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PREFAZIONE
- Termine “risorse umane”
valore pragmatico del termine: si è passati da una concezione amministrativa ad una di lealtà, flessibilità e
crescita.
Si può essere al contempo risorse e persone? La GRU propone un orientamento di valorizzazione delle
caratteristiche di ogni lavoratore.
EVOLUZIONE STORICA
L’utilizzo dei primi test mentali per la selezione del personale ebbe luogo alla fine dell’ottocento. Finchè, nel 1905,
venne messo a punto il primo test di intelligenza da Binet e Simon. In seguito vennero creati i test per l’arruolamento
nell’esercito americano per la prima guerra mondiale. Fino ad arrivare agli anni ’30 in cui si creò la scala per la
misurazione dell’intelligenza.
Negli anni ’60 il congresso americano regolamentò la somministrazione di questi test in fase di assunzione vietando
così la discriminazione di ogni minoranza.
ASPETTI LEGISATIVI E NORMATIVI
Tutela della libertà è della dignità dei lavoratori.
ASPETTI ETICI E DEONTOLOGICI
Sono stati riconosciuti alcuni principi fondamentali che possono essere suddivisi nelle seguenti categorie:
- Rispetto dei diritti e della dignità dei candidati
- Professionalità e competenze del valutatore
- Responsabilità del valutatore
- Diritti del valutatore
- SELEZIONE
Le principali metodologie per la selezione sono l’intervista individuale, gli assessment center e i test.
(descrivere)
Esistono poi il colloquio in serie e il colloquio in panel.
La valutazione non dovrebbe essere influenzata da nessun tipo di caratteristica demografica (genere, razza,
età).
“Integration”: comportamenti che il candidato mette in atto per riscuotere un’impressione positiva.
“Deception”: insieme di comportamenti che il candidato fa per nascondere i propri aspetti negativi.
- ACCOGLIMENTO E INSERIMENTO
Aspetto spesso trascurato ma molto importante per determinare il futuro del candidato in azienda.
L’inserimento consiste in un programma di formazione e assistenza volto a fornire al neoassunto le
procedure dell’azienda.
L’accoglimento è invece volto a fornire tutte le informazioni di tipo generale, la cultura aziendale, le regole di
convivenza e le competenze di ciascun ruolo.
Secondo questo approccio però la scelta avviene in modo completamente razionale e passivo, senza tenere conto
dell’autorealizzazione individuale.
Entrò poi in gioco lo studio dell’intelligenza; prima studiata come capacità generale e in seguito con l’applicazione
dell’analisi fattoriale.
Parsons introduce l’importanza del rapporto persona-ambiente. Nello specifico, le caratteristiche della persona sono
definibili in termini di abilità e bisogni. Riguardo alle caratteristiche del lavoro, un’occupazione può essere descritta
rispetto alle abilità richieste e alle ricompense previste per il suo svolgimento. Al momento della scelta vocazionale,
la persona deve individuare un’occupazione corrispondente alle sue abilità e bisogni.
Nella psicologia dell’orientamento esistono due tipi di approccio:
- il modello disposizionale: identifica l’insieme di tratti stabili che definiscono il carattere della persona. Questi
possono essere relativi al perché o alla modalità del comportamento.
- il modello interazionista: sostiene che la personalità sia data dall’interazione tra variabili situazionali e
personali; di conseguenza il comportamento è determinato dalle interazioni individuo-ambiente.
L’approccio psicodinamico sostiene che le scelte professionali siano manifestazioni del carattere. Quest’approccio
mostra la funzione della spinta all’autorealizzazione e del bisogno di successo.
I valori personali sono caratteristiche o condizioni di lavoro corrispondenti ad aspirazioni personali che possono
soddisfare più o meno indipendentemente dai diversi settori professionali. Abbiamo valori di tipo intrinseco (centrati
sulla realizzazione di sé) e di tipo estrinseco (centrata sul valore strumentale del lavoro). Essi influenzano le scelte di
carriera.
Lo sviluppo dell’identità personale riguarda la persona durante tutto l’arco della sua vita. E l’identità vocazionale ne
segue il percorso.
Secondo Dumora le aspettative si formano attraverso tre processi:
1) Il processo di riflessione comparativa che riguarda la messa in relazione di elementi di sé e della professione e si
fonda su un processo di identificazione con una persona che svolge la professione che interessa. Si basa
sull’identificazione con persone appartenenti al proprio contesto sociale.
2) La riflessione probabilistica appare influenzata dall’esperienza nel contesto scolastico.
3) La riflessione implicativa prevede un confronto tra i mezzi e i fini, per confermare o abbandonare l’interesse verso
la professione.
Teoria di Super
Super ha elaborato la “Teoria dello sviluppo vocazionale”, partendo dal presupposto che sia possibile individuare
tappe evolutive di maturazione alla scelta che portano l’individuo a decidere del proprio futuro sia scolastico che
professionale. Tale processo evolutivo investe tutta la vita dell’individuo, ed è caratterizzato dall’interazione delle
caratteristiche personali con la realtà esterna. Secondo Super l’individuo raggiunge la maturità professionale e
progettuale attraverso l’immagine che ha di sé nei vari stadi del suo sviluppo.
Il modello di Guichard e Huteau propone una sintesi tra gli approcci individualisti e quelli sociologici allo sviluppo
dell’identità. Vengono infatti considerati 3 aspetti: sociologico (offerta identitaria di un contesto sociale), psicologico
(la costruzione dei sé di basa su strutture cognitive che la persona ha sviluppato attraverso l’azione e l’interazione) e
dinamico (interazione tra individuo e ambiente).
Il processo di socializzazione professionale si articola in alcune fasi (prelavorativa, di ingresso, di assegnazione dei
compiti, di gestione del ruolo e di uscita).
Questo processo richiede sia componenti cognitive (volte e valorizzare e interpretare la situazione) che quelle
emotive (legate ai vissuti soggettivi).
Le situazioni critiche che caratterizzano lo sviluppo della carriera possono essere definite come transizioni lavorative:
esse sono considerate il nodo cruciale e l’unità di analisi nello studio delle carriere, in quanto comportano uno stato
temporaneo di disorganizzazione che richiede al soggetto la capacità di attivarsi per superare una minaccia alla
propria identità. La bassa autostima induce la persona a pensare di non affrontare la situazione, ma il tentativo di
superare la crisi porta il soggetto a ristrutturare i propri significati e a ripristinare il proprio livello di autostima.
Le differenze interindividuali in merito alle modalità di fronteggiamento delle transizioni dipendono da una serie di
variabili riassumibili nel “sistema delle 4S”:
- La situazione Fattori contestuali che caratterizzano il momento di transizione;
- Il sé Comprende caratteristiche personali e le risorse personali;
- Il supporto La presenza più o meno stabile di sostegno sociale;
- Le strategie Le strategie di coping utilizzate per affrontare la transizione (comportamentali, cognitive,
centrate sulla gestione dello stress).
LE PRATICHE DI ORIENTAMENTO
Educational and vocational guidance.
Si propone lo sviluppo di competenze orientative finalizzate a preparare le persone ad affrontare le scelte in modo
autonomo.
Questa pratica enfatizza il metodo di gruppo perché il confronto sociale e il conflitto socio cognitivo attivano le
competenze orientative.
Sapersi orientare in modo consapevole è una capacità legata al perseguimento di diversi obiettivi:
- Far acquisire alla persona un atteggiamento proattivo rispetto alla gestione della propria storia personale
- Far maturare nella persona la capacità di tenere sotto controllo lo svolgersi delle esperienze in atto
- Far sviluppare al soggetto la capacità di affrontare gli eventi decisionali attraverso una progettazione di sé nel
tempo
Vocational an career counseling
Quest’attività si pone come obiettivo quello aiutare la persona in un percorso di risoluzione di un problema
orientativo. Con essa ci si riferisce ad una ridefinizione del sé professionale partendo dalle proprie esperienze
personali e dalla sua evoluzione progettuale e lavorativa.
CAPITOLO 4 – LA SOCIALIZZAZIONE ORGANIZZATIVA
Sarchielli identifica la socializzazione come l’insieme dei processi con cui l’individuo acquista conoscenze,
atteggiamenti e valori di un gruppo sociale.
Gli elementi di sovrapposizione sono:
a) La ridefinizione cognitiva verso una situazione nuova
b) L’interazione tra soggetto e contesto
c) La presenza di alcune situazioni dove tale processo ha effetti più rilevanti
d) La concezione di socializzazione come processo parzialmente prevedibile.
SOCIALIZZAZIONE LAVORATIVA
L’apprendimento prevede l’evoluzione di quattro fasi:
I) Dalla concreta esperienza di un fatto
II) All’osservazione riflessiva
III) Per mezzo di un processo di astrazione sulla catalogazione concettuale
IV) All’applicazione pratica
Stili di apprendimento, come strutture mutanti che risultano dalla specificità individuale
1. Diverger: orientato verso l’esperienza concreta e osservazione riflessiva
2. Converger: abilità di apprendimento
3. Assimilator: capacità di astrazione e osservazione riflessiva
4. Accomodator: caratteristiche opposte al precedente ed è orientato verso l’esperienza.
Si può rappresentare la socializzazione al lavoro come una transizione psicosociale e un’occasione di sviluppo e
cambiamento per la persona.
Il modello di Lewin ci suggerisce che ogni trasformazione, e quindi ogni apprendimento, oscilla su tre fasi di
scongelamento, di cambiamento e di ricongelamento. I processi che accompagnano tali fasi mutano radicalmente la
definizione di Sé, le strategie di risposta alla nuova situazione e le relazioni che si vanno a creare.
Occorre poi considerare un altro fattore significativo per la persona in transizione, il concetto di aspettativa. Vroom,
con le sue applicazioni nella ricerca motivazionale, pone la teoria dell’aspettativa al centro degli interessi degli
studiosi dei contesti organizzativi. Le aspettative che si hanno verso il lavoro, l’organizzazione, i colleghi e verso le
opportunità di crescita professionale incidono sul livello di impegno profuso e le qualità della performance agita.
Quando tali aspettative non vengono soddisfatte c’è una bassa soddisfazione lavorativa, un basso commitment e un
alto turnover.
SOCIALIZZAZIONE ORGANIZZATIVA
Passaggio da una relazione tra individuo e organizzazione più stabile e prevedibile a una relazione in cui è necessario
contare sulle proprie competenze per essere continuamente utili.
Louis definisce la socializzazione organizzativa come un processo attraverso il quale l’individuo fa propri valori e
abilità necessari per l’azienda.
Wanous – Modello RJB (realistic job preview): nei processi di selezione si tende ad eliminare soggetti incoerenti con
la cultura organizzativa.
Tattiche istituzionali che incoraggiano i neoassunti a far propri i ruoli preconfezionati: collettive, formali, sequenziali,
fisse, seriali e a investitura.
Mentre la polarità opposta del continuum (individuali, random, informali, variabili, disgiuntive, e a non investitura)
tendono a sviluppare un approccio personalizzato e innovativo al ruolo.
Una forma nota di ingresso al lavoro è quello del tirocinio o stage, favorevole per costruire lentamente la nuova
identità lavorativa. Forme di sostegno alla transizione lavorativa:
a) Coaching – favorisce il processo creativo
b) Mentoring – rappresentazione della cultura e dei valori dell’organizzazione
c) Tutoring – integrazione e sostegno
1. Ridurre l’incertezza, poiché riempie il vuoto normativo, regolando i diversi aspetti della relazione lavoratore-
azienda.
2. Fornire un modello di comportamento; il lavoratore compie le proprie scelte tenendo conto di equità
percepita
3. Offrire al lavoratore il senso della propria influenza su ciò che accade dentro l’organizzazione
TIPOLOGIE E CONTENUTI
Le tipologie dei contratti psicologici si distribuiscono sul continuum relazionali / transazionali e strutturazione del
tempo / richieste di performance.
I contratti transazionali hanno elementi tipici come la durata limitata nel tempo e compiti ben specificati con basso
investimento affettivo. Nel contratto di transizione le richieste di produzione sono basse e ci sono scarse possibilità
di guardare al futuro con ottimismo, il lavoratore di trova quindi in uno stato negativo e conflittuale.
Nel contratto relazionale gli elementi tipici sono la durata a tempo indeterminato e minore definizione dei contenuti
del lavoro, reciproca fiducia e lealtà, con ricompense determinate dalla prestazione.
Contratti bilanciati, tempo indeterminato ma miglio specificazione dei contenuti, con anche accordi sull’andamento
dell’organizzazione.
ROTTURA E VIOLAZIONE DEL CONTRATTO PSICOLOGICO
La rottura consiste nella constatazione da parte del lavoratore che l’azienda ha fallito nell’adempiere a uno o più
obblighi.
La violazione, invece, è un’esperienza affettiva di frustrazione, rabbia o risentimento vissuta dal lavoratore in
conseguenza del mancato rispetto dell’organizzazione.
Strumenti:
a) questionari self report
b) metodi basati sul ricorso a scenari (es lettura di testi)
c) tecnica degli incidenti critici (individuali e di gruppo)
d) diari giornalieri
e) interviste
f) studio dei singoli casi
Quando si parla di formazione si parla anche di cambiamento personale; individuiamo infatti 3 approcci: formazione
per le competenze, formazione per il cambiamento e formazione per lo sviluppo personale. (per, in e oltre
l’organizzazione).
Chi prende parte alla formazione?
- Il formatore: gestore (opera nella direzione delle ru ed è un esperto di processi di apprendimento in età
adulta) e docente (competente nel contenuto formativo)
- Consulente, tutor e testimone: il formatore-gestore si avvale del primo per attività specifiche, mentre il
formatore-docente si avvale degli altri due per farlo intervenire in aula
- Discente: in grado di influenzare l’esito dell’apprendimento. Oltre alle abilità cognitive si considerano anche
aspettative, abilità mentale generale e aspettativa di successo.
CAPITOLO 8 – LA RETRIBUZIONE
In Italia gli elementi che costituiscono la retribuzione possono essere letti sulla base di 3 criteri:
1. obbligatorietà e discrezionalità del datore di lavoro: esistono due forme di retribuzione, contrattuale e
discrezionale
2. soggetto erogante: retribuzione aziendale vs sociale
3. modalità di erogazione: 4 elementi
- retribuzione diretta, connessa alla prestazione
- retribuzione indiretta, indennità di malattia
- retribuzione differita, es tredicesima
- fringe benefits, rimborsi spese, auto aziendale ecc
Ogni azienda ha una propria politica retributiva che deve garantire equità, competitività, sviluppo motivazionale e
gestibilità. Questa politica retributiva si delinea sulla base di 3 parametri:
1. Livello: determinato da contrattazione collettiva, mercato di riferimento (esterno), mercato del lavoro e capacità
retributiva dell’azienda; i lavoratori fanno confronti con il proprio livello retributivo sia all’esterno che all’interno
dell’azienda.
2. Struttura: Si definisce in base all’associazione classi retributive-classi di posizioni di lavoro, ed è essa a definire sia
la mobilità retributiva orizzontale che verticale.
3. Dinamica: fa riferimento alle variazioni salariali nel tempo, solitamente adattati al fine di evitare effetti
inflazionistici nel tempo strumento incentivante per la professionalità dei lavoratori.
Il sistema delle relazioni industriali italiane prevede 2 livelli di contrattazione della retribuzione: centrale e
decentralizzata.
Sistemi retributivi:
- retribuzione basata sull’appartenenza all’organizzazione e sull’anzianità
- retribuzione basata su abilità e competenze
- retribuzione basata sulle prestazioni
a) ricompense individuali: lavoro a cottimo
b) ricompense a livello di gruppo, divisione o stabilimento
c) ricompense organizzative: profit-sharing e piani di acquisto azionari.
RETRIBUZIONE E BENFIT
I benefit sono stati sviluppati per attrarre e trattenere persone competenti. Questi sono in grado di influenzare
atteggiamenti e comportamenti dei lavoratori.
EMPOWERMENT E POTERE
Kanter definisce le persone disempowered prive di potere. In questa prospettiva empowerment significherebbe la
ridistribuzione di un potere reificato: chi ne possiede troppo deve cederlo a che ne ha meno, o chi ne ha meno deve
toglierlo a che ne possiede troppo, incontrando presumibilmente delle resistenze. Accanto alla concezione reificate
del potere si trovano quelle che ne sottolineano la sua componente sociale e di interdipendenza: il potere non esiste
in sé, ma risiede nelle relazioni tra le persone. Questa posizione si incontra già in Weber che definisce il potere come
“possibilità di far valere, entro una relazione sociale, anche di fronte a una opposizione, la propria volontà quale che
sia la base di questa possibilità. Potere, qui, è l’influenza di una persona su un’altra.
La prospettiva dell’empowerment, invece, ci aiuta a pensare al potere anche in termini positivi e processuali. La
parola “potere”, in quanto verbo, richiama la dimensione dell’opportunità e della possibilità del “poter fare”.
Secondo questa concezione, avere potere, essere empowered, significa non tanto detenerlo, quanto avere la
potenzialità e la capacità di agire. In termini relazionali, questo significa coniugare l’interdipendenza con la
condivisione, la reciprocità, la mutualità e la solidarietà, e rimanda alla dimensione partecipativa dell’empowerment,
all’essere rafforzati dall’agire insieme con e non sugli altri.
Essere consapevoli sui nostri modi di interpretare la realtà e ridefinire il nostro grado di controllo su di essa significa
acquisire un buon grado di autoefficacia.
EMPOWERMENT E ORGANIZZAZIONE
Mentre un’organizzazione empowering non deve per forza essere empowered (può non avere molta influenza
politica ma offrire ai propri membri l’occasione di sviluppare competenze e senso di controllo), essere empowering
per un’organizzazione empowered sembra sia fondamentale.
Nel career counseling continuano a essere presenti elementi volti ad assistere il cliente nel conoscere se stesso,
acquisire conoscenze riguardo al mondo del lavoro, integrare le informazioni su di sé e sulle occupazioni.
Debolezze: spesso il career counseling è basato su un limitato set di pratiche comuni, inoltre c’è una mancanza di
ricerche sul career counseling rivolto a diverse popolazioni.
Il primo compito per un career counselor è organizzare le informazioni fornite dal cliente, identificare i problemi
principali, gli esiti desiderati e il piano d’azione.
Bobek e Robbins sottolineano quanto siano d’aiuto le teorie di sviluppo personale e di carriera nel:
- far emergere le connessioni tra il punto di vista del counselor e ciò che fa per aiutare il cliente
- rinforzare il piano teorico d’azione per poi svolgerlo
- integrare questioni personali e professionali.
- Career Pathing: si occupa di sviluppare le risorse volte ad aiutare gli individui a rendere il proprio contributo
sempre più significativo.
Bisogna innanzi tutto identificare la meta (crescita verticale o orizzontale), in seguito bisogna accertare
abilità, esperienza e motivazione. In seguito bisogna individuare azioni e strumenti consoni al favorire la
transizione.
- Perdita del lavoro: ad una certa età la paura è quella di non trovare una posizione di status comparabile a
quella che si aveva senza essere ancora pronti al pensionamento. La perdita del lavoro può compromettere
salute fisica e mentale. L’azione del career counselor in questi casi è coinvolgere l’adulto nella ricerca attiva.
- Rientro: Sono le donne ad affrontare più frequentemente transizioni di carriera. Il rientro può essere
motivato da fattori vocazionali, familiari o finanziari e può implicare tanto il desiderio di avere una carriera
quanto quello di diventare autosufficienti. Possono pertanto sperimentare conflitti di ruolo e problemi
emotivi, tentando di bilanciare le richieste della famiglia e gli obblighi lavorativi, così come altre difficoltà
comuni riscontrate, per esempio la scarsa autostima, la sottovalutazione delle proprie abilità e autonomia, la
minor assertività rispetto alle donne in carriera. Un career counseling efficace, in riferimento a tale target di
intervento, richiede agli operatori di tenere nella giusta considerazione tutti i fattori menzionati e di
considerare le adeguate prospettive teoriche ed empiriche.
- Problemi frequenti dei clienti del career counselor: stabilire un’autovalutazione realistica delle proprie
competenze e abilità; fronteggiare la perdita economica e l’ansia, la perdita della sicurezza del lavoro, dei
colleghi, dell’identità, la mancanza di fiducia e autostima e la paura del fallimento; reagire gli svantaggi legati
all’età.
IL TRANSITION COUNSELOR
MODELLI TEORICI
B) SPILLOVER
Il modello dello spillover segnala quella condizione per cui sentimenti, valori, comportamenti da un contesto
“scivolano” nell’altro. Può essere anche positivo.
C) LA COMPENSAZIONE
Fa riferimento ad una relazione tra i domini lavoro e famiglia che prevede il tentativo di rimediare alle
difficoltà o mancanze in un contesto attraverso un maggior investimento nell’altro.
D) LA STRUMENTALITÀ
Questo modello ipotizza che un contesto sia strumentale al raggiungimento dei risultati nell’altro. Può essere
pensata in entrambe le direzioni.
F) EQUILIBRIO
Reiter propone di distinguere tra definizioni di equilibrio:
- Assolutiste, per cui l’equilibrio sarebbe il miglior risultato possibile indipendentemente dalle caratteristiche
della situazione o del soggetto;
- Situazioniste, che considerano l’equilibrio come strettamente dipendente dalle situazioni;
- Soggettiviste, per cui l’equilibrio sarebbe basato non tanto su principi universali quanto su valori personali;
- Eccezionaliste, per cui l’idea di equilibrio fornita da qualche soggetto diviene la definizione di riferimento per
impostare un disegno di ricerca.
Secondo la riflessione di Reiter, la prospettiva situazionista risulta essere la più adeguata alla ricerca.
RUOLO DELL’ORGANIZZAZIONE
Work family: caratterizzata da “assunzioni condivise, credenze e valori relativi alla tendenza dell’organizzazione a
sostenere e valorizzare l’integrazione tra vita lavorativa e familiare delle persone”.
Family friendly: l’organizzazione è effettivamente impegnata a sostenere i dipendenti nella gestione delle loro
responsabilità familiari affiancando all’accessibilità delle soluzioni pro conciliazione la presenza di una classe
dirigente sensibile e attenta.
Ci sono varie direzioni che le organizzazioni possono seguire per migliorare la qualità di vita percepita dai dipendenti,
attivando strategie family-friendly. I livelli di intervento possono riguardare:
Le forme di contratto (es. flessibilità di orario, lavoro a distanza, ecc. );
Le azioni di sostegno e sviluppo a carattere formativo e/o consulenziale;
Le agevolazioni economiche e i servizi direttamente offerti all’interno delle strutture aziendali;
Le politiche, le procedure gestionali e l’organizzazione del lavoro (per esempio il lavoro di gruppo per condividere le
responsabilità).
Tali iniziative sono rese disponibili da molte aziende di grandi dimensioni (anche per proteggere la propria
immagine). Questo tipo di organizzazione, dunque, si presenta come particolarmente attento ai bisogni e alle
differenze degli individui e dei contesti di lavoro. Le conseguenze possono essere certamente positive in quanto
profondamente supportive, tuttavia non si può ignorare l’aspetto economico che va affrontato, l’esigenza di un
feedback positive e l’obbligo di precedere questo processo attraverso un’analisi dei bisogni di conciliazione dei
dipendenti.
La GRU in contesti multinazionali richiede la necessità di approfondire il concetto di conoscenza, ben diverso da
quello di “informazione”: mentre l’informazione è un insieme di dati uniti ad altri poi convertiti in un contesto, la
conoscenza consiste nella conclusione che deriva dal collegamento di un’informazione con altre. La conoscenza può
essere di 3 tipi: esplicita (formale), implicita (tacita) e prescrittiva (come sarebbe opportuno procedere).
Le persone che operano in contesti socioculturali differenti da quello d’origine vengono chiamati espatriati
LA CULTURA
Le aziende devono essere consapevoli dell’importanza della propria cultura organizzativa e di quella dei contesti in
cui opera.
La cultura organizzativa è un insieme di idee condivise che determina il modo in cui il gruppo percepisce e valuta
l’ambiente esterno.
GLI ESPATRIATI
Con questo termine si fa riferimento ad individui che si recano all’estero per conseguire obiettivi lavorativi.
Esistono diverse classificazioni: sulla base delle reazioni psicologiche nei confronti della cultura ospitante, sulle cause
di trazione e spinta verso una meta, in base a come percepiscono se stessi e si adattano all’ambiente.
Le caratteristiche di personalità che possono predisporre favorevolmente le persone verso questo tipo di esperienza
sono: estroversione, abilità nel formare alleanze sociali, personalità amicale, stabilità emotiva, competenze
linguistiche, motivazione e leadership.
La competenza più importante per ricoprire incarichi all’estero è quella politica, intesa come combinazione di abilità
sociali, capacità, conoscenze il cui possesso può essere funzionale all’adattamento ad un nuovo contesto. Gli
elementi chiave sono: consapevolezza di sé, influenza interpersonale, genuinità e capacità di costruire relazioni
sociali.
È inoltre presente in letteratura il dibattito sugli studi di adattamento attraverso i quali passano gli espatriati:
Curva a U: dopo la sorpresa iniziale, il benessere e l’interesse degli espatriati comincia a diminuire in modo
regolare, per poi tornare gradualmente al livello iniziale se non maggiore.
Curva a W (meglio doppia U): fa riferimento all’andamento del benessere all’estero e poi al ritorno in patria.
1. Indagare i processi che generano conflitti sulla base della percezione della reciproca diversità fra le persone
2. Intervenire per modificare gli effetti indesiderati di tali processi sulla produttività, il clima di gruppo e il
benessere lavorativo
3. Potenziare i comportamenti creativi e innovativi dei gruppi diversificati, che generano profitto e benessere.
Il diversity management ambisce a essere una nuova via nelle politiche di riduzione della discriminazione: non mira
solo a introdurre programmi che fungano da rimedio alle iniquità sociali, ma è anche attento alle necessità di
business e al riconoscimento del valore della diversità. Il DM non include, pertanto, il concetto di tolleranza, spesso
presente nelle politiche di pari opportunità, in quanto intende favorire la comprensione delle differenze per rendere
possibile la costruzione di nuovi significati condivisi.
Quando si introducono situazioni cooperative che eliminano le differenze intergruppi, ci si espone al rischio di
minacciare l’identità distintiva e positiva dei componenti del gruppo. Possono quindi risultare proficui gli approcci
che creano una sorta di compromesso.
CAPITOLO 15 – OUTPLACEMENT
È un’attività che si occupa di accompagnare le persone uscite da un’azienda in un’altra situazione lavorativa.
Al giorno d’oggi questo tema assume una connotazione negativa e riparatoria. In una concezione più positiva, invece,
la connotazione dovrebbe essere quella di sviluppo e valorizzazione.
Le modalità e le ragioni per cui le organizzazioni fanno ricorso all’outplacement registrano un cambiamento a partire
dalle importazioni originarie. Le linee di caratterizzazione di tali trasformazioni sono:
Il processo di Haldane, il “System to Identify Motivated Skills” (SIMS), consente ai veterani di individuare le
potenzialità motivate attraverso la valorizzazione delle passate esperienze e l’individuazione di una strategia di
utilizzazione di questa consapevolezza per la ricerca di posizioni lavorative di successo e soddisfacenti.
Il ruolo del consulente per l’outplacement si delinea come quello di un esperto che accompagna il soggetto
nell’individuazione delle esperienze professionali di successo. In parallelo con l’evoluzione della domanda di
consulenza da parte delle organizzazioni, il profilo di competenze del professionista dell’outplacement deve
rispondere a un insieme di richieste riguardanti:
- La consulenza per il livello corporate/organizational client per la gestione dei processi di pianificazione delle
attività in fase di prelicenziamento;
- La consulenza individuale o di gruppo per i candidati al licenziamento;
- L’assessment relativo alle esperienze dei candidati, rilevazione di misure standardizzate di ricognizione delle
competenze critiche ed elaborazione di strategie di azione;
- La formazione alla ricerca di lavoro attraverso la pianificazione di campagne di job search;
- La consulenza per lo sviluppo di piani di carriera individuali – work-life balance;
- Le attività di executive coaching dedicate ai profili di livello medio alto.
- Gli interventi finalizzati a gestire I vari percorsi di carriera.
Il punto di forza del modello riguarda essenzialmente la centratura sul vissuto e sulle modalità di risposta del
soggetto. Le dimensioni individuali spesso confluiscono nel generare una sorta di stress che favorisce la risposta
strategica funzionale all’organizzazione e pianificazione della propria vita professionale. I fattori riconducibili al
contesto sociale riguardano invece l’insieme delle condizioni di natura economico-finanziaria: la perdita del lavoro si
associa al disagio economico e personale. Questa situazione fa insorgere sentimenti di depressione che si associano
a una minore disponibilità e proattività nella ricerca di nuove opportunità. L’altra componente è il supporto sociale
disponibile per il soggetto che perde il lavoro. Il punto di forza del modello riguarda la centratura sul vissuto e sulle
modalità di risposta del soggetto e l’intervento di outplacement è proprio finalizzato a favorire risposte proattive a
situazioni così stressanti.