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INTRODUZIONE
L’incessante evoluzione della società contemporanea così come dei costrutti teorici e delle
ricerche in ambito scientifico, congiuntamente alla nascita di nuove forme di patologia e alla
contemporaneamodificazione di quelle già esistenti, giustifica e impone un frequente
aggiornamento della manualistica esistente.
Dal momento che lo psichismo si struttura ed evolve a partire da differenti matrici, di ordine
biologico, relazionale, culturale - ovvero da dimensioni organiche, emotivo-affettive, e
micro/macrosociali -, la psichiatria, in quanto scienza che studia le alterazioni della vita
mentale, abbraccia un approccio fondamentalmente interdisciplinare, che rifiuta ogni tipo di
riduzionismo, e che si apre, inevitabilmente e irriducibilmente, a tutti quei campi di
conoscenza che studiano i plurimi fattori che influenzano e/o determinano tali fenomeni,
normali o patologici.
Gli aspetti, allora, che caratterizzano maggiormente la psichiatria, rispetto alle altre specialità
mediche, sono due:
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Piccola nota a margine a proposito della prevenzione: la prevenzione, in quanto intervento finalizzato a mortificare la possibilità di
manifestazione conclamata del disturbo psicopatologico, ha importanti ricadute a livello economico, dal momento che minimizza i costi che
la malattia psichiatrica determina non solo a livello socio-relazionale e familiare, ma anche a livello lavorativo (in termini di giorni di assenza
dal lavoro) e sanitario, comportando la cura un dispendio di risorse economiche all’interno del Sistema Sanitario.
A proposito della prevenzione è possibile distinguere: (1) una prevenzione primaria, che previene la manifestazione della malattia (per
esempio: il vaccino contro il colera); (2) una prevenzione secondaria, finalizzata a prevenire ed arrestare l’evoluzione della malattia, e quindi
il peggioramento dello stato di salute del paziente; (3) una prevenzione terziaria, ovvero la riabilitazione, intesa come momento di intervento
atto ad evitare la cronicizzazione della malattia e a consentire il recupero delle facoltà precedentemente possedute dal paziente e poi andate
perdute.
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Il riconoscimento della natura multi determinata e multifattoriale dei disturbi pischici impone
la necessità di portare avanti interventi terapeutici globali, multidimensionali e multilivello,
nel rispetto dellaintegrità bio-psico-sociale dell’uomo.
Un ultimo aspetto fondamentale: la psichiatria si cimenta costantemente con ciò che sempre
sfugge a facili categorizzazioni e conoscenze precostituite; ogni nuovo caso e ogni nuova
terapia sono ogni volta nuove sfide.
L’orientamento biologico-organicista
L’indirizzo biologico della psichiatria è quello più vicino al modello medico e, parallelamente a
questo, si è andato sviluppando, dalla fine del 1700 in poi, con gli studi di Esquirol, Chiarugi e
Pinel, seguendo un approccio positivista allo studio dell’uomo 2; il contributo di questo ultimo
per altro non si ferma all’impulso che egli diede con il suo lavoro alla fondazione della
psichiatria scientifica, ma si estende a quella rivoluzione copernicana che metteva al centro
dell’attenzione dello psichiatra e delle istituzioni manicomiali il paziente come uomo
sofferente, sottolineando la dimensione tragica della sua esistenza personale.
A partire però dai lavori della psicologia dinamica e delle scienze sociali la sofferenza psichica
dell’uomo venne collocata in uno scenario più vasto e comprensivo, meno prevedibile e
determinato dalle reazioni biochimiche cerebrali.
Oltretutto, la psichiatria biologica sembra fino a questo momento aver disatteso l’aspettativa
di comprendere a fondo e in modo univoco l’eziologia delle grandi sindromi psichiatriche,
primi fra tutti i disturbi schizofrenici e i disturbi dell’umore: nonostante la grande quantità di
dati provenienti dalla ricerca biologica (dalla neurochimica, alla genetica, dalla neurofisiologia
alla neuroendocrinologia) siamo oggi in grado di delineare solo una serie di probabili fattori
di predisposizione biologico-genetica ai disturbi del comportamento e della personalità ,
mancando una precisa evidenza di eventuali fattori causali di natura organica che possano,
univocamente e esclusivamente, essere considerati responsabili dei disturbi psichiatrici.
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Negli ultimi anni abbiamo assistito al proliferare di nuove tecnologie applicate alla medicina e
lo sviluppo in campo neuroscientifico che hanno stimolato importanti progressi nella
psichiatria biologica. Tra questi:
- l’analisi del tracciato EEG con cui è possibile ottenere una mappatura dell’attività
elettrica di specifiche aree cerebrali;
- le tecniche di neuroimaging in grado di fornire un quadro morfologico e funzionale del
cervello (TAC, RMN, PET, SPECT);
- le acquisizioni sempre più precise sull’attività neurotrasmettitoriale – con la scoperta
della co-localizzazione, cioè della frequente doppia presenza (contemporanea) di due
neurotrasmettitori nella stessa cellula neuronale – che hanno consentito una più
precisa comprensione dei sistemi complessi di comunicazione e scambio di segnali
all’interno della rete neuronale
- la neurobiologia molecolare, in grado di (1) localizzare i geni coinvolti nel
determinismo dei disturbi psichiatrici, e (2) studiare la regolazione della espressione
genica in rapporto a particolari stimoli ambientali, tra cui i farmaci, confermando il
rapporto diretto tra le strutture organiche e biologiche da una parte, e i sentimenti,
emozioni e pensieri dall’altra (la continuità tra il cerebrale e il mentale).
L’orientamento psicologico-dinamico
Quanto detto in precedenza sottolinea come la psichiatria non sia riducibile alla neurologia,
né tantomeno la psicopatologia lo è alla neuropatologia. La psichiatria deve quindi attingere
anche ad altre matrici, tra le quali quella psicologica rappresenta una delle più consolidate.
L’indirizzo psicologico in psichiatria mira, attraverso una serie di modelli e ipotesi, alla
comprensione psicologica del disagio psichico; è quindi interessato alla psicogenesi del
disturbo, alla comprensione del suo significato intrinseco e all’individuazione delle sue cause,
allo studio, cioè, dei fattori psicologici, affettivi, relazionali che possono contribuire a
strutturare, mantenere o aggravare il disturbo e la sofferenza psichica.
Questa acquisizione, che può apparire oggi ovvia, rappresentò all’inizio del secolo una grande
rivoluzione culturale.
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della Psicoanalisi è che tutto ciò che accade di importante per la vita psichica, accade per
sempre. Per tale ragione scopo ultimo del trattamento psicoanalitico diventa liberare il
paziente dai condizionamenti del passato, promuovere una loro <<abreazione>>, a patire dsl
riconoscimento che, se non adeguatamente elaborati, tenderanno sempre a ritornare
(coazione a ripetere).
- inconscio: oltre ai processi psichici coscienti e razionali, esiste una larga parte della
vita mentale che sfugge al controllo cosciente e può dare manifestazioni di sé nei
lapsus, negli atti mancati, nei sogni e nei sintomi nevrotici. I processi psichici consci e
inconsci possiedono una loro energia (dynamos in greco) e dal loro confronto-scontro
scaturisce il dinamismo psichico.
- La libido e le fasi dello sviluppo psicosessuale : Freud individua nella libido l’energia
psichica innata, biologicamente determinata, soggiacente al principio di piacere, quindi
con una precisa connotazione erotica e sessuale, che determina lo sviluppo del
carattere; questa, nello sviluppo infantile, investe progressivamente diverse zone del
corpo, da cui il bambino trarrà piacere, determinando le varie fasi dello sviluppo
psicosessuale, da cui dipende lo sviluppo psicoaffettivo, sia nei soggetti sani che in
quelli patologici: orale, anale, fallica, fallica, genitale. Così:
1) fase orale: dura all’incirca fino al 18° mese, il bambino trae il massimo piacere
dalla stimolazione della bocca, della lingua e delle labbra, indotta dal contatto con il
seno materno e dalla suzione del latte.
2) fase anale: arriva fino al 3° anno di vita, la fonte del piacere si sposta dalle funzioni
legate all’assunzione di cibo alle funzioni escretorie
3) fase fallica: dura fino al 5° anno, la gratificazione libidica si sposta nella zona
genitale; questa fase dello sviluppo è caratterizzata da intensi sentimenti di amore
nei confronti del genitore eterosessuale e di ostilità nei confronti del genitore
omosessuale: è la fase del complesso edipico.
- Modello strutturale della psiche : Freud rivede la prima ipotesi topica (il modello
strutturale viene definito “la seconda Topica”), nella quale aveva postulato l’esistenza
di Conscio, Inconscio e Preconscio, e individua nell’Io, nell’Es e nel Super-Io le tre
istanze psiche fondamentali, in relazione reciproca.
L’Io può essere considerato la sede dell’identità personale, l’istanza in rapporto con la
realtà esterna e interna, il mediatore del rapporto tra l’Es e il Super-Io. L’Io agisce
secondo il principio di realtà ed è l’utilizzatore, con la sua parte inconscia, dei
meccanismi di difesa.
L’Es è la sede delle pulsioni istintuali, libidico-aggressive, area a cavallo tra il biologico
e lo psichico e soggiacente al principio di piacere.
Il Super-Io rappresenta l’istanza normativa che si forma a partire
dall’interiorizzazione del sistema di regole e divieti genitoriali: è quindi la censura
psichica (il Grande Censore) che regolamenta il rapporto tra Es e Io.
- Meccanismi di difesa: L’Io mette in atto operazioni difensive inconsce nei confronti
dell’ansia causata dai conflitti tra istanze psichiche inconsce (Es e Super-Io) e tra loro e
le richieste della realtà esterna. E’ possibile distingue difese mature (o secondarie) e
difese immature, primitive (o primarie).
Mentre la rimozione situa pensieri, sentimenti e desideri inaccettabili dal conscio
all’inconscio, e, assieme ad altri meccanismi difensivi maturi quali la sublimazione,
l’umorismo o l’altruismo ad esempio, può non determinare necessariamente
l’insorgenza di sintomi nevrotici, altre volte, quando la forza dell’Io è minore rispetto
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alla possibilità di contenere il conflitto, entrano in gioco altre modalità difensive, che
determinano il sintomo psicopatologico. Tra queste ad esempio ricordiamo:
1) lo spostamento è il meccanismo difensivo che sta alla base delle ossessioni e delle
fobie: in queste ultime la carica affettive collegata a un oggetto, dopo la rimozione
dello stesso, viene spostata su un oggetto neutro che diventa, pertanto, ansiogeno.
Lo spostamento opera anche nel transfert analitico, dove sentimenti legati a un
persona del passato vengono spostati, impropriamente, sul terapeuta.
2) La negazione nevrotica, attraverso cui viene disconosciuta una componente
ideativa e affettiva della propria vita psichica, in quanto fonte di profonda
angoscia, è utilizzata nelle condizioni psicotiche, nei disturbi di personalità e,
talora, in condizioni di forti stress, anche da soggetti normali.
3) La proiezione è un altro meccanismo psicotico, arcaico, infantile (come dimostrato
dalla Klein). Un suo utilizzo massiccio sottende gravi sintomi psicotici come i deliri
persecutori (nei quali tutto il male è all’esterno) e i sintomi allucinatori.
4) La scissione, altro meccanismo riconoscibile nelle situazioni psicotiche e fisiologico
nella fase precoce infantile. La difesa è caratteristica del disturbo borderline di
personalità e di molte condizioni psicotiche.
5) L’introiezione, in quanto meccanismo opposto alla proiezione.
6) La regressione, meccanismo che porta ad assumere atteggiamenti e modalità
psichiche legate a fasi precedenti di sviluppo.
7) La conversione è uno dei meccanismi tipici dell’isteria, che è detta appunto
Disturbo di Conversione, e consiste nel trasferire un conflitto psichico in un
sintomo somatico, attraverso cui può esprimersi simbolicamente.
8) L’annullamento retroattivo è una modalità difensiva che ha a che fare con il
pensiero di tipo ossessivo, per cui un gesto, un’azione o rituale (compulsivo) può
eliminare gli effetti di pensieri, sentimenti o azioni precedenti; è quindi alla base
degli anancasmi3 dei pazienti affetti da disturbo ossessivo-compulsivo.
Gli studi di Freud hanno aperto la strada a una ampia serie di elaborazioni e successivi
sviluppi.
Tra i contributi recenti si segnalano, tra gli altri, quelli di Kohut e Kernberg per le innovazioni
concettuali che hanno avuto significativi riflessi nell’approccio ai disturbi psicotici e ai
disturbi di personalità narcisistici e borderline.
Tra i principali aspetti teorici dell’opera di Jung molto importante è l’ipotesi di un inconscio
collettivo, deposito sovrapersonale di immagini e motivi universali e comuni a tutti gli
uomini, gli archetipi, in quanto nuclei latenti di significato capaci, in determinate condizioni,
di organizzare e orientare l’agire e il sentire dell’uomo: Jung afferma che contenuti archetipici
sono riconoscibili nelle immagini mitologiche, nelle leggende, nei sogni dei soggetti, nei deliri
psicotici. Mentre l’archetipo può essere considerato come una elemento innato dell’inconscio
collettivo, il complesso fa invece parte di quello che Jung chiama inconscio personale. Il
complesso è l’insieme delle rappresentazioni (idee, immagini, memorie) dotate di una certa
tensione affettiva che possono determinare l’ingresso dell’archetipo nella vita psichica del
soggetto e influenzare, in senso psicopatologico, il comportamento dello stesso. La possibilità
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Anancasmo: in psichiatria è sinonimo di di ossessione e compulsione costrittiva: anancasmo vuol dire letteralmente <<costrizione>>.
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che l’Io entri in relazione positiva con i contenuti complessuali determina un arricchimento
della personalità .
L’orientamento psicosociale
L’orientamento psicosociale studia i fattori socio-ambientali che concorrono a determinare,
mantenere, peggiorare o migliorare i disturbi psichici. Attenziona, quindi, i rapporti esistenti
tra il malessere psichico e il micro/macrogruppo sociale di appartenenza. L’approccio sociale
intende, cioè, comprendere quali aspetti dell’organizzazione sociale favoriscono o meno il
corretto sviluppo della personalità umana.
I fattori socio-culturali assumono una grande importanza per la comprensione dei vari
disturbi psichici, soprattutto in questo momento storico, in cui l’elevatissima accelerazione
del cambiamento ha profondamente trasformato i precedenti assetti psicosociali, i valori di
riferimento e i modelli di identità . Questo cambiamento repentino, che ha profondamente
mutato le coordinate culturali, affettive e relazionali consolidate da decenni, ha determinato
una condizione di stress adattivo ed è stato foriero di un profondo disagio collettivo e quindi
individuale. Inoltre, è necessario valutare come le forme che il disagio psichico assume sono,
sovente, epifenomeno della cultura e della sua influenza sull’assetto psicologico e affettivo del
singolo e della collettività : il cambiamento socioculturale modifica l’espressività della
patologia psichiatrica.
Non è un caso che dai disturbi isterici della civiltà della colpa, siamo oggi passati al proliferare
dei disturbi narcisistici e borderline della civiltà dell’assenza, della vacuità e del ripiegamento
sul sé.
2. PSICOLOGIA CLINICA
La psicologia clinica è una disciplina che studia i problemi dell’adattamento e i disturbi del
comportamento a partire dagli strumenti teorici e applicativi della psicologia.
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Il contributo della psicologia clinica alla psichiatria è piuttosto ampio e va dalla dimensione
psicodiagnostica a quella psicoterapica.
Il colloquio clinico
Il colloquio clinico, detto anche intervista, è un particolare tipo di conversazione
interpersonale finalizzata a valutare lo stato mentale del paziente; rappresenta il più diretto e
importante strumento di diagnosi e il mezzo principale attraverso cui entrare in contatto con
il mondo interno del paziente e sviluppare una comprensione empatica della sua situazione
psicoaffettiva, cognitiva e relazionale (intrapsichica e interpsichica).
1) ciò che il paziente, soggettivamente, dice di sé e afferma riguardo ai suoi disagi e alle
sue problematiche;
2) ciò che lo psichiatra è in grado di osservare, obiettivamente, riguardo alla
comunicazione del paziente e alla sua modalità (aspetto formale e contenutistico della
comunicazione del paziente);
3) ciò che lo psichiatra è in grado di percepire e di sentire, empaticamente – e quindi
soggettivamente – riguardo alla persona del paziente e ai suoi disturbi.
Quanto detto implica che, durante il colloquio clinico, si attivano due differenti funzioni nello
psichiatra:
1) la funzione di osservatore
2) la funzione di partecipatore, che sottolinea la natura co-costruita, circolare e
bidirezionale dell’incontro paziente-psichiatra (così come paziente-psicoterapeuta, e
anche medico-paziente), e che offre allo specialista la possibilità di entrare in rapporto
con l’altro e di comprenderlo.
Nel colloquio, quindi, lo psichiatra partecipa attivamente al malessere psichico che il paziente
esprime con le sue modalità di comunicazione, che a sua volta possono essere espressive del
malessere stesso. Viene così a costituirsi, durante il colloquio, una particolare interazione tra
due sistemi psichici complessi (quello del paziente e quello dello specialista) in cui lo
psichiatra elabora internamente i vissuti del paziente, sviluppa cioè dentro di sé emozioni
particolari relative a quel particolare incontro con quella particolare persona. Quanto detto
sottolinea l’importanza della capacità empatica dello psichiatra, e quindi la disponibilità e la
propensione di questo a capire i sentimenti altrui, comprendere ciò che l’altro prova, ad
avvicinarsi all’altro, senza, però , scivolare verso forme di fusione/confusione con i sentimenti
del paziente che si esaurisce in una condivisione affettiva che esita in un’esperienza di
“contagio dell’esperienza psichica” antiterapeutica e iatrogena. Essere empatico corrisponde
cioè a una disponibilità umana ai problemi altrui senza però identificarsi con questi, consente
di entrare in sintonia con la dimensione intima del paziente, vibrare all’unisono e risuonare
con questo, comprendere le caratteristiche e l’intensità di ciò che questo invia.
Quanto detto sottolinea fondamentalmente che il colloquio clinico non serve solo ad acquisire
informazioni sui dati psicopatologici ma consente anche di arrivare a una comprensione
empatica che si avvicina il più possibile a ciò che sente quella determinata persona (non solo
una diagnosi in senso stretto ma anche un’analisi della domanda posta dal soggetto). Questa
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comprensione empatica è fondamentale sia per formulare una adeguata diagnosi, sia per
definire un programma terapeutico (farmacologico, psicologico, sociale o integrato) che sia il
più individualizzato possibile, e che tenga conto quindi della particolare equazione personale
di quel paziente.
Questo vuol dire costruire interventi che non siano gestiti da specialisti “supposti-sapere” da
cui attendere magicamente la soluzione definitiva dei problemi mediante un “prontuario di
ricette-regole-medicine” cui attingere per “normalizzare anomalie” ma piuttosto in grado di
attivare processi, sovente lenti, dolorosi e sempre attinenti al registro della co-costruzione, al
posto della richiesta impotente/onnipotente della delega.
Vanno quindi superati modelli centrati sulla fantasia ortopedica del “guarire” e del “curare”
ripristinando il passato (restitutio ad integrum) e potenziati modelli finalizzati al “prendersi
cura” dei singoli.
L’aspetto diagnostico e quello terapeutico del colloquio clinico sono difficilmente scindibili
(tranne in alcuni casi particolari di colloquio clinico diagnostico, ad esempio quello peritale),
nel senso che spesso il colloquio è la premessa alla costruzione di un’alleanza di lavoro
terapeutica: il colloquio, quindi, non di rado, rappresenta il primo momento terapeutico e dal
suo andamento può derivare la successiva evoluzione della terapia.
Il colloquio clinico quindi sottolinea l’importanza di due ordini di fattori: (1) il contenuto
dell’intervista e (2) il processo dell’intervista.
Il modo con cui il paziente racconta di sé e dei propri sintomi (la modalità relazionale quindi)
è altrettanto importante del contenuto; la valutazione del processo dell’intervista richiede
allora di andare oltre ai contenuti evidenti per cogliere l’ordine, la modalità con cui il paziente
presenta gli argomenti, quali aspetti enfatizza maggiormente, quali tende a scotomizzare,
come parla, come si muove, gesticola, come sta seduto (comportamento verbale, non verbale e
paraverbale).
Un problema di base del colloquio è quello di favorire la comunicazione del paziente. Un buon
numero di pazienti psichiatrici giunge al primo colloquio con una serie di timori,
preoccupazioni, riserve mentali, sentimenti di sfiducia, o ancora di vergogna, pudore. Vanno
quindi comprese le difficoltà del paziente e superate prontamente; l’analizzando deve essere
messo, fin dalle prime battute, nella condizione di potersi aprire, deve essere attivato
rapidamente un clima sereno e aperto, improntato al rispetto e alla fiducia, che alimenti
l’emersione delle problematiche in uno spazio di accettazione benevola. A tale scopo la
comunicazione del terapeuta non deve mai essere sovrabbondante rispetto a quella del
paziente, non devono essere poste troppe domande, o troppo incalzanti. Allo stesso modo la
comunicazione del terapeuta deve trovare un giusto equilibrio tra la direttività e la non
direttività : in linea generale questa deve essere non direttiva, laddove, però , in certi momenti
il paziente può essere incoraggiato o gentilmente guidato ad approfondire il tema centrale se
la sua comunicazione diventa eccessivamente digressionale.
La tolleranza del silenzio introduce un altro dei temi cruciali del colloquio clinico in
psichiatria e in psicoterapia, che è quello del tempo. Tollerare il silenzio del paziente vuol dire
rimandare a questo l’idea che chi ha di fronte (lo psichiatra, lo psicoterapeuta, lo psicologo) è
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rispettoso dei suoi tempi interiori, senza che questi vengano forzati da una certa impazienza:
questo è probabilmente uno dei primissimi fattori terapeutici del colloquio clinico e una
modalità per migliorare l’adesione del paziente al colloquio stesso e creare un clima di fiducia.
Su un piano metaforico si può immaginare l’incontro clinico come uno scambio di doni: da una
parte il paziente che racconta i suoi sintomi e le sue difficoltà , dall’altro il terapeuta che offre
qualcosa, dona il tempo, senza riserve e senza compromessi. Il terapeuta deve quindi essere,
nel tempo del colloquio, veramente lì, interamente lì, con attenzione, interesse e
partecipazione esclusiva per il paziente.
L’inizio dell’intervista può risultare particolarmente impegnativo per quei pazienti che
giungono alla consultazione molto ansiosi e preoccupati; per alcuni di loro rivolgersi allo
psichiatra sancisce definitivamente (e negativamente) il loro stato di malattia mentale e
l’incapacità di “farcela da soli”. Il primo incontro con lo psichiatra (o con lo psicoterapeuta)
può quindi già connotarsi con sentimenti di bassa autostima che di certo non favoriscono
l’apertura del colloquio. In questo caso una domanda garbata riguardo ai motivi che hanno
condotto alla visita, o qualche domanda sull’età , la situazione generale di vita e di lavoro, può
consentire al paziente di sentirsi meno teso.
In ogni caso il colloquio clinico in psichiatria richiede una certa flessibilità , evitando di porre
meccanicamente una serie precostituita di domande.
Le domande, in linea generale, vanno poste in modo neutro, senza quindi suggerire una
risposta o svelare sospetti o pregiudizi; la domanda neutra è anche una domanda aperta,
laddove invece la domanda preconcetta è prevalentemente chiusa (esempio di domanda
chiusa: “Ci sono già stati casi di depressione nella sua famiglia?”, mentre una domanda aperta
che voglia indagare lo stesso aspetto potrebbe essere: “vuole dirmi qualcosa sulla sua
famiglia”?). La domanda chiusa anticipa già la risposta che l’intervistatore ritiene più
probabile e la suggerisce al paziente, ed è indicativa di una sorta di impazienza e di fretta nel
raccogliere i dati ritenuti importanti che amputa la collaborazione del paziente e la sua
capacità di elaborazione.
Alcuni pazienti con maggiori difficoltà affettive o cognitive potranno richiedere naturalmente
una maggiore strutturazione dell’intervista e una più chiara specificazione delle domande.
Importante è anche sottolineare i sentimenti del paziente quando questi emergono, così da
consentire a questo di elaborarli meglio, e contemporaneamente al terapeuta di confermare
quanto compreso. Una tecnica similare è quella di ripetere parafrasando con parole diverse
una certa affermazione del paziente, tecnica che consente di esplorare meglio un concetto o
un’idea, piuttosto che un sentimento come avviene prima.Utili infine appaiono le tecniche di
ricapitolazione che consentono di sintetizzare pensieri e sentimenti espressi dal paziente, così
da favorire una maggiore comprensione dei contenuti del colloquio, e veicolare, al paziente,
un vivo interesse.
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3. IL SNC ED I NEUROTRASMETTITORI
L’indirizzo biologico in Psichiatria studia i fattori organici della genesi delle malattie mentali,
diversamente dall’indirizzo psicorelazionale che dà maggiore importanza invece alle cause
psicoambientali (micro e macro-sociali) delle malattie psichiche.
L’avvento dell’era psicofarmacologica ha senza dubbio dato un nuovo impulso a questo tipo di
ricerca, alimentando le ipotesi biochimiche sulla genesi della Schizofrenia, dei Disturbi
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Affettivi, delle Demenze, dei Disturbi della Condotta Alimentare, di alcuni Disturbi d’Ansia,
come il Disturbo da Attacchi di Panico (DAP), il Disturbo Ossessivo-Compulsivo (DOC).
Va, ad ogni modo, ricordato che fattori biochimici possono rappresentare sia la causa che
l’effetto di molte affezioni psichiatriche.
I neuroni, collegati tra loro a rete, rappresentano il sistema cellulare da cui dipende il
funzionamento del Sistema Nervoso Centrale (SNC).
Questa rete presenta dei punti di discontinuità che sono chiamate sinapsi, le quali sono
influenzate, alimentate o lasciate silenti dall’apprendimento, dalle esperienze e dall’ambiente.
La sinapsi (o giunzione sinaptica) (dal greco συνά πτειν (synàptein), composto da σύ ν (con)
e ἅ πτειν (toccare), vale a dire "connettere") è una struttura altamente specializzata che
consente la comunicazione delle cellule del tessuto nervoso tra loro (neuroni) o con altre
cellule (cellule muscolari, sensoriali o ghiandole endocrine). Attraverso la trasmissione
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Talamo e ipotalamo
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sinaptica, l'impulso nervoso può viaggiare da un neurone all'altro o da un neurone ad una
fibra p.es. muscolare (giunzione neuromuscolare).
Tra le sinapsi neuronali si possono distinguere:
1) sinapsi asso-dendritiche, in cui l'assone di un neurone contatta l'albero dendritico di
un altro neurone
2) sinapsi asso-assoniche, in cui due assoni sono a contatto
3) sinapsi asso-somatiche, che si stabiliscono tra l'assone di un neurone ed il corpo
cellulare (soma) di un secondo neurone (in cui risiede il nucleo)
4) Autapsi, nel caso, particolare, in cui l'assone di un neurone forma una sinapsi con il
dendrite o il soma dello stesso neurone.
Dal punto di vista funzionale, esistono due tipi di sinapsi:
1) le sinapsi elettriche
2) Le sinapsi chimiche, prevalenti nei vertebrati superiori
Una sinapsi chimica è formata da tre elementi:
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A oggi i neurotrasmettitori noti sono:
- Acetilcolina
- Dopamina
- Noradrenalina
- Serotonina
- Acido gamma-ammino-butirrico (GABA)
- Glicina
- Glutammato
- Istamma
- Encefaline
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inibitorio. Nelle sinapsi i neurotrasmettitori vengono elaborati da apposite strutture e quindi
accumulati all'interno delle vescicole presinaptiche; all'arrivo dell'impulso nervoso le
vescicole liberano il neurotrasmettitore che migra nello spazio intersinaptico per andare
quindi a fissarsi su recettori specifici posti sulla membrana postsinaptica, causando la
depolarizzazione o la iperpolarizzazione della cellula. Il neurotrasmettitore liberato nella
fessura sinaptica non ha la possibilità di accumularsi e di persistere in questa area se non per
il tempo brevissimo (dell'ordine dei millisecondi) necessario per esplicare la funzione
fisiologica; immediatamente il neurotrasmettitore viene inattivato da sistemi enzimatici
specifici (colinesterasi, monoaminossidasi ecc.) e successivamente viene riassorbito dalle
vescicole presinaptiche (processo di reuptake). I neurotrasmettitori hanno un ruolo
essenziale non solo nella conduzione degli stimoli dal centro alla periferia e viceversa, ma
anche nelle attività intellettive superiori e quelle legate all'affettività e al tono dell'umore.
I neurotrasmettitori
I sistemi noradrenergico e serotoninergico
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Questi sistemi neuronali sono ampiamente diffusi nel SNC e svolgono vari compiti. Una loro
disfunzione può determinare modificazioni nel SNC tali da provocare l’insorgenza di varie
patologie.
Gli assoni noradrenergici hanno origine nel ponte e nel bulbo (tronco encefalico: ricorda il
Locus Coeruleus).
Inoltre ricerche effettuate su soggetti che avevano effettuato un suicidio hanno dimostrato un
diminuito tasso di serotonina cerebrale.
Recenti studi hanno evidenziato l’efficacia terapeutica dei farmaci che bloccano
selettivamente la ricaptazione (reuptake) della serotonina nel DAP e nel DOC.
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in grado di contrastare l'eventuale deficit di questo neurotrasmettitore, riequilibrando, dal
punto di vista strettamente organico, i disturbi generati dalla sua eventuale carenza.
Il sistema dopaminergico
Nel SNC si trovano vari tipi di neuroni dopaminergici. Quelli di maggiore interesse sono quelli
dei:
1. sistemi nigro-striatale
2. meso-limbico
3. meso-limbico-corticale
4. tubero-infundibolare.
I neuroni del sistema nigro-striatale originano nella substantia nigra del mesencefalo e nel
nucleo caudato-putamen.
La degenerazione dei corpi cellulari di questi neuroni provoca il Morbo di Parkinson, che si
manifesta con tremori, rigidità e acinesia7. Il blocco dei recettori di questi sistemi, durante una
terapia neurolettica, provoca un quadro similparkinsoniano.
Il sistemo meso-limbico fa parte del sistema limbico che regola le emozioni e partecipa al
controllo della funzione motoria.
I neuroni del sistema tubero-infundibolare liberano dopamina (DA) nei vasi del sistema
ipofisario che inibisce la secrezione di prolattina nelle cellule lattotrope. Il blocco della
trasmissione della DA a questo livello determina l’iperprolattinemia, che talvolta si evidenzia
nel trattamento neurolettico.
L’ipotesi che la DA svolga un ruolo nella patogenesi di alcuni sintomi della Schizofrenia è
fondata sulla evidenza che i farmaci neurolettici, che antagonizzano la trasmissione
dopaminergica, attenuano il quadro sintomatologico florido di questa malattia, mentre
l’anfetamina, che potenzia la trasmissione dopaminergica, può provocare un quadro
similpsicotico in soggetti sani e può scatenare una sintomatologia florida in pazienti con
Schizofrenia latente.
Il sistema gabaergico
Il GABA (acido gamma-ammino-butirrico) è un neurotrasmettitore che ha funzione inibitoria,
i suoi recettori sono presenti nel cervello, nel midollo.
7
In campo medico, acinesia indica l’abolizione o la riduzione notevole dei movimenti. In neuropatologia, riduzione dei movimenti volontari e
automatici dovuta alla compromissione del sistema nervoso extrapiramidale, e contrapposto a quello della paralisi, espressione di lesione del
sistema piramidale.
16
La diminuzione della funzionalità delle sinapsi Gabaergiche (quindi antagonismi gabaergici)
pare sia uno dei meccanismi neurochimici patogenetici dei Disturbi d’Ansia e dei disturbi
convulsivi.
Ciò è comprovato dal fatto che le benzodiazepine (BDZ), farmaci con funzione ansiolitica,
ipnoinducente, miorilassante, sedativa ed anticonvulsionante agiscono modulando
positivamente la trasmissione GABA (ricorda, infatti, che il GABA ha funzione inibitoria).
SINTESI:
Down GABA= Disturbi d’ansia e convulsioni (ansiolitici infatti sono anche anticonvulsionanti).
17
c. valuta l’andamento e i risultati dei mezzi messi in atto per controllare, bloccare e/o
modificare l’evoluzione dei disturbi mentali
In una popolazione per distinguere i soggetti affetti da una malattia dai sani, occorre
individuare dei criteri che consentano di evitare gli errori, ovvero i falsi negativi(soggetti
malati considerati sani) ed i falsi positivi (soggetti sani considerati malati). Tali criteri sono
collegati a degli specifici concetti:
A questo proposito l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) promosse nel 1948 la
pubblicazione della sezione psichiatrica della Classificazione Internazionale delle Malattie
(ICD: International Classification of Diseases), giunta oggi alla decima revisione.
Le precedenti edizioni dei due sistemi di classificazione presentavano delle divergenze legate
alle differenti impostazioni cui si ispiravano. Infatti, laddove il DSM è un manuale psichiatrico
che si occupa esclusivamente dei disturbi mentali, l’ICD è un manuale medico che si occupadi
18
tutti i disturbi in ambito medico, tra i quali trovano, ovviamente, una loro collocazione i
disturbi mentali.
Nelle ultime edizioni, invece, l’OMS e la APA hanno cercato di rintracciare un punto di
convergenza tra i due sistemi nosografici.
IL DSM5
1. in quanto <<statistico>>, il DSM descrive i quadri clinici che hanno una prevalenza
statistica significativa, ovvero quelli maggiormente diffusi nella popolazione; parte,
cioè, dalla constatazione della frequenza con la quale un determinato disturbo si
presenta all’interno della popolazione, per poi ricavarne i criteri diagnostico-
descrittivi, ovvero le manifestazioni sintomatologiche statisticamente più frequenti dei
quadri clinici, senza però spiegarne né comprenderne l’origine e il senso intrinseco;
2. in quanto <<ateorico>> prescinde da qualsiasi modello eziopatogenetico, ma si limita a
descrivere il corteo di sintomi che qualifica un determinato quadro clinico, che, è bene
ricordarlo, è determinato dalla intensità e dalla costanza/persistenza dei sintomi.
Il grande merito del DSM è stato quello di aver creato un sistema di classificazione e un
linguaggio comuni a tutti gli psichiatri, attraverso cui, in qualsiasi parte del mondo, la diagnosi
non fosse affidata, come prima avveniva, alla soggettività del medico, ma si basasse su criteri
universali e condivisi.
Il DSM, a partire dalla terza edizione edita nel 1980, è passato da un sistema di diagnosi per
categoria o monoassiale ad un sistema pluriassiale (cinque assi), che prevedeva anche
diagnosi dimensionali, oggi superato dal DSM5.
Inizialmente era stato proposto di “snellire” il numero dei Disturbi di Personalità , passando da
10 a 5, anche se poi questa proposta è stata bocciata, in segutito a numerose crtiche da parte
di molti clinici, e non è stato eliminato nessun disturbo.
Tra le modifiche più importanti, per esempio, nel Manuale compare per la prima volta, nella
stessa categoria dei <<Disturbi correlati a Sostanze e Additivi>>, il Disturbo da Gioco
d'Azzardo (gambling), indicato come unica condizione di una nuova categoria diagnostica,
quella delle <<DipendenzeComportamentali”, laddove, invece, nelle precedenti edizioni del
DSM, era classificato come <<Disturbo del Controllo degli Impulsi>>. Questo cambiamento
riflette la crescente e consistente evidenza che alcuni comportamenti, come il gambling,
attivano il sistema di ricompensa (reward) del cervello, con effetti simili a quelli delle droghe,
e che i sintomi del disturbo da gioco d'azzardo assomigliano in una certa misura a quelli dei
disturbi da uso di sostanze.
19
Alcuni specialisti hanno richiesto l’inclusione, all’interno di questa categoria - <<Dipendenze
Comportamentali>>-, anche della <<Dipendenza da Giochi su Internet>> -, ma ancora non
esistono dati sufficienti per rendere ufficiale tale inserimento; per tale ragione, questa
diagnosi verrà inserita in appendice, con lo scopo di promuovere studi sull’argomento.
Il DSM5 non è più multi-assiale, cioè, non esistono più gli Assi, ma è organizzato in sezioni
(nello specifico, in 3 sezioni).
Fino alla scorsa edizione constava di 5 assi. Gli Assi diagnostici del DSM IV-TR erano:
20
c. Depersonalizzazione e Derealizzazione sono stati messi assieme, costituendo un
unico disturbo
8) Sintomi Somatici e Disturbi Correlati (prima Disturbi Somatoformi)
9) Disturbi Alimentari e della Nutrizione, tra i quali sono stati inseriti:
a. la <<PICA>>, ovvero la tendenza patologica a masticare e ingerire materiale non
commestibile, prima considerato un disturbo esclusivo dell’infanzia
b. la <<Ruminazione>>, non più considerata un disturbo della senescenza
10) Disturbi Sonno-Veglia
11) Disfunzioni Sessuali
12) Disforia di Genere (categoria nosografica che raccoglie i soggetti che
presentano una incongruenza tra l’identità sessuale psicologica e quella fisica)
13) Disturbo Dirompente, della Condotta e del Controllo degli Impulsi (al suo
interno prima era inserita la <<Dipendenza da Gioco d’Azzardo>>, essendo questo
considerato, fino alla scorsa edizione del DSM, un disturbo da ricondurre a una forte
impulsività )
14) Disturbi correlati a Sostanze e Additivi (la <<Dipendenza da Gioco
d’Azzardo>> è adesso inserita qui: si è cioè smorzato l’aspetto impulsivo del quadro
per sottolinearne l’aspetto additivo)
15) Disturbi Neurocognitivi, che includono:
a. Demenze
b. Insufficienze cogntive
c. Deficit organici
16) Disturbi Parafilici (perversioni)
17) Disturbi di Personalità
Oltre a questi sono poi stati individuati dei Disturbi che non costituiscono ancora una
categoria nosografica autonoma, e che non hanno cioè ancora un’autonomia diagnostica, ma
che, pertanto, richiedono future ricerche. Tra questi ricordiamo:
21
Pertanto ogni Dipartimento di Salute Mentale (D.S.M.) ha dovuto razionalizzare l’uso delle
risorse, incrementando e massimizzando la produttività e minimizzando le spese.
Quanto detto ha reso indifferibile portare avanti studi di valutazione atti a verificare l’efficacia
e l’efficienza dei Servizi di Salute Mentale, intendendo per efficienza il rapporto tra:
5. PSICOPATOLOGIA
La psicopatologia è quella disciplina che si occupa della patologia mentale e, nello specifico,
della classificazione e descrizione dei sintomi che compongono il quadro clinico di un disturbo
psichico, ma anche, più estensivamente, è quella branca che analizza le manifestazioni
psicopatologiche per coglierne il senso e il valore all’interno dell’esperienza soggettiva.
Per tale ragione la psicopatologia rappresenta, quindi, una via di accesso indispensabile alla
comprensione delle sindromi psichiatriche, perché consente, appunto, di conoscere il
significato delle singole unità sintomatologiche che, variamente combinate, vanno a costituire
il quadro clinico di uno specifico disturbo psichico.
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evidente, non vi possono essere terapia e profilassi valide se non si è prima sviluppato
adeguatamente un momento di conoscenza e di comprensione.
1) La coscienza
2) La attenzione
3) La percezione
4) La memoria
5) Il pensiero
6) La affettività
La coscienza quindi:
1) l’orientamento spazio-temporale
2) l’orientamento sul Sé somatico
3) l’orientamento sul Sé psichico
4) l’orientamento sul parametro d’oggetto (oggetti della realtà esterna)
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A proposito dell’orientamento spazio-temporale della coscienza, normalmente l’esperienza
vissuta che entra a far parte del <<Campo di Coscienza>> - inteso come l’insieme degli
elementi sottoposti, in un dato momento, al controllo cosciente - viene memorizzata come una
sequenza infinita di immagini istantanee ordinate in una serie temporale.
Ogni immagine e ogni scena viene quindi memorizzata in base a questa sequenza e può ,
successivamente, essere rievocata con una collocazione temporale più o meno precisa, in cui è
sempre presente il concetto temporale di “prima” e “dopo”, nonché quello della distanza
dell’esperienza rievocata dall’esperienza attuale.
Da questo punto di vista, il PTSD può essere inteso come un’alterazione dell’orientamento
temporo-spaziale della coscienza su base dissociativa.
Va sottolineato comunque come solo una parte di ciò che entra nel campo della coscienza
viene memorizzato e collocato temporalmente, per non saturare le capacità di
memorizzazione. Entra a far parte della coscienza per essere elaborato, quindi, solo ciò che
viene selezionato, filtrato e controllato dalla attenzione conativa.
La funzione psichica cosciente, ovvero il Campo della Coscienza, può essere alterata da tutta
una serie di fattori, tra i quali fattori di origine organica/somatica e/o non somatica:
Ma la modificazione più fisiologica della coscienza è certamente quella che si realizza ogni
notte nello stato di sonno profondo, in cui la coscienza si riduce, omeglio, si trasforma in
“coscienza di sogno”. Si possono quindi differenziare:
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3. una coscienza di sogno, che ci consente di ricordare ciò che sogniamo.
Così, anche se in modo sicuramente parziale, l’attività di coscienza permane anche quando
dormiamo e sogniamo e, d’altronde, se così non fosse non saremmo in grado di ricordare i
sogni ai quali, invece, spesso la nostra coscienza notturna partecipa in modo intenso.
25
3) ipobulia10
4) Inerzia
5) Apatia11
6) Iporeattività
7) Sonnolenza
8) Ipoprosessia12
9) Ipoestesia13
Si possono distinguere vari gradi di alterazione ipnoide: torpore 14, sopore15, precoma,
coma.
10
Ipobulia Nel linguaggio medico, diminuzione della volontà
11
Apatia Indica mancanza di motivazione e la riduzione di comportamenti finalizzati
12
ipoprosessia Diminuita capacità di stare attenti (gr. πϱοσέχειν), soprattutto per ridotta intensità degli interessi.
13
ipoestesia Diminuzione della sensibilità (soprattutto della sensibilità tattile, termica e dolorifica)
14
Torpore Stato, per lo più temporaneo, di modesto rallentamento dei processi psichici che si palesa con un ottundimento della dinamica
affettiva, con diminuzione della prontezza di movimenti e delle normali attività dell’organismo
15
Sopore Stato di ridotta vigilanza e iporeattività agli stimoli ambientali, intermedio tra la sonnolenza e l’addormentamento.
26
3) nelle psicosi puerperali16
E’ dunque la funzione da cui dipende l’ingresso degli elementi nel campo della coscienza, e
quindi che, in un dato momento, vengono messi a fuoco in maniera più netta e distinta.
- da individuo a individuo
- in relazione al grado di interesse e all’intensità dello sforzo attentivo
- in relazione alle ritmiche oscillazioni fisiologiche, ragion per cui è estremamente
difficile mantenere per un periodo molto lungo una forte acutezza attentiva.
I disturbi dell’attenzione
E’ possibile distinguere:
16
Con l’espressione psicosi puerperale si indica l’insieme di sindromi psicopatologiche che insorgono nel puerperio, inteso in senso lato
come il periodo di esperienza esistenziale successiva al parto (depressione post-partum)
27
- l’ipoprosessia è una diminuzione della capacità attentiva che si presenta spesso nelle:
1) sindromi demenziali
2) insufficienze mentali17
3) negli stati di torpore o confusione, le cui origini, come visto, possono essere varie
4) depressioni
5) una transitoria ipoprosessia può essere determinata dagli stati di sonnolenza o di
affaticamento mentale (il sonno si accompagna, oltre ad ipopressia, anche a
bradipsichismo)
- L’iperprosessia è un’accentuazione della capacità attentiva riscontrabile:
1) negli stati ansiosi
2) negli stati ossessivi
3) negli stati fobici
4) negli stati ipocondriaci
5) può fare da sfondo a disturbi di tipo deliranti nei quali l’iperprosessia è scaturita
dall’impellenza di giustificare e rafforzare i propri convincimenti abnormi
6) in soggetti con un QI medio-alto
- La Distraibilità è l’incapacità di mantenere buoni livelli di acuità attentiva su uno
stesso stimolo per un tempo adeguato; essa determina il continuo spostamento
dell’interesse da un contenuto ad un altro. Nella distraibilità l’attenzione spontanea,
nei confronti di stimoli interni o esterni, aumenta a dismisura compromettendo
l’attenzione volontaria (conativa). E’ quanto avviene:
1) nelle condizioni di eccitamento maniacale, nelle quali l’attenzione salta
continuamente da uno stimolo all’altro
2) nelle condizioni di compromissione della sfera psicointellettiva, quindi in alcune
demenze e insufficienze mentali
3) spesso durante l’infanzia
- L’Aprosessia indica la completa abolizione della capacità di attenzione e quindi
un’incapacità totale a mantenere l’attenzione, anche per brevissimi periodi. Essa è
presente:
1) nello stato ipnoide (coma)
2) nelle gravi insufficienze mentali
3) negli stadi avanzati delle demenze
4) negli stati di confusione mentale
5) in seguito a problematiche organiche, quali disturbi cardiovascolari
La cultura di un individuo, i suoi sentimenti e le sue emozioni, le sue idee nei confronti della
vita, la sua relazione col mondo, ciò che egli è e ciò con cui si identifica, sono tutti elementi
costruiti a partire dall’attività mnestica, la quale, permettendo una conservazione della nostra
17
Quale è la differenza tra le Sindromi Demenziali e le Insufficienze Mentali? Nella Insufficienza Mentale il soggetto non ha mai raggiunto un
corretto funzionamento cognitivo e intellettivo – si dice che sia un <<povero che è sempre stato povero>> -, laddove invece il demente ha
avuto un corretto sviluppo cognitivo che però , a causa della Demenza, ha subito un ingravescente deterioramento.
28
continua interazione con la realtà interna ed esterna, si configura come la base dell’evoluzione
della nostra personalità . Senza memoria saremmo infatti permanentemente nelle condizioni
di un neonato che affronta la vita per la prima volta, incapaci di organizzare e comprendere la
miriade di stimoli, sempre nuovi, che si imporrebbero alla nostra attenzione.
Il processo dell’apprendimento stabile può quindi assimilarsi al passaggio dei dati dall’area
temporanea della memoria a breve termine al serbatoio ben più consistente della memoria a
lungo termine.
La memoria può anche essere descritta a partire dalla sua scomposizione in 3 fasi:
1) Codifica: fissazione
2) Ritenzione: conservazione (ricordiamolo: un processo dinamico e non statico)
3) Recupero
L’integrità e l’integrazione dei processi che stanno alla base di queste fasi sono indispensabili
perché la funzione mnestica possa svolgersi regolarmente e compiutamente. Infatti, danni o
alterazioni che interessano una di queste fasi daranno origine a disturbi specifici della
18
Ad esempio NOTA BENE: Nella Sindrome di Korsakoff il deficit mnestico è dovuto a un deficit evidenziabile a livello della fissazione della
traccia mnestica – quindi 1° livello – da cui scaturisce il disorientamento temporo-spaziale, mentre l’Ecmnesia e il Jamais-Vu (v.
successivamente) sono da riferire a deficit nella 4° fase.
29
memoria che potranno, ad esempio, interessare maggiormente l’attività di memorizzazione-
immagazzinamento-conservazione, o quella di rievocazione, ecc.
Come nel caso dell’attenzione, la memoria risente della componente affettiva che caratterizza
una certa traccia mnestica: la coloritura affettiva piacevole di un ricordo è alla base della sua
vivida e precisa persistenza, anche a distanza di anni, così come avvenimenti legati ad
emozioni molto sgradevoli possono facilmente andare incontro ad oblio. Queste
considerazioni, furono alla base della prima elaborazione di Freud sui concetti di trauma
psichico e rimozione, attraverso i quali egli cominciava ad indagare la relazione esistente tra
la memoria, gli affetti e i meccanismi di difesa, e che avrebbero rappresentato il cuore della
teoria psicoanalitica.
- L’Ipomnesia è una riduzione delle capacità mnestiche, come abbiamo visto pressoché
fisiologiche nell’invecchiamento, ma che può presentarsi anche in numerose situazioni
di patologia organica cerebrale, ad esempio durante l’affaticamento, l’obnubilamento
(coma), la depressione.
- L’ipermnesia è l’incremento della capacità di ricordare, condizione che può
osservarsi:
1) in soggetti del tutto normali
2) a volte può però essere una caratteristica di soggetti dotati di un QI inferiore alla
norma
3) negli stati ipomaniacali o nell’eccitamento maniacale
4) negli stati crepuscolari
- L’Amnesia è la perdita delle capacità di ricordare e può essere totale o parziale,
organica o psicogena.
Le amnesia organiche sono determinate da cause organiche come:
1) turbe cerebrovascolari, specialmente a insorgenza acuta
2) processi dismetabolici
3) processi atrofici del SNC
4) processi degenerativi del SNC
5) traumi cranici
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c) amnesia retro-anterograda se l’amnesia riguarda sia il periodo precedente che
quello successivo al trauma
d) le amnesie anterograde tardive sono invece quelle che compaiono dopo che il
soggetto era stato, per un breve periodo di tempo, in grado di ricordare gli eventi
post-traumatici.
Le amnesie elettive sono caratterizzate dalla perdita di ricordi tra di loro associati da
un significato comune o che rientrano nella stessa categoria cognitiva (per esempio:
amnesia per una disciplina scientifica ben conosciuta, o per una lingua straniera).
Le amnesie lacunari sono anch’esse amnesie parziali nelle quali viene dimenticato un
definito periodo di tempo.
I disturbi qualitativi della memoria, anche definiti paramnesie, comprendono una serie di
fenomeni psicopatologici significativi, tra i quali :
31
1) nelle insufficienze mentali
2) nell’isteria
3) nell’età infantile prende il nome di menzogna fantastica
- Il Déjà-vu e Déjà-vecu (già visto e già vissuto) corrispondono alla sensazione di
avere già visto o sperimentato in precedenza un luogo, un oggetto, una persona, una
data situazione che si sta vivendo, pur sapendo di non averli mai visti o vissuti prima;
si ha quindi un atteggiamento di familiarità , riconosciuto e sottoposto a critica, perché
erroneo, da parte del soggetto. Si può riscontrare:
1) in condizioni di normalità , non raramente
2) nell’ambito di una patologia epilettica
3) nell’alcolismo
- Il Jamais-vu e Jamais-vecu (mai visto e mai vissuto) sono, in un certo senso,
fenomeni opposti ai precedenti; infatti mentre nel dèjà -vu l’esperienza nuova viene
percepita erroneamente come familiare, in questo caso un’esperienza familiare, cioè
già vissuta, viene percepita come nuova o estranea; può essere considerata una
patologia del riconoscimento, quarta fase del processo della memoria. E’ un deficit del
4° livello della memoria. La si osserva:
1) nella epilessia temporale
2) nel disturbo da attacchi di panico (DAP)
3) nei Disturbi schizofrenici
E’ inoltre la funzione che rende possibile raccogliere informazioni sullo stato e sui
cambiamenti del proprio corpo attraverso la sensibilità propriocettiva ed interocettiva.
32
La senso-percezione è la funzione che permette il continuo rapporto tra il versante
intrapsichico e quello esterno; quando uno o più canali sensoriali sono danneggiati questa
interazione è infatti impedita, compromessa o ostacolata.
1) la sensazione
2) la percezione
3) la rappresentazione
1) la sensazione è la presa di contatto primaria, non consapevole, con un dato sensoriale
elementare che non può essere scomposto in elementi più semplici. Nella sensazione
un dato sensoriale stimola i recettori sensoriali periferici, provoca cioè una
stimolazione sensoriale, e, attraverso le vie neurofisiologiche, raggiunge l’apparato
psichico.
Secondo alcuni la distinzione tra sensazione e percezione sarebbe in realtà artificiosa,
perché al processo biologico di stimolazione dei recettori sensoriali periferici
corrisponderebbe, inevitabilmente, a livello psichico, una esperienza percettiva,
ovverossia un processo di integrazione della sensazione.
2) La percezione è un processo più complesso della sensazione, guidato dall’attenzione,
che unifica e integra le sensazioni in modo tale che queste configurino un oggetto
distinto dal soggetto e dagli altri oggetti. Essa si realizza cioè attraverso un’attività
strutturante di elaborazione sintetica ed integrativa dei dati sensoriali provenienti
dalla realtà esterna e/o interna. E’ quel processo che consente il riconoscimento attivo,
e quindi l’identificazione di un dato oggetto, la discriminazione dei suoi caratteri
specifici, e di conseguenza la sua classificazione mentale in una categoria di
appartenenza.
3) La rappresentazione è il momento finale: il dato percettivo viene categorizzato per
poi essere richiamato alla coscienza attraverso la funzione mnestica, senza che lo
stimolo sia presente. Ha aspetti in comune con la memoria e il pensiero. La
rappresentazione, infatti, consiste in una riproduzione mentale delle trascorse
esperienze percettive in modo tale da ricreare le caratteristiche di un oggetto nello
spazio interno, facendolo, per così dire, rivivere nella nostra mente senza che questo
sia presente nello spazio esterno.
Per rappresentazione, quindi, si intende il rinnovarsi dell’esperienza percettiva in
assenza dello stimolo sensoriale. Come tale, la rappresentazione, occupa uno spazio
intermedio tra la percezione e la memoria, e tra la particolarità della percezione e
l’universalità della sua astrazione concettuale.
Normalmente per riprodurre un certo dato percettivo il soggetto deve intervenire in
modo attivo: il processo della rappresentazione richiede quindi una partecipazione e
una scelta; ciò non accade nelle rappresentazioni coatte del Disturbo Ossessivo-
Compulsivo (DOC), che si impongono al soggetto indipendentemente dalla sua
volontà , ma anzi in opposizione a essa.
33
Le alterazioni quantitative consistono in modificazioni in difetto o in eccesso della intensità
della percezione, ed entrambe possono essere epifenomeni di processi patologici di natura
neurogena/organica o psicogena.
1) se esiste realmente uno stimolo esterno in rapporto con l’oggetto percepito , anche se
non perfettamente coincidente;
2) se esiste uno stato di consapevolezza (critica) da parte del soggetto di stare
sperimentando un’alterazione percettiva;
3) se l’oggetto percepito possiede una adeguata idoneità sensoriale ed è quindi
descrivibile secondo parametri abituali, realistici e quindi normali (le caratteristiche
34
percettive dell’oggetto percepito sono analoghe alle caratteristiche degli oggetti
percepiti normalmente; esempio: se il paziente dice: “Sento le voci attraverso le
orecchie” allora siamo in presenza di un’allucinazione, se il paziente dice: “Sento delle
voci provenire dal mio stomaco” allora siamo di fronte a uno pseudoallucinazione, dal
momento che non mantiene un’idoneità sensoriale rispetto alle caratteristiche
consuete dello stimolo sonoro);
Questo parametro consente di discriminare le allucinazioni dalle pseudoallucinazioni.
Schematicamente, seguendo i parametri di cui sopra: (1) SI; (2) SI; (3) SI.
1) illusioni per cause emotive (ad esempio quando l’attesa ansiosa di una persona può
portare a individuarla illusoriamente in uno sconosciuto). Le illusioni quindi si
verificano in stretto rapporto con le alterazioni delle condizioni emozionali di base.
Interessante, a tal proposito, è il fenomeno di “attesa percettiva” per cui una
percezione reale, mancante però di un dettaglio atteso, può essere completata
soggettivamente. Il tono affettivo può indirizzare, cioé, in modo selettivo l’attesa
percettiva strutturando una percezione illusionale a partire da dati sensoriali reali
ma circoscritti.
2) illusioni da disattenzione, scaturite da un fisiologico calo dell’attenzione, quindi da
ipoprosessia, o dalla stanchezza;
3) pareidolie, consistono nel fenomeno per cui impressioni sensoriali incomplete e
prive di una forma definita vengono elaborate attraverso un’attività costruttivo-
fantastica che produce l’impressione di un oggetto con una precisa identità ; si
sperimenta una pareidolia quando si cerca di individuare nelle nuvole il profilo di
un volto o di un animale. Un processo analogo è alla base del test di Rorschach, test
proiettivo di personalità , in cui si chiede al soggetto di interpretare liberamente
delle macchie scure o colorate.
- L’allucinosi è una percezione di un oggetto non esistente, quindi una percezione senza
oggetto, in cui il paziente, però , a differenza di quanto avviene nell’allucinazione, è in
grado di valutare criticamente il carattere patologico dell’esperienza in essere,
riconoscendone, consapevolmente, la natura patologica, abnorme e deviante. Nella
allucinosi esiste quindi una possibilità di critica che permette di riconoscere il
contenuto dell’allucinosi come non riferibile ad alcunché di reale.
19
Psicodislèttici. Sostanze che alterano la percezione e inducono stato onirico (talvolta delirante); sono detti anche allucinogeni, o droghe
psichedeliche ("rivelatrici della psiche"). Si dividono in maggiori (LSD, mescalina, psilocibina) e minori (hashish e marijuana), in rapporto alla
potenza degli effetti.
35
Mentre nell’allucinazione sono interessati tutti i canali sensoriali, nella allucinosi sono
prevalentemente interessati quelli visivi e uditivi.
Nell’allucinosi è molto probabile che il paziente vive un’esperienza di “spettatore”,
anche se partecipe, della percezione errata, piuttosto che di attore protagonista come
avviene più spesso nelle allucinazioni.
Secondo i parametri: (1) No; (2) Si; (3) Si.
I fenomeni allucinosici sono spesso conseguenza di:
1) alterazioni di tipo organico (chiaro esempio è l’allucinosi peduncolare, che indica
una situazione dispercettiva a carattere allucinosico che si verifica in seguito a
lesione dei peduncoli cerebrali 20 ad insorgenza di solito brusca, in coincidenza delle
ore notturne);
2) l’Allucinosi alcolica indica, impropriamente, una sindrome delirante-allucinatoria
che si verifica dopo 48 ore circa di astinenza alcolica, e caratterizzata, nonostante la
sua denominazione, da vere e proprie allucinazioni, soprattutto uditive;
3) frequentemente, dell’assunzione di sostanze allucinogene come l’LSD;
4) raramente, disturbi psichiatrici, in cui generalmente prevalgono le allucinazioni.
Tuttavia, in alcuni pazienti con sintomi allucinatori di lunga data, durante la fase di
remissione di un episodio psicotico a seguito di un trattamento neurolettico, si
possono osservare condizioni di tipo allucinosico
- L’Allucinazione è una grave alterazione della funzione senso-percettiva che porta alla
percezione di un oggetto in assenza di un corrispondente stimolo percettivo; mentre
nell’illusione uno stimolo percettivo reale viene elaborato in maniera distorta,
nell’allucinazione si ha una percezione di un oggetto che non esiste nella realtà ma che
viene creduto reale: perché si possa parlare di sintomo allucinatorio, cioè, il soggetto
deve scambiare la percezione allucinatoria dei contenuti per realtà percettiva.
1) visive
2) olfattive
3) uditive
4) gustative
5) tattili
6) cenestetiche (o cinestetiche)
20
Peduncolo cerebrale Cordone di sostanza bianca, pari e simmetrico, sito nella porzione ventrale del mesencefalo; rappresenta la
connessione del cervello e cervelletto con il midollo spinale.
36
A tal proposito si definiscono:
37
In relazione ai loro contenuti e alla loro persistenza, il paziente può essere
fortemente disturbato dalle allucinazioni uditive fino a gravi stati di angoscia e
prostrazione, o al contrario, mostrare di tollerare l’esperienza dispercettiva, che a
volte tenta finanche di dissimulare.
1) l’analisi, vuol dire letteralmente “scomporre, risolvere nei suoi elementi”: indica il
processo di scomposizione di un tutto, concreto o astratto, nelle parti elementari che lo
costituiscono, e, in tal senso, si oppone alla sintesi (indica il passaggio dal tutto alla
parte);
2) la sintesi, vuol dire letteralmente “comporre, mettere insieme”: indica il processo di
composizione e combinazione di parti o elementi col fine di formare un tutto (parte dal
particolare per arrivare al generale);
3) l’astrazione: processo mentale mediante il quale una cosa viene isolata da altre con cui
si trova in rapporta, per considerarla come specifico oggetto di indagine;
4) l’induzione: procedimento logico, opposto a quello della deduzione, per cui
dall’osservazione di casi particolari si sale ad affermazioni universali (o, nella statistica,
alla formulazione delle regolarità statistiche): la i. empirica indica l’enunciazione di una
legge valida in generale a partire da una successione finita di osservazioni;
5) la deduzione: il processo logico contrapposto a quello della induzione che consente di
giunge a proposizioni particolari partendo da proposizioni generali;
6) l’astrazione: processo che consente di estrapolare da due oggetti o situazioni
caratteristiche comuni tali da determinarne l’appartenenza a una categoria (es:
categoria formale, affettiva). E’ un processo dal basso verso l’alto (bottom-up), dal
particolare al generale;
7) la generalizzazione: processo che dall’alto va verso il basso (top-down), parte dai
concetti per attribuire agli oggetti e agli eventi caratteristiche simili.
38
Quanto detto fa capire come questa funzione psichica è direttamente implicata nella
produzione della cultura, o, più semplicemente, nella soluzione dei problemi che la vita ci
presenta (problem solving).
Il pensiero è “un’attività mentale che comprende una serie svariata di attività, come ragionare,
riflettere, immaginare, fantasticare, ricordare, che permette di essere in comunicazione con il
mondo esterno, con se stessi e con gli altri, nonché di costruire ipotesi sul mondo e sul nostro
modo di pensarlo. Questo può deteriorasi come nel delirio o disorganizzarsi come nell’erompere
delle emozioni” (U. Galimberti, 1992).
Un pensiero efficace non solo risolve problemi – e quindi consente un corretto adattamento
alla realtà – ma riesce anche a porne sempre di nuovi; è quindi legato anche alla creatività ,
cioè alla capacità di riconoscere e alimentare nuove connessioni tra oggetti e tra pensieri,
promuovendo innovazioni e cambiamenti.
Le singole unità operative del pensiero, i suoi elementi costituitivi e costruttivi di base, sono le
idee che, nel processo del ragionamento, vengono organizzate attraverso legami associativi
che rispondono alle leggi della logica, per cui, cioè, le premesse rispettano le conclusioni
(pensiero convergente). E’ questa associazione logica di idee che regola scelte, decisioni e
valutazioni di ogni essere umano, anche se spesso l’attività del pensiero è influenzata anche:
Da questo punto di vista quindi la critica va intesa come la capacità di vagliare, giudicare, non
solo la qualità e gli effetti delle proprie condotte (aspetto oltremodo carente in molti disturbi
di personalità ), ma anche la coerenza del proprio ragionamento con il reale, discernere,
pertanto, il vero dal falso, il normale dal patologico.
39
Nello specifico, a proposito dei Disturbi formali del pensiero:
Nei gradi estremi il tachipsichismo può giungere sino alla fuga delle idee e quindi non
consentire più una produzione verbale a causa della sensazione di “perdere” o di non
riuscire a “trattenere” i pensieri che si avvicendano con estrema rapidità .
40
Il Blocco del Pensiero, detto anche Intoppo o Barrage, è una delle caratteristiche del
pensiero dissociato del Disturbo schizofrenico.
- La Condensazione è un’alterazione ideativa consistente nella fusione di due o più idee
o concetti diversi in un unico concetto che risulta strano o bizzarro. Assieme al Blocco e
all’Iperinclusione si riscontra nella dissociazione del pensiero.
- L’Iperinclusione è un altro dei caratteri del pensiero dissociato, e corrisponde
all’inserzione di contenuti ideativi incongrui e inappropriati al normale decorso delle
idee.
- L’Incoerenza è epifenomeno della disconnessione dei contenuti ideativi che rende il
decorso del pensiero frammentario, scarsamente consequenziale e supportato da una
trama associativa sostanzialmente abnorme. C’è quindi un collasso della trama
associativa; vi è una discordanza più o meno grave tra le premesse e le conclusioni a
cui perviene il flusso ideativo.
Può sfociare nell’insalata di parole che è il grado estremo dei processi descritti.
E’ un disturbo tipico:
1) della Schizofrenia
2) delle Sindromi Confusionali Organiche
I Disturbi del contenuto ideativo sono rappresentati dalla Idea Fobica, dalla Idea
Ossessiva, dalla Idea Prevalente e dalla Idea Delirante. Nello specifico:
1) irrazionali
2) indipendenti dalla propria volontà e controllo
3) coercitivi
4) egodistonici
5) iterativi, cioè ripetitivi
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6) afinalistici
Tali contenuti possono essere costituiti da semplici parole, motivi musicali, immagini,
frasi senza senso o blasfeme; l’idea ossessiva può avere:
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discussione, prove e dimostrazioni circa la sua infondatezza, né alle smentite
dell’esperienza; viene accettata con assoluta certezza e non viene in alcun modo
criticata.
La caratteristica precipua di questa idea è la sua incoercibilità : essa cioè non può
essere modificata, né è soggetta a critica.
- Delirio è un insieme di idee deliranti , false, non criticabili, o di convinzioni che non
sono riferibili al retroterra educativo, culturale o sociale del paziente, e che vengono
sostenute con straordinaria convinzione e certezza. Di fondamentale importanza nella
visione del mondo del soggetto delirante, dette idee risultano inaccettabili alle persone
che appartengono al suo stesso ambito culturale.
E’ un disturbo psicopatologico frequente nelle sindromi psicotiche acute e croniche ed
è indicativo di:
1) un rilevante perturbamento dello stato psichico, transitorio o duraturo;
2) una perdita della delimitazione tra la realtà interna e quella esterna
Infatti, dal punto di vista psicodinamico, il delirio coincide con la messa in atto di difese
arcaiche e patologiche come la Proiezione, mediante la quale sentimenti intollerabili o
aspetti inconsci della propria personalità , capaci di suscitare angosce profonde,
vengono inconsapevolmente attribuiti a persone, oggetti o situazioni del mondo
esterno; il paziente delirante vive quindi una sorta di tragica confusione tra la
dimensione interna e quella esteriore, sulla quale proietta angosce e fantasmi, che
vengono ad assumere per lui evidenza inattaccabile di realtà .
Quanto detto trova una chiara esemplificazione nel Delirio di Persecuzione: le quote
aggressive della realtà psichica divengono aggressori esterni, materializzati
concretamente nei personaggi e gruppi che, investiti proiettivamente delle stesse
qualità psichiche evacuate dal paziente, assumono connotazioni minacciose e temibili
da cui difendersi.
- Deliri persecutori
- Deliri di grandezza
- Deliri depressivi
- Deliri di colpa
- Deliri di gelosia
- Deliri mistico-religiosi
- Deliri acuti
- Deliri cronici
- Deliri episodici
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- Deliri ricorrenti
- Deliri residui
- Deliri primari
- Deliri secondari
4) In relazione alla stabilitàe alla connessione delle varie idee che lo costituiscono:
- Delirio sistematizzato
- Delirio non sistematizzato
- Delirio lucido
- Delirio confuso
Tra i Deliri a tematica persecutoria, tipici della Schizofreniae della Paranoia, sono compresi:
E comprendono:
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- il Delirio di potenza, in cui il soggetto nutre la convinzione di essere un personaggio
potente in grado di governare il mondo;
- il Delirio inventivo, in cui il soggetto è convinto di essere il fautore di grandi
invenzioni o scoperte geniali;
- il Delirio di riforma, in cui il paziente crede di poter rivoluzionare l’assetto socio-
politico o religioso vigente;
- il Delirio erotomanico, in cui il soggetto mostra un’incoercibile convinzione di essere
segretamente amato da una persona famosa, sebbene non esista il minimo indizio, che
lo porta finanche a diventare aggressivo nel caso in cui qualcuno ne ostacoli l’incontro;
La psicologia dinamica riconduce i Deliri di grandezza a una patologica stima di sé, sostenuta
da un’abnorme esaltazione delle componenti narcisistiche della propria personalità .
Per Freud la Megalomania nasce a spese della libido oggettuale che, sottratta l mondo esterno,
investe l’Io in una forma esasperata di narcisismo. Questi deliri possono avere carattere
compensatorio e, attraverso i meccanismi dell’onnipotenza e del diniego, gestire i sentimenti
depressivi legati a una situazione di lutto e perdita.
- il Delirio di rovina, in cui la visione del futuro è talmente pessimistica che, a volte, il
paziente preferisce salvare i propri familiari uccidendoli (vedi ad esempio i ricorrenti
omicidi-suicidi domestici che rivelano una grande quota depressiva intrafamiliare);
- il Delirio ipocondriaco, in cui il paziente crede, irragionevolmente, di avere una
malattia e si rivela del tutto incapace di accettare qualsivoglia rassicurazione medica;
- il Delirio di colpa, tipico della persona depressa, richiama un’idea di colpa, di
responsabilità , che porta spesso il soggetto in questione ad auto-accusarsi; nel Delirio
di colpa da un’ideazione prevalente si passa ad un’idea delirante per cui la persona
perde la capacità di confrontare l’idea con la realtà ; dall’idea di essere colpevole si
arriva alla certezza di esserlo;
- il Delirio di indegnità;
- il Delirio di autoaccusa, manifestazione tipica di gravi forme depressive, richiama un
contenuto ideativo delirante di colpa, in cui il soggetto si accusa di colpe insignificanti e
remote, percepite come incancellabili;
- il Delirio nichilistico o di negazione, in cui il soggetto nega l’esistenza di parti del
proprio corpo o della realtà (“il mio stomaco è diventato di pietra”, in senso letterale e
non metaforico).
I Deliri nichilistici sono il contrario dei Deliri di grandezza, in cui la persona stessa, gli
oggetti o le situazioni sono arricchiti (mentre qui vengono deprivati).
Del Delirio nichilistico fa parte la Sindorme di Cotard;
- la Sindrome di Cotard o Delirio di negazione cosmica, è una forma di delirio in cui
la negazione è spinta al suo grado estremo; la realtà è totalmente disinvestita da un
punto di vista affettivo (di Eros, di Libido). “Nulla esiste più” dichiara il paziente, viene
negata l’esistenza della realtà , del mondo.
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b) negli etilisti cronici (come conseguenza del progressivo deteriorarsi della relazione
coniugale causato dall’alcolismo)
c) in alcune sindromi psicorganiche, come la Corea di Huntington, le Demenze
In base alla stabilità e alla connessione delle varie idee che lo costituiscono, il Delirio va
distinto in:
- Delirio sistematizzato, quando risulta da una serie di idee tra di loro strettamente e
stabilmente connesse e ben articolate secondo una logica interna al delirio stesso;
- Delirio non sistematizzato, quando gli elementi costitutivi sono labili, poco ordinati;
questi deliri, frammentati e instabili, vengono anche detti “spunti deliranti”.
Dal mondo timico21deriva la spinta fondamentale alla vita, all’amore, al desiderio, all’azione.
Sotto certi punti di vista la vita affettiva è molto vicina al soma e ai suoi processi – l’influenza
delle emozioni sul corpo è una chiara dimostrazione di ciò -, per altri aspetti, invece, sembra
svincolarsi dal somatico per protendere verso il mondo del pensiero e psichico in generale,
tanto da influenzare tutte le funzioni psichiche (percezione, attenzione, memoria).
L’affettività è quindi la sfera dei sentimenti e delle emozioni, che interagisce con la sfera
cognitiva, intellettiva e somatica.
21
tìmico agg. [der. del gr. ϑυμό ς (ma v. anche -timia)] (pl. m. -ci). – In psicologia e psichiatria, che riguarda i sentimenti fondamentali, le
manifestazioni degli affetti, gli stati emotivi e psichici, gli umori dell’individuo
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Va innanzitutto sottolineata una differenza fondamentale: le emozioni sono biologiche e
universali, mentre i sentimenti sono soggettivi e particolari, culturalmente mediati e
influenzati.
Nello specifico:
I disturbi dell’affettività
L’Ansia è un disturbo centrale della sfera affettiva. Occupa un posto di rilievo in tutto il
campo della psicopatologia, in quanto sintomo pressoché ubiquitario nella psichiatria clinica,
all’interno delle turbe e delle affezioni psichiatriche.
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L’Ansia può essere definita come uno stato affettivo di apprensione e di inquietudine che
nasce dalla rappresentazione di un pericolo reale o immaginario, oggettivo o soggettivo, che
viene anticipato nei suoi effetti, i quali sono vissuti come potenzialmente minacciosi.
Il soggetto ansioso, dunque, teme anticipatamente qualcosa che non è ancora presente, ma,
bensì, ha la possibilità di accadere, almeno secondo un giudizio soggettivo.
L’Ansia va considerata quindi come uno stato affettivo innato, in rapporto all’istinto
primordiale di conservazione; in quanto tale, è un stato affettivo che, fisiologicamente,
ciascuno di noi sperimenta nel corso della vita e che, entro certi limiti, svolge una funzione
adattiva, favorendo la mobilitazione delle risorse psico-fisiche più adeguate ad affrontare una
situazione impegnativa. Diventa patologica quando influenza in modo disfunzionale
l’adattamento soggettivo, ovvero quando la sua intensità e la sua costanza/persistenza
diventano francamente abnormi.
L’Ansia è però , allo stesso tempo, sintomo fondamentale di Disturbi d’Ansia, e di molte altre
patologie psichiatriche; pertanto, essa va considerata tanto più espressiva di una patologia
psichica quanto più elevata è la sproporzione tra la reale pericolosità dello stimolo ansiogeno
e l’intensità e la durata della risposta ansiosa, fino al grado più elevato: l’Ansia anideicao
Ansia Libera, in cui il vissuto ansioso non rivela alcun rapporto con nessun evento esterno,
né con specifici contenuti mentali coscienti.
1) l’esperienza psicologica
2) l’esperienza somatica correlata
Il termine stesso deriva dal greco “anchein” e dal latino “Angere” (da cui anche Angoscia e
Angina), “stringere”, “soffocare”, “angosciare”, e riporta a un concetto di sofferenza fisica
riferita agli organi vitali, a un senso di oppressione, soffocamento, impossibilità di respirare.
1) in un’ottica dimensionale
2) in un’ottica categoriale
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Il Modello Dimensionale colloca l’Ansia in un continuum che va dall’ansia normale-
fisiologica all’ansia patologica.
- l’Ansia normale è un sentimento universale che svolge una funzione adattiva; è una
reazione preformata, che consente all’uomo di utilizzare al meglio le proprie capacità
psicofisiche
- l’Ansia patologica è un vissuto altamente disfunzionale; è sicuramente complesso
tracciare il confine tra la normalità e la patologia delle manifestazioni ansiose.
Possiamo considerare patologico tutto ciò che impedisce all’individuo di vivere in
armonia con se stesso e con il mondo esterno, di adeguarsi realisticamente alle
situazioni nuove e impreviste, di esercitare e mantenere un controllo sulle proprie
emozioni, e che è foriero di sentimenti di impotenza associati a elevati livelli di
sofferenza.
- Ansia anticipatoria
- Ansia sociale
- Ansia da prestazione
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4) Disturbo Ossessivo-Compulsivo (DOC)
5) Disturbo Post-traumatico da Stress
6) Disturbo da Stress Acuto(ora unito al PTSD in Disturbi correlati a Stress e
Trauma)
7) Disturbo Ansioso-Depressivo
8) Disturbo d’Ansia secondario a Condizione Medica Generale
9) Disturbo d’Ansia Indotto da Sostanze
10) Disturbo d’Ansia Non Altrimenti Specificato
- L’Ansia nei Disturbi di Personalità del Cluster C (Cluster Ansioso):
1) Disturbo Ossessivo-Compulsivo di Personalità, in cui l’ansia è legata alla
costante esigenza di perfezionismo e alla meticolosità
2) Disturbo Eviante di Personalità, in cui l’ansia sociale porta a un evitamento
fobico delle relazioni interpersonali, al ritiro sociale e a portare avanti una vita
routinaria
3) Disturbo Dipendente di Personalità, in cui l’ansia e l’apprensione si scatenano di
fronte all’eventualità dell’abbandono
- Affettività: Ansia
- Pensiero:
a) Tachipsichismo
c) blocco del pensiero
d) Idea fobica
e) Idea ossessiva
- Attenzione:
a) Ipoprosessia, nel DAP
b) Iperprosessia, nel GAD, nella Fobia e nel DOC
- Memoria: Deficit nel processo mnestico a livello
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a) fissazione
b) rievocazione
- Percezione:
a) Iperestesia, nella Fobia e nel DOC
b) Ipoestesia, nel DAP
c) Illusioni percettive
- Riduzione o aumento dell’appetito
- Alterazioni del ritmo sonno-veglia: lo stato di arousal psicologico e fisiologico
proprio dell’ansia disturba il sonno, impedendo l’abbassamento generale del
funzionamento psico-fisico dell’uomo, condizione indispensabile nella fase di
addormentamento.
A sua volta il sonno disturbato accentua lo stato d’ansia, al punto tale che, una volta che
l’insonnia si è determinata, non è semplice distinguere cause ed effetti, identificare cioè
il primum movens
- Area somatica:
a) Disturbi cardiovascolari
b) Disturbi gastrointestinali
c) Disturbi genito-urinari (aumento della minzione: pollachiuria)
d) Disturbi dell’apparato neuromuscolare
e) Disturbi degli organi sensitivo-sensoriale
La Depressione, come l’ansia, è allo stesso tempo sintomo e sindrome, e come l’ansia è uno
dei sintomi psichiatrici più facilmente riscontrabili. Ansia e depressione sono infatti
esperienze affettive comuni, stati d’animo propri dell’essere umano, che accompagnano e
punteggiano fasi particolari del suo percorso esistenziale:
La Depressione può essere intesa come un’alterazione del tono dell’umore in senso negativo
(abbassamento) che comporta intensi e profondi vissuti di tristezza, cui corrispondono una
riduzione dell’autostima e un bisogno di autopunizione, una riduzione dell’iniziativa e del
livello di partecipazione all’ambiente.
Come nel caso dell’Ansia, l’intensità e la durata di un vissuto depressivo segnano il limite tra la
depressione fisiologica, come stato normale e transitorio, e la depressione come sintomo, che
diventa allora di competenza psichiatrica.
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L’Ipertimia, o Umore Espansivo, è la condizione psichica opposta a quella depressiva e
consiste in un immotivato e intenso sentimento di benessere, da un’euforia molto spinta e
immotivata, un ottimismo sfrenato e irrazionale ed un incongruo aumento di autostima. A
causa dell’elevata fiducia in sé che ne deriva, il soggetto può essere indotto ad agire
acriticamente, impulsivamente, e senza opportuna valutazione delle possibili conseguenze.
La Disforia consiste in una irritabilità dell’umore che si associa a un aumento delle risposte
emotive anche per stimoli poco significativi; è cioè una tendenza a reagire esageratamente dal
punto di visto emotivo a stimoli esterni (ambientali) e interni (sensazioni somatiche,
emozioni, rappresentazioni). Descrive un quadro di eccessiva reattività emotiva.
Correla con una scarsa capacità di autocontrollo, che può tradursi in comportamenti
aggressivi, rabbiosi e improntati all’ira.
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- è uno dei sintomi primari della Schizofrenia
L’Ipocondria è uno stato affettivo (oltre che uno contenuto ideativo) legato al timore di
ammalarsi. L’ipocondriaco dubita continuamente del proprio stato di salute, amplifica
trascurabili sintomi e segni somatici, è continuamente dominato dallo spettro della malattia.
La condizione ipocondriaca può oscillare dal dubbio della malattia alla assoluta certezza della
stessa, come avviene nei deliri ipocondriaci della Depressione e della Schizofrenia.
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6. PSICODIAGNOSTICA
Insieme alla raccolta dell’anamnesi e all’esame psichico effettuato attraverso il
colloquio/intervista clinica, l’esame psicodiagnostico può rappresentare un terzo
fondamentale momento nella formulazione della diagnosi psichiatrica.
- il funzionamento cognitivo
- la vita affettiva e relazionale
- i tratti personologici
- i meccanismi difensivi maggiormente utilizzati
L’indagine psicodiagnostica comprende tre differenti tipi di reattivi mentali, in relazione agli
aspetti che si intende valutare:
1) Test neuropsicologici
2) Test d’Intelligenza o di Livello
3) Test di Personalità
Un’altra possibile classificazione dei test psicodiagnostici, più articolata e precisa, è quella che
distingue:
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a) Test di Intelligenza
b) Test Attitudinali
c) Test per lo Studio delle Singole Funzioni Psichiche
d) Test Psicofisiologici
e) Test Neurofisiologici
2) Test di Personalità:
a) Obiettivi:
- MMPI (Minnesota Multiphasic Personality Inventory)
- 16 PF di Cattel
- EPI (Eysenck Personality Inventory)
- Rating Scales(Scale di Valutazione dei Sintomi)
b) Proiettivi
- Rorschach
- Zullinger
- TAT (Thematic Apperception Test)
- Blacky Pictures
- ORT (Object Relations Technique)
- Rosenzweig
- Favole di Luisa Duss
- apprendere dall’esperienza
- risolvere problemi
- assimilare le capacità e le conoscenze possedute alle situazioni nuove
- ricordare
- ragionare
- associare correttamente le idee
- cogliere analogie e differenze
- concettualizzare
- astrarre
Nel 1939 fu introdotto la WAIS (Wechsler Adult Intelligence Scale), il test di intelligenza per
adulti più utilizzato e meglio standardizzato. Si tratta di un insieme di:
- 11 subtest, di cui:
a) 6 subtest di comprensione verbale, che prevedono una risposta orale
b) 5 subtest non verbali o di performance, che consistono in una prova manuale
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1) Attenzione
2) Memoria
3) Patrimonio culturale
4) Capacità costruttive
5) Ragionamento logico
6) Ragionamento aritmetico
7) Coordinazione visuo-spaziale
Si ricava:
Si considera:
Il test può anche fornire un indice del Deterioramento Mentale, in relazione alla distinzione
tra sub test che risentono maggiormente dell’invecchiamento e subtest che invece consentono
un rendimento sufficientemente buono, nonostante l’età avanzata (i sub test che “tengono”), e
che quindi richiedono minore elasticità mentale, basandosi sull’utilizzazione di conoscenze e
esperienze consolidate negli anni: cultura generale, definizione di vocaboli, completamento e
ricostruzione delle figure. Viene considerato:
B) I test attitudinali
Insieme ai Test di Idoneità , sono impiegati in psicologia del lavoro per:
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coordinazione senso-motoria, lo speed-test che valuta la rapidità nell’eseguire un compito
assegnato).
D) I Test psicofisiologici
Riguardano lo studio delle variazioni di alcuni parametri fisiologici durante determinati stati
psicologici. Un’interessante applicazione di queste metodiche è rappresentata dallo studio
delle modificazioni fisiologiche determinate dall’alterazione dello stato di coscienza, come
quelle che si realizzano negli esercizi di rilassamento o nelle tecniche di meditazione.
E) I Test neuropsicologici
Sono utilizzati per scopi clinici o di ricerca perevidenziare gli effetti di lesioni o disfunzioni
cerebrali.
Le più importanti e complete batterie di questo gruppo di test sono quelle di:
- Lurija-Nebraska
- Halstead-Reitan
a) le funzioni intellettive
b) le funzioni motorie
c) le funzioni sensoriali
d) le capacità espressive
E’ attualmente impiegata, oltre che nello studio neuropsicologico dei cerebrolesi, anche nella
valutazione delle funzioni cognitive dei pazienti affetti da Schizofrenia Cronica.
La batteria di Halstead-Reitan è composta da una serie di test che indagano le aree delle
funzioni:
a) tattili
b) uditive
c) visuo-motorie
d) intellettive
e) la percezione del tempo e dello spazio
Oltre a queste due ampie e complesse serie di test, esistono tecniche di valutazione
neuropsicologica più semplici e rapide, che esplorano settori più limitati delle funzioni
neuropsicologiche.
- il Wisconsin Card-Sorting Test (WCST) che valuta la capacità di ordinare una serie di
tavole differenti per colore, forma e numero secondo criteri stabiliti dall’esaminatore
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- le Matrici Progressive di Raven (o PM 38), che si basano sulle analogie spaziali, e
attraverso le quali il soggetto deve completare una serie di figure astratte, fornite con
un ordine di difficoltà progressivamente crescente; le Matrici Progressive
rappresentano anche un test non-verbale di intelligenza
I Test di Personalità
A) Test di Personalità Obiettivi
I Test di Personalità Obiettivi consistono in questionari che esplorano i tratti di personalità
normali e patologici.
1) Ipocondria
2) Depressione
3) Isteria
4) Deviazione psicopatica
5) Mascolinità -Femminilità
6) Paranoia
7) Psicastenia
8) Schizofrenia
9) Mania
10)Introversione
Il test comprende inoltre altre 3 scale di validità dalle quali si evidenzia l’atteggiamento verso
il test (sincero, falso, difensivo, tendente a minimizzare o ad esagerare) e che quindi
consentono di meglio interpretare i risultati ottenuti alle scale cliniche.
Di recente l’MMPI è stato rivisto in alcuni suoi aspetti, sono stati eliminati alcuni item, parte
della terminologia è stata rimodernata, cercando una maggiore adesione al linguaggio
corrente, e inoltre sono stati aggiunti alcuni item nuovi relativi all’abuso di alcool e droghe,
alle condotte suicidarie e alla sfera delle relazioni interpersonali.
- Riservato-cordiale
- Fiducioso-sospettoso
- Impulsivo-controllato
- Remissivo-assertivo
- Opportunista-coscienzioso
L’Eysenck Personality Inventory (EPI) si basa, come i precedenti, sul self-report (test carta
e matita) e su domande a risposta “vero”-“falso”; evidenzia aspetti quali l’emotività ,
l’introversione, la socievolezza. La sua elaborazione si fonda sulla teoria della personalità di
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Eysenck. Il test consta di 69 item e a causa del suo limitato valore clinico-diagnostico è
prevalentemente usato a scopo di screening(indagini diagnostiche generalizzate).
Tra le numerose altre scale di valutazioni obiettive della personalità o di suoi specifici tratti,
ricordiamo alcuni Test Monofasici, così chiamati per la loro caratteristica di indagare una
specifica area psicologica:
Le Rating Scales hanno molto in comune con i Test Monofasici, infatti sono scale di
valutazione e quantificazione dei sintomi psichiatrici; valutano quindi la sintomatologia
clinica, ma possono indagare anche l’adattamento sociale e familiare. Il loro impiego, piuttosto
ampio e diffuso, è giustificato dall’esigenza in ambito clinico, terapeutico, epidemiologico e di
ricerca, di disporre di metodi precisi per misurare:
- Ansia
- Depressione
- Sintomi positivi e negativi della Schizofrenia
- Fobia
- Disturbo Ossessivo-Compulsivo (DOC)
- Funzionamento sociale
- Patologia psichiatrica dell’anziano
- Valutazione globale della psicopatologia
- Miglioramento clinico durante il trattamento
Le Rating Scales, per quanto utili ausili clinici, non possono in alcun modo sostituire,
ovviamente, il colloquio clinico. Saranno l’esperienza e la sensibilità di chi li somministra a
evitare al paziente di vivere questi strumenti come disturbanti o intrusivi.
B) I Test Proiettivi
Il principio su cui si basano i Test Proiettivi si colloca all’estremo opposto rispetto a quello
delle Rating Scales.
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- percettive
- rappresentative
- affettive
- immaginative
Lo stimolo determinato dal reattivo va quindi a sollecitare non le solo le funzioni cognitive ma
anche una elaborazione più profonda che consente di evidenziare, attraverso le risposte
fornite, alcuni aspetti legati ai processi inconsci.
Il termine proiettivo sta proprio a indicare quella modalità per cui il soggetto, nell’organizzare
lo stimolo percettivo e nell’identificarlo compiutamente, utilizza dei criteri personali e
soggetti che risentono della sua struttura di personalità e delle variabili cognitive e affettive: il
soggetto cioè proietta sul materiale psicodiagnostico contenuti propri. In questo tipo di
reattivi non esiste quindi una risposta esatta, ma le risposte prodotte vanno ad evidenziare
componenti e tendenze profonde della vita mentale e possono consentire l’individuazione di
particolari aree conflittuali.
Il Test di Rorschach fu ideato dallo psichiatra svizzero Hermann Rorschach nel 1920 e
consiste in 10 tavole che raffigurano ciascuna una macchia simmetrica grigio-nera o grigio-
rossa o multicolore.
Il soggetto in esame deve riferire all’esaminatore, per ogni tavola, che cosa immagina possa
essere la macchia raffigurata, la quale, ricordiamo, rivela una configurazione formale non
definita. L’insieme delle riposte viene poi sottoposto a una “inchiesta” circa i fattori che hanno
determinato maggiormente la risposta, quindi se la riposta è stata scaturita, per esempio,
dalla forma, o dal colore, o dal chiaroscuro, dal movimento. A partire da queste risposte è
possibile ricavare lo psicogramma, ovvero l’insieme delle siglature che riassumono:
Il Test di Zullinger o Zeta Test si basa sugli stessi principi del Test di Rorschach, di cui
rappresenta una sorta di forma abbreviata, essendo costituito da 3 sole tavole.
Il TAT fu elaborato da H.A.Murray e consiste in una serie di 31 tavole raffiguranti (tranne una
che è bianca) scene a forte coloritura emotiva ma dai possibili molteplici significati; anche in
questo caso, quindi, l’interpretazione da parte del soggetto o la storia che egli è in grado di
costruire a partire dalla scena (o di inventare del tutto, nel caso della tavola bianca),
risentendo dell’ambiguità e della indefinitezza dello stimolo proposto, consentirà l’emersione
di problematiche personali o conflitti relazionali, attraverso un gioco di identificazioni,
fantasie e desideri. Abitualmente viene impiegato un numero limitato di tavole, selezionate in
base alle aree psicologiche che l’esaminatore intende indagare.
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1) si individua il personaggio centrale della scena (l’”eroe”) e di questo si notano le
aspirazioni, i bisogni, le tensioni, i condizionamenti ambientali
2) si individuano gli altri personaggi della scena, i quali sono anche in grado di
determinare processi identificativi e proiettivi di parti inconsce della personalità
dell’esaminando
- la dimensione interpersonale
- il ruolo delle figure significative
Il CAT esplora le fantasie dei bambini dai 3 ai 10 anni con lo stesso metodo del TAT,
presentando cioè scena sulle quali costruire racconti; al posto delle figure umane, per favorire
l’attività fantastica dei bambini, le tavole presentano degli animali.
Il Blacky Pictures propone delle vignette che presentano scene riguardanti il cagnolino
Blacky; anche in questo caso il soggetto esaminato dovrà inventare un racconto per ogni
vignetta. Il test ha una chiara connotazione psicodinamica, perché richiama le situazioni
conflittuali dei vari stadi dello sviluppo psicosessuale (aggressività orale, situazione edipica,
antagonismo tra fratelli, ecc.).
Consiste nel proporre l’inizio di una fiaba che il bambino dovrò poi sviluppare e completare.
61
PARTE II: LA CLINICA
Il DSM-IV-TR inseriva in questa categoria tutti i disturbi che presentano come elemento
psicopatologico preminente, un deficit delle funzioni cognitive:
- coscienza
- memoria
- intelligenza
Tali patologie sono sostenute da un’alterazione organica che può determinare un quadro
clinico segnato da:
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Epidemiologia
E’ probabilmente la patologia psichiatrica più frequente in ambito ospedaliero, specie nei
reparti di terapia intensiva e tra i pazienti con lesioni cerebrali.
Eziologia
Tra le possibili cause:
- malattie infettive
- squilibri endocrini
- squilibri metabolici
- malattie cardiologiche
- malattia epatiche
- malattie renali
- encefalopatia ipertensiva22
- traumi cranici
- forme secondarie a sovradosaggio di sostanze psicoattive (Deficit Cognitivo Secondario
ad Abuso di Sostanze)
Clinica
Nella Sindrome Confusionale o Delirium:
22
L'encefalopatia ipertensiva è una patologia che si manifesta in pazienti colpiti dall'ipertensione; segni e sintomi caratteristici sono
cefalea, stato di confusione per l’appunto, vomito e convulsioni, che a volte portano al coma.
63
- il ritmo sonno-veglia è alterato e generalmente la sintomatologia si aggrava nelle ore
notturne
- può coesistere un aggravamento delle condizioni fisiche generali, quindi:
a) ipertermia23
b) modificazioni dell’equilibrio idro-salino (rapporto tra liquidi e sali nell’organismo
umano)
c) complicanze a carico dell’apparato respiratorio
d) complicanze a carico dell’apparato urinario
Diagnosi
Nel caso di Sindrome Confusionale o Delirium, va riconosciuto nel più breve tempo possibile il
fattore organico che rappresenta l’eziologia (causa) del disturbo.
Terapia
Occorre innanzitutto trattare la causa organica responsabile della patologia.
SINDROMI AMNESTICHE
Il quadro clinico è dominato da turbe della funzione mnesica, risultato di specifiche alterazioni
di natura organica.
- amnesia anterograda, se il deficit mnesico riguarda gli eventi insorti dopo il disturbo
- amnesia retrograda, se il deficit mnesico riguarda gli eventi accaduti prima del
disturbo
- amnesia retroanterograda, se il deficit mnesico riguarda gli eventi avvenuti sia prima
che dopo il disturbo
23
L'ipertermia è un forte aumento della temperatura corporea, conosciuta anche come colpo di calore. È una condizione del corpo che può
verificarsi per causa di particolari condizioni climatiche tipiche dell'estate, ovvero alta temperatura dell'aria, alta umidità e prolungata
esposizione al sole. È diversa dalla febbre, perché la febbre è una risposta dell'organismo a uno stato di infezione e insorge a prescindere
dalla temperatura esterna; l'ipertermia invece insorge senza questo comando, indotta solo dalla temperatura esterna. La febbre quindi, a
differenza dell’Ipertermia, è un rialzo termico dovuto a cause endogene.
64
Eziologia
Turbe della memoria sono causate da alterazioni che interessano:
Diagnosi differenziale
Va posto con (1) la Demenza e (2) la Sindrome Confusionale, in cui il deficit mnesico non è
isolato, ma si associa a disturbi di altre funzioni cognitive. Per la terapia occorre individuare la
causa della Sindrome Amnesica e trattarla.
8. DEMENZE
Definizione
Secondo L’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità ) la Demenza è una malattia
caratterizzata dalla progressiva e ingravescentecompromissione globale (acquisita) delle
funzioni corticali superiori.
Clinicamente si evidenziano:
Senescenza e Demenza
24
Encefalite virale infezione virale che causa l’infiammazione delle cellule del cervello.
65
Resta aperto il problema della distinzione tra i disturbi da fisiologico invecchiamento
cerebrale e le demenze in senso stretto.
Infatti, le alterazioni senili della sfera cognitiva assumono un vasto e articolato spettro di
presentazione ed evoluzione, che va dai deficit mnesici e di apprendimento correlati al
fisiologico invecchiamento, fino al grave e globale declino cognitivo che caratterizza le forme
di Demenza.
Secondo alcuni Autori, infatti, tra Senescenza e Demenza esisterebbero, dal punto di vista
clinico, solo differenze di tipo quantitativo: il fisiologico invecchiamento sarebbe, cioè, una
forma di Demenza a decorso lentissimo.
Epidemiologia
L’aumento della vita media nei Paesi occidentali ha determinato un aumento della prevalenza
della patologia demenziale.
Nosografia
Numerose patologie somatiche generano quadri clinici di demenza che, in tali casi, è quindi
epifenomeno delle patologie in questione; altre volte la Demenza, invece, rappresenta la
sindrome più importante.
- Demenze primitive
- Demenze secondarie, le quali possono derivare da:
a) patologie vascolari
b) patologie infettive e infiammatorie del SNC
c) patologie neoplastiche
d) alterazioni metaboliche
e) alterazioni ormonali (neuroendocrini)
f) alterazioni tossiche
66
DEMENZA DEGENERATIVA PRIMARIA TIPO ALZHEIMER AD
ESORDIO PRECOCE (MALATTIA DI ALZHEIMER-AD) O AD
ESORDIO SENILE (DEMENZA SENILE TIPO ALZHEIMER-SDAT)
La malattia di Alzheimer prende il nome dall’Autore che all’inizio del secolo individuò e
descrisse questa patologia in una donna di 52 anni, affetta da grave deterioramento delle
funzioni cognitive.
E’ una demenza atrofica, porta cioè ad atrofia cerebrale (quindi alla degenerazione/morte
delle cellule cerebrali e alla conseguente riduzione del volume del parenchima cerebrale).
Eziologia
Non è ancora del tutto chiara.
- genetica
- virale
- immunitaria
- tossica
Anatomia Patologica
La malattia di Alzheimer è caratterizzata sul piano istopatologico25dalla presenza di placche
senili26 e dalla degenerazione neurofibrillare27. Tali alterazioni sono presenti in tutta la
corteccia e segnatamente:
Biochimica
Le alterazioni a carico del sistema colinergico sono il correlato biologico più consistente
della malattia.
25
istopatologìa s. f. [comp. di isto- e patologia]. – Parte dell’anatomia patologica che studia le alterazioni strutturali dei tessuti con i metodi
proprî dell’istologia.
26
placca senile Reperto autoptico tipico della demenza degenerativa di tipo Alzheimer, consistente in aggregati di resti assonali (quindi
materiale neuronale degenerato).
27
Degenerazione neurofibrillare risulta dall’aggregazione intraneuronale di filamenti proteici
67
Infatti, in sede corticale e sottocorticale (soprattutto nella zona ippocampale) si evidenzia una
diminuzione della colinoacetiltransferasi (CAT), enzima marker dei neuroni colinergici
(ovvero, è l’enzima necessario per sintetizzare il neurotrasmettitore acetilcolina) 28, che
consente alla Acetilcolina di essere internalizzata nelle vescicole sinaptiche.
La conferma del coinvolgimento del sistema colinergico nella malattia, è data dalla
riproduzione sperimentale dei disturbi cognitivi (diminuzione delle facoltà cognitive)
attraverso la somministrazione di farmaci anticolinergici (come gli Antidepressivi Triciclici).
Metabolismo cerebrale
La PET (Tomografia a Emissione di Positroni) consente lo studio del consumo cerebrale di
ossigeno e glucosio. Nella AD e nella SDAT il consumo di glucosio è ridotto: è cioè riscontrabile
un ipometabolismo che determina una significativa compromissione delle funzioni cognitive.
Clinica
In base all’età di esordio si distingue:
28
L’Acetilcolina è sintetizzata generalmente nei neuroni dall’enzima CAT. La sua inibizione può portare a deficienza di acetilcolina, con
conseguenze rilevanti sulla funzione motoria.
68
Inoltre, nella AD/SDAT:
Diagnosi
L’anamnesi, l’osservazione clinica e le indagini strumentali orientano verso una diagnosi in
termini di probabilità o di possibilità , in quanto la diagnosi di certezza si può avere solo
con l’esame autoptico.
29
Autotopoagnosia varietà di agnosia per cui il malato perde la capacità di indicare a comando parti del proprio o dell’altrui corpo.
30
Amimia Diminuzione o scomparsa della capacità di manifestare involontariamente i propri sentimenti con l’espressione del volto.
L’affezione è tipicamente rappresentata, con altri sintomi, nel Morbo di Parkinson: il malato presenta complessivamente un aspetto tetro, con
il viso immobile, lo sguardo fisso, i lineamenti cascanti.
69
- Progressivo deterioramento della memoria e delle altre funzioni cognitive
- Assenza di alterazioni della coscienza
- Inizio dei sintomi dopo i 40 anni (più frequentemente dopo i 65 anni)
- Assenza di malattie sistemiche31 o di altre malattie cerebrali capaci di compromettere
le funzioni cognitive
- insorgenza brusca
- incoordinazione motoria precoce
- crisi epilettiche precoci
70
d) percezione
e) intelligenza
f) prassie
g) cognizione spaziale
1) diagnosi differenziale
2) valutazione del follow-up
3) giudizio sull’efficacia delle terapie eseguiti
4) fini prognostici e medico-legali
- Esami di laboratorio, consistenti in esami ematochimici
- Esame elettroencefalografico, in cui si evidenziano alterazioni incostanti e
aspecifiche rispetto ad altri quadri di demenza. L’EEG è importante per la diagnosi
differenziale con altre malattie neurologiche come neoplasie cerebrali, focolai
ischemici ed emorragici (ictus ischemici e ictus emorragici) e con la Pseudodemenza
(vedi dopo)
- Indagini neuroradiologiche:
a) la TAC (Tomografia Assiale Computerizzata) evidenzia di solito un’atrofia
corticale32con ingrandimento dei solchi e riduzione delle circonvoluzioni 33,
dilatazione dei ventricoli34 (con conseguente accumulo di liquor cefalorachidiano).
b) La PET evidenzia una riduzione del flusso ematico e del consumo di ossigeno nelle
regioni temporoparietali e frontali
Terapia
L’intervento farmacologico mira a:
Terapia farmacologica
Vanno somministrati:
32
Per atrofia si indica una riduzione della massa dei tessuti od organi causata dalla diminuzione del numero di cellule o delle loro
dimensioni, ovvero del loro volume.
33
Nella neuroanatomia, un solco (dal latino: "sulco", pl. "sulci") è una depressione o fessura nella superficie del cervello, che crea l’aspetto
caratteristico del cervello umano.
Per circonvoluzione si intendono aree della corteccia cerebrale delimitate da due solchi, mentre le scissure delimitano soprattutto i lobi
cerebrali, separando i solchi di un lobo cerebrale da quelli di un altro lobo adiacente, oltre a delimitare qualche solco all'interno dello stesso
lobo. Le singole circonvoluzioni sono separate le une dalle altre da depressioni più o meno anfrattuose, dette solchi.
Le circonvoluzioni convesse dell’encefalo sono note come giri, mentre gli avvallamenti tra i giri sono denominati solchi o, se sono
particolarmente profondi, scissure.
34
ventricoli cerebrali Le quattro cavità dell’encefalo dei vertebrati, derivate dalle vescicole cerebrali dell’embrione, nelle quali circola il
liquor cerebrospinale.
71
c) turbe del comportamento
- benzodiazepine a emivita medio-breve (che limitano il rischio di accumulo), in
presenza di sintomi ansiosi e insonnia.
Va tenuto in considerazione che le benzodiazepine provocano un certo scadimento
delle capacità cognitive che, pertanto, aggravano il quadro clinico di base; vanno
somministrate sono il caso di reale bisogno e per periodi non troppo lunghi, anche per
evitare il fenomeno della tolleranza
- antidepressivi serotoninergici, nel caso di sintomi depressivi
- sistemi neurotrasmettitoriali
- sistemi metabolici
- trofismo cerebrale (come opposizione all’atrofia cerebrale della Demenza): Fattore
Neurotrofico di Derivazione Cerebrale, scoperto da Rita Levi Montalcini
- precursori dell’Acetilcolina per aumentare la sintesi del neurotrasmettitore (CAT)
MALATTIA DI PICK
Descritta da Pick a fine ‘800, dal punto di vista anatomopatologico è caratterizzata da
un’atrofia circoscritta a livello dei lobi frontali e temporali.
DEMENZE VASCOLARI
Fino a non molto tempo fa si pensava che l’Arteriosclerosi Cerebrale fosse la più comune
causa di Demenza. Oggi invece è noto che la malattia cerebrovascolare causa un
72
deterioramento psichico per il danno che esso provoca al parenchima cerebrale 35. Per questo
è considerata una forma di Demenza Secondaria.
A differenza della Demenza d’Alzheimer – che è una demenza atrofica -, l’Arteriosclerosi è una
demenza vascolare, dovuta all’indurimento delle pareti delle arterie, in seguito a:
a. alterazioni metaboliche
b. colesterolo alto (iperlipemia)
c. ipertensione arteriosa
d. fumo (tabagismo)
e. stress
f. stile di vita (è una malattia tipicamente occidentale e dei paesi industrializzati)
g. scarsa attività fisica
h. elevata quantità di zucchero nel sangue (diabete)
Epidemiologia
Si ritiene che:
Nosografia
Il DSM-IV-TR racchiudeva nella categoria “Demenze Vascolari” diversi sottotipi tra cui, la
Demenza Multi-infartuale (MID).
Clinica
L’insorgenza, l’evoluzione e le caratteristiche del quadro clinico sono determinate dagli infarti
cerebrali subìti36 (episodi ischemici), e specificamente dal loro:
1) numero
2) localizzazione
3) estensione
4) susseguirsi temporale
- un esordio improvviso
- un’evoluzione a gradini (sempre maggiore)
- una distribuzione dei deficit “a scacchiera”
35
Il Parenchima cerebrale è il cervello
36
infarto cerebrale Sindrome conseguente alla chiusura di un’arteria che irrora il cervello: ciò determina una carenza critica di apporto di
sangue, che può esitare nella necrosi del tessuto ischemico (➔ ischemia cerebrale). L’i. c. viene pertanto indicato anche come ictus ischemico,
per distinguerlo dall’ictus emorragico, che consegue alla rottura di un’arteria.
73
- costante presenza di ipertensione arteriosa, TIA (Attacco Ischemico Transitorio) ed
Ictus37 (emorragia cerebrale)
- frequente diabete e obesità
- in alcune situazioni manifestazioni comiziali e disturbi neurologici focali
- frequente coesistenza di Depressione
- nelle forme sottocorticali, statisticamente più rare, si evidenziano segni e sintomi
parkinsoniani, riso e pianto spastici (improvvise crisi di pianto e riso)
Diagnosi
Assumono grande rilevanza gli esami ematochimici di routine, la valutazione cardiovascolare
e l’esame Doppler dei vasi sopra-aortici38.
Alla TAC si evidenziano aree di ipodensità isolata nelle regioni corticali (in seguito alla necrosi
del tessuto cerebrale), di solito nelle aree di distribuzione delle arterie cerebrali.
Terapia
Primo obiettivo è il controllo dei fattori di rischio (ipertensione arteriosa, diabete,
iperlipemia39, tabagismo), per prevenire il rischio di recidive che aggravano il quadro clinico.
A questa terapia si possono associare i farmaci indicati nella AD/SDAT, per limitare la
degenerazione dei neuroni.
PSEUDODEMENZA
Spesso, in un soggetto anziano, si orienta erroneamente la diagnosi verso una Demenza,
laddove, invece, si è in presenza di un quadro clinico di natura depressiva, dominato da:
- rallentamento ideomotorio
- disturbi cognitivi
In realtà , talora, la diagnosi differenziale tra Demenza e Depressione è difficile, e per questo
bisogna prestare molta attenzione:
- all’anamnesi
- alla presenza remota, in età presenile, di episodi depressivi
- alla presenza di quadri clinici depressivi nella storia familiare
- in genere si osserva che le turbe del tono dell’umore hanno preceduto i disturbi della
sfera cognitiva, dato che consente di inferire che il deterioramento cognitivo è
secondario alle turbe dell’umore
37
L' ICTUS cerebrale è causato dell'improvvisa chiusura o rottura di un vaso cerebrale e dal conseguente danno alle cellule cerebrali
dovuto dalla mancanza dell'ossigeno e dei nutrimenti portati dal sangue (ischemia) o alla compressione dovuta al sangue uscito dal vaso
(emorragia cerebrale).
38
L'ecografia Doppler o più semplicemente ecoDoppler è una tecnica non cruenta e non invasiva quindi facilmente ripetibile utilizzata in
medicina per lo studio della situazione anatomica e funzionale dei vasi sanguigni, arteriosi e venosi, e del cuore in tempo reale ed in maniera
contemporanea (Duplex-Scanner). Prende il nome dal suo principio fisico di funzionamento, l'effetto Doppler.
39
iperlipemia Aumento patologico del colesterolo e/o dei grassi nel sangue. Ricorda che il colesterolo è un grasso.
74
Clinicamente si osservano:
- apatia
- turbe della memoria
- marcato rallentamento ideomotorio
- aspetto trasandato
I risultati dei test psicometrici generalmente non sono discriminanti perché il paziente con
Pseudodemenza depressiva, al pari del paziente demente, presenta un calo delle prestazioni,
ma mentre il primo durante le prove appare perplesso e scoraggiato, il demente mantiene
un’apparente disinvoltura.
Per una diagnosi differenziale utile è talvolta l’EEG che è normale nel depresso e che può
essere alterato nel demente.
75
9. DISTURBI DA ABUSO DI ALCOOL
Oggi in DISTURBI CORRELATI A SOSTANZE E ADDITIVI.
L’alcool è conosciuto e consumato in tutto il mondo, con livelli di tolleranza diversi a seconda
delle tradizioni culturali e religiose: ad esempio nei paesi musulmani è vietato.
Epidemiologia
Secondo dati attendibili l’abuso di alcool provoca in Italia circa 10.000 morti ogni anno ed è
concausa di un alto numero di incidenti stradali e di condotte suicidarie.
- divorzi
- giornate lavorative perse
76
- invalidità
Nosografia
Nosograficamente, si distinguono due livelli:
Nel DSM-IV-TR la Sindrome da Dipendenza Alcolica (SDA) veniva inclusa tra i Disturbi
Indotti da Sostanze (oggi ricorda: <<Disturbi Correlati a Sostanze a Additivi)
- alterazione delle abitudini alcoliche: sia in senso quantitativo che qualitativo, con
ricerca mirata degli effetti dell’alcool.
- Alterazione del rapporto uomo-alcool: peculiare è la perdita del controllo nella
limitazione dell’assunzione della bevanda.
- Dipendenza fisica: presenza di disturbi alla cessazione e/o alla limitazione
dell’assunzione.
Clinica
I disturbi da SDA provocano una compromissione della:
- sfera psichica
- sfera somatica
- unità bio-psico-sociale dell’individuo
- sono progressivamente ingravescenti
Disturbi psichici
Tra i Disturbi psichici indotti da SDA si distinguono:
77
Intossicazione alcolica
I segni clinici si manifestano in rapporto al Tasso Alcolemico (T.A.):
- T.A. 30-50 mg% (0,3-0,5 g/l): comparsa di disinibizione con iniziale compromissione
di critica e giudizio, associati a facile distraibilità .
La legge stabilisce attualmente il limite di 0,5 grammi/litro di alcol nel sangue, limite
oltre il quale il conducente viene definito in stato di ebbrezza e quindi soggetto a
provvedimenti sanzionatori.
- T.A. 100-200 mg% (1-2 g/l): le turbe della condotte si presentano più marcate, con
grave deficit dell’autocontrollo.
- T.A. 400-700 mg% (oltre 4 g/l): compare perdita di coscienza, coma, ipotermia,
insufficienza respiratoria e morte.
La terapia prevede:
78
Astinenza alcolica
Compare qualche ora dopo la cessazione e/o la riduzione dell’assunzione abbondante e
protratta di alcool.
Può essere:
- lieve
- grave con Delirium
A questo proposito quindi:
- malessere generale
- astenia41
- cefalea
- insonnia
- irritabilità
- deflessione timica
- a volte, crisi epilettiche
- ansiolitici
- vitamine del gruppo B
79
Clinicamente si osservano:
La terapia consiste:
Allucinosi alcolica
Si presenta:
- BZD
- Neurolettici a basso dosaggio
42
dismneṡìa s. f. [comp. di dis-2 e -mnesia]. – Nel linguaggio medico, qualunque disturbo della memoria, transitorio o permanente.
43
midrìaṡi s. f. [dal gr. μυδρίασις]. – In medicina, accentuata dilatazione della pupilla
44
Clonidina farmaco classificato come agonista dei recettori 2 adrenergici, è utilizzato prevalentemente come antipertensivo. Ulteriori
effetti del farmaco sono quelli per il controllo degli effetti collaterali prodotti da farmaci stimolanti come l’anfetamina. Viene inoltre utilizzato
per curare l’insonnia, in associazione agli stimolanti per il trattamento della Sindrome da Deficit di Attenzione e Iperattività (ADHD).
80
Encefalopatia di Wernicke
Rara sindrome caratterizzata da:
Demenza alcolica
L’alcool svolge un ruolo eziopatogenetico sia per l’effetto tossico diretto sul SNC, sia
indirettamente per lo squilibrio metabolico cronico.
Disturbi fisici
Tra i Disturbi fisici indotti da SDA si distinguono:
Gastrite
Precoce manifestazione di abuso alcolico, dovuta all’azione diretta dell’etanolo sulla mucosa
gastrica.
Pancreatite alcolica
E’ la causa più frequente di pancreatite cronica ed è dovuta all’effetto esercitato dall’etanolo
sulla suddetta ghiandola.
Le forme acute si presentano con vomito e intenso dolore all’epigastrio (porzione medio-
superiore dell’addome).
81
Epatopatia alcolica
Il fegato è il principale organo bersaglio dell’abuso di alcool.
- steatò si
- epatopatia cronica
- cirrosi
In presenza di un abuso continuato, si verifica una necrosi cellulare a livello epatico che porta
a epatite acuta, subacuta o cronica con incostante evidenza di ittero 45, iperpiressia e dolori
addominali.
Cancro esofageo
Dovuto all’azione tossica dell’etanolo sulla mucosa esofagea.
Disturbi cardiovascolari
L’azione tossica dell’alcool colpirebbe anche la fibra miocardica determinando insufficienza
cardiaca con turbe del ritmo e della frequenza e dispnea 46.
Disturbi neurologici
La carenza cronica di vitamine del gruppo B e di acido folico è all’origine della Polinevrite.
Essa è caratterizzata da parestesia47 e dolori crampiformi agli arti inferiori che possono
evolvere in alterazione della funzione motoria con tendenza a un precoce affaticamento.
A volte è evidenziabile anche uno sfumato deficit visivo che, se non trattato, può provocare
cecità .
45
colorazione giallastra della pelle
46
Dispnea respirazione difficile, forzata, accompagnata da sofferenza soggettiva, è un fenomeno compensatorio che tende a soddisfare una
maggiore domanda di ossigeno dell’organismo
47
parestesia Disturbo soggettivo della sensibilità consistente nella insorgenza di una sensazione elementare (formicolio, pizzicore, solletico
ecc.) in assenza di una stimolazione specifica.
82
Terapia
Qualunque intervento terapeutico deve essere mirato a raggiungere un’astinenza duratura,
dal momento che non è mai possibile per un alcolista modulare correttamente la propria
capacità di bere.
Molto spesso la richiesta di cura è tardiva e in prevalenza orientata alla risoluzione delle
complicanze somatiche, minimizzando, invece, la portata e il significato delle motivazioni di
ordine psicologico che stanno alla base del comportamento dell’etilista.
- farmacologico
- psicoterapeutico
- socio-riabilitativo
Il trattamento farmacologico mira alla risoluzione del “craving”, ovvero del desiderio non
sottoposto ad autocontrollo di assumere la sostanza.
Una terapia di tipo avversivo è quella portata avanti con il Disulfiram che provoca, 30-60
minuti dopo l’assunzione di alcool:
- nausea
- vomito
- cefalea
- vertigini
- ipertensione arteriosa
- talora collasso cardiocircolatorio
In ogni terapia è bene associare un adeguato apporto di vitamine del gruppo B e di acido folico
per curare i disturbi determinati da una loro carenza.
Efficaci sono anche gli interventi psicosociali e di gruppo come gli Alcolisti Anonimi (AA). Alla
base di questi trattamenti c’è il sostegno reciproco all’interno del gruppo e la condivisione di
problemi vissuti da tutti.
Sintetizzando il trattamento:
83
3. NON Neurolettici in presenza di crisi comiziali perché i neurolettici abbassano la soglia
convulsionante
4. Disulfiram
5. GHB
Il fenomeno della tossicodipendenza ha assunto negli ultimi anni una rilevanza sempre più
ampia, tanto rendere indifferibile l’istituzione di Servizi specifici per la cura e l’assistenza dei
soggetti affetti da questa patologia (Ser.T.).
A tal proposito, va sottolineato che tutte le droghe stimolano i sistemi dopaminergici del
nucleo accumbens, da cui si genera un senso soggettivo di gratificazione e piacere. I soggetti
con una dipendenza da uso di sostanze traggono piacere esclusivamente dall’assunzione delle
stesse senza avere esperienze di reward a partire dal contatto con altri stimoli: in un
esperimento soggetti cocainomani non manifestano alcuna risposta di reward davanti a scene
esplicite di sesso dal momento che i centri del piacere (nucleo accumbens), in seguito ad una
reiterata assunzione di sostanze psicoattive, vengono attivati solo da queste.
84
Secondo l’OMS, la TOSSICODIPENDENZA è uno stato di intossicazione periodica o
cronica, causata dall’assunzione prolungata di una sostanza, caratterizzata da:
La dipendenza è un cavallo di Troia, che entra tirannicamente nella mente del soggetto e se ne
impossessa, così come il cavallo di Troia si impossessò tirannicamente della città .
La tolleranza provoca la progressiva diminuzione nel tempo degli effetti della sostanza,
determinando l’aumento del dosaggio per ottenere lo stesso effetto desiderato. E’ un
fenomeno reversibile, dopo la sospensione dell’uso della sostanza.
- Disturbi Affettivi
- Disturbi di Personalità
- Disturbi Schizofrenici
85
Oppiacei
Tra i derivati dell’oppio ricordiamo:
- morfina
- codeina
- eroina
- metadone
Tra questi l’eroina, derivato semisintetico, rappresenta la sostanza di più largo consumo tra i
tossicodipendenti.
L’eroina è una polvere bianca, commercializzata sul mercato con altre sostanze da taglio come
borotalco, lattosio, mannite, polvere, ecc.
La via di somministrazione più frequente è la via endovenosa, dopo la diluizione in acqua; più
rara, perché più costosa, è la via inalatoria, in quanto occorre una quantità maggiore per
produrre lo stesso effetto.
Epidemiologia
In Italia si stima che gli eroinomani siano circa 300.000, di età prevalente tra i 18 e i 30,
distribuiti in tutti i ceti sociali.
Clinica
Dopo l’assunzione si avverte una sensazione piacevole breve e intensa, diffusa in tutto il corpo
(il cosiddetto flash), paragonabile all’orgasmo, che dopo poco si trasforma in un rallentamento
psicofisico, con sonnolenza e gradevole sensazione di distacco dal mondo.
Tale stato dura qualche ora ed al termine nel soggetto non dipendente si ripristina la
situazione precedente all’assunzione della sostanza; nel soggetto dipendente, invece, a questa
fase segue, quasi senza soluzione di continuità , la fase di astinenza.
- ansia
- sudorazione
- lacrimazione
- brividi di freddo (ipotermia)
- crampi addominali
- ricerca compulsiva dell’eroina per bloccare l’astinenza che porta l’eroinomane a
orientare tutta la sua esistenza alla ricerca della sostanza. A questo proposito va
ricordato che il fenomeno della tolleranza porta il soggetto eroinomane ad aver
bisogno di una quantità sempre maggiore per provocare gli effetti desiderati
- l’astinenza raggiunge il culmine 48-72 ore dopo l’ultima assunzione e si risolve, con la
progressiva scomparsa della sintomatologia, dopo qualche giorno.
86
L’overdose, ovvero l’intossicazione acuta da eroina, è caratterizzata da
vagotonia/parasimpaticotonia:
- miosi48
- ipotensione arteriosa
- insufficienza respiratoria
- coma
- morte, se non viene trattata tempestivamente con la somministrazione di antagonisti
come il Naloxone.
Oggi il numero di decessi per overdose si è andato riducendo, e le più frequenti cause di
decesso sono dovute a patologie correlate con la tossicodipendenza come l’AIDS e l’epatite.
Diagnosi
Generalmente non comporta difficoltà perché è lo stesso paziente ad ammettere l’uso di
eroina.
Terapia
La richiesta di intervento dei pazienti e/o dei familiari è in prevalenza rivolta alla risoluzione
della dipendenza fisica, mentre il vero obiettivo deve essere invece la prevenzione delle
recidive, e quindi la dipendenza psicologica.
- autonomamente oppure
- con un intervento con farmaci sintomatici, quali ansiolitici e analgesici
Ultimamente è stato sperimentato un sistema di disintossicazione ultrarapido chiamato
UROD. Con questo protocollo è possibile, sotto anestesia, risolvere in 24 ore la dipendenza
fisica. Tuttavia, il metodo UROD ha il limite di concentrare l’attenzione sulla risoluzione della
dipendenza fisica.
Da quanto detto, diventa chiaro che il trattamento della tossicodipendenza da oppiacei deve
prevedere una strategia multidimensionale che integri interventi di diverse nature:
- biologica
- psicologica
- sociale
48
MIOSI Restringimento del diametro pupillare al di sotto dei 4 mm.
87
Infatti è sulla risoluzione delle problematiche psicosociali che si basa l’esito del trattamento.
Comunità Terapeutiche
Un programma riabilitativo residenziale in una Comunità Terapeutica è indicato per tutti i
soggetti con problematiche legate all’Abuso di Sostanze Psicoattive, anche se viene
prevalentemente utilizzato da soggetti con tossicodipendenza da oppiacei.
La C.T. residenziale è la modalità di trattamento che offre i maggiori risultati, perché mira alla
modificazione delle cause biologiche e psicosociali che hanno indotto e generato il
comportamento tossicomanico: la logica dei programmi mira, infatti, a sostituire nel soggetto
comportamenti devianti e autodistruttivi con una condotta più conforme a corrette norme di
vita. Ciò avviene con risultati migliori quando in una C.T. sono ben integrati:
Il limite delle C.T. è rappresentato dalla scarsa compliance dei soggetti ai programmi
riabilitativi, tant’è che sono abbondanti gli abbandoni in fase iniziale.
Per i soggetti che hanno completato il programma comunitario, rimane un momento delicato
quello del ritorno nel proprio contesto originario che rappresenta un fattore di rischio di
recidiva.
49
ergoterapia Metodo curativo, complementare ad altri trattamenti somatici o psicoterapici, in cui l’agente terapeutico è costituito da
un’attività lavorativa. Pionieri dell’ergoterapia sono considerati i due grandi riformatori delle tecniche manicomiali F. Pinel e V. Chiarugi, che,
sul finire del 18° sec., l’applicarono con successo ai malati di mente degli asili di Bicê tre (Parigi) e di S. Bonifacio (Firenze) in sostituzione dei
metodi inumani allora in vigore. L’Ergoterapia dimostra l’utilità di ricorrere, in termini terapeutici, a un vero e proprio lavoro costruttivo,.
Nei malati di mente agisce come psicoterapia: mantiene deste le attitudini sociali compromesse dalla malattia, stimola le residue capacità
psichiche dell’individuo e tende a limitare la perdita del contatto tra il malato e la realtà obiettiva. Nei portatori di invalidità fisica, agisce
prevalentemente come fisioterapia, provocando la messa in opera di segmenti corporei minorati o addestrando segmenti che in condizioni
normali non sarebbero utilizzati in quelle determinate prestazioni.
88
Cocaina
E’ una sostanza derivate dalle foglie di Coca, una pianta che cresce nelle Ande, usata dagli
indigeni per migliorare la resistenza alla fatica.
Viene venduta con sostanze da taglio, come mannite e lattosio, e consumata per via inalatoria
o endovena.
- cocaina cloruro
- cocaina-base, più nota come Crack, viene in genere fumata e il suo effetto è maggiore
rispetto all’assunzione per via inalatoria. Il Crack provoca rapidamente dipendenza.
Clinica
La cocaina agisce inibendo il reuptake della noradrenalina e della dopamina a livello
pre-sinaptico e, conseguentemente, iperstimolando i recettori post-sinaptici per
l’aumentata concentrazione dei mediatori nello spazio inter-sinaptico.
- eccitazione
- aumentata autostima
- stato di ipervigilanza
- aumentato desiderio sessuale
Si riscontra altresì:
- midriasi
- tachicardia
- ipertensione arteriosa
A dosaggi superiori, o in persone predisposte la cocaina induce un quadro psicotico con
allucinazione visive, uditive, tattili e deliri a contenuto persecutorio.
Questa iperstimolazione viene seguita da quello che nel gergo tossicomanico è definito “calo”:
- astenia
- abulia50
- deflessione timica
- nausea
- vomito
- diarrea
- insonnia
- rinite
Terapia
50
Abulia mancanza o insufficienza di volontà nel prendere una decisione o eseguire un’azione
89
Dal momento che non provoca dipendenza fisica, l’intervento farmacologico è volto, sia in
fase acuta che cronica, a contrastare sintomaticamente le complicanze emergenti.
Cannabinoidi
I più noti sono Hashish e Marijuana, derivati dai fiori, dalle foglie e dai semi della Cannabia
Sativa o Canapa Indiana.Generalmente è assunto per via inalatoria.
Terapia
L’assunzione genere un caratteristico stato di:
- rilassamento
- euforia
- intensificazione delle sensazioni e della fantasia
Si possono inoltre rilevare:
- iperemia congiuntivale51
- tachicardia
- ipotensione ortostatica52
- in soggetti predisposti, allucinazioni, deliri e agitazione, generalmente reversibili dopo
la cessazione dell’effetto del cannabinoide
Molto si è discusso sulla presunta innocuità dei cannabinoidi che viene smentita dai seguenti
dati:
51
Iperemia è un termine usato in medicina per indicare l'aumento di sangue in una determinata parte del corpo. Quando, ad esempio, la
parte del corpo colpito dalla vasodilatazione è la congiuntiva, allora si parla di iperemia congiuntivale, che determina, in chi ne è colpito, il
cosiddetto "occhio rosso".
52
Ipotensione ortostatica Calo della pressione sanguigna
90
Terapia
L’intervento farmacologico è richiesto solo per la comparsa di complicanze, come una psicosi
tossica.
- talora secondari, come nel caso delle Reazioni da Adattamento alla diagnosi di
sieropositività
- talora primari, correlati, cioè, direttamente alla malattia per l’effetto psicotropo diretto
del virus sul SNC, come nell’AIDS Demenza Complex.
Infine, il personale sanitario che opera a contatto con malati di AIDS presenta alte percentuali
di burn-out.
91
Quanto sopra delinea un ruolo di primaria importanza per lo psichiatra nella gestione dei
malati di AIDS, dei loro familiari e degli operatori che lavorano in questo campo.
QUADRI CLINICI
Disturbi dell’Adattamento
La scoperta della presenza di anticorpi anti-HIV provoca un quadro caratterizzato da paura e
irritabilità che può sfociare in un Disturbo dell’Adattamento con:
- ansia
- umore depresso
- aspetti emotivi misti
- alterazioni comportamentali
Disturbi dell’Affettività
Possono comparire in tutto il decorso della malattia, dalla fase di sieropositività alla fase
clinicamente conclamata di immunodeficienza acquisita:
Delirium
Quadro clinico frequentemente osservato e caratterizzato da turbe a carico di:
92
- coscienza
- percezione
- memoria
- orientamento spazio-temporale
- agitazione psicomotoria
- patologie infettive
- patologie neoplastiche
- terapie farmacologiche
- squilibri metabolici
Con la Schizofrenia, a differenza della maggior parte degli altri Disturbi Psichiatrici, entriamo
in una dimensione mentale qualitativamente diversa rispetto a quella “normale e consueta”.
53
l’esordio tardivo della schizofrenia compromette in maniera minore l’adattamento del paziente rispetto a quanto avvenga in seguito a un
esordio precoce.
93
- elevati gradi di disabilità sociale, affettiva, relazionale
- perdita dell’autonomia e dell’indipendenza
- l’impossibilità di raggiungere una restitutio ad integrum
- forte stigma sociale
- età di insorgenza
- quadro sintomatologico
- decorso
- possibili fattori eziopatogenetici
- una cospicua alterazione del senso della realtà interiore ed esteriore(Racamier parla di
<<Doppio Esilio>> dalla realtà interna e da quella esterna)
- un coinvolgimento, nel suo decorso, della maggior parte delle funzioni psichiche che
possono essere compromesse in via definitiva o transitoria, globale o parcellare, a
secondo delle situazioni, ma in ogni caso senza che si verifichi quasi mai una restitutio
ad integrum anche nelle forme il cui decorso è più favorevole.
Cenni storici
La Schizofrenia è un’alterazione psichica conosciuta in ogni epoca e luogo.
Ad una sua forma si riferiva probabilmente Ippocrate nel descrivere un quadro di stupidità
giovanile che collegava – con una sorprendente intuizione – a una dilatazione dei ventricoli
cerebrali provocata da un eccesso di liquor cefalorachidiano.
Le prime descrizioni accurate sono contenute negli scritti di Pinel, psichiatra francese
famoso per aver introdotto nella pratica psichiatrica manicomiale del 18° secolo metodi e
approcci più umani.
Qualche anno dopo il tedesco Hecker utilizza il termine Ebrefenia per indicare la Sindrome
demenziale che colpisce soggetti di età giovanile (-ebe nella lingua greca significa
“adolescenza”, ma è anche la Dea della giovinezza nella mitologia).
94
A fine ‘800 Kahlbaum descrive invece una forma a sintomi prevalentemente psicomotori,
che egli chiama catatonia.
Ancora qualche anno dopo Emil Kraepelin propone di utilizzare il termine Dementia
Praecox per tutti quei casi accomunati dalla presenza di:
A quei tempi Kraepelin conduceva le sue ricerche parallelamente a quelle di Alzheimer che
studiava pazienti in età avanzata con gravi deficit cognitivi: il termine Dementia Praecox
voleva quindi indicare lo sviluppo di un grave deterioramento mentale in età giovanile, a
differenza della Demenza descritta da Alzheimer in soggetti in età avanzata.
Un’altra importante distinzione, di grande valore teorico e pratico, riguarderà quella tra
Dementia Praecox dalla Psicosi maniaco-depressiva, attraverso cui verranno differenziati i
pazienti maniaco-depressivi dai pazienti schizofrenici. Nella Psicosi maniaco-depressiva
Kraepelin nota:
- Ebrefenica
- Catatonica
- Paranoide
- Semplice (Simplex)
Bisognerà poi attendere fino al 1911 per l’introduzione da parte di Eugen Bleuler del
termine “schizofrenia” (dal greco: mente scissa).
Bleuler rimetteva quindi in discussione gli elementi che Kraepelin aveva individuato come
fondamentali della Dementia Praecox, ovvero:
95
- fondamentali/primari, diretta espressione della malattia (necessari per la diagnosi):
NOTA BENE: Secondo Bleuler i sintomi primari della Schizofrenia (dall’etimo mente
scissa) rimandano alla dissociazione di una unità , sia essa affettiva (in termini di
ambivalenza affettiva, ovvero compresenza di stati affettivi diversi nei confronti dello
stesso oggetto o situazione, e in termini di dissociazione/slegatura dei legami
associativi delle idee; infatti:
a) ambivalenza, cioè la coesistenza di stati affettivi opposti;
b) autismo, cioè la condizione di grave ripiegamento e di chiusura in sé con totale o
parziale perdita della relazione con il mondo esterno. In generale, va distinto un
“autismo povero” da un “autismo ricco”, in cui il soggetto interagisce ma produce
elementi bizzarri, genera un <<mondo autistico>>;
c) affettività incongrua: appiattimento affettivo, perdita della risonanza affettiva;
d) disturbo della associazione delle idee
- secondari, secondo Bleuler psicologicamente derivabili (per questo meno decisivi per
la diagnosi, perché direttamente collegati alla scissione dell’unità , sia essa affettiva che
cognitiva, inserita tra i sintomi primari):
a) deliri
b) allucinazioni
c) sintomi psicomotori
L’unico caso di schizofrenia descritto da Freud è quello del presidente Schreber, affetto da
una grave forma di psicosi paranoide. Pur limitando il suo lavoro al trattamento dei disturbi
nevrotici, Freud ha comunque fornito alcuni spunti interessanti:
Lo studio dei pazienti schizofrenici rappresentò , inoltre, per Jung un importante punto di
partenza per la formulazione delle sue teorie psicologiche e psicopatologiche. Jung infatti
96
constatò che in molti pazienti da lui studiati, i sintomi deliranti e allucinatori, così come le
produzioni oniriche, presentavano dei motivi psichici comuni e ricorrenti, che egli denominò
Archetipi, e che potevano essere rinvenuti nei miti, nelle tradizioni antiche, nei riti religiosi,
nelle fiabe, nelle leggende popolari. Ellenberger a tal proposito racconta: <<Jung racconta che
una delle prime esperienze che lo portarono a formulare l’idea degli archetipi si verificò con un
vecchio paziente schizofrenico del Burgholzli che si di giorno che di notte aveva frequentissime
allucinazioni. Questo paziente una volta dichiarò al medico di guardia di vedere che il sole aveva
un fallo, il cui movimento produceva il vento. L’origine di questo strano delirio sembrava
inspiegabile, finché non capitò sotto gli occhi di Jung un recente libro di uno storico delle
religioni, che trattava della liturgia della religione mitriaca, utilizzando le rivelazioni di un
papiro greco fino ad allora mai pubblicato. In questo testo si parlava dell’origine del vento e si
diceva che esso nasceva da un tubo del sole. L’eventualità che il paziente avesse letto il testo
recentemente scoperto fu subito esclusa. Secondo Jung l’unica spiegazione era che esistessero dei
simboli universali, che potevano apparire nei miti religiosi e nei deliri psicotici>>.
Tali motivi universali e comuni a tutti gli uomini, secondo Jung, potevano essere riferiti a
quella parte della vita mentale profonda a cui egli diede il nome di Inconscio collettivo, quella
parte dell’inconscio, cioè, che andava oltre la dimensione personale individuale per costituire
una sorta di “substrato” o “matrice” psichica comune a tutta l’umanità .
Un’altra utile elaborazione teorica sui disturbi schizofrenici è quella di Kurt Schneider che,
ispirandosi all’opera di Jaspers, propone una classificazione dei sintomi schizofrenici di tipo
strettamente psicopatologico, distinguendo:
- sintomi di primo ordine, che hanno un grande valore diagnostico, tra cui:
1. Allucinazioni, soprattutto uditive:
a) eco del pensiero
b) voci sotto forma di discorsi
c) voci che commentano gli atti
d) voci che influenzano il comportamento determinando atti auto o etero-aggressivi
3. Deliri di influenzamento:
a) Somatico
b) Sentimento
c) Volontà
d) Impulsi
e) psichico
f) furto ed influenzamento del pensiero
- sintomi di secondo grado, meno decisi per la diagnosi, tra cui:
a) altri disturbi psicosensoriali
b) intuizioni deliranti
c) alterazioni dell’umore in senso euforico o depressivo
d) appiattimento affettivo
97
Secondo la Klein la schizofrenia va ricondotta a una fissazione/regressione alla posizione (e
non fase, perché è una configurazione che può ripresentarsi) schizo-paranoide, in cui
prevalgono i meccanismi difensivi della scissione, dell’introiezione (narcisistica) e della
proiezione, che porta a una rappresentazione interna distorta e <<slegata>> dalle reali
qualità dell’ambiente.
Sullivan infatti porta avanti una sperimentazione clinica (trial clinico) atta a verificare e
dimostrare l’opportunità di sottoporre ad analisi i pazienti schizofrenici: recluta soggetti
schizofrenici (non troppo diversi dal punto di vista clinico-sintomatologico), e li divide in 2
gruppi, uno composto da pazienti trattati analiticamente e uno no (come se fosse un gruppo di
controllo). L’esperimento dimostrò come il gruppo di pazienti che aveva ricevuto un
trattamento analitico manifestava un netto miglioramento clinico rispetto ai soggetti che non
erano stati sottoposti a trattamento terapeutico.
Dal punto di vista teorico, Sullivan supera la centralità della dimensione intrapsichica, per
riconoscere nella dimensione interpersonale/ambientale la matrice delle turbe psichiche.
Per Sullivan la psichiatria diventa la <<Scienza delle relazioni interpersonali>>, l’uomo nasce
all’interno delle relazioni e si ammala a causa di esse; la schizofrenia è il precipitato di
relazioni interpersonali disfunzionali e patologiche, incapaci di fornire quella esperienze di
<<validazione e consenso>> indispensabili per la strutturazione di un adattivo equilibrio
psichico.
La patologia, così come la salute mentale, può essere compresa solo a partire dal riferimento
al contesto socio-relazionale del paziente.
Epidemiologia
Le sindromi schizofreniche sono state descritte in tutte le epoche, razze e in tutte le culture.
Il recente sviluppo di criteri diagnostici standardizzati, come quelli impiegati dal DSM, ha
consentito di pervenire a una maggiore specificità nella diagnosi, favorendo una maggiore
attendibilità in campo epidemiologico.
98
1) L’incidenza dei Disturbi schizofrenici, cioè il numero di nuovi casi insorti in un dato
periodo di tempo per unità di popolazione, è di 15-25 casi per anno per 100.000
abitanti.
2) La prevalenza, ossia il numero di casi esistenti in un dato momento per unità di
popolazione, varia tra 0,6-0,8%.
3) L’esordio avviene più frequentemente – in circa il 75% dei casi – in età adolescenziale
o giovanile, con un’incidenza massima tra i 15 e i 35 anni. L’esordio dopo i 35 anni
sembra essere molto più frequente nella donna che nell’uomo. Infatti, negli uomini
l’esordio è più precoce rispetto alle donne.
4) La distribuzione tra i due sessi sembra lievemente più elevata nel sesso maschile, e
nell’uomo l’età di esordio è solitamente più precoce.
5) Per quanto riguarda lo stato civile, i pazienti affetti da disturbo schizofrenico sono più
spesso non coniugati o, se lo sono, hanno più probabilità di divorziare. Questo dato
fornisce due indicazioni importanti:
a. la patologia schizofrenica determina una compromissione dei social skills che
rende difficoltoso per i soggetti instaurare una relazione duratura
b. una relazione affettiva stabile rappresenta un importante fattore protettivo rispetto
allo sviluppo di una schizofrenia
6) I tassi di fertilità e riproduttiva sono inferiori rispetto alla popolazione generale,
sebbene questi siano andati aumentando, negli ultimi decenni, in rapporto alle
modificazioni intervenute nell’assistenza psichiatrica e alla deistituzionalizzazione che,
insieme alla maggiore incisività dei programmi terapeutici e riabilitativi, hanno
favorito una maggiore possibilità di relazioni umane e affettive.
Come mai nonostante i bassi tassi di fertilità e di riproduttività il disturbo si mantiene
costante? Accanto all’ipotesi di una trasmissione genetica, vanno anche considerate, a
questo punto, motivazioni di natura epigenetica 54, ovvero possibilità alterazioni
genetiche intervenienti nel corso dell’esistenza.
In ogni caso, se le Schizofrenie fossero dei disturbi strettamente determinati in senso
genetico, la bassa generatività dei soggetti schizofrenici non spiegherebbe la
persistenza dei tassi di prevalenza ed incidenza che tendono a mantenersi piuttosto
stabili; da qui l’utilità di considerare, oltre al fattore ereditario predisponente, altri
aspetti eziopatogenetici, come quelli psicologici e socio-ambientali.
Va comunque sottolineato che in assenza di predisposizione genetica il soggetto
non sviluppa una schizofrenia.
7) La quasi totalità degli studi sulla distribuzione del disturbo schizofrenico mostra
una maggiore distribuzione nelle classi socio-economiche meno agiate e nei soggetti
con un più basso livello di istruzione. Pertanto gli indici di prevalenza sembrano
inversamente proporzionali al livello di istruzione e alla classe socio-economica di
appartenenza. Tali differenze sarebbero in parte dovute all’effetto che l’evoluzione del
disturbo ha nel favorire la discesa dell’individuo verso livelli socio-economici più bassi.
I fattori eziopatogenetici
I Disturbi Schizofrenic sembrano avere una eziologia complessa che richiama una certa multi-
fattorialità .
54
L’epigenetica studia le modificazioni geniche che si strutturano a partire dall’interazione con l’ambiente.
99
La genetica
Nella comparsa del disturbo schizofrenico sembra indispensabile considerare una
componente di tipo ereditario-genetica.
Infatti, studi sulle famiglie di pazienti schizofrenici, sui gemelli mono- ed eterozigoti e sui figli
e genitori adottivi, hanno sottolineato che il rischio di malattia aumenta anche in relazione a
fattori di ordine genetico. Ad esempio la frequenza del disturbo schizofrenico:
Questi dati, soprattutto quello sulla concordanza tra gemelli monozigoti, pur chiamando
direttamente in causa l’aspetto genetico, allo stesso tempo evidenziano che esso non può da
solo essere responsabile dello sviluppo del disturbo e quindi impongono una valutazione di
tipo multifattoriale a livello eziologico.
I fattori di ordine genetico, più che come cause dirette del disturbo, agirebbero nell’aumentare
la vulnerabilità del soggetto ad altre possibili concause di tipo ambientale, e vanno
considerati, piuttosto, come fattori predisponenti in un’ottica integrata di tipo bio-psico-
sociale.
Quali sono i principali geni che sembrano implicati direttamente nell’insorgenza della
Schizofrenia, determinando una vulnerabilità al disturbo?
Va sottolineato comunque che non è solo la quantità di geni alterati che determinano
l’insorgenza di una Schizofrenia ma anche se e come il gene alterato si manifesta, fattore,
questo, influenzato dall’interazione con l’ambiente. La componente genetica cioè non
determina tout cort la malattia ma la <<vulnerabilità >> alla malattia, che può poi sfociare o
meno in una forma conclamata a seconda delle stimolazioni ambientali.Il soggetto, cioè, può
essere geneticamente un <<portatore sano>> di Schizofrenia (genotipo alterato, ovvero il
corredo genetico), ma non presentare fenotipicamente alcuna alterazione. Fattori di rischio
ambientali in grado di alimentare la predisposizione genetica alla schizofrenia sono:
- complicanze perinatali55
- urbanizzazione
- maltrattamenti e negligenze genitoriali
55
Periodo che precede e segue immediatamente la nascita
100
- etnicità
- uso di cannabis
Il livello mentale sfuma nel livello cerebrale e viceversa: il cervello è un sistema aperto, in
costante interazione con l’ambiente circostante, da cui dipendono le sue modificazioni
strutturali e funzionali (Siegel).
- DISC-1
- NEUROGULINA-1
- DTNBP-1 (Disbindina)
- BDNF, (Brain-Derived Nruotrophic Factor) è un importantissimo fattore neurotrofico
di derivazione cerebrale scoperto da Rita Levi Montalcini, che aumenta il trofismo
cerebrale, la plasticità neurale e la creazione di sinapsi. Esistono fattori che aumentano
il BDNF – come il vivere in ambienti ricchi di stimoli adeguati e fare attività fisica – e
fattori che lo riducono – come lo stress, i traumi e gli stimoli ambientali negativi –
- AKT-1
- COMT, il Catecol-O-metiltransferasi è un enzima che degrada le catecolamine
(adrenalina, noradrenalina, dopamina) e la serotonina (catabolismo delle
catecolamine); un altro enzima che svolge questa funzione sono le MAO.
Da quanto detto è possibile inferire che: se un soggetto ha una predisposizione
genetica determinata dall’alterazione del COMT e consuma droga (che aumenta la
trasmissione dopaminergica) ha maggiori possibilità di sviluppare una schizofrenia
reattiva.
La neurochimica
La neurochimica studia la chimica cerebrale.
La dopamina gioca un ruolo fondamentale all’interno del vissuto edonico del soggetto, nella
esperienza di gratificazione/benessere, e nella regolazione della salienza (rilevanza)
dell’esperienza, essendo i neuroni dopaminergici maggiormente concentrati nel Nucleo
Accumbens e nell’Area Ventrale Tegmentale.
101
Posto quanto detto, l’utilizzo di Antipsicotici ad azione anti-dopaminergica hanno spesso un
effetto depressogeno.
Non bisognerebbe infine trascurare che, verosimilmente, almeno alcuni sintomi del polimorfo
spettro clinico della Schizofrenia sono in rapporto con altri sistemi recettoriali come quelli
serotoninergici, noradrenergici e gabaergici, come per altro suggerito dalla più recente
introduzione di neurolettici atipici scarsamente attivi sul recettore D2 della dopamina.
La neuroradiologia
La neuroradiologia studia il cervello con tecniche radiologiche.
56
La scissura laterale (di Silvio) separa il lobo frontale in avanti ed il lobo parietale indietro dal lobo temporale, che viene a trovarsi in
posizione inferiore rispetto alla scissura stessa.
102
c) un aumento del flusso ematico e dell’utilizzo di glucosio a livello dei gangli della
base, fattore che indicherebbe in soggetti schizofrenici uno sbilanciamento
funzionale tra le differenti strutture cerebrali ed, in particolare, una possibile
attivazione compensatoria di alcune aree sottocorticali in risposta alla ipofrontalità .
L’elettrofisiologia
La neurofisiologia studia l’attività elettrica del cervello.
Le ricerche in questo campo evidenziano nei soggetti schizofrenici alterazioni del tracciato
elettroencefalografico. Si osservano un incremento di attività theta come reazione agli stimoli
ambientali, laddove nel soggetto normale tali stimoli producono un incremento dell’attività
alpha. Tale aumento dell’attività theta nel momento del processamento dell’informazione
sensoriale indicherebbe un deficit delle funzioni cognitive riscontrabile in un certo numero di
soggetti affetti dal disturbo.
Nei pazienti in fase cronica, inoltre, l’aumento dell’attività theta è più cospicuo nelle aree
frontali e temporali, e correlabile con un quadro clinico a sintomi negativi.
Importante è anche lo studio dei Potenziali Evocati Evento Correlati, attraverso cui è possibile
evidenziare la modalità e i tempi di processamento, quindi di riconoscimento e valutazione, di
un dato stimolo cognitivo. Tra i Potenziali Evocati, la componente più indagata è l’Onda P300
(un’onda EEG che esprime l’attività elettrica cerebrale in rapporto a stimoli sensoriali che
richiedono una discriminazione cognitiva), e questa ha mostrato, in soggetti schizofrenici, un
aumento della sua latenza (maggiore ai 300 ms) e una riduzione della sua ampiezza,
correlabile con una minore capacità di riconoscimento dello stimolo sensoriale (uditivo, visivo
o somatosensoriale), derivante da un’inadeguatezza dei processi attentivi che risultano meno
pronti ed efficaci.
Lo sviluppo neurologico
La maturazione del SNC sembra giocare un importante ruolo eziopatogenetico, a partire dalle
seguenti considerazioni:
103
Lo sviluppo psicologico
Le ipotesi psicodinamiche riferiscono l’insorgenza del disturbo schizofrenico a vari ordini di
fattori.
Freud ipotizza che in questo disturbo vi sia un ritiro narcisistico dell’investimento libidico
dagli oggetti all’Io: la difficoltà di rapporto interpersonale del paziente schizofrenico sarebbe
quindi dovuta a questa regressione della libido a una condizione narcisistica primaria, che
porta il soggetto a perdere il rapporto con la realtà e a far emergere il processo primario del
pensiero, che è il modo di funzionamento dell’inconscio.
La produzione allucinatorio-delirante sarebbe una difesa atta a ristabilire una relazione con il
mondo: ciò che gli psichiatri scambiano per malattia, secondo Freud, sarebbe un tentativo di
guarigione, attraverso i deliri e le allucinazioni, che cercano di ricondurre la libido agli oggetti
esterni.
Jung attribuisce la scissione schizofrenica alla forza dei contenuti inconsci e dei complessi
che interferiscono con il ruolo dell’Io, mettendone in discussione la centralità e quindi
disturbando fortemente l’integrazione della personalità .
Inoltre, l’attivazione di nuclei archetipici può rendere questo processo ancora più distruttivo,
in quanto questi contenuti arcaici inconsci domineranno la coscienza e l’individuo sarà
sempre più preda di tematiche collettive e spersonalizzanti.
Melanie Klein attribuisce l’origine dei disturbi schizofrenici alle prime interazioni madre-
bambino e precisamente alla posizione schizo-paranoide; in questo periodo, attorno ai sei
mesi, nel bambino prevalgono i meccanismi difensivi della scissione, proiezione e
introiezione, per mezzo dei quali le componenti buone di se stesso e della realtà esterna (la
madre o il suo seno, con il quale egli si rapporta prima di passare dalla parte al tutto) vengono
difensivamente separate da quelle cattive; nella sua teoria la Klein si esprime in termini di
oggetti buoni e oggetti cattivi, laddove per oggetti la Psicoanalisi intende persone o parti di
esse e le loro rappresentazioni interne.
Harry Stack Sullivan segna il passaggio dallo studio dei meccanismi intrapsichici a quello
delle influenze ambientali. A partire dalla sua teoria interpersonale, la schizofrenia può essere
interpretata come l’esito di una carenza di esposizione a relazioni interpersonali positive, che
farebbe mancare al soggetto la validazione e il consenso da parte degli altri. L’esito di questo
104
processo è una distorsione dei rapporti per via dell’attivazione di precedenti impressioni,
Script potremmo dire, proiettate sul mondo esterno.
Ping Nie Pao elabora una teoria multifattoriale del disturbo schizofrenico: egli ritiene che la
eziopatogenesi della Schizofrenia sia da imputare sia all’aspetto ereditario-costituzionale sia
ad aspetti di natura ambientale, e alla risposta psicologica al contesto. L’interazione di questi
due aspetti può determinare, secondo Pao, nelle prime fasi dell’infanzia, una notevole
interferenza nella comunicazione madre-bambino, specie quando la capacità del bambino di
risposta all’ambiente è disturbata per difetti costituzionali e la madre difetta di capacità
empatiche di rapporto con il bambino; diventa chiaro come in queste circostanze l’intensità
della relazione affettiva primaria ne risulta disturbata con un’attenuazione o, addirittura, una
scomparsa della mutua reciprocità . Le esperienze alterate che il bambino percepisce in tali
circostanze creano “Disturbi Basici dell’esperienza”, che sarebbero le premesse per la
successiva evoluzione in senso schizofrenico della personalità .
Ambiente e famiglia
Sebbene nessun fattore ambientale definito sia stato messo direttamente in relazione con
l’eziologia della Schizofrenia, studiando le interazioni delle famiglie dei pazienti schizofrenici
è possibile riscontrare una elevata frequenza di anomalie comunicazionali, consistenti
nell’utilizzo di modalità e contenuti illogici, contraddittori e tangenziali.
E’ stata oggi superata l’idea secondo la quale specifiche caratteristiche psicologiche e affettive
dei genitori siano alla base della Schizofrenia dei figli: l’idea di madre “schizofrenogena”,
intrusiva, apprensiva, insicura e iperprotettiva perché inconsciamente ostile verso il figlio, e
del padre, invece, più “periferico”, passivo e spesso succube della moglie.
Altri studi sui modelli comunicazionali familiari riguardano l’emotività espressa familiare,
cioè le modalità attraverso le quali i familiari di un paziente schizofrenico entrano in contatto
con lui esprimendo – esplicitamente o meno, direttamente o meno – un atteggiamento di
fondo di accettazione o di rifiuto.
- famiglie a elevata emotività espressa, il cui contesto viene considerato a rischio nel
determinare un alto numero di ricadute e ospedalizzazioni, quando prevalgono aspetti
relazionali quali:
a) ipercoinvolgimento
b) ipercriticismo
c) insofferenza
d) ostilità
e) disapprovazione
- famiglie a bassa emotività espressa, che consentono una migliore capacità di
integrazione sociale e un decorso più favorevole con un minore numero di
riacutizzazioni e ricoveri, quando il clima relazionale e comunicazionale familiare è
improntato a:
a) comprensione
b) tolleranza
c) empatia
105
d) messaggi di rinforzo e conferma degli aspetti positivi che il paziente riesce a
esprimere
Non va infine trascurato il grave carico che può rappresentare per la famiglia la presenza di
un congiunto affetto da un disturbo impegnativo come quello schizofrenico; almeno alcune
delle devianze comunicazionali e affettive osservate nei vari studi potrebbero rappresentare
l’effetto del disagio legato alla malattia e non una sua possibile concausa. Queste
considerazioni lasciano anche intuire quanta parte possa avere, nell’approccio globale al
paziente affetto da schizofrenia, l’intervento sulla famiglia che dovrà essere correttamente
informata, sostenuta e aiutata a evitare, il più possibile, stigmatizzazioni e colpevolizzazioni
che rendono ancora più difficile la gestione pratica e affettiva del paziente e delle sue
problematiche.
Conclusioni
Quanto osservato fino ad ora ci consente di considerare il disturbo schizofrenico come una
situazione complessa di disagio psichico ed esistenziale a eziopatogenesi
multifattoriale e multidimensionale, al cui interno tutte le dimensioni in causa, biologica,
psicologica e sociale, si influenzano vicendevolmente e rappresentano, ciascuna, un fattore di
rischio e vulnerabilità .
La diagnosi e la prognosi
La possibilità di disporre di precisi criteri e standardizzati diagnostici ha una notevole
importanza a livello, ovviamente, diagnostico, prognostico e terapeutico.
I criteri ai quali oggi si fa maggiore riferimento sono quelli dell’ICD-10 e del DSM5.
Le forme cliniche della schizofrenia riconosciute prima dell’introduzione del DSM erano:
1) Ebefrenica
2) Simplex
3) Paranoide
4) Catatonica
5) Pseudonevrotica
Crow e Andreasen hanno proposto una distinzione delle forme di schizofrenia in due
sottotipi:
106
e) esordisce abitualmente in modo acuto
f) la personalità premorbosa è discretamente o sufficientemente strutturata
g) la risposta al trattamento farmacologico risulta soddisfacente nel controllare la
sintomatologia nella maggior parte dei casi
h) poggia, dal punto di vista neurobiologico, su una eziopatogenesi neurochimica,
legata alla iperattività dei circuiti dopaminergici del sistema limbico (da cui la
sensibilità ai farmaci antipsicotici che hanno, appunto, un effetto
antidopaminergico)
- Schizofrenia di tipo II o a sintomi negativi(così chiamati perché laddove i sintomi
positivi “aggiungono qualcosa” al funzionamento normale, loro invece “tolgono”
qualcosa: nota infatti alpha privativo che rimanda a privazione):
a) alogia57
b) anedonia58
c) appiattimento affettivo
d) apatia
e) abulia
f) chiusura relazionale
g) compromissione delle facoltà attentive
57
Alogia povertà di linguaggio o dell’eloquio; secondo Crow e Andreasen l’alogia è caratteristica della schizofrenia di tipo II, laddove nella
Schizofrenia di tipo I l’eloquio si mantiene fluido.
58
Anedonia Incapacità di provare piacere
107
I Criteri diagnostici per la Schizofrenia del DSM-IV-TR
A. SINTOMI CARATTERISTICI: Due (o più) dei seguenti per almeno 1 mese:
1) Deliri
2) Allucinazioni
3) Eloquio disorganizzato (per esempio, frequenti deragliamenti o incoerenza)
4) Comportamento grossolanamente disorganizzato o catatonico 59
5) Sintomi negativi, come appiattimento affettivo, alogia o assenza di volizione
Nota: E’ richiesto solo un sintomo del criterio A se i deliri sono bizzarri o le allucinazioni consistono in
una voce che continua a fare commenti sul comportamento o sui pensieri della persona, o due o più voci
che conversano tra loro.
59
Catatonia Condizione clinica che si osserva prevalentemente nella Schizofrenia. Sono tipiche della catatonia le pose statuarie e
l’immobilità mimica.
108
Episodio Depressivo Maggiore, Maniacale, o Misto è intervenuto in concorrenza con i sintomi
della fase attiva; o (2) se gli episodi affettivi sono intervenuti durante i sintomi della fase attiva,
la loro durata totale è breve relativamente alla durata dei periodi attivo e residuo.
E. ESCLUSIONE DI SOSTANZE/CONDIZIONE MEDICA GENERALE: Il disturbo non è dovuto agli
effetti fisiologici diretti di una sostanza (ad esempio, una sostanza di abuso, un farmaco) o a una
condizioni medica generale
F. RELAZIONE CON UN DISTURBO PERVASIVO DELLO SVILUPPO: Se vi è una storia di Disturbo
Autistico o di un altro Disturbo Pervasivo dello Sviluppo, la diagnosi aggiuntiva di Schizofrenia
viene fatta solo se sono anche presenti consistenti deliri e allucinazioni per almeno un mese
Classificazione del decorso longitudinale (può applicarsi solo dopo che almeno 1 anno sia
trascorso dall’esordio iniziale dei sintomi della fase attiva):
- Episodico con Sintomi Residui Interepisodici (gli episodi sono definiti dal riemergere di
Sintomi Psicotici Consistenti); specificare anche se: con Sintomi Negativi Consistenti
- Episodico senza Sintomi Residui Interepisodici
- Continuo (sintomi psicotici prominenti sono presenti lungo il periodo di osservazione);
specificare anche se: con Sintomi Negativi Consistenti
- Episodio singolo in Remissione Parziale; specificare anche se: con Sintomi Negativi Consistenti
- Episodio singolo in Remissione Completa
- Altro o non specificato Profilo
La diagnosi differenziale
Una sintomatologia di tipo psicotico può presentarsi in una notevole quantità di quadri
psichiatrici non schizofrenici.
60
Encefalite Processo infiammatorio che colpisce l’encefalo
109
f) I Disturbi di Personalità Schizoide, Schizotipico e Paranoide, a differenza dei disturbi
schizofrenici, presentano raramente e solo per brevi periodi, deliri, allucinazioni e una
marcata disorganizzazione comportamentale e, in ogni caso, le manifestazioni del
disturbo di personalità sono sempre preesistenti a tali sintomi.
La prognosi
Tra i fattori prognostici, quelli maggiormente in grado di indicare predittivamente il decorso
del Disturbo sono legati a:
La clinica
I disturbi schizofrenici presentano un’estrema varietà sintomatologica, pur nella persistenza
di alcune caratteristiche comuni; anche all’interno di un singolo caso, inoltre, può osservarsi
longitudinalmente una notevole fluttuazione della espressività clinica. L’interessamento
cospicuo della maggior parte delle funzioni psichiche e la perdita della loro integrazione e
coordinazione è responsabile della grande quantità di sintomi osservabili e del loro
complesso intreccio.
Come visto:
- lo sviluppo del disturbo avviene nella maggior parte dei casi nell’adolescenza o nell’età
giovanile: il rendimento scolastico o lavorativo possono cominciare a decrescere senza
alcune ragione significativa
- può comparire un ritiro sociale progressivamente crescente, insieme a una graduale
perdita di interesse per le attività abituali.
- A questi sintomi possono aggiungersi disagio affettivo e un peggioramento della
performance cognitiva:
a) stranezze comportamentali sempre più consistenti
110
b) anormalità a carico della funzione ideativa che diviene tangenziale, o dominata da
tematiche inusuali (ricorda la tetrade dei disturbi dei legami del pensiero di cui si
parla nel capitolo V sulla psicopatologia)
c) distorsione o appiattimento della vita affettiva
d) incongruenza ideo-affettiva
e) labilità e instabilità dell’umore, euforia e tristezza poco comprensibili
(ambivalenza e labilità affettiva)
Questo corteo di sintomi, con modalità e intensità diverse, produce nei familiari la sensazione
di un cambiamento rispetto al precedente assetto raggiunto.
La modalità di comparsa più frequente del disturbo schizofrenico è proprio quella in cui si
rendono evidenti in modo lentamente progressivo:
1) la sintomatologia
2) il distacco dall’ambiente
3) la frattura con la realtà
1) l’esordio è acuto
2) emergono improvvisamente esperienze psicotiche deliranti-allucinatorie, dai contenuti
più diversi:
a) mistico-religiosi
b) di trasformazione somatica
c) di fine del mondo
d) di veneficio
e) di nocumento
f) di influenzamento
3) la disorganizzazione ideativa può essere tale che la produzione delirante stessa risulta
frammentaria e i deliri prendono la forma di spunti con scarsa o nulla coerenza interna
(deliri non sistematizzati)
4) Non infrequentemente, questo tipo di “rottura psicotica” è preceduta dalla comparsa
altrettanto repentina di uno stato d’animo pre-delirante con il quale il paziente
avverte, come in una sorta di drammatico presentimento, che qualcosa di irreparabile
sta per accadere a lui stesso, alla sua famiglia, al mondo intero: il senso della realtà
subisce una brusca e angosciosa modificazione, i suoi significati diventano
incomprensibili e minacciosi.
5) L’esordio acuto di un disturbo schizofrenico può anche presentarsi con una condizione
di alterazione della coscienza, con stati di intensa e grave confusione mentale.
Nella maggior parte dei casi, però , dopo una fase peggiorativa (di riacutizzazione),
l’adattamento successivo, seppur apparentemente asintomatico, sarà globalmente inferiore
rispetto al periodo precedente la crisi di riacutizzazione psicotica.
111
Inoltre con una certa frequenza la nuova fase acuta è seguita da un periodo depressivo nel
quale il paziente appare come svuotato dal delirio ma anche dalla carica affettiva dello stesso;
le fasi depressive post-psicotiche sono state interpretate come:
Terapia
L’eziopatogenesi multifattoriale del Disturbo Schizofrenico impone un approccio terapeutico
integrato che si avvale contemporaneamente:
1) farmacoterapia
2) psicoterapia
3) riabilitazione
61
ecolalia Ripetizione, a tipo automatico, di parole o di una frase udite al momento.
62
ecoprassia In psichiatria, disturbo di natura demenziale, che consiste nell’imitazione di movimenti fatti da altri.
112
Mai come nel caso del disturbo schizofrenico, la possibilità di influenzare favorevolmente la
prognosi, di diminuire le ricadute ed evitare o ridurre la possibilità di esiti negativi,
dipendono dalle risorse terapeutiche che si è in grado di offrire al paziente e alla famiglia.
Proprio in virtù del loro prevalente effetto sull’espressività sintomatica, più che sul processo
patologico vero e proprio, questi farmaci devono spesso essere impiegati per periodi molto
lunghi, anche per mesi o addirittura anni, per cui non raramente il loro impiego, a fronte di
una buona azione di controllo a livello sintomatologico, non è scevro da possibili rischi di
natura:
a) neurotossica
b) epatotossica
c) nefrotossica
d) sull’equilibrio neuroendocrino e metabolico
I neurolettici comprendono:
1) Fenotiazine
2) Butirrofenoni
3) Tioxanteni
4) Benzamidi sostituite
5) Dibenzoazepine
113
1) Sedativi e antimaniacali, in caso di agitazione psicomotoria
2) deliriolitici
3) allucinolitici
4) attivanti o disinibenti (detti anche, eufemisticamente, risocializzanti)
5) tossici
6) abbassano la soglia convulsionante
7) sul sistema extrapiramidale e per questo provocano sintomi extrapiramidali
8) provocano sintomi neurovegetativi
Ma il vero problema del controllo farmacologico dei sintomi schizofrenici è dato dalla
sintomatologia negativa; le sostanze oggi impiegate con questa finalità appartengono a
categorie differenti: Butirrofenoni, Tioxanteni, Benzamidi Sostituite, il Risperidone e la
Clozapina che sono Antipsicotici Atipici.
1) Risperidone (Benzisoxazolo)
2) Clozapina (Dibenzazepina): va ricordato perché è il <<più atipico tra gli antipsicotici
Atipici>>; ha un elevato effetto sul quadro psicotico, e spesso è utilizzato nei casi di
resistenza, Ha però grossi effetti sedativi e richiede un emocromo precedente dal
momento che può portare a leucopenia (diminuzione dei globuli bianchi, indispensabili
per proteggere l’organismo dalle infezioni)
3) Olanzapina (tieno-BDZ simile alla Clozapina)
4) Quetiapina
5) Aripiprazolo
6) Paliperidone
7) Ziprasidone
114
Al di là di un intervento di psicoterapia familiare, oggi si privilegiano interventi di tipo
psicoeducazionale, volti ad informare, sostenere e correggere eventuali atteggiamenti
familiari che determinano un peggioramento delle possibilità e delle capacità adattive del
paziente. La possibilità , ad esempio, di intervenire sui pattern di emotività espressa familiare
– cioè sull’insieme delle reazioni emotivo-affettive di incoraggiamento e accettazione o, al
contrario, di rifiuto e ostilità della famiglia alla condizione schizofrenica – determina una
minore necessità di ospedalizzazione e una minore tendenza alle ricadute.
Una qualche forma di psicoterapia supportiva appare indicata in molti casi di disturbo
schizofrenico.
Il terzo asse portante della terapia della psicosi schizofrenica è costituita dagli interventi
riabilitativi, risocializzanti, e in grado di far uscire il paziente dall’”esilio dalla realtà esterna”
di cui parlava Racamier.
I Farmaci Neurolettici
Sono i farmaci maggiormente impiegati nel trattamento dei Disturbi Psicotici: Schizofrenia,
Psicosi Acute, Disturbi Deliranti, Mania,ecc.
1) Sedativo
2) Deliriolitico
3) Allucinolitico
4) Antimaniacale
I Neurolettici quindi:
Questi farmaci svolgono un’azione di grande importanza dal punto di vista clinico per le
Psicosi:
1) ne controllano i sintomi
2) ne hanno radicalmente cambiato il decorso
3) ne hanno migliorato la prognosi
4) ne hanno diminuito le percentuali di cronicizzazione e le ricadute
5) hanno reso accessibile, ai pazienti affetti da questi disturbi, un ampio ventaglio di
interventi psicoterapeutico-riabilitativi, impensabili in era pre-neurolettica
6) hanno rivoluzionato i criteri dell’assistenza psichiatrica al paziente psicotico
7) hanno consentito una migliore possibilità di adattamento e di integrazione familiare e
sociale
1) Fenotiazine
115
2) Butirrofenoni
3) Tioxanteni
4) Benzamidi
5) Dibenzazepine
6) Benzisoxazoli
7) Dibenzoxazepine
8) Dibenzotiazepine
9) Difenilbutilpiperidine
1. Fenotiazine
Il capostipite degli Antipsicotici fenotiazinici è la Clorpromazina, il primo neurolettico e
psicofarmaco sintetizzato.
a. Promazina
b. Prometazina
c. Perfenazina
d. Levomepromazina
e. Flufenazina
2. Butirrofenoni
Svolgono un’attività neurolettica potente e incisiva, paragonabile a quella dei composti
fenotiazini più efficaci. Di questo gruppo fa parte l’Aloperidolo, farmaco largamente
impiegato per la sua spiccata azione deliriolitica e allucino litica. Altri importanti
Butirrofenone sono:
a. Droperidolo
b. Trifluoperidolo
c. Benperidolo
d. Bromperidolo
3.Tioxanteni
Hanno una struttura chimica simile a quella delle Fenotiazine; importante in questa categoria
è Zuclopentixolo
4. Benzamidi
Sono farmaci definiti Anfoteri perché dotati di uno spettro di azione clinica vario; essi infatti
hanno effetti:
116
- antipsicotici, a dosi cospicue
- antidepressivi-antisomatizzanti, a dosi più basse
Un’altra differenza rispetto agli altri neurolettici è la capacità di provocare effetti di tipo
endocrino consistenti in:
- Sulpiride
- Levosulpiride, efficace anche nei Disturbi Somatoformi
- Amisulpiride, con una specifica indicazione per il Disturbo Distimico
- Triapide, utilizzata anche nell’intossicazione alcolica acuta, nell’agitazione del
paziente anziano e nella terapia delle ipercinesie e tremori
5. Dibenzazepine
Fra queste un composto di un certo rilievo è la Clozapina per la sua azione sui sintomi
psicotici resistenti e sui quadri schizofrenici cronici e come farmaco utile in pazienti con gravi
effetti collaterali di tipo extrapiramidale o discinesia tardiva (v.effetti collaterali).
6. Benzisoxazoli
Il Risperidone è il principale farmaco di questa classe. Si tratta di un neurolettico
caratterizzato da una potente azione di antagonismo sia sui recettori 5-HT2 della
serotonina che su quelli della dopamina. La potente attività sui recettori serotoninergici 5-
HT2 (ricorda che questi sono auto-recettori, e che quindi, in condizioni normali, diminuiscono
i livelli serotoninergici cerebrali, mentre un effetto antagonista, come in questo caso, aumento
i livelli di sintesi e rilascio della serotonina) dovrebbe spiegare l’efficacia sui sintomi negativi
della Schizofrenia.
Il farmaco sembra non presentare gravi effetti collaterali, con effetti di tipo extrapiramidale
ridotti rispetto agli altri neurolettici.
7. Dibenzoxazepine
Sono molecole molto simili chimicamente alle Dibenzotiazepine.
8. Dibenzotiazepina
La Clotiapina è il farmaco più rappresentativo di questa classe, ed ha una spiccata azione
sull’eccitamento, l’agitazione e i sintomi allucinatori-deliranti (quindi grandi effetti
deliriolitici, allucinolitici, antimaniacali e sedativi)
63
Per galattorrea in campo medico, si intende un'anomala secrezione del latte nelle donne anche quando esse non provvedono
all'allattamento materno.
64
Sviluppo delle mammelle
117
9. Difenilbutilpiperidine
I composti di questa classe sono dotati di una durata d’azione medio-lunga, tanto da poter
essere somministrati una volta la settimana.
10.Neurolettici long-acting
Questi Neurolettici vengono rilasciati lentamente, assumendo così un carattere di lunga
durata che consente un’ottimizzazione della terapia. Di solito la somministrazione è
intramuscolare e avviene ogni 4 settimane o, più spesso, quando necessario.
Gli Antipsicotici a rilascio prolungato, data la loro efficacia prolungata, garantiscono una
maggiore continuità terapeutica e quindi un’adesione terapeutica a lungo termine da parte del
paziente, oltre ad avere le caratteristiche tollerabilità degli antipsicotici atipici.
Ricordiamo:
a. Flufenazina
b. Aloperidolo
c. Perfenaziona
d. Zuclopentixolo
e. Risperidone
f. Oliperidone
g. Olanzapina
Meccanismo di azione
L’effetto centrale dei Neurolettici a livello cerebrale è il blocco dei recettori D1-D2
dopaminergici.
118
Nello specifico:
- 5-HT2 (Risperidone) (auto recettore della Serotonina, quindi migliore azione sui
sintomi negativi)
- noradrenergico (ipotensione ortostatica)
- istaminergico (il suo blocco aumenta l’appetito e determina sonnolenza)
- gabaergico
119
per i recettori D3-D4-D5 della Dopamina (e non D1-D2, recettori prevalentemente
sottocorticali), posti a livello corticale, può spiegare la mancanza di effetti collaterali di tipo
extrapiramidale ed endocrino di queste molecole.
Effetti clinici
I neurolettici trovano la loro principale indicazione per il trattamento dei Disturbi
Schizofrenici, ma sono utili anche per una serie di Disturbi Psichici.
Nella Depressione Psicotica con deliri il neurolettico può essere somministrato assieme
ad un antidepressivo.
Nei casi di irrequietezza ed agitazione del paziente anziano a volte neurolettici a basse
dosi sono preferiti alle BDZ.
Effetti collaterali
I principali e più frequenti effetti collaterali dei Neurolettici sono gli effetti di tipo
extrapiramidale, a carico di:
- Sistema Nervoso Autonomo, per cui gli effetti extrapiramidali influenzano il sistema
motorio involontario, tanto da provocare motricità autonoma consistente in tremori e
sintomi simil-parkinsoniani, da trattare attraverso farmaci anti-parkinsoniani
- Sistema Cardiovascolare
- Sistema Endocrino (incremento della prolattina per cui iper-prolattinemia)
120
- Fegato (ittero maligno)
- Cute/dermatologici (fotosensibilizzazione e dermatiti allergiche)
- Ematico (leucopenia, ovvero diminuzione dei globuli bianchi)
- Metabolismo (uno dei più importanti effetti dei Neurolettici e il più importante effetto
degli Antipsicotici Atipici), consistente in:
a. aumento di peso anche in tempi rapidi
b. aumento dell’appetito (dovuto al blocco del recettore istaminico)
c. aumento del consumo di bevande zuccherate
d. diminuzione di leptina65
- Disturbi Sessuali, con episodi di impotenza
Gli effetti extrapiramidali sono dovuti alla diminuzione della funzione dopaminergica
ed al prevalere di quella colinergica per via della bilancia funzionale esistente tra questi
due mediatori del SNC, per cui l’Acetilcolina ha un effetto parasimpaticomimetico, e la
dopamina un effetto simpaticomimetico.
Per tale ragione, numerosi clinici utilizzano la terapia con farmaci anticolinergici
(parasimpaticolitici e quindi simpaticomimetico) quando si manifestano dei sintomi
collaterali di tipo extrapiramidale, anche se sarebbe preferibile iniziare i farmaci
anticolinergici insieme al neurolettico, soprattutto nel paziente ambulatoriale e nel paziente
giovane.
Posta la premessa di cui sopra, secondo cui il Sistema dopaminergico svolge un’importante
azione di controllo sul movimento autonomo, sull’equilibrio e sulla postura, gli effetti
extrapiramidali comprendono, in ordine cronologico di comparsa:
65
La leptina (dal greco leptos, cioè snello) è un ormone che ha un ruolo importante nella regolazione dell'ingestione e della spesa calorica,
compreso l'appetito ed il metabolismo.. Se la leptina regola il senso di sazietà , la grelina è l'ormone dell'appetito.
121
post-sinaptici determinata dal prolungato blocco recettoriale da parte del neurolettico. La
sintomatologia consiste in movimento involontari della testa, degli arti e del tronco, ma anche
dei muscoli della lingua. Il trattamento più adeguato in questi casi sembra essere la
somministrazione di neurolettici a basse dosi.
Gli effetti endocrini, intensi con l’uso delle Benzamidi Sostituite, consistono in:
- alterazioni mestruali
- ginecomastia
66
ovvero aumento del numero dei leucociti nel sangue, che avviene negli stati infiammatori e a volte è la prima indicazione di uno sviluppo
neoplastico; i leucociti ovvero i globuli bianchi sono cellule del sangue la cui funzione principale è quella di preservare l'integrità biologica
dell'organismo tramite l'attuazione di meccanismi di difesa diretti contro microorganismi patogeni di varia natura (virus, batteri, parassiti) e
contro corpi estranei penetrati nell'organismo previo superamento delle barriere costituite dalla cute e dalle mucose.
67
La mioglobina è una proteina globulare la cui funzione specifica è quella di legare reversibilmente l'ossigeno.
Quando si eseguono delle analisi del sangue, la mioglobina viene ricercata come marker di danno cardiaco; questa proteina viene infatti
rilasciata molto rapidamente dal tessuto miocardico ischemico, sofferente per il ridotto afflusso di ossigeno. Numeri alla mano, la mioglobina
plasmatica tende ad alzarsi entro 2-3 ore dall'infarto cardiaco, o altro danno muscolare, raggiungendo poi un picco dopo una decina di ore e
scendendo fino ai livelli basali entro 24 ore. Pertanto se un paziente lamenta i sintomi di un infarto (dolore toracico, angoscia, fame d'aria,
nausea, sudorazione), ed i suoi livelli plasmatici di mioglobina non salgono significativamente entro una decina di ore, è assai improbabile
che l'origine dei sintomi sia legata ad un danno cardiaco.
E’ fondamentalmente l’aumento di ossigeno nelle cellule.
122
- galattorrea
- diminuzione della libido
- impotenza
A carico della cute si possono annoverare fenomeni di fotosensibilizzazione e dermatiti
allergiche.
123
In questa categoria sono compresi quadri clinici caratterizzati dalla presenza di deliri e/o
allucinazioni, in assenza di Disturbi dell’Umore e di Disturbi dello Spettro Schizofrenico.
Già prima di Ippocrate veniva usato come sinonimo di pazzia; alla fine del diciannovesimo
secolo fu ripreso da Kraepelin che denominò così una malattia, diversa dalla Schizofrenia, e
caratterizzata dalla presenza di un delirio sistematizzato, in assenza di allucinazioni e con
un’evoluzione senza deterioramento (quindi non conduce a un deterioramento che esita in
demenza per Kraepelin).
Epidemiologia
Non è conosciuta.
Psicopatologia
La personalità premorbosa è caratterizzata da:
- insicurezza
- senso di inferiorità
- diffidenza (da cui i deliri di persecuzione)
- riservatezza
- utilizzazione di meccanismi di difesa infantili, come la negazione, la formazione
reattiva e la proiezione
Le convinzioni deliranti insorgono all’improvviso col crisma di una certezza assoluta che non
richiede prove ulteriori, e per questo non scalfibile né incrinabile dal mondo esterno. In tal
modo il delirio diventa sistematizzato, con una sua logica intrinseca.
Clinica
124
Il Disturbo si palesa con la comparsa per almeno un mese di un delirio sistematizzato, non
bizzarro, riguardante cioè situazioni che si verificano nella vita reale.
I contenuti del delirio possono avere varie tematiche, per cui è possibile distinguere:
Diagnosi
Secondo il DSM-IV-TR per porre diagnosi è necessaria la presenza per almeno un mese
di un delirio con le caratteristiche di cui sopra, in assenza di un Disturbo dell’Umore, di
un Disturbo Mentale Organico o altri sintomi caratteristici della Schizofrenia, come la
disorganizzazione concettuale e il deterioramento della personalità.
Bisogna ricordare che talvolta la Demenza di tipo Alzheimer presenta un esordio con deliri.
Terapia
Il maggior problema è l’accettazione da parte del paziente della terapia con neurolettici,
fattore che rende problematico anche l’approccio psicoterapeutico.
PARAFRENIA
Fu Kraepelin il primo autore ad usare questo termine per definire dei quadri clinici con
un’espressività intermedia tra la Paranoia e la Schizofrenia.
125
- parafrenia sistematica, con deliri di persecuzione e grandezza;
- parafrenia espansiva, con deliri a contenuto mistico o erotico, coesiste di solito uno
stato ipomaniacale;
- parafrenia fantastica, con deliri non sistematizzati, bizzarri con diverse tematiche;
- parafrenia confabulatoria, con minore deterioramento della personalità e presenza di
paramnesie68.
Il trattamento consiste nella separazione dei due pazienti e nell’adozione di un’idonea terapia
neurolettica.
- deliri
- allucinazioni
- comportamento disorganizzato
- brusche variazioni del tono dell’umore
68
Paramnesia Disturbo della memoria che consiste nell’alterazione dei ricordi
126
Colpisce in genere soggetti giovani.
La fase psicotica reattiva dura da qualche ora ad alcune settimane (sempre meno di 1 mese:
ricorda invece che per fare diagnosi di Schizofrenia la durata deve andare da 1 mese di
sintomi del criterio A a 6 mesi di sintomi prodromici e residui) e la risoluzione avviene in
genere con la restitutio quo ante.
La diagnosi differenziale va posta con i Disturbi dello spettro schizofrenico e con i Disturbi
dell’Umore.
Nella Psicosi Reattiva Breve in genere si riscontra un’anamnesi positiva, mentre più arduo è
differenziare questo quadro clinico dall’esordio di questi disturbi.
127
I Disturbi dell’Umore rappresentano, insieme ai Disturbi Schizofrenici, il cuore della
Psichiatria Clinica sia per la frequenza di tali patologie che per i problemi di ordine sociale e
clinico che questi determinano.
Quelli che erano definiti Disturbi dell’Umore comprendevano uno spettro molto ampio di
turbe psichiatriche, accomunate dall’alterazione centrale dell’umore – cioè dello stato
emozionale interno di un individuo che condiziona la qualità e l’intensità dei vissuti oltre che
l’attività cognitiva, volitiva e comportamentale –, ma differenziabili in rapporto a:
Tra i due estremi del Disturbo Depressivo Maggiore e del Disturbo Maniacale, si inseriscono
così numerose patologie diversificabili secondo i criteri appena descritti.
Non bisogna comunque trascurare che la tonalità dell’umore presenta delle oscillazioni
fisiologiche anche nel soggetto normale in relazione a:
La dizione di DISTURBI DELL’UMORE compare per la prima volta nel DSM-III-R e sostituisce
quella di DISTURBI AFFETTIVI che era ancora presente nel DSM-III.
Nel DSM-III-R viene anche riportata la distinzione tra umore, come emozione duratura che
colora l’intero stato psichico, ed affettività , come manifestazione esteriore del contenuto
emozionale.
128
b) Disturbi dell’Umore da Uso di Sostanze
c) Disturbi dell’Umore NAS
IL DSM5
Nel DSM5 l’intestazione <<Disturbi dell’Umore>> è scomparsa a favore di due nuove categorie
nosografiche:
- Episodio singolo
- Episodio ricorrente
Disturbo Distimico
DISTURBI BIPOLARI
Disturbo Bipolare I
129
- Ultimo episodio ipomaniacale
- Ultimo episodio maniacale
- Ultimo episodio misto
- Ultimo episodio depressivo
- Ultimo episodio non specificato
Disturbo Bipolare II
Disturbo Ciclotimico
DISTURBI DEPRESSIVI
La Depressione è uno dei più comuni sintomi psichici.
Si calcola che almeno il 10% della popolazione adulta generale soffra di uno o più episodi di
depressione nel corso della vita, mentre attorno al 30% viene valutato il rischio individuale di
essere affetto da Depressione in tutto l’arco della vita.
1) la Prevalenza per il Disturbo Depressivo sarebbe calcolata tra il 10-25% nel sesso
femminile e tra 5-15% nel sesso maschile, con un rapporto 2:1 tra donne e uomini
2) Nei familiari di pazienti depressi il disturbo è fino a 3 volte superiore rispetto alla
popolazione generale
3) Il disturbo tende a distribuirsi con una frequenza leggermente maggiore nelle classi
sociali più elevate
4) Alcuni Autori hanno segnalato una maggiore diffusione del Disturbo negli individui
soli, separati o divorziati (anche se va considerato che la minore frequenza di relazioni
affettive potrebbe essere una conseguenza della condizione depressiva piuttosto che
una concausa)
5) Nelle sue espressioni più gravi la depressione è una patologia che può comportare, in
ogni momento del suo decorso, e anche sotto trattamento farmacologico e/o
psicoterapico, un certo rischio suicidario. Circa il 50% dei soggetti che realizzano atti
autosoppressivi sono affetti da Depressione, mentre, approssimativamente, il 1.5% dei
pazienti con diagnosi di Disturbo dell’Umore possono attuare propositi suicidari.
130
Il rischio suicidario sembra aumentare in caso di comorbidità con il Disturbo da
Attacchi di Panico e con il Disturbo da Uso di Sostanze, o dalla presenza di sintomi
quali grave insonnia e ansia elevata.
Inoltre, la comparsa di sintomi depressivi durante il decorso di gravi patologie
croniche degenerative, malattie neoplastiche o cardiovascolari, determina un
peggioramento della prognosi, oltre che della qualità di vita, e può , quindi, favorire un
esito infausto.
Le ipotesi eziologiche
Le sindromi depressivi dimostrano, come tutti gli altri disturbi, un’eziologia complessa che
richiama una certa multifattorialità (in cui, cioè, la dimensione neurobiologica, seppur
importante, si lega indissolubilmente a fattori di ordine psicologico e sociorelazionale).
La genetica
Alcuni importanti dati:
- gli studi sulle famiglie dei depressi mostrano una incidenza di disturbi depressivi da
1,5 a 3 volte superiore nei parenti di primo grado, rispetto alla popolazione generale;
- i gemelli monozigoti presentano un tasso di concordanza per il Disturbo Depressivo
dal 65% al 75%
- la concordanza scende in un range tra il 14% e il 19% nei gemelli eterozigoti
- i genitori biologici di pazienti bipolari hanno una maggiore probabilità di sviluppare
turbe di natura depressiva rispetto ai genitori adottivi
Neurochimica
Dal punto di vista neurochimico, “classica” è l’Ipotesi Monoaminergica della Depressione,
che, a partire dalla comprensione dell’azione della Reserpina, metteva in connessione il
deficit di catecolamine e serotonina (monoamine) con la comparsa dei sintomi depressivi;
questa ipotesi era rafforzata dalla constatazione che i farmaci Antidepressivi Triciclici e gli
IMAO determinavano un aumento dei livelli di catecolamine cerebrali, e quindi una riduzione
del loro catabolismo, o attraverso un blocco del re-uptake a livello dello spazio inter-sinaptico
(Triciclici) o attraverso l’inattivazione dei sistemi enzimatici preposti alla loro degradazione
(IMAO).
131
Prese così corpo la Teoria della sensibilità recettoriale. Si vide così che la
somministrazione cronica di farmaci Triciclici aveva come effetto:
Tutte queste modificazioni hanno come effetto un incremento delle funzioni noradrenergiche
e serotoninergiche.
Sistema neuroendocrino
Le numerose alterazioni ormonali documentano un coinvolgimento del sistema endocrino nei
Disturbi dell’Umore.
I dati più interessanti sono quelli relativi al funzionamento dell’Asse HPA (Asse Ipotalamo-
Ipofisi-Surrene).
L’asse HPA è collegato al sistema limbico e regola i livelli cerebrali di cortisolo. L’area limbica
e l’asse HPA costituiscono la cosiddetta <<Catena Psicosomatica>>.
Un aumento della secrezione di cortisolo è riscontrabile anche nei Disturbi Alimentari (infatti
gli antidepressivi hanno un effetto importante anche sul controllo dei disturbi alimentari).
132
L’iperattività dell’Asse HPA nei pazienti depressi sarebbe anche confermata da alcuni studi
che evidenziano con elevata frequenza un aumento delle dimensioni dell’ipofisi e del surrene.
Neuropeptidi
Un’altra importante area della ricerca neurobiologica sui Disturbi dell’Umore riguarda lo
studio dei neuropeptidi.
- colecistochinina
- ossitocina
- endorfine
- vasopressina
- somatostatine
Sistema immunitario
Il Disturbo Depressivo può svolgere un’importante azione immunodepressiva, diminuendo
quindi l’efficacia della risposta del sistema immunitario; questa proprietà spiega perché la
presenza di una patologia depressiva nel corso di malattie gravi e potenzialmente mortali può
peggiorare il decorso e diminuire la risposta alle terapie.
A conferma di ciò , va rilevato che miglioramenti clinici, seppur parziali e non duraturi,
possono essere ottenuti in un paziente depresso con la deprivazione di sonno.
E’ noto, infine, che un gruppo di pazienti affetti da Disturbi Depressivi presenta cospicui
peggioramenti in autunno e in primavera, così come molti pazienti maniacali tenderebbero a
peggiorare nel periodo estivo. Tali caratteristiche esprimono probabilmente un’abnorme
133
sensibilità dei pazienti affetti da Disturbi dell’Umore alla luce e alle variazioni della sua durata
(vedi, ad esempio, il passaggio dall’ora legale a quella solare e viceversa) dimostrando che, in
tali disturbi esiste una certa sensibilità alle alterazioni dei bioritmi influenzati in modo
decisivo dalla luce.
Neuroimaging
La TAC ha evidenziato, in un sottogruppo di pazienti affetti d Disturbi dell’Umore, una
dilatazione dei ventricoli cerebrali, associata a:
Alcuni studi condotti con la PET e con il RCBF sembrano dimostrare una riduzione del
consumo di glucosio in alcune aree cerebrali (prefrontale, frontale, temporale destra), ma tali
ricerche necessitano di conferme maggiori.
Alla base del Disturbo Depressivo è possibile riconoscere una ampia varietà di fattori
psicologici che possono combinarsi tra di loro o con altri fattori eziopatogenetici di natura
biologica e ambientale.
Tra gli aspetti di personalità premorbosa più frequentemente segnalati come correlati con il
Disturbo Depressivo troviamo:
Soggetti con bassi livelli di autostima e fortemente autocritici sarebbero più inclini a soffrire
di manifestazioni depressive.
134
Molto indagati sono i fattori psicosociali precoci: è oggi generalmente accettato che la qualità
dell’ambiente affettivo primario è fondamentale per lo sviluppo di un senso di sicurezza e di
fiducia “ontologico”, e di quella resilienza che consente al soggetto di fronteggiare ostacoli,
difficoltà ed esperienze dolorose. Da questa prospettiva appare centrale la relazione madre-
bambino che, se particolarmente carente o disturbata, può determinare un permanente senso
di instabilità e insicurezza che, a sua volta, può (secondo M.O.I. autoperpetuantesi), aumentare
la vulnerabilità depressiva (sembra ci sia un aumento di rilascio di cortisolo e corticotropina).
In ambito psicodinamico:
Melanie Klein ipotizza, nello sviluppo psicologico infantile, una posizione depressiva, che fa
seguito alla posizione schizo-paranoide, come fase in cui si attenuano i meccanismi difensivi
di scissione e proiezione (caratterizzanti la precedente posizione) e comincia ad attuarsi
l’integrazione dell’oggetto d’amore, verso il quale cominciano a essere sperimentati
contemporaneamente sentimenti sia di amore che di odio. Il riconoscimento della totalità
dell’oggetto d’amore, a fronte della precedente rappresentazione interna parziale, e per
questo deformata, dello stesso genera una condizione depressiva in cui il bambino tenta di
“riparare” il “lutto” di aver ucciso, in fantasia, l’oggetto in grado di garantire cura e
sostentamento (“Lutto e riparazione” nella Klein).
Sul piano psicosociale meritano particolare attenzione gli eventi stressanti recenti; molto
ricerche dimostrano infatti una particolare concentrazione di tali esperienze nei mesi
immediatamente precedenti l’insorgenza della Depressione, mentre non sembra vi sia alcuna
correlazione tra eventi di vita e Mania.
135
Alcuni Autori propongono, quindi, un forte ruolo eziologico nella patologia depressiva degli
eventi recenti della vita; questi eventi stressanti depressogeni ruotano attorno all’esperienza
della perdita: morte del coniuge, separazione o divorzio, perdita del posto di lavoro, trasloco,
ecc. Questi presupposti concettuali rappresentano la matrice dell’Approccio psicoterapico
Interpersonale.
Va infine valutato quanto particolari stili cognitivi e personali modalità di approccio alle
situazione della vita possano maggiormente esporre l’individuo all’azione degli eventi
stressanti o, al contrario, proteggerlo aumentando la sua capacità di adattamento e
resistenza.
Risulta interessante notare quindi come la patologia depressiva implichi una lettura
multidimensionale che richiama una visione olistica dell’uomo, in quanto totalità
biopsicosociale.
La Prevalenza è quasi doppia nelle donne, a differenza del Disturbo Bipolare che tende a
distribuirsi senza differenze nei due sessi.
A. Cinque o più dei seguenti sintomi sono stati contemporaneamente presenti durante un
periodo di 2 settimane, e rappresentano un cambiamento rispetto al precedente
funzionamento psicosociale; almeno uno di questi sintomi è costituito da (1) umore
depresso o (2) diminuzione o perdita di interesse o di piacere.
Nota: non includere sintomi chiaramente dovuti a una patologia medica generale o a deliri o
allucinazioni incongrui all’umore.
1) Umore depresso per la maggior parte del giorno, quasi ogni giorno, come riferito dal
soggetto o come osservato dagli altri. Nota: nei bambini e negli adolescenti l’umore
può essere irritabile.
2) Marcata diminuzione di interesse e di piacere per tutte, o quasi tutte, le attività per la
maggior parte del giorno, quasi ogni giorno (come impressione soggettiva od
osservazione fatta da altri).
3) Significativa perdita di peso, quando non a dieta, o aumento di peso, oppure
diminuzione o aumento dell'appetito quasi ogni giorno. Nota: nei bambini considerare
l’incapacità di raggiungere i normali livelli ponderali69.
69
Livello di peso.
136
4) Insonnia o Ipersonnia quasi ogni giorno.
5) Agitazione o rallentamento psicomotorio quasi ogni giorno anche osservato da altri, e
non soltanto come sentimenti soggettivi di essere irrequieto o rallentato.
6) Tendenza all’affaticamento o mancanza di energia quasi ogni giorno (astenia).
7) Sentimenti si autosvalutazione o di colpa eccessivi o immotivati (che possono essere
deliranti) quasi ogni giorno.
8) Diminuita capacità di riflettere o di concentrarsi, o indecisione quasi ogni giorno (come
impressione soggettiva od osservazione fatta da altri).
9) Pensieri ricorrenti di morte (non solo paura di morire), ricorrenti propositi suicidari
senza un piano specifico, o tentativo di suicidio o ideazione di un piano specifico al fine
di commettere il suicidio
L’episodio depressivo maggiore, è caratterizzato quindi dal punto di vista sintomatologico da:
Spesso è presente una componente di ansia, irrequietezza, irritabilità e tutta una serie di
sintomi somatici che rendono più sgradevole il vissuto psicofisico di questi soggetti. Tra
questi ricordiamo sintomi somatici come:
137
La condizione esistenziale del depresso viene, così, a connotarsi per la perdita della capacità
di desiderare, di sperare e di percepire quindi la realtà come modificabile e
migliorabile. Sia il mondo interno del paziente che la percezione del mondo esterno
divengono fissi e statici, immutabili.
L’amplificazione della risonanza negativa del passato avviene a scapito, oltre che del presente,
anche del futuro: la depressione comporta infatti invariabilmente l’incapacità di
“guardare oltre”, di sperare, di progettarsi, di adattarsi flessibilmente al fluire
incessante del tempo, ai suoi imprevisti e ai suoi scacchi.
- colpa
- indegnità
- rovina
- autoaccusa
- malattia
- nichilistico o di negazione, di parti del proprio corpo (“ho il cuore di pietra”, detto
letteralmente), di se stesso, dei familiari, o di tutta la realtà (Delirio di Cotard)71.
138
3) attenzione: ipoprosessia
4) percezione: ipoestesia
5) memoria: ipomnesia
6) eloquio: lento e povero
7) attività psicomotoria: rallentamento motorio, gestuale e mimico
8) disturbi del sonno
PSEUDODEMENZA
In questo quadro sono presenti sintomi che evocano una Sindrome Demenziale:
139
La diagnosi differenziale con le forme di Demenza vera e proprie può essere a volte difficile, e
il dubbio diagnostico non raramente può essere chiarito attraverso una terapia
antidepressiva: gli Antidepressivi Triciclici determinano abitualmente un peggioramento (per
gli effetti anticolinergici) della sintomatologia legata a un danno organico cerebrale, laddove
invece migliorano il quadro clinico di un soggetto con Disturbo Pseudodemente di natura
depressiva.
DEPRESSIONE SECONDARIA
Sono condizioni depressive legate a malattie organiche.
- malattie neurologiche:
a) Morbo di Parkinson
b) Traumi cranici
c) Epilessie temporali
d) Tumore cerebrale
e) Turbe di natura cerebrovascolare
- malattie endocrino-metaboliche
a) ipertiroidismo
b) diabete
- malattie infettive
a) AIDS
b) Tubercolosi
- sistemiche
a) artrite reumatoide
b) anemia72
- alcune categorie di farmaci
a) neurolettici (per diminuzione della Dopamina)
b) cortisonici
La sospensione del trattamento in casi di dubbio consente, nella maggior parte dei casi
di depressione iatrogena, un rapido recupero delle condizioni eutimiche.
- droghe:
a) morfina
b) eroina
c) cocaina
- alcool
DISTURBO DISTIMICO
Oggi DISTURBO DEPRESSIVO PERSISTENTE (in associazione con il DISTURBO
DEPRESSIVO MAGGIORE CRONICO).
72
L'anemia (dal greco senza sangue) è definita dalla caduta del tasso di emoglobina (Hb) nel sangue
140
Il DSM-IV-TR, con questa accezione, si riferisce a quella condizione di Disturbo dell’Umore in
cui la sintomatologia depressiva perdura con continuità da almeno due anni, senza che si sia
mai verificato un episodio depressivo maggiore o un episodio maniacale.
Quindi: (1) intensità minore rispetto alla Depressione Maggiore, ma (2) costanza maggiore
rispetto alla Depressione Maggiore.
DIAGNOSI DIFFERENZIALE
Oltre a una differenziazione tra casi di Depressione Primaria e casi di Depressione Secondaria,
la Diagnosi Differenziale riguarda diversi casi di patologia psichiatrica.
1) Spesso i Disturbi d’Ansia comportano una quota depressiva che può essere variamente
in relazione con la patologia ansiosa, fino a determinare situazioni di comorbidità in
cui coesistono Disturbi d’Ansia e Disturbo Depressivo.
Tra i Disturbi d’Ansia, il Disturbo da Attacco di Panico (DAP) presenta la comorbidità
più elevata con il Disturbo Depressivo Maggiore.
2) Molta attenzione va riservata alla differenziazione tra un Disturbo Schizofrenico –
soprattutto nelle fasi di esordio – e un primo episodio di Disturbo dell’Umore;
andranno in questo caso valutate, oltre alla familiarità con i due diversi disturbi:
- per protendere verso una diagnosi di Disturbo Schizofrenico:
a) la personalità premorbosa
b) la presenza di segni preclinici che possono far sospettare una condizione
dissociativa iniziale
- per protendere verso una diagnosi di Disturbo dell’Umore, sintomi come:
a) inappetenza
b) turbe del ritmo sonno-veglia
c) diminuzione o assenza di libido
Il Disturbo Somatoforme di frequente si associa al Disturbo Distimico (oggi, in
associazione a quello che era il Disturbo Depressivo Maggiore Cronico, Disturbo
Depressivo Persistente). L’attuale orientamento clinico-diagnostico peraltro inserisce
all’interno di questa categoria nosografica i quadri che venivano in passato identificati
come Depressione Mascherata, quadri depressivi, cioè, nei quali la compromissione del
timismo si esprime prevalentemente con sintomi somatici.
3) Il Disturbo dell’Adattamento con Umore depresso, data la presenza di un evento
scatenante nei 3 mesi precedenti la comparsa della sintomatologia depressiva
141
4) La Pseudodemenza nell’anziano
DISTURBI BIPOLARI
L’aspetto peculiare in questo caso è costituito dall’alternarsi, più o meno frequentemente,
di episodi depressivi, maniacali e ipomaniacali che configurano, a secondo delle
caratteristiche della loro ricorsività e intensità , i vari quadri di:
1) Disturbo Bipolare I
2) Disturbo Bipolare II
3) Ciclotimia
I Disturbi Bipolari di tipo I e di tipo II si differenziano per il fatto che, mentre nel primo la
Depressione si alterna con episodi maniacali, nel tipo Bipolare II gli episodi di
eccitamento, successivi alla fase depressiva, sono più contenuti e vengono perciò detti
“Ipomaniacali”.
DISTURBO CICLOTIMICO
In questo disturbo, il viraggio di polarità timica avviene con maggiore facilità.
L’esordio del disturbo è più precoce rispetto alle altre forme bipolari e il quadro clinico si
struttura sulla base di una rapida e continua alternanza, della durata di almeno 2 anni, di
episodi ipomaniacali e di episodi depressivi con gravità inferiore rispetto all’episodio
di Depressione Maggiore.
EPISODIO MANIACALE
La Mania è una condizione psicopatologica caratterizzata, per almeno 1 settimana, da:
142
- eccitamento psico-motorio
- a volte, iperattività
- a volte, agitazione
- a volte, irritabilità
- a volte, disforia
- sensazione soggettiva di elevato benessere o condizione irritativo-disforica, con
possibili tratti di aggressività fino a condizioni di tipo paranoide.
- Funzione ideativa, consensualmente allo stato ipertimico generale, è di tipo
tachipsichico con alterazione della trama associativa, per cui i nessi non sono solo
agevolati ma anche alterati, e le idee, quindi, si legano le une alla altre attraverso
associazioni facili, ma anche fragili e precarie, fino ad arrivare, a volte alla fuga delle
idee
- Il linguaggio è logorroico e digressionale, riflettendo il tachipsichismo del soggetto.
- I contenuti del pensiero possono essere improntati a una generica grandiosità,
oppure a spunti deliranti o veri e propri deliri, quasi sempre a sfondo
megalomanico, in tutte le possibili varianti della tematica della onnipotenza:
a) delirio genealogico
b) delirio inventorio
c) delirio mistico-religioso
d) delirio erotomanico
e) delirio di identità e di ruolo, per cui il soggetto in questione crede di essere una
persona diversa, spesso importante come Principi o Presidenti.
- La funzione attentiva mostra deficit caratteristici legati a una estrema distraibilità,
che porta il soggetto ad attenzionare ogni stimolo che entra nel suo campo attentivo,
lasciando scadere la qualità e la precisione dell’elaborazione cognitiva.
- Comportamento fortemente disinibito. La distanza relazionale del paziente maniacale
è classicamente molto ridotta, interagisce con l’altro attraverso una parola, una mimica
e una gestualità ipervivaci e incongruamente confidenziali e amichevoli, tanto da
sconfinare facilmente nella grossolanità , nell’invadenza se non addirittura
nell’aggressività .
- Il contatto e l’incontro con l’altro divengono, dietro un’apparenza di entusiasmo e
coinvolgimento, superficiali ed evanescenti, e consentono di cogliere, nella risonanza
empatica del rapporto, una profonda e angosciosa dimensione di vuoto e dolore
dalla quale il paziente tenta una difesa estrema attraverso la fuga forzata verso
la grandiosità.
- Il carattere maniacale porta spesso il paziente a trascurare il sonno, l’assunzione di
cibo e l’igiene personale, e a compiere spese elevate nell’acquisto di costosi oggetti
voluttuari che, soventemente, determinano gravi problemi finanziari che alimentano la
successiva possibilità di viraggio in fase depressiva
Nella Ipomaniacalità il quadro descritto si realizza con toni più sfumati e meno drammatici,
consentendo al soggetto un maggiore controllo comportamentale, senza che l’esaltazione
timica raggiunga i livelli elevati dell’eccitamento maniacale. I deliri sono sempre assenti e non
è quasi mai necessario il ricovere ospedaliero.
143
Anche l’episodio maniacale, come quello depressivo, può essere indotto da vari fattori
organici o farmacologici:
STATI MISTI
Si intendono con questa denominazione, delle condizioni psicopatologiche nelle quali
coesistono sintomi delle opposte polarità , maniacale e depressiva, ad esempio una deflessione
dell’umore con una eccitazione ideomotoria.
- rischio di suicidio
- presenza di gravi sintomi psicotici
- perdita dell’autonomia nella cura di sé
- gravi stati organici legati alla situazione depressiva, come ad esempio:
a) defedamento73
b) disidratazione
- condizione mediche che richiedono importanti precauzioni nell’impiego dei farmaci:
a) epilessia temporale
b) malattie cardiovascolari
c) epatopatie
144
La Farmacoterapia Antidepressiva può oggi disporre di un ampio spettro di sostanze che
comprende:
1) ANTIDEPRESSIVI TRICICLICI
2) ANTIDEPRESSIVI ATIPICI O DI SECONDA GENERAZIONE
a) SNRI, farmaci inibitori del re-uptake della Serotonina e della Noradrenalina;
b) SSRI, farmaci inibitori selettivi del re-uptake della Serotonina;
c) NASSA
d) NARI
3) IMAO, inibitori delle MAO, categoria di farmaci che agisce sui sistemi enzimatici delle
Monoamineossidasi (MAO)
4) RIMA, molecole MAO più maneggevoli rispetto alle IMAO, perché dotate di un’azione
meno drastica sui sistemi enzimatici delle MAO.
5) STABILIZZANTI DELL’UMORE
6) ANSIOLITICI (ad esempio, gli Azapironi: Buspirone)
7) ANTIPSICOTICI (NEUROLETTICI E ANTIPSICOTICI ATIPICI), come ad esempio le
Benzamidi per il Disturbo Distimico o i Neurolettici, in associazione con gli
Stabilizzanti dell’Umore per la Mania
- glaucomatosi74
- prostatici
- affetti da cardiopatie severe
Un altro possibile inconveniente legato al loro impiego è dipendente dalla latenza della
comparsa dell’effetto clinico, che richiede un periodo di 2-3 settimane per potersi
manifestare: nel frattempo, la comparsa, sotto trattamento con triciclici, dell’effetto
disinibente prima dell’effetto terapeutico sul tono dell’Umore può far sì che il paziente, ancora
depresso, si senta maggiormente spinto verso condotte di tipo autolesivo, prima
maggiormente controllate dall’inibizione ideo-affettiva.
La terapia con Antidepressivi Triciclici s’inizia abitualmente a basse dosi (25-50 mg/die) per
evitare o ridurre gli effetti collaterali, per arrivare a una dose massima di 250/300 mg/die in
10-15 giorni. Cautela andrà osservata in ogni caso per pazienti:
- epilettici
- cardiopatici
- epatopatici
- nefropatici
Gli effetti collaterali anticolinergici più comunemente osservati nei Triciclici sono:
- stipsi75
74
glaucòma Malattia oftalmica, con decorso acuto o cronico, caratterizzata da aumento della tensione oculare, dovuta all’ostacolato
deflusso dei liquidi interni per lesione dei tessuti oculari, i cui sintomi sono costituiti, tra l’altro, dalla dilatazione della pupilla, da
disturbi visivi più o meno gravi e da dolori locali.
75
Stipsi Stitichezza
145
- xerostomia76
- tendenza alla ritenzione urinaria
- disturbi della visione (che infatti esclude il trattamento a soggetti glaucomatosi) quali:
a. midriasi
b. annebbiamento della vista
- tremori
- sudorazione
- ipotensione ortostatica
L’uso dei Triciclici inoltre dovrà essere molto prudente nel trattamento degli episodi
depressivi del Disturbo Bipolare, perché il loro uso, se da una parte interviene efficacemente
nel controllo dei sintomi depressivi, dall’altro tende però ad accentuare l’intensità della
condizione di ricorsività bipolare, aumentando quindi la frequenza dei viraggi e di ricadute.
Le limitazioni – relative – all’uso dei Triciclici hanno spinto la ricerca farmacologica verso la
sintesi di nuove molecole.
Tra questi, importante è stata la sintesi delle SSRI, nuove molecole ad azione selettivamente
serotoninergica: si tratta di una classe di sostanze che ha mostrato un’efficacia pressoché
analoga a quella dei Triciclici, e addirittura, un’azione antidepressiva più rapida, senza tra
l’altro possedere gli effetti collaterali di questi farmaci.
- nausea
- iporessia77
- perdita di peso
- cafalea
- a volte, sedazione o, al contrario, nervosismo e insonnia
3- Gli IMAO e RIMA sono importanti molecole ad azione inibitoria sulle MAO, monoammine
ossidasi: l’introduzione delle molecole RIMA ha avuto un grande rilievo dal momento che
svolgono la loro azione inibitoria sugli enzimi MAO senza richiedere quelle precauzioni legate
all’effetto di interazione dei vecchi I-MAO con la tiramina alimentare (“effetto cheese”).
146
andrò protratto da 3 a 6 mesi per evitare o diminuire il rischio di ricadute e la
sospensione andrà avviata gradualmente.
In caso di depressioni farmaco-resistenti, di forme gravi che mettono a rischio la vita del
paziente o in presenza di controindicazioni importanti alla terapia farmacologica, dovrà
essere presa in considerazione la possibilità di una ECT ovvero di una Terapia
ElettroConvulsionante, che vede anzi in queste forme una delle sue poche indicazioni
elettive.
Ancora poco in uso a scopo terapeutico sono:
- la deprivazione di sonno
- l’esposizione alla luce ad alta intensità, trattamento che sembra trovare un suo
specifico impiego nelle forme a ricorsività stagionale (Disturbo Affettivo Stagionale)
che, come prima accennato, sembra collegato da un punto di vista eziopatogenetico alla
quantità di luce legata alle variazioni ritmiche stagionali.
La Terapia dell’episodio Maniacale, che richiede l’ospedalizzazione del paziente, si fonda
sull’impiego della:
- Farmacoterapia Neurolettica Sedativa, in associazione con
- Farmaci Stabilizzanti dell’Umore quali Litio e Carbamazepina
Il management del paziente affetto da Disturbo dell’Umore non può non prescindere da
considerazioni di ordine psicologico e psicosociale che abbiamo visto svolgere spesso un
significativo ruolo nell’insorgenza del disturbo e/o nella modulazione del suo decorso.
La relazione con il paziente depresso richiede particolari attenzioni, in vista di una difficile
alleanza terapeutica, che richiederà al terapeuta l’accettazione empatica dei vissuti di
angoscia depressiva e inerzia vitale, senza tentare di sollecitare intempestivamente il paziente
a reagire alla sua condizione di paralisi psichica, di abulia e di totale mancanza di interesse;
tali stimolazioni che il paziente riceve spesso e intensivamente anche dal suo ambiente
familiare hanno spesso come unico effetto quello di aumentare a dismisura la distanza
emotiva dal terapeuta e di esasperare il vissuto di solitudine e di incomprensione.
Appare inoltre molto utile, nell’ambito della relazione medico/psichiatra-paziente, la
possibilità di un’adeguata esplicazione e chiarificazione su quello che il paziente può
aspettarsi dalla terapia farmacologica, in termini di miglioramento, effetti terapeutici, effetti
collaterali, ecc.. .
Una parte importante nel trattamento del paziente depresso occupa l’Approccio
Psicoterapeutico: gli interventi più adeguati per le caratteristiche di questa patologia
sembrano essere:
- la Terapia Cognitivo-Comportamentale, che persegue in questi casi l’obiettivo di una
ristrutturazione cognitiva, grazie alla quale il paziente può gradualmente recuperare
un’immagine di sé più realistica e cominciare a viversi al di fuori del loop patologico e
stereotipico legato al fallimento e all’insuccesso.
Tale tipo di intervento esplica anche un’azione favorevole sulla problematica
depressiva “allenando” il paziente alla soluzione di problemi concreti e quindi
stimolando migliori strategie adattive.
- la Psicoterapia Psicodinamica Breve
- la Psicoterapia Interpersonale, si è sviluppata specificamente per l’intervento su
pazienti depressi unipolari non psicotici.
Si tratta di una forma di psicoterapia breve, basata su elementi di tipo psicopedagogico
147
e che ha per scopo l’acquisizione di capacità interpersonali da estendere al contesto
extra-clinico, e attraverso le quali poter affrontare le situazioni di perdita, di
cambiamento di ruolo, di difficoltà relazionali e affettive, di disadattamento
psicosociale che rappresentano, secondo questo orientamento psicoterapico, la
matrice della vissuti depressivi patologici.
Questo approccio privilegia maggiormente il rapporto con la dimensione del presente
rispetto alle terapie dinamiche, che leggono la situazione attuale del paziente a partire
dalle esperienze affettive infantili.
In generale, un approccio terapeutico integrato farmaco-psicoterapicoappare
consigliabile in una buona percentuale di Disturbi dell’Umore.
I Farmaci Antidepressivi
Si tratta di una categoria di farmaci che svolge un’importante azione sui sintomi della
Depressione, quindi:
- Disturbi Alimentari
- DAP
- Disturbi Ossessivi
- Sindromi da Dolore Cronico (Algico)
La ricerca psicofarmacologica ha reso disponibili, nel corso del tempo, una grande quantità di
farmaci utili nel trattamento e nella prevenzione dei Disturbi Depressivi. I primi farmaci
Antidepressivi utilizzati furono l’Iproniazide e l’Imipramina; in entrambi i casi, la scoperta
delle proprietà antidepressive è da attribuire alla serendipità . Infatti:
L’elevato numero di composti ad azione antidepressiva oggi presente, con uno spettro di
caratteristiche differenziali molto ampio, ha indubbiamente moltiplicato le opzioni possibili
nella scelta della sostanza più adeguata per un determinato intervento terapeutico,
determinando una migliore possibilità di individualizzazione del trattamento, sempre più , per
questo, “ritagliato” sul paziente e rispondente alle sue caratteristiche.
Nel campo della terapia antidepressiva abbiamo assistito negli ultimi anni alla
sperimentazione di nuovi farmaci come gli SSRI (inibitori specifici del re-uptake della
serotonina) e i RIMA (inibitori reversibili delle MAO-A), rivelatisi più flessibili e con minori
148
effetti collaterali rispetto alle sostanze utilizzate fino agli anni ’80, ovvero i Triciclici e gli I-
MAO non reversibili.
Classificazione
I farmaci ad attività antidepressiva si possono differenziare in numerose categorie, ognuna
delle quali presenta effetti clinici e collaterali specifici.
Distinguiamo quindi:
Esistono due tipi di enzimi MAO, che metabolizzano serotonina e catecolamine: di tipo A
(MAO-A) e di tipo B (MAO-B). I composti di questa categoria, a differenza dei preparati più
nuovi (RIMA) agiscono su entrambi i gruppi enzimatici.
Hanno quindi una funzione di inibizione sulle MAO, bloccando il catabolismo delle
catecolamine e della serotonina, e potenziando, di conseguenza, l’attività
neurotrasmettitoriale.
- Ami-triptilina
- Nor-triptilina
- Pro-triptilina
- Clorimipramina
- Imipramina
149
dotati di un profilo di effetti collaterali più accettabili e il cui impiego riguarda quindi le
situazioni nelle quali i TCA sono mal tollerati o controindicati. Tra questi ricordiamo il
Trazodone
Questi farmaci rappresentano una categoria di sostanze autonome, che svolge un meccanismo
di azione di tipo serotoninergico e che presenta, quindi, caratteristiche cliniche specifiche. Tra
gli SSRI ricordiamo:
7. Benzamidi Sostituite
150
Questa categoria comprende farmaci definiti classicamente “anfoteri”, attivi cioè nel
trattamento dei sintomi negativi della Schizofrenia, ma a dosi inferiori dotati anche di attività
antidepressiva ed efficaci nei Disturbi Somatoformi.
8. NaSSA
Il composto più noto di questo gruppo è la Mirtazapina.
9. NARI
Di questa categoria di farmaci noradrenergici fa parte la Reboxetina.
11. Melatonergici
La melatonina aiuta il sonno, viene prodotta nella Epifisi (o Ghiandola Pineale) che regola le
funzioni del corpo in base al ciclo sonno-veglia.
Meccanismo d’azione
Lo studio dei meccanismi di azione dei farmaci antidepressivi ha favorito la costruzione dei
modelli biologici della Depressione e, quindi, la comprensione delle alterazioni neurochimiche
che stanno alla base dei sintomi depressivi.
La prima ipotesi sul meccanismo di azione dei farmaci antidepressivi postulava che queste
sostanze fossero in grado di incrementare il livello delle catecolamine cerebrali,
attraverso fondamentalmente due meccanismi:
Col passare degli anni però si diede sempre più valore al fatto che mentre l’azione di
blocco del re-uptake delle catecolamine svolta dai TCA può essere considerata “acuta”,
nel senso che si realizza molto rapidamente dopo le prime somministrazioni del
151
farmaco, la comparsa dei primi effetti clinici risulta ritardato di circa 15-20 giorni
rispetto a queste variazioni iniziali.
Scaturì allora una seconda ipotesi sul meccanismo di azione dei farmaci antidepressivi:
l’effetto clinico antidepressivo dei TCA andava correlato non al blocco della ricaptazione delle
catecolamine (“effetto acuto”), ma alla loro azione sulla sensibilità recettorialeche è un
effetto “cronico”, e richiede cioè per realizzarsi un tempo analogo a quello necessario perché
si manifesti un miglioramento della sintomatologia depressiva.
Così l’iposensibilizzazione dei recettori presinaptici potrebbe avere come effetto una
diminuzione della inibizione della sintesi e della liberazione del neurotrasmettitore,
determinando un incremento della neurotrasmissione stessa.
1) neurotrasmettitori
2) concentrazione dei recettori
3) sensibilità dei recettori al neurotrasmettitore
Gli I-MAO sono molecole che inibiscono la deaminazione ossidativa delle monoamine e,
evitando il loro catabolismo, aumentano la loro quantità e i loro effetti funzionali.
Effetti clinici
152
Gli Antidepressivi Triclici rappresentano ancora oggi i farmaci di prima scelta in molti casi
di Depressione Maggiore, sebbene i farmaci più nuovi con uno spettro più limitato di effetti
collaterali stiano progressivamente affermandosi in modo sempre più esteso.
I TCA hanno una latenza di 2-3 settimane prima che si manifesti l’effetto clinico.
Se la risposta del paziente al trattamento dovesse essere limitata, potrebbe essere potenziata
dall’aggiunta di Sali di Litio. Se non la risposta non dovesse ancora migliorare, sarà
opportuno passare a un Antidepressivo di categoria diversa, come gli SSRI o gli I-MAO.
Una volta ottenuto il miglioramento terapeutico, la terapia dovrebbe essere mantenuta per
almeno 5-6 mesi, dopo i quali il TCA dovrebbe essere ridotto lentamente evitando così la
comparsa di una reazione da sospensione che potrebbe essere confusa con la ripresa della
sintomatologia depressiva. Ma, mentre la “reazione da sospensione”, assimilata da molti a una
vera e propria sindrome d’astinenza, si verifica immediatamente dopo la sospensione del
farmaco, specie se brusca, la ripresa della sintomatologia depressiva può comparire dopo
settimane o mesi dalla sospensione.
- Disturbi Depressivi
- Disturbi Ossessivi (specialmente la Fluvoxamina)
- DAP
- Bulimia
- Patologia a sfondo impulsivo-aggressivo
Gli Antidepressivi di Seconda Generazione e i nuovi SSRI hanno un più breve periodo di
latenza rispetto ai TCA, circa 10 giorni, che si riduce ancora, a circa 5-7 giorni, con la
Venlafaxina.
Effetti collaterali
Come visto, i TCA sono farmaci efficaci, ma ciò che ne limita a volte l’uso sono i loro effetti
collaterali, dovuti principalmente a:
153
2) antiistaminergica
Il sistema nervoso negli esseri umani può essere anatomicamente suddiviso in:
- sistema nervoso centrale (SNC)
- sistema nervoso periferico (SNP). A seconda delle funzioni che riveste, il SNP è
suddiviso in:
a. sistema sensoriale
b. sistema motorio; quest’ultimo può essere a sua volta suddiviso in somatico e
autonomo. Il sistema autonomo, infine, è suddiviso in:
1. simpatico
2. parasimpatico.
La principale differenza tra il SNC e il SNP sta nell'anatomia:
- Il SNC è formato da:
1) encefalo (cervello, tronco cerebrale e cervelletto)
2) midollo spinale
- il SNP è formato dai neuroni sensitivi e motori i cui assoni si estendono fuori dal SNC
per giungere a tessuti e organi.
Il sistema nervoso autonomo (SNA), conosciuto anche come sistema nervoso vegetativo o
viscerale, è quell'insieme di cellule che innervano gli organi interni e le ghiandole,
controllando le cosiddette “funzioni vegetative”, ossia quelle funzioni che generalmente sono
al di fuori del controllo volontario, per questo viene anche definito "sistema autonomo
involontario". Il SNA, come visto, è parte del SNP.
Il sistema nervoso autonomo è costituito da porzioni anatomicamente e funzionalmente
distinte ma sinergiche:
1) il sistema nervoso simpatico
2) il sistema nervoso parasimpatico
3) il sistema nervoso enterico o metasimpatico, fibre nervose che innervano i visceri, e
controllano il tratto intestinale.
Il SNP ha la funzione di regolare l'omeostasi dell'organismo ed è un sistema
neuromotorio non influenzabile dalla volontà che opera con meccanismi appunto
autonomi.
Il sistema nervoso autonomo controlla soprattutto il movimento della muscolatura liscia,
l'attività cardiaca e l'attività secretoriaghiandolare.
1. Sistema simpatico
Tradizionalmente si considera che l’innervazione del Sistema Simpatico svolga una funzione
fuga\attacco (fight or flight).
1) vasocostrizione
154
2) broncodilatazione
3) tachicardia
4) costrizione degli sfinteri
5) contrazione della muscolatura delle vie spermatiche (quindi contribuisce
all'eiaculazione).
155
Gli effetti collaterali degli SSRI:
Per gli altri Antidepressivi di II Generazione gli effetti collaterali più osservati sono:
Il problema principale delleI-MAO, che rende questi farmaci poco maneggevoli, è:
1) possibilità di interazione con i TCA o con altre sostanze simpatico mimetiche con
scatenamento di crisi ipertensive potenzialmente mortali;
2) interazione con la Tiramina alimentare, precursore delle catecolamine e quindi in
grado di stimolarne la sintesi e la liberazione; i cibi che contengono questa sostanza
vanno quindi accuratamente evitati durante una terapia con I-MAO, così come andrà
effettuato, prima di iniziare il trattamento con queste sostanze, un wash out di qualche
settimana se si erano impiegati TCA o simpaticomimetici. Tra i cibi che contengono
maggiormente tiramina ricordiamo:
a) formaggi fermentati
b) fegato
c) salumi
d) salsiccia
e) pesce affumicato
f) birra
g) vino rosso
h) fichi
i) fave
I rischi esposti a proposito delle I-MAO sono pressoché eliminati con l’introduzione dei
nuovi inibitori reversibili RIMA, farmaci molto più maneggevoli e sicuri dei vecchi I-MAO.
156
collaterali significativi ne consigliano l’utilizzo terapeutico nelle terapie a breve termine, in
associazione anche con altri antidepressivi.
- Sali di Litio
- Carbamazepina
- Clonazepam
- Valproato
- Clonidina (ricorda che viene usato per trattare la Sindrome di Korsakoff in
associazione alla tiamina, ovvero vitamina B1)
- Verapamil
I Sali di Litio
Queste sostanze agiscono a livello del sistema del secondo messaggero in una grande quantità
di cellule nervose.
Il secondo messaggero è una molecola che viene rilasciata o attivata a seguito del legame del
ligando con il proprio recettore. Di solito, il legame del ligando con il recettore ne causa una
variazione conformazionale che innesca una reazione a catena che attiva il secondo
messaggero. Il rilascio di questo permette l'attivazione di molecole intracellulari che regolano
l'attività della cellula.
Ritornando ai Sali di Litio, questa azione avrebbe l’effetto di diminuire l’iperattività
neurotrasmettitoriale delle situazioni bipolari, che è verosimilmente in rapporto a un serie
concatenata di reciproche reazioni compensatorie, dalla condizione maniacale a quella
depressiva, senza soluzione di continuità .
Le indicazioni riguardano:
- episodio maniacale acuto, in associazione con i neurolettici;
- episodio depressivo del Disturbo Bipolare, dopo l’inizio del trattamento con
antidepressivi
- prevenzione degli episodi di entrambe le polarità; l’azione profilattica si instaura
nel giro di 1 anno.
E’ bene valutare preventivamente i parametri renali, cardiaci e tiroidei, che sono gli organi più
157
sensibili alla tossicità del Litio.
Gli effetti collaterali del Litio consistono in:
- tremori delle mani
- disturbi gastrointestinali
- debolezza muscolare
- aumento ponderale
- ipotiroidismo
- leucocitosi
- poliuria78
- polidipsia79
Alti livelli ematici di Litio comportano inoltre:
- Atassia80
- Stato confusionale
- Diarrea
- Disartria
- Coma
- Iperestensione degli arti
- Crisi ipertensive
Le controindicazioni all’uso dei Sali di Litio sono rappresentate da:
- insufficienza renale
- ipotiroidismo
- infarto del miocardio
- epilessia temporale
- primo trimestre di gravidanza
Carbamazepina
Gli effetti collaterali più comuni sono diploplia (visione doppia, in senso orizzontale o
verticale, di uno stesso oggetto), atassia, vomito, nausea. L’associazione litio-carbamazepina
impone cautela per la sommazione degli effetti di tossicità dei due farmaci.
Valproato
Un altro efficace agente profilattico dei Disturbi dell’Umore, soprattutto degli episodio
maniacali.
Effetti collaterali: (1) Disturbi gastrointestinali; (2) Aumento dell’appetito e conseguente
aumento ponderale; (3) Alopecia.
78
La poliuria è la formazione ed escrezione di un'eccessiva quantità di urine in assenza di un contemporaneo aumento dell'assunzione di
liquidi
79
La polidipsia è uno stato di sete intensa che porta il paziente a ingerire notevoli quantità di liquidi
80
atassia Disturbo neurologico che si manifesta nell’esecuzione dei movimenti, che vengono effettuati senza misura e con errori di
direzione (a. dinamica), oppure nella conservazione delle posizioni del tronco e degli arti (a. statica).
158
Clonazepam
BDZ efficace nel controllare l’episodio maniacale acuto, sembra avere anche un’azione di
profilassi nel Disturbo a Cicli Rapidi.
Come per tutte le BDZ l’uso prolungato impone cautela per via della possibile insorgenza di
tolleranza e dipendenza.
Verapamil
Calcioantagonista, svolge un’azione sul Disturbo Maniacale collegata alla riduzione
dell’ingresso intraneuronale dello ione Ca++, modulando così l’eccesso di sintesi e di rilascio
delle catecolamine.
15. SUICIDIO
Secondo l’OMS:
1) l’atto suicidario è un attentato alla propria vita con un grado variabile di intenzione di
morte. E’ qualsiasi atto che attenta alla propria vita.
2) Il sucidio è un atto suicidario con esito fatale.
3) Il tentato suicidio è un comportamento nel quale è bassa la reale intenzione di morte
ed è prevalente il significato dimostrativo del gesto.
4) Il sucidio mancato è un atto nel quale il soggetto sopravvive per cause fortuite ed
imprevedibili e nel quale l’intento di autosoppressione è elevato.
Epidemiologia
I tassi di incidenza differiscono nelle diverse aree geografiche, oscillando tra punte di 40
suicidi ogni 100.000 abitanti ed aree con meno di 10 suicidi ogni 100.000 abitanti.
In Italia il tasso di incidenza annuale è stimato in 10 per 100.000 abitanti, che equivale a dire
circa 6.000 suicidi all’anno.
Diversi Autori hanno evidenziato l’incremento del suicidio tra gli adolescenti e tra gli anziani.
159
Una alta potenzialità suicidaria è riscontrabile nella comorbidità del Disturbo Depressivo con
DAP, uso di sostanze, presenza di sintomi psicotici, gravi malattie degenerative e neoplastiche,
in presenza di intensa anedonia, grave insonnia ed elevata ansia.
- Nella Tossicodipendenzada oppiacei alcuni Autori hanno ipotizzato che l’overdose sia una
forma equivalente di suicidio.
81
gentilìzio agg. [dal lat. gentilicius «pertinente alla gens, alla stirpe», der. di gentilis: v. gentile1]. –
160
16. DISTURBI D’ANSIA
L’Ansia rappresenta un sintomo comune e diffuso, pressoché ubiquitario, in molte situazione
di disagio psichico, ma anche uno stato psicoaffettivo che si può sperimentare in condizioni
normali, fisiologico e adattivo.
Va pertanto distinta un’ansia fisiologica, adattiva e funzionale (ad esempio: come segnale di
allarme rispetto a un pericolo, o come vissuto in grado di favorire il raggiungimento dei propri
obiettivi), da un’ansia patologica.
E’ patologico tutto ciò che impedisce all’individuo di vivere in armonia con se stesso e con
l’ambiente esterno. L’ansia non è più fisiologica e deve essere interpretata come segnale di
perturbamento psicologico in relazione alla loro:
82
Ansia libera e fluttuante.
161
b. Paura: emozione provocata dalla consapevolezza di un pericolo, imminente o presente,
alla quale si accompagna il desiderio/istinto di fuggire
c. Ansia: stato emotivo spiacevole caratterizzato dal presentimento (dalla
rappresentazione mentale e NON dalla presenza reale) di un pericolo imminente e
inevitabile. Spesso costituisce una risposta abnorme a situazioni di pericolo irreali,
immaginarie e non definite (Ansia Anideica).
Nell’ansia il vissuto spiacevole non si riferisce a un pericolo presente (paura) ma solo
immaginato e anticipato nei suoi effetti. Questo pericolo può essere immaginario,
irreale o finanche inesistente (Ansia Anideica).
d. Angoscia: stato psichico caratterizzato da una sensazione di impotenza e da uno stato
di allarme logorante e pervasivo, la cui intensità è tale da generare, sovente,
comportamenti a-finalistici
e. Panico: il panico è se vogliamo lo stadio finale di un vissuto angoscioso, il momento
conclusivo di un processo che vede il passaggio dall’ansia, all’angoscia per arrivare,
appunto, al panico, il quale porta a uno stato di totale paralisi delle funzioni
psicofisiche.
NOTA: la crisi di panico è diversa dal Disturbo di Panico; infatti, mentre la <<crisi
di panico>> può rappresentare anche un singolo episodio isolato all’interno
dell’esistenza del soggetto, il <<Disturbo di Panico>> si struttura a partire dalla
ripetizione continua e frequente delle crisi di panico accompagnata da altre specifiche
variabili, quali Ansia Anticipatoria e Evitamento Fobico.
Diventa chiaro quindi come per una corretta valutazione del vissuto ansioso occorre
considerare:
- La natura degli stimoli scatenanti (che richiama la differenza tra la categoria del
possibile e del probabile, quest’ultima contenuta nella prima: una eventualità possibile
può anche essere improbabile. Da questo punto di vista considerare un evento
possibile anche probabile aumenta, inevitabilmente, lo stato di allarme)
- l’esperienza soggettiva
- la risposta fisiologica e comportamentale
Riguardo l’ultimo punto esposto, va sottolineato come, fin dalle prime osservazioni sull’ansia
venne sottolineata una stretta relazione tra il vissuto psicologico ansioso e il coinvolgimento
della dimensione somatica/corporea. L’ansia, infatti, è un’emzoione che soffoca e opprime,
non solo psichicamente, ma anche fisicamente. Non a caso il termine <<Ansia>> deriva dal
latino Anxius, che significa <<affannoso, inquieto>> e da Anxi che vuol dire <<stringere,
soffocare, angosciare>>, da cui Angere, radice comune ad angoscia e angina.
L’Ansia determina:
162
3) Il vissuto psicologico dell’ansia correla con l’insorgenza di specifici sintomi fisici,
accessuali (sporadici, improvvisi) o meno, di natura cardiovascolare, respiratoria
(cardiopalma, ad esempio, o ambascia respiratoria unita a senso di oppressione),
genito-urinaria (pollachiuria83).
1. Ansia Generalizzata
2. Ansia di tipo panico
3. Ansia di tipo fobico
4. Ansia Anticipatoria
5. Ansia sociale
6. Ansia da performance
7. Ansia legata a ossessioni
8. Ansia post-traumatica
9. Ansia protratta
10. Ansia persistente
E’ possibile distinguere:
1) Ansia come tratto: ansia come tratto stabile all’interno di una struttura
personologica;
2) Ansia come stato: ansia momentanea
3) Ansia come sintomo che può comparire nel quadro clinico di moltissime patologie
psichiatriche
4) Ansia come sindrome vera e propria, come nel caso del Disturbo d’Ansia
Generalizzato.
Nella categoria diagnostica dei Disturbi d’Ansia sono comprese alcune tra le principali forme
di Nevrosi descritte dalla Psichiatria classica, come la Nevrosi ansiosa, la Nevrosi Ossessiva, la
Nevrosi Fobica.
163
Il DSM5 ha apportato all’interno della categoria nosografica alcune importanti modificazioni:
1) il PTSD, il Disturbo da Stress Acuto e il DOC non rientrano più nella categoria dei
Disturbi d’Ansia, ma costituiscono una categoria nosografica a se stante: il PTSD e il
Disturbo da Stress Acuto sono inclusi nella categoria nosografia <<Disturbi Correlati a
Trauma e Stress>>, mentre il DOC è inserità all’interno della categoria <<Disturbo
Ossessivo-Compulsivo e Disturbi Correlati>>
2) inserisce, per la prima volta, all’interno della categoria nosografica dei <<Disturbi
d’Ansia>> due disturbi che fino all’edizione precedente del Manuale erano considerati
disturbi esclusivamente dell’infanzia e dell’adolscenza – e ora identificati come quadri
clinici evidenziabili anche nella fase adulta della vita -:
a. Disturbo d’Ansia da Separazione
b. Mutismo Elettivo: quadro che descrive l’incapacità del bambino e dell’adulto di
parlare in ambiti sociali selettivi, condizione questa che rivela la natura psicogena del
disturbo.
La diagnosi può essere fatta dopo 6 mesi.
3) Il DAP e l’Agorafobia vengono separati in una doppia diagnosi
4) L’intestazione <<Disturbo d’Ansia Sociale>> sostituisce quella di <<Fobia Sociale>>
Epidemiologia
Il DAP ha una frequenza piuttosto alta.
L’età di insorgenza è compresa tra i 15 e i 35 anni, anche se nelle donne sembra frequente un
esordio più tardivo, accompagnato ad una maggiore persistenza del disturbo anche in età
avanzata.
Aspetti eziologici
Esistono numerose evidenze che attestano una vulnerabilità biologica e familiare a questo
tipo di disturbo, mediata, ovviamente da fattori di tipo ambientale.
164
Tutti i Disturbi sono multi-fattoriale, hanno cioè un’eziologia biologico-genetica e
familiare/ambientale. I lavori di Siegel o di Kandel, per esempio, sottolineano come la
dimensione neurobiologica si trasforma a partire dalle esperienze, e come il cervello sia
indissolubilmente legato alla mente.
Una teoria più elaborata è quella che attribuisce un notevole valore eziopatogenetico al Locus
Coeruleus85, nucleo pontino situato nel Tronco Encefalico, e ad elevata attività
noradrenergica: il Locus coeruleus è infatti il sito principale per la sintesi della noradrenalina
(o "NA"), più della metà dei neuroni noradrenergici di tutto il SNC farebbero parte delle sue
strutture; questo nucleo avrebbe una serie di importanti collegamenti con le zone del Sistema
Nervoso maggiormente implicate nella elaborazione delle emozioni: amigdala, ippocampo e il
sistema limbico in generale. Numerose ricerche e test farmacologici con sostanze in grado di
eccitare o inibire specificamente i neuroni del Locus Coeruleus sembrerebbero dimostrare un
coinvolgimento diretto di tale area nel determinismo degli Attacchi di Panico.
Una nutrita serie di studi ha supportato l’ipotesi di una predisposizione genetica al DAP, il
quale:
- risulta 10 volte più frequente nei consanguinei di soggetti affetti dal Disturbo
- gli studi sui gemelli hanno evidenziato che la concordanza per il DAP è di 5 volte
maggiore nei monozigoti rispetto agli eterozigoti.
Le ipotesi interpretative dei Disturbi d’Ansia assumono un importante significato, sia dal
punto di vista della comprensione della psicogenesi del Disturbo, sia, di conseguenza, sotto il
profilo terapeutico.
84
simpaticomimetico Sostanza che eccita i recettori adrenergici, provocando nell’organismo effetti corrispondenti all’eccitamento
fisiologico del sistema simpatico: dilatazione della pupilla, secrezione delle lacrime, aumento di frequenza del ritmo cardiaco, costrizione dei
vasi arteriosi con aumento della pressione, dilatazione bronchiale, ecc. Una classificazione dei s. si basa sul tipo di azione da loro svolta a
livello di uno, o entrambi, i tipi recettoriali; infatti, si parla di azione alfa-stimolante operata sui recettori alfa-adrenergici, e beta-stimolante
su quelli beta-adrenergici. Un esempio di s. alfa-stimolante è la noradrenalina, di s. sia alfa- sia beta-stimolante l’adrenalina.
Farmaci simpaticomimetici. I s. trovano diverse applicazioni terapeutiche: per la loro azione vasocostrittrice (restringimento delle piccole
arterie e dei capillari) sono usati per decongestionare le mucose del naso e degli occhi; per l’effetto ipertensivo si usano nei collassi da grave
ipotensione e nello shock; come cardiostimolanti trovano uso in caso di arresto cardiaco.
85
Locus coeruleus (locus caeruleus, locus ceruleus) o punto blu Il suo nome deriva dalle parole latine "caeruleus", che significa "azzurro", e
"locus"; è anche chiamato "punto blu" per la sua colorazione tendente all'azzurro, dovuta ai granuli di melanina al suo interno che
conferiscono un colore blu.
165
Bowlby portò avanti una serie di ricerche sull’ Attaccamento e sulla separazione e introdusse
il concetto di Ansia di Separazione.
Donald Klein a partire dagli studi di Bowlby, poi, negli anni ’70, interpreta l’Ansia
dell’agorafobico con Attacchi di Panico come una espressione dell’ansia da separazione; la
dimostrazione di questa ipotesi potrebbe essere che, in una elevata percentuale di casi,
pazienti con DAP con Agorafobia hanno nell’infanzia precedenti di Ansia di Separazione, e
nella loro anamnesi è possibile riscontrare un elevato numero di eventi di perdita e di
separazione.
Quadro clinico
Il DAP esordisce spesso senza alcuna avvisaglia o segno premonitore con una crisi
acuta di panico accessuale e parossistica, che rappresenta l’elemento basilare e nucleare
del DAP.
L’Ansia di tipo panico è un tipo particolare di ansia anche se, a ben vedere, il panico è qualcosa
di diverso dall’ansia in sé, tant’è che il DAP non risponde al trattamento con farmaci
ansiolitici.
La Crisi Acuta di Panico comprende almeno 4 tra i seguenti sintomi che insorgono
bruscamente e raggiungono una intensità massima entro i primi 10 minuti (DSM-IV-TR):
1) palpitazioni
2) sudorazione
3) tremori fini o grandi
4) dispnea (ovvero, sensazione di respiro corto o di mancanza di respiro)
5) sensazione di soffocamento
6) dolore o malessere al torace
7) nausea o dolori addominali
8) sbandamenti, vertigini o sensazione di non poter stare in piedi
9) sentimenti di irrealtà (derealizzazione e depersonalizzazione)
10)paura di perdere il controllo e impazzire
11)paura di morire
12)parestesie86
13)improvvise sensazioni di caldo e freddo
Perché sia possibile fare diagnosi di DAP è necessaria una certa frequenza, ovvero
chele Crisi di Panico siano ricorrenti; infatti una singola Crisi di Panico può rimanere
isolata per tutto il resto della vita e non ripresentarsi più, oppure ancora manifestarsi a
distanza di molti anni dalla prima crisi.
Oltre alla ricorrenza degli episodi di attacchi di panico, la diagnosi di DAP richiede anche la
presenza per almeno 1 mese dopo l’episodio (o gli episodi) di panico, di almeno uno dei
seguenti aspetti:
166
2) preoccupazione riguardo alle conseguenze dell’Attacco di Panico quali:
a) perdita di controllo
b) perdita della ragione fino a impazzire
c) infarto del miocardio, o altri accidenti cardiovascolari
3) un cambiamento significativo della condotta abituale dovuto agli attacchi di panico
(Evitamento fobico)
a. l’Attacco di Panico (Crisi di Panico) : la crisi di panico è una condizione acuta di ansia
molto intensa e violenta, un evento momentaneo e puntiforme, che insorge
improvvisamente e dura circa 10-15 minuti, e che, in quanto tale, non coincide con il
DAP.
Il DSM5 sottolinea come la crisi di panico, pur essendo nucleare nel DAP, è un intenso
vissuto ansioso riscontrabile, occasionalmente, all’interno di diversi quadri sindromici
ansiosi, come il GAD, ma anche DOC e Disturbo Fobico, per esempio, ma anche di
natura non ansiosa (ovvero non facenti parte di quella che nel DSM-IV-TR era la
categoria dei Disturbi d’Ansia).
Il DSM5 distingue la crisi di panico “aspettata” da quella “inaspettata”
La crisi di panico si accompagna a:
1) sintomi psichici, quali: paura di morire e paura di impazzire, a volte derealizzazione
e depersonalizzazione (che sono sintomi dissociativi e che per questo non devono
trarre in inganno facendo sbagliare diagnosi e somministrando neurolettici)
2) disturbi somatici, quali: tachicardia, cardiopalmo, senso di costrizione toracica,
vertigini, astenia, tremori, dispnea
b. Disturbo da Attacchi di Panico (DAP): oltre all’attacco di panico, che rappresenta il
sintomo nucleare, comprende anche l’ansia anticipatoria (paura della paura) e
l’evitamento fobico
Se le crisi di panico non si ripetono NON si parla di DAP.
Oggi invece, nel DSM5, le due diagnosi si separano: il DAP e l’Agorafobia costituiscono due
categorie nosografiche-diagnostiche separate e indipendenti e, in caso di presenza congiunta,
si parla di comorbidità e si fa una doppia diagnosi.
Il DSM5, quindi, sottolinea come un agorafobico può non arrivare mai a sviluppare un attacco
di panico, e quindi, di conseguenza, un DAP.
L’Agorafobia è una condizione fobica in cui il soggetto si domanda “se mi sento male cosa
faccio?”; essa può essere definita come l’ansia di trovarsi in luoghi o situazioni dai quali
può essere difficile o imbarazzante allontanarsi rapidamente o nei quali può essere
difficile avere aiuto o soccorso qualora il soggetto ne avesse bisogno per via di una Crisi
d’Ansia Acuta (l’agorafobia, quindi, non è limitata soltanto agli spazi aperti e affollati, ma a
tutte quelle situazioni in cui il soggette teme di potersi sentire male e non trovare un sostegno,
un conforto o un aiuto).
167
Riepilogando, l’area dell’Ansia di Tipo Panico e l’Agorafobia davano luogo ai seguenti tipi di
disturbo:
La prognosi del DAP è in buona parte legata a una diagnosi precoce e corretta e alla possibilità
di un’adeguata e rapida gestione del disturbo e dei problemi psicologici e relazionali che esso
facilmente determina.
La prima Crisi di Panico può verificarsi in una qualsiasi circostanza – anche in situazioni di
rilassamento – ma più frequentemente si realizza mentre il soggetto è in un luogo affollato, in
un supermercato, in una chiesa o è alla guida di un autoveicolo; è raro che la Crisi di Panico si
verifichi quando il soggetto è all’interno della propria abitazione.
- impotenza
- passività
- vulnerabilità
- non comprensione
Questa esperienza porta il paziente, soventemente, a ricorrere alle cure del Pronto Soccorso, o
a quelle di un cardiologo o del medico di base. Diventa, pertanto, evidente la necessità che il
disturbo sia ben conosciuto nelle sue caratteristiche anche da queste categorie di medici, oltre
che dallo psichiatra.
Il paziente, nelle primissime fasi della malattia, deve essere correttamente informato sulla
natura non somatica del Disturbo, nonostante il vistoso correlato di sintomi organici e fisici,
deve ricevere spiegazioni corrette sul significato e sull’andamento della crisi, ed essere
rassicurato sugli aspetti più disturbanti del DAP:
1) Può portare il paziente, dopo le prime crisi di panico, a sviluppare una Ansia
Anticipatoria, ovvero un pervasivo timore che le crisi di panico possano ripresentarsi. Questo
tipo di manifestazione ansiosa, ovvero l’ansia anticipatoria, va distinta dalla crisi di ansia
168
panica, anche se a volte può diventare così intensa da raggiungere livelli vicini all’intensità
dell’attacco di panico vero e proprio.
L’evoluzione del Disturbo quindi, schematizzando, sembra essere: Crisi di Panico- Ansia
Anticipatoria- DAP.
L’Ansia Anticipatoria, a differenza del panico, risente favorevolmente della terapia ansiolitica.
4) Mina alla base la fiducia nelle proprie possibilità di affrontare situazioni difficili o
ansiogene (quindi riepilogando: (1) insicurezza; (2) sfiducia in sé; (3) senso di vulnerabilità ).
6) Alimenta un abbassamento dei livelli di autostima e la perdita pressoché totale della fiducia
nelle proprie capacità
9) Determina nel suo decorso, come è facile intuire, specie nella forma con Agorafobia, la
comparsa di una condizione depressiva, di una grave demoralizzazione e un forte
sentimento di inadeguatezza che, non raramente possono esitare in un’ideazione suicidaria o
in comportamenti autolesivi.
Diagnosi differenziale
Alcune affezioni psichiatriche comportano una sintomatologia ansiosa che deve essere
differenziata dal DAP e dal GAD.
- La Depressione si manifesta a volte con una importante componente ansiosa che può anche
arrivare alla crisi di panico; di contro i pazienti con DAP o con GAD, specie se non trattati,
possono andare incontro, con il passare del tempo, ad un’evidente sintomatologia depressiva,
169
legata alle limitazioni imposte dal Disturbo d’Ansia, che generano forti vissuti di
demoralizzazione e un’incapacità di trarre piacere dalla vita.
- Tra le condizioni di pertinenza medica che vanno considerate prime di porre diagnosi di
Disturbo d’Ansia ricordiamo, iper- e ipo-tiroidismo, ischemia del miocardio, tachicardia
parossistica87, il prolasso della valvola mitrale (riscontrata in pazienti affetti da DAP con una
frequenza maggiore rispetto ai soggetti normali, comporta sintomi analoghi a quelli del DAP
quali: palpitazioni, dispnea e dolore toracico).
Terapia
L’approccio terapeutico al DAP prevede misure integrate di farmacoterapia e psicoterapia.
Gli ansiolitici, come visto, sono utili invece nel trattamento dell’Ansia anticipatoria che si
accompagna e precede il DAP.
- Farmaci Triciclici, in quanto strumenti più validi nel trattamento del DAP; tra questi
sembrano tuttora mezzi farmacologici efficaci per il controllo del DAP antidepressivi
con effetto maggiormente serotoninergico (ricorda che la serotonina controlla il livello
di noradrenalina cerebrale):
a) la Clorimipramina
b) l’Imipramina
87
parossismo In medicina, e anche nel linguaggio letter., l’acme di un processo morboso, durante il quale la sintomatologia si presenta con
caratteri di maggior gravità
170
- SSRI, di cui negli ultimi anni sono state raccolte numerose evidenze sull’efficacia nel
trattamento del DAP.
L’impiego di Benzodiazepine, seppur utile nelle fasi iniziali dell’approccio farmacologico e per
il controllo dell’Ansia Anticipatoria, non appare risolutivo nel controllo degli Attacchi di
Panico.
1) sono mal tollerati, a causa dei fastidiosi effetti collaterali di tipo anticolinergico che alti
dosaggi di queste sostanze possono comportare, o
2) sono controindicati, in caso di:
a) glaucoma
b) ipertrofia prostatica
c) cardiopatia, allora
Si potrà ricorrere agli I-MAO, stando comunque attenti ai problemi di interazione di queste
molecole con:
- i farmaci Triciclici
- Tiramina alimentare
Il trattamento farmacologico può determinare 3 ordini di effetti:
1) Risposta rapida ai farmaci con scomparsa degli episodi di DAP, aumento della condotta
esplorativa e diminuzione dell’Ansia anticipatoria;
2) Scomparsa degli episodi di DAP senza riduzione dei livelli di Ansia anticipatoria, che
rimangono elevati per tutta la giornata e comportano modeste alterazioni
comportamentali e riduzione dei vincoli di dipendenza (dal compagno-
accompagnatore);
3) Riduzione della frequenza e della gravità dei DAP senza la loro scomparsa,
accompagnata dalla persistenza dell’evitamento fobico.
In ogni caso, le percentuali di ricadute sono piuttosto elevate (alcuni studi arrivano a
segnalare, addirittura, un tasso di ricaduta del 100% a distanza di 2 anni dalla sospensione del
trattamento farmacologico con Triciclici o I-MAO) e questo indica la necessità di affiancare
alla farmacoterapia un intervento psicoterapico.
Il DAP, con o senza Agorafobia, appare infatti uno dei disturbi psichiatrici in cui è
maggiormente indicato un intervento integrato farmaco-psicoterapia.
Nei casi in cui la terapia farmacologica ha un buon esisto, e determina un miglioramento della
sintomatologia fobica (evitamento fobico), una progressiva riconquista degli spazi e delle
occasioni relazionali perdute a causa del disturbo, una nuova autonomia, si assiste spesso a un
incremento della conflittualità intrafamiliare o intraconiugale a causa dell’esigenza di
rimaneggiare tali rapporti; pensiamo a come, ad esempio, l’affrancamento dalla dipendenza
dal coniuge da parte di una donna con DAP possa indurre problematiche adattive nel coniuge,
che può sentirsi trascurato o soffrire per la libertà ritrovata della moglie.
171
Per quanto concerne il Trattamento Psicoterapico, la Terapia Cognitivo-Comportamentale
appare una delle più indicate per il trattamento del DAP, attraverso specifiche tecniche
comportamentali quali la desensibilizzazione in vivo e gli interventi di esposizione.
Anche la Psicoterapia a orientamento Analitico può essere prospettata nei pazienti con una
buona capacità introspettiva, allo scopo di mettere in rilievo l’area conflittuale inconscia alla
quale riferire, in una prospettiva psicodinamica, l’angoscia intrapsichica che scatena la
situazione di panico. Questo tipo di approccio tenta anche di decodificare il significato
simbolico profondo dei luoghi e delle circostanze temuti come ansiogeni.
1) irrequietezza
2) facile affaticabilità
3) difficoltà di concentrazione
4) irritabilità e reattività abnorme agli stimoli e agli eventi (disforia)
5) tensione muscolare
6) turbe del sonno (insonnia iniziale)
7) ipervigilanza
8) disturbi di somatizzazione
9) agorafobia
Eziologia
Dal punto di vista eziologico, oltre alle teorie accennate per il DAP, sembra interessante la
Teoria “Gaba-Benzodiazepine” che ipotizza alla base dei Disturbi d’Ansia una disfunzione
del complesso recettoriale costituito da:
172
Trattamento
La farmacologia del GAD si è avvalsa per molti anni delle Benzodiazepine, farmaci
sostanzialmente sicuri e scevri da effetti collaterali, ma che hanno il limite di esporre, nelle
terapie a medio e lungo termine, al rischio:
In epoca più recente sono stati utilizzati gli Antidepressivi Triciclici – specialmente quelli
ad azione sedativa – con buoni risultati terapeutici ma con lo svantaggio degli effetti
collaterali tipici di queste molecole.
Interessante anche l’azione del Buspirone(Azapirone), farmaco che trova nel GAD una delle
sue indicazioni selettive; si tratta di una molecola con un’azione sui recettori di tipo
serotoninergico. Questo farmaco ha specifici vantaggi:
DISTURBO FOBICO
La Fobia può essere definita come una paura irrazionale e persistente di un oggetto o una
situazione che il soggetto tenta in tutti i modi di evitare, pur potendo riconoscere tale
timore come eccessivo rispetto alla reale pericolosità dello stimolo fobico o non
realistico.
Il fobico è un soggetto che scambia la possibilità per probabilità (il fobico, per esempio, può
dire <<la mia paura dell’aereo è motivata perché in effetti gli aerei cadono>>, scambiando
quindi, come detto, una possibilità remota per una probabilità meno remota), come difesa (e
giustificazione) nei confronti di un decadimento dell’autostima – e quindi di una ferita
narcisistica – e del riconoscimento della propria vulnerabilità .
173
- nel DSM-III compare la distinzione tra diversi sottotipi di fobie, sostanzialmente
mantenuta immodificata nel DSM-III-R e nel DSM-IV-TR:
a) Agorafobia
b) Fobia Sociale (oggi Disturbo d’Ansia Sociale)
c) Fobie Specifiche (prima denominate “Fobie Semplici”).
Quando i due Disturbi coesistono, per la formulazione della diagnosi viene conferito maggiore
rilievo alla presenza di un disturbo da panico.
Tipiche situazione che possono essere alla base di una Fobia Sociale sono rappresentate dal:
Non è raro che questi soggetti trovino nell’uso di alcool o droghe il modo di alleviare la forte
componente ansiosa, specialmente quando costretti ad affrontare l’evento temuto.
Nel DSM5, per fare diagnosi di Fobia Specifica, non è più necessaria la consapevolezza del
vissuto fobico da parte del paziente.
174
Relativamente alla frequenza, la fobia del sangue, delle ferite e delle iniezioni, sembra essere
la più frequente, seguita da quella per gli animali e i temporali.
A) ipotesi psicodinamiche
B) ipotesi comportamentali
C) Ipotesi psicobiologiche.
Nelle sue prime teorie secondo Freud le Fobie sono, come nel caso delle Nevrosi d’Ansia, la
conseguenza di uno stato di tensione determinato dalla mancata scarica dell’energia libidica:
la tensione nei confronti di un oggetto fobico consente di scaricare la tensione interna.
Successivamente, la possibilità di studiare il caso del piccolo Hans e la sua fobia per i cavalli,
diede a Freud la possibilità di riconcettualizzare il sintomo fobico all’interno della sua Teoria
Strutturale: l’ansia, frutto del confronto-scontro tra pulsioni libidico-aggressive dell’Es da una
parte, le difese Super-egoiche e le limitazioni della realtà esterna dall’altro, viene percepita
dall’Io come ansia segnale che mobilizza nuove risorse difensive, che, oltre alla rimozione,
possono implicare anche il ricorso alla proiezione e allo spostamento del conflitto su un
oggetto esterno.
Secondo il Modello Comportamentale il sintomo fobico è interpretato alla luce della teoria
dei riflessi condizionati: esso rappresenta quindi una risposta condizionata acquisita
attraverso il legame che si viene a creare tra oggetto fobico e una esperienza sgradevole o
dannosa ripetuta, fino a quando la comparsa dell’oggetto fobico da solo sarà in grado di
attivare una risposta ansiosa.
3-La Fobia Specifica non sembra invece trarre un vantaggio preciso da alcuna terapia
farmacologica; appaiono indicati invece vari approcci psicoterapici, come quello cognitivo-
comportamentale con le tecniche di desensibilizzazione in immagine e in vivo, e quello
psicodinamico (psicoterapia dinamica breve o psicoterapia analitica).
88
Ricorda che i betabloccanti sono una classe di farmaci con azione bloccante dei recettori β-adrenergici. A questa classe appartengono
farmaci che bloccano in maniera non selettiva tutti i recettori β-adrenergici
175
DISTURBO OSSESSIVO-COMPULSIVO (DOC)
Ossessioni e compulsioni, di frequente esperiti in forma molto sfumata anche dai soggetti
normali – sottoforma di un motivo musicale che torna in mente con insistenza, di un atto
scaramantico di cui si avverte l’irrazionalità – diventano nel DOC sintomi profondamente
disturbanti, capaci di determinare un’intensa sofferenza psicologica e di limitare grandemente
la libertà individuale.
Il DOC oggi non fa più parte dei Disturbi d’Ansia ma costituisce una categoria nosografica a se
stante, quella <<Disturbo Ossessivo-Compulsivo e Correlati>>, in cui sono inclusi:
a. DOC
b. Tricotillomania (prima tra i <<Disturbi del Controllo degli Impulsi) - abitudine, spesso
accompagnata dall’urgenza, di tirarsi ciocche di capelli, ma nei casi più gravi anche le
ciglia -
c. Disturbo da Accumulazione patologica (o Disposofobia o Accaparramento Compulsivo)
d. Disturbo da Escoriazione della Pelle (Skin-Picking Disorder)
e. Dismorfismo Corporeo, il quale resta quasi invariato nei criteri diagnostici rispetto alla
precedente versione del Manuale Psichiatrico, ma con l’aggiunta di un criterio che
implica la presenza di comportamenti ripetitivi (o azioni mentali) in risposta alla
preoccupazione di un presunto difetto fisico
Epidemiologia
La Prevalenza del DOC nella popolazione generale è dell’1-2% (uguale al DAP).
Il rapporto uomo-donna è 3:1, durante l’infanzia; nell’età adulta si distribuisce senza grosse
differenze.
Nei parenti di primo grado di pazienti affetti da DOC si riscontra una frequenza più elevata di
tratti ossessivi e depressione.
Aspetti eziologici
La teoria psicodinamica classica mette in rapporto i sintomi ossessivi e compulsivi con
l’incapacità , da parte dell’Io, di gestire l’ansia con difese più adattive e mature rispetto a quelle
immature come:
1) isolamento
2) spostamento
3) formazione reattiva
4) annullamento retroattivo, direttamente implicato nella fenomenologia anancastica,
nella misura in cui un’azione rituale (compulsiva) elimina gli effetti di un’azione,
pensiero o sentimento vissuti come ansiosi e angoscianti.
Nella teoria psicoanalitica classica, tale spettro difensivo è in rapporto con la fase anale dello
sviluppo psicosessuale, anche se va precisato che soggetti con personalità anale (cioè con una
fissazione a questa fase dello sviluppo psicosessuale), cui corrispondono tratti di personalità
ossessiva, possono non evolvere in un DOC, ma verso una Sindrome Depressiva o Paranoide.
176
Va sottolineato che i Tratti di Personalità Ossessiva quali precisione, scrupolosità,
tendenza all’ordine e all’ipercontrollo, parsimoniosità, ecc., sono abitualmente
egosintonici laddove invece i Sintomi del DOC sono francamente ego distonici.
Dal punto di vista biologico è stata chiamata in causa una disregolazione del sistema
serotoninergico, suffragata dall’evidenza che i farmaci maggiormente attivi nel controllo dei
sintomi ossessivi, SSRI, hanno una selettività di azione sui circuiti serotoninergici. Questi sono
definiti <<farmaci multifunzionali>> dal momento che:
Quadro clinico
L’Ossessione è un disturbo del contenuto del pensiero, e consiste in una reiterazione mentale
di contenuti ideativi o rappresentativi che rivela una natura coattiva, parassitaria,
indipendente dalla volontà , intrusiva e inappropriata (quindi egodistonica), che si impone alla
coscienza senza poter essere controllata, per questo foriera di un forte vissuto di disagio.
A causa di tali caratteri il soggetto tenta di liberarsi di queste esperienze ricorrendo a tutta
una serie di strategie atte ad attenuare la morsa dei pensieri o delle rappresentazioni
ossessive. Di tali strategie fanno appunto parte le Compulsioni (comportamenti
anancastici): il soggetto cioè si sente spinto, compulsivamente, verso atti, gesti o anche
pensieri che riconosce come inadeguati o irragionevoli ma che non può fare a meno di
realizzare (atto compulsivo), pena il mantenimento di un forte stato di ansia. Queste condotte
tendono poi a diventare ripetitive e stereotipe, coercitive, rituali anancastici ricorsivi e
necessari, a volte assumendo, con il passare del tempo, un carattere di maggiore elaborazione
e complessità , che sottrae sempre più energie mentali al paziente e creando, non di rado,
disturbo all’interno del contesto familiare e nell’area del funzionamento sociale e lavorativo.
Nel soggetto con DOC, quindi, esiste un’ambiguità di fondo e una dissociazione tra la parte
irrazionale/ossessivo-compulsiva e una parte razionale e critica, che però soccombe alla
prima.
Nella clinica spesso ossessioni, compulsioni e fobie sono strettamente articolate tra di
loro, come nel caso della rupofobia, ovvero della paura dello sporco in cui è possibile
distinguere:
- fobia: sporco
89
Processo nutrizionale di una cellula, di un tessuto, di un organismo
177
- ossessione: sporco
- compulsione: rituali anancastici quali rituali di lavaggio, frequenti, prolungati e ripetuti
- spesso, fobia di contagio tra gli oggetti e le persone
E’ quindi più facile trovare soggetti fobico-ossessivo-compulsivi piuttosto che solamente
fobici.
Qualsiasi oggetto può diventare oggetto di ossessioni, senza che comunque questo vissuto si
accompagni allo sviluppo di un’ansia fobica: vanno quindi distinte ossessioni con e senza
elementi fobici.
Dal punto di vista psicopatologico si possono distinguere, a secondo dei temi specifici, i
seguenti tipi di ossessioni:
Il grado di invalidità di una fobia è direttamente proporzionale alla sua vicinanza rispetto al
corpo del soggetto fobico: ad esempio, la rupofobia è sicuramente più invalidante della fobia
per un cammello, per esempio.
90
Il soggetto crede, con una modalità di pensiero magico, che lo sporco passi dalla cucina al salone per esempio.
178
L’insorgenza del disturbo avviene solitamente nella tarda adolescenza o nell’età giovanile, in
modo insidioso e senza che sia possibile evidenziare un chiaro fattore precipitante.
- oscillante con fasi di minore intensità che si alternano a periodi di maggiore gravità del
disturbo
- costante e progressivo.
Diagnosi
Il DSM-IV-TR precisa che, se è presente un altro Disturbo in Asse I, per poter porre diagnosi di
DOC il contenuto dei sintomi ossessivo-compulsivi non può identificarsi con questo: non può
cioè riguardare soltanto la preoccupazione del cibo nel caso di un Disturbo Alimentare, o
quella della droga nel Disturbo da Uso di Sostanze.
Nel DSM-IV-TR viene anche identificata una forma clinica di DOC con scarso insight,
caratterizzata, cioè, dal mancato riconoscimento da parte del paziente della irragionevolezza o
del carattere eccessivo dei sintomi ossessivo-compulsivi.
179
Utile è anche la psicoterapia psicodinamica, attraverso cui è possibile approfondire il
significato simbolico sottostante la produzione sintomatologica e esplorare l’area conflittuale
da cui questa scaturisce.
Cos’è un trauma? Il termine trauma deriva dal greco trayma, letteralmente <<trafittura,
perforazione>>, connesso a sua volta a ti-trao che vuol dire <<foro>> (qualcosa che
interrompe la continuità di un corpo, di uno spazio); il termine ti-trao è affine al greco ti-
trosko che vuol dire <<ledere, ferire>>.
La radice <<-tra>>, che ha il senso di “muovere”, e dal sanscrito <<t-ar-ami>>, da cui il senso
di <<passare al di là >>: trans, trapano, trota (che va dall’acqua dolce all’acqua salata).
Un secondo etimo è teiro che vuol dire <<strofinare>> (strofinare per entrare, cioè forzare e
rompere, o strofinare per cancellare), da cui, traslando, è possibile cogliere due significati:
1. ferita
2. nuova percezione della realtà , modificazione della propria visione esistenziale, nuova
sperimentazione del mondo: il trauma è un evento straordinario che <<strofina>> per
cancellarla la vecchia visione del mondo.
Anche da un punto di vista legislativo oggi viene riconosciuto non soltanto il danno fisico-
biologico di un’esperienza traumatica, ma anche quello psicologico.
Laplance e Pontalis definiscono “trauma psichico”: <<un evento della vita della persona che è
caratterizzato dalla sua intensità, dall’incapacità del soggetto di rispondervi adeguatamente,
dalla viva agitazione e dagli effetti patogeni durevoli che esso provoca nell’organizzazione
psichica. In termini economici il trauma è caratterizzato da un eccesso di agitazione (arousal),
che è eccessivo rispetto alla tolleranza del soggetto e alla sua capacità di dominare ed elaborare
questa eccitazione>>.
In riferimento a quanto detto, Einstein sosteneva che: <<il ricordo della felicità non è più
felicità , il ricordo del dolore è ancora dolore>>.
180
Ricordiamo anche che gli studi sul trauma alla fine dell’800 hanno segnato la nascita della
moderna psichiatria (Charcot) e della Psicoanalisi (la quale parte proprio dalla <<Teoria del
Trauma>> di Freud, poi rivista a favore del modello strutturale intrapsichico). La teoria
Traumatica venne poi ripresa da Ferenczi.
1. dissociazione (non a caso circa il 95% di soggetti che soffrono di Disturbo Dissociativo
hanno subito traumi sessuali durante l’infanzia);
2. identificazione con l’aggressore
Il PTSD
Nel DSM5 Il PTSD è stato separato, assieme al Disturbo da Stress Acuto, dai Disturbi d’Ansia e
inserito all’interno della categoria diagnostica <<Disturbi Correlati al Trauma e allo
Stress>>.
Dopo tale esperienza il soggetto avrà la tendenza a rivivere il trauma in uno dei seguenti
modi:
Da ciò deriva:
181
a. evitamento di pensieri, sensazioni o conversazioni associati al trauma
b. evitamento di attività , luoghi o persone che evocano ricordi del trauma
- incapacità di ricordare alcuni aspetti dell’evento traumatico (amnesia dissociativa)
- minore interesse e partecipazione ad attività significative
- distacco dagli altri
- desertificazione affettiva, che porta il soggetto a indebolire la capacità di reagire
emotivamente al mondo esterno, di provare sentimenti ed emozioni e proiettarsi nel
futuro, oltre a perdere l’interesse per le attività abituali.
- Sintomi persistenti di aumentato arousal, cui conseguono:
a. Turbe del sonno con difficoltà ad addormentarsi o a mantenere il sonno
b. irritabilità e scoppi di collera
c. deficit di concentrazione
d. ipervigilanza
e. esagerate risposte di allarme agli stimoli esterni
Sul piano eziopatogenetico, lo scolorimento della vita emozionale è stato ricondotto:
1) a una difesa psicologica contro il sovraccarico di emozioni dolorose dovute al
trauma e al suo ricordo
2) più recentemente, a un eccessivo rilascio di oppioidi endogeni, antagonisti rispetto
all’iperattivazione fisiologica determinata dall’esposizione all’evento traumatico, e
legato alla costante tendenza a rivivere il trauma
Per poter porre diagnosi la durata dei sintomi deve essere maggiore di 1 mese.
Si distinguono inoltre:
Il Disturbo da Stress Acuto presenta varie analogie patogenetiche, cliniche e terapeutiche con
il Disturbo Post-Traumatico.
182
DISTURBO ANSIOSO DEPRESSIVO
Questa diagnosi è piuttosto frequente nell’ambulatorio di medicina generale.
Diagnosi differenziale
Nel Disturbo d’Adattamento con ansia invece la sintomatologia ansiosa ha una relazione
psicologica – più che fisiologica – con l’eventuale situazione medica, che, a causa della sua
gravità , funge quindi da stressor che richiede un elevato sforzo adattivo.
I Farmaci Ansiolitici
Considerata l’elevata frequenza dei Disturbi d’Ansia e la pressoché ubiquitaria presenza dei
sintomi ansiosi nella maggior parte delle Sindromi psichiatriche, questa categoria di farmaci
assume un’importanza fondamentale.
Essi sono anche i farmaci più impiegati nei tentativi autolesivi, nonostante la loro bassa
tossicità, che però aumenta drammaticamente se assunti insieme all’alcool o d altri
psicofarmaci (ricorda: aumento tossicità per effetto se sommati ad alcool e/o altri
psicofarmaci).
183
Classificazione
Le molecole ad azione ansiolitica e/o ipnoinducente comprendono:
1) Benzodiazepine
2) Azapironi
3) Imidazopiridine
4) Ciclopirroloni
Le Benzodiazepine
Meccanismo di azione
Le BDZ svolgono il loro effetto ansiolitico grazie a un’azione di potenziamento della
trasmissione dei circuiti gabaergici, che aumenta l’azione del GABA.
91
L'emivita è un parametro che indica il tempo richiesto per ridurre del 50% la quantità di un farmaco nel sangue. Questo parametro dà , in
genere, un indice del perdurare dell'efficacia di un farmaco e influisce sulla posologia.
184
Il GABA (Acido Gamma-ammino-butirrico) è un neuromediatore che svolge un’azione
inibitoria sulle sinapsi noradrenergiche, serotoninergiche, dopaminergiche e
colinergiche:dice ai neuroni, su cui agisce, di rallentare gli impulsi nervosi o smettere di
generarli. Questo significa che il GABA ha un'influenza sedativa naturale sul cervello. In altre
parole, è un “tranquillante” ed ipnotico naturale dell’organismo. Questa azione naturale del
GABA è aumentata dalle Benzodiazepine, che generano così un'influenza inibitoria
supplementare (spesso eccessiva) sui neuroni (Fig. 1).
(1,2) L’impulso nervoso provoca il rilascio del GABA dal luogo di deposito del neurone 1
(4) Il GABA reagisce con i recettori del neurone 2; la reazione permette allo ione di cloro (Cl -) di entrare nel neurone
(6,7) Le Benzodiazepine reagiscono con i recettori del GABA amplificando il segnale del GABA (8) Questa azione aumenta gli
effetti inibitori del GABA, il comportamento dell’impulso nervoso può essere completamente bloccato
1) si lega e reagisce con speciali siti (GABA-recettori) ubicati sulla parte esterna del
neurone (ricevente l’impulso nervoso)
2) apre un canale, permettendo alle particelle con carica negativa (ioni di cloro) il
passaggio alla parte interna del neurone.
3) Questi ioni negativi "iperpolarizzano" il neurone, lo "sovraccaricano", rendendolo
185
meno sensibile a reagire con altri neurotrasmettitori, che in condizioni normali lo
ecciterebbero (essendo con una carica negativa).
Va innanzitutto ricordato che sono stati riconosciuti due tipi di recettori per il GABA:
Il sito recettoriale per il GABA si trova, infatti, in un complesso recettoriale che comprende
anche il recettore per le BDZ.
L’azione combinata di una Benzodiazepina, in questo sito, potenzia l’azione del GABA,
permettendo che più ioni di cloro entrino nel neurone e lo rendano ancor più resistente
all'eccitazione; le BDZ cioè, legandosi coi loro recettori, favoriscono il legame del GABA con il
suo recettore, potenziano l’azione gabaergica, consentono quindi l’apertura dei canali per il
cloro e la conseguente riduzione dell’eccitabilità neuronale.
Queste azioni dirette ed indirette sono responsabili degli effetti collaterali ben noti
dall’assunzione di benzodiazepine.
Effetti clinici
- ansiolitiche
- miorilassanti
- ipnoinducenti
- anticonvulsionanti
- sedative
Poste queste proprietà , le BDZ trovano indicazione in una serie molto ampie di turbe
psichiche:
186
1) GAD
2) DAP, dove però controllano efficacemente l’ansia anticipatoria ma mene bene gli
episodi critici di panico
3) Agorafobia
4) Fobia Sociale
5) DOC, soprattutto nelle fasi di acuzie, anche in questo caso senza effetto specifico sui
sintomi ossessivo-compulsivi
- Importante è la loro applicazione anche in altre tipologie di turbe psichiatriche:
6) Disturbo d’Adattamento con Ansia
7) Stati ansiosi presenti nel decorso di molti Disturbi Psichiatrici:
a) Disturbi Somatoformi
b) Disturbi di Personalità
c) Disturbi Schizofrenici
8) Insonnia, visto la specifica attività ipnoinducente
9) Sindrome acuta o cronica da Astinenza Alcolica
10) Crisi Convulsive di grande male (epilessia) e loro prevenzione
11) Episodio Maniacale, in associazione con Neurolettici, che le BDZ possono
potenziare, o con i Sali di Litio.
12) Profilassi della Mania e dei Disturbi dell’Umore Bipolari
13) Controllo dell’agitazione nei pazienti schizofrenici (anche in questo caso
l’effetto dei neurolettici potrà essere potenziato dalle BDZ, consentendo una
diminuzione delle dosi del farmaco antipsicotico)
Alle dosi terapeutiche gli effetti collaterali sono poco rilevanti e, se presenti, consistono in:
A dosaggi più elevati si possono riscontrare, non frequentemente, vertigini, disartria e cefalea.
Rare sono anche le condizioni di comportamenti violenti, specialmente in soggetti che già in
precedenza avevano manifestato condotte aggressive e grave instabilità emozionale: le BDZ
infatti non sono farmaci utili nel controllo dell’aggressività , ma anzi possono favorirne
l’espressione, per via del loro effetto di attenuazione sulla risonanza affettiva nei confronti del
proposito e dell’agito aggressivo, che solitamente modula l’aggressività stessa.
187
Nell’anziano gli effetti collaterali possono essere più frequenti e intensi; per tale ragione i
dosaggi vanno adattati alla condizione generale e al metabolismo senile. Nell’anziano si
possono verificare:
Per queste ragioni, nella pratica clinica, si preferisce, a volte, per il controllo dell’ansia o
dell’irrequietezza dell’anziano, il ricorso a Neurolettici a basse dosi.
La Dipendenza fisica è il più serio dei problemi legati all’uso delle BDZ, specie se utilizzate
a elevati dosaggio e/o per lungo tempo e poi bruscamente interrotte. Possono allora
manifestarsi sintomi anche gravi come:
- iperpiressia
- crisi convulsive
- tachicardia
- aumento della pressione arteriosa
- crampi muscolari
- tremori
- nausea
- ansia
- insonnia
- attacchi di panico
- difficoltà di memoria e di concentrazione
- nei casi estremi, sintomi psicotici e rischio di vita
La sospensione di queste sostanze può anche determinare sintomi di rebound, legati cioè al
riemergere della sintomatologia ansiosa per la quale era stata instaurato il trattamento
benzodiazepinico.
Ovviamente, come ogni altro agente farmacologico, la terapia con BDZ dovrebbe essere
condotta alle più basse dosi efficaci e per il minor periodo possibile, e la sospensione
dovrebbe avvenire sempre con molta prudenza (con una diminuzione del dosaggio di circa il
10% ogni settimana).
Altre precauzioni nell’uso delle BDZ riguardano, oltre al paziente anziano, anche gli
epatopatici.
188
Da ricordare, infine, che le BDZ possono diminuire la tolleranza all’alcool e potenziarne gli
effetti di depressione cardiorespiratoria; analoghe le reazioni con antistaminici e gli
antidepressivi.
Questi farmaci, soprattutto il Buspirone, sembrano invece indicati nel trattamento del GAD,
Disturbo d’Ansia in cui l’ansia assume spesso configurazione cronica e persistente.
- possiedono una più selettiva azione ansiolitica, non avendo infatti né attività
anticonvulsionante, né attività miorilassante
- non determinano né tolleranza, né assuefazione né dipendenza
- non hanno effetti di sommazione con l’alcool
- non interferiscono con le funzioni psicomotorie e cognitive
- non deprimono i centri respiratori , e possono quindi essere utilizzati anche da
paziente defedati e anziani
- sono particolarmente indicati per il trattamento dei Disturbi d’Ansia di:
a. soggetti per i quali la diminuzione delle performance cognitive e psicomotorie
potrebbero risultate pericolose (anziani e demenze)
b. pazienti con storie di abuso di alcool e droghe
- lieve sedazione
- raramente, cefalea, nervosismo, vertigini, parestesia
In dosi elevate queste molecole, soprattutto il Buspirone e il Gepirone mostrano un effetto
di tipo antidepressivo.
Vanno segnalati infine l’aumento dei livelli plasmatici delle BDZ e dei Neurolettici quando
usati in associazione con questi farmaci e ciò spiega l’aumento degli effetti collaterali dei
Neurolettici se somministrati assieme al Buspirone.
189
Per altro, l’associazione Buspirone-Neurolettici, con diminuzione delle dosi di questi ultimi,
sembra indicati nei quadri psicotici con sintomi quali agitazione, aggressività e
comportamento antisociale, dal momento che questi sintomi rispondono favorevolmente al
Buspirone.
Imidazopiridine
Comprendono lo Zolpidem e l’Alpidem.
Ciclopirroloni
Fanno parte di questo gruppi nuovi composti come lo Zopiclone e il Suriclone.
Rivelano una buona tollerabilità e i principali effetti collaterali sono rappresentati da:
Qualche cautela nel loro impiego va riservata nei casi di insufficienza respiratoria, epatopatia
e negli anziani, più suscettibili agli effetti collaterali.
Una serie di interessanti evidenze stanno emergendo dalle ricerche cliniche sull’impiego di
farmaci serotoninergici SSRI nel trattamento dei Disturbi d’Ansia. Tra questi:
190
Altri farmaci svolgono un’azione di agonista dei recettori serotoninergici 5-HT1, simile a
quella degli Azapironi Buspirone e Gepirone, ed evidenziano, per questo, una buona efficacia
clinica nel trattamento del GAD.
Inoltre alcuni Antidepressivi sembra possano aprire nuovi orizzonti nella terapia
farmacologica dei Disturbi d’Ansia. Tra questi:
All’interno di questa classe di Disturbi troviamo quadri clinici nei quali il disagio mentale
viene espresso in modo esclusivo e/o prevalente attraverso sintomi fisici.
1) non sono invece giustificati da una condizione medica generale, e quindi da una
patologia organica (hanno quindi un’eziologia psicogena)
2) non sono giustificati dagli effetti diretti di una sostanza, o da un altro disturbo mentale
(per es. il Disturbo di Panico)
3) non sono prodotti volontariamente dal paziente, come accade nei Disturbi Fittizi
4) provocano un intenso disagio psichico
191
1) Disturbo di Somatizzazione
3) Disturbo di Conversione
4) Disturbo Algico
5) Ipocondria;
DISTURBO DI SOMATIZZAZIONE
Nella pratica clinica si osservano spesso sintomi fisici senza un meccanismo fisiopatologico
noto.
Epidemiologia
Non è facile stimare la prevalenza di questa patologia nella popolazione.
Si pensa che rientri in questo quadro circa il 5% degli utenti degli Ambulatori di Medicina
Generale.
Forte è inoltre la tendenza alla familiarità, con una percentuale di diffusione del Disturbo del
10-20% nei parenti di primo grado di sesso femminile.
Eziopatogenesi
La forte tendenza alla familiarità del disturbo fa pensare a una possibile predisposizione di
ordine genetico, anche se, è bene precisare, questo rimane un dato alquanto vago.
1) Sviluppo infantile all’interno di una famiglia con soggetti tendenti alla somatizzazione;
2) Relazione con genitori capaci di accudimento affettivo soltanto durante gli stati di
malattia;
3) Un’alta percentuale di soggetti con questo disturbo presenta Alexitimia, cioè
l’incapacità di esprimere con le parole le emozioni esperite. Secondo alcuni studiosi
questa corrispondenza è determinata da difetti neurofisiologici di connessione tra
sistema limbico e neocorteccia.
Non è comunque ancora chiaro il rapporto tra Alexitimia e Somatizzazione, in quanto
l’una può essere fattore di predisposizione all’altra oppure soltanto epifenomeno.
192
- Fattori psicodinamici, ovvero un’assenza nei primi anni di vita di una relazione
sufficientemente empatica con la figura materna non consente al soggetto di
sviluppare una sana e adattiva capacità di mentalizzazione, e per questo tenderà ad
esperire le proprie emozioni attraverso il corpo.
Quadro clinico
Si evidenziano ricorrenti disturbi somatici, a carattere doloroso, variamente localizzati,
espressi in modo vago, drammatico, esagerato e carico dal punto di vista emotivo.
I pazienti hanno quindi complicate storie mediche e, soventemente, si recano dallo psichiatra
con numerosi referti e cartelle, e dopo una serie di contatti con sanitari.E’ tipico del Disturbo
l’inutile girovagare tra specialisti vari per sottoporsi a vari accertamenti di laboratorio.
La comparsa del Disturbo può essere fatta risalire all’età giovanile, e specificamente in seguito
a un evento traumatico.
Il disturbo può interessare qualsiasi organo o apparato, ed è caratteristico il fatto che nel
tempo non si evidenzi alcun deterioramento funzionale.
Frequente è la Comorbidità:
Diagnosi
Secondo il DSM-IV-TR i criteri diagnostici per il Disturbo da Somatizzazione sono:
193
2) due sintomi a carico dell’apparato gastro-intestinale: una storia di almeno due
sintomi gastro-intestinali (per es. nausea, meteorismo, vomito al di fuori della
gravidanza, diarrea, oppure intolleranza a numerosi cibi diversi);
3) un sintomo a carico dell’apparato genito-urinario: una storia di almeno un
sintomo sessuale o riproduttivo in aggiunta al dolore (per es. indifferenza sessuale,
disfunzioni dell’erezione o della eiaculazione, cicli mestruali irregolari, eccessivo
sanguinamento mestruale);
4) un sintomo pseudo-neurologico (o di conversione): una storia di almeno un
sintomo o deficit che fa pensare ad una condizione neurologica non limitata al
dolore (sintomi di conversione, come alterazioni della coordinazione o
dell’equilibrio, paralisi o ipostenia 92 localizzate, difficoltà a deglutire o nodo alla
gola, mancamenti, afonia93, ritenzione urinaria, allucinazioni, perdita della
sensibilità tattile o dolorifica, diplopia 94, cecità , sordità , convulsioni, sintomi
dissociativi come amnesia, oppure perdita di coscienza).
C. L’uno o l’altrodi 1) e 2):
1) dopo le appropriate indagini, ciascuno dei sintomi del Criterio B non può essere
esaurientemente spiegato con una condizione medica generale conosciuta o con gli
effetti diretti di una sostanza psicotropa (per es. una droga di abuso, o un
medicinale);
2) in presenza di una condizione medica generale collegata, le lamentele fisiche o la
menomazione sociale o lavorativa che ne deriva risultano sproporzionate.
D. I sintominon sono prodotti intenzionalmente o simulati(come nel Disturbo Fittizio
o nella Simulazione).
Dal momento che spesso i pazienti con un quadro di Disturbi Somatici non soddisfano tutti i
criteri diagnostici indicati, si utilizzata la diagnosi di “Disturbo Somatoforme
Indifferenziato”.
Terapia
Devono essere approfonditi tutti gli aspetti della storia clinica.
92
ipostenia Diminuzione della forza muscolare che soggettivamente si manifesta con affaticabilità e debolezza di tutti i muscoli del corpo o
di un solo distretto.
93
L'afonia è un disturbo, temporaneo o permanente, caratterizzato dall'incapacità totale di produrre suoni con la voce
94
Per diplopìa si intende la visione doppia
194
Occorre ridurre allo stretto indispensabile la somministrazione di farmaci, specie per quelle
classi per le quali c’è il rischio di abuso e dipendenza, come le benzodiazepine e gli analgesici.
A) Una o più lamentele fisiche (per esempio, stanchezza, perdita di peso, problemi
gastro-intestinali o urinari) – e non 4+2+1+1 come nel <<Disturbo di
Somatizzazione>>
B) L’uno o l’altro di 1) e 2):
1) dopo le appropriate indagini, i sintomi non possono essere pienamente spiegati con
una condizione medica generale conosciuta, o con gli effetti diretti di una sostanza
(per es. una droga di abuso o un medicinale);
2) quando vi è una condizione medica generale collegata, le lamentele fisiche o la
menomazione sociale o lavorativa conseguente sono sproporzionate.
C) I sintomi causano disagio clinicamente significativo o menomazione nel
funzionamento sociale, lavorativo o in altre importanti aree.
D) La durata del disturbo è di almeno 6 mesi.
E) L’alterazione non risulta meglio spiegabile con un altro disturbo mentale, come per
esempio:
1) un altro Disturbo Somatoforme
2) Disfunzione Sessuale
3) Disturbo dell’Umore
4) Disturbo d’Ansia
5) Disturbo del Sonno
6) Disturbo Psicotico.
F) I sintomi non sono prodotti o simulati intenzionalmente (come nel Disturbo Fittizio o
nella Simulazione).
Epidemiologia
E’ più frequente nella popolazione femminile.
Quadro clinico
Da un punto di vista clinico, nel Disturbo Somatoforme Indifferenziato i sintomi vengono
spesso riferiti come “stanchezza”e“debolezza”e non configurano una vera e propria
condizione psicopatologicané in maniera completa uno degli altri disturbi somatoformi.
195
I sintomi costituiscono un “mezzo inconscio” per comunicare i propri disagi in maniera non
verbale, ma compromettono il funzionamento sociale e lavorativo del soggetto.
Diagnosi differenziale
Va posta con:
- Disturbo di Somatizzazione
- Disturbo Somatoforme Non Altrimenti Specificato (quando i sintomi hanno durata
inferiore ai 6 mesi)
- Disturbo dell’Umore
- Disturbo d’Ansia
- Disturbo dell’Adattamento
- Disturbi Psicotici
- Disturbo Fittizio
- Simulazione.
DISTURBO DI CONVERSIONE
I criteri diagnostici secondo il DSM-IV-TR per il Disturbo di Conversione sono:
196
Quadro clinico
E’ quindi caratterizzato dalla perdita o dalla compromissione del funzionamento motorio o
sensoriale di qualche distretto corporeo in assenza di deficit obiettivabile dell’apparato
neuro-muscolare.
Tale patologia era già nota ai tempi di Ippocrate, il quale pensava che fosse provocata dallo
spostamento dell’utero nella cavità addominale, e per questo ad esclusivo appannaggio delle
donne (etimologicamente hysteria in greco significa “utero”).
Nel 19°secolo fu definita come Sindrome di Briquet, una patologia cronica con disturbi fisici a
carico di vari organi ed apparati, privi eziopatogenesi nota.
Fu Freud a coniare il termine di Conversione, per spiegare il “misterioso salto dallo psichico
al somatico”. Con il termine Conversione, Freud definiva un meccanismo psichico per il quale
un evento stressante represso determinava angoscia che si convertiva in sintomo somatico:
nella Conversione cioè la formazione di sintomi fisici consiste nel “trasferire sul corpo pulsioni
o istinti, desideri o affetti inaccettabili, e per questo rimossi e resi inconsci, attraverso vie
nervose motorie volontarie o sensitive”. Secondo tale ipotesi esiste un legame simbolico tra
il contenuto rimosso (desiderio-pulsione) e il contenuto manifesto, ovvero il sintomo
(Esempio: paralisi motoria inibizione azione aggressiva; cecità rifiuto di “vedere” la
realtà ), e quest’ultimo rappresenta una parziale soluzione del conflitto intrapsichico.
Le recenti revisioni nosografiche operate nei vari DSM hanno diviso l’Isteria in più quadri
clinici autonomi:
Epidemiologia
Il Disturbo di Conversione è in calo rispetto al secolo scorso.
Il Disturbo è più frequente nelle donne, con un rapporto F/M va da 2:1 a 5:1.
Il Disturbo è più frequente negli ambienti a basso livello socio-culturale e nelle popolazioni
latine (importanza dei fattori etnico-culturali); si manifesta più spesso in età adolescenziale.
197
Quadro clinico
I quadri pseudo neurologici di più frequente osservazione sono:
- le crisi comiziali
- le paralisi complete o parziali degli arti
- le turbe della coordinazione
- i disturbi della vista (cecità , diploplia95, ecc)
- afonia
- turbe della sensibilità cutanea, dalle parestesie all’analgesia
Decorso
E’ possibile distinguere:
1) Decorso Acuto, di breve durata, che quasi sempre va in remissione nel giro di 2
settimane e presenta una percentuale di recidiva del 20-25% dei casi ad 1 anno.
Si parla di “crisi isterica”.
2) Subacuto, con eventuale cronicizzazione (10%).
Prognosi
Fattori prognostici positivi sono:
Diagnosi differenziale
Va posta con:
95
Per diplopìa si intende la visione doppia, in senso orizzontale o verticale, di uno stesso oggetto
96
Elettromiografia
198
- Condizione occulta di tipo neurologico-medico (grande attenzione va posta alla
diagnosi differenziale con i deficit neurologici occulti) o legata all’assunzione di
sostanze (farmaci compresi);
- Disturbo Algico
- Disturbo di Dismorfismo Corporeo
- Disfunzioni Sessuali
- Disturbo di Somatizzazione
- Disturbi Psicotici
- Disturbi dell’Umore
- DAP
- Disturbi Dissociativi (spesso vanno in doppia diagnosi)
- Disturbo Fittizio e Simulazione
Terapia
E’ indicato un approccio psicoterapico.
DISTURBO ALGICO
I criteri diagnostici secondo il DSM-IV-TR per il Disturbo Algico sono:
Specificare il tipo:
-Disturbo Algico Associato con Fattori Psicologici [307.80]: si giudica che qualche fattore
psicologico abbia il ruolo principale nell’esordio, gravità , esacerbazione o mantenimento del
dolore (se è presente una condizione medica generale, essa non ha un ruolo predominante
nell’esordio, gravità , esacerbazione o mantenimento del dolore).
97
La dispareunia (dal greco, dys, cattivo, e pareunos, che giace accanto) è un dolore che la donna avverte nell'area della vagina o della pelvi
durante un rapporto sessuale.
199
-Disturbo Algico Associato con Fattori Psicologici e con una Condizione Medica
Generale [307.89]: si valuta che sia i fattori psicologici, sia una condizione medica generale,
abbiano ruoli importanti nell’esordio, gravità , esacerbazione o mantenimento del dolore.
Specificare se:
Nota bene: quello che segue non è considerato un disturbo mentale, ed è stato riportato per
facilitare la diagnosi differenziale; veniva incluso nell’Asse III.
-Disturbo Algico Associato con una Condizione Medica Generale: una condizione medica
generale ha un ruolo importante nell’esordio, gravità , esacerbazione o mantenimento del
dolore. (Se sono presenti fattori psicologici, si valuta che essi non abbiano un ruolo
importante nell’esordio, gravità , esacerbazione o mantenimento del dolore).
Epidemiologia
Il Disturbo è più frequente nella popolazione femminile tra i 40-50 anni;
Nel Disturbo Algico è possibile riscontrare una comorbidità e una familiarità con Disturbi
Dell’umore o comunque con sintomi di tipo depressivo.
Eziologia
Fattori psicologici: in senso psicologico il Disturbo può essere spiegato a partire da ragioni
di ordine:
1)intrapsichico, consentendo la rimozione del conflitto tra istanze dell’Es e opposizione del
Super-Io e della realtà esterna
Quadro clinico
Il Disturbo è caratterizzato da un dolore continuo senza variazioni nell’arco della giornata,
con localizzazione vasta e mal definita e non rispondente alle terapie analgesiche, e per questo
in grado di determinare una significativa compromissione delle relazioni interpersonali e del
rendimento lavorativo.
200
Diagnosi Differenziale
Va posta con:
- Disturbo di Somatizzazione
- Dispaurenia (se il dolore è collegato solamente ai rapporti sessuali non si fa diagnosi di
Disturbo Algico)
- Disturbo di Conversione
- Disturbo dell’Umore
- Disturbo d’Ansia
- Disturbi Psicotici
- Disturbo Fittizio e Simulazione
IPOCONDRIA
I criteri diagnostici secondo il DSM-IV-TR l’Ipocondria sono:
A) Preoccupazione legata alla paura o alla convinzione di avere una malattia grave,
basate sulla erronea interpretazione di sintomi somatici da parte del soggetto.
B) La preoccupazione persiste nonostante la valutazione e la rassicurazione medica
appropriate.
C) La convinzione di cui al Criterio A:
1) Non risulta di intensità delirante (quindi è mantenuta una capacità critica),
come nel Disturbo Delirante di Tipo Somatico (v. <<Disturbo Delirante Psicotico>>)
2) non è limitata a una preoccupazione circoscritta all’aspetto fisico, come nel
Disturbo di Dismorfismo Corporeo
D) La preoccupazione causa disagio clinicamente significativo oppure menomazione
nel funzionamento sociale, lavorativo, o in altre aree importanti.
E) La durata dell’alterazione è di almeno 6 mesi.
F) La preoccupazione non è meglio attribuibile a Disturbo d’Ansia Generalizzato,
Disturbo Ossessivo-Compulsivo, Disturbo di Panico (Senza Agorafobia e Con
Agorafobia), Episodio Depressivo Maggiore, Ansia di Separazione, o un altro Disturbo
Somatoforme.
Specificare se:
Con Scarso Insight: se, per la maggior parte del tempo durante l’episodio in atto, la persona
non è in grado di riconoscere che la preoccupazione di avere una malattia grave è eccessiva o
irragionevole
Epidemiologia
Il tasso di Prevalenza sarebbe circa il 10% dei pazienti che frequentano abitualmente gli
ambulatori dei medici di base.
201
La Frequenza è uguale nei due sessi.
NB: Il decorso cronico, anche se con periodi di remissione di diversa durata, espone il
soggetto ad un forte rischio iatrogeno (polifarmacoterapia, pericolose indagini strumentali,
interventi chirurgici) e di sottostima di una patologia organica di recente insorgenza.
Eziopatogenesi
Nell’ottica psicodinamica l’Ipocondria va ricollegata allo spostamento sul proprio corpo di
impulsi aggressivi e/o ostili repressi.
Quadro clinico
L’Ipocondria è caratterizzata, come visto, da una irreale convinzione o dall’eccessiva
preoccupazione di avere una malattia grave ed a prognosi rapidamente infausta, riguardante
qualunque organo o apparato, e specificamente:
- neoplasie
- aneurismi cerebrali
- disturbi cardiaci (preoccupazione di avere un infarto)
- disturbi gastro-intestinali
- AIDS
Tuttavia, però , questa convinzione e/o eccessiva preoccupazione, dura per almeno 6 mesi,
nonostante sia accompagnata da un’assenza di riscontri di patologie organiche, attraverso le
indagini funzionali e di laboratorio, e dalle rassicurazioni dei sanitari.
Anche se è presente una patologia organica i sintomi manifestati sono sproporzionati
rispetto a questa, e persiste la convinzione di avere “una grave malattia che nessuno riesce
a diagnosticare”. Questa forte convinzione è accompagnata, nel vissuto del paziente, da una
certa irritazione circa ipotesi di natura psicogena (“non sono matto”).
202
La malattia provoca una grave alterazione dell’adattamento socio-lavorativo.
Diagnosi differenziale
Va posta con:
Terapia
E’ indicata una Psicoterapia Dinamica Introspettiva che tenda a individuare l’aspetto
simbolico del sintomo.
Qualora non sia possibile, si può proporre una terapia farmacologica, per brevi periodi, con
BZD a basso dosaggio e Antidepressivi che agiscano su Ansia e Depressione qualora presenti
in modo rilevante.
Epidemiologia
203
E’ difficile una stima realistica, anche perché questi soggetti si recano dai dermatologi e dai
chirurghi estetici.
Il Disturbo è più frequente negli adolescenti e nei giovani adulti e ha un secondo picco dopo
i cinquanta anni.
Quadro clinico
Questo Disturbo è caratterizzato dall’irrealeconvinzione del paziente di avere un difetto
fisico; i difetti più frequenti vengono riferiti al viso, al seno ed ai genitali, senza che vi sia una
evidenza che giustifichi il ricorso al medico e la grande carica affettivo-emotiva (ansia,
deflessione del tono dell’umore, etc.) che accompagna la presentazione del supposto difetto.
Il soggetto spesso ritiene che l’intervento chirurgico sia l’unico intervento risolutivo (2% degli
interventi di chirurgia plastica).
- Disturbi dell’Umore
- DOC
- Disturbi di Personalità
L’eziologia non è chiara: sembra che un ruolo importante sia esercitato dai fuorvianti
prototipi di bellezza “sponsorizzati” dai media.
Diagnosi differenziale
Va posta con:
1) Normali preoccupazioni per l’aspetto fisico , che non comportano una compromissione
del funzionamento socio-lavorativo;
2) Anoressia nervosa, in cui la preoccupazione eccessiva è limitata al peso corporeo;
3) Distubi dell’identità di genere in cui il senso di estraneità è limitato ai propri caratteri
sessuali primari o secondari;
4) Disturbo Evitante di Personalità e Fobia Sociale;
204
5) DOC, in cui ossessioni e compulsioni non sono riguardanti soltanto l’aspetto fisico;
6) Tricotillomania, che non si verifica per l’intenzione di migliorare il proprio aspetto;
7) Disturbo Delirante di tipo somatico, in cui le convinzioni raggiungono intensità
delirante;
8) Altri d. mentali come ad esempio il Disturbo Depressivo Maggiore, che può essere
primario o secondario al dismorfismo.
Terapia
L’indicazione è per un approccio psicoterapeutico che individui i conflitti sottostanti la
sintomatologia.
La sindrome non è spiegabile con una condizione medica generale responsabile delle
modificazioni endocrine.
205
1) Evitare rischi iatrogeni, quali diagnostica invasiva o interventi chirurgici;
2) Evitare incongrue terapie
3) evitare l’automedicazione
A livello terapeutico:
2) Farmacoterapia: gli SSRI sono risultati efficaci nel ridurre le ruminazioni ossessive, la
disforia e le preoccupazioni ansiose.
206
18. DISTURBI DISSOCIATIVI
Il DSM-IV-TR ha inserito in questo raggruppamento nosografico alcuni quadri clinici in
passato identificati come “Nevrosi Isterica di tipo Dissociativo” o “Isteria d’Angoscia”.
Bleuler usò il termine Dissociazione per definire i sintomi della Schizofrenia e per decenni
“Sindrome Dissociativa” è stato usato come sinonimo di Schizofrenia.
Janet si occupò degli Automatismi Psicologici, ossia della comparsa di funzioni psicologiche
automatiche non coscienti (da lui definite <<idee fisse subconsce>>). Janet differenziò :
- memoria
- identità
- comportamento motorio
- giudizio di realtà
AMNESIA DISSOCIATIVA
E’ caratterizzata dalla perdita di un segmento più o meno ampio della memoria
personale, in assenza di cause organiche note, generalmente dopo un evento traumatico.
207
- Elettiva, quando relativa a particolari avvenimenti (quindi circoscritta
categorialmente);
- Generalizzata, quando coinvolge l’intera esistenza.
Psicodinamica
Si ritiene che l’Amnesia riguardi un contenuto psichico conflittuale, che il paziente tenta di
non affrontare usando alcuni meccanismi difensivi utilizzati in tutti i Disturbi Dissociativi
ivi trattati, quali:
FUGA DISSOCIATIVA
Oggi indicatore della AMNESIA DISSOCIATIVA.
Insorge solitamente dopo una catastrofe naturale o durante una guerra, può durare da
poche ore a qualche mese e si risolve spontaneamente.
Una delle personalità può presentare una patologia psichiatrica, come un Disturbo dell’Umore
o un Disturbo di Personalità .
208
Psicodinamica
Di solito nell’infanzia di tali soggetti si riscontra un grave trauma psicofisico, di solito un
abuso sessuale (90-95%).
Attraverso il meccanismo difensivo della negazione, il bambino denega l’esistenza di tali realtà
e attribuisce ad altri (le “personalità multiple”) l’esistenza di questi vissuti traumatici. Questo
comporta una parcellizzazione del Sé in frammenti dissociati, aventi una loro esistenza
autonoma e connotazioni specifiche, che in particolari condizioni possono riattualizzarsi e
imporsi alla coscienza.
Diagnosi differenziale
Va posta con:
Terapia
E’ indicato un intervento psicoterapico volto a integrare le diverse personalità .
DISTURBO DA DEPERSONALIZZAZIONE
Oggi con DEREALIZZAZIONE.
Si associa spesso a derealizzazione, alla percezione, cioè, della realtà come qualcosa di
estraneo.
209
- non dipenda dall’azione di un farmaco o sostanza psicoattiva
Il trattamento d’elezione è la psicoterapia a indirizzo cognitivo-comportamentale.
1) Disfunzioni Sessuali
2) Disturbi dell’Identità di Genere
3) Parafilie
1. DISFUNZIONI SESSUALI
2. DISFORIA DI GENERE (ex Disturbi dell’Identità di Genere)
3. DISTURBI PARAFILICI (ex Parafilie)
DISFUNZIONI SESSUALI
Per Disfunzioni Sessuali intendiamo le alterazioni delle varie fasi dell’istinto sessuale.
Possono avere un’origine biologica e/o psicologica (nel caso in cui sia biologica va fatta una
diagnosi differenziale).
Le alterazioni possono essere primitive o secondarie, e comparire, cioè, dopo una fase di
funzionamento sessuale normale.
Le Disfunzioni Sessuali vengono classificate in base alla fase della risposta sessuale che risulta
alterata:
Accanto alle disfunzioni di una di queste fasi, sono presenti i Disturbi da Dolore Sessuale.
210
Diminuzione o mancanza, periodica o persistente, di fantasie sessuali o della libido.
- nella donna è rappresentato dal deficit o dall’assenza della lubrificazione della vagina
nel corso dell’eccitamento sessuale
- nell’uomo è caratterizzato da difficoltà o impossibilità di erezione durante la funzione
sessuale.
A tal proposito, va ricordato che tale disturbo può derivare da una malattia cardiovascolare,
endocrina, neurologica, metabolica, infettiva o post-traumatica.
Tra i farmaci che interferiscono su questa fase vanno menzionati tra gli altri:
- Antidepressivi Triciclici
- I-MAO
- Neurolettici
- Benzodiazepine
- Oppiacei
- Antiipertensivi (Clonidina, Beta-bloccanti, ecc.)
- Antiparkinsoniani
In assenza di una base organica, le cause psicologiche possono essere, in senso psicodinamico,
la strutturazione di istanze superegoiche punitive, sentimenti di inadeguatezza o incapacità di
fidarsi. Talora le cause sono di tipo relazionale.
211
Disturbi dell’orgasmo
Nella donna l’anorgasmia è frequentesotto i 35 anni. Le possibili cause di ordine psicologico
possono richiamare:
Omosessualità
212
Nel corso dei vari processi di revisione del DSM, l’Omosessualità è stata variamente collocata
all’interno di specifiche categorie diagnostiche.
A oggi, secondo alcuni modelli teorici l’Omosessualità è un disturbo psichico, mentre per altri
è una variante del comportamento sessuale.
Transessualismo
Profondo e persistente disagio per il proprio genere sessuale, che si traduce nel
desiderio di vivere come una persona dell’altro sesso.
E’ un disturbo molto raro, più frequente negli uomini ed insorge in età adolescenziale o
all’inizio dell’età adulta.Come nell’Omosessualità , incerta è la genesi del disturbo.
PARAFILIE
Oggi DISTURBI PARAFILICI.
Questo termine viene usato al posto di perversione per definire comportamenti sessuali
abnormi per raggiungere il piacere sessuale.
Per porre diagnosi occorre una persistenza del disturbo per almeno 6 mesi.
- esibizionismo: esposizione in pubblico dei genitali per provare piacere; può essere
seguito dalla masturbazione;
- feticismo: eccitamento sessuale con oggetti inanimati (abiti, scarpe, capelli);
- frotteurismo: strofinamento dei genitali su donne non consenzienti (avviene in genere
nei luoghi affollati, per esempio nei mezzi di trasporto pubblici);
213
- pedofilia: fantasie o pratiche sessuali con bambini in età prepuberale;
- parafilie escretorie: vengono utilizzate per raggiungere l’eccitazione sessuale la
defecazione (coprofilia), la minzione (urofilia), l’uso del clistere (clismafilia) su di sé o
sul partner;
- masochismo sessuale: provare piacere nel subire sofferenza fisica o psicologica;
- sadismo sessuale: eccitamento sessuale nel provocare sofferenza fisica o psichica al
partner;
- travestitismo: indossare abiti dell’altro sesso per eccitarsi;
- voyeurismo o scopofilia: provare eccitamento sessuale nell’osservare persone nude o
mentre hanno rapporti sessuali (in genere è seguito dalla masturbazione);
- zoofilia: atti sessuali con animali.
1. PICA (quadro clinico che descrive la tendenza a masticare e/o ingerire materiale non
commestibile; fino al DSM-IV-TR era considerato un disturbo infantile);
2. RUMINAZIONE (fino al DSM-IV-TR era considerato un disturbo tipico della
senescenza);
3. BINGE EATING DISORDER (quadro del tutto sovrapponibile alla Bulimia – di cui
guardare i criteri – senza però implicare condotte di eliminazione).
Le turbe della funzione alimentare presentano un ampio spettro di sfumature. Per questo,
vengono considerate di interesse psichiatrico solo le forme più eclatanti di esse, ovvero
l’anoressia e la bulimia.
A partire dal DSM-IV, a differenza delle precedenti edizioni, a questi Disturbi è stata riservata
un’autonomia nosografica, tanto da essere raggruppati in una categoria clinico-diagnostica a
sé stante.
Anoressia Nervosa
Il quadro clinico dell’Anoressia Nervosa è caratterizzato dalla fobia di ingrassare (ideazione
fobico-ossessiva per il proprio peso), con conseguenti comportamenti di ostinato rifiuto del
cibo e desiderio di perdere peso.
Epidemiologia
Colpisce in prevalenza il sesso femminile (il 90-95% dei casi), generalmente in adolescenza,
e all’interno delle classi medio-alte.
Psicopatologia
Non esiste ancora uniformità di vedute sull’eziopatogenesi di questa malattia.
214
Freud aveva parlato di regressione alla fase orale, mentre la Klein ipotizzava una fissazione
alla fase schizo-paranoide.
Secondo Bruch nell’anoressia è alterata l’immagine corporea; altri Autori sostengono che il
nucleo fondamentale del disturbo sia l’ansia scaturita dallafobia del sovrappeso che
determina il rifiuto del cibo e il desiderio costante, ossessivo e vincolante di dimagrire.
Secondo la Scuola Sistemico-Relazionale nelle famiglie dei soggetti con Disturbo Anoressico
esistono alcune caratteristiche patologiche fondamentali quali l’ipercoinvolgimento emotivo
del figlio, l’iperprotezione e la mancata risoluzione del conflitto dipendenza-autonomia.
Diagnosi
Il DSM-IV-TR individua i seguenti criteri:
1) Rifiuto di mantenere il peso corporeo a livello o al di sopra del peso normale minimo,
in rapporto ad età e statura (il peso rimane al di sotto della norma di almeno il 15%)
2) Eccessiva ed immotivata paura dell’aumento ponderale
3) Disturbi dell’immagine corporea con alterata percezione delle dimensioni del proprio
corpo.
4) Amenorrea secondaria per almeno tre cicli consecutivi (oggi non è più necessario
questo criterio nel DSM5)
Quadro clinico
La modalità di esordio può essere una banale dieta ipocalorica instaurata per smaltire il
sovrappeso.
Talvolta però l’inizio è più subdolo con la paziente che fa “sparire” il cibo con modalità diverse
(ad esempio, si induce il vomito, mente sulla reale quantità di alimenti ingeriti, ecc.).
In questa fase la mancanza di coscienza del proprio disturbo da parte del paziente ostacola
qualunque tipo di intervento.
215
- riduce il livello di funzionamento sociale
- porta all’isolamento
Diagnosi differenziale
Va posta con le malattie organiche che provocano deperimento, e in cui non sono riscontrabili
né la fobia del peso né l’iperattività motoria.
Decorso
Il singolo episodio può risolversi con la restitutio ad integrum.
L’exitus compare nel 5-20% dei casi a seguito di complicanze dismetaboliche da prolungata
denutrizione o, più raramente, di condotte suicidarie.
Terapia
Va innanzitutto superata la negazione da parte del paziente della sua problematica, per poi
portare avanti un approccio integrato che preveda:
216
Bulimia
E’ caratterizzata dalla comparsa di episodi durante i quali il soggetto è pervaso da un impulso
improvviso ed irresistibile a mangiare tutto il cibo che può essere reperito.
La Bulimia è stata a lungo considerata una forma grave di Obesità , o quadro associato
all’Anoressia; solo di recente è stata ammessa l’autonomia nosografica di questo quadro
clinico.
Epidemiologia
E’ netta la prevalenza del disturbo nel sesso femminile.
L’età di esordio è tra i 12 e i 35 anni. In genere la richiesta di intervento avviene non prima di
5 anni dall’esordio del disturbo, dato che fa cogliere la ritrosia, da parte dei pazienti e dei
familiari, ad ammettere l’esistenza del comportamento bulimico.
Psicopatologia
La Bulimia è considerata una manifestazione di una predisposizione all’abuso di sostanze.
Tale ipotesi è confermata dal riscontro nei pazienti bulimici e nei loro familiari di numerosi
casi di abuso di sostanze alcoliche e di sostanze psicoattive, perché richiama un discontrollo
degli impulsi.
Diagnosi
Il DMS-IV-TR individua i seguenti criteri:
1) Bulimia con condotte di eliminazione (induzione del vomito e/o abuso di lassativi);
2) Bulimia senza condotte di eliminazione (ricorso al digiuno o a iperattività fisica).
Clinica
217
Generalmente questi pazienti:
1) sono normopeso
2) presentano tuttavia una fobia per l’incremento ponderale
3) manifestano un’eccessiva attenzione per la propria immagine corporea
Le crisi bulimiche sono comportamenti alimentari compulsivi che non sono dovuti a
sensazione di fame, ma ad un senso di malessere generale con transitori sintomi del
quadro depressivo.
La crisi dura da qualche minuto a un’ora ed al termine il soggetto prova una sensazione di
disgusto o di autosvalutazione, di prostrazione, che può sfociare in tentativi di eliminazione
del cibo (induzione del vomito, lassativi, digiuno, ecc.).
Comorbidità
La Bulimia soventemente si associa con:
- Anoressia Nervosa
- Disturbi dell’Umore
- Disturbi da Abuso di Sostanze
- Disturbi di Personalità Borderline, Ossessivo-Compulsivo, Istrionico
Decorso
E’ possibile spaziare dalle forme ben compensate alle forme che determinano gravi alterazioni
dell’adattamento sociale, familiare e lavorativo.
Terapia
Come nel caso dell’Anoressia i migliori risultati si ottengono col trattamento integrato.
218
21. DISTURBI DEL SONNO
Oggi DISTURBI SONNO-VEGLIA.
Il sonno è una funzione vitale, che si presenta in modo ciclico, con una progressiva
diminuzione dello stato di coscienza e con un aumento della soglia di reattività agli stimoli
esterni.
- primari
- secondari, correlati a malattie psichiatriche o organiche.
- Insonnia Primaria
- Disturbi del Ritmo Circadiano del sonno
- Ipersonnia Primaria
- Disturbo del Sonno Correlato alla Respirazione
Insonnia primaria
L’Insonnia Primaria si può classificare in:
219
Nella sua forma protratta deve comparire almeno tre volte a settimana per 1 mese.
- Astenia diurna
- Diminuzione dell’efficienza intellettiva
Epidemiologia
Il tasso di Prevalenza è del 15% nella popolazione generale e del 30% negli anziani.
Diagnosi
Ovviamente non va mai trascurata un’accurata raccolta dei dati anamnestici; vanno indagati a
riguardo:
- i precedenti di malattia
- le notizie su trattamenti farmacologici in corso
- le particolari abitudini di vita, come orari di addormentamento e risveglio, consumo di
tabacco, bevande alcoliche o sostanze psicoattive.
Terapia
Al trattamento farmacologico è sempre bene associare l’applicazione di alcune norme di
igiene del sonno:
- non dormire più del necessario (evitare di indugiare a letto più del dovuto)
- coricarsi ad orari regolari e alzarsi al mattino sempre alla stessa ora
- evitare la sera pasti copiosi
- evitare l’attività fisica prima di coricarsi
- mantenere la stanza da letto in condizioni di isolamento acustico e di buon equilibrio
termico
- limitare nelle ore serali il consumo di alcool, caffeina e tabacco
Di recente sono state immesse sul mercato delle sostanze ipnoinducenti non
benzodiazepiniche che hanno rivelato pari efficacia e tollerabilità delle BZP e il vantaggio di
non indurre quella tolleranza e dipendenza che limitano nel tempo l’efficacia delle BZP e ne
consigliano un ridotto impiego nel tempo.
220
Sono caratterizzati dallo spostamento degli orari di addormentamento e di risveglio con
conseguente comparsa di astenia diurna e riduzione dell’efficienza intellettiva.
Si distinguono:
- il tipo professionale, che colpisce chi esercita un lavoro che prevede turni di notte
- il tipo jet lag o del viaggiatore, che colpisce chi è stato in zone con diverso fuso orario
- il tipo a fase tardiva, che colpisce chi si addormenta a notte fonda e si risveglia in una
tarda ora dell’arco diurno.
Ipersonnia Primaria
Caratterizzata da sonnolenza diurna che limita i normali atti della vita quotidiana e da un
lento passaggio dal risveglio allo stadio di piena veglia (“ubriacatura da sonno”).
Ha una prevalenza dell’1-2% della popolazione e colpisce spesso le donne in fase mestruale
(è anche un criterio importante per fare diagnosi di Depressione Maggiore).
Narcolessia
Caratterizzata da:
221
- incubi notturni: caratterizzata da risvegli durante i quali il paziente ricorda in piena
lucidità sogni a contenuto terrifico
- Disturbo da terrore da sonno: caratterizzati da risvegli in stato di profonda angoscia
con associati sintomi somatici, come sudorazione profusa o tachicardia; a differenza
degli incubi notturni, il paziente non serba traccia mnestica del contenuto onirico.
Tra le malattie psichiche vanno ricordate (1) Disturbi d’Ansia, (2) Disturbi dell’Umore, (3)
Schizofrenia, (4) Demenza, (5) Disturbi da Abuso di Sostanze.
Le malattie organiche possono provocare turbe del sonno, per la presenza di sintomi che
provocano dolore (es. febbre, coliche, ecc.).In tutti i casi il trattamento deve mirare a
rimuovere la malattia di base.
Quadri clinici
Il DSM-IV-TR distingue 6 tipi di Disturbo dell’Adattamento (D.A.), a seconda della
sintomatologia prevalente:
Diagnosi
Per fare diagnosi di D.A. sono necessari i seguenti criteri diagnostici:
222
A. Reazione a un evento stressante che avvenga entro tre mesi dall’inizio dello stesso.
B. La natura disadattava è indicata da:
1. Sintomatologia eccessiva rispetto alla normale reazione attesa allo stress;
2. Compromissione delle consuete attività sociali o professionali, compresa la scuola.
C. Non sono soddisfatti i criteri di un altro disturbo psichico, né si è di fronte
all’esacerbazione di un’altra patologia psichiatrica.
D. L’evento stressante non è un lutto.
E. Finito lo stress, la sintomatologia deve scomparire entro sei mesi.
Decorso e prognosi
Considerato il criterio diagnostico E., la prognosi è generalmente favorevole.
Negli adulti può verificarsi un’evoluzione verso la Depressione.Il D.A. può recidivare.
Terapia
Una psicoterapia di sostegno può aiutare ad acquisire le giuste strategie perfronteggiare lo
stress.
Una terapia con BZP a basso dosaggio e per breve durata consente di attenuare la
sintomatologia ansiosa.
223
23. DISTURBI DI PERSONALITA’
Va immediatamente sottolineata una differenza fondamentale:
- da una parte, nelle Sindromi Psichiatriche gli elementi costitutivi del quadro
psicopatologico sono rappresentati dai sintomi psichiatrici
- dall’altra parte, i Disturbi di Personalità sono costituiti da un certo raggruppamento
di tratti di personalità.
Nei Disturbi di Personalità non si parla di sintomi ma di tratti, diversi dal punto di vista
categoriale e/o dimensionale-quantitativo rispetto ai tratti personologici-
temperamentali normali.
Ma cosa sono i Tratti di Personalità ? I Tratti di Personalità ( che sono gli elementi che
qualificano i Disturbi di Personalità ) possono essere considerati – in un’ottica dimensionale -
una esasperazione di componenti e aspetti della personalità normale.
I tratti di personalità , quindi attengono al “carattere” intrinseco del soggetto. Jaspers, non a
caso, parlava di “caratteropatie” o “patocaratterologie”.
La differenza tra tratti e sintomi era la base della distinzione tra l’Asse I e l’Asse II nel DSM-IV-
TR:
224
- i disturbi basati sui tratti erano classificati sull’Asse II
I disturbi primari basati sui tratti sono conosciuti come Disturbi di Personalità, e il DSM5
include attualmente 10 Disturbi di Personalità; tutti gli altri Disturbi psicologici richiamano
Sindromi Psichiatriche, ed erano inseriti nel DSM-IV-TR in Asse I.
Per Personalità intendiamo la modalità individuale, unica e stabile per ogni individuo di
fare esperienza del mondo, che si riflette in uno schema prevedibile di reazioni a una varietà
di situazioni. Ogni individuo ha quindi dei “tratti” di personalità , relativamente stabili nello
spazio e nel tempo, che possono essere misurati e descritti (v. Hans Selye nel capitolo sul
PTSD).
1. Per essere considerati abnormi questi tratti devono essere fortemente alterati rispetto a
quelli comunemente accettati come normali in quel determinato contesto socioculturale.
I Disturbi di Personalità , quindi, pongono rilevanti problemi, sotto diversi punti di vista:
- diagnostico
- terapeutico
- relazionale e sociale (lavoro, affetti, amicizie)
225
Questi problemi sono anche legati al fatto che un Disturbo di Personalità si accompagna a una
scarsa o distorta consapevolezza degli aspetti personologici alterati; si parlava prima del
concetto di ego-sintonia: il soggetto si forma un’immagine di se stesso molto discordante
rispetto all’immagine che gli altri hanno di lui, le anomalie che sono determinate dai tratti di
personalità disfunzionali possono anche essere vissute senza la necessaria autocritica, e la
causa delle difficoltà essere individuata nell’ambiente esterno.L’egosintonia, quindi, correla
con la mancanza di giudizio critico (nei Disturbi di Personalità MANCAgiudizio critico).
2. Tali tratti, inoltre, per essere considerati espressivi di un Disturbo di Personalità , devono
essere stabilmente presenti sin dall’adolescenza o dall’età giovanilee manifestarsi
costantemente e non solo in modo reattivo a particolari situazioni stressanti (non
essere, cioè, Disturbi dell’Adattamento).
- Il rapporto di realtà è conservato per la maggior parte del tempo , tranne che per
periodi molto limitati, nei quali possono a volte verificarsi brevi episodi psicotici.
- I Disturbi di Personalità , infine, espongono a un rischio elevato di comorbidità con la
Depressione e rappresentano un significativo fattore di rischio per suicidio (ricorda il
suicidio narcisistico o la “suicidosi” nel Borderline), consumo di droghe (farmaci e
sostanze stupefacenti) e comportamento violento.
Classificazione
E’ possibile distinguere due differenti modalità di approccio ai Disturbi di Personalità :
226
1) I Disturbi di Personalità presentano Tratti di Personalità e non sintomi;
2) Diversamente dai sintomi, i tratti di personalità sono modelli di esperienza interiore e
di comportamento relativamente stabili nel tempo e persistenti;
3) La personalità è considerata disturbata quando i tratti sono disadattivi, rigidi ed
estremi;
4) Questi tratti personologici disfunzionale si strutturano a partire dall’adolscenza;
5) La maggior parte dei tratti associati ai Disturbi di Personalità si situa su un continuum
tra comportamento normale e patologico. I disturbi di personalità solitamente
comprendono versioni estreme di tratti di personalità comuni.
Il DSM-IV-TR proponeva anche altre 3 categorie di Disturbi (che necessitano però di maggiori
approfondimenti), le cui manifestazioni comportamentali sono legate ad una difficile gestione
delle quote aggressive della personalità :
1. Disturbo Autofrustrante
2. Disturbo Depressivo
3. Disturbo Negativistico (precedentemente definito Passivo-Aggressivo).
• Quanto detto porta i soggetti ad essere difesi, guardinghi, ipervigili e controllanti, sempre
alla ricerca di ogni minimo indizio di imbroglio, di inganno o di ingiustizia perpetrato ai loro
danni.
• Per il paranoide, quindi, il mondo è un ambiente ostile, che impone una continua
preoccupazione.
227
• Posto questo assetto psicologico, i soggetti con Disturbo Paranoide di Personalità sono
soventemente litigiosi, rigidi, incapaci di rilassarsi ed esprimere autentici sentimenti di calore
e simpatia.
La preoccupazione di ricevere un danno dagli altri determina anche una scarsa propensione
a sviluppare rapporti di intimità . Lo stile di vita è solitario ed emarginato in quanto ogni
nuovo arrivato è considerato un potenziale nemico, con cui è impossibile confidarsi per il
timore di potere essere traditi.
• I soggetti con Disturbi Paranoide diventano spesso vittime delle proprie profezie che si
autoavverano.Infatti i vissuti paranoidei che fanno degli altri soggetti gelosi, maldicenti ed
aggressivi, pronti a fare soprusi, amputano in questi ogni tentativo di approccio cordiale ed
amichevole, e alimentano quote aggressive e comportamenti di rifiuto.
• Sotto stress questi soggetti possono manifestare franchi deliri di persecuzione o idee di
riferimento, che comunque sono abitualmente transitori (ideazione paranoide può
trasformarsi in delirio paranoide).
Dal punto di vista psicodinamico questo disturbo si incentra sull’utilizzazione costante del
meccanismo di difesa della proiezione attraverso il quale motivi, sentimenti e contenuti del
proprio mondo interiore vengono attribuiti agli altri: il soggetto “salva” il proprio mondo
interno rendendo minaccioso il mondo esterno.
Da ragazzi infatti, anche se studenti seri e produttivi, sono estraniati dalla vita di classe.
• La stessa scarsa propensione all’incontro, allo scambio e alla condivisione riguarda la vita
sessuale, verso la quale mostrano una debole spinta.
228
• Estranei a strutturare relazioni umane profonde, incapaci di manifestare sentimenti di
tenerezza e calore umano, in genere non arrivano, per questo, a costituirsi una propria
famiglia.
Oltre a una vita relazionale disinvestita e impoverita, si rileva, anche, uno stile cognitivo e
percettivo distorto e un comportamento bizzarro, eccentrico e peculiare.
Alcuni di questi disturbi percettivi e di pensiero sono associati alla Schizofrenia; prove
genetiche e biologiche suggeriscono infatti che il Disturbo Schizotipico di Personalità è
strettamente connesso con la Schizofrenia; tuttavia, però , a differenza dei soggetti psicotici, il
Disturbo Schizotipico, pur comportando pensieri, percezioni e comportamenti bizzarri,
consente di mantenere comunque un contatto con la realtà .
Il Disturbo sembra più comune tra i consanguinei dei pazienti affetti da Schizofrenia.
• Il soggetto tende quindi ad una organizzazione del pensiero di tipo magico: possono essere
presenti idee e credenze non spiegabili a partire da matrici di ordine culturale, e in grado di
influenzare il comportamento:
- idee di riferimento, l’idea cioè che eventi esterni abbiano un particolare e inusuale
significato autoreferenziale
- credenze insolite, magiche, superstiziose (credenza nella chiaroveggenza, negli alieni,
nel paranormale, per esempio).
• Il rapporto con la realtà è dunque precario o quanto meno organizzato su modalità “private”
e personali, significati peculiari, piuttosto che sui dati generalmente accettati.
• Per questo spesso lo stile di vita è isolato da qualsiasi forma di contatto sociale, le relazioni
sociali e confidenziali carenti e il livello di Ansia sociale, cioè il disagio di intrattenersi con
persone estranee alla ristretta cerchia familiare, può essere molto elevato.
229
• A volte trovano integrazione in gruppi di emarginazione sociale come sette religiose,
parapsicologiche, parascientifiche.
I soggetti antisociali presentano una radicale difficoltà ad adeguarsi alle norme sociali e a
rispettare la legalità , tanto da mettere in atto azioni francamente illegali che possono
comportare l’arresto e la reclusione per le motivazioni più disparate, dalla truffa, allo spaccio
di droga.
• Una caratteristica di questi soggetti è infatti il trasformismo. A volte appaiono isolati come
gli schizoidi, altre volte sembrano attivamente coinvolti nei rapporti interpersonali, con alcuni
sono aggressivi, con altri possono appaiono gentili e generosi; questo camaleontismo è
epifenomeno di un atteggiamento di fondo nei confronti della vita per cui questa è vissuta
come un gioco dove gli altri vengono considerati come pedine da muovere in una scacchiera
per raggiungere i propri scopi.
• A proposito dell’uso voluttuario delle relazioni interpersonali e della carenza estrema del
senso di responsabilità , la sessualità è spesso vissuta senza impegno né coinvolgimento, ma
con promiscuità e solo per soddisfazione personale.
- l’impulsività
- l’irritabilità
- l’incapacità di assumersi le responsabilità e rispettare gli impegni
- l’aggressività , Infatti, possono essere crudeli, sadici e violenti, indifferenti e privi di
rimorsi nei confronti del danno arrecato agli altri attraverso le proprie condotte.
230
• Raramente sperimentano emozioni d’ansia e mai l’ansia che deriva dai sensi di colpa. Vivono
una vita nella quale le preoccupazioni dettate da regole morali sembrano non avere mai
trovato posto.
231
rapporto, oscillando dalla paura dell’abbandono e della perdita al timore della fusione
con l’altro.
Per questo, solo la presenza fisica di altre persone consente ai soggetti borderline di dare un
significato alla propria vita; in tale condizione di dipendenza, la solitudine, ogni abbandono
reale o immaginario, diventa insopportabile, viene vissuto come una ferita profonda e
dolorosa e per questo comporta un vissuto di annientamento (perché il soggetto perde il suo
“contenitore”: Fonagy e Target parlano infatti di “rientroietto del Sé Alieno evacuato”).
Ovviamente, il bisogno indifferibile degli altri può esporre questi soggetti all’abuso, allo
sfruttamento e al maltrattamento.
- senso di vuoto
- mancanza di senso
- rabbia pervasiva
• Sintomi dissociativi anche severi, stati di depersonalizzazione o ideazione paranoide
possono presentarsi in modo transitorio in condizioni di stress.
Per quanto detto, questo disturbo di personalità facilmente può complicarsi con:
232
• Sono persone di “cristallo”:
delicate da toccare
facili a rompersi
• I soggettiborderline hanno:
- sentimento di unicità
- senso grandioso di importanza
- desiderio incessante di essere ammirati
- mancanza di empatia
Un sentimento grandioso della loro importanza li porta a coltivare fantasie di successo
illimitato, potere, bellezza o amore ideale e la convizione di essere unici e speciali.
Hanno anche una forte aspettativa di essere tenuti in grande considerazione dagli altri,
aspettandosi riconoscimenti e trattamenti di favore, poco motivati e senza il minimo senso
di reciprocità .
• Tutti i rapporti interpersonali, amicali, sentimentali, lavorativi e sociali rivelano una natura
utilitaristica, rispondono all’incessante ricerca di attenzione e ammirazione.
233
Quando questo bisogno è disatteso, e l’immagine grandiosa di sé non viene riconosciuta e
confermata, il senso di vulnerabilità e la ferita narcisistica per essere stati criticati e rifiutati
sono talmente grandi da generare intense reazioni di rabbia impotente, umiliazione e
vergogna profonda.
• Ciò porta a una continua ricerca implicita di conferme esterne rispetto al proprio valore.
Nei confronti degli altri alternano vissuti emotivi oscillanti tra idealizzazione, quando il
proprio bisogno di gratificazione personale viene soddisfatto, e la svalutazione quando questo
bisogno viene frustrato
• Gli atteggiamenti manipolatori e utilitaristici nei confronti degli altri per il conseguimento
dei propri scopi, il ricorso costante alla menzogna, producono inevitabilmente difficoltà
relazionali.
• Gli altri diventano, pertanto, strumenti atti a soddisfare questo indifferibile bisogno di
attenzione e ammirazione.
234
importante, di essere costantemente al centro dell’attenzione può condurre ad utilizzare un
abbigliamento inappropriatamente seduttivo o provocante.
• Fino a quando l’omeostasi viene mantenuta, il soggetto istrionico vive la vita come un
affascinante spettacolo, dove recitando la propria parte ricerca costantemente gli applausi;
ma quando questo equilibrio viene meno, riemergono i sentimenti di inadeguatezza e
inferiorità , l’ansia e la preoccupazione di essere rifiutati, la ricerca spasmodica di
apprezzamento e rassicurazione, cui possono seguiregesti autolesivi e tentativi di suicidio a
scopo dimostrativo.
• Nel DP Istrionico vi è:
- una elevata Novelty Seeking, che li rende impulsivi, irriflessivi, insofferenti della
routine e volti alla ricerca di stimoli nuovi per il piacere stesso della novità .
- una bassa Harm Avoidanceche li rende in genere poco ansiosi
- una elevata Reward Dependance,da cui dipendono l’estrema sensibilità e dipendenza
dai segnali sociali.
- inibizione sociale
- sentimenti di inadeguatezza
- ipersensibilità alle valutazioni negative
Queste caratteristiche portano il soggetto a evitare tutte quelle attività che implicano una
relazione interpersonale significativa che espone al rischio di essere criticato, disapprovato e
rifiutato.
Il soggetto pertanto tende a non coinvolgersi nelle relazione interpersonali senza avere
prima la certezza di essere gradito.
• L’ipersensibilità alla critica fa sì che ogni fonte di contatto interpersonale non garantito, cioè
potenzialmente foriero di esposizione al giudizio altrui, venga evitato.
Evidenti sono quindi le limitazioni nelle relazioni intime e sociali per paura di essere
umiliato o ridicolizzato, criticato o rifiutato, per via di un senso di inadeguatezza.
235
Nel DP Evitante:
I soggetti con DP Dipendente, data la mancanza di fiducia in sé, possono trovare arduo:
- prendere decisioni autonome, senza che queste siano supportate dalla conferma e dalla
rassicurazione altrui
- assumersi una responsabilità
- esprimere disaccordo, per il timore di perdere il sostegno e l’approvazione degli altri,
da cui dipendono
• Mantengono quindi nella vita adulta un atteggiamento tipico dell’infanzia, oblativo, segnato
dalla convinzione, irriducibile, di essere inermi e indifesi di fronte ai continui pericoli e ai
rischi a cui la vita e il mondo espongono costantemente, e incapaci di fronteggiarli.
• Questo vissuto ansioso, apprensivo nei confronti della vita e del mondo, è lo stato emotivo
prevalente, se non l’unico, tranne che in presenza di una o più persone che vengono investite
del ruolo di protettori.
A questi vengono delegate la maggior parte delle decisioni, dalle più futili alle più importanti,
a essi, alle loro opinioni e giudizi, ci si affida “magicamente” e quindi non realisticamente, per
avere rassicurazione, consiglio, parere, appoggio.
• Quanto detto fino ad ora determina una condizione di particolare vulnerabilità alle
critiche ed alla disapprovazione che non fanno che rafforzare la visione negativa di sé e
confermare i propri script cognitivi.
236
di non essere “nessuno”, sentono di esistere solo attraverso la presenza direttiva e
rassicurante di un altro.
- Perfezionismo
- Preoccupazione per l’ordine
- Tendenza al controllo materiale, mentale ed interpersonale
- Inflessibilità nella dimensione affettiva, familiare e sociale
- Meticolosità, scrupolosità, dedizione al particolare
• Perde molto tempo a fare programmi, elenchi, ordinare razionalmente compiti, così da
determinare uno scadimento della performance.
237
24. ADOLESCENZA: PSICOLOGIA E PSICOPATOLOGIA
Oggi in DISTURBI DEL NEUROSVILUPPO (ex <<Disturbi dell’Infanzia e
dell’Adolescenza>>).
Il termine Adolescenza deriva dal latino “Adolescere” che vuol dire “crescere”.
Il problema fondamentale è la valutazione della crisi adolescenziale. La parola crisi deriva dal
greco “Krisis”.
In Medicina essa designa un’improvvisa perturbazione delle condizioni di salute, cui segue
una guarigione o un peggioramento.
A sostegno della prima ipotesi sta il fatto che la maggioranza degli adolescenti ha
un’evoluzione normale, a supporto della seconda ipotesi gioca l’osservazione che la maggior
parte delle malattie psichiatriche ha esordio durante l’adolescenza.
238
Cambiamenti fisiologici
La pubertà è l’esito di una serie di modificazioni ormonali che determinano:
Dinamiche psicologiche
Le trasformazioni corporee determinate dagli eventi fisiologici di cui sopra provocano
nell’adolescente profonde sollecitazioni a livello intrapsichico e interpersonale.
Questo passaggio dal vecchio mondo dei valori al nuovo mondo (quello dei pari) è mediato da
nuove modalità cognitive: nell’adolescente, infatti, si assiste al passaggio dal pensiero
concreto, tipico del bambino, al pensiero formale, o ipotetico-deduttivo, caratterizzato
dalla capacità di ragionare per ipotesi, operare associazioni tra concetti e formulare principi e
teorie.
Tale costruzione di un nuovo modo di valori (gruppo di pari) e l’acquisizione di una nuova
modalità di pensiero, formale, libera gli adolescenti dalla dipendenza dagli altri, verso i quali
si esprimono, con varie sfumature, atteggiamenti di indipendenza di giudizio che esitano
finanche nel rifiuto esplicito e nell’opposizione.
239
Anzitutto va evidenziato che il limite tra “sano” e “patologico” è alquanto sfumato in questa
fase e che gli elementi psicopatologici che emergono nel singolo vanno rapportati al suo
contesto sociale di riferimento. Ne consegue che l’osservazione clinica dell’adolescente deve
essere integrata con le notizie che si possono raccogliere dalle figure significative della sua
esistenza: genitori, insegnanti, amici, ecc.
Questa modalità di intervento reticolare è importante non solo per acquisire dati utili per
pervenire a una corretta diagnosi, ma è anche il punto di partenza per individuare risorse e
fattori di rischio dell’ambiente di riferimento.
Tali patologie non sono specifiche dell’adolescenza, nel senso che in questa fase da una
parte si osserva l’evoluzione dei disturbi dell’infanzia, dall’altra l’esordio di patologie tipiche
dell’età adulta.
A tal proposito:
98
La dismorfofobia (dal greco antico dis – morphé, forma distorta e φό βος, phobos = timore) è la fobia che nasce da una visione distorta che
si ha del proprio aspetto esteriore, causata da un'eccessiva preoccupazione della propria immagine corporea. In taluni soggetti, questa forma
fobica, può causare uno stress emozionale e incapacità di tessere adeguate ed equilibrate relazioni sociali e sessuali, con conseguente
isolamento sociale. L'individuo può sviluppare comportamenti fobico–ossessivi, talvolta dannosi per la propria salute poiché possono
evolvere in anoressia nervosa e bulimia. La dismorfofobia si sviluppa con maggiore frequenza nei soggetti con basso livello di autostima, in
genere adolescenti, sia maschi che femmine. Le preoccupazioni possono focalizzarsi sull’intero aspetto esteriore o solo su una parte
delimitata del corpo. In genere, le parti maggiormente interessate sono: seno, capelli, cosce e fianchi per le donne; torace, addome, naso,
pene, testicoli e capelli, per gli uomini.
240
Terapia
Qualunque intervento terapeutico con gli adolescenti deve tenere in considerazione il
contesto familiare, indipendentemente dalla tecnica psicoterapia utilizzata.
Per quanto concerne i trattamenti farmacologici, va ricordata una particolare cautela nel
dosare i farmaci e una grande attenzione per mantenere la cura il tempo strettamente
necessario, evitando di ridurre il progetto terapeutico esclusivamente alla somministrazione
farmacologica.
26. PSICOTERAPIA
Con il termine Psicoterapia si intende una modalità di intervento che utilizza a scopo
terapeutico strumenti di tipo psicologico, e che rivela una natura co-costruita, co-agita,
circolare e bidirezionale all’interno della quale sia il paziente che il
terapeuta/terapeuti si configurano come protagonisti-partecipatori (anche se il grado e
la modalità di partecipazione del paziente potranno variare a secondo del tipo di
psicoterapia).
Nel corso dei secoli, e nella storia di tutti i popoli, possiamo riconoscere varie figure che
incarnano in vario modo questa capacità terapeutica, attraverso dimensioni di tipo magico,
mistico, sciamanico, religioso.
La Psicoterapia è quello spazio e quella cornice in cui prendersi cura e farsi insieme e
congiuntamentedella sofferenza del paziente, attraverso un contatto profonda e una relazione
di aiuto intensa, che non stimolino nell’altro dipendenza succube e passive, né aspettative
irrealistiche di salvezza.
241
1) una teoria della mente dalla quale questa deriva, un modello psicologico,
metapsicologico99 e psicopatologico che si basa su una serie più o meno numerosa
di assunti, ipotesi e concetti, e che rappresenta una sorta di mappa di riferimento
attraverso la quale potersi muovere, esplorare e comprendere;
2) specifici criteri metodologici e modalità operative, attraverso i quali la coerenza
dei modelli teorici viene sottoposta a verifica; se la teoria è la mappa, queste
rappresentano gli strumenti concreti di esplorazione e di orientamento – la bussola –
attraverso cui muoversi, esplorare e comprendere; le tecniche di intervento
mantengono dunque uno stretto rapporto con la matrice teorica dalla quale si possono
fare derivare, e grazie a questi mezzi tecnici è possibile verificare la correttezza della
mappa, il suo valore conoscitivo e trasformativo.
La graduale elaborazione di un modello teorico della vita mentale, cioè, è spesso andata di
pari passo con la “sperimentazione” di quel modello nel “vivo” della relazione psicoterapica,
con tutti i possibili aggiustamenti successivi e con una circolarità incessante tra teoria e
clinica, modello ed esperienza.
Questo spiega anche come mai le teorie psicologiche sono cresciute in maniera così elevata:
autori diversi hanno gradualmente arricchito, a partire dalla loro viva esperienza clinica, le
teorizzazioni dei loro predecessori, sviluppandole da una parte e rivedendole da un’altra.
1. Teoria
2. Metodologia
3. Relazione
Questi tre elementi sono tra di loro inestricabilmente collegati: la teoria è la matrice della
metodologia, così come il modello relazionale di ogni psicoterapia e quindi il tipo di
interazione previsto tra psicoterapeuta e paziente è relativo ai presupposti teorici e gli
strumenti operativi che quella psicoterapia privilegia.
Ecco che allora ciò che ogni psicoterapia configura è un incontro non definibile una volta per
tutte, in cui, quindi, un dato paziente dice una data cosa a un dato terapeuta che attenziona, in
base ai suoi presupposti teorici e metodologici, specifici, gli elementi che si impongono
davanti a lui.
99
metapsicologia Termine introdotto da S. Freud per designare quella parte della psicologia psicanalitica che costruisce un modello
astratto della struttura psichica e che si propone di descrivere i processi psichici, approfondendo le ipotesi teoriche che costituiscono la base
del sistema psicanalitico. La metapsicologia è costituita per lo più da teorie desunte dal lavoro clinico con pazienti o da osservazione diretta, e
fu sviluppata da Freud nella necessità di costruire un ampio impianto teorico per la psicoanalisi, creando così una completa teoria della
mente.
242
2) si cerca, con uno sforzo comune, di “inventare” nuove strade da percorrere verso un
adattamento migliore e una migliore possibilità di utilizzare le risorse personali
3) in cui, oltre al paziente, anche il terapeuta può trasformarsi.
Dobbiamo altresì ricordare che la Psicoterapia è un tipo di intervento che deve essere
suscettibile di valutazione degli esiti e del processo terapeutico, che quindi deve rispondere ai
criteri di obiettività , nell’ottica di strutturare interventi che siano il meno possibili
antiterapeutici e iatrogeni, e chiarire quali siano i reali fattori terapeutici.
Psicoanalisi
La Psicoanalisi è il primo modello di psicoterapia che si è venuto a costituire, a partire dal
Modello Dinamico del funzionamento mentale elaborato da Freud tra il 1890 e il 1920.
I sentimenti e i desideri inaccettabili, e quindi conflittuali, così come il senso di colpa scaturito
dall’azione censoria del Super-Io, subiscono la manipolazione dei sistemi difensivi messi in
opera dall’Io per evitare il loro accesso alla coscienza. Più queste operazioni difensive si
irrigidiscono, sottraendo alla coscienza parti della vita psichica, più compariranno
manifestazioni nevrotiche che, nell’ottica psicoanalitica, rappresentano quindi manifestazioni
mascherate del conflitto intrapsichico sottostante.
243
La Psicoanalisi è finalizzata ad aumentare il grado di conoscenza che il paziente ha di se
stesso, è finalizzata all’abreazione dell’inconscio, portare l’Io laddove era l’Es.
Uno dei mezzi principali utilizzati dalla terapia psiconalitica è l’interpretazione, attraverso
cui vengono collegati aspetti consci a dinamismi inconsci.
Questo lavoro di interpretazione viene condotto anche sui sogni, che Freud considera la via
regia per lo studio dell’inconscio: decodificando il simbolismo onirico, per cui i contenuti
originari del sogno sono sottoposti, attraverso il “lavoro onirico”, a un processo di
occultamento e criptazione che li maschera nelle scene, nelle situazioni e nei personaggi dei
sogni, il soggetto potrà lasciare emergere e prendere consapevolezza delle sue difficoltà
intrapsichiche.
Nella Psicoanalisi il Setting assume un valore fondamentale. Esso rappresenta l’insieme dei
parametri spazio-tempo-relazionali che si mantengono costanti, la cornice, sottoposta al
minor numero di variabili possibili, dentro la quale i vissuti e le produzioni del pazienti
prendono forma e si attualizzano, e possono essere visualizzati, compresi, letti e interpretati.
Le regole del setting, concordate all’inzio del contratto terapeutico, vincolano terapeuta e
paziente, e si pongono come garanzia reciproca di disponibilità e partecipazione al processo
terapeutico.
La psicoterapia junghiana
La psicoterapia junghiana, se da una parte condivide alcuni elementi teorici fondamentali con
l’impostazione freudiana, per altri se ne differenzia significativamente.
Jung, sopo un periodo di collaborazione con Freud, se ne distaccò per via di alcune divergenze
sostanziali che riguardavano:
1) affrontare i fenomeni psichici “dal punto di vista della psiche”, tenta cioè di postulare
una relativa autonomia dello psichico dal biologico
2) amplia il concetto di libido, dandogli il significato di energia psichica generale e non
solo sessuale
244
3) individua nell’uomo una spinta esistenziale evolutiva, una spinta innata al progresso e
alla realizzazione delle potenzialità interiori, una tendenza ad accedere al mondo dei
significati; questa spinta fu chiamata da Jung processo di individuazione, e fu legata a
una funzione trascendentale, religiosa (da re-ligare), simbolica (da )
del Sé, Imago Dei, immagine di Dio in ognuno, centro di sintesi delle polarità
opposte dell’Io (Persona) e del non conosciuto (Ombra, Animus, Anima),
attraverso cui poter passare dalla “perfezione tutta esteriore” (identificazione totale,
fusione e confusione con la Persona) alla completezza (in quanto armonizzazione,
incontro, sintesi, integrazione con le parti oscure, ombrose del proprio Sé).
Psicoterapia adleriana
Alfred Adler fu, come Jung, un collaboratore di Freud, ma successivamente sviluppò una sua
personale impostazione teorica e terapeutica, secondo la quale l’origine del disagio nevrotico
va ricercato nel sentimento di inferiorità dell’uomo e nelle successive compensazioni
nevrotiche che vengono attivate per farvi fronte, un insieme di arrangiamenti che consentono
245
di affrontare al meglio il mondo e controbilanciare l’atavica inferiorità , elaborando un stile di
vita che ha come obiettivo la “volontà di potenza”.
Scopo della terapia è consentire al paziente di diventare consapevole delle difese e delle
strategie nevrotiche che contrastano la volontà di potenza, l’acquisizione di valore e potenza.
Il terapeuta avrà anche la funzione di favorire il rapporto con il sociale, sollecitando una
spinta innata che porta l’uomo, liberato dalle proprie nevrosi, verso la collaborazione e la
condivisione.
La psicoterapia psicoanalitica
Le Psicoterapie psicoanalitiche (P.P.) sono anche dette Psicoterapie psicoanaliticamente
orientate, Psicoterapie psicodinamiche, Psicoterapie Esplorative.
- minore dispendiosità
- possibilità di utilizzare setting meno rigidi
- estendere la metodologia di lavoro analitica a patologie non suscettibili di presa in
carico in una Psicoanalisi classica
La P.P. è dunque una forma modificata di terapia analitica, che può essere a breve o a lungo
termine.
Psicoterapia di gruppo
E’ una modalità di trattamento psicoterapico che, sia per la sua dimostrata efficacia, sia per i
suoi costi contenuti, si va sempre più largamente diffondendo.
246
Il numero di pazienti è di solito 10-12, gli incontri una volta la settimana, vi è un terapeuta e a
volta anche un co-terapeuta che guidano la seduta, sovente coadiuvati da osservatori silenti.
Al di là delle diversità tecniche scaturite dai differenti modelli teorici alla base di ogni
orientamento psicoterapico gruppale, è possibile cogliere alcuni fattori terapeutici comuni
come la risonanza, il rispecchiamento, l’infusione della speranza, la condivisione, il clima, che
consentono:
Interessante l’idea gruppo analitica di una dimensione inconscia gruppale, trans personale, in
quanto mente di gruppo, matrice di significati che si costituisce a partire dalle interazioni
intragruppali.
I pazienti a cui viene proposta una terapia supportava sono dotati di:
Ipnosi
V. Libro pag. 296.
247
La Psicoterapia Cognitiva
V. Libro pag. 296-7.
Psicoterapia comportamentale
V. Libro pag. 297-8.
Psicoterapia Sistemico-Relazionale
V. Libro pag. 298-9-300.
Nel mondo romano il folle era visto come vicino alla divinità .
Nel mondo greco viene riconosciuta alla follia la stessa natura di qualsiasi malattia, perdendo
per questo il suo carattere sacro.
Nel Medioevo parecchi pazienti psichiatrici vengono giudicati streghe e uccisi dalla Santa
Inquisizione.
Nell’età moderna, per lungo tempo, il paziente psichiatrico era assimilato al “folle”, fortemente
stigmatizzato, minaccia sociale da allontanare e rimuovere, secondo un criterio di
<<razionalità /produttività >>: l’obiettivo non era quindi quello di aiutare il paziente ma
tutelare la società .
A proposito dell’ultimo punto, la Legge Giolitti infatti stabiliva come criterio di internamento
la <<pericolosità sociale e il pubblico scandalo>>: decretava l’ingresso in manicomio perché
248
pericolosi e scandalosi, dimostrandosi strumento di protezione dal "matto" per la società e
non di difesa dei bisogni e dei diritti del malato.
Il ricovero prevedeva la perdita dei diritti civili e politici del malato di mente e, dopo la
dimissione, era sorvegliato dalla polizia; negli ospedali psichiatrici venivano utilizzati
l'elettroshock, il coma insulinico.
Questo, ispirandosi alle idee dello psichiatra ungherese Thomas Szasz, s'impegnò nel compito
di riformare l'organizzazione dell'assistenza psichiatrica, proponendo un superamento della
logica manicomiale.
Basaglia denunciò all’opinione pubblica ciò che succedeva nei manicomi, dove i malati erano
spesso immobilizzati, legati alle panchine e puniti con l’elettroshock. Lo psichiatra sosteneva
che <<un malato entra nel manicomio come persona per diventare una cosa>>, sottolineando
la disumanizzazione del malato mentale all’interno degli istituti manicomiali.
Lalegge n.180/1978100
Come visto, ha modificato in modo radicale la regolamentazione dell’assistenza psichiatrica in
Italia: la vecchia legislazione era custodialistica, mentre l’attuale considera il malato di mente
alla stregua degli altri malati, riconoscendogli gli stessi diritti.
L’Art.1 della Legge 180assimila il ricovero senza il consenso del paziente (Trattamento
Sanitario Obbligatorio T.S.O.) ai ricoveri obbligatori per motivi sanitari, come nel caso di
colera, ad esempio.
100
La legge Basaglia non va ridotta esclusivamente all’introduzione del TSO perché altri sono i suoi aspetti innovativi
249
procedura attivabile solo in condizione di grave urgenza, gravità e inevitabilità , sempre
e comunque dopo aver ricercato il consenso del paziente per un intervento volontario
e nella massimo tutela dei diritti di questo;
2) rifiuto di tali misure da parte del paziente;
3) assenza di condizioni che consentano di applicare gli interventi sanitari in contesto
extra-ospedaliero.
Il T.S.O. dura 7 giorni, e il suo prolungamento o la sua sospensione devono essere comunicati
al Sindaco e al Giudice Tutelare.
L’Art.6 prevede l’istituzione, all’interno degli Ospedali Generali, degli S.P.D.C. (Servizi
Psichiatrici di Diagnosi e Cura), che devono essere dotati di un numero di posti letto non
superiore a 15, per evitare l’eccessiva concentrazione dei malati.
Gli S.P.D.C. devono essere collegati funzionalmente, in forma dipartimentale, con gli altri
Servizi Territoriali (collegato cioè funzionalmente alle altre strutture facenti parte del D.S.M.).
Gli Art.7 e 8 disponevano il trasferimento dalle Province alle Regioni delle competenze in
materia di assistenza psichiatrica, creando le premesse, poi recepite dalla Legge n.833/1978,
dell’inserimento a pieno titolo della Psichiatria nel Servizio Sanitario Nazionale.
250
7. Riconoscimento delle competenze e delle responsabilità degli operatori
I principi ispiratori e le linee direttive della Legge 180 hanno avviato una svolta radicale nelle
modalità di Assistenza e Cura del malato mentale.
La Legge n.724 del 1994, all’Art.3 comma 5 fissa al 31 Dicembre 1996 la data per la
definitiva chiusura e dismissione dei residui manicomiali.
- la presa in carico dei pazienti che presentano le varie espressioni del disturbo
psichico, dalle forme più gravi alle forme più lievi e la loro:
a. prevenzione
b. cura
c. riabilitazione
d. reinserimento sociale
- Il supporto all’ambiente di riferimento del paziente, nell’ottica di un intervento
olistico che si faccia carico del “malato mentale” in quanto totalità bio-psico-sociale
Gli Obiettivi di cui sopra vengono perseguiti attraverso specifici fondamenti metodologici,
ovvero attraverso:
1) un intervento terapeutico continuo nello spazio e nel tempo, capace cioè di seguire
l’evoluzione dell’utente nei vari luoghi e momenti del trattamento - dall’ospedale alle
strutture intermedie, fino al reinserimento sociale, lavorativo e domiciliare -.
251
2) la presenza di un’equipe multi-professionale che tenga conto della poli-fattorialità
del disturbo psichico, specie nella forma psicotica dove si rendono necessari interventi
di carattere biologico, psicologico e sociale, e composta da:
a. psichiatra
b. psicologo
c. assistente sociale
d. educatore
e. terapista della riabilitazione
f. infermiere
LA RIABILITAZIONE PSICHIATRICA
La definizione che l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) dà della Riabilitazione è la
seguente:
In sintesi quindi:
252
c. questa sottopone al giudizio sociale, e al pregiudizio, per cui il soggetto diventa meno
competitivo, portatore di un handicap, quindi svantaggiato.
Quindi:
La Riabilitazione è rivolta:
2) Ogni intervento deve prevedere per ogni paziente un periodo di permanenza di durata
variabile, di solito non predeterminabile, in una struttura che eroga assistenza in regime di
degenza totale o parziale (Strutture Residenziali o Semi-residenziali).
253
Com’è noto si impose poi la tesi di una cura in un’Istituzione “Forte e Totale” come l’Ospedale
Psichiatrico, a partire da due esigenze fondamentali:
Gli Ospedali Psichiatrici hanno così rappresentato per lungo tempo la migliore risposta sociale
alla malattia mentale.
I progressi che la Psichiatria ha fatto in campo biologico e psicologico hanno determinato una
nuova sensibilità sociale verso il malato di mente (i fattori di cambiamento biologici,
psicologici e sociali prima discussi), e il tramonto dell’idea che l’Ospedale Psichiatrico fosse
un’Istituzione Terapeutica.
Questa rivoluzione dei trattamenti psichiatrici aprì il problema di tutti quei pazienti che dopo
anni di permanenza in un Ospedale Psichiatrico si erano “istituzionalizzati”, avevano cioè
strutturato una “Sindrome da Istituzione”.
Per essi venne avviato un programma di de-istituzionalizzazione che, salvo rari casi, diede
esito negativo, in quanto la maggior parte di essi erano privi di famiglie in grado di
riaccogliergli al loro interno.
Pertanto, con i vecchi ricoverati venne avviato un programma riabilitativo che mirasse alla
riacquisizione delle capacità perdute.
254
- il programma individuale viene integrato da una terapia familiare definita “strategia
integrata multicontestuale”
- viene riservata grande importanza allo stile di “emotività espressa” del contesto di
provenienza
- vantaggi: tentativo di integrazione di più modelli
- limiti: scarsa attenzione ai vissuti psicologici e psicopatologici soggettivi della
disabilità
Le risorse (che diventano poi punti critici se non sufficientemente sfruttate) della
riabilitazione psichiatrica sono oggi:
1) le risorse interne del singolo operatore, attraverso cui questo fa fronte alle
incognite e alla difficoltà che inevitabilmente si presentano nel lavoro con la sofferenza
mentale, e sintetizzabili attraverso 3 metafore:
a. Metafora del missionario: spinta a realizzare nella pratica i principi, gli ideali, e i
valori in cui crede e che lo motivano fortemente;
b. Metafora del commerciante: Capacità di coinvolgere enti pubblici e privati,
ottimizzare i costi, promuovere la massima efficienza del progetto riabilitativo, la
creazione di opportunità lavorative per gli utenti, in grado anche di attivare risorse
economiche.
c. Metaofora del cacciatore: Attenzione, pazienza e costanza, determinazione e
passione per il proprio lavoro, capacità di utilizzare l’esperienza maturata, di
migliorare di continuo i propri strumenti e le proprie strategie e di perseguire gli
obiettivi fissati.
2) le risorse dell’equipe multiprofessionale: la riabilitazione psichiatrica richiede una
precisa capacità a interfacciare e intrecciare modelli e saperi, una disponibilità a
confrontarsi con operatori di diversa estrazione, formazione e che utilizzano strumenti
e procedure disomogenee che si svolgono presso differenti strutture.
255
Nell’ambito riabilitativo è quindi fondamentale l’attitudine al lavoro multidisciplinare e
integrato.
3) risorse a livello familiare: i familiari devono essere considerati vere e proprie
variabili per l’esito riabilitativo; come affermato da Anthony e Cohen, il possesso - e il
potenziamento in ambito riabilitativo - di abilità e conoscenze utili ad affrontare la
malattia del congiunto influenza notevolmente i risultati del trattamento.
Quanto detto dimostra la necessità di coinvolgere la famiglia nel cammino riabilitativo
del proprio congiunto, in quanto risorsa preziosa.
L’intervento sulla famiglia mira:
- individuare ed eliminare, o attenuare, aspetti perversi del sistema relazionale
familiare (alta emotività familiare espressa).
- potenziare la capacità della famiglia di funzionare come anello di congiunzione e
mediazione tra il congiunto e la comunità esterna
- offrire un sopporto per lo stress cronico determinato dalla presenza continuo del
congiunto
- educare/aiutare a riconoscere e ad affrontare in modo costruttivo certi
comportamenti bizzarri o disfunzionali del familiare (intervento psico-educativo).
Tali obiettivi sono raggiungibili con la messa in atto di uno o più dei seguenti
metodi di lavoro:
a. terapia familiare
b. interventi domiciliari
c. costituzione di gruppi di auto-aiuto di discussione e sostegno
4) Risorse a livello sociale e ambientale: capacità di interfacciare i progetti riabilitativi
con le agenzie e le imprese pubbliche, le agenzie di volontariato; fondamentale a tal
fine è la capacità dell’equipe di orientarsi nel campo sociale e politico-economico, con
un atteggiamento operativo (metafora del commerciante), improntato alla iniziativa,
creatività , alla capacità di mediazione e di negoziazione.
Quando la malattia era confinata in un’Istituzione Forte e Totale come l’Ospedale Psichiatrico,
questo era il luogo della diagnosi, della terapia e della riabilitazione. Queste Istituzioni si
connotavano come vere e proprie cittadelle autosufficienti, tanto che, ad esempio, l’Ospedale
Psichiatrico di Volterra coniò addirittura una moneta che serviva per lo scambio di beni e per
il pagamento dei Servizi.
La risposta terapeutica non era calibrata sui bisogni individuali, ma le regole erano rigide e
miravano a uniformare i comportamenti dei ricoverati.
256
La Riabilitazione coinvolge oggi numerosi luoghi, spazi e tempi, diverse risorse umane –
dislocate in vari spazi sociali e ambientali -, agenzie pubbliche e private, impone quindi un
lavoro di equipe e multiprofessionale.
L’Assistenza Psichiatrica prevede oggi attività sul territorio e attività ospedaliere. Il centro
vitale di tutte le attività territoriali ed ospedaliere dell’assistenza psichiatrica è il
Dipartimento di Salute Mentale (D.S.M.). Il D.S.M. deve avere un bacino di utenza non
superiore ai 150.000 abitanti e, per assicurare gli interventi di prevenzione, cura,
riabilitazione e reinserimento sociale e lavorativo, deve essere dotato delle seguenti strutture:
Il Centro di Salute Mentale (CSM)è il centrodi primo riferimento per i cittadini con disagio
psichico. E’ la sede che coordina tutti gli interventi di prevenzione, cura, riabilitazione dei
cittadini che presentano patologie psichiatriche all’interno del DSM di competenza.
Al Centro fa capo un’équipe multiprofessionale costituita almeno da uno psichiatra, uno
psicologo, un assistente sociale e un infermiere professionale.
Il C.S.M. è attivo almeno 12 ore al giorno, per 6 giorni alla settimana, e svolge attività di
consulenza e promuove interventi ambulatoriali e/o domiciliari.
257
2) valutazione, ai fini del miglioramento continuo, della qualità delle pratiche e delle
procedure adottate
3) Consulenza specialistica agli ospedali pubblici non dotati di SPDC
4) accordi con i Comuni per inserimenti lavorativi degli utenti psichiatrici ed assistenza
domiciliare
5) Informazione e assistenza dei nuclei familiari o dei gruppi di riferimento
6) collaborazione con Associazioni di volontariato, scuole, cooperative sociali e tutte le
agenzie della rete territoriale.
il SPDC è un servizio ospedaliero dove vengono accolti pazienti in fase acuta o subacuta di
malattia ed effettuati:
1) attività diagnostica
2) trattamenti psichiatrici (terapeutici e riabilitativi) volontari ed obbligatori
(T.S.O.) in regime di ricovero; si trova ubicato negli Ospedali Generali.
Questi pazienti sono “utilizzatori pesanti “ dei Servizi Psichiatrici ed in genere sono
protagonisti di quel fenomeno definito della “porta girevole”, che designa la dimissione e il
reingresso continuo in strutture psichiatriche ospedaliere.
258
1) Strutture residenziali:
a) Casa-famiglia
b) Residenza Assistita e Protetta (Comunità Alloggio)
c) Comunità Terapeutica
2) Strutture Non Residenziali (Semi-residenziali)
a) Centro Diurno
b) Day Hospital
LE STRUTTURE RESIDENZIALI
Sono strutture che forniscono una residenza protetta extra-ospedaliera a medio-breve
termine per soggetti che necessitano di un programma terapeutico-raibilitativo, quali i vecchi
ricoverati presso gli Ospedali Psichiatrici, e quei pazienti che presentano quadri clinici che
tendono alla cronicizzazione.
Il livello di assistenza è variabile, dalle 24 h( CTA), alle 12h (per esempio CA) a fasce orarie
(Casa-Famiglia).
1) Casa-famiglia
2) CTA (Comunità Terapeutica Assistita)
3) Comunità Alloggio (Residenza Assistita e Protetta)
Casa-Famiglia
Si tratta di appartamenti situati nel contesto urbano o rurale, che accolgono piccoli gruppi di
pazienti (in genere non più di 6-8), nei quali viene fornita dai Servizi di Salute Mentale
un’assistenza calibrata secondo il grado di autosufficienza degli ospiti. Ad esempio
l’inserimento sociale può avvenire direttamente o con l’intermediazione del personale del
Servizio, a secondo del grado di autonomia di coloro che abitano la Casa-Famiglia.
259
3) posti i due punti precedenti, pertanto necessitano di una presenza più
costante del personale del Servizio rispetto alla Casa-Famiglia
Compito degli operatori dei Servizi di Salute Mentale è quello di facilitare lo sviluppo di
rapporti affettivi e socio-relazionali dei pazienti di tali strutture con l’ambiente esterno.
La tipologia delle residenze è diversa da quella delle case-famiglia, in genere sono accolti 10-
12 paziente per residenza.
Comunità Terapeutica
La C.T. è un tipo di struttura intermedia a carattere residenziale.
E’ prevista una capienza di solito non superiore ai 20 ospiti ove, attraverso un’organizzazione
di vita di tipo comunitario, si tende non solo al contenimento sintomatologico, ma anche alla
partecipazione alle attività di gruppo e alle forme di riabilitazione possibili.
Essa prevede la presenza di operatori sanitari e parasanitari e una durata di permanenza dei
pazienti al suo interno variabile; di solito l’esperienze comunitaria è considerata una tappa
intermedia del programma riabilitativo cui segue il passaggio ad una sede residenziale stabile
(casa-famiglia o residenza protetta), o il reinserimento sociale a pieno titolo.
L’elemento terapeutico in una C.T è dato dal contatto interpersonale quotidiano, quindi dal
clima positivo nel quale ogni ospite possa sentirsi coinvolto e partecipe di tutti i momenti di
vita in comune.
1) età
2) tipo di patologia
3) potenzialità riabilitative
4) presenza di supporto familiare, ecc.
I criteri di ammissione:
1) Se da una parte consentono di elaborare programmi riabilitativi comuni e omogenei a
cui gli ospiti possono adattarsi, e alimentano la sinergia al lavoro di gruppo
2) dall’altra parte, provocano un rifiuto di tutti quei casi che sono privi di certi requisiti e
che, per questo, rischiano di trovarsi fuori dal circuito assistenziale pubblico,
aggravando ulteriormente la loro condizione.
3) La mancanza di criteri di ammissione, invece, delinea una situazione generale in
apparenza più accogliente, ma in realtà più vaga che può portare, in fasi successive, a
manovre espulsive.
260
g. il numero di degenti avviati a strutture intermedie a più basso gradiente assistenziale
e/o reinseriti nel contesto sociale
Nelle situazioni ottimali, il percorso riabilitativo si conclude con il reinserimento a pieno titolo
in società del paziente, grazie al recupero della capacità di condividere con altri un alloggio e
di avere un lavoro da cui trarre il proprio sostentamento
Day Hospital
Collegato al C.S.M., attua programmi terapeutico-riabilitativi e farmacologici a medio e breve
termine per pazienti in fase subacuta, che provengono da un periodo di degenza al Servizio di
Diagnosi e Cura o che non sono adatti per altre strutture non residenziali, in quanto
necessitano di un intervento farmacologico infusionale (iniezioni, flebo).
•Trattamento farmacologici
Altro punto controverso è l’ubicazione o meno del Day Hospital all’interno del Servizio di
Diagnosi e Cura
Centro Diurno
Struttura aperta almeno 8h al giorno finalizzata a prevenire ed a limitare il ricorso al ricovero
ospedaliero. Non viene attivato trattamento farmacologico infusionale. Al suo interno
vengono portati avanti progetti terapeutico-riabilitativi atti a rimuovere o ad attenuare le
conseguenze dei disturbi psichici del paziente (lavorare, cioè, sulla disabilità ), ovvero
l’inibizione o la limitazione relazionale e lavorativo. Il Centro Diurno quindi mira a sviluppare
progressivamente le competenze socio-relazionale e lavorative non adeguatamente mature
del paziente, così da consentirne un completo inserimento in società e, in via subordinata,
ridurre il loro grado di disabilità .
261
2) programmi occupazionali tesi all’apprendimento di abilità specifiche, utilizzabili nel
mondo del lavoro, allo scopo di consentire un successivo reinserimento sociale.
1) attività medica/farmacologica:
a. trattamento anti-astinenziale (con farmaci agonisti o antagonisti)
b. trattamento dei disturbi psichiatrici concomitanti
c. trattamento di patologie somatiche correlate al consumo della sostanza (epatite,
HIV, ecc.)
2) attività psicorelazionale:
a. uso di tests psicodiagnostici
b. psicoterapia individuale o di gruppo o familiare
3) attività socioriabilitativo:
a. contatti con Enti o istituzioni esterne
b. Invio a C.T. per programmi residenziali di reucpero
c. Gestione della fase di reinserimento nel mondo del lavoro
Per tale ragione gli organici dei Ser.T. prevedono la presenza di varie figure professionali:
5) medico-psichiatra
6) psicologo
7) assistente sociale
8) educatore
9) infermiere
10)personale amministrativo
262
Legislazione vigente
La Legge 162/1990 ha sensibilmente modificato l’orientamento legislativo precedente, che
distingueva la figura del consumatore da quello dello spacciatore, tollerando il primo e
perseguendo penalmente il secondo.
La legge stabilisce che la detenzione di tali sostanze in misura superiore alla “Dose Media
Giornaliera” (DMG) venga punita con pene detentive e pecuniarie severe; viceversa, la
detenzione di quantità di sostanza inferiore alla DMG mette in moto un meccanismo di
sanzioni, di gravita crescente in caso di recidiva, che iniziano con provvedimenti
amministrativi per poi passare a provvedimenti di restrizione della libertà personale.
In ogni caso i provvedimenti amministrativi e penali, ivi compresi quelli pregressi, vengono
sospesi per quei soggetti che aderiscono a programmi di recupero, secondo una Ratio Legis
volta a favorire i tentativi di trattamento in alternativa alle sanzioni punitive derivanti
dall’assunzione di droga.
Conclusioni
263
E’ opportuno citare Borgna quando affermava che un ingrediente indispensabile per il lavoro
riabilitativo è l’empatia.
Operare efficacemente nel campo della Riabilitazione vuol dire non solo agire con empatia ma
anche con speranza, ovvero con quell’“entusiasmo terapeutico” che nasce dalla possibilità e
dalla capacità di portare avanti progetti finalizzati alla crescita e alla promozione della salute
e di un futuro migliore, e in tal senso, antidoti alla collusione con la cronicità .
264