Sei sulla pagina 1di 19

Psicologia del lavoro e delle organizzazioni

Gli obiettivi generali della odierna psicologia del lavoro:


-Garantire una spinta all’efficienza: riduzione di costi, tempi e semplificazione di
procedure, ma anche qualità e innovazione
• Contribuire a migliorare la qualità della vita lavorativa e il benessere delle persone
nelle organizzazioni
- Promuovere la gestione delle diversità nei luoghi di lavoro (es. genere, etnie,
contratto, etc)
• Governare i cambiamenti epocali che stanno trasformando il lavoro, come gestire
la progressiva dissoluzione dell’unità di lavoro nel tempo e nello spazio
Livelli di analisi psicologica:
Intrasoggettivo: processi intrapsichici della persona al lavoro
Soggetto-compito: interazione persona e compito lavorativo
Gruppo: analisi dei piccoli aggregati sociali che si creano nei luoghi di lavoro
Organizzativo: studio dell’aggregato sociale <<organizzazione>>
Sociale: il lavoro in rapporto alle dinamiche economiche, culturali e sociali

Aree d’intervento di studio


La psicologia del lavoro si occupa oggi di una vasta gamma di temi che spaziano dallo
studio dei processi psicologici individuali, all’analisi organizzativa, all’esame di
dinamiche sociali di più ampia portata.
Il modello europeo vede come aree di studio e intervento: psicologia del lavoro,
risorse umane e psicologia dell’organizzazione
Slide tabella
Nuovi scenari per il lavoro
Sono causa di numerosi cambiamenti del lavoro e dei lavoratori
Cambiamenti ispirati dai principi della «leanproduction» [Pettersen 2009]:
abbattimento costi di produzione e amministrazione; produzione just-in-time, con
«zero difetti» e secondo un’ottica di miglioramento continuo; in un mercato trainato
più dalla domanda che dall’offerta; uso di tecnologie innovative e nuove
progettazioni del lavoro.
Ciò ha portato a importanti modifiche degli scenari lavorativi:
Nell’organizzazione interna delle imprese: la riduzione delle tradizionali strutture
gerarchiche, la condivisione delle conoscenze e l’autonomia operativa, la diffusione
del teamwork come strumento per un lavoro, l’utilizzo diffuso delle tecnologie per
automatizzare la produzione e i processi, le risorse informatiche per la
progettazione, il controllo e i processi amministrativi fino alla diffusione dei robot
per la produzione di beni
Nel loro modo di competere sui mercati: la competizione è stata assunta
(acriticamente) come bene necessario.

Tratti distintivi della forza lavoro: età, generazioni, genere, flussi migratori
Età: Il decremento dei tassi di natalità e mortalità, l’innalzamento della speranza di
vita comportano un «vuoto demografico» nella parte giovanile e più scolarizzata
della forza lavoro.
Nel 2060 meno di 2 lavoratori (oggi 4) sosterranno 1 persona in pensione
Generazioni: Tendenziali effetti negativi imputabili alla difficile convivenza di
differenti generazioni (tradizionalisti, baby boomers, generazione x, generazione y o
millennials) con sensibili cambiamenti negli atteggiamenti verso il lavoro, negli stili di
vita, nel coinvolgimento organizzativo etc.
Farsi carico di prevenire stereotipi e rischi di discriminazione connessi con le
differenti classi di età (ageism)
Genere: Partecipazione femminile al mercato del lavoro in Europa più bassa di
quella maschile, ma in lieve aumento.
Molto importante agire su: questioni di conciliazione vita-lavoro; forme di welfare
aziendale; ridefinizione del prestigio e del valore economico-sociale del lavoro.
Flussi migratori: Aumento dell’occupazione dei lavoratori stranieri; gli ambiti sono
agricoltura, edilizia, piccolo commercio, con prevalenza di occupazioni faticose, a
bassa attrattiva, spesso pericolose e al limite della regolarità contrattuale.
Necessario il presidio dei processi interculturali e del valore delle differenze tra
gruppi sociali per prevenire discriminazioni e malcontento sociale

Deregolamentazione del lavoro e


flessibilità contrattuale
Incertezza nell’accesso ad un posto di lavoro ma anche nei percorsi di
carriera. Le continue trasformazioni richiedono costi energetici per continui
adattamenti operativi anche da parte delle persone. Quante forme di flessibilità?
Differenti significati
-flessibilità fisico-geografica
-flessibilità temporale
-flessibilità tecnologica
-flessibilità occupazionale
-flessibilità funzionale
-flessibilità spazio-temporale
Sicurezza e qualità del lavoro
Discussione sul «decent work» (ILO, 2008), si dovrebbe tener conto non solo di
aspetti oggettivi negativi, ma anche di equità, giustizia sociale, dimensioni soggettive
Il lavoro è dignitoso (o di qualità) quanto più è significativo per la persona ovvero
coerente con i suoi valori, interessi, atteggiamenti e capacità e può svolgere le sue
funzioni primarie:
a) di sostentamento e acquisizione di potere;
b) di sviluppo di connessioni sociali;
c) di mezzo di autodeterminazione
Crisi della rappresentanza dei lavoratori
Tradizionalmente: i sindacati bilanciano le diseguaglianze di potere
tra lavoratori e datori di lavoro; danno voce alle preoccupazioni dei lavoratori;
regolano il conflitto sociale. I cambiamenti hanno portato ad un forte declino
quantitativo della sindacalizzazione e quindi a meno opportunità relazionali e a
minori capacità di influenzare e creare vantaggi concreti.

Risorse personali
Caratteristiche psicologiche o aspetti del self che sono generalmente associati con la
resilienza e che riguardano l’abilità di controllare e influenzare l’ambiente con
successo (es. self-efficacy, ottimismo etc.)
-Significati e valori del lavoro
-Proattività
-Employability
-Attributi considerati come risorse per l’occupazione
Significati e valori del lavoro: risorse personali che operano come «schemi di
riferimento» per orientare le scelte e valutare la qualità dell’esperienza
Proattività: ruolo attivo della persona nel rapporto con l’organizzazione di lavoro. Ha
diverse sfaccettature:
1. Strategie comportamentali
2. Processi di negoziazione (role innovation)
3. Processi cognitivi di attribuzione di senso
4. Ricerca di informazioni
5. Condotta proattiva
Fattori disposizionali (Iniziativa personale, personalità proattiva)
Empoyability: vasto insieme di capitale umano, sociale e di atteggiamenti
impegnabile nel costruire la propria storia socioprofessionale e nel cogliere le
opportunità ambientali. Conoscenze e qualificazioni formali, competenze
professionali utili per entrare nel mondo del lavoro e mantenere il lavoro nel corso
della vita attiva. Atteggiamenti, motivazioni e requisiti psicosociali, patrimonio
potenziale delle risorse di una persona; favoriscono la sua interazione proattiva con
il lavoro
Attributi considerati come risorse per l’occupazione: • capacità di gestire la
carriera, come: il career self-management, la career resilience, l’orientamento
imprenditoriale etc.;
• aspetti disposizionali come la proattività, la self-efficacy, il capitale psicologico, le
ancore di carriera etc.
• capacità relazionale come la socievolezza.
• Adattabilità, strategia di coping attivo messa in atto per gestire compiti, difficoltà
connessi con ruoli e vita lavorativa.

Contratto psicologico; Accordo informale con il datore di lavoro, ma non per questo
meno vincolante, di natura non ufficiale; si concretizza in un sistema di aspettative e
credenze sugli obblighi reciproci esistenti tra lavoratore e azienda che di fatto
amplifica i termini del contratto legale. In concreto, è formato dalle percezioni
individuali su ciò che è stato promesso da parte dell’azienda e da ciò che il
dipendente si aspetta di dare in cambio all’azienda. I persistenti cambiamenti del
contesto (e delle persone) spingono verso un’elevata variabilità dei tipi di contratto
psicologico di cui tenere conto per comprendere le condotte lavorative
Tipi di contratto psicologico:
-diminuzione dei contratti psicologici di tipo relazionale;
-notevole diffusione di contratti psicologici di tipi transazionale (riguardante una
transazione economico o in senso giuridico)
- presenza, rispetto al recente passato, di contratti psicologici di natura
transizionale (oggetto transizionale è un oggetto che fornisce conforto psicologico)
in conseguenza dei persistenti fenomeni di ristrutturazione aziendale e di
adeguamento dimensionale delle imprese
-difficile presenza di contratti psicologici bilanciati che richiedono per essere attuati
una attenta negoziazione non solo individuale ma collettiva (sostenuta dalle
rappresentanze sindacali)
Lezione 2: Il legame psicologico tra individuo e lavoro
Lavorare: attività umana dotata di significati profondi che travalicano le esigenze
finanziarie. Il lavoro ricopre delle funzioni psicologiche rilevanti per la persona e può
costituire una opportunità per conseguire soddisfazione, benessere, identità e per
costruire ricche relazioni sociali.
Molto dipende dal tipo di lavoro che si svolge
L’attività umane in svariate situazioni più che contribuire a costruire e migliorare le
condizioni di vita, rischia di generare un potenziale distruttivo. Tra i vari esempi di
distruttività (inquinamento, produzione di armamenti, spreco delle risorse naturali)
Renato Rozzi inserisce anche il lavoro apparente.
Lavoro apparente: occupazione nominale, dotata di stipendio, orario, contributi,
regoe, mansionario ma che non genera valore aggiunto. È lavoro, inteso nel senso
formale del termine: avere il posto.
Non è un’attività umana, intesa come creazione di ricchezza, processo di
trasformazione, generazioni di valore per la collettività…. (approfondire)

Il rapporto tra individuo e lavoro può assumere svariate forme; si può ritenere che vi
sia un legame psicologico tra la persona e l’attività lavorativa che tra travalica il
significato del lavoro come obbligo o necessità economica. Peraltro, si possono
distinguere diversi livelli in cui si struttura tale legame psicologico tra la persona e il
lavoro.
Job: un individuo può attribuire particolare importanza per il proprio compito
lavorativo, per l’attività svolta in sé. L’attaccamento al proprio lavoro, in questo
caso, può essere spiegato in termini di passione professionale, competenza,
soddisfazione verso i risultati che si possono ottenere, possibilità di creare,
trasformare, adattare l’ambiente.
Work: lavorare in generale; il legame tra individuo e attività lavorativa può derivare
dai significati sociali che il lavoro può assumere. Dipende quindi dai valori, dall’etica
sociale, dall’appartenenza a determinati gruppi o all’adesione a ideologia diffuse
interiorizzate e fatte proprio dalla persona. È il caso che caratterizza, ad esempio, la
forte identificazione con la propria professione da parte di molti insegnanti e di
molti operatori in ambito sanitario.
Gli individui al lavoro possono fare un ulteriore investimento psicologico: quello
dello << stare in una organizzazione>>. Il legame con il proprio lavoro può essere
quindi rafforzato anche attraverso l’appartenenza all’organizzazione in cui si opera.
In questo caso prevalgono esperienze psicologiche quali l’orgoglio, il senso di
cittadinanza organizzativa. La costruzione di una parte dell’identità professionale
ruota attorno al sentimento di membership dentro un organismo sociale più ampio
(l’organizzazione di lavoro), come nel caso ad esempio di un manager che s’impegna
a fondo nel proprio lavoro per il successo e il prestigio della propria azienda.
Nell’ambito della psicologia del lavoro e delle organizzazioni, numerosi studiosi
hanno cercato di comprendere il legame psicologico tra individuo e lavoro mediante
il concetto di “motivazione al lavoro”.
Motivazione al lavoro: insieme di forze che determinano la direzione, l’intensità e la
persistenza dell’azione nelle esperienze che caratterizzano la persona in rapporto al
proprio lavoro. Si tratta di un insieme di processi psicologici che influenzano il modo
in cui un individuo eroga uno sforzo e alloca le risorse psicologiche disponibili per
generare un comportamento o un sistema di azioni.
Direzione: scelta degli obiettivi da perseguire.
Intensità: grado di investimento ed energie allocate
Persistenza: sforzo e continuità dell’azione nel perseguimento degli obiettivi.
La nozione di motivazione al lavoro può essere applicata a vari processi e su diversi
piani di azione. Differenti finalizzazione ( motivazione alla prestazione, motivazione
ad apprendere, motivazione alla carriera, motivazione verso l’organizzazione)
Non è possibile ritenere che ogni persona sia dotato in modo permanente di un
certo grado di motivazione al lavoro (variabilità individuale nel tempo). Di fatto, ogni
individuo può essere dotato di un potenziale di motivazione che si manifesta con
diversi gradi di attivazione e intensità in funzione dei compiti che svolge, degli
obiettivi che si pone e del tipo di contesto che vive.
Esempi dalle slide.
Motivazione intrinseca: promuove l’azione finalizzata al conseguimento di benefici e
soddisfazione ricavabili dall’attività in sé (autonomia, realizzazione personale)
Motivazione estrinseca: richiede una componente esterna di strumentalità per
essere attata (conseguimento di benefici esterni all’attività: denaro, evitamento,
punizioni)
Per lungo tempo la ricerca sulla motivazione lavorativa si è concentrata sul rapporto
fra questi due tipi di motivazione per capire quali aspetti sono più efficaci nel
motivare le condotte lavorative e quali sono le conseguenze in termini di
progettazione del lavoro. È in gioca la concezione di persona, la teoria psicologica
implicita sottostante i vari tipi di gestione del personale.
(McGregor), Teoria x; modelli di gestione del personale basati su una visione dei
dipendenti come indolenti, poco ambiziosi, indifferenti alle esigenze organizzative,
resistenti al cambiamento. Secondo tale interpretazione, i lavoratori sarebbero
spinti solo dai bisogni primari, cioè quelli presenti nella parte bassa della gerarchia di
Maslow. In tal caso, le politiche del personale sono volte a sollecitare la motivazione
estrinseca dei lavoratori con una forte centratura su sistemi di premi e punizioni.
Teoria Y: vedono i lavoratori come potenzialmente attivi, pronti ad assumersi la
responsabilità e a condividere gli obiettivi organizzativi. Secondo tale
interpretazione, i lavoratori sarebbero mossi da bisogni più elevati della scala di
Maslow (autorealizzazione). In tal caso, il management sarà propenso ad adottare
strategie per alimentare la motivazione intrinseca dei subordinati mediante
l’arricchimento dei compiti, l’autonomia operativa, la partecipazione alle decisioni.
Rapporto tra i due tipi di motivazione;
Teoria della valutazione cognitiva: motivazione intrinseca sorretta da due esperienze
psicologiche: ossia il sentimento di competenze e il sentimento di autonomia.
L’introduzione di benefici od obblighi tende a mettere in discussione tali sentimenti
e a far sentire le persone maggiormente dipendenti da fattori contingenti, accessori.
Sia la motivazione intrinseche che gli incentivi influenzano il livello della prestazione.
La motivazione intrinseca ha un peso maggiore nel determinare la qualità della
prestazione, mentre la motivazione estrinseca agisce maggiormente sulla quantità
della prestazione. I due tipi di motivazione non sono in antagonismo, ma operano in
modo simultaneo e combinato
Teoria dell’autodeterminazione (SDT): le persone agiscono spinte da bisogni
fondamentali e innati, su questa base cercano di realizzare il proprio potenziale e
sviluppare il proprio talento.
Motivazione autonoma: azioni condotte a partire dalla propria volontà.
Motivazione controllata: azione avviata sotto una pressione esterna o un obbligo da
agire.
Slide.
Caratteristiche del lavoro e motivazione
Teoria delle caratteristiche lavorative: motivazione intrinseca può essere stimolata
da una strategia ottimale di job design. L’attivazione della motivazione intrinseca
può scattare se un individuo può, grazie al lavoro, attivare tre stati psicologici tra
loro complementari: 1) generare esperienze di apprendimento grazie alla
conoscenza dei risultati ottenuti con la propria attività (feedback);
2) sperimentare la responsabilità di produrre una buona prestazione (autonomia)
3) sperimentare il significato del proprio lavoro (varietà, identità e significatività)
Slide.
Teoria dell’aspettativa-strumentalità-valenza (modello Vie di Vroom): si presume
che la persona compia decisioni consapevoli finalizzate a massimizzare i risultati
attesi. La motivazione è rappresentable con un’espressione moltiplicativa: M=V*I*E
Valenza (v): preferenza, desiderabilità e attrattività di un certo risultato
Strumentalità (I): relazione percepita tra sforzo e benefici (di secondo ordine) attesi
Aspettativa (E): percezione di quanto lo sforzo conduca ai risultati attesi
Goal setting Theory: la presenza di un obiettivo può costituire uno stimolo per
accentuare sforzo, impegno e ricerca di soluzioni. L’obiettivo dovrà essere specifico,
cioè chiaro, ben identificato, non generico e formulato in modo che sia possibile
valutarne il conseguimento.

L’accettazione e la condivisione degli obiettivi, così come la partecipazione attiva


nella definizione di piani, di progetti operativi, e la fiducia nei confronti dell’autorità
che definisce gli scopi e le mete, insomma tali processi partecipativi e di
legittimazione favoriscono il goal commitment.
Autoregolazione e controllo del comportamento
Autoregolazione: serie di processi psicologici (pensiero, ragionamento, attenzione,
regolazione emotiva, azioni) che permette alla persona di controllare i propri
comportamenti orientati allo scopo al variare del tempo e dei cambiamenti di
contesto
Essere proattivi, ossia prendere iniziativa; assumendo la responsabilità delle
conseguenze, cercare di migliorare le procedure di lavoro, perseguire l’innovazione,
adottare comportamenti di aiuto e sostegno verso gli altri, anche se non richiesto, e
dare voce al dissenso, mettendo in discussione lo status quo.
Teoria dell’equità: le persone regolano il proprio comportamento sociale in base a
un principio di equità: valutano il rapporto tra ciò che essi danno (sforzo,
competenze, energie) rispetto a ciò che ricevono; il sentimento di iniquità è di solito
costruito sulla base del confronto sociale. Conseguenze della non equità percepita
(modifica degli input o dei risultati, modifica dei referenti del confronto sociale,
modifica delle percezioni di reciprocità, cambiamenti reali o psicologici)
Teoria della giustizia organizzativa: - giustizia distributiva ovvero la credenza circa il
fatto che i benefici siano distribuiti in modo equo e corrispondente alle attese;
-giustizia procedurale ovvero la credenza sull’adeguatezza dei modi di allocare e
distribuire le risorse da parte dell’organizzazione;
- giustizia interpersonale ovvero la percezione di come si viene trattati all’interno
dell’organizzazione in termini di rispetto e dignità
Si ritiene che la percezione di giustizia si basi: sulla quantità di benefici ricevuti in
assoluto e rispetto a quanto ottenuto da altri e sulle modalità secondo le quali i
benefici (o le sanzioni) sono distribuiti.
Lezione 3: Il lavoratore e i suoi compiti
Work e Job
Work: le connotazioni del lavoro come attività umana diretta a uno scopo e come
insieme di significati generali, di grande valore per la persona e per la società
Job: l’attività concreta svolta per un dato tempo sulla base di requisiti oggettivi (Es.
qualifiche, tecnologie e mezzi di lavoro) e soggettivi ( motivazioni)
Il lavoro è un’attività complessa che coinvolge corpo e mente e implica costi
energetici ed emozionali, ricavi materiali e immateriali. Si svolge in un contesto ad
alto tasso di variabilità per i continui cambiamenti delle tecnologie e dei fattori di
organizzazione e produzione. Tale contesto, fatto di regole vincoli e convenzioni
( che cambiano col tempo, la cultura, lo sviluppo economico e le risorse materiali
disponibili) e di complesse interazioni fra persone e con macchine, influenza le
strategie e le condotte finali dei lavoratori.
L’attività lavorativa: è una condotta finalizzata a un insieme discopi e risultati attesi,
propri o assegnati dall’organizzazione. Non è una risposta solamente individuale,
ma dipende dall’interazione tra persone strumenti, artefatti sociali, organizzazione
del lavoro, competenza dei collaboratori. È scomponibile in sub-unità significative
(azioni, operazioni, gesti...).
Prestazione: concetto usato per descrivere, misurare e valutare un’attività di lavoro,
mescolando due significati: 1) attività e azioni, condotte, processi cognitivi ed
emotivi finalizzati agli scopi; 2) esiti, risultati, conseguenze qualitative e quantitative
delle azioni.
Attività
Lo studio delle attività concerne:
1) Il suo decorso osservabile (sequenza temporale, struttura gerarchica, ostacoli
alle sequenze, errori…)
2) Processi cognitivi e vissuti soggettivi attivati.
Definizione e appropriazione degli scopi: (predefiniti, gerarchizzati, impegno
richiesto)
Pianificazione- controllo\regolazione- valori, emozioni, intenzioni ( fattori
motivazionali)
3) Significati sociali e mediazioni oggettivabili ( appartenenza sociale, interazione
nei gruppi, mediazioni culturali, convenzioni e regole sociali). Essi
rappresentano un fattore di regolazione sociale dell’attività che integra le
modalità di autoregolazione del lavoratore.
Il lavoro come insieme di richieste: per comprendere l’attività lavorativa e le
prestazioni del lavoratore non ci si può limitare a considerare quanto esse siano
conformi alla struttura dei compiti richiesti. C’è uno scostamento tra compiti
prescritti e compiti realmente svolti che risultano dalle reali pratiche lavorative, dai
compromessi operativi attuati dal lavoratore per bilanciare le richieste del lavoro e
le esigenze proprie e del gruppo di lavoro. I compiti prescritti e quelli reali
costituiscono una parte importante di tali richieste che interpellano la persona sul
piano fisico, cognitivo, emozionale, e ci fanno comprendere i costi del lavorare,
soprattutto quando le richieste o esigenze del lavoro eccedono le possibilità di
gestione e controllo da parte dei lavoratori.
La distanza tra compiti prescritti e reali deriva dall’alta variabilità della situazione di
lavoro, dovuta a: - Imprevisti; - Variazioni quantitative o qualitative della
produzione: - variazioni dei tempi, eccetera.
Inoltre deriva dalla qualità della progettazione del lavoro (difficoltà a definire a priori
i compiti) e dalle differenze individuali. Gli scostamenti non sono violazioni ma
compromessi operativi.
I compiti prescritti (e reali) sono traducibili in esigenze o richieste al lavoratore
Esigenze fisiche: si pensi agli spostamenti, al trasporto di carichi, all’uso di strumenti
e macchine che prevedono sforzi dinamici, alla necessità di mantenere a lungo
posture particolari (sforzi statici) o di applicare una tantum la propria potenza
muscolare (sforzi esplosivi). In certe condizioni di lavoro (es: operare sopra un
traliccio o un’impalcatura) vanno considerate le richieste di movimeno, in
particolare il buon equilibrio corporeo o la coordinazione neuromuscolare. Il peso di
queste differenti richieste è aumentato da una loro inadeguata sequenza o dalla
presenza di ritmi e tempi predeterminati.
Esigenze ambientali: sono implicati gli effetti sull’organismo dovuti alla
concentrazione di sostanze pericolose, al microclima (umidità, temperatura), al
rumore, alle vibrazioni.
Esigenze sensoriali: si riferiscono alla ricezione e discriminazione di stimoli connessi
con le varie fonti di informazione, ad esempio segnali acustici o visivi); agli organi di
senso interessati.
Esigenze sensomotorie: esse derivano dai dispositivi usati e riguardano, ad esempio,
il numero e la varietà dei comandi, il livello di precisione, il tipo e qualità del
supporto dei dipositivo, l’intervallo temporale tra segnale-risposta, la compatibilità
tra i vari gesti e movimenti di risposta richiesti, l’ubicazione più o meno facile dei
comandi. Derivano dalle caratteristiche del lavoratore.
Esigenze cognitive: alcune deriverano direttamente dalle caratteristiche dei compiti:
numero e chiarezza delle istruzioni, livello di discriminazione necessario, complessità
della diagnsi iniziale dello stato del sistema, numero di informazioni da trattare
contemporaneamente e da ricordare, tipo di elaborazione dell’informazione
richiesto. Altre sono connesse allo stato del lavoratore, alla sua esperienze e alle sue
competenze. Si pensi, ad esempio, all’impegno percettivo disponibile, al livello di
vigilanza, al grado di attenzione focalizzata, a un’adeguata memorizzazione, alla
corretta rapppresentazione mentale del compito, alla disponibilità di strategie di
soluzione di problemi, a carico mentale.
Esigenze relazionali: i recenti cambiamenti del lavoro rendono salienti questi tipi di
esigenze. Esse risultanto in aumentano e riguardano trasversalmente la maggior
parte dei compiti e ruoli, anche di quelli apparenteente rtenuti di prevalente
interesse tecnico e gestiti individualmente. In realtà, sia la forte interdipendenza tra
diversi ruoli lavorativi sia i modelli di lavoro basati su squadre e team comportno
richieste dirette e indirette di tipo relazionale. Da cio derivà, ad esempi, l’esigenza di
riconocere e comprendere differenti linguaggi ( lingue e gerghi tecnico-
professionali), la ricerca di informazioni e sostegni sociali, gli scambi comunicativi, le
modalità di interaione dei gruppi di lavoro e soprattutto quelli decisionali, i
fenomeni di influenza sociale all’interno dei gruppi, l’interazione cooperativa (o
conflittuale), le attività di metacomunazione eccetera.
Slide..
La prestazione contestuale: riguarda tutte le condotte non direttamente le legate ai
compiti\ruoli, ma che sostengono la qualità dei rapporti psicosociali nel contesto di
lavoro.
Tre grandi determinanti della prestazioni spiegano gran parte delle differenze
individuali: - conoscenza dichiarativa; - conoscenza procedurale e skills; - motivazioni
lavorative.
La prestazione adattiva: enfatizza la versatilità dell’agire lavorativo. Riguarda le
condotte (e i processi mentali) basate su capactà di: gestire emergenze e situazioni
di crisi; gestire situazioni stressanti, risolvere problemi creativamnete , affrontare
situazioni incerte e impreviste, dimostrare adattabilità interpersoe, culturale e
valoriale.
Career adaptability: filone di studi che mettono in luce l’importanza delle capacità
del lavoratore di affrontare i cambiamenti del lavoro. Comprende una serie di
risorse della persone che possono essere considerate alla base della prestazione
adattiva poiché facilitano i processi di autoregolazione delle prestazioni.
Variazioni delle prestazioni: - variazioni breve termine dovute, ad esempio, a
imprevisti, condizioni psicofisiche tranistorie; - variazioni progressive a lungo
termine: possono riferirsi a: a) incrementi: miglioramenti legati al workplace
learning, all’expertise e partecipazione alla comunità di pratiche; b) decrementi:
carenze di conoscenza dischiarativa procedurale e di skills, stati psicofisiologici,
sovraccaric di lavroo, decrementi latenti.
Variazioni di segno positivo: man mano che si divena esperti e si è socialmente ben
inseriti le azioni divengono più rapide e in parte automatiche; conoscenza
procedurale legata ai tempi di realizzione, rischi di errore e inefficienze.
Decrementi nelle prestazioni: sono stati analizzati in relazion alle carenze di
conoscenza dichiarativia, proedurale e di skills della persona e al tipo di interazione
tra il lavoratore e il suo lavoro, con i relativi strumenti usati in un contesto tecnico e
sociale concreto (ovvero al modo con cuiè stato progettato il sistema persona-
macchina-ambiente)
Carico di lavoro mentale:
non riguarda semplicemente l’essere pieni di impegni e il dover fare troppe cose
contemporeamente ( cosiddetto multitasking), ma il costo complessivo che il
lavoratore paga per mantenere un buon livello di prestazione. Nel concetto di carico
di lavoro si considerano vari elementi: il tipo di richieste imposte dal compito (es:
complessità, frequenza), il livello di prestazione raggiunga, il livello di sforzo del
lavoratore e le sue percezioni di sentirsi sovra\sottocarico. Egli ha a disposizione una
quantità limitata di risorse mentali e quando le richieste sono sproporzionate, in
eccesso o troppo basse, sperimenta una condizione di sovraccarico o sottocarico che
influenza negativamente la prestazione e, a lunga andare, diviene antecente della
fatica e un ulteriore fattore stressante. In contreto, il carico di lavoro e le sue
variazioni dipendono dall’interazione tra le richieste obiettive del lavoro e le abilità,
skills e risorse cognitive e motivazionali dell’individuo.
Si è ipotizzato un sistema di protezione della performance fondato
sull’autoregolazione compensatoria da parte del lavoratore;
-resistenza al decadimento della prestazione per i compiti primari (cioè prioritari e
centrali per conseguire gli scopi della prestazione), anche perché essi sono
significativi per il lavoratore, sono svolti in pubblico rispettando delle regole
condivise, richiedono le competenze che il lavoratore possiede e il lavoratore
esperto sa di poterli svolgere bene. Nel caso in cui emergano rischi per l
manetenimento di un buon livello di prestaione ed essa sia percepita come
importante, si attivano ciruciti di feedback, in parte automatici e in parte volontari,
in grado di far utilizzare risorse personali aggiuntive (tenuta di riserva) per
correggere la situazione e riportarla a uno standard accettabile.
Autoregolazione compensatoria
Attenzione al sistema di protezione della performance. Tre strategie:
- Aumento dello sforzo
- Ritiro dell’impegno
- Sopportare lo stress
Analizzare il lavoro;
Con i cambiamenti in atto e l’alta variabilità del lavoro cresce l’importanza
dell’analisi del lavoro. Ha elevato valore strategico.
Si tratta di un processo di raccolta e valutazione delle informazioni sulle effettive
pratiche adottate dai lavoratori, sugli strumenti usati in una data posizione e sulle
condizioni e il contesto lavorativo.
Le aree coinvolte dall’analisi del lavoro:
-politiche del personale; - job design; - sicurezza lavorativa; - formazione e
instructional design – orientamento e counselling di carriera; - classificazione e
profili;
Politiche de personale: - selezione del personale che si fonda su una precisa
descrizione delle attività e delle esigenze lavorative che comportano differenti tipi e
gradi di conoscenze e di skills; b) valutazione delle prestazioni ovvero alle modalità
da parte dell’organizzazione di considerare se le prestazioni sono corrispondenti alle
richieste; c) definizione di un sistema corretto di pianificazione del personale
(reclutamento, tempi e metodi da usare per il rimpiazzo dei lavoratori, ad esempio,
pensionati); d) costruzione di un sistema premiante equo e basato sul differente
valore delle attività lavorative
Job design: informazioni tipo di relazione tra lavoratore e strumenti del suo lavoro e
sulle condizioni di lavoro in cui opera alla base dei processi di correzione e di
progettazione del lavoro finalizzati a una gestione delle attività non solo più sicura,
ma più soddisfacente per le persone. • conoscenze sui rapporti intragruppo e
intergruppi di lavoro funzionali a delineare miglioramenti del lavoro e ad accrescere
efficienza, efficacia, a incrementare i rapporti sociali e un clima lavorativo positivi.
•Sicurezza lavorativa. •Formazione e «instructional design». •Orientamento e
«counselling» di carriera. •Classificazioni e profili professionali
Analisi orientate sul lavoro o sul lavoratore?
Se si focalizza il lavoro in sé, si parla di work-oriented analysis ( che deve avere i
requisiti di verifiabilità e replicabilità)
Se si focalizza il lavoratore si parla di worker-oriented analysis, o anche di valuazione
delle prestazioni. Si fanno inferenze sulle abilità, conoscenze, tratti…
In concreto, i due tipi di analisi vanno in parallelo in relazione agli obiettivi principali.
Utilizzano tre classe di strumenti ( dati di archivio, osservazione, questionari.
Competency modeling; estensione dell’approccio worker-oriented. Si focalizza sulle
competenze nella loro accezione più ampia di combinazione di motivazioni,
caratteristiche di personalità, atteggiamenti…
Si propone di riconoscere e valorizzare le competenze disponibili o acquisibili,
comuni a una certa famiglia di professionisti.
Task analysis: studio dettagliato di cosa fa il lavoratore e di come lo fa. Due step:
1) Osservazione e descrizione di attività e azioni
2) Rappresentazione delle azioni per cogliere il loro grado di corrispondenza
rispetto al contesto
Cognitive task analysis (CTA): si focalizza sulle attività e i processi cognitivi che le
sostengono. La CTA si propone di aiutare a capire cosa le persona pensano di quali
conoscenze dispongono, come organizzano le informazioni necessarie per il loro
lavoro, come utilizzano le proprie competenze.
Descrizione del lavoro mediante report di attività, motivazioni, condizioni lavorative
eccetera.
Lezione 4: Burden – Caregiver
Il caregiver non è un lavoro in quanto non è un’attività finalizzata a produrre reddito.
Il compito del cargiver è quello di garantire la sicurezza, promuovere il
miglioramento della qualità di vita e della dignità della persona malata.
La famiglia ha un ruolo cruciale nel trattamento della malattia e nel sostegno
indispensabile al malato. La maggior parte dei costi associati alla malattia sono
dovuti al tempo speso dei caregivers e all’utilizzo dei servizi sociali. I disagi di chi
assiste e i costi aumentano con l’avanzare della malattia stessa soprattutto in
relazione ai disturbi comportamentali (BPSD). Impegno fisico, psicologico, emotivo.
Si tratta di un ruolo che modifica nel tempo in base alle fasi della malattia e che
spesso viene svolto da familiari della persona, con un coinvolgimento emotivo e
personale crescente che ha ripercussioni su tutti i campi della vita della persona.
Il 52% dei cargiver dichiara che la propria salute ha risentito della persona in cura.
Inoltre, molti cargiver dichiara che il proprio lavoro ha risentito della presa in cura,
così come la vita sociale. Il 35% dei caregivers di tutto il mondo ha nascosto a
qualcuno la diagnosi di demenza di un proprio familiare.
La prevalenza dei caregivers è costituita da donne. Tipologia di responsabilità
connessa al ruolo (aspetti di pressione sociale e stereotipi). La pressione sociale ha
reso le persone di genere femminile caregivers de facto, obbligandole a ricoprire più
ruoli di presa di cura (moglie, madre), delineando le caratteristiche di quella
“sandwich generation” a forte rischio di salute fisica e mentale.
Il caregiver di genere femminile è più propenso a prendere in carico aspetti di cura e
igiene personale della persona. Il caregiver di genere maschile si occupa più che
altro degli aspetti logistici e burocratici.
Il caregiver Burden: l’impatto della demenza sul caregiver è stato definito caregiver
burden, che esprime l’impatto complessivo delle esigenze fisiche, psicologiche e
sociali nel fornire assistenza. È essenziale determinare il livello, il tipo e la causa del
burden per ottimizzare tutti gli interventi (psicologici, sociali, assistenziali e
farmacologici) volti a ridurlo.
Burnout: il rischio fondamentale fronteggiato dal caregiver è quello di “esaurirsi”
senza rendersene conto (burnout), con un duplice contraccolpo rispetto tanto alla
propria qualità di vita quanto a quella del compito stesso di presa in cura.
Sono note in letteratura l’incidenza e le conseguenze del fenomeno, che in
concomitanza con i ritmi di vita della società e l’assunzione di responsabilità su
molteplici fronti cui siamo chiamati ogni giorno comportano serie conseguenze sulla
salute e sulla progettualità personali, con un’incidenza significativa di problematiche
di salute mentale.
Alcune caratteristiche delle situazione di burnout sono sovrapponibili a quelle di un
vissuto depressivo e di un ripiegamento su di sé: questo, da un punto di vista
fenomenologico, è legato all’effettiva chiusura di possibilità e di orizzonti che si
verifica con una presa in carico totalizzante, che impedisce ogni altra apertura.
Sintomatologia del caregiver in burnout:
- Ritiro sociale e familiare; - perdita di interesse in attività prima piacevoli; -
sensazione di essere triste, senza speranza; - cambiamenti in peso e\o
appetito; -cambiamenti nei ritmi del sonno: - frequenti malattia: - sensazione
di star facendo del male a sé o aa persona di cui ci si prende cura, o desiderio
di farlo: -esaurimento fisico o emotivo: - uso eccessivo di alcool o medicinali
ipnoinducenti: -irritabilità, rabbia immotivata

Conseguenze del caregiving:


si attivano strategie di coping basate sul controllo del paziente e non
sull’accettazione. Non identificano più la comunicazione sottostante al sintomo (es:
irritabilità con reazione ad uno stimolo fastidioso, ritiro come difficoltà a partecipare
alle coversazioni, ecc…). Non s’immedesimano più nel paziente e non ne
riconoscono i bisogni emotivi e materiali. Aumentano il disteress e il burden
soggettivo. Richiesta pressante di intervento esterno risolutivo: visita urgente,
introduzione di farmaci, inserimento in struttura residenziale o semi-residenziale, di
sollievo o permanente.
Il caregiver della persona con demenza ancora oggi subisce la fatica, l’isolamento
sociale la riduzione della qualità della vita e la compromissione delle relazioni
familiari. Si stima che più del 50% dei caregivers familiari è a rischio di depressione;
presentano ansia, insonnia, difficoltà a concentrarsi sul lavoro; essi sono a più alto
rischio di ospedalizzazione, usano una maggiore quota di farmaci e in particolare di
psicofarmaci rispetto alla popolazione generale.
Durante il lockdown: il 90% dei caregiver ha riportato almeno un sintomo del
burnout. Stress, discontinuità dell’assistenza, conflitti nel rapporto caregiver-
paziente (difficoltà da parte della persona affetta da demenza di comprendere il
fenomeno pandemico)
Lezione 5: Analisi e progettazione del lavoro
CHE COS ’È L ’ANALISI DEL LAVORO?
Slide

Lezione 6: Psicologia dello sport


La psicologia, intesa come scienza, se applicata in maniera sistematica e definita può
contribuire a migliorare l’approccio allo sport da parte del giocatore, appassionato,
tecnico, la preparazione mentale degli atleti, nonché sviluppare una mentalità
vincente e sicura da parte dell’atleta…..

Potrebbero piacerti anche