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La psicologia della salute si propone di superare la concezione riduzionista del modello biomedico,
per la quale la malattia è intesa come una deviazione del sistema di variabili biologiche misurabili, in
cui esiste quindi una causa biologica primaria, oggettivamente identificabile, per ogni malattia,
espressione di dicotomia mente-corpo, si fa quindi poca prevenzione, si pensa più alla cura. Nel
modello biopsicosociale di Engels (1977) la diagnosi e il trattamento devono tenere in considerazione
aspetti biologici, psicologici, sociali, superare la dicotomia mente-cervello, sottolineando
l’interazione dinamica dei diversi fattori nell’insorgenza della patologia, é un sistema
multidisciplinare. Aspetti problematici: mancanza di una metodologia appropriata, mancanza di
chiarezza concettuale tra i diversi livelli. In questo modello gli aspetti sociali della salute indicano le
norme sociali del comportamento (non fumare), le pressioni che mirano a cambiare il comportamento
(famiglia), il valore sociale della salute, classe sociale, appartenenza etnica ecc. Per sociale si intende
uno scenario, che fa riferimento alla social cognition.
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Zani, B., Cicognani, E., Psicologia della salute, ed. Il Mulino
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Fischer, N.-G., Trattato di psicologia della salute, ed. Borla
Il modello biomedico
modello ancora dominante nella medicina moderna, secondo questo approccio la malattia riguarda il
corpo e corrisponde ad una disfunzione organica causata da vari agenti patogeni, si basa sulla
separazione mente-corpo, quindi l’attenzione è più sulla malattia che sulla persona malata, è un tipo
di approccio “troppo semplicistico” di causa-effetto, molto utile nel combattere malattie infettive ecc,
ma insufficiente per trattare alcune patologie (cardiovascolari e tumori).
La corrente psicosomatica
secondo questo approccio, lo sviluppo di alcune malattie (respiratorie, digestive, cardiovascolari,
tumorali) è associato ad alcuni fattori psicologici: conflitto psichico e profilo di personalità particolare
per Alexander e scuola di Chicago; funzionamento psichico particolare, con pensiero operatorio;
discorso incentrato sul concreto e sul presente per Marty e istituto di Parigi. Modello non
inconfutabile, in quanto non ha permesso di stabilire il ruolo eziologico di alcune esperienze infantili.
Approccio epidemiologico
ricerca tutto ciò che distingue i gruppi di soggetti malati da quelli sani in base a fattori ambientali,
psicologici, sociali. Agli studi retrospettivi (ricostruire il passato) si sono susseguiti quelli prospettivi,
in cui, alla fine del tragitto di anni, si ricercano i fattori iniziali che differenziavano i soggetti che si
sono ammalati da quelli che sono rimasti in buona salute. Le ricerche dimostrano l’esistenza ad
esempio comportamenti a rischio, ma bisognerebbe integrare i risultati con studi ipotetici-deduttivi,
non solo empirici.
Modello biopscicosociale
nasce in psichiatria con Engels, secondo cui gli aspetti relativi a salute e malattia sono organizzati in
modo gerarchico. Se ogni sistema può essere studiato in modo autonomo e appropriato si sottintende
un’interdipendenza tra i livelli. Modello troppo generale, è un meta modello, troppo “semplice”, in
quanto la malattia implica una storia e quindi delle relazioni non lineari tra fattori.
Modello transazionale
Di Lazarus e Folkman, alla base dell’approccio vi sono transazioni uomo e ambiente, ovvero tra gli
sforzi cognitivi, emozionali, comportamentali che egli dispiega per adeguarsi ad una situazione
sfavorevole specifica, queste si svolgono in due fasi: valutazione e elaborazione di strategie di
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Fischer, N.-G., Trattato di psicologia della salute, ed. Borla
PSICOLOGIA DELLA SALUTE C.A. PROF. LORENZO CAMPEDELLI
aggiustamento. Questi processi modulano l’impatto degli antecedenti ambientali e disposizionali
sullo stato di salute. Modello che minimizza gli aspetti situazionali e disposizionali.
A Partire dal 1955 Lagache sostiene la necessità di una psicologia medica, disciplina con un certo
numero di argomenti vicini alla psicologia della salute, come verrà definita negli Usa negli anni 80.
Essa deve: sostenere psicologicamente i pazienti affetti da malattie somatiche, analizzare gli effetti e
le conseguenze del rapporto medico/malato/famiglia; descrivere i tratti psicologici in base alle forme
di malattia; capire il peso dei valori e delle credenze dei gruppi e le loro influenze sugli esiti delle
prescrizioni, le direttive sulle prevenzioni ecc. Ma questa disciplina non può rinunciare al metodo
clinico, differenziandosi cosi dalla sociologia, Lagache sostiene che l’attività del soggetto nel proprio
mondo interiore ed esteriore non può essere ignorato. La psicologia medica deve in effetti mettere in
risalto l’interdipendenza tra organismo ed ambiente, da un punto di vista pratico, fin dalle sue origini,
gli psicologi clinici investirono il campo della psicologia medica di Lagache, imponendo un
approccio psicoanalitico e/o psicosomatico creando cosi confusione tra metodo clinico e teoria
psicoanalitica, perciò questa disciplina si è estesa poi tra i medici. La psicologia della salute si
sviluppa negli Usa negli anni 80, corrente fondata su metodi oggettivi e quantitativi di matrice
cognitiva, in Italia e Francia sembra essere biologista. Per Matarazzo: la psicologia della salute
analizza i saperi fondamentali della psicologia applicati alla salute e alla malattia.
Per Serafino: la psicologia della salute deve promuovere stili di vita sani, prevenire e curare le
malattie, migliorare la presa in carico dei pazienti, come diceva già Lagache. Quindi l’approccio
clinico, si riferisce ai metodi clinici, che possono essere utilizzati da tutte le sottodiscipline della
psicologia, la psicolgia clinica è una sottodisciplina della psicologia.
–PERCORSO CLINICO IN PSICOLOGIA DELLA SALUTE:
La corrente quantitativa dominante da 30 anni asserisce che gli esperimenti in psicologia non
differiscono da quelli delle scienze naturali, l’esistenza umana quindi è come un oggetto naturale, si
passa da psicologia concreta ad oggettiva. Ma le scienze naturali non ammettono soggettività, è
lontana da logiche soggettive e sociali perciò non si possono utilizzare gli stessi metodi e gli stessi
strumenti utilizzati con gli oggetti naturali. Da qui scende la conclusione logica, sostenuta dagli autori
della corrente qualitativa, che gli individui come le istituzioni e le culture, a seconda degli obiettivi,
possono essere riportati a modelli qualitativi o quantitativi. Il modello cognitivo voleva
scoprire i significati che l’essere umano crea a contatto col mondo per capirne i processi sottostanti,
ma è stato sconvolto dalla predominanza concessa alla metafora della macchina pensante, dalla
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Fischer, N.-G., Trattato di psicologia della salute, ed. Borla
È lecito domandarsi se lo stress sia un fenomeno “nuovo” legato all'evoluzione della società; in realtà
lo stress e sempre esistito e a seconda delle epoche, i nostri antenati hanno sempre e comunque avuto
a che fare con eventi stressanti.
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Fischer, N.-G., Trattato di psicologia della salute, ed. Borla
La psicologia della salute trova nei concetti di salute, malattia e cure dei capisaldi del proprio
interesse.
Dato lo stato di malattia, il soggetto attiva dei comportamenti di salute a volte funzionali, a volte
disfunzionali. Per spiegare la variazione di questi, la psicologia della salute tira in ballo sia fattori
situazionali (ambiente, stress), sia disposizionali (tipo di personalità) che socio-culturali.
In questa lezione saranno presentati i più importanti modelli e le principali teorie che mirano a
descrivere il modo in cui gli individui percepiscono sia le problematiche della salute che della
malattia.
Va premesso che questa attenzione è recente: i primi tentativi di promozione della salute
incorporavano dei messaggi destinati ad evocare paura, credendo che questi, sarebbero riusciti a
indurre la pratica di azioni pro-salute. In realtà, questa tipologia di messaggio aveva solo effetti a
breve termine scaturendo condotte di evitamento del problema, anziché di approccio. Urgevano
strategie più efficaci.
I modelli che vedremo centrano il loro ragionamento sulla forza di alcune credenze, o di alcune
valutazioni del rischio, sull’autoefficacia (Bandura).
Il valore della salute (Lau e coll., 86)
Più che un modello si tratta di un concetto generale che descrive il valore che gli individui
riconoscono alla salute in relazione ad altre variabili come la ricchezza e/o la felicità. Coloro che
1
Leventhal H, Scherer K (1987) The relationship of emotion to cognition: a functional approach to a semantic
controversy. Cognition and Emotion 1:3–28
La psicologia della salute non va ridotta a una psicologia della malattia. Per lavorare sul tema della
prevenzione e dell’educazione alla salute occorre un approccio olistico sulla persona, che abbracci
componenti bio-psico-sociali, e che la consideri nell’arco della vita.
Conta sia un’attenzione rivolta agli effetti brutali e invalidanti che la malattia ha sull’individuo che è
vittima, ma anche un’attenzione alle sue modalità di reazioni.
La psicologia della salute deve occuparsi di sofferenza e difficoltà della vita, sviluppando in parallelo
un interesse verso qualità e valore della vita.
Esaminando le relazioni tra salute (valori, condotte e rappresentazioni), malattia (valori,
rappresentazioni e condotte) e identità poniamo il soggetto in una posizione dinamica, attiva e
responsabile del proprio stare, in possibile relazione con la sua identità di paziente e il suo ruolo di
malato.
La salute e la dinamica identitaria
Nell’Encyclopaedia Universalis il termine “salute” e “identità” compaiono insieme in 148 rubriche,
“malattia” e “identità” in 170. In Bioetica l’identità personale è l’insieme delle caratteristiche
umane che ci distinguono dal mondo animale. L’isteria, infatti, è spiegata come l’identità che non si
lascia definire, la molteplicità dell’essere, la non costruzione del sé. Definire l’identità sembra dunque
non impossibile ma complesso.
La nozione di qualità di vita è stata introdotta per la prima volta nel 1960 negli Stati Uniti nella
“Commissioni on National Goals” dove il legame tra salute, qualità di vita, benessere e soggettività
sono posti in rilievo. Va precisato che la qualità di vita, in Europa, è stata innanzitutto associata alle
cure palliative, e quindi in parte ridotta alla qualità di sopravvivenza.
L’OMS ha efficacemente definito la quality of life come “la percezione che ha un individuo del suo
posto nell’esistenza, nel contesto della cultura e del sistema dei valori nei quali vive, in relazione con
i propri obiettivi, le sue aspettative, le sue norme e le sue inquietudini. La qualità di vita è associata
in modo complesso con: la salute fisica, lo stato psicologico, il livello di indipendenza, le relazioni
sociali, la relazione con l’ambiente, la cultura e la politica”.
È chiaro che nella definizione sono compresenti aspetti soggettivi ed ecologici. L’identità come
ancoraggio e l’identizzazione come illusione vitale.
L’identità è il sistema di rappresentazioni, immagini e sentimenti, che hanno una funzione difensiva
e costruttiva, per mezzo dei quali la persona si definisce, si riconosce ed è riconosciuta da altri.
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Fischer, N.-G., Trattato di Psicologia della Salute, ed. Borla
1. IL PROCESSO DI RICERCA
7. IL CAMPIONAMENTO
Da una quindicina d'anni si può osservare uno sviluppo dei metodi qualitativi, che, a differenza dei
metodi quantitativi, si focalizzano su ricerche contestualizzate attraverso lo studio di casi
particolari, l'analisi del discorso, l'osservazione naturale e la descrizione dei dati. Distinzione tra il
termine metodo e metodologia: il termine metodologia rinvia ai legami fra la teoria della realtà sociale
ed il metodo usato da uno studio per rendere conto di un aspetto della realtà, il termine metodo rinvia
alle tecniche di raccolta e analisi dei dati.
Durante il secolo scorso sono stati fatti molti progressi nel campo della lotta contro il cancro, grazie
all'intervento di più fattori:
1) ottimismo dovuto ai traguardi terapeutici raggiunti dalla chirurgia, la radioterapia e dai trattamenti
medici,
2) approccio pluridisciplinare alla malattia nelle sue varie fasi (oncologo, chirurgo, psicologo, ecc),
3) nuovo dialogo tra paziente e medico che pone le basi della relazione attorno alla malattia,
4) miglioramento delle cure complementari,
5) ridefinizione delle cure palliative,
6) definizione dei diritti dei pazienti.
Il fenomeno metastatico
La biologia ci permette oggi di suddividere le diverse tappe che permettono ad una cellula di migrare
dal tumore primitivo verso altri organi per permettere lo sviluppo di metastasi.
La crescita tumorale. Numerosi fattori di crescita stimolano il tumore primitivo. Questi fattori attivano
la proliferazione della cellula per mezzo di segnali intracellulari, segnali che possono essere lanciati
all'esterno della cellula e andare a stimolare altre cellule vicine che posseggono un recettore sulla
propria membrana.
L'invasione. Le cellule, provenienti dal tumore primitivo, vanno a erodere i tessuti vicini per
aumentare il volume del tumore primitivo, ma soprattutto per avvicinarsi ai vasi, aprire o distruggere
la loro parete, e passare nella circolazione generale.
La circolazione sanguigna. Con l'apertura della parete dei vasi, la cellula tumorale può circolare nei
vasi sanguigni o linfatici. E qui sarà sottomessa ad attacchi che causeranno molte morti cellulari (a
causa dei linfociti NK, e della distruzione meccanica nei piccoli vasi).
L'aggregazione. La cellula tumorale cerca ora di attaccarsi alla parete del vaso per mezzo di complessi
sistemi di aggregazione cellulare.
Nelle società protostoriche il dolore era considerato come qualcosa di esterno e "malvagio" che
attaccava il corpo, una punizione, un segno degli dei.
Questo approccio permane fino alla nascita della medicina greca introdotta da Ippocrate, che definisce
il dolore come uno stato che va contro l'armonia naturale. In seguito, il Medio Evo rappresentò circa
mille anni di oscurantismo scientifico per l'Occidente.
Le concezioni attuali sul dolore, così come i primi progressi nella lotta al dolore, appaiono solamente
nel XIX secolo.
n.b. Il contenuto del presente modulo è stato formulato e rielaborato sulla base delle informazioni, dati, teorie e
postulati, ivi compresi i rimandi bibliografici indicati dall’autore. Per eventuali approfondimenti si consiglia la
lettura integrale del seguente testo:
Fischer, N.-G., Trattato di Psicologia della Salute, ed. Borla
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Fischer, N.-G., Trattato di Psicologia della Salute, ed. Borla
Ogni malattia si definisce come uno stato di salute caratterizzato da una perturbazione più o meno
grave dei processi vitali dell’organismo, provocata da agenti patogeni. L’esperienza della malattia
grave rappresenta il momento in cui si fa ricorso a risorse psichiche insperate per far fronte alla
situazione; questo perché la malattia grave sconvolge non lo solo lo stato di salute, ma anche la vita
psichica, facendo precipitare il soggetto in condizioni di vita radicalmente diverse e minacciandone
l’esistenza stessa.
Nessuno è pronto ad affrontare tali sconvolgimenti, poiché gli apprendimenti anteriori e le
acquisizioni dell’esperienza sono impotenti nel loro insieme ad affrontare l’impensabile. Durante
queste situazioni drammatiche, la persona realizza che il rischio di morire realmente ad una certa data
è del tutto diverso dal sapersi mortale.
Ogni malattia introduce un insieme di fratture nell’esperienza stessa di vivere, e fra queste in
particolare la rottura dell’identità precedente. I malati si trovano spogliati dei gusci tranquillizzanti
che gli assicuravano stabilità e autostima, risultando in una distruzione dell’immagine personale che
si erano creati; la finalità di quest’identità sarebbe di adattarci socialmente e di non renderci
completamente responsabili della nostra vita, ma il confronto con la malattia fa esplodere di nuovo
questo conflitto. Essere malato significa entrare in una nuova identità sociale, imposta da nuove
regole di conformità. È un’esperienza di de socializzazione e risocializzazione che si basa
particolarmente sul sistema dei valori. Per far fronte alla situazione e sopravvivere, bisogna inventarsi
nuovi valori laddove al momento non ce ne sono.
Il coping è definito come l’insieme degli sforzi cognitivi e comportamentali destinati a controllare,
tollerare o ridurre le esigenze interne o esterne che ci sembrano intollerabili e che minacciano od
oltrepassano le risorse di un individuo; è fondamentalmente un modo di far fronte allo stress. Le
strategie di coping sembrano dunque utili a gestire lo squilibrio o le perturbazioni provocate da un
evento o da una situazione stressante, sviluppando dei mezzi cognitivi ed emozionali tali da
controllarne o diminuirne gli effetti negativi. Si presuppone con questa definizione che il
comportamento umano sia a priori dotato di un potenziale di risposte per far fronte agli eventi
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Fischer, N.-G., Trattato di Psicologia della Salute, ed. Borla
PSICOLOGIA DELLA SALUTE C.A. PROF. LORENZO CAMPEDELLI
La perdita del conosciuto e l’angoscia del dopo sono sicuramente i tormenti più manifesti di coloro
che vivono i loro ultimi momenti. Queste persone possono ricevere un’ancora di salvezza
dall’esterno, ma è necessario che il loro corpo non sia eccessivamente dolorante perché possano
accettarla: da qui, l’importanza delle cure palliative affiancate ad un aiuto psicologico. Un buono
numero di pazienti ci mostra che la limitatezza di tempo intensifica i legami affettivi, i rapporti con
gli altri; al contrario, per la larga maggioranza, la mancanza di tempo è percepita come un intralcio
all’elevazione di sé. Le delusioni ed i rimpianti sono immensi, e l’ansia sembra persistere quando una
grande quantità di progetti rimane incompiuta: in particolare, quello di amare. Molti pazienti quindi
soffrono di un’ansia persistente, provocata dai morsi del non detto, che porta ad un morire nostalgico.
La psicologia clinica cerca di trasformare quest’ansia in pacificazione, malgrado il tempo ridotto,
grazie ad un incontro segnato dalla compassione e dalla bontà.
In molti casi, questi pazienti finiscono nella depressione e nell’ansia, che sono indici di conflitti non
risolti prima della fase terminale; questi conflitti sono imputabili a difficoltà di comunicazione,
all’impatto della malattia e dei trattamenti ed all’adattamento al cambiamento di ruolo.
L’accompagnamento di questi malati grave nella sofferenza globale agirà come fonte inestimabile di
conforto di fronte all’inevitabile.
La depressione è quattro volte più frequente nei pazienti colpiti da cancro rispetto alla popolazione
generale. Spesso è condita da un atteggiamento letargico o di ritiro, in particolare nei pazienti malati
da lungo tempo. L’ansia è riconoscibile nei pazienti che sollecitano un’attenzione eccessiva, che
soffrono d’insonnia o incubi e che, al tempo stesso, negano la gravità della loro malattia o
l’importanza delle loro preoccupazioni personali. Ma se contattano un medico e ammettono il loro
stato d’ansia, avranno la fortuna di camminare verso il conforto. La medicazione combinata con la
psicoterapia puntuale e intensiva per rialzare l’umore, favoriscono l’addomesticamento agli impatti
della malattia. Dopo la depressione, l’ansia è infatti il sintomo psicologico più comune nei malati
gravi. La minaccia della morte riattiverebbe l’angoscia delle separazioni vissute e cumulate nella vita.
Il paziente sarebbe tanto più vulnerabile quanto più ha vissuto nella sua infanzia una perdita
traumatizzante o se non si è totalmente ripreso da un recente lutto.
Barraclough (1999) ha identificato una personalità di “tipo C” per descrivere la tendenza dei pazienti
cancerosi a negare o reprimere le emozioni negative per paura che la loro espressione sia giudicata
socialmente inaccettabile. Queste persone esternano una grande gentilezza e amano far piacere agli
altri, ma quando la malattia esplode, una parte importante di loro crolla, e si congelano psichicamente.
Un sostegno assicurato da una piccola equipe, idealmente composta da un medico, un’infermiera e
La medicina della metà del XX secolo si basava quasi esclusivamente sulla concezione strettamente
biomedica (riduttrice) di un dato disturbo, dando poca importanza a fattori come i comportamenti
adattivi del soggetto, il suo stile di vita, ecc. Ma quando hanno cominciato a farsi largo dimostrazioni
secondo cui, ad esempio, per eliminare l'alcolismo non serviva solo ed esclusivamente curare una
cirrosi epatica, si sono accorti che il carattere unitario e singolare di una malattia non implicava la
stessa univocità eziologica. Così, una malattia con diagnosi semplice e non ambigua può rinviare a
fattori eziologici multipli, mentre una malattia complicata come la polmonite, si scompone in più stati
di morbilità le cui cause sono più "facili" da circoscrivere. Inoltre è da sottolineare, da un lato, come
il limite tra la normalità e la patologia volte sia veramente sottile (ipertensione, alcolismo, ecc..) e,
dall'altro, come questi disturbi spesso siano "sensibili al contesto". Infine, va presa in considerazione
anche la natura primaria vs secondaria di ogni disturbo, così come la loro eventuale comorbilità.
3. Il ruolo della famiglia e dei pari nello sviluppo dei problemi di alcol: verso una concezione
integrata di fattori in causa
La famiglia, come il gruppo dei pari, non sono degli strumenti di persuasione o di modellamento
infallibili, che impongono i loro messaggi pro o contro l'alcol ad un recettore passivo; il fatto di
entrare in una relazione problematica con una sostanza psicoattiva (e di sviluppare eventualmente
una dipendenza) dipende da un insieme di relazioni particolari che indeboliscono l'essere in fase di
sviluppo facendone un soggetto a rischio.
L'influenza della famiglia
Prima di tutto, i ricercatori hanno distinto più livelli di influenza per studiare l'impatto familiare sui
comportamenti di alcolismo:
-per quanto riguarda l'influenza individuale, cioè l'impatto di un individuo della famiglia su un altro,
sono stati messi in rapporto essenzialmente i comportamenti del figlio nei confronti dell'alcol e, per
quanto siano un fattore importante, i modelli parentali di alcolizzazione non forniscono una
spiegazione esaustiva delle condotte adolescenziali nei confronti dell'alcol;
-studi su campioni di famiglie con parenti alcolizzati mostrano che gli apprendimenti sull'alcol
cominciano prima di quando non si creda e che lo sviluppo di schemi interiorizzati sull'alcol potrebbe
variare in funzione degli usi parentali di esso;
-sull'influenza delle interazioni genitori/figli, secondo Jacob e Leonard sono due le dimensioni
maggiori dell'azione genitoriale che strutturano i modi di interazione in causa: da una parte
l'educazione (nurturance) e dall'altra il controllo (control). Disfunzioni gravi nell'uno o nell'altro
causano gravi danni e duraturi a livello dello sviluppo emozionale e cognitivo nel bambino (ovvero,
n.b. Il contenuto del presente modulo è stato formulato e rielaborato sulla base delle informazioni, dati, teorie e
postulati, ivi compresi i rimandi bibliografici indicati dall’autore. Per eventuali approfondimenti si consiglia la
lettura integrale del seguente testo:
Fischer, N.-G., Trattato di Psicologia della Salute, ed. Borla
Newcomb afferma che sia possibile costruire un modello ad equazioni strutturali (MES) che tenga di
conto dei costrutti caratteristici del campo biopsicosociale; l'effetto di influenza di queste variabili
latenti potrà essere poi testato sulle variabili risultati, sia a livello di fattore comune che a livello di
parti specifiche giocate da ognuna delle componenti del costrutto. Nel "modello ipotetico" di
Newcomb (1994), il costrutto latente definito come "disfunzione familiare" contiene diversi aspetti
comuni a vari indicatori di problemi familiari (conflitto genitoriale, deficit di comunicazione nella
famiglia, ecc…), però questo modello tende a separare la parte comune delle variabili da quella
specifica che fa capo ad ogni componente del costrutto, in modo tale che ogni tipo di problema
familiare possa essere utilizzato come predittore a tutti gli effetti. Inoltre, la parte comune propria a
più variabili può essere interpretata come un costrutto latente di devianza generale.
Nel caso di questo modello, Newcomb individua quattro "percorsi causali":
1. da un costrutto latente ad un altro latente;
2. da un costrutto latente ad una misura residuale specifica;
3. da una variabile caratterizzata dalla sua misura residuale ad un costrutto latente;
4. da una variabile residuale ad un'altra residuale.
5. Le rappresentazioni profane delle cause dell'alcolismo: interessi e limiti del punto di vista "in prima
persona"
Per introdurre a questo paragrafo si fa riferimento ad uno studio su 1000 alcolizzati, scelti su un
campione di 5000 in riferimento ad un gruppo di mutua assistenza per malati alcolizzati, divisi in 794
uomini e 206 donne.
L'eziologia profana dell'alcolismo femminile
La popolazione delle alcoliste donne si divide in due tipi di alcolismo. Nel primo caso, il ricorso
all'alcol si presenterebbe in tempi tardivi, significativamente associato all'esperienza detta del "nido
vuoto", per cui si assiste allo spopolamento dell'universo familiare percepito come la causa degli
affetti negativi (es, depressivi); spesso sembra comparire nelle donne le quali assistono all'abbandono
da parte del figlio ormai grande della sfera familiare ed in concomitanza con un coniuge spesso
assente ed impegnato in attività esterne alla famiglia. La rappresentazione di queste donne del loro
alcolismo è come se fosse fondata su una sorta di "trauma esistenziale" che, secondo loro, indurrebbe
degli affetti negativi con conseguente ricorso compensatorio all'alcol.
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Fischer, N.-G., Trattato di Psicologia della Salute, ed. Borla
Cambiare un comportamento legato alla salute non è un compito facile. In via generale, un
comportamento è prima di tutto un’azione osservabile, ma non sono le motivazioni personali che
permettono di qualificarlo come comportamento legato alla salute; sono piuttosto le conseguenze,
positive o negative che può avere sulla salute.
Specifiche del settore della -Modello credenze relative -Modello del processo
salute alla salute prudenza adattamento
-Teoria della motivazione a -Modello di riduzione del
proteggersi rischio di AIDS
-Modello informazione,
motivazione e comportamento
LE TEORIE DI PREDIZIONE
- Il modello delle credenze relative alla salute (Health Belief Model, HBM):
comparso verso il 1950 (Rosenstock, 1974). Originariamente è stato formulato allo scopo di spiegare
perché le persone accettavano/ non accettavano di fare un test di individuazione delle malattie
asintomatiche (es. cancro ai polmoni). In seguito, il modello è stato utilizzato per comprendere i
comportamenti associati alla prevenzione delle malattie (es. vaccinazione) e all’osservanza
terapeutica. Le applicazioni che riguardano lo studio dei comportamenti legati alla salute (es.
abitudini di vita) sono più recenti. L’ HBM asserisce che un individuo può effettuare delle azioni per
prevenire una malattia (o una condizione sgradevole) se possiede le conoscenze minime in materia di
PSICOLOGIA DELLA SALUTE C.A. PROF. LORENZO CAMPEDELLI
salute e se considera quest’ultima come una dimensione importante confrontando i vantaggi e gli
svantaggi per prevenire la malattia.
Esempio: dopo aver abbandonato l’uso del tabacco, il soggetto arriva alla conclusione che questa
azione ha più lati buoni che cattivi, quindi conclude che smettere di fumare è una misura preventiva
efficace per preservare la qualità dei suoi polmoni. L’HBM quindi mette essenzialmente l’accento
sulle credenze legate alla salute o alla malattia.
- Teoria sociale cognitiva di Bandura (1986). Secondo questa teoria, le differenze individuali nel
modo di compiere un’azione o di adottare un comportamento significativo si spiegano in larga parte
con 2 credenze: la credenza nell’efficacia del comportamento e quella dell’autoefficacia.
Secondo questa teoria, un individuo adotta un comportamento di salute se considera che quest’ultimo
contribuisce al raggiungimento dei risultati previsti ma, prima di tutto, se ha sufficientemente fiducia
nella sua capacità di realizzarlo al momento di eseguirlo.
- Le teorie dell’azione ragionata (Fishbein e Ajzen, 1975): secondo questi autori l’adozione di un
comportamento controllato dalla volontà dipende solo dalla motivazione, la quale, a sua volta,
canalizza tutti gli atteggiamenti e le regole che un individuo segue nei suoi confronti in un contesto
ben definito. Gli atteggiamenti raggruppano, da una parte, le risposte cognitive ed emozionali che
sorgono spontaneamente al pensiero di adottare un comportamento e, dall’altra, la valutazione
soggettiva delle conseguenze dell’agire sulla vita. Le norme soggettive informano sull’importanza
che l’individuo attribuisce all’opinione delle persone che lo circondano, riguardo al suo
comportamento.
Sebbene interessante, la teoria dell’azione ragionata include solo i comportamenti sorretti dalla
volontà. Capitano, tuttavia, delle situazioni nella vita in cui il controllo volontario è limitato.
Per ovviare a questa lacuna Ajzen ha introdotto la teoria del comportamento pianificato (1991).
Questa componente riflette la capacità di un individuo di adottare un comportamento o in un contesto
generale o al momento di superare alcune eventuali difficoltà. Come gli atteggiamenti e le norme
soggettive, la percezione del controllo comportamentale può influenzare l’intenzione e, inoltre, può
agire direttamente sul comportamento. Tuttavia, il valore predittivo o la forza di associazione fra le
variabili di queste teorie saranno dipendenti dai 4 elementi seguenti: l’azione, l’oggetto, il contesto e
il tempo. Secondo Ajzen e Fishbein (1980) la predizione del comportamento sarà tanto più esatta
quanto più il contesto nel quale si svolge ed il momento in cui potrà realizzarsi saranno stati
specificati.
- La teoria dei comportamenti interpersonali (Triandis, 1980): considera che il comportamento risulta
da 3 fattori: la forza dell’abitudine, l’intenzione di adottare il comportamento e la presenza di
condizioni che ne facilitano l’adozione. I 2 primi fattori variano a seconda della novità del
La nozione di sostegno sociale è stata introdotta in psicologia della salute per indicare l’ambiente
sociale del malato, inteso non solo nelle sue caratteristiche oggettive, ma anche nel modo in cui gli
individui lo percepiscono. Degli studi (Dressler e Bindon, 2000; Seeman 2001) hanno mostrato che
qualcuno può percepire una situazione come stressante e non avere reazioni di ansia e sconforto se
beneficia di un sostegno sociale. Al contrario, un debole sostegno sociale sembra costituire un fattore
di vulnerabilità di fronte ad un evento stressante. L’importanza e la specificità del sostegno sociale
non risiedono nella somma delle relazioni, ma piuttosto nella qualità dei supporti affettivi che queste
rappresentano per il malato. Ciò che sembra importante è il modo in cui l’individuo percepisce questo
sostegno sociale. Per questo è stata apportata un’ulteriore distinzione in diversi studi fra sostegno
sociale percepito (che rappresenta la valutazione fatta dall’individuo del sostegno affettivo che gli
viene dato, in relazione all’adeguatezza o meno del sostegno) e il sostegno sociale ricevuto (che
corrisponde alla rete relazionale che si sviluppa attorno a questo individuo). Per Schumaker e
Brownell (1984), il sostegno sociale può definirsi come uno scambio fra 2 persone allo scopo di
migliorare la qualità di vita di una di loro. Kobasa (1985), il sostegno sociale è una risorsa psicologica