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FENOMENI SISMICI

I terremoti sono fenomeni tettonici che consistono in improvvise vibrazioni del


terreno, provocate dalla liberazione dell’energia meccanica all’interno della litosfera,
questi sono la prova più evidente che la terra non è statica.
Quando si verifica un terremoto, l’energia accumulata viene liberata velocemente, le
rocce si fratturano e l’energia viene dissipata in parte sottoforma di calore, in parte
sottoforma di onde elastiche che arrivate in superficie generano le scosse che
percepiamo. Il luogo di profondità in cui viene liberata energia è detto ipocentro, ed è
il luogo da cui partono le vibrazioni elastiche che poi si propagano in tutte le direzioni
dello spazio, dall’interno verso l’esterno della superficie. L’epicentro, invece, è il punto
della superficie terrestre che per primo viene raggiunto dalle vibrazioni, è il punto in
cui le scosse sismiche vengono avvertite con più intensità.

Le vibrazioni possiamo percepirle in diversi modi: parliamo di scosse sussultorie


quando il sisma si avverte come movimento verticale, parliamo di scosse ondulatorie
quando si avverte come movimento orizzontale. Quando i due tipi di scosse
interferiscono, parliamo di scosse rotatorie. A volte le scosse sono deboli e non
vengono quasi percepite(microsismi), altre volte sono così violente da generare
gravi conseguenze (macrosismi).
Il terremoto non è un fenomeno casuale: infatti in un anno se ne verificano circa 1
milione, e si manifestano entro certe fasce della superficie terrestre, le cosiddette
aree sismiche. Le aree sismiche sono aree della litosfera (involucro esterno della
terra) in cui si ripetono facilmente eventi sismici di origine tettonica, e ogni terremoto
ha un’ipocentro diverso dal precedente.

In base alle cause che scatenano un terremoto possiamo distinguere 4 tipi di


terremoti:
1. I terremoti vulcanici sono vibrazioni del suolo prodotte dal movimento del
magma in risalita entro la crosta e nel camino vulcanico.
2. I terremoti da crollo che sono causati appunto dal crollo di una grotta o di una
miniera, sono accidentali e di debole intensità. Avvengono nelle regioni
carsiche, nelle quali sono comuni cavità e fiumi sotterranei.
3. I terremoti da esplosione sono eventi artificiali che si verificano in seguito a
esplosioni di dispositivi chimici o nucleari sotterranei.
4. I terremoti tettonici che si producono quando le masse rocciose si fratturano.

Dopo il terremoto di San Francisco del 1906, il sismologo americano Reid enunciò la
teoria del rimbalzo elastico, perché il disastroso terremoto aveva provocato
movimenti del terreno lungo la faglia di Sant’Andrea, una profonda lacerazione della
crosta terrestre che attraversa la California. Dopo il terremoto alcuni elementi del
paesaggio come le strade apparivano spostate lateralmente l’una rispetto all’altra di
diversi metri, prendendo in esame alcuni rilevamenti topografici effettuati nella zona
nel corso dei cinquant’anni precedenti, mise in evidenza che prima del terremoto
quelle strade si erano incurvati nel tratto in cui attraversavano il percorso della faglia.
Il sismologo giunse alla conclusione che: le rocce sottoposte a qualche sforzo, si
comportano in maniera elastica, si deformano lentamente, accumulando energia,
fino a che non viene raggiunto il limite di rottura, cioè il limite di elasticità oltre il
quale una roccia non può deformarsi elasticamente. Se la forza continua ad agire e
la tensione accumulata supera il limite di elasticità, la roccia si spacca
improvvisamente nel punto più debole, producendo una faglia, luogo in cui le rocce
possono scorrere le une contro le altre direzioni opposte. Le masse rocciose
scorrendo lungo i piani della faglia riacquistano il loro volume e la loro posizione di
equilibrio , con una serie di rapide vibrazioni , e si trasmettono alle masse rocciose
circostanti e che possono durare da pochi secondi a qualche minuto , a seconda di
come di quanto si estende la lacerazione . Nel caso in cui esistesse già una faglia,
come nel caso del terremoto di San Francisco , l’attrito tra le due labbra delle faglie è
così forte da impedire all’inizio ogni movimento , le rocce cominciano a deformarsi
elasticamente , quando però la tensione che si accumula nelle rocce supera la
resistenza dovuta all’attrito , la faglia si riattiva e il movimento avviene lungo di essa.
Nei giorni successivi per ristabilire una situazione di equilibrio ci sono scosse di
assestamento di debole intensità. Gli ipocentri dei terremoti sono collocati sul piano
di scorrimento di una faglia , e diventano proprio il punto di rottura di un terremoto.
Finché la faglia resta attiva , quindi abbiamo la deformazione elastica della roccia, si
possono generare nuovi eventi sismici .
Se le forze che hanno causato un terremoto agiscono anche dopo l’evento sismico ,
le rocce ai lati della faglia iniziano ad accumulare energia e a deformarsi, quando
viene superato nuovamente il limite di elasticità , si verificherà una nuova rottura e un
nuovo terremoto. Se gli eventi sismici lungo la faglia sono frequenti, la scossa non
sarà violenta; se invece l’intervallo tra un sisma e l’altro si prolunga, si accumulerà
una maggiore quantità di energia elastica nelle rocce, quindi sarà più violento e
disastroso il sisma che si produrrà. Questo è il periodo che intercorre tra due eventi
sismici, che prende il nome di periodo di ritorno.

I terremoti sono fenomeni ciclici, perché in una zona in cui si è manifestato il


terremoto , si raggiunge un nuovo equilibrio , che garantisce un periodo di tranquillità
sismica , si accumulerà però nuovamente energia e questo manifesterà un nuovo
terremoto . Parliamo di ciclo sismico, ovvero il processo di deformazione elastica
delle rocce fino alla sua rottura e al successivo rimbalzo elastico. Il ciclo sismico
prevede 4 stadi:
1. Presismico, prima della rottura, in cui la deformazione elastica provoca
variazioni in alcune caratteristiche delle rocce
2. Intersismico, in cui inizia l’accumulo di energia
3. Cosìsismico, l’energia potenziale accumulata come deformazione elastica si
libera sottoforma di calore e produce il terremoto
4. Postsismica, l’area colpita va verso un nuovo equilibrio attraverso scosse
successive.

L’energia elastica che si era accumulata nel tempo si libera come energia meccanica
e si propaga in tutte le direzioni sottoforma di onde sismiche. La sismologia è lo
studio delle onde elastiche generate dei terremoti. Le onde elastiche sono dette
onde sismiche, perché provocano una deformazione dinamica dei materiali che
attraversano, ma dopo il loro passaggio, il volume della roccia riacquista la sua
conformazione iniziale, infatti le onde sismiche non causano un vero spostamento
dei materiali che attraversano, ma solo vibrazioni delle particelle, che pur oscillando,
mantengono una posizione costante.

La vibrazione si può trasmettere in diversi modi, infatti le onde sismiche essendo


onde meccaniche che si trasmettono grazie all’oscillazione delle particelle della
roccia in cui si propagano , il movimento può avvenire longitudinalmente , in cui le
particelle si avvicinano e si allontanano alternativamente , oppure trasversalmente in
cui le particelle vengono fatte muovere perpendicolarmente alla direzione di
propagazione dell’onda , sollevandole e abbassandole alternativamente.
In base al loro modo di propagarsi attraverso il materiale che attraversano,
distinguiamo tre tipi di onde:
1. Onde longitudinali
2. Onde trasversali
3. Onde superficiali

1. Le onde longitudinali o di compressione sono le onde primarie(P), ovvero le


prime che vengono registrate dai sismografi, sono le onde più veloci. Queste
onde deformano i materiali nello stesso senso di propagazione dell’onda,
causando una variazione di volume del mezzo attraversato. Le onde P si
propagano nei solidi, nei liquidi e nei gas, ma la loro velocità varia in relazione
allo stato fisico e alla natura litologica dei materiali attraversati.
2. Le onde trasversali o di distorsione sono le onde secondarie (S) e modificano
i materiali che attraversano in senso trasversale rispetto alla direzione di
propagazione, producendo una variazione di forma dei materiali attraversati.
Al loro passaggio, ogni singolo blocchetto di materia viene trasformato
momentaneamente in un solido non regolare, che poi torna nella forma
originaria, mentre le particelle di materia oscillano in direzione perpendicolare
alla direzione di propagazione dell’onda sismica. Sono più lente delle onde P e
non si propagano nei materiali fluidi, perché le forze tra le molecole sono così
deboli che quando si muovono non trascinano con se è quelle contigue.
3. Quando le onde P e le onde S raggiungono la superficie, si formano le onde L (
onde superficiali) che si propagano lungo la superficie terrestre muovendosi
dal punto di origine.
Tra le onde superficiali ricordiamo le onde di Rayleigh ( R ) e le onde di Love (L). Al
propagarsi di un’onda R le particelle compiono orbite ellittiche in un piano verticale
lungo la direzione di propagazione. Al passaggio di un’onda L le particelle oscillano
trasversalmente alla direzione di propagazione, ma sul piano orizzontale.

[Quindi durante un terremoto nell’ipocentro si generano gruppi di onde P ed esse per


tutta la durata del movimento di una faglia attivata, queste si propagano in ogni
direzione e quando arrivano in superficie generano a loro volta le onde superficiali.]

Per studiare le onde sismiche lo strumento utilizzato è il sismografo. Quest’ultimo si


basa sull’inerzia di una massa sospesa, che tende a rimanere immobile anche
quando il supporto inizia a muoversi insieme al suolo per il manifestarsi di una
vibrazione. La massa ha una punta scrivente che lascia una traccia su una striscia di
carta che ruota a mezzo di un rullo solidale con il suolo, in condizioni normali la
traccia dal sismografo è una linea spezzata, se c’è la scossa le vibrazioni del terreno
provocano il movimento del supporto, ma la massa resta ferma e il pennino registra
le oscillazioni del suolo sul cilindro. In ogni stazione di rilevamento sono in funzione
contemporaneamente tre sismografi: uno registra la componente del movimento
lungo la verticale, gli altri sul piano orizzontale tra loro perpendicolari.

La registrazione del movimento sismico da parte di un sismografo si chiama invece


sismogramma. Le onde sismiche corrispondono a oscillazioni di ampiezza e
frequenza elevata, su ogni tracciato si identificano tre gruppi di oscillazioni che
corrispondono ai tre tipi di onde:
P, le prime ad essere registrate, sono rappresentate da oscillazioni regolari, di
piccola ampiezza e con un breve periodo,
S, sono meno veloci delle onde P, sono rappresentate da oscillazioni meno
regolari, ma di ampiezza maggiore e un periodo più lungo,
L, sono lente irregolari e dotate di ampiezza ancora più elevata e di più lunga
durata.

Per ricavare informazioni dai sismogrammi, bisogna ricavare un diagramma, in tale


diagramma vengono messi a confronto i tempi di arrivo dei singoli tipi di onde con le
distanze dall’epicentro dalle stazioni in cui sono stati registrati i singoli
sismogrammi. Queste curve dette dromocrone, indicano i tempi di propagazione di
ogni tipo di onda in funzione della distanza dall’epicentro. In base alla curva è
possibile ricavare la distanza dell’epicentro misurando la differenza tra il tempo di
arrivo della prima onda P e quello della prima onda S, cercare poi sull’ascissa della
dromocrona la distanza dall’epicentro in cui corrisponde un intervallo tra le due curve
pari all’intervallo di tempo misurato. Il sismogramma può fornirci anche la profondità
dell’ipocentro, per fare ciò sono necessarie le registrazioni di almeno 10 stazioni.
Sono stati distinti i terremoti superficiali, con profondità ipocentrale tra 0 e 70 km,
intermedi con profondità tra 70 e 300 km, profondi con ipocentro oltre 300 km.

La lettura di un sismogramma ci permette di ricavare numerose informazioni come


la posizione dell’epicentro, la profondità dell’ipocentro, la direzione del movimento. I
sismogrammi raccolti nelle aree vicino all’epicentro sono confusi, perché tutte le
onde arrivano contemporaneamente e lasciano tracce che si sovrappongono. La
distanza è troppo breve per evidenziare le differenze di velocità o i percorsi seguiti
dalle onde. Più le stazioni sono lontane dall’epicentro, più l’intervallo tra un gruppo di
onde e l’altro aumenta e si riconoscono quindi le diverse onde.

La forza di un terremoto può essere rilevata con due metodi diversi: la scala di
intensità e la scala di magnitudo.
La scala di intensità si basa sullo studio degli effetti prodotti dal terremoto su
persone, manufatti e terreno. La scala utilizzata è la scala MCS, Mercalli, Cancani,
Sieberg. Ad ogni località viene assegnato un grado di intensità massimo nell'area
epicentrale, fino a zone in cui non si sono rilevati effetti. Dopo aver riportato su una
rappresentazione cartografica i valori dell’intensità per ciascuna località, si tracciano
delle linee di confine tra le zone in cui il terremoto si è manifestato con intensità
diverse, otteniamo una serie di curve chiuse dette isosisme. La forma e l’andamento
delle isosisme forniscono informazioni sulla struttura geologica dell'area in esame.
L’intensità di un sisma diminuisce allontanandosi dall’epicentro e dipende dalla
distanza da esso, quindi si indica come intensità di un sisma il massimo valore
registrato.

Nel 1935 il sismologo Richter propose di misurare la magnitudo di un terremoto,


confrontando l’ampiezza massima delle onde registrate da un sismogramma relativo
a quel terremoto con l’ampiezza massima delle onde registrate da un terremoto
scelto come riferimento. La scala della magnitudo proposta da Richter è una scala
logaritmica, per cui un aumento di un’unità nella magnitudo corrisponde a un
aumento di un fattore 10 nell’ampiezza del movimento del terreno.
La magnitudo non è una misura diretta dell’energia totale liberata da un terremoto,
ma è correlabile con essa tramite relazioni empiriche. La magnitudo di un terremoto
dipende dall’energia liberata nell’ipocentro, sottoforma di onde sismiche e altri fattori
come la profondità, che possono determinare variazioni da un caso all’altro.
● Sismi di magnitudo inferiori a tre provocano scosse quasi non percepibili,
● tra 3 e 5 le scosse sono evidenti e causano danni non rilevanti,
● superiore a 5 le scosse sono disastrose.
La magnitudo è una misura strumentale della forza del terremoto nel punto in cui
questo si è originato, ogni terremoto ha una sua magnitudo che non è legata né alla
posizione né alla distanza della stazione sismica.

L’intensità ,invece, si riferisce agli effetti provocati dal terremoto in una certa zona ed
è una valutazione del modo in cui il sisma è stato avvertito nelle varie zone.

I terremoti possono provocare dei danni agli edifici e non solo. Il tipo di costruzione
ha grande importanza: l’ingegneria antisismica è in grado di realizzare strutture
resistenti a sollecitazioni di fronte alle quali i normali edifici sono invece vulnerabili.
Anche la natura geologica del terreno su cui poggiano gli edifici a grande importanza
perché può modificare il comportamento delle onde sismiche. Altre volte sono le
caratteristiche di certi terrene, alcuni di essi a causa delle vibrazioni subiscono un
fenomeno detto liquefazione e perdono ogni consistenza, per cui gli edifici
sovrastanti affondono in essi. Tra gli effetti del terremoto considerati i primari
ricordiamo la formazione di fratture nel terreno, e il sollevamento l’abbassamento del
suolo che provocano dislivelli lungo strade e ferrovie che possono devi far deviare il
corso dei fiumi.

Oltre i terremoti, esistono anche i maremoti, chiamati generalmente tsunami, termine


giapponese che significa onda di porto. Il maremoto si manifesta come un’onda
d’acqua che si muove a grande velocità sulla superficie del mare e può percorrere
spazi molto vasti, può essere causato da eventi diversi: collasso di isole vulcaniche,
grandi frane sottomarine e grandi eruzioni vulcaniche in mare. Il maremoto è un’onda
improvvisa, provocata da sismi con ipocentro sul fondale marino o da eruzioni
vulcaniche.

La distribuzione dei terremoti sulla superficie, non è casuale, ma gli epicentri risulta
un allineati secondo fasce ben definite dal punto di vista geografico. Queste fasce
coincidono in particolare con le dorsali oceaniche e le fosse abissali. Una sismicità
significativa e con ipocentri superficiali segue il sistema di dorsali oceaniche, una
sismi città molto più intensa segue tutte le grandi fosse oceaniche dell’ Oceano
Pacifico. L’ipo centri e come se fossero distribuiti lungo una superficie reale che
scende nell’interno della terra, fino a oltre 700 km di profondità. Tale superficie e
nota come superficie di Benioff-Wadati. Una fascia di forte sismi città segue le
catene montuose di formazione recente dal Mediterraneo all’Himalaya con un ramo
che prosegue verso la Cina.

La previsione dei terremoti si divide in previsione deterministica e previsione


statistica.
La previsione deterministica viene di entrata attraverso l’esame di fenomeni
precursori, cioè una serie di eventi che ricorrono in un intervallo di tempo
precedente il terremoto.
Alla base della ricerca di fenomeni precursori abbiamo il modello del rimbalzo
elastico. In una roccia sottoposta a sforzo si verifica una deformazione elastica, ma
prima della rottura della roccia è stato individuato uno stadio in cui la roccia tende a
dilatarsi. Questo fenomeno chiamato di latenza provoca alcune2
e
non malie nelle
rocce che possono essere usate come fenomeni precursori, tra questi l’aumento
della quantità di gas radon di solito nelle acque delle falde o che si libera dalla
superficie del suolo ( il radon è un elemento radioattivo gassoso che si libera
lentamente da alcuni minerali contenuti nelle rocce della crosta).

La previsione deterministica richiede la sorveglianza continua di vaste aree, con


risultati non ancora sufficientemente attendibili.
[in Italia, un paese sismico, solo la Sardegna e la penisola salentina sono prive di
epicentri; anche l’arco alpino e poco sismico ad eccezione del Trentino alto Adige. La
sismi città maggiore si osserva dell’Italia centro meridionale tra Campania,
Basilicata, Calabria e Sicilia.

La previsione statistica dei terremoti si basa sull’osservazione che la


distribuzione geografica delle aree sismiche non è casuale ma definita e sul
presupposto che in ogni aria la storia sismica ha caratteristiche
statisticamente simili nel tempo. I cataloghi sismici sono strumenti
fondamentali per la previsione statistica perché contengono i dati
caratteristici di tutti i terremoti di cui si è avuta notizia.
La previsione statistica e di scarsa utilità pratica per un allarme sismico, e però di
grande importanza per circoscrivere arie indiziate per le quali è statisticamente
probabile l’imminenza di un terremoto.

Per quanto concerne la prevenzione del rischio sismico, abbiamo: si risentino


● La pericolosità sismica e indica la probabilità che in una certa area Siri senti
non gli effetti di un terremoto
● La vulnerabilità che è una valutazione della debolezza di un territorio di fronte
a un terremoto
● I costi che si riferiscono alle perdite di vita, ai danni agli edifici, al danno
sociale per le attività colpite dall’evento.
L’azione preventiva dovrebbe essere volta a individuare le zone a rischio sismico e
indicare gli interventi necessari in tale zone per evitare le vittime e i danni in caso di
sismi. La sismi città di un’aria si può determinare in base all’intensità e la frequenza
AREA
dei terremoti che in tale idea
⑧ si sono verificati in passato. Si parte dei cataloghi

sismici arrivando ad una classificazione sismica, cioè a suddividere il territorio in


esame in area a diversa sismicità.
Nel nostro paese la classificazione sismica è stato introdotto con molto ritardo, la
prima classificazione risale dopo il disastroso terremoto del 1908 che distrusse
Messina e Reggio Calabria, ma si basavano su pochi dati in aree limitate. Solo nel
2003 la classificazione è stata completata e aggiornata, e tutto il territorio nazionale
risulta sismico diviso in quattro zone, con gradi di pericolosità diversi. Nell’opera di
prevenzione dovrebbe rientrare l’elaborazione di piani di intervento per
l’organizzazione di soccorsi in caso di terremoto, bisogna individuare in anticipo i
percorsi stradali da privilegiare per l’afflusso e l’evacuazione di mezzi e dei
responsabili delle varie operazioni, è importante quindi un’educazione di massa, per
preparare adeguatamente la popolazione al momento dell’emergenza.

Per microzonazione sismica si intende la valutazione della pericolosità sismica


locale attraverso l’individuazione di zone di territorio caratterizzato da
comportamento sismico omogeneo, individua e caratterizza le zona diversa stabilità
in caso di terremoto. Gli studi di microzonazione ci permettono di conoscere questi
fenomeni per ricavare informazioni utili per intervenire sul territorio confini di difesa
dei terremoti. Il documento noto come carta della microzonazione omogenea in
prospettiva sismica, permette di suddividere il territorio in tre categorie:
1. Zone stabili, pianeggianti con terreni rocciosi
2. Zone stabili suscettibili di instabilità, in cui ci si può aspettare amplificazione
del movimento del suolo
3. Zone suscettibili di instabilità dove sono possibili liquefazione e attivazione di
faglie nel terreno.

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