua infermità le Laudi del Signore per le sue creature, a lode
di Dio e ad edificazione del prossimo (continua a restaurare la Chiesa,
fatta di pietre vive, edificandola con la lode divina!). Vi prego che stia-
te ad udirle con devozione". Così incominciarono a cantarle. Il podestà si
levò subito in piedi, e a mani giunte, come si fa durante la lettura del
Vangelo (Francesco era ormai diventato tutto "risonanza" della Parola di
Dio), pieno di viva devozione, anzi tutto in lacrime, stette ad ascoltare

24) 2 Cel 213 : FF 202-203.

25) LeggPer 43 : FF 1591.

172
attentamente. Egli aveva infatti molta fede e venerazione per Francesco.
Finito il Cantico, il podestà disse davanti a tutti i convenuti: "Vi
dico in verità, che non solo a messer Vescovo, che devo considerare mio si-
gnore, ma sarei disposto a perdonare anche a chi mi avesse assassinato il
fratello o il figlio". Indi si gettò ai piedi del Vescovo, dicendogli: "Per
amore del Signore nostro Gesù Cristo e del suo servo Francesco, ecccmi
pronto a soddisfarvi in tutto, ccme a voi piacerà". Il Vescovo lo prese fra
le braccia, si alzò e gli rispose: "Per la carica che ricopro dovrei essere
unile. Purtroppo ho un temperamento portato all'ira. Ti prego di perdonar-
mi". E cosi i due si abbracciarono e baciarono con molta cordialità e af-
fetto" (26,.
Non è una solenne liturgia della parola,jche celebra la riconciliazione
di ucmini e cose, dell'universo intero, in vista della sola pace dell'amo-
re? E non si manifesta in questa radiosa celebrazione il vigore e la po-
tenza della lode di Dio? Non appare anche uno stile cristiano di incontrare
le creature e gli uomini, apprezzando in essi la grazia di Dio e lodando
il bene, da veri figli di Dio, figli della luce?

(*jel Cantico di lode diventa un vero canto della vocazione cristiana


e un inno che consacra a Dio nella Chiesa, quante sono convocate dalla Fe-
rola di Dio. Alludo al Cantico per le Clarisse, che il Serafico Padre com-
pose, mettendo in luce la loro .presenza edificante nella Chiesa, "sempre
in quei giorni e nello stesso luogo".
"In esso, Francesco si proponeva di manifestare alle sorelle, allora
e per sempre, il suo ideale: che cioè fossero un solo cuore nella carità
(non è questo il senso della Chiesa?) e convivenza fraterna, poiché quando
i frati erano ancora pochi, esse si erano convertite a Cristo, dietro l'e-
sempio e i consigli di lui, Francesco. La loro conversione e santa vita è
gloria ed edificazione non solo dell'Ordine dei frati, di cui sono pianti-
cella, ma anche di tutta la Chiesa di Dio... Perciò in quel canto le prega-
va perché, dal momento che il Signore le aveva riunite da molte parti nella
santa carità, nella santa povertà e nella santa obbedienza, continuassero
a vivere e morire in queste virtù. E raccomandava specialmente che, usando
le elemosine che il Signore inviava loro, provvedessero con gioia e grati-
t u d i n e a l l e
necessità dei loro corpi, e che le sorelle sane portassero pa-
zienza nei travagli che duravano per curare le ammalate, e queste fossero
pazienti nelle infermità e privazioni che pativano" (27,).
Leggiamo ora il testo del Cantico delle Creature (28):

26) LeggPer 44 : FF 1593.

27) LeggPer 45 : FF 1594.

28) Cant 1 - 1 5 : FF 263.

173
Altissimo, onnipotente, bon Signore,
tue so le laude, la gloria e l'onore e onne benedizione.
A te solo, Altissimo, se confano
e nullo omo è digno te mentovare.
Laudato sie, mi Signore, cun tutte le tue creature,
spezialmente messer lo frate Sole,
lo quale è iorno, e allumini noi per lui.
Ed elio è bello e radiante cun grande splendore:
de te, Altissimo, porta significazione.
Laudato si, mi Signore, per sora Luna e le Stelle:
in cielo l'hai formate clarite e preziose e belle.
Laudato si, mi Signore, per frate Vento,
e per Aere e Nubilo e Sereno e onne tempo,
per lo quale a le tue creature dai sustentamento.
Laudato si, mi Signore, per sor Acqua,
la quale è molto utile e umile e preziosa e casta.
Laudato si, mi Signore, per frate Foco,
per lo quale enn'allumini la nocte:
ed elio è bello e iocondo e robustoso e forte.
Laudato si, mi Signore, per sora nostra matre Terra,
la quale ne sostenta e governa,
e produce diversi fructi con coloriti fiori ed erba.
Laudato si, mi Signore, per quelli che perdonano
per lo tuo amore
e sostengo infirmitate e tribulazione.
Beati quelli che '1 sosterrano in pace,
ca da te, Altissimo, sirano incoronati.
Laudato si, mi Signore, per sora nostra Morte corporale,
da la quale nullo omo vivente po' scampare.
Guai a quelli che morranno ne le peccata mortali!
Beati quelli che troverà ne le tue sanctissime voluntati,
ca la morte seconda no li farrà male.
Laudate e benedicite mi Signore,
e rengraziate e serviteli cun grande umiltate.

Aggiungiamo la lettura delle Lodi per Ogni Ora, che costituiscono quasi
una liturgia cosmica, nell'intonazione corale dialogica e nella significa-
zione liturgico-teologica, ritmata dalle parole di Isaia, Daniele, dell'A-
pocalisse e del Te Deum (29).
Completiamo la sinfonia dell'amore con il Cantico della Vocazione: "Au-

29) LodOr 1 - 9 : FF 264.

174
dite, Poverelle", che soltanto ricordo, poiché 1'abbiano già considerato
insieme.
Si tratta di un mirabile inno di lode, che raccoglie non solamente l'u-
niverso, ma tutta la vita del cristiano e in particolar modo della "contem-
plativa" e ne fa una piena rivelazione della gloria di Dio nel tempio. Il
corpo consacrato diventa questo tempio vivo (cf. 1 Cor 6,19) dello Spirito,
consumato nell'unità, poiché "chi si unisce al Signore f o m a con lui un
solo spirito" (1 Cor 6,17). E' in tal senso che possiamo interpretare, irv
sieme al Celano, la visione di Francesco che viene accolto festosamente
in cielo: "In realtà sembrava a lui e a tutta quella folla che Cristo e
Francesco fossero una sola persona". Questa affermazione non può essere
giudicata temeraria da chi sa intendere bene, perché "chi aderisce a Dio
diventa un solo spirito" (1 Cor 6,17) con Lui e lo stesso Dio "sarà tutto
i n t U t t Ì
" (cf- 1 ^ 12
' 6 : 15,28)"(30). Sigillato nell'unità, egli aveva
e sperimentato il creato come lode di gloria divina; per questo non cessa
di risuonare la sua voce, che tutti ci intona nel suo Cantico di lode.
E' cosi che il Serafico Padre scopre e canta la verità delle Creature
nella sublime bellezza e santità rivelata in loro dal munifico Creatore,
come lode di gloria del Figlio suo Gesù Cristo.
Ciò che egli canta non è più l'apparenza che incatena e rende tristi
le creature, assoggettandole alla corrosione del tempo, bensì la verità
dell'amore che in esse ha celato Iddio, donandole munificamente alla vita.
In mezzo a questo creato, amato e riconosciuto ccme creatura di Dio
nella sua dignità di immagine, appare il Signore della gloria, mentre nel
cuore di Francesco s'innalza l'inno di lode e di riconoscenza. Egli non
vuole per sé le creature, ma le restituisce tutte a Dio come sua lode di
gloria. Egli diventa tutto un grazie, un grande inno di riconoscenza in
questo universo ripieno della gloria di Dio. Il mistero delle cose diventa
rivelazione dello splendido volto di Cristo e nelle persone, capaci di co-
noscerlo e di amarlo, egli edifica positivamente la Chiesa, mediante la ri-
conciliazione, il raccoglimento nell'unità della carità, attraverso il crx^
giuolo purificatore della croce che tutto ricollega a Dio, permettendo
l'ultimo passaggio che introduce nella festa del Regno, nella Pasqua radio-
sa del giorno del Signore.
Si compie così in Francesco quella "ricapitolazione in Cristo di tutte
le cose" (Ef 1,10), che gli permette di edificarle insieme nell'unità del
suo Corpo che è la Chiesa, rivelatole nel fulgore della sua gloria.

30) Audite Poverelle : FF pp. 2?39-v2240.

75
4. Le L o d i d i D i o A l t i s s i m o e il C a n t i c o d e i C a n t i c i d e i re-
denti come Eucaristia perenne.

Qui alla Verna S . Francesco viene sorpreso dalla rivelazione del Signo-
re nel suo corpo mortale e si ritrova in Cristo, immagine a Lui conforme,
ossia "somiglianza" secondo lo spirito. E' il secondo Adamo che in lui
prende forma e intona il canto definitivo della lode divina, non più come
morente, ma come "trasferito" in Cristo nel suo regno di luce infinita, in
virtù della compiacenza del Padre celeste, che lo "trasferisce nel regno
del suo Figlio diletto" (Col 1,13).
Il passaggio in Cristo è uria celebrazione pasquale che coinvolge piena-
mente il suo corpo e quindi realizza la pienezza della Chiesa come corpo di
Cristo, "compiendo nel suo corpo ciò che manca alla passione di Cristo per
il suo corpo che è la Chiesa" (cf. Col 1,24). Vive quindi intensissimamente
il mistero sponsale della Chiesa che entra nella festa del Regno di Dio. Il
passaggio conosce il più profondo dolore e il più intenso amore di cui è
capace il cuore della creatura, che, non avendo più "nulla di proprio sotto
il cielo" (31), ma soltanto "l'altissima povertà" di Cristo, entra in pos-
sesso di quel suo unico bene, di quella "porzione che vi (lo) conduce alla
terra dei viventi (cf. Sai 141,6)"(32), ossia entra nel cielo, nel Regno
dei cieli, permettendo ai cieli di aprirsi sulla terra e di rivelare in es-
sa il mistero della Chiesa (cf. Gv 1,51), tanto più che viene introdotto in
Cristo dal Serafino ardente, per la potente mediazione di S . Michele Arcan-
gelo, in cui onore stava celebrando la quaresima. Il motivo è teologicamen-
te palese, perché solo gli Angeli hanno la percezione perfetta dello Spiri-
to, essendo puri Spiriti. Essi soli possono quindi introdurre Francesco
nella conformazione piena della somiglianza secondo lo spirito della gloria
di Gesù Cristo. La conformazione piena di cui egli stesso parla, come di li-
na "speciale cognizione della sorrma sapienza" (33), diventa la sua nuova
forma di vita in Cristo. Egli realizza quindi, per grazia di una singolare
compiacenza del Padre, la perfetta conformazione al figlio suo secondo lo
Spirito, divenendo a sua volta capace di "effondere" lo Spirito nella sua
Chiesa, come scmmo glorificatore del Padre nel Figlio suo Gesù Cristo.
Leggiamo con devozione la preghiera di lode che egli compose, non sola-
mente per glorificare il Signore, ringraziandolo di quell'ultimo dono, ma
anche per "edificare" la Chiesa, per "restaurare", immettendo in lui quello
Spirito vivificante, di cui era stato riempito in Cristo, il suo fratello
Leone.

31) RegB 6,7 : FF 90.

32) RegB 6,6 : FF 90.

3 3 ) Am 5 , 6 : FF 154.

176
Le Lodi di Dio Altissimo (34) rappresentano quindi uno dei vertici del-
la lode di Dio, come trasferimento di tutta la persona, con tutti i suoi
sentimenti, ma anche con il suo corpo sia personale che "cosmico", nell'u-
nità dell'immagine originale e perfetta del Figlio, nel quale Francesco or-
mai si trova definitivamente sigillato dal mistero della croce. Francesco
non ha più nulla di proprio.
E' il canto del ritrovamento di Colui che è tutto desiderabile, che è
per Francesco il cielo, il Regno dei cieli, la piena beatitudine. I 32 "Tu"
segnano il ritmo del ritorno per rigenerarsi nella pura fonte sorgiva del-
l'amore della Trinità, ricondotto nel Figlio alla "semplice unità" (35).
come pura lode di gloria.
Questa intonazione di compiacenza divina diventa Benedizione per Frate
Leone, ossia "rivelazione" per lui del "volto" di Dio, nella mediazione del
suo corpo divenuto ormai "sacramento" di Cristo crocifisso e quindi sigillo
espressivo, ma anche impressivo dell'ultima verità dell'amore" (36). Tutta
la sua vita diventa cosi glorificazione dell'Altissimo e dono vivificante
per tutta la Chiesa: un'Eucaristia.
Vi è un altro canto solenne, di pieno trasferimento in Dio e quindi di
somma glorificazione, che raccoglie tutto l'universo nella piena compiacen-
za del Padre ccme sua pura lode di gloria: il cap. 23 della Regola non bol-
lata che è ccme un grande Canoné liturgico, che intona una Eucaristia co-
smica, che non ha l'eguale nella teologia cattolica (37).
Leggiamo insieme il testo, che ripropongo nella sua struttura di lode
perfetta: un'intonazione che si compiace dell'opera di Dio, esprimendo la
gioia che Dio sia Dio e ci abbia creati a immagine di Cristo, ponendoci in
paradiso; un inno all'opera della redenzione: "E ti rendiamo grazie, perché
ccme tu ci hai creati per mezzo del tuo Figlio, così per il vero e santo
tuo amore, col quale ci hai amato" (cf. Gv 17,26) hai fatto nascere lo
stesso vero Dio e vero ucmo dalla gloriosa sempre Vergine beatissima santa
Maria, e per la croce, il sangue e la morte di Lui ci hai voluti liberare
e redimere". Un canto di speranza: "E ti rendiamo grazie perché lo stesso
tuo Figlio ritornerà nella gloria...".
C'è un passaggio mirabile, che trasferisce la nostra lode inana nella
sfera stessa della Trinità: "E poiché tutti noi miseri e peccatori non sia-
mo degni di nominarti, supplici preghiamo che il Signore nostro Gesù Cristo
Figlio tuo diletto, nel quale ti sei compiaciuto (Mt 17,5), insieme con lo

34) LodAlt 1-13 : FF 2 6 1 . V e d i il t e s t o nella Lezione XIII, nota 59.

35) LCapFr 6,65 : FF 233.

36) BenFrLeo 1-4 : FF 362.


37) RegNB 23, 1-39 : FF 63-73.

177
Spirito Santo Paraclito ti renda grazie, cosi come a te piace, per ogni co-
sa, Lui che ti basta sempre in tutto e per il quale a noi hai fatto cose
tanto grandi. Alleluia".
E qui si apre la grande liturgia eucaristica della Chiesa, che tutta
viene raccolta e rigenerata in quella mirabile congiunzione tra cielo e
terra che si realizza mediante la croce pasquale di Cristo.
L'accordo avviene nei cieli, con l'invocazione della Vergine Maria e
di tutti i cori degli Angeli e le schiere dei Santi "che furono, sono e sa-
ranno, affinché rendano grazie a Te, sommo e vero Dio, eterno e vivo con il
Figlio tuo carissimo, Signore nostro Gesù Cristo e con lo Spirito Santo Pa-
raclito nei secoli dei secoli. Anen. Alleluia".
E intona il grande inno della Chiesa cattolica nella sua pienezza, che
abbraccia tutti i tempi, tutte le persone e tutti gli spazi dell'universo
per farne un'unica offerta di lode e un unico rendimento di grazie.
"E tutti coloro che vogliono servire al Signore Iddio nella santa Chie-
sa cattolica e apostolica: tutti gli ordini ecclesiastici: i sacerdoti, i
diaconi, suddiaconi,i accoliti, esorcisti, lettori, ostiari, e tutti i chie-
rici, tutti i religiosi, le religiose, tutti i fanciulli, i poveri e i mi-
seri, e i re e i principi, i lavoratori, i contadini, i servi e i padroni,
tutte le vergini, le vedove e le maritate, i laici, gli uomini, le donne,
tutti i bambini, gli adolescenti, i giovani, i vecchi, i sani, gli ammala-
ti, tutti i piccoli e i grandi, e tutti i popoli, le genti, le razze, le
lingue (Ap 7,9), tutte le nazioni e tutti gli uomini della terra, che sono
e che saranno, noi tutti frati minori, servi inutili (cf. Le 17,10), umil-
mente preghiamo e supplichiamo di perseverare nella vera fede e nella peni-
tenza, poiché diversamente nessuno' può essere salvo".
Il trasferimento in Dio in una sinfonia del desiderio avviene in un
crescendo vertiginoso nel vigore corale della totalità dell'amore. L'espe-
rienza del Serafino che rende ardenti e infiamma, diventa una spirale che
eleva e trasferisce nel cielo della santità di Dio, nel Santo dei Santi
delle contemplazioni dei Serafini, nel quale Dio appare nella sua gloria
(cf. Is 6,2ss.).
San Francesco non si stanca di ripetere "tutto", "sempre", "dovunque"
e non cessa di lodare Dio che "a noi ha dato tutto il corpo, tutta l'anima,
tutta la vita, che tutti ci ha creati e redenti".
Infine concentra in Dio tutto l'affetto del cuore e la potenza dell'a-
more, nel massimo raccoglimento dell'essere, che viene rapito in Dio e, su-
perando il travaglio della "Trinità", perviene alla semplice Unità del Pa-
dre, del Figlio e dello Spirito Santo.
Il compito dei frati minori è quello di intonare il grande inno della
vita, il canto della riconoscenza, accordandosi nella liturgia solenne del-

178
la Chiesa che fa di tutta l'umanità e di tutto l'universo un'unica perenne
lode di gloria.
"E ovunque, noi tutti, in ogni luogo, in ogni ora, in ogni tempo, ogni
giorno, senza cessare crediamo veramente e umilmente e teniamo nel cuore e
amiamo, onoriamo, adoriamo, serviamo, lodiamo e benediciamo, glorifichiamo
ed esaltiamo, magnifichiamo e ringraziamo l'altissimo e senno eterno Dio,
Trino ed Uno, Padre e Figlio e Spirito Santo, Creatore di tutte le cose,
Salvatore di chi opera e crede in Lui, di chi ama Lui: il quale, senza ini-
zio e senza fine, immutabile, invisibile, inenarrabile, ineffabile, incom-
prensibile e ininvestigabile, benedetto, degno di lode, glorioso, sopra-
esaltato, sublime, eccelso, soave, amabile, dilettevole e tutto sempre e
sopra tutte le cose è desiderabile dei secoli dei secoli".

Non rimane che la dossologia finale, che raccoglie tutta la voce nella
triplice lode dell'Unico Dio in Tre Persone, compiendo tutta la Chiesa nel
cielo della gloria: "Gloria al Padre, e al Figlio e allo Spirito Santo. Co-
me era in principio e ora e sempre e nei secoli dei secoli. Amen" (38).
In questo vertice divino di contemplazione adorante, la creatura morta-
le anticipa la realtà definitiva della beatitudine del Regno di Dio, rea-
lizzando la sua vocazione originale "nell'attesa della beata speranza e
della manifestazione della gloria del nostro grande Dio e salvatore Gesù
Cristo, il quale ha dato se stesso per noi, per riscattarci da ogni iniqui-
tà e formarsi un popolo puro che gli appartenga, zelante nelle opere buone"
(Tt 2,13-14). Quando il cuore è puro e la lode perfetta, si compie il mi-
stero del Regno, nel quale la creatura viene continuamente rigenerata nella
radiosa bellezza della santità di Dio, rigenerando in sé l'universo intero
nella serena pace dell'amore.
Anche il Serafico Padre non trova forma migliore per esprimersi, di
quella delle beatitudini: "Puri di cuore sono coloro che dispr*zzano le
cose terrene e cercano le celesti e non cessano "hai di adorare e di vedere
il Signore Dio vivo e vero con cuore ed animo puro" (cf. Mt 5,8)"(39). Per

38) Citazioni varie del cap. 23 della RegNB : FF 63-73.

3 9 ) Am 16,2 : FF 165. Così ci è p o s s i b i l e , pregando con F r a n c e s c o , contem-


plare il Padre, che è nei cieli: "negli Angeli e nei santi, illuminan-
doli a conoscere che tu, Signore, sei amore; inabitando in e s s i , pie-
nezza della loro gioia, poiché t u . S i g n o r e , sei il s o m m o Bene, eterno,
dal quale viene ogni b e n e , senza il q u a l e non vi è a l c u n bene", CommPa-
1
ter : FF 267. E interessante la s c e l t a del cielo nel suo rapporto
con l'altra beatitudine dei poveri, ai quali è promesso il Regno dei
cieli (cf. Mt 5,3), come appare da un'antica preghiera dei Chassidim:
"Cercavo una terra, una terra assai bella, dove non c'è dolore e mise-

179
questo ne fa l'invito pressante a tutto il creato: "E poiché patì tanto
per noi e ci gratificò di tanti doni e continuerà a gratificarcene per il
futuro, ogni creatura che è in cielo e in terra e nel mare e nella profon-
dità degli abissi, renda a Dio lode, gloria e onore e benedizione (Ap 5 ,
13), poiché egli è la nostra virtù e la nostra forza. Egli che solo è buono
(Le 18,19), che solo è altissimo, che solo è onnipotente e ammirabile, glo-
rioso e santo, degno di lode e benedetto per gli infiniti secoli dei seco-
li. Anen" (40).
Il Serafico Padre ci lascia il mandato della lode di Dio: "Questa o
simile esortazione e lode tutti i miei frati, quando vogliono, possono ri-
volgere a ciascun uomo con la benedizione di Dio: "Temete e onorate, lodate
e benedite, ringraziate (1 Tm 5,18) e adorate il Signore Dio onnipotente
nella Trinità e nell'Unità, Padre e Figlio e Spirito Santo, creatore di
tutte le cose" (41).
Così i frati minori, da veri figli della grazia di Dio, compiono nella
glorificazione di Dio la preghiera del Serafico Padre: "Onnipotente, eter-
no, giusto e misericordioso Iddio, concedi a noi miseri di fare, per tua
grazia, ciò che sappiamo che tu vuoi, e di volere sempre ciò che ti piace,
affinché interiormente purificati, interiormente illuminati e accesi dal
fuoco dello Spirito Santo, possiamo seguire le orme del Figlio tuo, il Si-
gnor nostro Gesù Cristo, e a te, o Altissimo, giungere con l'aiuto della
tua sola grazia. Tu che vivi e regni glorioso nella Trinità perfetta e nel-
la semplice Unità, Dio onnipotente per tutti i secoli dei secoli. Amen."
(42)

ria: la t e r r a del cielo! Cercando questa terra, questa terra assai bel-
la, sono andato a bussare, pregando e piangendo, alla p o r t a del cielo...
( c f . Ap 4 , 1 ) . Una voce m i h a d e t t o , da d i e t r o a questa porta:1 Vattene,
vattene, perché io mi sono nascosto nei poveri'. Cercando questa terra,
questa terra assai bella, insieme coi p o v e r i , abbiamo trovato la porta
del c i e l o " , c i t . da B . F O R T E , T r i n i t à c o m e s t o r i a , EP 1985, 214.

4 0 ) Lf 10,61-62 : FF 202.

41) RegNB 21,1-2 : FF 55.

42) LettCapFr 6,62-65 : FF 233.

180
Conclusione

Se è vero che la cosa più bella di un'opera buona è sempre il suo


compimento, dovremmo rallegrarci di questi giorni dedicati alla cono-
scenza della Chiesa in S . Francesco e nella sua esperienza salutare, pro-
prio qui alla Verna, che è divenuta, in virtù della presenza del Santo e
dei suoi frati, un monte santo delle rivelazioni di Dio, un vertice d'in-
contro e di comunione.
Nelle gioiose celebrazioni eucaristiche e nell'intonazione corale delle
Lodi di Dio Altissimo ci siamo sintonizzati per qualche istante al ritmo
ardente della lode dei Serafini e portiamo in cuore la nostalgia del compi-
mento divino della nostra vocazione cristiana e religiosa, illuminandoci
ogni giorno nella speranza del Signore che viene a rivelare in noi il mi-
stero della sua Chiesa, per compiere in essa tutti i misteri del Regno di
Dio.
Ma anche la riflessione su qualche aspetto della teologia della Chiesa,
presente nell'esperienza cristiana di S . Francesco, di S . Chiara e di quel-
l'innumerevole schiera di pellegrini dell'amore che li hanno seguiti e an-
cora li seguono, come figli devoti della Chiesa, ci sprona a viverne più
intensamente il mistero e ad annunciarne più vigorosamente il messaggio:
"Cristo in voi, speranza della gloria" (Col 1,27). E' l'ultimo anelito del-
la Chiesa, divenuta "fedele", che attende il Signore della gloria e già
s'illumina trasfigurandosi nella sua presenza (cf. 1 Cor 16,11; Ap 22,20),
mentre ripete concorde nello Spirito, 'Vieni!" (Ap 22,17). Cosi la Chiesa,
corpo e pienezza di Gesù Cristo, si compie nella anticipata visione del
suo volto, nel mistero del Cristo velato anche dopo la sua glorificazione.
Essa comprende che quel velo può essere logorato dalla debolezza e fragili-
tà umana od offuscato dalla infedeltà di ogni singolo fedele. Eppure brilla
sempre la salvezza di Dio e trionfa la infinita misericordia, come arte
divina della premozione umana, come compimento "nel cielo", nel "Regno dei
cieli", della speranza dei poveri, che "sono contenti solo di Gesù Cristo
Altissimo e glorioso" (1).

La gioia del Regno di Dio già brilla in questa esperienza di fede e


prepara l'avvento del giorno del Signore, anticipandone, nel segno sacra-
mentale dell'unità e della pace, nel Sacramento dell'Eucarestia, la festa
che tutti fa vivere.
La totalità dell'essere diventa espressione della piena partecipazione
all'avvento del Regno di Dio e compimento divino di ogni vocazione umana.

1) LejP 67:FF 1619; Sgec 26:FF 1711.

181
La riconciliazione totale è l'ultimo anelito della Chiesa in cammino: pace
e rivelazione sono le sue note caratteristiche, mentre s'avvicina il tempo
di grazia per tutte le genti e si compie quella visione dell'Apocalisse
che contempla l'avvento dei popoli nell'unica dimora della pace e della
lode senza confini: "Cantavano un canto nuovo: 'Tu sei degno di prendere
il libro e di aprirne i sigilli, perché sei stato i/molato e hai riscattato
per Dio con il tuo sangue uomini di ogni tribù, lingua popolo e nazione
e li hai costituiti per il nostro Dio un Regno di sacerdoti e regneranno
sopra la terra' " (Ap 5,9-10).
L'apertura del cielo e l'esperienza salutare dell'Angelo, compiutasi
per S . Francesco nella conformazione mirabile al Serafino crocifisso e
quindi realizzata nella massima perfezione dell'amore, diventa un vertice
sublime di realizzazione della Chiesa nell'esperienza personale e comunita-
ria di vita. Significativo per noi rimane il fatto che tale compimento di-
vino faccia seguito all'approvazione della Regola da parte del Sommo Ponte-
fice Oiorio III, ossia dopo il 29 novembre 1223. L'esperienza delle Simmate
si compie verso la festa dell'Esaltazione della Santa Croce del 1224, du-
rante quella benedetta quaresima in onore dell'Arcangelo S . Michele che
introduce il Santo nella ultima esperienza del mistero della Chiesa, quel-
la della conformazione al Figlio di Dio crocifisso, mediante l'apertura
del cielo e la rivelazione della salvezza nel suo corpo mortale, divenuto
tutto rivelazione della pienezza di Cristo e quindi pienamente "Chiesa"
(cf.Ef 1,23).
Se con l'approvazione definitiva della Regola da parte del Papa si può
considerare la forma di vita francescana una vera fioritura d'amore nella
Chiesa e una manifestazione della multiforme grazia di Dio che in essa si
rivela ccme fulgore di gloria divina che splende sul volto di Cristo (cf
2 Cor 4,6), la piena configurazione di Francesco all'immagine del Figlio
di Dio crocifisso, passando per l'esperienza del Serafino ardente, permet-
te di contemplare in lui un compimento esemplare della dimensione contem-
plativa della Chiesa, la quale si illumina in Cristo e ne rivela la gloria
cf. 2 Cor 3,18), in virtù dello Spirito di Dio. Si compie allora in France-
sco l'opera di "restauratore" della Chiesa e diventa egli stesso Chiesa,
ossia rivelazione del Signore della gloria, divenuto per lui, in virtù di
quell'ultimo passaggio nel Serafino crocifisso, suo unico cielo e quindi
"Regno dei cieli" e dimora dell'eternità. Da quel cielo egli continua a
trasmettere il messaggio della speranza come beatitudine del Regno di Dio
che viene e il suo corpo diventa raggiante, segnato da quella grande croce
che nei primi tempi aveva tracciato con il gesso sulla sua veste di povero
e che ora l'amore rivelava dal cuore stesso del mistero della Chiesa, come

182
rigenerazione nella bellezza della santità del Figlio di Dio, divenuto suo
unico bene e suo canto definitivo.
Dopo avere corso per tutta la vita incontro al "Mi Signore", egli ne
esperimenta la presenza non più nei segni sacramentali e neppure solamente
sotto il velo dei segni, ma in tutta la dimensione del suo corpo divenuto
tutto "lode di gloria della sua grazia" (Ef 1,6.16): una rivelazione di
Cristo e una eucaristia di lode nell'inno esultante della Chiesa, veramen-
te quel vertice di sapienza che aveva intuito nella preghiera alla 'Vergi-
ne fatta Chiesa", a Santa Maria degli Angeli, divenuta coronamento di glo-
ria del suo pellegrinaggio pasquale.

E' così che il fulgore del Serafino segna l'ultima rivelazione della
Chiesa, ccme compimento della gloria divina e pieno riconoscimento del Si-
gnore della gloria, ma anche come dono definitivo della pace, da quando
Francesco ha riconsciuto con tutta l'intensità del suo amore fedele che
"Egli è la nostra pace, colui che ha fatto dei due un popolo solo, abbat-
tendo il muro di separazione che era frammezzo, cioè l'inimicizia, annul-
lando per mezzo della sua carne, la legge fatta di prescrizioni e di decre-
ti, per creare in se stesso dei due un solo ucmo nuovo, facendo la pace,
e per riconciliare tutti e due con Dio in un solo corpo, per mezzo della
croce, distruggendo in sè l'inimicizia. Egli è venuto perciò ad annunciare
pace a voi che eravate lontani e a coloro che erano vicini. Per mezzo di
Lui^ possiamo presentarci J g l i uni e gli altri, al Padre in un solo spirito.
Così dunque voi non siete più stranieri nè ospiti, ma siete concittadini
dei santi e familiari di Dio, edificati sopra il fondamento degli Apostoli
e dei Profeti, e avendo come pietra angolare lo stesso Cristo Gesù. In lui
ogni costruzione cresce ben ordinata per essere tempio santo nel Signore;
in lui anche voi insieme con gli altri venite edificati per diventare dimo-
ra di Dio per mezzo dello Spirito" (Ef.2,13-22).

Da questo vertice di rivelazione divina dal monte santo della Verna


si può misurare quale cammino pasquale abbia compiuto Francesco, dal "re-
stauro della chiesetta di San Damiano fino alla trasfigurazione del suo
corpo divenuto tutto rivelazione del Signore glorioso. All'inizio è France-
sco che non scalza le fondamenta ma edifica su di esse lasciandone, così
senza saperlo, il primato a Cristo (cf. 1 Cor 3,11)" (2). Per questo'piac-
que al Signore "per mezzo di lui riformare in tutto il mondo la fede della

2) 1 Cel 18:FF 350. Fin d'allora Chiara viene edificata in C r i s t o : "E' là


che donna Chiara (la "donna"), pure nativa di A s s i s i , p i e t r a preziosis-
sima e fortissima, divenne la p i e t r a basilare per tutte le a l t r e pietre
di q u e s t a famiglia religiosa", FF 351.

183
santa Chiesa" (3) e infine rivelare in lui la sua piena compiacenza, sigil-
landolo con il suggello della fedeltà divina, rendendolo segno elevato sui
popoli e immagine divina della creatura mortale, Chiesa che si apre all'av-
vento del Regno di Dio e ne pregusta la gioia.
Per questo il Signore ci invita a procedere fiduciosi lungo il cammi-
no della speranza, finche si compiranno anche in noi tutti i misteri di
Cristo come nel suo servo Francesco (4).
Dalla fedeltà alla Chiesa "Sacramento di Cristo" (5) si giunge alla cele-
brazione del compimento divino della speranza cristiana, quando si intrave-
de ormai prossimo il cielo e si riceve dal Signore la conferma che ci vie-
ne donato come dimora perenne. Allora non è più possibile contenere il giu-
bilo del cuore e tutta la creazione diviene un unico grande tempio di rive-
lazione e di celebrazione della gloria divina. Dalla croce fiorisce questo
canto pasquale di Francesco divenuto veramente cristiano nella Chiesa che
celebra il Signore che viene. Per questo lascia nuovamente il primato a
Cristo intonandosi alla infuocata e splendida lode del Sole, che più gli
rassomiglia.
"Giudicava e diceva che il sole è il più bello di tutte le creature
e più rasscmiglia al Signore, tanto che nella Scrittura il Signore stesso
è chiamato Sole di giustizia (cf. Mal 4,2). Perciò, nel dare un titolo alle
Lodi da lui composte sulle creature di Dio, quando il Signore gli ebbe da-
to la certezza di possedere il suo regno le chiamò "Cantico di frate Sole"
(6). Potremmo chiamarlo inno alla gloria di Cristo, inno alla luce fulgen-
te della sua immagine ricomposta nella unità della divina somiglianza nel-
la Chiesa divenuta tutta sua "lode di gloria" (Ef 1,16), suo cielo di rive-
lazione.
Francesco entra così nei cieli, nel mistero del compimento divino del-
la "vergine fatta chiesa", nella verità di "Gesù Cristo luce delle genti"
(7) e percorre come una scala di luce, che lo riconduce al Padre e gli fa
pregustare la sua compiacenza, proprio perchè egli è "contento solo del
Figlio altissimo e glorioso".
L'esperienza della Verna, la mediazione definitiva dell'Arcangelo San
Michele e l'ardente amore del Serafino crocifisso gli permettono di realiz-
zare il progetto originale di Dio, di ricomporre nell'unità del primo amo-
re tutto l'universo. Così lo presenta San EBonaventura: "Francesco, uomo e-

3) 3 Comp 48:FF 1457.

4) C f . Dei V e r b u m , n. 8; LegM 13,3:FF 1225-1226.

5) Lumen Gentium, n. 1.

6) Spec 119:FF 1819.

7) Lumen Gentium, n. 1.

184
vangelico, non si disimpegnava mai dal praticane il bene. Anzi, ccme gli
spiriti angelici sulla "scala di Giacobbe" , o saliva verso Dio o discende-
va verso il prossimo (cf.Gen.28, 12ss.)" (8). Il Dottore Serafico vede prc^
prio nell'esperienza delle stimmate l'apertura del cielo e l'esperienza
dell'Angelo che compie in Francesco il mistero della Chiesa, adombrato nel-
le parole di Gesù: "In verità, in verità vi dico: vedrete il cielo aperto
e gli Angeli di Dio salire e scendere sul Figlio dell'Uomo" (Gv 1,51). Egli
ricorda, infatti, nella sua rilevanza teologica, il particolare della qua-
resima in onore di San Michele Arcangelo: "Due anni prima che rendesse lo
Spirito a Dio, dopo molte e varie fatiche, la Provvidenza divina lo trasse
in disparte (cf. Mt 17,1) e lo condusse su un monte eccelso, chiamato monte
della Verna. Qui egli aveva iniziato, secondo il suo solito, a digiunare
la quaresima in onore di san Michele Arcangelo, quando incominciò a sentir-
si inondato da straordinaria dolcezza nella contemplazione, acceso da più
viva fiamma di desideri celesti, ricolmo di più ricche elargizioni divine"
(9). Poiché la fase di compimento dell'amore viene riservata agli Angeli,
i quali, essendo "l'immagine di Dio, specchio puro, immacolato, non conta-
minato" (10), hanno una straordinaria grande forza di irradiazione. "Agli
spiriti angelici, i quali ardono di un meraviglioso fuoco, che infiamma
le anime degli eletti e le fa penetrare in Dio, era unito da un inscindibi-
le vincolo d'amore. In loro onore digiunava per quaranta giorni continui,
a cominciare dalla Assunzione della Vergine gloriosa, dedicandosi incessan-
temente alla preghiera. Per il beato Michele Arcangelo, dato che ha il corrv-
pito di presentare le anime a Dio, nutriva particolare devozione e speciale
amore, dettato dal suo fervido zelo per la salvezza di tutti i fedeli" (11).

8) LegM 13,1:FF 1222. Questa "santa operazione" (cf. RegB 10,10 : FF 104)

e questa radiosa preghiera di lode diventano in Francesco pieno racco-

glimento dell'essere e custodia fedele delle creature, come apertamente

riconosce il P a p a , p r o c l a m a n d o il P o v e r e l l o "Patrono dei cultori di eco-

logia": "Inter sanctos plaeclarosque viros qui rerum naturar) v e l u t i mi-

rificum donum a Deo humano gemeri datum coluerumt, Sanctus Franciscus

Assisiensis merito recensetur: namque universa Conditoris opera singula-

riter iIle persensit ac, divino quodam spiritu inflatus, pulcherrimum

illud cecinit "Creaturarum Canticum" per quas, fratrem solem potissimum

ac s o r o r e m lunam caelique stellas, altissimo, omnipotenti bonoque Domino

debitam tribuit laudem, gloriam, honorem et o m n e m benedictionem"; I0AN-

NES PAULUS II, "Inter sanctos praeclarosque v i r o s , 29 n o v . 1979.

9) Le^M 13,1:FF 1223.


10) S . B O N A V E N T U R A , D a s a n c t i s Angelis, sermo 4; IX, 621a.

11) L e g H 9,3:FF 1166.

185
E' significativo che il Serafico Dottore indichi la motivazione eccle-
siale come stimolo ad amare l'Arcangelo S . Michele e gli altri Angeli san-
ti. Possiamo rilevare anche noi come il Serafico Padre lo invocasse molte
volte al giorno, insieme alla Vergine Maria (12) e ne avesse fatto la sua
"forra di preghiera" e come, alla fine, la presenza dell'Arcangelo S . Mi-
chele, patrono della Chiesa e guida delle anime a Dio, sia diventato il
compimento della sua forma di vita nella Chiesa e colui che lo trasferisce
in Cristo per presentarlo al Padre.
Si compie così, nell'esperienza delle Stimmate, il mistero della Chie-
sa, il coronamento di Santa Maria degli Angeli, della "Vergine fatta Chie-
sa", in una progressione intensissima che va dalla celebrazione della paro-
la al coinvolgimento della persona, fino alla trasfigurazione del corpo,
rivelato nella sua unità di "somiglianza" divina, nella conformità al Fi-
glio di Dio, che ritorna al Padre ed effonde il suo Spirito nella Chiesa,
fino al compimento della sua immagine di luce.
Mi .piace concludere, rilevando, in questa esperienza francescana di
Chiesa, il compimento esemplare della vocazione di tutti gli eletti nel
grande inno eucaristico della Chiesa, che viene benedetta nei cieli. "Bene-
detto sia Dio, Padre del nostro Signore Gesù Cristo, che ci ha benedetti
con ogni benedizione spirituale nei cieli in Cristo. In lui ci ha scelti
prima della creazione del mondo per essere santi e immacolati al suo co-
spetto nella carità" (Ef 1,3-4). Così fu Chiara, "la nuova donna della val-
le spoletana, che aprì una novella sorgente di acqua vitale a ristoro e
beneficio delle anime, la quale, già diramatasi per vari ruscelli nel ter-
ritorio della Chiesa, rese prospero il vivaio della religione" (13). Essa
ci trasmette questa benedizione del cielo e della terra, per la mediazione
di "Gesù Cristo, della sua santissima Madre Maria, del beato Arcangelo Mi-
chele e di tutti i santi Angeli di Dio, del beato padre Francesco e di tut-
ti i santi e sante di Dio, perché lo stesso Padre celeste vi doni e vi con-
fermi questa santissima benedizione in cielo e in terra (cf. Gen 27,28):
in terra, moltiplicandovi con la sua grazia e le sue virtù, fra i suoi ser-
vi e le sue serve nella Chiesa militante; in cielo, esaltandovi e glorifi-
candovi nella Chiesa trionfante fra i suoi santi e sante" (14).
E' così che tutta la vita del cristiano e specialmente della persona
consacrata diventa una lode di gloria divina, una benedizione perenne nella
Chiesa, una consacrazione del mondo intero in vista della sola pace del-

12) U f f P a s s , A n t i f o n a "Santa Maria Vergine":FF 281.

13) A L E S S A N D R O IV, Bolla di Canonizzazione di S . C h i a r a "Clara claris prae-

clara" del 26 s e t t e m b r e 1255, n. 11:FF 3294.


14) S C h , B e n e d i z i o n e , 7-10:FF 2855.

186
l'amore. Chiara ci suggerisce questo spunto di raccoglimento cosmico, come
coronamento divino dell'opera della salvezza, nel mistero della Oiiesa ver-
gine e madre, divenuta, in ogni vergine fedele, un cielo nel quale appare
il Signore della gloria. "Si, perché è ormai chiaro che 1'animi dell'uomo
fedele, che è la più degna tra tutte le creature, è resa dalla grazia di
Dio più grande del cielo. Mentre, infatti, i cieli con tutte le altre cose
create non possono contenere il Creatore, l'anina fedele, invece, ed essa
sola, è sua dimora e soggiorno e ciò soltanto a motivo della carità, di
cui gli empi sono privi. E' la stessa Verità che lo afferra: 'Colui'che
mi ama, sarà amato dal Padre mio, e io pure l'amerò; e noi ver raro a lui
e porremo in lui la nostra dimora" (Gv 14,21-23).
A quel modo, dunque, che la gloriosa Vergine delle vergini portò Cristo
materialmente nel suo grembo, tu pure, seguendo le sue vestigia (cf. 1 Pt
2,21), specialmente dell'umiltà e povertà di lui, puoi sempre, senza alcun
dubbio, portarlo spiritualmente nel tuo corpo casto e verginale. E conter-
rai in te Colui del quale tu e tutte le creature sono contenute (cf. Sap
1,7; Col 1,17), e possederai ciò che è bene più duraturo e definitivo anche
a paragone di tutti gli altri possessi transeunti di questo mondo" (15).
Si compie così nella creatura mortale il mistero di quell'unico amore
che nell'Immacolata Concezione di Maria ha pienamente espresso il compirnen-
to divino dell'opera della salvezza in Cristo.
"Tutto ciò che esiste è riflesso dell'amore libero di Dio, e perciò
ogni creatura ne traduce, in qualche modo, lo splendore infinito. In parti-
colare l'amore è il centro e il vertice della persona urana, fatta ad inrra-
gine e somiglianza di Dio. Maria Immacolata, la più alta e perfetta delle
persone urane, riproduce in modo eminente l'inrragine di Dio ed è quindi
resa capace di amarlo con intensità incomparabile ccme Irmacolata, senza
deviazioni e rallentamenti» E' l'unica ancella del Signore (cf. Le 1,38)
che con il suo fiat libero e personale risponde all'amore di Dio; in tale
risposta è coinvolta tutta la sua libertà, la libertà di imacolata. 'Nel-
l'unione dello Spirito Santo con Maria, l'amore non congiunge soltanto que-
ste due persone, ma il primo amore è tutto amore della Santissina Trinità,
mentre il secondo, quello di Maria, è tutto amore della creazione e così
in tale unione il Cielo si unisce alla terra, tutto l'amore increato con
tutto l'amore creato...E' il vertice dell'amore...tenia Irmacolata è arche-
tipo e pienezza di ogni amore creaturale; il suo amore limpido e i n t e n s i ^
smio verso Dio racchiude nella sua perfezione quello fragile e inquinato
delle altre creature. La risposta di Maria è quella dell'intera inanità" (16).

15)SCh, 3LAgn 21-26:FF 2892-2893.

16) G I O V A N N I PAOLO II, Omelia in S . M a r i a Maggiore. 8 die. 1982.-

187
Essa è la Chiesa nella sua intemerata bellezza originale e nel suo corona-
mento divino, così ccme la cantava il Serafico Padre Francesco, contemplan-
do Santa Maria degli Angeli, "la Vergine fatta Chiesa" (17). Egli non ha
augurio più bello e dono più grande da partecipare a Chiara, "impronta dei-
ma Madre di Dio" (18), alle sue sorelle consacrate nel mistero della Chie-
sa e a tutti noi, se non che possiamo vedere e gustare la gioia del compi-
mento divino della nostra vocazione cristiana, diventando pienamente "chie-
sa", per essere "regina en celo coronata / cum la Vergene Maria" (19).

17) S a l V e r g 2:FF 259.

18) L e g g S C h , L e t t I n t r : F F 3153.

19) " A u d i t e P o v e r e l l e " , FF p . 2 2 4 0 . E ' s u g g e s t i v o il r a c c o n t o della Leggenda

di Santa Chiara sul suo felice transito: "Ed ecco entra una schiera di

vergini in bianche vesti e tutte hanno ghirlande d'oro sul c a p o . Si a-

vanza tra loro una più splendente delle altre, dalla cui corona, che

appare alla sommità come un t u r i b o l o traforato, s'irradia un tale splen-

dore da mutare in luce del giorno l'oscurità della notte tra le pareti

della casa. Si avvicina al lettuccio, dove giace la Sposa del Figlio

e, chinandosi su di lei con tenerissimo amore, le dona un dolcissimo

abbraccio. Le vergini distendono un pallio di meravigliosa bellezza e,

tutte a gara servendo, rivestono il corpo di Chiara e ne adornano il

talamo", LeggSCh 46:FF 3253; parimenti Proc, XI, 4:FF 3083.

188
Il Crocifisso di S . Damiano affida a S. Francesco
il m a n d a t o d i riparare la Chiesa.
I N D I C E

X Lezione IL R I F I O R I R E D E L L A C H I E S A N E L C U O R E DEI
FEDELI 3
1. La presenza dei religiosi nella Chiesa 3
2. Il rifiorire della Chiesa nel cuore dei fede-
li e la teologia della Chiesa 6
3. In comunione di fede e di amore con San
Francesco alla V e r n a 9
4. R a s s e g n a bibliografica 16
5. A m o r e alla Chiesa, speranza del m o n d o 23

XI " DIMENSIONE ECCLESIALE DELL'ESPERIENZA FRAN-


CESCANA 25
1. P a p a Onorio III, S. Bonaventura e Frate A-
lessandro da B r e m a 25
2. La catechesi pasquale del Santo: "Il Signo-
re ti dia pace!" 28
3. Rivelazione del mistero della Chiesa in San-
ta Chiara 34
4. Aspetto ecclesiale della vita fraterna 38

XI1 " S. F R A N C E S C O D'ASSISI R E S T A U R A T O R E DELLA


CHIESA E R I F O R M A T O R E NELLA CHIESA CATTOLICA 42
1. Il mistero di u n unico amore: la santa M a -
dre Chiesa cattolica r o m a n a . 42
2. Il rifiorire della Chiesa nell'esperienza
n u o v a di San Francesco e dei suoi primi
compagni 46
3. San Francesco figlio devoto della santa M a -
dre Chiesa r o m a n a 59

XIII " IL S E N S O D E L L A C H I E S A IN S. F R A N C E S C O D'AS-


SISI: C R I S T O P I E N E Z Z A D E L L ' U O M O N U O V O 83

1. Vivente in Cristo "Luce delle genti" 83


2. La gioia di essere nella Chiesa 85
3. L'ora solenne della pienezza della verità 90
4. Cristo pienezza dell'uomo n u o v o 93
5. U n g r a n d e inno nella celebrazione della
Chiesa 102

190
XIV Lezione PRESENZA EUCARISTICA E VITA D E L L A CHIESA 106

1. La crociata eucaristica di S . Francesco 106


2. La celebrazione della S. Messa e l'Ufficio
Divino
3. La pietà ecclesiale di S. Francesco 118

X V
" !L M I S T E R O D E L L A V E R N A E IL C O M P I M E N T O
D E L " R E S T A U R O " D E L L A C H I E S A "NEI C I E L I " 121

1. L'esperienza dell'Angelo e il coronamento


dell'opera di Dio 123
2. Il Se rafino crocefisso e l'esperienza "con-
templativa" 132
3 . Nella luce della gloria: l'uomo n u o v o "crea-
tura" del sanctus" (S. Serafino di Sarov) 135

XVI " LA M I R A B I L E PRESENZA DELLA "VERGINE FATTA


CHIESA"
143
1. L'uomo: i m m a g i n e e somiglianza di Cristo
"secondo lo spirito" 143
2. Santa M a r i a degli Angeli "la Vergine fatta
Chiesa" 152
3. La mirabile fecondità dell'amore e la "coro-
n a della Vergine" degli Angeli 155

x v n
" L A P O T E N Z A D E L L A C R O C E : IL C A N T I C O D E L L E
C R E A T U R E C O M E INNO EUCARISTICO C O S M I C O 159
1. S. Francesco invita a lodare il Signore 159
2. La vita cristiana c o m e glorificazione di
Dio: u n Cantico di lode 161
3. 11 Cantico delle Creature c o m e ricapitola-
zione in Cristo di tutte le cose 169
4. Le Lodi di Dio Altissimo e il Cantico dei
Cantici dei redenti c o m e Eucaristia perenne 176
CONCLUSIONE !8l
IV C O R S O DI S P I R I T U A L ITA' FRANCESCANA
La Verna, 19-29 agosto 1985
(con il patrocinio del Pont. Ateneo Antoniano di Roma)

S. FRANCESCO ESEMPLARE E MAESTRO


DI VITA SPIRITUALE

Parte prima: 19-24 agosto

S . FRANCESCO ESEMPLARE E MAESTRO: SUO MESSAGGIO SPIRITUALE


Relatore : P. Cornelio Del Zotto, del Pont. Ateneo Antoniano

1. S . Francesco diligente discepolo di Gesù Cristo.


2. Una lezione di pedagogia dell'amore.
3. Essere fratelli è una festa: la g i o i a d i c o n d i v i d e r e il
dono.
4. Il canto della fraternità universale.
5. La f r a t e r n i t à c o m e c e l l u l a viva d e l l a Chiesa.

Parte seconda: 25-29 agosto

S . FRANCESCO: L'ESERCIZIO DEL SUO MAGISTERO SPIRITUALE


Relatore : P. Tommaso Larrarìaga, R e t t o r e Magnifico del Pont.
Ateneo Antoniano

1. I l nteestro Francesco.
2. Le F o n t i p e r a c c o s t a r e il m a g i s t e r o d i Francesco.
3. I metodi di insegnamento di Francesco.
4. Caratteristiche del magistero di Francesco.
5. La Regola, progetto francescano di vita evangelica.
6. Il m a g i s t e r o d i F r a n c e s c o nel suo Testamento.
V CONVEGNO Dl SPIRITUALITA*
La Verna, 1-5 settembre 1985
In collaborazione con la Rivista
"Testimoni nel mondo", Edizioni O.R.

SORELLA MORTE: L'ULTIMA PASQUA DEL CRISTIANO

VIVERE NELLA FEDE LA PROPRIA MORTE


Don Benedetto C a l a t i , Priore Generale dei Camaldolesi

LA CONDIZIONE DEL PAZIENTE NELLA FASE TERMINALE


(Accanto al moribondo)

Dr. Luigi Troncone del Policlinico "A. Gemelli" di Roma

LA MORTE NELLA CULTURA CONTEMPORANEA


M o n s . Enzo Lodi, docente di Liturgia nel Seminario Regio-
nale di Bologna
IL S I G N I F I C A T O P A S Q U A L E D E L L A M O R T E DEL CRISTIANO
Don A n t o n i o D o n g h i , docente d i Liturgia a l l ' I s t . Pastora-
le L o m b a r d o d i M i l a n o

ACCETTAZIONE DELLA PROPRIA MORTE E DELLA MORTE DEI PROPRI


CARI (Comunicazione)
* Suor Angelica Locarelli, Segr. Gen. Suore Ministre de-
gli Infermi di S . Camillo
* P. Alfonso Bucarelli o.f.m., superiore del Santuario
della Verna

GESÙ' DI FRONTE ALLA SUA PASSIONE E MORTE


Mons. Carlo Chidelli, Segretario della C.E.I.

S A C R A M E N T I PER IL M A L A T O E D IL MORIBONDO
Don S i l v a n o Ó i r b o n i , parroco

CANTANDO ANDO' INCONTRO A SORELLA MORTE


On. Oscar Luigi Scalfaro, Ministro dell'Interno
Lezioni riprese dalle registrazioni
e corrette dall'Autore

Ciclostilato in proprio
a cura di F r . Luciano Checcucci

Convento S. Francesco
Via A . Giacomini, 3
50132 Firenze

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