Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
8
trarre e fidelizzare le persone ad «alto potenziale». In generale, le inizia-
tive di Csr rivelano il valore di un’organizzazione, non più vista come
meramente interessata alla crescita di se stessa bensì come un’entità che
contribuisce più in generale al benessere della comunità e della società
(Bhattacharya, Sen e Korschun 2008). Non sorprende dunque che oggi
molte organizzazioni intraprendano diverse iniziative di Csr dato anche
il ruolo che queste ricoprono nell’attrarre i migliori talenti, nel soddi-
sfare i molteplici bisogni degli impiegati e nell’incoraggiare l’identifica-
zione organizzativa; quest’ultima infatti, come emerge da ricerche con-
dotte in ambito organizzativo, promuove a sua volta il successo dell’or-
ganizzazione stessa (Ashforth e Mael 1989).
Dall’analisi della letteratura nazionale e internazionale nel campo
della Psicologia del Marketing e del Lavoro emergono pochi studi
scientifici che hanno approfondito il tema dell’Eb (Bonaiuto, Giaco-
mantonio e Pugliese 2008). Con riferimento al contesto italiano, in par-
ticolare, mancano lavori volti alla creazione di strumenti standardizzati,
attendibili e validi in grado di misurare i costrutti rilevanti nel campo
dell’Eb. La creazione di tali strumenti è un prerequisito per poter con-
durre confronti fra differenti momenti storici, realtà organizzative, target
di riferimento eccetera (si pensi solo, ad esempio, al problematico nodo
della definizione di «talento»). Il presente contributo ha l’obiettivo di
colmare la lacuna di strumenti attendibili e validi che misurino costrutti
rilevanti per l’Eb. A tale proposito, di seguito verranno descritti i prin-
cipali modelli e contributi importanti per la ricerca su Eb tratti dalla
letteratura internazionale, evidenziando per ciascuno quei costrutti che
hanno una generale validità e rilevanza per la messa a punto strumenti
di misura italiani.
Il primo modello descritto, di matrice anglosassone, pone l’accento
sui processi di attrazione (attraction) e mantenimento (retention) operati
dalle organizzazioni verso il personale e filtrati dalle dimensioni sogget-
tive dei candidati: secondo la teoria dell’Attraction-Selection-Attrition
(Asa, Schneider 1987), infatti, le persone sono attratte da, ed entrano a
far parte di, organizzazioni con le quali condividono atteggiamenti, opi-
nioni e valori (Attraction). A loro volta, le organizzazioni scelgono quei
candidati che presentano caratteristiche a loro simili (Selection). Infine,
quando le persone non si adattano all’ambiente di lavoro (Attrition),
tendono ad abbandonarlo, lasciando un gruppo ancora più omogeneo
di quello che inizialmente li aveva attratti. Ciò può ovviamente avere
importanti implicazioni rispetto al tema di crescente interesse della di-
versità organizzativa (van Knippenberg e Schippers 2007). Di conse-
guenza è possibile affermare che la conoscenza delle caratteristiche del
target di riferimento (interno e/o esterno), ad esempio delle relative im-
9
magini aziendali percepite, potrebbe essere necessaria al fine di promuo-
vere delle efficaci strategie di Eb, le quali saranno rivolte non più a un
pubblico indifferenziato, bensì proprio a quelle persone con «alto po-
tenziale» e maggiormente in sintonia con il clima, la cultura e le carat-
teristiche dell’organizzazione, tali dunque da procrastinare la fase finale
del processo di socializzazione organizzativa, l’uscita, e da minimizzare i
rischi della fase immediatamente precedente, quella di marginalizzazione
(Levine e Moreland 1991). Da questo approccio discende l’importanza
di considerare non solo aspetti tangibili, hard, che caratterizzano un’of-
ferta lavorativa ma anche aspetti dell’Eb riferiti a dimensioni immate-
riali, soft. Inoltre, l’idea di processi psicologici comparativi che vengano
coinvolti nella transazione tra persona e organizzazione per determinare
l’entrata e la permanenza nella stessa, nonché la possibilità che gli esiti
di tale transazione siano diversi, porta a dare importanza: a) alle aspet-
tative che la persona ha dell’employer reale come pure a quelle che la
stessa persona ha verso un employer ipotetico e ideale; b) alle differenze
in tali aspettative che possono caratterizzare target di riferimento diffe-
renti, in primis la categoria delle persone considerate maggiormente ta-
lentuose rispetto al resto della popolazione e dunque considerabili, da
una specifica organizzazione, come soggetti principali da attrarre.
I contributi di Lievens (2007; cfr. anche Lievens, Van Hoye e An-
seel 2005) – condotti sull’attrattività dell’esercito belga – permettono,
invece, di comprendere quali sono le strategie di recruitment maggior-
mente influenti, in quanto individuano i fattori che determinano l’at-
trattività verso l’organizzazione. Nello studio del 2005, gli Autori fanno
riferimento al modello della conoscenza dell’employer (Employer Knowl-
edge) di Cable e Turban (2001), secondo il quale la conoscenza che i
candidati hanno di un’organizzazione – in termini di familiarità (em-
ployer familiarity), immagine (employer image) e reputazione (employer
reputation) – influenza l’attrazione dei candidati verso l’organizzazione
stessa percepita come employer. I risultati di Lievens et al. (2005) cor-
roborano queste ipotesi e sottolineano in particolare l’importanza della
reputazione nel predire l’attrattività; dimostrano, inoltre, che la reputa-
zione e l’immagine hanno un impatto maggiore sull’attrattività quanto
più la familiarità è elevata. In un lavoro successivo, Lievens (2007) ha
evidenziato che l’attrattività verso un employer è influenzata da attributi
strumentali e in misura maggiore da quelli simbolici: i primi sono gli
aspetti che descrivono il lavoro o l’employer in maniera oggettiva, con-
creta e tangibile (ad esempio, retribuzione, localizzazione, struttura or-
ganizzativa); i secondi sono gli aspetti soggettivi, astratti e intangibili che
discendono dalle valutazioni e dalle inferenze dei soggetti, i quali spesso
usano tratti umani per descrivere la «personalità» di una organizzazione
10
o di una marca (cfr. anche Levy 1985; Plummer 1985; Aaker 1997; Ca-
prara e Barbaranelli 1996, 2000; Fida e Barbaranelli 2008). In partico-
lare, i risultati di tale studio mostrano come le credenze di impiegati e
candidati (attuali e potenziali) siano importanti ai fini della scelta della
migliore strategia di recruitment. Gli attributi strumentali contribuireb-
bero infatti ad aumentare l’attrattività solo dei candidati attuali, men-
tre quelli simbolici sarebbero significativamente correlati a tutti e tre i
gruppi presi in considerazione (impiegati, candidati attuali, candidati
potenziali). Per le organizzazioni che desiderano attrarre nuovi talenti
e fidelizzare i dipendenti attuali è dunque divenuto indispensabile com-
prendere i fattori che determinano l’attrattività verso l’employer. A tale
proposito Berthon, Ewing e Lian Hah (2005) hanno costruito e validato
nel contesto australiano una scala di misura dell’attrattività dell’employer
(Employer Attractiveness Scale, EmpAt Scale) definita dagli Autori come
l’insieme de «i benefici invisibili che un impiegato potenziale intravede
nel lavorare presso una specifica organizzazione» (Berthon et al. 2005,
156). La scala può essere applicata a contesti e a situazioni differenti
oltre ad avere il vantaggio di poter essere somministrata a popolazioni
differenziate (studenti, laureati e professionisti). Gli autori hanno così
individuato cinque principali dimensioni del costrutto che sono essen-
zialmente un’estensione delle summenzionate tre dimensioni proposte
da Ambler e Barrow (1996): l’interest value, valuta quanto un individuo
è attratto da un employer che realizza un ambiente di lavoro che stimoli
la creatività degli impiegati con l’obiettivo di ottenere un prodotto di
alta qualità; il social value, misura il grado col quale un individuo è at-
tratto da un employer che crea un ambiente divertente e positivo e che
promuova relazioni tra colleghi e superiori; l’economic value, valuta il
modo in cui ad attrarre un potenziale candidato partecipano elementi
come la retribuzione, la sicurezza sul lavoro e le eventuali promozioni; il
development value, intende determinare quanto la possibilità di sviluppo
personale e di carriera contribuiscano all’attrattività verso un determi-
nato employer; l’application value, misura il grado col quale un indivi-
duo è attratto da un’organizzazione che offre l’opportunità di applicare
le proprie conoscenze e di trasmetterle agli altri. Facendo riferimento
alla tipologia tripartita proposta da Ambler e Barrow (1996), l’interest
value e il social value coincidono con i benefit psicologici; il develop-
ment value e l’application value con quelli funzionali; mentre l’economic
value coincide con i benefit di natura economica.
Da questo approccio si desume sia l’importanza di misurare il grado
di attrattività complessivo di un employer sia la multidimensionalità che
caratterizza l’Eb e che deve quindi caratterizzare qualunque misura di
esso. Tra i fattori che sostanziano tale multidimensionalità e che influen-
11
zano la capacità di un’impresa di attrarre nuovi dipendenti occupa un
ruolo rilevante la reputazione organizzativa. Una gestione costante e
attenta della reputazione risulta infatti capitale per mantenere o raffor-
zare il consenso dei diversi interlocutori sociali quali nuovi clienti, di-
pendenti, azionisti, fornitori e partner industriali e commerciali (Ravasi
e Gabbioneta 2004). Fombrun definisce la reputazione d’impresa «una
rappresentazione percettiva delle sue azioni passate e delle sue prospet-
tive future che ne descrive l’attrattività complessiva delle componenti,
confrontate con quelle dei suoi principali concorrenti» (72). Secondo
Ravasi e Gabbioneta (2004) tra i sistemi impiegati per la misurazione
della reputazione d’impresa, il reputation quotient (Rq) sembra essere
quello che meglio di tutti riesce a cogliere la multidimensionalità del co-
strutto e a riflettere i giudizi dei diversi stakeholder attuali e potenziali
(principalmente consumatori, azionisti, impiegati). Tale indice è stato
realizzato in diversi paesi a partire da una combinazione lineare di 20
item, selezionati attraverso una serie di studi pilota, espressivi di diversi
aspetti dell’attività dell’impresa, dalle sue performance reddituali alle ca-
ratteristiche dell’ambiente di lavoro (Fombrun, Gardberg e Sever 2000).
Gli attributi sono stati raggruppati in sei fattori principali: richiamo
emotivo (misura quanto l’organizzazione piace, è ammirata e rispettata);
prodotti/servizi (percezione della qualità, dell’innovazione, del valore e
dell’affidabilità dei prodotti/servizi); performance finanziaria (percezione
dei profitti, delle prospettive e dei rischi dell’organizzazione); vision e
leadership (percezione di quanto l’organizzazione dimostra di posse-
dere una vision chiara e una forte leadership); contesto lavorativo (va-
lutazione di come l’organizzazione è gestita, della qualità del lavoro e
dei suoi impiegati); responsabilità sociale (valutazione dell’organizza-
zione come «cittadino», nella relazione con la comunità, i lavoratori e
l’ambiente circostante). Creare e mantenere una buona e forte reputa-
zione implica il vantaggio di poter conseguire obiettivi progressivi, che
garantiscano visibilità, distintività, autenticità, trasparenza dell’impresa
coerentemente con quanto sostenuto nelle definizioni di Eb. L’indice di
reputazione Rq nel 2006 è stato sostituito dal RepTrak, impiegato anche
per stilare classifiche tra le imprese a livello nazionale e internazionale
(e.g., van Riel, Fombrun 2006). Il RepTrak, a differenza della sua prima
versione, misura anche la dimensione «Innovazione» (relativa alla capa-
cità dell’organizzazione di adattarsi al mercato proponendosi in modo
innovativo) e «Governance» (relativa alla gestione aperta e trasparente e
alla messa in atto di comportamenti etici e onesti) per un totale di sette
dimensioni. Il «richiamo emotivo» misurato dall’Rq, con il nuovo stru-
mento diviene il nucleo stesso del RepTrak denominato Pulse. Quest’ul-
timo sintetizza la misura della reputazione organizzativa mediante il ri-
12
ferimento a quattro principali sentimenti provati verso l’organizzazione
(piacere, ammirazione, rispetto, fiducia). I contributi della letteratura
convergono e si sovrappongono, o talvolta si completano, nell’indicare
la multidimensionalità nella valutazione di un employer. Tuttavia, manca
in letteratura uno strumento operativo per la misurazione integrata di
tutte le dimensioni indicate in letteratura come potenzialmente rilevanti
a tale fine.
Alla luce dei contributi appena esposti emergono dunque chiare li-
nee guida per lo sviluppo di una strumentazione adeguata che permetta,
nel contesto italiano, di individuare le caratteristiche e le possibili de-
terminanti dell’attrattività di un employer, che sia reale (riferito quindi
alle organizzazioni che attualmente operano nel mercato) oppure ideale
(inteso come luogo di lavoro ipotetico che rispecchi in generale le pre-
ferenze dei candidati), onde avere informazioni e conoscenze sulla base
delle quali poter pianificare strategie di Eb sempre più efficaci. Quindi
l’obiettivo è di rilevare i costrutti ritenuti cruciali per l’Eb, tramite le
opinioni di un campione italiano di neo-laureati e studenti universitari
prossimi alla laurea in merito al datore di lavoro ideale (inteso come
luogo di lavoro ipotetico che riprodurrebbe le preferenze dei candidati)
e a quello reale (riferito quindi a un’organizzazione prescelta tra quelle
che attualmente operano nel mercato). L’interesse per l’employer sia re-
ale sia ideale è legato anche alla possibilità di intercettare aspettative
ideali che possano indicare margini di miglioramento per employer reali
non solo rispetto ai competitor. In particolare l’obiettivo operativo è co-
struire, verificandone solo eplorativamente la struttura e l’attendibilità,
scale di misura per: a) le dimensioni dell’Eb reale e ideale (cfr. Berthon
et al. 2005; Fombrun et al. 2000); b) l’attrattività dell’employer (Lievens
et al. 2005; Lievens 2007). Ci si limita a un’analisi esplorativa poiché
non ci sono ipotesi forti sul numero di fattori attesi da una scala creata
sulla convergenza di diversi strumenti esistenti, tali da giustificare l’ado-
zione di una analisi confermativa.
Metodo
Campione
13
tra 19 e 24 anni per la maggioranza (62%); il 24% dei partecipanti ha
un’età compresa tra i 25 e i 27 anni; il 9% tra i 28 e i 30; infine, il
5% ha un’età superiore a 30 anni. Riguardo la provenienza geografica,
sia il centro che il nord-ovest dell’Italia sono rappresentati ciascuno con
una percentuale pari al 34% dei partecipanti; il 25% proviene dal sud
e dalle isole e infine il 7% proviene dal nord-est. Le facoltà più rap-
presentate nel campione sono quelle di Ingegneria (36%) ed Economia
(37%); il 27% è iscritto a facoltà generalmente di orientamento umani-
stico e il 5% del campione è iscritto ad altre facoltà.
Procedura
Strumento
1
Le strutture fattoriali presentate di seguito sono state dapprima svolte considerando
il metodo con cui è stato somministrato il questionario. Analisi preliminari hanno permesso
di notare che non sono emerse differenze significative, sia per quanto riguarda la scala di
Employer Branding Ideale sia per quanto riguarda la scala di Employer Branding Reale. La
struttura a nove fattori viene cioè replicata nei due gruppi per le due scale e le saturazioni
degli item sono perfettamente comparabili.
14
la comprensione da parte del soggetto (tempo infinito per Eb ideale e
tempo presente per Eb reale). Tali item sono il frutto di un lavoro di
integrazione tra i diversi strumenti presenti nella letteratura internazio-
nale e presentati nell’introduzione.
15
realizzati facendo riferimento al Corporate Reputation Quotient (Rq) di
Fombrun (2002). Alcuni esempi sono Avere utili in crescita, Preoccuparsi
del benessere del dipendente, Essere eticamente responsabile.
c. Caratteristiche socio-demografiche
Il questionario si conclude con una sezione utile a rilevare le se-
guenti caratteristiche sociodemografiche: nazionalità, genere, età, im-
piego della madre e del padre, luogo e provincia di nascita, stato lavo-
rativo attuale, facoltà e università di appartenenza.
Risultati
16
complessivamente il 61,1% della varianza (cfr. tab. 1). I fattori hanno
correlazioni comprese tra –0,03 e 0,56 e tutte le saturazioni primarie
sono maggiori di 0,30. Dopo la rotazione la prima componente spiega
il 29,5% della varianza. L’alfa di Cronbach è uguale a 0,86. Su di essa
saturano item che fanno riferimento a integrazione e valorizzazione del
dipendente (ad esempio, persegue obiettivi nei quali i dipendenti cre-
dono). La seconda componente (7,4% della varianza spiegata dopo la
rotazione, a = 0,76) viene saturata da item che fanno riferimento a re-
putazione e prestigio dell’azienda (ad esempio possiede una buona repu-
tazione). Gli item che saturano sulla terza componente (6,0% della va-
rianza spiegata dopo la rotazione, a = 0,67) fanno riferimento a diversità
e creatività (ad esempio, dà spazio e valorizza la creatività). La quarta
componente è composta (4,5% della varianza spiegata dopo la rota-
zione, a = 0,76) da item relativi a varietà e internazionalità (ad esempio,
offre impieghi nei quali è richiesto viaggiare). Gli item che compongono
la quinta componente (3,76% della varianza spiegata dopo la rotazione,
a = 0,74) rimandano alle dimensioni del merito e della performance (ad
esempio, basa le ricompense sulla performance). La sesta componente
(2,92% della varianza spiegata dopo la rotazione, a = 0,76) viene sa-
turata da item che si riferiscono sia alla capacità di innovare che alla
presenza di una struttura aziendale stabile (ad esempio, è capace di in-
novare, ha una struttura stabile e ben definita); per questo motivo la
dimensione è stata etichettata innovazione strutturata. La settima com-
ponente (2,45% della varianza spiegata dopo la rotazione, a = 0,67) si
riferisce chiaramente alla tematica dell’equità in azienda (ad esempio,
ha un sistema di ricompense equo e chiaro a tutti). Item che rimandano
alla sicurezza compongono l’ottava componente (2,28% della varianza
spiegata dopo la rotazione, a = 0,63) della scala (ad esempio, garantisce
una posizione permanente). Infine, la nona componente (2,27% della va-
rianza spiegata dopo la rotazione, a = 0,68) è strettamente connessa alla
tematica della responsabilità sociale (ad esempio, è tesa al miglioramento
della vita del consumatore).
Anche per quanto riguarda l’Eb ideale l’ispezione dello scree-plot
mostra un appiattimento della curva a partire dal decimo autovalore,
consentendo di estrarre anche in questo caso nove componenti princi-
pali. Tali dimensioni spiegano complessivamente il 54,9% della varianza
(cfr. tab. 2). I fattori hanno correlazioni comprese tra -0,11 e 0,44 e
tutte le saturazioni primarie sono maggiori di 0,32. Dopo la rotazione,
la prima componente spiega il 22,5% della varianza. L’alfa di Cronbach
è uguale a 0,83. Su di essa, similmente alla scala di Eb reale, saturano
item che fanno riferimento a integrazione e valorizzazione del dipendente
(ad esempio, ascoltare e valorizzare i consigli dei dipendenti). La seconda
17
TAB. 1. Struttura Fattoriale della Scala di Eb Reale (Acp, rotazione Promax)
Componenti I II III IV V VI VII VIII IX
Employer Branding Reale Integrare Reputazione e Diversità Varietà Merito Innovazione Equità Sicurezza Responsabilità
Valorizzare Prestigio e e e Strutturata Sociale
Dipendente Creatività Internazionalità Performance
Obiettivi
in cui i dipendenti credono 0,83
Lavoro in gruppo 0,81 0,29
Stimola motivazione 0,81
Buon clima 0,76
Cooperazione tra i gruppi 0,61 0,43
Ascolta i consigli 0,51 0,32
Valorizza conoscenze
e capacità 0,49
Libertà opinione 0,44 0,37 0,30
Buona reputazione 0,80 0,35
Prestigiosa 0,72
Finanziariamente solida 0,66 0,26
Tecnicamente competente 0,34 0,45
Valorizza diversità 0,74
Valorizza la creatività 0,73
Flessibilità orari 0,65 0,25
Impieghi viaggiare –0,26 0,85
Incarichi estero 0,72 0,28 –0,30
Carriere diverse 0,51 0,38
Diversi lavori 0,34 0,38 0,45
Aree diverse 0,33 0,45
Ricompense e performance 0,76
Utili crescita 0,67
Stipendio sopra la media 0,59 0,37
Opportunità carriera 0,36 0,43
Qualità servizi prodotti 0,81
Segue Fattoriale della Scala di Eb Reale (Acp, rotazione Promax)
TAB. 1. Struttura
Componenti I II III IV V VI VII VIII IX
Employer Branding Reale Integrare Reputazione e Diversità Varietà Merito Innovazione Equità Sicurezza Responsabilità
Valorizzare Prestigio e e e Strutturata Sociale
Dipendente Creatività Internazionalità Performance
2
Tutte le analisi fattoriali riportate sopra sono state ripetute eliminando gli item con
saturazioni fattoriali su più di un fattore: eliminando gli item con saturazioni maggiori di .40
su fattori diversi da quello a cui sono stati assegnati non altera sostanzialmente la struttura
20
TAB. 3. Struttura Fattoriale della Scala di Attrattività dell’Employer (Acp, rotazione Promax)
Componenti I II III IV V
Strategia di presentazione Comunicazione Didattica Sponsorship Joint Venture Contatto Diretto
Discussione
fattoriale, sia nella scala di Employer Branding Reale sia in quella di Employer Branding
Ideale. Anche l’utilizzo di un criterio più severo (eliminazione di item con saturazione mag-
giore di 0,35) non ha alterato la struttura fattoriale delle scale.
22
«merito e perfomance», «innovazione strutturata», «equità», «sicurezza»
e in ultimo «Csr». Per quanto riguarda l’employer ideale, i fattori che
spiegano più varianza sono nell’ordine: «integrazione e valorizzazione
del dipendente» e «reputazione e prestigio» (come per l’employer reale)
e «Csr», confermando l’importanza di quest’ultima nel determinare l’at-
trattività dei dipendenti verso un’organizzazione, almeno idealmente,
come sostenuto da Bhattacharya et al. (2008). Inoltre da tale dimensione
di Csr dell’employer ideale sono particolarmente attratti i potenziali la-
voratori con curriculum accademico più eccellente rispetto al resto del
campione (cfr. Bonaiuto et al. 2008). I fattori che spiegano meno va-
rianza, sono invece «sicurezza», «qualità», «teamwork», «varietà e me-
rito», «internazionalità» ed «equità». Nel complesso tali risultati sulle
dimensioni dell’Eb possono essere raffrontati con il lavoro condotto da
Lievens et al. (2005) su differenti popolazioni: i fattori individuati per
l’employer sia reale che ideale sono infatti coerenti con le dimensioni in-
dividuate dagli autori in termini di attributi strumentali (retribuzione,
localizzazione e diversità dei compiti) e simbolici (immagine percepita,
ad esempio). Sono inoltre riscontrabili delle analogie con le compo-
nenti dell’employer attractiveness del modello di Berthon et al. (2005):
secondo gli autori, l’appeal di un’organizzazione dipende da cinque va-
lori principali: social value, development value, application value, interest
value ed economic value. Tali dimensioni, si ricorda, rientrano nelle tre
componenti principali dell’employer brand inviduate da Ambler e Bar-
row (1996), ovvero benefit psicologici, funzionali ed economici. Rispetto
alle conclusioni di Berthon et al. (2005), i fattori «integra e valorizza il
dipendente» e «varietà e internazionalità» e «teamwork» sono ricondu-
cibili al social value di tale modello dell’attrattività, in quanto legati al
contesto di lavoro e al rapporto con i colleghi e i superiori. Altri fat-
tori, quali «sicurezza», «equità» e «merito e perfomance», invece risul-
tano riconducibili all’economic value, nella misura in cui essi si riferi-
scono alla stabilità del lavoro e ai sistemi di ricompense e retribuzioni
previsti. «Qualità» è riconducile all’interest value, in quanto riferita alla
qualità dei prodotti/servizi offerti dall’azienda nel determinare l’attrat-
tività dell’employer. «Innovazione strutturata» si pone invece a cavallo
tra l’interest e l’economic value, in quanto si riferisce sia alla capacità
dell’azienda di innovare che alla presenza di una struttura aziendale sta-
bile. Benché siano riscontrabili tali corrispondenze, occorre tuttavia evi-
denziare alcune discordanze rilevate tra i fattori estratti e le componenti
dell’employer attractiveness. Rispetto al modello di Berthon et al. (2005),
emergono altri fattori determinanti l’attrattività verso un’organizzazione
in quanto luogo e datore di lavoro: gli autori non contemplano infatti
il ruolo svolto dal prestigio e dalla reputazione del brand dell’organiz-
23
zazione e dalle politiche di responsabilità sociale promosse dall’orga-
nizzazione stessa, le quali, come affermano Bhattacharya et al. (2008),
possono ormai risultare determinanti nell’attrarre i migliori talenti, nel
soddisfare i molteplici bisogni degli impiegati e nel promuovere l’iden-
tificazione organizzativa. Nel complesso è comunque confermata la co-
pertura della tripartizione originaria dei benefit in funzionali, economici
e psicologici proposta da Ambler e Barrow (1996), alla base dell’emplo-
yer brand, sebbene essa sia passibile di una articolazione più dettagliata
come mostrano i risultati presentati (nove fattori in luogo di tre).
Conclusioni
24
Sitografia
Riferimenti bibliografici
25
LIEVENS F., VAN HOYE G., ANSEEL F. (2005). Examining the relationship
between employer knowledge dimensions and organizational attractiveness:
An application in a military context. Journal of Occupational and Organiza-
tional Psychology, vol. 78, pp. 553-572.
LOEHLIN, J. (1998). Latent Variables Models. London: Lawrence Erlbaum.
RAVASI D., GABBIONETA C. (2004). Le componenti della reputazione aziendale.
Indicazioni della ricerca RQ Italy. Economia & Management, vol. 3.
SCHNEIDER B. (1987). The people make the place. Personnel Psychology, vol.
40, n. 3, pp. 473-453.
VAN KNIPPENBERG D., SCHIPPERS M.C. (2007). Work group diversity. Annual
Review of Psychology, vol. 58, pp. 515-541.
VAN RIEL C., FOMBRUN C.J., (2006). Essentials of corporate communication,
building and implementing corporate stories using reputation management,
Routledge.
26