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ROCCE MAGMATICHE O IGNEE

Le rocce magmatiche, note anche col nome di ignee o eruttive, sono tutte le rocce che derivano da un
magma, cioè da una roccia fusa.

Un magma è un materiale fuso che si forma per cause diverse all’interno della crosta o della parte alta del
sottostante mantello, a profondità variabili. Tali masse fuse, di dimensioni anche enormi, sono miscele
complesse di silicati ad alta temperatura, ricche di gas in esse disciolti. Se, dopo la sua formazione, il magma
subisce un raffreddamento, inizia un processo di cristallizzazione: dal fuso si separano via via, secondo il
loro punto di fusione, vari tipi di minerali, dalla cui aggregazione finale risulterà formata una nuova roccia.
Le rocce magmatiche vengono suddivise in due gruppi:

● Rocce intrusive (o plutoniche), si originano da magmi che solidificano in profondità, circondati da


altre rocce; esse si formano quando vi è l’impossibilità, per la massa fusa, di giungere in superficie.
● Rocce effusive si originano, invece, quando la massa magmatica, spinta dalla pressione dei gas in
essa disciolti, trova una via di risalita, sfruttando fratture nella crosta o contribuendo a crearne di
nuove, e giunge così a traboccare in superficie, dove solidifica all’aria libera.

Le rocce intrusive e le rocce effusive presentano caratteristiche abbastanza diverse, anche se con una
semplice osservazione a livello macroscopico non è sempre facile distinguerle. La soluzione del problema è
stata fornita dalla Petrografia, che ha messo in luce come avviene il passaggio dal materiale fuso a una
roccia solida.

Nel caso delle rocce intrusive, poiché il magma si trova fermo entro la crosta, circondato da altre rocce che
fanno da isolante termico, il raffreddamento avviene in tempi molto lunghi. In tali condizioni, tutto il fuso
arriva a cristallizzare e la roccia che ne deriva è interamente formata da cristalli di grandi dimensioni, in
genere visibili ad occhio nudo. Le rocce intrusive presentano una struttura granulare olocristallina. Gli
ammassi rocciosi intrusivi (chiamati batoliti, “rocce profonde”), possono arrivare alla superficie terrestre
grazie alla combinazione dei movimenti della crosta e della lenta demolizione delle rocce sovrastanti, che
vengono asportate dagli agenti esogeni. Nel caso delle rocce
effusive, invece, il magma risale fino in superficie, dove trabocca come lava. In tal caso la temperatura
passa rapidamente da circa 1000°C a quella ambiente e la pressione scende in brevissimo tempo da valori
di diverse migliaia di atmosfere a quelli ordinari. In questo modo gas e vapori si disperdono nell’aria e la
massa fluida viene allora chiamata lava.
Le rocce effusive presentano struttura porfirica (dal nome di una delle più tipiche rocce effusive, il porfido),
in cui alcuni cristalli della grandezza di almeno qualche millimetro, detti fenocristalli, si presentano in una
pasta di fondo, formata di cristalli piccolissimi o in parte amorfa. In casi particolari, tutta la massa è vetrosa:
sono le ossidiane o “vetri vulcanici”.

CLASSIFICAZIONE DEI MAGMI


I magmi (e le lave che ne derivano) possono avere composizioni chimiche diverse, per cui la cristallizzazione
può portare a rocce che differiscono tra loro per i tipi di minerali in esse aggregati.
La distinzione tra i vari tipi di magmi si basa sul loro contenuto in silice. La silice è il composto chimico SiO₂
e può cristallizzare come silice libera formando il minerale quarzo. La silice combinata indica invece, nelle
analisi chimiche dei minerali silicatici, la quantità totale di silicio e di ossigeno che, legati in tetraedri, si
combinano con altri elementi. Su tale base, i magmi si dividono in:
● Magmi acidi o sialici, ricchi in Si (silicio) e Al (alluminio), danno origine a rocce con densità intorno a
2,7 g/cm³, povere di silicati, ricche di alluminosilicati e di una certa quantità di silice libera (SiO₂),
che solidifica in granuli di quarzo. In totale, la silice arriva a oltre il 65% in peso. Tali rocce sono
dette acide o sialiche.
● Magmi neutri o intermedi, hanno una composizione intermedia e danno origine a rocce neutre: la
loro densità è superiore a quella delle rocce acide e mostrano un rapporto equilibrato fra
alluminosilicati e silicati.
● Magmi basici o femici, hanno una quantità bassa di silice (inferiore al 52%) ma sono relativamente
ricchi in Fe (ferro), Mg (magnesio) e Ca (calcio). Essi danno origine a rocce in genere scure. Tali
rocce sono dette basiche o femiche.
● Magmi ultrabasici (poverissimi in silice). Le rocce cui danno origine sono dette ultrabasiche o
ultrafemiche: sono tutte di colore molto scure, hanno densità elevata e sono formate
essenzialmente da silicati di Fe e Mg.

CLASSIFICAZIONE DELLE ROCCE MAGMATICHE


Le principali famiglie di rocce magmatiche sono:
-famiglia dei graniti. Queste rocce intrusive sialiche sono il tipo più diffuso tra tutte le rocce ignee intrusive.
Esse contengono molti granuli di quarzo, molti cristalli di feldspati e pochi minerali femici. Le rocce ricche di
quarzo sono tipicamente i graniti; quelle più povere di quarzo vengono distinte come granodioriti e sono il
tipo più abbondante nella parte superiore della crosta. Le masse fuse di tipo granitico sono generate a
qualche decina di chilometri di profondità e danno origine ad ammassi di rocce durissime, i batoliti, lunghi
anche migliaia di chilometri e larghi centinaia di chilometri. Questi corpi si sono formati in quei settori di
crosta in cui sono sorte grandi catene montuose. Col tempo, vengono messi in luce dai fenomeni erosivi.
Questa famiglia comprende anche le rocce effusive aventi la stessa composizione chimica di quelle
intrusive, ma che hanno subito una diversa modalità di cristalizzazione e presentano pertanto struttura
porfirica. Ricorderemo le rioliti o lipariti, che talvolta, per via della rapidità del raffreddamento, possono
assumere l'aspetto vetroso delle ossidiane.
• Famiglia delle dioriti. Queste rocce derivano da magmi neutri, che danno luogo a una miscela equilibrata
di composti sialici (abbondanti plagioclasi)
e di composti femici (pirosseni o anfiboli). I corrispondenti effusivi delle dioriti tipiche, di regola con
fenocristalli abbondanti e ben cristallizzati, sono le andesiti (vedi ancora la figura 29). Le andesiti
caratterizzano l'attività degli allineamenti di vulcani che fiancheggiano le grandi fosse abissali, come la
catena di vulcani delle Ande, da cui queste rocce hanno preso il nome.
• Famiglia dei gabbri. I magmi femici danno rocce intrusive scure, con plagioclasi ricchi di calcio associati a
pirosseni, anfiboli e olivina. Le corrispondenti rocce effusive sono i basalti, il tipo più diffuso tra tutte le
rocce effusive, che formano, tra l'altro, il «pavimento» di tutti gli oceani.
Le rocce basaltiche sono di grande interesse teo-rico: secondo molti studiosi, infatti, il globo terrestre nei
primi tempi della sua vita avrebbe avuto una crosta superficiale (priva di acque perché ancora troppo calda)
omogenea e simile al basalto.
Anche le rocce lunari possiedono in buona parte la stessa composizione.
• Famiglia delle peridotiti. Sono rocce che derivano da magmi ultrafemici e sono formate in gran parte da
olivina (nota anche come peridoto). Le più note sono le peridotiti, rocce nere, pesanti e spesso interessate
da giacimenti minerari di alto valore, come i composti del cromo. Hanno distribuzione limitata sui
continenti, mentre sono il costituente fondamentale della parte superiore del mantello.
• Famiglia delle rocce «alcaline». I magmi particolarmente ricchi di elementi alcalini, come Na (so-dio) e K
(potassio), originano abbondanti feldspati, a scapito degli altri minerali. Anche in questa famiglia si
riconoscono rocce neutre e femiche:
- le rocce alcaline neutre comprendono le sieniti (intrusive), prive o poverissime di quarzo e ricche di
ortoclasio, e le loro corrispondenti effusive, le trachiti;
- le rocce alcaline femiche comprendono le leucititi, comuni in Lazio e Campania (spesso indicate
erroneamente come basalti), caratterizzate da fenocristalli biancastri di leucite (un feldspatoide potassico)
in una pasta di fondo grigia.

IL VULCANISMO
Il vulcanismo rivela le dimensioni di un fenomeno a scala planetaria.
L’importanza del vulcanismo tra i processi attraverso cui la terra non solo si è andata progressivamente
trasformando nel tempo fino al suo aspetto attuale, ma continua tuttora a trasformarsi è ancora più
evidente oggi. Il più grande vulcano finora scoperto è su Marte, mentre l’attività vulcanica più intensa,
frenetica, è certamente quella di Io, il satellite più interno di Giove. L’attività vulcanica può manifestarsi in
modi molto diversi, dalla tranquilla effusione di lava a esplosioni parossistiche così violente da sconvolgere
un’ampia regione; eppure, nonostante la sua molteplicità di aspetti, il vulcanismo è un fenomeno
essenzialmente unitario. Alcuni aspetti fondamentali per comprenderne il ruolo nell’evoluzione del pianeta
sono:
● Il meccanismo che fa innescare i fenomeni vulcanici.

● I segni dell’attività vulcanica: i modi in cui si sviluppa tale attività (cioè i vari tipi di eruzioni), le
forme (cioè gli edifici vulcanici cui dà origine) e l’aspetto che assumono i materiali emessi dalle
eruzioni (cioè i prodotti).
● Il tipico dualismo nel modo di presentarsi dell’attività vulcanica, che si manifesta
fondamentalmente con effusioni laviche imponenti ma tranquille oppure con esplosioni violente.
● La distribuzione geografica dell’attività vulcanica, che non è casuale, ma segue un disegno preciso.

Dunque, il ruolo fondamentale dell'intera attività vulcanica è quello di trasferire imponenti quantità di
materiali dall'interno all'esterno del pianeta. Tutto questo avviene attraverso la continua fusione di rocce in
profondità, seguita dalla risalita dei materiali fusi (magmi) e dalla loro solidificazione, per raffreddamento,
in superficie. È un meccanismo che non solo ha contribuito alla formazione e all'accrescimento della crosta
solida del pianeta, ma che, con la dispersione in superficie di gas e vapori, ha portato anche alla formazione
dell'atmosfera e dell'idrosfera. E senza di esse non sarebbe stato possibile il successivo sviluppo della
biosfera.

La conoscenza dei fenomeni vulcanici ha ormai assunto anche una grande importanza in tutte le aree in cui
il loro manifestarsi interferisce in qualche modo con l'attività umana. È il caso, per esempio, del rischio
vulcanico, nei confronti del quale l'unica strategia capace di dare risultati pratici sembra essere quella della
prevenzione del danno, che si può attuare solo attraverso la conoscenza approfondita dei meccanismi
eruttivi. Infine, vi sono anche degli effetti positivi dell'attività vulcanica; si tratta di quelli sotto forma di
risorse per l'attività antropica, come giacimenti minerari e materiali da costruzione o energia geotermica.

I MAGMI Il fenomeno vulcanico, nel suo


insieme, è molto complesso per la molteplicità delle strutture e dei prodotti cui dà origine. Tuttavia, c'è un
aspetto del vulcanismo che appare comune a tutte le sue manifestazioni ed è la risalita, dall'interno della
Terra, di materiali rocciosi allo stato fuso. Questi, mescolati ai gas, tutti ad alte temperature, una volta
giunti in superficie si raffreddano rapidamente e si solidificano oppure si disperdono nell'atmosfera. Tali
masse fuse, che vengono chiamate magmi, prendono origine all'interno della crosta terrestre o della parte
alta del sottostante. Esse si formano ogni volta che si verificano particolari condizioni chimiche e fisiche
(come aumento di temperatura, diminuzione di pressione, arrivo di fluidi).

Il processo di fusione procede gradualmente: il materiale in origine molto caldo, ma ancora solido, si
trasforma pian piano in una massa di consistenza pastosa, al cui interno si individuano innumerevoli
minuscole gocce di magma che si separano via via da un residuo refrattario (cioè in grado di resistere ad
alte temperature senza fondere o subire alterazioni).

Il materiale roccioso allo stato fuso è meno denso della roccia che lo circonda e si espande esercitando una
pressione sulle pareti della minuscola cavità in cui si sta formando. Nella roccia circostante si forma così una
rete di minuscole fessure, che finiscono per collegarsi a fessure analoghe prodotte da innumerevoli altre
gocce di fusione. Quando un volume compreso tra il 5 e il 20% del materiale originario è ormai fuso, le
singole gocce di fluido trovano spazi sufficienti per muoversi attraverso la rete di fessure, sempre più fitta e
diffusa, e finiscono per unirsi fra loro in una massa continua. A quel punto la massa di magma in formazione
inizia a risalire attraverso il materiale ancora solido e assume una tipica forma «a goccia», chiamata diapiro.
A questo punto la risalita del magma è relativamente rapida e avviene attraverso le rocce solide sovrastanti,
sfruttando ogni fessura che il magma stesso tende ad ampliare o a generare con la sua spinta. La velocità di
risalita di una massa di magma dipende da molti fattori: la sua viscosità (legata alla composizione chimica,
alla temperatura e alla presenza di gas), il suo volume, la profondità della zona in cui si origina, la
temperatura delle rocce attraverso cui risale ecc. La risalita del magma può quindi rallentare fino ad
arrestarsi, per riprendere successivamente. Man mano che salgono, i diapiri si uniscono e fondono in una
massa sempre maggiore. D'altra parte, però, al diminuire della profondità dalla superficie la densità delle
rocce solide diminuisce e. come conseguenza, la «spinta di galleggiamento” del diapiro si esaurisce e la
massa fusa si accumula e forma una camera magmatica.

L'energia che si accumula nella camera magmatica con la liberazione di gas finisce per superare la
resistenza della copertura di rocce sovrastanti e si apre un condotto vulcanico, attraverso il quale il
materiale fuso e i gas si riversano all'esterno con grande forza.

Quando il magma arriva in superficie si innescano i fenomeni vulcanici in senso stretto (anche se i processi
appena descritti fanno parte anch'essi del «vulcanismo»), con una molteplicità di forme e di prodotti che si
giustificano con le diverse condizioni in cui i magmi possono originarsi in profondità e risalire all'esterno.

ERUZIONI, EDIFICI VULCANICI E PRODOTTI DELL’ATTIVITA’ VULCANICA

Il “trasferimento” di materiale fuso sulla superficie terrestre può avvenire con fenomeni diversi, per cui
l’intero processo presenta alcuni aspetti fondamentali: -il modo in cui si
sviluppano in superficie nuove forme del rilievo, cioè i diversi tipi di eruzione;
-il risultato di tale processo, cioè gli edifici vulcanici superficiali; -in che cosa si
trasforma il magma, cioè i prodotti delle eruzioni.

I DIVERSI TIPI DI ERUZIONE

I fattori che più direttamente influenzano il tipo di eruzione sono due: la viscosità del magma in risalita e il
contenuto in gas, soprattutto vapore acqueo.

La viscosità varia moltissimo: è molto elevata nei magmi acidi, che danno origine a lave di tipo riolitico, e
molto minore nei magmi basici, da cui derivano lave di tipo basaltico.

Il contenuto in acqua agisce attraverso la capacità di espansione “esplosiva” del vapore ad alte
temperature, quando diminuisce la pressione di confinamento, cioè la resistenza dell’ammasso roccioso
attraverso il quale il magma sta risalendo. Tutto si prepara nella risalita dalla camera magmatica e lungo il
condotto e dipende dalla velocità con cui il magma si muove, trascinando con sé i gas che si stanno
liberando dalla massa fluida.

-se il magma arriva a traboccare senza che le bollicine di gas riescano a fondersi in bolle più grandi, allora il
magma darà origine a un’eruzione effusiva (questo avviene tipicamente quando il magma è molto fluido e
risale a grande velocità nel condotto grazie a un’abbondante alimentazione).

-se invece le bolle di gas riescono a fondersi e crescono fino a frammentare il magma in brandelli, si
verificherà un’eruzione esplosiva.

Vi sono diversi tipi di attività vulcanica:

● L’attività di tipo hawaiiano è caratterizzata da abbondanti effusioni di lave che derivano da magmi
molto caldi, fluidi e con pochi gas. Danno origine a edifici molto larghi rispetto all’altezza, la cui
sommità è spesso occupata da un’ampia depressione, chiamata caldera, formatosi per collasso del
tetto della camera magmatica, rimasto senza sostegno a seguito del drenaggio verso la superficie di
grandi quantità di lava.
● L’attività di tipo islandese presenta caratteristiche simili; qui, però, la lava, sempre molto fluida,
fuoriesce da lunghe fessure invece che da un condotto centrale. Il ripetersi di tali eruzioni dalla
stessa fessura porta alla formazione di vasti espandimenti lavici basaltici quasi orizzontali, estesi per
molti km.
● L’attività di tipo stromboliano presenta una modesta esplosività a intervalli più o meno regolari. La
lava, abbastanza fluida ma meno dei casi precedenti, ristagna periodicamente nel cratere, dove
inizia a solidificare. Si forma così una crosta solida, al di sotto della quale si vanno accumulando i
gas che continuano a liberarsi dal magma.
● L’attività di tipo vulcanico è caratterizzata da un meccanismo simile a quello stromboliano, solo che
in questo caso la lava è molto più viscosa. Perciò i gas si liberano con più difficoltà e la lava
solidifica nella parte alta del condotto, dove forma un “tappo” di grosso spessore. I gas impiegano
quindi tempi più lunghi per raggiungere pressioni sufficienti a vincere l’ostruzione; quando ciò
avviene, l’esplosione è violentissima.
● Il termine vesuviano indica un’attività vulcanica caratterizzata dall’estrema violenza dell’esplosione
iniziale, che svuota un gran tratto del condotto superiore. Il magma può allora risalire con grande
velocità da zone profonde, fino a espandersi in maniera esplosiva uscendo dal cratere,
dissolvendosi in una gigante nube di minutissime goccioline. Quando tali esplosioni raggiungono il
loro aspetto più violento si parla di attività di tipo pliniano (da Plinio il Giovane, che ne descrisse
una nell’eruzione del 79d.C.). La
colonna di vapori e gas fuoriesce dal condotto con tale forza e velocità da salire diritta verso l'alto
per alcuni km, prima di perdere energia ed espandersi in una grande nuvola, che assume così una
caratteristica forma che ricorda un pino marittimo. Dalla nuvola ricadono grandi quantità di
frammenti di lava vetrificata, sotto forma di pomici. Lo studio moderno di eruzioni con attività
pliniana ha messo in evidenza che la formazione di colonne eruttive così alte e sospinte in
continuità anche per più giorni richiede una forte alimentazione di magma viscoso e ricco di gas, in
rapida risalita. Il magma, ricchissimo di bolle in espansione, si riduce a una specie di schiuma,
formata da un miscuglio di gas, brandelli di fluido e minerali che stanno cristallizzando, che risale ad
altissime velocità, fino a uscire «come una fucilata».
● Nell'attività di tipo peléeano (dalla Montagna Pelée, sull'isola della Martinica) la lava ad altissima
viscosità e a temperatura relativamente bassa (600-800 °C) viene spinta fuori dal condotto già quasi
solida e forma cupole o torri alte qualche centinaio di metri. Dalla base sfuggono grandi nuvole di
gas e vapori, roventi e molto dense, che scendono come valanghe lungo le pendici del vulcano e si
espandono su vaste aree con grande velocità.
● Un meccanismo molto diverso dai precedenti provoca l'attività idromagmatica, dovuta
all'interazione tra il magma (o rocce riscaldate da un magma) a modesta profondità (fino a qualche
km) e l'acqua che permea le rocce (acqua di falda). Un fenomeno analogo si verifica anche nel corso
di eruzioni sottomarine a basse profondità. II brusco passaggio dell'acqua allo stato di vapore
genera enormi pressioni che possono far saltare l'intera colonna di rocce sovrastanti, aprendo un
condotto verso l'esterno. Dal cratere esce con grande violenza una colonna di vapore che trascina
con sé frammenti di rocce e, se c'è stato contatto con il magma, lava finemente polverizzata. Dalla
base di tale colonna parte una specie di onda d'urto concentrica, tipica di esplosioni violente, che
dà origine a una densa nuvola di vapore e materiali solidi, a forma di anello, chiamata base-surge
(«onda di base»). Crateri di origine idromagmatica e relativi prodotti si riconoscono nei vulcani
laziali e campani, tra i quali i Colli Albani, il grande vulcano a Sud di Roma, e il Vesuvio, la cui
eruzione del 79 d.C. ebbe tragiche conseguenze proprio per l'innescarsi di una forte attività
idromagmatica.
• l'attività esplosiva che porta alla formazione dei diatremi. Quando il magma in risalita da zone molto
profonde fuoriesce in modo altamente esplosivo, alla fine dell'eruzione le rocce in cui si apre la parte finale
del camino vulcanico vengono ampiamente frammentate dalla violenta pressione dei gas e si forma un
cratere largo molte centinaia di metri e profondo anche uno o due kilometri. Tale cavità a forma di imbuto
è riempita dalle rocce frantumate e viene chiamata diatrema. Lo studio della natura del magma e dei
minerali contenuti nei frammenti di rocce strappati a tutto il condotto e trascinati in superficie ha portato a
concludere che il meccanismo che li produce si innesca a grandi profondità, almeno 100 km, ampiamente
dentro il mantello superiore. A quelle profondità magmi di natura ultrabasica, prodotti da fusione parziale
delle rocce presenti e ricchi in gas, soprattutto anidride carbonica, si aprono la via verso l'alto frantumando
la litosfera e risalendo a velocità altissima, fino a esplodere nell'atmosfera, nella quale scagliano - a velocità
di oltre 2000 km/h - gas e frammenti solidi strappati dal mantello e dalla crosta. I diatremi più importanti
sono i camini kimberliti-ci (da Kimberley, in Sudafrica, dove sono stati inizialmente studiati), non solo per le
informazioni su zone profonde del pianeta, altrimenti inaccessibili, ma anche per la preziosa risorsa che
hanno reso disponibile, i diamanti.

LA FORMA DEGLI EDIFICI VULCANICI

Viene usato il termine magma quando ci si riferisce al materiale fuso presente all’interno della crosta,
mentre quando tale materiale fuoriesce in superficie e perde gran parte dei gas che conteneva si parla di
lava. I gas vanno ad arricchire l’atmosfera, mentre i prodotti solidi si accumulano fino a costruire l’edificio
vulcanico. Gli edifici vulcanici si accrescono nel punto in cui il materiale fuso
fuoriesce: -all’estremità aperta in superficie (cratere) di un condotto di forma,
in genere, quasi cilindrica;
-lungo spaccature che penetrano profondamente nell’interno della Terra.

Il condotto vulcanico mette in comunicazione l’edificio esterno con l’area di alimentazione; in genere, nella
sua risalita il magma può ristagnare in una camera magmatica a bassa profondità. La forma di un edificio
vulcanico dipende strettamente dal tipo dei prodotti eruttati e spesso rappresenta un’importante
informazione sulla natura del vulcano stesso. Si riconoscono fondamentalmente due tipi di vulcani:

● I vulcani-strato si formano quando fasi di effusioni laviche si alternano con periodi di emissioni
esplosive di frammenti sminuzzati di lava, che si depositano poi intorno al cratere, dando origine
alle piroclastiti (scorie, lapilli, ceneri). L’edificio che ne risulta, chiamato anche vulcano composto,
assume la forma di un cono.
● I vulcani a scudo, come quelli delle Hawaii e dell’Islanda, hanno invece una forma appiattita, dovuta
alla notevole fluidità delle lave eruttate. Queste sono in grado di scorrere per molti km in larghe
colate, prima di consolidarsi.

I PRODOTTI DELL’ATTIVITA’ VULCANICA


Materiali gassosi e materiali solidi (rocce ignee ef-fusive, cioè derivate direttamente dal raffreddamento
delle colate di lava, e piroclastiti) sono 1 t1-pici prodotti dell'attività vulcanica. Le caratteristiche essenziali.
• Tra i materiali gassosi, i prodotti più abbondanti sono il vapore acqueo e l'anidride carbonica, seguiti dai
composti dello zolfo, dell'azoto, del cloro e del fluoro.
L'importanza di questi materiali è duplice: da un lato essi hanno contribuito a formare gran parte
dell'atmosfera e continuano ad alimentarla, dall'altro favoriscono l'innesco delle eruzioni del magma, entro
cui si trovano disciolti.
●I materiali solidi che costituiscono gli edifici vulcanici sono le colate di lava (o, più esattamente, le rocce
effusive cui le lave danno origine per raffredda-mento) e le piroclastiti, che si formano per accumulo di
frammenti solidi di varie dimensioni e natura (scorie, lapilli, ceneri, polveri), espulsi dal vulcano nelle fasi
esplosive della sua attività.
● L'aspetto di una colata di lava in corso di raffreddamento o già solidificata dipende da vari fattori.
Quando la lava che fuoriesce è molto fluida, sulla sua superficie si forma rapidamente una crosta levigata,
sotto la quale la lava continua a scorrere fino ad arrivare a grande distanza, lasciando dietro di sé un
tunnel con le pareti di lava. Se, invece, la lava è più viscosa, la superficie della colata, più rigida, si
frantuma in numerosi frammenti spigolosi e assume un aspetto scabro. Se la colata di lava fuoriesce sul
fondo di un oceano, a causa del brusco raffreddamento a contatto con l'acqua, la sua superficie si riveste
rapidamente di una crosta vetrosa, che la pressione, dovuta all'arrivo di nuova lava, fa rompere in vari
punti: dalle fessure escono fiotti di lava che a loro volta si rivestono di un guscio vetroso. Alla fine, la
colata appare come una catasta di grosse «focacce»: pillow-lava o «lava a cuscini»
● Anche i depositi piroclastici o piroclastiti possono assumere aspetti molto diversi. La liberazione dei gas
da lave abbastanza fluide può dare origine al lancio di brandelli di lava, che ricadono ancora incandescenti
e, raffreddandosi, formano le scorie vulcaniche, che possono accumularsi in forma di coni intorno al punto
di emissione. Se i brandelli sono di grandi dimensioni e si induriscono in superficie, si arriva alle bombe
vulcaniche, di forma affusolata.
Nelle fasi esplosive i gas trascinano via grandi quantità di rocce sbriciolate, strappate dalle pareti del
camino, e di lava in minute goccioline, che si trasformano in vetro vulcanico. L'espulsione e la ricaduta di
questi materiali dà origine a vere e proprie coltri di piroclastiti; a seconda delle dimensioni dei frammenti,
si parla di polvere vulcanica (molto fine), di cenere vulcanica (simile a una sabbia), di lapilli (come piccoli
ciottoli) e di blocchi (anche di decine di tonnellate).
Se la brusca liberazione di gas avviene in un magma acido si forma una specie di schiuma vetrosa, che
l'eruzione esplosiva riduce in frammenti: trascinati a grande altezza, questi ricadono poi e si accumulano
in livelli di pomici.
In tutti questi casi si parla di depositi piroclastici da ricaduta: i materiali espulsi dal condotto hanno seguito
una traiettoria «balistica» oppure, se sono molto fini, sono stati trasportati in quota e so no ricaduti,
disperdendosi su ampie aree.
Ben più importanti sono depositi piroclastici da flusso, prodotti da colate piroclastiche.

ALTRI FENOMENI LEGATI ALL'ATTIVITÀ VULCANICA


Nell'attività vulcanica l'acqua è spesso presente in abbondanza, sia per la fusione di neve o ghiacciai che
ricoprono eventualmente la sommità del vul-cano, sia per la sua espulsione da un lago che occupi un
cratere quando vi risalga della lava, sia, infine, per la condensazione del vapore acqueo emesso assieme ai
gas. Come conseguenza, i detriti piroclastici incoerenti (cioè formati da granuli «sciolti», non attaccati tra
loro) assorbono acqua fino a diventare saturi e, soprattutto quelli che si sono accumulati sulle pendici più
ripide del vulcano, finiscono per diventare instabili e per trasformarsi in colate di fango.
Queste colate, note anche con il nome indonesiano di lahar, si incanalano lungo le valli e scendono con
forza distruttiva per parecchi kilometri.
Quando si arresta, il fango indurisce rapidamente e si trasforma in una solida roccia che imprigiona
tenacemente tutto quello che ha travolto e sepolto.
Altri fenomeni legati all'attività di un vulcano sono le manifestazioni tardive. Per molto tempo dopo che è
cessata l'emissione di lava, infatti, dalle profondità della terra continuano a salire i gas residui,
accompagnati da acque termo-minerali, che per il loro contenuto in sostanze particolari vengono
utilizzate a scopi curativi. Fenomeni legati a queste manifestazioni tardive sono i geyser, che abbondano
nell'America Settentrionale e in Islanda, dove costituiscono un'attrazione turistica. Il termine inglese
geyser è derivato dal nome della sorgente termale islandese Big Geysir (che significa «emettere a fiotti»):
il fenomeno si manifesta, infatti, quando da una cavità aperta in superficie viene emessa, a intervalli quasi
regolari, una colonna d'acqua molto calda, che viene spinta a grandi altezze, come un enorme fontana.
Altre manifestazioni minori sono le fumarole, emissioni di gas e vapori caldi, e le moféte, emissioni di
acqua e anidride carbonica. I gas vulcanici, tra cui l'anidride carbonica (CO,), filtrano dalla camera
magmatica e risalgono da sotto il vulcano anche quando questo è quiescente. La CO, che si libera, essendo
più pesante dell'aria, riempie il cratere fino a traboccare e a scendere per gravità lungo le pendici del
vulcano, raccogliendosi nelle cavità e nelle depressioni del terreno. Essa, pur non essendo velenosa, può
risultare mortale per gli esseri viventi che vi si trovino immersi in quanto, fissandosi all'emoglóbina del
sangue, riduce la disponibilità di ossigeno per l'organismo.

VULCANISMO EFFUSIVO E VULCANISMO ESPLOSIVO


I due tipi fondamentali di vulcanismo (effusivo ed esplosivo) hanno una distribuzione geografica diversa:
in certi settori del pianeta domina il vulcanismo esplosivo, in altri quello effusivo. Questa distribuzione
non è casuale e il suo studio può fornire preziose indicazioni sulla dinamica interna della Terra.

IL VULCANISMO EFFUSIVO DELLE DORSALI OCEANICHE E DEI PUNTI CALDI


Quando un magma fluido risale verso la superficie, i gas in esso disciolti, dopo aver fatto saltare per la
pressione l'eventuale ostruzione, si liberano con forza, mentre inizia a traboccare la lava che fluisce e si
espande anche su grandi distanze.
La manifestazione più imponente di vulcanismo effusivo sulla Terra avviene sott'acqua ed è associata a
una serie di profonde fessure che tagliano l'intera crosta e segnano l'asse delle dorsali oceaniche.
Si tratta, quindi, di eruzioni lineari, come quelle di tipo islandese, che avvengono sul fondo del mare. In
tali condizioni, se i materiali eruttati, di natura basaltica, si trovano a notevole profondità, la lava fluisce
tranquillamente dalle fessure e si consolida con le tipiche strutture «a cuscini». Se, però, l'eruzione
sottomarina avviene a profondità moderata, quindi sotto modeste pressioni della colonna d'acqua,
l'emissione della lava è accompagnata da esplosioni che liberano alla superficie del mare nubi bianche di
vapore acqueo. L'edificio può arrivare ad emergere dal mare; i magmi di questo vulcanismo risalgono
direttamente dal mantello che si trova sotto la crosta oceanica. Uno degli esempi meglio studiati di
vulcanismo effusivo è quello delle Isole Hawaii, giganteschi vulcani a scudo associati all'attività di un
«punto caldo». I punti caldi sono zone ristrette della superficie terrestre, caratterizzate da vulcanismo
attivo persistente da milioni di anni. Sotto ai punti caldi si ha una continua fusione del materiale presente
che, a causa delle enormi quantità di lava che traboccano in superficie, viene costantemente
«rimpiazzato» dalla risalita da grandi profondità nel mantello di «pennacchi» di materiale caldissimo.

IL VULCANISMO ESPLOSIVO
Quando il magma che risale è viscoso, i gas inizia: no a liberarsi in singole bollicine, ma la viscosità non
permette loro di espandersi liberamente e la pressione da essi esercitata sale continuamente; lo stesso
fenomeno accade per magmi meno viscosi ma molto ricchi in gas (vapore acqueo o anidride carbonica).
Qualunque sia il meccanismo attraverso il quale essa si manifesta (vulcaniano, pliniano o peléeano),
quando si arriva all'esplosione i gas roventi fuggono dal condotto con estrema violenza, trascinando
frammenti di rocce sbriciolate e lava polverizzata, dando origine a una nube ardente ricadente. Se, a
causa di una parziale ostruzione del cratere, l'esplosione avviene lateralmente, la nuvola rotola lungo il
pendio con grande velocità (nube ardente discendente). La forma più devastante di queste esplosioni è
però quella delle nubi ardenti traboccanti che fuoriescono da fessure lunghe vari kilometri, invece che da
condotti centrali, e che arrivano a centinaia di km di distanza dal punto di emissione, muovendosi con
grande velocità (oltre 100 km/h).
Il vulcanismo esplosivo porta in definitiva all'accumulo di enormi quantità di prodotti piroclastici e molto
meno di lave. Inoltre, durante un'eruzione esplosiva, gas e ceneri permangono a lungo nell'atmosfera con
pesanti conseguenze

LA DISTRIBUZIONE GEOGRAFICA DEI VULCANI


La distribuzione dei quasi 600 vulcani attivi sulle terre emerse (continenti e archi insulari) e delle effusioni
laviche lungo le dorsali oceaniche non è casuale né uniforme:
tende a concentrarsi in lunghe fasce o in catene di edifici, mentre solo una parte dei vulcani sembra avere
una distribuzione sparsa. Si possono distinguere tre diverse situazioni geografiche:
- edifici lineari lungo le dorsali oceaniche;
- edifici centrali lungo i margini dei continenti o catene di isole;
- edifici centrali o lineari isolati (punti caldi) all'interno di aree continentali e piane abissali oceaniche.
Il tipo di vulcanismo più esteso è quello legato all'emissione di gigantesche quantità di lave basaltiche
dalle fessure del sistema mondiale di dorsali oceaniche. Si tratta di un vulcanismo sottomarino effusivo,
con grandi accumuli di «lava a cuscini».
Le informazioni sui vari aspetti del vulcanismo permettono di stabilire alcuni punti fondamentali.
• Il vulcanismo si manifesta come trasferimento di materiali dall'interno caldo del pianeta in superficie
(nuove rocce) o nell'atmosfera (gas).
• Tale trasferimento avviene con processi diversi:
- nelle dorsali oceaniche, materiali solidi ma molto caldi risalgono nel mantello, fondono e fluiscono
attraverso fessure che tagliano la crosta;
-a ridosso delle fosse oceaniche, i magmi che attraversano la crosta si arricchiscono in gas, per cui
eruttano con esplosioni violente;
- nei punti caldi, il materiale molto caldo risale da grandi profondità e alimenta enormi effusioni .

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