- PROBLEMA:
- La terra ha avuto sempre la stessa FORMA, i continenti sono fissi ed IMMUTABILI
oppure sono una STRUTTURA DINAMICA ed in TRASFORMAZIONE ?
Wegener ( geofisico tedesco 1880-1930 )riuscì a formulare una teoria organica unendo una serie di
dati scientifici:
TEORIA MOBILISTA:Le terre emerse erano riunite in un grande unico continente ( LA PANGEA
) che, circa 300 milioni di anni fa si spaccò e si suddivise in blocchi. Questi avrebbero
successivamente iniziato a migrare allontanandosi tra loro orizzontalmente: DERIVA dei
CONTINENTI.
PROVE a sostegno della teoria mobilista:
- geofisiche: dati relativi agli spostamenti laterali dei continenti
- geologiche: vi sono somiglianze geologiche e di struttura tra i vari blocchi dei continenti
( alcune catene montuose combaciano perfettamente se si riuniscono i margini dei continenti
; alcune strutture della crosta si trovano da una parte e dall’altra dell’Atlantico ).
- Paleontologiche: specie animali e vegetali affini erano presenti in sponde opposte di
continenti separati dagli oceani.
- Paleoclimatiche: la distribuzione delle tilliti ( detriti di roccia trasportati dai ghiacciai:
indizio di glaciazione ) in Sud America, Sud Africa, India, Australia dimostra che quelle
terre furono tutte interessate ad una glaciazione: fatto spiegabile solo ipotizzando che tutti
questi continenti erano raggruppati in un’unica massa continentale.
Holmes ( geologo inglese ) nel 1929 propose un modello basato sulle correnti convettive
subcrostali.
L’espansione dei fondali oceanici
Margini continentali
Eventuali fosse
oceaniche
Le dorsali medio-oceaniche
• Si estendono attraverso tutti gli oceani per una lunghezza totale di
80000 km
• sono formate da rilievi che arrivano a 3 km di altezza e 1,5 di
larghezza. Si trovano più o meno a 2,6 km di profondità, che
possono anche affiorare. Sono divise in segmenti distinti (vertebre)
• la cresta presenta una fossa tettonica o valle di sprofondamento
(rift valley), che poi degrada con le faglie. E’ caratterizzata da
intense attività sismiche e vulcaniche e elevato flusso da calore
• sono costituite da basalti tholeitici (Ca) e sedimenti pelagici (Si,
Ca). I fianchi, in corrispondenza della profondità di compensazione
di carbonati, sono costituite da argilla rossa.
Paleomagnetismo
Una lava fuoriuscendo da un vulcano, raffreddandosi, “si orienta”, assume cioè una
magnetizzazione secondo il campo magnetico di quel luogo e di quel momento. Una volta divenuta
roccia a meno di essere riportata sopra il punto di Curie, i dati magnetici rimangono registrati in
questa lava per sempre, quasi fossero congelati (magnetizzazione termorimanente). Questo
magnetismo fossile, che si conserva anche se il campione di roccia è sottoposto a modesti disturbi
meccanici, magnetici, termici e che quindi permane inalterato anche a distanza di decine o centinaia
di milioni di anni, è detto paleomagnetismo.
Soltanto alcuni tipi di rocce risultano utili all’indagine paleomagnetica. Le lave basaltiche, ad
esempio, appartengono a questa categoria; esse sono abbastanza ricche di minerali ferriferi ed
acquisiscono la magnetizzazione mentre si raffreddano. Misure paleomagnetiche sono possibili
anche su rocce sedimentarie ricche di ossido di ferro. Sembra infatti che i costituenti ferromagnetici
(in prevalenza granellini di magnetite ed altri minerali di ferro) siano suscettibili, durante la
deposizione, di orientarsi secondo l’andamento del campo
geomagnetico. Anche le rocce sedimentarie, deposte in
acque tranquille, conservano una piccola magnetizzazione
(detta magnetizzazione detritica residua) che può essere
misurata con strumenti molto raffinati.
· Le inversioni di polarità,
· Le anomalie magnetiche dei fondi oceanici.
L’indagine ha rilevato che circa 500 – 600 milioni di anni fa, il polo nord si trovava lungo
l’equatore, nel mezzo dell’attuale Oceano Pacifico, inoltre i risultati ottenuti dall’analisi delle rocce
americane rispetto a quelle europee davano posizioni diverse per il polo.
La migrazione dei poli è causata dallo spostamento dell’asse di rotazione terrestre; quando
ciò avviene, i poli, che sono i punti in cui tale asse incontra la superficie terrestre, si spostano su di
essa compiendovi un certo tragitto. Già nel 1889 l’astronomo italiano Schiapparelli aveva fatto
notare che l’asse di rotazione terrestre può non coincidere con l’asse di inerzia. I due assi
corrisponderebbero solo nel caso in cui
le masse che costituiscono la Terra fossero disposte con perfetta simmetria rispetto all’asse di
rotazione terrestre, il che evidentemente non corrisponde alla realtà. Conseguentemente il
movimento di rotazione non è del tutto regolare, e si è constatato che la posizione dei poli subisce in
effetti dei piccoli spostamenti, dell’ordine di pochi metri attorno all’asse dell’ellissoide terrestre. In
mancanza di perturbazioni esterne l’asse di rotazione terrestre, in accordo con la legge di
conservazione del momento angolare, rimane praticamente fisso nello spazio.
L’unica ipotesi plausibile per spiegare l’apparente migrazione dei poli è quindi quella di
considerare la deriva dei continenti; in realtà sono i continenti che, migrando sulla superficie del
globo, si sono mossi rispetto all’asse di rotazione terrestre.
Inversioni di polarità
Un particolare aspetto del paleomagnetismo, riguarda le inversioni del campo geomagnetico,
riconosciute per la prima volta quando a seguito dell’analisi delle colate laviche degli ultimi cinque
milioni di anni si riscontrò direzioni del campo paleomagnetico divergenti di 180°.
Irregolarmente, ma circa ogni mezzo milione di anni, il campo magnetico della Terra cambia
polarità (il polo nord diventa polo sud e viceversa), impiegando qualche migliaio di anni ad
invertire la propria direzione. Successivamente, usando vari metodi di datazione, si è potuto
stabilire che queste inversioni si succedono con lo stesso ordine
cronologico, anche in zone assai distanti tra loro e si è ricostruita
la storia delle
inversioni negli
ultimi 5 – 7
milioni di anni,
sotto forma di una
scala
cronostratigrafica
magnetica.
Si è così
trovato che circa
la metà di tutte le
rocce studiate hanno magnetizzazioni opposta a
quella dell’attuale campo magnetico della Terra.
Questo implica che il campo magnetico si è
“ribaltato”, da normale ad inverso piuttosto
frequentemente nel passato geologico e che campi magnetici normali o inversi sono ugualmente
probabili.
I periodi più lunghi, dell’ordine del mezzo milione di anni, sono chiamati epoche
magnetiche, ognuna con un nome di un famoso scienziato del paleomagnetismo. Ma durante le
epoche si registrano anche brevi inversioni dette eventi magnetici che possono durare dai 10.000 ai
100.000 anni.
La causa di queste periodiche inversioni del campo geomagnetico non è ancora conosciuta.
Non è ancora stato accertato se il campo si affievolisce lentamente per poi aumentare gradualmente
nella direzione opposta o se semplicemente si ribalta. Tutto il fenomeno dipende da quella sorta di
dinamo che è il nucleo terrestre, la quale, evidentemente, può variare la propria polarità
casualmente e con una certa facilità
Anomalie magnetiche
Strettamente collegate all’inversione di polarità sono le strane ed importantissime anomalie
magnetiche riscontrate sui fondali oceanici. Per eseguire delle misurazioni del campo magnetico
terrestre in mare, i magnetometri vengono trainati dietro le navi ad una certa distanza per evitare le
interferenze dovute agli scafi ed ai motori. La massima parte del magnetismo misurato deriva dai
basalti del fondo oceanico ricchi di magnetite.
Durante la perlustrazione dei fondi oceanici, gli oceanografi scoprirono delle anomalie
magnetiche distribuite in modo assai caratteristico. Queste anomalie rappresentano delle piccole
deviazioni, dell’ordine dei milligauss, dei valori medi dell’intensità del campo magnetico terrestre.
In un’area con anomalia positiva, il campo magnetico terrestre ha intensità maggiore del normale,
mentre in un’area con anomalia magnetica negativa, l’intensità è minore del normale.
Le anomalie magnetiche riscontrate nell’oceano hanno un andamento a bande lineari e
parallele che continuano per centinaia di chilometri; esse presentano inoltre una distinta simmetria
bilaterale rispetto alla dorsale medio – oceanica; questo accade poiché dalle dorsali si forma
continuamente nuova crosta oceanica accompagnata dal progressivo allontanamento di quella già
formata dall’asse della dorsale. Quindi la lava che solidifica registra le inversioni del campo
magnetico terrestre e si formano delle fasce di fondale (larghe da 5 a 50 Km), simmetriche al punto
di origine, che conservano proprietà magnetiche opposte. La carta delle anomalie magnetiche dei
fondali oceanici risulta allora essere una carta della distribuzione della magnetizzazione, normale o
inversa, delle rocce costituenti il fondo stesso. Correlando queste inversioni con la scala dei tempi
geomagnetici, è stato possibile datare i fondi oceanici e si è constatato che i fondali oceanici non
hanno un’età superiore a 200 milioni di anni nelle parti più antiche, età che è molto diversa da
quella registrata per alcune rocce continentali che arrivano a 3,8 miliardi di anni. Questo significa
che il fondo oceanico è cambiato molte volte nel corso della storia della Terra.
Altro interessante aspetto delle anomalie magnetiche dei fondi oceanici è che è possibile
ricostruire la posizione dei continenti, l’uno rispetto all’altro, in un dato momento della storia della
Terra. Spostando e facendo coincidere con l’asse della dorsale le anomalie associate allo stesso
periodo temporale, si ottiene il profilo del fondo oceanico in quel particolare tempo geologico e
quindi anche i profili delle terre emerse.
Oltre alle anomalie dei fondali oceanici dovute alle inversioni di campo magnetico esistono
anche anomalie dovute alle caratteristiche costitutive della crosta terrestre. Il campo magnetico
terrestre dovrebbe infatti crescere regolarmente da 0,28 oersted all’Equatore a 0,71 oersted ai poli
magnetici. In realtà tra questi due valori estremi il campo magnetico si distribuisce in modo non
sempre prevedibile proprio per la presenza di anomalie di origine ancora poco nota e per le
oscillazioni di cui si è parlato nel primo paragrafo. Per tale motivo lo studio delle anomalie
magnetiche è riferito ad un campo magnetico normale regionale, cioè ben definito per una zona di
ampiezza limitata. Le anomalie più intense e localizzate sono quelle provocate da giacimenti di
materiale ferromagnetico, da rocce intrusive ed effusive ricoperte da depositi sedimentari, dal
basamento cristallino. Per valutare l’intensità di queste anomalie bisogna sottrarre dalla misura sul
terreno, oltre al campo normale regionale, anche le oscillazioni periodiche