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Parte Prima
ASPETTI GENERALI
La contestazione al positivismo, negli ultimi decenni dell’800 ed nei primi del ‘900, influenzò
le idee ed il modo di operare della psichiatria. Ecco che cosa successe:
La clinica psichiatrica recuperò interesse verso le esperienze soggettive del paziente
(vissuti)
Freud sviluppò una teoria del funzionamento psichico che tendeva a ridurre la patologia
mentale a conflitti intrapsichici. Ne è derivata una corrente di pensiero che, per quanto
di matrice naturalistica, si è posta ben presto in contrapposizione al modello medico,
tendendo a interpretare l’intera patologia mentale in chiave psicogenetica
Nei primi decenni del ‘900, l’attenzione fu focalizzata sui determinanti sociali dei
disturbi psichici. Anche qui, si passò ben presto alla formulazione di modelli alternativi
a quello medico, come quello degli orientamenti relazionali (tutta la patologia mentale
sarebbe patologia della comunicazione)
Di origine diversa, sono invece gli orientamenti sociopsichiatrici, secondo i quali ogni
condotta deviante sarebbe relativa al contesto, ovvero una risposta logica ad un contesto illogico.
Secondo le posizioni più radicali (antipsichiatria), inoltre, le malattie mentali, nel senso medico del
termine, non esistono.
Fino ai primi anni ’70, è stata privilegiata l’ottica psicodinamico, adesso, invece, ha ripreso
vigore l’orientamento medico-biologico.
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EZIOLOGIA E PATOGENESI
L’eziologia dei più importanti disturbi è sostanzialmente sconosciuta
Cause esogene Cause fisiche (tossiche, infettive, traumatiche, etc.) provenienti dall’esterno e, più in
generale, tutti i fattori organici che influiscono sull’attività mentale (anche tumori,
encefaliti, etc.)
Cause psicogene Fattori che agiscono a livello psichico (avvenimenti, traumi, eventi stressanti, etc.)
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Oggi, possiamo distinguere vari fattori causali dei vari disturbi mentali. Sono riassunti nella
seguente tabella.
Attuali I fattori immediati delle Per quanto riguarda i Fattori biologici (tossici, infettivi, etc.),
malattie. Sono i più facili fattori sociali, ricerche sia intra che extracerebrali: indubbia
da indagare hanno riguardato il la correlazione tra alcuni sintomi e
clima emotivo in patologie con ritmi biologici
famiglia (emozioni (circadiano, stagionali)
espresse), come
Eventi stressanti (ES): sembrano
fattore influenzante il
addensarsi nei mesi precedenti
decorso ed il rischio
l’insorgenza di varie patologie
di ricadute
Fattori sociali: condizioni di
emarginazione, particolari tipi di
relazioni familiari
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Meccanismi patogenetici
Ipotesi psicologiche
Le teorie psicanalitiche privilegiano i meccanismi intrapsichici (conflitti, rimozioni) e le
vicissitudini emotive-pulsionali (fissazioni, regressioni).
Le teorie cognitivo-comportamentali accentrano l’attenzione su errori di apprendimento,
condizionamenti, schemi cognitivi distorti, legati ad esperienze precoci (esempio, teoria
dell’infelicità appresa).
Ipotesi biologiche
Per quasi tutti i maggiori disturbi psichiatrici, si accumulano dati su alterazioni
neurotrasmettitoriali e recettoriali. Manca però una teoria unificante e non è chiaro a quale livello
patogenetico si collochino queste alterazioni.
Ipotesi di correlazione
Si cerca di correlare le ipotesi della psicopatologia con quelle della neurobiologia. Uno dei
primi tentativi di correlazione è riassunto nel:
Nella seguente tabella, sono mostrati i più semplici modelli causali di malattia.
Modelli a una dimensione una causa-una sindrome La malattia (entità morbosa) deriva da
un solo e specifico complesso causale
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DIAGNOSI E CLASSIFICAZIONE
La diagnosi è fondamentale per formulare la prognosi e la scelta terapeutica.
Un limite peculiare della psichiatria, che rende le diagnosi poco chiare e carenti di punti di
riferimento e validatori esterni, è la mancanza di sufficienti indicatori (marker) biologici e non,
correlabili con i quadri morbosi.
In questi casi, si ricorre alla ricerca di altri fattori, per delineare il quadro sindromico:
Omogeneità di decorso
Familiarità specifica
A questi possiamo aggiungere:
Omogeneità di risposta al trattamento
Stabilità sindromica in contesti socioculturali diversi
Eventuale presenza di marker attendibili
Nevrosi Disturbo in genere meno grave, con conservazione del contatto con
la realtà, sintomi che in proporzione ridotta possono ritrovarsi in
chiunque (es. ansia, ossessioni), buona coscienza di malattia
Negli anni ’60-’70, si prese coscienza della scarsa affidabilità della diagnosi psichiatrica,
poiché il livello di accordo tra psichiatri diversi era desolante. Per ovviare a questo, si pensò alla
definizione di criteri diagnostici semioperativi e condivisibili, che si limitano, salvo poche
eccezioni, al livello sindromico-descrittivo.
In questo contesto e con queste idee, è stato elaborato il DSM III (Diagnostic and Statistic
Manual of Mental Disorders della American Psychiatric Association), pubblicato nel 1980, sotto la
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direzione di Spitzer. L’approccio del DSM III è stato sostanzialmente mantenuto nella versione
rivista del manuale del 1987, il DSM III-R, e nella nuova edizione del 1994, il DSM IV.
Ciò che è presente nel DSM sono sistemi categoriali e questo fatto pone i limiti di una
diagnostica quasi esclusivamente descrittiva, con modesti progressi a livello di eziopatogenesi.
I principali criteri informatori del DSM sono:
Atteggiamento quanto più possibile ateoretico
Criteri diagnostici di inclusione ed esclusione
Diagnosi multiassiali: la diagnosi può essere posta indipendentemente su vari assi (vedi
tabella). La valutazione multiassiale consente di non trascurare le varie informazioni
attinenti al disturbo, qualunque sia il rapporto tra gli assi (indipendenti o in relazione)
Le varie unità diagnostiche sono raggruppate in gruppi principali (disturbi d’ansia,
disturbi dell’umore, disturbi somatoformi, etc). Viene persa la dicotomia tra nevrosi e
psicosi. I due termini si pongono trasversalmente ai gruppi diagnostici: all’interno di
questi ultimi i disturbi si distribuiscono lungo uno spettro di gravità, da forme
conclamate a forme attenuate e subcliniche
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.2 Principi di Psicologia Clinica
C’è chi considera la Psicologia Clinica legata ad un equivoco, dato che l’oggetto di studio
potrebbe essere del tutto sovrapponibile a quello della psichiatria, per cui risulterebbe soltanto un
artificio legato a problemi di tipo professionale.
Dall’altro lato, c’è chi la considera un’area del tutto a sé stante. Questa è l’impostazione che
vede la dimensione biologica e farmacologia da una parte e quella psicologica dall’altra.
Infine, vi è una terza posizione che considera la Psicologia Clinica come un’area del corpo
psichiatrico, che contiene modalità diagnostiche e di intervento clinico basate su metodi
esclusivamente psicologici.
La psicologia e la psicopatologia dello sviluppo si sono affermate, nel XX secolo, col pensiero
di Freud e, negli Stati Uniti, di Meyer. Tale approccio si basa sulla considerazione che gli eventi
lascino tracce che influiscono sul successivo modo di affrontare la vita.
A volte, la Psicologia Clinica è vista come una modalità di intervento alternativa a quella della
Psichiatria: lo psichiatra dà i farmaci, cercando di abolire i sintomi; lo psicologo clinico cura con le
parole, cercando di capire il paziente e di aiutarlo. La Psichiatria è attenta primariamente ai sintomi,
mentre la Psicologia Clinica è più diretta alla conoscenza di strutture di personalità retrostanti.
Oggi, non è possibile vedere queste due discipline come diverse a causa di una dicotomia
corpo-mente. Ambedue i metodi devono essere applicati per comprendere la sofferenza psichica e le
condotte umane. Le attività dello psichiatra e dello psicologo sono solo parzialmente distinte ed
hanno una larga parte in comune.
Psicologo clinico Articolazione dei fattori attuali con la storia, Psicodinamici, sociodinamici e di
le precedenti esperienze e la personalità dinamica istituzionale
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.4 Psicopatologia Generale
GENERALITÀ
Psicopatologia Generale: descrizione e classificazione delle alterazioni psichiche e
comportamentali, indipendentemente dagli specifici disturbi mentali in cui si trovano.
Alcune di queste alterazioni si ritrovano, in forma attenuata, anche in condizioni normali,
altre sono pressoché esclusive di condizioni patologiche
Fenomenologia: studio dei fenomeni soggettivi della vita psichica morbosa, ovvero
relativo alle fonti osservative vissuti altrui e vissuti propri
Infine, è da ricordare che, per cogliere il significato dei sintomi, occorre tener conto del
contesto ambientale e relazionale in cui essi si manifestano. Inoltre, la semiotica è di grande aiuto in
psicopatologia, in quanto si occupa della descrizione di sintomi e segni in relazione alle modalità
pratiche per metterli in evidenza.
Tabella riassuntiva:
Psicopatologia generale
Contributi
Strumenti Semeiotica
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COSCIENZA, ATTENZIONE, VIGILANZA
Coscienza: stato di consapevolezza di sé e dell’ambiente. Il campo della coscienza
include la totalità della esperienze psichiche coscienti. L’autocoscienza è l’esperienza
soggettiva di sé, l’autoriflessione
Disturbi dell’attenzione
L’attenzione richiede un adeguato livello di vigilanza ed è influenzata da motivazioni,
interessi, stati emotivi.
Alterazioni dell’attenzione sono sempre presenti in disturbi della vigilanza e della coscienza,
ma si possono ritrovare anche in soggetti normali in condizioni di stanchezza.
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Disturbi della vigilanza (disturbi quantitativi della coscienza)
I disturbi della vigilanza sono definiti anche alterazioni ipnoidi della coscienza. Possono
essere descritti secondo una scala quantitativa che va dall’obnubilamento al coma:
Torpore: tendenza a cadere nel sonno se non sollecitati da stimoli, i movimenti sono
rallentati ed impacciati, ridotta la consapevolezza del mondo circostante, attenuate anche
le reazioni di evitamento di stimoli dolorosi
Alterazioni della vigilanza e dell’attenzione sono componenti pressoché costanti del quadro.
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Disturbi dell’ideazione
Deliri e dispercezioni
Difficoltà a cogliere la realtà circostante (appercezione) e a fissare le tracce mnestiche
Sul piano semeiotico, il disorientamento è uno dei primi sintomi apprezzabili e valutabili.
Tuttavia, il disorientamento non è patognomico dei disturbi di coscienza. Suggerisce, infatti,
disturbi su base organica (demenze, oligofrenie, disturbi dell’attenzione e della memoria).
Il principale tra i disturbi con compromissione dello stato di coscienza è il delirium o stato
confusionale. Sono presenti, inoltre, lo stato crepuscolare e quello oniroide.
Stato oniroide Stati tossici e infettivi, epilessia, psicosi atipiche (bouffée deliranti,
psicosi puerperali)
Altri stati di coscienza alterata Stati di estasi, trance, meditazione trascendentale, esperienze
psichedeliche (da uso di sostanze neurodislettiche, come LSD)
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Tabella riassuntiva:
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MEMORIA
Nei disturbi funzionali, la memoria può subire interferenze secondarie ad altri processi
psicopatologici (disattenzione, disinteresse, polarizzazione su idee morbose, turbe ideative, etc.).
Disturbi quantitativi
Ipermnesie: aumento delle facoltà menestiche, transitorio o permanente, globale o
selettivo. In relazione a stati emotivi pregnanti, possono esserci ricordi vividi o recupero
di ricordi apparentemente estinti, tristi nel depresso e piacevoli nell’euforico. Si possono
trovare in stati di coscienza alterata (estasi, ipnosi, stati tossici, stati crepuscolari
epilettici, stati in imminente rischio di morte) e in situazioni psicopatologiche, come
insufficienza mentale e disturbi ossessivi (es. ricordo di tutte le date degli ultimi decenni)
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L’amnesia è talora selettiva (limitata ad alcuni contenuti psichici). I disturbi selettivi sono, in
genere, psicogeni.
Vi può essere, anche, confusione tra un presente realmente percepito e un ricordo falsamente
creato.
Dejà vu: esperire una situazione attuale come già vissuta in passato (falso senso di
familiarità). Si osserva in condizioni non patologiche (stanchezza, particolari stati emotivi)
e in sindromi del lobo temporale. Mantiene un livello di ambiguità, ovvero la sensazione
di aver già vissuto l’esperienza convive con l’impressione che ciò sia illusorio
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Tabella riassuntiva:
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INTELLIGENZA
Intelligenza: capacità di risolvere i problemi. Si distingue una intelligenza teorica
(capacità di affrontare problemi astratti e di ordine generale, svincolati dal contingente)
da una intelligenza pratica (capacità di affrontare problemi pratici di interesse immediato)
Ritardo mentale
Ritardo mentale (insufficienza mentale, oligofrenia, frenastenia): deficit intellettivo
congenito o comunque formatosi prima del completo sviluppo psicointellettivo. I soggetti
sono ipersensibili alla stima degli altri, timorosi dei cambiamenti; possono oscillare
dall’estrema timidezza alla spudoratezza. Frequente associazione con l’epilessia
Le forme più gravi sono spesso conseguenza di lesioni organiche o malattie genetiche.
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Demenza
Demenza: deficit intellettivo insorgente dopo che le capacità intellettive del soggetto si
sono completamente sviluppate (impennata dopo i 65 anni). Le cause di demenza sono
sempre organiche, su base degenerativa, vascolare, tossica, etc. Le demenze, spesso,
sono processi progressivi e irreversibili. Il soggetto, in fase avanzata, perde la
consapevolezza di sé. La sindrome clinica non è un deficit puro dell’intelligenza, ma
coinvolge anche la memoria e la personalità
Tabella riassuntiva:
Deterioramento Decadimento
intellettivo di
grado lieve
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PERCEZIONE
Percezione: processo attraverso il quale le sensazioni diventano significative per il
soggetto, tramite la soppressione delle informazioni irrilevanti e l’associazione e
integrazione di quelle rilevanti con il patrimonio cognitivo
Le alterazioni delle percezioni di rilievo per la psicopatologia sono quelle che si verificano in
condizioni di integrità degli organi di senso.
Illusioni
Illusioni: travisamenti di una percezione; un oggetto reale funge da stimolo per una falsa
percezione. L’errore è passibile di correzione ad una successiva verifica
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Allucinazioni
Allucinazioni: percezioni senza oggetto. Diversamente dai sogni, si verificano in
concomitanza di percezioni reali. Diversamente dall’immaginazione, sono dotate di
concretezza percettiva e non sono influenzabili dalla volontà
In concomitanza Deliri
Il fatto, che il soggetto non sia in grado di distinguere queste false percezioni dalla realtà, non
è del tutto vero. Infatti, si ha l’impressione che egli attribuisca all’allucinazione qualche qualità
diversa, rispetto alle percezioni reali. Rispetto a queste ultime, le allucinazioni possiedono meno
spesso la qualità di non privatezza: l’allucinato, spesso, non è convinto che gli altri possano
condividere la propria esperienza.
Nel corso del tempo, il soggetto può imparare a convivere con le proprie dispercezioni ed
apprendere strategie per attenuarne il fastidio. Le esperienze allucinatorie sono spesso dissimulate e
negate, altre volte ammesse a domanda diretta.
Il delirio può essere un tentativo di interpretare esperienze percettive abnormi. Viceversa,
alcune convinzioni deliranti possono sollecitare dispercezioni.
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Allucinazioni che interessano gli organi di senso:
Visive Il paziente può vedere Allucinazioni Nel delirium, visione, Disturbi su base
immagini elementari (lampi microzooptiche vissuta con terrore, di organica e con
di luce, fosfeni), figure più o piccoli animali compromissione
meno definite, o anche dello stato di
scene complesse, statiche Allucinazioni Visione di piccole figure coscienza, di
o animate. Livello di lillipuziane umane origine lesionale,
concretezza variabile. tossica o
Possono combinarsi con dismetabolica
fenomeni uditivi
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Nei disturbi organici prevalgono le allucinazioni visive, nelle psicosi funzionali quelle
uditive
Pseudoallucinazioni
Pseudoallucinazioni: false esperienze percettive, localizzate nello spazio interno
percettivo (es., voci dentro la testa). Differiscono dall’immaginazione, in quanto non sono
controllabili con la volontà
I soggetti sono in genere consapevoli che gli altri non possono sentire o vedere quanto da loro
percepito.
Le pseudoallucinazioni non sono indicative di una particolare patologia: sono frequenti in
psicosi funzionali, nell’uso di sostanze allucinogene o come sequela del loro uso, ma possono
verificarsi anche in stati emotivi intensi (es. il lutto).
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Quadri sindromici
I quadri caratterizzati da fenomeni allucinatori si definiscono allucinosi. Tra le allucinosi
uditive è da menzionare l’allucinosi alcolica.
Tabella riassuntiva:
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PENSIERO
Pensiero: funzione relativa alla formazione delle idee e alla loro articolazione
(associazione, coerenza logica, ragionamento)
Circostanzialità: pensiero lento, con dettagli più o meno irrilevanti che rendono prolisso
il discorso, ma la meta viene conservata. In personalità organiche epilettoidi e nelle
oligofrenie
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Disturbi negativi del flusso del pensiero
Il pensiero è impoverito, scarso di contenuti, rallentato
L’eloquio è poco fluente o veicola poche informazioni. Si può osservare anche una aumentata
latenza di risposta (depressione, stati confusionali).
I disturbi negativi del flusso del pensiero sono presenti nelle psicosi funzionali, ma, a
differenza di quelli positivi, sono più frequenti nella schizofrenia.
Pensiero ossessivo: idee che si intromettono nella coscienza in modo insistente, di cui il
soggetto non riesce a liberarsi anche se è consapevole della loro assurdità. Ricorrenti
alcuni temi: scrupoli morali, religiosi, sessuali, timori di contaminazione, idee di ordine e
simmetria
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Disturbi coinvolgenti prevalentemente il linguaggio
Dissociazione tra pensiero ed eloquio
Logorrea Espressione
dell’impulso a
parlare
Ecolalia Ripetizione
automatica di
parole o frasi
dell’interlocutore
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Deliri
Disturbi di contenuto del pensiero
Nella pratica clinica, l’intero contesto psicopatologico aiuta a identificare certe idee come
deliranti. La maggiore incertezza si pone nei casi di sistemi ideativi monotematici, coerenti,
verosimili, non accompagnati da altri sintomi psicopatologici di rilievo.
È bene fare attenzione alla diagnosi differenziale con l’idea prevalente:
Idea prevalente: contenuto di pensiero a forte tonalità affettiva che domina la coscienza
e la vita della persona, non assurdo o di cui il soggetto può riconoscere il carattere
eccessivo (accessibile alla critica). Si consolida sulla base di personalità alterate e spinge
sovente all’azione. Somiglia all’idea ossessiva, per la dominanza pervasiva del pensiero,
ne differisce per la notevole carica affettiva e il carattere egosintonico
Può darsi che vi sia un continuum tra alcune idee deliranti ed i corrispondenti deliri.
Tipi di delirio
Occorre distinguere tra:
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Sulla base della concezione di Jaspers:
Elaborazioni Elaborazione da un
deliranti delirio primario
Il delirio primario alcune volte appare improvviso, altre scaturisce da uno stato d’animo a
forte e ambigua tonalità affettiva, come sforzo di dare un senso a questa atmosfera enigmatica
(Wahnstimmung: stato d’animo o atmosfera delirante).
Bleuler criticò la distinzione tra delirio primario e secondario, sostenendo che i deliri fossero
sempre secondari a disturbi dell’umore (olotimia) o a complessi ideoaffettivi (catatimia).
Nella terminologia attuale, si parla di deliri congrui o incongrui all’umore.
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Fattori caratterizzanti il delirio
I deliri possono essere valutati su vari assi:
Tenacia della convinzione
Livello d bizzarria
Livello di sistematizzazione
Estensione (coinvolgimento di varie aree di pensiero)
Coinvolgimento emotivo
Influenza sul comportamento
Tra i deliri che maggiormente spingono all’atto vi sono quelli di gelosia (pericolose condotte
aggressive) e quelli di colpa/ipocondria (suicidio).
Teorie
Nel soggetto delirante, pare vi sia un’alterazione primaria del modo di esperire la realtà.
Esiste uno stato d’animo predelirante (Wahnstimmung), da cui germina il delirio nel tentativo
di dare un senso ad esperienze abnormi. Il delirio è, quindi, un tentativo di raggiungere un nuovo
assetto cognitivo, meno ansiogeno e più stabile.
Il fenomeno non sembra direttamente legato all’intelligenza: “la critica non viene distrutta,
essa si pone al servizio del delirio” (Jaspers). Tuttavia, il delirante sembra difettare di meta-
pensiero, cioè di consapevolezza critica delle proprie convinzioni. Un particolare deficit di potere
critico potrebbe essere alla base di ogni esperienza delirante, come pure un particolare assetto
cognitivo (incapacità di considerare opzioni alternative, tendenza a saltare alle conclusioni).
Possiamo ipotizzare che il delirio primario sia prevalentemente l’espressione di una peculiare
esperienza abnorme, mentre il delirio secondario consegua da una alterazione cognitiva su base
affettiva o caratterologica, eventualmente in relazione a particolari avvenimenti.
Delirio di gelosia: convinzione morbosa di infedeltà del proprio partner, con ricerca
ossessiva di prove. Sono possibili passaggi all’atto (aggressione, omicidio). Espressione
di molteplici patologie, tipico dell’etilismo cronico. Più frequente nell’uomo
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Delirio erotomanico: il soggetto è convinto che una persona sia innamorata di lui/lei. Più
frequente nelle donne
Deliri nichilistici: il paziente non è mai nato, il mondo non esiste. In sindromi
psicorganiche, schizofrenia, depressioni agitate soprattutto dell’anziano (Sindrome di
Cotard)
Le sindromi
Delirium Deliri frammentari sulla base di un disturbo della
coscienza, con imponenti fenomeni dispercettivi, in
prevalenza visivi, e coinvolgimento emotivo
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Tabelle riassuntive:
Disturbi Disturbi del Sensazione Pensiero ossessivo Sintomo cardine del DOC;
rilevabili dall’- controllo del soggettiva di si ritrova in stati depressivi,
autovalutazione non essere schizofrenia, disturbi
del soggetto
pensiero completamente organici
padroni di
dirigere a Alienazione del Sindrome di automatismo
piacimento i pensiero (inserzione, mentale
propri pensieri sottrazione,
diffusione,
trasmissione)
Contenuti del Deliri di In rapporto con esperienze di alienazione e perdita dei confini
delirio influenzamento dell’Io. All’origine di sviluppi deliranti secondari (veneficio,
persecuzione)
Delirio erotomanico
Deliri mistici
Sindromi Delirium Delirio confuso, in stato di coscienza alterato, con imponenti fenomeni
dispercettivi
Diagnosi Idea prevalente Contenuto di pensiero a forte tonalità affettiva che domina la coscienza
differenziale e la vita della persona, accessibile alla critica
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COSCIENZA DELL’IO E DEL CORPO
Alterazioni della coscienza dell’Io e del corpo si possono verificare in soggetti normali
(stanchezza, privazione sensoriale, stati emotivi intensi), in alcuni disturbi d’ansia e ossessivo-
compulsivi (depersonalizzazione), nei disturbi dissociativi (personalità multiple), nelle psicosi
funzionali (esperienze di passività), nei disturbi somatoformi (dolore psicogeno, ipocondria), in stati
organici.
Disturbi concernenti il senso di confine dell’Io: alterato il senso del confine dell’IO
verso il mondo (diffusione del pensiero) e il mondo può fare intrusione nell’Io (inserzione
del pensiero). Definibili come esperienze di passività. Tipiche ma non esclusive di esordi
schizofrenici. Comprendono tre serie di sintomi: 1) percezioni deliranti; 2) dispercezioni
(voci dialoganti, eco del pensiero); 3) esperienze di passività (inserzione, sottrazione,
diffusione del pensiero, senso di azioni imposte, di corpo comandato)
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Disturbi della coscienza del corpo
Schema corporeo: rappresentazione mentale del corpo nella sua disposizione spaziale
e tonico-posturale, direttamente influenzata dalle sensazioni afferenti. È alterato in
disturbi neurologici
Dolore somatoforme Corpo sofferente per sindromi dolorose non riconducibili a patologia organica
Transessualismo
(identità di genere sbagliata)
Alterazioni della coscienza del proprio corpo sono presenti in molteplici quadri
psicopatologici, sia come sintomi predominanti sia come sintomi associati (schizofrenia, disturbi
dell’umore, disturbi d’ansia, somatoformi e dissociativi, disturbi alimentari psicogeni,
dismorfofobia, transessualismo).
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Tabella riassuntiva:
Disturbi della Disturbi dell’identità Alterato il senso di In condizioni normali (momenti di crisi),
coscienza unità e continuità esordio schizofrenico, stati misti
di sé
dell’Io
Depersonalizzazione Sensazione di Sindrome autonoma, schizofrenia,
estraneità del depressione, DOC, attacchi di panico, in
proprio sé,della soggetti sani (adolescenza, stanchezza,
realtà circostante, isolamento)
del proprio corpo
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AFFETTIVITÀ
Emozioni: stati affettivi limitati nel tempo, quasi sempre reattivi, spesso con marcate
manifestazioni vegetative
Umore
Le alterazioni dell’umore sono tradizionalmente considerate lungo un’unica dimensione, le cui
opposte polarità sono la depressione e la mania. Oltre a queste, esistono anche stati misti, disforia,
ottundimento affettivo.
Le alterazioni patologiche dell’umore si distinguono da stati affettivi fisiologici (es. una
normale tristezza) per:
Intensità spesso maggiore
Mancanza di fattori scatenanti o sproporzione tra questi ed entità del disturbo
Decorso pressoché indipendente dagli avvenimenti esterni e protratto almeno per
settimane
Particolare fissità del tono dell’umore
Frequente concomitanza di sintomi somatovegetativi
Alterazioni dell’umore sono il sintomo cardine dei disturbi dell’umore, ma si ritrovano
anche in altre patologie mentali ed organiche. In questo caso, si parla di disturbi dell’umore
sintomatici o secondari.
Rispetto alla tristezza normale, è persistente nel tempo, ha scarsa reattività. È una tristezza di
qualità diversa, vissuta anche a livello somatico (tristezza vitale): senso di oppressione, sofferenza
fisica, mal definibile, diffusa o localizzata (petto, stomaco).
Vi può essere la sensazione di non riuscire a provare alcun sentimento, perdita di interessi,
incapacità a provare piacere (anedonia), abulia.
L’ideazione, spesso rallentata, è polarizzata su pensieri negativi, sensazione di non aver più
alcuna via di uscita, propositi di suicidio. Può raggiungere un carattere delirante (deliri ipocondriaci,
di colpa, di rovina, nichilistici).
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A livello motorio, si po’ arrivare all’arresto psicomotorio. Altre volte prevale agitazione,
ansia, irrequietezza.
A livello somatico vi può essere: anoressia, insonnia, dimagrimento, impotenza sessuale.
Alterazioni dei ritmi circadiani (peggioramento mattutino).
Stato misto: commistione tra le due opposte polarità, depressiva e maniacale, con
combinazione delle fasi opposte della varie componenti (umore, ideazione, motricità)
Stati misti sono osservabili nelle fasi di passaggio tra episodi depressivi e maniacali.
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Ansia
L’ansia è uno stato affettivo ubiquitario (presente in gran parte della patologia psichiatrica e
frequente anche in condizioni normali).
Si sovrappone spesso alla paura, ma, rispetto a questa, l’ansia implica un senso di attesa (il
prefigurarsi un pericolo futuro, spesso indefinito) e, al contempo, di inadeguatezza alla situazione.
L’ansia ha una componente psichica, una neurovegetativa ed una motoria. Vi è un circolo
vizioso tra sintomi periferici e disagio soggettivo.
Entro certi limiti, l’ansia è fisiologica. Oltre un certo limite si rivela controproducente e
interferisce con le prestazioni sia psichiche che motorie.
Attacco di panico: episodio parossistico, intenso, di breve durata, in cui il senso del
pericolo è immanente, con imponenti sintomi vegetativi
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Tabella riassuntiva:
Alterazioni dell’umore
Ansia
Sproporzionata all’evento Ansia Apprensività persistente, non collegata ad uno specifico stimolo
scatenante generalizzata
Si manifesta in assenza di
Angoscia Ansia intensa ad elevata componete somatica
motivi apparenti
Si protrae nel tempo Attacco di Episodio parossistico, intenso, di breve durata, in cui il senso del
panico pericolo è immanente, con imponenti sintomi vegetativi
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VITA ISTINTIVA
Disturbi della vita istintiva (disturbi della condotta): distorsioni nelle condotte connesse
alle varie aree pulsionali (aggressiva, alimentare, sessuale), in cui non è possibile
scindere il fondo pulsionale dalle componenti affettive e cognitive. Spesso si tratta di
conflitti tra pulsioni ed altri fattori motivazionali
Condotta alimentare
Anoressia mentale: patologica paura di ingrassare, che spinge al rifiuto del cibo. Non vi
è un’alterazione primaria dell’istinto
Bulimia: patologica avidità per il cibo, che tende a manifestarsi in modo parossistico
(abbuffate)
Condotta sessuale
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VOLONTÀ E PSICOMOTRICITÀ
Volontà: spinta all’azione a livello integrativo superiore. Consta di una componente
cognitiva (capacità di decidere tra alternative diverse) ed una energetica (forza di
volontà). È direttamente correlata all’attività motoria
Alterazione secondaria
ad altri disturbi
psicopatologici
Eccitamento
Iperattività motoria
Rallentamento
Si ha in forme depressive, in stati di torpore, nelle demenze e in altri disturbi organici.
Arresto psicomotorio
Riduzione dell’attività fino all’arresto totale
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Abulia
Riduzione della spinta volitiva
Tic
Movimenti rapidi, ripetitivi, involontari
Impulsività
La condotta esce dal controllo volontario, in genere in forma parossistica
Negativismo
Opposizione verso domande, richieste o comandi di altre persone
Obbedienza automatica
Esecuzione passiva di comandi a suggerimenti anche paradossali
Ecoprassia: il paziente imita ogni gesto dell’intervistatore
Flessibilità cerea
Gli arti si oppongono ai movimenti passivi con una lieve tensione superabile
Tabella riassuntiva:
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PERSONALITÀ, TEMPERAMENTO, CARATTERE
Personalità: insieme delle caratteristiche di comportamento, di pensiero e di modalità di
relazionarsi agli altri, su base sia congenita che acquisita
Temperamento: fondo umorale che imposta le condotte del soggetto. Ha un più diretto
fondamento biologico
Carattere: allude allo stile di comportamento, legato a fattori costituzionali e a modalità
apprese nei primi anni di vita
Personalità patologiche (disturbi di personalità): personalità poco adattive, tali da procurare
sofferenza soggettiva o disagio nelle relazioni sociali
Ad un dato temperamento corrispondono varie personalità:
Temperamento Personalità
Depressivo Evitante
Dipendente
Masochista
Passivo-aggressiva
Ipertimico Narcisista
Istrionica
Paranoide
Antisociale
Borderline
Irritabile Bordeline
Antisociale
Ciclotimico Bordeline
Antisociale
45
.5 Semeiotica: il colloquio, l’esame obiettivo, l’anamnesi
INTRODUZIONE
Tuttavia, tale tecnica porta con sé molti problemi, che vedremo qui di seguito.
Confusione terminologica
Uno stesso termine psichiatrico può essere usato con accezioni diverse nei differenti contesti.
Inoltre, i termini psichiatrici sono entrati ormai nel vocabolario quotidiano.
Molto spesso uno stesso termine è usato per descrivere il sintomo, la sindrome e la malattia.
46
Conclusione: lo strumento principale della semeiotica psichiatrica è la parola, o meglio, la
capacità di ascoltare le parole del paziente e di indirizzarle, di esplicitarle, di far
rievocare, di esplorare attraverso le parole i vissuti e i comportamenti più salienti ai fini
della diagnosi. Il momento fondamentale della semeiotica psichiatrica è, dunque, il
colloquio, durante il quale si esercita anche l’osservazione
47
Durante il colloquio, i singoli parametri da esaminare sono:
Aspetto: impressione generale che l’esaminatore ha dell’aspetto del paziente (modo di vestire, di
acconciarsi, caratteristiche inusuali, espressione del viso, tipo di contatto con il medico)
Attività motoria: il paziente sta eccessivamente fermo, oppure si muove in continuazione; presenza
di tic, smorfie, tamburellamento delle dita o irrequietezza delle gambe; mimica adeguata al
racconto, esagerata o particolarmente povera e inespressiva
Eloquio: velocità del flusso verbale, volume della voce, tono, qualità della verbalizzazione (notare
se è adeguata al livello socio-culturale, se è presente manierismo), vivacità del racconto, aderenza al
tema, capacità logica del paziente, incongruenze, eccentricità della parola (neologismi, intoppi,
deragliamenti), gestualità che accompagna il parlare
Funzioni cognitive superiori: in genere non vengono esplorate sistematicamente nella pratica
ambulatoriale, perché il porre direttamente le domande, atte a investigare il loro funzionamento, può
urtare la suscettibilità del paziente. Di solito, comunque, il colloquio fa capire se il paziente è
lucido, orientato nel tempo e nello spazio, normalmente mnesico. Pertanto, l’esame sistematico
delle funzioni superiori deve essere eseguito con molto tatto e solamente quando dal colloquio
emergano elementi tali da giustificare un tale approfondimento.
Ideazione: direzionalità del pensiero, ovvero scopo e intenzione del ragionamento (ripetitività,
deragliamento, incoerenza, intrusioni, prolissità, labilità di associazioni, inconsequenzialità);
operazioni logiche messe in atto per seguire la direzione prescelta (coerenza, puntualità dei nessi
associativi); aspetti formali e quantitativi (ideazione accelerata o rallentata); contenuto del pensiero
(preoccupazioni, paure e fobie, idee ipocondriache, di riferimento, di nocumento, di colpa e di
rovina) e in che modo vengono vissute la idee (timore, possibilità, certezza)
Umore: uno dei paramenti più salienti. Indicazioni sull’umore si possono ottenere da: a)
verbalizzazione diretta dello stato d’animo; b) contenuti del pensiero (idee di inadeguatezza, di
colpa, di grandezza, preoccupazioni eccessive); c) comportamento generale del paziente (mimica,
gesti)
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ANAMNESI PSICHIATRICA
Storia psichiatrica
Per tracciare l’anamnesi psichiatrica, si deve tenere di conto dei seguenti elementi:
Familiarità: esistenza di disturbi psichiatrici tra i familiari. Alcune delle patologie psichiatriche,
infatti, hanno un andamento familiare (depressioni maggiori e le forme bipolari, disturbi da ansia
acuta e agorafobia). La familiarità viene esplorata chiedendo al paziente se vi sono stati disturbi
psichiatrici tra i suoi familiari, cercando di sapere quali erano i sintomi, se e come sono stati curati,
come si è risolta la malattia. Spesso, il paziente non è in grado di fornire notizie sicure, per cui le
diagnosi su base familiare sono diagnosi di probabilità. Per questo motivo, non possiamo
considerare la negatività della familiarità come elemento di esclusione di una data patologia
psichiatrica
Sviluppo psicomotorio: accertare se i primi stadi di sviluppo si sono svolti regolarmente, onde
eludere cerebropatie infantili o altri difetti di apprendimento
Scolarità: livello raggiunto negli studi, eventuali difficoltà scolastiche, rapporti con i compagni,
possono evidenziare deficit di apprendimento e/o integrazione. Improvvisi deficit nel rendimento
scolastico costituiscono una delle modalità più comuni di esordio della schizofrenia
Personalità: di solito, si indaga con la domanda “qual è il suo carattere quando sta bene?”. L’esame
dei tratti salienti della personalità può essere un solido sussidio diagnostico (pazienti con disturbi
affettivi di tipo endogeno presentano un carattere attivo, estroverso, socievole, amante della
compagnia; gli schizofrenici sono di norma, anche prima dell’esordio conclamato della malattia,
chiusi, introversi, timidi, sospettosi; gli ossessivi, meticolosi e pignoli). È importante capire se gli
elementi costitutivi del disturbo in atto sono avvertiti come una sorta di frattura rispetto alla
personalità precedente (abituale modo di vivere e di reagire)
Precedenti psichiatrici: episodi simili a quelli in corso nella storia del paziente e come questi ha
reagito. L’inchiesta deve essere condotta puntigliosamente
Eventi: si deve accertare se esiste una relazione tra esordio della malattia ed eventi esterni dotati di
particolare significato. In genere, il chiedere semplicemente se è successo qualcosa che ha turbato il
paziente non dà garanzie di un rilevamento corretto, per cui è meglio fare affidamento all’inchiesta
routinaria, con l’esplorazione sistematica di cambiamenti nelle aree più significative (lavoro,
famiglia, denaro, salute, tempo libero, amicizie, vita sentimentale)
49
Parte Seconda
LA CLINICA
Si distingue tra:
Disturbo mentale organico: una particolare sindrome mentale organica la cui eziologia
è nota o presunta (es. Delirium da astinenza alcolica, Demenza multinfartuale)
L’impiego della categoria dei disturbi organici, tuttavia, non implica che i disturbi non
organici siano causati solamente da fattori psicologici. Nel DSM IV, questa categoria è stata
eliminata. Al suo posto, è stata introdotta la categoria dei disturbi cognitivi, che prescinde da ogni
riferimento eziologico e comprende quadri quali il delirium, la demenza, la sindrome amnestica e
disturbi cognitivi non altrimenti specificati. Le sindromi organiche d’ansia, dell’umore, deliranti e
di personalità, nonché l’allucinosi, vengono eliminate come categorie autonome ed inserite tra le
forme funzionali corrispondenti. Per questi quadri, la diagnosi (sull’asse I) deve essere
accompagnata dalla dizione dovuti a condizioni mediche (da specificare sull’asse III).
50
DELIRIUM O SINDROME CONFUSIONALE
Nel DSM IV, tutti i quadri confusionali confluiscono nella categoria del delirium, che viene
così definita:
Epidemiologia
Gli stati confusionali rappresentano probabilmente la patologia psichiatrica più diffusa.
Andamento Fluttuante nel corso della giornata, con recrudescenza che compare al crepuscolo
e nelle ore notturne
Periodo di stato Il paziente può presentarsi attonito, perplesso o, al contrario, eccitato, confuso;
linguaggio frammentario; movimenti non coordinati; manca ogni forma di iniziativa
finalizzata; talora, il paziente non è in grado di riconoscere le persone che lo
circondano e presenta turbe della memoria di fissazione e di rievocazione;
frequentemente, esperienze allucinatorie e deliranti
Risoluzione Termina per crisi, con un sonno profondo e prolungato fino a 24 ore
Amenza: una delle forme cliniche più gravi di delirium, con coinvolgimento affettivo
notevole, decadimento delle funzioni cognitive e compromissione delle condizioni fisiche
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Eziopatogenesi
I fattori eziologici possono essere: encefalopatie metaboliche (carenze vitaminiche,
insufficienza epatica e renale, malattie endocrine, etc.), malattie cardiovascolari, stati infettivi,
intossicazioni (anestetici, sedativi, digitale, steroidi, analgesici, alcol, benzina, colle, veleni
industriali), astinenza da sostanze psicoattivi (alcol, sedativi-ipnotici, amfetamine, cocaina),
malattie neuronali (infarto cerebrale, emorragia intracranica, tumori intracranici, malattie
degenerative), attacchi epilettici, traumi cranici.
Il cervello immaturo, senescente o che abbia subito danni, sembra più suscettibile allo
sviluppo di delirium. Infatti, il delirium è più frequente nei bambini e nei soggetti anziani. Altri
fattori predisponenti: deprivazione sensoriale, condizioni di stress.
SINDROMI AMNESTICHE
Secondo il DSM IV:
Epidemiologia
La sindrome amnestica è rara.
Consapevolezza di malattia Assente. Il paziente appare sorpreso quando viene messo di fronte
all’evidenza dei suoi disturbi
Amnesia retrograda: riguarda gli eventi verificatisi prima dell’esordio del disturbo,
dei quali il paziente non ricorda più niente, vengono conservate, tuttavia, alcuni
funzioni abituali, apprese nell’infanzia (leggere, scrivere, etc.)
Disturbi associati alle turbe mnestiche:
Disturbi del pensiero: rallentamento dell’ideazione, con tendenza a perseverare sugli
stessi contenuti; deficit di comprensione, con difficoltà a coordinare i diversi dati
dell’esperienza in maniera logica e coerente
Disturbi dell’affettività: abbastanza marcati; sono presenti ansia, labilità emotiva,
oscillazioni dell’umore
La sindrome di Wernicke e la psicosi di Korsakoff sono costellazioni sindromiche nelle quali
l’elemento amnestico è dominante.
52
Eziopatogenesi
Cause più comune: alcolismo associato a deficit di timina, traumi cranici, infarti cerebrali,
epilessia, malattie degenerative, quali il morbo di Alzheimer, anossia cerebrale, provocata da
intossicazione da monossido di carbonio o da tentativi di impiccagione.
Terapia
Il trattamento consiste, innanzitutto, nel rimuovere la causa responsabile del disturbo. Qualora
l’agente eziologico abbia provocato lesioni neuronali irreversibili, come avviene nella maggior
parte dei casi, non sarà possibile una restitutio ad integrum, ma solo un parziale recupero delle
funzioni danneggiate.
ALLUCINOSI
Definizione: entità sindromica caratterizzata da allucinazioni persistenti o ricorrenti, in
assenza di disturbi della coscienza, riconducibili ad una causa organica specifica
Nel DSM IV, l’allucinosi scompare come categoria a se stante e viene fatta confluire nei
Disturbi Psicotici dovuti a condizioni mediche o indotti da sostanze.
Epidemiologia
Frequente tra soggetti che abusano di alcol ed altre sostanze psicotrope.
Eziopatogenesi
Cause più comuni: uso di allucinogeni, cannabinoidi, abuso di alcol o sedativi, intossicazione
da digitale.
Altre cause: lesioni cerebrali, cecità, sordità.
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Disturbi mentali secondari ad altre condizioni fisiche (disturbo
psicotico, d’ansia, dell’umore, catatonico, di personalità)
INTRODUZIONE
Alcuni quadri sindromici si possono manifestare in concomitanza di malattie
fisiche
Non è sempre facile, né possibile, determinare con esattezza il rapporto di causazione tra
disturbo somatico e sindrome mentale.
Nel DSM IV, le Sindromi Mentali Organiche vengono indicate come Disturbi Mentali dovuti
a condizioni mediche (comprendenti i disturbi psicotico, d’ansia, dell’umore, catatonico e
modifiche di personalità), perché la contrapposizione delle Sindromi Mentali Organiche alle restanti
entità nosografiche pareva escludere per queste ultime qualsiasi substrato biologico.
In molti casi, tali disturbi mentali secondari ad altre condizioni fisiche sembrano rispondere
agli stessi trattamenti delle forme corrispondenti, non sostenute da malattie somatiche.
Per la diagnosi differenziale, l’atipicità del decorso e l’assenza di precedenti anamnestici o di
familiarità sono caratteristiche distintive di tutte queste forme nei confronti dei corrispettivi
funzionali.
Oggi, riguardo a questo tipo di disturbi, è molto diffuso lo studio dei rapporti tra
sintomatologia e localizzazione del processo biologico. La speranza di questi studi è quella di
individuare un substrato neuroanatomico comune alle due manifestazioni, disturbi mentali dovuti a
condizioni mediche e disturbi funzionali.
EPIDEMIOLOGIA
Questi quadri rappresenterebbero circa il 20% di tutti i disturbi mentali dovuti a condizioni
mediche. Le manifestazioni affettive sarebbero le più comuni, mentre i quadri psicotici i più rari.
Linguaggio Può essere sconnesso o incoerente, ma in molti casi rimane ben struttrato
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Eziologia
Si può osservare in malattie neurologiche e abuso di sostanze (alcol, amfetamina, cocaina,
cannabis, allucinogeni).
Descrizione Un fattore somatico noto causa attacchi di panico ricorrenti o manifestazioni tipo ansia
generalizzata
In molti casi, la malattia fisica può costituire l’elemento scatenante ed il quadro ansioso può
protrarsi anche dopo la sua remissione, con condotte di evitamento ed episodi critici, e può
richiedere un trattamento indipendente.
Eziologia
Cause: iper o ipo-tiroidismo, varie patologie del SNC, episodi ischemici transitori, malattie
demielinizzanti, traumi cranici, tumori, stati di intossicazione da metalli pesanti, sostanze stimolanti
(cocaina, amfetamina, caffeina), sospensione di agenti ad azione sedativa (benzodiazepine, alcol).
Eziologia
Fattori tossici o metabolici:
Episodi depressivi: corticosteroidi, allucinogeni, chemioterapici, contraccettivi orali,
alcol, ipnotico, benzodiazepine, sospensione di farmaci stimolanti o antidepressivi
Episodi maniacali: corticosteroidi, L-Dopa, IMAO, cocaina, amfetamina, LSD
Tuttavia, è difficile stabilire se l’insorgenza di depressione o mania a seguito di assunzione di
farmaci o sostanze rappresenti solamente la slatentizzazione di disturbo bipolare.
Altre cause: disendocrinie (manifestazioni depressive nell’ipotiroidismo, maniacali nell’iper),
processi infettivi (lue, epatite, influenza, mononucleosi, AIDS), malattie neurologiche (sclerosi
multipla, Parkinson, ictus).
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DISTURBO CATATONICO DOVUTO A CONDIZIONI FISICHE
Presenza di catatonia in relazione ad una malattia somatica
La catatonia si può manifestare con rallentamento, sino ad uno stato di catalessia o stupore, o
iperattività motoria afinalistica e sganciata da ogni stimolo esterno.
Il paziente può presentare, inoltre, negativismo, postura rigida, movimenti bizzarri, ecoprassia,
ecolalia o mutacismo.
Eziologia
Da varie malattie somatiche, soprattutto di tipo neurologico.
Eziologia
I traumi cranici sembrano le cause più frequenti.
Altre cause: epilessia, sclerosi multipla, corea di Huntinghton, disendocrinie, quadri
dismetabolici, alcolismo cronico.
Terapia
Deve mirare, se possibile, alla rimozione o al trattamento della causa organica. In alcuni casi,
però, il fattore eziologico può aver provocato danni neuronali persistenti e, quindi, la terapia può
essere solamente sintomatica.
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Le demenze
INTRODUZIONE
Definizione
Disturbo mentale, acquisito, obiettivamente verificabile, caratterizzato dalla
compromissione della memoria a breve e a lungo termine, accompagnato da
un deficit del pensiero astratto, delle capacità di giudizio critico, delle funzioni
corticali superiori (fasie, prassie, gnosie) e/o da modificazioni della
personalità, in assenza di compromissione dello stato di coscienza, e di entità
tale da interferire significativamente con le attività lavorative e sociali o con le
relazioni interpersonali.
INVECCHIAMENTO E DEMENZA
Secondo alcuni autori, l’invecchiamento fisiologico sarebbe solo una forma a decorso
lentissimo della demenza primaria ed insorgenza senile, per cui le differenze tra invecchiamento
fisiologico e demenza sarebbero solo quantitative e non qualitative.
È certo che l’età è un fattore di rischio per la demenza senile, ma una cosa sono i fattori di
rischio ed altra cosa i fattori etiologici. È ampiamente dimostrato, inoltre, che tra invecchiamento e
demenza esistano processi comuni, ma questo non giustifica da solo il discorso quantitativo, dato
che, oltre un certo punto, intervengono differenze qualitative tali, per cui solo i dementi diventano
infermi irrecuperabili, incapaci di vita autonoma. Il fatto è che non siamo ancora in grado di
cogliere il punto di passaggio, qualitativo e quantitativo, tra normalità e patologia.
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SEMIOTICA CLINICA E STRUMENTALE
È sempre necessario, in primo luogo, un accurato studio anamnestico-clinico, seguito dalle
indagini di laboratorio e strumentali suggerite dal giudizio clinico.
Esame anamnestico-clinico
L’indagine anamnestica è mirata ad evidenziare:
Anamnesi familiare: presenza di familiari con disturbi psichiatrici, neurologici e/o
somatici, in qualche misura correlati alla patologia demenziale
Anamnesi fisiologica: presenza di insufficienza mentale, congenita o acquisita, o di
ritardo nello sviluppo psicomotorio; importanti anche le informazioni circa il livello di
scolarità, la storia occupazionale, le abitudini dietetiche e voluttuarie
Anamnesi patologica remota: possibili malattie neuro-psichiatriche e/o somatiche,
traumi cranici ed altre condizioni morbose
Anamnesi patologica prossima: tempi e modalità di esordio e di evoluzione del quadro
clinico
Qui di seguito, vedremo, per ogni aspetto/funzione della psiche, quali sono le informazioni
che si devono acquisire in un esame clinico:
Personalità premorbosa: l’attenzione va rivolta allo stile comportamentale del soggetto, al livello
di adattamento ed integrazione sociale, al modo ed alla misura del cambiamento di interessi e
abitudini, ad episodi confusionali con o senza agitazione psicomotoria, ad alterazioni della vita
istintuale, del linguaggio e dell’igiene personale, alle limitazioni della capacità di vita autonoma.
Carattere: alterazioni, più spesso con accentuazione dei tratti di personalità, ma talora anche con la
comparsa di caratteristiche opposte a quello preesistenti. In linea di massima, la personalità risulta
semplificata, impoverita e più disinibita. Quando le modificazioni del carattere assumo un rilievo
preminente, si configura una Sindrome Organica di Personalità (coesistono, da una parte,
instabilità affettiva, ingiustificati scoppi d’ira, comportamenti socialmente sconvenienti, dall’altra,
apatia, indifferenza, perdita di interesse per le attività abituali e, infine, religiosità, marcata
sospettosità).
Memoria: costantemente e precocemente alterata. Prima, si ha la perdita dei ricordi più recenti, a
cui segue, più tardivamente, la perdita dei ricordi remoti, fino all’amnesia globale. La
compromissione della memoria fisiognomica può giungere fino alla perdita della coscienza e della
propria identità. Nelle fasi iniziali, è frequente l’amnesia nominum (perdita progressiva della
capacità di denominare gli oggetti o le persone con il loro nome specifico e ricorso a parole passe-
par-tout). Non eccezionali le confabulazioni.
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Pensiero astratto: difficoltà ad affrontare problemi nuovi, ad acquisire nuove tecniche, a formulare
pensieri astratti, ad uscire dal concreto, dal mero significato letterale, a cogliere analogie e
differenze. In altre parole, il soggetto perde le attività di base del pensiero (astrazione, analisi,
sintesi, etc.) e, parallelamente, perde anche il patrimonio intellettuale e culturale precedentemente
acquisito, la scale dei valori logici e le norme etiche e sociali. Di conseguenza, si hanno gravi deficit
di critica, autocritica e di giudizio, che lo portano ad anomalie della condotta.
Funzioni corticali superiori: variamente compromesse, fino a culminare della Sindrome Alogica
di Reich, caratterizzata da afasia, agnosia ed aprassia (compromissione della componente
intellettivo-semantica, senza o con scarsa compromissione degli elementi sensoriali). Per quanto
riguarda l’afasia, la produzione del linguaggio è compromessa in misura maggiore della
comprensione; con il progredire della malattia, il linguaggio si fa sempre più vuoto, fino alla
comparsa del “mutismo demenziale” (il soggetto ha sempre una risposta, anche se vuota di
contenuti informativi, es. ecolalia). I disturbi della prassia si manifestano precocemente con gli
errori nelle sequenze gestuali complesse (disturbo della cognizione spaziale: errori topografici,
errore destra/sinistra, aprassia dell’abbigliamento. L’agnosia è più tardiva e si manifesta con i
deficit di riconoscimento fisiognomico.
Linguaggio: i disturbi del linguaggio sono prodotti dal combinarsi dei disturbi della memoria e
cognitivi con l’afasia. Progressivamente, il linguaggio si impoverisce, diventa meno comunicativo
ed informativo, cresce l’uso delle stesse espressioni e di luoghi comuni. I nessi sintattici diventano
più lassi.
Umore: quasi sempre alterato in vario modo e grado. La sintomatologia depressiva è la più
frequente. Quando la componente depressiva acquista un particolare rilievo, si parla di Demenza
con Depressione.
Ipocondria: può essere presente, fino al vero e proprio delirio di ipocondria e al “delirio di Cotard”.
Compulsività: può essere presente il fenomeno del “collezionismo” (raccolta di materiale, quasi
sempre irrilevante e di nessuna utilità, che viene riposto in luoghi “segreti”).
Attività: si può avere rallentamento psicomotorio o agitazione. In alcune fasi della malattia, è
frequente l’affaccendamento afinalistico. In questo ambito, possiamo collocare anche la tendenza a
fare fagotti per “andare a casa”. Nelle fasi finali, l’irrequietezza motoria è sostituita dall’arresto
psicomotorio.
Percezione: i disturbi della percezione possono essere secondari alle alterazioni dell’attenzione e
dello stato di coscienza (illusioni, falsi riconoscimenti) o primitivi (allucinazioni).
Contenuto del pensiero: sospettosità, idee prevalenti e vere e proprie idee deliranti. Tali disturbi
possono essere innescati dalla perdita delle capacità di critica e di giudizio, da disturbi della
memoria, da disturbi percettivi, o dal ridotto apporto sensoriale (sordità) o sociale. Quanto la
sintomatologia delirante assume un ruolo di rilievo nel quadro, si parla di Demenza con Sindrome
Delirante.
Coscienza: non dovrebbe essere alterata. In alcuni casi, tuttavia, si possono osservare alterazioni
della coscienza (stati di torpore di diversa profondità) generalmente di breve durata, che possono
ripetersi con una certa frequenza, tanto da caratterizzare il sottotipo Demenza con Delirium.
59
Cognitività Ridotta capacità di elaborare le informazioni
Compromissione del pensiero astratto (ridotta capacità di elaborare concetti, di cogliere analogie
e differenze fra parole, di comprendere il significato metaforico dei proverbi, etc.)
Affaccendamento afinalistico
60
DIAGNOSI
La diagnosi di demenza non è una diagnosi di esclusione. Essa si basa su tre criteri (che
abbiamo accennato all’inizio del capitolo):
Declino delle funzioni intellettive
Compromissione globale di tali funzioni
Mancanza di alterazione dello stato di coscienza
Una volta posta una diagnosi generica di demenza, è indispensabile giungere alla
formulazione di una diagnosi etiologica.
QUADRI CLINICI
61
la fase successiva (fase neuro-psichiatrica). La durata della fase prodromica può essere
da pochi mesi a più di un anno.
2. Fase neuro-psichiatrica: fase in cui predominano i sintomi neuro-psichiatrici. La
durata di questa fase può variare da 3 a 7 anni, in media. È in questa fase che, di solito,
il paziente giunge al medico. I nuovi sintomi si sommano ai vecchi: alcuni disturbi, che
insorgono o si aggravano adesso (come i disturbi cognitivi, l’afasia o il mutacismo),
inglobano o impediscono la manifestazione di altri deficit, evidenziati in precedenza.
Per quanto riguarda il disturbo della memoria, il soggetto, dalla iniziale difficoltà a
memorizzare, passa precocemente ad una amnesia globale, con perdita completa del
patrimonio mnestico. È opportuno distinguere questo disturbo demenziale dalla
Smemoratezza Senile Benigna, disturbo solo mnestico, non accompagnato da altri
deficit cognitivi. Nella fase neuro-psichiatrica, compare e si sviluppa la Sindrome
alogica di Reich ed il paziente perde, così, ogni capacità di vita autonoma. Il deficit di
intelligenza si esprime con le “azioni a rovescio”, che denunciano gli errori di giudizio
critico. Si hanno, inoltre, disturbi attentivi, difficoltà di astrazione, pensiero alogico,
incapacità di pianificare una condotta, prevederne le conseguenze ed apportare
eventuali correttivi, incapacità di riprodurre sequenze motorie anche semplici,
emotività patologica (più di frequente di tipo disinibitorio; più tardi di tipo inibitorio,
con apatia ed abulia). La sintomatologia demenziale, anche in questa fase, può essere
accompagnata da sintomi accessori: fenomeni di tipo ossessivo e “collezionismo”;
deliri di latrocinio, persecutori, ipocondriaci, di gelosia, che, per le caratteristiche stesse
della demenza, non arrivano mai a strutturarsi; fenomeni allucinatori (frequenti le
allucinazioni ipnopompiche, che si manifestano negli stati di dormiveglia); sintomi
depressivi (nella fase prodromica ed all’inizio della neuro-psichiatrica) e sintomi
maniacali (in stadio più avanzato), con impulsività, irritabilità, euforia fatua, labilità
emotiva, apatia. Frequente è l’affaccendamento afinalistico, fino alla manipolazione di
tutti gli oggetti che capitano sotto mano, e, tipica di questa fase, è anche la “spinta
verso casa”. Alla fine della fase neuro-psichiatria, il paziente giunge allo sfacelo
mentale, nel quale le residue e ridotte espressioni dell’attività psichica sono inadeguate
ai fini di una qualsiasi azione “intelligente”, anche minima.
3. Fase neurologica: fase in cui predominano i sintomi neurologici. I disturbi neurologici
sono già presenti nella fase neuro-psichiatrica, ma la comparsa di alcuni quadri
neurologici segna il passaggio alla fase successiva. Tali disturbi possono essere:
disturbi parkinsoniani, disturbi della deambulazione fino all’incapacità di camminare,
disturbi del controllo sfinterico. Il soggetto non parla, né emette alcun suono, non si
muove spontaneamente, non si alimenta, né mostra di avere bisogni di alcun tipo. La
durata di questa fase è, in media, di un anno.
4. Fase internistica: difficilmente delimitabile dalla fase neurologica. Il paziente, ormai
stabilmente allettato, va incontro a patologie infettive e insufficienza miocardica, che
mettono fine alla vita del paziente. La durata di questa fase non supera, in genere, i sei
mesi.
Malattia di pick
La malattia di Pick è una forma di demenza molto più rara della malattia di Alzheimer.
Colpisce, di solito, l’età presenile. A livello anatomico e fisiologico, le disfunzioni sono differenti
rispetto alla malattia di Alzheimer. Inoltre, rispetto a questa, le funzioni mestiche e visuo-spaziali
restano conservate più a lungo.
Consente una sopravvivenza, in media, di 8 anni.
62
Corea di Huntington
Malattia ereditaria autosomici dominante, clinicamente caratterizzata da disturbi del
movimento, demenza e disturbi affettivi.
L’età di esordio è fra 25 e 45 anni.
Presenta una devastante perdita neuronale.
Demenze secondarie
Si distinguono in:
Demenze vascolari, quali la Demenza multinfartuale, causate dal danno anatomico
provocato dall’arteriosclerosi cerebrale
Demenze infettivo/infiammatorie, tra le quali la AIDS-Dementia complex, in cui gli
agenti infettivi provocano danni al SNC e al SNP
Encefalopatie spongiformi trasmissibili, tra cui la malattia di Creuzfeldt-Jakob
(morbo della mucca pazza), causate da “agenti infettivi non convenzionali” che
distruggono le cellule nervose
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.9 Disturbi da uso di sostanze: alcolismo
DEFINIZIONI
Definizione: gli alcolisti sono bevitori la cui dipendenza alcolica ha raggiunto livelli così
alti da mettere in evidenza un marcato disturbo fisico o una chiara interferenza con la loro
salute fisica e mentale, con le loro relazioni interpersonali e con il loro atomico sviluppo
sociale ed economico; oppure quei soggetti che mostrano i segni prodromici di una simile
evoluzione patologica
EPIDEMIOLOGIA
I dati relativi alla reale diffusione dell’alcolismo sono molto imprecisi.
Negli ultimi anni si è registrato un sensibile aumento del consumo medio di alcol. Vi è, oggi,
una nuova cultura del bere che incentiva l’uso di superalcolici e birra e prevede nuovi ritmi di
assunzione (aperitivi, digestivi). Inoltre, si è assistito ad un abbassamento dell’età media in cui si
inizia a bere e la riduzione del rapporto maschi/femmine.
EZIOPATOGENESI
L’assunzione eccessiva e prolungata di alcol è in grado di provocare gravi danni all’omeostasi
del nostro organismo. La gravità di queste conseguenze non dipende solo dalla durata dell’abuso e
dall’alcol ingerito, ma anche da parametri individuali (provenienza etnica, tolleranza congenita,
personalità, ambiente sociale).
64
FATTORI PREDITTIVI
Eredità e ambiente concorrono in varia misura a determinare una condizione di alcol-
dipendenza.
Fattori di rischio possono essere: la solitudine, la disoccupazione, l’età giovanile, un basso
livello culturale, modelli culturali che utilizzano l’alcol come simbolo di successo e considerano il
suo uso quotidiano come normale.
Possono essere considerati fattori predisponenti alcuni disturbi psichiatrici dell’infanzia, come
il Disturbo da Deficit dell’Attenzione con Iperattività.
Disturbi psichiatrici particolarmente predisponenti verso la SDA sono l’ansia e la
depressione:
Il comportamento alcolico appare secondario, in alcuni casi, al disturbo d’ansia, in
particolare al DAP e alla Fobia Sociale
Si è ipotizzata la presenza di una base comune tra alcolismo e depressione; le forme
bipolari sembrano maggiormente correlate all’alcolismo e, in particolare, l’uso di alcol
aumenterebbe nelle fasi maniacali
Si distinguono due tipi di personalità pre-alcoliche:
Alcolisti di tipo I: predisposti ai disturbi d’ansia e dell’umore, con una forte coscienza
verso il problema della dipendenza
Alcolisti di tipo II: prevalentemente di sesso maschile, con esordio precoce, rapido
sviluppo di dipendenza e tratti antisociali di personalità
Cosicché, il paziente ricerca la sostanza alcolica solo per prevenire i sintomi di astinenza.
Decorso
Nelle prime fasi della malattia, quando la dipendenza si è instaurata da poco, spesso non è possibile
rilevare alcun segno fisico e nessuna alterazione dagli esami di laboratorio. Già in questa fase, però, il
disturbo può essere causa di disadattamento sociale, familiare e lavorativo.
In seguito, compaiono disturbi fisici, quali anoressia, nausea mattutina, vomito, diarrea, palpitazioni,
insonnia, amenorrea o impotenza, spesso associati, sul piano psicologico, a irritabilità, nervosismo,
vuoti di memoria. Poi si avranno anche i segni dell’insufficienza epatica, renale e pancreatica.
Il perdurare di uno stato di alcolismo cronico si associa ai seguenti sintomi: sindrome da astinenza
(convulsioni, allucinazioni, delirium), sindromi psicotiche (paranoia, allucinazioni, deliri), deficit
cognitivi che vanno da lievi turbe mnestiche, fino alla Demenza e alla sindrome amnestica.
65
DISTURBI MENTALI INDOTTI DA ALCOL
Si possono descrivere vari stadi: da una iniziale disinibizione, fino ad una grave
compromissione dello stato di coscienza che può condurre alla morte
Basso L’individuo è gioioso o irritabile, più loquace del solito, con compromissione
della critica e del giudizio; l’ideazione è accelerata, le percezioni sono
particolarmente vivaci, la mimica e la gestualità accentuate
Medio Tono dell’umore disforico fino all’aggressività, con grave deficit dei
meccanismi di autocontrollo
Lo stato di ebbrezza, in genere, termina 12 ore dopo l’ultima assunzione, residuando uno stato
di malessere fisico, con disforia e depressione.
Astinenza alcolica
In soggetti con SDA, i sintomi di astinenza compaiono dopo 24-48 ore da una drastica
riduzione o cessazione dell’assunzione di alcolici.
Il quadro è più grave al mattino, con la comparsa di tremori alle mani ed ai muscoli facciali,
nausea e vomito, aumento della sudorazione, irritabilità.
La fase acuta tende a risolversi dopo 2 giorni ed entro una settimana il disturbo scompare
completamente. Possono residuare labilità emotiva, umore depresso e disturbi del sonno.
Nei casi più gravi, possono manifestarsi crisi epilettiche (grande male) o vi può essere
un’evoluzione verso il delirium.
66
Allucinosi alcolica
L’allucinosi rappresenta una delle complicanze più gravi dell’alcolismo cronico
Si manifesta dopo un breve periodo di astinenza, in genere 48 ore, in soggetti con una lunga
storia di intossicazione alcolica. L’esordio è in genere notturno.
Fase prodromica: insonnia, umore irritabile e labile, tremore agli arti e alla lingua.
Fase di stato: compaiono, dapprima, allucinazioni uditive non ben organizzate (suoni
indistinti, ronzii, fischi), che poi si articolano maggiormente e possono associarsi anche ad
allucinazioni visive; lo stato di coscienza rimane intatto, a differenza del delirium tremens.
Il contenuto allucinatorio è rappresentato da temi di minaccia, denigratori e persecutori, a
volte paradossali anche per il soggetto stesso. Possono instaurarsi comportamenti di evitamento o di
difesa e, talvolta, condotte autolesive.
Il decorso può variare da alcuni giorni ad alcune settimane.
Demenza
La demenza alcolica rappresenta una grave complicanza tardiva (non prima dei 35 anni).
Sono presenti marcati disturbi della memoria di fissazione e di rievocazione, deficit del
pensiero astratto e delle capacità di giudizio, modificazioni della personalità, turbe delle funzioni
corticali superiori (afasia, aprassia, agnosia).
Il soggetto manifesta una compromissione del funzionamento sociale e familiare, fino alla
completa perdita dell’autosufficienza.
TERAPIA
La terapia è finalizzata al raggiungimento di una astinenza duratura
Sul piano operativo è necessario intervenire su più livelli: medico, sociale, riabilitativo.
67
.10 Disturbi dell’umore
INTRODUZIONE
Oscillazioni fisiologiche del tono dell’umore svolgono un ruolo adattivo, in quanto,
influenzando la sfera cognitiva e comportamentale, consentono all’individuo di adeguare le proprie
reazioni alle condizioni ambientali.
Ciò nonostante, DSM IV e ICD-10 non hanno ancora accolto in pieno il concetto di spettro
maniaco-depressivo e trascurano gli aspetti cardine dei disturbi dell’umore (temperamento
premorboso, modalità di esordio, caratteristiche del decorso, familiarità).
Tra i pazienti bipolari, è presente un’alta percentuale di celibi, nubili e separati. Ciò può essere
spiegato o con la giovane età di questi soggetti, o con l’influenza negativa che la malattia esercita
sui rapporti affettivi, oppure con la possibilità che lo stress della separazione costituisca, in soggetti
predisposti, un evento scatenante il disturbo.
Il disturbo bipolare risulta, inoltre, più frequente nelle classi sociali più elevate.
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EZIOPATOGENESI
L’attenzione è maggiormente centrata sui fattori biologici, anche se, dalla prima metà del
‘900, sono state avanzate teorie di matrice psicodinamica, etologica e cognitiva.
Ipotesi biologiche
È probabile che una particolare vulnerabilità ereditaria del SNC (sistemi biochimici,
neurotrasmettitoriali, neuroendocrini, etc.) si manifesti, in condizioni ordinarie, attraverso semplici
caratteristiche temperamentali e che, sulla spinta di fattori ambientali o quando vi è un carico
genetico pesante, dia luogo ai diversi quadri clinici depressimi, maniacali o misti.
Ritmi biologici
La stagionalità sembra influenzare il decorso dei disturbi dell’umore.
La depressione ha una frequenza massima in autunno e in primavera ed il numero di suicidi
risulta più elevato in ottobre e maggio. Al contrario, l’eccitamento ricorre abitualmente in estate.
Questo andamento è da attribuire ad una abnorme sensibilità all’intensità della luce o ai suoi
bruschi cambiamenti, che si verificano appunto in autunno ed in primavera.
Negli anni ’80, si è individuato un sottogruppo di disturbi dell’umore con decorso
esclusivamente stagionale.
Ipotesi cognitive
Un’emozione, e quindi anche lo stato d’animo depressivo, può essere scomposta in due
componenti: pensieri e sensazioni fisiche. I pensieri deriverebbero da regole tacite o esplicite,
costruite nella prima infanzia, a partire dai processi di attaccamento e separazione dalle figure
genitoriali, e confermate nella seconda infanzia e nell’adolescenza.
Nei primi anni di vita, i soggetti, che andranno incontro ad episodi depressivi, subirebbero
spesso un distacco precoce (morte di uno o di entrambi i genitori, allontanamento fisico e/o
affettivo dei genitori, indifferenza dei genitori verso i bisogni e le difficoltà del figlio), esperienza
che porta a sviluppare un’immagine di sé perdente.
L’equilibrio emotivo sarà mantenuto, grazie al continuo sforzo di nascondere la propria
debolezza, finché non si verificano situazioni implicanti una perdita. Questi eventi vengono valutati
dal soggetto come un inevitabile risultato della propria incapacità e generano una reazione di
disperazione e demoralizzazione, che rapidamente si estende a tutti i settori dell’esistenza, con la
comparsa dei pensieri automatici.
69
Ipotesi psicoanalitiche
La depressione rappresenta una reazione alla perdita di un oggetto di amore, sia reale che
fantastico.
Ci sono molte analogie tra la depressione ed il normale dolore conseguente ad un lutto, che
sono entrambi dovuti a perdita di qualcosa. Ma, mentre nel lutto prevale il dolore per la perdita
stessa, nella depressione sono più frequenti i sensi di colpa, derivanti da una precedente ostilità
inconscia verso l’oggetto perduto, che viene poi rivolta verso si sé.
La mania rappresenterebbe un meccanismo di negazione o un tentativo di risolvere i conflitti
che provocano i sentimenti depressivi.
M. Klein ha ipotizzato che, intorno al 6° mese di vita, ogni bambino attraversa una fisiologica
fase depressiva, conseguente alla scoperta che lo stesso oggetto può avere aspetti buoni e cattivi. Se
l’esperienza risulta troppo frustrante, si verifica una fissazione in questa “posizione depressiva”, per
cui successive esperienze di perdita causeranno la comparsa di un quadro clinico conclamato.
EVENTI SCATENANTI
Gli eventi scatenanti fanno emergere una patologia fino ad allora solo potenziale.
Possiamo distinguere le seguenti classi di eventi:
Eventi di perdita (reali o simbolici, già accaduti o solo temuti)
Eventi aspecifici (incidenti stradali, disastri naturali, etc.)
Eventi positivi (promozione, nascita di un figlio, etc.).
È stato visto che, a partire dalla fine della seconda guerra mondiale, i disturbi dell’umore sono
aumentati. Questo può essere dovuto al cambiamento dello stile di vita avvenuto in questi anni:
ciascuno di noi è sottoposto ad un elevato numero di stimoli attivanti (viaggi, frequenti
cambiamenti di partner, etc.), sostiene ritmi incalzanti, usa spesso farmaci e sostanze che possono
accrescere l’eccitabilità (caffè, tè, etc.). A ciò si deve aggiungere la larga diffusione dell’uso di
droghe (cannabinoidi, cocaina, etc.). Tutti questi fattori facilmente provocano un continuo stato di
tensione od una drastica riduzione del numero di ore di sonno, che a loro volta possono
scatenare episodi depressivi o maniacali.
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QUADRI CLINICI
I disturbi dell’umore comprendono due quadri clinici fondamentali, depressione e mania, ed
una varietà intermedia, in cui sono contemporaneamente presenti elementi dell’uno e dell’altro
quadro (stati misti).
Depressione maggiore
Esordio: improvviso o preceduto, per alcuni giorni o settimane, da sintomi di all’arme (labilità
emotiva, tensione, astenia, disappetenza, difficoltà di concentrazione, insonnia, cefalea) senza,
tuttavia, una particolare compromissione a livello lavorativo o sociale
Periodo di stato:
Flessione del Il soggetto si sente triste, cupo, avvilito, sfiduciato, abbattuto, pessimista, svuotato,
tono dell’umore angosciato, disperato; oppure prova un senso di agitazione, di irrequietezza, di
tensione interna, di irritabilità, di ansia e nervosismo incessanti, che si
accompagnano all’incapacità di stare fermo o rilassarsi e ad una sensazione di
attesa dolorosa
Malessere fisico Talvolta, tale tristezza può esprimersi anche attraverso un malessere fisico,
localizzabile al torace e allo stomaco
Taedium vitae Quando la tristezza è tanto profonda da provocare disgusto verso la vita
Rallentamento Rilevabile già dall’aspetto esteriore del soggetto: soprattutto nelle forme medie e
dell’attività gravi, appare trascurato, invecchiato, chiuso in se stesso; stanco, dimesso, incerto;
manca della normale ricchezza e variabilità di gesti, il volto è atteggiato ad
motoria un’espressione di profondo dolore; i movimenti sono lenti, esitanti; evita di
manifestare le proprie opinioni rimanendo a lungo in silenzio; il tono della voce è
sommesso, fievole, monotono
Il rallentamento si manifesta con un senso di apatia, indifferenza, astenia,
mancanza di energia, intensa stanchezza, per cui qualsiasi movimento risulta
difficile
Quando è più profondo, compare la tendenza a rimanere a letto o in poltrona l’intera
giornata
Agitazione motoria In alcuni casi (più frequente tra le donne), il paziente appare irrequieto, non trova
pace, sente il bisogno di camminare; se è seduto, accavalla continuamente le
gambe, torce le mani, tormenta i capelli; la sua mimica è vivace ed esprime grande
sofferenza; il pianto è drammatico; la produzione verbale aumentata.
L’episodio dovrebbe essere più correttamente diagnosticato come stato misto
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Rallentamento Si manifesta con un senso di ottundimento, di mancanza di chiarezza, di testa vuota
dell’attività o confusa; il flusso delle idee è cristallizzato su pochi argomenti a contenuto
depressivo (ruminazioni mentali o idee coatte)
ideativa e
distraibilità La facile detraibilità, la difficoltà a spostare l’attenzione da uno stimolo ad un altro, la
mancanza di concentrazione rendono difficili leggere, scrivere, seguire una
discussione etc.
Idee prevalenti Il paziente si biasima per la propria abulia, per la pigrizia, per l’egoismo; ripensa
di colpa continuamente ad eventuali piccoli errori commessi in passato e che nella sua
mente si ingigantiscono
Ipocondria Il dubbio di essere affetto da una malattia somatica spinge il depresso a sottoporsi a
continue visite mediche
Le idee ipocondriache traggono origine dai disturbi gastro-intestinali,
cardiovascolari, neuro-muscolari, respiratori e genito-urinari che possono
accompagnare la depressione
Vissuto Scollamento tra tempo oggettivo e soggettivo, che risulta notevolmente rallentato
temporale rispetto al primo: il paziente ha l’impressione che tutto si svolga la rallentatore, che
ogni cosa sia stagnante
alterato
Il soggetto, non avendo più la capacità di proiettarsi nel futuro, si rifugia nel passato,
nell’illusione di trovare sicurezza e protezione
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Disturbi Insonnia; perdita dell’appetito oppure iperfagia con ricerca di carboidrati; riduzione
neurovegetativi del desiderio sessuale fino al completo disinteresse, amenorrea o impotenza;
alterazioni dei ritmi biologici
Durata: in media 6-8 mesi, benché possa essere molto più breve o superare i 2 anni
Risoluzione: talvolta è improvvisa, nel giro di qualche ora; più spesso avviene gradualmente ed il
paziente avverte un’attenuazione progressiva dei disturbi; si possono alternare giorni di
miglioramento a giorni di peggioramento
Depressione con melanconia Corrisponde alla depressione endogena della nosografia classica.
Abituale assenza di eventi scatenanti, buon funzionamento della personalità premorbosa ed
interepisodica, frequente familiarità affettiva
Depressione con manifestazioni psicotiche Possono essere congrue o incongrue all’umore, deliri
e/o allucinazioni. Costituisce il 10% di tutte le depressione e si manifesta in soggetti con un pesante
carico genetico.
Sindrome di Cotard Assai rara, colpisce prevalentemente donne anziane con problemi cerebrali
organici e con precedenti episodi maniaco depressivi. Dopo una fase iniziale con ansia e
depersonalizzazione affettiva, compaiono deliri nichilistici.
Depressione cronica Comprende tutti quegli episodi depressivi maggiori (10-20%) la cui
sintomatologia persiste per più di 2 anni, in assenza di remissioni parziali o totali superiori ai 3
mesi. Superata la fase acuta, si attenuano i disturbi psicomotori e neurovegetativi, scompare
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l’alternanza diurna, mentre permangono ansia, tendenza al pessimismo, mancanza di energia,
perdita degli interessi, insicurezza.
Mania
Esordio: in genere, più rapido rispetto alla depressione; può insorgere nel giro di qualche ora; più
spesso, è preceduto da alcuni giorni di iperattività, eccessiva gaiezza o irritabilità, loquacità ed
espansività inusuali, ridotto bisogno di sonno, segni che gradualmente si intensificano dando luogo
al quadro conclamato
Periodo di stato:
Elevazione del tono Il paziente appare inusualmente allegro, euforico, felice, esuberante, così
dell’umore (euforia) ottimista da diventare superficiale; si entusiasma per un nonnulla; afferma di
sentirsi molto bene, di essere rinato, al massimo delle proprie capacità,
entusiasta della vita
Nei casi estremi, si manifestano sensazioni di beatitudine, illuminazione e
profonda sintonia con il resto dell’umanità
Umore instabile Sono sufficienti piccole frustrazioni, minimi contrasti, anche un rumore intenso
o una visita non gradita, perché allo stato di benessere subentri rabbia,
aggressività
Un ricordo doloroso o avvenimenti solo moderatamente penosi bastano a
provocare una profonda tristezza, crisi di pianto e persino idee di suicidio
Fluttuazioni dell’umore di breve durata (pochi minuti o qualche ora)
Disforia In alcuni casi, il paziente può essere volubile, incostante, sempre di cattivo
umore, intollerante, scontroso, aggressivo, oppure può esprimere il suo
malcontento con lamentosità
Improvvisamente si affaccia un sorriso, una battuta, un atteggiamento
amichevole
Incremento Non riesce a stare a lungo fermo; è impulsivo; ha una gestualità esagerata e
dell’attività motoria teatrale; uno sguardo mobile e vivace; mimica mutevole, ricca di smorfie;
repentini scoppi di pianto
Nelle forme più gravi: disordine, trasandatezza nel vestire, scarsa igiene
personale
Affaccendamento Quando l’eccitamento motorio è più intenso; si può arrivare fino a crisi
inconcludente pantoclastiche e furia maniacale; infine può mettere in atto tentativi impulsivi
di suicidio
Insalata di parole Nei casi estremi, si ha una totale perdita dei nessi associativi, le parole sono
accostate perlopiù in base ad assonanze
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Allentamento dei Non esistono più regole, vincoli, convenienze da rispettare, mentre tutto
freni inibitori risulta semplice, a portata di mano
Disturbi psicosensoriali Illusioni, favorite dai deficit attentivi, e allucinazioni di tipo uditivo e visivo, in
genere fugaci e frammentate
Perdita di continuità Il paziente non è in grado di veder il proprio agire proiettato nel tempo; vive
temporale esclusivamente nel presente, i cui confini vengono dilatati fino a comprendere
passato e futuro
Idee di grandezza Con ipervalutazione della propria forza fisica, dell’aspetto estetico, delle
capacità intellettuali e delle disponibilità economiche; queste cose vengono
riferite in tono scherzoso, più per vanagloria che per effettivo convincimento
Deliri congrui all’umore Deliri di grandezza, tra cui sono frequenti le tematiche religiose; in questi
ultimi casi si possono associare allucinazioni visive ed uditive
Deliri di persecuzione, scatenati dalle reazioni di ostilità degli altri nei confronti
della mancanza di tatto e della litigiosità del paziente
Disturbi Marcata riduzione del bisogno di sonno, in alcuni casi assenza di sonno per
neurovegetativi alcuni giorni; appetito aumentato, con dimagrimento a causa dell’iperattività;
aumento dell’attività sessuale
Mancata coscienza Pur avendo superato in passato episodi analoghi, il paziente è fermamente
di malattia convinto di star bene e, se contraddetto, può reagire con aggressività
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L’evoluzione della mania in tre stadi di gravità crescente:
1. Stadio I: euforia, occasionalmente irritabilità, idee di grandezza, iperattività
2. Stadio II: labilità dell’umore con frequente disforia, accelerazione del pensiero che può
giungere alla fuga delle idee, deliri di grandezza e paranoidi, agitazione psicomotoria
3. Stadio III: a prima vista difficilmente distinguibile dalle altre psicosi acute; umore
disforico, incoerenza, allentamento dei nessi associativi, deliri bizzarri, attività
psicomotoria frenetica
La mania si può manifestare con le seguenti varianti:
Mania euforica Prevale l’esaltazione istintiva, emotiva ed affettiva: il paziente non avverte più
stanchezza, sente esaltate le proprie capacità fisiche e psichiche, è invaso da sensazioni di gioia, di
piacere e, talvolta, da esperienze di beatitudine ed illuminazione. La ricerca della soddisfazione
personale non ha più freni, né viene arginata da consigli o regole morali.
Mania agitata Il quadro è dominato da un intenso eccitamento psico-motorio, che prevale sugli
aspetti emotivi ed affettivi. Nei casi più gravi, compaiono impulsi aggressivi verso persone e cose e
crisi pantoclastiche.
Mania delirante Dopo un esordio brusco, accanto ad insonnia e perdita dell’appetito, compaiono
deliri congrui o incongrui all’umore, allucinazioni e, talvolta, disorientamento spazio-temporale.
Mania confusa Rappresenta lo stadio evolutivo di maggior gravità della mania furiosa. Il
comportamento è incoerente, caotico, confuso, incontrollabile. L’alterazione dello stato di coscienza
è spesso favorita dalla presenza di alterazioni organiche a carico del SNC.
Mania cronica Superata la fase acuta, si assiste o alla permanenza del tono dell’umore irritabile-
disforico e di un’indifferenza verso tutto ciò che non riguarda il soddisfacimento dei propri desideri,
oppure ad una rigida cristallizzazione su tematiche deliranti, eventualmente accompagnate da
allucinazioni uditive. Si ha, inoltre, un graduale decadimento della memoria, delle capacità
intellettive, di giudizio e di critica.
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Stati misti
Definizione: quadri clinici in cui sono simultaneamente presenti, nello stesso soggetto e
nello stesso periodo, manifestazioni psicopatologiche di entrambe le polarità della
malattia maniaco depressiva
Vengono distinte tre forme di stati misti: forme classiche, forme attenuate, forme psicotiche.
Forme classiche Secondo Kraepelin, le alterazioni fondamentali della malattia maniaco depressiva
riguardano tre coppie di sintomi antitetici:
a. Umore: depresso – esaltato
b. Psicomotricità: inibita – eccitata
c. Ideazione: rallentata – eccitata
Se queste coppie di sintomi si modificano contemporaneamente e nella stessa direzione, avremo le
forme pure di depressione e mania; se, al contrario, si verifica una dissociazione e, in un dato
momento, una di queste coppie si trova in una fase diversa rispetto alle altre due, si manifesta uno
dei sei possibili sottotipi di stato misto:
1. Mania con furore: agitazione motoria, accelerazione del pensiero, con umore depresso
ed irritabile (psicomotricità ed ideazione ↑ umore ↓); il paziente è scontento,
insofferente, litigioso, eccessivamente sensibile alle frustrazioni
2. Depressione agitata: intensa agitazione psicomotoria, con ideazione rallentata e
focalizzata su tematiche deliranti di tipo depressivo, e umore malinconico, ma labile
(psicomotricità ↑ ideazione e umore ↓)
3. Mania improduttiva: l’umore è gaio, euforico; un’aumentata eccitabilità può portare
ad improvvise ed immotivate esplosioni di aggressività; l’ideazione è rallentata
(psicomotricità e umore ↑ ideazione ↓) ed il paziente ha difficoltà persino a
comprendere le domande e a rispondere; è molto frequente
4. Stupore maniacale: umore euforico; rallentamento motorio, inibizione ideativa (umore
↑ psicomotricità e ideazione ↓); il paziente appare tranquillo, lucido, presenta una certa
vivacità mimica, tuttavia risulta inaccessibile; questa forma costituisce spesso una fase
di passaggio dalla depressione alla mania
5. Depressione con fuga delle idee: accelerazione ideativa che può giungere alla fuga
delle idee, che si associa ad umore depresso e rallentamento psicomotorio (ideazione ↑
psicomotricità e umore ↓)
6. Mania con inibizione motoria: umore euforico e accelerazione del pensiero, con
inibizione motoria (ideazione e umore ↑ psicomotricità ↓)
Forme attenuate Si può avere la sindrome depressiva mista, un quadro depressivo con una
sottostante componente eccitativa (presenza di sintomi quali umore disforico e/o labile, intensa
ansia, irrequietezza motoria, loquacità, accelerazione del pensiero, idee e tentativi di suicidio
soprattutto di tipo impulsivo, iperattività sessuale, insonnia grave), oppure la ipomania ansiosa,
cioè un quadro ipomaniacale associato ad una sintomatologia tipo ansia generalizzata (continuo
stato di preoccupazione per banali situazioni della vita quotidiana), oppure la ipomania disforia, un
quadro ipomaniacale associato ad impulsività, irritabilità, condotte antisociali, abuso di alcol o
stupefacenti.
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Forme psicotiche Intensa sintomatologia produttiva delirante (deliri mistici, persecutori, di
influenzamento, di riferimento, ipocondriaci) ed allucinatoria, in genere associata ad umore
depresso o irritabile, eccitazione motoria, logorrea, sentimenti di depersonalizzazione o
derealizzazione; talvolta prevale uno stato confusionale con stupore. Rappresentano circa il 50%
degli stati misti. Possono evolvere verso il delirio cronico. La diagnosi differenziale nei confronti
dello spettro schizofrenico è complessa.
La sintomatologia mista è più frequente fra le donne e compare spesso in età giovanile (20-35
anni).
In alcuni pazienti, gli episodi misti sono ricorrenti, mentre, nella maggior parte dei casi, tali
episodi misti si alternano a fasi depressive o maniacali pure.
La presenza di uno stato misto è indice di maggiore gravità della malattia maniaco
depressiva
Questo perché le singole fasi hanno lunga durata, di frequente si sviluppano condotte
aggressive etero e auto-dirette, con conseguente elevato rischio di suicidio, e si ha la tendenza alla
cronicizzazione (20% dei casi).
Fattori eziopatogenetici Alterazioni organiche del SNC (traumi cranici, epilessia, malattie
neurologiche), cronico abuso di alcol, benzodiazepine e sostanze come cocaina, eroina e cannabis.
Potrebbero essere importanti anche i fattori ereditari, in quanto gli stati misti hanno una forte
familiarità e si manifestano, in genere, associati ad un carico genetico pesante.
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Decorso
Nella maggior parte dei casi, il singolo episodio tende a risolversi, anche spontaneamente,
dopo un periodo di tempo variabile in base sia alla polarità (la mania dura meno della depressione e
dello stato misto), sia a fattori individuali.
Disturbi unipolari
Manifestazioni cliniche rappresentante esclusivamente dalla depressione
Depressione Maggiore, episodio singolo Unico episodio depressivo, di intensità lieve, moderata o
grave, con o senza manifestazioni psicotiche. Circa nel 50% dei casi, questo episodio rappresenta
l’esordio di una patologia dell’umore più complessa; nel restante 50%, l’episodio singolo tende a
rimanere isolato ed, in genere, è stato scatenato da eventi stressanti; il decorso assume un
andamento cronico (superiore a 24 mesi).
Depressione Maggiore, ricorrente Due o più episodi depressivi, separati da un periodo di benessere
parziale o completo di almeno due mesi, con mancanza di fasi ipomaniacali o maniacali. La
sintomatologia può essere di intensità lieve, moderata o grave, con o senza manifestazioni
psicotiche. Il numero e la frequenza delle ricadute sono molto variabili, la media è rappresentata da
5-6 episodi per 20 anni di malattia.
Disturbo depressivo minore Episodi depressivi della durata minima di due settimane che, pur
provocando un marcato disagio soggettivo, lavorativo e sociale, non presentano un numero di
sintomi sufficiente per la diagnosi di depressine maggiore.
Disturbo depressivo breve ricorrente Ricorrere di episodi depressivi con sintomatologia piena, ma
di durata molto breve (da 2-3 giorni a 2 settimane), con una frequenza elevata (almeno una volta al
mese per un anno). Provocano una marcata sofferenza personale o difficoltà in ambito sociale e
lavorativo.
Disturbi bipolari
Disturbo Bipolare I Forma più grave di disturbo dell’umore (pesante familiarità, insorgenza
precoce, tendenza a cronicizzare, alto numero di ospedalizzazioni, alto numero di suicidi e tentati
suicidi, elevato numero di ricadute, marcato disadattamento sul piano affettivo, lavorativo e
sociale). Alternarsi di episodi depressivi e maniacali o misti, con o senza manifestazioni psicotiche.
Il disturbo esordisce in genere con un episodio depressivo. Nel successivo decorso, tra le donne
prevalgono le ricadute depressive su quelle maniacali; nell’uomo, si equivalgono.
Disturbo Bipolare II Uno o più episodi maggiori, alternati ad almeno un episodio ipomaniacale. Ha
gravità intermedia tra il Bipolare I e la Depressione Maggiore ricorrente. La sintomatologia
espansiva è piuttosto sfumata, mentre quella depressiva è intensa. Di frequente riscontro sono
l’abuso di alcol e droghe e la comorbidità col disturbo da attacchi di panico e con il DOC.
L’adattamento sociale e lavorativo può migliorare se non sono presenti irritabilità, impulsività e
aggressività ed è, invece, presente una sintomatologia ipomaniacale lieve e prolungata nel tempo.
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Disturbo Ciclotimico (o Ciclotimia) Vedi oltre.
Tale disturbo è caratterizzato da 4 o più episodi per anno, con durata media di 2-3
mesi e con una fase depressiva molto più lunga di quella espansiva
In passato, era raro, ma da circa 30 anni è diventato molto più frequente. È una forma
particolarmente grave, che si manifesta principalmente tra le donne, in genere intorno ai 40 anni.
Nella maggior parte dei casi, si tratta di pazienti bipolari II.
Caratteristicamente, il passaggio dalla depressione all’ipomania avviene rapidamente, sotto
forma di switch, in genere durante l’ultima parte di una notte insonne.
La rapida ciclicità si può manifestare in due modi:
Rapidi cicli ad esordio precoce: fin dalla comparsa della malattia maniaco depressiva
(prevalgono pazienti con temperamento ciclotimico)
Rapidi cicli ad esordio tardivo: è il punto di arrivo dopo un decorso, talvolta di anni, di
vario tipo (prevalgono pazienti con temperamento ipertimico); la comparsa dei cicli
rapidi sembra più pesantemente condizionata da eventi scatenanti
Si pensa che una delle cause di questo tipo di disturbo sia l’uso di antidepressivi, che possono
provocare un improvviso passaggio dalla depressione all’ipomania o alla mania, rendendo
l’episodio espansivo più grave, soprattutto in soggetti ciclotimici e ipertimici. Si viene, così, a
determinare una riduzione dell’intervallo libero e la nuova depressione è più precoce e più intensa.
L’episodio depressivo, dopo una fase iniziale di ansia e irritabilità, è caratterizzato da umore
depresso, mancanza di energie, riduzione dell’attività motoria, difficoltà in campo lavorativo e
sociale, aumentato bisogno di sonno con sonnolenza diurna, aumentato appetito con ricerca di
carboidrati e relativo aumento di peso, netta riduzione della libido, inversione del tipico andamento
circadiano con peggioramento serale.
Il disturbo affettivo stagionale compare solitamente tra i 30 e i 40 anni, ha una, maggiore
incidenza tra le donne ed è più comune tra i bipolari II, meno tra i bipolari I, raro nei depressi
unipolari.
Comporta una discreta compromissione sul piano lavorativo, sociale, affettivo. Presenta alta
comorbidità con altre patologie mentali, soprattutto disturbo ossessivo compulsivo ed abuso di alcol
80
o sostanze. Quando alla distimia si sovrappone, per un certo periodo, un episodio depressivo
maggiore, si parla di Depressione Doppia, che comporta una prognosi più sfavorevole, un più alto
rischio di suicidio ed una ridotta risposta alle terapie.
TEMPERAMENTI AFFETTIVI
Il temperamento si riflette sia sull’intensità con cui emozioni e sentimenti vengono vissuti ed
espressi, sia sul grado di risonanza affettiva degli avvenimenti esterni. Il temperamento condiziona
le esperienze relazionali più antiche e, con queste, determina successivamente le modalità di
rapporto con l’ambiente esterno.
1) Temperamento Ciclotimico
Caratterizzato da continue oscillazioni dell'umore e delle energie che, puro non
raggiungendo una gravità tale da soddisfare i criteri per la diagnosi di episodio
maniacale o depressivo, influenzano la vita del soggetto
Le oscillazioni sono in genere improvvise, di breve durata (ore o giorni) o prolungate (in
relazione alle stagioni). Frequentemente, si ha una variazione circadiana dell'umore, con elevazione
dalla sera fino a tarda notte.
L’insorgenza delle oscillazioni può essere spontanea o correlata ad eventi stressanti, ma
intensità e durata della reazione sono sempre sproporzionate allo stimolo, a causa di una spiccata
sensibilità ai rifiuti ed alle frustrazioni e di una eccessivo bisogno di approvazione.
L’umore passa rapidamente dalla gioia alla tristezza, all'irritabilità. Si alternano: ottimismo,
spensieratezza, briosità con pessimismo e pianto immotivato; iperattività, intraprendenza con
mancanza di energie, perdita dello slancio vitale; intenso coinvolgimento in ogni attività, ricerca di
nuovi interessi con indifferenza, distacco, apatia; eccessiva sicurezza in sé con immotivato crollo
dell'autostima e insicurezza; intuitività e creatività con difficoltà di concentrazione, aridità
intellettiva; bisogno di contatti sociali, loquacità con isolamento, mutismo; ridotto bisogno di sonno
con ipersonnia.
81
Il temperamento ciclotimico conduce ad un modo di vivere burrascoso: cambiare di frequente
lavoro, spostarsi da una città all'altra, intraprendere attività pericolose o illecite; anche la vita
affettiva è tumultuosa (improvvisi innamoramenti, grandi delusioni, frequenti cambiamenti di
partner, promiscuità sessuale).
Il temperamento ciclotimico è particolarmente frequente tra coloro che svolgono un lavoro
artistico.
L'instabilità emotiva può essere aggravata dall'abuso di alcol o sostanze psicoattive.
I soggetti con temperamento ciclotimico vengono etichettati come nevrotici, psicopatici
antisociali, personalità borderline e non hanno, in genere, coscienza di malattia.
2) Temperamento Ipertimico
Umore e livello di energie stabilmente elevati
4) Temperamento Irritabile
Alti livelli di energia associati ad umore abitualmente disforico, irritabile o
collerico, anche se sono possibili oscillazioni in senso depressivo o ipomaniacale
82
I soggetti con temperamento irritabile sono, in genere, introversi, sgarbati, scontrosi,
aggressivi sul piano verbale, estremamente critici, invadenti, impulsivi; in tutto ciò che accade
tendono a cogliere gli aspetti negativi, non tollerano scherzi, sono lamentosi.
Possono essere frequentemente presenti ansia, insonnia, elevata sofferenza personale,
difficoltà di adattamento sul piano sociale ed affettivo, abuso di alcol e sedativi.
COMPLICANZE
Le complicanze più comuni sono il suicidio, l’abuso di alcol e/o droghe ed il graduale
deterioramento della vita lavorativa, sociale, affettiva.
COMORBIDITÀ
DIAGNOSI DIFFERENZIALE
Ansia generalizzata Nell’ansia, assenza di idee di suicidio, di alterazioni del sonno, dell’appetito
e della libido, di oscillazioni circadiane dei sintomi
84
.18 Schizofrenia
DEFINIZIONE E CARATTERISTICHE
Schizofrenia: insieme di quadri clinici caratterizzati da evoluzione cronica,
deterioramento della personalità, sintomi psicotici (deliri, allucinazioni, catatonia, disordini
ideativi) almeno in alcune fasi del decorso; ha esordio in età giovanile ed è altamente
invalidante
Nel 1893, Kraepelin raggruppa la Dementia praecox, separandola dal vasto settore della
paranoia.
Nel 1911, Bleuler introduce il termine schizofrenia (mente divisa), nell’intento di meglio
definire e sviluppare il concetto di dementia praecox. L’introduzione di tale termine sta ad indicare
una delle caratteristiche più importanti del quadro, ovvero la scissione delle diverse funzioni
psichiche. Inoltre, il concetto di schizofrenia di Bleuler indica un gruppo di psicosi che, ad ogni
stadio, possono arrestarsi o regredire, ma non consentono mai una completa restitutio ad integrum;
che presentano un’alterazione specifica del pensiero, del sentimento e del rapporto col mondo
esterno, non riscontrabile altrove. Fenomeni caratteristici sono il disturbo associativo, il tipo delle
allucinazioni e la generale coartazione emotiva.
La schizofrenia, così intesa da Bleuler, è un concetto più ampio di quello di demenza precoce.
Vi possono essere incluse forme attenuate, sfumanti con la normalità ed i disturbi nevrotici.
Langfeld (1939) distingue una schizofrenia nucleare, a prognosi infausta, da psicosi
schizofreniformi, con esito favorevole. Queste ultime avrebbero insorgenza improvvisa, legata ad
eventi scatenanti, mostrando una forte componente affettiva e/o confusionale e una buona
personalità premorbosa.
Nel dibattito attuale, possiamo trovare la schizofrenia intesa nei seguenti modi:
Malattia specifica Quadro unitario, con una sequenza definita di eventi causali e una serie di
alterazioni patologiche tipiche ed univoche
Continuum Parte dai più sfumati disturbi dell’umore e attraversando la parte intermedia dei
schizo-affettivo disturbi schizoaffettivi, arriva ai più gravi disturbi schizofrenici
85
EPIDEMIOLOGIA
Il rischio di contrarre il disturbo nell’arco della vita è valutato intorno all’1%.
Riguardo al sesso, non ci sono differenze rilevanti, se non per l’età di esordio, più tardiva nelle
femmine, e l’esito più favorevole sempre in queste ultime.
Viene riportata un’incidenza maggiore nelle classi sociali meno agiate, che è causata, si pensa,
alla deriva sociale, processo di selezione sociale inversa, causata dal disturbo.
Risulta influenzante anche la stagionalità di nascita, avendo riscontrato un rischio superiore
del 10% per i nati nei mesi freddi. Inoltre, la presenza di complicazioni ostetriche perinatali è
considerata fattore di rischio per i soggetti con anamnesi familiare positiva per schizofrenia.
Nel periodo precedente l’esordio schizofrenico, è stata segnalata un’elevata quantità di eventi
stressanti.
EZIOPATOGENESI
Le cause del disturbo sono eterogenee, con possibili effetti interattivi e di sommazione.
Il tipo di risposta è funzione, a sua volta, sia della storia passata sia della struttura genetico-
costituzionale.
Fattori eziologici
Fattori Particolare risposta del Eventi La sommazione degli eventi stressanti favorisce
esterni cervello, tipo forma di stressanti l’insorgenza della schizofrenia e può avere
reazione precostituita effetto dirompente nelle fasi critiche della vita
aspecifici (specifica), in soggetti (sviluppo embrionale, primi 3 anni di vita,
vulnerabili adolescenza)
86
Fattori patogenetici
I fattori eziologici, precedentemente considerati, danno luogo al processo di disorganizzazione
morfo-funzionale della schizofrenia, ovvero:
1. Alterazioni nei sistemi neurotrasmettitoriali cerebrali: iperattività del sistema
dopaminergico
2. Alterazioni neurofisiologiche cerebrali: insufficienza funzionale del lobo frontale;
asimmetria funzionale tra i due emisferi, con prevalenza frontotemporale sinistra
3. Alterazioni morfologiche cerebrali: atrofia di aree filogeneticamente antiche, collegate
all’integrazione delle emozioni
QUADRO CLINICO
Sintomatologia generale
Non vi sono sintomi patognomici
Idee deliranti Transitorie o durevoli; insensate, stravaganti; il loro contenuto viene cambiato più o
meno rapidamente; frequentemente sono deliri persecutori, più raramente di
influenzamento, di controllo, grandiosi, nichilistici, somatici, di trasformazione
corporea, erotici, mistico-religiosi
Associate al deficit del potere critico
Disturbo delle Perdita delle connessioni logiche del pensiero, perdita del controllo e del
associazioni direzionamento del flusso del pensiero
ideative Il pensiero diviene, nei casi estremi, incoerente, confuso e inaccessibile alla
comprensione da parte degli altri; in altri casi può essere eccessivamente astratto o
eccessivamente concreto, impoverito nei suoi contenuti, mal modulato
affettivamente
Possono esserci disturbi formali del pensiero positivi (incoerenza, deragliamento,
tangenzialità, illogicità) e negativi (alogia, povertà dell’eloquio e del contenuto
verbale)
Disturbi della Caratterizzano l’inizio della malattia, con tono sentimentale triste o ansioso, a volte
vita emotiva unito a vivo eccitamento
Ottundimento emotivo (giudicato alla base dei disturbi dell’attenzione): perdita della
compassione, del senso di convenienza, dello schifo e del pudore
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Stupor catatonico Il paziente, pienamente cosciente, è immobile, mutacico e non risponde alle
stimolazioni
Disturbi Anomalie del sonno, del desiderio sessuale e di varie funzioni vegetative
somatici
Forme cliniche
Kraepelin distingue tre forme di schizofrenia:
Forma ebefrenica: malattia della prima età, specialmente dell’epoca dello sviluppo;
caratterizzata da apatia, disinteresse, disadattamento, incapacità a svolgere le normali
attività quotidiane, disorganizzazione ideativa
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Interpretazione dei sintomi. Criteri diagnostici
Bleuler ha suddiviso i sintomi della schizofrenia secondo due criteri:
Sintomi secondari Prodotti dalla reazione alla patologia, effetti del disturbo
Quasi tutta la sintomatologia risulta secondaria
Schneider distingue:
Sintomi di primo Di elevato significato per la Eco del pensiero, voci sotto forma di discorsi e
ordine diagnosi di schizofrenia, repliche, voci di commento, esperienze di passività
quando non è possibile somatica, furto del pensiero ed altre esperienze di
trovare nessuna malattia influenzamento del pensiero, percezioni deliranti,
somatica di base altre esperienze riguardanti costrizione della
volontà, delle emozioni e degli impulsi
Non è detto che, per la diagnosi di schizofrenia, debbano sempre esserci sintomi
di primo ordine, o almeno essi non sono sempre evidenti
I sintomi di primo ordine hanno costituito il primo tentativo di diagnosi operativa della
schizofrenia.
89
instabilità dinamica e non hanno specificità eziologica e, quindi, sono esclusi dalla sindrome assiale.
I sintomi fondamentali di Bleuler, di disturbo formale del pensiero, appiattimento affettivo e
neologismi criptici, sono ugualmente considerati aspecifici, ma solo nel senso di essere presenti,
oltre che nella schizofrenia (ritenuta prodotta dall’interazione tra predisposizione genetica ed eventi
stressanti), anche in psicosi organiche. Quindi, questi ultimi sintomi sono considerati caratteristici
della sindrome assiale che, una volta presente, lascerebbe insoluta solo la differenziazione con le
psicosi di origine organica. Con questi criteri, la schizofrenia viene definita in modo estremamente
ristretto.
A. Sintomi caratteristici: Due (o più) dei seguenti, ognuno presente per una porzione di tempo significativa
durante un periodo di 1 mese (o meno se trattato con successo):
1) Deliri
2) Allucinazioni
3) Eloquio disorganizzato (ad es., frequenti deragliamenti o incoerenza)
4) Comportamento grossolanamente disorganizzato o catatonico
5) Sintomi negativi, cioè appiattimento affettivo, alogia o assenza di volizione
Nota: È richiesto solo un sintomo del criterio A se i deliri sono bizzarri o le allucinazioni consistono in una
voce che continua a fare commenti sul comportamento o sui pensieri della persona, o due o più voci che
conversano tra loro.
B. Disfunzione sociale/occupazionale: Per una porzione significativa del tempo dall’esordio del disturbo,
una o più aree consistenti del funzionamento come il lavoro, le relazioni interpersonali, o la cura di se
stesso sono marcatamente al di sotto del livello acquisito prima dell’esordio (o quando l’esordio è
nell’infanzia o adolescenza, incapacità di raggiungere il livello atteso di acquisizioni interpersonali,
accademiche o occupazionali).
C. Durata: Segni continuativi del disturbo persistono per almeno 6 mesi. Questo periodo di 6 mesi deve
includere almeno 1 mese di sintomi (o meno se trattati con successo) che soddisfano il criterio A (cioè
sintomi della fase attiva) e possono includere periodi di sintomi prodromici o residui. Durante questi
periodi prodromici o residui, i segni del disturbo possono essere manifestati solo da sintomi negativi o
da due o più sintomi elencarti nel criterio A presenti in forma attenuata (ad es., convinzioni strane,
esperienze percettive inusuali).
E. Esclusione di sostanze/condizione medica generale: Il disturbo non è dovuto agli effetti fisiologici diretti
di una sostanza (ad es., una sostanza di abuso, un farmaco) o a una condizione medica generale.
F. Relazione con un Disturbo Pervasivo dello Sviluppo: Se vi è una storia di Disturbo Artistico o di un altro
Disturbo Pervasivo dello Sviluppo, la diagnosi aggiuntiva di Schizofrenia viene fatta solo se sono anche
presenti consistenti deliri e allucinazioni per almeno 1 mese (o meno se trattati con successo).
Classificazione del decorso longitudinale (può applicarsi solo dopo che almeno 1 anno sia trascorso
dall’esordio iniziale dei sintomi della fase attiva):
Episodico Con Sintomi Residui Interepisodici (gli episodi sono definiti dal riemergere di sintomi psicotici
consistenti); specificare anche se: Con Sintomi Negativi Consistenti
Episodico Senza Sintomi Residui Interepisodici
Continuo (sintomi psicotici prominenti sono presenti lungo il periodo di osservazione); specificare anche
se: Con Sintomi Negativi Consistenti
Episodio Singolo in Remissione Parziale; specificare anche se: Con Sintomi Negativi Consistenti
Episodio Singolo in Remissione Completa
Altro o Non Specificato Profilo
90
PERSONALITÀ PREMORBOSA, DECORSO, COMPLICAZIONI
Rapporti con personalità premorbosa. Nel 50% dei casi non sono riscontrabili tratti di personalità
premorbosa distintivi del disturbo, nel 25% sono evidenziabili solo tratti aspecifici, quali elevata
sensibilità, instabilità, difficoltà a stare con gli altri, e nel restante 25% possono, invece, essere
soddisfatti i criteri per il Disturbo Schizoide ed il Disturbo Schizotipico di personalità. Nel caso del
Disturbo Schizoide di personalità, in fase premorbosa, sono riscontrabili indifferenza per le
relazioni sociali ed una gamma ristretta di esperienze ed espressioni emotive, mentre nel caso del
Disturbo Schizotipico di personalità, relazioni interpersonali deficitarie, distorsioni cognitive o
percettive ed eccentricità di comportamento.
Fase prodromica. Si manifesta un netto, ma progressivo, cambiamento, che può essere scambiato
per una crisi adolescenziale transitoria, per una manifestazione caratteriale intensa, o per una
reazione abnorme ad eventi stressanti. I caratteri distintivi, però, sono la persistenza e la tendenza al
peggioramento. I sintomi più importanti sono il ritiro sociale e lo scadimento nelle attività
scolastiche o lavorative e ricreative. Inoltre, possono manifestarsi nuovi interessi bizzarri,
alterazioni del pensiero, (allusività, impoverimento dei contenuti, aumento del concretiamo a
scapito della capacità di astrazione), ansia pervasiva, irritabilità, distraibilità, difficoltà di
concentrazione, perplessità, depersonalizzazione, dubbi sulla propria identità, impulsività, bizzarrie,
insonnia. La durata di questa fase è variabile: da giorni o settimane, nei casi a decorso acuto, a mesi
od anni, nei casi ad esordio subdolo o progressivo.
Fase attiva. Si manifesta dopo un periodo variabile (anche di anni), con la presenza di sintomi
tipici. Può essere in relazione ad eventi stressanti, anche lievi. Si può avere un’unica fase attiva, a
cui segue poi la fase residua, oppure si possono avere più fasi attive variamente intervallate.
L’età di massima frequenza dell’esordio è ritenuta tra i 18 e 25 anni, con un lieve ritardo nelle
femmine.
Fase residua. Segue la fase attiva ed ha caratteristiche affini alla fase prodromica. Tuttavia, il
deterioramento delle capacità di funzionamento scolastico, lavorativo, sociale, familiare, affettivo è
più grave che nella fase prodromica.
Tipi di decorso. Circa un terzo dei pazienti va incontro a remissione completa, mentre in circa la
metà dei casi si ha comunque un esito favorevole. Un numero significativo di pazienti tende, però,
ad andare incontro a cronicità.
Con il concetto di “difetto”, si intende lo stato funzionale psichico menomato, esito tipico della
schizofrenia, che, comunque, non va confuso con il ritorno alla personalità premorbosa, schizoide o
schizotipica. Segni caratteristici della condizione di difetto sono: alcune alterazioni del carattere
(ostinatezza, diffidenza, irritabilità, impulsività), del comportamento (bizzarrie, indecisioni), del
linguaggio (modesto impoverimento, linguaggio manierato).
I fattori ambientali (organizzazione societaria, istituzioni, assetto familiare) e di lavoro possono
avere grande influenza sul decorso. È stata registrata una più alta percentuale di decorsi infausti nei
paesi a maggior sviluppo.
DIAGNOSI DIFFERENZIALE
La diagnosi di schizofrenia deve essere posta dopo confronto con le categorie diagnostiche del
DSM IV qui riportate:
Altri Disturbi Psicotici
□ Disturbi Deliranti
□ Psicosi Reattiva Breve
□ Disturbo Schizofreniforme
□ Disturbo Schizoaffettivo
□ Disturbo Psicotico Indotto
Disturbi dell’Umore: implicano i maggiori problemi diagnostici
□ Stati Bipolari Misti: problemi diagnostici particolari dovuti alla rilevante
instabilità del quadro, alla mescolanza di sintomi affettivi delle due
polarità e alle floride manifestazioni psicotiche
Disturbi d’Ansia e Somatoformi
□ Disturbo da Attacchi di Panico: specie se con manifestazioni
psicosensoriali (depersonalizzazione, derealizzazione, etc.), con
comportamenti di evitamento, abuso di sostanze
□ Disturbo Ossessivo-Compulsivo: idee prevalenti e comportamenti
stereotipati
□ Ipocondria: idee prevalenti e comportamenti stereotipati
□ Disturbi Fobici: idee prevalenti e comportamenti stereotipati
Disturbi di Personalità Schizotipico, Borderline, Schizoide e Paranoide: manifestazioni
subcliniche, che soddisfano i criteri per i disturbi di personalità considerati, possono
essere espressione di fasi prodromiche di schizofrenia
Sindromi psicotiche conseguenti a condizioni mediche generali
□ Delirium
□ Demenza senile
92
.19 Le sindromi schizoaffettive
Il DSM IV, invece, oltre che alla concomitanza dei due tipi di sintomatologia, richiede anche
che il paziente abbia presentato in passato sintomi psicotici in assenza di alterazioni dell’umore.
Per altri, invece, le sindromi schizoaffettive costituiscono un’entità diagnostica autonoma, nei
confronti di schizofrenia e disturbi affettivi maggiori, cioè una vera e propria “terza psicosi”.
Per altri ancora, esisterebbe un continuum, in cui le forme pure di schizofrenia e malattia
maniaco-depressiva occupano gli estremi e le sindromi schizoaffettive la parte intermedia.
QUADRO CLINICO
Secondo l’ICD10 esistono tre tipi di sindrome schizoaffettiva:
Tipo maniacale Esaltazione del tono dell’umore Almeno uno dei seguenti sintomi:
Eco del pensiero, inserzione o
Tipo depressivo Depressione del tono dell’umore ed almeno furto del pensiero, diffusione del
due dei seguenti sintomi caratteristici pensiero
depressivi:
Deliri di controllo, di
Perdita degli interessi e della capacità di influenzamento o di passività
provare piacere riferiti al corpo o a movimenti degli
Riduzione dell’energia, con aumentata arti o a specifici pensieri, azioni o
affaticabilità e diminuita attività sensazioni; oppure percezioni
deliranti
Riduzione dell’attenzione e della
concentrazione Voci di natura allucinatoria che
commentano continuamente il
Riduzione dell’autostima e della fiducia in sé comportamento del paziente, o
Idee di colpa e di inutilità che discutono di questi tra loro, o
altri tipi di voci allucinatorie che
Visione pessimistica del futuro provengono da qualche parte del
Idee o atti di autoaggressività o di suicidio corpo
93
DECORSO E GRADO DI COMPROMISSIONE
Il decorso è in genere episodico. Nelle forme di tipo depressivo, gli episodi tendono a durare
più a lungo ed è più frequente, rispetto alle forme bipolari, la sintomatologia schizofrenica tra un
episodio e l’altro.
L’esito psicosociale a lungo termine è migliore di quello della schizofrenia e peggiore di
quello delle sindromi affettive maggiori. Inoltre, per le forme bipolari è migliore che per quelle
depressive.
Caratteristiche tipiche Sintomi tipici della schizofrenia, quali dissociazione ideica, deliri,
della schizofrenia allucinazioni ed ambivalenza
Per psicosi acute remittenti, intendiamo un gruppo eterogeneo di disturbi, tra i quali troviamo:
schizofrenia a buona prognosi, schizofrenia reattiva, psicosi schizofreniformi, psicosi reattive brevi,
psicosi psicogeniche, psicosi atipiche remittenti, psicosi cicloidi ed altre.
Questi quadri pongono diversi problemi di inquadramento diagnostico.
Disturbo psicotico non altrimenti specificato: tutti quei casi caratterizzati da sintomi
psicotici (deliri, allucinazioni, incoerenza, marcato allentamento dei nessi associativi,
eccitamento catatonico o stupor, comportamento grossolanamente disorganizzato) che
però non soddisfano i criteri per nessun altro disturbo psicotico
Nell’ICD10, i disturbi psicotici, che si pongono tra Demenza Precoce e malattia Maniaco-
Depressiva, hanno le seguenti caratteristiche: esordio acuto, in meno di due settimane); presenza di
un fattore stressante acuto associato, che si verifica tuttavia solo in una parte dei casi; condizione
rapidamente mutevole, variabile e polimorfa, con sintomi schizofrenici, che possono tuttavia anche
mancare.
QUADRO CLINICO
Esordio: improvviso, spesso in risposta ad un evento stressante di grande impatto emotivo o alla
combinazione di numerosi fattori stressanti di gravità minore, in soggetti giovani e generalmente
con tratti di personalità disturbati
Fase di stato: assai breve, con una durata media di poche ore o alcune settimane, dopo di che il
soggetto recupera completamento il livello di funzionamento preesistente
Fase residua: talora residuano minime alterazioni, come una lieve depressione dell’umore
Decorso a lungo termine: tendenza a ripresentarsi di episodi psicotici, simili per modalità di
esordio e di decorso ai precedenti
95
PSICOSI PUERPERALI
Le Psicosi Puerperali insorgono alla fine della gravidanza, in modo prevalentemente acuto,
per lo più entro 2-6 settimane dal parto, con un’incidenza tra 0,8 e 2,5 casi ogni 1000 parti.
L’eziopatogenesi è complessa, essendo coinvolte modificazioni biologiche, fattori genetici o tossici
e situazioni ambientali.
Quadro clinico: coesistenza di sintomi affettivi con elementi deliranti (il cui contenuto riguarda
l’esperienza della maternità, la salute, la vita o l’esistenza del bambino), allucinazioni, perplessità,
incoerenza, disorganizzazione evidente del comportamento, disorientamento, confusione mentale,
fuga delle idee, talora euforia, iperattività, logorrea
La coloritura affettiva di questi quadri spinge alcuni autori a classificarli tra i disturbi
dell’umore. Nel DSM IV, invece, essi si trovano tra i disturbi psicotici non classificati altrove.
INTRODUZIONE
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Delirio di rapporto sensitivo: si instaura in una personalità insicura-sensitiva (le cui
caratteristiche corrispondono alla combinazione di tratti depressivi, evitanti e paranoidi di
personalità); un avvenimento di regola banale (evento chiave) acquista un particolare
significato affettivo, sul quale si impernia il delirio che diviene progressivamente invasivo
Kretschmer distinse tra forme deliranti pure, forme che insorgono nella malattia maniaco-
depressiva e forme che evolvono verso la schizofrenia. Indipendentemente dalle ipotesi
eziopatogenetiche, è comunque caratteristica la costante compenetrazione tra delirio paranoico e
struttura di personalità (come si è visto nel delirio di rapporto sensitivo e nel deliroide espansivo).
Epidemiologia
Molti pazienti non giungono ad osservazione, perché hanno convinzioni deliranti di
persecuzione o di gelosia che vengono tollerate dalla famiglia e dalle istituzioni sociali.
Il disturbo si manifesta in genere nell’età adulta, con un picco compreso tra i 40 e i 50 anni.
Un’alta percentuale di persone che manifestano il disturbo è rappresentata da vedovi, separati
e divorziati. Sembrano, inoltre, prevalere le classi economiche più disagiate.
Eziopatogenesi
Personalità premorbosa: persone steniche e diffidenti
Eventi stressanti: come dimostrano casi di folie à deux, psicosi da emigrazione, psicosi da prigione
e da isolamento
Età: le persone anziane sono più soggette a sviluppare tratti paranoidi
Quadro clinico
Il sintomo fondamentale è il delirio sistematizzato e non bizzarro
Il quadro clinico si sviluppa in persone con elevata concezione di sé, sospettosità, diffidenza,
tendenza all’interpretatività ed alla formulazione di giudizi rigidi e categorici (personalità
premorbosa).
Le convinzioni deliranti insorgono come un’illuminazione improvvisa, di assoluta certezza
soggettiva, che non ha bisogno di prove ulteriori. I pazienti appaiono logorroici e circostanziati,
soprattutto quando si riferiscono al contenuto della loro esperienza delirante. Possono essere
presenti irritabilità, isolamento sociale, ostilità e comportamenti violenti.
Il paziente ricerca continuamente conferme alle proprie convinzioni e non tiene nella dovuta
considerazione i dati reali. Il delirio diviene sistematizzato, con una organizzazione interna ed una
propria logica. Infine, una volta che il presente è organizzato in chiave delirante, l’attenzione del
paziente si rivolge alle esperienze passate ed anche i ricordi vengono reinterpretati sulla base delle
nuove certezze.
97
I temi del delirio:
Decorso
Talvolta, l’esordio è insidioso, anche se nei 2/3 dei casi la sintomatologia si manifesta in
maniera improvvisa.
La prognosi varia a seconda del tipo di delirio: più sfavorevole per i deliri di grandezza e
gelosia (i pazienti possono migliorare, ma non si mostrano mai sufficientemente critici nei confronti
delle idee deliranti). La prognosi sembra più favorevole nelle donne.
In genere, viene mantenuto un sufficiente adattamento sociale e lavorativo, anche se è
presente un certo ritiro e isolamento. Solo alcuni casi presentano un’evoluzione deteriorativa.
98
Diagnosi
Secondo il DSM IV, i disturbi deliranti durano almeno un mese, in assenza di un disturbo
dell’umore, di un disturbo mentale organico e di sintomi schizofrenici (contenuto bizzarro dei temi
deliranti, disorganizzazione concettuale, allucinazioni). Se il disturbo dura meno di mese, si pone la
diagnosi di psicosi reattiva breve o di psicosi atipica (quest’ultima categoria, nel DSM III,
prendeva il nome di disturbo paranoide acuto).
Occorre fare attenzione nella diagnosi, poiché manifestazioni deliranti sono presenti in molte
patologie (disturbi mentali organici, schizofrenia, disturbi dell’umore, alcolismo, abuso di
sostanze).
Gli individui con personalità paranoide sono sospettosi e diffidenti, ma non presentano deliri.
Sistema delirante che si sviluppa in una persona in seguito ad una relazione stretta
con un individuo (caso primario) affetto da un disturbo psicotico con deliri
rilevanti: questi sono condivisi, almeno in parte, da entrambi i soggetti
Eziopatogenesi
Caso primario Di solito affetto da disturbo delirante, più raramente schizofrenia, disturbo bipolare
ed altri disturbi psicotici
Dominante, intelligente, forte, autonomo e fantasioso
Caso indotto Ha in genere una diagnosi di ritardo mentale, disturbo di personalità, demenza o è
affetto da disabilità fisiche
Sottomesso, meno intelligente, molto suggestionabile, dipendente, passivo,
socialmente inadeguato e fisicamente disabile
Una convivenza molto stretta, quasi di isolamento dal resto della società, dovuta a fattori
economici, geografici, socio-ambientali o di patologia fisica, facilita un rapporto di dipendenza,
poiché viene a mancare la possibilità di critica comparativa verso il contenuto del delirio (lavaggio
del cervello).
99
Quadro clinico
Il contenuto del delirio spesso si fonda su esperienze passate condivise da entrambi, con temi
persecutori, di grandezza, ipocondriaci o religiosi.
In genere, solo uno dei due membri coinvolti giunge all’osservazione, di solito il caso
primario.
Psicosi imposta: i temi deliranti sono trasmessi al secondo senza resistenza alcuna e
senza essere modificati; tali persone sono spesso caratterizzate da ritardo mentale o
gravi disturbi di personalità ed abbandonano il delirio dopo la separazione; si tratta, in
realtà, di estrema suggestionabilità, piuttosto che di vera induzione di un processo
psicotico
Psicosi comunicata: l’indotto sviluppa una psicosi vera e propria, dopo un’iniziale
resistenza, adottando il contenuto del delirio primario, ma con la possibilità di una
ulteriore evoluzione; questi casi rispondono solo in parte alla separazione
Questi due tipi di psicosi indotta ne rappresentano gli estremi, tra un parziale aderenza al
delirio in un individuo suggestionabile e l’influenzamento di una psicosi separata in un individuo
delirante.
Una variante del disturbo può essere considerata la psicosi collettiva (specie tra i movimenti
religiosi).
PARAFRENIA
Kraepelin utilizzò il termine parafrenia per un gruppo di disturbi che si poneva in posizione
intermedia tra la paranoia e la dementia praecox.
Il disturbo, in genere, esordisce in età adulta, con uguale distribuzione nei due sessi. Sono
presenti peculiari tratti di personalità premorbosa, quali sospettosità, indifferenza emotiva,
comportamenti eccentrici, scarso adattamento in ambito relazionale e nella vita di coppia, con
legami sentimentali di breve durata ed atteggiamenti ostili nei confronti del partner.
Nella fase conclamata, sono presenti deliri sistematizzati, a carattere fantastico ed
immaginativo ed a contenuto soprattutto persecutorio, in cui assumo un ruolo predominate i temi
sessuali. Spesso, i pazienti riconoscono come persecutori persone in stretta relazione con loro.
Sono sempre presenti allucinazioni floride, più spesso uditive, ma anche cenestetiche, olfattive
e visive.
Una caratteristica peculiare della parafrenia è che il mondo delirante fantastico e la realtà
quotidiana si mantengono nettamente distinti, quasi come se fosse possibile mantenere un “doppio
fronte” di comportamento.
Il disturbo ha un andamento cronico, ma il paziente conserva un adeguato comportamento ed
un discreto adattamento sociale.
100
Forme di parafrenia:
I temi deliranti sono meno sistematizzati che nella paranoia e spesso sono sostenuti dalle
allucinazioni. Rispetto alla paranoia, tuttavia, il decorso è meno stabile ed il funzionamento sociale
meno adeguato.
Talora, al termine di un episodio affettivo con sintomi psicotici incongrui, la componente
allucinatoria si cronicizza. Negli ultimi anni, una evoluzione di questo tipo si è osservata sempre più
di frequente con la diffusione dell’uso di alcune sostanze (cannabici ed altri allucinogeni), che
sembrano in grado di scatenare forme allucinatorie croniche in individui predisposti.
101
.22 Disturbi d’ansia
I disturbi d’ansia comprendono gran parte delle cosiddette sindromi nevrotiche, termine che
oggi è andato in disuso.
Vediamo due modi di concepire l’ansia, secondo due importanti modelli:
Modello psicanalitico: l’ansia segnala il pericolo di fallimento dei meccanismi di
difesa inconsci ed è, quindi, il momento psicogenetico fondamentale dei sintomi
nevrotici
Modello comportamentale: l’ansia è una risposta a stimoli condizionati
La prima classificazione sistematica dei disturbi d’ansia si deve a Freud, il quale descrisse gli
aspetti clinici e psicopatologici fondamentali della “nevrosi d’ansia”, separandola dalla “nevrosi
fobica”. Per quanto riguarda gli attacchi di panico, egli rilevò la loro indipendenza da fattori esterni
scatenanti. Infine, per quanto riguarda la “nevrosi fobica”, Freud la distinse anche dalla “nevrosi
ossessiva”, ipotizzando meccanismi psicogenetici differenti per i due disturbi.
102
DISTURBO DA ATTACCHI DI PANICO E AGORAFOBIA
Epidemiologia
Il DAP e l’Agorafobia sono più frequenti nelle donne.
L’età di esordio è tra i 15 ed i 35 anni.
Eziopatogenesi
Gli attacchi di panico possono essere indotti artificialmente in soggetti predisposti, tramite le
tecniche di induzione (infusione di lattato di sodio, inalazione di anidride carbonica,
iperventilazione). Questo ha permesso uno studio approfondito del fenomeno.
L’ippocampo è la regione del cervello preposta all’integrazione di informazioni sensoriali
multimodale, allo scopo di iniziare un’appropriata risposta comportamentale di difesa. Durante un
attacco di panico, vengono riscontrate anomalie in questa regione: si ha un incremento dell’attività
neuronale. Si è pensato che alterazioni neurotrasmettitoriali innalzino la sensibilità agli stimoli
ambientali, contribuendo alla genesi dei sintomi d’ansia.
Secondo Klein, gli attacchi di panico sarebbero innescati da un’alterazione del meccanismo
fisiologico che regola l’attività respiratoria ed è sensibile all’aumento dei livelli di anidride
carbonica. Nei pazienti con attacchi di panico spontanei, tale meccanismo sarebbe iporegolato,
rispondendo anche ad aumenti minimi o assenti. Questa ipotesi spiega l’ipersensibilità, dei pazienti
con DAP, all’infusione di lattato di sodio ed all’inalazione di anidride carbonica, nonché la facilità
con cui questi soggetti evitano situazioni in cui c’è rischio potenziale di asfissia.
Manifestazioni cliniche
Attacchi di panico: episodi parossistici d’ansia, che insorgono bruscamente,
raggiungono l’intensità massima in pochi istanti e si esauriscono solitamente nell’arco di
pochi minuti
103
Possono distinguersi quattro modi di manifestarsi dei sintomi:
Non sempre gli episodi di DAP presentano tutti e quattro i tipi di sintomi. In tal caso si parla
di attacchi minori, distinguibili dagli attacchi maggiori anche per l’intensità ridotta dell’esperienza
ansiosa. Negli attacchi minori, i sintomi più frequenti sono: vertigini, palpitazioni, difficoltà a
respirare, sentimenti di irrealtà, quasi sempre accompagnati da una sensazione improvvisa di
disagio e paura.
Al termine dell’attacco di panico, possono permanere sensazioni di vuoto alla testa, tensione
muscolare, apprensione, vertigini, depersonalizzazione e derealizzazione, che talora si possono
protrarre per diversi giorni (fase post-critica).
All’esordio del DAP, gli episodi critici possono comparire con una frequenza media di 2-4 per
settimana. Non sono rari episodi critici ripetuti, ad intervalli brevi; in questo caso si parla di “stato
di male” ed il paziente appare agitato, irrequieto, in preda a tormento interiore, che spesso si associa
ad ideazione suicidaria.
Ben presto, gli attacchi vengono accompagnati dal timore che le crisi possano ripetersi ed il
paziente vive in uno stato di allerta persistente, di ansia intercritica, chiamato ansia anticipatoria.
Tale stato dura più a lungo dell’attacco di panico, anche per ore, cresce lentamente e può
raggiungere un’intensità tale da provocare sintomi fisici simili a quelli dell’attacco.
Mentre è possibile ridurre e controllare l’ansia anticipatoria (allontanandosi dalla situazione
temuta, cercando rassicurazione in una persona di fiducia), l’attacco di panico, invece, tende a fare
il suo decorso, quando il meccanismo è innescato. Tuttavia, quando l’ansia anticipatoria raggiunge
alti livelli di intensità, può risultare più invalidante degli attacchi stessi.
104
In circa il 30% dei casi, dopo i primi attacchi di panico compare una fase di polarizzazione
ipocondriaca, in cui è presente la convinzione di essere affetti da una malattia fisica ed il paziente
si sottopone a numerosi accertamenti. In genere, c’è il timore di una morte improvvisa, rafforzato
dal fatto che spesso non si pone una diagnosi per la sintomatologia presentata (quella degli
attacchi), spesso minimizzata dai medici.
Con l’intensificarsi della frequenza delle crisi e per la tendenza ad associare gli attacchi con
situazioni specifiche, si sviluppano le condotte di evitamento: evitare di rimanere soli, di
allontanarsi da casa e tutte quelle situazioni in cui può essere difficile essere soccorsi.
Le situazioni che i soggetti agorafobici evitano sono abbastanza simili: luoghi affollati,
negozi, luoghi chiusi, autostrade, treni ed il rischio di rimanere completamente soli. Si sviluppa,
così, la fobofobia, ovvero la paura di avere paura: l’evitamento di specifiche situazioni (in genere,
quelle in cui non è possibile ricever aiuto in caso di un attacco improvviso) permette di controllare
la paura di avere attacchi improvvisi. Alcuni pazienti, diventano completamente incapaci di uscire
di casa, o possono allontanarsi solo accompagnati da una persona di fiducia.
I pazienti agorafobici, di solito, non evitano le situazioni in cui compaiono più frequentemente
gli attacchi di panico, ma quelle, come appunto abbiamo detto, in cui è più difficile ricevere
soccorso. Per cui, è rarissimo l’evitamento fobico di situazioni nelle quali, invece, si verificano
spesso gli attacchi di panico (guardando la televisione, durante il sonno, passeggiando all’aperto,
stando nel bagno, durante il pasto, etc.).
Nei pazienti agorafobici, anche se la frequenza degli attacchi di panico diminuisce con gli anni
e la sintomatologia critica regredisce, le condotte di evitamento tendono a consolidarsi in un vero e
proprio stile di vita. Solitamente, l’Agorafobia ha decorso cronico.
Circa il 30% dei soggetti agorafobici sviluppa demoralizzazione secondaria, con sentimenti
di colpa e inadeguatezza, per l’impossibilità di condurre una vita normale. A differenza dei pazienti
con disturbi primari dell’umore, gli agorafobici dormono bene, hanno un buon appetito, regolare
vita sessuale e coltivano interessi e attività.
Circa un quarto dei pazienti con attacchi di panico ha sofferto di Ansia di Separazione e Fobia
Scolare nell’infanzia.
Decorso e complicazioni
L’instaurarsi di condotte agorafobiche rappresenta l’evoluzione più comune del
DAP
Il decorso del DAP è, comunque, molto variabile e non è chiaro perché alcuni pazienti
continuino a presentare per anni episodi critici senza agorafobia, mentre altri quadri evolvono
rapidamente verso condotte di evitamento, quadri ipocondriaci, depressione ecc.
105
In alcuni casi, le crisi si presentano in forma sporadica nella giovinezza o nell’adolescenza e
scompaiono nell’età adulta. Talora, residuano fobie isolate (claustrofobia, fobia degli aerei, del
mare aperto, etc.).
Soggetti con disturbi di panico ricorrenti, talora, finiscono con l’assumere caratteristiche del
disturbo ipocondriaco, mentre le condotte di evitamento di tipo agorafobico non sono presenti,
oppure sono molto attenuate.
La fobia sociale secondaria, quando presente, è centrata sul timore di avere una crisi in
pubblico e le situazioni sociali che vengono evitate sono, di solito, limitate ad alcuni ambiti (parlare,
mangiare o qualche altro tipo di performance in pubblico).
Una sintomatologia depressiva si può presentare in seguito ad episodi critici e condotte di
evitamento, come conseguenza delle limitazioni esistenziali dovute al DAP, e si manifesta con
umore depresso, anedonia, sentimenti di inadeguatezza e di inutilità; tuttavia, rispetto ad un disturbo
primario dell’umore, si ha una normale reattività all’ambiente e sono assenti disturbi vegetativi,
rallentamento psicomotorio e ideazione suicida. Esistono, comunque, pazienti in cui la depressione
ha un decorso indipendente: può comparire prima dell’insorgenza degli attacchi di panico o in fasi
in cui gli episodi critici sono meno frequenti e le condotte di evitamento meno gravi (comorbidità).
In pazienti con DAP e Agorafobia, quando tale disturbo è complicato da depressione o abuso
di alcol o sedativi, il rischio di suicidio è superiore a quello di pazienti con Depressione Maggiore.
Diagnosi
Nel DSM IV, DAP ed Agorafobia sono classificati in un’unica categoria diagnostica. La
diagnosi di DAP viene posta quando sono presenti attacchi di panico ricorrenti, che insorgono
inaspettatamente nella fase iniziale, e si manifestano con quattro o più sintomi. Si deve avere,
inoltre, almeno un mese con costante paura di avere un’altra crisi o con modifiche comportamentali
significative.
Diagnosi differenziale:
Fobia sociale Nella fobia sociale primaria, non sono presenti episodi critici
spontanei, la paura non è correlata al timore di avere un attacco di
panico e non si è suscettibili alle rassicurazioni altrui, come nel
DAP
106
DISTURBO DA ANSIA GENERALIZZATA
Il GAD compare ufficialmente nei sistemi classificativi solo nel 1980, nel DSM III.
Epidemiologia
Il GAD è il disturbo più comune, tra quelli d’ansia, nella popolazione generale.
Entrambi i sessi sono colpiti in egual misura; l’esordio avviene prevalentemente tra i 20 ed i
30 anni; la durata è in genere di molti anni.
Tutte le classi sociali sono colpite in egual misura.
Eziopatogenesi
Per la genesi del disturbo, sono ritenuti determinanti gli eventi negativi, quali la perdita di
persone significative in età infantile, e gli eventi di vita, a seconda della loro gravità, frequenza ed
esordio inatteso.
Si pensa, inoltre, che esista una predisposizione individuale al disturbo, connessa ad una
personalità con tratti dipendenti.
A tale sintomo patognomico, si associano tensione motoria, faticabilità, disturbi del sonno,
irritabilità, manifestazioni a carico della vigilanza e dell’attenzione:
Soggetti con GAD sostengono di aver vissuto lunghi periodi, in cui hanno sofferto di uno stato
di preoccupazione per numerose circostanze ordinarie della vita di tutti i giorni. Presentano, in
assenza di motivi adeguati, sentimenti di apprensione irrealistici, riguardanti salute ed incolumità
fisica dei familiari, situazione economica, con previsioni di sventura. Vivono, quindi, in uno stato di
allarme ed ipervigilanza continui, ma riescono a convivere con il disturbo, interpretandolo come un
proprio stile di vita.
Il GAD ha un decorso protratto, con fasi in cui la sintomatologia si attenua. La durata del
disturbo è di oltre la metà della vita del paziente.
Al GAD, può sovrapporsi un episodio depressivo, in genere attenuato, corrispondente alla
Distimia.
Le complicazioni possono essere l’abuso di sostanze (alcol, stimolanti, caffeina,
benzodiazepine), a scopo autoterapeutico, oppure alterazioni della condotta alimentare, come
iperfagia.
107
Diagnosi
Secondo il DSM IV, la diagnosi di GAD si pone in presenza di una condizione d’ansia
persistente, in cui alla preoccupazione eccessiva o irrealistica, riguardo a varie circostanze di vita, si
associano i seguenti sintomi accessori: sentirsi sul filo del rasoio, faticabilità, difficoltà di
concentrazione, irritabilità, tensione o dolenza muscolare, difficoltà nell’addormentarsi o nel
mantenere il sonno. La durata deve essere di perlomeno 6 mesi e non devono essere presenti
attacchi di panico e/o agorafobia, ossessioni, compulsioni e fobie; l’esordio non deve essere
collegato cronologicamente con un evento stressante di rilievo oggettivo.
Diagnosi differenziale:
Ansia anticipatoria nel DAP Rispetto al GAD, presenta una sintomatologia affine, ma differisce
per l’oggetto della preoccupazione
Depressione Anche se nel GAD può essere presente umore depresso, mancano
altri sintomi tipici dei quadri depressivi, quali sentimenti di colpa,
ideazione suicida, risveglio precoce, rallentamento psicomotorio
FOBIA SOCIALE
Epidemiologia
La distribuzione nei due sessi è circa 1:1, a differenza degli altri disturbi fobici che prevalgono
tra le donne.
L’esordio si ha tra i 15 e i 25 anni ed è, in genere, graduale. Tuttavia, il disagio in situazioni
sociali e l’ansia prestazionale possono essere presenti fin dall’infanzia.
La richiesta di aiuto terapeutico si ha dopo circa 10 anni dall’esordio ed è determinata
dall’insorgenza di complicanze come depressione e alcolismo.
Eziopatogenesi
Nonostante non sia possibile ricondurre la FS ad un unico background familiare ed
ambientale, i fobici sociali, come altri pazienti fobici, hanno genitori iperprotettivi, che frequentano
pochi amici e sono ansiosi in situazioni sociali.
Il 50% dei fobici sociali ha vissuto l’infanzia e l’adolescenza con timidezza ed apprensione,
chiusura nei rapporti interpersonali e con un certo isolamento sociale. In questi soggetti, che
presentano una predisposizione per il disturbo fin dall’infanzia, la FS si svilupperebbe quando
aumentano le attività al di fuori del contesto familiare.
108
Nei fobici sociali sono presenti tratti abnormi di personalità, come bassa autostima, tendenza
irrazionale a vivere gli altri come critici e disapprovanti, concezioni rigide sulle condotte sociali
ritenute adeguate, tendenza alle fantasie in grado di generare ansia anticipatoria, allarme e tensione
quando si è osservati, paura di situazioni in cui è difficile allontanarsi senza risultare inopportuni,
esagerato timore che gli altri notino i sintomi d’ansia.
Manifestazioni cliniche
Il sintomo nucleare del disturbo è l’ipervalutazione del giudizio altrui
FS generalizzata: quando lo spettro delle situazioni evitate è molto ampio, esteso a tutti i
contesti che richiedono interazioni con persone non familiari; tale forma del disturbo è
molto invalidante, perché il soggetto non è in grado di stabilire adeguati rapporti
interpersonali e sociali; la FS generalizzata è per gran parte sovrapponibile al Disturbo
Evitante di Personalità
Decorso e complicazioni
Il decorso tende ad essere cronico e progressivamente invalidante.
In alcuni casi, si sviluppano episodi depressivi che possono assumere una andamento
autonomo. L’ideazione e le condotte suicidarie sono frequenti.
Un’altra complicazione è quella da abuso di sostanze e alcol. L’alcol viene usato a scopo
autoterapeutico, in quanto ha una forte azione disinibente e riduce i livelli d’ansia prestazionale.
109
FOBIE SEMPLICI O SPECIFICHE
Le fobie semplici più comuni riguardano animali, altezze, sangue, temporali ed agenti
atmosferici, buio, alimenti. Sul piano clinico, esistono differenze sostanziali tra la fobia del sangue,
la fobia degli animali e altre fobie.
Il disturbo, nella maggior parte dei casi, è compatibile con un adeguato funzionamento
sociale, familiare e lavorativo. Solo per una piccola percentuale, le fobie semplici raggiungono una
gravità tale da interferire con il funzionamento sociale.
Epidemiologia
Le Fobie Semplici sono molto comuni, la più diffusa delle quali è quella del proprio sangue,
delle iniezioni e delle ferite.
L’incidenza del disturbo è più alta nella prima infanzia e si riduce tra i 10 ed 30 anni,
diventando praticamente nulla dopo i 40.
Il disturbo è più diffuso tra le femmine.
Eziopatogenesi
Circa il 60% di pazienti con fobie semplici ricorda un’esperienza traumatica, in presenza dello
stimolo fobico, all’origine del loro disturbo. Sembra esistere un periodo critico, nell’infanzia, per lo
sviluppo dei diversi tipi di fobia.
Gli stimoli alla base delle fobie hanno un significato ancestrale per la sopravvivenza: gli
uomini sono predisposti a sviluppare paura ed evitamento verso oggetti e situazioni potenzialmente
pericolosi per la specie.
Manifestazioni cliniche
I due sintomi caratteristici delle fobie semplici sono:
Paura: giudicata dal soggetto come irrazionale e sproporzionata rispetto allo stimolo; è
commista a repulsione e disgusto
Condotte di evitamento: più o meno invalidanti, a seconda della diffusione e la
possibilità di incontro con gli oggetti e le situazioni temute
Nei casi più gravi, anche un filmato o una fotografia degli oggetti o delle situazioni temute
scatena una marcata risposta ansiosa, con fenomeni neurovegetativi. Possono comparire reazioni
clamorose, violente con fuga, comportamenti disorganizzati o stati di blocco. L’allontanamento
dallo stimolo fa abbassare i livelli d’ansia.
La paura non deriva dall’oggetto in sé, ma dalle conseguenze che il soggetto immagina
possano derivare dal contatto con esso.
Decorso e complicazioni
Le fobie semplici presentano una risoluzione spontanea nel tempo, tranne le fobie degli
animali che tendono a cronicizzate.
Quando una fobia semplice persiste dopo i 20 anni, in genere, si protrae per tutta la vita.
110
DISTURBO DA STRESS POST-TRAUMATICO
111
DISTURBO DA STRESS ACUTO
Di recente introduzione nel DMS IV. Presenta numerose affinità con il DPTS.
Durante l’esperienza stressante, o subito dopo, il soggetto presenta almeno tre dei seguenti
fenomeni: sensazione di ottundimento, distacco o assenza di risonanza affettiva, riduzione dei livelli
di coscienza, derealizzazione, depersonalizzazione, amnesia.
Il paziente spesso non è capace di partecipare emotivamente alle esperienze quotidiane, non
trae soddisfazione dalle attività, che solitamente producono piacere, e spesso prova sentimenti di
colpa, relativi all’accaduto; il mondo esterno ed il proprio corpo vengono vissuti come non
familiari, le capacitò di concentrazione sono ridotte, così come la memoria dell’evento traumatico.
L’evento traumatico viene continuamente rivissuto e vengono evitate tutte le situazioni che
possono ricordare l’esperienza.
La diagnosi di DOC si può porre quando i sintomi sono causa di un marcato disagio,
rappresentano una notevole perdita di tempo (più di un’ora al giorno), o interferiscono
significativamente con la normale routine quotidiana, con il funzionamento lavorativo, con le
attività sociali abituali o con le relazioni interpersonali.
112
EPIDEMIOLOGIA
Il DOC si distribuisce in egual misura nei due sessi, ha esordio precoce (di solito in età
giovanile).
Un numero elevato di pazienti non richiede l’intervento terapeutico.
EZIOPATOGENESI
Genetica
Gli studi familiari non sembrano riportare una familiarità specifica per il DOC. Tuttavia, nei
familiari di primo grado è stata evidenziata una prevalenza elevata di disturbi psichiatrici, in
particolare disturbi dell’umore e disturbi d’ansia.
Un certo ruolo sembra essere svolto, quindi, da fattori esogeni o ambientali.
Teorie comportamentali
I fenomeni OC sono interpretati come comportamenti disadattivi appresi
Teorie psicodinamiche
Secondo Freud, ossessioni e compulsioni sono risposte difensive all’emergere di pulsioni
inconsce e possono esser dovute a:
Una precedente fissazione delle stesse pulsioni alla fase anale dello sviluppo
Una regressione delle dette pulsioni dalla fase genitale a quella anale, a seguito di
conflitti edipici
La riattivazione delle pulsioni primitive sviluppa uno stato di angoscia, che viene placato
mediante meccanismi di difesa:
Isolamento: non viene esperita la carica affettiva disturbante, quando una
rappresentazione ideativa o un impulso spiacevole sono messi in atto
Annullamento: la ripetizione iterativa, di gesti o azioni, annulla simbolicamente la
conseguenza di un impulso o di un’idea ossessiva
Formazione reattiva: messa in atto di comportamenti opposti ai sottostanti impulsi (ad
esempio, rituali di pulizia possono mascherare l’impulso a sporcarsi); questo
meccanismo è responsabile di molti tratti caratteriali dell’ossessivo
113
QUADRO CLINICO
Le compulsioni, spesso, sono la traduzione sul piano comportamentale delle idee ossessive e
attraverso di esse, almeno inizialmente, l’individuo tenta di ridurre l’ansia.
In base ai contenuti delle ossessioni, possiamo distinguere diverse forme cliniche di DOC:
114
Sulla base del decorso del DOC, si possono distinguere due sottotipi di DOC:
Sottotipo episodico: episodi di malattia seguiti da intervalli completamente liberi da
sintomi; l’esordio avviene dopo i 25 anni; prevalenza nelle femmine; minore presenza
di sintomi compulsivi, più tipica è la forma ossessiva pura; sintomi depressivi
insorgono contemporaneamente alla sintomatologia OC, o la precedono di qualche
giorno, e sembrano svilupparsi parallelamente e non in maniera reattiva
Sottotipo cronico: decorso continuo stabile, con esacerbazioni periodiche o con
progressivo deterioramento, ma sempre senza fasi di completa remissione; l’esordio è
prima dei 25 anni; il sesso più colpito è quello maschile; le compulsioni sono molto
frequenti; quando presenti, i sintomi depressivi si configurano come demoralizzazione
secondaria
Importanti parametri, per la valutazione clinica del DOC, sono i seguenti:
Resistenza: forza interiore con cui il paziente si oppone all’impulso o al pensiero
intrusivo; è una caratteristica dinamica e variabile (può essere elevata nell’ambito
lavorativo e minima in quello domestico, può fluttuare da un giorno all’altro e durante
diverse fasi di malattia); può anche essere assente
Interferenza: caratteristica dinamica correlata alla capacità del soggetto di adattarsi
alle ossessioni e alle compulsioni, non tenendo conto della reale gravità della
sintomatologia (il paziente può negare che i rituali interferiscano con l’adattamento
socio-lavorativo; può ritenere normale stare sotto la doccia più di due ore al giorno,
quando tale rituale è presente da tanto tempo; un individuo può funzionare
adeguatamente anche se trascorre quattro ore al giorno nel bagno)
Insight: grado di consapevolezza di malattia, può variare enormemente; coloro con non
hanno alcuna consapevolezza di malattia rientrano nella psicosi ossessivo-compulsiva
PERSONALITÀ PREMORBOSA
La personalità Compulsiva ha le seguenti caratteristiche: estrema precisione e puntualità,
perfezionismo, dedizione al lavoro, incertezza, incapacità di esprimere emozioni. Gli individui con
questa personalità sono tristi e arcigni; controllano in maniera esagerata ogni loro emozione;
mancano di elasticità e di spontaneità; appaiono come possessivi, rigidi e moralisti, poco creativi,
con scarsa immaginazione; sono spesso indecisi ed hanno la tendenza a rimandare le decisioni; sul
piano delle relazioni interpersonali, appaiono molto formali, riservati, ipercritici e sensitivi.
In realtà, solo la metà dei pazienti DOC, presenta questo tipo di personalità.
115
.24 Disturbi somatoformi. Introduzione generale e classificazione
Caratterizzati da sintomi fisici non riconducibili ad alterazioni somatiche o
fisiologiche
116
È necessario distinguere i disturbi, che andremo a vedere in questo capitolo, dai seguenti:
Non è una fobia, in quanto non c’è paura della bruttezza o della deformità. Infatti, tali
caratteristiche sono tollerate negli altri.
EPIDEMIOLOGIA E PATOGENESI
Relativamente raro.
Incidenza elevata in soggetti che richiedono trattamenti di chirurgia estetica.
La maggior parte dei soggetti con dismorfofobia non sono coniugati.
Età di insorgenza tra i 10 ed i 20 anni.
CARATTERISTICHE CLINICHE
La caratteristica fondamentale del disturbo è la preoccupazione eccessiva per le proprie
presunte deformità, che la persona non riesce a tollerare. Il proprio aspetto è vissuto come
mostruoso, repellente, disgustoso. Il soggetto può ritenere che la correzione dei propri difetti possa
avvicinarlo alla perfezione.
Nelle forme più gravi, il soggetto si ritiene decisamente deforme.
Il soggetto ha difficoltà a parlare con gli altri, teme di essere osservato, per paura di risultare
disgustoso o che il proprio difetto venga notato. Per questo, vengono messi in atto comportamenti
volti a camuffare le presunte deformità, nascondendole con il trucco, con le mani, con i capelli, con
particolari posture, con abbigliamenti che possono risultare bizzarri.
Durante la giornata, il soggetto può passare molte ore allo specchio. I continui controlli del
proprio aspetto possono assumere un carattere compulsivo. Al contrario, alcuni pazienti possono
evitare tutte le superficie rifrangenti, per il timore di dover osservare le proprie mostruosità.
117
Alcuni dismorfofobici possono essere ignari di anomalie veramente esistenti, che però non
sono l’oggetto delle proprie convinzioni. La consapevolezza dell’assurdità delle proprie convinzioni
è assai rara.
118
Disturbo di somatizzazione
Il termine somatizzazione è stato introdotto nel 1943, più recentemente rispetto a quello di
conversione, ed indica un disturbo fisico che esprime una nevrosi profondamente stabilita. La
definizione qui data vale anche per il concetto di conversione.
La definizione di disturbo di somatizzazione del DSM IV, riprende quella della sindrome di
Briquet:
Nella sindrome di Briquet, si ritrovano almeno 20 tra i seguenti sintomi: cefalee, cecità,
paralisi, anestesia (perdita della sensibilità), afonia, convulsioni, perdita di coscienza, amnesia,
sordità, allucinazioni, ritenzione urinaria, atassia, altri sintomi di conversione; stanchezza, nodo alla
gola, accessi di svenimento, annebbiamento della vista, debolezza, disuria; difficoltà del respiro,
palpitazioni, attacchi d’ansia, dolori al torace, vertigini; anoressia, perdita di peso, marcate
variazioni del peso, nausea, gonfiore addominale, intolleranza ai cibi, diarrea, stipsi; dolore
addominale, vomito; dismenorrea, irregolarità mestruali, amenorrea, eccessive perdite mestruali;
indifferenza sessuale, frigidità, dispareunia (dolore genitale durante il coito), altre difficoltà
sessuali, vomito per nove mesi di gravidanza; dolori alla regione posteriore, dolori articolari, dolori
alle estremità, dolori urenti a genitali bocca o retto, altri dolori somatici; nervosismo, paure,
sentimenti di depressione, necessità di interrompere il lavoro o incapacità di proseguire le usuali
attività a causa del sentirsi malato, facili crisi di pianto, sentirsi senza speranza, pensare molto di
morire, desiderare di morire, pensare al suicidio, tentativi di suicidio.
EPIDEMIOLOGIA
Il disturbo colpisce molto più le donne, con un rapporto femmine/maschi di 10:1. Sembra che
i fattori culturali siano la spiegazione di tale fenomeno.
EZIOPATOGENESI
I fattori genetici sembrano predisporre allo sviluppo della malattia. Tuttavia, anche condizioni
socio-economiche disagiate e basso livello culturale sono predisponenti.
Pazienti con somatizzazione presentano alextimia (incapacità di esprimere con parole i
sentimenti provati, senza fantasia e con l’uso di termini concreti), ma non ne è chiaro il nesso di
causalità: quale delle due è il fattore predisponente l’altra.
In alcuni casi di somatizzazione, si possono ritrovare esperienze infantili di attenzione
eccessiva ai sintomi somatici, usati come forma di comunicazione intrafamiliare (le cosiddette
famiglie psicosomatiche). Tali forme di comunicazione, espressione di un intero ambiente socio-
culturale, permetterebbero di ottenere l’interessamento dei familiari, evitando certi doveri o
risolvendo alcuni conflitti.
Secondo alcuni, un altro fattore predisponente potrebbe essere la presenza di sintomi fisici,
dolori o malattie, in altri membri della famiglia, ed agirebbe per imitazione o identificazione.
Malattie, insorte in età adulta, potrebbero precipitare o mantenere sintomi di somatizzazione.
119
QUADRO CLINICO
120
La personalità dei pazienti con somatizzazione presenta tratti istrionici, con accessi
improvvisi di rabbia, emotività marcata, tendenza ad esporre i problemi con linguaggio e modalità
drammatiche, atteggiamenti seduttivi e manipolativi.
Tavola comparata dei quadri clinici inclusi nell’Isteria, secondo la classificazione tradizionale e
quella attualmente proposta dal DSM IV
Con il termine ISTERIA, si intende un quadro ormai classico di nevrosi, caratterizzato da molteplici ed
eterogenee manifestazioni somatiche e psichiche, a significato simbolico.
L’isteria di conversione è la manifestazione più nota; si caratterizza per mutamenti sintomatici della
funzione fisica, che esprimono, inconsciamente ed in modo distorto, tendenze istintuali rimosse in
precedenza. D’altra parte, la sola rimozione non consente di eliminare l’angoscia; si rende quindi
necessario un ulteriore meccanismo difensivo, rappresentato dalla comparsa dei sintomi somatici (per
spostamento); questi sono costituiti da una rappresentazione ideativa delle tendenze istintuali rimosse e,
dal loro linguaggio corporeo, possono essere tradotti in linguaggio verbale, con le espressioni affettive
concomitanti, ma ormai separate dall’oggetto originale. Allo stesso tempo, i sintomi rappresentano
indirettamente la forza difensiva in conflitto con i derivati delle pulsioni istintuali e la ricompensa o la
punizione per i desideri proibiti.
L’isteria si configura, quindi, come la grande simulatrice, per la molteplicità e la varietà di manifestazioni
somatiche con le quali si presenta, simulando tutta una serie di disturbi organici di ben diversa natura.
Uno degli elementi tipici dell’isteria è il cosiddetto carattere isterico, caratterizzato da suggestionabilità,
mitomania e disordini sessuali.
Accanto a questa più nota forma di isteria, troviamo l’isteria d’angoscia, una nevrosi caratterizzata dalla
presenza di ansia libera, sia come ansia generalizzata, sia come ansia critica con molteplici componenti
somatiche. Tale condizione è dovuta ad un meccanismo di rimozione non perfettamente riuscito di un
conflitto in fase genitale edipica, non seguito dall’adozione di altri meccanismi di difesa; tale incompleta
rimozione non consente di eliminare la componente affettiva legata al conflitto istintuale, pur consentendone
la cancellazione dalla coscienza.
121
DECORSO E COMPLICANZE
L’esordio avviene, in genere, durante l’adolescenza, tra i 10 ed i 20 anni, o, più raramente, tra
i 20 ed i 30 anni. Il quadro clinico, tuttavia, è manifestato a pieno nella prima età adulta. Spesso,
particolari problemi sociali ed interpersonali possono precipitare l’esordio della malattia.
La malattia ha decorso cronico, con fluttuazioni dell’intensità e della frequenza della
sintomatologia, ma senza remissione completa e duratura.
Diagnosi differenziale:
Disturbo fittizio I sintomi sono sostenuti dalla spinta compulsiva a sostenere il ruolo di
malato e sono, quindi, prodotti intenzionalmente, a differenza del disturbo
di somatizzazione
122
Disturbo di conversione
Compromissione di funzioni motorie o sensoriali, in assenza di un danno
all’apparato neuromuscolare
Cenni storici
Freud fu il primo ad utilizzare il termine conversione (1894), e ad ipotizzare che i sintomi,
manifestati all’interno di quadri isterici, fossero dovuti ad un meccanismo psicologico.
Secondo Freud, dopo una grave situazione stressante, il ricordo dell’evento è represso, perché
inaccettabile dal punto di vista morale, e l’angoscia da esso generata si riversa sul corpo,
convertendosi in sintomo somatico. Il sintomo assume, in tal modo, un significato difensivo ed è un
simbolo ed una soluzione parziale del conflitto psicologico sottostante.
In quegli anni, tuttavia, furono date anche altre spiegazioni dell’isteria. Briquet, pur rilevando
l’importanza dei fattori di stress, riteneva l’isteria un disturbo neurologico. Charcot, attribuendo i
sintomi ad un processo degenerativo del sistema nervoso, probabilmente su base ereditaria, pensava
che l’isteria fosse un particolare stato di coscienza, in cui il paziente avvertiva la perdita di alcune
funzioni fisiche.
Nel DSM III, la conversione isterica è stata suddivisa in tre disturbi diversi:
Disturbo di conversione: caratterizzato da sintomi neurologici
Disturbo da dolore psicogeno: i sintomi sono limitati al dolore
Disturbo di somatizzazione: caratterizzato da una vasta gamma di sintomi fisici e da
una maggiore tendenza alla cronicità
EPIDEMIOLOGIA
La convinzione diffusa che il disturbo di conversione sia meno comune oggi, rispetto agli inizi
del ‘900, non è confermata dai dati.
Le femmine sono più colpite dei maschi.
Il disturbo può presentarsi ad ogni età, anche se è più comune nell’adolescenza.
Si riscontra più frequentemente negli starti più bassi della popolazione.
EZIOPATOGENESI
Negli Studi sull’Isteria (1895), Breuer e Freud ipotizzano che i sintomi di conversione siano
causati da un’esperienza a forte carica emozionale, che i pazienti non possono tollerare e che,
pertanto, rimuovono dalla coscienza. Il rimosso, tuttavia, si può manifestare attraverso i sintomi di
conversione. Freud, inoltre, formulò i seguenti concetti:
Vantaggio primario: i sintomi di conversione consentono di tenere sotto controllo le
pulsioni rimosse
Vantaggio secondario: i sintomi di conversione permettono di evitare le situazioni
esistenziali sgradevoli e di attirare l’attenzione delle persone significative
Più recentemente, è stato ipotizzato che i sintomi di conversione dipendano, almeno in parte,
da alterazioni neurofisiologiche specifiche. Esisterebbe, infatti, un eccessivo arousal a livello
corticale, che impedirebbe agli impulsi afferenti dalle vie sensoriali e motorie di giungere alla
corteccia, riducendo, in tal modo, la percezione delle sensazioni fisiche o producendo alterazioni
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della motricità. Tale ipotesi spiega anche il fatto che i pazienti non siano molto ansiosi e restino
abbastanza indifferenti di fronte alla loro compromissione fisica.
QUADRO CLINICO
L’esordio è improvviso, in relazione ad uno stress (in particolare, perdita di una persona cui si
è molto legati, spesso in modo ambivalente), e la risoluzione è rapida. Si giunge alla
cronicizzazione solo in casi in cui le situazioni conflittuali si protraggono nel tempo, oppure a causa
di vantaggi secondari, oppure quando esiste una patologia psichiatrica associata.
I sintomi sono innumerevoli e mutevoli: paralisi parziali o complete (solitamente agli arti),
attacchi semiepilettici, disturbi della coordinazione, afonia, diminuzione della sensibilità cutanea
(dalle parestesie alla completa analgesia, riferite ad aree estese, come il piede, il ginocchio o la
mano), disturbi della vista (dal restringimento del campo visivo fino alla cecità completa), vomito
psicogeno. Spesso, disturbi sensoriali e disturbi motori si manifestano contemporaneamente.
Tali sintomi interessano spesso aree corporee precedentemente colpite da malattia, oppure si
manifestano dopo essere stati osservati in qualche altro membro della famiglia.
Le descrizioni dei sintomi sono drammatiche ed elaborate; tuttavia, i pazienti non sembrano
eccessivamente preoccupati per il loro benessere fisico. Questo atteggiamento è definito belle
indiffèrence.
Disturbo del senso di La prova indice-naso con gli occhi chiusi è effettuata correttamente
posizione
Disturbi della funzione La parte colpita è flaccida, ma può essere facilmente sollevata e, quando
motoria viene lasciata, cade in maniera meno pesante
A volte, un disturbo di conversione può rappresentare l’esordio di disturbi più gravi, come
schizofrenia, disturbi dell’umore o disturbi mentali organici.
DIAGNOSI
Sintomi di conversione possono essere presenti in molti disturbi fisici o mentali. Al fine di una
diagnosi corretta, devono essere indagati i rapporti del paziente con persone che presentavano
sintomi analoghi (identificazione isterica), e precedenti manifestazioni somatiche, in corrispondenza
delle aree interessate dai sintomi di conversione (predisposizione somatica).
È importante non affrettare una diagnosi di conversione, poiché sintomi di conversione sono
presenti anche in patologie neurologiche, quali ictus, encefaliti, epilessia, sclerosi multipla, tumori e
traumi cranici.
La distinzione con il disturbo di somatizzazione non è semplice. Tuttavia, nel DSM IV, sono
presenti criteri che rendono più agevole tale diagnosi differenziale: il disturbo di conversione non si
associa a dolore in vari distretti corporei o a un’alterazione del funzionamento sessuale.
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Ipocondria
Con il termine ipocondria, si identifica una vasta gamma si condizioni, che vanno dalla
semplice accentuazione ansiosa di un disturbo somatico reale, fino al delirio ipocondriaco.
Le preoccupazioni ipocondriache possono manifestarsi transitoriamente in condizioni normali
(per esempio, quando vengono apprese informazioni sulle malattie), oppure in condizioni di stress,
oppure con il sopraggiungere di un malanno.
Poi, ci sono casi in cui la preoccupazione per la propria salute, sostenuta da qualsiasi
sensazione corporea, diventa il motivo centrale dell’esistenza per lunghi periodi o cronicamente.
EZIOPATOGENESI
Modello psicanalitico. Secondo Freud, nell’ipocondria, la libido non viene più soddisfatta dagli
oggetti esterni, ma si trasferisce sul proprio corpo, alla ricerca inconscia di gratificazione, la quale
viene trovata nei sintomi fisici. Secondo autori più recenti, l’ipocondria rappresenta un’introiezione
sul proprio corpo di spinte aggressive ed ostili, causate da esperienze infantili negative. Tali spinte
vengono indirizzate sul corpo, perché non possono essere sfogate all’esterno. Inoltre, sostengono la
ricerca costante di aiuto e rassicurazione, verso le figure significative (familiari e medici), ma
risultano inefficaci, per cui vengono rifiutate (espressione indiretta della rabbia). In alcuni casi,
l’ipocondria sarebbe un meccanismo difensivo, nei confronti di sentimenti di inutilità e mancanza di
autostima, i quali, quindi, verrebbero espressi attraverso il timore di alterazioni del funzionamento
corporeo, più accettabili per il proprio sé.
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responsabilità, senza provocare biasimo negli altri, e facilita atteggiamenti comprensivi ed empatici,
anche di fronte a reazioni di rabbia o irritabilità.
Al di là di quello che differenzia i tre modelli, possiamo comunque dire che malattie infantili,
spesso accompagnate da apprensività, iperprotettività e ipercontrollo da parte dei genitori, nei
confronti dei sintomi fisici del figlio, possono contribuire alla formazione del ruolo inconscio di
malato, pronto ad emergere di fronte ad esperienze reali, proprie o altrui, di malattia fisica.
Personalità narcisistiche, ossessive e masochistiche predispongono alla comparsa e al
mantenimento di disturbi ipocondriaci.
La diagnosi di ipocondria può essere posta in comorbidità con disturbi d’ansia e dell’umore,
altri disturbi somatoformi e disturbi psicotici (disturbo delirante di tipo somatico, schizofrenia,
depressione maggiore con manifestazioni psicotiche), qualora la convinzione di malattia non
raggiunga il delirio.
In genere, gli ipocondriaci sono molto disponibili a parlare dei propri sintomi, disturbi e
lamentele, con familiari e conoscenti. La presunta malattia può essere descritta con discrezione,
oppure con ostentazione di particolari intimi. Di fronte al medico, di solito, gli ipocondriaci sono
molto precisi e dettagliati e tendono a parlare dei loro sintomi, più che ad ascoltare.
Un soggetto ipocondriaco può andare incontro a due rischi, di segno opposto: ripetere esami
inutili e talvolta rischiosi, ed essere trascurato, in presenza di una patologia organica reale.
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.25 Disturbi dissociativi
INTRODUZIONE
Teorie eziopatogenetiche
La personalità di questi soggetti è di tipo isterico (egocentrismo, immaturità, iperdipendenza)
e si sviluppa in seguito a particolari esperienze infantili (conflitti familiari, separazioni, lutti,
maltrattamenti). Di fronte ad eventi spiacevoli, questi soggetti reagirebbero con la dissociazione,
per proteggersi da sentimenti di depressione, disperazione o idee di suicidio.
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PERSONALITÀ MULTIPLE
Personalità Multipla: presenza, in un soggetto, di due o più distinte personalità,
ciascuna con propri pattern di percezione, relazione e convinzioni circa l’ambiente e se
stesso; almeno due di queste personalità periodicamente prendono il totale controllo del
comportamento della persona
Teorie eziopatogenetiche
Più del 90% dei pazienti con personalità multipla presenta una storia di abusi (sessuali, fisici o
psicologici), da parte di familiari, durante l’infanzia.
Il bambino potrebbe sviluppare un meccanismo di negazione che lo porta a pensare che quei
eventi siano successi a qualcun altro. Quando si ritroverà di fronte ad eventi traumatici o ad alti
livelli di stress, utilizzerà tale capacità per proteggersi dal dolore.
Quadro clinico
La personalità originaria non ha coscienza delle altre personalità, mentre queste
possono avere consapevolezza reciproca e dialogare tra loro
Diagnosi differenziale con la schizofrenia: nella personalità multipla, non sono presenti
appiattimento emotivo, dissociazione ideoaffettiva, autismo.
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DISTURBO DI DEPERSONALIZZAZIONE
Caratterizzato da:
Una sensazione soggettiva di irrealtà, di estraneità di sé stessi (depersonalizzazione
psichica), del proprio corpo (depersonalizzazione fisica), del mondo circostante
(derealizzazione)
Tale sensazione è spiacevole e dolorosa, accompagnata da grande ansia
Non si tratta di fenomeni deliranti: il paziente è cosciente che i cambiamenti avvertiti
non sono realmente avvenuti, ma è come se fossero avvenuti
Una sensazione di riduzione degli affetti, fino alla loro totale perdita
Fattori eziopatogenetici
La depersonalizzazione è una risposta preformata del cervello, che ha lo scopo di proteggere
dagli effetti che una forte emozione, soprattutto l’ansia, potrebbe produrre sul comportamento.
Quadro clinico
L’esordio è acuto, sotto forma di crisi tipo attacco di panico, e viene scatenato da
affaticamento, convalescenza, dolore fisico, deprivazione sensoriale, privazione del sonno, uso di
sostanze (messalina, LSD), esperienze fisicamente o emotivamente traumatiche. È ipotizzabile che
il disturbo di depersonalizzazione rientri nel DAP, costituendone l’estremo più grave.
Personalità premorbosa: ansia di separazione, nell’infanzia, e dipendenza, insicurezza,
indecisione, timidezza, nella vita adulta.
Concomitano fenomeni di dejà-vu, paura di impazzire o di perdere il controllo, comportamenti
di evitamento di tipo fobico, depressione dell’umore, ruminazioni ossessive.
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.26 Disturbi dell’adattamento
Eccessiva reattività agli avvenimenti
Poiché l’eccessiva reattività agli avvenimenti è una caratteristica di molti disturbi mentali,
viene da domandarsi se la categoria dei DA sia solo un artificio nosografico o meno, ideato per
inquadrare quelle condizioni psicopatologiche lievi e di durata limitata, che non soddisfano
pienamente i criteri per un disturbo mentale specifico.
Il DSM IV, inoltre, dà per scontato che i disturbi dell’asse I e II presentino un’elevata
reattività anche ad eventi di minima portata, cosicché il disadattamento che ne consegue è sintomo
del disturbo e non un’entità diagnostica separata.
EZIOPATOGENESI
Vediamo, anzitutto, come agisce lo stress a livello neurologico.
In condizioni fisiologiche, la percezione dello stressor determina una reazione adattiva
dell’organismo (processo normale di adattamento): di fronte ad un vento stressante compare
un’attivazione di alcune zone del SNC (arousal). Quando, tuttavia, lo stress si protrae nel tempo, la
tolleranza del SNC verso gli stressor aumenta, creando una situazione di desensibilizzazione a
carico di tutti i sistemi. Si ha, quindi, un’alterazione dei normali meccanismi adattivi, e, sul piano
psicologico, il potenziale patogeno dello stress dipende dalla misura di tale alterazione.
Il processo normale di adattamento permette il ripristino dell’equilibrio psichico. Tale
processo si divide in fasi (fase di protesta, fase di rifiuto-negazione, disperazione, fase intrusiva,
fase elaborativa e fase di risoluzione), tappe obbligate che si ritrovano simili anche in molte altre
specie animali, ed è, quindi, un pattern preprogrammato di risposta atto a garantire, in un primo
momento, la sicurezza fisica (con reazioni di fuga o lotta) e, in un secondo momento, l’adattamento,
mediante l’elaborazione cognitiva dell’accaduto.
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Se il processo di adattamento si arresta in una delle sue fasi, si possono configurare varie
manifestazioni psicopatologiche definite come Stress response syndrome:
Oltre che da eventi negativi, lo stress è prodotto anche da eventi positivi. Per questo motivo,
Paykel (1971) ha classificato gli venti vitali in desiderabili ed indesiderabili, elencandoli secondo
un gradiente di gravità.
Selye distingue tra:
Eustress: leggero stato di allerta che stimola l’attenzione, la concentrazione e la
memoria, e riguarda eventi facilmente superabili
Distress: stress di maggiore intensità o durata che può avere effetti dannosi
EPIDEMIOLOGIA
La maggior parte dei pazienti con DA sono adolescenti che hanno subito uno stress prolungato
per oltre un anno, che può essere dovuto a problemi scolastici, problemi familiari, droga, divorzio o
separazione dei genitori. Negli adulti, lo stress può essere dato da problemi coniugali, divorzio o
separazione, trasferimento, problemi finanziari.
QUADRO CLINICO
La sintomatologia del DA è in parte mutuata da altri disturbi e può essere varia.
Altri sintomi:
Desiderio di morte Legato alla sensazione che la vita abbia perso di significato
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Difficoltà di In relazione alla polarizzazione del pensiero sull’evento
concentrazione
Ansia ed Con insonnia, preoccupazione per cose di poco conto, paura a stare soli,
apprensione tensione interna, ruminazione ossessiva su dettagli relativi all’evento
Sono presenti, inoltre, astenia, adinamia, disturbi della memoria, solitudine, irritabilità, rabbia,
ambivalenza e labilità affettiva.
DECORSO ED EVOLUZIONE
Il DA, in genere, non dura oltre i sei mesi.
Negli adolescenti, un DA può precedere condizioni psicopatologiche più gravi (quadri
psicotici, alcolismo, tossicodipendenza) e, negli adulti, può evolvere verso una depressione
maggiore o l’alcolismo.
In alcuni casi, il DA ha un decorso ricorrente: si ripresenta la momento di fronteggiare nuovi
eventi.
DIAGNOSI
Criteri diagnostici secondo il DSM IV
A.Reazione ad uno stressor (o stressor multipli) che avviene entro tre mesi dall’inizio
dello7degli stressor
B.La natura maladattiva della reazione è indicata dai seguenti criteri:
1) Sintomatologia eccessiva, rispetto alla reazione normale attesa, allo stress
2) Compromissione delle consuete attività sociali o professionali (inclusa la scuola)
C.Il disturbo non incontra i criteri per un altro disturbo mentale specifico e non
rappresenta l’esacerbazione di un altro disturbo mentale
D.I sintomi non rappresentano il lutto
E.Una volta che lo stressor (o le sue conseguenze) sono terminati, i sintomi non
devono persistere per più di sei mesi
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.27 Disturbi della condotta alimentare
INTRODUZIONE
Esiste un vasto spettro di condotte alimentari, patologiche e non, ai cui estremi (quindi in
posizione patologica) troviamo le anoressie legate a dimagrimento ed emaciazione, da un lato, e le
iperfagia con aumento di peso ed obesità, dall’altro.
ANORESSIA NERVOSA
Epidemiologia
La popolazione a rischio è il sesso femminile tra i 12 ed i 25 anni (anche se circa il 5-10% dei
pazienti sono maschi).
È stato registrato un aumento dell’incidenza.
La malattia sembra più diffusa tra ginnaste, danzatrici, atlete o modelle. Le classi sociali più
colpite sono quelle medie ed elevate.
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Eziopatogenesi
Teorie psicologiche
Teorie psicanalitiche. L’anoressia è stata variamente descritta: regressione alla fase orale (Freud),
difesa contro fantasie inconsce di fecondazione orale (Abraham), un incompleto superamento della
fase schizo-paranoide (M. Klein). Secondo Bruch, precoci disturbi dell’apprendimento sarebbero
responsabili dei disturbi dell’immagine corporea e dei disturbi della percezione e del
riconoscimento di stimoli quali la fame, la fatica, la debolezza. Altri autori considerano l’anoressia
come una Fobia del peso: indipendentemente dallo stimolo iniziale che induce ad intraprendere una
dieta, il cibarsi o l’aumentare di peso sarebbero poi capaci di scatenare una grave ansia, mentre il
digiuno ed il dimagrimento servirebbero come condotta di evitamento.
Teorie socioculturali
Alcuni adolescenti mostrerebbero una marcata vulnerabilità verso l’identificazione della
bellezza con la magrezza, valore ampiamente divulgato dai media.
Teorie biologiche
Si ritiene che un’alterazione ipotalamica possa contribuire al disturbo, con i seguenti fattori:
Alterazioni neuroendocrine: alcune sono secondarie alla perdita di peso; altre sono
correlate alle restrizioni caloriche, poiché si normalizzano rapidamente con l’ingestione
si carboidrati, prima ancora che si verifichi un aumento di peso; altre ancora sono
indipendenti sia dalla perdita di peso, che dall’introduzione di carboidrati
Neurotrasmettitori: l’aumento dell’attività dopaminergica sarebbe alla base di alcuni
sintomi cardinali, come il ridotto bisogno di cibo e la perdita della libido; questo fattore
spiegherebbe anche la sovrapposizione tra l’aumento dell’attività motoria, tipica delle
anoressiche, e l’eccitamento motorio delle fasi espansive dei Disturbi dell’Umore
Oppioidi endogeni: in condizioni di malnutrizione, si verifica un aumento dell’attività
oppioide, che potrebbe costituire una stimolazione specifica sull’appetito con finalità
omeostatiche, oppure una conseguenza dello stress, che a sua volta potrebbe servire
come meccanismo adattivo per la riduzione delle richieste metaboliche
Anoressia come forma atipica del disturbo affettivo: alcuni markers biologici della
depressione sono presenti anche nelle anoressiche
134
Quadro clinico
Nella maggior parte dei casi, si tratta di bambine modello, docili, ubbidienti e remissive; sono
spesso presenti perfezionismo e competitività: estremamente coscienziose, sono tese ad ottenere il
massimo da ogni loro prestazione; il loro rendimento scolastico è in genere superiore alla media.
L’esordio può essere acuto, talvolta scatenato da un commento, anche scherzoso, sulle
dimensioni corporee, ma in genere è insidioso. Il disturbo può presentarsi sotto l’aspetto di una
dieta innocente, altre volte è mascherato da lamentale somatiche o da vari disturbi digestivi, che le
pazienti adducono come pretesti per giustificare una ridotta assunzione di cibo. Altre volte,
l’esordio è più subdolo: la paziente inizia a disfarsi di nascosto del cibo (lo nasconde, lo sputa, lo
getta via, lo vomita).
Molti dei sintomi del quadro compaiono anche in soggetti normali sottoposti a
digiuno e sono, quindi, attribuibili alle carenze alimentari e alla perdita di peso:
elevati livelli di ansia, irritabilità, scarsa concentrazione, depressione dell’umore,
labilità emotiva, indecisione, polarizzazione sul cibo, perdita degli interessi,
disturbi del sonno, riduzione della libido, accentuazione delle caratteristiche
ossessivo-compulsive precedenti, crisi bulimiche
Disturbi associati
I Disturbi dell’Umore, in particolare Depressione Maggiore e Distimia, possono presentarsi
subito prima l’esordio o durante la malattia.
Spesso, sono presenti tratti ossessivo-compulsivi di personalità ed i Disturbo di Personalità
Evitante e Bordeline.
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Il sottotipo bulimico presenta spesso alcune caratteristiche peculiari: maggiore familiarità per
depressione e alcolismo, ospedalizzazione più frequenti, cleptomania, abuso di alcol e farmaci, usao
di stupefacenti.
Decorso e prognosi
Spesso di tratta di un episodio singolo, seguito da una remissione più o meno completa; altre
volte l’andamento può essere ricorrente con oscillazioni tra remissioni e ricadute.
Dopo la remissione, malgrado la normalizzazione del peso corporeo, possono restare anomalie
del rapporto con il cibo, con restrizioni caloriche, costante preoccupazione per il peso, bulimia.
Diagnosi
Diagnosi differenziale:
BULIMIA NERVOSA
Per lungo tempo, è stata considerata una variante dell’Anoressia.
Epidemiologia
L’età di esordio è in genere tra i 12 ed i 35 anni, con un picco intorno ai 18.
Le classi sociali più colpite sono quelle medio-alte. Come nell’anoressia, sono maggiormente
a rischio le ballerine, le atlete e le modelle.
È più frequente nelle femmine, con un rapporto di 50:1.
Eziopatogenesi
Secondo la teoria dell’Addiction Model, o Modello della Dipendenza dal Cibo, la bulimia è
una generica predisposizione all’abuso di sostanze ed alla dipendenza conseguente. Esistono, infatti,
molte somiglianze, sul piano sintomatologico e comportamentale, tra la tossicodipendenza e la
bulimia.
Molte pazienti bulimiche sono sovrappeso durante l’adolescenza, hanno un’alta incidenza
familiare di obesità ed iniziano a presentare crisi bulimiche in concomitanza, o subito dopo, un
periodo di dieta.
Alcuni markers dei disturbi depressivi sono presenti anche nelle pazienti bulimiche, come, ad
esempio, la serotonina. Nella Bulimia, è stata ipotizzata la compromissione della risposta
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serotoninergica: alle abbuffate seguirebbe un aumento della serotonina, che consente di soddisfare
sia il senso della fame, sia di correggere la disforia o la depressione, che spesso scatenano la crisi
bulimica.
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Quadro clinico
Sono presenti un’intensa paura di ingrassare e preoccupazioni concernenti il peso,
la forma, le proporzioni o l’aspetto del corpo
La quantità di cibo ingerita, durante una crisi bulimica, è enorme (in media dalle 5.000 alle
20.000 calorie). Le modalità di ingestione sono peculiari: con voracità, in fretta, spesso con una
sommaria masticazione, senza gustarne realmente il sapore, alternando cibi dolci e salati in modo
caotico, con la sensazione di compulsione e di perdita del controllo sul proprio comportamento. In
genere, la crisi avviene in segreto e le pazienti affermano di esperirla come qualcosa di
completamente diverso dalle altre modalità di alimentarsi.
I fattori che possono precipitare la crisi bulimica sono: tristezza, ansia, collera, stress,
solitudine o noia, molto più raramente stati di benessere e euforia; avere assaggiato cibi proibiti o
altamente calorici; la vista del cibo. Durante la crisi, si producono un sollievo dall’ansia o dagli stati
d’animo spiacevoli, che è tuttavia temporaneo, perché presto subentrano il senso di colpa per aver
nuovamente perso il controllo, calo dell’autostima, depressione dell’umore, disgusto per sé stesse,
desideri di morte o pensieri di suicidio. Per questo motivo, si ricorre alle condotte di eliminazione,
tra le quali la più frequente è il vomito autoindotto. Seguono, poi, abuso di lassativi e diuretici,
masticare il cibo e poi sputarlo, ed esercizio fisico intenso, praticato in maniera rigida e compulsiva.
Nella maggior parte dei casi, si ha almeno una crisi al giorno, seguita da vomito autoindotto, e
di durata inferiore alle due ore.
Disturbi associati
Spesso si associa a Anoressia Nervosa, Disturbo Distimico e Depressione Maggiore, Disturbi
di Personalità Evitante e Bordeline e DOC.
Possono essere spesso presenti, inoltre, cleptomania, alcolismo, uso di sostanze stupefacenti,
atti autolesivi, tentativi di suicidio.
Man mano che le condotte bulimiche aumentano, si ha un impoverimento della vita affettiva,
delle relazioni interpersonali e delle prestazioni lavorative. A ciò segue, inevitabilmente, una caduta
dell’autostima.
Decorso
L’esordio è spesso associato con una dieta tesa a perdere peso; in altri casi, è presente un
evento di perdita o separazione.
Il vomito compare dopo circa un anno dall’esordio.
Il disturbo finisce con il sovvertire completamente le abitudini alimentari: le crisi si alternano
a periodi di digiuno o di rigide restrizioni.
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.24 Disturbi personalità
INTRODUZIONE
Nei DP, tali tratti sono rigidi e non adattivi e causano, quindi, una significativa
compromissione del funzionamento sociale e lavorativo, oppure una sofferenza soggettiva.
Nel DSM, i DP sono considerati entità distinte dalle altre condizioni psichiatriche e sono
collocati su un Asse (Asse II) separato dagli altri disturbi mentali (Asse I). I DP possono
predisporre allo sviluppo di patologie dell’Asse I e influenzarne le manifestazioni, il decorso e la
risposta ai trattamenti.
Tuttavia, non è possibile distinguere nettamente tra Asse I e Asse II, come se i due tipi di
disturbi fossero eziologicamente differenti. È utile, quindi, ricorrere al concetto di spettro di
malattia, secondo cui alcuni disturbi dell’Asse I e dell’Asse II, simili per caratteristiche descrittive,
terapeutiche ed eziologiche, sia pure con diversa modalità espressiva, potrebbero far parte di un
continuum di manifestazioni psicopatologiche: i DP sarebbero le condizioni meno gravi, ed
andrebbero sfumando nei disturbi maggiori, all’aumentare della gravità.
Molti DP, quindi, rientrerebbero in uno spettro di patologie: il Disturbo Borderline con i
Disturbi dell’Umore, il Disturbo Schizotipico con la Schizofrenia, il Disturbo di Evitamento con i
Disturbi d’Ansia.
Bisogna considerare, inoltre, che anche le patologie maggiori hanno influenza sulla struttura
di personalità: un decorso prolungato di malattia influenza aspetti delle personalità, come lo stile
cognitivo, l’affettività ed il comportamento.
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CLASSIFICAZIONE
Disturbo di Personalità: presenza persistente di un modello di comportamento che si
discosta molto da quanto previsto dalla cultura dell’individuo e che si manifesta in almeno
due delle seguenti aree: cognitività, affettività, funzionamento interpersonale e controllo
degli impulsi; tale modello è inflessibile e pervasivo in molte situazioni personali e sociali
e determina disagio o compromissione del funzionamento sociale e lavorativo; l’esordio
si ha, in genere, nell’adolescenza o all’inizio dell’età adulta
Assenza di relazioni: mancano relazioni strette, sia in ambito familiare, che in amicizia; non ci sono
confidenti; i soggetti con DP Schizoide sono solitari, perché non desiderano stabilire rapporti
interpersonali con gli altri e scelgono, quindi, attività solitarie; il desiderio di esperienze sessuali
con altre persone è ridotto.
Emotività appiattita: incapacità di esperire forti emozioni, freddezza e distacco, senza espressione
di sentimenti quali rabbia o gioia e con insensibilità alla critica o alla lode.
Tali persone possono ottenere discreti risultati in ambito lavorativo, ma solo in attività che
non comportano il contatto interpersonale.
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Cluster B (melodrammatico, emotivo, imprevedibile)
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incapacità ad amare, mancanza di insight, vita sessuale superficiale, incapacità di pianificazione,
comportamenti di tipo criminale.
Molti comportamenti possono portare alla diagnosi aggiuntiva di DP Borderline, sebbene gli
Antisociali, in genere, non presentano l’intensa dipendenza dei Borderline.
I dati indicano che, nelle famiglie in cui è presente un individuo Antisociale, spesso è presente
anche il Disturbo di Somatizzazione. Il comportamento antisociale si ritroverebbe, in maggioranza,
nel sesso maschile, mentre l’istrionico in quello femminile, ed è possibile che entrambi condividano
gli stessi fattori genetici, che si esprimono poi in modo differente a seconda dei modelli di
socializzazione (maschile/femminile).
Tali DP sono in stretto rapporto con i Disturbi d’Ansia dell’Asse I del DSM.
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Disturbo di personalità dipendente
Caratterizzato da comportamento dipendente e sottomesso, determinato dalla
paura di essere abbandonati
I Dipendenti lasciano che gli altri decidano al loro posto, trovano difficile iniziare o
completare un compito da soli, si disperano quando finisce una relazione. Il funzionamento sociale
è solitamente adeguato, tranne quando è richiesto un comportamento innovativo, assertivo, deciso.
Per evitare il temuto abbandono, i Dipendenti tollerano maltrattamenti, umiliazioni, si dicono
d’accordo con le persone anche quando non lo sono.
I Compulsivi sono eccessivamente preoccupati per i dettagli, per cui perdono di vista
l’obiettivo finale dell’azione e non riescono a portarla a termine, nel tentativo di mantenere standard
troppo elevati. Si sentono più a loro agio nel lavoro, che nelle attività di tempo libero e nei rapporti
di amicizia.
Sono inoltre presenti: difficoltà a disfarsi di oggetti, anche di nessun valore, nell’ipotesi che
possano essere utili in futuro; ridotta risonanza emotiva nelle situazioni interpersonali.
Gli individui con tale DP rimandano, dimenticano o sono intenzionalmente inefficienti nei
compiti che preferirebbero non svolgere; si lamentano di ricevere richieste irragionevoli e diventano
polemici; criticano le persone che occupano una posizione di autorità, si risentono per i
suggerimenti per essere più produttivi. Non sono coscienti della loro ostilità verso l’autorità, sono
dipendenti e non hanno fiducia nelle loro capacità.
Personalità depressiva
Individui con assetto cognitivo e comportamentale di tipo depressivo: infelicità, mancanza di
allegria e di entusiasmo, sentimenti di esclusione; sono eccessivamente seri, privi di senso
dell’umorismo, ipercritici nei confronti degli altri e di se stessi; hanno bassa autostima e tendenza a
provare sensi di colpa.
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