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S. FRANCESCO E LA CHIESA
in CORSO DI SPIRITUALITÀ FRANCESCANA
20-30 AGOSTO 1984
QUADERNO VI
QUADERNI DI SPIRITUALITÀ FRANCESCANA
S. FRANCESCO E LA CHIESA
2
X Lezione
IL R I F I O R I R E D E L L A C H I E S A N E L C U O R E D E I FEDELI
1. La p r e s e n z a d e i r e l i g i o s i nella Chiesa.
4. Rassegna bibliografica.
•k -k ic
1
* <-a p r e s e n z a d e i r e l i g i o s i n e l l a Chiesa.
3
del 25 marzo 1984 (2), ha messo in luce che la vocazione religiosa nasce
da uno sguardo d'amore del Signore che chiama ciascuno per none e gli per-
mette di partecipare al suo mistero redentivo nella Chiesa, specialmente
in virtù dei voti di Castità, Povertà e Obbedienza, che caratterizzano la
loro piena consacrazione a Dio nella Chiesa.
"La vocazione, cari fratelli e sorelle - scrive il Papa - , vi ha con-
dotti alla professione religiosa, grazie alla quale siete stati consacrati
a Dio mediante il ministero della Chiesa e , al tempo stesso, siete stati
incorporati nella vostra Famiglia religiosa. Perciò la Chiesa pensa a voi,
prima di tutto, come a persone ••consacrate": consacrate a Dio in Gesù Cri-
sto come propietà esclusiva. Questa consacrazione determina il vostro posto
biella vasta comunità della Chiesa, del Popolo di Dio. A l tempo stesso essa
introduce nella missione universale di questo Popolo una speciale risorsa
di energia spirituale e soprannaturale: una particolare forma di vita, d i
testimonianza e di apostolato, in fedeltà alla missione del vostro Istitu-
to, alla sua identità e al suo patrimonio spirituale. La Missione universa-
le del Popolo di Dio si radica nella missione messianica di Cristo stesso
- Profeta, Sacerdote e Re - , alla quale tutti partecipano in diversi modi.
La forma di partecipazione propria delle persone "consacrate" corrisponde
alla forma del vostro radicamento in Cristo. Della profondità e della forza
di questo radicamento decide proprio la professione religiosa.
Essa crea un nuovo legame dell'uomo con Dio uno e trino, in Gesù Cri-
sto. Questo legame cresce sul fondamento di quel vincolo originale, che
è contenuto nel sacramento del Battesimo. La professione religiosa "ha le
sue profonde radici nella consacrazione battesimale, e ne è una espressione
più perfetta" (3). In tal modo essa diventa, nel suo contenuto costitutivo,
una nuova consacrazione: la consacrazione e la donazione della persona uma-
na a Dio, amato sopra ogni cosa... bisogna cercare la radice di questa con-
sacrazione consapevole e libera e della conseguente donazione di sé come
proprietà a Dio nel Battesimo, sacramento che ci conduce al mistero pasqua-
le come vertice e centro della Redenzione compiuta da Cristo" (n.7).
'^Questa Esortazione - conclude il Papa - che vi indirizzo nella solen-
nità dell'Annunciazione dell'Anno Giubilare della Redenzione, vuol essere
espressione di quell'amore che la Chiesa nutre per i Religiosi e le Reli-
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giose. Voi, infatti, cari Fratelli e Sorelle, siete un bene speciale della
Chiesa... Riconoscete, dunque, in questa luce, la vostra identità e la vo-
stra dignità. Che lo Spirito Santo - per opera della Croce e della Risurre-
zione di Cristo - "possa davvero illuminare gli occhi della vostra mente,
per farvi comprendere a quale speranza vi ha chiamati, quale tesoro di glo-
ria racchiude la sua eredità fra i santi" (Ef 1,18)"(n. 16).
Il carmino di conoscenza della Chiesa passa per le molteplici vie della
consacrazione e della testimonianza, sempre in una modalità caratteristica
dell'amore, che ha nello Spirito Santo la sua sorgente inesauribile. E così
come "per la grazia dello Spirito Santo la natura custodisce l'origine del-
la vita, anche noi dobbiamo custodire lo spirito della vita" (4).
"Nell'Anno Giubilare della Redenzione - ammonisce il Santo Padre - la
Chiesa intera desidera rinnovare il suo amore verso Cristo, Redentore del-
l' ucmo e del mondo, suo signore ed insieme suo Sposo divino. E perciò in
questo Anno Santo essa guarda con singolare attenzione a voi, cari Fratelli
e Sorelle, che, come persone consacrate, occupate un posto speciale sia
nella ccmunità universale del Popolo di Dio, sia in ogni comunità locale.
Se la Chiesa desidera che mediante la grazia del Giubileo straordinario
si rinnovi anche il vostro amore verso Cristo, al tempo stesso essa è pie-
namente consapevole che questo amore costituisce un bene speciale dell'in-
tero Popolo di Dio. La Chiesa è consapevole che, nell'amore che Cristo ri-
ceve dalle persone consacrate, l'amore dell'intero Corpo viene indirizzato
in modo speciale ed eccezionale verso lo Sposo che, in pari tempo, è capo
di questo Corpo. La Chiesa vi esprime, cari Fratelli e Sorelle, la sua
£ gratitudine per la consacrazione e per la professione dei Consigli evange-
lici, che sono una particolare testimonianza d'amore. Essa, nello stesso
tempo, riconferma la sua grande fiducia in voi, che avete scelto uno stato
di vita che è un dono speciale di Dio alla sua Chiesa. Essa conta sulla
vostra collaborazione completa e generosa, affinché, cane fedeli ammini-
stratori di così prezioso dono, voi "sentiate con la Chiesa" e sempre col-
laboriate con essa, in conformità con gli insegnamenti e con le direttive
del Magistero di Pietro e dei Pastori in comunione con lui, coltivando,
a livello personale e comunitario, una rinnovata coscienza ecclesiale. E
contemporaneamente essa prega per voi, affinché la vostra testimonianza
d'amore non venga mai meno" (cf. Le 22,32)"(n.14).
"La professione religiosa - scrive ancora il Papa - pone nel cuore di
ognuno ed ognuna di voi, cari Fratelli e Sorelle, l'amore d e l Padre, quel-
l'amore che è nel cuore di Gesù Cristo, Redentore del mondo. E' amore, que-
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sto, che abbraccia il mondo e tutto ciò che in esso viene dal Padre e che
al tempo stesso tende a sconfiggere nel mondo tutto ciò che non viene dal
Padre" (n.9).
'Che insieme con questo amore si approfondisca in ciascuno e ciascuna
di voi la gioia di appartenere esclusivamente a Dio, di essere un'eredità
particolare della S S . Trinità, Padre, Figlio e Spirito Santo. Ripetete ogni
tanto insieme col Salmista le ispirate parole:
"Chi altri avrò per me in cielo?
Fuori d i te nulla bramo sulla terra.
Vengono meno la mia carne e il mio cuore:
ma la roccia del mio cuore è Dio,
è Dio la mia sorte per sempre" (Sai 73 (72), 25-26).
Oppure le altre:
Uno dei più grandi doni fatti da Dio al nostro secolo è stata la rive-
lazione del mistero della Chiesa. Già verso il 1920 Romano Guardini poteva
affermare: "Sta avvenendo qualcosa d i incalcolabile portata: la Chiesa na-
sce nel cuore dei fedeli!". Il suo annuncio divenne messaggio d i speranza
nel Movimento Giovanile Tedesco (Jugendbewegung) che contribuì al rinnova-
mento liturgico e diede un forte impulso alla testimonianza cristiana in
tempi difficili. Anche il fervore in Italia della Azione Cattolica e il
Movimento incentrato sull'onore a Cristo Re dell'universo e Signore della
storia portarono alla scoperta della verità misteriosa e consolantissima
della Chiesa come Corpo Mistico di Cristo. Pio XII colse il frutto d i quel-
la primavera dello Spirito e promulgò la Lettera Enciclica "Mystici Corpo-
ris" del 29 giugno 1943. In essa la Chiesa appare fulgente nel suo mistero
d i grazia, animata dallo Spirito Santo e sotto il Capo, Cristo, che racco-
glie tutte le membra nella unità del suo Mistico Corpo. Cristo e la Chiesa
"costituiscono quell'unico uomo nuovo, nel quale, perpetuando l'opera salu-
tare della croce, vengono congiunti insieme cielo e terra: parliamo di Cri-
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sto e del suo Corpo, del Cristo totale " (5).
A questa gioiosa scoperta e a questo solenne annuncio del Magistero
rifiorisce la vita della Chiesa e si moltiplicano le iniziative di testimo-
nianza che sostengono la Chiesa durante l'inmane flagello della Seconda
Guerra Mondiale. La Chiesa non solamente diffonde la speranza, ma edifica
i popoli ricomponendoli in unità nazionali e compaginandoli con il suo in-
flusso salutare in Organizzazioni internazionali.
Negli anni '50 fervono i pellegrinaggi e la devozione mariana, incre-
mentati dall'Anno Santo e dall'Anno Mariano per il Centenario della Defini-
zione del Dogma dell'Immacolata Concezione nel 1954. Il popolo di Dio si
scopre in cammino e il Concilio Vaticano II ne sancisce ufficialmente il
percorso, riscoprendo la teologia veterotestamentaria del Popolo pellegri-
nante. La Costituzione Dorrmatica sulla Chiesa "Lumen gentiim" dispiega il
senso del mistero della Chiesa esprimendolo in tutte le immagini bibliche
riportate dalla Rivelazione divina.
" Cristo è la luce delle genti: questo santo Concilio, adunato nello
Spirito Santo, desidera dunque ardentemente, annunciando il Vangelo ad ogni
creatura (cf. Me 16,15), illuminare tutti gli uomini con la luce del Cristo
che risplende sul volto della Chiesa. E siccome la Chiesa è, in Cristo,
in qualche modo il sacaramento, ossia il segno e lo strumento dell'intima
unione con Dio e dell'unità di tutto il genere imano, continuando il tema
dei precedenti Concili, intende con maggior chiarezza illustrare ai suoi
fedeli e al mondo intero la propria natura e la propria missione universa-
le" (n.1).
• "I credenti in Cristo (Dio) li ha voluti chiamare a formare la santa
Chiesa, la quale, già annunciata in figure sin dal principio del mondo,
mirabilmente preparata nella storia del popolo d'Israele e nell'Antica Al-
leanza, stabilita infine "negli ultimi tempi", è stata manifestata dall'ef-
fusione dello Spirito e avrà glorioso compimento alla fine dei secoli. Al-
lora, infatti, come si legge nei Santi Padri, tutti i giusti, a partire
da Abramo, "dal giusto Abele fino all'ultimo eletto", saranno riuniti pres-
so il Padre nella Chiesa universale" (n.2).
"La Chiesa, ossia il regno di Dio già presente in mistero, per la poten-
za di Dio cresce visibilmente nel mondo. Questo inizio e questa crescita
sono significati dal sangue e dall'acqua che uscirono dal costato aperto
di Gesù crocifisso (cf. Gv 19,34), e sono preannunciati dalle parole del
Signore circa la sua morte in croce: "Ed io, quando sarò levato in alto
da terra, tutti attirerò a me" (Gv 12,32). Ogni volta che il sacrificio
della Croce, col quale Cristo, nostro Agnello pasquale, è stato immolato
7
(cf. 1 Cor 5,7), viene celebrato sull'altare, si rinnova l'opera della no-
stra redenzione. E insieme, col sacramento del pane eucaristico, viene rap-
resentata ed effettuata l'unità dei fedeli, che costituiscono un solo corpo
in Cristo (cf. 1 Cor 10,17). Tutti gli uomini sono chiamati a questa unione
con Cristo, che è la luce del mondo; da lui veniamo, per mezzo suo viviamo,
a lui siamo diretti" (n.3).
A Pentecoste poi venne effuso lo Spirito Santo. "Lo Spirito dimora nel-
la Chiesa e nei cuori dei fedeli come in un tempio" (cf. 1 Cor 3,16; 6,19)
e in essi prega e rende testimonianza della loro condizione di figli di
Dio per adozione (cf. Gal 4,6; Rn 8,15-16 e 26). Egli introduce la Chiesa
nella pienezza della verità (cf. Gv 16,13), la unifica nella comunione e
nel ministero, la provvede e dirige con diversi doni gerarchici e carisma-
tici, la abbellisce dei suoi frutti (cf. Ef 4,11-12; 1 Cor 12,4; Gal 5,22).
Con la forza del Vangelo la fa ringiovanire, continuamente la rinnova e
la conduce alla perfetta unione con lo Sposo. Poiché lo Spirito e la Sposa
dicono al Signore Gesù: "Vieni" (cf. Ap 22,17).
Così la Chiesa universale si presenta come "un popolo che deriva la
sua unità dall'unità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo" (n.4).
Nel periodo post-conciliare va crescendo il senso della Chiesa come
"condivisione", come partecipazione del dono, come edificazione comune (cf.
1 Cor 13,1ss.).
A l vertice del mistero della Chiesa splende di incontaminata bellezza
la Vergine Maria, "Madre della Chiesa".
"La Madre di Gesù, ccme in cielo, in cui è già glorificata nel corpo
e nell'anima,j costituisce l'immagine e l'inizio della Chiesa che dovrà
avere il suo compimento nell'età futura, così sulla terra brilla ora innan-
zi al peregrinante popolo di Dio, quale segno di sicura speranza e di con-
solazione, fino a quando non verrà il giorno del Signore" (cf. 2 Pt 3,10)"
(n.68).
Il testo conciliare sulla Chiesa si conclude con l'invito a rendere
il debito onore alla Vergine Maria 'Madre di Dio e Madre degli uomini".
"Tutti i fedeli effondano insistenti preghiere alla Madre di Dio e Ma-
dre degli uomini, perché dopo aver assistito con le sue preghiere la Chiesa
nascente, anche ora, esaltata in cielo sopra tutti i beati e gli angeli
(Santa Maria degli Angeli!), nella comunione dei santi interceda presso
il Figlio suo, fin tanto che tutte le famiglie dei popoli, sia quelle insi-
gnite del nome cristiano, sia quelle che ancora ignorano il loro Salvatore,
in pace e concordia siano felicemente riunite in un solo popolo di Dio,
a gloria della santissima e indivisibile Trinità" (n.69).
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3. In comunione di fede e di amore con San Francesco alla
Verna.
9
te in luce i vigorosi germi rinnovatori.
L'Autore della Vita di S . Chiara invita anche noi a seguire quegli e-
sempi, per essere in grado di rinnovare anct-s oggi, nella Chiesa, la prima-
vera di una nuova Pentecoste, permettendo allo Spirito Santo di rinnovare
la Chiesa, inccminciando da quel piccolo mondo che è il nostro cuore cre-
dente. "Seguano, dunque, gli uomini, i nuovi seguaci del Verbo Incarnato,
imitino le donne Chiara, impronta della Madre di Dio, nuova guida delle
donne" (7).
Il Celano ricorda il supremo desiderio del Serafico Padre San France-
sco, che i suoi frati fossero concordi e uniti nella Chiesa: "Fu suo desi-
derio costante e vigile premura mantenere tra i figli il vincolo dell'unità
(cf. Ef 4,3), in modo che vivessero concordi nel grembo di una sola madre
quelli che erano attratti dallo stesso spirito e generati dallo stesso Pa-
dre" (8).
Come nota dominante delle lezioni di questi giorni, deve restare la
preghiera che abbiamo cantato all'inizio: "Il Saluto alla Vergine" (9),
che costituisce, per il Serafico Padre,la modalità stessa di approccio al
mistero della Chiesa, nello stupore e nella riconoscenza.
Non è sufficiente una considerazione scientifica pertinente o una logi-
ca ineccepibile, se il cuore non si appassiona e la vita non si illumina
nel mistero di Cristo, della cui adorabile presenza vive la Chiesa. L'in-
telletto fedele è capace di intonarsi nell'inno eucaristico della Chiesa,
a lode della gloria.di Cristo (cf. Ef 1,4-23).
La preghiera del Serafico Padre intendo proporla secondo il testo cri-
tico di P . Kajetan Esser, dal quale si scosta la traduzione delle Fonti
Francescane, ossia "quae es Virgo Ecclesia facta" (10).
La Chiesa è quindi come una sposa che attende il Signore e lo invita
a venire (cf. Ap 22,17.20). Questa prospettiva ci offre l'immagine di Chie-
sa cara al Serafico Padre: un nome e un volto amabilissimi: Santa Maria
degli Angeli. Fu proprio li che nacque l'Ordine dei Frati Minori. Lì è nata
Chiara, la quale, a sua volta, "santa Madre, diede alla luce fratelli e
sorelle (ossia divenne "virgo ecclesia facta"!), e per loro mezzo partorì
Cristo, rinnovando il mondo" (11).
Ora se la Chiesa può essere considerata "la giovinezza del mondo" (12),
10
si comprende quale vigore provenga da ogni nuova esperienza che lo Spirito
fa sorgere nella Chiesa e, nel nostro caso, dalla vita francescana, che
della Chiesa riflette e rivela l'anima ardente. Per noi, Santa teria degli
Angeli è la Chiesa dell'esperienza francescana.
"Francesco sapeva che il Regno dei cieli si estende ad ogni località
della terra ed era convinto che la grazia divina poteva esser largita agli
eletti di Dio, dovunque; pure aveva sperimentato che il luogo di Santa Iste-
ria della Porziuncola era colmo di ogni grazia più copiosa, ed era frequen-
tato dalla visita degli Spiriti celesti. Per questo era solito dire ai fra-
ti: "Guardate, figli, di non abbandonare mai questo luogo! Se vi cacciano
via da una parte, voi tornateci dall'altra, poiché questo lupgo è santo,
e l'abitazione di Cristo e della Vergine sua Vkdre. Fu qui che, quando noi
eravamo in pochi, l'Altissimo ci ha moltiplicati; qui ha fatto risplendere
l'anima dei suoi poveri con la luce della sua sapienza; qui ha acceso le
nostre volontà con il fuoco del suo amore. Qui, colui che pregherò con cuc^
re devoto, otterrà quanto domanderà; ma le offese saranno punite più seve-
ramente. Per questo, figli, considerate con riverenza e onore questo luogo
così degno, come si addice all'abitazione di Dio singolamente prediletta
da Lui e dalla Madre sua. E qui, con tutto il cuore e con voce di esultanza
e di ringraziamento, glorificate Dio Padre e il Figlio suo, il Signore Gesù
Cristo, nell'unità dello Spirito Santo" (13).
Francesco stesso aveva esperimentato che proprio lodando Dio e cantando
alla Vergine, aveva scoperto il mistero della Chiesa, diventando quel "se-
me" che ancora fa fiorire la speranza e inonda di gioia tutta la Chiesa
# di Dio. Per questo vorrei che diventasse anche il nostro atteggiamento in
questi giorni, come un grande inno alla Chiesa che rinasce in noi, rinno-
vando la giovinezza del mondo.
Vi sono ancora da illustrare le due immagini.
La prima, del P . Giorgio Accione, OFM, raffigura in sintesi tutto l'i-
tinerario ecclesiale di S . Francesco, simboleggiato proprio dalle due chie-
sette di San Damiano e di Santa Maria degli Angeli, nelle quali Francesco
glorificò la Santissira Trinità divenendo araldo di Cristo, nel vigore del-
lo Spirito Santo. La Verna è dentro, misteriosa e possente, nei raggi che
inondano Francesco e richiamano il fulgore ardente del Serafino, che lancia'
nitidamente vedere il Crocifisso giovanneo, che inaugura i cieli nuovi del-
la risurrezione, nella quale anche Francesco venne introdotto proprio in
questo luogo di grazia.
L'immagine rappresenta il Crocifisso di San Damiano (Assisi), che parlò
a S . Francesco, dicendogli: "Va', Francesco, ripara la mia Chiesa, che,
11
come vedi, sta andando in rovina!". Tutto tremante di commozione il giova-
ne rispose: "Lo farò volentieri, Signore!". Questa risposta di innamorato
del Crocifisso permise al giovane Francesco di restaurare la Chiesa, intro-
ducendola nello spirito delle Beatitudini evangeliche. Tutta la sua vita
divenne un Cantico delle Creature, un annuncio di gioia pasquale. Il Croci-
fisso infatti è una, icona, eh© nipnesenta. il messaggio pa.squa.le dell!Eva.nge—
12
stimoni della Risurrezione, in una nuova Pentecoste.
La vocazione di Francesco risuona così nella Chiesa e diventa una an-
nunciazione di grazia a Santa Maria degli Angeli, la Pentecoste francesca-
na, che raffigura la Vergine fatta Chiesa, immessa nel mistero della San-
tissima Trinità. E' a Santa Maria degli Angeli che Francesco comprese pie-
namente il senso della sua vocazione e rispose: "Questo è ciò che desidero,
questo è ciò che bramo con tutto il cuore!", quando udì il Vangelo del
giorno, che trasformò lui, la Chiesa e il mondo intero, illuminandolo divi-
namente e vivificandolo con la verità del Vangelo, al quale egli intonò
tutta la sua vita. A Santa Maria degli Angeli ricevette in dono i fratelli
e le sorelle Clarisse e volle portare tutti in Paradiso, ottenendo il gran-
de perdono della Porziuncola.
S . Francesco è l'uomo nuovo, mandato dal Crocifisso ad annunciare e
a donare agli uomini la pace e il bene, cane appare nel riquadro inferiore.
La sua presenza- rinnova e rende fratelli gli uomini, nel ncme del Signore.
Il disegno è illuminato dai raggi della luce dello Spirito Santo e viene
dominato dal Crocifisso vivente, che, lasciando il sepolcro vuoto, si diri-
ge verso il Padre celeste nella festa degli Angeli e dei Santi, dando il
senso definitivo alla vocazione di S . Francesco. La vita francescana diven-
ta così un annuncio di gioia pasquale e un messaggio di speranza cristiana,
secondo lo stile, caro a S . Francesco, di squisita bontà e di cortesia,
come si conviene ai figli della grazia, che il Signore continua a chiamare
dal Crocifisso di San Damiano e manda a restaurare la Chiesa, rinnovando
a Santa Maria degli Angeli il miracolo di una nuova Pentecoste.
13
to Santo, più si effonde la beatitudine del Regno. Tutto questo si è mira-
bilmente verificato in S . Francesco.
In nessun luogo come sopra questo Monte santo della Verna si può perce-
pire il palpito dell'anima ecclesiale di Francesco 'Uomo cattolico e tutto
apostolico" (14). Egli ha esperimentato il senso del Regno di Dio, perché
qui è stato reso partecipe di una grazia straordinaria, quella della con-
formazione a Cristo anche secondo il corpo non soltanto crocifisso, ma ri-
sorto. Il velo della croce si apre sulla Verna come suprema rivelazione
dell'amore che edifica la Chiesa intera, consacrando quel suo corpo nel-
l'ardore del Serafino crocifisso e rendendolo quindi piena rivelazione del-
la gloria di Dio. Il trasferimento nel Regno di Dio segna il compimento
della Chiesa restaurata dall'amore e trasfigurata dalla gioia della visione
del Signore. E' un coronamento divino dell'opera della salvezza e quindi
un luminoso segno di speranza lungo il cammino della Chiesa che percorre
14) Antifona che anche oggi si canta nella festa del Santo.
14
i secoli per compierne il mistero di grazia, introducendoli nel Regno di
Dio.
Vorrei che questi nostri incontri di preghiera e di studio avessero
le caratteristiche dei pellegrinaggi pasquali di Gesù Cristo che raccoglie
la Chiesa e la edifica vivificandola con il suo Santo Spirito. Quegli in-
contri sono fatti di poche parole e di molta grazia, nella gioia indicibile
della visione del Signore. Solo un particolare vorrei ancora mettere in
luce: il Signore apparve "sotto altro aspetto" (Me 16,11). Anche oggi egli
appare velato e il velo misterioso della sua presenza è proprio il suo cor-
po, la Chiesa, che ha iniziato il cammino proprio quando Lui le ha permesso
di "entrare nel santuario per mezzo del sangue di Gesù, per questa via nuo-
va e vivente che egli ha inaugurato per noi attraverso il velo, cioè la
sua carne" (Eb 10,20). Non fermiamoci all'apparenza, cerchiamo di penetrare
la verità che è sempre solo quel bellissimo volto di Gesù Cristo che è la
beatitudine di tutti gli eletti.
Mettiamoci in cammino insieme, concordi e unanimi nella lode divina
e nell'appassionata ricerca teologica, perché siamo in grado di "rispondere
a chiunque ci demandi ragione della nostra speranza" (1Pt 3,15). E faccia-
molo con quella serena gioia francescana che comprende il mistero dei se-
gni, dando voce all' amore di Francesco e di Chiara, che intonano con noi,
oggi, la stupenda sinfonia della Chiesa, rendendoci raggianti nella "siner-
gia della verità" (3Gv v.8) che restaura la Chiesa rivelandola nella bel-
lezza della gloria divina.
Francesco ci ha preceduti su questa montagna della visione di Dio, per-
^ correndo avanti a noi i sentieri aspri delle ascensioni del cuore, "per
incoraggiare come aquila i suoi piccoli al volo" (Dt 32,11)"(15).
Vorrei proprio che dal cielo ci benedicesse, come benedisse, ripieno
di gioia, quei frati che vivono umilmente e fedelmente come quelli del "po-
vero eremo" in Spagna: "Francesco non stava in sé dalla gioia, inebriato
com'era dal profuno dei suoi figli. Subito si mise a lodare il Signore e,
come se il sentire parlare bene dei frati fosse l'unica sua gloria, esclamò
dal più profondo del cuore: "Ti ringrazio, Signore, (cf. Le. 18,11), che
santifichi e guidi i poveri, perché mi hai riempito di gioia con queste
notizie! Benedici, ti prego, con la più ampia benedizione e santifica con
una grazia particolare tutti quelli che rendono odorosa di buoni esempi
la loro professione religiosa!" (16).
Mi piace ricordare che fin dagli inizi dell'Ordine l'esempio edificante
dei Frati fosse un richiamo efficacissimo per tutti i fedeli, che, intonan-
15
dosi alla loro liturgia di lode, si convertivano a Dio. Si tratta dell'ere-
mo di Greccio.
"Stimolati dall'esempio e dalla predicazione sua e dei suoi frati e
ispirati dalla grazia del Signore, molti abitanti del paese entrarono nel-
l'Ordine. Anche numerose donne vivevano in verginità, restando a casa pro-
pria e indossando un abito religioso. Pur dimorando in famiglia, esse con-
ducevano vita comunitaria, coltivando la virtù e affliggendo il corpo con
digiuni e orazioni. Alla gente e ai frati esse apparivano, benché giovani
e semplici, non come persone dimoranti nel mondo e a contatto con i fami-
liari, bensì come viventi in comunità di religiose sante e dedite al servi-
zio del Signore da lunghi anni. A proposito degli uomini e delle donne di
Greccio, Francesco soleva dire tutto felice ai frati: "Non esiste una gran-
de città dove si sismo convertite al Signore tante persone quante ne ha
Greccio, un paese così piccolo".
E sovente, quando alla sera i frati di quell'eremo cantavano le lodi
del Signore - ciò che a quei tempi i frati solevano fare in molti luoghi
- , gli abitanti del paese, piccoli e grandi, uscivano dalle case, si riuni-
vano sulla strada davanti al villaggio, e ad alta voce rispondevano, a mo'
di ritornello, al canto dei religiosi: "Lodato sia il Signore Dio!". Perfi-
no i bambini, che non sapevano ancora ben parlare, al vedere i frati loda-
vano il Signore come potevano" (17). La Chiesa non è un'idea, ma un'espe-
rienza d'amore. La semplice vita dei frati diventava edificazione della
Chiesa. Qualcosa di molto simile avviene qui con la "Processione alle Stim-
mate", tutti i giorni.
4. Rassegna bibliografica.
16
Secondo lo studioso tedesco la forma di vita di Francesco diventa un'espe-
rienza "nuova" nella Chiesa e può essere designata come "riforma francesca-
na" della Chiesa. Poiché ogni dono dello Spirito è affidato al singolo,
ma per la edificazione comune, ogni cristiano contribuisce alla edificazio-
ne di tutta la Chiesa secondo il dono ricevuto e nella misura in cui lo
sviluppa fino alla, partecipazione dei frutti dello Spirito (cf. Gal 5,22).
Il titolo "Chiesa spirituale" intende indicare appunto il rinnovamento nel-
lo Spirito, come promozione della vita spirituale nella Chiesa.
L'A. ha ripreso in un articolo "Francesco d'Assisi e il nostro terrpo"
uscito in Germania nel 1977 , la sua analisi dell'esperienza cattolica di
S . Francesco, accentuandone l'impulso unificatore e il vigore apostolico.
17
Chiesa si aiutano. La sua descrizione di questa fiducia risuona quasi come
un inno: "Inoltre a tutti coloro, i quali nel seno della santa Chiesa cat-
tolica apostolica vogliono servire il Signore Iddio, a tutti gli Ordini
ecclesiastici, Sacerdoti, Diaconi, Suddiaconi, Accoliti, Esorcisti, Letto-
ri, Ostiari, e Chierici tutti, a tutti i Religiosi e le Religiose, a tutti
i fanciulli e bambini, poveri e ricchi, re e principi, operai, agricoltori,
servi e padroni, a tutte le vergini, vedove e maritate, ai laici, maschi
e fermine, a tutti gli infanti, adolescenti, giovani e vecchi, sani ed in-
fermi, a tutti i piccoli e grandi, a tutti i popoli, genti, tribù e lingue,
a tutte le nazioni e a tutti gli uomini di ogni parte della terra, che sono
e saranno, noi tutti frati minori, servi inutili, rivolgiamo l'unile ed
insistente preghiera di perseverare tutti nella vera fede e nella peniten-
za, che diversamente nessuno può salvarsi" (RecfM3 c.23). Il Santo conosce
dunque la Chiesa cattolica, che riunisce tutti gli uomini. Aspetta il suo
aiuto e lo chiede per sé e per i suoi frati, quando si tratta di realizzare
i fondamenti della sua vita, la vita nella penitenza evangelica. Egli e
i frati, "servi inutili", non vantano alcun diritto o pretesa su questo
aiuto dell'intera Chiesa, tuttavia egli prega con grande umiltà e in modo
pressante, perche sa che a questo e legata la salvezza. In queste semplici
ma penetranti parole la pietà ecclesiale di S . Francesco si manifesta nella
sua struttura fondamentale. Quanto si è detto per il centro della vita del-
l'Ordine, vale anche per tutti gli altri campi della vita" (pp.164-165).
18
e gratitudine, rivolgendosi alla sua grande figlia, la beata /Agnese di Pra-
ga: "Le liete nuove del tuo benessere, del tuo stato felice e dei tuoi pro-
speri progressi nella corsa che tu hai intrapresa per la conquista del ce-
leste palio, mi riempiono di tanta gioia; e tanto più respiro d'esultanza
nel Signore, perché so e ritengo che tu supplisci magnificamente alle im-
perfezioni che sono in me e nelle altre Suore nella nostra imitazione degli
esempi di Gesù Cristo povero ed umile"(3LAgn)".
Se questa legge di mutua compensazione vale all'interno di una Comunità
di Suore, tanto più vale per i Cristiani "che vivono nel mondo", e che con
la vita della grazia sono pure chiamati a "seguire le orme di Cristo" (cf.
1Pt 1,21). Le loro frequenti mancanze esigono che nella Chiesa vi siano
uomini pronti a compensare le loro omissioni. Questa coscienza conduce
Chiara al mistero più profondo della vita religiosa. E scrive ad Agnese
di Praga: "E, per valermi delle parole del medesimo Apostolo, ti stimo come
coadiutrice di Dio stesso e sostegno delle membra deboli e vacillanti del
suo ineffabile corpo" (ivi). E' intimamente persuasa del legame vivente
di tutti i membri del Corpo di Cristo, la Chiesa; e sa anche che la vita
cristiana di un membro è aiuto e sostegno per gli altri. La vita delle Suo-
re, nel completo nascondimento, è fonte di benedizione per la vita intima
della Chiesa. Ma per Chiara le religiose hanno un ruolo ancora più impor-
tante, e lo esprime chiamandole "coadiutrici di Dio". Già S . Paolo, nel
suo impegno apostolico, si considera "collaboratore di Dio" (cf. 1Cor 3,9).
E Chiara, valendosi "delle parole del medesimo Apostolo", indica alle Suore
lo stesso compito: collaborare con Cristo all'opera della salvezza, nella
Chiesa. La loro vita, la loro preghiera e il loro sacrificio affluiscono
» nell'opera salvifica di Cristo, completandola (cf. Col 1,24). Forse davanti
ai suoi occhi c'era l'immagine del primo Adamo, a fianco del quale Dio pose
un aiuto (cf. Gen 2,18). Così a fianco del "nuovo Adamo" (cf.-1Cor 15,45b),
Cristo, collabora la Chiesa, e in essa tutte le sue membra vive.
Ecco su quali basi si fonda la mistica cristocentrica di S . Chiara,
che non ha niente in comune con l'individualistica autosufficienza, rra ren-
de presente, vivificante, attuale il rapporto nuziale di Cristo con la sua
Chiesa. Proprio per la verginità che la rende sposa di Cristo, la religiosa
diviene, nella Chiesa, coadiutrice di Cristo nella sua opera salvifica,
e "sostegno delle membra deboli e vacillanti del suo ineffabile Corpo".
Per Chiara tutta la vita cristiana delle Suore è vita ecclesiale. La Santa
non tende semplicemente alla perfezione del cristiano per la gloria di Dio;
ma sa che Dio l'ha chiamata con le sue Suore a condurre nella Chiesa una
vita pienamente cristiana: "...questo suo piccolo gregge, che l'altissimo
Padre... generò nella sua santa Chiesa" (Testamento di Chiara). Per questa
vocazione, che è dono di Dio, innalza un'incessante azione di grazie, e
con tale ringraziamento inizia pure il suo Testamento: "Tra gli altri bene-
fici, che abbiamo ricevuto ed ogni giorno riceviamo (=la vita come dono!)
e per i quali soprattutto dobbiamo rendere a Lui glorioso vive azioni di
grazie (=la vita come riconoscenza!), inestimabile è quello della nostra
vocazione. E quanto più essa è grande e perfetta, tanto maggiormente siamo
a Lui obbligate" (pp.217-219).
"Perciò il Papa (Alessandro IV nella Bolla di canonizzazione) può chia-
rore Chiara "la nuova donna", "che aprì il fonte nuovo di acqua vitale a
ristoro e beneficio delle anime, il quale, derivato per vari ruscelli nel
territorio della Chiesa, prosperò il vivaio della religione" (p.224).
"Chiara testimonia luminosamente che il vero amore tra gli uomini è
un riflesso di quell'amore soprannaturale che ha la sua origine in Dio.
Fino a tanto che nella Chiesa arde il fuoco di un tale amore, che rende
l'uomo una "fiamma viva di carità" (Bolla di Canonizz.), la Chiesa è illi>-
minata dallo "eccelso candelabro di santità che rifulge nel tabernacolo
del Signore, sì che attratte da tale splendore, molte accorsero e accorrono
ancora per accendere a quel lume le loro lampade" (ivi)"(p.227).
20
dicembre 1933, disse: "Tra i frutti più eccellenti e salutari della Reden-
zione ci piace annoverare l'inaugurazione del vostro Ateneo" (Acta O.F.M.,
53 (1934) p.73). Un dono di Dio, dunque, che crea in chi lo ha ricevuto
un obbligo permanente alla corrispondenza, nella linea dello stesso dono:
un obbligo quindi a mettersi al servizio dell'opera della salvezza ccmpiuta
da Cristo Redentore".
Parlando di S . Francesco, il Papa dice: "Molti sono i motivi per i quali
ha esercitato, ed esercita ancora, un fascino tanto rilevante nella Chiesa,
e anche al di fuori di essa: la visione ottimistica di tutto il creato,
come epifania di Dio e patria di Cristo, da lui celebrato nel notissimi
"Cantico delle Creature"; la scelta della povertà, cane espressione della
sua intera vita e da lui chiamata Madonna, l'appellativo dato dai cavalieri
alle dame e dai cristiani alla Madre di Dio.
21
lare: nel voline del 1979 M. MACCARONE, S . Francesco e la Chiesa di
Innocenzo III, come presentazione storica eccellente e lo studio di P . A.
S O U S A C O S T A , La dottrina ecclesiale, della vita religiosa e il suo in-
flusso sulla "Forma vitae" di San Francesco. E tutto il volume 5 del 1983
sulla Fraternità, dove si trova pure il mio studio: "La dimensione evange-
lica e la funzione ecclesiale della fraternità francescana alla luce del
Vaticano II", pp. 15-68.
22
5
- Amore alla Chiesa: speranza del mondo.
23
per educazione, essa scopre Dio, leggendo in un libro il "Pater noster".
Ora è in esilio e vive a Parigi. L'anno scorso (1983) scoprì, dopo una con-
ferenza a Linz (Austria), il segreto della grazia di cui era stata resa
partecipe. Lha Suora anziana le si avvicinò, chiedendole di parlarle. Le
sussurrò all'orecchio: "Ringrazio il Signore, perché questa sera mi ha dato
un segno. Sono 40 anni che prego per la conversione della Russia...". La
convertita russa conclude il libro così: "Allora compresi che la mia im-
provvisa conversione non era soltanto frutto del sacrificio dei martiri
russi, ma delle preghiere di quanti hanno accolto l'invito della Madonna
di Fatima di pregare affinché la santa Russia ritorni a diventare la dimora
della Santissima Madre di Dio".
Il rinnovamento della Chiesa passa oggi per il nostro cuore, ccme un
tempo per il cuore di Francesco e di Chiara, figli devoti della Santa Madre
Chiesa. Soltanto l'amore è creativo, allora come oggi.
Il Testamento di Siena del Serafico Padre ci accompagni e segni il rit-
mo del nostro cammino spirituale. E' la quint'essenza del suo messaggio
e la sua benedizione per tutti i frati dell'Ordine che furono sono e saran-
no fino alla fine del mondo, il testamento dell'amicizia.
"Scrivi il modo in cui benedico tutti i miei frati che sono ora nel-
l'Ordine e che vi entreranno fino alla fine del mondo. E siccome per la
mia debolezza e per la sofferenza della malattia non posso parlare, in tre
parole mostrerò brevemente la mia volontà e la mia intenzione a tutti i
frati presenti e futuri.
Cioè: in ossequio alla mia memoria, alla benedizione e al testamento,
1. sempre si amino tra loro ccme io li ho amati e li amo;
2. sempre amino e osservino nostra signora la santa povertà;
3
- e sempre siano fedeli sudditi dei prelati e chierici della santa Madre
Chiesa" (19).
S . Francesco scopre nella Chiesa l'ordine dell'amore. Il messaggio è
talmente importante che neppure gli eremiti possono fare l'esperienza di
Dio da soli. Anch'essi, secondo la norma proposta loro da S . Francesco,
hanno la gioia e la grazia di potersi esercitare ogni giorno nell'amore
'Vnaterno" (che dona la vita! ) e "filiale" (che si accoglie cane dono e si
ringrazia!) per raggiungere la perfezione della Chiesa e viverne piènamente
il mistero di salvezza (20).
24
XI Lezione.
2. L a c a t e c h e s i p a s q u a l e d e l S a n t o : "Il S i g n o r e t i d i a pace!".
* * *
1
• Papa Onorio III, S. Bonaventura e Frate Alessandro da
Brema.
25
Nota in merito il Congar: 'Non esiste, non può esistere organizzazione
che traduca adeguatamente il Vangelo. Non può esserci programma che sia
definito una volta per tutte: il pensiero sarebbe indotto a credere che
l'Assoluto possa essere formulato adeguatamente sul piano del relativo e
nel linguaggio del relativo. Ma per quanto riguarda questo Assoluto del
Vangelo, noi non possiamo ottenere che risultati parziali, precari: soltan-
to immagini della sua giustizia perfetta...
Fra queste immagini umane la vita di S . Francesco è senza dubbio la più
vicina, la più somigliante. Nei suoi confronti si potrebbe opportunamente
usare l'espressione cosi bella del Padre Allo a proposito di S . Paolo: egli
è stato "il primo dopo l'Uhico"(2).
Se n'erano ben accorti i primi biografi del Santo, i quali non poterono
contenere la loro gioia nel partecipare a tutti la novità della forma di
vita di Francesco che ravvivava nel mondo la primavera della Chiesa. "I
fratelli minori" insieme alle "sorelle minori" erano "tenuti in grande con-
siderazione dal Papa e dai Cardinali"(3).
Tutta la Chiesa esulta per la presenza dei frati minori, perché ricono-
sce in essi una primavera dello Spirito. Basti per tutti la testimonianza
di Tommaso da Celano:
"Simile a un fiume di paradiso (cf. Gen 2,10), il nuovo evangelista
di quest'ultimo tempo ha diffuso con amorosa cura le acque del Vangelo per
il mondo intero, e con le opere ha additato la via e la | vera dottrina del
Figlio di Dio. Così in lui e per suo merito il mondo ritrovò una nuova gio-
vinezza e una insperata esultanza e il virgulto della antica religione ha
subito rinnovato rami, che erano ormai vecchi e decrepiti. Gli eletti furo-
no riempiti di uno spirito nuovo e dell'abbondanza della grazia, quando
questo santo servo di Cristo, come astro celeste, ha irradiato la luce del-
la sua originale forma di vita e dei suoi prodigi. Tramite Francesco si
sono rinnovati gli antichi miracoli, quando nel deserto di questo mondo
è stata piantata una vite feconda, che produce, mediante un modo di vita
nuovo» ma fedele agli antichi, fiori profumati di sante virtù e stende o-
vunque i tralci della santa religione"(4).
La novità è data dalla riscoperta della forma di vita evangelica, se-
condo gli esempi degli Apostoli, i quali condivisero la vita di Gesù e ne
divennero testimoni fedeli. Così afferma il Papa Onorio III nella Bolla
"Curi dilecti" del 18 giugno 1218, raccomandando i frati "ai venerabili fra-
telli arcivescovi e vescovi e ai diletti figli abati, decani, arcidiaconi
26
e agli altri prelati delle chiese" (5)
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riteniamo il l o r o 0 rd „ . r . n " ^ ^
— rzi;;:;: 1 c ™ : ; ^ 1 — . —
Romana". cattolici e devoti alla Chiesa
7) Test. 6 : FF 111.
27
della Chiesa che scende dal cielo (8).
Basti un saggio per indicarci di quale valore ecclesiale sia la sua
affermazione (Ap 21,10): "L'Angelo mi trasportò in spirito su di un monte
grande e alto (perché non pensare anche a questo monte altissimo della Ver-
na per le rivelazioni di questi giorni?) e mi mostrò la città santa, la
nuova Gerusalemme, che scendeva dal cielo, da Dio, splendente della gloria
di Dio". Per questa città vengono significati (designati) i Frati Minori,
che secondo la storia imitano la vita apostolica, e i Predicatori, che se-
guono l'Apostolo Paolo nella predicazione. Tutti costoro vengono chiamati
Gerusalemme poiché già tendono alla visione dell'eterna pace. Si dice nuo-
vo, perché svestendosi dell'uomo vecchio rivestono quello nuovo, che è
creato secondo Dio. E quindi mentre assumono l'abito spirituale, viene loro
detto che si spoglino dell'uomo vecchio e rivestano quello nuovo" (9).
L'A. è talmente convinto della verità che annuncia, che soggiunge: "Si
deve aggiungere che in tutto il libro dell'Apocalisse avviene raramente
che un testo concordi tanto perfettamente con la storia, come quello che
parla della nuova Gerusalemme".
Vediamo quindi come la prima coscienza ecclesiale dei Frati fosse pro-
prio quella di essere i testimoni dell'ultima rivelazione dell'amore, an-
nunciata da Gesù agli Apostoli, nel Vangelo di Giovanni: "In verità, in
verità vi dico: Vedrete il cielo aperto e gli Angeli di Dio salire e scen-
dere sul Figlio dell'Uomo" (Gv 1,51).
L'A. vede nel "topazio" la preziosità dell'Ordine dei Frati Minori,
"che Francesco fondò, affinché, per felice disposizione, in essi sorgesse
la fabbrica spirituale di tutte le virtù" (10).
28
"nel grembo di un'unica Madre" (12), la santa Madre Chiesa. In modo parti-
colare la liturgia della Chiesa lascia un'impronta profonda nel suo spiri-
to, di modo che quanto egli vive nella Chiesa, diviene per lui rivelazio-
ne. Ascoltando il Vangelo, durante la S . Messa a S . Maria degli Angeli,
percepisce il senso della sua vocazione nella Chiesa e ci si ritrova tutto
come nella sua dimora di luce (13).
Il saluto liturgico del Risorto che appare in mezzo ai suoi Apostoli,
dicendo: "Pace a voi!" (Le 24,36; Gv 20,19-21) e riempiendoli di gioia,
diventa per lui il senso della vita, partecipata come annuncio del Regno
di Dio, quindi piena rivelazione: "Il Signore m i rivelò che dicessi questo
saluto: "Il Signore ti dia pace!" (14).
S . Francesco assimila anche le forme liturgiche e le fa proprie a tal
punto da ritrovarcisi tutt'intero e da condividerne profondamente il senso.
Anche la sua esegesi personale diventa quindi per noi una chiave di lettura
della sua vita. Nell'annuncio di pace del Vangelo di Giovanni è il Signore
che entra nell'assemblea degli Apostoli raccolti nel Cenacolo e partecipa
il dono della pace e il mandato di viverne la beatitudine (cf. M t 5,9) come
testimonianza che essi "sono veri figli di Dio", poiché è nella pace che
nascono, crescono e vengono consumati nella perfezione dell'amore tutti
i figli di Dio. Non è quindi la voce di Francesco che conta, quanto il vi-
gore della Parola di Dio che entra nella storia, determinandola e rendendo-
la Regno di Dio (cf. Ap 19,13), la Parola del Risorto, che diventa presen-
te in chi ne fa memoria. E' Gesù Cristo risorto, glorioso e vivente nei
secoli, che Francesco immette nella comunione dei fratelli, quando fa ri-
suonare quel saluto. Ed è Gesù stesso che li edifica insieme nell'amore
in virtù della sua presenza. Il Serafico Padre ne è semplice Araldo e adem-
pie la sua missione di testimone e annunciatore del Signore. Poiché il Si-
gnore è il tutto della sua vita, diventa anche il senso delle sue parole
e il contenuto del suo messaggio, il vigore del suo annuncio e la perfezio-
ne dell'amore che egli partecipa ai fratelli, salutandoli, nella gioia del
Signore.
29
E' un'afférrnazione molto semplice, ma piena di luminosa speranza, ful-
gente nella Pasqua del Signore risorto. Il Santo dice che è stato il Signo-
re a rivelargliela e quindi a introdurlo nel senso delle beatitudini di
quanti sono figli di Dio, come operatori di pace (cf. Mt 5,9). Gesù, appa-
rendo, anche mediante la memoria celebrativa di Francesco, edifica l'uomo
nuovo riconciliato, capace di gustare il Regno di Dio in tutte le manife-
stazioni della vita della Chiesa.
Così il Santo fa la prima esperienza di Chiesa, un'esperienza liturgi-
ca, scambiando un saluto che rende presente la gioia degli incontri con
il Risorto e ii vigore della Chiesa nascente. Egli è un uomo nuovo, ricon-
ciliato, senza divisioni, compiuto nella pace di Cristo, felice di essere
figlio di Dio e quindi, salutando, introduce i fratelli nella beatitudine
della vita risorta e li rende operatori di pace.
Ma l'espressione "il Signore mi ha rivelato" lascia intravedere altre
profondità di significato: Egli è entrato nella mia vita come Presenza di
Race, è Lui la mia pace. Il saluto diventa quindi un dono e un testamento
da attuare in sua memoria. Dice anche che il Vangelo è rivelazione piena,
in ogni sua parola, per cui una Parola basta a dare senso a tutta la vita,
a riempire di beatitudine divina ogni esperienza urana. E' il fulgore della
presenza di Cristo, come Primo dei Risorti (cf. Col 1,18; R n 8 , 2 9 ) , "come
Primogenito tra molti fratelli". E' la sua presenza che fonda la comunità
e dà senso definitivo al vivere umano, che entra nella dimensione nuova
della salvezza. Cresta si apre alla dimensione della Chiesa, che è il Regno
di Dio in divenire.
Dimorando nella pace, contenti del Signore, si ravviva quell'incontro
pasquale del quale ci riferisce Giovanni nel suo Vangelo: "Gli Apostoli
furono ripieni d i gioia alla vista del Signore" (Gv 20,20), d i modo che
il ritrovarsi nella Chiesa, alla presenza del Signore, diviene una festa,
l'anticipo della festa del Regno di Dio. E' la Domenica, il giorno che dà
senso alla storia e la trasferisce nella pienezza definitiva del Regno di
Dio. Così Francesco, nella sua semplicità, riscopre, quasi otto secoli pri-
ma del Vaticano II, la vita cristiana come mistero pasquale di Cristo. Egli
entra nella resurrezione e trasforma tutta la sua vita in un grande inno
di riconoscenza e di lode a Gesù Cristo, che, apparendo in mezzo ai suoi,
li edifica nella pace.
La comunità è il luogo in cui si esperimenta il dono della pace. Chi
se ne allontana, chi si allontana dalla Chiesa, non trova il Signore, non
gode il dono della pace. Tommaso diventa simbolo per questa ricerca fatico-
sa della pace, come senso della vita, al di fuori del Cenacolo, in cui sta
fiorendo la Chiesa. Dopo otto giorni egli ritorna e ritrova il Signore e
la pace (cf. Gv 20,24-29), nella comunità dei credenti.
30
P a C e
dell, ^ k ^ F P a n C e S C ° r i m O V a l a 9 Ì O i a d i q - l l a prima ora
della (^xesa ohe sta risorgendo e si avvia per le vie del TOndo c o L t e s t "
- n e dell'amore, generatrice di speranza e operatrice di s a l v e z z a " t ^ t -
U n 6 d e l l a e d i f i i 0
^ T I T T " " " ^ - - - n e in
S Ì i n S t
L In Cr-sto ^ T " " ' ^ ^ — « -col-
ta in Cristo, m una celebrazione ^ s q u a l e , che divenga per Lui cane uuna
n a
dolce canzone d'amore.
5 1
e r i L r ' L ^ r " ^ ^ ^ ^ " " » * > nuovo, rappacificato
1 1 1
ente d r ' p Z ' s ' ^ tristo, allo sguardo inno-
cente di Francesco, che ne contempla la grazia, e si trasfigura egli stes-
so, divenendo raggiante di riconoscenza.
L'invito a celebrare continuamente la ft.squa, "passando per il deserto
— — , vivificata da G e s ù l i s t o , che e ^ !
capa il suo Spirito, introducendola nel Regno di Dio
C h Ì e S a G 6 S Ù
za I T J T T ^ ' è P - P ^ o ^ Sua presen-
za con il saluto agli Apostoli nel Cenacolo, congiunto al dono dello Spi
rito Santo, che li edifica nella pace. ^
1 1 f a c c i a
p a c e ^ v i ^ ? ^ ^ ^ ^ ^ ^ catechesi sulla
pace, vista come saluto e dono al popolo di Dio.
d e U a 6 7
di " « Specchio
Perfezione, 26 - che corrispondono - , presentando il "nuovo p ^ I ^ I
Dio", "contento solo di Gesù Cristo A l t i c c i •• • P"Poio a i
oace P i a a n n • , Altissimo e glorioso", che vive nella
Pace e la annuncia al mondo (16). La presenza di Cristo è insieme opera
d amoro e dono della pace, gioia della salvezza ed edificazione c c T n e
rendere presente Cristo, anche nella gioia di ritrovarsi uniti n e T £ L
o c per celebrarne la m e ^ r i a , costituisce il fatto ecclesiale c a ^ r "
^ a n e ^ r 5 0 0 ' * ^ ~ ^ - * C h i e s a ^ i rin-
nova alle origini della sua storia divina ed o d i f i ^ , i ^
uxvxria ea eairica il mondo intero nplla
i r ^ r r s rdei ^ d i * — ~
Alla luce dei Documenti conciliari possiarro misurare l'attualità
sor-
15) :r;:v:t:.ii29- ^ » ^ « n a t a , „ s e r a f i c o
31
prendente della visione d i S . Francesco, di una Chiesa che celebra il mi-
stero del Regno e si illumina in Cristo, facendone memoria. La Chiesa sco-
pre se stessa nella dimensione d i Cristo e ringiovanisce nell'ascolto
e nell'annuncio della sua parola, nella visione e nella rivelazione del
suo volto. La forza rigenerante dell'amore diventa memoria celebrativa e
partecipazione della vita nuova del Risorto a quanti vengono a Lui attratti
in virtù della fede del suo fedele servo Francesco, araldo di pace e di
perdono.
Il saluto del Serafico Padre è quindi il frutto della sua esperienza
pasquale, del suo incontro con il crocifisso di S . Damiano e della sua pie-
na adesione al compito affidatogli di "restaurare la Chiesa" (17).
E ' per questo,1 che egli educa i suoi fratelli a fare lo stesso e nella
catechesi pasquale ricordata, non solamente scopre il "nuovo popolo di Dio"
(si pensi alla risonanza del Vaticano II!), ma confida a i suoi fratelli,
che lo pregavano d i permettere loro un altro saluto, diverso da quello del-
la pace, "Il Signore m i rivelò che dovessi dire come saluto: 'Il Signore
ti dia pace!' " (18), perché pace e riconciliazione sono i doni che il Si-
gnore partecipa, comunicando il suo Spirito (cf. Gv 20,19-23).
Ecco la novità: i frati sono un popolo d i risorti, che entrano in Cri-
sto, edificando il suo Regno che non avrà fine. Non sono più morenti, ma
risorti, viventi nel fulgore della luce, che vide ascendere il Primo dei
Risorti, nella gioia della visione del Signore, che appare in mezzo agli
Apostoli nel Cenacolo e li edifica in Chiesa del Dio vivente, donando loro
il suo Spirito Santo.
Il loro messaggio è il dono del Risorto a i risorti: la pace. Non più
qualcosa, m a il dono definitivo, la pienezza dei doni, il dono del Risorto
e la sua presenza pacificatrice. Per questo, il Serafico Padre nel suo Te-
stamento ce ne partecipa il dono, dopo averne detto il motivo nella cate-
chesi fatta a i suoi primi fratelli. Egli vuole che essi comprendano che
non si tratta solo di una parola che può venire facilmente mutata, ma d i
un modo d i vivere, quello inaugurato dal Risorto. Si tratta di diventare
nuova creatura e di annunciare, partecipandola a tutti gli uomini, la pace
del Risorto. Il linguaggio nuovo non è più manipolabile, perché nasce dallo
17) 2 Cel 10 : FF 593: "Francesco - gli dice chiamandolo per nome (cf. Is
40,26) - va', ripara la mia casa che, come vedi, è tutta in rovina".
I 3 Comp riportano anche la sua risposta generosa: "Tremante e stupe-
fatto, il giovane rispose: Lo farò volentieri, Signore!", 3 Comp 13:
FF 1411. La "casa" del Signore è evidentemente la Chiesa, non solo
quella fatta di pietre, ma quella fatta di persone.
18) Spec 26: FF 1711; Test 27 : FF 121.
32
Spirito, del quale la pace è un frutto squisito (G&l 5,22). Non si tratta
più di convenienze urtane, ma dell'edificazione del Regno di Dio, secondo
le modalità suggerite dallo Spirito Santo e inaugurate da Gesù Cristo che
ha istituito la Chiesa. Le convenienze umane, sia pure giustificate, riman-
gono nella tensione e nella contrapposizione, che spesso divide, mentre
10 Spirito del Signore unisce i figli del Regno, edificandoli nella pace.
Perche l'amore ha un'immensa capacità creativa; fa nuove tutte le cose.
Da queste considerazioni possiamo quindi concludere che il saluto "Il
Signore ti dia pace" è il dono personale di Francesco a tutti coloro che
11 Padre celeste mette sul suo cammino, affinché li raccolga e li restitui-
sca a Lui, nella Chiesa, edificandoli nella pace, come veri "figli di Dio"
(cf. Mt 5,9), capaci di pacificare, vivendo nella beatitudine evangelica.
Francesco ottenne il dono della pace dal Risorto che dalla Croce di San
Damiano gli aprì le vie della risurrezione e lo mandò ad edificare, pacifi-
cando e riconciliando in Cristo tutti gli uomini, l'universo intero, in
vista della sola pace dell'amore.
Possiamo quindi chiamare il saluto di pace la prira catechesi sulla
Chiesa fatta da Gesù risorto e comunicata agli Apostoli, rra anche al suo
servo Francesco, che dalla sua Croce pasquale, Egli restituì a nuova vita,
introducendolo per la via nuova e vivente, che è la Chiesa. Tale saluto
è un invito a vedere e ad accogliere l'esperienza umana come una divina
avventura di amore, come l'opera della salvezza del mondo che Gesù Cristo
ha iniziato e che continua nella sua Chiesa. Si tratta del punto di vista
divino dell'esperienza umana, dell'apertura della porta nel cielo (Ap 4,1).
Secondo quest'insegnamento di S . Francesco, la Chiesa è il luogo in'cui
si incontra il Signore risorto e si proclama insieme che "Gesù è il Signo-
re" (Fil 2,11). Poiché solo quando si riconosce la presenza del Signore
nella Chiesa, si è capaci di contribuire, nella misura del dono ricevuto,
alla sua edificazione, incominciando dalla gioiosa testimonianza fino alla
memoria celebrativa e alla partecipazione del dono della sua pace. Non d<^
vrerrmo accontentarci di proclamare la pace. Da veri figli e figlie di S .
Francesco abbiamo la gioia di donare la pace, edificando la Chiesa con la
nostra presenza di risorti, che hanno visto il Signore. Così fece lo stesso
Serafico Padre, ordinando a Frate Silvestro di scacciare i derroni da Arez-
zo, per edificare quei cittadini nella pace di Cristo, riconciliandoli tra
di loro (19).
33
3. Rivelazione del mistero della Chiesa in S . Chiara.
34
velazione del mistero della Chiesa (cf. Gv 1,51).
Chi ama rende presente ed è presenta ^
&
del Verbo diventa il ! ^ ^ ^ ^ ^ L'Incarnazione
1 6
-izza c i ò che a n n u ^ . " ^
q u l n d i i n
ogni celebrazione liturgica la „ ^ '
n ^ W e J
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e si i ^ T ™ ^
°ra d o t a t o d l
eloquenza celeste, 1 Osi 25), essa te-
"0Ì " U S a n t Ì S S Ì
- « Sangue del Signore" ! I ' ^ ^
C h e
2 5 ) p M e r e n d e Feconda in noi la Paiola « " i l
Proc, Test. IX,4 : FF 3062; Test. X,8 : FF 3076.
35
sti/nonia vide appresso a santa Chiara uno mammolo bellissimo, e parevale
de età quasi de tre anni. Et orando essa testimonia nel suo core che Dio
non permettesse che essa fusse ingannata, le fu risposto nel suo core in
queste parole: "Io so' in mezzo de loro" (cf. Mt 18,20), significando per
queste parole come el manmolo era Jesu Cristo, lo quale sta in mezzo de
li predicatori e de li uditori, quando stanno et odono come debbono...
Adomandata che tempo fu, respose: in quella settimana dopo Pasca, nella
quale se canta: "Ego sum pastor bonus"(26).
Adomandata chi ce era presente, respose: che c'erano le Sore.
^domandata se alcuna de loro vide quello marrmolo, respose che una Sora
disse ad essa testimonia: "Io so che tu hai veduto qualche cosa".
Adomandata per quanto spazio stette lì quello mammolo, respose: per
grande parte della predica. E disse che allora pareva che uno grande splen-
dore fusse intorno alla preditta madre Santa Chiara, non quasi de cosa ma-
teriale, ma quasi splendore de stelle. E disse che essa testimonia per la
apparizione preditta sentiva una soavità inesplicabile.
E dopo questo, vide un altro splendore, non quasi de quello colore che
era el primo, ma tutto rosso, in modo che pareva gittasse fora certe scin-
tille de foco; e circundò tutta la preditta santa, e coperse tutto el capo
suo. E dubitando essa testimonia che cosa fusse questa, le fu risposto,
non con la voce, ma le fu detto nella mente sua: "Spiritus sanctus super-
veniet in te" (Le 1,35)".
Leggiamo anche la versione più breve perché ha qualche particolare in-
teressante e accentua .la esperienza dell'Angelo, raffigurato dalle ali che
possono raffigurare sia l'Angelo dell'Annunciazione che quello del mistero
pasquale di Francesco, il Serafino della Verna, con le sue ali infuocate.
"Anche disse che, una volta, nel d ì de calendimaggio, ^ssa testimonia
vide nel grembo de essa madonna Chiara, innanti| al petto suo, uno mammolo
bellissimo, in tanto che la bellezza sua non se poteria esprimere; et essa
testimonia medesima, per lo vedere di quello mammolo, sentiva una indicibi-
le soavità de dolcezza. E senza dubbio essa credeva che quello mammolo fus-
se lo Figliolo de Dio. Anche disse che allora essa vide sopra el capo de
essa madonna Chiara due ali splendide ccme el sole, le quali alcuna volta
se levavano in alto, et alcuna volta coprivano el capo de la preditta ma-
donna".
Cerchiamo di ricomporre il quadro liturgico di quello straordinario
avvenimento. Si tratta di un incontro pasquale, dell'apparizione del Signo-
re, vivente nella sua Parola, che ccme Buon Pastore visita e consola le
sue pecorelle. E' quindi l'esperienza di Chiesa per eccellenza, quella pri-
36
mondiale e originaria degli Apostoli nel Cenacolo che vedono entrare il
Signore che porta loro la pace e sono ripieni di gioia (cf. Gv 20,19-23).
Anche la celebrazione della parola, di cui sono testimoni le sorelle
di Chiara, rassomiglia a quell'incontro pasquale del Buon Pastore con le
sue spose, consacrate dalla parola e dallo Spirito, che esperimentano, in
una sequenza mirabile, l'evento dell'Annunciazione del Verbo e dell'adom-
bramento dello Spirito Santo, ma anche la presenza del Verbo Incarnato,
cane "bambino"-Pastore.
Si tratta di un incontro personale con la singola persona, che accoglie
la parola nella fede, che celebra quindi la Parola di Dio, nutrendosi alla
sua mensa. L'accoglienza avviene nel cuore, la nuova concezione non conosce
più la fecondità del grembo, ma la pienezza di fecondità del cuore aperto
dall'esperienza della parola, accolta mediante lo Spirito datore di vita,
nella doppia esperienza: di annunciazione ossia di concezione divina, che
equivale a una celebrazione pasquale ossia a una introduzione nell'intimità
d'amore del Signore risorto e vivente; e di celebrazione della Chiesa in
una Pentecoste infuocata e rigenerante. Un inizio e un compimento divino:
una Concezione del Verbo nella mente, resa deiforme dalla sua presenza mi-
rabile, una effusione dello Spirito, che rende evidente la divina materni-
tà, propria della Vergine Madre Maria e della Vergine Madre Chiesa.
"Cristo è Uno e l'Unico; il Capo e il Corpo. Egli è uno: Figlio dell'u-
nico Dio nei cieli, figlio dell'unica Madre sulla terra. Sono molti i fi-
gli - eppure un unico Figlio. Come di conseguenza il capo e le membra sono
insieme molti figli e tuttavia un unico figlio; così anche Maria e la Chie-
sa sono un'unica Madre e tuttavia due, una Vergine e tuttavia due. Ognuna
è madre, ognuna è vergine. Ambedue hanno concepito senza intervento unano
dal medesimo Spirito. Ambedue generano senza macchia a Dio un figlio. Una
senza peccato ha generato al corpo il Capo; l'altra, nella capacità di ri-
mettere tutti i peccati, ha donato il corpo al Capo. Ognuna è madre di Cri-
sto, ma nessuna lo genera completamente senza l'altra" (27).
27) ISACCO DELLA STELLA, Sermone 51, Sull'Assunzione della B.V. Maria in
cielo; PL 194, 1863. Lumen Gentium, n.64: "Orbene, la Chiesa, contem-
plando la santità misteriosa della Vergine, imitandone la carità e a-
dempiendo fedelmente la volontà del Padre, per mezzo della Parola di
Dio accolta con fedeltà, diventa essa pure madre, poiché con la predi-
cazione e il battesimo genera a vita nuova e immortale i figli, conce-
piti ad opera dello Spirito Santo e nati da Dio. Essa pure è vergine,
che custodisce integra e pura la fede data allo Sposo; imitando la Ma-
dre del suo Signore, con la virtù dello Spirito Santo, conserva vergi-
nalmente integra la fede, salda la speranza, sincera la carità".
37
Queste parole di Isacco della Stella ci chiariscono il mistero della
Chiesa che segue l'esempio della Vergine Madre Maria e concepisce per opera
dello Spirito Santo e genera a Dio i figli del Regno, in virtù della Parola
accolta nello Spirito e custodita nella santità.
Chiara già vive in quel cielo nel quale appare il Signore. Poiché ella
molto amava la Parola di Dio. E uno vive là dove ama, dove ha riposto il
suo cuore. Essa si ritrovava in quella Parola e vi abitava come nel suo
cielo, divenendo così per le sorelle "rivelazione" della Chiesa Vergine
e Madre.
Bisogna notare anche la percezione delle sorelle, che vedono la presen-
za di Cristo risorto nel suo Cenacolo, ma nella dimensione di Bambino, come
Figlio della Vergine Madre, ossia nella più profonda intimità d'amore. Tut-
ta la persona viene raccolta e consacrata dalla presenza della Parola e
dello Spirito. L'esperienza dell'Angelo, che introduce nel compimento defi-
nitivo, è significata dalle ali, che sembrano dei raggi scintillanti ccme
stelle; quella dell'adcmbramento dello Spirito, dalle fiarrme di fuoco. E'
un'esperienza completa e sublime di liturgia della parola che rende pre-
sente Cristo e lo dona alla Chiesa.
28) Nei suoi scritti la troviamo solo 10 volte: nella Lettera al Capitolo
e ai frati della "fraternità": FF 215; nella Regola bollata, 8,1,
quando si parla di eleggere il "ministro e servo di tutta la fraterni-
tà": FF 96. Per quanto ci riguarda è interessante nel contesto del
Cardinale correttore e protettore "di questa fraternità" (RegB 12,4 :
FF 108; M. CONTI, Lettura biblica della Regola francescana, 259-265).
38
ti"(29).
Francesco, pur ricordando l'esempio di amore più grande che esista sul-
la terra, quello di una madre, non si limita alla perfezione naturale del-
l'amore, ben sapendo che vi sono dei limiti causati dalla debolezza umana.
Purtroppo una madre può nutrire la sua creatura, ma non amarla e, allora,
questa rimane infelice, quando non perda anche la vita. Sul piano fisico
c'è anche un limite di fecondità. Sul piano spirituale viene proposta la
perfezione dell'amore (la "carità perfetta"), che il Concilio Ecumenico
Vaticano II metterà al centro della sua teologia della vita religiosa (30).
Orbene l'amore ha la sua sorgente divina personale, lo Spirito Santo,jche
non ha altro compito e altra intenzione, se non di comporre quella mirabile
unione comune, quella comunione, che tende alla unità e diventa quindi co-
munità, ma senza perdere il pregio della libera adesione personale di fede.
E' proprio l'elemento di fede, carne beatitudine, oltre che ccme "obbedien-
za" (Rn 16,26; 1,5; 2 Cor 10,5-6), che edifica la fraternità nell'amore.
La beatitudine della parola diventa la beatitudine della fede e della
risurrezione, ossia dell'incontro con il Signore risorto e dell'esercizio
della condivisione dei doni, che egli ha distribuito magnanimamente alla
sua Chiesa (cf. Gv 20,29; Ef 4,7-8).
Francesco vuole esplicitamente che la sua comunità sia composta di fra-
telli: "E nessuno sia chiamato priore, ma tutti siano chiamati semplicemen-
te frati minori: "E l'uno lavi i piedi all'altro" (Gv 13,14)"(31). Ma il
servizio, che risponde alla nuova alleanza instaurata da Gesù, come compi-
mento della sua opera salvifica, deve essere fatto con stile e cortesia.
L'accoglienza è la prima caratteristica dell'amore vero, la maternità
è il segno di un amore maturo, capace di donare la vita. Così Francesco
ripropone lo stesso ideale d'amore, che lo ha sorpreso nella chiamata a S .
Damiano e nella scoperta della pienezza di quella verità d'amore a S . Maria
degli Angeli.
Per questo non permette a nessuno di vivere fuori di questo esercizio
perfetto dell'amore che dona la vita, di questo amore perfetto. Né qualcuno
può venire eliminato, né qualcuno può escludersi, senza che i fratelli lo
accolgano e lo ridonino alla vita come una madre il suo figlio diletto.
'Si guardino i frati dal mostrarsi tristi all'esterno e oscuri (Mt 6 ,
16) in faccia come gli ipocriti, ma si mostrino lieti nel Signore (cf. Fil
4,4) e giocondi e garbatamente graziosi"(32).
39
La vita negli eremi intende continuare la perfezione della carità, che
costituisce l'essenza della vita fraterna, quella del dono reciproco della
vita e dell'accoglienza riconoscente. Il nuovo rapporto, creato dall'acco-
glienza della Parola di Dio, per cui uno è "fratello, sorella e madre di
Cristo" (Le 8,21), permette all'uno di essere fratello e madre dell'altro
anche nei rapporti reciproci che sono venuti a instaurarsi nella Chiesa
in virtù della vita nuova, mediante il battesimo, del quale la vita frater-
na e l'espressione più genuina, perché presuppone la figliolanza divina
e quindi l'accettazione riconoscente e gioiosa delle meraviglie operate
dal Signore.
Stupisce quindi solo chi non comprende questa finezza di espressione
di vita, il fatto che S . Francesco voglia che la vita fraterna sia garanti-
ta anche tra gli eremiti. E' un fatto per sé inaudito. Eppure è la più sem-
plice applicazione della dottrina del Vangelo: "Dove due o tre sòno riuniti
nel mio nome, Io sono in mezzo a loro" (Mt 18,20) e della beatitudine deri-
vante dal ccmune ascolto della parola di Dio, che non può fermarsi alla
mensa della parola, ma che tende a compiersi nella "comunione dei Santi,
nella Comunione al Corpo di Cristo, velato nel mistero della fede, dei se-
gni sacramentali e delle sembianze del prossimo. E' la stessa presenza d'a-
amore, lo stesso mistero di fede, la stessa beatitudine d'incontro, secondo
la gradualità propria di una celebrazione : dalla Parola al Corpo di Cristo:
dall'ascolto e dall'obbedienza di fede, alla condivisio'ne e comunione nella
partecipazione dei doni dello Spirito e anche dei beni, ma sempre nel reci-
proco dono della vita, nel quale consiste appunto la forza vivificante del-
la fraternità francescana, che per questo fatto appunto non può in nessun
caso rinunciare alla sua caratteristica "materna", neppure nella solitudine
degli eremi.
"Coloro che vogliono vivere religiosamente nei romitori, siano tre fra-
ti o al più quattro. Due di essi facciano da madri e abbiano due figli o
almeno uno... I figli poi assumano talora l'ufficio delle madri, ccme volta
per volta parrà loro opportuno disporre per l'alternarsi" (33).
La disposizione di essere in almeno in tre potrebbe avere una giusti-
ficazione anche liturgica, per garantire la recita dell'Ufficio divino,
secondo il Rito della S . Chiesa (34). In questo caso avrebbe una dimensione
40
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Perché già tenete in " n o / ^ * ^ ^ dei cieli,
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ucì±u s p i n t o , recando impresso il ^ n e avete ricevut
(cf. 2 Cor 1,22;
TOStnandovi
grazia, in tutto conformi I quel o r l i * ' P * ' sua
41
XII Lezione
1. I l m i s t e r o d i un u n i c o a m o r e : la s a n t a M a d r e C h i e s a cat-
tolica romana.
* * *
E' impossibile poter pensare a San Francesco senza ricordarsi del suo
tenerissimo amore per la Santa Madre Chiesa Cattolica Romana. Egli ne fa
oggetto di vera fede teologica e confessa in tutta verità nel suo Testamen-
to: " E il Signore mi dette tanta fede nelle chiese, che così semplicemente
pregavo e dicevo: "Ti adoriamo, santissimo Signore Gesù Cristo, qui e in
tutte le tue chiese che sono nel mondo intero e ti benediciamo, poiché con
la tua santa croce hai redento il mondo" (1). Si tratta del mistero di un
unico amore: il realismo cristiano acquista in San Francesco la sua più
evidente espressione proprio in queste adoranti parole. La Chiesa e ogni
singola chiesa, sia pure esigua o diroccata, come Santa Maria degli Angeli
prima del restauro, è per il giovane innamorato di Gesù Cristo, Francesco,
soltanto il velo esile e fragile che custodisce il mistero adorabile della
"Presenza del Santissimo Signore nostro Gesù Cristo". Per questo, dal suo
cuore, innocente per grazia, scaturisce il grande canto dell'amore che si
compie nell'adorazione. Eucarestia e Croce, ossia amore che dona la vita
e il tessuto del corpo disteso sulla Croce per avvolgere di tenerezza l'u-
niverso, consacrandolo nella luce e rigenerandolo nella lode divina, diven-
gono per Francesco i poli di un'unica visione di fede che illunina il mondo
intero, rivelandolo nella sua identità di creatura di Dio.
42
Con Tommaso da Celano possiamo esclamare: "Quanto glorioso è questo San-
to, di cui un discepolo contemplò l'anima ascendere in cielo. "Bella come
la luna, splendente come il sole" (Ct 6,9), mentre ascendeva raggiava di
gloria in mezzo ad una nube candida. O vera luce del mondo, che rifulgi
più del sole nella Chiesa di Cristo" (2). Sembra che il Celano lo descriva
così mentre ascende nella luce, ccme Santa Maria degli Angeli, la "Virgo
Ecclesia facta" (3). Si tratta della Creatura mortale che si compie nella
sua originale vocazione divina, divenendo così ccme è stata concepita nel-
l'intemerata bellezza del primo amore di Dio. Forse per questo si ebbe la
netta percezione del mistero ecclesiale negli atteggiamenti e nelle parole
di Francesco, che rivelavano la sovrabbondante ricchezza di grazia custodi-
ta nel suo cuore ccme in un tabernacolo, un taberbacolo dell'amore che tra-
sforma e consacra tutta la vita. Appena egli si presentò al Papa, il Cardi-
nale Giovanni di S . Paolo lo rivelò nella sua identità cristiana ed eccle-
siale: "Ho incontrato un ucmo di straordinaria virtù, che si è impegnato
a vivere l'ideale evangelico, osservando in ogni cosa la perfezione espres-
sa nel Vangelo. Sono convinto che il Signore vuole, per mezzo di lui, ri-
formare in tutto il mondo la fede della santa Chiesa" (4).
E' significativo che lo stesso giudizio venga emesso a distanza di otto
secoli da una Teologa russa dei nostri tempi, che scoprì San Francesco leg-
gendo le Fonti Francescane, proprio nell'edizione italiana, che noi abbia-
mo tra le mani. Permettete che legga la sua testimonianza: "Un caro amico,
teologo della Chiesa cattolica di Roma, che è anche frate francescano, ci
ha portato (non senza rischio da parte sua!) diverse copie di un grosso
volume: Fonti Francescane. Una splendida opera, traduzione italiana comple-
ta, ammirevolmente introdotta ed annotata, dei testi più antichi, classici,
del grande movimento della Chiesa d'Occidente che si dice francescanesimo.
Dapprima i testi autentici di San Francesco, poi i racconti dei suoi bio-
grafi, le prime cronache, ecc. Tutto ciò, per noi teologi ortodossi, so-
prattutto per chi sempre di più si occupa della teologia spirituale, è una
meravigliosa rivelazione: è come essere entrati in una cattedrale tutta
rivestita di affreschi e di icone; le mura di questo tempio sono ccme im-
pregnate di un intenso profumo, di una musica sacra che sprigionano una
forte teologia, una fervida spiritualità che fanno sognare il mistero pro-
fondo dell'unica anima indivisa della Santa Chiesa di Cristo, vivente nel-
l'anima di ogni credente con lo splendore delle sue ricchezze, alla ricerca
di se stessa nell'anima dei suoi santi" (5).
43
E' così che anche noi, rileggendo con intelligenza d'amore l'esperienza
di fede vissuta nella Chiesa da San Francesco, veniamo rapiti dal fascino
della sua santità che si rivela nei suoi Santi, i quali hanno il merito
di aver ripulito il suo volto di Vergine Madre e Regina, permettendole di
brillare dai loro occhi divenuti innocenti mediante la visione di fede,
come la Donna bella dell'Apocalisse (Ap 12) che splende nel Sole e della
cui luce noi tutti viviamo. Per Francesco quell' immagine splendida porta
i tratti dolcissimi della Vergine degli Angeli. La Santa Madre Chiesa, "re-
staurata e riformata", resa fulgente nella corona di gloria di Santa Maria
degli Angeli, la "Vergine fatta Chiesa".
Da questo amore indiviso che congiunge la Chiesa fatta di pietre alla
Chiesa mistero di salvezza nelle sembianze di Santa Maria degli Angeli e
della Santa Madre Chiesa Cattolica Romana, San Francesco giunge alla perce-
zione del mandato apostolico di restaurarla ed è felice ccme un giullare
di Dio, quando può raccogliere le pietre che abbelliranno e renderanno sta-
bile la Porziuncola cementandole con il suo sudore, ma soprattutto quando
può detergere il volto sfigurato dalla lebbra del suo fratello cristiano,
nel quale egli restaura il corpo della Chiesa, continuazione nel tempo del
mistero di Cristo e infine è beato, quando "il Signore gli dona tanta fede
nei Sacerdoti che vivono secondo la forma della santa Chiesa Romana... e
non vuole in loro considerare il peccato, perché in essi vede il Figlio
di Dio (6). Si tratta di un unico mistero di fede, che apre a lui, creden-
te, l'ultimo sigillo della verità, rendendolo "da infedele fedele a Dio",
come ripeteva spesso, riferendosi proprio al mistero di Santa Maria degli
Angeli. Si tratta di quella premessa fatta da Gesù a Natanaele e rivelata-
gli, quando egli, nel Crocifisso di S . Damiano-, contemplò l'Agnello immola-
to- e vivente, che aprì per lui, Francesco, una porta nel cielo (cf. Ap
4,1ss), affinché potesse "vedere le cose ben più grandi" (Gv 1,50). Allora
egli venne fatto partecipe proprio della prima di tutte le beatitudini,
quella della fede, che rivela il mistero della Vergine Madre Maria (cf. Le
1,45) e il mistero della Chiesa, per chi crede senza vedere (cf. Gv 20,29),
non dubitando ccme Tormaso, ma riconoscendo il Signore, che rivela la sua
Chiesa nel cielo: "In verità, in verità vi dico: vedrete il cielo aperto
e gli Angeli di Dio salire e scendere sul Figlio dell'uomo" (gv 1,51).
44
di anima e di corpo" (7), proprio perché ha il coraggio della fede dei ri-
sorti che usano misericordia, da quando riconosce che Gesù, il Signore,
10 condusse tra i lebbrosi, per rivelare in lui la sua infinita tenerezza
che si chiama appunto "misericordia". Il compimento di quella visione si
ha quando squarcia le nubi del peccato del credente "sacerdote" nel quale
più oscuro è diventato il cielo, ma proprio per questo più gioiosa è la
scoperta che anch'egli è un figlio della grazia, un cielo "aperto" nel qua-
le egli "vede il Figlio di Dio".
Da questa prospettiva di fede è possibile parlare di San Francesco re-
stauratore e, se si vuole, anche riformatore, non "della Chiesa", ma "nella
Chiesa Cattolica", in quanto riuscì a rendere fulgente quel cielo, che era
11 suo cuore, reso da ogni cosa libero e talmente puro da poter vedere il
Signore (cf. Mt 5,8). Anche la povertà acquista allora la sua vera dimer>-
sione di amore del Regno di Dio e di scelta preferenziale del Cielo, del
Regno dei Cieli, della "nuova creazione" (Mt 19,28), che Francesco sceglie
come sua "unica porzione (cf. Sai 141,6) che conduce alla terra dei viven-
ti" ed esorta i suoi frati a non voler "aver altro sotto il cielo, per sem-
pre, nel nome del Signore" (8), proprio perché "vede il Signore, che scende
dal cielo facendosi povero in questo mondo (cf. 2 Cor 8,9). Una vita nel
Nome del Signore è tutta una Pentecoste di Grazia, dove è possibile vivere
compaginati nella verità, edificando insieme non solo le mura del tempio,
ma il tempio intero, quello fatto di pietre vive e consacrate dal crogiuolo
purificante della vita eterna, che "li edifica in tempio dello Spirito San-
to" (9).
Il "nulla di proprio sotto il cielo" è il genio ispiratore della'Vifor-
ma" realizzata da S . Francesco nel piccolo cielo che era il suo cuore e
in quel cielo più ampio che erano i suoi fratelli, divenuti, al suo sguardo
fedele, S . Maria degli Angeli, dove, come racconta il Dottore Serafico, un
frate semplice vide proprio aprirsi il cielo e illuminare il volto dell'u-
manità raccolta attorno ad essa, nella festa pasquale della divina miseri-
cordia, nella festa della riconciliazione e della pace, nella "Domenica"
(cf. A p 1,10) nella quale tutta la realtà terrestre e gli avvenimenti di
questo mondo appaiono nella loro verità, espressi "nel cielo", come la
Donna dell'Apocalisse (Ap 12), che per Francesco acquista il volto dimesso,
ma parimente raggiante della "Donna del Deserto", che fu proprio il suo
primo amore e la Parabola, che il Signore gli ispirò di raccontare e di
vivere, per essere "figlio della grazia", nella Chiesa, che è il Regno di
7. Testamento : FF 110.
8. Regola Bollata, 6,5-7.
9. 1 Cel 38 : FF 387.
45
Dio nel suo divenire, nella sua fragile veste di umanità, nel suo mistero
di indigenza e nella gioia di essere "commensale del Regno dei cieli", come
quei "figli poveri e bellissimi", che dal Deserto aveva generato a Dio e
affidati alla sua Chiesa (cf. Ap 12;5,9-14), quel popolo nuovo, semplice
e umile, "contento solo d i Gesù Cristo, Altissimo e glorioso" (10), felice
di poterlo sempre contemplare in quella celebrazione pasquale che è stata
tutta la sua vita, come "pellegrinaggio da questo mondo'al Padre (cf. Gv
13,1ss.) passando per il deserto del mondo in povertà di spirito, e come
pellegrini e forestieri e come veri Ebrei" (Lec^vi 7,9:FF 1129). Questo pel-
legrinaggio pasquale segna il cammino di Francesco nella Chiesa e per la
Chiesa e gli permette di rinnovarla tutta, mediante quella "sinergia del-
l'amore" (3 Gv v . 8) che proviene dalla verità e giova alla edificazione
comune.
46
sorprendente dell'eternità e nella identificazione dell'eternità con il
Vangelo (11). Già gli antichi S p i e n t i avevano intuito che soltanto chi
riesce a dare un senso definitivo alla vita è in grado di edificare gli
altri nell'amore, edificandosi a sua volta nella canunione con Dio e con
gli uomini.(12). L'esperienza religiosa personale diventa il tramite di
una nuova f o m a di vita, che si realizza nella Chiesa e insiane la restau-
ra, le rida forma, vigore e bellezza. Il Vangelo incette nel cuore di Fran-
cesco il senso definitivo e gli traccia il c a l i n o della pienezza di Cri-
sto, nel quale egli si ritrova "nuovo", contento e raggiante nell'innagine
del primo amore.
47
a) La s o r p r e s a d i e s s e r e c o n o s c i u t o nel tempio e chiamato.
Ogni vocazione ha la sua genesi nella esperienza della chiamata. Per
Francesco la chiamata deve essere stata talmente vigorosa e determinante
da fargli considerare quell'evento come una rivelazione: "Il Signore con-
cesse a me frate Francesco... il Signore stesso mi condusse... e il Signore
mi dette tanta fede nelle chiese..., poi il Signore mi dette e mi dà tanta
fede nei Sacerdoti che vivono secondo la forma della santa Chiesa Romana...,
10 stesso Altissimo mi rivelò che dovessi vivere secondo la forma del santo
Vangelo" (16). Francesco riceve la nuova forma in virtù della Parola del
Vangelo che lo interpella personalmente e lo manda a compiere la stessa
missione, ossia a partecipare il dono ricevuto "secondo la misura del dono
di Cristo" (Ef. 4,7), esortando tutti a comportarsi "in maniera degna della
vocazione ricevuta" (Ef 4,1). Si tratta di continuare la missione degli
Apostoli, rivelando il mistero nascosto da secoli, "perché sia manifesto
per mezzo della Chiesa" (Ef 3,9-10), nella misura in cui ogni credente si
comporta da "cittadino degno del Vangelo" (Fil 1,17) "irreprensibile e sem-
plice, figlio di Dio immacolato in mezzo a una generazione perversa e dege-
nere, nella quale deve splendere come astro nel mondo, tenendo alta la pa-
rola di vita" (Fil 2,15-16).
La Parola di Dio lo interpella in tutte le risonanze del "corpo di Cri-
sto che è la Chiesa" (Col 1,24) ed egli la compie nel suo corpo, adempiendo
la missione apostolica di annunciarla "per rendere ciascuno perfetto in
Cristo" (Col 1,28), per donargli quella mirabile forma primitiva e origina-
le, "conforme all'immagine del Figlio suo Gesù Cristo" (Rn 8,29). Dalla
conoscenza di Cristo nel lebbroso (17) alla visione del suo volto velato
dal peccato del fratello Sacerdote (18) fino allo sguardo del Crocifisso
che gli penetra il cuore e gli rapisce tutta la vita per sempre, introdu-
cendolo per quella via nuova e vivente che inaugura i cieli nuovi della
risurrezione (cf. At 2,37; Eb 10,20; 2Pt 3,13; Ap 21,1), ossia nella Chie-
sa, velo che copre il mistero di Cristo e ne partecipa la salvezza, lungo
11 fluire dei secoli, nella pienezza dei tempi.
Questo momento definitivo mi sembra determinante per tutto l'itinerario
di conversione di Francesco e per l'inserimento in quell'arcana e difficile
via, per la quale la verità diventa in lui vita, inizio di vita eterna (cf.
Gv 14,6). La grazia diventa la prospettiva nuova della salvezza, inaugurata
da Cristo stesso (cf. Le 16,16) con la sua Incarnazione (Gv 1,14), risco-
perta da Francesco come modalità dell'essere cristiani, ossia "figli della
48
STazia" < 1 9 ) , . . c o n t e n t i d i C n i s t 0 a l t .ssiro e .
« s^tia : i r r ci n F r m c e s c o i n c n i s t
°Kr " ^
to P l e n e z z a d e l l a
SCO (21). ' «ita di France-
; r m 1 1 rnto cutoi™te di
r e S
tralcio r r , ° l r r i C O n O S C l b l l e d a l peccato che recide il
tralcio dalla vite, impedendogli di portare fr,i++-o t
razione di tutta la O h i e « l ' 1 u r 9 e n z a d e l l a restau-
materiale d ^ c W e t r T * * restauro
-wie aeiia chiesetta vecchia e diroccata di San C&miano r ™
)m 6 S t a
prima opera è c e un "ex voto" de! o» +• n ^ ^
U r e 9 1 1 r i c b ,Bto V T
e a te
-0. giungere con l . a i u t o d e l l a t ( J g „ '.° A l t » » -
orazia rh„ 1 e , grazia . t' l'esperienza della
grazia che lo fa esultare, quando riceve in dono il P„ r - f 9 1 1,•0 1 C f
Leggenda Maggiore 3 3 • FF m ^ « ,, "
— — 9 0 L £ . J.3 . FF 1054. Nella ReaolajjonBollata, 7 17-18
• FF 27, ne fa la norma di comportamento I l
f r a t l
»• a ^ d e n t e s J ^ ^ D o ^ ( c f . F i l 4 4 ) e t ' "Pendant
ttiosos
i o s ^ , Zossia
T; come si• conviene a "finiihilares a n et convenienter
• gra-
? U r e 2 C e l
128 : FF 712. ^ '
49
nella sua pienezza. A questa conoscenza si accende la scintilla della rico-
noscenza di Francesco, che diventa una grande fiamma, alla quale si alimerv-
ta la speranza di molti. Egli stesso ne è talmente sorpreso che, ripropo-
nendola come messaggio nobilitante l'uomo, la considera una "speciale co-
gnizione della somma sapienza" (24).
Tommaso da Celano è conscio di quale portata storico-salvifica sia il
momento nel quale Francesco si mette all'opera.
"Avvicinandosi ad Assisi, si imbatte in una chiesa molto antica, fab-
bricata sul bordo della strada e dedicata a San Damiano, allora in stato
di rovina per vecchiaia. Il nuovo cavaliere di Cristo si avvicina alla
chiesa e vedendola in quella miseranda condizione, si sente trafiggere il
cuore (cf. At 2,37). Vi entra con timore riverenziale e, incontrandovi un
povero Sacerdote, con grande fede gli bacia le mani consacrate, gli offre
il denaro che reca con sé e gli manifesta i suoi proponimenti" (25).
Entrando nella chiesetta diroccata e ravvivando la sua fede nella pre-
senza sacramentale di Cristo nel Sacerdote, egli già partecipa il suo dono,
simboleggiato dai denari che mette a disposizione, riformando tutta la
Chiesa (cf. 1Cor 12,7; 12,27; Ef 4,7). Il mistero di fede della reale pre-
senza di Gesù Cristo, sotto i veli del mistero del prossimo, lebbroso o
Sacerdote che sia, e del mistero eucaristico, sotto i veli dei segni sacra-
mentali memoriali della passione morte e risurrezione del Signore, ridà
forma e vigore alla Chiesa, restaurandola in Cristo. L'intuizione è del
Celano: "La prima opera cui Francesco pose mano, appena liberato dal giogo
del padre terreno, fu di riedificare un tempio al Signore. Non pensa
di costruirne uno nuovo, ma restaura una chiesa antica e diroccata;
non scalza le fondamenta, ma edifica su di esse, lasciandone cosi, sen-
za saperlo, i l p r i m a t o a C r i s t o . "Nessuno infatti potrebbe creare
un altro fondamento all'infuori di quello che già è stato posto: Gesù Cri-
sto" (1Cor 3,11). Tornato perciò nel luogo in cui, ccme si è detto, era
stata costruita anticamente la chiesa di San Damiano, con la grazia
dell'Altissimo in poco tempo la riparò con ogni diligenza" (26).
E' così che il giovane Francesco, interpellato dalla parola, velata
50
dal mistero dei segni, incontra il Signore e gli permette di rivelarsi alla
sua Chiesa, incominciando da lui che si lascia rapire il cuore e rimettere
i n j o n m proprio da quella parola di vita, che fa nuove tutte le cose (cf.
Ap 21,5-6). Quel ravvivare la presenza di Cristo in sé e negli altri per-
mette alla Chiesa di apparire nella sua veste di luce, rigerenerata nella
bellezza della santità di Dio. In tal senso il Celano interpreta pure un
altro gesto memoriale di Francesco, il suo far memoria della Incarnazione
d e l V e r b o nell
' ^ i l t à del presepio di Greccio, inserito nella celebrazione
eucaristica della Chiesa, in piena comunione di fede e d'arare con il Papa,
che gli aveva dato esplicitamente il mandato di farlo (27). Fu in tale oc-
casione, proprio mentre Francesco, quale Diacono, esercitava il ministero
della Parola di Dio, nella celebrazione eucaristica, che qualcuno ebbe la
grazia di vedere quanto avveniva nei cuori dei fedeli: in essi appariva
Cristo, risorto e vivente nei secoli, proprio mentre nelle immagini del
presepio si ravvivava la presenza del Signore. "Gli sembra che il Bambinel-
lo giaccia privo di vita nella mangiatoia, e Francesco gli si avvicina e
1 0 d e s t a c
'uella s
^ P e c i e di sonno profondo" (28). Il "ridestare Cristo"
restaura il volto della Chiesa e ne illumina la presenza, come c a m i t a
puntualmente il Celano: "Né la visione prodigiosa discordava dai fatti,
perché, per i meriti del Santo, il fanciullo Gesù veniva r i s u s c i t a t o n e i
cuòri di molti, che l'avevano dimenticato, e il ricordo di lui rimaneva
impresso profondamente nella loro meroria. Terminata quella veglia solenne,
ciascuno tornò a casa sua pieno di ineffabile gioia" (29). E' la stessa
gioia che riempie di luce il cenacolo e inonda i cuori degli Apostoli,
quando in mezzo a loro appare il Signore risorto (cf. Gv 20,20).
Si comprende cosi che la Vita Seconda del Celano e s p r i t anche a parole
quel mirabile evento, che la Vita Prima lascia solo intuire e sveli quindi
11 mistero del tempio di Dio nella teofania definitiva del mistero pasquale
di Cristo, che introduce la Chiesa pellegrina nella dimora stabile dell'e-
ternità, rendendola partecipe della festa del Regno di Dio.
"Era già del tutto mutato nel cuore e prossimo a divenirlo anche nel
corpo, quando, un giorno, passò accanto alla Chiesetta di San C6miano, qua-
si in rovina e abbandonata da tutti. Condotto.dallo Spirito, entra a pre-
gare, si prostra supplice e devoto davanti al Crocifisso e, toccato in modo
straordinario dalla grazia divina, si ritrova totalmente c a m b i a t o (inte-
ramente nuovo, rimesso in forma, trasformato, totalmente diverso da coro
era entrato). Mentre egli era così profondamente corrmosso, all'improvviso
51
- cosa da sempre inaudita (cf. Gv 9,32) - l'immagine del Cristo crocifisso,
dal dipinto gli parla, muovendo le labbra: "Francesco, - gli dice chiaman-
dolo per nome (cf. Is 40,26) - va', ripara la mia casa che, ccme vedi, è
tutta in rovina" (30).
b) La g i o i a d i p o t e r r i s p o n d e r e : lo f a r ò v o l e n t i e r i , S i g n o r e !
Il ritmo della beatitudine viene immesso nel cuore del giovane France-
sco, radicalmente ravvivato e riformato dalla parola che lo chiama per no-
me, mandandolo in missione domestica di restaurazione di tutta la Chiesa,
permettendo al Signore di rivelarsi nel suo tempio.
Nel racconto dei biografi si nota il tentativo di esplicitare quanto
era avvenuto nell'intimo del giovane, interpellato dalla parola del Croci-
fisso, fino ad esprimere a parole quell'immensa commozione del cuore di
Francesco. 'Tremante e stupefatto, il giovane rispose: "Lo farò volentieri,
Signore!" (31). Il canto nuovo dei redenti già risuona nel cuore e diventa
un grande inno nella celebrazione della Chiesa. Da quel vigoroso impulso
e dalla sorprendente novità della Parola di Dio, dipendono i movimenti suc-
cessivi di Francesco. Egli risponde "diligentemente", da innamorato. E la
sua risposta riaccende l'amore per Gesù Cristo, permettendogli di rivelarsi
nel suo tempio. Il gesto simbolico di offrire il denaro per accendere la
lampada dinanzi a quel Crocifisso denota il senso nuovo che sta dando alla
sua vita, rivolgendola totalmente verso Cristo, orientandosi a Lui. E' cosi
che viene riformato e diventa riformatore, ritrovandosi in Cristo, restau-
rando in Lui tutta la Chiesa.
Il gesto di Francesco, che restaura la Chiesa, diventa rivelazione sim-
bolica nella visione di Innocenzo III, che riconosce in quel piccolo uomo
il gigante che sostiene il Laterano cadente. Per comprendere lo spessore
di verità di quella illuminazione, si dovrebbe considerare il mosaico del
Turriti sul frontone della Chiesa di Ara Coeli, recentemente illustrato
da A . Recio (32). Il Laterano sta rotolando a terra e Francesco, tutto so-
52
lo, gli oppone resistenza, gettandosi contro per sostenerlo con tutto il
vigore del suo corpo divenuto gigante. Fu un vigoroso atto di fede quanto
Francesco compi, sostenendosi con le pietre raccolte e levigate dal fuoco
del dolore, per adattarsi alla -misura" di Cristo, fino a ricomporre quella
mirabile opera, nel vigore dello Spirito Santo di Dio. Fu proprio allora
che la Chiesa fu rigenerata nel suo cuore di figlio devoto e cominciò a
perdere le sue rughe, per apparire nel suo mistero di santità feconda, per
rigenerare lui e i suoi figli nel suo grembo verginale (33).
Il restauro esterno è soltanto l'inizio di un'opera di trasfonrazione
interiore e di rigenerazione, mediante la parola e lo Spirito, di tutto
il corpo della Chiesa, nella misura in cui egli, Francesco, diventava Chie-
sa. —
53
e raggianti nella celebrazione del Regno di Dio, in uno scambio gioioso
di doni, che edificano la Chiesa, ravvivando in essa la presenza di Gesù
Cristo Signore.
L'evento di S . Damiano può ben venire considerato il momento pasquale
dell'esperienza di San Francesco, l'istante felice del passaggio in Cristo
che lo rende cosi lieto della salvezza, ''contento solo di Lui, Altissimo
e glorioso" (37). La riscoperta della beatitudine del regno dà vigore di
significazione all'opera di restauro di chiese da lui iniziata come adempi-
mento del nandato ricevuto dal Crocifisso, che, vinte ornai le ultime resi-
stenze della morte, si libra nei cieli immensi della beatitudine nella cotk
piacenza del Padre, inaugurando il popolo nuovo del "Pater noster" (38),
dei figli, che "rifonmti" dall'obbedienza di fede alla parola del Signore,
vengono " c o n f o r t i " alla sua inrragine di luce (cf. Rn 8,2^-20) e compagi-
nati in tempio vivo del Signore nello Spirito.
Santa Maria degli Angeli segna questo momento di interiorizzazione corv
sacrante della parola, che, penetrando nel cuore, lo feconda, illumina ed
accende di insaziabile brarra di beatitudine. San Francesco sta assaporando
il senso della beatitudine, rrentre la Parola del Vangelo, che gli aveva
aperto il cuore nell'evento pasquale di San Damiano, diventa piena rivela-
zione del Signore risorto e rtanifestazione aperta del mistero del tempio,
dell'evento rigenerante della Pentecoste, ossia di quel ricordo memoriale
che fa rinascere la Chiesa nel suo genetliaco divino, rendendola raggiante
nella ricomposta unità e nella sua serena ed originale bellezza di santità.
Essa rinasce, rigenerata dalla parola e dallo Spirito, in ogni cuore fedele
e ricompone, in quel piccolo cielo, l'arco di pace dell'alleanza nuova ed
eterna, che solca le vie nuove e viventi del Regno di Dio, cavalcando irv-
sieme al cavaliere apocalittico, "fedele e verace" (Ap 19,11), che porta
sulla fronte il sigillo del Dio vivente "Verbim Dei" (Ap 19,13), edificando
54
in Cristo quanti accolgono fedelmente nel cuore la sua Parola
es
dal rn i P e r i e n Z a della misericordia rigenerante di Dio, discesa
dal cielo ccme una pioggia di d i a n o t i che rivestono a festa il Ph
a C h l e s a
incoronandola vera "reaina , >
vera regina en celo, cln la Vergene Maria"
E San Bonaventura che predette la grande illuminazione di fede all'è
sperlenza rigenerante della Chiesa, al vertice di un n o n
re che raccoglie tutta r , ™ Pellegrinaggio di aro-
i. ccogiie tutta 1 umanita attorno a quella chiesetta appena resta,,-
rata nelle ^ r a esterne, Santa Maria degli Anqeli ,
numerevoli uomini, colpiti da cecità r i T ^ ^
in ginocchio e con la f a c e ^ ^ a l T° ^ * q U M t a Chiesa-
Gl
verso l'aito a • 1 °- T u t t i Protendevano le rrani
verso 1 alto e, piangendo, invocavano da Dio misericordia e luce
e t ~ £ r
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^ "te «legione e festa del
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™ t t ! f la T T t ',""e"™"t'J e stupendo che ^
c o n c i ii c r P r r r : ? r r - r
t r i ? . ™ e — — v r z
39
- Leggenda Maggiore, 2,8 : FF 1049.
55
gelica" (40).
La rigenerazione avviene in una celebrazione liturgica, in quel vertice
di divina fecondità che è il ricordo memoriale della parola e del sacrifi-
cio pasquale di Cristo, che fa rinascere la Chiesa, edificandola in Regno
di Dio.
Dopo essersi prodigato nel raccogliere le pietre che gli permisero di
restaurare simbolicamente tre chiesette diroccate\ San Francesco fa l'espe-
rienza del mistero della Chiesa rigenerata dalla Parola e dai Sacramenti,
continuamente nascente dal costato trafitto di Cristo. E' qui che il primo
impatto di fede, reso saldo dall'esercizio spirituale di edificazione del-
l'edificio della chiesetta, permette di degustare tutta la pienezza di vita
e di beatitudine della parola, che diventa Vangelo, annuncio festante della
gioia pasquale, per il giovane Francesco. Mentre ascoltava il Vangelo della
Messa del giorno, che proclamava la missione degli Apostoli (cf. Mt 10,7-
13; Le 9,1-6), Francesco si ritrovò nuova creatura, ebbe la rivelazione
di sentirsi pienamente avvolto dal mistero di grazia della rigenerazione
nella Chiesa, mediante la Parola e l'Eucaristia: "Questo è ciò che deside-
ro, questo è ciò che bramo con tutto il cuore" (41). Dall'ascolto del ri-
chiamo divino di San Damiano a questo mandato apostolico di predicare il
Vangelo, dando alla luce, ossia rivelando con l'esempio e con la parola,
quell'annuncio di vita eterna, si compie l'opera di restaurazione della
Chiesa, passando dalle mura esterne alle "pietre vive, raccolte, per così
dire da ogni parte del mondo", per edificarle "in tempio dello Spirito San-
to" (42).
56
n e 2 z a d i 9 i i
e di ^ ^ ~ -
E g l 1 n o n
quell'incontenibile . - contener in sé
araldo g i o i o s o U ^ Tte J Z 6 " ' ! ^ " ^ " ' ™
«ina e si ^ y
X "' ^ ^ ^
'iena significazione espressiva rfe>n'oh-ì*--
mune (cf. iCor 1 2 7 ) . ebbiva aeli edificazione co-
5
P ^ ^ f ^ i n ^ ^ " della
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grafia, reso U ^ ^ ^ T ^ . T ^
speranza del Regno di Dio " A r t i ^ = ^
vita evangelica veramente g l o r i o s o - TOdiantP n
d i
eSOTP1
e il suo insegnamento s i r i n n o v i iT ch °' 1 & S U a
uomini e donne» (43) E San T t ^ ^ SU0± f e d e l i '
• t oan Bonaventura delinca n ^•
quella -'santa operazione dello Spirito» T P a l m e n t o vitale di
^ T ^ T Risorto ( c f Gv O ^ T ^ T ^ ^
t à nuova, orante d e l l a l * Regn0 ' s o l ° -Ila ali- TOd
sì - e , TOSSO anch'egli J ^ ^ ^ * ^
^ ^ ^ d i c a v a J ^ . e L a (cf Is 5 2 7 ' * ^
pltto ; e> con 16 sue anTOnizi °ni
che prima, in d i s c o l i a con C r i s t o s f , " " --
TOltÌSS i
e ^ r * ? a ~ ^ s u ° —
l a S C l a n d o ni
rinnova il pelleorinannin V ' °9 cosa» (46). S i
-li pellegrinaggio pasquale del popolo di Din e • ,
57
e reso fecondo dalla parola, sì da impersonare quella "donna bellissima
e povera del deserto, amata dal Signore" (47) e in procinto di diventare
la Donna apocalittica, che compie tutti i misteri della salvezza di Dio,
generando i figli del Regno (cf. Ap 12). Santa Maria degli Angeli è tutto
questo per Francesco, ma è soprattutto la sua immagine di Chiesa: la Vergi-
ne (ossia il credente fedele) che diventa Chiesa, in virtù della fedeltà
che la introduce nella festa definitiva del giorno del Signore.
La modalità nuova è quella inaugurata dal Risorto. Chi crede, diventa
fratello sorella e madre di Cristo (cf.Mt 12,50), Chiesa, vivendo la gioia
della prima beatitudine, quella della Vergine Madre Maria, la prima creden-
te chiamata beata (cf. Le 1,45) e di tutti coloro che, ccme Tommaso, rie-
scono a fare il passaggio della adesione di fede (cf. Gv 20,29). La vergine
che diventa Chiesa è l'ultima rivelazione di Dio, quella che inaugura i
cieli nuovi della risurrezione, quella che squarcia il velo del tempio e
apre il cielo, permettendo di contemplare gli Angeli di Dio che salgono
e scendono sul Figlio dell'uomo (cf. Gv 1,51), ossia, per Francesco, Santa
Maria degli Angeli, la Creatura prediletta, che diventa Madre di Dio, re-
stando vergine, in virtù della fede genera a Dio i figli del Regno e così
diventa veramente regina, "en celo coronata".
La benedizione di Dio segna il passaggio dell'arco di pace nel cielo.
Così ogni partecipazione della vita divina, ccme benedizione, diventa quel-
la alleanza nuova e definitiva, che si compie nei cieli e rivela i cieli
come abitazione degli eletti, ai quali è premesso il regno dei cieli (cf.
Mt 5,3-11). E' così che a Santa Maria degli Angeli anche Francesco ha la
sorpresa e la gioia di scoprirsi madre. Quando si presentò a lui il primo
fratello che il Signore gli aveva donato, com'egli stesso confessa nel
Testamento (48), egli esultò ccme quella partoriente del Vangelo, che ha
dato alla luce un figlio di Dio (cf. Gv 16,21). "Ascoltandolo, il servo
di Dio si sentì ripieno della consolazione dello Spirito Santo, perché ave-
va concepito il suo primo figlio" (49).
C& da quel momento egli sa che non può più essere solo. Dovunque uno
accetta di essere di Dio, nella dimensione del Corpo di Cristo, che è la
Chiesa, diventa "pienezza di Cristo" e realizza nella sua vita la pienezza
della vita divina ccme beatitudine di grazia incorruttibile e gloriosa.
Il Santo proporrà questo paradigma ecclesiale come struttura fondamentale
58
della fraternità, che nella Chiesa diventa struttura portante e centro di
irradiazione feconda, beatitudine del Regno di Dio che viene, segno pe
è 6
quanti T " ? ^ " ^ * ** ^ ^ P-tecipi
quant, crede n d o al Vangelo (cf. Gv 17,21), i n s i ^ si sentono attratti
6 n e l S U t 6 S t Ì T O n e f 6 d e l e 1 3
f i T ^ T T ° - ^ ^ testimonianza
la fedeltà della sposa vergine p e n t o n o di entrarvi e di comprendere
il mistero del Regno di Dio.
3
" ^ ^ ^ ^ ^ ^ Chiesa Ro-
maria
La Chiesa custodisce per Francesco il mistero del Regno di Dio E' essa
stessa mistero. Per ni,P=tn -ne.,*. ,
n
°n ^ ^ ^
S 6 n z a r i v e
liale Eoli è i T T , ™ z a fi-
;
9
i i ^ S i i l ^ ^ d e l l a ^ ^ a n ^ ^ cattolica rorana
u'r:' r
P^rrecipare il dono, la grazia divina (cf
h a aitro d e s i d e r i
At ?n
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ch e r e n d o n o f i _ e , sul - - i n virtù di n
r ; c c m e
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en e a la D ' a " ^ ^ ^ " ° "' Per-
venire alla pura semplicità e alla perfetta Trinità del Padre del f ^ -
e dello Spirito Santo (rai ti i Figlio
dichiarati sola gratia non appare limitativo, quanto
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^ a U ^ " ^ ^ d a z i o n e d e ù a sai!
STdI; ~ r ~ t e nellatellezza~ -
1 V 6 n t a m U n Ì C d 0 n 6 s i C
Diar ^ ° ° - P i e nella divina com-
co
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sull tesso rticoiare che 11 " ' ^ - ^ --
rimento m ultima analisi alla chiamata originale di Gesù Cristo e alla
missione apostolica c „ n a n C t o esplicito di edificazione c Z e neUa
Pranzisi Lsi"
- 17 ( l g 5 4 ) 1 7 6 _ ] 9 0 ; ^ ^ ^ , vt oa ni i a n a •
t i ;
• >tH. Temi spirituali. 285-3 14, p . 290.
59
Chiesa, non ha mai parole di biasimo o di critica di quanto viene operato
dal Papa, dai Vescovi e da quanti sono partecipi di una funzione gerarchi-
ca, ma una incondizionata comprensione di amore e un immenso desiderio di
rigenerarli a Cristo come una madre il suo unico figlio prediletto (52).
L'esperienza di Chiesa, fatta da Francesco, anche nelle sue peripezie apo-
stoliche e nelle sue predicazioni popolari, diventa paradigmatica per un
apostolo ardente ccme lui, che ha imparato a donare al mondo la contempla-
zione di Dio e a Dio la gioia di raccogliere i figli nella sua consolante
dimora di grazia, la Chiesa.
a) "Seguire le o r m e a u g u s t e d e l l a S a n t a M a d r e Chiesa".
52
- Leggenda Maggiore, 9,4 : FF 1168: "Ma, mentre questo eccesso di carità
e di devozione lo innalzava alle realtà divine, la sua affettuosa bontà
si espandeva verso coloro che natura e grazia rendevano suoi consorti...
Non si riteneva amico di Cristo, se non curava con amore le anime da
Lui redente".
53. Lettera a tutti i fedeli, 9,48-56 : FF 200-201.
Leggenda Perugina, 22 : FF 1569; Fioretti, 25 : FF 1857.
55. Testamento, 5-6 : FF 111. Il restauro della chiesa e la rigenerazione
dei suoi figli, mediante la comunione di fede e di amore, si compie
nel silenzio dell'adorazione eucaristica. E' nel nome del Signore,
"corporalmente presente" (Test. : FF 113) che, finalmente, i molti di-
ventano uno (cf. Gv 17,20-21) e la Chiesa entra nella festa del Regno
60
Restaura così anche i fratelli, regalatigli dal Signore, ravvivando
in essi la fede pasquale, ossia la visione del Signore, anche se velata
da debolezze umane particolarmente visibili in coloro che sono costituiti
gerarchicamente come pastori e guide del popolo di Dio e ministri dei mi-
steri santissimi (cf. 1 Cor 4,1). Egli crede veramente che con la venuta
del Signore nella debolezza della carne umana, anche l'uomo sia rigenerato
e ricostituito in dignità, di modo che in lui non debba essere più determi-
nante il peccato, bensì la grazia: l'ucrmo in Cristo! E' quella splendida
figura di uomo nuovo restaurato, riformato dal battesimo e reso vivente
in Cristo, che egli contempla in ogni volto, sia pur velato da una lebbra
ben più appariscente della malattia fisica, dall'oscura.e pesante macchia
del peccato. E' qui il suo genio cristiano, che gli permette di obbedire
più a Dio che agli uomini, di mettere in luce la grazia, propria di ciascu-
no, come dote nativa del Padre e la immagine bella del Figlio primogenito,
già fulgente e radiosa nell'alba pasquale della vita che risorge, ravvivata
dallo Spirito che tutto raccoglie, rigenerandolo nell'unità del primo amo-
re. Francesco lo dichiara solennemente nel testamento: "Poi il Signore mi
dette e mi dà tanta fede nei sacerdoti che vivono secondo la forma della
santa Chiesa Romana, a causa del loro ordine, che se mi dovessero persegui-
tare voglio ricorrere ad essi. E se io avessi tanta sapienza, quanta ne
ebbe Salomone, e mi incontrassi in sacerdoti poverelli di questo mondo,
nelle parrocchie dove abitano, non voglio predicare contro la loro volontà.
E questi e tutti gli altri voglio temere, armare e onorare come miei signo-
ri, e non voglio in loro considerare il peccato, perché in e s s i io ve-
do il F i g l i o d i D i o e sono miei signori. E faccio questo perché,
dell'altissimo Figlio di Dio nient'altro io vedo corporalmente, in questo
mondo, se non il santissimo corpo e il sangue suo che essi soli consacrano
ed essi soli amministrano agli altri" (56).
61
ti ha posto Dio che ti creò e ti fece a immagine dei suo diletto Figlio
secondo il corpo, e a sua similitudine secondo lo spirito (cf. Gen 1,26;
Rn 8,29; Col 1,27;3,1-4). Il senso della vita è "rivelazione del Figlio
di Dio" (cf. Gii 1,15-16), mediante una piena conversione a lui, ossia una
conoscenza piena di riconoscenza, nell'esultante esperienza della sua mi-
sericordia. L'incontro con i lebbrosi fu per Francesco quella svolta, che
potrerrmo ben definire "riforma" della sua vita; l'incontro con il difetto
del volto, pieno d i rughe, della Chiesa, stimola il suo sguardo di fede
e gli permette di riformare il suo cuore, vivendo la prima di tutte le bea-
titudini, quella della Vergine Madre Maria (cf. Le 1,45), divenendo in
qualche modo fratello e madre di quel suo "prossimo" debole e bisognoso
di misericordia, che egli abbraccia con la tenerezza di Cristo, vivendo
con lui la beatitudine dei risorti, che penetrano il velo del mistero e
contemplano risorgente colui che è ancora avvolto di quel manto di fragili-
tà, in attesa che qualcuno sveli in lui la presenza di Cristo, facendone
per primo memoria. E' la celebrazione della Pasqua giovannea, presente fin
dall'inizio della conversione in quell'immagine di Risorto che dalla croce
di San Damiano ascende al Padre e già diffonde la vita, effondendo il suo
Spirito e riconciliando nella pace i figli del Regno (57). Forse per questo
Francesco ha una predilezione anche per l'altra modalità della Pasqua gio-
vannea, che è incentrata sullo stesso mistero di fede, quello che introduce
nella grande celebrazione eucaristica, la lavanda dei piedi (58).
57. Cf. 0. VAN ASSELDONK, OFM Cap., "De Crucifixo sancti Damiani, qualem vi
dit et "vixit" Franciscus", in Analecta Ordinis Fratrum Minorum Capuci-
norunt, 97 (1981) 374-388.
58. Ammonizione IV, 1-3 : FF 152.
59. Testamento, 12 : FF 113.
62
Appena ricevuto il dono dal Signore, Francesco si premura di parteci-
parlo non solo a tutti i suoi vicini, ma di renderne omaggio solenne alla
Chiesa tutt'intera. M i sembra appropriato il parallelo con l'esperienza
pasquale dei discepoli di Errmaus (cf. Le 24,13-35), tanto più che lo stesso
Santo la suggerisce in una sua significativa catechesi ai suoi fratelli
(60). Il pellegrinaggio a Roma di Francesco con i suoi primi compagni di-
venta questo ritorno a Gerusalemme dei due che hanno visto il Signore. An-
che l'atmosfera descritta dai biografi sembra indicare una esultanza che
è frutto di una novità sorprendente, quasi una celebrazione del Regno d i
Dio (61).
Appena giunto, Francesco non pretende di insegnare qualcosa, ma chiede
il mandato di annunciare Qualcuno, che gli ha talmente rapito il cuore,
da trasformargli la vita, immettendolo in una nuova esperienza, che egli
chiama rivelazione: "Lo stesso Altissimo m i rivelò che dovessi vivere se-
condo la forma del Santo Vangelo. Ed io con poche parole e semplicemente
lo feci scrivere, e il Signor Papa me lo confermò" (62). La rivelazione
gli viene dal Risorto, il mandato gli è conferito dal Papa. In virtù di
quel mandato apostolico egli, da semplice testimone del Risorto che era,
viene ufficialmente incaricato di ravvivare nella Chiesa quella "forma di
vita evangelica", che avrebbe restaurato non solamente lui e i suoi pochi
fratelli, bensì tutta la Chiesa. Egli, infatti, riscopri e ravvivò la vita
apostolica di quei pellegrini che, ascoltando il Vangelo della salvezza,
si erano talmente lasciati attrarre da Cristo che ne condivisero la vita
e poi furono per primi "mandati" alle genti tutte, ccme messaggeri del Re-
gno di Dio, nella gioiosa e coraggiosa testimonianza di avere visto il Si-
gnore e di sapere bene che per prino Egli era apparso a Simone (cf. Le 24,
34).
63
partecipa il suo dono e prega il Papa di comunicare alla Chiesa il frutto
di quella esperienza d'amore, permettendo non solo a lui, ma a tutti coloro
che lo desiderassero, di vivere "secondo la forma del Santo Vangelo" (64).
Si ravviva in Francesco, nel suo unile comportamento di compitore della
parola del Vangelo, il mistero della pienezza del Regno di Dio che viene.
La totalità dell'amore gli fa scoprire la Chiesa come pienezza di Cristo
(cf. Ef 1,23) e ne rimane conquiso. Sembra quasi di percepire quella brezza
del mattino della vocazione apostolica del primo degli Apostoli (cf. Le
5,1-11), il quale, con i primi due soci, esperimentò, come un'ondata di
Pentecoste, la gioia di essere, per prima, quella Chiesa, che accoglie fe-
dele e festante il Signore che viene. La realtà terrestre, sia essa barca
da pesca o dimora di sofferenza, ufficio di imposte o tempio di preghiera,
società per azioni o asilo di pellegrini, viene pienamente trasfigurata,
quando, di buon mattino, viene il Signore e quanti l'ascoltano hanno la
gioia di essere introdotti nella barca di Pietro, divenuta, in virtù della
presenza salutare di Cristo, parola e mistero di comunione eucaristica,
vera "Communio Sanctorum", introduzione alla festa del Regno di Dio che
viene. Quel mattino rinnova la freschezza corroborante del mattino primige-
nio, quello che irruppe festante nel fulgore del giorno che vide ascendere
il Primo dei Risorti. Francesco è diventato veramente un mattino d'incontro
con il Signore che percorre le vie degli uomini, introducendoli tutti nella
comunione dell'amore che rende uno (65). In lui Gesù Cristo stesso genera
l'unità, compaginando i figli di Dio nell'unico pane e fondendoli nell'uni-
64
CO calice salutane, che nutre la nostalgia di beatitudine di tutti i f i g l i
— i v r rco9iie ia m ^ - — — * -
6 l n t U Ì S C e C h e S t a P 6 r 9 1 U n 9 6 r e a l
t t 1 suoi d H - P - ^ O di
tutti 1 SUOI desideri, sta per degustare il s e n s o definitivo, entra nella
pienezza dei tempi, che acorrono verso Cristo e si compiono n L
presentazione del Regno al Padre (cf. 1 Cor 15 24-28)
^ e l l T ^ ; ^ " S 6 9 U a C e 0 6 1 V a n 9 6 l ° d l C r i s t 0 e un ^
P
Pao o d °ntÌfÌCÌa' ^ C a r t l n a l e " Colonna di S .
a l 1 6 S U l t a n Z a C C
^ t i s Z T 1 ' ™ esclamando: " I o ha trovato un uon»
perfettissimo, il quale vuole vivere secondo la v
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IT kono" ' ^ Perfezione
016220
fede deTì ^ ^ ^ ^ ^
ìnt^Chiesa». Q u " ^ parole c o l p l ^ ^ — ^
che ordino a l Cardinale d i condurrli Francesco (67)
% 12,5 T i
2 8 2 0 ) p r i o i n v i r t ù d i q u e i i a s u a
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16,12) di pellegrino d'amore e. araldo della parola di vita anch'eoli er^
tra nella c storia,
"fedele.., edificando
h e g a r a n t i s c e l a
il Regno di Dio (cf Ap 19 T
(68)' ^ 1 CÌC1Ì — ^
I Tre Compagni ricordano bene: -Vedendo Francesco che i l Signore accre
sceva i suoi f r a t e l l i in nur.ro e in reriti - erano ormai dodici, p e r ^ L
65
mente concordi (l'accordo interiore riforma ciascuno dì loro!) nello stesso
ideale - , si rivolse agli undici, lui che era il dodicesimo (Francesco si
mette all'ultimo posto! ), guida e padre del gruppo: "Fratelli, vedo che il
Signore misericordioso vuole alimentare la nostra comunità. Andiamo dunque
dalla n o s t r a M a d r e , l a s a n t a C h i e s a R o m a n a , e comunichiamo al sonv-
Pontefice ciò che il Signore ha cominciato a fare per mezzo di noi, al
fine di continuare la nostra missione secondo il suo volere e le sue dispo-
sizioni" (69).
L'analogia con il viaggio a Gerusalemme di Paolo e Barnaba (cf. At 15)
è facile coglierla dal contesto. L'amore dei giovani frati e tale e tanto,
che essi anticipano nella speranza la beatitudine dell'incontro con il Pa-
pa La nostalgia del desiderio li fa celebrare per via l'evento: "Eleggiamo
come capo uno del nostro gruppo, considerandolo quale Vicario di Gesù Cri-
sto. Andremo dove lui ci indicherà, e, quando stabilirà d i fare una sosta,
ci fermeremo" (70). I frati vanno con gioia verso la "Curia Romana", vanno
a farsi riconoscere dalla loro Ntedre, dalla "Santa Madre Chiesa Romana".
Il loro atteggiamento di aro re li rende edificanti lungo il cammino ed edi-
fica in loro e per loro, tutta la Chiesa. L'amore ha un'immensa capacita
di coesione, tutto raccoglie e sigilla nell'unità. Quand'è vero, l'amore
rende sempre uno. Proprio così: i frati, accolto con riconoscenza il dono
d i Dio, felici di essere "figli della grazia", "lieti nel Signore (cf. F U
4 4) giocondi e convenientemente graziosi" (71), "carmunavanq tutti giuli-
v i , parlando t m loro le parole del Signore" (72). "Il Signore s'incaricava
di preparare loro l'ospitalità e procurava fossero serviti del necessario
(cf. M t 10,7-13 = Vangelo della conversione e della missione di France-
sco!). ,
Arrivati a Rama vi trovarono il Vescovo di Assisi, che li ricevette
con grande gioia. Egli nutriva una stima affettuosa per Francesco e tutti
i frati; rra, ignorando il motivo della loro venuta, fu preso da ansieta:
temeva che volessero abbandonare Assisi, dove il Signore aveva cominciato
per loro mezzo a campiere meraviglie di bene. Egli era lieto e fiero di
avere nella sua diocesi uomini così zelanti, sulla cui vita esemplare face-
va moltissimo conto. Quando però seppe lo scopo del viaggio e comprese i
66
e ^ ^ ^ ^ n
lo, vescovo d i sabina o l i ^ ^ ^ ^ ^ ^
larmente a t t u a t o ^ g " ^ ^ ^ ^ * '
^ l A s s i s . (11 velvo f a T t > ^ ^ ^ - d ^ e s c ^
Giovanni d e s i d e r a v a vivamente d ^ ^ I
6 6
- - " t ^ . r r ^ — o , che
il cardinale Giovanni * S p I I ^ ^ ^ - n t e
da quell'innocente bontà evangelica' e & J T Z ^ ^
9 6
* &1 fratl
1 1
la penitenza. ^ d a t o di predicare
"Il giorno dopo, l'uomo di n-i^
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i ^ ^ r r ^ ^ r 1 ^ ' S s
'roltiplicati in numero „en
i. • y a z i a , v e n i t e a riferirr*»"!^ »
P r i v i l e g i rraggiori e i n c a r i c h i mn f e r i r c e l o , e noi v i a c c o r r e r e ™
R -"icaricni pi U impegnativi" (74)
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«.tu A ragione ^ e T ^ J T ™ "
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id., "Oas Wort Gottes
e s i» i.k
in Leben des hi.
67
Fu anzi la perspicacia di Innocenzo III a permettere che quella sempli-
ce iniziativa di un minuscolo gruppo di frati, che intendevano vivere da
fratelli, diventasse una "forma di vita" riconosciuta e stabile, un
"Ordine" nella Chiesa. La vera riforma di Francesco sta nell'aver stimo-
lato e ravvivato nella Chiesa questa modalità, che s'era assopita nei cuo-
ri, anzi non era ancora stata sufficientemente esperimentata, la modalità
di consuetudine di vita degli Apostoli, condividendo la "sequela di Cri-
sto", ossia divenendone "annuncio reale" come si esprime felicemente H .
Schlirmann, per venire continuamente abilitati al ministero della parola
per l'edificazione del popolo di Dio (76).
E' naturale che tale vigorosa irradiazione della "potenza del Vangelo"
non potesse fermarsi all'interno della Chiesa cattolica, ma diventasse au-
rora di speranza per tutti i popoli, nel mandato che Francesco darà poi
ai suoi Frati, precedendoli con l'esempio, e confermandoli con la Regola,
approvata con bolla pontificia di Onorio III, di "andare tra i Saraceni
e tra gli altri infedeli" (77), sempre tuttavia conservando lo "stile" de-
gli Apostoli, che si edificano in Cristo condividendone la vita, concordi
e unanimi e "confessando di essere cristiani", disposti all'annuncio espli-
cito e alla partecipazione sacramentale, "quando vedranno che piacerà al
Signore" (78).
La grazia diventa la modalità "francescana" di essere nel mondo ccme
cristiani e figli devoti della Chiesa, ravvivando quel segno che Gesù ha
chiesto al Padre di realizzare come testamento e ultimo atto dell'edifica-
zione del Regno di Dio: "Per loro io consacro me stesso, perché siano an-
ch'essi consacrati nella verità... perché tutti siano una sola cosa. Ccme
tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch'essi in noi una sola cosa, pelu-
che il mondo creda" (Gv 17,19-21).
La partecipazione reciproca del dono ricevuto in una continua condivi-
sione fraterna, diventa vera riforma cellulare della Chiesa. Poiché è nel-
l'esercizio dell'amore del prossimo che il Signore può rivelarsi anche og-
gi. I fratelli, amandosi "cane una madre ama e nutre il proprio figlio"
(79), anzi ancor più di una madre, "con più intenso affetto" (80), non per-
68
u a e i i a l o r
o presenza di veri finii
9
rion a ltu c e
irrompente e gioiosa vitalità h- 4- - O^ta
« c.ist„ e l
mandato apostolico Tal. " alimento
». ^ J T i ^ r r r , ^ s e n z a
le opere» ( 8 1 ) . risonanza di Cristo con l e parole e con
d rchiasmo d e i i a
-.il."... c t ; p i ù evidente
| " 0 figlio carnale, con q u a n t o p i ù a f f e t t o / ^ ^ l ^ a m a
1 1
s«» fratello s p i r i t u a 7 7 ^ T ^ ^ ~ 7 ° ^ ^ t r i r e
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-bile sul p i a n o n a t u r a l e > o s s i « 1«nto è pos-
spirituale l W e d e v , e s s e r e n u t r ' l ^
^ che fin d a i p r i m i t ' significativo il
5 1 3
^ ^ - « realizzare 1• oca e T ° ^ " P "
il S i g n o r e . Apocalisse, o s s i a di rendere presente
81
' — , 9 : FF 216.
82. Testamento. 1 4 - 1 5 : FF 1 1 6 .
69
con la parola e con le opere" (83), chiara risonanza e pura, fulgente rive-
lazione.
Ma la sua intuizione più sapiente fu di non ridurre l'efficacia di
quella parola, limitandone l'ambito di diffusione. Permise a Gesù Cristo
di diventare "il Signore" in tutta la sua vita e di rivelarsi in Lui, ccme
misericordia che tutto edifica e raccoglie, rigenerando maternamente i fra-
telli, ricomponendoli nell'indivisibile unità del Corpo di Cristo e ritor-
nando con Lui continuamente al Padre ccme eucarestia perenne.
La preghiera della Verna diventa cosi il canto nuovo dell'inanità re-
denta, che viene trasferita nel Regno dei cieli, mediante quella totale
adesione di fede, divenuta trasferimento in Cristo e gioia di essere nel
suo Corpo (= nella Chiesa), pur nel drammatico travaglio delle stimmate
della passione di Cristo, lieto di compiere nel suo fragile corpo mortale
"quanto mancava alla passione di Cristo per il suo Corpo che è la Chiesa"
(Col 1,24). Con Paolo, Francesco può continuare a rendere testimonianza
al Vangelo della grazia (cf. At 20,24), proprio in virtù di quel martirio,
che è appunto l'entrare, per virtù di un amore diventato irresistibile,
nel Corpo di Cristo, non avendo più nulla di proprio sotto il cielo, anzi
esperimentando in sé l'ultima beatitudine del Regno, "il cielo aperto e
gli Angeli di Dio salire e scendere sul Figlio dell'uomo" (Gv 1,51).
Così l'esperienza folgorante della stimmatizzazione della Verna diventa
un compimento personale del Vangelo che lo aveva interpellato e lo richia-
mava là donde era provenuto, trasferendolo in una solenne celebrazione pa-
squale da questo mondo al Padre. Avendogli Gesù rivelato il Padre, non gli
rimase altro senso nella vita se non quello di compiere anche nella Chiesa
il Vangelo della grazia ricevuta. Fu questa infatti una conoscenza che ot-
tenne nel travaglio della esperienza quotidiana delle stimmate, ossia del
tessuto del corpo, che sono i fratelli ed è tutta la realtà terrestre. Egli
ne rivelò la dimensione spirituale, compiendone il mistero nella Chiesa,
simboleggiandone la presenza anche nell'edificio materiale, nel quale
83. cf. C. DEL ZOTTO, OFM, "La dimensione evangelica e la funzione eccle-
siale della fraternità francescana alla luce del Vaticano II 0 ", in:
Lettura delle Fonti Francescane: la fraternità, 68: "Sarebbe un primo
frutto di questa settimana della fraternità se noi sentissimo irresi-
stibile il fascino della vita fraterna, come un modo eminente di edifi-
care con Francesco la Chiesa. Lo stile rimane lo stesso di Francesco
d'Assisi, nell'intento di "riedificare un tempio al Signore. Non pensa
di costruirne uno nuovo, ma restaura una chiesa antica e diroccata; non
scalza le fondamenta, ma edifica su di esse, lasciandone così, senza
saperlo, il primato a Cristo (cf. 1 Cor 3.11 )"(1 Cel 18 : FF 350).
70
aveva fatto l'esperienza della missione degli Apostoli (84). Appena
giunse alla Verna nel 1216, U suo priro desiderio fu quello di edifi-
care Santa Maria degli Angeli, la chiesetta nella quale aveva fatto l'espe-
rienza della misericordia e aveva ricevuto il dono della vita fraterna,
poiché proprio lì il Signore gli aveva fatto esperimentare la beatitudine
dell'ascolto della parola, che lo rendeva "fratello, sorella e madre di
Cristo" (cf. Mt 12,50). Fu lì, infatti, che egli, radiante la proclamazione
liturgica del Vangelo della missione degli Apostoli, era stato non sola-
m e n t e
Sformato dal Vangelo, ma aveva ottenuto il dono dei fratelli, per
la mediazione di Santa Maria degli Angeli, "la Madre della Miserico'rxJia,
(che) ottenne con i suoi meriti che lui stesso c o n c e p i s s e e partoris-
se lo spirito della Verità Evangelica" (85). Ossia ne ravvivasse la piena
vitalità, permettendo a quella verità di effondersi e di consacrare, rigene-
randoli, tutti i figli di Dio.
Fu proprio in un'esperienza, non di tensione gerarchica, rra di trava-
glio per ricomporre cellularmente l'unità, ossia il s u p e r a n d o "pasquale"
del molteplice, che rende possibile una pentecoste di grazia, che Francesco
comprese la preziosità del dono dei fratelli, tanto che ne farà menzione
nel suo Testamento (86). Mentre soffriva perché i fratelli non erano coe-
renti al Vangelo professato, comprese che Gesù stesso era il fondamento
della fraternità ccme lo era della Chiesa e confessò la verità, in una e-
splicitazione del mistero della vita fraterna come compianto del Vangelo-
"Signore Gesù Cristo, tu che hai scelto i dodici Apostoli, dei quali anche
se uno venne meno, gli altri però rimasero fedeli < = perseverarono nell'a-
more della fraternità, vivendo la sinergia dell'amore, cf. 3Gv v.8) ed han-
no predicato il santo Vangelo animati dall'unico Soiritn. tu, o S i ^
in quest'ultima ora (2 Gv 2,18) nerrore dell'antica misericordia (cf. Sai
84. Cf. C. DEL ZOTTO, OFM. "Santa Maria degli Angeli: il mistero della Ver
na". in: La voce della Verna. 47 (1982), n. 11, novembre, p 1
85. Legenda Maior, 3,1 : FF 1051: "meritis Matris Misericordiae concepit
ipse ac pepent spiritum evangelicae veritatis", proprio durante l" a
scolto devoto e l'accoglienza di fede della parola di Dio a Santa Maria
degli Angeli. Così il Vangelo del giorno (cf. Mt 10,9-10) e in virtù
della spiegazione del sacerdote, ministro della parola e custode del
Corpo di Cristo, restaura Francesco la Chiesa, cominciando dal tempio
del suo corpo e in sé tutta la riforma, rigenerandola nel suo amore in-
nocente di figlio devoto. Perché l'amore, quand'è vero, è sempre crea-
tivo e rigenerante, capace di ricomporre uomini e cose, l'universo in-
tero nella serena pace della verità.
86. Testamento di Siena : FF 132-135.
71
88,50) hai fondato l'Ordine dei Fratelli Minori, a sostegno della tua fede
e perché si compisse per loro mezzo i l m i s t e r o d e l t u o Vangelo"
(87).
E' qui che Francesco viene introdotto dallo Spirito Santo nel mistero
divino della Chiesa. Mentre fa memoria nello Spirito di Gesù Cristo egli
comprende il mistero sacrale della creazione e la dignità della creatura
chiamata a diventare madre di Dio, permettendo ai figli di Dio di assapora-
re la gioia del Regno dei cieli. E' in questa memoria celebrativa, in que-
sta rievocazione sacrale del senso divino della creatura mortale, che Fran-
cesco ritrova se stesso nella Chiesa, divenuta sua dimora e sua Madre e
intona l'inno della riconoscenza filiale, esultante nel fulgore redioso
del giorno del Signore. La sua vita diventa un mattino, il suo volto s'il-
lumina in Cristo e diventa nel cuore della Chiesa un grande inno eucaristi-
co. Al suo cuore devoto e riconoscente sorride lo sguardo pieno di tenerez-
za e di beatitudine della mirabile Donna vestita di sole (cf. Ap 12) inco-
ronata di stelle, compiuta nella corona di gloria dell'intemerata bellezza
della santità di Dio.
Egli scopre il senso divino dell'amore come consacrazione e raccogli-
mento dell'essere in Dio fino al compimento di tutti i suoi misteri, fino
all'inaugurazione della festa del Regno. Santa Maria degli Angeli rivela
a Francesco il volto immacolato della Santa Madre Chiesa Romana ed egli,
ricolmo di devozione e di riconoscenza, rimane stupito della sua divina
bellezza. Nel suo volto egli non vede le rughe, ma la trasparenza della
grazia divina e si impegna a fare di quella scoperta felice la sua modalità
di essere nella Chiesa e la sua missione di edificazione della Chiesa.
Fu a Santa Maria degli Angeli che Francesco scoprì non solo la pienezza
di grazia della Vergine Madre Maria, ma anche si ritrovò rigenerato, dalla
parola accolta nel cuore, nella intemerata bellezza della santità di Dio.
In quella indivisibile unità consacrante generata dalla Parola di Dio, an-
che Francesco diventa "materno", diventa "Virgo Ecclesia facta", ossia par-
tecipa del mistero di Santa Maria degli Angeli, venendo riconciliato con
il suo corpo, configurato al secondo Adamo e reso tutto memoria salvifica,
reso tutto "Spirito vivificante" (1 Cor 15,45), vivente nella memoria divi-
na della Chiesa, nella celebrazione memoriale della "pienezza di Cristo"
(Col 1,19; Ef 1,23), affinché egli possa avere il primato su tutte le cose
72
(Cf. Col 1,18) e consegnare continuamente U Regno al Padre (cf. 1 Cor 1 5
24), cosicché sottomettendosi pienamente al Figlio, possa essere ''sottane s-
9 1 1 S O t t C m e S S 0 9 m C O S a P C h é D Ì S Ì a t u t t
(1 ^ r 15,28)^ ^ ° ' ^ ° °^ tuttx"
E' in virtù della memoria evocativa dello Spirito Santo, in una fulgen-
te r ^ ^ ^ serafica, che Francesco scopre il
della sua vita e quindi scopre la sua posizione nella Chiesa e la sua mis-
s i n e per riformarla, riparandosi, ossia convertendosi a Dio con tutto
il cuore.^ Appena entrò nella fase celebrativa o r l a l e della Parola di
Dio cesso di restaurare e rifonrare solamente le mura esterne delle chie-
suole diroccate e incominciò a diventare v e r o r ^ f ™ ^
S l aCC
° n S e C h e l a P a r o l a ^ T v a n g e l o riguardava l u T ^ n
era per qualcuno o contro qualcuno, rra semplice rivelazione di P W , Cristo
Figlio di Dio. Francesco ne divenne raggiante ed esclami: 'Questo è ciò
che desidero, questo è ciò che branp con tutto il n . ^ m ( 8 8 )
E' significativo che S . Bonaventura faccia risalire questa scoperta
89. Legenda Maior, 3,1 : FF 1052. Da quel momento non potè più restare so-
73
di conversione, che gli permise di essere coerente con la verità di Cristo
e fecondo nell'effusione piena dei doni dello Spirito. Tutta la sua vita
divenne nuova, gioiosa e ridente come un'alba radiosa di salvezza. Poiché
l'alba di ogni vera fraternità è l'aurora propria di Dio, il segno sicuro
che il suo Regno viene.
Fu così che Francesco, mosso dallo Spirito di Dio (91), ravvivò la pre-
senza di Cristo nel cuore dei fedeli, edificando in essi il Regno di Dio
(92). C'erano infatti nella Chiesa delle modalità canoniche di esperienza
religiosa, ma tutte si erano dimostrate carenti proprio sul piano determi-
nante della convivenza, della cooperazione, della celebrazione festosa del
Regno di Dio. La paura e la de bolezza umana sarebbero state in grado di
diminuire la tensione vigorosa dello Spirito Santo di Dio, sostegno e sor-
presa di una vita consumata, nella gioia e nel dolore, solamente per un
indicibile amore, se lo Spirito Santo non avesse suscitato nel cuore di
Francesco la nostalgia delle origini, il richiamo della vita apostolica,
il desiderio di quella pienezza di vita redenta, che è l'edificazione comu-
ne nel cuore del mistero sacro della Chiesa. Il dramma della Chiesa era
allora come oggi la tensione esistente, a motivo della umana debolezza che
tendeva a privatizare i doni di Dio e a creare delle posizioni di potere,
diminuendo gli spazi della carità. Francesco si sentì chiamato a realizzare
la pienezza, perché era innamorato di Gesù Cristo e aveva trovato in Lui
il suo tutto, la sua piena beatitudine. Rapito dalla fulgente speranza del
Regno di Dio e acceso dal desiderio di annunciarlo, quale "Araldo del Gran
Re" (93), era disposto a impegnare la sua vita, ccme già in quella espe-
rienza singolare, nella quale, avendo affermato la sua identità cristiana,
essendosi riconosciuto in quella mirabile presenza di Cristo che lo faceva
vivere: "Io sono l'Araldo del Gran Re", si era guadagnato la percosse, ma
91. Cf. C. DEL ZOTTO, OFM, "L'esperienza dello Spirito Santo nella vita del-
la Chiesa secondo San Francesco d'Assisi", in: AA.VV., S. Francesco e
la Chiesa, Studi e testi pubblicati nell'ottavo centenario della nasci-
ta di Francesco d'Assisi 1182-1982. (Bibliotheca Pontificii Athenaei
Antoniani, n. 21) Roma, Ed. Antonianum 1982, 156-207, spec. 206-207.
92. Cf. M. CONTI, "Attualità del carisma francescano", in: Vita Minorum,
56 (1985) 35.
93. 1 Cel 16 : FF 346. Si veda in merito il nostro studio: C. DEL ZOTTO,
"Francesco d'Assisi: Cristo pienezza dell'uomo", in: Il Fuoco. Rassegna
trimestrale di Cultura e d'Arte, 31 (1983) 26-42; Id., Il primato di
Cristo nella vita di S. Francesco e nella Scuola Francescana", in: AA.
VV., Regalità di Cristo: una Verità che si fa Vita, O.R. Roma 1983, 71-
87.
non si era lasciato determinare da esse, ossia dal travaglio, dalla tensio-
della Ferola di vita che, ccme Vangelo di grazia, gli ave va rapito il
cuore trasferendolo d e f i n i t i v a ^ nel Regno di Dio, "appena iTr^cn
sono s p a n t i , balza fuori fossa e, tutto giulivo ^ e a ^ e
e P Ì e m p Ì e n d 0 1 1 tosco c o n
; e ™ ' ^ lodi al Creatore di tutte le co-
1 9
Z Z I * ™ 1 S ; 0 Ì d ° n Ì a C ° l 0 r c C h e a V e S S e r °a C C e t t a t o d i S n d i v i d ^ e quel
d o T O
°^ ^ ' c h e era loro affidato. Dai ™ t o in cui aveva
sposto di si alla chiamata, fino all'ulti™ istante della « T v i * q Z
2 « - v o non a c c e n d a a d ^ i n u i r e nel suo cuore, anzi 1 i ^
a u n t a v a nuovi accenti e nuove modulazioni, intonandovi tutte le T o d
eli universo diventato in lui "felice", perché amato e restituiti c i
Creat
°re ^ ^ 1 6
la^lode ! ? * ^ critica e r . L Z
° S S Ì a l a O v a z i o n e del n i ^ ^ I ^ I T ^ ^
tto riforma e r m n o v a , r i c a d e n d o l o nella serena beatitudine dell' t e t
- t a L a J f e r a ^ f o a r a era la scoperta del Signore.
misterioso velo dell'unana
^ ~ ^ ^ ^ ^ ^
O 11 prossimo per TCzzo della d i s c e n d e n z a e, r ^ c o n c i l i a ^ T ^ ;
94
' ^fron! d 7 3 V U e S t a m e M r Ì a C 6 l e b r a t Ì V a d e l S i 9
"0re »"ife-
lntr dUCe F r a n C e S C n e U a VÌSÌ
vita , 7 ° ° °ne ^lla
' Pe^ttendo a Cristo di risorgere nei cuori, come più tardi av
c e l
; b rpresenza
a z i o n e d e l p r e s e p i o di G r e c c i
OH L'ammirabile
h
del Verbo incarnato ° - c f -visione teologie
nella
S. Bonaventura , m : AA.VV., i ^ a z ^ ^
Studio interdisciplinare a
75
so le creature, ma in modo particolare verso Le anime, redente dal Sangue
preziosissimo di Gesù Cristo; e, quando le vedeva inquinate dalle brutture
del peccato, le compiangeva con una ccrrmiserazione così tenera c h e , ogni
g i o r n o , le p a r t o r i v a , come una m a d r e , in C r i s t o .
E la ragione principale per cui venerava i ministri della parola di
Dio era questa: che essi fanno rivivere la d i s c e n d e n z a del loro
fratello (Dt 25,6) morto, cioè fanno rivivere il figlio d i Cri-
s t o , che è stato crocifisso per i peccatori, quando li convertono, facen-
dosi loro guida con pia sollecitudine e con sollecita pietà" (95).
E' quanto egli accetto di fare condividendo con il ministero apostolico
la sollecitudine per i fratelli e provvedendo alla testimonianza del Signo-
re con le parole e con le opere.
La vita fraterna è questa fucina rigenerante la Chiesa cellularmente,
in virtù del dono reciproco della vita che i fratelli si esercitano a fare
ogni giorno, scambiandosi, come bellamente il Santo consiglia, nella Rego-
la, anche gli eremiti, il ruolo di "madri" e di "figli" ossia la doppia
perfezione di un amore che dona la vita e di una vita che è tutta ricono-
scenza, in un perenne rendimento di grazie, in una eucarestia perenne, come
un grande inno nella domenica della Chiesa (96).
Francesco.ravviva, quindi, nella Chiesa, la pienezza di vita apostolica,
permettendo ai suoi fratelli, frutto e dono del Vangelo accolto nel cuore,
di fare la stessa esperienza che fecero gli Apostoli, con la semplice dif-
ferenza che essi la fecero insieme con Gesù nella sua prima venuta e noi
la facciamo nel tempo intermedio, nel tempo della Chiesa, proprio facendo
l'esperienza di fratelli minori, riconoscendo l'unico Padre che è nei cie-
li, ossia "vivendo il Padre Nostro" (97), felici dello stesso dono, che
si moltiplica partecipandolo, concordi nell'acclamare insieme che Gesù è
il Signore a gloria di Dio Padre (Fil 2,11). Dove questa celebrazione di
gloria viene condivisa, lì rifulge la conoscenza di Cristo, raggiante nella
sua gloria di risorto e i fratelli, trasfigurati, scendono ogni giorno
dalla montagna della loro divina rigenerazione, per partecipare i frutti
del loro divino messaggio e raccogliere tutto l'universo nella casa del
Padre. I figli del Regno condividono la stessa gioia di "essere figli" e
76
"sono contenti solo di Gesù Crim-n ah-- •
Accanto all'esperienzad ^
e consacrante nell'incorruttibile f e r ^ , "
1
— v i t a di o u l ^ ^ ^ ^ ^ ^
I n n O C 6 n Z O 1 1 1
la I d e T " ^ ^ : ^ — — - guel-
f a modalità T ^
* così Che il dono continuò a p a r t e c W s i d l f T . " ^ * ^
& r a
gando sempre più la sfera d ' i n f l ^ " ^ "e-'
a r a 1 U n e r e
della Chiesa cattolica
TOilca
la
l a
T " 9 > °"re i l ^ i t i
' zona lontana dei non rai-i-oi ^ •
anche in essi la presenza salutare di G e S Ù C r Z > S i T ^ ^
altro none sotto il cielo nel auale t •
9n
°re' P°1Ché n o n c ' è
( c f . At 4,12). " 6 911 ^ ^ P ^ 0 t e n e r e la salvezza
Quando poi trasmise ai suoi fnat-n
Vangelo di Gesù, Francesco — >1
& r e a U Z
- e il vangelo nella totalità della v e n T 1 V e 1 " ^ '
P P e S e n t e
-enti, velata dal s a c r a t o del prossi™ „ ^ ^
Pnigi niera n e i
creazione, annunciando a tutti il V i ' ° ceppi della
- s t o , con la ^ ^ ^ - Gesù
Di fronte a l l a Pentecoste l a sorpresa divenne partecipazione ,
Pìu a ^ a e f e s t o s a j a n n u n c Ì Q e c o n d i v i s i o n e f e Z d T »
6 9 n
Così pure di fronte alla rinnovata r^dalità apostoiil °* ^
cesco, tutta la Chiesa si sentì
corde nella gloria incorruttibile della comunione ^
Francesco ha compreso che s o l a m e n t ^ ^ 0 8t _. V )
10
°- ^ìli^liJ^t^r^jùssa, 9 : FF m
77
edifica (cf. 1 Cor 8,2), promuovendo La vita a tutti 1 livelli di diffusio-
ne, con la forza raggiante della luce, che consacra e trasferisce la perso-
na nel suo centro ideale, nel cuore, il quale soltanto rivela tutto il mi-
stero della persona, realizzandola nella misura in cui essa ama. In questo
cuore segreto del mistero, in questa celebrazione memoriale, che è il pegno
della gloria futura, viene inaugurato l'ordine definitivo, che è quello del-
l'amore. Francesco ha riattivato la cellula rigeneratrice della Chiesa,
riconciliando nel suo cuore uomini e cose e l'universo intero e ricomponen-
doli' tutti nel grande inno dell'umanità redenta, ccme qualcuno ha chiamato
il cap. 23 della Regola non bollata (101) o allargando la partecipazione
del creato nella sinfonia mirabile del Cantico delle creature. La potenza
consacrante della lode divina rende raggiante e luminosa tutta la Chiesa,
che viene rivestita di riconoscenza e trasferita ai vertici del suo compi-
mento divino in una perenne eucaristia di lode. Poiché del travaglio del
molteplice, nel quale la Chiesa trascorre i suoi giorni laboriosi, unico
vero rimedio è l'Eucaristia come sacrificio di espiazione, mentre il nuovo
sacrificio di lode è tutto un trasferimento nel Regno di Dio che viene.
Questo richiamo al Regno di Dio, questa nostalgia di beatitudine, aprono
il cuore alla speranza e sono per tutti già un dono, una edificazione nel
regno incorruttibile della fedeltà di Dio (cf. Fil 3,20-21).
Conclusione
101. L. LEHMANN OFM Cap., Tiefe und Heite, Per universale Grundzug in den
Gebeten del Franziskus von Assisi, Roma Antonianum, Werl Westfalen
1984, 192-193.
102. A. HOLL, Per letze Christ: Franz von Assisi, Stuttgart 1979.
78
farne il suo bene unico e definitivo. Non trascurò nessuna risonanza di
quella parola di vita, facendo di tutta la sua esistenza un pieno raccogli-
mento dell'essere in Cristo. Recuperò in quella appassionata rrenoria cele-
brativa del Signore umile, povero, crocifisso e vivente nei secoli il serv
so sacrale del creato e il divino mistero della Chiesa, sposa fedele di
Cristo (cf. A p . 22,17). u verità lo reso libero nel dono che egli ci la-
scio, dopo aver penetrato l'enigma della Chiesa povera e sofferente; dopo
aver ripulito, spinto da u n ' a n s a compassione, il suo volto oscurato Z
peccato, introducendo sapientemente anche i fratelli nell'esperienza salu-
tare di non voler vedere il peccato, rra di vedere solo il S i o n o ^ ricon^
scendo^ sotto i loro tratti dimessi e talvolta logori, lo stupendo volto
di Gesù Cristo.
San Francesco non si accontentò di contemplare le rughe sul volto della
èfedre ma la riconobbe ccme sua genitrice e continuò a chiamarla "Santa
Madre Chiesa Romana", rigeneralo nel suo a ™ r e innocente quanti incontrava
sul suo c a l i n o . Per questo la Chiesa amò e favorì Francesco, dimostrando-
gli di essere quello che egli credeva, Santa l^ria degli Angeli, la 'Verqi-
(103)
~ ~ — " - 0 0 5 1 S - Francesco riuscì a realizzare v e «
una riforma nella Chiesa, incominciando da se stesso e diffondendo ovur^ue
quella radiosa pace dell'amore che rigenera tutti, riconciliandoli in Cri-
sto, proclamato, con tutto il vigore della sua persona, quale Signore. Al-
lora la Chiesa si i l M n a in Cristo e si riconosce nella sua Parola, di-
venta in lui raggiante e fedele. Ed egli esulta, intonando nel suo cuore
il "Cantico dei Cantici dell' inanità redenta" (104).
"E' un mistero del Regno di Dio - scrive Rorano Guardini - che la sua
vite abbia due punti focali: quello individuale e quello della totalità,
della Chiesa. Non si può separarli; antedue hanno la loro giustificazione
essenziale. Ambedue sono rivolti verso l'Ultimo, verso l'Urico" (105) A
ragione y. Congar accentua proprio questa dimensione per situare Francesco
nella Chiesa ed esprimerne la vitalità rigenerante e imperitura: "Egli è
stato il primo dopo l'Unico" (106), permettendo alla C h i e s a , rigenerata
dallo S p i n t o Santo, di rivelarsi come la vera giovinezza del mondo" (107)
Cosi egli vive come H ^ s e n z ™ ^ . . i c o n a della indivisa santità della
103
- Salutatici beatae Maria Virginis, 1 • FF 259
104. Cf. L. LEHMANN, OFM C a p „ Tiefe und Weite/per
den Gebeten des hi. Franziskus von Assisi. 178ss " ~
79
Chiesa" (108), edificando tutti con quell'amore che gli aveva conquistato
la vita, rendendola tutta dono edificante, puro e cortese, espresso nella
piena obbedienza di fede verso il Papa, i Vescovi e verso tutti i Chierici
che vivono secondo la forma della santa Chiesa Romana, ben sapendo che so-
lamente la Chiesa avrebbe garantito l'autenticità del carisma dell'Ordine
e lo avrebbe salvato dalle bufere della storia e dal bacillo delle corro-
sioni intestine, permettendogli di restare quel segno dei "molti che diven-
tano uno" (cf. Gv 17,12) nella crescente e raggiante "sinergia della veri-
tà" (3 Gv v.8), affinché tutt*intera la Chiesa fosse riformata da quella
presenza, "ringiovanendo in virtù della Parola di Dio e compiendosi nella
pienezza della verità racchiusa nel mistero di Gesù Cristo" (109), del qua-
le, Poverello, era diventato semplice rivelazione.
S . Francesco ha avuto la sapienza dei poveri che gli permise di contem-
plare, chiara, nel mistero della Chiesa, la bellezza del Regno di Dio che
viene e di riconoscere sotto i tratti, forse non sempre raggianti, dei fra-
telli cristiani, lo stupendo volto di Gesù Cristo. Per questo egli rimane
presente nella Chiesa, come un annuncio di perfetta letizia, come un raggio
di beatitudine, fulgente sul volto di Gesù Cristo, come un grande inno nel-
la liturgia eucaristica della Chiesa. In lui tutto diventa significazione
e la sua immagine stimmatizzata ripresenta quel pellegrino pasquale che an-
cora incontra gli uomini, invitandoli a raccogliersi nella Chiesa per esse-
re salvati e riconciliati nell'amore, restaurati e rigenerati dall'acqua
e dallo Spirito, compaginati nella verità dell'amore che è appunto quel
velo misterioso, disteso sul volto di Cristo, coperto di inanità e vestito
di debolezza, ma sempre trasparente nell'immagine splendida del risorto.
S . Francesco è un vero uomo cortese, che rigenera col suo sguardo inno-
cente, consacrando nell'unità dell'amore, quanti incontra sul suo cammino.
Egli ha compreso che solamente l'amore edifica (1 Cor 8,2). Per questo an-
che noi, insieme, vorremmo accendere alla sua grande fiamma la nostra spe-
ranza, che anche oggi la Santa Madre Chiesa ritrovi nei figli del Poverello
quello stesso tenerissimo amore e possa essere consolata dalla loro preserv-
za come lo fu nei loro primordi, già nel 1216, secondo la testimonianza
di G . da Vitry: "Esistevano da tempo tre Ordini religiosi: eremiti, monaci,
80
canonici ; ma il Signore volle rhp
c^ vivono s e c o ndo la R e g Z e ^ ^ ^ ^ ^ «
n e l l a
solidità, e perciò aggiunse m questi " ^
9 - s a , la bellezza d l u n 0 0 ' ' ^ ^
&
chiamano frati min0 rT, ^ * ^ ^gola».
de razione ^ ^ S T ^ ^ ^ P ^ ~ ^ in grande consi-
missione - conclude Torrmaso da Celano eh h Particolare sotto-
Jch PPeP
e di sollecitudine che, da sempre " T * ** °9ativa * amore
C e S S a d i
niare a l l e i n e d e i m W i " (7" ) .' ^ ^ ^stimo-
u o G D A VITRY
- - - iliiiiili^id^, i n c 3 2 f f ,
m
1J1
-
rn tspirituaie
Cel 25 : FF 61? e;
di 139ss - : m -conti--
ta P r S S e n
t o e propagandato in certa letteratura l ^ ~
« n t r . gli - -udiosi im-
m a n i f e s t
tutta la verità: "Francesco aff ^ o con corag-
'f;erMVa.P0Ì' d a I t
fortemente, c o n l e p , ^ ' - P-"t. non meno
6
sue labbr •" ^ ^ "
i V;8 n i r™ o n o di
f o r m u l e e n e i i a
- ie « i . „
— nti, la Chiesa R o m a n a , U P a p a ' a"0" * Preti, i sa-
caratteristica, una nota di a d e s i o n e m . , h"" " " ""
t 0 t a l , dl
^ Poesia grave e fresca che « ingenuità. e insieme
« 1 . - . Così scrive V. C « f i ì l V Z Z " ^ ^ ^
« i a 1965, 233-234, iL^i£_del_Dio_vivo, Morcelliana Bre-
82
XIII Lezione
Il S E N S O D E L L A C H I E S A IN S A N F R A N C E S C O D'ASSISI:
CRISTO PIENEZZA DELL'UOMO NUOVO
* * *
V i v
ente in C r i s t o "Luce delle genti".
Gesù Cristo è la "Luce delle genti" (LG 1), il senso della storia la
beatitudine di tutti i figli d i D i o . F r a n c e s c o ^ ^ è u n ^ ^
Piare e un cristiano felice, che ha trovato nella fede di Dio la sua luce
solare e nella sequela fedele di Gesù Cristo la pienezza della sua rraturità
UTiana 6 c r i s t i a n a
- E9li vive nella Chiesa, della quale rinnova la giovinez-
23.»
1- 1 Cel 89 : FF 475.
2. 0. ALIGHIERI, La Divina Commedia. Paradiso, c. XI, v . 50.
83
teologo contemporaneo, Yves M . Congar, scrive: "Fra queste immagini umane
la vita di San Francesco è senza dubbio la più vicina e la più somigliante.
Nei suoi confronti si potrebbe opportunamente usare l'espressione così bel-
la del Padre Allo a proposito di San Paolo: egli è stato 'il primo dopo
l'Unico' " (3).
L'accostamento non deve sorprendere, se fin dai primi tempi sembrava
quasi impossibile distinguere il discepolo dal Maestro, ccme testimonia
una significativa apparizione del Santo, riportata dai primi biografi.
"Il padre glorioso apparve... e lo seguiva una folla innumerevole di
persone. Alcuni si staccarono dal gruppo per chiedere al frate: "Costui
non è forse C r i s t o (Gv 7,26), o fratello?". "Sì, è lui" - rispondeva.
Ed altri di nuovo lo interrogavano: 'Non è questi san Francesco?". E il
frate allo stesso modo rispondeva affermativamente. In realtà sembrava a
lui e a tutta quella folla che Cristo e Francesco fossero una sola persona.
Questa affermazione non può essere giudicata temeraria da chi sa inten-
dere bene, poiché chi aderisce a Dio diventa un solo spirito
(1Cor 6,17) con Lui e lo stesso Dio s a r à t u t t o in t u t t i (cf. 1Cor 12,
6; 1Cor 15, 28; Col 3,11; Ef 4,6)" (4).
Nel compimento della vita, all'istante della morte, si rivela l'identi-
tà della persona e il vigore della sua presenza nella varietà della sua
vita, nel modo in cui l'ha vissuta.
Il fatto sorprendente, che l'esemplare rifulgesse con tale perfezione
nel seguace fedele di Cristo, Francesco, crea l'imbarazzo della scelta,
ma offre anche il grado della sua compiuta umanità cristiana.
Intendo approfondire questa dimensione cristiana di Francesco d'Assisi,
per accendere alla sua grande fiamma la nostra speranza e allargare gli
orizzonti umani della civiltà dell'amore.
Se Gesù Cristo traspare ccme verità della pienezza umana di Francesco,
ciò significa che egli prima è entrato nel mistero divino di Gesù Cristo,
incarnandone la parola e rivelandone la presenza, di modo ch'egli tutto
s'illumina nella dimensione di Cristo, divenendo per Lui ccme una grande
canzone d'amore e per noi ccme un Vangelo di grazia e di uianità vera.
Questo processo di incarnazione di Gesù Cristo nell'uomo non può signi-
ficare per Gesù Cristo un arricchimento, bensì uno "svuotamento" (Fil 1,7)
per poter assumere la povertà della creatura, come sua "verità del corpo" (5)
3. Y.H. CONGAR, O.P., Le vie del Dio vivo, Morcelliana, Brescia 1965, 253.
2 Cel 219 : FF 814. Per la teologia della imitazione di Cristo, si
veda: C. DEL ZOTTO, La teologia dell'immagine in San Bonaventura, Ed.
LIEF - Vicenza 1977, spec. 231ss. e 261ss.
5. S. LEONE MAGNO, Epistula Papae Leonis ad Flavianum ep. Constantinopoli-
84
* L r ^ r z r : : - - 1 : 2 ?
S t l a
sua "icona visibile" (Col 1 15- Fh 1 ^ „ • • °
8 i
* sua c o n f i s s i ^ ^
Col 1,27-28). splendida irradiazione di gloria (cf.
2 L a
' gioia di essere nella
85
verace, che mise alla prova il vigore del suo spirito e la magnanimità del
suo cuore, permettendogli di superare la vecchiaia di una chiusura insensa-
ta, che eliminava l'altro quando appariva poco amabile e povero, fino ad
accoglierlo cordialmente per lasciar trasparire da quel corpo, "esinanito"
(Fil 2,7) dalla lebbra, il mirabile volto di Cristo, entrando gioioso nella
giovinezza di Dio.
Seguiamo attentamente la descrizione che ne fa il primo biografo, Tom-
maso da Celano: "Fra tutti gli orrori della miseria umana, Francesco senti-
va ripugnanza istintiva per i lebbrosi. Ma ecco, un giorno ne incontrò pro-
prio uno, mentre era a cavallo nei pressi di Assisi. Ne provò grande fasti-
dio e ribrezzo; ma per non venir meno alla fedeltà premessa, come trasgre-
dendo un ordine ricevuto, balzò da cavallo e corse a baciarlo. E il lebbro-
so, che gli aveva teso la mano, come per ricevere qualcosa, ne ebbe contem-
poraneamente denaro e un bacio.
Subito risali a cavallo, guardò qua e là - la campagna era aperta e
libera tutt' intorno da ostacoli - ma non vide più il lebbroso. Pieno di
gioia e di atrmirazione, poco tempo dopo volle ripetere quel gesto: andò
al lebbrosario e, dopo aver dato a ciascun malato del denaro, ne baciò la
mano e la bocca" (7).
La sorpresa di Francesco è di avere incontrato la pienezza dell'uemo:
Gesù Cristo. Da allora non vede più il lebbroso o i lebbrosi, ma vede Cri-
sto e i fratelli lebbrosi diventano "fratelli cristiani" (8). Incomincia
86
a scoprire la verità e, reso cfa ogni cosa libero, anche dalla paura del
contagio - tale è il senso del bacio sulla bocca - egli ha il potere di
incontrare gli altri nella loro verità e di amarli v e r s t e in Colui che
di tutti e la pienezza. Così ogni uomo viene visto in trasparenza e incora
trato nuovo e compiuto nella sua luminosa fonte sorbiva, che è l'amore di
Dio.
87
Ma è 1'incontro diretto con G e s ù C r i s t o C r o c i f i s s o che g l i permette
d i scoprire il m i s t e r o d e l l a vita che r i s o l e e q u i n d i inaugura 1 uoro nuo-
Conciliato, r a p p a c i f i c a t o , vìvente e c a ^ c e d i tutta - ^titudine
d i D i o . L ' u o m o v e r o è q u e l l o capace d i donare la vita p e r a m o r e . E per
q u e s t o che G i o v a n n i indica q u e l l a s c e n a d e l l a passione d i G e s u Cristo in
c u f P i l a t o d i c e : " E c c o l'Uoro!" (Gv 1 9 , 5 ) , c o r . il m o m e n t o solenne delia
rivelazione d e l l a j S S ^ u o » nella ^ v e r t à d e l F i g l i o d i D i o G e s ù
C r i s t o . D a a l l o r a non c'è unano d o l o r e o f i l i a z i o n e o ingiustizia
J o nascondere il suo v o l t o . A n z i più ^ v e r a è la c r e a t u r a più luminosa
traspare quella im^ine d i v i n a m e n t e b e l l a e attraente d i C r i s t o , povero
6
^ T a l e " ^ i n c o n t r o sorprende nuovamente F r a n c e s c o m e n t r e è in c a m m i n o verso
il m e r c a t o d i F o l i g n o . S o s p i n t o d a l l a n o s t a l g i a d e l cuore che cerca la ve-
r i t T e g l i e n t r a n e l l a c h i e s e t t a d i S a n D a m i a n o e viene inondato d e l l a pie-
nezzll C r i s t o . N e p p u r e la croce è « e r t a , a n z i i l C r o c i f i s s o p a r l a l e lo
chiama per n o m e . L a n*>rte non è i l o r i t e r i o p e r conoscere 1 u o m o , b e n s
a risurrezione. Il Crocifisso appare vivente s o p r a il sepolcro, v u o t o ^
s t a salendo a l c i e l o in c a m m i n o verso la p a t r i a dell'amore p e r f e t t o . A t t o r -
n o a L u i s t a n n o q u a n t i h a n n o compreso l'amore: la V e r g i n e M a d r e M a r i a , S a n
Giovanni, altri testimoni fedeli e , sopra in a l t o , i t e s t i m o n i celeri
ali Angeli d i Dio, mentre lo S p i r i t o v i v i f i c a n t e , simboleggiato dal ^ i t o
d i D i o ^ ohe d à o r i g i n e a l l ' u n i v e r s o e f a sprizzare la luce d a g l i a s t r i e
immette i l vigore vitale n e g l i e s s e r i a n i m a t i , a c c o g l i e n e l suo aoneji
vita il Figlio d i Dio C*sù Cristo e lo p r e s e n t a a l Padre, c a e s t e r e
l'Uomo v e r o , v e r s o i l q u a l e t u t t i d o v r a n n o volgere lo sguardo ( c f . O , 1 9 ,
27) E c c o la p i e n e z z a a p p a r i r e n e l l a luce che vide ascendere i l p r i m o d e i
R i s o r t i . L a c h i a m a t a d e l C r o c i f i s s o : " V a ' , F r a n c e s c o , e ripara la m i a c a s a ,
c h e , come v e d i , sta a n d a n d o t u t t a in rovina!" (11) d i v e n t a il o a n t o d e l l a
v i t a che non solo vince la rrorte, m a inaugura la risurrezione e immette,
q u a n t i l ' a c c o l g o n o , nella v i t a p i e n a d e l g i o r n o , che non c o n o s c e 1 a m a r e z z a
d e l tramonto. Francesco d i v e n t a u n a nuova c r e a t u r a , capace d i a c c o r d a r s i
88
a quella parola divina e di rispondere a tono: "Lo farò volentieri, Signo-
re (12), entrando per sempre non solo nella giovinezza di Dio, rra anohe
nella pienezza dell'uomo.
Clelia parola, scaturita dal cuore di Cristo, che partecipa la sua vita
per amore, divenendo quindi tatonte povero da donare tutta la sua vita
entra nel cuore di Francesco e lo libera da ogni altro possesso, aprendoli
a tutte le dimensioni dell'amore e facendogli intravvedere tutta la pienez-
za di Cristo. Egli rivestirà quella voce di flessioni coprirà quel
volto di tratti personali, dovrà circoscrivere la parola nel suo cuore per
farlo pulsare divinamente, ma non aggiungerà nulla alla verità di Cristo
che diventerà per lui l'unica verità d e l l ' u t . 11 Cristo di San Damiano,'
dalle caratteristiche giovannee, cioè di un unico mistero di a e r e che com-
prenda il dono della vita sulla croce e la sua glorificazione nel cielo
in virtù della effusione dello Spirito e della intronizzazione del Figli;
0 1 D l
°^ " f ^ g e n i t o di ogni_£reatura'' (Col 1 f 1 5 ) f anche cor* "Pri-
H E g e n i ^ d i coloro che r i s u s c i ^ a r o d ^ r t i » (Col 1,18), inaugura il c l ^ o
nuovo della vita ed invita Francesco ad accordare tutta la sua vita al rit-
mo vivificante di quella parola, che ha il potere di rinnovare non solo
lui, rra tutta la Chiesa. E' un annuncio di speranza, una grazia, che pia-
smera tutta la persona di Francesco e gli permetterà di compiersi proprio
nell esperienza della povertà di quell'uomo vero, che, essendo Figlio di
Dio ha riempito di vita anche la e r t e . Da allora egli "era rivestito dei
( G a l 3
> 2 7 > (13) e "cercava di custodire Cristo n ^ J
intimità del cuore" (14). —
La pienezza dell'uomo acquista per lui sempre più evidentemnte i trat-
ti della persona di Cristo, specialmente nel mistero della sua presenza
eucaristica, che perpetua l'amore perfetto e la perfezione di un corpo do-
nato per la vita, ossia di un amore talmente grande che c o n t i n u a n t e dona
la vita ai suoi amici (cf. Gv 15,13). a,ni uorc ornai celerà e gli rivelerà
quel volto mirabile, ogni cuore s'accenderà nel palpito di quell'acre
che ammetterà nella creatura e r t a l e la pienezza di vita e di umanità del
Figlio di Dio Gesù Cristo. * è nell'assimilazione vitale del assaggio
ricevuto, che Francesco entra piena^nte in sintonia con quella Parola
che, essendo piena d'amore, riempirà di beatitudine la sua vita
89
3. L'ora solenne della pienezza della verità.
Ricordando gli episodi, che ho riportato sopra, Francesco dice che sono
stati per lui delle "rivelazioni di Dio" (15). La stessa conoscenza della
verità della sua vocazione di uomo e di cristiano diventa un "concepire
e dare alla luce lo spirito della verità del Vangelo" (16). Di modo che
egli si sente unito per la simpatia a Gesù Cristo. "Questo è ciò che desi-
dero, questo è ciò che bramò con tutto il cuore" (17). Cosi la sua vita
si mette in cammino verso la pienezza della parola di Dio, esprimendosi
in essa come nella sua identità, ritrovando cioè la fonte sorgiva dell'amo-
re e rinnovandosi continuamente nel mistero della sua pienezza. Il compi-
mento della parola, risuonata nel suo cuore ccme "Vangelo di grazia" (At
20,24), segnerà il ritmo della sua testimonianza e diventerà alla fine il
sigillo divino della fedeltà, come irradiazione della luce del giorno che
vide ascendere "il Primo dei Risorti" (Col 1,18). La presenza di Gesù Cri-
sto diventa in lui "speranza della gloria" e anticipata presenza del Regno
di Dio (cf. Col 1,27). E' Lui che "come capo del corpo che è la Chiesa",
"detiene il primato su tutte le cose"; "come Primogenito di coloro che ri-
suscitano dai morti" immette tutti nella pienezza della vita risorta, "poi-
ché piacque a Dio di fare abitare in Lui ogni pienezza" (Col 1,18-19). "E'
in Cristo che abita corporalmente tutta la pienezza della vita e della ve-
rità divina dell'uomo" (cf. Col 2,9), di modo che chiunque a Lui si affidi,
attuandone la parola di vita, "abbia parte alla sua pienezza" (Col 2,10).
Francesco inccmincia ad assaporare la gioia di essere di Cristo, ccme
voce e risonanza di quella pienezza divina: "Io sono l'Araldo del Gran Re!"
(18), dirà a quanti gli chiedono la sua carta d'identità. Egli è contento
di quella parola e ne assapora la pienezza, esprimendone tutte le potenzia-
lità, nella sua esperienza di vita. Non subisce più il fascino dell'appa-
renza delle cose e delle persone, perché le incontra nella loro verità che
è Cristo (cf. Col 2,17), e, divenuto "nuova creatura", "tutte le avvolge
con la tenerezza di Cristo" (19). Un nuovo senso di umanità si diffonde
90
ovunque risuoni la sua voce, cane pienezza di Cristo e sua splendida rive-
lazione. ^ nuova fratellanza unisce insiane tutte le creature r t ^ T
-pò " 1 , ™ a * i i a
9 l O Ì
solamente per amore Z ^ ' » ' ^
C U Ì 6 9 1 1
(2») i w " " Percepisce la s u , "povertà"
j z z zTir r * p I ù nulla * ^ ^
9 c o n o s c e r
r ° ' ™ ™ « ~
S P Ì r Ì t f 0 l 9 0 r
C r i s t t u T r r ° 'a"te « e m p i m e n t o in
- r i
Fin dalla p r i ™ percezione della divina c h i a t t a , nella chiesetta di
- - ~ dei ciexo,
•Cantico delle Creature" (23) testimonia di quell'istante f „ ™
nel Francesco tolse ogni indugio ed e n t ™ neli p ^ C di S S
r j te
i , r e rdi conformare l'amantP a i T a m a ^«
potere
1 1 9 a i
« • n / c ™ verace
n e l l a
gine radiosa di Cristo (cf 1 L T T ^ ' ^ ^ ^ W
(cf. 2 Cor 4,6) pienezza dell'uomo e dell'uano carv-
20- i ^ n ^ P e r ^ , 4 3 : pp 1 5 g l ; ^ ^ ^
9
de p u r i f i c a z i o n e , c h e g l i p e r m e t t e di r i s o r g e r e .
iig91_ n d a
dei tre c o m n a n n i 13 . F F U 1 K
2 2
- Leggenda M a g g i o r * . 3,1 . pp 1 0 5 1 >
91
piuto in Cristo, come nella sua ultima verità.
I due momenti di quella mirabile esperienza d'amore sono l'impressione
delle Stimmate della passione del Signore nel corpo di Francesco e l'annun-
cio che era prossima la festa del Regno di Dio.
II primo avvenne sul monte della Verna, dove Francesco aveva trascorso
un periodo di quaranta giorni di più intensa preghiera, corroborata dal
digiuno in onore della Vergine degli Angeli e dell'Arcangelo San Michele,
di cui era particolarmente devoto.
Nel desiderio di vivere pienamente la verità del dono ricevuto, France-
sco ricerca nell'apertura del Vangelo, l'indicazione della via. Alla tri-
plice apertura in onore della Santissima Trinità, ricorre per tre volte
il racconto della passione del Signore. Allora egli comprende che è giunto
il momento del compimento, l'ora della piena rivelazione dell'amore (24).
In uno slancio di generosità fece una preghiera audace: chiese di sentire
nel suo cuore la pienezza dell'amore e del dolore, che aveva sentito per
noi Gesù Cristo, quando offrì la sua vita per amore nostro sulla croce(25).
La risposta divina non tardò a venire. Il sigillo della fedeltà impres-
se nella carne di Francesco i segni della passione del Signore, permettendo
alla immagine di Lui di trasparire radiosa dalla sua debole umanità (26):
fu così che in lui apparve la pienezza di Cristo, come piena realizzazione
dell'uomo, al vertice divino della santità crocifissa.
L'intonazione del canto di risposta adi'invito di partecipare alla
grande festa del regno di Dio risuonò in quel suo cuore aperto dalla ferita
dell'amore e reso quindi capace di risonanze divine.
Mentre egli si trovava nelle vicinanze di San Damiano, nello stesso
luogo in cui aveva ricevuto il primo invito a restaurare la chiesa, Fran-
cesco, quasi cieco, non poteva più vedere la luce del sole di giorno né
sopportare il bagliore del fuoco di notte. A questa esperienza di estrema
povertà si aggiunsero innumerevoli sofferenze di corpo e di spirito e una
persistente tentazione del maligno.
Dopo cinquanta giorni di perseverante sopportazione d'amore, egli si
sentì al limite della sua capacità di soffrire e invocò l'aiuto del Signo-
disegnata nella sua carne dal dito del Dio vivente (Tb 12,7)".
92
ne: .Signore, vieni in soccorso alle mie infermità, affinché io possa sop-
portarle con pazienza!" (27). ^
E subito gli fu detto in spirito- "Fratelln h ^ ì .
delle rrateilo, dimni: se uno, m compenso
delle tue sofferenze e malattie, ti donasse un grande prezioso tesoro
non ne saresti molto felice?". tesoro...
RÌSP Se F P a n C e S C 0 : Sl9n re q u e s t o t e S 0 T O
orand ° ' ° ' «rebbe un tesoro veraente
grande e ^comparabile, prezioso e anabile e desiderabile"
U voce concluse: "Allora, fratello, sii felice ed esultante nelle tue
infermità e tribolazioni; d'ora in poi vivi nella serenità, come
9
fossi nel mio Regno" (28).
4
* Cristo pienezza dell'uomo nuovo
aT I ?
i n 1 U 1 n e l l a r i v e l a z i 0 n e d e l l a S U a
sorgi—
va Cor. lo specchio rivela l'immagine che in esso si rispecchia, così ar>~
che il corpo di Francesco, divenuto duttile e intonato alla limpida voce
di Cristo, appariva cristallino nella sua limpidezza, terso nel suo fulgo-
re, armonioso nell'annuncio della vita cane beatitudine di Cristo
I biografi del Santo riconoscono in lui quel tratto inconfondibile che
D Ì
L t t T r ^ " °6 1 1 C O T P Ì m e n t °d 6 l l e nell' irmagine
1 6 1Ché 1 1 S U
r ^ - ° °d 0 n ° — nella verità,
in lui la divina bellezza di Cristo.
Die episodi sono particolarmente significativi: l'esperienza della sua
misteriosa presenza, che verifica i frati, introducendo!! nella luce radio-
sa di Cristo, verità ultima di ogni ucm> (29) e l'apparizione della sua
1799.
2 7 ,
Specchio di p e r f e z i o n e . 100 : FF
28. Leggenda Perugina. 43 : FF 1591.
93
immagine crocifissa come sigillo divino della verità e garanzia di ogni
parola di Dio (30), sia rivelata che annunciata.
Non solamente la sua vita traspare nella luce di Cristo, ma anche i
suoi scritti diventano illuminanti, nella dimensione espressiva della luce
che permette alla conoscenza di diventare amore e visione piena.
Sono numerose le indicazioni dei biografi del Santo che ci fanno pensa-
re a una vita talmente intensa ed espressiva, da divenire talvolta piena
rivelazione della pienezza, che custodiva ccme sua identità cristiana.
L'uomo è espressivo in tutto il suo essere, di modo che quanto porta in
cuore diventa palese nelle parole e nei segni. Lo stile dell'uomo rivela
la sua identità. Ora Francesco apparve talvolta non tanto nella sua figura
itinerante, quanto nel suo compimento divino, nella gloria illuminante che
custodiva nel mistero della sua persona, come germe di vita eterna.
Così lo esperimentarono i suoi primi compagni, quando una sera furono
sorpresi da una luce intensa e vivacissima che li visitò, mentre si trova-
vano riuniti a Rivotorto.
"L'uomo a Dio devoto, secondo la sua abitudine, passò la notte a prega-
re Dio, in un tugurio situato nell'orto dei canonici, lontano, con il cor-
po, dai suoi figli.
Ma. ecco: verso mezzanotte - mentre alcuni frati riposavano e altri ve-
gliavano in preghiera - un carro di fuoco di meraviglioso splendore entrò
dalla porta della casa e per tre volte fece il giro dell'abitazione: sopra
il carro si trovava un globo luminoso, in forma di sole, che dissipò il
buio della notte.
Furono stupefatti quelli che vegliavano; svegliati e, insieme, atterri-
ti quelli che dormivano - fu più grande la chiarezza provata nel cuore che
quella vista con gli occhi, perché, per la potenza della luce miracolosa,
fu nuda la coscienza di ciascuno davanti alla coscienza di tutti.
Tutti reciprocamente videro nel cuore di ciascuno e tutti compresero,
con un solo pensiero, che il Signore mostrava loro il padre santo, a s s e n -
t e c o l c o r p o , m a p r e s e n t e c o n lo s p i r i t o (cfr. 1 Cor 5,3), tra-
sfigurato soprannaturalmente dalla luce dei celesti splendori e dalla fiam-
ma dei celesti ardori, sopra quel carro di luce e di f u o c o (cfr. 2
Re 2,11), per indicare che essi dovevano camminare, ccme veri Israeli-
il corpo.
94
ti (cfr. Gv 1,47), sotto la sua guida" (31).
Qjando la persona si illumina in Cristo, diventa non solo luminosa,
ma illuminante. La sua pienezza interiore traspare e diventa un dono parte-
cipato a quanti hanno la grazia di condividerne l'esperienza di vita.
"Nel nulla della povertà, tutto diventa per l'ucmo un dono oltre la
nuda esistenza e se qualcuno è diventato povero per amore di Dio è stato
per poter prendere così ogni cosa come un dono di Dio, perché ha ricono-
sciuto in ogni cosa, con tutta verità un suo libero regalo d'amore. Vita
francescana significa allora continua e pura lode glorificante per la glo-
ria della grazia e dell'amore di Dio che irradia fino a noi attraverso tut-
ti gli esseri" (32).
Qjando poi questa luce traspare nell'immagine più perfetta, che è l'uo-
mo reso espressivo nell'immagine di Cristo, la luce diventa celebrazione
pasquale e canto della vita.
Così fece Francesco, ritornando tra i suoi frati, dopo quella mirabile
illuminazione notturna. Egli incominciò a "rimare i pensieri dei loro cuo-
ri", componendo quelle voci in un canto di speranza per il futuro dell'Or-
dine e della Chiesa (33). Ecco come Francesco restaurava la Chiesa viva,
rendendola capace di lodare e di contemplare pio nella purezza di un cuore,
"reso da ogni cosa libero" (34).
L'episodio è rilevante, perché indica anche la dimensione dell'influsso
di una persona, che abbia attinto la pienezza della luce e della verità
di Cristo, il quale illumina non parlando, ma illuminando il cuore di chi
ama (35). E' così che la conoscenza, non solamente di Dio, ma anche delle
creature, diventa amore. E l'amore è creativo e realizza la creatura nella
dimensione divina della verità, immettendola nell'immagine della verità
incarnata, Gesù Cristo, " p i e n e z z a d i g r a z i a e d i v e r i t à " ( G v 1,14).
Si attua così l'icona divina della creazione redenta, che porta i tratti
del volto di Cristo e l'irradiazione della sua gloria.
Chi si compie nella verità, diventa garante della medesima e ha il po-
tere di sigillare quanti ad essa consacrano il cuore e la vita, divenendone
apostoli. E' l'episodio verificatosi durante il Capitolo provinciale dei
Frati, ad Arles, in Provenza. Esso dimostra che l'alba di ogni vera frater-
nità è l'aurora propria di Dio.
95
Curante il Capitolo di Arles, Antonio, allora, insigne predicatore *d
ora glorioso confessore di Cristo, stava predicando ai frati, s©r^ndosl
come tema dell'iscrizione posta sulla croce: 'Gesù Nazareno, re deiGiufcì"
(Gv 19,19). ";•
Ebbene, un frate di virtù sperimentata, di nome Monaldo,' si'mise, per*-
ispirazione divina, a guardare verso la porta della sala capitolale e vide
con i suoi occhi il beato Francesco che, stando librato nell'aria pori te
mani stese in forma di croce, benediceva i frati. Tutti i frati, a loro
volta, si sentirono ripieni di una consolazione spirituale così grande«e
così insolita che la ritennero una testimonianza con la quale lo Spirito
li assicurava che il padre santo era veramente in mezzo a-loro" (36).
Qjesti episodi, narratici dai biografi, vengono suffragati da fnolté'
altre simili esperienze, come quella di frate Pacifico, che vide Francesco
segnato dalla Croce formata da due spade luminosissime, che illuminavano
la sua persona, allargandosi poi a illuminare tutto il mondo (37)", irra^
diando ovunque la gloria della pienezza di Cristo.
Forse per questo anche l'esperienza delle Stirmate, che sigilli divina-
mente l'immagine di Cristo nel corpo di Francesco, venne percepita dagli
altri come irradiazione di luce, ccme fuoco illuminante; impressilo ed e-
spressivo di una divina pienezza, che trascendeva ogni umana conoscènza,
esprimendosi nel segno consacrato della umanità di Cristo, la croce, ini-
zio di resurrezione e pegno di vita eterna (38). •» -
Tra gli altri titoli dati a Francesco dai suoi biografi, uno è parti*-
colarmente significativo, quello di "nuovo evangelista di questo. ultima
tempo" (39). Francesco diventa egli stesso un Vangelo, ccme pura risonanza
97
hai demandato" (44).
"Diceva ancora Francesco che Dio volle e rivelò a lui che i frati si
chiamassero "minori", perché questo è il popolo povero e umile, che il Fi-
glio di Dio chiese al Padre suo" (45).
La caratterizzazione dei suoi "fratelli minori" è data da Francesco
con le parole "che siano contenti solo in Cristo". Questo significa non
solamente che essi debbano rinunciare a tutto il resto per possedere Lui
solo, ma positivamente che essi trovino in Lui solo la loro pienezza e che
esprimano nella loro vita tale pienezza come beatitudine e canto nuovo.
"Invero cosa grande è che il Signore abbia yoluto avere un nuovo e piccolo
popolo, differente nella vita e nel parlare da tutti quelli venuti prima
e contento di non possedere che Lui solo, altissimo e glorioso" (46).
La più intensa presenza di Cristo sulla terra è per Francesco quella
sacramentale, che egli chiama "corporea" (47) e ne rimane talmente conquiso
da farne il modello di tutta la sua vita.
La sua esistenza si muove, non soltanto idealmente, attorno al 'Mi Si-
gnore", ma anche concretamente, attorno alla presenza sacramentale del
Figlio di Dio, nel mistero eucaristico (48). La doppia dimensione della
sua presenza è una pienezza di servizio, che si esprime nel dono della vi-
ta, che diventa glorificazione di Dio e nutrimento dei fratelli, una vita
che diventa puro dono, nella delicata espressione di una madre, che nutre
il suo figlio (49), di un fratello che "lava i piedi al fratello" (50),
1983, 15-68.
48. Francesco lo esprime con una preghiera che recita e insegna ai suoi
Cristo, qui e in tutte le tue chiese che sono nel mondo intero e ti
"Così dico a te, figlio mio, come una madre...". Un esempio di norma
imposta ai frati: Regola non bollata, 9,14 : FF 32: "E ciascuno ami
98
come rigenerazione dell'amore che diventa cortese, divina accoglienza e
introduzione nella festa del Regno di Dio. Due riorienti di un unico a e r e ,
due espressioni dell'unica pienezza di Cristo, "venuto nel mondo non per
essere servito, ma per servire e per dare la sua vita a s a l v i a Hi
(cfr. Mt 20,28). ~ ~ ~ —
Francesco lo ricorda con accenti commossi: "Guardate, fratelli, l'umil-
d i
tà Dio, e aprite davanti a Lui i vostri cuori (Sai 61,9); umiliatevi,
anche voi, perché egli vi esalti (1 Pt 5,6). Nulla, durx^ue, di voi, tenete
per voi; affinché vi accolga tutti colui che a voi si dà tutto" (51).
La totalità è la legge dell'amore e diventa per Francesco l'unica n o m a
di vita, rispondente al Vangelo e all'esempio di Gesù Cristo. E poiché Dio
non può donare mai meno di se stesso, ma tutto a tutti si dona e opera tut-
ta in tutti, mediante il Figlio suo Gesù Cristo, per questo Francesco non
può riservare nulla per sé, ma è felice di poter entrare nel ritmo della
pienezza dell'amore, che lo compie in Cristo e che permette a Cristo di
rivelare in lui la sua pienezza di inanità, non solo nella mediazione dei
segni sacramentali, ma in ogni espressione di vera inanità. E' per questo
che la vita fraterna, inaugurata da Francesco e da lui chiamata "rivelazio-
ne" e "dono" dei fratelli (52) da parte di Dio, diventa "compimento del
mistero del Vangelo di Cristo" (53). Tutta la vita si illumina in Cristo,
come rivelazione della sua gloria « risonanza del suo Vangelo di grazia,'
trasformandosi in "parola dello Spirito" (54). Francesco ne fa un irandato
per i suoi frati, ma io credo anche per tutti gli uomini di buona volontà:
"Udite, figli del Signore, e fratelli miei, e prestate gli orecchi alle
in t u t t e quelle cose in cui Dio gli darà grazia". Nella Regola bollata,
6,8-10 : FF 91, San F r a n c e s c o intensifica la q u a l i t à d e l l ' a m o r e spiri-
tuale a confronto di quello naturale della madre; usando un chiasmo
"nutre ed ama" e "deve amare e nutrire", egli intende dire che anche
se il nutrimento materno non riuscisse a diventare amore e quindi non
fosse in grado di dare alla luce una nuova vita, quello fraterno deve
essere sempre amore "nutriente" ossia che alimenta, custodisce, corro-
bora e compie nell'arte divina della santità e della bellezza, la vita
del fratello.
99
mie parole (At 2,14). Inclinate l'orecchio del vostro cuore (Is 53,3) e
obbedite alla voce del Figlio di Dio. Custodite nelle profondità di tutto
il vostro cuore i suoi precetti e adempite perfettamente i suoi consigli.
"Lodatelo perché è buono" (Sai 135,1) ed "esaltatelo nelle opere vo-
stre" (Tb 13,6), perché vi mandò per il mondo intero affinché testimoniate
la sua voce con la parola e con le opere e facciate conoscere a tutti che
"non c'è nessuno onnipotente eccetto Lui" (Tb 13,4). "Perseverate nella
disciplina" (Eb 12,7) e nella santa obbedienza e adempite con proposito
buono e fermo queste cose che avete premesso. "Il Signore Dio si offre per
voi come per dei figli" (Eb 12,7)" (55).
A questo vertice di umanità, dove la vita si esprime ccme lode pura
e annuncio verace dell'amore, ogni uomo, che accolga l'invito di Francesco,
diventa custode del fratello, nella immagine delicata e gentile di una ma-
dre che nutre ed ama il suo unico figlio (56).
La tenerezza diventa l'atmosfera che premuove il progresso della vita
e ne custodisce il mistero di santità. Lo stupore, la meraviglia, la gioia,
caratterizzano ogni incontro verace; e ogni comunicazione diventa inizio
di comunione, oasi di speranza e attimo di beatitudine, che invera il tem-
po, immettendolo nel compimento divino della storia sacra, nel giorno pieno
dell'eternità.
Francesco, segnato da due spade luminosissime, che lo sigillano ccme
fiammante croce sul mondo, eleva coraggioso la fiaccola della speranza,
come apostolo della civiltà dell'amore, che albeggia nella sua esperienza
fraterna, ccme aurora propria di Dio (57). Un mondo nuovo, proteso verso
il compimento della speranza, sostenuto dalla tensione del desiderio, rag-
giante nella presenza dell'amore, che solo è creativo, irradia come luce
mattutina dalla immagine esile e raggiante di Francesco.
La sua gioia diventa incontenibile e il suo canto intonazione corale.
Dalla montagna della Verna, monte santo dell' umanità, egli eleva a Dio
la sua lode, divenuta vocefcieimondi infiniti, nella splendida ottava della
100
creazione, ma anche sublime preghiera corale della imanita, che è entrata
con lui in Cristo, nel mistero della pienezza f i a t a n t e dell'amore che dona
la vita sulla Croce (58).
•Tu sei santo, Signore Iddio unico, "che fai cose stupende"(Sal 76,15).
Tu sei forte.
Tu sei grande (cfr Sai 85,10).
Tu sei l'Altissimo.
Tu sei il Re onnipotente.
Tu sei il Padre Santo (Gv 17,11), Re del Cielo e della terra (cfr. Mt 11,25).
Tu sei Trino e Uno, Signore Iddio degli dèi (cfr. Sai 135,2).
Tu sei il bene, il sorrmo bene, Signore Iddio vivo e vero.
Tu sei amore, carità.
Tu sei sapienza.
Tu sei umiltà.
Tu sei pazienza (Sai 70,5).
Tu sei bellezza.
Tu sei sicurezza.
Tu sei la pace.
Tu sei gaudio e letizia.
Tu sei la nostra speranza.
Tu sei la nostra gioia.
Tu sei giustizia.
Tu sei temperanza.
Tu sei ogni nostra ricchezza.
Tu sei bellezza.
Tu sei mitezza.
Tu sei il protettore (Sai 30,5).
Tu sei il custode e il difensore nostro.
Tu sei fortezza (cfr. Sai 42,2).
Tu sei rifugio.
Tu sei la nostra speranza.
Tu sei la nostra fede.
Tu sei la nostra carità (cfr. 1 Gv 4,16).
Tu sei tutta la nostra dolcezza.
Tu sei la nostra vita eterna:
Grande e anmirabile Signore,
Dio onnipotente,
Misericordioso Salvatore" (59).
101
Questa preghiera può essere chiamata la preghiera dell'umanità, perché
sgorga dal cuore di un uomo, che, essendo ormai entrato, per un mistero
di conformazione d'amore, in Gesù Cristo, ha trovato la sua pienezza e in-
troduce l'ucmo nella pienezza. Non c'è più in lui contaminazione di egoi-
smo, ma pura lode di gloria e radiosa comunicazione d'amore, ccme dono cor-
tese della vita.
Cosi Francesco diventa "profezia vivente" e segno di benedizione per
tutta l'umanità.
Alla preghiera, che immette con il vigore dei suoi 32 "Tu", nel mistero
del compimento della divina bellezza, egli jaggiunge un segno personale per
frate Leone e per quanti sono come lui ancora nella tristezza. Egli tra-
smette in forma personale, accordandola nel suo cuore segnato dall'amore
del Crocifisso, la Benedizione di Dio (60). Anzi diventa egli stesso sor-
gente di benedizione, nella partecipazione della vita, con la cortesia di
Cristo e la tenerezza di una "madre", che ama e nutre il suo figlio dilet-
to" (61).
ne italiana.
V e r n a , 47 (1982) n.8,p.l.
63. Per questo San Francesco, scrivendo ai s u o i frati, diventa egli stesso
102
Il momento più solenne e di maggiore creatività è quello della preghie-
ra, che esprime la vita, accogliendola ccme dono d i Dio, custodendola nel
mistero della persona che si identifica entrando in comunione, partecipan-
dola ccme lode di gloria (cfr. Ef 1,14) divina e come nutrimento dei fra-
telli (64), in una liturgia che raccoglie uomini e cose, l'universo intero
in vista della sola pace dell'amore, accordandoli nella sinfonia della pie-
nezza. Il capitolo 23 della prima Regola di S . Francesco segna questa apo-
teosi divina della storia, che si rivela opera della Trinità, ossia di un
amore, che non è solitudine, ma comunione e procede dall'esperienza di co-
munione fino alla perfezione dell'unità, "ricapitolando tutte le cose in
Cristo" (Ef 1,10) e immettendole in Lui, nella pienezza dei tempi, nel mi-
stero corale della Liturgia della Chiesa, "la quale è il suo corco, la pia-
nezza di Colui che si realizza interamente in tutte le cose".
E ti rendiamo grazie, perché, come tu c i hai creato per mezzo del tuo
103
Figlio, così per il vero e s a n t o ^ j * ^ ^
Gv 17 26), hai fatto nascere lo stesso vero Dio e vero Uomo dalla gloriosa
s^pri Vergine beatissima santa ^ r i a e per la croce, il sangue e la morte
di Lui ci hai voluti liberare e redimere. ^
E ti rendiamo grazie poiché lo stesso tuo Figlio ritornerà nella glo-
Pia,
E " d o v e r e invitato singolarmente, chiamandoli tutti, Angeli e uomi-
ni » che furono sono e saranno, affinché rendano grazie a Te, sommo e
vero" Dio, eterno e vivo con il Figlio tuo carissimo, Signore nostro Gesù
Cristo e con lo Spirito Santo Eraclito» (68), Francesco di rivolge alle
singole categorie della Chiesa e a tutti gli uomini nelle loro varie condi-
zioni sociali e invita -tutti i popoli, le genti, le razze, le lingue, (Ap
7 9) tutti gli uomini della terra, che sono e saranno (69).
' non tutto il cuore e con tutta l'anima, con tutta la men-
te — ^ T ^ T T ^ t À e la fortezza, con tutta 1" intelligenza, con tut-
te' le forze» (Db 6,5; Me 12,30 e 33; Le 10,27) con tutto lo slancio, con
tutto l'affetto, con tutti i sentimenti più profondi, con tutto il deside-
rio e la volontà il Signore Iddio, il quale a noi ha dato e da tutto il
corpo, tutta l'anima, tutta la vita; che tutti ci ha creato e redento e
che ci salverà per sua sola misericordia. Lui che ogni bene fece e fa a
noi... Nient'altro durr,ue si desideri, nient'altro si voglia, nient altro
ci piaccia e ci soddisfi se non il Creatore e Redentore e Salvatore nostro,
solo vero Dio, che è pienezza di bene, totalità di bene, completezza di
bene vero e scorno Bene, "che solo è buono" (Le 18,19), misericordioso e
mite', soave e dolce, che solo è santo, giusto, vero e retto, che solo e
benigno, innocente e puro, "dal quale e per il quale e nel quale" (cfr.
Rn 11,36) è ogni pedono, ogni grazia, ogni gloria di tutti i penitenti
e di tutti i giusti, di tutti i santi che godono insieme nei cieli.
Niente durr,ue ci ostacoli, niente ci separi, niente si interponga. E
ovunque, noi tutti, in ogni luogo, in ogni ora, in ogni tempo, ogni giorno
senza cessare, crediamo veramente e umilmente e teniamo nel cuore e amiamo,
onoriamo, adoriano, serviamo, lodianu e benediciamo, glorifichiamo ed esal-
tiamo, lignifichiamo e ringraziamo l'altissimo e sommo eterno Dio, Trino
ed Uno, Padre e Figlio e Spirito Santo, Creatore di tutte le cose, Salvato-
re di chi spera e crede in Lui, di chi ama Lui; il quale, senza inizio e
senza fine, imitabile, invisibile, inenarrabile, ineffabile, incomprensi-
bile e ininvestigabile, benedetto, degno di lode, glorioso, sopraesaltato,
104
sublime, eccelso, soave, amabile, dilettevole e tutto sempre e sopra tutte
le cose è desiderabile nei secoli dei secoli" (70).
In questa celebrazione la Chiesa stessa diventa "pienezza di Colui che
si realizza interamente in tutte le cose" (Ef 1,23).
Non ci rimane che accogliere l'invito del nostro fratello Francesco
di Assisi ed entrare nella sua sfera di amore e di esperienza cristiana,
tutta centrata in Gesù Cristo e protesa verso il compimento della gloria
di Dio e il raggiungimento della perfezione dell'uomo, nella manifestazione
della parola e dell'immagine, nella irradiazione della luce, esultante e
gloriosa di Gesù Cristo, pienezza dell'uomo: "Cristo, l'uomo nuovo" (71).
Avremo così la sorpresa e la gioia di essere anche noi raggianti, in virtù
di quella luce, della quale vive e nella quale è incoronata regina la Ver-
gine Maria, la quale "sulla terra brilla ora innanzi al peregrinante popolo
di Dio quale segno di sicura speranza e di consolazione, fino a quando non
verrà il giorno del Signore (cfr. 2 Pt 3,10)"(72). E Gesù Cristo apparirà
nella sua gloria, nella creatura mortale, vivente nella Chiesa, che inaugu-
ra il Regno di Dio.
70. Regola non bollata. 23,23-24 : FF 69-71; questo cantico degli uomini
redenti viene intonato da Francesco per quanti desiderano esprimere
la propria vita nella beatitudine della parola di Dio, che è insieme
verità e amore.
105
XIV Lezione
3. La pietà ecclesiale d i S . F r a n c e s c o .
* * *
1 . La c r o c i a t a e u c a r i s t i c a di S . Francesco.
106
riguarda principalmente la fede nel Signore, "corporalmente presente" (2)
nel mistero eucaristico, in tutte le chiese del mondo. Il Celano lo nota
subito, indicando la riverenza del Signore, come determinante per la moda-
lità del restauro, anche materiale, delle chiese. "La prima opera cui Fran-
cesco pose mano, appena libero dal giogo del padre terreno, fu di riedifi-
care un tempio al Signore. Non pensa di costruirne uno di nuovo, ma restau-
ra una chiesa antica e diroccata; non scalza le fondamenta, ma edifica su
di esse, lasciandone cosi, senza saperlo, il primato a Cristo. "Nessuno
infatti potrebbe creare un altro fondamento ali'infuori di quello che già
è stato posto: Gesù Cristo" (1 Cor 3,11). Tornato perciò nel luogo, in cui,
ccme si è detto, era stata costruita anticamente la chiesa di San Damiano,
con la grazia dell'Altissimo, in poco tempo la riparò con ogni diligenza" (3).
La preoccupazione di edificare una dimora al Signore rimarrà in lui
costantemente presente, tanto che ne farà una prescrizione nella Regola:
"E sempre costruiamo in noi una casa, una dimora permanente a Lui, che è
Signore Dio onnipotente, Padre e Figlio e Spirito Santo (4). Il Signore
diventa il pensiero dominante, il senso unico della sua vita, il movente
di tutte le sue iniziative salutari.
Il fatto che il Signore sia realmente presente nel sacramento della
Eucaristia, lo colpisce a tal punto che non riesce a trattenere la corrmo-
zione: "L'umanità trepidi, l'universo intero tremi e il cielo esulti, quan-
do sull'altare, nelle mani del Sacerdote, è il Cristo Figlio di Dio vivo.
0 ammirabile altezza, o degnazione stupenda! 0 umiltà sublime! 0 su-
blimità umile, che il Signore dell'universo, Dio e Figlio di Dio, così si
umili da nascondersi, per la nostra salvezza, in poca apparenza di pane!
Guardate, fratelli, l'umiltà di Dio e aprite davanti a Lui i vostri cuori
(Sai 61,9); umiliatevi anche voi, perché egli vi esalti (1 Pt 5,6). Nulla,
dunque, di voi, tenete per voi; affinché vi accolga tutti colui che a voi
si dà tutto" (5).
La totalità è la legge dell'amore e diventa il senso eucaristico di
Francesco: totalità del dono di Cristo, totalità della nostra adorazione,
della nostra celebrazione eucaristica e della nostra risposta di fede. "San
Francesco ci appare dunque veramente ccme la ecclesialità personificata"
(6), colui che fa dell'Eucaristia nella Chiesa il centro focale di tutta
la sua vita, e del suo amore all'Eucaristia il modo più perfetto di restau-
2) Test 12 : FF 113.
3) 1 Cel 18 : FF 350.
107
rare la Chiesa.
Cerchiamo di cogliere insieme, dai numerosi testi che parlano della
Santissima Eucaristia, il vigore della fede e della predicazione eucaristi-
ca di S . Francesco.
C'è un particolare nel Testamento del Santo che ci offre il clima di
devozione dal quale sono scaturiti i testi: " e assai volentieri dimoravamo
nelle chiese" (7). S . Francesco e i suoi primi compagni abitavano pratica-
mente nelle chiese, perché avevano scelto di vivere per il Signore e di
stare sempre alla sua presenza. E' il primo messaggio eucaristico del San-
to: una vita che si illumina e si compie nel silenzio dell'adorazione eu-
caristica: "E il Signore mi dette tanta fede nelle chiese, che così sempli-
cemente pregavo e dicevo: "Ti adoriamo, Santissimo Signore Gesù Cristo,
qui e in tutte le tue chiese che sono nel mondo intero e ti benediciamo,
poiché con la tua santa croce hai redento il mondo" (8).,
Alla presenza, costante e preferenziale, gioiosa e fedele, davanti al
Santissimo, il Serafico Padre unisce l'adorazione esplicita, che lo rende
come lo sguardo adorante di tutta l'umanità, perché il Signore raccoglie
nella sua presenza tutti gli uomini e S . Francesco lo adora in tutta la
sua presenza nell'universo intero, in virtù della Santissima Eucaristia,
che è presente in tutte le chiese del mondo.
Qui permettetemi una domanda: se Francesco poverello ha capito subito
che la vita cristiana ha senso solo se si compie in Gesù Cristo entrando
nel mirabile mistero della sua presenza, come mai la Chiesa non ne fa men-
zione nel Credo? Che ve ne pare? Se l'Eucaristia è il centro divino, il
fulcro vitale, la forza raggiante della Chiesa, ci deve pur essere almeno
un accenno nel Credo. Certamente. "Credo la Comunione dei Santi"! Il senso
è: credo la comunione dei Santi Misteri, del Santissimo, dei fedeli, che
partecipano al Santissimo e comunicano tra di loro, nella mirabile presenza
del Corpo di Cristo (9). E' l'Eucaristia che fa la Chiesa. Così chi vive
per l'Eucaristia, vive per la Chiesa. "La comunione dei santi fra loro è
il frutto della comunicazione delle cose sante fatta a ciascuno di essi.
L'unione [perfetta della comunità suppone il compiersi del "mistero della
fede" nel quale Dio si dona. Ecco il contenuto della formula del nostro
Credo. E ciò corrisponde a quanto diceva Sant'Agostino, alludendo a coloro
che si trovavano con il popolo fedele "nella comunione dei sacramenti divi-
7) Test 22 : FF 118.
108
ni" (10).
San Francesco entrò talmente nella verità di Cristo "corporalmente pre-
sente nell'Eucaristia" da apparire in Lui ccme nella sua dimora (11).
Non fa quindi meraviglia che la sua principale attenzione sia rivolta
alla conoscenza e all'adorazione del Signore.
1X16113
Lettera a tutti i Chierici "Sulla riverenza del Corpo del Signo-
re" (12), il Serafico Padre insiste sulla centralità del mistero eucaristi-
co: "Niente, infatti, abbiamo e vediamo corporalmente in questo mondo dello
stesso Altissimo, se non il corpo e il sangue,, i nomi e le parole mediante
le quali fummo creati e redenti da morte a vita" (13).
In queste incisive parole viene descritta la vita del cristiano total-
mente incentrata in Cristo. La presenza reale di Gesù Cristo è la presenza
dell'Altissimo che ci ha creati e redenti e che ci mantiene in vita donan-
doci la vita eterna. Per questo il Santo è tutto compreso da quella mirabi-
le presenza e non cessa di additarla agli altri.
In modo particolare ai Chierici, egli racccmanda di guardarsi dal
"grande peccato di ignoranza" riguardante l'Eucaristia e li esorta a cele-
brare degnamente i "si grandi misteri".
"Badiamo, quanti siamo chierici, di evitare il grande peccato e l'igno-
ranza, che certi hanno riguardo al Santissimo Corpo e Sangue del Signore
nostro Gesù Cristo, ai santissimi Nomi e alle Parole di Lui scritte, che
consacrano il Corpo" (14).
13) L C h i e r 3 : FF 207.
14) LChier 1 : FF 207.
15) L C h i e r 2 : FF 207.
109
una doppia confonnazione, iniziale e definitiva, creaturale ed eucaristica.
L'uomo nuovo, perfetto, definitivo, è quello rispondente al secondo Marno
(cf. 1 Cor 15,45), a Gesù Cristo, nella realtà del suo corpo eucaristico,
divenuto "tutto spirito datore di vita".
Per questo continua il Serafico Padre ad esortare i chierici ad anmini-
strare con grande riverenza e decoro "sì grandi misteri" e a curare che
"i calici, i corporali, le tovaglie usate per la consacrazione del Corpo
e del Sangue del Signore nostro Gesù Cristo" siano degne e il Santissimo
Corpo del Signore "sia posto e custodito in luogo prezioso" (16). Essi de-
vono essere ripieni dello Spirito del Signore.
"E sappiamo che tutto ciò siamo tenuti ad osservare sopra ogni altra
cosa secondo i comandamenti del Signore e i precetti di santa Madre Chie-
sa" (17).
L'insistenza del Serafico Padre sui "precetti di santa Madre Chiesa"
fa pensare ai Decreti del Concilio Lateranense IV (11-30 nov. 1215), che
richiamavano la fede nel Sacramento dell'Altare ccme "mysterium unitatis"
(18), da celebrarsi solamente dai Sacerdoti consacrati e secondo il rito
della santa Chiesa.
Comprendendo bene e celebrando degnamente l'Eucaristia, si comprende
il mistero della Chiesa e il mistero dell'ucmo, che trova soltanto in Cri-
sto la sua ultima spiegazione e nella sua presenza eucaristica il senso
definitivo del suo essere nel mondo e del suo vivere nella Chiesa.
L'ucmo non ha altra dimora sulla terra, al di fuori di Cristo. Questa dimo-
dos qui rite fuerit ordinatus, secundum claves Ecclesiae, quas ipse
rivelata.
110
ra peregrinante, ccme raccoglimento e trasfigurazione dell'universo che
entra nel mistero del regno di Dio, è la Chiesa, corpo di Cristo e sua pie-
nezza (cf. Ef 1,23). Adorando il Signore, Francesco si scopre vivente nella
Chiesa ed è felice di dimorarvi, protetto dalle sue mura esterne e vivifi-
cato dalla "presenza reale di Gesù Cristo", com'egli afferma nel suo Te-
stamento: "E assai volentieri rimanevamo nelle chiese" (20).
Scrivendo ai Chierici, S . Francesco trasmette il suo appassionato amore
per il Signore "corporalmente presente" nel mistero eucaristico e proclama
insieme la sua beatitudine, poiché egli è contento solo del Signore e non
vuole avere altro sotto il cielo. Questa vita "in Cristo" diventa la massi-
ma, la più perfetta edificazione della Chiesa, non di quella che appare,
ma di quella che "traspare", fulgente, nel mistero della presenza reale
di Cristo.
Per questo potremmo cogliere il senso di questo messaggio ai Chierici,
sintetizzandolo nelle parole: vedere e adorare il Santissimo.
Nell'Ammonizione prima egli richiama la necessità della fede nella pre-
senza reale del Signore e fa un parallelo con coloro che lo incontrarono
nel suo primo avvento e furono salvati non perché lo videro con i loro oc-
chi, ma perché riconobbero in Lui il Figlio di Dio.
"Perciò tutti coloro che videro il Signore Gesù Cristo secondo l'inani-
tà e non videro né credettero, secondo lo Spirito e la divinità, che Egli
è il vero Figlio di Dio, sono condannati; e così ora tutti quelli che vedo-
no il sacramento del Corpo di Cristo, che viene consacrato per mezzo delle
parole del Signore sopra l'altare per le mani del Sacerdote sotto le specie
del pane e del vino, e non vedono e non credono secondo lo spirito e la
divinità, che sia veramente il santissimo Corpo e Sangue del Signore no-
stro Gesù Cristo, sono condannati perché l'Altissimo stesso ne dà testimo-
nianza e dice: ''Questo è il mio corpo e il sangue del nuovo testamento"
(Me 14,22-24) e ancora: "Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha
la vita eterna" (Gv 6,55)"(21).
In tale contesto, S . Francesco richiama sempre la necessità di una pie-
na adesione interiore e di una accoglienza secondo lo spirito, poiché sol-
tanto nello Spirito è possibile ricevere veramente il Signore. "Per cui
lo Spirito del Signore, che abita nei suoi fedeli, egli stesso riceve il
Santissimo Corpo e Sangue del Signore" (22). Soltanto l'accoglienza di fe-
de, secondo lo Spirito di Dio che abita in noi, permette alla presenza del
Signore di operare in noi efficacemente, trasformandoci nella sua imragine
2 1 ) Am 1, 1,9-12.
2 2 ) Am 1, 1,13 : FF 143.
111
di luce e partecipandoci la sua pienezza di vita. Anche la comunione euca-
ristica è azione trinitaria, che edifica la Chiesa intera, raccolta nel
nome della Trinità e convocata dall'amore del Signore.
"Ecco, ogni giorno egli si umilia, ccme quando dalla sede regale (Sap
18,15) discese nel grembo della Vergine; ogni giorno discende dal seno del
Padre" (Gv 1,18; 6,38) sopra l'altare nelle mani del Sacerdote. E ccme ai
santi Apostoli apparve in vera carne, così ora si mostra a noi nel pane
consacrato; e come essi con lo sguardo fisico vedevano solo la sua carne
ma, contemplandolo con gli occhi della fede, credevano che era Dio, così
anche noi, vedendo pane e vino con gli occhi del corpo, vediamo e fermamen-
te crediamo che il suo santissimo Corpo e Sangue sono vivi e veri" (23).
Il Serafico Padre, quindi, esorta in questa Armonizione a "contemplare
con gli occhi della fede" il Signore realmente presente sotto i veli euca-
ristici, riconoscendo la sua sovrana dignità e immensa degnazione, riceven-
dolo degnamente e ringraziandolo, perché "in tale maniera il Signore è sem-
pre presente con i suoi fedeli, com'egli dice: "Ecco, io sono con voi sino
alla fine del mondo" (Mt 28,20)"(24).
Nel suo fervore eucaristico, S . Francesco non si limita ad esortare
i Chierici e i Frati, ma estende il suo messaggio a tutti i popoli, rivol-
gendosi ai Reggitori dei Popoli, affinché adempiano a tale mandato, che
costituisce il loro primo dovere: di dare a Dio il primato, permettendogli
di essere il Signore, il senso della vita e l'artefice della felicità dei
popoli loro affidati.
Intanto devono precedere tutti con il buon esempio e "ricevere devota-
mente la comunione del santissimo Corpo e Sangue del Signore nostro Gesù
Cristo in sua santa memoria" (25).
Dopo avere loro augurato "salute e pace", li "supplica...di non dimen-
ticare il Signore, presi ccme siete dalle cure e dalle preoccupazioni del
mondo" (26) e di provvedere che il Signore sia onorato e glorificato da
tutti i loro sudditi e per questo devono stabilire un banditore, che annun-
ci le ore della lode divina.
"E dovete dare al Signore tanto onore fra il popolo a voi affidato,
che ogni sera un banditore proclami o altro segno annunci che siano rese
lodi e grazie all'Onnipotente Signore Iddio da tutto il popolo. E se non
farete questo, sappiate che voi dovete rendere ragione al Signore e Dio
2 3 ) Ani 1 , 1 , 1 6 - 2 1 : FF 144.
2 4 ) Am 1, 1,22 : FF 145.
112
vostro Gesù Cristo nel giorno del giudizio" (27).
D a quando ha scoperto che Gesù è il Signore ed è presente in mezzo a
noi, in tutte le chiese del mondo, S . Francesco non si dà pace, finché non
ha mobilitato tutti, invitandoli a prenderne atto e a riconoscerne la di-
gnità e grandezza, adorandolo e lodandolo come si conviene al Signore della
gloria.
Basti ricordare l'esclamazione della Lettera al Capitolo Generale e
a tutti i Frati: "L'inanità trepidi, l'universo intero tremi e il cielo
esulti, quando sull'altare, nelle mani del Sacerdote, è il Cristo Figlio
di Dio" (28).
In particolar modo sono impegnati i Sacerdoti a vivere santamente: "Ba-
date alla vostra dignità, frati Sacerdoti, e siate santi perché Egli è san-
to (Lv 11,44). E ccme il Signore Iddio onorò voi sopra tutti gli uomini,
per questo mistero, cosi voi più di ogni altro uomo amate, riverite, onora-
te Lui. Gran miseria sarebbe, e'miserevole male se, avendo Lui così presen-
te, vi curaste di qualunque altra cosa che fosse nell'universo intero"(29).
Nella Lettera a tutti i Custodi, S . Francesco sintetizza tutta la sua
dottrina sull'Eucaristia e manifesta il suo zelo per il culto di adorazione
del Santissimo: "Vi prego, più che se lo facessi per me stesso, perché
quando conviene e lo vedrete necessario, supplichiate imilmente i sacerdoti
perché venerino sopra ogni cosa il santissimo corpo e sangue del Signore
nostro Gesù Cristo e i santi nomi e le parole di Lui scritte che consacrano
il corpo. I calici, i corporali, gli ornamenti degli altari, e tutto ciò
che riguarda il sacrificio devono essere preziosi. E se il santissimo corpo
del Signore sarà collocato in modo miserevole in qualche luogo, secondo
il precetto della Chiesa, sia posto da essi in un luogo prezioso e sia cu-
stodito e sia portato con grande venerazione e nel dovuto modo sia dato
agli altri.
Anche i nomi e le parole del Signore, scritte, se sono trovati in luo-
ghi sconvenienti, siano raccolti e debbano essere collocati in un luogo
decoroso.
E in ogni predicazione che fate, ammonite il popolo di fare penitenza
e che nessuno può essere salvato se non colui che riceve il santissimo cor-
po e sangue del Signore. E quando è consacrato dal sacerdote sull'altare
ed è portato in qualche parte, tutti, in ginocchio, rendano lode, gloria
e onore al Signore Dio vivo e vero.
E dovete annunciare e predicare a tutte le genti la sua gloria perché,
113
ad ogni ora e quando suonano le campane, dal popolo intero siano rese lodi
e grazie all'onnipotente Dio per tutta la terra" (30).
114
eccetto Lui. Perseverate nella disciplina e nella santa obbedienza e adesrv
pite con proposito buono e fermo quelle cose che avete p r e s s o . Il Signore
Dio si offre per voi come per dei figli" ( 3 3 ) .
C'è poi un breve capitolo per ricordare l'adorazione eucaristica cone
principale compito dei frati: "Perciò vi scongiuro tutti, o fratelli ba-
ciandovi i piedi e con tutto l'amore di cui sono capace, che prestiate
per quanto potete, tutto il rispetto e tutta l'adorazione al Santissimi
Corpo e Sangue del Signore nostro Gesù Cristo, "nel quale tutte le cose
che sono in cielo e in terra sono state pacificate e riconciliate" (Col
1,20) a Dio onnipotente" (34).
33) L C a p F r 6 12 : FF 216.
34) L C a p F r 1,13-14 : FF 217.
35) L C a p F r 2,18 : FF 218.
36) L C a p F r 2,16 17 : FF 218.
115
L'umanità trepidi, l'universo intero tremi, e il cielo esulti, quando
sull'altare, nelle nani del sacerdote, è il Cristo figlio di Dio vivo.
O ammirabile altezza, o degnazione stupenda! O umiltà sublime! O subli-
mità umile, che il Signore dell'universo, Dio e Figlio di Dio, così si umi-
li da nascondersi, per la nostra salvezza, in poca apparenza di pane! Guar-
date, frati, l'umiltà d i Dio, e aprite davanti a Lui i vostri cuori; umi-
liatevi anche voi, perché egli vi salti. Nulla, dunque, di voi, tenete
per voi; affinché vi accolga tutti; colui che a voi si dà tutto" (37).
Vi è , infine, una singolare prescrizione, quella di celebrare una sola
S . Messa al giorno, anche se vi sono più Sacerdoti, ma ancor più singolare
è la motivazione che porta: "Se poi nel luogo si troveranno più Sacerdoti,
l'uno per amore di carità si contenti di aver partecipato alla celebrazione
dell'altro Sacerdote, perché il Signore Gesù Cristo riempie presenti e as-
senti che sono degni di Lui. Egli, infatti, quand'anche sembri essere in
più luoghi, rimane indivisibile e non conosce detrimento di sorta, ma uno
e ovunque, come a Lui piace, opera insieme con il Signore Iddio Padre e
con lo Spirito Santo Paraclito nei secoli dei secoli. Amen" (38).
Che fede nell'efficacia della presenza eucaristica e nella potenza uni-
ficante dell'amore che tutto sigilla nell'unità del Padre, del Figlio e
dello Spirito Santo! E' così che si edifica, proprio celebrando insieme
la S . Messa, la Chiesa in tutto il mondo e si affretta per tutti l'avvento
del Regno di Dio. Veramente, per S . Francesco è l'Eucaristia che fa la
Chiesa ed è nella S . Messa che vergono edificati nel Sacramento di unità
e di pace, che è l'Eucaristia, tutti i figli di Dio.
Anche in questa Lettera il Serafico Padre insiste sull'intimo nesso
esistente tra la ferola di Dio e i segni sacramentali, dimostrando un in-
tuito teologico sorprendente: "Molte cose infatti, sono santificate median-
te (1 Tm 4,5) le parole di Dio, e in virtù delle parole di Cristo si cele-
bra il Sacramento dell'altare" (39).
Vi è infine un gioiello, che sembrerebbe tolto da un documento conci-
liare, come ad es. dal n. 7 della Sacrosanctum Concilium del Vaticano II,
dove si dice che "il Signore è presente nella sua parola, mentre questa
viene annunciata". S . Francesco esorta i frati a custodire la parola di
Dio "onorando nella sua parola il Signore che ha parlato" (40).
Nella Lettera a tutti i fedeli, dopo avere ricordato il mistero pasqua-
le di Cristo, aggiunge che il Padre "vuole che tutti siano salvi per Lui,
4 1 ) Lf 1,14 : FF 184.
4 2 ) Lf 4 , 2 2 : FF 189.
117
il nostro spirito concordi con la voce" (48), S . Francesco aggiunge: "e
la mente, poi, concordi con Dio".
Giova, infine, ricordare che il Serafico Padre ha composto il testo
dì jn Ufficio della Passione del Signore (49), componendone anche i Salmi
e che il cap. 23 della Regola non bollata può ben venire considerato un
Canone liturgico universale (50).
L'importanza dell'Ufficio Divino per la edificazione spirituale della
Chiesa, trova una conferma autorevole nella Regola per i frati negli eremi.
Il Serafico Padre non solamente prescrive che siano almeno 3, e questo po-
trebbe corrispondere al numero minimo indispensabile per poter "fare coro"
nella recita dell'Ufficio divino, ira anche perché ordina la loro vita se-
condo il ritmo della recita delle Ore canoniche (51). Anche gli eremiti
sono chiamati a vivere nella Chiesa e ad edificarla nell'amore, mediante
la glorificazione di Dio e l'esercizio quotidiano dell'amore fraterno.
118
Alla fede nell'Eucaristia segue la fede nei Sacerdoti che vivono secorv-
do la forma della santa Chiesa Romana, a causa del loro orxJine "che se
mi dovessero perseguitare voglio ricorrere ad essi".
La devozione si esprime non solo con la riverènza verso di loro per
1 ordine sacro che hanno ricevuto, rra in un verx, affetto e una devozione
sincera, proprio per amore del Signore. "E questi e tutti gli altri voglio
temere, amare e onorare come miei signori, e non voglio in 1 0 T O considerare
PeCCat
° ' * * * * * ^ essi io vedo il F i n l i o _ d i ^ o e sono miei signori.
E faccio questo perche, dell'altissimo Figlio di Dio nient'altro io vedo
q U 6 S t 5 6 1 1 6
r — ' " °^ ^ — " Sangue suo
che essi soli consacrano ed essi soli amministrano agli altri" ( 5 5 )
I'JTT'hNT
a u t o n t a del Papa
C O n 9 Ì U n 9 e
^ ^ l l a grazia dell'Altissimo
e la devozione verso la gerarchia, che ne garantisce
1 autenticità.
119
del mondo, crebbero in tempio dello Spirito Santo" (59).
Secondo la Leggenda dei Tre Compagni fu lo stesso Serafico Padre che
si affrettò a iniziare il pellegrinaggio dell'Ordine verso Rema e i primi
compagni del Santo lo celebrarono come una festa della Chiesa, una parteci-
pazione della grazia ricevuta e una benedizione del Signore:''"Fratelli,
vedo che il Signore misericordioso vuole aumentare la nostra comunità. An-
diamo, dunque, dalla nostra Madre, la santa Chiesa Romana, e comunichiamo
al Sommo Pontefice ciò che il Signore ha cominciato a fare per mezzo di
noi, al fine di continuare la nostra missione secondo il suo volere e le
sue disposizioni' . L'iniziativa del Padre piacque ai fratelli" (60). Anche
noi continuiamo questo pellegrinaggio devoto verso Roma, con la stessa de-
vozione del Serafico Padre, per vivere come lui nel cuore della Chiesa,
edificandola con il nostro amore.
120
XV Lezione
IL M I S T E R O D E L L A V E R N A E IL C O M P I M E N T O D E L "RESTAURO"
DELLA CHIESA "NEI CIELI"
2 . Il S e r a f i n o c r o c e f i s s o e l'esperienza "contemplativa".
* * *
1) C i sono degli studi sulla sua identificazione con l'Angelo del Sesto
Sigillo (Ap. 7,2), che segna gli eletti. Ad esempio: S.BIHEL, OFM, S.
121
L'opera della salvezza nella Chiesa avviene mediante la celebrazione
liturgica e la ricapitolazione dell'universo nella lode della gloria divi-
na. Gli Angeli santi intonano la sua preghiera: quella liturgica della
Chiesa e quella che egli stesso compone, come ad esempio il cap. 23 della
Regola non bollata: "E per il tuo amore umilmente preghiamo la gloriosa
e beatissima Madre sempre Vergine Maria, il beato Michele, Gabriele, Raf-
faele e tutti i cori degli Spiriti celesti: Serafini, Cherubini, Troni,
Dominazioni, Principati e Potestà, Virtù, Angeli e Arcangeli" (3).
Mentre sta compiendo la quaresima in onore dell'Arcangelo S . Michele,
su questo Monte santo della Verna, egli viene introdotto nell'esperienza
definitiva della conformazione a Cristo, mediante la mediazione del Sera-
fino crocefisso, il quale "con rapidissimo volo" (4) gli annuncia le arcane
parole dell'Altissimo, ccme già aveva esperimentato Daniele con l'Arcangelo
Gabriele: 'Mentre io stavo ancora parlando e pregavo e confessavo il mio
peccato e quello del mio popolo Israele (è in funzione di mediazione di
grazia e di salvezza) e presentavo la supplica al Signore Dio mio per il
monte santo del mio Dio, mentre dunque parlavo e pregavo, Gabriele, che
10 avevo visto prima in visione, volò veloce verso di me: era l'ora della
offerta della sera. Egli mi rivolse questo discorso: 'Daniele sono venuto
per istruirti e farti comprendere. Fin dall'inizio delle tue suppliche è
uscita una parola e io sono venuto per annunziartela, poiché tu sei un uomo
prediletto. Ora sta' attento alla parola e comprendi la visione' " (Dn 9,20-23).
L'esperienza dell'Angelo, fatta dal Profeta, diventa un ammaestramento
divino, un "sussidio" didattico per la conoscenza e la piena glorificazione
del Signore: l'Angelo introduce nella comprensione dei misteri di Dio, nel-
la verità secondo lo Spirito e, quindi, compie anche l'imnagine di Dio,
che è l'uomo, nella sua similitudine perfetta, permettendogli di percorrere
11 cammino della parola, che è Suscita" dalla bocca del Padre e attende
di essere accolta nello Spirito per diventare in noi piena rivelazione del
Figlio, "a lode della sua gloria" (Ef 1,14). Cosi pure avviene per France-
sco. L'Angelo lo introduce nella verità di Cristo, permettendo a Cristo
di rivelare in lui, ancora mortale, la sua gloria di risorto. E' l'ultima
esperienza dell'amore di Dio sulla terra, quella che anticipa e preannuncia
l'avvento del Regno di Dio.
Cerchiamo quindi di approfondire insieme: l'esperienza dell'Angelo e
122
il coronamento dell'opera di Dio; il Serafino crocefisso e l'esperienza
contemplativa; la gloria di Dio e la glorificazione perfetta dei Serafini,
ai quali l'uomo è chiamato ad accordarsi e, di fatto, si accorda, in ogni
celebrazione della Santa Messa, riempiendo il tempio: del corpo umano, del-
la Chiesa "corpo di Cristo" e dell'universo, della gloria del Signore (cf.
Is 6,2ss.).
1
• L'esperienza dell'Angelo e il c o r o n a m e n t o dell'opera di
Dio.
5 ) Am 2 8 , 1 - 3 : FF 178.
123
l'uomo, indicano e manifestano la Chiesa, secondo la premessa fatta da Gesù
a Natanaele: "Vedrai cose maggiori di queste". Poi gli disse: "In verità,
in verità vi dico: vedrete il cielo aperto e gli Angeli di Dio salire e
scendere sul Figlio dell'Uomo" (Gv 1,50-51) e secondo la rivelazione del-
l'Apocalisse di S . Giovanni.
Colpisce il fatto che il Serafico Padre non limitasse la sua esperienza
di fede alla Chiesa visibile, ma spaziasse continuamente nell'invisibile,
procedendo verso il compimento del mistero del Regno, ossia nella comunio-
ne dei Santi e degli Angeli di Dio.
Questo fatto è visto come una illuminazione salvifica nell'esperienza
di Santa Maria degli Angeli (8): la grande misericordia, il grande perdono,
che illumina il cuore e rinnova la vita, inmettendola fulgente nel primo
amore del Padre e restituendola a Lui come pura lode di gloria. Una vita
come glorificazione di Dio diventa l'anelito costante di Francesco per
sé e per tutti gli ucmini, nella comunione della Chiesa.
L'Angelo lo introduce nel mistero della Parola e della gloria divina,
dell'Eucaristia e delle Stimmate, della lode divina e della corona di glo-
ria di Santa Maria degli Angeli. Percorriamo insieme questo itinerario di
luce.
La preghiera alla Vergine, l'Antifona "Santa Maria", che per ben 14
volte al giorno ritmava il tono del suo canto delle Ore prima e dopo o-
gni Salmo e ne modulava gli accenti, contiene un'invocazione a S . Michele
Arcangelo (9).
Il ritmo della vita liturgica di S . Francesco si accorda alla liturgia
celeste, nella esperienza della mediazione consolatrice del glorioso prin-
cipe S . Michele (cf. Dn 10,13), il quale decide nel cielo la battaglia vit-
toriosa a favore della Donna vestita di sole (Ap 12,1) sconfiggendo il dra-
go, che viene precipitato sulla terra (Ap 12,7) e permettendo che, nei cie-
li, risuoni la lode degli eletti: "Esultate, dunque, o cieli, e voi che
abitate in essi" (Ap 12,12). Il suo compito continua sulla terra finché
anche in essa sarà vinto il drago, che attenta alla vita dell'uomo e seduce
i popoli. Solamente se Michele con i suoi Angeli combatte a fianco dell'uo-
mo, questi riesce a glorificare pienamente Dio. S . Francesco ne è consape-
vole ed affida al vittorioso Principe S . Michele la battaglia contro il
maligno che lo insidia per tutta la vita, ma deve ammettere la sua piena
sconfitta, quando, proprio qui sulla Verna, Francesco- viene introdotto da
S . Michele nella stabile dimora del Regno dei cieli, che è Gesù Cristo "Se-
rafino crocefisso", ultima patria di S . Francesco su questa terra.
9 ) U f f P a s s , A n t . : FF 281
124
Si realizza cosi per il Serafico Padre quella visione dell'uomo in Cri-
sto, che egli considera una singolare "rivelazione della s o m a sapienza"
(10). Egli vi perviene progressivamente, grazie all'aiuto degli Angeli san-
ti.
Nelle "Lodi per ogni Ora", il Serafico Padre si allena a quella subline
lode di gloria dei Serafini, che è anche l'ultima rivelazione della gloria
di Dio nei cieli (cf. Ap 4,8): "Santo, santo, santo, il Signore Dio, l'On-
nipotente (Is 6,3), Colui che era, che è e che viene".
"tote lode a Dio, voi tutti, suoi servi, e voi che temete Iddio, picco-
li e grandi" (Ap 19,5).
Lodiamolo ed esaltiamolo in eterno.
Lodino Lui glorioso i cieli e la terra e "ogni creatura che è nel cielo
e sulla terra", il mare "e le creature che sono in esso" (Ap 5,13).
Lodiamolo ed esaltiamolo in eterno.
IO) Am 5 , 6 : FF 154.
125
Come era nel principio e ora e sempre e nei secoli dei secoli. Amen
Lodiamolo ed esaltiamolo in eterno" (11).
Il Serafico Padre intona la sua lode a quella dei Serafini, che risuona
nel Tempio della rivelazione della sua gloria (cf. Is 6,2ss.) e che riempie
il cielo degli eletti (cf. Ap 4,8), diffondendosi ccme benedizione sulla
terra. E' rilevante per noi il fatto che Francesco si ritrovi nelle rivela-
zioni del Profeta Daniele e soprattutto nell'Apocalisse di S . Giovanni,
che svela gli ultimi misteri della storia della salvezza che entra nella
beatitudine del Regno di Dio.
S . Bonaventura, che condivide con Francesco l'appellativo di "serafi-
co", proprio per la sua affinità con gli Spiriti celesti e soprattutto con
i Serafini ardenti, dà la significazione teologica dell'esperienza liturgi-
ca di S . Francesco, che appare nel mondo ccme "una grazia di Dio" (cf. Tt
2,11), che rifulge nei cieli sereni della salvezza.
"Come la stella del mattino, che appare in mezzo alle nubi" (Sir 50,6),
con i raggi fulgentissimi della sua vita e della sua dottrina attrasse ver-
so la luce coloro che "giacevano nelle tenebre e nell'ombra di morte; come
l'arcobaleno che brilla tra le nubi luminose" (Sir 50,8), portando in se
stesso "il segno del patto" (cf. Gen 9,13) con il Signore, annunziò agli
uomini "il vangelo della pace" (cf. Is 33,7) e della salvezza, Angelo della
vera pace, anch'egli, a imitazione del Precursore, fu predestinato da Dio
a preparargli la strada nel deserto (cf. Me 1,3) della altissima povertà
e a predicare la penitenza (cf. Le 24,47) con l'esempio e con la parola (...)
fu ricolmo anche di spirito (Le 1,67) profetico e, deputato all'ufficio
degli Angeli, venne ricolmato dell'ardente amore dei Serafini, finché, di-
venuto simile alle gerarchie angeliche, venne rapito in cielo da un carro
di fuoco (1 Sam 2,11). (...) E perciò si afferma, a buon diritto, che egli
viene simboleggiato nella figura dell'Angelo che sale dall'oriente e porta
in sé il sigillo del Dio vivo (Ap 6,12 e 7,2), come ci descrive l'altro
amico dello sposo (cf. Gv 3,29), l'apostolo ed evangelista Giovanni, nel
suo vaticinio veritiero. Dice infatti Giovanni nell'Apocalisse, al momento
dell'apertura del sesto sigillo: Vidi poi un altro Angelo salire dall'O-
riente, il quale recava il sigillo del Dio vivente" (12).
S . Bonaventura insiste sulla conformazione a Dio non solamente in rap-
porto alla realtà terrestre, ma a quella celeste, a tal punto che la dimen-
sione di Serafino diventa caratteristica per Francesco e ne determina il
posto nella Chiesa.
•'Questo araldo di Dio, degno di essere amato da Cristo, imitato da noi
12) L e g M , P r o l 1 . : FF 1020-1022.
126
e ammirato dal mondo, è il servo di Dio Francesco: lo costatiamo con sicu-
rezza indubitabile, se osserviamo ccme egli raggiunse il vertice della san-
tità più eccelsa, e, vivendo in mezzo agli ucmini, imitò la purezza degli
Angeli, fino a diventare esempio di perfezione per i seguaci di Cristo...
Ma ci conferma, poi, in essa, con la sua verità incontestabile, la testimo-
nianza di quel sigillo che lo rese simile (Ez 28,12) al Dio vivente, cioè
a Cristo crocifisso (cf. 1 Cor 2,2). Sigillo che fu impresso nel suo corpo
non dall'opera della natura o dall'abilità di un artefice, ma piuttosto
dalla potenza meravigliosa dello Spirito del Dio vivo (2 Cor 3,3)"(13).
La dimensione rilevata con tanta evidenza dal Dottore Serafico, è
quella di conformità a Cristo secondo lo Spirito. L'ucmo è, infatti, un'im-
magine in cerca del suo volto divino, ossia della sua similitudine. Soltan-
to nell'esercizio della "riconoscenza", ossia della conoscenza mediante
la lode divina, diventa manifesta quell'immagine impressa nel cuore fino
a trasparire dal volto fino a lasciare i segni "espressi" nella carne. In
questo processo di verifica divina e di compiacenza adorante, l'Angelo è
l'esemplare più perfetto e l'aiuto più prezioso.
"Alla fine del 'De Civitate Dei', Agostino stabilisce una singolare
corrispondenza tra la visione di Dio nel cuore e la visione della sua glo-
ria nel cosmo trasfigurato (= divenuto similitudine secondo lo spirito!)
con i sensi del corpo trasfigurato" (14).
Il Dottore Serafico, a sua volta, descrive con insuperabile precisione
l'essenza della vita angelica ccme estasi d'amore: "per mille mondi l'Ange-
lo non distoglierebbe per un solo istante i suoi occhi dal volto di Dio"
(15).
Anzi, neppure le missioni, che gli Angeli compiono al servizio di Dio,
possono distrarli da quella beata contemplazione, che li fa vivere. Essi
sono totalmente "presenti" in Dio, vivono di quella mirabile presenza, sen-
za possibilità di distrazioni, essendo confermati in grazia. S . Bonaventura
lo chiarisce magistralmente nel Breviloquio:
"Intorno alla confermazione degli Angeli è da sapere che, come gli Angeli
che si allontanarono da Dio furono immediatamente ostinati nell'impeniten-
za, così quelli che si rivolsero a Dio vennero subito confermati, per mezzo
della grazia e della gloria, nella volontà, e perfettamente illuminati nel-
la ragione con le cognizioni mattutine e vespertine (= visione diretta di
Dio o visione mediata dalle creature); invincibilmiente fortificati nella
virtù imperativa ed esecutiva, e bene ordinati nell'operazione contemplati-
13) L e g M , P r o l 2 : FF 1022.
127
va e di ministero; e ciò nella triplice gerarchia: suprema, media e infima.
Alla suprema appartengono i Troni, i Cherubini e i Serafini; alla media
le Dominazioni, le Virtù e le Potestà; all'infima i Principati, gli Arcan-
geli e gli Angeli. Dei quali una gran parte sono mandati ad officiare e
inviati a custodire gli uomini, ai quali rendono servizio, purgandoli, il-
luminandoli, perfezionandoli (si pensi al Carmento al Pater di S . Francesco
FF 266-267) secondo i comandi del volere di Dio.
A ben intendere tutto questo serve il pensare che gli Angeli, avendo
per la manifesta somiglianza e prossimità al primo e sommo principio l'in-
telletto deiforme e il libero arbitrio immutabile dopo il consenso, vòlti
al sommo bene con la piena e totale tendenza a Dio, sopravvenendo la grazia
divina, furono confermati e perfezionati nella gloria. Qiindi nella volontà
furono stabili e felici; nella ragione perspicaci da conoscere le cose nel-
la propria realtà,/ non solo, ma altresì nell'arte divina (= nel Verbo,
che è insieme Immagine e Figlio, Arte del Padre!), da essere perciò nel
pieno godimento della cognizione vespertina e mattutina e anche diurna per
la pienezza e purità perfetta di quella luce, {rispetto a cui ogni creatura
può dirsi a buon diritto tenebra. Nella virtuosità furono solidamente for-
tificati sia nel comandare come nell'eseguire o col corpo assunto o senza
corpo. Nell'operazione furono magnificamente ordinati per modo che non pos-
sono più disordinarsi né salendo alla contemplazione di Dio, né discendendo
al servizio dell'ucmo; perché contemplando Dio a faccia a faccia, dovunque
siano rrandati, corrono dentro Dio (= quocunque mittantur, intra Deum cur-
runt ! ).
Sono invero trattati e trattano secondo l'ordine gerarchico iniziato
in essi dalla natura e compito nella gloria, la quale, stabilizzando il
libero arbitrio, in sé mutevole, illustrò la perspicacia, mise in ordine
l'officiosità, corroborò la virtù dando compitezza alle quattro proprietà:
l'essenza semplice, la personalità, la spiritualità e la libertà. La ragio-
ne perspicace nel contemplare, o mira principalmente a venerare la divina
maestà o ad intendere il vero o a desiderare il bene: così s'hanno tre or-
dini nella prima gerarchia, vale a dire i Troni a cui spetta la riverenza,
i Cherubini ]ai quali s'addice la sapienza e i Serafini dei quali è propria
la benevolenza. Nella perfetta virtuosità s'acclude la forza imperativa,
esecutiva, liberativa. La prima è delle Dominazioni, la seconda delle Vir-
tù, la terza delle Potestà, a cui appartiene l'allontanare le contrarie
potenze. La perfetta officiosità abbraccia il reggere, il rivelare e il
rilevare. Reggono i Principati, rivelano gli Arcangeli, rilevano gli Ange-
li, perché custodiscono chi sta ritto, affinché non cada e aiutano chi ca-
de, perché risorga. E' quindi chiaro che tutto questo è negli Angeli tutti,
secondo il più e il meno, discendendo gradatamente dalle cose superiori
128
sino alle infime. Ma l'ondine angelico prende necessariamente il n a m dal-
l'incarico più speciale che ha ricevuto" (16).
Nell'Itinerario della mente a Dio, che il Serafico Dottore concepì prc^
p n o qui alla Verna e che rappresenta la spiegazione teologica di quanto
S. Francesco ha esperimentato, egli chiarisce maggiorante la dimensione
ecclesiale della mediazione angelica, dopo che l ' a n i ™ è stata purificata
illuminata e accesa dal fuoco dello Spirito Santo e rivestita delle virtù
teologali, per- elevarsi alla visione di Dio.
"Compiuta questa iniziazione, il nostro spirito diventa gerarchico (-
purificato, illuminato e acceso: cf. LCapFr 6 , 6 2 ^ 5 : FF 233) nelle sue
elevazioni, in conformità a quella ferusalemne celeste, nella quale nessuno
—— 3 6 6 S S a s t e s s a e
"tra suo cuore con la grazia c o ^ I
S. Giovanni nell'Apocalisse (Ap 2 1 , 2 ) . ~ ~
Essa discende nel cuore quando il nostra spirito, per il ristabilimento
dell immagine (resa finalmente "confort" ossia similitudine secondo lo spi-
n t o ) divina in lui, per le virtù teologiche, per le gioie dei sensi spiri-
tuali e i rapimenti estatici, diventa gerarchico, cioè purgato, illuminato
e perfezionato. Viene pure insignito di nove gradi, rispondenti ai nove
cori angelici: l'annunzio, il consiglio e la guida: l'ondine, il vigore
e il comando; l'accoglimento, la rivelazione e l'unzioni"
I primi tre riguardano la natura della mente utana; gli altri tre l'o-
perazione; gli ultimi la grazia. Con questi doni, rientrando in se stessi
entra nella Gerusalemme celeste, dove, considerando i cori d e g ù
Angeli, vede in essi Dio (videt in eis Deum!), il qua i e in essi inabita
e compie tutte le loro operazioni (CamPater 4 : FF 267: "inabitando in
essi, pienezza della loro gioia").
Dice infatti S . Bernardo nell'opera dedicata al Rapa Eugenio: "Dio ama
nei Serafini ccme carità, conosce nei Cherubini come verità, risiede nei
Troni come giustizia, domina nelle Dominazioni come rraestà, reggT^Tprin-
cipati ccme principio, difende nelle Potestà c a m salvezza, opera nelle
Virtù come forza, rivela negli Arcangeli come luce, assiste n^Angeli
cerne pietà". Da tutto ciò appare che Dio è tutto in tutti (1 Cor 15 28)
mediante la contemplazione di Lui nelle menti, nelle quali abita con i'doni
del suo tenerissimo amore ("per contemplationem ipsius in mentibus, in qui-
bus habitat per dona affluentissimae caritatis" (17).
In una predica sugli Angeli, infine, il Serafico Dottore descrive il
129
dinamismo del compimento, operato dagli Angeli, mediante il ministero della
lode di Dio.
"Gli Angeli scendono sulla terra per cantare le Lodi; similmente si
elevano in alto (sursum aguntur) per lodare Dio. Lodano Dio Padre ccme ori-
ginale principio del Verbo e lodano il Padre e il Figlio ccme principio
dello Spirito Santo e lodano il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo ccme
originale principio di tutte le creature; e mentre il Verbo parla (si pen-
si alla singolare affermazione del Celano su S . Francesco: "derivava dal
Verbo ciò che risuonava nelle sue parole": "a Verbo trahebat, quod resona-
bat in verbis": 2 Cel 54 : FF 640), loda il Padre, e lo Spirito Santo loda
il Padre e il Figlio, e tutta la Trinità loda se stessa. Se ascoltassi le
lodi dei Santi, non mi stancherei mai di lodare Dio; dice il Salmo 137,2:
A te voglio cantare davanti agli Angeli". All'anima pigra invece si dice
nel libro di Giobbe: "E tu, dov'eri, mentre m i lodavano gli Astri del mat-
tino?" (Gb 38,4.7)... Vedete, in che modo gli Angeli si elevano verso l'al-
to; e anche noi seguendo il loro esempio dobbiamo elevarci in alto (sursum
agi), se vogliamo essere angelici. Il nostro volto indica che dobbiamo ten-
dere verso l'alto (sursum ferri)"(18), per contemplare il volto di Dio.
"Il volto di Dio (cf. Mt 18,10; Est 15,17) dal quale l'Angelo per mille
mondi non distoglierebbe il suo sguardo...è la bellezza della sapienza e-
terna, che dà origine a tutte le cose, che tutte le rinnova e tutte le per-
feziona. ..La parte superiore della mente è fatta ad immagine di Dio.. .Come
il cristallo quando viene esposto al sole e non vi si frappone alcun osta-
colo, allora il raggio di sole lo compenetra totalmente; così quando l'oc-
chio dell'intelletto urano viene riempito della luce divina, diventa dei-
forme (= l'immagine compiuta, la similitudine perfetta). Per questo si dice
nella 1 Gv 3,2: "Saremo simili a Lui, perché lo vedremo così com'Egliè".
Per chi viene rapito da quella bellezza, il mondo non ha più attrattiva
alcuna" (19).
Gli Angeli sono come fiamme di fuoco (cf. Sai 103,5). "Infatti gli Spi-
riti serafici vengono detti ardenti: "Tu, che fai dei venti i tuoi Angeli
(= messaggeri), delle fiamme guizzanti i tuoi Ministri"; un'altra traduzio-
ne dice: "Fiaima di fuoco" (Flanmam ignis). Gli Spiriti serafici vengono
detti ardenti, perché eccellono nel dono della carità, che è il massimo
dei doni; per questo sono eccellentissimi; e poiché la carità riempie tutta
veniamo trasferiti nei cieli, poiché "verius est a n i m a , ubi amat, quam
130
la città celeste, per questo tutti gli Angeli vengono detti ardenti" (20).
Potrei moltiplicare le citazioni del Dottore Serafico per illustrare
l'opera dell'Angelo nella fase di compimento dell'amore nell'esperienza
mistica, realizzata in forma esemplarmente perfetta da S . Francesco proprio
qui alla Verna. M i limito solo a qualcuna.
"Gli Angeli sono come gli Astri del mattino, poiché dal principio del
mondo non cessano di lodare Dio; sono, quindi, i prcmulgatori delle lodi
divine, per questo vengono a noi, per rallegrarsi con noi che lodiamo il
Signore" (21).
"Così S . Francesco fu un cielo per la pienezza della carità, che si
estende a tutte le cose; nel libro del Siracide si dice: "Il giro del cielo
da sola ho percorso" (Sir 24,8). Questo si può dire della carità, sia quel-
la che è in Dio che quella che è in noi, poiché essa percorre il giro del
cielo, poiché il cielo è ciò che contiene tutte le cose (continentia uni-
versalis omnium), e tuttavia non abitano nel cielo se non i buoni; così
la carità ama tutte le cose degne di essere amate, e tuttavia non abita
se non nei buoni. La carità, infatti, fece sì che la Dininità si unisse
alla carne, che Cristo si umiliasse e si assoggettasse alla morte. "Osserva
l'arcobaleno e benedici colui che l'ha fatto" (Sir 43,12). Qual'è l'arco
se non la Croce di Cristo? Perciò nell'uomo celeste, nel quale vi fu la
piena effusione della carità, dovette venir posta la Croce di Cristo, in
S. Francesco" (22)... "Vuoi anche tu imprimere Cristo crocifisso nel tuo
cuore? Vuoi essere trasformato in Lui, in quanto ardi d'amore? Ccme avviene
del ferro, il quale quand'è bene infuocato, tanto da liquefarsi, allora
vi si può imprimere qualsiasi forma o immagine: così nel cuore bene acceso
d'amore per Cristo crocifisso si imprime lo stesso Crocifisso o la croce
del Crocifisso, e l'amante viene trasferito o trasformato nel Crocifisso,
come fece il beato Francesco. Alcuni si meravigliano che sia stato inviato
a lui un Serafino, quando dovettero venirgli impresse le stimnate della
passione di Cristo. Ma come, essi dicono, è stato forse crocifisso un Sera-
fino? No certo; ma il Serafino è lo Spirito chiamato così per il suo ardo-
re, cioè significa che Francesco era ardente di carità, quando venne manda-
to a lui il Serafino" (23).
20) I v i , 616a.
21) S . B O N A V E N T U R A , De s a n c t i s A n g e l i s , s e n n o 4 , I X , 621a.
22) S . B O N A V E N T U R A , De S . P . N . F r a n c i s c o , s e n n o 4 ; I X , 589a.
131
"Speriamo di avere gli Angeli come nostri concittadini, per essere il-
luminati dalla loro luce, vivificati dalla loro vita e riempiti del loro
gaudio" (25).
Angelis".
2 6 ) S . B O N A V E N T U R A , De S . P . N . F r a n c i s c o , sermo 4, IX, 589b.
27) S. BONAVENTURA, De S.P.N. Francisco, sermo 4, IX, 586ab.: "In corpore
132
L'esperienza delle Stimiate segna il vertice della contemplazione esta-
tica e dell'unione mistica, nel quale si compie il mistero della Chiesa,
come sposa di Cristo che entra nella festa del Regno di Dio. Per questo
S. Bonaventura propone Francesco quale esemplare per quanti anelano alla
pace della contemplazione e dell'unione con Dio, sia nediante l'azione che
mediante la contemplazione.
"Mentre, dunque, io peccatore, sull'esempio di S . Francesco - di cui
sono indegno settimo successore nel governo dell'Ordine - anelavo con tutta
l'anima la pace dello spirito, il Signore mi ispirò di ritirarmi nella
tranquilla solitudine del monte della Verna. Ciò avvenne trentatre anni
dopo la morte di S . Francesco e quasi nella data anniversaria del suo tran-
sito (1259). E lì, mentre riflettevo sulla possibilità che ha l'anima di
ascendere a Dio, mi ricordai del prodigio che si era compiuto nel luogo
predetto in favore di S . Francesco, cioè la visione del Serafino alato in
forma di Crocifisso. Meditando su questo avvenimento, mi sembrò immediata-
mente che quella visione raffigurasse l'estasi contemplativa del medesimo
Padre e la via per giungere ad essa.
Le sei ali del Serafino, infatti, raffigurano le sei fasi dell'illumi-
nazione mistica, con le quali, come per gradini o sentieri, l'anima è aiu-
tata a passare al godimento della pace nei rapimenti estatici della sapien-
za cristiana. Ma la via unica per giungervi non è che l'amore ardentissimo
al Crocefisso, che rapì S . Paolo al terzo cielo (2 Cor 12,2) e lo trasformò
talmente in Cristo da fargli dire: "Sono crocefisso con Cristo in croce.
Non sono più io che vivo, ma è Cristo che vive in me" (Gal 2,19).
Questo stesso amore infiammò tanto la mente di S . Francesco, che appar-
ve visibile nella carne (adeo mentem Francisci absorbuit, quod mens in car-
ne patuit), quando portò le stimiate sacratissime della passione nel suo
corpo per due anni prima della sua morte. Le sei ali del Serafino simboleg-
giano dunque i sei gradi di illuminazione, che cominciano dalle creature
e conducono fino a Dio, al quale nessuno arriva rettamente se non tramite
il Crocefisso" (28).
"Tutto ciò si verificò in S . Francesco, quando nel rapimento dell'esta-
si contemplativa in questo monte altissimo - dove meditai queste cose che
ho scritto - gli apparve un Serafino crocefisso, come io e molti altri ab-
biamo udito dal compagno che allora era con lui. Ivi, nel rapimento dell'e-
stasi, passò a Dio. E così, novello Giacobbe e novello Israele (Gen 35,10),
divenne modello della perfetta contemplazione, come prima lo era stato del-
133
l'operazione, in modo che Dio, per mezzo suo, invitasse tutti gli uomini
veramente spirituali a questo passaggio e ai rapimenti dell'estasi, più
con l'esempio che con la parola" (29).
Rendendo presente il segno di Gesù Cristo nella Chiesa, Francesco la
restaura nell'intimo, e la rende raggiante. Ognuno compie il mistero del
Regno di Dio nella misura in cui ama. Francesco serafico lo compie nel ver-
tice ardente dell'amore dei Serafini, nell'esperienza della gloria di Cri-
sto che rifulge nel suo corpo mortale. Allora risuona nel suo cuore il can-
to nuovo. Perché i raggi della contemplazione non sono soltanto illuminan-
ti, ma "splendono ccme fiaccole ardenti, perché ivi è un veementissimo in-
cendio. E in questo consiste tutta la ragione della contemplazione; poiché
nella contemplazione non giunge alcun raggio splendente, senza essere anche
infiairmante. E perciò Salomone fa nel Cantico come una canzone d'amore,
perché non si può giungere a quei fulgori, se non per mezzo dell'amore" (30).
"L'anima contemplativa è come sole sfolgorante, quando cioè è elevata
alla contemplazione di Dio...Quest'anima, allora, è anche ccme arcobaleno,
perché è riconciliatrice di Dio e dell'uomo (cf. Gen 9,13), come Mosè che
trasmetteva le luci di Dio al popolo (cf. Es 24,3ss.). Dell'anima contem-
plativa dice Giovanni nell'Apocalisse: "Vidi nel cielo un segno grandioso:
una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e sul suo capo
una corona di dodici stelle" (Ap 12,1)"(31).
S . Bonaventura caratterizza non solo l'esperienza di S . Francesco, ma
quella dell'Ordine dei Frati Minori, come "presenza contemplativa" nella
Chiesa, che si realizza nell'età di Cristo.
"Questo sesto tempo, in cui Dio creò l'uomo a sua immagine e somiglian-
za (Gen 1,26), deve essere riempito dalle malignità ccme di cani latranti.
E aggiungeva: "Considerate la vostra vocazione (1 Cor 1,26), perché essa
è grande. E soggiungeva che Dio affiderà ai poveri il giudizio delle loro
malignità (Gb 36,5); saranno i poveri i giudici delle dodici tribù d'Israe-
le (Le 22,30). E' a loro che in questa vita è concessa la contemplazione.
Infatti, la contemplazione non può darsi se non nella sorrma semplicità (per
questo S . Francesco chiama la "pura e santa semplicità" sorella della Sa-
pienza, che è regina: LodVir 1 : FF 256) ; e la somma semplicità non può
darsi se non nella massima povertà. E questa è dell'Ordine di Francesco;
infatti, l'intenzione del beato Francesco fu quella di vivere nella sorrma
2 9 ) I_vi, c . 7 , n . 3 ; p . 1 4 7 .
284-285.
134
povertà. E osservava che abbiamo regredito molto dal nostro stato, e per-
tanto Dio permette che siamo afflitti, affinché, per l'afflizione, siamo
ricondotti a quello stato che deve avere la terra promessa (si pensi alla
RegB 6,6 : FF 90). Grandi cose Dio premise ad Israele, e da quella stirpe
furono eletti grandi uomini, come gli Apostoli" (32).
Il richiamo a quelle sublimi altezze della contemplazione diventa anche
per noi un invito a riconsiderare l'esperienza di S . Francesco qui alla
Verna e a continuarne l'opera benefica nella Chiesa. S . Bonaventura chiama
quest'Ordine apostolico, per la "conformità a Cristo". "Negli Apostoli vi
fu il fervore della carità. Pertanto, se la progenie del Nuovo Testamento
derivò da un principio nobilissimo, fu necessario che provenisse da nobi-
lissimi principi. E perciò gli Apostoli corrispondono ai Serafini, perché
l'Ordine apostolico si conforma a Cristo" (33).
Il tempo della conformazione a Cristo diventa il compimento della Chie-
sa contemplativa. Per questo l'esperienza contemplativa di S.Francesco al-
la Verna realizza e compie il mistero della Chiesa in forma esemplare.
3 -
N e l l a l u c e d e l l a g l o r i a : l'uomo n u o v o " c r e a t u r a d e l S a n c t u s " .
35) L o d A l t 3 : FF 261.
36) L e g M , P r o l . 1 : FF 1021.
135
di frate Pacifico, che Bonaventura dapprima interpreta con una certa riser-
va, ma, alla fine della sua vita accetta pienamente e ripropone, Francesco
occuperebbe nel cielo il posto di Lucifero.
"Il beato frate Pacifico, colui che per primo introdusse l'Ordine dei
frati nella Francia, era uomo di grande santità. Ebbene, mentre un giorno
egli pregava in una chiesa, insieme con San Francesco, assopitosi un poco,
vide aprirsi il cielo (l'aprirsi del cielo segna l'avvento della Chiesa
e ne indica la dimora divina, cf. Ap 21) e, là nel cielo, vide un seggio
bellissimo. Chiese di chi era quel seggio e gli fu spiegato: ''Questo è il
seggio che fu perduto da Lucifero a causa della sua superbia e che è riser-
vato per il beato Francesco, a causa della sua umiltà" (37).
Il mistero pasquale di Cristo, vissuto da Francesco con tanta intensità
e vigore qui alla Verna, diventa quindi la fucina rigenerante la Chiesa.
Il fascino dell'esempio diventa illuminazione teologica e itinerario spiri-
tuale per quanti anelano alla perfezione dell'amore, ripercorrendo i sen-
tieri deserti e silenziosi della contemplazione del Crocefisso, nell'amore
ardente dei Serafini, fino all'intonazione del canto nuovo, che riempie
di beatitudine il cielo degli elètti (cf. Ap 14,3), accompagnato dalle arpe
e sonoro come il fragore di molte acque, nel turbine incandescente e vorti-
coso degli Esseri viventi (cf. Ap 4,6-8): "I quattro Esseri viventi hanno
ciascuno sei ali (cf. Is 6,2; Èi 10,12), intorno e dentro sono costellati
di occhi; giorno e notte non (Sessano di ripetere: "Santo, santo, santo,
jl Signore Dio, l'Onnipotente (Is 6,3), Colui che era, che è e che viene"
(cf. pure Ap 5,6ss.).
Questo pieno raccoglimento dell'essere, consacrato dalla santità di
Dio e reso fulgente dall'ardore dei Serafini, trasfigura anche il corpo,
che, come quello di Francesco stimmatizzato, non è più di un morente, ma
di uno che risorge con Cristo e continuamente ritorna con Lui al Padre,
portando con sé l'universo intero per ricomporlo nel suo canto nell'armonia
della sola pace dell'amore.
. E' qui alla Verna che il Serafico Padre inizia l'esperienza finale del
compimento del mistero del Vangelo di Gesù Cristo, entrando nel mistero
del Crocefisso "giovanneo" di San Damiano, che, nel vigore espressivo del-
l'icona pasquale, segna il momento di nascita della Chiesa, in virtù di
136
quell'effusione dello Spirito, resa possibile dal dono del corpo, divenuto
"quel corpo donato per la vita del mondo" (cf. Gv 6,51), "affinché chiunque
vede il Figlio e crede in Lui abbia la vita eterna" (Gv 6,40). Si tratta
di quell'amore del quale Gesù dice che non ve n'è uno più grande (cf. Gv
15,13). Citando S . Francesco osa chiedere quell'amore, viene trasformato
nella stessa immagine espressiva dell'amore di Gesù Cristo che dona la vita
sulla croce, nell'immagine del Serafino crocefisso, che raccoglie insieme
l'universo e lo restituisce alla sua dignità originale e perfetta di imma-
gine di Cristo, per la lode della sua gloria (cf. Ef 1,14). "Egli, infatti,
è la nostra pace, colui che ha fatto dei due un popolo solo, abbattendo
il muro di separazione che era frammezzo, cioè l'inimicizia, annullando,
per mezzo della sua carne, la legge fatta di prescrizioni e di decreti,
per creare in se stesso, dei due, un s o l o u o m o n u o v o , facendo la pa-
ce, e per riconciliare tutti e due con Dio in un solo corpo, per mezzo del-
la croce, distruggendo in sé l'inimicizia: Egli è venuto perciò ad annun-
ziare la pace (cf. Zc 9,10; Is 57,19) a voi che eravate lontani e pace a
coloro che erano vicini (cf. 1 Cor 13,13; Ef 4,4; 3,12). Per mezzo di Lui
possiamo presentarci, gli uni e gli altri, al Padre, in un solo Spirito"
(Ef 2,14-18).
La memoria della Passione di Cristo, celebrata da S . Francesco qui sul-
la Verna, diventa ricapitolazione in Cristo di tutte le cose (cf. Ef 1,10)
e pacificazione universale dell'universo intero ricomposto, nel suo corpo
trasfigurato e reso cristiforme, nella serena pace dell'amore. Calla litur-
gia della parola passa alla liturgia eucaristica.
"La sua aspirazione più alta, il suo desiderio deminante, la sua volon-
tà più ferma era di osservare perfettamente e sempre il santo Vangelo e
di imitare fedelmente con tutta la vigilanza, con tutto l'impegno, con tut-
to lo slancio dell'anima e del cuore la dottrina e gli esempi del Signore
nostro Gesù Cristo" (38).
"CXie anni prima che rendesse lo spirito a Dio, dopo molte e varie fati-
che, la Provvidenza divina lo trasse in disparte (cf. Mt 17,1) e lo condus-
se su un monte eccelso, chiamato monte della Verna.
Qui egli aveva iniziato, secondo il suo solito, a digiunare la quaresi-
ma in onore di S . Michele Arcangelo, quando inccminciò a sentirsi inondato
di straordinaria dolcezza nella contemplazione, acceso da più viva fiamma
di desideri celesti, ricolmo di più ricche'elargizioni divine. Si elevava
a quelle altezze non ccme un importuno "scrutatore della maestà che viene
oppresso dalla gloria" (Pr 25,27), ma ccme un "servo fedele e prudente"
(Mt 24,25), teso alla ricerca del volere di Dio, a cui bramava con sommo
38) 1 C e l 8 4 : FF 466.
137
ardore d i conformarsi in t u t t o e per t u t t o " ( 3 9 ) .
L'apertura del Vangelo e la scoperta in esso della volontà di Dio fanno
di quella celebrazione pasquale un'eucaristia della Chiesa e realizzano
nelle Stimmate del Serafico Padre quella liturgia della parola che si corrv-
pie nel sacramento del Corpo di Cristo, donato per la vita del mondo. Fran-
cesco entra nel mistero di quel dono e nel dolore di quella fecondità dello
spirito, che gli permette di "generare alla risurrezione" tutta la Chiesa,
secondo una bellissima espressione di Rupert von Deutz a proposito della
Vergine Isteria sotto la Croce, "che genera il Figlio suo alla risurrezione".
L'ardore serafico del desiderio, dunque, lo rapiva in Dio e un tenero
sentimento di compassione lo trasformava in Colui che volle, per eccesso
di carità, essere crocifisso (cf. Ef 2,4).
Un mattino, all'appressarsi della festa dell'esaltazione della santa
Croce, mentre pregava sul fianco del monte (cf. Dn 9,20-21), vide la figura
ccme di un Serafino, con sei ali tanto luminose quanto infocate, discendere
dalla suublimità dei cieli: esso con rapidissimo volo, tenendosi librato
nell'aria, giunse vicino all'ucmo di Dio, e allora apparve tra le sue ali
l'effige di un uomo crocifisso, che aveva mani e piedi stesi e confitti in
croce. Due ali si alzavano sopra il suo capo, due si stendevano a volare
e due velavano tutto il corpo.
A quella vista si stupì fortemente, mentre gioia e tristezza gli inon-
davano il cuore.
Provava letizia per l'atteggiamento gentile, con il quale si vedeva
guardato da Cristo, sotto figura di Serafino. Ma il vederlo confitto in
croce gli trapassava l'anima con la spada (cf. Le 2,35) dolorosa della com-
passione.
Fissava, pieno di stupore, quella visione così misteriosa, conscio che
l'infermità della passione non poteva assolutamente coesistere con la natu-
ra spirituale e inmortale del Serafino. Ma da qui comprese, finalmente, per
divina rivelazione, lo scopo per cui la Divina Provvidenza aveva mostrato
al suo sguardo quella visione, cioè quello di fargli conoscere anticipata-
mente che lui, l'amico di Cristo, stava per essere trasformato tutto nel
ritratto visibile di Cristo Gesù crocifisso, non mediante il martirio della
carne, ira mediante l'incendio dello spirito.
Scomparendo, la visione gli lasciò nel cuore un ardore mirabile e segni
altrettanto meravigliosi lasciò impressi nella sua carne" (40).
Questa piena configurazione a Gesù Cristo segna il vertice della espe-
rienza cristiana e quindi la più perfetta realizzazione, nella Chiesa', nel
138
mistero di Cristo.
''Questa, però, è un'esperienza mistica e segretissima, che nessuno co-
nosce se non chi la riceve (cf.Ap 2,17) e non la riceve se non chi la desi-
dera, e non la desidera se non colui che lo Spirito Santo infiamma nell'in-
timo con il suo fuoco ardente, quello Spirito che Cristo ha mandato sulla
terra. E perciò dice l'Apostolo che questa sapienza (si pensi alla "specia-
le cognizione della somma sapienza" ossia dell'ucmo in Cristo, di cui S .
Francesco parla nella A n 5,6 : FF 154) mistica (cf. 1 Cor 2,10ss.) è rive-
lata dallo Spirito Santo" (41 ).
Anche il grande amore di S . Francesco per gli Angeli santi e la loro
opera di mediazione di grazia rientrano nella "santa operazione" dello Spi-
rito, il quale santifica la Chiesa e continuamente la rigenera nella bel-
lezza incorruttibile della fedeltà di Dio.
"Agli spiriti angelici, i quali ardono di un meraviglioso fuoco, che
infiarrmano le anime degli eletti e le fanno penetrare in Dio, era unito da
un inscindibile vincolo di amore. In loro onore digiunava per quaranta
giorni continui, a incominciare dall'Assunzione della Vergine gloriosa, de-
dicandosi incessantemente alla preghiera.
Per il beato Michele Arcangelo, dato che ha il compito di presentare
le anime a Dio, nutriva particolare devozione e speciale amore, dettato dal
suo fervido zelo per la salvezza di tutti i fedeli.
I Santi e il loro ricordo erano per lui come carboni ardenti, che rav-
vivavamo in lui l'incendio deificante" (42).
E', quindi, negli Angeli e nei Santi, che sono la dimora celeste di Dio
(cf. CannPater 2-4 : FF 267), che Francesco glorifica il Signore, riceven-
do, nella celebrazione della gloria di Dio, la piena conformazione a Cri-
sto.
S. Bonaventura ne parla in una predica, proprio commentando il triplice
canto dei Serafini, nella visione profetica di Isaia (cf. Is 6,2ss.), men-
tre "i cieli e la terra sono ripieni della gloria di Dio".
Se "gloria di Dio è l'uomo vivente e vita dell'uomo la visione di Dio"
(S. Ireneo), allora più l'uomo diventa vivente inCristo, maggiormente ri-
fulge in lui la sua gloria, e la sua persona diventa nella Chiesa quel se-
gno di unità per il quale il mondo crede (cf. Gv 17,21). E' questa gloria
che Gesù vuole comunicare e rivelare negli eletti, come suprema testimo-
nianza del suo amore e come segno dell'amore del Padre: "E la gloria che
tu hai dato a me, io l'ho data a loro, perché siano come noi una cosa sola.
139
Io in loro e tu in me, perché siano perfetti nell'unità e il mondo sappia
che tu mi hai mandato e li hai amati come hai amato me". In Francesco, che
appare nel Figlio di Dio crocifisso, ogni uomo sa di essere amato dal Padre
con lo stesso amore con cui egli da sempre ama il Figlio e di essere accol-
to in Lui nella beata dimora della Trinità.
La glorificazione di Dio diventa quindi compimento del suo regno nella
Chiesa e nel mondo, in virtù della mediazione del corpo configurato a Cri-
sto, al vertice dell'ardore dei Serafini.
"Di questo cantico e di questa lode si dice nel cap. 6 di Isaia (Is 6 ,
3): "Proclamavano l'uno all'altro e dicevano: "Santo, santo, santo il Si-
gnore Dio degli eserciti". Santo, per la prima volta, a indicare che ha
scolpito l'irmagine delle anime beate nella creazione; santo, per la secon-
da volta, poiché nella passione la ridipinse; santo, per la terza volta,
poiché la rese fulgente nella eterna rimunerazione" (43).
Ogniqualvolta risuona quel triplice canto dell'amore unificante dei Se-
rafini, si riempie il tempio della gloria divina e ogni creatura viene con-
figurata alla sua immagine di gloria. Per questo S . Francesco, accettando
non solo di accorciarsi al canto dei Serafini, ma permettendo che la confi-
gurazione divenisse in lui perfetta, è entrato nella schiera degli ucmini
"serafici", nel coro dei Serafini. Secondo S . Serafino di Sarov, infatti, l'uo-
mo nuovo è "la creatura del Sanctus"! Non si deve dimenticare che la proclama-
zione del "Sanctus" nella S . Messa segna questo momento estatico dell'amo-
re, che precede l'unione trasfigurante della "consacrazione" e introduce
nella festa del Regno di Dio, nella piena comunione con il Santissimo e con
tutti gli Angeli e i Santi. Francesco serafico rifulge nel "Sanctus" dei
Serafini.
La sua caratteristica è quella di realizzare il mistero di Gesù Cristo
con tale evidenza, da renderlo una "memoria pasquale", una mirabile conce-
zione divina (44).
Ma c'è anche un altro aspetto importante da considerare. Chi è segnato
da Dio, al vertice della contemplazione, è chiamato a partecipare il suo
dono alla Chiesa e , quindi, a "segnare" gli eletti.
''Questo segno viene impresso nella fronte dell'anima contemplativa e
sulle fronti degli eletti. Questo segno era nei segnati sopra il monte Sion
(Ap 14,1)...Questo è il segno, col quale il Signore conosce i suoi (2 Tm
2,19). Li conosce per mezzo del segno espresso, per il quale l'anima, dal-
Nachwort, Miinchen 1981, 250: "Il suo speciale carisma è di essere una
viva memoria di G e s ù (an J e s u s zu erinnern!).
140
l'intimo, invoca il nome del Signore. Così l ' a n i ™ contarpiativa è segnata
da Dio. Qide sotto il sesto Angelo, si dice che apparve l'Angelo che aveva
il sigillo del Dio vivente (Ap 7,2); questo fu nell'assegnazione di Gerusa-
lemme (ossia della Chiesa) come collocata nel cielo. A questo Angelo appar-
ve il segno espressivo riguardo al modo del vivere consono a tale sigillo"
...e vuol dire: colui che ha questa triplice luce elevante, deve avere la
triplice perfezione rispondente alla carità. Old'è che segnare in questo
modo, significa vincolare a questa perfezione per mezzo della professione
e imprimere il sigillo, affinché risponda a quel segno espressivo della ca-
rità" (45).
S . Bonaventura riscontra in S . Francesco questa "missione" angelica di
segnare gli eletti, sia nel Prologo della Leggenda l i q u o r e (46), come nel
capitolo 13 della medesima (47) e nei Sermoni in onore del Santo (48). Il
suo corpo è diventato piena rivelazione della gloria divina.
"L'ucmo di Dio ormai era confitto con Cristo sulla croce (Cài 2,19)
con la carne e con lo spirito, e perciò non solo veniva elevato in Dio'dal-
l'incendio dell'amore serafico, na si sentiva anche trafitto dal fervore
dello zelo per le anime, e insieme con il suo crocifisso Signore sentiva la
4 7 ) L e g H
13.10 : FF 1235: "Ora, finalmente, verso il' t e r m i n e della tua vi-
t a , ti viene mostrato il Cristo contemporaneamente sotto la f i g u r a ec-
celsa del Serafino e nell'umile effige del Crocifisso, che infiamma
d'amore il tuo spirito e imprime nel tuo corpo i sigilli, per cui tu
vieni t r a s f o r m a t o nell'altro A n g e l o , che sale dall'Oriente..."(Ap 7 2)
48) S . B O N A V E N T U R A , De S . P . N . F r a n c i s c o , sermo TX.M9- m q u o d ' An '_
gelus qui v e n i t ab o r t u solis, signavit ab o m n i tribù servos Dei Israel.
Illi s u n t s i g n a t i qui sunt in c o n f o r m i vita Christi".
141
sete di salvare tutti quelli che si devono salvare.
E sicccme non poteva camminare a causa dei chiodi sporgenti sui piedi,
faceva portare attorno per città e paesi quel suo corpo mezzo morto. Così,
quale secondo Angelo che sale dal luogo dove sorge il sole (Ap 7,2), egli
voleva infiammare il cuore dei servi di Dio con una divina fiamma di fuoco
(Lam 2,3): dirigerli sulla via della pace (cf. Lam 1,79) e segnare col si-
gillo del Dio vivo la loro fronte (cf. Ap 7,3)"(49).
Nel Sermone primo in onore del Santo, il Dottore Serafico interpreta
l'evento in senso ecclesiologico, unendo al testo dell'Apocalisse il testo
di Ezechiele: "Parimenti è espressivo per lo zelo della salvezza eterna,
secondo il detto dell'Apocalisse: "Vidi un altro Angelo che saliva dall'O-
riente e aveva il sigillo del Dio vivente" (Ap 7,2). Questo segno, infatti,
è lo zelo per la salvezza degli uomini; per cui in Ezechiele si legge: "Se-
gna un Tau sulla fronte degli uomini che sospirano e piangono" (Ez 9^4)"(50).
4 9 ) Legnili V I I , 1 : FF 1384.
5 0 ) S . B O N A V E N T U R A , De S . P . N . F r a n c i s c o , sermo 1; I X , 574.
142
XVI Lezione
•k * *
143
è capace la persona quando diventa immagine conforme al Figlio di Dio Gesù
Cristo, realizzando quel piano originale dell'amore e della compiacenza del
Padre, che ci vuole "figli nel Figlio" portatori e irradiatori della sua
stessa immagine di "Primogenito tra molti fratelli" (Rm 8,29). Quando l'im-
magine diventa conforme, allora il corpo perde il suo limite creaturale e
diventa pienezza di vita nello spirito, viene reso "tutto spirito vivifi-
cante" (1 Cor 15,45), in quanto diviene conforme a Colui che della vita è
l'Autore e l'Esemplare perfetto, il Verbo eterno di Dio, che è insieme Ver-
bo-Immagine e Figlio e configura a sé, partecipando il suo Spirito a quanti
aderiscono alla sua Parola e vengono immessi nella sua immagine di Figlio
per essere consacrati nella piena compiacenza del Padre, ogniqualvolta di-
cono nello Spirito: "Abbà" (Gal 4,6). Poiché è lo Spirito che può finalmnen-
te squarciare il velo del mistero e rivelare il corpo umano nella sua veri-
tà di pienezza di luce e di vita, di "spirito datore di vita" (1 Cor 15,
45), proprio in quanto pienamente conforme al secondo Adamo, quello "ulti-
mo" (1 Cor 15,45). Proprio jqui sta il vertice della perfezione cristiana:
che quanti sono chiamati alla vita "dell'uomo fatto di terra" pervengano
alla pienezza di vita e di beatitudine dell'uomo che viene dal cielo, por-
tando "l'immagine dell'uomo celeste" (1 Cor 15,49). "E ccme abbiamo portato
l'immagine dell'uomo di terra, così porteremo l'immagine dell'uomo celeste"
(1 Cor 15,50).
Per comprendere bene la preghiera del Santo alla Vergine, a Santa Maria
degli Angeli, bisogna prima approfondire il senso della sua conoscenza del-
l'uomo, di quell'antropologia divina, che gli fu rivelata da Dio stesso e
che egli definisce "singolare cognizione della somma sapienza" (2).
Soltanto quando l'ucmo è visto nella sua dimora di luce e nella sua a-
bitazione divina, ossia in Cristo, soltanto allora egli appare nella sua
dignità e nella sua mirabile vocazione originale, come "pienezza di Cri-
sto", come "Vergine e Madre" insieme, in quella incorruttibile fecondità
dell'amore, che il Figlio di Dio ha rivelato nella sua Incarnazione, poiché
Ma camminò lungo gli erbosi prati Non avea soglie al luminoso cuore,
l'anima confidando ad o g n i stelo e gli sfuggiva innanzi ogni viltà,
quasi fosse suo piccolo fratello Sali di luce in p i ù limpida luce.
E parlava d i sé d i q u e l segreto, C o s t r u ì la s u a c e l l a in q u e l sereno"
2 ) Am 5 , 6 : F F 154.
144
non "diminuì, ma consacrò la verginità della Madre" ( 3 ) . Si tratta di uno
stile di figli della luce che introduce nel regno della luce, in virtù di
quella mirabile compiacenza del Padre, che "ci trasferisce nel Regno della
sua ammirabile luce" (Col 1,13). I figli della luce sono i cristiani, i
quali non possono più nascondersi, essendo più luminosi del sole, tanto che
nei Padri della Chiesa si trova l'espressione: "E' più facile non vedere
il sole, che non vedere un cristiano"!
Questa dimensione di luce è espressa teologicamente nell'uomo, fatto
a immagine di Dio e a sua somiglianza. S . Francesco ne parla magistralmente
nella sua V /Vrmonizione (4) :
"Considera, o uomo, in quale sublime condizione ti ha posto Dio, che
U c r e
° e t : i f e c e a immagine del suo diletto Figlio secondo il corpo, 7~a
sua similitudine secondo lo spirito".
Il Serafico Padre dimostra qui di percepire la luminosa presenza del
corpo trasfigurato nella similitudine secondo lo spirito e quindi conforma-
to a Gesù Cristo, reso sua piena lode di gloria. Si tratta non solo del
Corpo glorioso di Gesù Cristo, ma del corpo del cristiano che viene reso
pr-tecipe della stessa gloria.
S . Francesco chiama questa visione dell'uomo nell'unità indivisibile
dell'immagine di Cristo, nella doppia dimensione, quella iniziale e quella
definitiva, che porta la similitudine secondo lo spirito, "una speciale co-
gnizione della somma sapienza" (5). Ora, secondo l'Apostolo, la sapienza
si ha tra i perfetti, ed esprime la perfezione dell'opera di Dio, che è di
realizzare l'uomo in Cristo, pienamente "conforme al Figlio". Ma solo quan-
do la conformazione supera il limite dell'immagine dell'ucmo terrestre (cf.
1 Cor 15,49), per diventare fulgore di gloria sul volto di Cristo (cf. 2
Cor 4,6), in virtù di quella immissione nella luce, che rende pienamente
a lui conformi secondo lo Spirito del Signore (cf. 2 Cor 3,18). Si tratta
quindi della piena realizzazione del progetto originale di Dio (cf. Rm 8 ,
28-30).
E qui ci viene in aiuto il nostro fratello sapiente, Giovanni Duns Sco-
to, che vede l'ucmo nella sfera di gloria dell'Incarnazione del Figlio, co-
me sommo glorificatore del Padre.
Si tratta della piena realizzazione del mistero d'amore della vita tri-
nitaria. Dio è amore per essenza (cf. 1Gv 4,8.16: oti o Theòs agàpe estìn!).
La perfezione dell'amore implica la beatitudine della perfetta partecipa-
ci Colletta nella Festa della Natività di Maria Santissima, ora anche nell'a
Messa del Comune delle Feste della Madonna.
4) Ani 5 , 1 - 2 : FF 153.
5)«» 5 , 6 : F F 154.
145
zione. Il Padre, pienezza fontale, si comunica totalmente al Figlio nella
massima perfezione della concezione mentale; il Figlio è la persona del
grazie: si riceve e si ringrazia, contento di essere Figlio, non trovando
altra gloria se non nella compiacenza del Padre; lo Spirito Santo è il dono
del Padre e del Figlio e non ha altra gioia se non quella di essere del
Padre e del Figlio, proclamandone la gloria. La stessa natura divina è
quindi infinitamente partecipata nella gioia di essere Uno: un solo Dio
in Tre Persone. La persona consacra quindi l'unità e la beatitudine del-
l'essere uno nell'Amore.
La partecipazione ad extra segue il ritmo instaurato dall'ordine del-
l'amore: Dio ama per primo se stesso; in secondo luogo ama Colui che somma-
mente può glorificarlo ad extra e vuole da lui essere glorificato, prede-
stinandolo per primo. In Lui ama Colei che, come Madre, gli permette di
glorificarlo ad extra e la vuole nello stesso atto d'infinito amore con
il quale predestina il Figlio alla gloria: la Vergine Madre Maria (la divi-
na Maternità della Vergine Maria custodisce e inaugura il mistero della
Chiesa!). La Chiesa, nel fulgore del mattino della vita, porta le sembianze
amabilissime della Vergine Madre Maria, Madre del Verbo Incarnato.
La vocazione divina della creatura razionale e libera, dotata d'intel-
ligenza e d'amore, è quella di essere "Madre di Dio". La prima creatura
si chiama Maria, "Vergine e Madre": immagine del Figlio, pienamente confor-
me, secondo lo Spirito, nella incorruttibile bellezza della sua santità.
Da questa vocazione fondamentale, a vivere in Cristo Verbo Incarnato,
proviene per l'uomo la grazia di potere amare con lo stesso amore del Fi-
glio, per glorificare sommamente il Padre ed essere compiuto al vertice
della compiacenza del Padre, che tutto raccoglie e sigilla nell'unità. A
questo livello si inserisce, insieme alla grazia divina, anche la tristezza
della colpa e l'oscuramento dell'immagine a causa del peccato. L'universo
viene previsto e finalizzato all'uomo e raggiunge in lui il vertice della
somma glorificazione di Dio, insieme all'Angelo, che è pura immagine, pie-
namente conforme, e quindi atto a configurare l'uomo all'immagine di Gesù
Cristo.
La vocazione fondamentale dell'uomo è quindi quella di essere gloria
di Cristo, glorificazione del Padre, e di esserlo, mediante una configura-
zione sempre più perfetta a Cristo, sommo Glorificatore del Padre. Vi è
una doppia dimensione, quella ontologica e quella esistenziale. L'uomo è
già immagine, che tende alla somiglianza. Ma deve diventare ciò che è , pas-
sando da quella somiglianza iniziale, che è il germe dell'immortalità:
"Cristo in voi speranza della gloria" (Col 1,27), alla piena manifestazione
della gloria di Gesù Cristo nel corpo. Il travaglio stesso della conforma-
zione diventa perciò motivo di gioia. 'IMella misura in cui partecipate alle
146
sofferenze di Cristo, rallegratevi perché anche nella rivelazione della
sua gloria possiate rallegrarvi ed esultare. Beati voi, se venite insultati
per il nome di Cristo, perché lo Spirito della gloria e lo Spirito di Dio
riposa su di voi" (1 Pt 4,13-14).
Il senso pieno della vita sulla terra diventa quindi l'attuazione di
quell'opera di conformazione all'immagine di Cristo non solo secondo la
carne, nella sua fase germinale, ma secondo lo Spirito, nella sua fase di
compimento. A questo punto s'inserisce l'opera degli Angeli, i quali, es-
sendo puri Spiriti, rendono possibile questa piena .apertura conformante
dell'amore. Per questo noi viviamo "nell'attesa della beata speranza e del-
la manifestazione della gloria del nostro grande Dio e Salvatore Gesù Cri-
sto; il quale ha dato se stesso per noi, per riscattarci da ogni iniquità
e formarsi un popolo puro che gli appartenga, zelante nelle opere buone"
(Tt 2,13-14).
"Siamo infatti opera sua, creati in Cristo Gesù" (Ef 2,10). "Con lui
ci ha anche risuscitati e ci ha fatti sedere nei cieli, in Cristo Gesù,
per mostrare nei secoli futuri la straordinaria ricchezza della sua grazia,
mediante la sua bontà verso di noi in Cristo Gesù" (Ef 2,6-7).
"E' in Cristo che abita corporalmente tutta la pienezza della divinità,
e voi avete in lui parte alla sua pienezza" (Col 2,9-10).
"Dobbiamo confessare che grande è il mistero della pietà: Egli si mani-
festò nella carne, fu giustificato nello Spirito, apparve agli Angeli, fu
annunziato ai pagani, fu creduto nel mondo, fu assunto nella gloria" (1
Tm 3,16).
L'assunzione nella gloria segna il coronamento dell'itinerario terreno
e costituisce anche il vertice di conformazione dell'ucmo a Cristo. Il com-
pimento viene dall'alto, quando si apre il cielo e dal cielo scende l'imma-
gine perfetta.
"...siate irreprensibili e semplici, figli di Dio immacolati in mezzo
a una generazione perversa e degenere, nella quale dovete splendere come
astri nel mondo, tenendo alta la parola di vita. Allora, nel giorno di Cri-
sto. ..rallegratevi con me" (Fil 2,14b-16.18b).
"La nostra patria invece è nei cieli e di là aspettiamo come salvatore
il Signore Gesù Cristo, il quale trasfigurerà il nostro misero corpo per
conformarlo al suo corpo glorioso" (Fil 3,20-21).
"Per questo - scrive S . Bonaventura - dobbiamo avere una grande purità
e mondezza, perché il Signore è molto geloso della nostra verginità e puri-
tà, e non vuole che rivolgiamo ad alcun altro, se non a Lui, il nostro cuo-
re e il nostro sguardo" (6).
147
La t o t a l i t à è la legge dell'amore. Chi s i ritrova in questa sua fonda-
mentale unità, nella purezza incorruttibile del dono di Dio, ha trovato
l a via d e l l a conformazione, percorrendo t u t t a l a dimensione dell'amore che
cerca esclusivamente Colui che ama.
Questa i n c o r r u t t i b i l i t à fondamentale dell'amore è i l presupposto di
ogni s a n t i t à : "Occorre, quindi, se vogliamo essere s a n t i , che abbiamo l a
purità e l a mondezza" ( 7 ) .
Tale i n c o r r u t t i b i l e s a n t i t à viene s i g i l l a t a in noi dall'obbedienza,
o s s i a d a l l a partecipazione a l mistero pasquale di C r i s t o .
"In secondo luogo dobbiamo avere l'obbedienza. Eva, nostra prima madre,
fu pura e monda, perché non era ancora s t a t a toccata da suo marito; ma poi-
ché non obbedì a l precetto divino, venne cacciata dal paradiso, né furono
gradite a Dio l a sua purità e mondezza, anzi f u c a s t i g a t a . Similmente
Lucifero, i l primo A n g e l o . . . " ' 8 ) .
'Occorre, quindi, che l a nostra mente s i a s s o g g e t t i totalmente a Dio
mediante l ' u m i l t à , per essere resa idonea ad accogliere i doni d i v i n i . In-
f a t t i i l libero a r b i t r i o , nel quale s i riceve i l dono divino, è una f a c o l t à
d e l l a volontà e d e l l a ragione, che porta in sé l'immagine d e l l a Trinità;
perciò affinché l a mente dell'uomo s i a idonea ad accogliere i doni d i v i -
ni, deve assoggettare l a f a c o l t à del libero a r b i t r i o a i "rimedi" d i v i n i ;
l a ragione, poi, a l l e "dottrine" divine; l a volontà, infine, a i "bene-
p l a c i t i " d i v i n i , affinché con questa umiltà venga, nelle t r e forme suddet-
t e , disposta a ricevere i l dono perfetto d e l l a T r i n i t à " (9).
Ci troviamo a i v e r t i c i d e l l a percezione d e l l ' e s s e r e e d e l l a conforma-
zione dell'amore. Soltanto quando non c i s i limita a una semplice adesione
generica, ma c i s i a f f i d a totalmente a Dio, secondo i l ritmo d e l l a "confor-
mità" dell'amore che tutto rende uno, a l l o r a l'uomo viene pienamente c o n f i -
gurato, secondo l e sue t r e potenze, e appare nel suo fulgore di immagine
conforme.
"Poiché chi s i dona totalmente a Dio adempiendo i c o n s i g l i d i v i n i s i
dispone totalmente a ricevere bene i doni d i v i n i . Quanto più, i n f a t t i , s i
conforma a l l a volontà divina, tanto maggiormente diventa divino, tanto più
abbondantemente Dio a b i t a in l u i ; e quanto più abbondantemente Dio a b i t a
in l u i , t a n t i più abbondanti doni g l i e l a r g i s c e , e per i l f a t t o che s i dona
perfettamente a Dio s i prepara a l l a grazia e a l l a g l o r i a divina" (10).
Mi sembrano importanti queste precisazioni teologiche per comprendere
7) I v i .
8) Ivi.
148
il senso della mirabile fecondità dell'amore, che realizza nella Vergine
la divina maternità, senza diminuirne la verginità.
Di S . Francesco dice Tommaso da Celano, che egli era "diventato tutto
lingua", "tutto annuncio del Regno di Dio", "riempiendo la terra del Vange-
lo di Cristo".
149
e indivisibile Spirito di Dio che abita in tutti, conduce tutti all'unità
spirituale (...) Lo Spirito Santo riconduce all'unità con Sé e all'unità
vicendevole fra loro tutti quelli che si trovano a partecipare di Lui"(12).
La dimensione incarnatoria si compie in quella del corpo di risurrezio-
ne. Se, come si dice nella Costituzione sulla Chiesa nel mondo d'oggi:
'Nella sua Incarnazione il Verbo ha in certo qual modo incarnato ogni uomo"
(13), si deve pur ammettere che Egli ha già trasfigurato anche ogni uomo
nel suo Corpo di risurrezione, portando a compimento quel germe che era
seminato in ciascuno dalla sua presenza mirabile di Verbo Incarnato. Lo
sviluppo dell'immagine, come somiglianza nello Spirito, è pure il compimen-
to della salvezza nella storia e costituisce la modalità sacramentale di
partecipazione della vita divina nella Chiesa, che ne è il compimento defi-
nitivo.
E' qui che traspare la Chiesa come mistero di grazia unificante dal
tessuto umano-divino della sua costituzione gerarchica.
'Ma la società costituita da organi gerarchici e il corpo mistico di
Cristo, la comunità visibile e quella spirituale, la Chiesa terrestre e
la Chiesa ormai in possesso dei beni celesti, non si devono considerare
come due cose diverse, ma formano una sola complessa realtà risultante da
un duplice elemento, umano e divino. Per una non debole analogia, quindi,
è paragonata al mistero del Verbo incarnato. Infatti come la natura assunta
serve al Verbo divino da vivo organo di salvezza, a Lui indissolubilmente
unito, in modo non dissimile l'organismo sociale della Chiesa serve allo
Spirito di Cristo che la vivifica, per la crescita del corpo (cf. Ef 4 ,
16)"(14).
Il testo conciliare richiama quello vigoroso di S . Cirillo: "Il Figlio
è in noi col suo corpo (somatikòs), quale uomo (= uomo celeste), mescolato
con noi e unito con noi per mezzo dell'eulogia mistica; ma anche spiritual-
mente (pneumatikòs), quale Dio, per mezzo della potenza (energeia) e della
grazia del proprio Spirito, ricreando lo Spirito che è in noi per la novità
di vita, e rendendoci partecipi della propria natura divina"(15).
Si tratta, quindi, di quella pienezza di Cristo" che prende corpo nella
Chiesa, rendendola "pienezza di Colui che si realizza interamente in tutte
le cose" (Ef 1,23).
150
Queste considerazioni teologiche introducono nella complessa e miste-
riosa realtà del corpo, che diventa "corpo di Cristo".
"E ogni corpo in anima converso
ora accoglieva in sé l'Immacolato" (16).
La piena espressione della vita secondo lo spirito rende il corpo capa-
ce di accoglienza divina, di concezione mirabile, di fecondità straordina-
ria: non più secondo il limite della natura, ma secondo la immensità felice
dello spirito, che configura l'immagine alla sua similitudine divina, ren-
dendola conforme al Figlio di Dio.
L'accoglienza sincera diventa dono reciproco della vita, maternità se-
condo lo spirito, celebrazione del Regno di Dio che viene, nel mistero del-
la Chiesa. Ogni vera espressione di amore contribuisce a partecipare il
dono della pienezza di Cristo, non più qualcosa, ma qualcuno, sempre pre-
sente come realtà di ogni segno espresso nella concretezza della verità
della carne.
"Si volevano bene l'un l'altro con affetto profondo, si servivano e
procuravano il nutrimento con l'amore di una madre verso i propri figli.
Tanto ardeva in essi il fuoco della carità, che avrebbero volentieri dato
la vita l'un per l'altro, proprio come l'avrebbero data per il nome del
Signore nostro Gesù Cristo" (17).
Il Serafico Padre Francesco aveva fatto personalmente l'esperienza,
quando, dopo avere accolto "con tutto il cuore" la parola del Vangelo, ven-
ne reso partecipe della sua pienezza di vita e della beatitudine della fe-
de, come esplicitamente annota S . Bonaventura: "Nella Chiesa della Vergine
Madre di Dio dimorava, dunque, il suo servo Francesco e supplicava insi-
stentemente con gemiti continui Colei che concepì il Verbo pieno di grazia
e di verità (Gv 1,14), perché si degnasse di farsi sua avvocata. E la madre
della misericordia ottenne con i suoi meriti che lui stesso concepisse e
partorisse lo spirito della verità evangelica" (18).
Fu allora che il felice araldo di Gesù Cristo ricevette in dono dal
Signore i fratelli, che egli potè "concepire e partorire", ccme pienezza
della verità del Vangelo che aveva professato. Quando vide giungere il pri-
mo "figlio della premessa", frate Bernardo, "ascoltandolo, il servo di Dio
si sentì ripieno della consolazione dello Spirito Santo, perché aveva con-
cepito il suo primo figlio" (19).
Appare indicativa della vocazione di Francesco una osservazione di Tom-
151
maso da Celano: "Siccome il glorioso Santo aveva la sua dimora nell'intimo
del cuore, dove preparava una degna abitazione a Dio, il mondo esteriore
con il suo strepito non poteva mai distrarlo, né alcuna voce interrompere
la grande opera a cui era intento" (20). Egli realizzava per primo quanto
consigliava ai frati: "Attendano a ciò che devono desiderare sopra ogni
cosa: avere lo Spirito del Signore e la sua santa operazione, pregare sem-
pre con cuore puro" (21). Dal silenzio consacrante dell'adorazione di Dio
nell'intimo del cuore nasce questa mirabile esperienza di Chiesa, favorita
dalla frequente visione della Vergine Maria e degli Angeli Santi nelle sue
intense e luminose notti di preghiera a Santa Maria degli Angeli.
2 2 ) LF 9,45.48-55 : FF 199-200.
152
come noi siamo Uno (Gv 17,22)"(23).
Nella Antifona "Santa Maria. Vergine" che ritmava tutto il canto della
Liturgia delle Ore nell'Ufficio Divino di S . Francesco, leggiamo le sor-
prendenti parole rivolte alla Vergine Maria "Sposa dello Spirito Santo",
insieme all'invocazione dell'Arcangelo S . Michele, che presiede all'opera
di compimento del disegno di salvezza, introducendo alla presenza del Si-
gnore e favorendo il passaggio nel cielo, nel Regno dei cieli. "Santa Maria
Vergine, non vi è alcuna simile a te, nata nel mondo, fra le donne, Figlia
e ancella dell'altissimo re, il Padre celeste, Madre del santissimo Signore
nostro Gesù Cristo, Sposa dello Spirito Santo; prega per noi con San Miche-
le Arcangelo e con tutte le virtù dei cieli, e con tutti i Santi, presso
il tuo santissimo Figlio diletto, nostro Signore e Maestro" (24).
E' utile leggere insieme anche la "Forma di vita", che trasferisce la
stessa visione teologica e lo stesso senso spirituale alla vita consacrata
nella contemplazione di Dio, ossia "consacrata alla somiglianza secondo
10 spirito". Si tratta di quell'amore di compiacenza che si rivolge total-
mente a Dio, mediante la contemplazione che fa di tutta la vita un'unica
effusione dello Spirito che consacra mettendo in comunione.
"Poiché, per divina ispirazione, vi siete fatte figlie e ancelle del-
l'altissimo sommo Re, il Padre celeste, e vi siete sposate allo Spirito
Santo scegliendo di vivere secondo la perfezione del Santo Vangelo.. ."(25).
Proprio per quella scelta di amore totale ed esclusivo, che immette
la consacrata e, in particolar modo, la contemplativa, nella sfera di compi-
mento della vocazione dell'immagine che entra nella somiglianza e rivela
11 Corpo di Cristo, la Chiesa nel suo mistero di luce divina, vi è una
grande somiglianza tra la Vergine Madre Maria e le vergini consacrate,
"spose dello Spirito Santo", consacrate dalla Trinità.
La formulazione perfetta avviene nella preghiera alla Vergine degli
Angeli, alla Vergine fatta Chiesa.
"Ti saluto, Signora, santa Regina, santissima Madre di Dio, Maria, che
sei Vergine fatta Chiesa, eletta dal santissimo Padre celeste e da Lui,
col santissimo Figlio diletto e con lo Spirito Santo Paraclito, consacrata.
Tu in cui fu ed è ogni pienezza di grazia e ogni bene.
Ti saluto, suo palazzo.
Ti saluto, sua tenda.
Ti saluto, sua casa.
Ti saluto, suo vestimento.
153
Ti saluto, sua ancella.
Ti saluto, sua Madre.
E saluto voi tutte, sante virtù, che per grazia e lume dello Spirito
Santo siete infuse nel cuore dei fedeli, affinché le rendiate, da infedeli,
fedeli a Dio"(26).
Abbiamo cosi il quadro vivo e completo della Vergine Maria Immacolata
nel suo ineffabile mistero di predilezione divina e nel suo ccmpimento ec-
clesiale. La Vergine Maria è esemplare per quanti seguono il Vangelo del
Signore e specialmente per coloro che, essendo "le Vocate", ossia quelle
che vivono della Parola nello Spirito, vengono pienamente configurate alla
inrogine di Cristo e sono totalmente consacrate dallo Spirito. Fedeltà e
fecondità consacrata, verginità e maternità secondo lo spirito sono le mo-
dalità di questa pienezza di grazia e di gloria.
Nella sua profonda e illuminante esperienza di preghiera, S . Francesco
contempla la creatura nel fulgore della concezione divina, che è una
"concezione iimacolata". La creatura appare splendida nella immacolata bel-
lezza della vocazione divina ad essere nel figlio di Dio una irradiazione
d'amore. Essa appare ccme una "memoria" divina e una ripresentazione di
quel primo amore che 1' ha donata alla vita.
Questa Vergine è signora e regina, perché Madre di Dio; in forma unica
e irripetibile la Vergine Maria, in forma analoga e pur tanto mirabile la
vergine madre Chiesa e ogni singolo fedele che ne vive il mistero di santi-
tà e di fecondità. Questa "vergine", consacrata nella santità incorruttibi-
bile dell'amore e della fedeltà di Dio, "diventa Chiesa", realizzando in
sé quella pienezza che la rende corpo di Cristo, "la pienezza di Colui che
si realizza pienamente in tutte le cose" (Ef 1,23). La pienezza è la vita
feconda secondo lo Spirito, che proviene dall'elezione del Padre celeste,
che la consacra con il suo santissimo Figlio e con lo Spirito Santo para-
clito. Si tratta di una bellissima definizione di Chiesa, un popolo consa-
crato, raccolto nell'unità consacrante della Trinità (27).
Questa creatura mirabile vive nel tempo della grazia, nel tempo della
pienezza di grazia, perché vive in Cristo, che realizza la pienezza dei
tempi, di modo che chiunque in lui si inserisce, in virtù della fede e del-
le opere sante, viene continuamente compiuto in Cristo e diviene, a sua
volta, compimento di Cristo, ossia "chiesa".
La pienezza di Grazia di cui parla S . Francesco è congiunta alla pie-
nezza di ogni bene: "Tu in cui fu ed è ogni pienezza di grazia e ogni be-
ne". La condizione per partecipare alla pienezza di Cristo è di avere il
154
suo S p i r i t 0 ) perche "e lo Spirito del Signore, che abita nei suoi fedeli
egli stesso riceve il s a n t i s s ™ corpo e sangue del Signore" (28). La coni
formazione tende alla pura semplicità dello Spirito, il q u a l e è " s a n t o "
C O n 9 Ì U n 9 e n d
- r ° la ^ ^ « n t i t ì incorruttibile
alla fecondità consacrante della e t e r n i t à divira, poiché il f r u t t o d e l l o
S ^ t o e sempre il F i g l i o d i D i o . E . ^ c h e ^
Z i T a ' ^ ^ ^ 1 0 0 6 1 1 F l 9 l Ì ° d l D l °6 divenendo r ^
goante nella consacrazione dello Spirito, vera "Donna nel Sole" (cf 1
12), che genera i .figli d i D i o c o n t i n u a n d o e s a r p l a m i e n t e ,, ' £
Chiesa e in ogni singolo fedele.
T r i n i t à
nei ^ Z T ^ ^ r * " " ' ~ —
3
" Ver-
gine" degli Angeli. —
2 9 )
;;:./• F F l m
; [ - f : r ' - — serafico ricorda la visione
frate Pa i f 1 C 0 , d e i s e g g i ^ ^ ^ ^
Questo seggio apparteneva a uno degli Angeli r i b e l l i e d J , p . ^
to p e r l'umile Francesco". riserva
155
il senso della vocazione cristiana, nella sua espressione più perfetta,
nella bellezza della consacrazione contemplativa, come indivisibilità di
quell'unico amore che consacra il cuore della Sposa fedele, la quale fa
di tutta la sua vita e di tutto il suo cuore e di tutto il suo corpo e di
tutte le sue opere un unico grido: "Vieni!" (Ap 22, 17.20). Il corpo diven-
ta allora la dimensione di un dono e la sorgente della speranza di tutta
la Chiesa, che diventa in ogni vergine consacrata e fedele, da "infedele",
fedele a Dio" (30). La "contemplativa" è liberata dalla distrazione dell'o-
perosità umana, che tempra la fedeltà della serva e incorpora l'immagine
della sposa, rendendo palese a tutta la Chiesa che solo l'amore sponsale
comprende il mistero del Regno di Dio ed introduce definitivamente in esso.
Intendo parlare di quelle "Sante parole" che il Serafico Padre dettò
per le "sorelle di santa Chiara": "Dopo che Francesco ebbe composto le Lodi
del Signore per le sue creature, compose anche alcune sante parole, con
la loro melodia, per la consolazione e l'edificazione delle Povere Dame
(= continua ad edificare la Chiesa, nel suo cuore contemplante, che si ri-
genera continuamente nella bellezza incontaminata della pura fonte sorgiva
dell'amore del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo), sapendo quanto
soffrivano per la sua infermità. E non potendo visitarle di persona, mandò
loro quelle parole a mezzo dei compagni. In quel cantico egli volle manife-
stare loro la sua volontà, che cioè sempre vivessero e si comportassero
umilmente e fossero concordi nell'amore fraterno (= fossero "uno" = fossero
cellula viva della Chiesa, conformate a Gesù Cristo "mite e umile di cuore"
(Mt 11,28), poiché 1' umiltà è trasparenza della verità e la mitezza si ac-
quista per l'affetto della fraternità).
Vedeva infatti che la santa vita di quelle non era solo un motivo di
fervore per l'Ordine dei frati, ma riusciva di edificazione per tutta la
Chiesa (S. Francesco riconosce l'alto contributo della vita contemplativa
per l'edificazione della Chiesa). Sapendo che, fin dal principio della loro
conversione avevano condotto un'esistenza dura e povera, era sempre mosso
da pietà e compassione verso di esse.
In quel cantico dunque le pregò che, come il Signore le aveva adunate
insieme da molte parti per vivere nella santa carità (è una bellissima de-
finizione di Chiesa, che S . Bonaventura farà sua nella Prima Conferenza
sull'Hexaemeron, "Ecclesia enim mutuo se diligens est"!), povertà e obbe-
dienza (la consacrazione dei voti immette in forma più evidente nella vita
della Chiesa, secondo la Lumen Gentiun, n. 42), così dovessero sempre vive-
re e morire in queste virtù. Le esortò specialmente che, con le elemosine
che il Signore loro donava (vivere sempre dei doni di Dio, nutrite alla
156
TOnSa del
S o n o r e ) , provvedessero alle W
n e C 6 S S Ì t à
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) Spec 90 : rFF 1 7aa e , ,
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r
158
XVII Lezione
* * *
L'Incarnazione del Verbo inaugura la pienezza dei tempi (cf. Gal 4,4)
e il compimento della glorificazione di Dio nella perfezione della lode.
La rivelazione della gloria di Dio si compie nell'istante in cui il Figlio
può realizzare il suo unico desiderio di donare il suo corpo per testimo-
niare al Padre la sua fedeltà (cf. Eb 10,5-10): "Ed è appunto per quella
volontà che noi siamo stati santificati, per mezzo dell'offerta del corpo
di Cristo, fatta una volta per sempre" (Eb 10,10). Egli inaugura per noi
il tempo della pienezza e ci permette di compierci entrando nel suo inno
di lode al Padre, che passa per tutta la sua persona e fa del suo corpo un
unico "peso di gloria", aprendoci la "via nuova e vivente che egli ha inau-
gurato per noi attraverso il velo, cioè la sua carne" (Eb 10,20). Noi vi-
viamo ora nella luce trasfigurante della sua presenza "velata", "nell'atte-
sa della beata speranza e della manifestazione della gloria del nostro
grande Dio e salvatore Gesù Cristo, il quale ha dato se stesso per noi" (Tt
2,13). Quanto più la gloria divina si rivela in noi e la sua lode diventa
in noi perfetta, tanto maggiore sarà il compimento divino della nostra sal-
vezza e la partecipazione alla sua stessa gloria "nei cieli", non solo
quando egli apparirà con i suoi Angeli (cf. Mt 16,27), ma ogniqualvolta ci
disponiamo a dargli gloria.
Il Serafico Padre ci insegna che non è sufficiente essere imragine di
Cristo secondo il corpo e sua somiglianza secondo lo spirito, rra bisogna
159
esprimere questa verità nella "riconoscenza" e nella glorificazione di Dio,
rendendo "espressa" quella gloria che custodiamo come dignità della nostra
persona (1). La parola di Dio ci rivela nel fulgore della gloria divina e
ci intona nella pura lode di gloria. Si tratta di condividere con il Sera-
fico Padre la beatitudine che egli proclama: "Beato quel religioso, che non
ha giocondità e letizia se non nelle parole e nelle opere santissime del
Signore e, mediante queste, conduce gli uomini all'amore di Dio in gaudio
e letizia" (2). La parola di Dio ci ricrea e ci abilita all'opera del sorrmo
glorificatore del Padre, Gesù Cristo, trasferendoci nel suo regno di luce
infinita, accordandoci nell'inno eucaristico della Chiesa, "non badando al-
la melodia della voce, ma alla rispondenza ideila mente, cosi che la voce
concordi con la mente e la mente, poi, concordi con Dio, affinché possiamo
(possano) mediante la purezza del cuore, piacere a Dio" (3).
La liberazione del cuore da tutti gli impedimenti passa per il fuoco
illuminante e ardente dello Spirito Santo, che compie l'opera della santi-
ficazione, rendendoci "voce" di Cristo "con la parola e con le opere" (4),
dopo averci "purificati, illuminati e accesi" (5), accordandoci in Cristo
nell'inno eucaristico della Chiesa. E' questa l'operazione santa dello Spi-
rito che S . Francesco raccomanda a tutti i frati nella Regola, esortandoli
a "pregare sempre con cuore puro" (6). In modo particolare i Sacerdoti ven-
gono esortati a conformarsi agli Angeli di Dio, i quali sono ardenti di de-
siderio, con lo sguardo proteso verso Cristo, per essere consacrati nella
sua santità (cf. 1 Pt 1,12; Lv 11,44),jresi essi stessi fulgenti nella sua
lode di gloria eucaristica (7).
La lode è sempre incentrata sull'Eucaristia e ne completa la irradia-
zione consacrante nel mondo intero. Per questo il Serafico Padre non si
stanca mai di invitare ad esprimerne il canto nella Chiesa e nel mondo, in-
viando lettere a tutti i responsabili.
1 ) Am 5 : FF 153-154.
2 ) Am 2 1 : FF 170.
4) LCapFr 10 : FF 216.
7) L C a p F r 2,29 : FF 220.
160
"E dovete annunciare e predicare a tutte le genti la sua gloria perché,
ad ogni ora e quando suonano le campane, dal popolo intero siano rese lodi
e grazie all'Onnipotente Dio per tutta la terra" (8).
"Vi invio anche un'altra lettera perché la consegniate ai governatori,
ai consoli, ai capi delle nazioni. In essa è contenuto un invito a far pro-
clamare tra i popoli e sulle piazze le lodi di Dio" (9).
"E dovete dare al Signore tanto onore fra il popolo a voi affidato, che
ogni sera un banditore proclami o altro segno annunci che siano rese lodi
e grazie all'Onnipotente Signore Iddio da tutto il popolo. E se non farete
questo, sappiate che voi dovete rendere ragione al Signore Dio vostro Gesù
Cristo nel giorno del giudizio" (10).
"E poiché patì tanto per noi e ci gratificò di tanti doni e continuerà
a gratificarcene per il futuro, "ogni creatura che è in cielo e in terra
e nel mare e nella profondità degli abissi, renda a Dio lode, gloria e ono-
re e benedizione (cf. Ap 5,13), poiché egli è la nostra virtù e la nostra
forza. "Egli solo è buono" (Le 18,19), che solo è altissimo, che solo è on-
nipotente e ammirabile; glorioso e santo, degno di lode e benedetto per gli
infiniti secoli dei secoli. Amen" (11).
Credo che non vi sia una fonte rivelata più esplicita della Lettera ai
Colossesi, 1,13-20, con il poderoso inno cristologico, per significare la
presenza della lode di S . Francesco nella Chiesa e nel mondo. Per questo
lo propongo come chiave di lettura dei testi francescani, che possono veni-
re considerati una composizione sinfonica, un grande inno rivolto a Gesù
Cristo. E' così che si può comprendere "la potenza della lode" e il Cantico
delle Creature come un inno eucaristico cosmico, raccoglimento sublime de-
gli esseri creati e ricapitolazione in Cristo di tutte le cose, in una so-
lenne liturgia che riempie l'universo della gloria di Dio. La lode divina
diventa la pura fonte sorgiva dell'amore che continuamente ci rigenera con-
sacrandoci. Noi subiamo per lo più l'influsso esterno e ci lasciamo "im-
pressionare" dalle cose e "turbare" dai peccati degli uomini o per lo meno
"disturbare" da quanto avviene attorno a noi. Soltanto la forza consacrante
della lode divina ci custodisce nella bellezza fulgida della santità di
Dio, rendendoci raggianti nel vigore consacrante della nostra vita, tutta
8) L C u s t 11 : FF 243.
9) L G u a r d 5 : FF 248.
1 1 ) Lf 10,61-62 : FF 202.
161
rapita in Dio e resa incorruttibile dalla sua presenza. La gloria divina
è la sua presenza vivificante e trasfigurante che consacra nell'unità. Chi
continuamente custodisce questa "gioia indicibile e gloriosa" (1 Pt 1,4),
viene sigillato nell'unità della compiacenza del Padre, come "fulgore di
gloria, splendente sul volto di Cristo" (2 Cor 4,6), entrando in Cristo
e ritornando con lui continuamente al Padre.
La memoria della "Parola di Dio" o l'invocazione del Nome di Gesù rige-
nera in noi la sorgente dell'amore e purifica il cuore, preservandolo da
tutte le contaminazioni terrene e trasferendolo nel cielo della visione di
Dio, aprendo per noi il cielo e rivelandoci nella "Donna vestita di sole"
(Ap 12,1ss.), come rivelazione del Figlio di Dio e sua lode di gloria (cf.
Ef 1,6.16).
Le parole degli uomini possono contaminare il cuore e scomporre la cel-
lula della vita o contaminare la sorgente, la quale, essendo inquinata, si
corrompe e non riesce più a diventare dono. La lode di Dio rigenera la per-
sona, rinnovandola e ringiovanendola nella pura fonte dell'amore.
E' urgente oggi il servizio della lode divina, permettendo che essa
riempia la mente, il cuore, la vita e si diffonda ccme irradiazione consa-
crante in tutto l'universo. Soltanto il Signore deve restare "determinante"
nella nostra vita, nuli'altro e , tanto meno, il peccato. La lode del Signo-
re sarà la nostra forza, che ci rende fulgenti nel mattino di Dio, trasfor-
mandoci in quel raggio fulgente che custodisce e consacra il creato, resti-
tuendolo a Dio come lode di gloria. Si tratta di realizzare la vita come
dono, come celebrazione, nella massima espressività dell'amore, che diventa
coro unanime e concorde nella Chiesa. Bisogna superare il rapporto d i lavo-
ro esistente tra gli uomini e compiere una scelta preferenziale di Dio, ac-
cettando di vivere da figli e riservandoci quel giorno di comunione che è
la Domenica, la quale "dà senso" alla settimana e la compie nella glorifi-
cazione d i Dio. "Voi infatti siete morti e la vostra vita è ormai nascosta
con Cristo in Dio! Quando si manifesterà Cristo, la vostra vita, allora an-
che voi sarete manifestati con lui nella gloria"(Col 3,3-4).
L'accordo avviene nella "riconoscenza", "ringraziando con gioia il Pa-
dre che ci ha messi in grado di partecipare alla sorte dei santi nella lu-
ce" (Col 1,12). La lode è il vertice della conoscenza d'amore e il fiore
più perfetto della riconoscenza come restituzione a Dio della gloria che
egli ha rivelato in noi e nell'universo, affinché possiamo glorificarlo.
Lodando il Signore, si viene rigenerati nella fonte della luce e continua-
mente si riceve la vita come dono purissimo del Padre. Riconoscere il Pa-
dre e accettare il suo amore è la prima glorificazione.
"E' lui infatti che ci ha liberati dal potere delle tenebre e ci ha
trasferiti nel regno del suo Figlio diletto" (Col 1,13). Come oggetto della
162
sua compiacenza infinita, Egli ci raccoglie e custodisce, "trasferendoci"
nel suo Figlio diletto, nel suo corpo che è la Chiesa, regno del Figlio suo
che continuamente in noi viene.
"Per opera del quale abbiamo la redenzione, la remissione dei peccati"
(Col 1,14). Il dono del Figlio è "pace e riconciliazione" (cf. Qv 20,19-
23), che ci edifica tutti insieme, nell'unità del suo corpo, che è la Chie-
sa (cf. Ef 2,13-18), permettendoci di ritornare, riconciliati, al Padre.
"Per mezzo di lui possiamo presentarci, gli uni e gli altri, al Padre in
un solo Spirito" (Ef 2,18). La riconciliazione ci rivela la misericordia
di Dio, come arte divina della premozione umana.
"Egli è l'immagine del Dio invisibile, generato prima di ogni creatura;
poiché per mezzo di lui sono state create tutte le cose, quelle nei cieli
e quelle sulla terra, quelle visibili e quelle invisibili: Troni, Domina-
zioni, Principati e Potestà. Tutte le cose sono state create per mezzo di
lui e in vista di lui. Egli è prima di tutte le cose e tutte in lui sussi-
stono. Egli è anche il capo del corpo, cioè della Chiesa; il principio, il
primogenito di coloro che risuscitano dai morti" (Col 1,15-18a).
Si tratta di una immissione totale nel Regno della gloria del Figlio:
cielo e terra hanno in lui la "immagine", il "senso", la "vita", secondo
la pienezza del suo amore. Angeli e uomini stanno al vertice di questa rea-
lizzazione d'amore, poiché sono creati direttamente nell'unità della "Imma-
gine" ossia nel Figlio, dal Figlio e per il Figlio, per amare il Padre con
lo stesso amore e rendergli la stessa gloria, venendo così in lui anche
glorificati. La glorificazione di Dio nel Figlio e come il Figlio diventa
quindi il compito specifico e primario della Chiesa, che è il suo corpo,
la missione di quanti non sono più morenti, ma, in virtù del Battesimo, già
risorti e viventi in Cristo. E' il fascino irresistibile della fede che ci
introduce nella festa del Regno di Dio, facendocene pregustare la dolcezza.
Il Serafico Padre Francesco esprime questa sublime realtà ecclesiale
nella V Ammonizione, descrivendone la dimensione di immagine non solo se-
condo lo! spirito, ma secondo il corpo. La forza raggiante dell'immagine di
Cristo diventa il dinamismo della comunione che raccoglie tutti e tutto
nell'unità della sua lode di gloria. Accettare di essere in Cristo, nella
piena dimensione dell'immagine significa diventare a lui simili non solo
ccme singolo, ma come "corpo", ccme Chiesa, che ne esprime la pienezza, os-
sia ccme "Vergine che diventa Chiesa", generando a Dio i figli del Regno,
finché in lei si compiano tutti i misteri di Cristo.
E' quanto divenne evidente in S . Francesco nel miracolo folgorante del-
le Stimmate. Egli venne rivelato in Cristo, nella conformazione piena del
corpo divenuto conforme alla sua morte per rivelarne la sua risurrezione.
E' l'immagine del Cristo risorto che appare in lui fulgente per effondere
163
la pienezza dello Spirito Santo, rendendolo definitivamente "chiesa", ossia
"suo corpo, pienezza di colui che si realizza pienamente in tutte le cose"
(Ef 1,23). Siamo ai vertici delle rivelazioni di fede, quando la gloria del
corpo glorioso di Cristo appare nel corpo mortale di Francesco, trasferito
nei cieli, espresso nel fulgore del primo amore del Padre, che si compiace
di rivelare in lui il suo Figlio, sigillato nella bellezza incorruttibile
della santità di Dio.
Ed è qui che l'anelito missionario del Santo trova la sua ispirazione
ideale. Egli vuole che tutti i popoli glorifichino il nome del Signore,
partecipando alla pienezza del Corpo di Cristo che è la Chiesa. La glori-
ficazione piena presuppone la conoscenza del Vangelo e questa è possibile
solamente mediante la missione. Per questo il Santo va in missione e manda
i suoi frati in missione (11a), affinché Gesù Cristo ottenga "il primato
su tutte le cose" (Col 1,18b) e sia davvero il Signore, il centro del cosmo
e della storia.
"Perché piacque a Dio di far abitare in lui ogni pienezza e per mezzo
di lui riconciliare a sé tutte le cose, rappacificando con il sangue della
sua croce, cioè per mezzo di lui, le cose che stanno sulla terra e quelle
nei cieli" (Col 1,19-20).
Si tratta di quell'effusione di vita che porta il segno dell'amore del
Figlio, che esprime al Padre la sua compiacenza, donando il suo corpo ccme
prezzo della sua gloria e non trovando altra gloria al di fuori di lui, co-
me risulta dalla preghiera sacerdotale riportata da S . Giovanni nel cap.
17 del suo Vangelo. L'anelito dell'unità pervade tutta quella solenne li-
turgia di lode, quell'Eucaristia espressa nella piena compiacenza del Pa-
dre, unita alla preghiera che genera in noi l'unità, rendendoci quel "se-
gno", quel "sacramento" di unità e di pace", quell'eucaristia, , per cui
"il mondo crede" e confessa che è lui il Signore (cf. Gv 17,21). La glori-
ficazione del Signore gli permette di apparire in mezzo ai suoi discepoli,
come nei primi incontri pasquali, per edificarli tutti nella pace e donare
loro il suo Spirito (cf. Gv 20,19-21), anzi permettendo loro di effondere
lo Spirito, essendo diventati in lui una sola cosa. La glorificazione coin-
volge tutta la persona del credente e tutta la realtà creata, ricongiungen-
do cielo e terra, ossia rivelando il volto cristiano dell'uomo e la dimen-
sione cristologica dell'universo.
Ancor più di S . Francesco, Chiara diventa la glorificatrice cosmica del
Signore risorto, in virtù della sua pura contemplazione, che tutta la rapi-
sce nella visione del Signore e nella rivelazione della sua gloria. Dalla
Lettera Quarta alla Beata Agnese possiamo recepire il ritmo adorante della
164
sua glorificazione, che introduce la B . Agnese nella stessa sfera di glo-
rificazione cosmica del Signore della gloria. Si tratta di una partecipa-
zione del frutto più squisito della sua consacrazione d'amore nella clausu-
ra, che la custodisce nell'intimità del Signore, concedendole il n a s s i ™
raccoglimento dell'essere e la più pura irradiazione della gloria divina
che dal suo cuore rifulge sul volto di Cristo (cf. 2 Cor 4,6) configurando^
la a lui pienamente (cf. 2 Cor 3,18) in virtù del suo Spirito. Si tratta
della Vergine fatta Chiesa di cui parla Francesco nella sua contemplazione
della Vergine Maria.
165
desime dell'Apostolo, ti stimo collaboratrice (cf. 1 Cor 3,9; Ffrn 16,3) di
Dio stesso e sostegno delle membra deboli e vacillanti del suo ineffabile
Corpo" (13).
La contemplazione diventa quindi la più sublime edificazione della
Chiesa ai vertici consacranti e radiosi della gloria rivelata del Signore.
Come la donna sterile della Bibbia, le vergini contemplative generano a Dio
molti figli, rierrpiendo gli spazi del cielo, ossia rivelando la Chiesa che
scende dal cielo, edificando così il Regno dei cieli. Tutto il mondo diven-
ta lo spazio di rivelazione della gloria divina, raccolta e custodita nello
specchio casto e verginale del corpo, divenuto veramente corpo di Cristo,che
è la Chiesa. Quel rapimento della contemplativa diventa il massimo racco-
glimento dell'essere e la più preziosa lode di gloria dello Sposo, che in-
troduce la creatura mortale, restaurata nella sua immagine di creatura di
Dio, nella festa radiosa del Regno di Dio.
"Colloca i tuoi occhi davanti allo specchio dell'eternità, colloca la
tua anina nello splendore della gloria (=in Cristo, cf. Eb 1,3), colloca
il tuo cuore in Colui che è figura della divina sostanza, e trasformati
(cf. 2 Cor 3,18) interamente, per mezzo della contemplazione, nella immagi-
ne della divinità di Lui. Allora anche tu proverai ciò che è riservato ai
suoi amici, e gusterai la segreta dolcezza (cf. Sai 30,20) che Dio medesimo
ha riservato fin dall'inizio per coloro che l'amano. Senza concedere neppu-
re uno sguardo alle seduzioni, che in questo mondo fallace e irrequieto
tendono lacci ai ciechi che vi attaccano il cuore, con tutta te stessa ama
Colui che per amor tuo tutto si è donato" (14).
Più la vita è raccolta in Dio, più essa è consacrata dall'amore, tanto
maggiormente si accresce la capacità di percezione e di manifestazione del-
la gloria di Dio. La contemplazione diventa così un puro immergersi nella
luce radiosa del sole, che vide ascendere al cielo il Primo dei Risorti.
A questo vertice di intemerata bellezza può giungere solamente chi ha il
coraggio e la grazia di poter vivere solamente del Signore e per il Signo-
re anche nella concretezza "corporale" di un eremo che custodisce il miste-
ro dell'amore o di una clausura, che ne consacra l'intimità divina. E' al-
lora che la creatura diventa pienamente serena come un cielo di rivelazione
della gloria di Dio.
"Sì, perché è ornai chiaro che l'anima dell'uomo fedele, che è la più
degna tra tutte le creature, è resa dalla grazia di Dio più grande del cie-
lo. Mentre, infatti, i cieli con tutte le cose create non possono contenere
il Creatore (cf. 1 Re 8,27; 2 Cor 2,5), l'anima fedele invece, ed essa so-
166
la, è sua dimora e soggiorno, e ciò soltanto a motivo della carità, di cui
gli empi sono privi (cf. Gv 14,23). E' la stessa Verità che lo afferma:
"Colui che m i ama, sarà amato dal Padre mio, e io pure l'amerò; e noi ver-
remo a lui e porremo in lui la nostra dimora" (Gv 14,21-23) (15).
E' un bellissimo commento al canto del Serafico Padre alla Vergine Ma-
ria, la quale, in virtù della "consacrazione" della Trinità, è la Vergine
fatta Chiesa, nella quale lo Spirito Santo consacra ed accoglie il Signore
della gloria, rendendola sua dimora, sua veste, sua Madre.
Si tratta di "vedere il Signore" e di permettergli di essere il Signore
come unico nostro bene, nel nostro cuore e nell'universo. Solo allora la
gloria di Dio rifulge e il segno della Chiesa diventa fulgente ccme segnale
dei popoli in cammino verso Cristo e delle creature tutte protese verso
quella piena liberazione dei figli di Dio, che le ristabilisce nella loro
dignità e bellezza originali, come risonanza e rivelazione della gloria del
Signore.
La creatura raggiunge ora la massima capacità espressiva e anche la
massima potenza recettiva, entrando nella pienezza della grazia, nella pie-
nezza della gloria, nel compimento della "pienezza di Cristo", di modo che
"per mezzo di lui possiamo presentarci, gli uni e gli altri, al Padre in
un solo Spirito" (Ef 2,18), secondo l'espressione felice della 2 Cor 1,20:
"Per questo sempre attraverso lui, sale a Dio il nostro M e n per la sua glo-
ria". La lode concorde dei molti che diventano uno in Cristo compie il cir-
colo dell'amore trinitario che ricompone la mirabile unità della sua pura
fonte sorgiva (cf. Gv 17,21). Essi realizzano il testamento spirituale di
Gesù e colgono il frutto maturo della sua preghiera al Padre: "Padre, vo-
glio che anche quelli che mi hai dato, siano con me, dove sono io, (= nel
mio cielo, nel Regno dei cieli!), perché contemplino la mia gloria, quella
che mi hai dato" (Gv 17,24).
167
dicendo: 'Padre, voglio che anche quelli che mi hai dato, siano con me, do-
ve sono io, perché contemplino la mia gloria, quella che mi hai dato' (Gv
17,24), vale a dire che per partecipazione compiano in noi la stessa opera
che io compio per natura, cioè quella di spirare lo Spirito Santo (si pensi
all' immagine di Pentecoste, che abbiamo presentato il primo giorno!).
"Disse anche: 'Non prego solo per questi, ma sinché per quelli che per
la loro parola crederanno in me: perché tutti siano una cosa sola. Come tu,
Padre, sei in me e io in te, anch'essi siano in noi una cosa sola, perché
il mondo creda che tu m i hai mandato. E la gloria che tu mi hai dato, io
l'ho data a loro, perché siano come noi una cosa sola. Io in loro e tu in
me, perché siano perfetti nell'unità e il mondo sappia che tu mi hai trancia-
to e li hai amati ccme hai amato me' (Gv 17,20-22). Dio quindi ha comunica-
to loro lo stesso amore che al Figlio, e ciò non per natura come al Figlio,
ma per unione e per trasformazione d'amore. Il Figlio chiede al Padre che
gli eletti siano una cosa sola non ccme unica essenza e natura ccme lo sono
il Padre e il Figlio, ma nel senso di un'unione d'amore, ccme il Padre e
il Figlio vivono in un'unione d'amoré" (16).
La creatura raggiunge il vertice della sua vocazione esistenziale dive-
nendo quello che è: "immagine di Dio, nella dimensione del corpo di Cristo
che è la Chiesa.
"A quel modo, dunque, che la gloriosa Vergine delle Vergini portò Cri-
sto materialmente nel suo grembo, tu pure, seguendo le sue vestigia (cf.
1 Pt 2,21) specialmente dell'umiltà e povertà di lui, puoi sempre, senza
alcun dubbio, portarlo spiritualmente nel tuo corpo casto e verginale. E
conterrai in te Colui dal quale tu e tutte le creature sono contenute (cf.
Sap 1,7; Col 1,17), e possederai ciò che è bene più duraturo e definitivo
anche a paragone di tutti gli altri possessi transeunti di questo mondo"(17).
La contemplativa, che vive nella nuda povertà e nella pura e santa sem-
plicità, totalmente rivolta alla glorificazione di Dio nel suo cuore e nel-
l'universo che ella raccoglie e restituisce a Dio come lode di gloria, non
solo è collaboratrice di Dio nel generare i figli per il suo Regno, ma è,
come Maria, spiritualmente madre di Gesù Cristo medesimo e dimora della
Trinità.
In questa piena comunione d'amore che rigenera e sigilla la creatura
nella bellezza della santità di Dio, fiorisce e si compie sulla terra la
Chiesa, che continuamente "fa memoria" del Signore. Anzi ogni memoria urta-
rla diventa, in virtù di questo rapporto unificante dello Spirito di Dio,
una "eucaristia", una grazia unificante e rivelatrice dell'unità dei figli
168
di Dio. Per questo S . Chiara scrive alla R ^
A 0 n e S e :
templazione, abbi remoria del!, , 1 a questa con-
. «juì memoria della tua madre ooverpTla h*^ ^
io porto il tuo caro • Poverella, ben sapendo che anche
» -il: z z r z z d?r,1 —- - —
rXirT'^tTde^ 6 — ^
centro e il vertice ridila particolare l'amore e il
* OU, .ria
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produce in modo eminente l ' i t i n e di D i o e d è l ^ ^ "
lo con intensità i n c o m p a ^ T c ^ C ^ ^ T ^ "
t - n t i . E' l'unica ancella del S i g n o T c f * T S ' ^ ° ^
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libero e personale risponde a l l ' à m ^ n ^ ^
le comanda. Come q u e l l a ^ * £ ^ " T * ^ ^ ^
— , è grazia e dono^di Dio; V Z ^ Z i T
la sua libertà, la libertà di S c o l a t a lì ! ^
con Maria l'amore non , . 1 J j T r n a c o l a t a - A l l ' u n i o n e dello Spirito & n t o
aria, i amore non congiunge soltanto queste due persone ™ t •
amore e tutto amore della Santissima f r i n i i merrtrTtt ^
^ n i a , e tutto l'amore della creazione e t k T Z l 'q U 6 l l ° *
unisce alla terra tuttn t - , tele u n i o n e
H Cielo si
U
risposta di Maria è quella dell'intera uranità" (19).
/
3
' I\C"tte Te del1" 'aeitolglga^ncrlg.
a i t u t t e le c o s e : inno e u c a r i s t i c o c o - J ^ T
«J: ; icrr11
- n » nei de^li esseni, . r a n c a s i £ ~ ~
169
tenerezza fraterna e materna insieme, di modo che ogni creatura si riconci-
lia in lui al suo Creatore e rifulge nella sua originale dignità e bellez-
za, ccme lode di gloria divina.
Per la sua esperienza cristiana l'universo intero diventa il grande li-
bro nel quale si dispiega e rifulge la sapienza del Creatore, al quale il
Santo intona il suo inno di riconoscenza. Il suo rapporto è un rapporto
pieno di delicatezza, di riverenza e grande amore. E' il luogo in cui egli
realizza la scelta preferenziale di Dio, vincendo il maligno e contemplando
le creature di Dio come "specchio tersissimo della sua bontà" (20).
Per lui il cielo si apre e la verità delle cose e delle persone diventa
palese. La visione del Signore fa di ogni incontro con le creature una ce-
lebrazione pasquale e quindi una celebrazione del Regno di Dio nel mistero
della Chiesa.
"In ogni opera loda l'Artefice; tutto ciò che trova nelle creature lo
riferisce al Creatore (cf. Sap 7,26). Esulta di gioia / in tutte le opere
delle mani del Signore (cf. Sap 8,6 e Sai 91,5), e attraverso questa visio-
ne letificante intuisce la causa e la ragione che le vivifica. Nelle cose
belle riconosce la Bellezza Somma, e da tutto ciò che per lui è buono (cf.
Gen 1,31) sale un grido: "Chi ci ha creati è infinitamente buono". Attra-
verso le orme impresse nella natura, segue ovunque il Diletto e si fa scala
di ogni cosa per giungere al suo trono (cf. Ct 5,17; Gb 23,3).
Abbraccia tutti gli esseri creati con un amore e una devozione quale
non si era mai udita, parlando loro del Signore ed esortandoli alla sua lo-
de. ...Quella Bontà "fontale" che un giorno sarà tutto in tutti (cf. 1 Cor
12,6), a questo Santo appariva chiaramente fin d'allora ccme il tutto in
tutte le cose" ( 21).
La significazione delle creature diventa irradiazione della sapienza
divina e quindi accensione nel suo cuore di quell'immenso amore che lo ri-
collegava mediante la lode e la riconoscenza a Dio, alla vista di quelle
meraviglie da Lui operate. La percezione Ideila presenza del Signore diventa
per lui l'elemento unificante, il vigore rigenerante e la forza di coesione
di tutte le cose. Dal momento in cui egli ha trovato l'unità della sua vita
in Cristo, anche il creato diventa intelligibile e in esso traspare il vol-
to sereno della Chiesa, che in esso realizza il compimento della salvezza,
nella mediazione dei segni sacramentali nell'esercizio del ministero della
lode divina.
Gesù Cristo diventa visibile nel creato e traspare da tutte le creatu-
re, che ne esprimono la gloria. "Ogni creatura è parola di Dio, una parola
171
"Esulta, dunque, - concluse il Signore - perché la tua infermità è ca-
parra del mio regno e per merito della pazienza devi aspettarti con sicu-
rezza e certezza di aver parte allo stesso regno (cf. Ef 5,5)".
...In quella circostanza compose alcune Lodi delle creature, in cui le
invita a lodare, come è loro possibile, il Creatore" (24).
La Leggenda Perugina completa il racconto del Celano, dopo aver ricor-
dato che Gesù dà a Francesco il nome di "fratello". "Sì, io devo molto go-
dere adesso in mezzo ai miei mali e dolori, e trovare conforto nel Signore,
e rendere grazie sempre a Dio Padre, all'unico suo Figlio, il Signore no-
stro Gesù Cristo e allo Spirito Santo, per la grazia e la benedizione così
grande che mi è stata elargita; egli infatti si è degnato nella sua miseri-
cordia di donare a me, suo piccolo servo indegno ancora vivente quaggiù,
la certezza di possedere il suo Regno.
Voglio quindi, a lode di Lui e a mia consolazione e per edificazione
del prossimo, comporre una nuova Lauda del Signore per le sue creature. O -
gni giorno usiamo delle creature e senza di loro non possiamo vivere, e in
esse il genere urano molto offende il Creatore. E ogni giorno ci mostriamo
ingrati per questo grande beneficio, e non ne diamo lode, come dovremmo,
al nostro Creatore e datore di ogni bene" (25 ).
Si aggiunge pure la motivazione della strofa del Perdono, accentuando
l'aspetto di incontro pasquale del Poverello non solamente con le Creature
ma soprattutto con gli ucmini. Al suo canto si riconciliano gli uomini, in-
tonati con lui nella liturgia di lode del Creatore, resi "uno" in Cristo,
per la mediazione del suo servo Francesco. La pura lode di gloria purifica
e risana, riconciliando i cuori.
"Andate e cantate il Cantico di frate Sole alla presenza del vescovo
e del podestà e degli altri che sono là presenti. Ho fiducia nel Signore
che renderà unili i loro cuori, e faranno pace e torneranno all'amicizia
e all'affetto di prima".
CXando tutti furono riuniti nello spiazzo interno del chiostro dell'e-
piscopio, quei due frati si alzarono e uno disse: "Francesco ha composto
durante la sua infermità le Laudi del Signore per le sue creature, a lode
di Dio e ad edificazione del prossimo (continua a restaurare la Chiesa,
fatta di pietre vive, edificandola con la lode divina!). Vi prego che stia-
te ad udirle con devozione". Così incominciarono a cantarle. Il podestà si
levò subito in piedi, e a mani giunte, come si fa durante la lettura del
Vangelo (Francesco era ormai diventato tutto "risonanza" della Parola di
Dio), pieno di viva devozione, anzi tutto in lacrime, stette ad ascoltare
172
attentamente. Egli aveva infatti molta fede e venerazione per Francesco.
Finito il Cantico, il podestà disse davanti a tutti i convenuti: "Vi
dico in verità, che non solo a messer Vescovo, che devo considerare mio si-
gnore, ma sarei disposto a perdonare anche a chi mi avesse assassinato il
fratello o il figlio". Indi si gettò ai piedi del Vescovo, dicendogli: "Per
amore del Signore nostro Gesù Cristo e del suo servo Francesco, ecccmi
pronto a soddisfarvi in tutto, ccme a voi piacerà". Il Vescovo lo prese fra
le braccia, si alzò e gli rispose: "Per la carica che ricopro dovrei essere
unile. Purtroppo ho un temperamento portato all'ira. Ti prego di perdonar-
mi". E cosi i due si abbracciarono e baciarono con molta cordialità e af-
fetto" (26,.
Non è una solenne liturgia della parola,jche celebra la riconciliazione
di ucmini e cose, dell'universo intero, in vista della sola pace dell'amo-
re? E non si manifesta in questa radiosa celebrazione il vigore e la po-
tenza della lode di Dio? Non appare anche uno stile cristiano di incontrare
le creature e gli uomini, apprezzando in essi la grazia di Dio e lodando
il bene, da veri figli di Dio, figli della luce?
173
Altissimo, onnipotente, bon Signore,
tue so le laude, la gloria e l'onore e onne benedizione.
A te solo, Altissimo, se confano
e nullo omo è digno te mentovare.
Laudato sie, mi Signore, cun tutte le tue creature,
spezialmente messer lo frate Sole,
lo quale è iorno, e allumini noi per lui.
Ed elio è bello e radiante cun grande splendore:
de te, Altissimo, porta significazione.
Laudato si, mi Signore, per sora Luna e le Stelle:
in cielo l'hai formate clarite e preziose e belle.
Laudato si, mi Signore, per frate Vento,
e per Aere e Nubilo e Sereno e onne tempo,
per lo quale a le tue creature dai sustentamento.
Laudato si, mi Signore, per sor Acqua,
la quale è molto utile e umile e preziosa e casta.
Laudato si, mi Signore, per frate Foco,
per lo quale enn'allumini la nocte:
ed elio è bello e iocondo e robustoso e forte.
Laudato si, mi Signore, per sora nostra matre Terra,
la quale ne sostenta e governa,
e produce diversi fructi con coloriti fiori ed erba.
Laudato si, mi Signore, per quelli che perdonano
per lo tuo amore
e sostengo infirmitate e tribulazione.
Beati quelli che '1 sosterrano in pace,
ca da te, Altissimo, sirano incoronati.
Laudato si, mi Signore, per sora nostra Morte corporale,
da la quale nullo omo vivente po' scampare.
Guai a quelli che morranno ne le peccata mortali!
Beati quelli che troverà ne le tue sanctissime voluntati,
ca la morte seconda no li farrà male.
Laudate e benedicite mi Signore,
e rengraziate e serviteli cun grande umiltate.
Aggiungiamo la lettura delle Lodi per Ogni Ora, che costituiscono quasi
una liturgia cosmica, nell'intonazione corale dialogica e nella significa-
zione liturgico-teologica, ritmata dalle parole di Isaia, Daniele, dell'A-
pocalisse e del Te Deum (29).
Completiamo la sinfonia dell'amore con il Cantico della Vocazione: "Au-
174
dite, Poverelle", che soltanto ricordo, poiché 1'abbiano già considerato
insieme.
Si tratta di un mirabile inno di lode, che raccoglie non solamente l'u-
niverso, ma tutta la vita del cristiano e in particolar modo della "contem-
plativa" e ne fa una piena rivelazione della gloria di Dio nel tempio. Il
corpo consacrato diventa questo tempio vivo (cf. 1 Cor 6,19) dello Spirito,
consumato nell'unità, poiché "chi si unisce al Signore f o m a con lui un
solo spirito" (1 Cor 6,17). E' in tal senso che possiamo interpretare, irv
sieme al Celano, la visione di Francesco che viene accolto festosamente
in cielo: "In realtà sembrava a lui e a tutta quella folla che Cristo e
Francesco fossero una sola persona". Questa affermazione non può essere
giudicata temeraria da chi sa intendere bene, perché "chi aderisce a Dio
diventa un solo spirito" (1 Cor 6,17) con Lui e lo stesso Dio "sarà tutto
i n t U t t Ì
" (cf- 1 ^ 12
' 6 : 15,28)"(30). Sigillato nell'unità, egli aveva
e sperimentato il creato come lode di gloria divina; per questo non cessa
di risuonare la sua voce, che tutti ci intona nel suo Cantico di lode.
E' cosi che il Serafico Padre scopre e canta la verità delle Creature
nella sublime bellezza e santità rivelata in loro dal munifico Creatore,
come lode di gloria del Figlio suo Gesù Cristo.
Ciò che egli canta non è più l'apparenza che incatena e rende tristi
le creature, assoggettandole alla corrosione del tempo, bensì la verità
dell'amore che in esse ha celato Iddio, donandole munificamente alla vita.
In mezzo a questo creato, amato e riconosciuto ccme creatura di Dio
nella sua dignità di immagine, appare il Signore della gloria, mentre nel
cuore di Francesco s'innalza l'inno di lode e di riconoscenza. Egli non
vuole per sé le creature, ma le restituisce tutte a Dio come sua lode di
gloria. Egli diventa tutto un grazie, un grande inno di riconoscenza in
questo universo ripieno della gloria di Dio. Il mistero delle cose diventa
rivelazione dello splendido volto di Cristo e nelle persone, capaci di co-
noscerlo e di amarlo, egli edifica positivamente la Chiesa, mediante la ri-
conciliazione, il raccoglimento nell'unità della carità, attraverso il crx^
giuolo purificatore della croce che tutto ricollega a Dio, permettendo
l'ultimo passaggio che introduce nella festa del Regno, nella Pasqua radio-
sa del giorno del Signore.
Si compie così in Francesco quella "ricapitolazione in Cristo di tutte
le cose" (Ef 1,10), che gli permette di edificarle insieme nell'unità del
suo Corpo che è la Chiesa, rivelatole nel fulgore della sua gloria.
75
4. Le L o d i d i D i o A l t i s s i m o e il C a n t i c o d e i C a n t i c i d e i re-
denti come Eucaristia perenne.
Qui alla Verna S . Francesco viene sorpreso dalla rivelazione del Signo-
re nel suo corpo mortale e si ritrova in Cristo, immagine a Lui conforme,
ossia "somiglianza" secondo lo spirito. E' il secondo Adamo che in lui
prende forma e intona il canto definitivo della lode divina, non più come
morente, ma come "trasferito" in Cristo nel suo regno di luce infinita, in
virtù della compiacenza del Padre celeste, che lo "trasferisce nel regno
del suo Figlio diletto" (Col 1,13).
Il passaggio in Cristo è uria celebrazione pasquale che coinvolge piena-
mente il suo corpo e quindi realizza la pienezza della Chiesa come corpo di
Cristo, "compiendo nel suo corpo ciò che manca alla passione di Cristo per
il suo corpo che è la Chiesa" (cf. Col 1,24). Vive quindi intensissimamente
il mistero sponsale della Chiesa che entra nella festa del Regno di Dio. Il
passaggio conosce il più profondo dolore e il più intenso amore di cui è
capace il cuore della creatura, che, non avendo più "nulla di proprio sotto
il cielo" (31), ma soltanto "l'altissima povertà" di Cristo, entra in pos-
sesso di quel suo unico bene, di quella "porzione che vi (lo) conduce alla
terra dei viventi (cf. Sai 141,6)"(32), ossia entra nel cielo, nel Regno
dei cieli, permettendo ai cieli di aprirsi sulla terra e di rivelare in es-
sa il mistero della Chiesa (cf. Gv 1,51), tanto più che viene introdotto in
Cristo dal Serafino ardente, per la potente mediazione di S . Michele Arcan-
gelo, in cui onore stava celebrando la quaresima. Il motivo è teologicamen-
te palese, perché solo gli Angeli hanno la percezione perfetta dello Spiri-
to, essendo puri Spiriti. Essi soli possono quindi introdurre Francesco
nella conformazione piena della somiglianza secondo lo spirito della gloria
di Gesù Cristo. La conformazione piena di cui egli stesso parla, come di li-
na "speciale cognizione della sorrma sapienza" (33), diventa la sua nuova
forma di vita in Cristo. Egli realizza quindi, per grazia di una singolare
compiacenza del Padre, la perfetta conformazione al figlio suo secondo lo
Spirito, divenendo a sua volta capace di "effondere" lo Spirito nella sua
Chiesa, come scmmo glorificatore del Padre nel Figlio suo Gesù Cristo.
Leggiamo con devozione la preghiera di lode che egli compose, non sola-
mente per glorificare il Signore, ringraziandolo di quell'ultimo dono, ma
anche per "edificare" la Chiesa, per "restaurare", immettendo in lui quello
Spirito vivificante, di cui era stato riempito in Cristo, il suo fratello
Leone.
3 3 ) Am 5 , 6 : FF 154.
176
Le Lodi di Dio Altissimo (34) rappresentano quindi uno dei vertici del-
la lode di Dio, come trasferimento di tutta la persona, con tutti i suoi
sentimenti, ma anche con il suo corpo sia personale che "cosmico", nell'u-
nità dell'immagine originale e perfetta del Figlio, nel quale Francesco or-
mai si trova definitivamente sigillato dal mistero della croce. Francesco
non ha più nulla di proprio.
E' il canto del ritrovamento di Colui che è tutto desiderabile, che è
per Francesco il cielo, il Regno dei cieli, la piena beatitudine. I 32 "Tu"
segnano il ritmo del ritorno per rigenerarsi nella pura fonte sorgiva del-
l'amore della Trinità, ricondotto nel Figlio alla "semplice unità" (35).
come pura lode di gloria.
Questa intonazione di compiacenza divina diventa Benedizione per Frate
Leone, ossia "rivelazione" per lui del "volto" di Dio, nella mediazione del
suo corpo divenuto ormai "sacramento" di Cristo crocifisso e quindi sigillo
espressivo, ma anche impressivo dell'ultima verità dell'amore" (36). Tutta
la sua vita diventa cosi glorificazione dell'Altissimo e dono vivificante
per tutta la Chiesa: un'Eucaristia.
Vi è un altro canto solenne, di pieno trasferimento in Dio e quindi di
somma glorificazione, che raccoglie tutto l'universo nella piena compiacen-
za del Padre ccme sua pura lode di gloria: il cap. 23 della Regola non bol-
lata che è ccme un grande Canoné liturgico, che intona una Eucaristia co-
smica, che non ha l'eguale nella teologia cattolica (37).
Leggiamo insieme il testo, che ripropongo nella sua struttura di lode
perfetta: un'intonazione che si compiace dell'opera di Dio, esprimendo la
gioia che Dio sia Dio e ci abbia creati a immagine di Cristo, ponendoci in
paradiso; un inno all'opera della redenzione: "E ti rendiamo grazie, perché
ccme tu ci hai creati per mezzo del tuo Figlio, così per il vero e santo
tuo amore, col quale ci hai amato" (cf. Gv 17,26) hai fatto nascere lo
stesso vero Dio e vero ucmo dalla gloriosa sempre Vergine beatissima santa
Maria, e per la croce, il sangue e la morte di Lui ci hai voluti liberare
e redimere". Un canto di speranza: "E ti rendiamo grazie perché lo stesso
tuo Figlio ritornerà nella gloria...".
C'è un passaggio mirabile, che trasferisce la nostra lode inana nella
sfera stessa della Trinità: "E poiché tutti noi miseri e peccatori non sia-
mo degni di nominarti, supplici preghiamo che il Signore nostro Gesù Cristo
Figlio tuo diletto, nel quale ti sei compiaciuto (Mt 17,5), insieme con lo
177
Spirito Santo Paraclito ti renda grazie, cosi come a te piace, per ogni co-
sa, Lui che ti basta sempre in tutto e per il quale a noi hai fatto cose
tanto grandi. Alleluia".
E qui si apre la grande liturgia eucaristica della Chiesa, che tutta
viene raccolta e rigenerata in quella mirabile congiunzione tra cielo e
terra che si realizza mediante la croce pasquale di Cristo.
L'accordo avviene nei cieli, con l'invocazione della Vergine Maria e
di tutti i cori degli Angeli e le schiere dei Santi "che furono, sono e sa-
ranno, affinché rendano grazie a Te, sommo e vero Dio, eterno e vivo con il
Figlio tuo carissimo, Signore nostro Gesù Cristo e con lo Spirito Santo Pa-
raclito nei secoli dei secoli. Anen. Alleluia".
E intona il grande inno della Chiesa cattolica nella sua pienezza, che
abbraccia tutti i tempi, tutte le persone e tutti gli spazi dell'universo
per farne un'unica offerta di lode e un unico rendimento di grazie.
"E tutti coloro che vogliono servire al Signore Iddio nella santa Chie-
sa cattolica e apostolica: tutti gli ordini ecclesiastici: i sacerdoti, i
diaconi, suddiaconi,i accoliti, esorcisti, lettori, ostiari, e tutti i chie-
rici, tutti i religiosi, le religiose, tutti i fanciulli, i poveri e i mi-
seri, e i re e i principi, i lavoratori, i contadini, i servi e i padroni,
tutte le vergini, le vedove e le maritate, i laici, gli uomini, le donne,
tutti i bambini, gli adolescenti, i giovani, i vecchi, i sani, gli ammala-
ti, tutti i piccoli e i grandi, e tutti i popoli, le genti, le razze, le
lingue (Ap 7,9), tutte le nazioni e tutti gli uomini della terra, che sono
e che saranno, noi tutti frati minori, servi inutili (cf. Le 17,10), umil-
mente preghiamo e supplichiamo di perseverare nella vera fede e nella peni-
tenza, poiché diversamente nessuno' può essere salvo".
Il trasferimento in Dio in una sinfonia del desiderio avviene in un
crescendo vertiginoso nel vigore corale della totalità dell'amore. L'espe-
rienza del Serafino che rende ardenti e infiamma, diventa una spirale che
eleva e trasferisce nel cielo della santità di Dio, nel Santo dei Santi
delle contemplazioni dei Serafini, nel quale Dio appare nella sua gloria
(cf. Is 6,2ss.).
San Francesco non si stanca di ripetere "tutto", "sempre", "dovunque"
e non cessa di lodare Dio che "a noi ha dato tutto il corpo, tutta l'anima,
tutta la vita, che tutti ci ha creati e redenti".
Infine concentra in Dio tutto l'affetto del cuore e la potenza dell'a-
more, nel massimo raccoglimento dell'essere, che viene rapito in Dio e, su-
perando il travaglio della "Trinità", perviene alla semplice Unità del Pa-
dre, del Figlio e dello Spirito Santo.
Il compito dei frati minori è quello di intonare il grande inno della
vita, il canto della riconoscenza, accordandosi nella liturgia solenne del-
178
la Chiesa che fa di tutta l'umanità e di tutto l'universo un'unica perenne
lode di gloria.
"E ovunque, noi tutti, in ogni luogo, in ogni ora, in ogni tempo, ogni
giorno, senza cessare crediamo veramente e umilmente e teniamo nel cuore e
amiamo, onoriamo, adoriamo, serviamo, lodiamo e benediciamo, glorifichiamo
ed esaltiamo, magnifichiamo e ringraziamo l'altissimo e senno eterno Dio,
Trino ed Uno, Padre e Figlio e Spirito Santo, Creatore di tutte le cose,
Salvatore di chi opera e crede in Lui, di chi ama Lui: il quale, senza ini-
zio e senza fine, immutabile, invisibile, inenarrabile, ineffabile, incom-
prensibile e ininvestigabile, benedetto, degno di lode, glorioso, sopra-
esaltato, sublime, eccelso, soave, amabile, dilettevole e tutto sempre e
sopra tutte le cose è desiderabile dei secoli dei secoli".
Non rimane che la dossologia finale, che raccoglie tutta la voce nella
triplice lode dell'Unico Dio in Tre Persone, compiendo tutta la Chiesa nel
cielo della gloria: "Gloria al Padre, e al Figlio e allo Spirito Santo. Co-
me era in principio e ora e sempre e nei secoli dei secoli. Amen" (38).
In questo vertice divino di contemplazione adorante, la creatura morta-
le anticipa la realtà definitiva della beatitudine del Regno di Dio, rea-
lizzando la sua vocazione originale "nell'attesa della beata speranza e
della manifestazione della gloria del nostro grande Dio e salvatore Gesù
Cristo, il quale ha dato se stesso per noi, per riscattarci da ogni iniqui-
tà e formarsi un popolo puro che gli appartenga, zelante nelle opere buone"
(Tt 2,13-14). Quando il cuore è puro e la lode perfetta, si compie il mi-
stero del Regno, nel quale la creatura viene continuamente rigenerata nella
radiosa bellezza della santità di Dio, rigenerando in sé l'universo intero
nella serena pace dell'amore.
Anche il Serafico Padre non trova forma migliore per esprimersi, di
quella delle beatitudini: "Puri di cuore sono coloro che dispr*zzano le
cose terrene e cercano le celesti e non cessano "hai di adorare e di vedere
il Signore Dio vivo e vero con cuore ed animo puro" (cf. Mt 5,8)"(39). Per
179
questo ne fa l'invito pressante a tutto il creato: "E poiché patì tanto
per noi e ci gratificò di tanti doni e continuerà a gratificarcene per il
futuro, ogni creatura che è in cielo e in terra e nel mare e nella profon-
dità degli abissi, renda a Dio lode, gloria e onore e benedizione (Ap 5 ,
13), poiché egli è la nostra virtù e la nostra forza. Egli che solo è buono
(Le 18,19), che solo è altissimo, che solo è onnipotente e ammirabile, glo-
rioso e santo, degno di lode e benedetto per gli infiniti secoli dei seco-
li. Anen" (40).
Il Serafico Padre ci lascia il mandato della lode di Dio: "Questa o
simile esortazione e lode tutti i miei frati, quando vogliono, possono ri-
volgere a ciascun uomo con la benedizione di Dio: "Temete e onorate, lodate
e benedite, ringraziate (1 Tm 5,18) e adorate il Signore Dio onnipotente
nella Trinità e nell'Unità, Padre e Figlio e Spirito Santo, creatore di
tutte le cose" (41).
Così i frati minori, da veri figli della grazia di Dio, compiono nella
glorificazione di Dio la preghiera del Serafico Padre: "Onnipotente, eter-
no, giusto e misericordioso Iddio, concedi a noi miseri di fare, per tua
grazia, ciò che sappiamo che tu vuoi, e di volere sempre ciò che ti piace,
affinché interiormente purificati, interiormente illuminati e accesi dal
fuoco dello Spirito Santo, possiamo seguire le orme del Figlio tuo, il Si-
gnor nostro Gesù Cristo, e a te, o Altissimo, giungere con l'aiuto della
tua sola grazia. Tu che vivi e regni glorioso nella Trinità perfetta e nel-
la semplice Unità, Dio onnipotente per tutti i secoli dei secoli. Amen."
(42)
ria: la t e r r a del cielo! Cercando questa terra, questa terra assai bel-
la, sono andato a bussare, pregando e piangendo, alla p o r t a del cielo...
( c f . Ap 4 , 1 ) . Una voce m i h a d e t t o , da d i e t r o a questa porta:1 Vattene,
vattene, perché io mi sono nascosto nei poveri'. Cercando questa terra,
questa terra assai bella, insieme coi p o v e r i , abbiamo trovato la porta
del c i e l o " , c i t . da B . F O R T E , T r i n i t à c o m e s t o r i a , EP 1985, 214.
4 0 ) Lf 10,61-62 : FF 202.
180
Conclusione
181
La riconciliazione totale è l'ultimo anelito della Chiesa in cammino: pace
e rivelazione sono le sue note caratteristiche, mentre s'avvicina il tempo
di grazia per tutte le genti e si compie quella visione dell'Apocalisse
che contempla l'avvento dei popoli nell'unica dimora della pace e della
lode senza confini: "Cantavano un canto nuovo: 'Tu sei degno di prendere
il libro e di aprirne i sigilli, perché sei stato i/molato e hai riscattato
per Dio con il tuo sangue uomini di ogni tribù, lingua popolo e nazione
e li hai costituiti per il nostro Dio un Regno di sacerdoti e regneranno
sopra la terra' " (Ap 5,9-10).
L'apertura del cielo e l'esperienza salutare dell'Angelo, compiutasi
per S . Francesco nella conformazione mirabile al Serafino crocifisso e
quindi realizzata nella massima perfezione dell'amore, diventa un vertice
sublime di realizzazione della Chiesa nell'esperienza personale e comunita-
ria di vita. Significativo per noi rimane il fatto che tale compimento di-
vino faccia seguito all'approvazione della Regola da parte del Sommo Ponte-
fice Oiorio III, ossia dopo il 29 novembre 1223. L'esperienza delle Simmate
si compie verso la festa dell'Esaltazione della Santa Croce del 1224, du-
rante quella benedetta quaresima in onore dell'Arcangelo S . Michele che
introduce il Santo nella ultima esperienza del mistero della Chiesa, quel-
la della conformazione al Figlio di Dio crocifisso, mediante l'apertura
del cielo e la rivelazione della salvezza nel suo corpo mortale, divenuto
tutto rivelazione della pienezza di Cristo e quindi pienamente "Chiesa"
(cf.Ef 1,23).
Se con l'approvazione definitiva della Regola da parte del Papa si può
considerare la forma di vita francescana una vera fioritura d'amore nella
Chiesa e una manifestazione della multiforme grazia di Dio che in essa si
rivela ccme fulgore di gloria divina che splende sul volto di Cristo (cf
2 Cor 4,6), la piena configurazione di Francesco all'immagine del Figlio
di Dio crocifisso, passando per l'esperienza del Serafino ardente, permet-
te di contemplare in lui un compimento esemplare della dimensione contem-
plativa della Chiesa, la quale si illumina in Cristo e ne rivela la gloria
cf. 2 Cor 3,18), in virtù dello Spirito di Dio. Si compie allora in France-
sco l'opera di "restauratore" della Chiesa e diventa egli stesso Chiesa,
ossia rivelazione del Signore della gloria, divenuto per lui, in virtù di
quell'ultimo passaggio nel Serafino crocifisso, suo unico cielo e quindi
"Regno dei cieli" e dimora dell'eternità. Da quel cielo egli continua a
trasmettere il messaggio della speranza come beatitudine del Regno di Dio
che viene e il suo corpo diventa raggiante, segnato da quella grande croce
che nei primi tempi aveva tracciato con il gesso sulla sua veste di povero
e che ora l'amore rivelava dal cuore stesso del mistero della Chiesa, come
182
rigenerazione nella bellezza della santità del Figlio di Dio, divenuto suo
unico bene e suo canto definitivo.
Dopo avere corso per tutta la vita incontro al "Mi Signore", egli ne
esperimenta la presenza non più nei segni sacramentali e neppure solamente
sotto il velo dei segni, ma in tutta la dimensione del suo corpo divenuto
tutto "lode di gloria della sua grazia" (Ef 1,6.16): una rivelazione di
Cristo e una eucaristia di lode nell'inno esultante della Chiesa, veramen-
te quel vertice di sapienza che aveva intuito nella preghiera alla 'Vergi-
ne fatta Chiesa", a Santa Maria degli Angeli, divenuta coronamento di glo-
ria del suo pellegrinaggio pasquale.
E' così che il fulgore del Serafino segna l'ultima rivelazione della
Chiesa, ccme compimento della gloria divina e pieno riconoscimento del Si-
gnore della gloria, ma anche come dono definitivo della pace, da quando
Francesco ha riconsciuto con tutta l'intensità del suo amore fedele che
"Egli è la nostra pace, colui che ha fatto dei due un popolo solo, abbat-
tendo il muro di separazione che era frammezzo, cioè l'inimicizia, annul-
lando per mezzo della sua carne, la legge fatta di prescrizioni e di decre-
ti, per creare in se stesso dei due un solo ucmo nuovo, facendo la pace,
e per riconciliare tutti e due con Dio in un solo corpo, per mezzo della
croce, distruggendo in sè l'inimicizia. Egli è venuto perciò ad annunciare
pace a voi che eravate lontani e a coloro che erano vicini. Per mezzo di
Lui^ possiamo presentarci J g l i uni e gli altri, al Padre in un solo spirito.
Così dunque voi non siete più stranieri nè ospiti, ma siete concittadini
dei santi e familiari di Dio, edificati sopra il fondamento degli Apostoli
e dei Profeti, e avendo come pietra angolare lo stesso Cristo Gesù. In lui
ogni costruzione cresce ben ordinata per essere tempio santo nel Signore;
in lui anche voi insieme con gli altri venite edificati per diventare dimo-
ra di Dio per mezzo dello Spirito" (Ef.2,13-22).
183
santa Chiesa" (3) e infine rivelare in lui la sua piena compiacenza, sigil-
landolo con il suggello della fedeltà divina, rendendolo segno elevato sui
popoli e immagine divina della creatura mortale, Chiesa che si apre all'av-
vento del Regno di Dio e ne pregusta la gioia.
Per questo il Signore ci invita a procedere fiduciosi lungo il cammi-
no della speranza, finche si compiranno anche in noi tutti i misteri di
Cristo come nel suo servo Francesco (4).
Dalla fedeltà alla Chiesa "Sacramento di Cristo" (5) si giunge alla cele-
brazione del compimento divino della speranza cristiana, quando si intrave-
de ormai prossimo il cielo e si riceve dal Signore la conferma che ci vie-
ne donato come dimora perenne. Allora non è più possibile contenere il giu-
bilo del cuore e tutta la creazione diviene un unico grande tempio di rive-
lazione e di celebrazione della gloria divina. Dalla croce fiorisce questo
canto pasquale di Francesco divenuto veramente cristiano nella Chiesa che
celebra il Signore che viene. Per questo lascia nuovamente il primato a
Cristo intonandosi alla infuocata e splendida lode del Sole, che più gli
rassomiglia.
"Giudicava e diceva che il sole è il più bello di tutte le creature
e più rasscmiglia al Signore, tanto che nella Scrittura il Signore stesso
è chiamato Sole di giustizia (cf. Mal 4,2). Perciò, nel dare un titolo alle
Lodi da lui composte sulle creature di Dio, quando il Signore gli ebbe da-
to la certezza di possedere il suo regno le chiamò "Cantico di frate Sole"
(6). Potremmo chiamarlo inno alla gloria di Cristo, inno alla luce fulgen-
te della sua immagine ricomposta nella unità della divina somiglianza nel-
la Chiesa divenuta tutta sua "lode di gloria" (Ef 1,16), suo cielo di rive-
lazione.
Francesco entra così nei cieli, nel mistero del compimento divino del-
la "vergine fatta chiesa", nella verità di "Gesù Cristo luce delle genti"
(7) e percorre come una scala di luce, che lo riconduce al Padre e gli fa
pregustare la sua compiacenza, proprio perchè egli è "contento solo del
Figlio altissimo e glorioso".
L'esperienza della Verna, la mediazione definitiva dell'Arcangelo San
Michele e l'ardente amore del Serafino crocifisso gli permettono di realiz-
zare il progetto originale di Dio, di ricomporre nell'unità del primo amo-
re tutto l'universo. Così lo presenta San EBonaventura: "Francesco, uomo e-
5) Lumen Gentium, n. 1.
7) Lumen Gentium, n. 1.
184
vangelico, non si disimpegnava mai dal praticane il bene. Anzi, ccme gli
spiriti angelici sulla "scala di Giacobbe" , o saliva verso Dio o discende-
va verso il prossimo (cf.Gen.28, 12ss.)" (8). Il Dottore Serafico vede prc^
prio nell'esperienza delle stimmate l'apertura del cielo e l'esperienza
dell'Angelo che compie in Francesco il mistero della Chiesa, adombrato nel-
le parole di Gesù: "In verità, in verità vi dico: vedrete il cielo aperto
e gli Angeli di Dio salire e scendere sul Figlio dell'Uomo" (Gv 1,51). Egli
ricorda, infatti, nella sua rilevanza teologica, il particolare della qua-
resima in onore di San Michele Arcangelo: "Due anni prima che rendesse lo
Spirito a Dio, dopo molte e varie fatiche, la Provvidenza divina lo trasse
in disparte (cf. Mt 17,1) e lo condusse su un monte eccelso, chiamato monte
della Verna. Qui egli aveva iniziato, secondo il suo solito, a digiunare
la quaresima in onore di san Michele Arcangelo, quando incominciò a sentir-
si inondato da straordinaria dolcezza nella contemplazione, acceso da più
viva fiamma di desideri celesti, ricolmo di più ricche elargizioni divine"
(9). Poiché la fase di compimento dell'amore viene riservata agli Angeli,
i quali, essendo "l'immagine di Dio, specchio puro, immacolato, non conta-
minato" (10), hanno una straordinaria grande forza di irradiazione. "Agli
spiriti angelici, i quali ardono di un meraviglioso fuoco, che infiamma
le anime degli eletti e le fa penetrare in Dio, era unito da un inscindibi-
le vincolo d'amore. In loro onore digiunava per quaranta giorni continui,
a cominciare dalla Assunzione della Vergine gloriosa, dedicandosi incessan-
temente alla preghiera. Per il beato Michele Arcangelo, dato che ha il corrv-
pito di presentare le anime a Dio, nutriva particolare devozione e speciale
amore, dettato dal suo fervido zelo per la salvezza di tutti i fedeli" (11).
8) LegM 13,1:FF 1222. Questa "santa operazione" (cf. RegB 10,10 : FF 104)
185
E' significativo che il Serafico Dottore indichi la motivazione eccle-
siale come stimolo ad amare l'Arcangelo S . Michele e gli altri Angeli san-
ti. Possiamo rilevare anche noi come il Serafico Padre lo invocasse molte
volte al giorno, insieme alla Vergine Maria (12) e ne avesse fatto la sua
"forra di preghiera" e come, alla fine, la presenza dell'Arcangelo S . Mi-
chele, patrono della Chiesa e guida delle anime a Dio, sia diventato il
compimento della sua forma di vita nella Chiesa e colui che lo trasferisce
in Cristo per presentarlo al Padre.
Si compie così, nell'esperienza delle Stimmate, il mistero della Chie-
sa, il coronamento di Santa Maria degli Angeli, della "Vergine fatta Chie-
sa", in una progressione intensissima che va dalla celebrazione della paro-
la al coinvolgimento della persona, fino alla trasfigurazione del corpo,
rivelato nella sua unità di "somiglianza" divina, nella conformità al Fi-
glio di Dio, che ritorna al Padre ed effonde il suo Spirito nella Chiesa,
fino al compimento della sua immagine di luce.
Mi .piace concludere, rilevando, in questa esperienza francescana di
Chiesa, il compimento esemplare della vocazione di tutti gli eletti nel
grande inno eucaristico della Chiesa, che viene benedetta nei cieli. "Bene-
detto sia Dio, Padre del nostro Signore Gesù Cristo, che ci ha benedetti
con ogni benedizione spirituale nei cieli in Cristo. In lui ci ha scelti
prima della creazione del mondo per essere santi e immacolati al suo co-
spetto nella carità" (Ef 1,3-4). Così fu Chiara, "la nuova donna della val-
le spoletana, che aprì una novella sorgente di acqua vitale a ristoro e
beneficio delle anime, la quale, già diramatasi per vari ruscelli nel ter-
ritorio della Chiesa, rese prospero il vivaio della religione" (13). Essa
ci trasmette questa benedizione del cielo e della terra, per la mediazione
di "Gesù Cristo, della sua santissima Madre Maria, del beato Arcangelo Mi-
chele e di tutti i santi Angeli di Dio, del beato padre Francesco e di tut-
ti i santi e sante di Dio, perché lo stesso Padre celeste vi doni e vi con-
fermi questa santissima benedizione in cielo e in terra (cf. Gen 27,28):
in terra, moltiplicandovi con la sua grazia e le sue virtù, fra i suoi ser-
vi e le sue serve nella Chiesa militante; in cielo, esaltandovi e glorifi-
candovi nella Chiesa trionfante fra i suoi santi e sante" (14).
E' così che tutta la vita del cristiano e specialmente della persona
consacrata diventa una lode di gloria divina, una benedizione perenne nella
Chiesa, una consacrazione del mondo intero in vista della sola pace del-
186
l'amore. Chiara ci suggerisce questo spunto di raccoglimento cosmico, come
coronamento divino dell'opera della salvezza, nel mistero della Oiiesa ver-
gine e madre, divenuta, in ogni vergine fedele, un cielo nel quale appare
il Signore della gloria. "Si, perché è ormai chiaro che 1'animi dell'uomo
fedele, che è la più degna tra tutte le creature, è resa dalla grazia di
Dio più grande del cielo. Mentre, infatti, i cieli con tutte le altre cose
create non possono contenere il Creatore, l'anina fedele, invece, ed essa
sola, è sua dimora e soggiorno e ciò soltanto a motivo della carità, di
cui gli empi sono privi. E' la stessa Verità che lo afferra: 'Colui'che
mi ama, sarà amato dal Padre mio, e io pure l'amerò; e noi ver raro a lui
e porremo in lui la nostra dimora" (Gv 14,21-23).
A quel modo, dunque, che la gloriosa Vergine delle vergini portò Cristo
materialmente nel suo grembo, tu pure, seguendo le sue vestigia (cf. 1 Pt
2,21), specialmente dell'umiltà e povertà di lui, puoi sempre, senza alcun
dubbio, portarlo spiritualmente nel tuo corpo casto e verginale. E conter-
rai in te Colui del quale tu e tutte le creature sono contenute (cf. Sap
1,7; Col 1,17), e possederai ciò che è bene più duraturo e definitivo anche
a paragone di tutti gli altri possessi transeunti di questo mondo" (15).
Si compie così nella creatura mortale il mistero di quell'unico amore
che nell'Immacolata Concezione di Maria ha pienamente espresso il compirnen-
to divino dell'opera della salvezza in Cristo.
"Tutto ciò che esiste è riflesso dell'amore libero di Dio, e perciò
ogni creatura ne traduce, in qualche modo, lo splendore infinito. In parti-
colare l'amore è il centro e il vertice della persona urana, fatta ad inrra-
gine e somiglianza di Dio. Maria Immacolata, la più alta e perfetta delle
persone urane, riproduce in modo eminente l'inrragine di Dio ed è quindi
resa capace di amarlo con intensità incomparabile ccme Irmacolata, senza
deviazioni e rallentamenti» E' l'unica ancella del Signore (cf. Le 1,38)
che con il suo fiat libero e personale risponde all'amore di Dio; in tale
risposta è coinvolta tutta la sua libertà, la libertà di imacolata. 'Nel-
l'unione dello Spirito Santo con Maria, l'amore non congiunge soltanto que-
ste due persone, ma il primo amore è tutto amore della Santissina Trinità,
mentre il secondo, quello di Maria, è tutto amore della creazione e così
in tale unione il Cielo si unisce alla terra, tutto l'amore increato con
tutto l'amore creato...E' il vertice dell'amore...tenia Irmacolata è arche-
tipo e pienezza di ogni amore creaturale; il suo amore limpido e i n t e n s i ^
smio verso Dio racchiude nella sua perfezione quello fragile e inquinato
delle altre creature. La risposta di Maria è quella dell'intera inanità" (16).
187
Essa è la Chiesa nella sua intemerata bellezza originale e nel suo corona-
mento divino, così ccme la cantava il Serafico Padre Francesco, contemplan-
do Santa Maria degli Angeli, "la Vergine fatta Chiesa" (17). Egli non ha
augurio più bello e dono più grande da partecipare a Chiara, "impronta dei-
ma Madre di Dio" (18), alle sue sorelle consacrate nel mistero della Chie-
sa e a tutti noi, se non che possiamo vedere e gustare la gioia del compi-
mento divino della nostra vocazione cristiana, diventando pienamente "chie-
sa", per essere "regina en celo coronata / cum la Vergene Maria" (19).
18) L e g g S C h , L e t t I n t r : F F 3153.
di Santa Chiara sul suo felice transito: "Ed ecco entra una schiera di
vanza tra loro una più splendente delle altre, dalla cui corona, che
dore da mutare in luce del giorno l'oscurità della notte tra le pareti
188
Il Crocifisso di S . Damiano affida a S. Francesco
il m a n d a t o d i riparare la Chiesa.
I N D I C E
X Lezione IL R I F I O R I R E D E L L A C H I E S A N E L C U O R E DEI
FEDELI 3
1. La presenza dei religiosi nella Chiesa 3
2. Il rifiorire della Chiesa nel cuore dei fede-
li e la teologia della Chiesa 6
3. In comunione di fede e di amore con San
Francesco alla V e r n a 9
4. R a s s e g n a bibliografica 16
5. A m o r e alla Chiesa, speranza del m o n d o 23
190
XIV Lezione PRESENZA EUCARISTICA E VITA D E L L A CHIESA 106
X V
" !L M I S T E R O D E L L A V E R N A E IL C O M P I M E N T O
D E L " R E S T A U R O " D E L L A C H I E S A "NEI C I E L I " 121
x v n
" L A P O T E N Z A D E L L A C R O C E : IL C A N T I C O D E L L E
C R E A T U R E C O M E INNO EUCARISTICO C O S M I C O 159
1. S. Francesco invita a lodare il Signore 159
2. La vita cristiana c o m e glorificazione di
Dio: u n Cantico di lode 161
3. 11 Cantico delle Creature c o m e ricapitola-
zione in Cristo di tutte le cose 169
4. Le Lodi di Dio Altissimo e il Cantico dei
Cantici dei redenti c o m e Eucaristia perenne 176
CONCLUSIONE !8l
IV C O R S O DI S P I R I T U A L ITA' FRANCESCANA
La Verna, 19-29 agosto 1985
(con il patrocinio del Pont. Ateneo Antoniano di Roma)
1. I l nteestro Francesco.
2. Le F o n t i p e r a c c o s t a r e il m a g i s t e r o d i Francesco.
3. I metodi di insegnamento di Francesco.
4. Caratteristiche del magistero di Francesco.
5. La Regola, progetto francescano di vita evangelica.
6. Il m a g i s t e r o d i F r a n c e s c o nel suo Testamento.
V CONVEGNO Dl SPIRITUALITA*
La Verna, 1-5 settembre 1985
In collaborazione con la Rivista
"Testimoni nel mondo", Edizioni O.R.
S A C R A M E N T I PER IL M A L A T O E D IL MORIBONDO
Don S i l v a n o Ó i r b o n i , parroco
Ciclostilato in proprio
a cura di F r . Luciano Checcucci
Convento S. Francesco
Via A . Giacomini, 3
50132 Firenze