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Le rocce magmatiche, note anche col nome di ignee o eruttive, sono tutte le rocce che derivano da un
magma, cioè da una roccia fusa.
Un magma è un materiale fuso che si forma per cause diverse all’interno della crosta o della parte alta del
sottostante mantello, a profondità variabili. Tali masse fuse, di dimensioni anche enormi, sono miscele
complesse di silicati ad alta temperatura, ricche di gas in esse disciolti. Se, dopo la sua formazione, il magma
subisce un raffreddamento, inizia un processo di cristallizzazione: dal fuso si separano via via, secondo il
loro punto di fusione, vari tipi di minerali, dalla cui aggregazione finale risulterà formata una nuova roccia.
Le rocce magmatiche vengono suddivise in due gruppi:
Le rocce intrusive e le rocce effusive presentano caratteristiche abbastanza diverse, anche se con una
semplice osservazione a livello macroscopico non è sempre facile distinguerle. La soluzione del problema è
stata fornita dalla Petrografia, che ha messo in luce come avviene il passaggio dal materiale fuso a una
roccia solida.
Nel caso delle rocce intrusive, poiché il magma si trova fermo entro la crosta, circondato da altre rocce che
fanno da isolante termico, il raffreddamento avviene in tempi molto lunghi. In tali condizioni, tutto il fuso
arriva a cristallizzare e la roccia che ne deriva è interamente formata da cristalli di grandi dimensioni, in
genere visibili ad occhio nudo. Le rocce intrusive presentano una struttura granulare olocristallina. Gli
ammassi rocciosi intrusivi (chiamati batoliti, “rocce profonde”), possono arrivare alla superficie terrestre
grazie alla combinazione dei movimenti della crosta e della lenta demolizione delle rocce sovrastanti, che
vengono asportate dagli agenti esogeni. Nel caso delle rocce
effusive, invece, il magma risale fino in superficie, dove trabocca come lava. In tal caso la temperatura
passa rapidamente da circa 1000°C a quella ambiente e la pressione scende in brevissimo tempo da valori
di diverse migliaia di atmosfere a quelli ordinari. In questo modo gas e vapori si disperdono nell’aria e la
massa fluida viene allora chiamata lava.
Le rocce effusive presentano struttura porfirica (dal nome di una delle più tipiche rocce effusive, il porfido),
in cui alcuni cristalli della grandezza di almeno qualche millimetro, detti fenocristalli, si presentano in una
pasta di fondo, formata di cristalli piccolissimi o in parte amorfa. In casi particolari, tutta la massa è vetrosa:
sono le ossidiane o “vetri vulcanici”.
IL VULCANISMO
Il vulcanismo rivela le dimensioni di un fenomeno a scala planetaria.
L’importanza del vulcanismo tra i processi attraverso cui la terra non solo si è andata progressivamente
trasformando nel tempo fino al suo aspetto attuale, ma continua tuttora a trasformarsi è ancora più
evidente oggi. Il più grande vulcano finora scoperto è su Marte, mentre l’attività vulcanica più intensa,
frenetica, è certamente quella di Io, il satellite più interno di Giove. L’attività vulcanica può manifestarsi in
modi molto diversi, dalla tranquilla effusione di lava a esplosioni parossistiche così violente da sconvolgere
un’ampia regione; eppure, nonostante la sua molteplicità di aspetti, il vulcanismo è un fenomeno
essenzialmente unitario. Alcuni aspetti fondamentali per comprenderne il ruolo nell’evoluzione del pianeta
sono:
● Il meccanismo che fa innescare i fenomeni vulcanici.
● I segni dell’attività vulcanica: i modi in cui si sviluppa tale attività (cioè i vari tipi di eruzioni), le
forme (cioè gli edifici vulcanici cui dà origine) e l’aspetto che assumono i materiali emessi dalle
eruzioni (cioè i prodotti).
● Il tipico dualismo nel modo di presentarsi dell’attività vulcanica, che si manifesta
fondamentalmente con effusioni laviche imponenti ma tranquille oppure con esplosioni violente.
● La distribuzione geografica dell’attività vulcanica, che non è casuale, ma segue un disegno preciso.
Dunque, il ruolo fondamentale dell'intera attività vulcanica è quello di trasferire imponenti quantità di
materiali dall'interno all'esterno del pianeta. Tutto questo avviene attraverso la continua fusione di rocce in
profondità, seguita dalla risalita dei materiali fusi (magmi) e dalla loro solidificazione, per raffreddamento,
in superficie. È un meccanismo che non solo ha contribuito alla formazione e all'accrescimento della crosta
solida del pianeta, ma che, con la dispersione in superficie di gas e vapori, ha portato anche alla formazione
dell'atmosfera e dell'idrosfera. E senza di esse non sarebbe stato possibile il successivo sviluppo della
biosfera.
La conoscenza dei fenomeni vulcanici ha ormai assunto anche una grande importanza in tutte le aree in cui
il loro manifestarsi interferisce in qualche modo con l'attività umana. È il caso, per esempio, del rischio
vulcanico, nei confronti del quale l'unica strategia capace di dare risultati pratici sembra essere quella della
prevenzione del danno, che si può attuare solo attraverso la conoscenza approfondita dei meccanismi
eruttivi. Infine, vi sono anche degli effetti positivi dell'attività vulcanica; si tratta di quelli sotto forma di
risorse per l'attività antropica, come giacimenti minerari e materiali da costruzione o energia geotermica.
Il processo di fusione procede gradualmente: il materiale in origine molto caldo, ma ancora solido, si
trasforma pian piano in una massa di consistenza pastosa, al cui interno si individuano innumerevoli
minuscole gocce di magma che si separano via via da un residuo refrattario (cioè in grado di resistere ad
alte temperature senza fondere o subire alterazioni).
Il materiale roccioso allo stato fuso è meno denso della roccia che lo circonda e si espande esercitando una
pressione sulle pareti della minuscola cavità in cui si sta formando. Nella roccia circostante si forma così una
rete di minuscole fessure, che finiscono per collegarsi a fessure analoghe prodotte da innumerevoli altre
gocce di fusione. Quando un volume compreso tra il 5 e il 20% del materiale originario è ormai fuso, le
singole gocce di fluido trovano spazi sufficienti per muoversi attraverso la rete di fessure, sempre più fitta e
diffusa, e finiscono per unirsi fra loro in una massa continua. A quel punto la massa di magma in formazione
inizia a risalire attraverso il materiale ancora solido e assume una tipica forma «a goccia», chiamata diapiro.
A questo punto la risalita del magma è relativamente rapida e avviene attraverso le rocce solide sovrastanti,
sfruttando ogni fessura che il magma stesso tende ad ampliare o a generare con la sua spinta. La velocità di
risalita di una massa di magma dipende da molti fattori: la sua viscosità (legata alla composizione chimica,
alla temperatura e alla presenza di gas), il suo volume, la profondità della zona in cui si origina, la
temperatura delle rocce attraverso cui risale ecc. La risalita del magma può quindi rallentare fino ad
arrestarsi, per riprendere successivamente. Man mano che salgono, i diapiri si uniscono e fondono in una
massa sempre maggiore. D'altra parte, però, al diminuire della profondità dalla superficie la densità delle
rocce solide diminuisce e. come conseguenza, la «spinta di galleggiamento” del diapiro si esaurisce e la
massa fusa si accumula e forma una camera magmatica.
L'energia che si accumula nella camera magmatica con la liberazione di gas finisce per superare la
resistenza della copertura di rocce sovrastanti e si apre un condotto vulcanico, attraverso il quale il
materiale fuso e i gas si riversano all'esterno con grande forza.
Quando il magma arriva in superficie si innescano i fenomeni vulcanici in senso stretto (anche se i processi
appena descritti fanno parte anch'essi del «vulcanismo»), con una molteplicità di forme e di prodotti che si
giustificano con le diverse condizioni in cui i magmi possono originarsi in profondità e risalire all'esterno.
Il “trasferimento” di materiale fuso sulla superficie terrestre può avvenire con fenomeni diversi, per cui
l’intero processo presenta alcuni aspetti fondamentali: -il modo in cui si
sviluppano in superficie nuove forme del rilievo, cioè i diversi tipi di eruzione;
-il risultato di tale processo, cioè gli edifici vulcanici superficiali; -in che cosa si
trasforma il magma, cioè i prodotti delle eruzioni.
I fattori che più direttamente influenzano il tipo di eruzione sono due: la viscosità del magma in risalita e il
contenuto in gas, soprattutto vapore acqueo.
La viscosità varia moltissimo: è molto elevata nei magmi acidi, che danno origine a lave di tipo riolitico, e
molto minore nei magmi basici, da cui derivano lave di tipo basaltico.
Il contenuto in acqua agisce attraverso la capacità di espansione “esplosiva” del vapore ad alte
temperature, quando diminuisce la pressione di confinamento, cioè la resistenza dell’ammasso roccioso
attraverso il quale il magma sta risalendo. Tutto si prepara nella risalita dalla camera magmatica e lungo il
condotto e dipende dalla velocità con cui il magma si muove, trascinando con sé i gas che si stanno
liberando dalla massa fluida.
-se il magma arriva a traboccare senza che le bollicine di gas riescano a fondersi in bolle più grandi, allora il
magma darà origine a un’eruzione effusiva (questo avviene tipicamente quando il magma è molto fluido e
risale a grande velocità nel condotto grazie a un’abbondante alimentazione).
-se invece le bolle di gas riescono a fondersi e crescono fino a frammentare il magma in brandelli, si
verificherà un’eruzione esplosiva.
● L’attività di tipo hawaiiano è caratterizzata da abbondanti effusioni di lave che derivano da magmi
molto caldi, fluidi e con pochi gas. Danno origine a edifici molto larghi rispetto all’altezza, la cui
sommità è spesso occupata da un’ampia depressione, chiamata caldera, formatosi per collasso del
tetto della camera magmatica, rimasto senza sostegno a seguito del drenaggio verso la superficie di
grandi quantità di lava.
● L’attività di tipo islandese presenta caratteristiche simili; qui, però, la lava, sempre molto fluida,
fuoriesce da lunghe fessure invece che da un condotto centrale. Il ripetersi di tali eruzioni dalla
stessa fessura porta alla formazione di vasti espandimenti lavici basaltici quasi orizzontali, estesi per
molti km.
● L’attività di tipo stromboliano presenta una modesta esplosività a intervalli più o meno regolari. La
lava, abbastanza fluida ma meno dei casi precedenti, ristagna periodicamente nel cratere, dove
inizia a solidificare. Si forma così una crosta solida, al di sotto della quale si vanno accumulando i
gas che continuano a liberarsi dal magma.
● L’attività di tipo vulcanico è caratterizzata da un meccanismo simile a quello stromboliano, solo che
in questo caso la lava è molto più viscosa. Perciò i gas si liberano con più difficoltà e la lava
solidifica nella parte alta del condotto, dove forma un “tappo” di grosso spessore. I gas impiegano
quindi tempi più lunghi per raggiungere pressioni sufficienti a vincere l’ostruzione; quando ciò
avviene, l’esplosione è violentissima.
● Il termine vesuviano indica un’attività vulcanica caratterizzata dall’estrema violenza dell’esplosione
iniziale, che svuota un gran tratto del condotto superiore. Il magma può allora risalire con grande
velocità da zone profonde, fino a espandersi in maniera esplosiva uscendo dal cratere,
dissolvendosi in una gigante nube di minutissime goccioline. Quando tali esplosioni raggiungono il
loro aspetto più violento si parla di attività di tipo pliniano (da Plinio il Giovane, che ne descrisse
una nell’eruzione del 79d.C.). La
colonna di vapori e gas fuoriesce dal condotto con tale forza e velocità da salire diritta verso l'alto
per alcuni km, prima di perdere energia ed espandersi in una grande nuvola, che assume così una
caratteristica forma che ricorda un pino marittimo. Dalla nuvola ricadono grandi quantità di
frammenti di lava vetrificata, sotto forma di pomici. Lo studio moderno di eruzioni con attività
pliniana ha messo in evidenza che la formazione di colonne eruttive così alte e sospinte in
continuità anche per più giorni richiede una forte alimentazione di magma viscoso e ricco di gas, in
rapida risalita. Il magma, ricchissimo di bolle in espansione, si riduce a una specie di schiuma,
formata da un miscuglio di gas, brandelli di fluido e minerali che stanno cristallizzando, che risale ad
altissime velocità, fino a uscire «come una fucilata».
● Nell'attività di tipo peléeano (dalla Montagna Pelée, sull'isola della Martinica) la lava ad altissima
viscosità e a temperatura relativamente bassa (600-800 °C) viene spinta fuori dal condotto già quasi
solida e forma cupole o torri alte qualche centinaio di metri. Dalla base sfuggono grandi nuvole di
gas e vapori, roventi e molto dense, che scendono come valanghe lungo le pendici del vulcano e si
espandono su vaste aree con grande velocità.
● Un meccanismo molto diverso dai precedenti provoca l'attività idromagmatica, dovuta
all'interazione tra il magma (o rocce riscaldate da un magma) a modesta profondità (fino a qualche
km) e l'acqua che permea le rocce (acqua di falda). Un fenomeno analogo si verifica anche nel corso
di eruzioni sottomarine a basse profondità. II brusco passaggio dell'acqua allo stato di vapore
genera enormi pressioni che possono far saltare l'intera colonna di rocce sovrastanti, aprendo un
condotto verso l'esterno. Dal cratere esce con grande violenza una colonna di vapore che trascina
con sé frammenti di rocce e, se c'è stato contatto con il magma, lava finemente polverizzata. Dalla
base di tale colonna parte una specie di onda d'urto concentrica, tipica di esplosioni violente, che
dà origine a una densa nuvola di vapore e materiali solidi, a forma di anello, chiamata base-surge
(«onda di base»). Crateri di origine idromagmatica e relativi prodotti si riconoscono nei vulcani
laziali e campani, tra i quali i Colli Albani, il grande vulcano a Sud di Roma, e il Vesuvio, la cui
eruzione del 79 d.C. ebbe tragiche conseguenze proprio per l'innescarsi di una forte attività
idromagmatica.
• l'attività esplosiva che porta alla formazione dei diatremi. Quando il magma in risalita da zone molto
profonde fuoriesce in modo altamente esplosivo, alla fine dell'eruzione le rocce in cui si apre la parte finale
del camino vulcanico vengono ampiamente frammentate dalla violenta pressione dei gas e si forma un
cratere largo molte centinaia di metri e profondo anche uno o due kilometri. Tale cavità a forma di imbuto
è riempita dalle rocce frantumate e viene chiamata diatrema. Lo studio della natura del magma e dei
minerali contenuti nei frammenti di rocce strappati a tutto il condotto e trascinati in superficie ha portato a
concludere che il meccanismo che li produce si innesca a grandi profondità, almeno 100 km, ampiamente
dentro il mantello superiore. A quelle profondità magmi di natura ultrabasica, prodotti da fusione parziale
delle rocce presenti e ricchi in gas, soprattutto anidride carbonica, si aprono la via verso l'alto frantumando
la litosfera e risalendo a velocità altissima, fino a esplodere nell'atmosfera, nella quale scagliano - a velocità
di oltre 2000 km/h - gas e frammenti solidi strappati dal mantello e dalla crosta. I diatremi più importanti
sono i camini kimberliti-ci (da Kimberley, in Sudafrica, dove sono stati inizialmente studiati), non solo per le
informazioni su zone profonde del pianeta, altrimenti inaccessibili, ma anche per la preziosa risorsa che
hanno reso disponibile, i diamanti.
Viene usato il termine magma quando ci si riferisce al materiale fuso presente all’interno della crosta,
mentre quando tale materiale fuoriesce in superficie e perde gran parte dei gas che conteneva si parla di
lava. I gas vanno ad arricchire l’atmosfera, mentre i prodotti solidi si accumulano fino a costruire l’edificio
vulcanico. Gli edifici vulcanici si accrescono nel punto in cui il materiale fuso
fuoriesce: -all’estremità aperta in superficie (cratere) di un condotto di forma,
in genere, quasi cilindrica;
-lungo spaccature che penetrano profondamente nell’interno della Terra.
Il condotto vulcanico mette in comunicazione l’edificio esterno con l’area di alimentazione; in genere, nella
sua risalita il magma può ristagnare in una camera magmatica a bassa profondità. La forma di un edificio
vulcanico dipende strettamente dal tipo dei prodotti eruttati e spesso rappresenta un’importante
informazione sulla natura del vulcano stesso. Si riconoscono fondamentalmente due tipi di vulcani:
● I vulcani-strato si formano quando fasi di effusioni laviche si alternano con periodi di emissioni
esplosive di frammenti sminuzzati di lava, che si depositano poi intorno al cratere, dando origine
alle piroclastiti (scorie, lapilli, ceneri). L’edificio che ne risulta, chiamato anche vulcano composto,
assume la forma di un cono.
● I vulcani a scudo, come quelli delle Hawaii e dell’Islanda, hanno invece una forma appiattita, dovuta
alla notevole fluidità delle lave eruttate. Queste sono in grado di scorrere per molti km in larghe
colate, prima di consolidarsi.
IL VULCANISMO ESPLOSIVO
Quando il magma che risale è viscoso, i gas inizia: no a liberarsi in singole bollicine, ma la viscosità non
permette loro di espandersi liberamente e la pressione da essi esercitata sale continuamente; lo stesso
fenomeno accade per magmi meno viscosi ma molto ricchi in gas (vapore acqueo o anidride carbonica).
Qualunque sia il meccanismo attraverso il quale essa si manifesta (vulcaniano, pliniano o peléeano),
quando si arriva all'esplosione i gas roventi fuggono dal condotto con estrema violenza, trascinando
frammenti di rocce sbriciolate e lava polverizzata, dando origine a una nube ardente ricadente. Se, a
causa di una parziale ostruzione del cratere, l'esplosione avviene lateralmente, la nuvola rotola lungo il
pendio con grande velocità (nube ardente discendente). La forma più devastante di queste esplosioni è
però quella delle nubi ardenti traboccanti che fuoriescono da fessure lunghe vari kilometri, invece che da
condotti centrali, e che arrivano a centinaia di km di distanza dal punto di emissione, muovendosi con
grande velocità (oltre 100 km/h).
Il vulcanismo esplosivo porta in definitiva all'accumulo di enormi quantità di prodotti piroclastici e molto
meno di lave. Inoltre, durante un'eruzione esplosiva, gas e ceneri permangono a lungo nell'atmosfera con
pesanti conseguenze