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I FENOMENI

VULCANICI
Il vulcanismo, rappresentato da quasi 600 vulcani attivi sulla Terra e dalle emissioni continue di lava
negli oceani, è un segno evidente dell'attività irrequieta del nostro pianeta. Questo fenomeno assume
dimensioni planetarie grazie a testimonianze geologiche che indicano la sua presenza da miliardi di
anni. La rilevanza del vulcanismo come processo di trasformazione terrestre è evidente, soprattutto
alla luce delle sonde spaziali che hanno evidenziato attività vulcanica su altri corpi celesti del Sistema
solare, come Marte, Io (il satellite di Giove) e la Luna. Queste eruzioni sono responsabili anche della
composizione delle rocce lunari. Le manifestazioni vulcaniche possono variare ampiamente, dalle
eruzioni tranquille alla lava che scorre alle esplosioni violente. Nonostante questa diversità, il
vulcanismo è un fenomeno unitario. Esaminare il suo meccanismo, i segni visibili (come i tipi di
eruzioni, le strutture vulcaniche create e i materiali emessi) e il suo dualismo (tra eruzioni tranquille
ed esplosioni violente) aiuta a comprendere il suo ruolo nell'evoluzione del pianeta. La distribuzione
geografica delle attività vulcaniche segue un modello preciso, suggerendo un processo più significativo
all'interno del pianeta. L'attività vulcanica trasferisce materiali dall'interno alla superficie terrestre
attraverso la fusione delle rocce, la risalita dei magmi e la solidificazione in superficie. Questo processo
ha contribuito alla formazione della crosta terrestre e alla creazione dell'atmosfera e dell'idrosfera,
che hanno a loro volta permesso lo sviluppo della biosfera. I vulcani, considerati "finestre" dalla
comunità scientifica, permettono di esaminare regioni altrimenti inaccessibili della Terra,
consentendo di comprendere i processi che si verificano al di sotto della superficie. La conoscenza dei
fenomeni vulcanici è cruciale, specialmente in ambiti in cui possono interferire con l'attività umana,
come nel caso del rischio vulcanico. La prevenzione del danno è l'approccio principale, che può essere
attuato solo con una comprensione approfondita dei meccanismi eruttivi. Infine, l'attività vulcanica
offre risorse preziose per l'umanità, come giacimenti minerari, materiali da costruzione e energia
geotermica, contribuendo in vari modi all'attività antropica.

I MAGMI

Il fenomeno vulcanico nel suo insieme è molto complesso per la molteplicità delle strutture e dei
prodotti cui dà origine. Tuttavia, c'è un aspetto del vulcanismo che appare comune a tutte le sue
manifestazioni ed è la risalita, dall'interno della Terra, di materiali rocciosi allo stato fuso. Questi,
mescolati ai gas, tutti ad alte temperature, una volta giunti in superficie si raffreddano rapidamente e
si solidificano oppure si disperdono nell'atmosfera. Tali masse fuse, chiamate magmi, prendono
origine all'interno della crosta terrestre o della parte alta del sottostante mantello (in genere tra i 15
e i 100 km di profondità). Esse si formano ogni volta che, a quelle profondità, si verificano particolari
condizioni chimiche e fisiche (come aumento di temperatura, diminuzione di pressione, arrivo di
fluidi). L'attività vulcanica può innescarsi improvvisamente in qualche settore della superficie terrestre
e persistervi per un tempo più o meno lungo (anche per milioni di anni), prima di estinguersi per il
venir meno, in profondità, di quelle condizioni che avevano provocato la formazione di magma. Il
processo di fusione procede gradualmente: il materiale in origine molto caldo, ma ancora solido, si
trasforma pian piano in una massa di consistenza pastosa, al cui interno si individuano innumerevoli
minuscole gocce di magma che si separano via via da un residuo refrattario (cioè in grado di resistere
ad alte temperature senza fondere o subire alterazioni).

Il materiale roccioso allo stato fuso è meno denso della roccia che lo circonda e si espande esercitando
una pressione sulle pareti della minuscola cavità in cui si sta formando. Nella roccia circostante si
forma così una rete di minuscole fessure, che finiscono per collegarsi a fessure analoghe prodotte da
innumerevoli altre gocce di fusione. Quando un volume compreso tra il 5 e il 20% del materiale
originario è ormai fuso, le singole gocce di fluido trovano spazi sufficienti per muoversi attraverso la
rete di fessure, sempre più fitta e diffusa, e finiscono per unirsi fra loro in una massa continua. A quel
punto la massa di magma in formazione inizia a risalire attraverso il materiale ancora solido e assume
una tipica forma «a goccia», chiamata diapiro. Il fenomeno è del tutto analogo al galleggiamento e
rientra nel concetto generale di isostasia. A questo punto la risalita del magma è relativamente rapida
e avviene attraverso le rocce solide sovrastanti, sfruttando ogni fessura che il magma stesso tende ad
ampliare o a generare con la sua spinta. La velocità di risalita di una massa di magma dipende da molti
fattori: la sua viscosità (legata alla composizione chimica, alla temperatura e alla presenza di gas), il
suo volume, la profondità della zona in cui si origina, la temperatura delle rocce attraverso cui risale
ecc. La risalita del magma può quindi rallentare fino ad arrestarsi, per riprendere successivamente. A
ogni arresto la natura chimica del fuso può cambiare, ad esempio per l'ingresso al suo interno di parte
delle rocce con cui viene in contatto (fenomeni di «mescolamento» e «assimilazione). Man mano che
salgono, i diapiri si uniscono e fondono in una massa sempre maggiore. D'altra parte, però, al
diminuire della profondità dalla superficie la densità delle rocce solide diminuisce e, come
conseguenza, la «spinta di galleggiamento» del diapiro si esaurisce e la massa fusa si accumula e forma
una camera magmatica. Qualche vulcanologo ha paragonato efficacemente la camera magmatica a
una pentola gigantesca piena di un fluido in ebollizione, posta sul fuoco. Al suo interno il magma ad
alta temperatura, a contatto con le rocce circostanti, meno calde, è agitato da movimenti convettivi,
per cui risale nel cuore della massa fluida e scende lungo le pareti della camera, sul cui fondo torna a
riscaldarsi e a risalire nuovamente. Nel processo perde man mano calore e possono cominciare a
formarsi i primi cristalli dei minerali a più alto punto di fusione (cioè i più refrattari). Continuano anche
i processi, già ricordati, di assimilazione e mescolamento, mentre i gas sciolti nella massa fusa possono
cominciare a separarsi e a formare bolle nel fuso.

Tutto questo è il necessario preludio a un'eruzione vulcanica. L'energia che si accumula nella camera
magmatica con la liberazione di gas finisce per superare la resistenza della copertura di rocce
sovrastanti e si apre un condotto vulcanico, attraverso il quale il materiale fuso e i gas si riversano
all'esterno con grande forza. Quando il magma arriva in superficie si innescano i fenomeni vulcanici in
senso stretto (anche se i processi appena descritti fanno parte anch'essi del «vulcanismo»), con una
molteplicità di forme e di prodotti che si giustificano con le diverse condizioni in cui i magmi possono
originarsi in profondità e risalire all'esterno. Ed è proprio attraverso tali diversità di manifestazioni che
il vulcanismo ha fornito molti dati indispensabili per comprendere come si è formato e come continua
a trasformarsi il nostro pianeta.

ERUZIONI, EDIFICI VULCANICI E PRODOTTI DELL’ATTIVITÀ

UULCANICA

Il trasferimento di materiale fuso sulla superficie terrestre avviene in vari modi e da questo dipende
da:

- I diversi tipi di eruzione;


- Il risultato di questo processo, gli edifici vulcanici;
- In cosa si trasforma il magma, i prodotti delle eruzioni.

I DIVERSI TIPI DI ERUZIONE

In uno stesso vulcano possono alternarsi o succedersi nel tempo diversi tipi di attività. Il tipo di
eruzione è influenza da diversi fattori, i principali sono:

1. La viscosità del magma in risalita;


2. Contenuto di gas nel magma, in particolar modo vapore acqueo.
La viscosità è molto elevata nei magmi acidi che danno origine a lave di tipo riolitico, e molto minore
nei magmi basici da cui derivano lave di tipo basaltico.

In base alla velocità con cui il magma si muove e ai gas che trascina con se si hanno diversi tipi di
eruzioni:

1. Se il magma arriva a traboccare SENZA che le bollicine di gas si uniscono in bolle più grandi, il
magma da origine ad un’eruzione effusiva; il magma è fluido e risale a grande velocità.
2. Se le bolle di gas riescono ad unirsi e crescono fino a frammentare il magma si verifica
un’eruzione esplosiva.

I fattori che influenzano il tipo di eruzione sono:

- La viscosità del magma;


- Il contenuto in gas;
- La temperatura;
- Rapidità di liberazione dei gas.
❑ Attività di tipo hawaiano

È un’eruzione effusiva (ovvero non esplosiva), è caratterizzata da produzione di lave che derivano da
magmi molto caldi, fluidi e con pochi gas. La lava è basica ed esce da vulcani a scudo. I gas contenuti
nella lava vengono liberati in modo tranquillo, prima che essa solidifichi e si fermi, per cui la superficie
della colata lavica si presenta liscia, ricoperta da un sottile strato di vetro vulcanico e prende il nome
di pahoehoe (termine che in hawaiano significa "dove si può camminare a piedi nudi"). La lava eruttata
è povera in silice e sul fondo del cratere si possono formare laghi di lava dai quali a volte sgorgano
fontane di lava, alte più di 100 m. Non di rado accade che nel cratere di questa tipologia di vulcani si
vengano a creare anche dei veri e propri laghi di lava! Il nome di queste eruzioni trae le sue origini dal
luogo dove queste sono particolarmente evidenti: le Hawaii e, in particolare, i vulcani Kilauea e Mauna
Loa.

❑ Attività di tipo islandese

L'effusione avviene da fratture della crosta, con emissione di abbondante lava basaltica. La lava
sempre molto fluida fuoriesce da lunghe fessure invece che da un condotto centrale. Il ripetersi di tali
eruzioni dalla stessa fessura porta alla formazione di vasti espandimenti lavici basaltici. A volte
l’attività effusiva è accompagnata da modesta attività esplosiva. Generato da vulcani fissurali o lineari,
ovvero edifici vulcanici costituiti non dal classico rilievo di forma conica ma da un insieme di lunghe
fratture parallele dalle quali fuoriesce la lava. Questi vulcani eruttano magmi basici ed ultrabasici e
sono situati soprattutto lungo le dorsali oceaniche. Al termine di un’eruzione la fessura eruttiva può
sparire, perché ricoperta dalla nuova lava e riapparire nella successiva eruzione. Si tratta sempre di
colate di lava molto fluide e povere di gas ma, a differenza di quelle hawaiane, l’eruzione non avviene
solo da un cratere “centrale” ma anche lungo delle fessure che si snodano anche per diversi chilometri
di lunghezza. Questi particolari vulcani eruttano magmi basici ed ultrabasici e sono situati soprattutto
lungo le dorsali oceaniche (come in Islanda, terra di geyser e vulcani subglaciali). La sovrapposizione
di numerose colate può creare nel tempo una sorta di cono vulcanico come avvenuto nel campo lavico
Holuhraun nei pressi del vulcano Bardarbunga.

❑ Attività di tipo stromboliano


Prende il nome dall’attività eruttiva dell’isola di Stromboli, nelle Eolie. Presenta una modesta
esplosività a intervalli più o meno regolari. La lava, abbastanza fluida, ma men rispetto ai casi
precedenti, ristagna periodicamente nel cratere dove inizia a solidificare. Si forma così una crosta
solida, al di sotto della quale si vanno accumulando i gas che continuano a liberarsi dal magma. La
pressione di questi gas cresce fino a far saltare la crosta con modeste esplosioni, che lanciano in aria
brandelli di lava fusa. Esaurita la spinta dei gas, la lava torna a ristagnare sul fondo del cratere e si
forma una nuova crosta solida fino al ripetersi del fenomeno. Magmi basaltici molto viscosi, danno
vita ad un’attività duratura caratterizzata dall’emissione a intervalli regolari di fontane e brandelli di
lava. Durante questo tipo di eruzioni possono essere prodotte bombe vulcaniche di notevoli
dimensioni. Le eruzioni di tipo stromboliano sono moderatamente e regolarmente esplosive e il
"tappo" di lava solidificata che si può formare all'interno del condotto vulcanico viene continuamente
rimosso senza grosse deflagrazioni; esse si contraddistinguono, inoltre, per l'alternanza irregolare,
anche in una stessa eruzione, di effusioni laviche e di lancio di proietti, che origina edifici vulcanici,
chiamati strato-vulcani, caratterizzati appunto dalla stratificazione di colate laviche solidificate e
materiali piroclastici. Questa tipologia di eruzione è comune anche in vulcani come il Monte Erebus in
Antartide o il Paricutin in Messico. Quest’ultimo è famoso per essere il vulcano più recente della storia:
la sua formazione è iniziata nel 1943 e si è protratta fino al 1952, sviluppandosi per ben 424 metri di
altezza.

❑ Attività di tipo vulcanico

Prende il nome dall’isola Vulcano, sempre nelle Eolie. È caratterizzata da un meccanismo simile a
quello stromboliano, solo che in questo caso la lava è molto più viscosa (lava acida), perciò i gas si
liberano con più difficoltà e la lava solidifica nella parte alta del condotto, dove forma un tappo di
grosso spessore. I gas impiegano tempi più lunghi per raggiungere pressioni sufficienti a vincere
l’ostruzione e quando questo avviene l’esplosione è molto violenta. Le attività stromboliana e
vulcanica appaiono abbastanza simili: brevi esplosioni alternate ad intervalli di riposo; tuttavia,
l’attività vulcaniana è più violenta e pericolosa con lancio di massi anche a km di distanza, la differenza
come già detto sta nella maggior viscosità del magma di Vulcano. Durante le esplosioni vengono
emesse bombe di lava e nuvole di gas cariche di ceneri. Le eruzioni possono produrre fratture eruttive,
la rottura del cratere, e l’apertura di bocche laterali. Le eruzioni di questo tipo sono caratterizzate da
magmi con un contenuto di silice superiore al 50%, quindi più viscosi, che creano un “tappo” nel
camino. Come vedremo, questo meccanismo è alla base anche dei vulcani con esplosività maggiore.
Le eruzioni sono caratterizzate da un volume di piroclasti emessi relativamente ridotto (inferiore al
chilometro cubo) e una colonna eruttiva tra i 10 e i 15 km. Il nome è legato all’Isola di Vulcano nelle
Eolie.

❑ Attività di tipo vesuviano


Con il termine vesuviano si indica un tipo di attività vulcanica caratterizzata da un'esplosione iniziale
così violenta da svuotare gran parte del condotto superiore. Il magma risale poi a grande velocità dalle
profondità fino ad espandersi in modo esplosivo dal cratere e dissolversi in un'enorme nube di
minuscolissime goccioline d'acqua.

Quando tali esplosioni sono più violente, le chiamiamo attività pliniana (da Plinio il Giovane, che per
primo descrisse un'attività nell'eruzione del Vesuvio nel 79 d.C.).

La colonna di vapore e gas fuoriesce dal tubo con una potenza e una velocità tali da salire dritta per
diversi chilometri prima di perdere energia ed espandersi in una grande nuvola, assumendo una
caratteristica forma che ricorda un pino marittimo. Grandi quantità di frammenti di lava vetrificata
cadono dalle nubi sotto forma di pomice. Studi moderni sulle eruzioni pliniane sottolineano che la
formazione di colonne eruttive talmente alte e continue, che duravano anche giorni, richiedeva un
potente apporto di viscosità in rapido aumento e di magma ricco di gas. Il magma è ricco di bolle di
gas in espansione e si scompone in una schiuma, formata da una miscela di gas, frammenti fluidi e
minerali cristallizzati che sale ad altissima velocità fino ad esplodere “come una fucilata”. Questa
attività richiede anche la presenza di una grande camera magmatica.

❑ Attività di tipo peléeano

Negli eventi di tipo Peléeano (dalle montagne Pelée in Martinica), lava con viscosità molto elevata e
temperatura relativamente bassa (600-800 °C) viene spinta fuori dai condotti già pressochéé solidi e
forma centinaia di cupole o torri alte circa un centinaio di metri.

❑ Attività idromagmatica

I meccanismi che portano all'attività idromagmatica sono molto diversi dai precedenti a causa
dell'interazione tra magma (o roccia riscaldata dal magma) a profondità moderate (fino a pochi
chilometri) e acqua che penetra nella roccia (acqua di falda). Fenomeni simili si verificano durante le
eruzioni sottomarine a basse profondità. L'improvvisa trasformazione dell'acqua in vapore creerebbe
una pressione così intensa da far esplodere l'intera colonna di roccia sovrastante, aprendo un
condotto verso l'esterno. Una colonna di vapore erutta violentemente dal cratere trascinando
frammenti di roccia e, se entra in contatto con il magma, finissimi frammenti di lava.

A partire dalla base della colonna ha inizio un'onda d'urto concentrica, tipica delle esplosioni violente,
che crea una densa nube anulare di vapore e materiale solido detta base-surge ("onda di base"); la
nube si estende a velocità estremamente elevata (oltre 150 km/h) lasciando accumuli piroclastici con
forme tipiche (simili alle dune dei deserti sabbiosi).

Crateri e relativi prodotti di origine idromagmatica si possono trovare nei vulcani del Lazio e della
Campania, tra cui il vulcano Colli Albani a sud di Roma e il Vesuvio, che eruttò nel 79 d.C., innescando
un'intensa attività magmatica idrotermale che ha avuto conseguenze tragiche.

❑ Attività esplosiva legata alla formazione dei diatremi

Un discorso a parte meritano le attività esplosive che portano alla formazione di diatremi. Quando il
magma risalendo da una zona molto profonda viene espulso in modo altamente esplosivo, al termine
dell'eruzione la roccia aperta nell'ultima parte del camino del vulcano viene in gran parte frantumata
sotto l'intensa pressione dei gas, formando centinaia di crateri. È largo diversi metri e profondo uno o
due chilometri. Questa cavità a forma di imbuto è piena di ghiaia e viene chiamata diatrema. Lo studio
della natura del magma e dei minerali contenuti nei frammenti di rocce strappati a tutto il condotto e
trascinati in superficie ha portato a concludere che il meccanismo che li produce si innesca a grandi
profondità, almeno 100 km, ampiamente dentro il mantello superiore. A quelle profondità magmi di
natura ultrabasica, prodotti da fusione parziale delle rocce presenti e ricchi di gas, soprattutto anidride
carbonica, si aprono la via verso l'alto frantumando la litosfera e risalendo a velocità altissima, fino a
esplodere nell'atmosfera, nella quale scagliano - a velocità di oltre 2000 km/h - gas e frammenti solidi
strappati dal mantello e dalla crosta.

I diatremi più importanti sono i camini kimberlitici, non solo per le informazioni su zone profonde del
pianeta, altrimenti inaccessibili, ma anche per la preziosa risorsa che hanno reso disponibile, i
diamanti.

LA FORMA DEGLI EDIFICI VULCANICI

Viene usato il termine magma quando ci si riferisce al materiale fuso presente all’interno della crosta;
quando questo materiale fuoriesce in superficie e perde gran parte dei gas si parla di lava.

Mentre i gas vanno ad arricchire l’atmosfera, i prodotti solidi si accumulano fino a costruire l’edificio
vulcanico:

- Se gli edifici vulcanici si accrescono all’estremità aperta in superficie (cratere) si parla di vulcani
centrali o areali;
- se si accresce lungo le spaccature che penetrano nell’interno della Terra si parla di vulcani
lineari.

Il condotto (o camino) vulcanico mette in comunicazione l’edificio esterno con l’aria di alimentazione.
Nella sua risalita il magma può ristagnare in una camera magmatica a bassa profondità (2-3 e 10 km).

La forma di un edificio vulcanico dipende dal tipo dei prodotti eruttati. Si riconoscono diversi tipi di
vulcano:

1. Lo strato vulcano o il vulcano composto si forma


quando il magma ha una viscosità intermedia tra quello
basico e quello acido. Questo comporta l’alternarsi di
eruzioni esplosive, con deposito di materiali piroclastici,
ed eruzioni effusive, con emissione di colate laviche. Per
questa ragione la struttura del vulcano risulta data da un
succedersi di strati diversi. Il vulcano ha una forma a
cono.
2. Il vulcano a scudo si ha quando il magma è basico e avendo
questo una notevole fluidità è in grado di fuoriuscire senza difficoltà
dal cratere principale scorrendo per molti km prima di consolidarsi.
La base del vulcano è molto ampia, i fianchi sono poco ripidi, il
cratere è largo.

3. I vulcani sottomarini, si differenziano dai vulcani a scudo e


dagli strato vulcani, perché sono spaccature della crosta oceanica e non della crosta continentale.
Sono vulcani situati in fondo agli oceani dai quali fuoriescono magma e gas.

4. Il cono di scorie è un cono dai pendii ripidi, di dimensioni piuttosto modeste, formato da materiale
piroclastico che, in seguito a delle eruzioni esplosive, si va a depositare, nel tempo, ai piedi del camino
vulcanico. Il materiale di cui è composto il cono di scorie è tale che esso facilmente subisce l'erosione
da parte degli agenti atmosferici.

5. Quando l'eruzione è così violenta da distruggere l'edificio vulcanico e provocare un parziale


svuotamento della camera magmatica si forma una caldera: una sorta di incavo che riempiendosi di
acqua forma un lago.

I PRODOTTI DELL’ATTIVITÀ UULCANICA


I materiali gassosi e solidi (rocce ignee effusive, raffreddate dalla colata diretta della lava)
sono i prodotti dell’attività vulcanica:

1. Tra i materiali gassosi, sono abbondanti il vapore acqueo (70%) e l’anidride carbonica,
insieme a zolfo, azoto, cloro e fluoro. Questi materiali riforniscono l’atmosfera e innescano
eruzioni di magma. Quando i gas iniziano a fuoriuscire dal cono, la pressione interna
diminuisce, mentre quando metaforicamente viene rimosso il “tappo”, l’anidride carbonica
fuoriesce tumultuosamente, trasportando con sé ì anche parte del liquido interno. Una volta
avvenuto ciò, il meccanismo di risalita dei gas dalla Terra, ricarica i gas interni al vulcano.
- Fumarole: Sono emissioni di vapore acqueo quasi puro, accompagnate da piccole quantità di
anidride carbonica e altri gas. Le fumarole che emettono vapore purissimo all'interno di grotte
o crepacci nel terreno si chiamano stufe.
- Mofete: Si tratta di emissioni di anidride carbonica che, essendo più pesante dell'aria, si
accumula nella parte bassa vicino al terreno, come si verifica nella Grotta del Cane a Pozzuoli.
- Soffioni boraciferi: In Toscana c'è un'emissione continua di vapore ad alta temperatura e forte
pressione, di ricco di acido borico, che sale sibilando fino ad un'altezza di 20 m. Viene
impiegato per far funzionare le centrali geotermiche.
- Solfatare: Sono delle particolari fumarole ricche di acido solfidrico che si deposita attorno alla
bocca come zolfo puro.
2. I materiali solidi che costituiscono gli edifici sono le colate di lava (rocce effusive) e le
piroclasti, dati dall’accumulamento di frammenti solidi di varie dimensioni espulse dal
vulcano. La composizione di un vulcano dipende dal tipo di eruzione. Una colata di lava in
corso di raffreddamento è riconoscibile: se la lava che fuoriesce è fluida, si viene a formare
una crosta levigata, sotto la quale passa la lava che forma così un tunnel con le pareti di lava;
quando la lava è viscosa, si vengono nitidamente a costituire dei frammenti che assumono
aspetto scabro. Quando la lava fuoriesce nella profondità dell’oceano, a causa del brusco
raffreddamento si viene a costituire una superficie vetrosa, che a causa della pressione di
nuova lava in arrivo si frantuma in qualche punto, con porzioni di lava che fuoriescono e che
si vetrificano nuovamente (struttura pillow-lava).

- I depositi piroclastici o piroclastiti sono generati dalla fuoriuscita di gas dalla lava: ciò genera
il lancio di brandelli di lava, che ricadono incandescenti e formano le scorie vulcaniche che si
accumulano intorno al punto di emissione. Se i brandelli sono numerosi e grandi, formano le
bombe vulcaniche. I gas, nelle fasi esplosive, possono poi trascinare delle rocce sbriciolate e
lava in minute goccioline. Questi materiali, una volta ricaduti, formano coltri di piroclastiti, che
in base alla dimensione formano: polvere vulcanica, lapilli e blocchi. Se la liberazione di un gas
proviene da magma acido, si forma schiuma vetrosa, che in seguito alla ricaduta costituisce
dei livelli pomici. Tutti questi sono esempi di depositi piroclastici da ricaduta. Quelli da flusso
sono originati da colate piroclastiche: a seguito di esplosioni violente, i gas risalgono verso
l’alto, in un turbinio vorticoso: si costituisce una nube ardente (oltre 300 C). la colonna sale ad
alta quota, e quando i gas si raffreddano il materiale solido collassa generando colate
piroclastiche, che scorrono a velocità elevate, colmano le depressioni e rilasciano grandi
quantità di materiale solido. Altri esempi di depositi piroclastici sono le ondate basali: Il base
surge, simile all'ondata di base che si genera durante le esplosioni atomiche, distribuisce i gas
e i piroclasti in mondo radiale, per cerchi concentrici sub-orizzontali, lungo il pendio del
vulcano colmando le depressioni. Si forma quando acque sotterranee entrano nel camino
vulcanico vaporizzandosi, per cui la pressione del vapore provoca l'esplosione dell'edificio
vulcanico. Questo fenomeno prende il nome di eruzione idromagmatica. I depositi piroclastici
sono ben stratificati, a stratificazione incrociata, e ricoprono uniformemente il rilievo, ma il
loro spessore è maggiore nelle depressioni.
3. Esempi di residui di carattere liquido sono:

- La lava pahoehoe, tipica dei vulcani hawaiani, si forma quando è molto fluida e si presenta
con superfici ondulate e molto levigate, dovute al corrugamento della pellicola superficiale già
consolidata mentre sotto continua a scorrere la lava. Se la lava, solida ma ancora plastica, è
trascinata da quella sottostante, si arriccia in pieghe e forma la lava a corde;
- La lava a scaglie o scoriacea, in hawaiano “aa” (non si può camminare sopra a piedi nudi), è
formata da piccole scaglie dovute al raffreddamento di una massa mediamente viscosa che
rendono la superficie scabrosa e ricca di cavità; Quando la lava è molto viscosa si raffredda
formando la lava a blocchi, che vengono fatti rotolare dalla spinta del materiale ancora fluido
che avanza;

ALTRI FENOMENI LEGATI ALL’ ATTIVITÀ UULCANICA

Anche l’acqua interessa i fenomeni vulcanici (lago che si è formato all’interno di un vulcano,
ghiaccio sciolto intorno al cratere ecc…). durante l’esplosione, i detriti incoerenti formano delle
colate di fango, che procedono con forza distruttiva per chilometri. Quando queste colate si
arrestano si solidificano molto velocemente, intrappolando tenacemente nella roccia tutto ciò
che ha sommerso. Esse prendono anche il nome di Lahar. I Lahar possono formarsi anche
tempo dopo l’eruzione, poiché le acque superficiali derivanti dalle precipitazioni imbibiscono
le ceneri e polvere eruttate, generando colate di fango che scorrono verso la pianura (è
successo a Sarno, come conseguenza delle passate eruzioni del Vesuvio).
Esistono poi delle manifestazioni vulcaniche tardive: dopo l’eruzione, risalgono dalla Terra gas
a pressione elevata e acque termo-minerale, dalla brillante capacità curativa. Quando l’acqua
piovana penetra nella struttura vulcanica, essa scende, aumentando di 2 o 3 gradi ogni 100
metri per il gradiente geotermico, e poi risale costituendo i Geyser, dalle quali fuoriescono
colonne d’acqua ad alta temperatura. Altri esempi sono: fumarole, emissione di fas e vapori
caldi, e le mofete, emissione di gas e anidride carbonica.

VULCANISMO EFFUSIVO E VULCANISMO ESPLOSIVO


In precedenza, abbiamo analizzato i vari tipi di eruzioni vulcaniche. Ora, è opportuno distinguere
anche tra vulcanismo effusivo ed esplosivo. La loro distribuzione geografica è diversa: in alcune aree
domina il primo, in altre il secondo. Il loro studio può risultare utile soprattutto per ottenere
indicazioni sulla dinamica interna della terra.

Per compiere questa distinzione un fatto discriminanante è la viscosità del magma, ossia una massa
informe di silicati parzialmente o totalmente fusi, che protrude dai due differenti tipi di vulcani. In
particolare:

❑ Un magma che presenta una percentuale di silicio superiore al 60% risulta viscoso e, pertanto,
porterà alla formazione di una sorta di tappo superficiale, che avrà come risultato un’eruzione
esplosiva;
❑ Un magma con un contenuto in silicio minore del 50% verrà eruttato con una dinamica
effusiva, ovvero sarà emesso sotto forma di colate laviche che scivoleranno così lungo i fianchi
debolmente pendenti dell’edificio vulcanico tipico di questo tipo di vulcanismo.

VULCANISMO EFFUSIVO

L’attività effusiva, come abbiamo detto, è tipica dei vulcani che emettono lave basiche e
ultrabasiche, anche in grado di fluire. Quando un magma fluido, proveniente dal mantello che si
trova sotto la crosta oceanica, risale verso la superficie, i gas in esso disciolti, dopo aver fatto saltare
per la pressione l’eventuale ostruzione, si liberano con forza, mentre inizia a traboccare la lava che
fluisce e si espande anche su grandi distanze. La manifestazione più imponente di vulcanismo
effusivo sulla Terra avviene sott’acqua ed è associata a una serie di profonde fessure che
tagliano l’intera crosta oceanica e segnano l’asse delle dorsali oceaniche.

Il sistema di dorsali oceaniche, lungo in totale 60.000 km, non è una catena montuosa sommersa, ma
corrisponde a un inarcamento del fondo oceanico, lungo la cui sommità si aprono le fessure da cui
fuoriesce il magma. Possiamo definirle, proprio perché la lava fuoriesce attraverso una spaccatura
lineare della crosta, delle eruzioni lineari. Possono verificarsi due casi:

• Se i materiali eruttati, di natura basaltica, si trovano a notevole profondità la lava fluisce


tranquillamente dalle fessure e si consolida con le tipiche strutture <<a cuscini>>;
• Se invece la profondità è moderata, e quindi sotto modeste pressioni della colonna d’acqua,
l’emissione della lava è accompagnata da esplosioni che liberano alla superficie del mare
nubi bianche e vapore acqueo (addirittura l’edificio può arrivare ad emergere).

Uno degli esempi di vulcanismo effusivo maggiormente studiati sono le Isole Hawaii, una serie di
vulcani a scudo associati all’attività di un punto caldo. I punti caldi sono zone ristrette della
superficie terrestre, con diametri di 100-200 km, caratterizzate da vulcanismo attivo persistente da
milioni di anni. Sotto ai punti di caldai si ha una continua fusione del materiale presente, che poi
trabocca in superficie. Di conseguenza, esso deve essere sempre rimpiazzato.

L’attività effusiva, inoltre, può essere ulteriormente distinta in:

▪ Effusiva dominante (lava molto fluida): vi rientrano l’eruzione hawaiana e quella islandese;
▪ Effusiva prevalente (lava mediamente fluida o densa): si tratta dell’eruzione stromboliana.

VULCANISMO ESPLOSIVO

Il vulcanismo esplosivo è tipico delle rocce acide, in particolare di quelle con una concentrazione di
silicio superiore al 60%. Infatti, quando il magma che risale è viscoso i gas iniziano a liberarsi in
singole bollicine, ma la viscosità non permette loro di espandersi liberamente e la pressione da essi
esercitata aumenta continuamente; accade lo stesso fenomeno per magmi meno viscosi ma ricchi di
gas, quali ad esempio anidride carbonica e vapore acqueo.

Quando accade un’esplosione i gas roventi fuggono dal condotto con estrema
violenza, trascinando frammenti di rocce sbriciolate e lava polverizzata, dando origine
a una nube ardente ricadente.

Se l’esplosione avviene lateralmente, la nuvola rotola lungo il pendio con grande velocità. In questo
caso si parla di nube ardente discendente. Tuttavia, la forma più devastante di queste esplosioni si ha
con le nubi ardenti traboccanti, le quali fuoriescono da fessure che possono essere lunghe vari
kilometri invece che da condotti centrali.

In definitiva, il vulcanismo esplosivo porta all’accumulo di grandi quantità di prodotti piroclastici e


molto meno di lave. Inoltre, durante un’eruzione esplosiva gas e ceneri permangono a lungo
nell’atmosfera e ciò ha pesanti conseguenze. L’esempio più memorabile risale al 1815, quando il
vulcano Tambora, nell’isola di Giava in Indonesia, causò l’eruzione più grande della storia, con circa
90.000 morti e 2.500.000 chilometri quadrati in cui si dispersero i prodotti.

Infine, è opportuno specificare che il vulcanismo effusivo sia associato in gran parte e magmi la cui
origine è coinvolta la crosta continentale, ma in condizioni speciali si manifesta anche con magmi di
provenienza più profonda.
Con il vulcanismo effusivo si parla, quindi, di attività mista (effusiva ed esplosiva) ed è tipica delle
eruzioni:

▪ Vulcaniana;
▪ Vesuviana/pliniana;
▪ Peléeana.

DISTRIBUZIONE GEOGRAFICA DEI VULCANI

La distribuzione dei quasi 600 vulcani attivi sulla terra emerse continenti e archi insulari, e delle
effusioni laviche lungo le dorsali oceaniche, non è casuale né uniforme: tende a concentrarsi in lunghe
fasce o in catene di edifici, mentre solo in una parte dei vulcani sembra avere una distribuzione sparsa.
Si possono distinguere tre diverse situazioni geografiche:

1. Edifici lineari lungo le dorsali oceaniche;


2. Edifici centrali lungo i margini dei continenti o archi di isole
3. Edifici centrali o lineari isolati, punti caldi all'interno di aree continentali e piane abissali
oceaniche;
Il vulcanismo più esteso è quello legato all'emissione di gigantesche quantità di lave basaltiche dalle
fessure e il sistema mondiale di dorsali oceaniche. Si tratta di un vulcanismo sottomarino effusivo con
grandi accumuli di “lava a cuscino”. In qualche caso questo vulcanismo si manifesta sopra il livello del
mare è quanto avviene in Islanda, dove la dorsale e media atlantica emerge per circa 500 km, anche
per effetto di un punto caldo. I grandi vulcani della terra, quelli conforme a cono sorgono per la
maggior parte lungo margini di continenti o lungo catene di isole, fiancheggiati dalle depressioni del
fondo oceanico note come fosse abissali.

Più del 60% di vulcani si trova lungo l'intero margine dell'Oceano Pacifico, dove costituiscono la cintura
di fuoco. Sono vulcani altamente esplosivi, i cui prodotti, in gran parte piroclastici, sono di natura da
intermedia ad acida, anche se non mancano prodotti di più basici.

I numerosi centri di emissioni di prodotti vulcanici associati a punti caldi sono distribuiti in modo
apparentemente casuale in piena area oceanica o all'interno di un continente. Tra i punti caldi
oceanici, uno dei centri più estesi e quello delle isole Hawaii, tra quelli continentali il più spettacolare
è in Africa, nel gruppo del Tibesti, ormai estinto. Allo stesso tempo allo stesso gruppo vengono
associati alcuni dei grandi vulcani che sorgono lungo la Great Rift Valley africana e anche L'Etna, il più
grande vulcano d'Europa. L'Etna è un vulcano strato formato in realtà da più edifici vulcanici
susseguitisi nel tempo, ognuno dei quali parzialmente ricoperto dai precedenti, mentre il condotto di
alimentazione si è spostato sempre più a ovest, fino alla posizione attuale.

Le informazioni sui vari aspetti del vulcanismo permettono di stabilire alcuni punti fondamentali:

- Il Vulcanismo si manifesta come trasferimento di materiale dall'interno caldo del pianeta, in


superficie o nell'atmosfera.
- Tale trasferimento avviene con processi diversi:
1. Nelle dorsali oceaniche, i materiali solidi ma molto caldi risalgono nel mantello, fondono e fluiscono
attraverso fessure che tagliano la crosta;
2. A ridosso delle fosse oceaniche, i magmi che attraversano la crosta si arricchiscono di gas, per cui
eruttano con esplosioni violente;

3. Nei punti caldi il materiale è molto caldo, risale da grandi profondità e alimenta enormi effusioni.

Dorsali oceaniche e fosse abissali di dimensioni planetarie, indicano che all'interno della terra presenta
settori diversi per natura dei materiali e condizioni fisiche, (temperatura e pressione) e che materiali
sembrano fondere per uno o più processi che fanno variare localmente tali condizioni.

IL RISCHIO VULCANICO
Le grandi eruzioni vulcaniche sono da sempre un'importante fattore di condizionamento per la società
umana. Ci sono circa 600 vulcani attivi e di essi 1/6 ha provocato vittime. Le manifestazioni dell'attività
vulcanica che provocano danni sono numerose e comprendono colate piroclastiche, colate di lava,
piogge di ceneri, colate di fango ed emissioni di gas.

Per i vulcani che emergono dal mare, bisogna ancora ricordare gli tsunami, giganteschi onde d'acqua
più note in associazioni a terremoti ma vengono prodotte anche da altre cause. Tra questi ricordiamo
grandi esplosioni vulcaniche e collassi di parti di isole vulcaniche come nell'eruzione esplosiva di
Santorini, datata intorno al 1410 a.C. che causò onde alte alcune decine di metri che si abbatterono
sulla vicina isola di Greta con pesanti distruzioni che segnalano l'inizio del declino della splendida civiltà
minoica. In Italia nel dicembre del 2002 l'attività dello Stromboli ha provocato uno tsunami causato
dal collasso di una parte del versante noto come sciara del fuoco, già sede in passato di fenomeni
analoghi. La vulcanologia è in grado di riconoscere i vulcani pericolosi ed individuare i rischi caso per
caso in base allo studio dei depositi vulcanici di eruzioni precedenti. È possibile, per esempio,
identificare i probabili percorsi o le zone di espansione di colate piroclastiche e questo consente di
delimitare aree da abbandonare o su cui evitare l'occupazione stabile, inoltre, il continuo
monitoraggio dei vulcani indiziati permette di riconoscere fenomeni premonitori, come tremori,
rigonfiamento dei fianchi del vulcano, emissioni di gas, variazioni di temperatura delle fumarole e altre
ancora che segnalano l'imminenza dell'eruzione e consentono di far evacuare la popolazione al rischio
se esistono strutture organizzate.

Le eruzioni sono inevitabili, ma la ricerca scientifica e una politica di protezione civile efficiente
possono ridurre notevolmente gli effetti catastrofici. Si è tentata anche la via del controllo
dell'eruzioni, ottenendo qualche successo, ma solo in particolari casi e su piccola scala. La prevenzione
del rischio rimane quindi la migliore. È forse l'unica difesa efficace con l'allestimento di sistemi di
monitoraggio e di allarme, quell'organizzazione dei piani di evacuazione e con il divieto di occupare
con insediamenti di aree potenzialmente pericolose. La cronologia ha anche un altro obiettivo,
individuare i vulcani potenzialmente pericolosi inattivi da lunghissimi tempi e almeno in apparenza,
privi di segni di una possibile attività. La nuova frontiera sarà a imparare a percepire da lontano
movimenti delle lave per poter individuare le possibili vie di diffusione in superficie.
PREVENZIONE DEL RISCHIO VULCANICO
Tra i rischi di protezione civile, quello vulcanico viene spesso considerato un rischio “prevedibile”
perché si ritiene possano essere riconosciuti e misurati i fenomeni che pre-annunciano la risalita del
magma verso la superficie, per questo detti “precursori” (terremoti, fratturazioni del terreno,
deformazioni dell’edificio vulcanico, variazioni nell’emissione dei gas e delle temperature dei fluidi,
ecc.). Si tratta però di una semplificazione che non tiene conto della complessità e dell’estrema
variabilità delle fenomenologie vulcaniche e della difficoltà a valutarle e interpretarle.

Tuttavia, anche se questi fenomeni vengono studiati e monitorati puntualmente, non è possibile
prevedere con certezza, anche per le peculiarità che caratterizzano ogni vulcano, quando e come potrà
avvenire un’eruzione vulcanica. Allo stato attuale delle conoscenze, non è infatti ipotizzabile alcuna
forma di previsione deterministica.

Riassumendo, la valutazione dello stato di attività di un vulcano e della sua possibile evoluzione,
consiste in un complesso processo che si basa su:

1. monitoraggio puntuale e costante dei parametri fisici e chimici e delle fenomenologie


caratteristiche del vulcano;
2. rilevamento tempestivo e comunicazione immediata di anomalie dei parametri o di eventi
significativi che indicano un processo in atto;
3. analisi della situazione in atto, in confronto alla storia eruttiva, anche mediante la
consultazione di esperti nell’ambito della comunità scientifica di settore.

Tutte queste informazioni consentono alle strutture di protezione civile sia locali sia nazionali di
elaborare le valutazioni di rischio di competenza e di attivare le eventuali misure di allertamento e di
risposta operativa.

MATERIE PRIME
❑ Materiali effusivi in edilizia

Materiali effusivi in edilizia nell'ambito delle costruzioni, spicca la presenza di materiali vulcanici che
contribuiscono in modo significativo al panorama edilizio del nostro Paese. Un esempio emblematico
è rappresentato dal porfido quarzifero o porfido di Bolzano, espressione commerciale che racchiude
una vasta gamma di varietà. Questi materiali costituiscono una successione geologica di lave che
variano da composizioni sialiche a intermedie, con una copertura di ignimbriti riolitiche, conferendo
loro caratteristiche uniche Pavimentazione in cubetti di porfido del Trentino-Alto Adige o bolognini
Generazione e dinamica vulcanica

❑ Generazione e dinamica vulcanica

Il processo di formazione di questa caratteristica geologica è intrinsecamente legato a un'attività


vulcanica che ha avuto luogo lungo intricati sistemi di fessure. Questi fenomeni sono stati
probabilmente associati a una vasta caldera, un'enorme depressione vulcanica, con un diametro che
si estende tra i 60 e i 70 chilometri. Ricerche scientifiche hanno evidenziato che lo spessore totale dei
materiali eruttati, visibile nella zona tra Bolzano e Trento, raggiunge notevoli dimensioni, variando tra
1500 e 2000 metri
❑ Cronologia delle eruzioni e formazione geologica

Le violente eruzioni che hanno plasmato questa regione risalgono a un periodo distante nell'Era
paleozoica, datato tra 270 e 275 milioni di anni fa. Questi eventi eruttivi hanno interessato un'ampia
area emersa che, nel corso del tempo, è diventata il teatro per le successioni marine, dando vita al
magnifico paesaggio delle Dolomiti che oggi ammiriamo. Questo studio cronologico è stato possibile
grazie a approfondite ricerche scientifiche che hanno permesso di risalire alle origini geologiche di
questa straordinaria formazione.

❑ Utilizzi in edilizia e cave

Le cave estrattive, che operano da lungo tempo nelle ignimbriti, sono una preziosa fonte di materiali
destinati a svariate applicazioni nel settore edilizio. Questi siti forniscono non solo i comuni "cubetti"
utilizzati per la pavimentazione stradale, ma anche lastre impiegate nei rivestimenti edilizi, che
diventano oggetto di esportazione. È fondamentale comprendere il ruolo delle colate di lava
provenienti dai vulcani laziali, in particolare dai Colli Albani. Queste colate, composte principalmente
da leucititi (lave alcaline femiche), erano ampiamente sfruttate dagli antichi Romani per la
realizzazione del basolato delle loro strade carreggiabili, tra cui le celebri vie consolari. La scelta di
utilizzare queste rocce vulcaniche non solo testimonia l'ingegnosità dell'epoca, ma anche la durabilità
e la resistenza di tali materiali nelle infrastrutture stradali.

❑ Ruolo delle piroclastiti in edilizia

Le piroclastiti, estratte in diverse parti del mondo, svolgono un ruolo essenziale nell'ambito edilizio,
trovando impiego su scala globale. Esistono diverse tipologie di piroclastiti a seconda delle dimensioni
dei frammenti e del processo di consolidamento. Ad esempio, i tufi litoidi sono costituiti da colate
piroclastiche cementate, formando blocchi compatti, mentre le ceneri vulcaniche possono
accumularsi in strati più sottili. Queste rocce analoghe sono utilizzate in molteplici contesti, sia come
"blocchetti" ottenuti dai tufi litoidi, cioè da colate piroclastiche cementate, che risultano
estremamente compatte, sia come materiali "sciolti" come lapilli e scorie. Un aspetto particolarmente
rilevante è l'utilizzo di piroclastiti nella produzione di leganti idraulici, con le ben conosciute pozzolane,
il cui nome trae origine da Pozzuoli, nei pressi di Napoli. Queste pozzolane, rese celebri dall'impiego
diffuso tra gli antichi romani, erano frequentemente combinate con la calce nella formulazione di
malte per costruzioni edilizie. La peculiare caratteristica di queste malte è la loro capacità di presa e
indurimento anche in ambienti acquatici, fornendo un elemento fondamentale per la costruzione di
strutture resistenti e durevoli.

❑ Gas vulcanici e attività idrotermale

I gas provenienti dalle eruzioni vulcaniche si rivelano non solo come elementi atmosferici spettacolari,
ma anche come preziose fonti di sostanze chimiche essenziali. Tra questi, si annoverano l'acido borico,
l'ammoniaca e l'anidride carbonica, i quali svolgono un ruolo chiave nella chimica ambientale e
geologica. Un aspetto di notevole interesse è l'attività idrotermale, un fenomeno che si verifica
quando l'acqua interagisce con l'attività vulcanica effusiva. Questo processo è particolarmente
evidente lungo le dorsali oceaniche, dove l'acqua marina, penetrando attraverso fessure negli edifici
sommersi, entra in contatto con la calura proveniente dalla continua attività vulcanica sottostante.
Questo intricato sistema di interazioni rappresenta un meccanismo altamente efficiente per la
formazione di depositi di minerali metalliferi. La circolazione dell'acqua marina lungo le dorsali
oceaniche agisce come catalizzatore, consentendo la concentrazione di vari metalli attraverso il
contatto con le rocce vulcaniche. Tale fenomeno contribuisce significativamente ad arricchire la crosta
oceanica con risorse minerali preziose

❑ Camini kimberlitici e diamanti

Nei giacimenti minerari, un aspetto straordinariamente unico dell'attività vulcanica è rappresentato


dai camini kimberlitici, veri serbatoi di diamanti. In questo contesto, il vulcanismo agisce come un
"veicolo trasportatore", poiché i diamanti si formano a partire da carbonio puro in condizioni di
altissima temperatura e pressione, a profondità superiori ai 150 km nel mantello terrestre. La genesi
dei diamanti è un processo affascinante che si svolge in profondità, dove le condizioni estreme del
mantello superiore favoriscono la cristallizzazione del carbonio. Studi geologici indicano che questa
formazione avviene in ambienti caratterizzati da temperature e pressioni estremamente elevate,
situati ben al di sotto della superficie terrestre. La risalita di particolari tipi di lave, come già
menzionato in riferimento ai diatremi, gioca un ruolo cruciale. Durante questo processo, le lave
portano con se frammenti di rocce mantelliche che racchiudono i diamanti. Sorprendentemente,
questi diamanti hanno avuto origine moltissimo tempo prima dell'evento vulcanico che ha generato il
magma kimberlitico. La datazione radiometrica rivela l'antichità straordinaria dei diamanti, risalenti a
un periodo che può addirittura estendersi fino a 2-3 miliardi di anni fa. Questo implica che i diamanti
hanno attraversato una lunga e complessa storia geologica prima di emergere alla superficie terrestre
attraverso i camini kimberlitici, offrendo uno sguardo unico nel passato profondo della Terra.

❑ Recupero dei diamanti e giacimenti diamantiferi

I diamanti vengono estratti dalle rocce accumulate nelle strutture chiamate diatremi. Tuttavia, se un
diatrema ha un'origine molto antica ed è stato sottoposto a lungo all'erosione, è possibile individuare
giacimenti di diamanti anche nei sedimenti presenti nei letti dei fiumi che attraversano la vecchia
struttura vulcanica o addirittura nelle sabbie lungo le coste marine dove questi fiumi si riversano. A
causa della loro estrema durezza, i diamanti mostrano una notevole resistenza all'erosione e possono
essere trasportati su distanze considerevoli. Un esempio eclatante di questa situazione è
rappresentato dai giacimenti diamantiferi lungo le spiagge atlantiche del Sudafrica. Questi giacimenti
sono il risultato della prolungata azione erosiva dei fiumi che hanno scolpito la regione di Kimberley,
dove i diatremi si sono formati circa 80 milioni di anni fa. Questo processo continua ancora oggi con il
Fiume Orange e i suoi affluenti più a monte. In ogni caso, i diamanti hanno avuto origine e sono stati
portati alla luce attraverso uno dei processi legati all'attività vulcanica, sottolineando la complessità e
la diversità di come questi preziosi minerali emergono nella superficie terrestre

L’ENERGIA RICAVATA DAI FENOMENI VULCANICI

L'energia ricavabile dai fenomeni vulcanici, nota anche come energia geotermica, è una forma di
energia rinnovabile che sfrutta il calore naturale proveniente dall'interno della Terra.

Infatti, la parte interiore della Terra tanto più calda, quanto ci si avvicina al nucleo.
A causa di questa immensa fonte di calore, vi è il flusso geotermico, ovvero un flusso di calore, che è
responsabile di una continua dissipazione di energia termica nei vari starti degli altri strati terrestri.

Nella litosfera, ovvero la parte più esterna e rigida, costituita dalla crosta e dalla parte superiore del
mantello, questo trasferimento di energia avviene mediante la conduzione di calore, la quale è
causata da microscopiche collisioni atomiche all'interno di una sostanza. Questo scambio ha "un senso
privilegiato", ovvero il trasferimento di energia termica avviene sempre dalle zone che hanno una
temperatura maggiore, verso quelle con temperature minori.

Un modo efficace per lo sfruttamento del flusso geotermico è quello dello sfruttamento della risalita
dei magmi. Infatti, quando essi risalgono, portano con sé la stessa quantità di calore assorbita durante
la fusione, e dunque, nella crosta terrestre, vi sono settori altamente caldi, a profondità poco distanti
rispetto alla superficie.

L'energia geotermica è quella risorsa associata al flusso di calore, sfruttabile mediante alcuni mezzi
intermediari, capaci di trasportare, il più velocemente possibile, l'energia calorifera in superficie.

Per poter sfruttare questa risorsa energetica è necessaria la presenza di condizioni particolari, come
masse intrusive in fase di raffreddamento o la presenza di camere magmatiche.

La presenza di questi elementi permetterà il riscaldamento dell'acqua presente nelle falde acquifere.
Il riscaldamento causa la vaporizzazione, la quale può essere contenuta all'interno di alcuni serbatoi
a forma di cupola, anche detti sistemi idrotermali ad alte temperature, con temperature superiori ai
140°C.

Il vapore presente in questi sistemi, mediante alcune faglie, può arrivare in prossimità della superficie
terrestre e dunque liberarsi con violenza.

In tal caso vi è la formazione dei soffioni, ovvero getti naturali di vapore acqueo insieme ad altri
elementi come l'anidride carbonica, gas nobili, acido borico, ammoniaca e acido solfidrico, che
fuoriescono dal sottosuolo a temperature comprese tra i 120°C gli oltre 200°C, e con pressioni fino a
6 atm.

Tuttavia, se il vapore non dovesse riuscire a risalire in superficie, esso potrebbe essere raggiunto e
fatto risalire mediante i sondaggi meccanici, ovvero specifiche tubazioni che portano il vapore in
apposite centrali, dove l'energia geotermica sarà convertita in energia elettrica, mediante l'utilizzo
di turbine ed alternatori, e successivamente sarà distribuita nella rete elettrica pubblica.
La prima centrale geotermica, per la produzione di energia elettrica, fu costruita nel 1904 a Lardello,
in Toscana; infatti, l'Italia presenta numerose zone di interesse geotermico, con temperature superiori
ai 150°C, le quali vengono definite zone geotermiche ad alta entalpia, ovvero la quantità di energia
che un sistema termodinamico può scambiare con l'ambiente esterno.

Le risorse mondiali di energia geotermica ad alta entalpia non sono distribuite uniformemente, ma
sono localizzate in settori della crosta specifici, esattamente in quei luoghi della crosta terrestre che
hanno subito una risalita magmatica a bassa profondità in periodi brevi.

Tuttavia, nel mondo, sono frequenti le zone a media e bassa entalpia, nelle quali l’energia geotermica
può essere sfruttata come risorsa rinnovabile, al fine di riscaldare gli ambienti, e per gli utilizzi
industriali, civili ed agricoli.

Nonostante si possa credere che l’energia geotermica sia rinnovabile, ciò non è sempre così, in quanto
anche le centrali geotermiche devono essere edificate in maniera sostenibile, al fine di non
danneggiare il territorio e la biodiversità in cui si trova.

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