Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
LE NUOVE COMPETENZE
DELL’EDUCATORE
Come cambia una professione
Andrea Costa
I
petenze», «bilancio di competenze», legati ai
educative sono andate sempre più radican- processi di aumento dell’efficacia e dell’effi-
dosi nel complesso panorama dei servizi cienza dei sistemi produttivi: da quello indu-
socio-sanitari e assistenziali. La figura dell’e- striale al terziario, al sistema dei servizi alla
ducatore professionale, vista inizialmente come persona.
giovane, intermedia, debole, dai connotati an-
cora in fieri (1), trova così diversi contesti ope- Effetti dell’aziendalizzazione. Restringendo
rativi privilegiati e maggiormente definiti. la nostra attenzione sull’area dei servizi socio-
L’esperienza condotta nei servizi – e, di sanitari, possiamo dire di assistere, in questi
pari passo, la formazione di base e di riquali- ultimi anni, a notevoli cambiamenti – sia nel
fica portata avanti nei Centri di formazione settore pubblico, come nel privato sociale –
professionale – hanno portato l’educatore ad che pongono al centro la necessità di un risa-
avere un «mercato». Sembra quindi coerente namento economico (2). Questo processo di
interrogarsi su quali competenze siano oggi ri- aziendalizzazione (3) ha rinnovato l’attenzione
chieste dal mercato a questa figura professio- da un lato attorno al contesto organizzativo (il
nale. Per fare ciò dobbiamo innanzi tutto fare nuovo approccio pone al centro la soddisfa-
chiarezza su due aspetti cruciali da un punto zione del cliente) e alla ricerca di modelli di
di vista epistemologico: (1)
cosa intendiamo per competenze; Kaneklin C., Fantasmi, fantasie e progetto educati-
vo, in Donati M., Maffetti M., L’educatore indispensabile,
«chi è» il mercato. Vita e pensiero, Milano 1992, pp. 17ss.; Demetrio D.,
Educatori di professione, La Nuova Italia, Firenze 1990,
pp. 7-16, 21-28; Groppo M., L’educatore professionale
Quali competenze? oggi, Vita e Pensiero, Milano 1990, pp. 157-62.
(2)
Manoukian Olivetti F., Produrre servizi, Il Mulino,
Bologna 1998, pp. 11-20.
Oggi è sempre più frequente trovare ter- (3)
Enriquez E., Oltre l’aziendalizzazione della vita la-
mini come «competenze», «sviluppo di com- vorativa, in «Animazione Sociale», 1, 1996, pp. 53-61.
sviluppo ideali di funzionamento, dall’altro nei Una competenza in situazione. Arriviamo così
confronti degli operatori dei servizi, del loro ad un ultimo tratto che ci preme focalizzare in
essere parte dell’organizzazione, delle loro com- questa sintetica analisi circa il significato che
petenze in funzione dei risultati. attribuiamo al termine competenza. Quando
Non basta più dunque dire: è un educato- comunemente utilizziamo questo termine, fac-
re, uno psicologo, un’assistente sociale, ma ci ciamo riferimento all’idea di possesso, da parte
s’interroga su: «In pratica, cosa fa?». del soggetto, di determinate capacità di mani-
Ma è proprio nel momento in cui ci ap- festare comportamenti adeguati in svariate si-
prestiamo a individuare le caratteristiche che tuazioni. Ma non va dimenticato che, all’atto
ci consentono di descrivere in cosa si traduce pratico, la competenza si esprime in una de-
una determinata professionalità, che si evi- terminata situazione – sempre mutevole per
denziano una serie di aspetti tra loro contrap- contesti e relazioni – e dunque solo parzial-
posti, dai contorni poco definiti. mente determinata e/o controllata da chi l’a-
gisce. In questa prospettiva possiamo conside-
Competenza come sensibilità. Se è vero che rare la competenza come un processo realizza-
ciascuno utilizza nella propria pratica lavorati- tivo (6), che prende forma di volta per volta e
va da un lato un bagaglio di conoscenze, che si che, nel frattempo, contiene i risultati dei pre-
rifanno alla propria professionalità, ai compiti cedenti processi in un complesso intreccio di
assegnatigli, all’ambiente in cui agisce, e dall’al- attribuzioni e significati; se non si concretizza
tro una sempre più raffinata capacità procedura- in una specifica situazione, non possiamo par-
le (cioè il come mettere assieme sapere, compi- lare di competenza ma di potenzialità.
to e contesto), è vero anche che vi è un’area che
fa riferimento a dimensioni interne alla persona.
Queste dimensioni fanno riferimento a mol- Chi è il mercato?
teplici aspetti, mai compiutamente definiti –
dalle predisposizioni individuali di base, al si- Il termine «mercato» evoca in prima istan-
stema di valori, ai tratti di personalità, al ten- za quella particolare dinamica che lega la do-
dere verso un ideale, un disegno sociale, o altro manda di un determinato bene all’offerta di
ancora – e consentono all’individuo di agire questi in un determinato contesto socio-eco-
con competenza, cioè a dire di utilizzare al me- nomico. Se negli anni passati questo termine ha
glio le proprie conoscenze al fine di trovare so- assunto connotazioni fortemente ideologiche –
luzioni efficaci ai compiti-problemi individuati. si pensi allo slogan «Più Stato, meno mercato!»
Lanzara parla di: – e forse anche negative, legate agli interessi di
Una sensibilità esistenziale e cognitiva nei confronti
pochi contro le necessità della maggioranza,
della realtà, o di ciò che chiamiamo tale, capace di co- oggi assistiamo a una profonda trasformazione
glierne le molteplici dimensioni, e i significati, e le possi- dei processi produttivi che coinvolge l’intero si-
bilità non immediatamente visibili. (4) stema sociale, comprese le organizzazioni che
producono servizi.
Si tratta di una capacità prodotta dall’indi-
viduo, ma non per questo compiutamente iden-
Se centrale è la domanda. La comunicazio-
tificabile e descrivibile, che gli consente di:
ne viene ad assumere un ruolo centrale e assi-
Prestare attenzione ad aspetti della situazione che la stiamo al ribaltamento del rapporto tra pro-
tensione performativa al risultato e alla riduzione d’in-
certezza o il ritmo inesorabile della routine non permet-
tono di «vedere» e di apprezzare. (5) (4)
Lanzara G. F., Capacità negativa, Il Mulino, Bologna
1993, p. 13.
In tal modo si giunge all’attivazione di ri- (5)
Ibidem, p. 14.
sposte originali e congruenti con i contesti or- (6)
Prete P., I luoghi della Competenza, in
ganizzativi e relazionali entro cui si collocano. «Professionalità», 38, 1997, p. 20.
duzione e consumo: ora è la domanda che de- la stessa idea di prodotto è ancora confusa e
termina i tempi e i metodi della produzione, debole. Allo stato attuale delle cose:
costringendo a «pensare alla rovescia tutti i rap-
Non è possibile individuare il prodotto, vederlo nella
porti di causa ed effetto tipici della teoria eco- realtà operativa, se non si parte da una concreta defini-
nomica convenzionale» (7). zione dei problemi su cui si interviene. (9)
Le ripercussioni di questa vera e propria
rivoluzione sul sistema dei servizi sono note- Quando parliamo allora del «mercato» che
voli: da un agire per funzioni si passa ad un ap- chiede determinate competenze all’educatore
proccio orientato al cliente, alla sua soddisfa- professionale, non possiamo dimenticare di
zione, che viene a modificare radicalmente i considerare la dinamica entro cui quest’ope-
rapporti con coloro che fino a poco tempo fa ratore sociale, più di altri, viene a collocarsi,
erano definiti con termini che ne sottolinea- dove esiste un legame indissolubile tra pro-
vano la passività e, in un certo senso, l’estra- blemi e prodotti, tra cliente e organizzazione,
neità rispetto al processo d’erogazione delle tra domanda e offerta.
prestazioni.
In questa prospettiva è data particolare ri-
levanza alle specificità dei clienti, in quanto si Una professione che cambia
parte dal presupposto che costoro non siano
solo utilizzatori passivi di servizi predisposti Vi è un «luogo» che a nostro avviso ben
da altri, ma siano a tutti gli effetti dei copro- sintetizza il processo evolutivo che in questi
duttori. Questa visione del cliente come co- anni ha caratterizzato la professione dell’edu-
produttore nasce dal fatto che per realizzare catore: la frontiera. La frontiera richiama alla
un servizio di qualsiasi natura (sanitario, edu- mente, in prima istanza, il Far West, i pionie-
cativo, turistico, finanziario, ecc.) occorre che ri del nuovo mondo, una terra – così come l’a-
si determini una relazione diretta tra il pro- neddotica storiografica e filmografica ci ha rac-
duttore e il cliente, ed è proprio all’interno di contato – senza Legge e senza Dio, uno spazio
questo rapporto che prende corpo il servizio in continuo divenire.
come prodotto (8).
Anni ’70. Siamo negli anni ’70, in Italia, e i
La dinamica nei servizi. Ne deriva, a diffe- cambiamenti provocati dal movimento del ’68
renza che in passato, una maggiore consape- iniziano a farsi sentire e a mettere in crisi il si-
volezza che per produrre servizi è necessario stema sociale nel suo complesso. Anche il si-
rilevare e analizzare le richieste e i problemi stema dei servizi è profondamente investito da
che i clienti portano, i bisogni su cui si deve questo processo: di colpo gli enti d’assistenza
agire e il loro modificarsi nel tempo. Sono in- e beneficenza non sembrano più in grado di
fatti questi gli elementi che permettono di de- rispondere ai nuovi bisogni emergenti, dal pren-
finire l’oggetto di lavoro di un’organizzazione dersi cura si passa al sistema di welfare.
e di progettare offerte in grado di trasforma- In questo panorama, fortemente caratte-
re le situazioni. rizzato da processi di deistituzionalizzazione,
Se in passato i servizi sembravano orienta- l’educatore – fino a quel momento cresciuto
ti a trasformare – in un certo senso, salvare – e, per molti aspetti, con-fuso con le istituzioni
le persone che vi si rivolgevano, oggi cresce la
consapevolezza che l’azione di trasformazio- (7)
Marazzi C., Il posto dei calzini, Casagrande,
ne è mirata ai problemi che i cittadini porta- Bellinzona 1994, p. 116.
(8)
no ai servizi. Si tratta di un processo tuttora in Brunod M., Il trattamento dei dati nella progetta-
zione dei servizi, in d’Angella F., Orsenigo A., La proget-
atto, caratterizzato, come tutti i cambiamenti, tazione sociale, Quaderni di animazione e formazione,
da movimenti dai tratti ambivalenti e non sem- EGA, Torino 1999, p. 130.
pre chiaramente comprensibili, entro i quali (9)
Ibidem, p. 132.
rieducative (dai riformatori per giovani disa- colui che gli dà l’identità di educatore e anche
dattati, agli istituti...) – si trova a un bivio (10): il depositario della propria riconoscenza.
di fronte a lui si apre il territorio, una nuova Ora dunque, nel territorio, la prospettiva
terra da esplorare, entro cui si intravedono si allarga, mutano relazioni e significati, all’o-
nuovi soggetti, nuovi spazi d’azione, nuove ur- rizzonte si delineano due nuove figure: il com-
genze cui tentare di dare risposta. mittente, colui che ha finanziato la missione,
Sono anni in cui: che paga il nostro educatore (può trattarsi di
Ci si trova a dover fronteggiare due urgenze egual-
un comune, di una ASL come pure di una coo-
mente cogenti, la prima delle quali proviene dalla inces- perativa sociale) e gli utenti, coloro che si in-
sante proliferazione di bisogni sociali che spinge verso contrano per strada, diversi tra loro e con ca-
l’invenzione di nuove figure di operatore, mentre la se- ratteristiche (leggi bisogni) talvolta del tutto
conda, dal canto suo, insiste per un contenimento di que-
sta effervescenza mansionistica e funzionale. (11) sconosciute. Questa triangolazione vede il com-
mittente in posizione dominante, rispetto agli
Affrontare questa nuova avventura richie- altri due soggetti, e ha nei rapporti reciproci
de passione e una notevole predisposizione a tra committente/educatore, educatore/utente
muoversi nell’incertezza: se per alcuni aspetti e committente/utente il suo punto di maggio-
può apparire una situazione limite, sono pro- re criticità.
prio queste sfide che caratterizzano questo pe- L’educatore si trova a operare il più delle
riodo storico e che finiranno per connotare volte con un mandato aperto, poco definito –
quella che possiamo definire una seconda na- «Vedi un po’ quello che si può fare...» – in si-
scita della professione educativa. tuazioni talvolta di grossa precarietà e di ri-
sorse limitate, a fronte di richieste sempre più
Le tappe di un’evoluzione. In effetti, il primo pressanti cui rispondere o delle quali farsi por-
periodo di vita dell’educatore avviene all’in- tavoce. La dimensione vocazionale è ancora
terno dell’Istituzione rieducativa, nella quale molto forte e permette di sopportare i disagi
si trova ad assumere una posizione, per certi di un lavoro di frontiera, poco tutelato e com-
versi, complementare a quella degli ospiti. Il preso, spesso mal retribuito. È all’interno di
suo compito è rigidamente costruito attorno a questo contesto che si viene a instaurare una
ciò che manca nell’educando: la sua azione è dinamica istituzionale di tipo triadico (13), nella
di tipo ortopedico, orientata a porre rimedio, quale il rapporto tra due dei soggetti – più fa-
nei limiti del possibile, allo scarto tra ciò che cilmente tra committente ed educatore o tra
l’individuo è e ciò che dovrebbe essere secon- educatore e utente – è vissuto dal terzo sog-
do quanto universalmente condiviso. getto come minacciante in quanto teso a esclu-
L’educatore opera entro un contesto or- derlo.
ganizzativo caratterizzato da una dinamica isti- La complessità delle dinamiche in gioco fa
tuzionale di tipo duale, nella quale troviamo: correre il rischio all’educatore di colludere ora
Una componente altamente dipendente poiché, per
con le richieste del committente, ora con quel-
definizione, incapace di provvedere autonomamente alla le dell’utente, presentificando – in entrambe
propria sopravvivenza, e una seconda componente che è le situazioni – un ritorno alla relazione di tipo
in grado di supplire alle carenze di quella, attraverso una duale, nella quale si nutre o si è nutriti.
specifica azione salvifica che è simboleggiata dal «pren-
dersi cura». (12)
(10)
Occulto R., L’educatore: una professione al bivio,
Al tempo stesso però anche l’educatore è in Peirone M., Educatore e territorio, EGA, Torino 1984,
pp. 14ss.
fortemente dipendente e, spesso, svolge il suo (11)
Scurati C., La figura dell’educatore professionale,
lavoro per vocazione, senza una specifica pre- in Groppo M., L’educatore professionale oggi, cit., p. 32.
parazione. Il capo dell’organizzazione – molto (12)
Carli R., Paniccia R., Psicosociologia delle organiz-
di frequente un religioso – all’interno della zazioni e delle istituzioni, Il Mulino, Bologna 1981, p. 85.
quale è inserito diviene, in una certa misura, (13)
Ibidem, p. 97.
tunità di comprendere la complessità dell’al- zione con il cliente, mirata in primo luogo a una
tro, di modulare le risposte, di lasciare spazio ridefinizione della complessità di cui quest’ul-
a nuove domande; ciò che ne è derivato è stato timo è portatore, in rapporto con quella dell’e-
un senso d’indeterminatezza del ruolo e di ap- ducatore, intesa come intrasoggettiva e orga-
piattimento su altre professionalità più forti o nizzativa, cioè riferita al servizio entro cui opera,
maggiormente definite. al fine di giungere alla costruzione condivisa di
Non c’interessa qui approfondire questi percorsi di cura – ma anche di dialogo, d’a-
elementi, quanto sottolineare un tratto a no- scolto, di presenza, e così via – possibili.
stro avviso unificante: in entrambe le opzioni Pensiamo, ad esempio, ai diversi progetti
ci troviamo di fronte a un tipo di progettazio- d’intervento legati al fenomeno delle «nuove
ne che si fonda sul farsi carico (19), a nome e per droghe»: l’educatore professionale si confronta
conto della collettività, del disagio con il quale con soggetti – adolescenti o giovani adulti –
si entra in contatto. che non si sentono portatori di nessun pro-
In questa prospettiva – a prescindere dal blema o disagio, facendo così mancare uno dei
modello di riferimento cui si rifà – l’educato- poli su cui si basa la relazione d’aiuto. In que-
re ha utilizzato, e tuttora utilizza, la progetta- sto caso l’educatore non è chiamato a produrre
zione per dare una risposta organizzata e com- risposte, quanto piuttosto ad attivare un pro-
piuta alle domande che gli sono rivolte, e lo fa cesso comunicativo nel quale è cruciale il si-
pieno di buona volontà, di saperi e tecniche gnificato che i diversi attori coinvolti ne danno,
che gli permettono di offrire all’altro, e nello in quel contesto specifico.
stesso tempo a se stesso, una spiegazione circa Una progettualità di questo genere si tra-
questa sofferenza che si trova a gestire. duce anche in una maggior attenzione a non
lasciarsi invadere dalle ideologie d’intervento,
Progettare con. Ma se ci soffermiamo sul- ma a considerare in maniera più pragmatica
l’etimo del termine (20) «progettare» troviamo l’azione educativa.
che ha una comune origine latina – pro: «avan- Se osserviamo il panorama dei servizi no-
ti» e iacere: «gettare fuori o avanti» – con la tiamo come le risposte siano più orientate a
parola proiettare. Dunque, se è vero che pro- considerare le reali possibilità delle persone e
gettare significa «ideare qualche cosa e pro- meno legate ai desideri, impliciti, degli opera-
porre il modo d’attuarla», e richiama alla mente tori: si inizia ad accettare che una parte degli
la razionalità e il calcolo necessari al dare forma utenti del servizio è cronica – pensiamo ai SERT,
alle idee, è vero anche che proiettare, nel senso ma anche ai CSE per gravi e gravissimi – come
che ne dà la psicoanalisi di Freud, significa pure ad accogliere nelle comunità terapeuti-
spostare al di fuori di sé qualità, sentimenti, che utenti in trattamento farmacologico, atti-
desideri che non si riconoscono come propri vare progetti di riduzione del danno per tossi-
o che si rifiutano completamente (21). codipendenti attivi o predisporre programmi
Sembra dunque che nel dare forma e con- per utenti con doppia diagnosi.
tinuità a un intervento educativo entrino in
gioco elementi concreti, strategie d’azione, mo- (19)
A questo proposito Franca Manoukian – intervi-
delli concettuali e, nel contempo, dimensioni stata da R. Camarlinghi su «Animazione Sociale», 3, 2000,
pp. 18-24 – propone una riflessione che vede nell’opera-
latenti, pensieri non interamente compiuti, ele- tore leggero una nuova via per affrontare il carico del la-
menti insaturi. voro sociale.
Questa nuova consapevolezza circa il pro- (20)
Cortellazzo M., Zolli P., Dizionario etimologico
prio agire professionale ha portato l’educato- della lingua italiana, Zanichelli, Bologna 1985, vol. IV, pp.
986-987.
re a sviluppare la competenza sulla progetta- (21)
Laplanche J., Pontalis J., Enciclopedia della psi-
zione in una nuova direzione che chiameremo coanalisi, Laterza, Bari 1993, vol. 2, pp. 439-448.
dialogica (22). (22)
Orsenigo A., La costruzione dell’oggetto di lavoro,
Una progettazione dialogica è una progetta- cit., pp. 62-66.
A ben guardare, questo processo evoluti- Operare in contesti esposti. Se più sopra ab-
vo – di cui sinteticamente diamo conto – altro biamo tratteggiato il passaggio dell’educatore
non rappresenta che il maturare della profes- dall’istituzione al territorio, ora ci troviamo a
sione dell’educatore professionale nel suo co- prendere atto di come questo processo sia pro-
stante interscambio con l’utenza. seguito oltre, arrivando a collocare una parte
Le vecchie competenze (23) viste da questa dell’agire di questo professionista entro con-
prospettiva non appaiono assolutamente ina- testi esposti. Con quest’espressione ci riferia-
deguate o desuete; al contrario, si coglie un mo a quei particolari interventi che vedono l’e-
filo rosso che collega l’agire dell’educatore della ducatore muoversi «senza spartito», il più delle
frontiera, con il professionista di oggi: si trat- volte negli stessi contesti di vita dei suoi in-
ta delle medesime competenze, in alcuni casi terlocutori/clienti, o potenzialmente tali.
declinate in maniera differente, in altri imple- Pensiamo agli interventi in strada, rivolti
mentate da nuove dimensioni. alla popolazione giovanile, all’universo som-
Proviamo a cogliere, senza la pretesa di es- merso dei senza fissa dimora, dei tossicodi-
sere esaustivi, alcune di queste nuove declina- pendenti, degli stranieri, della prostituzione;
zioni dell’agire educativo. pensiamo ai progetti di prevenzione dalle nuove
droghe nelle discoteche, nei luoghi di ritrovo
Gestire i conflitti. La nostra società sembra dei giovani, e altro ancora.
assumere progressivamente dei tratti schizo- A differenza che in passato, però, questa
frenici: funzione è stata fatta propria dalle istituzioni
Nei contesti micro sociali, in particolare la e oggi l’agire educativo è caratterizzato da una
famiglia, sembra prevalere un tipo di relazio- progettualità istituzionale, che pensa all’in-
ne a-conflittuale, in cui il processo di sogget- tervento dell’educatore professionale rappre-
tivazione è reso più complesso e diversamen- sentandosi dei risultati sulla scorta di aspet-
te declinato (24). tative. Ciò significa affinare le competenze re-
Nei contesti macro sociali, possiamo nota- lazionali e progettuali già in uso, ma anche es-
re un intensificarsi – sia quantitativamente che sere in grado di costruire nuovi attrezzi del
qualitativamente – del conflitto nelle sue più mestiere, provvisori, sperimentali, da rivede-
differenti accezioni: dal rifiuto della diversità re: si tratta di un compito creativo, sorretto
dell’altro alla necessità di auto affermazione. dal lavoro d’équipe o da specifici supporti or-
In questa maniera sembra che il conflitto ganizzativi.
venga sempre più esternalizzato dalla nostra
esperienza di vita, connotato com’è da un giu- Utilizzare nuove forme comunicative. I
dizio, di tipo valoriale, di assoluta negatività. profondi mutamenti sociali in atto, provocati
All’educatore professionale viene dunque chie- e sorretti dall’introduzione e dall’utilizzo delle
sto di sviluppare competenze e tecniche volte nuove tecnologie, stanno cambiando profon-
alla gestione dei conflitti e delle relazioni di damente i nostri stili di vita e dunque rappre-
crisi. Si tratta di un compito nuovo? Crediamo sentano un nuovo ambito entro cui l’intervento
di no. In fondo il suo stare in frontiera altro educativo si trova ad agire. Se pensiamo, ad
non è che la metafora di chi assolve il compi- esempio, a Internet e all’utilizzo sempre più
to di mettere in relazione due interlocutori dif-
(23)
ferenti e distanti; in questo senso, la delega so- Demetrio D., op. cit., pp. 147ss.; Poffa F.,
Formazione e ruolo dell’educatore professionale, Vita e
ciale a occuparsi di chi sta ai margini è da sem- Pensiero, Milano 1993, pp. 14-17, 20-24.
pre, anche se in forma non sempre esplicita e (24)
Pietropolli Charmet G., I nuovi adolescenti, Cor-
consapevole, un compito di mediare tra istan- tina, Milano 2000, pp. 42-45.
diversificato che sta avendo il telefono, notia- Se da un lato ciò richiede sicuramente più
mo come si stia passando, per ora solo in parte, energie rivolte al versante organizzativo, dal-
ma con un alto valore simbolico, da un siste- l’altro è segno di una maggiore visibilità di que-
ma di relazioni dirette tra le persone a un si- sta figura professionale – vi sono ormai edu-
stema di relazioni e azioni «mediate» e me- catori professionali liberi professionisti – e rap-
diatiche: dagli acquisti on line ai «messaggi» presenta un valore aggiunto all’interno dei dif-
tramite i cellulari, sembra che molte delle op- ferenti contesti d’azione.
zioni che in passato necessitavano di uno scam-
bio diretto oggi possano trovare nuove forme Stare in ascolto. L’ascolto è associato – ri-
realizzative. ferendoci all’intervento educativo – alla fase
In determinati contesti operativi, anche del primo contatto del cittadino con il servi-
nell’area dei servizi di prevenzione e cura, ini- zio, alla raccolta della domanda, all’analisi dei
zia a farsi strada la necessità di saper utiliz- suoi bisogni; sembra inscindibilmente legato
zare queste nuove tecnologie e di farlo in ma- alla risposta che il servizio è in grado di offri-
niera «creativa», come dicevamo. Infatti sem- re, al cambiamento della condizione di chi
brano aumentate le difficoltà d’aggancio di chiede aiuto.
determinate categorie di utenti o le resisten- Oggi questa azione – che, scissa dall’inter-
ze che molti manifestano nell’accedere ai ser- vento, enfatizza la sua passività – va assumen-
vizi, e l’utilizzo di queste forme di contatto do connotati differenti: l’ascolto diviene, in
indiretto, inizialmente protetto, pare essere molti casi, non tanto la prima fase di un pro-
funzionale. cesso d’aiuto, ma uno specifico intervento a se
Allo stesso modo, lo sviluppo sempre cre- stante, che consente all’interlocutore – grazie
scente che ha avuto in questi anni la telefonia allo scambio con l’educatore professionale –
sociale, da Telefono Azzurro alle più dispara- di rendere visibile e leggibile la propria storia,
te help-line oggi esistenti, pone nuove domande in primo luogo a se stesso.
circa le competenze necessarie nella gestione Il diffondersi di specifici servizi di coun-
di strumenti già in uso – pensiamo appunto al selling (ad esempio, i consultori per adolescenti
colloquio o alla raccolta dati – ma da utilizza- e giovani), ma anche l’attenzione a questa nuova
re in maniera molto differente. modalità d’intervento nei servizi più tradizio-
nalmente preposti alla cura, segnano questo
Lavorare in molteplici luoghi. Se in passato nuovo corso.
il mercato del lavoro era caratterizzato da una Se in passato il focus dell’intervento edu-
scarsa presenza di educatori professionali a cativo era il cambiamento, ora diviene crucia-
fronte di offerte occupazionali dal contesto or- le anche solo l’entrare in contatto, il creare op-
ganizzativo definito – si pensi ai tradizionali portunità di scambio, il ri-conoscersi: sia reci-
servizi di tipo residenziale, diurno, extrasco- procamente – educatore e utente – sia nel senso,
lastico, ambulatoriale, e così via – oggi abbia- per entrambi, di avere coscienza di sé, dei pro-
mo una maggiore presenza di operatori quali- pri limiti (25).
ficati e la necessità di utilizzarli in maniera più Ciò significa che l’educatore professio-
mirata. Ne deriva la possibilità, per un educa- nale ha contribuito a rendere possibile – in
tore professionale, di trovarsi a operare in più primo luogo nella sua mente – un interven-
di un contesto organizzativo, per un numero to educativo giocato sul non-agire, dove il ri-
di ore definite e limitate. Ciò significa che in parare, il sostituirsi sono azioni presenti, ma
molti casi il nostro professionista si trova a in- più mirate, meno totalizzanti, che lasciano
vestire le proprie risorse in maniera diversifi- spazio all’altro restituendogli spazi d’auto-
cata e meno totalizzante: diversi tipi d’utenza, nomia.
diversi assetti lavorativi, diverse metodologie
e strumenti. (25)
Cortellazzo M., Zolli P., op. cit., p. 1067.
(26)
Rovatti P. A., Abitare la distanza, Feltrinelli, Milano
1994, p. 142.
(27)
Ci riferiamo al ruolo subalterno che l’educatore
professionale ha da sempre avuto nei confronti di pro- Andrea Costa - docente di metodi e tecniche del-
fessioni più definite, come lo psicologo, il sociologo, il pe- l’intervento educativo alla Scuola regionale per ope-
dagogista e – in alcuni casi – anche l’assistente sociale. ratori sociali IAL Lombardia di Brescia - educatore
(28)
Demetrio D., L’educazione interiore, La Nuova professionale presso il SERT di Asola (ASL di Mantova).
Italia, Firenze 2000, p. 27. Recapito: via Tito Steri 20 - 46047 Porto Mantovano
(29)
Ibidem, p. 27. (Mn) - tel. (0376) 397245 - costaan@libero.it