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Psicologia medica, lezione 01, 22/11/2021

Prof. Carraciolo Stefano

INTRODUZIONE ALLO STUDIO DEL RAPPORTO MEDICO PAZIENTE

Per Psicologia Medica si intende una disciplina che studia tutti gli apporti della Psicologia alle Scienze
Mediche su diversi livelli:
• Il livello di studio scientifico di base;
• Il livello di scienza applicata che costruisce delle tecniche.
(definizione di Pierre Bernard Schneider, 1969)
Pierre Bernard Schneider, fondatore della psicologia medica, di origine svizzera, fu autore nel 1969 di uno dei testi di
maggiore rilevanza di questa disciplina intitolato appunto “Psicologia medica”.

Differenza del significato tra scienza e tecnica


Per capire questi due diversi livelli e come la psicologia può essere utilizzata in medicina, bisogna prima
distinguere i due livelli stessi, che riguardano qualsiasi disciplina.
La scienza si propone di studiare con il metodo scientifico i fenomeni naturali osservandoli, descrivendoli e
analizzandoli da un punto di vista matematico, comprendendo l’organismo umano ed il suo funzionamento
sia negli aspetti ‘organici’ che ‘psichici’, mentre la tecnica applica i dati della scienza per costruire prodotti
che cambiano la realtà. La scienza non si propone quindi di cambiare il mondo, ma di studiarlo così com’è,
descrivendolo, analizzandolo e formulando delle leggi matematiche che ne regolino il funzionamento.
Dall’epoca del Rinascimento, grazie a questo approccio di scienza pura sono nate una serie di discipline
scientifiche: biologia, chimica, medicina ecc. Tuttavia la medicina non si limita solo all’osservazione, alla
descrizione e allo studio dei fenomeni naturali dell’organismo umano, ma coniuga gli aspetti scientifici di
studio ad aspetti tecnici finalizzati alla guarigione e all’uso di terapie.
Quindi in realtà la medicina, sotto il punto di vista della scienza, non studia il funzionamento propriamente
detto dell’organismo umano, ma della sua disfunzione anomala legata all’insorgenza di processi patologici.
La tecnica poi interviene per modificare la realtà e per produrre qualcosa in grado di cambiare la realtà
stessa, e nell’ambito della medicina, qualcosa che cambi in senso positivo la salute delle persone.
Ecco perché è importante capire che la psicologia medica si colloca a cavallo tra le scienze psicologiche, che
non si propongono di curare ma di studiare i fenomeni psichici e mentali, e le scienze mediche, che da un
lato si appropriano di elementi scientifici derivati da scienze pure come la fisica, la chimica e anche la
psicologia, per poi applicarli alla cura delle malattie.
La psicologia, in generale comprende tante discipline, la cui maggior parte non sono pertinenti al campo
medico: ad esempio la psicologia giuridica studia l’affidabilità di un testimone in un processo, oppure la
psicologia dello sport che si propone di migliorare la performance di un atleta ecc. Tutte tecniche importanti
ma che non appartengono strettamente al campo medico, ossia alla cura delle malattie. Viceversa nel campo
della medicina ha solo discipline orientate in senso più o meno specialistico alla modificazione

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dell’organismo nel senso della ricostituzione o restituzione di uno stato di salute che era stato
temporaneamente perso in un determinato paziente.

Psicologia e Psichiatria
Un equivoco si verifica spesso tra la parentela che sussiste tra la psicologia e la psichiatria, perciò per
chiarire ogni dubbio: la psicologia è lo studio dei fenomeni psichici, appartiene alle discipline scientifiche
ma non è una scienza medica, perché non si propone di curare, mentre la psichiatria invece cura
i cosiddetti ‘disturbi mentali’.
Definizione precisa del livello delle
discipline scientifiche:
• Psicologia: studio dei
fenomeni psichici, non è una
scienza medica, perchè non
si propone di curare;
• Medicina: studio dei
fenomeni di funzionamento
dell’organismo umano CON
l’intento di curare il
funzionamento patologico;
• Psichiatria: branca
specialistica della Medicina
che ha l’intento di curare i
disturbi cosiddetti mentali
(=fenomeni patologici).
All’interno della psichiatria c’è comunque un panorama più evoluto ed allargato, ossia quello delle
neuroscienze, quindi i fenomeni mentali non sono solo tali ma sono anche organici (ad esempio mentre parlo
i neuroni funzionano e permettono di articolare una frase, se invece si hanno funzioni mentali alterate si può
iniziare a delirare e dire le cose in modo anomalo e non razionale).
Quindi, il campo delle scienze mediche ha una intersezione con quello delle scienze psicologiche, ma questa
intersezione non è rappresentata dalla psicologia medica, bensì dalla psicologia clinica.
La psicologia medica rappresenta un interscambio, cioè come studiare i fenomeni psichici, es. la
comunicazione, può interessare un medico che comunica col suo paziente. Oppure lo studio delle dinamiche
di gruppi può essere utile a migliorare il funzionamento delle equipe sanitarie che lavorano in gruppo.

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Psicologia clinica
La psicologia clinica è l’unica branca della psicologia che si occupa della clinica, cioè che si fa carico della
sofferenza (dal greco clinen = piegarsi). Alcune scienze psicologiche, che raggruppiamo all’interno della
psicologia clinica, possono quindi essere raggruppate in ambito medico: soffrire è normale, ad esempio dopo
un lutto si manifesta la ‘melancolia depressiva’, ma è uno stato normale di tristezza temporanea, non è una
patologica. Questa sofferenza, ovviamente, fa capo alla psicologia clinica dal punto di vista della descrizione
del fenomeno, ma può anche interessare le scienze mediche nel momento in cui un lutto non elaborato possa
essere considerato come una depressione e quindi essere trattato farmacologicamente, biologicamente: si
usano per esempio tecniche di psicoterapia, che fanno capo alla psicologia clinica ma che possono essere
usate sia in medicina che in psicologia. Queste tecniche hanno scopo terapeutico e non propriamente di
studio scientifico e naturale (anche se appunto appartengono all’ambito psicologico).
Uno psicologo in generale non cura, non ha funzioni mediche, non si occupa di patologie, ma si può far
carico della sofferenza; se è uno psicologo clinico e usa tecniche come la psicoterapia può comunque
intervenire sulla sofferenza di una persona, ma non su una sua patologia, che appartiene invece al campo
delle discipline mediche.

Psicologia medica

La psicologia medica si colloca a ponte, non appartiene al campo della medicina o della psicologia, ma
fornisce al medico una serie di elementi psicologici, cioè contribuisce ad agevolare alcune tecniche che si
usano in medicina: prima di tutto fornisce uno strumento per agevolare quello che è il rapporto tra medico e
paziente.
Infatti la storia della medicina è la storia del rapporto medico-paziente ed il futuro della medicina è il futuro
del rapporto medico paziente.

Il Medico nell’età della Tecnica


In questa età, chiamata età della tecnica o delle tecnologie mediche, un grande filosofo e psichiatra tedesco
Karl Jasper studiò a fondo questo argomento in un suo saggio in cui affermò: “Ma sensato o folle che sia,
tutti i tipi (di medico) del passato sono ancora presenti e nuovamente attivi”.
Che cosa significa affermare che tutti i tipi di medico sono ancora presenti e attivi?
Significa che per capire la professione medica nel suo rapporto con i pazienti, quindi nei suoi aspetti
psicologici e razionali, bisogna necessariamente partire da tutte le modalità con cui la cura delle malattie si è
evoluta nel corso dei secoli.

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I tipi di Medico nella storia della professione
Se tutto questo è vero allora significa che ciascun medico può, senza rendersene conto, agire in modo tale da
far rivivere dentro di sè un medico del passato, di quelli che si incontrano nel percorso storico della storia
dell’umanità.
In ordine cronologico i vari tipi di medico del passato sono: il medico primitivo, lo stregone o lo sciamano; il
medico erudito (nell’antichità greco-romana); il medico sacerdote e il medico monaco (medici medioevali e
rinascimentali); il medico eretico; il medico scienziato (dall’800 in poi si iniziò ad usare il metodo
scientifico); il medico ciarlatano; il medico tecnico; il medico secolare (quello che si è affrancato
completamente dalla religione); il medico politico (di oggi).
Si tratta di figure mediche ben note agli storici della medicina e che possiedono caratteristiche
incredibilmente diverse nelle loro modalità di relazione con il paziente. Anche perché una relazione è fatta
da più persone, essa è almeno duale, nel caso più semplice, e pertanto per valutare che tipo di medico si è, si
dovrà anche tenere conto delle aspettative del paziente stesso: ad esempio che tipo di medico egli, un poco o
del tutto inconsapevolmente,
si aspetta? E quanto queste
aspettative, dette o non dette,
influiscano sull’agire del
medico e sui suoi
atteggiamenti? E ancora, che
paziente avrà di fronte il
medico? Sarà quello che si
aspetta? Quali suoi aspetti
solleciterà? Con quali si
confronterà in modo
umanitario, benevolmente
neutrale e con quali atri,
invece, finirà con l’essere
aggressivo, competitivo,
distruttivo?
Quindi il medico è
influenzato nei suoi atteggiamenti e nei suoi modi di gestire le sue pratiche mediche anche dalle aspettative
del paziente. Dovrà fare i conti con le aspettative e le richieste del paziente stesso: potrebbe comportarsi in
modo filantropico, neutrale, o aggressivo, competitivo o persino distruttivo.
Se si guarda lo sviluppo e la cronologia della scienza e della tecnica (immagine a lato), bisogna riconoscere
che le prime specie umane risalgono a milioni di anni fa, ma solo da ‘500mila anni’ la tecnologia comincia a
diventare un elemento importante per l’uomo, che non è ancora homo sapiens (databile intorno ai 20mila
anni). In tutte queste epoche, alcuni uomini sono stati incaricati di curare le malattie utilizzando tecniche
diverse.

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Le prime figure di medico: Medico sacerdote

Nei tempi più remoti le funzioni di cura dei processi morbosi erano un ‘miscuglio di empirismo e
magia’ (tecniche empiriche ricavate dall’uso e dall’esperienza) in cui le funzioni sacerdotali e quelle
sciamaniche esprimevano, come tuttora in alcune civiltà cosiddette primitive, la credenza in un contatto
diretto fra le malattie e la morte, che appartengono ad una divinità trascendente.
Questi miscugli si basavano sull’uso pratico di rimedi in parte magici, religiosi, naturali, ricavati come
decotti, infusi e applicazioni di varie sostanze di tipo animale e vegetale. Non si parla solo di un fenomeno
prestorico, ma oggi intere specie animali vengono distrutte per ricavare dei prodotti che vengono utilizzati
nella medicina popolare cinese (come balsami ricavati dalle tigri). Tuttora ci sono popolazioni che imputano
le malattie alle divinità trascendenti e non a processi controllabili dall’essere umano: si fanno ancora
pellegrinaggi per ottenere la grazia divina, la guarigione, il miracolo, o persino nelle chiese si possono
trovare santi traumaturgici, ma anche in qualunque santuario del buddhismo, induismo ecc si richiede alla
divinità affinchè questa interceda per la cura di malattie.
Solo pochi secoli fa tutto questo iniziò a dare spazio a tecniche diverse che non facessero così riferimento ad
un’ entità soprannaturale: Ippocrate, Acmeone, alcuni filosofi e i primi veri medici, specialmente nelle
colonie della Magna Grecia (come Sicilia e Calabria) esercitavano la loro funzione e producevano le loro
opere, in particolare Ippocrate scrisse: “ (il medico) vestirà con decoro e pulizia e si profumerà con
discrezione, perchè tutto questo fa bene ai malati (…) Sarà onesto e condurrà vita regolata, sarà grave e
umanitario nel tratto; eviterà l’eccessiva austerità, senza arrivare allo scherzo e senza tralasciare di essere
giusto, sarà sempre degno di essere se stesso”.
Nella citazione, si sta parlando di etica e di un comportamento che fa riferimento alla morale, e non a
qualcosa di direttamente religioso. Dall’opera di Ippocrate, basata sul concetto che ogni malattia non deriva
necessariamente da un influsso divino, ma è legata alla rottura di un equilibrio (della kràsis = la rottura del
corretto equilibrio degli umori corporei), deriva la fondazione della fisiopatologia e quindi delle discipline
prescientifiche ma di sicuro rivoluzionarie.

La medicina medievale in Europa occidentale


La medicina medievale in Europa occidentale si basava su:
• idee preesistenti fin dall’antichità (Ippocrate, Galeno);
• su un generale concetto filosofico per cui anima (immateriale) e corpo (materiale e mortale) sono
indissolubili;
• su una globale rinuncia al godimento nella vita sociale e del corpo in genere;
• su influenze religiose;
• sul complesso sciamanico (Levi Strauss, Jung).
Quindi gli insegnamenti antichi hanno portato a elaborare un concetto filosofico in cui psiche e soma, anima
e corpo, erano ancora indissolubili; la medicina medievale si basava perciò su assunti ippocratici. Era
un’epoca in cui chi era colpito da malattie o riportava traumi, poteva rivolgersi:
ogni malattia si manifestava come una
perturbazione di anima e corpo 5
• alla medicina delle campagne (simil-sciamanica), che usava decotti, infusi, sostanze macinate e
applicate su ferite, deglutite, spalmate sul corpo;
• ai sacerdoti;
• agli astrologi, che valutavano l’influsso degli astri;
• alle streghe, che si basavano sulla magica, cioè l’idea prescientifica basata sul concetto che la
causa e l’effetto della malattia fossero dovute ad un influsso invisibile (come il malocchio);
• ai mistici, cioè le persone che si sentivano in diretto contatto con le divinità superiori;
• al medico propriamente detto se disponibile (anche se nel Medioevo non esisteva una carica di
medico propriamente detta).

Pestilenze medioevali
In epoca medioevale erano diffuse molte pestilenze: lebbra, vaiolo (scomparso nel 1977 grazie alla
vaccinazione), peste (varie epidemie diffuse in tutta Europa con elevata mortalità), morbillo, scorbuto
(assenza vitamina C), rachitismo, parotite. Queste pestilenze non venivano interpretate su base scientifica,
infatti nel Medioevo vi era la credenza che il corpo e l’anima fossero due elementi completamente uniti e
fusi e quindi ogni malattia si manifestava come una perturbazione di corpo e anima.
Tanto che i luoghi di cura erano soprattutto luoghi religiosi:
• monasteri adibiti a infermerie, con orti di piante medicinali, erano quindi luoghi di sintesi tra la
Medicina dei poveri e quella più dotta, erede delle dottrine ippocratiche e galeniche;
• Ospedali, per lo più istituzioni religiose in cui c’era l’integrazione di servizi sanitari e culto,
erano luoghi in cui si veniva ospitati (da ‘hospes’=ospitare).
Si sviluppano tre tipi di ospedale:
• L'ospizio per i viandanti, nei pellegrinaggi;
• l’ospedale per i malati cronici lebbrosi, nonché per i poveri;
• l’ospedale all’interno di comunità religiose.

Il Medico cristiano
Da ciò si deduce che il medico medievale era un medico cristiano: è proprio il Cristianesimo che cambia la
professione medica, passa dall’atteggiamento del medico ippocratico basato sull’amore verso il prossimo
inteso come ‘philia’ nel rapporto con il paziente, ma che non è ancora l’amore per il prossimo del
cristianesimo; questo passaggio si avrà con l’introduzione del Cristianesimo stesso (diventato religione
ufficiale dell’Impero Romano sotto Costantino) e del dettato del Vangelo. Il primo vero ospedale venne
proprio fondato nel 330 dopo Cristo da Sant’Elena, madre di Costantino.
Nel medico medievale si fanno però già strada alcuni nuovi e importanti elementi:

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- la condizione egalitaria della cura, che Schneider chiama ‘l’atteggiamento universalistico
del medico’, secondo il quale il medico, tramite le tecniche che ha imparato, deve comportarsi allo
stesso modo con tutti i pazienti senza distinzioni;
- il significato terapeutico e spirituale della convivenza con il dolore, si basava sul fatto che al di là
della cura bisognasse dare anche assistenza e supporto morale ai pazienti malati gravi e incurabili;
- le cure dovessero essere gratuite per i più bisognosi.

Medico eretico
Nell’interfaccia tra Medioevo, Rinascimento ed Età Moderna si inizia a sviluppare una nuova figura di
medico: il medico eretico. Una delle figure più note fu quella di Paracelso, nato in Svizzera, che voleva
andare al di là dei medici antichi (il suo stesso nome ha questo significato), si laureò a Ferrara, era figlio di
quello che oggi sarebbe un ingegnere minerario, ed è proprio questo che lo mise in contatto con l’utilizzo di
sostanze minerarie a scopo terapeutico. Fu proprio lui che recuperando le credenze di Ippocrate, disse:
“ iatros philosophos isotehos”, ovvero “il medico che si fa filosofo è uguale ad un dio”: dietro questa
affermazione c’è un residuo del collegamento tra mondo terreno e ultraterreno di cui il medico si faceva in
qualche modo interprete. Di conseguenza allora il medico non rispecchiava ancora la figura scientifica come
la intendiamo oggi, la quale si basa unicamente sulla natura e sulla ‘res esthensa’ = qualcosa di concreto e
materiale, concetto che verrà introdotto successivamente da Bacone, Newton, Cartesio e Galileo.
Paracelso ancora è identificabile come una figura legata alla filosofia neoplatonica, e la critica della medicina
lo indirizza verso una visione astrologica del mondo, per lui il rapporto dell’uomo col cosmo spiegava le
malattie meglio dell’anatomia, tanto che era contrario alla formazione universitaria del medico e si
proponeva di istituire una nuova medicina basata sui 4 pilastri della sapienza medica per la tecnica del
medico: la filosofia, l’astronomia, l’alchimia e la virtù personale del medico.
Paracelso scrisse:

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In tutto questo cominciarono a muoversi delle tendenze che poi si sarebbero fatte strada nella medicina
moderna, chiamata oggi “medicina della decisione condivisa”.
All’epoca del medico milanese Girolamo Cardano, medico di corti, re e imperatori, la medicina si fondava
proprio sugli aspetti astrologici, uno storico disse infatti: “All’epoca di Cardano, come era avvenuto per
secoli, un italiano che si sentisse troppo debilitato per condurre la sua vita normale poteva consultare un
medico, un astrologo o un esorcista, oppure recarsi in pellegrinaggio ad un santuario noto perchè vi si
guarivano le malattie”. In effetti l’astrologia aveva ancora un ruolo, ma in fondo ce l’ha ancora oggi: in molti
giornali e riviste si cerca di integrare le conoscenze astrologiche e il moto degli astri per prevedere il destino
umano ecc.

Il Medico ciarlatano del secolo del Barocco


Già nel 500 e nel 600 c’era spazio per il cosiddetto medico ciarlatano, che esiste ancora oggi, ossia il

‘falso medico’ (colui che in realtà non ha mai studiato).


Le cronache giudiziarie sono piene di medici ciarlatani che vengono poi smascherati, ma come tuttora.
Spesso oggi, così come nell’antichità, si rimane allibiti dopo tale smascheramento perché l’operato del
ciarlatano sembrava funzionare, tutto perchè il rapporto che si era instaurato era un rapporto basato sulla
fiducia, che è l’elemento chiave del rapporto medico-paziente.

Il Medico secolare e politico dell’ottocento


Nell’800 la medicina comincia a staccarsi dagli elementi più religiosi, iniziano ad esserci scoperte ricavate
nei laboratori chimici e farmaceutici, vi è lo sviluppo dell’anatomia patologica, la fondazione dell’ospedale
moderno, che proprio dall’800 in poi inizia ad essere un luogo di cura e di ricerca, i medici si applicano
all’attività clinica, terapeutica e di ricerca.
Per esempio una delle tecniche più utilizzate dai medici antichi era il salasso, cioè la flebotomia (taglio di
una vena per far fuoriuscire del sangue), e solo dall’800, sulla base di statistiche epidemiologiche, viene
abbandonata tale tecnica, iniziando a capire cosa è davvero efficace e cosa no: è proprio da quel momento
quindi che si sviluppa il rapporto in senso più moderno, affrancato, almeno ufficialmente, da tutti gli aspetti
più spirituali, filosofici e superstizioni.
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Il grande studioso del rapporto medico paziente Lain Entralgo definì il concetto di secolarizzazione:

Esempio inerente al rapporto medico-paziente:


il medico prescrive un antibiotico sulla base delle sue conoscenze, che si fondano a loro volta su evidenze
scientifiche. Come tutti i rimedi, i farmaci (dal greco ‘farmacon’ ossia veleno) possono avere degli effetti
collaterali o addirittura tossici (in rarissimi casi). Se il medico prescrive un antibiotico che scatena nel
paziente una reazione di anafilassi o di tipo allergico, il giorno dopo il suddetto medico probabilmente
non riprescriverà lo stesso farmaco ad un’altra persona, anche se già sapeva che poteva scatenare quegli
effetti collaterali. Questo però non era sufficiente ad impedirgli di prescrivere quella medicina, mentre
quando avviene l’evento avverso allora il medico con una sua personale scelta, né superstiziosa né
scientifica, è molto restio a prescrivere di nuovo quello stesso farmaco.
Se questo è il versante del medico nel rapporto con il paziente, allora se ad un nuovo paziente, che è a
conoscenza della reazione anafilattica avuta da un altro soggetto, viene indicato lo stesso farmaco, la
persona, pur sapendo che esso è stato testato ed è in commercio, si rifiuterà di prenderlo. Diventa così più
importante la sua esperienza personale e il desiderio di non ripetere un evento raro, piuttosto che avvalersi di
quell’antibiotico e guarire. Questo non è un discorso preistorico, ma anche attuale, si pensi ad esempio al
caso dei ‘no vax’. Quindi il meccanismo nel rapporto medico-paziente è qualcosa di fondamentale a cui
tutt’oggi non si può prescindere.

Medicina moderna come filantropia


La medicina moderna è una filantropia: dopo la rivoluzione francese, il medico diventa, all’interno di una
società secolarizzata, qualcuno che esercita professionalmente anche se non è correlato ad aspetti religiosi e
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di vocazione, spesso dichiara ateismo e agnosticismo, il suo atteggiamento lo chiama piuttosto filantropia,
una versione secolarizzata dell’amore cristiano basata sul rispetto mutuo, sull’amicizia e sulla fiducia.

sebbene sia ateo, perciò mira al benessere altrui

Due grandi medici dell’epoca contemporanea


Il professore decide di concludere la lezione ricordando due grandi medici dell’epoca contemporanea:
- Albert Schweitzer, morto negli anni 60, fu medico, teologo, musicista e vincitore del Nobel per la
pace. Egli, in quanto figlio di un pastore studioso di teologia, divenne pastore protestante nell’Alsazia
e ad un certo punto decise che la società nei suoi 30 anni di vita gli avesse dato così tanto, che per
restituire qualcosa si diede alla medicina e, accompagnato dalla moglie infermiera, partirono per
l’Africa, dove nell’allora zona Congo-Belga fondarono un grande ospedale. Da quel momento in poi
dedicò tutta la sua vita come medico alla cura dei malati africani;
- Carlo Urbani, nato nel 1956, morì giovane a Bangkok nel 2003, egli vinse il premio Nobel per la
pace nel 1999 come presidente dell’associazione Medici senza frontiere. Fu il primo medico a
diagnosticare la SARS, una delle prime epidemie da coronavirus, è deceduto proprio per aver
contratto quella malattia nel 2003. Carlo Urbani scrisse:

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