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di Anna Bosetti
Il testo qui precisamente riassunto, propone un'ampia riflessione sulla
professione dell'educatore. Questa figura professionale ha caratteristiche
fluide, spesso difficili da definire, al confine con altri ruoli che con essa si
intrecciano e si completano. Le capacità da mettere in campo sono molte, da
quella di ascolto e accoglienza della domanda, anche diversificata, alla
posizione di giusta distanza, alla corretta interpretazione del proprio ruolo. Le
sfide professionali sono molteplici, così come le possibili crisi.
5. Le categorie dell’educazione
I soggetti individuali e collettivi, nel corso di tutta la loro esistenza, sono esposti a una molteplicità di
esperienze educative nelle quali acquisiscono valori, competenze, saperi, comportamenti e atteggiamenti.
Alcune interagiscono sinergicamente in quanto comprendono obiettivi considerabili tra loro come coerenti.
Altre presentano obiettivi diversi, ma tra loro compatibili. Altre ancora, invece, presentano intenzioni e
obiettivi tra loro conflittuali che determinano nei soggetti coinvolti une difficile ricerca di convivenza ed
equilibrio o, alle volte, provocano ferite non facilmente sanabili.
Le esperienze educative hanno peso diverso e contribuiscono in misura differente alla formazione dei
soggetti, questo a prescindere dall’importanza attribuita e dichiarata all’esperienza stessa.
La formatività delle esperienze è solo parzialmente sondabile e quantificabile nel corso del loro realizzarsi o
nelle immediate vicinanze della loro conclusione. I risultati sono sondabili e valutabili soprattutto dai
soggetti destinatari, solo retrospettivamente, alle diverse distanze di tempo alle quali tali esperienze sono
rievocate, ricostruite e ripensate nel tentativo di comprendere ciò che hanno determinato o non determinato
nella vita delle persone.
Ogni ripartizione, soprattutto se riguarda un’area incerta come quella educativa, non deve essere intesa come
un tentativo di “mettere ordine”, bensì come il tentativo di individuare alcuni addensati relativamente
omogenei di accadimenti educativi.
Il riferimento è a gruppi, organizzazioni o contesti sociali nei quali l’individuo trascorre parte della sua vita
e che generano nei soggetti coinvolti un senso del noi, cioè una più o meno intensa e continuativa sensazione
di appartenenza.
Tra le più significative appartenenze sperimentabili dalle persone nel corso della loro vita, sicuramente la
dimensione religiosa è una delle più importanti. Dal punto di vista educativo risulta rilevante perché
vengono esplicitati e indicati le concezioni del mondo e i valori, le caratteristiche e i comportamenti dei
soggetti che partecipano all’esperienza.
Altra importante dimensione collettiva dai forti connotati educativi è l’appartenenza politica. La politica
prevede non solo un’idea di società, ma anche il progetto e il programma per avvicinarsi il più possibile alla
società “ideale”.
Altre fondamentali esperienze collettive ed educative sono quelle a carattere solidaristico e di volontariato
nelle sue varie forme ed espressioni, l’associazionismo culturale, professionale, ricreativo. Da non
sottovalutare l’associazionismo concernente la pratica e la passione sportiva.
L’autonomia dovrebbe costituire l’orizzonte di finalità per eccellenza di qualsiasi progetto educativo.
Il termine autonomia significa esercitare la libertà di scelta tra alternative effettivamente praticabili, poter
vivere la complessa rete di dipendenze funzionali che lega un soggetto agli altri.
Il lavoro educativo è connaturato all’ampliamento, alla stabilizzazione, al recupero dell’autonomia, ma
anche alla riduzione dell’autonomia dell’educando all’interno di spazi ritenuti insuperabili per il proprio e
l’altrui interesse.
L’autonomia è riferita alla vita, ma anche alla relazione educativa, cioè all’esperienza che il processo di
maturazione e gestione dell’autonomia deve favorire e accompagnare.
L’esperienza educativa, per poter essere definita esperienza compiuta, deve quindi generare autonomia da se
stessa, operare tendenzialmente per la propria estinzione.
Nella relazione educativa c’è il rischio di una falsa autonomia del soggetto che, in realtà, è abbandono dello
stesso da parte di un sistema di protezione pubblico. Nell’ambito delle politiche previdenziali, assistenziali,
sanitarie, ecc., si assiste sempre più all’esaltazione dell’autosufficienza.
38. Il burnout
Il burnout è l’esaurimento delle motivazioni e delle energie rispetto alla propria professione, di incapacità di
delineare un progetto di cambiamento, di disinvestimento e sfiducia nelle possibilità degli utenti, dei metodi,
del servizio.
La sindrome da burnout evidenzia quanto possa essere faticoso il lavoro educativo.
Nello stesso tempo la sindrome può essere ritenuta una via di fuga, una razionalizzazione rispetto ad alcuni
altri disagi ai quali non è stata ancora riconosciuta sufficiente dignità. Per esempio: il periodo di permanenza
con uno stesso tipo di utenza, la distanza tra auspicato ed effettivo negli obiettivi e, in particolare, la
difficoltà a riconoscere l’educatore come lavoratore e, per l’educatore, a riconoscersi in quanto tale.
L’educatore è “naturalmente” abitato da fantasmi, cioè da possibili e discutibili concezioni del proprio ruolo,
ma ciò non comporta che debba automaticamente essere compiuta un’opera di completa e definitiva pulizia.
I fantasmi non sono considerabili di per sé elementi procuratori di patologie nella relazione educativa, in
dosi omeopatiche rappresentano il necessario corredo dell’educatore.
Il vero problema è rappresentato dalla mancata consapevolezza e dalla riduzione della varietà delle
Non è sempre facile individuare quando la relazione è educativa e quando è altro da educativa.
Anche perché molte altre relazioni (sanitaria, assistenziale, psicoterapeutica) hanno in sé delle componenti
che risultano essere definibili, a tutti gli effetti, educative, seppure non intenzionalmente educative.
La scoperta dell’utente
Nello specifico, è importante sottolineare un aspetto della possibile utilità della didattica autobiografica: la
“scoperta”, la conoscenza dell’utente.
In generale, si può affermare che in qualsivoglia esperienza formativa rivolta a operatori si riscontrano
differenti giochi di presenza e assenza dell’utente. Spesso, si registrano la presenza dell’individuo tipo e
l’assenza dell’individuo concreto, la presenza del soggetto e l’assenza della sua storia, la presenza della
descrizione e dell’interpretazione del soggetto e l’assenza del punto di vista descrittivo e interpretativo del
soggetto stesso, così come egli cioè si autorappresenta e autopercepisce.
Mettersi, autobiograficamente, nei propri panni
Una delle possibilità della didattica autobiografica consiste nel favorire la scoperta e la conoscenza
dell’utente (nel caso specifico dell’educatore, la scoperta dell’educando) partendo dalle possibilità di
apprendimento connesse all’esplicitazione della propria storia. Si tratta, cioè, di far emergere e riemergere
dalla propria storia le volte in cui si è stati e si è utenti e di narrarlo a se stessi prima che agli altri.
Mettersi nei panni dell’utente significa, in questo caso, innanzitutto mettersi preventivamente nei propri
panni.