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COMPORTAMENTO ORGANIZZATIVO
1. LE ORGANIZZAZIONI ORIENTATE ALLE PERSONE E IL COMPORTAMENTO ETICO
1.1 BENVENUTI NEL MONDO DEL COMPORTAMENTO ORGANIZZATIVO
Il comportamento organizzativo studia come le persone agiscono e reagiscono all’interno di
organizzazioni di ogni tipo. Secondo la definizione di Chester Bernard, un’organizzazione è un
sistema di attività consapevolmente coordinate di due o più persone. Le organizzazioni sono
un’invenzione sociale che ci aiuta a ottenere collettivamente risultati che i singoli non potrebbero
mai raggiungere e amplificano le potenzialità.
Lo studioso Edward Lawler III ha realizzato la “spirale di carriera virtuosa” per illustrare come le
capacità legate al comportamento organizzativo possono indirizzare verso il successo
professionale: capacità e prestazioni di maggiore qualità possono tradursi in posti di lavoro
migliori e riconoscimenti più importanti.
L’eredità di Hawthorne
Uno studio condotto alla Western Electric di Chicago, nell’area dell’impianto di Hawthorne, fu
il primo stimolo al movimento delle relazioni umane, anche se i risultati si sono rivelati per
buona parte un mito. La corrente delle relazioni umane acquistò vigore negli anni ’50, quando
accademici e manager sottolinearono il potente effetto che i bisogni individuali, il controllo
motivante e le dinamiche di gruppo esercitavano sulla performance dei dipendenti.
La teoria Y di McGregor
Nel 1960 McGregor formulò due serie di ipotesi sulla natura umana nettamente in contrasto
tra loro. Le ipotesi della teoria X erano pessimistiche, negative e tipiche di come i manager
tradizionalmente percepiscono i loro dipendenti. Al contrario, la teoria Y era un insieme di
ipotesi più positive, secondo cui gli individui sono in genere responsabili e creativi.
Management della qualità totale (TQM) significa che la cultura dell’organizzazione supporta
ed è definita dal costante conseguimento della soddisfazione del cliente attraverso un sistema
integrato di strumenti, tecniche e formazione. Questo implica il continuo miglioramento dei
processi organizzativi, il cui risultato è un’alta qualità dei prodotti e dei servizi.
Schonberger riassume il TQM come “un miglioramento continuo, centrato sul cliente e
guidato dai collaboratori”.
L’eredità di Deming
Il TQM è oggi affermato grazie al lavoro di Deming, il quale richiese le seguenti condizioni
riguardo alla componente umana del miglioramento della qualità:
- una preparazione formale nelle tecniche statistiche di controllo dei processi e nel lavoro di
squadra;
- una leadership incentrata sul supporto;
- l’eliminazione della paura per far sentire i collaboratori liberi di fare domande;
- un’enfasi sui processi di miglioramento continuo;
- un lavoro di squadra;
- l’eliminazione degli ostacoli al miglioramento delle capacità dei collaboratori.
Una delle lezioni più importanti di Deming per i manager è la regola 85-15: quando le cose
non procedono nel migliore dei modi vi è approssimativamente un 85% di possibilità che la
colpa sia attribuibile al sistema, mentre solo il 15% delle volte è il collaboratore singolo a
sbagliare. Sfortunatamente la maggior parte delle volte il manager tipico incolpa e punisce
erroneamente gli individui per gli insuccessi del sistema.
Il filone di ricerca di Clark Wilson ha fornito un profilo pratico e convalidato delle capacità
manageriali. Questo profilo si concentra su 11 categorie osservabili del comportamento
manageriale:
1) Rende chiari scopi e obiettivi
2) Incoraggia la partecipazione
3) Pianifica e organizza
4) Possiede una competenza tecnica amministrativa
5) Facilita il lavoro
6) Fornisce feedback
7) Fa funzionare le attività
8) Controlla i dettagli
9) Esercita una ragionevole pressione per il raggiungimento degli obiettivi
10) Autorizza e delega
11) Riconosce una buona performance
La tecnica di Wilson per la valutazione delle capacità, oltre a chiedere direttamente a un manager
di auto-valutarsi rispetto alle 11 capacità, prevede anche di chiedere a coloro che riportano
direttamente a lui di valutarlo: il risultato è quindi una valutazione dell’effettiva padronanza delle
capacità.
Quattro sono le conclusioni della ricerca sulle capacità manageriali:
1. Trattare efficacemente con le persone è l’essenza del management;
2. I manager con un’alta padronanza delle proprie capacità tendono ad ottenere migliori
performance delle sotto-unità e un morale dei collaboratori migliore;
3. Manager uomini e donne efficaci non presentano profili delle capacità significativamente
diversi;
4. A ogni tappa della carriera, i manager che hanno fallito nella realizzazione del proprio
potenziale tendono ad essere coloro che sovrastimano la padronanza delle proprie
capacità.
Per quanto riguarda l’attuale mondo del lavoro, esso è sottoposto a grandi cambiamenti: al posto
dell’individuo, i team sono diventati la nuova componente costitutiva dell’organizzazione; inoltre i
leader sono sempre più concentrati sul cliente e i collaboratori sono considerati sempre più come
clienti interni.
Per applicare nel modo migliore il crescente numero di strumenti e tecniche di management
disponibili si è ricorso all’approccio contingente. Si definisce approccio contingente l’utilizzo delle
tecniche di management in modo appropriato alle situazioni, in contrapposizione al tentativo di
applicare il concetto di “one best way” o “one size fits all”. Secondo questa prospettiva, a
determinare quando e dove le diverse tecniche di management siano appropriate sono proprio le
situazioni in evoluzione, e non le rigide e semplici regole.
Per responsabilità sociale d’impresa si intende l’idea che le aziende abbiano degli obblighi nei
confronti di gruppi sociali diversi dagli azionisti che vanno oltre le disposizioni di legge o i contratti
collettivi. Essa chiama le aziende a non limitarsi alla ricerca del profitto ma a servire gli interessi e i
bisogni degli stakeholder.
Lo studioso di etica Carroll ha realizzato un modello di responsabilità sociale d’impresa/etica
aziendale adeguato all’economia globale e alle multinazionali, che identifica 3 macro-tendenze:
I. La globalizzazione dell’economia;
II. Le crescenti aspettative in rapporto alla responsabilità sociale d’impresa;
III. L’appello per un’etica aziendale più sana.
La piramide della responsabilità sociale globale d’impresa offre i seguenti suggerimenti alle
organizzazioni che operano nell’economica globalizzata:
• realizzare profitti coerenti con le aspettative legate alle imprese internazionali;
• rispettare le leggi dei paesi ospitanti e la normativa internazionale;
• seguire prassi etiche che tengano conto degli standard applicati dai paesi ospiti e a livello
globale;
• essere un buon “cittadino d’impresa” in particolare rispetto alle aspettative prevalenti nel
paese ospitante.
La struttura può reggere solo se ciascun livello è solido.
Kent Hodgson ha aiutato i manager a raggiungere decisioni etiche identificando sette principi
morali generali, da egli definiti come “i magnifici 7” per la loro rilevanza universale. Secondo
Hodgson non vi sono risposte etiche assolute nel momento in cui si deve prendere una decisione,
per questo il manager dovrebbe basarsi sui principi morali in modo da prendere decisioni ben
fondate, appropriate e difendibili. I 7 principi morali generali per i manager sono i seguenti:
1) Dignità della vita umana: la vita deve essere rispettata.
2) Autonomia: tutte le persone hanno valore intrinseco e hanno il diritto di autodeterminarsi.
3) Onestà, conosciuta anche come integrità, sincerità e onore: ognuno dovrebbe parlare e
agire così da riflettere la realtà della situazione.
4) Lealtà: promesse, contratti e impegni dovrebbero essere onorati.
5) Giustizia: le persone dovrebbero essere trattate giustamente, con imparzialità ed equità.
6) Umanità: comprende due parti: (a) bisognerebbe fare il bene e (b) bisognerebbe evitare di
fare il male.
7) Bene comune: nelle proprie azioni si dovrebbe realizzare “il maggior bene possibile per il
maggior numero di persone”.
Migliorare l’etica sul posto di lavoro può determinare effetti positivi sui risultati economici. In
particolare, sono state identificate alcune azioni per migliorare l’etica sul lavoro:
• Comportarsi eticamente in prima persona. I manager sono importanti modelli di ruolo, è
importante quindi che il comportamento etico parta dall’alto;
• Esaminare i potenziali collaboratori. I selezionatori in genere trascurano di controllare la
veridicità di referenze, credenziali e altre informazioni fornite dai candidati, pratica che
invece permetterebbe di verificare l’integrità delle persone;
• Sviluppare un codice etico significativo. I codici etici possono avere un impatto positivo se
soddisfano 4 criteri:
1. devono essere distribuiti a ogni dipendente;
2. devono essere fermamente supportati dal top management;
3. devono riferirsi a pratiche specifiche e a dilemmi etici che probabilmente un certo
gruppo di collaboratori si trova ad affrontare;
4. devono essere applicati in modo equanime, con ricompense per chi li rispetta e penalità
per i trasgressori.
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Infine, l’etica tocca anche la percezione e la motivazione individuali. È importante, infatti, che gli
individui siano attenti alla sfera morale e che i collaboratori desiderino di fare la cosa giusta e
abbiano il coraggio di agire.
Lee Gardenswartz e Anita Rowe hanno identificato quattro livelli di diversità, che costituiscono
uno schema per distinguere le modalità con cui le persone
differiscono. Considerati nel loro insieme, questi strati
definiscono una singola identità personale e influenzano il modo
in cui ciascuno vede il mondo.
I. La personalità è rappresentata al centro della ruota della
diversità, perché rappresenta un gruppo di caratteristiche
stabili collegate all’identità di una persona.
II. Lo strato successivo è composto da una gamma di
dimensioni interne, le quali non sono in gran parte sotto il
controllo cosciente della persona, ma influenzano
fortemente atteggiamenti, aspettative e considerazioni
circa gli altri, e di conseguenza il comportamento
individuale.
III. Il livello successivo della diversità è composto dalle dimensioni esterne, definite anche
secondarie. Esse rappresentano le differenze individuali che possono essere controllate con
maggiore successo. Ad esempio la scelta religiosa, l’avere dei figli e le esperienze lavorative.
Queste dimensioni esercitano anch’esse un’influenza significativa sulle percezioni, sui
comportamenti e sugli atteggiamenti individuali.
IV. L’ultimo livello delle diversità concerne le dimensioni organizzative quali l’anzianità
aziendale, la qualifica professionale e il luogo di lavoro.
Le aziende devono tentare di gestire efficacemente le diversità non solo perché è “socialmente
accettabile”, ma perché contribuisce al raggiungimento degli obiettivi strategici.
Le azioni positive sono originate dalle leggi a tutela delle pari opportunità lavorative, mirate a
vietare le discriminazioni incoraggiando le organizzazioni ad attuare forme attive di prevenzione.
La discriminazione avviene quando le decisioni riguardanti un individuo sono slegate dalle sue
prestazioni lavorative; le organizzazioni non possono discriminare per razza, religione, nazionalità,
genere o altro.
Contrariamente all’approccio proattivo della normativa in materia di pari opportunità lavorative,
le azioni positive sono interventi che mirano a raggiungere l’eguaglianza di opportunità in
un’organizzazione. In nessuna circostanza le esse richiedono alle aziende di assumere personale
non qualificato o non adeguato alle posizioni. Anche se le azioni positive hanno creato buone
opportunità per le donne e le minoranze, esse non sempre promuovono il substrato culturale
necessario per gestire effettivamente la diversità. Si è, inoltre, scoperto che le azioni positive
possono anche influenzare negativamente le donne e le minoranze che dovrebbero esserne
tutelate: le persone oggetto delle azioni positive si sono sentite stigmatizzate dal gruppo di
appartenenza come se avessero raggiunto la posizione senza la qualifica necessaria.
• Oltre il soffitto di vetro, il labirinto. Coniata nel 1986 da Hymowitz e Schellhardt, l’espressione
glass ceiling (soffitto di vetro), indicava le barriere e gli ostacoli che impedivano alle donne di
conquistare posizioni di livello più elevato, relegandole in mansioni di più basso profilo.
Successive ricerche hanno inoltre evidenziato l’esistenza di un pay gap, una differenza salariale
tra i generi pur nelle stesse posizioni organizzative. Le possibili cause di queste differenze sono
molteplici, alcuni esempi riguardano le pratiche discriminatorie subite dalle donne e il fatto che
esse dedichino più tempo alla cura della casa e alla famiglia.
• La percezione di discriminazione nei gruppi razziali. L’avanzamento di carriera delle minoranze
è più lento di quello dei bianchi, inoltre le persone appartenenti alle minoranze tendono ad
avere un reddito inferiore e fanno esperienza di maggiori discriminazioni percepite, stress
causato da atteggiamenti razzisti e minor supporto psicologico.
• La mancata corrispondenza fra il livello di istruzione e le esigenze occupazionali. In
particolare, sono 3 le tendenze che indicano tale mancata corrispondenza:
- i laureati evidenziano lacune nelle capacità di lavoro in gruppo, pensiero critico e
ragionamento analitico;
- si registra una carenza di laureati in settori tecnici legati alla scienza, alla matematica e
all’ingegneria;
- i diplomati al primo impiego non possiedono le competenze di base necessarie per fornire
prestazioni efficaci.
• L’invecchiamento della forza lavoro. La popolazione e la forza lavoro stanno invecchiando in
tutti i paesi del mondo. Proprio per questo, i manager sono chiamati a gestire efficacemente la
compresenza di quattro generazioni di lavoratori, con le conseguenti differenze sul piano dei
valori, degli approcci e dei comportamenti.
Per attrarre e trattenere le persone migliori, le aziende si devono attrezzare con politiche e
programmi che soddisfino i bisogni di tutti:
• Gestire la diversità di genere: sono necessarie misure specifiche per aiutare le donne a
raggiungere il successo professionale. Le organizzazioni possono dunque contribuire
assegnando incarichi di sviluppo che le preparino per future opportunità di promozione.
• Gestire la diversità razziale: le organizzazioni sono chiamate a educare i dipendenti sugli
stereotipi negativi riguardanti le diverse etnie, in quanto essi non solo impediscono a individui
qualificati di ottenere avanzamenti di carriera, ma possono minare la loro fiducia nelle proprie
capacità di leadership.
• Gestire la diversità di istruzione: il divario tra le competenze necessarie alle imprese per
raggiungere i propri risultati e la formazione scolastica sta crescendo e ciò determina due
potenziali problemi per le organizzazioni. In primo luogo, si registrerà una carenza di lavoratori
qualificati in ambito tecnico, problema che può essere superato introducendo forme retribuite
di apprendistato o tirocinio per attirare studenti di scuola superiore interessati alle scienze. In
secondo luogo, la sottoccupazione dei laureati minaccia di erodere la soddisfazione
professionale e la motivazione. Poiché lavoratori con una solida preparazione di studi
cercheranno impieghi commisurati alle loro qualificazioni e aspettative, l’assenteismo e il
turnover sono destinati ad aumentare, dunque questo problema sottolinea il bisogno di una
ridefinizione delle posizioni.
• Gestire la diversità generazionale: le organizzazioni possono trarre vantaggio dal capitale
umano e sociale dei dipendenti più anziani implementando programmi che li incoraggino a
continuare a lavorare e trasferire le proprie conoscenze agli altri. Alcune iniziative potrebbero
riguardare l’assegnazione di incarichi sfidanti, la concessione di ampia autonomia nel
completamento di un incarico o l’offerta di frequenti riconoscimenti per l’esperienza acquisita.
Le diversità possono determinare effetti sia positivi che negativi sui risultati aziendali. Questa
apparente contraddizione è generata dalle modalità di gestione organizzativa di due
problematiche: quella della categorizzazione (o in group) e quella delle modalità di decisione
all’interno di un’organizzazione.
L’esame della teoria della categorizzazione sociale e di quella dell’informazione e del processo
decisionale ha mostrato che le diversità determinano effetti positivi ed effetti negativi. Il modello
in figura presenta una sintesi sottolineando tali effetti. In linea con la teoria della categorizzazione
sociale, esiste una relazione negativa tra la diversità all’interno di un gruppo di lavoro e la qualità
dei processi interpersonali e delle dinamiche di gruppo (percorso A), che determina esiti negativi
perché la qualità dei processi interpersonali e delle
dinamiche di gruppo è legata positivamente ai risultati
(percorso C). Questa relazione negativa è più accentuata
quando all’interno dei gruppi esistono faglie demografiche
significative, ovvero barriere ipotetiche che dividono un
gruppo in sottogruppi sulla base di attributi demografici.
Al contrario, le ricerche riguardanti la teoria
dell’informazione e del processo decisionale evidenziano
che la diversità all’interno di un gruppo è associata
positivamente ai processi importanti per il compito e al
processo decisionale (percorso B), favorendo esiti positivi (percorso D). Secondo questo approccio,
la diversità di genere e la diversità razziale determinano risultati positivi perché migliorano i
processi legati al compito e la fase decisionale.
Poiché la diversità all’interno dei gruppi di lavoro è associata a effetti positivi e negativi, dobbiamo
considerare in che modo il management può ridurre i potenziali effetti negativi. Anzitutto, le
organizzazioni possono ricorrere alla formazione per attenuare gli effetti della relazione negativa
tra le diversità e i processi interpersonali e le dinamiche di gruppo (percorso A). In secondo luogo, i
manager possono cercare strategie per aiutare i dipendenti ad allentare le tensioni causate dal
lavoro in gruppi eterogenei, per esempio creando gruppi di supporto. Infine, si possono adottare
misure volte a ridurre gli effetti negativi degli stereotipi inconsci e ad accrescere il ricorso a
obiettivi di gruppo nei team eterogenei.
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• Opzione 1: includere (Ö) /escludere (-). Questa scelta è una derivazione dei programmi di
azioni positive. Il suo scopo primario è incrementare o diminuire il numero di persone
diverse a ogni livello dell’organizzazione.
• Opzione 2: negare (-). Le persone che utilizzano questa opzione negano che le differenze
esistano. La negazione si può manifestare proclamando che tutte le decisioni sono indi-
pendenti dalla razza, dal genere e dall’età, e che il successo è determinato solamente dal
merito e dalla performance.
• Opzione 3: assimilare (-). La premessa è che tutte le persone, per quanto diverse,
impareranno ad adattarsi o a diventare come il gruppo dominante. Le organizzazioni
inizialmente assimilano i dipendenti attraverso le pratiche di selezione e l’utilizzo di
programmi di orientamento; queste pratiche creano omogeneità tra i collaboratori.
• Opzione 4: nascondere (-). Quando si utilizza questo approccio le differenze sono represse o
scoraggiate. Ciò si ottiene costringendo o incentivando le persone ad abbandonare le
lamentele rispetto ai problemi della diversità.
• Opzione 5: isolare (-). In questo caso le persone diverse vengono messe da parte, in modo
da non causare un cambiamento organizzativo. I manager possono isolare le persone diverse
assegnandole a progetti speciali.
• Opzione 6: tollerare (-). La tolleranza implica il riconoscimento delle differenze ma non la
loro valorizzazione o accettazione. La tolleranza è diversa dall’isolamento in quanto
permette di includere le persone diverse.
• Opzione 7: costruire relazioni (Ö). Questo approccio è basato sulla premessa che delle
buone relazioni possono superare le differenze: incoraggia relazioni di qualità, caratterizzate
dall’accettazione e dalla comprensione, fra gruppi differenti.
• Opzione 8: promuovere l’adattamento reciproco (Ö). Le persone hanno la volontà di
adattare o cambiare le loro prospettive allo scopo di creare relazioni positive con gli altri.
Questo implica che i collaboratori e il management devono avere la volontà di accettare le
differenze e concordare che tutto e tutti possono cambiare.
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caratteristiche influenzano a loro volta molti processi sociali e di gruppo, e si riflettono negli
atteggiamenti e nei comportamenti dei collaboratori. La cultura organizzativa è dunque una
variabile di contesto che influenza il comportamento dell’individuo, del gruppo e
dell’organizzazione nel suo insieme.
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I ricercatori di comportamento organizzativo hanno proposto tre modelli per descrivere i vari tipi
di culture organizzative:
• Inventario della cultura organizzativa
• Modello dei valori competitivi
• Profilo della cultura organizzativa
Il modello dei valori competitivi è il più utilizzato ed è uno strumento pratico per comprendere,
misurare e modificare la cultura organizzativa. Esso è stato sviluppato per classificare modalità
diverse di valutazione dell’efficacia organizzativa. I parametri di misurazione di tale efficacia
variano lungo due dimensioni fondamentali:
- La prima misura quanto l’organizzazione focalizza la sua attenzione e i suoi sforzi sulle
dinamiche interne e sui collaboratori oppure sull’ambiente esterno, sui clienti e sugli
azionisti;
- La seconda riguarda quanto l’organizzazione privilegia la flessibilità e la discrezionalità
oppure il controllo e la stabilità.
La combinazione dei due assi consente di individuare 4 tipi di culture organizzative per conseguire
l’efficacia organizzativa. In generale le organizzazioni possono presentare caratteristiche associate
a ciascun tipo di cultura organizzativa, ma nonostante ciò un solo tipo di cultura tenderà ad essere
dominante.
Analizzando il grafico, è possibile
vedere come alcuni tipi di culture
riflettono valori fra loro opposti e per
questo si trovano nei quadranti
opposti. Queste contraddizioni sono
importanti perchè il successo di
un’organizzazione potrebbe
dipendere proprio dalla sua capacità
di scegliere valori fondamentali
associati a tipi di culture in
competizione.
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1. CULTURA DI CLAN
Caratterizzata da focus interno ed enfasi sulla flessibilità, anziché su stabilità e controllo, la cultura
di clan dà vita a un’organizzazione di tipo familiare nella quale si raggiunge l’efficacia favorendo la
collaborazione tra i dipendenti. Questo tipo di cultura è molto “orientata ai dipendenti” e mira a
costruire la coesione mediante il consenso e la soddisfazione del lavoro. Le organizzazioni
caratterizzate da tale cultura investono considerevoli risorse nell’assunzione e nello sviluppo dei
dipendenti e considerano i clienti come partner.
2. CULTURA ADHOCRATICA
Con focus esterno ed enfasi sulla flessibilità, la cultura adhocratica favorisce la creazione di
prodotti e servizi innovativi mediante l’adattabilità, la creatività e la rapidità nel rispondere ai
cambiamenti del mercato. Tale cultura favorisce l’empowerment dei dipendenti incoraggiandoli
ad assumere rischi, coltivare il pensiero creativo e sperimentare nuove modalità di svolgimento
dei compiti. È una cultura adatta alle start-up, alle aziende che operano in settori in costante
mutamento e a quelle operanti in settori maturi che puntano sull’innovazione per conseguire la
crescita.
3. CULTURA DI MERCATO
La cultura di mercato si caratterizza per un forte focus esterno e un’enfasi sulla stabilità e il
controllo. L’obiettivo principale è ottenere produttività, utili e soddisfazione del cliente, che ha la
precedenza sullo sviluppo e la soddisfazione dei dipendenti.
4. CULTURA GERARCHICA
Il pilastro della cultura gerarchica è il controllo. Essa è caratterizzata da un focus interno e da
un’enfasi sulla stabilità, orientamento che si traduce nello sviluppo di processi interni affidabili e
parametri di misurazione. In particolare, le organizzazioni che adottano tale cultura valutano
l’efficacia mediante misure di efficienza, tempestività, qualità, sicurezza e affidabilità nella
produzione ed erogazione di beni e servizi.
La scelta della cultura organizzativa ha delle conseguenze sugli atteggiamenti dei dipendenti,
sull’efficacia e sulla performance aziendale. In particolare, possono essere tratte 5 conclusioni:
- La cultura organizzativa è correlata a misure di efficacia organizzativa.
- I dipendenti sono più soddisfatti e mostrano un maggiore coinvolgimento verso le
organizzazioni con una cultura di clan. Essi preferiscono lavorare in organizzazioni che
avvalorano la flessibilità e sono più attente a soddisfare i bisogni dei collaboratori.
- È possibile promuovere l’innovazione e la qualità sviluppando all’interno dell’organizzazione
caratteristiche associate alle culture di clan, adhocratica e di mercato.
- I risultati economici di un’organizzazione non sono fortemente correlati alla cultura
organizzativa.
- Le aziende dotate di una cultura di mercato tendono a ottenere conseguenze più positive a
livello organizzativo.
mentre per piano strategico si intende un piano a lungo termine che delinea le azioni
necessarie per raggiungere i risultati desiderati;
• Nell’attuazione di un cambiamento culturale, è importate ricorrere a un approccio
strutturato.
Edgar Schein sostiene che il radicamento di una cultura implica un processo di apprendimento,
ovvero i componenti dell’organizzazione insegnano gli uni agli altri quali siano i valori di
riferimento, le regole implicite e i comportamenti. Questo passaggio di conoscenze avviene
attraverso uno o più dei seguenti percorsi:
1. Affermazioni formali relative alla filosofia aziendale, la missione, la visione e i valori;
materiali utilizzati nella ricerca, nella selezione e nella socializzazione del reclutamento
persone.
2. L’organizzazione dello spazio fisico, gli ambienti di lavoro e gli edifici.
3. Slogan, linguaggio, acronimi e modi di dire.
4. Creazione esplicita di modelli a cui ispirarsi, percorsi di formazione, insegnamento e
affiancamento da parte di manager e supervisori.
5. Premi, status symbol e criteri di promozione.
6. Storie, leggende o miti riguardanti persone ed eventi fondamentali per l’azienda.
7. Attività, processi, risultati che i leader osservano, misurano e controllano.
8. Reazione dei leader di fronte a incidenti gravi per l’azienda e a crisi organizzative.
9. Struttura organizzativa e gerarchia. Le strutture gerarchiche sono più orientate al controllo
rispetto alle organizzazioni orizzontali. Molti dirigenti tendono a ridurre il numero di livelli
nel tentativo di responsabilizzare i collaboratori e incrementare il loro impegno.
10. Sistemi e procedure organizzative. Le aziende fanno uso di reti elettroniche per favorire la
collaborazione tra i dipendenti e conseguire innovazione, qualità ed efficienza.
11. Obiettivi organizzativi e relativi criteri per la ricerca, la selezione, lo sviluppo, le promozioni, i
licenziamenti e il pensionamento del personale.
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La ricercatrice Kram ha identificato due tipologie di funzioni del processo di mentoring: le funzioni
legate alla carriera e quelle psicosociali. Le 5 funzioni del mentoring legate alla carriera sono:
- la sponsorizzazione da parte di un superiore
- l’esposizione e la visibilità
- il sostegno
- la protezione
- l’assegnazione di obiettivi complessi
Le 4 funzioni psicosociali sono:
- l’esemplificazione di un modello di ruolo
- l’accettazione e la conferma
- la distribuzione di consigli utili
- l’amicizia
Le funzioni psicosociali hanno contribuito a costruire le identità lavorative dei partecipanti e a
migliorare le loro percezioni sulle proprie competenze.
La diversità e la forza delle relazioni di ogni individuo sono funzionali all’ottenimento del sostegno
di cui questi ha bisogno per gestire il proprio percorso professionale. Nella figura sono
rappresentate diverse tipologia di network di sostegno basate sull’integrazione di queste due
caratteristiche.
La diversità delle relazioni di sviluppo riflette la varietà di persone all’interno di una struttura cui
l’individuo si riferisce per ricevere assistenza. Due sono le componenti associate alla diversità:
(1) il numero di persone con cui l’individuo è connesso;
(2) la varietà dei differenti sistemi sociali da cui derivano le sue relazioni.
La diversità delle relazioni di sviluppo può variare da bassa (poche persone o sistemi sociali) ad
alta (numerose persone o sistemi sociali).
La forza delle relazioni di sviluppo riflette la qualità delle relazioni tra un individuo e le persone
coinvolte nella sua rete di sviluppo: legami forti indicano rapporti basati su interazioni frequenti,
reciprocità e sentimenti positivi, mentre i legami deboli sono associati a relazioni più superficiali.
La diversità e l’intensità delle relazioni di sviluppo danno vita nel loro insieme a 4 tipologie di reti
di sviluppo associate al mentoring: ricettiva, tradizionale, imprenditoriale e opportunistica.
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Per gestire i paradossi culturali occorre dunque sviluppare l’intelligenza culturale, ovvero la
capacità di interpretare correttamente situazioni interculturali ambigue. Come sostenuto da David
C Thomas e Kerr Inkson, l’intelligenza culturale si articola in tre componenti:
1. L’individuo dotato di intelligenza culturale deve poter contare su un insieme di conoscenze
sulla cultura e i principi fondamentali delle interazioni interculturali (sa che cos’è la cultura,
come cambia e come influenza il comportamento).
2. Egli deve praticare la consapevolezza, cioè deve essere in grado di valutare gli elementi
ricavabili dalle situazioni interculturali, i propri sentimenti e le proprie conoscenze.
3. Sulla base delle conoscenze e della consapevolezza, l’individuo dotato di intelligenza
culturale sviluppa capacità di interazione interculturale e diventa in grado di gestire un
ampio ventaglio di situazioni.
Chi desidera sviluppare l’intelligenza culturale deve prima coltivare la propria intelligenza emotiva
e poi fare pratica in situazioni interculturali poco familiari.
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queste culture vi sono la Cina, la Corea, il Giappone, il Vietnam, il Messico e le culture arabe.
Nell’ambito di culture a struttura complessa si ha la tendenza a prendere accordi basandosi
sulla parola di qualcuno o su di una stretta di mano;
- Culture lineari (o a basso contesto) sono culture che attribuiscono un alto valore alle parole
scritte e pronunciate. Alcuni esempi di queste culture sono la Germania, la Svizzera, il Nord
America e la Gran Bretagna. In questo ambito si considera la stretta di mano come un
semplice segnale preliminare in vista della firma di un contratto formale.
In secondo luogo, si possono analizzare le 9 dimensioni culturali del progetto GLOBE, ideato dal
Robert J. House con l’obiettivo di elaborare una teoria che descriva, comprenda e predica
l’impatto di specifiche variabili culturali sulla leadership, sui processi organizzativi e sulla loro
efficacia. Le 9 dimensioni sono:
1. Distanza dal potere
2. Rifiuto dell’incertezza
3. Collettivismo orientato all’istituzione
4. Collettivismo orientato al gruppo
5. Uguaglianza di genere
6. Assertività
7. Orientamento verso il futuro
8. Orientamento al risultato
9. Orientamento alle persone
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orientamento a fare le cose una alla volta poiché il tempo è limitato, suddiviso in segmenti
precisi e regolato da orari, e tempo policronico, che prevede invece un orientamento a fare
più cose nello stesso momento poiché il tempo è flessibile e multidimensionale. Le culture
lineari hanno la tendenza a basarsi sul tempo monocronico, mentre quelle a struttura
complessa si basano tendenzialmente sul tempo policronico.
• SPAZIO INTERPERSONALE
Edward T. Hall ha rilevato un legame tra la cultura e la distanza interpersonale preferita: ha
osservato come gli individui appartenenti a culture a struttura complessa stiano a distanza
ravvicinata quando sono coinvolti in una conversazione con qualcuno, mentre nelle culture
lineari si preferisce uno spazio interpersonale nettamente superiore. Nel fare ciò, egli ha
utilizzato la prossemica, ovvero lo studio delle aspettative culturali in merito alla distanza
interpersonale. In particolare, ha individuato quattro zone di distanza intersoggettiva
(“bolle di spazio personale”): le zone intima (da 0 a 0,5mt), personale (da 0,5 a 1,5mt),
sociale (da 1,5 a 3,5mt) e pubblica (da 3,5 in su). Le differenze originate da valutazioni dello
spazio personale diverse tra le varie culture possono essere estremamente fastidiose per
chi non sia preparato, per questo è fondamentale essere consapevoli delle differenze
culturali ed essere capaci di adeguarsi alle diverse situazioni.
• RELIGIONE
L’espressione della fede e l’adempimento di pratiche religiose possono avere importanti
conseguenze sulle relazioni interculturali. In particolare, si possono evidenziare alcuni
approcci al lavoro conseguenti alla fede religiosa, che non sono però universali:
- Cattolica – Considerazione (“Attenzione a che i collaboratori siano presi sul serio, siano
tenuti informati, e che si ricorra alle loro opinioni”);
- Protestante – Efficacia del datore di lavoro (“Desiderio di lavorare per un’impresa che sia
efficiente, di successo e leader nella tecnologia”);
- Buddista – Responsabilità sociale (“Attenzione a che il datore di lavoro si senta
responsabile del benessere della società”);
- Mussulmana – Continuità (“Desiderio di un ambiente stabile, con rapporti di lavoro di
lunga durata, con poca incertezza”);
- Nessuna fede religiosa – Sfida professionale (“Interesse ad avere un lavoro che fornisca
opportunità d’apprendimento e la possibilità di fare un uso appropriato delle proprie
capacità”).
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Alla luce delle variazioni riscontrate tra culture diverse, Hofstede ha tratto due conclusioni:
(1) le teorie e le prassi manageriali devono essere adattate alla cultura locale;
(2) nell’ambito di un’economia globale, l’arroganza culturale è un lusso che gli individui e le
imprese non si possono permettere.
2. Lezioni di leadership dal progetto GLOBE. I ricercatori del progetto GLOBE si sono posti
l’obiettivo di individuare l’esistenza di caratteristiche di leadership che fossero
universalmente giudicate in modo positivo o negativo. Ciò che hanno osservato è che i leader
carismatici, dotati di visione e della capacità di ispirare i collaboratori, sono generalmente
considerati i migliori, mentre i leader concentrati su se stessi e visti come individui solitari
non sono giudicati positivamente.
3. Lo stile di management varia tra i paesi. I ricercatori Nicholas Bloom e John Van Reenen
hanno assegnato un punteggio ai manager sulla base dell’impiego di 18 prassi di
management efficaci, le quali sono riconducibili a tre categorie:
- Monitoraggio;
- Obiettivi;
- Incentivi.
I risultati hanno mostrato come gli Usa siano i primi nella classifica dei paesi rispetto alla
qualità delle pratiche di management combinate, che non esiste un singolo stile di
management più efficace a livello mondiale e che le multinazionali sono meglio gestite delle
imprese locali e sono dunque una fonte di buone pratiche di management.
Questo studio consiglia dunque ai manager di essere flessibili e adattare il proprio stile alle
preferenze locali se lavorano in un paese diverso dal proprio.
21
5. LE DIFFERENZE INDIVIDUALI
5.1 IL CONCETTO DI SÉ
Viktor Gecas definisce il concetto di sé come la percezione che una persona ha di sé stessa in
quanto essere fisico, sociale, spirituale. Il concetto di sé non potrebbe esistere senza il pensiero e
questo porta a considerare il ruolo delle cognizioni, le quali rappresentano la conoscenza, le
opinioni e le convinzioni di un individuo. Tre sono gli argomenti onnipresenti nelle discussioni sul
concetto di sé:
1. Autostima
L’autostima è l’opinione di un individuo sul proprio valore basata su una complessiva
autovalutazione, che viene misurata chiedendo agli intervistati di indicare se sono d’accordo
o meno con affermazioni positive e negative: gli individui che si dichiarano d’accordo con le
affermazioni positive e in disaccordo con quelle negative hanno un alto livello di autostima,
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viceversa faranno coloro che hanno un basso livello di autostima. In generale, i manager che
operano a livello globale devono dare meno importanza all’autostima quando si trovano a
lavorare all’interno di culture collettivistiche, mentre devono darne molta all’interno di
culture individualistiche.
2. Auto-efficacia
L’auto-efficacia è la convinzione che una persona ha sulle proprie possibilità di riuscire a
portare a termine con successo un determinato compito. La relazione tra auto-efficacia e
performance è di tipo ciclico, inoltre vi sono stretti legami tra grandi aspettative di auto-
efficacia e il successo, mentre bassi tassi di successo si hanno in corrispondenza a persone
con basse aspettative di auto-efficacia.
Il modello seguente rappresenta il modello base dell’auto-efficacia proposto da Bandura:
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Per derivare tali dimensioni, si ricorre a test standardizzati che indagano la personalità circa
ognuno dei Big Five. Il punteggio che ciascuno ottiene nei Big Five rivela un profilo personale unico
e irripetibile che tende a risultare stabile nel tempo.
È importante conoscere il collegamento fra Big Five e performance lavorativa: viene utilizzato tale
test anche in campo HR per la selezione, formazione e valutazione del personale. Alcuni esempi:
-il tratto della coscienziosità è quello che ha avuto maggior correlazione con le prestazioni
lavorative
-il tratto dell’estroversione invece con lo sviluppo della carriera professionale, il livello salariale e la
soddisfazione lavorativa
-il tratto del nevroticismo (scarsa stabilità emotiva) è stato associato con bassi livelli di
soddisfazione lavorativa
La personalità proattiva
Personalità proattiva: persona portata all’azione, che dimostra iniziativa e persegue il
cambiamento, relativamente libera rispetto alle situazioni specifiche e che attua un cambiamento
nell’ambiente.
Le persone proattive identificano le opportunità e agiscono su di esse, dimostrano spirito di
iniziativa, agiscono e perseverano fino ad ottenere cambiamenti significativi; sono da considerare
capitale umano di importante spessore.
La personalità proattiva è correlata positivamente con successo personale, di gruppo e
dell’organizzazione di appartenenza, spesso è tipica di imprenditori di successo.
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La teoria delle intelligenze multiple fornisce una spiegazione per tutti quei bambini dotati di
specifiche capacità ma che riportano basso punteggio nei test di punteggio QI, i quali coprono solo
i primi due tipi di intelligenza (linguistica e logico-matematica).
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Dietro tali valori intercorrono determinate relazioni che possiamo mostrare all’interno di un
modello circolare: esso mostra i valori più strettamente correlati fra loro e quali invece si trovano
in conflitto. Generalmente:
• i valori adiacenti sono quelli che presentano
una relazione positiva (es. indipendenza e
universalismo)
• i valori distanti gli uni dagli altri sono dotati
di una relazione meno forte (es.
indipendenza e potere)
• i valori in posizioni opposte alla figura si
trovano in conflitto fra di loro (es. potere e
universalismo oppure tradizione e
orientamento al cambiamento).
Esistono tre tipologie di conflitti di valori collegabili agli atteggiamenti, alla soddisfazione
lavorativa, al turnover, alla prestazione e ai comportamenti controproducenti individuali:
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Possono anche verificarsi conflitti fra lavoro e vita familiare e questo accade quando vi è
disequilibrio fra vita privata e lavoro, situazione che capita specialmente durante le fasi di
recessione caratterizzate da alta disoccupazione.
Perrewé e Hochwarter hanno proposto il seguente modello di conflitto lavoro/famiglia:
Sul lato sinistro sono indicati i valori generali di vita, che alimentano i valori collegati alla famiglia e
al lavoro:
-i valori familiari includono le convinzioni durature sull’importanza della famiglia e su chi riveste i
ruoli fondamentali al suo interno
-i valori legati al lavoro si concentrano sull’importanza relativa del lavoro e degli obiettivi lavorativi
nella vita di una persona
Si parla di:
-similitudine di valori per definire il grado di consenso tra i membri della famiglia sui valori familiari
(es. se una moglie intraprende un lavoro nonostante il marito voglia essere l’unico a portare a casa
lo stipendio, si verifica un conflitto lavoro/famiglia)
-congruenza di valori per definire l’accordo sui valori fra dipendente e datore di lavoro (es. se il
datore di lavoro considera una slealtà nei confronti dell’azienda il fatto che un dipendente non
parta per un viaggio d’affari per non perdere il
compleanno del figlio, si crea anche in questo caso
un conflitto lavoro/famiglia)
In particolare, il conflitto lavoro/famiglia può
assumere due forme:
1) interferenza del lavoro con la famiglia
2) interferenza della famiglia con il lavoro
A destra vi sono due riquadri, perseguimento dei
valori e soddisfazione nella vita, essi vanno di pari
passo: la soddisfazione è tendenzialmente maggiore
per chi vive secondo i propri valori, minore per chi
non lo fa.
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6.2 ATTEGGIAMENTI
Atteggiamento: predisposizione acquisita a reagire in modo coerentemente favorevole o
sfavorevole nei confronti di qualcosa.
Un banale esempio è il gelato al cioccolato: se si ha atteggiamento positivo verso questo gusto è
più probabile che lo scegliamo, piuttosto che se si ha atteggiamento negativo verso di esso o se
abbiamo un atteggiamento più positivo verso il gusto alla crema sceglieremo quest’ultimo.
Gli atteggiamenti influenzano i comportamenti degli individui. In particolare, sul posto di lavoro, gli
atteggiamenti erano legati positivamente alla performance e negativamente a indicatori quali
pensieri di abbandono, tendenza ad arrivare tardi, assenteismo e turnover.
Se si ha un atteggiamento positivo verso il proprio lavoro (cioè il proprio lavoro piace), ci sarà una
propensione sempre maggiore al massimo impegno, lavorando duramente e più a lungo.
La differenza con i valori è che questi ultimi rappresentano delle convinzioni di fondo che
influiscono sul comportamento in ogni situazione, mentre gli atteggiamenti hanno a che fare
solamente con il comportamento in determinate situazioni o nei confronti di alcune persone o
cose.
Gli atteggiamenti sono determinati da una funzione dell’influenza combinata di tre componenti:
1. Componente affettiva: racchiude i sentimenti/le emozioni che una persona prova nei
confronti di una determinata cosa o situazione
2. Componente cognitiva: rappresenta le convinzioni/le idee che un individuo ha su una cosa
o una situazione
3. Componente comportamentale: individua come un individuo intende comportarsi nei
confronti di qualcosa o qualcuno
Un esempio di ciò riguarda il comportamento di una persona che parla al cellulare al ristorante:
tale comportamento può irritare (componente affettiva) oppure possiamo ritenere che l’uso del
cellulare aiuti le persone a gestire la propria vita (componente cognitiva) o ancora possiamo
andare a dire qualcosa a quella persona (componente comportamentale).
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maturità rispetto al periodo di mezzo. I fattori responsabili della stabilità che caratterizza la mezza
età sono:
1. Maggiore sicurezza personale
2. Percezione di avere competenze significative
3. Bisogno di atteggiamenti saldi
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molto superiori a quanto ricevuto, la persona sarà insoddisfatta, sarà invece soddisfatta se
ottiene risultati uguali o superiori rispetto alle proprie aspettative
3. Realizzazione dei valori: la soddisfazione è legata alla percezione che nel lavoro sia possibile
perseguire importanti valori personali, ossia è legata alla misura in cui il lavoro permette la
realizzazione dei valori di una persona
4. Equità: la soddisfazione è il risultato della percezione che l’individuo ha del fatto che i risultati
del suo lavoro, in relazione agli input ricevuti, siano equamente giudicati in relazione a quelli
dei colleghi
5. Componente genetica/di predisposizione: la soddisfazione sul lavoro in parte è funzione di
tratti personali, quindi differenze individuali stabili possono rivestire un’importanza analoga
alle caratteristiche dell’ambiente di lavoro nella spiegazione della soddisfazione personale
Implicazioni e conseguenze della soddisfazione lavorativa
Nella tabella sono stati riportati i fattori maggiormente rilevanti a livello manageriale in termini di
soddisfazione lavorativa. I sette più importanti sono:
• Motivazione: la soddisfazione nei confronti dei capi è direttamente proporzionale alla
motivazione, pertanto i manager dovrebbero rivedere i propri comportamenti per capire
quanto essi influenzino la soddisfazione dei lavoratori
• Coinvolgimento lavorativo: rappresenta il grado di coinvolgimento personale nel lavoro. I
manager dovrebbero impegnarsi nel creare un ambiente lavorativo soddisfacente, al fine di
stimolare il coinvolgimento lavorativo dei lavoratori
• Comportamento di cittadinanza aziendale: sono comportamenti dei dipendenti che eccedono
quanto formalmente richiesto dal proprio ruolo. Oltre che un’importante correlazione con la
soddisfazione lavorativa, ulteriori studi hanno dimostrato che vi sono anche conseguenze a
livello individuale (migliori prestazioni, meno turnover e assenteismo) e a livello organizzativo
(produttività, soddisfazione ecc.). Tali comportamenti possono dunque determinare
impressioni positive su capi o colleghi e così incidere sulla capacità di collaborazione,
possibilità di ottenere promozioni e valutazioni più positive sulla performance
• Pensieri di abbandono del lavoro: pensieri e sentimenti sull’abbandonare il proprio posto di
lavoro
• Turnover: per un manager può avere lati positivi (quando un dipendente che ha performance
mediocri lascia l’azienda) e lati negativi (se l’azienda perde un contributo prezioso). La
correlazione fra soddisfazione lavorativa e turnover dei dipendenti è negativa e
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Maltrattamenti
Gran parte delle forme di CWB si concretizza in maltrattamenti di colleghi e subordinati o talvolta
dei clienti. Gli abusi commessi da supervisori sono molto insidiosi in quanto i collaboratori si
sentono intimiditi, umiliati e sminuiti, pertanto sono propensi a vendicarsi sugli stessi supervisori
adottando un comportamento controproducente. Questo tipo di reazione è più probabile nelle
situazioni in cui l’organizzazione non offre canali tramite cui i dipendenti possano segnalare il
problema.
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Le prime tre fasi descrivono in che modo l’informazione specifica e gli stimoli ambientali vengano
notati e registrati nella memoria. L’ultima fase implica invece la trasformazione delle
rappresentazioni mentali in giudizi e decisioni reali. Nello specifico:
• Fase 1 – selezione attiva/comprensione
La selezione attiva è il processo posto in essere per selezionare determinati sottoinsiemi di
stimoli ambientali rispetto alla totalità di informazioni in arrivo, totalità che l’essere umano
non ha la capacità di elaborare.
L’attenzione è il processo per cui si diventa consapevoli di qualcuno o qualcosa; può
riguardare informazioni provenienti sia dall’ambiente che dalla memoria. La ricerca dimostra
che in generale le persone tendono a riservare la loro attenzione agli stimoli più rilevanti.
Per stimoli rilevanti si intendono quelli che emergono dal contesto, spesso sono i bisogni e gli
obiettivi della persona a rendere uno stimolo rilevante o meno. Inoltre, la ricerca dimostra che
le persone abbiano la tendenza a prestare maggiore attenzione alle informazioni negative
rispetto a quelle positive à atteggiamento detto bias negativo (es. gli automobilisti rallentano
per curiosare sul luogo di un incidente).
• Fase 2 – codificazione e semplificazione
Le informazioni raccolte non vengono immagazzinate in memoria nella loro forma originaria
ma vengono codificate (cioè interpretate e rappresentate mentalmente). Per fare ciò, la
persona alloca ciascuna informazione in categorie cognitive, ovvero archivi mentali per
l’immagazzinamento delle informazioni à le persone, gli eventi e gli oggetti vengono valutati
e interpretati tramite un confronto delle loro caratteristiche con le informazioni contenute in
tali schemi.
Uno schema rappresenta l’immagine o riassunto mentale che una persona si costruisce di un
determinato evento o tipo di stimolo. Lo schema di un evento (come andare a cena al
ristorante) viene chiamato script (=copione); ciascuno schema è dotato di etichetta per essere
immagazzinato nella memoria (es. etichetta: andare a cena al ristorante).
Dopodiché, si procederà con il processo di codifica dei risultati, che serve per interpretare e
valutare l’ambiente in cui viviamo. È un processo che può dar luogo a interpretazioni e
valutazioni diverse della stessa persona o dello stesso evento.
Le interpretazioni di ciò che vediamo sono diverse per 4 ragioni fondamentali:
-Ogni persona ha informazioni diverse all’interno dei propri schemi d’interpretazione
-I nostri stati d’animo e le emozioni possono influenzare la nostra attenzione e le valutazioni
degli altri
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-Le persone tendono ad usare per la codifica le categorie cognitive d’uso più recente
-Le differenze individuali influiscono sulla codifica
• Fase 3 – immagazzinamento e conservazione
Fase che prevede l’immagazzinamento delle informazioni nella memoria a lungo termine. Essa
è composta da categorie separate ma interconnesse fra di loro, ciascuna di esse contiene
diversi tipi di informazioni, le quali a loro volta si muovono fra le categorie stesse.
La memoria a lungo termine è composta da:
-Memoria degli eventi: informazioni su eventi generici o specifici
-Memoria semantica: fa riferimento a conoscenze generiche sul mondo à possiamo
immaginarla come un dizionario mentale dei concetti, ognuno dei quali ha una definizione e
delle caratteristiche proprie
-Memoria personale: contiene informazioni sui singoli individui. Le persone tendono a
ricordare le informazioni attraverso caratteristiche simili a qualcosa che è già immagazzinato
nella memoria, piuttosto che a qualcosa di “lontano”
• Fase 4 – recupero e reazione
L’individuo in questa fase recupera le informazioni dalla memoria, specialmente quando
giudica e decide. Decisioni e giudizi si basano infatti su deduzioni, interpretazioni e
integrazioni delle informazioni conservate nella memoria a lungo termine, o sul recupero di
giudizi già formulati in precedenza.
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6. Benessere fisico e psicologico: il bias negativo può sfociare in problemi fisici e psicologici, tra
cui ansia e paura. Questo potrebbe sfociare in insorgere di patologie, assenteismo o
intenzione di licenziarsi.
7. Design di pagine web: di recente sono state svolte indagini circa gli elementi che catturano
maggiormente l’attenzione degli utenti sul web (atteggiamenti rilevati con dispositivi tra cui
l’eye tracking); i risultati di tali ricerche possono aiutare le organizzazioni a investire più
efficacemente nel design delle pagine web.
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Sfide manageriali
Le organizzazioni, in primo luogo, dovrebbero informare il personale circa il problema delle
stereotipizzazione mediante la formazione del personale stesso. In più si dovrebbe cercare di
impegnarsi ad ampio raggio per ridurre completamente gli stereotipi nell’intera organizzazione di
appartenenza, ad esempio attraverso contatti interpersonali fra gruppi misti. In tal senso,
potrebbe essere utile creare opportunità per i collaboratori di incontrarsi e lavorare insieme in
gruppi di cooperazione a parità di status.
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Partendo da ciò, Kelley ipotizzò che le persone effettuino attribuzioni causali a partire da
informazioni su tre dimensioni del comportamento (variano indipendentemente l’una dall’altra):
1) Il consenso implica un confronto fra il comportamento dell’individuo e quello dei suoi pari. Il
livello di consenso è alto quando una persona si comporta come il resto del gruppo, basso
quando si comporta diversamente à si mettono a confronto le persone
2) La distinzione si determina confrontando il comportamento di un individuo nello svolgimento
di diversi compiti. Un alto livello di distinzione indica che l’individuo ha svoluto un certo
compito in maniera significativamente diversa rispetto ad altri compiti; un basso livello indica
una prestazione stabile dell’individuo a prescindere dal compito svolto à si mettono a
confronto i compiti
3) La coerenza viene determinata in base al fatto che la prestazione di un individuo nello
svolgimento di un determinato compito rimanga costante nel tempo. Un alto livello di
coerenza implica che la persona svolge quel compito nello stesso modo di volta in volta; un
basso livello di coerenza è invece legato ad una prestazione variabile nel tempo à si mette a
confronto la variabile nel tempo
Nel grafico:
• Consenso: è basso quando C ha una performance che si distacca rispetto a quella degli altri;
è alto quando A, B, C, D, E hanno livelli di prestazioni individuali simili
• Distinzione: la prestazione del dipendente nel compito 4 è fortemente distintiva in quanto si
discosta molto dalle sue prestazioni nei compiti 1, 2, 3 e 5
• Prestazione: il picco negativo nella prestazione riportato nel grafico a sinistra indica un basso
livello di coerenza; in questo caso, la prestazione del lavoratore nello svolgere un
determinato compito è variata nel tempo
Kelley ha ipotizzato che le persone attribuiscano il comportamento:
- a cause esterne (fattori ambientali) quando percepiscono un alto livello di consenso e di
distinzione ma un basso livello di coerenza
- a fattori personali quando il comportamento osservato è caratterizzato da bassi livelli di
consenso e distinzione, e alto livello di coerenza
Esempio: quando tutti i collaboratori esibiscono prestazioni di cattiva qualità (alto consenso),
oppure quando la prestazione di cattiva qualità si presenta solo con riferimento a un determinato
compito (alta distinzione) o solo in un determinato periodo di tempo (bassa coerenza), il
supervisore probabilmente la attribuirà a una fonte esterna.
La prestazione sarà invece attribuita alle caratteristiche personali del lavoratore (attribuzione
interna) quando solamente l’individuo in questione fornisce una performance di cattivo livello
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(basso consenso), quando tale livello è riscontrabile in compiti diversi (bassa distinzione) e persiste
nel tempo (alta coerenza).
Tendenze attributive
1) Bias attributivo di base: ignorare i fattori ambientali che influenzano il comportamento;
tendenza ad attribuire il comportamento di una persona alle caratteristiche della persona stessa,
anziché a fattori situazionali
2) Bias auto-funzionale: attribuire alla propria responsabilità più i successi che i fallimenti
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Come si evince graficamente, i bisogni alla base della piramide sono quelli più di base,
fisiologici, mentre quelli verso la punta sono successivi. A livello manageriale tale teoria
comporta:
-concentrazione da parte dei manager sul soddisfacimento dei bisogni dei collaboratori
legati ad autostima e autorealizzazione, dato che questi influenzano significativamente i
risultati
-motivazione delle persone con programmi e proposte che tengano in considerazione i
bisogni emergenti e specifici
A differenza della teoria di Maslow, questa non presuppone che i bisogni siano correlati
l’un l’altro in scala gerarchica, in quanto i bisogni possono attivarsi contemporaneamente.
Viene inoltre introdotta una componente di frustrazione-regressione à la frustrazione di
bisogni di ordie superiore può influenzare il deisderio di bisogni di ordine inferiore.
A livello manageriale:
-I manager dovrebbero tener conto del fatto che i collaboratori possono essere motivati a
perseguire bisogni di livello inferiore perché frustrati nei bisogni di livello superiore (es.
richiesta di un aumento di stipendio può nascondere un’insofferenza verso l’ambiente di
lavoro)
-Il management dovrebbe personalizzare i programmi di ricompensa in modo che
corrispondano ai bisogni dei lavoratori, variabili nel tempo à le persone sono motivate da
bisogni diversi in momenti diversi della loro vita
A livello manageriale:
-ogni organizzazione dovrebbe prendere in considerazione la creazione di programmi
mirati ad accrescere il bisogno di realizzazione dei propri dipendenti
-è necessario che tali bisogni vengano valutati negli individui al fine di assegnare al meglio i
ruoli§
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Un lavoro così organizzato mira alla flessibilità, produttività e efficienza. D’altro canto,
l’impiego di occupazioni semplificate e ripetitive può causare nel collaboratore
insoddisfazione, scarso equilibrio psichico, alti livelli di stress e poco senso di realizzazione e
crescita personale.
2. Job enlargment
Job enlargment significa ampliamento delle mansioni = aumentare la varietà di un lavoro,
attraverso la combinazione di mansioni specializzate di difficoltà simili (può essere considerata
come una sorta di sviluppo orizzontale del lavoro).
3. Job rotation
Job rotation significa rotazione del lavoro = spostare i collaboratori da un lavoro specializzato
ad un altro. Lo scopo di tale approccio è simile a quello dell’approccio precedente, ossia dare
più varietà al lavoro, ma in questo caso vengono spostati i lavoratori da una postazione
all’altra cercando di stimolarne l’interesse e la motivazione. In questo caso si cerca di dar loro
una prospettiva più ampia dell’organizzazione in cui operano; talvolta la rotazione del lavoro
viene usata come strumento per dare ai collaboratori lavori scelti da loro cercando così di
ridurre il turnover e accrescere la performance.
4. Job enrichment
Applicazione pratica della teoria dei fattori duali (motivanti e igienici) di Herzberg.
L’arricchimento del lavoro (job enrichment) consiste nella modificazione delle condizioni di
lavoro in modo di dar la possibilità al collaboratore che lo svolge, di realizzarsi e sperimentare
riconoscimento, esecuzione di un computo stimolante, responsabilità e avanzamento di
carriera à può esser considerato una sorta di sviluppo verticale del lavoro, che consiste nel
dare più autonomia e responsabilità al singolo.
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Hackman e Oldham hanno ammesso che i lavoratori non desiderano un’occupazione che
contenga tutte queste caratteristice a livello elevato, bensì specialmente le prime tre sono
quelle che recano maggior soddisfazione.
A livello manageriale, è consigliabile migliorare la motivazione intrinseca dei lavoratori, il
coinvolgimento nel lavoro e la performance e cercare di incrementare le caratteristiche
fondamentali del lavoro al fine di ridurre assenteismo e stress.
Approcci bottom-up
Sono approcci di recente sviluppo e si basano sull’idea che i collaboratori possano proattivamente
modificare o riorganizzare il proprio lavoro e che tale processo alimenti motivazione e impegno.
Secondo tali approcci, il processo di riorganizzazine del lavoro è guidato dai collaboratori anziché
dal manager.
Si parla infatti di job crafting = comportamenti proattivi e flessibili che gli individui apportano per
modificare la natura del proprio lavoro à in questo caso sono i lavoratori ad essere artefici del
lavoro in quanto ne stabiliscono e definiscono i confini.
Le principali forme di job crafting sono:
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Management by objectives
Al fine di promuovere quest’ottica di goal setting è stata sviluppata una tecnica di management,
ad oggi molto diffusa, chiamata MBO (management by objectives). Si tratta di un sistema
manageriale che implica alta partecipazione sia nel processo decisionale, sia nella definizione degli
obiettivi e sia nel feedback sugli stessi.
Il concetto chiave di tale modello è fare in modo che ciascun collaboratore possieda una parte
dello sforzo collettivo à i programmi di MBO si pongono in tal senso di unire obiettivi di
apprendimento e obiettivi di risultato in termini di prestazione, legati ad alti standard etici.
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9.2 IL FEEDBACK
Il feedback rappresenta un’informazione oggettiva su una performance individuale o di gruppo. In
particolare:
Ø Il feedback è lo scambio di informazioni sullo status e la qualità dei risultati del lavoro;
garantisce inoltre che manager e dipendenti siano in sintonia e concordino sugli standard e
le aspettative circa il lavoro da svolgere
Ø Le valutazioni tradizionali, al contrario, scoraggiano la comunicazione a due direzioni e
attribuiscono valenza negativa al coinvolgimento dei collaboratori (essi sono scoraggiati nel
partecipare alla verifica della prestazione, si sentono giudicati)
Ø Per evitare questo genere di situazioni, la gestione delle prestazioni per essere efficace
deve prevedere un sano grado di feedback e coinvolgimento dei collaboratori
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Ø Più una persona sale nella gerarchia di un’organizzazione, meno ha probabilità di ricevere
feedback di qualità sulla propria performance lavorativa
Inoltre, possono esserci
segnali che indicano
problemi nel sistema di
feedback di
un’organizzazione à
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una progettazione e gestione poco efficace. Secondo diversi studi, è stata rilevata una moderata
correlazione positiva fra incentivi finanziari e quantità di performance, e impatto zero sulla qualità
di performance.
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Programmi di rinforzo
Un programma di rinforzo è preferibile se strutturato solo rispetto a rinforzi positivi. In particolare:
1. Rinforzo continuo: ogni singola azione del comportamento viene rinforzata (es. se l’iPhone
funziona bene, ogni sua azione come display e suono fungono da rinforzo della sua ottima
funzionalità)
2. Rinforzo intermittente: rinforzo solo di alcune azioni del comportamento desiderato. In
particolare esistono 4 sottogruppi di tale tipologia à 2 di proporzione (il rinforzo dipende dal
numero di risposte date) e 2 di intervallo (il rinforzo si basa sul passare del tempo):
-Proporzione fissa: es. stipendio a cottimo, bonus che dipende dalla vendita di un certo
numero di unità
-Proporzione variabile: es. lotterie, che pagano dopo l’acquisto di un numero variabile di
biglietti
-Intervallo fisso: es. stipendio annuale pagato su base fissa
-Intervallo variabile: lode e complimenti da parte del supervisore fatti a intervalli casuali, in
risposta ad un buon lavoro
Tale programmazione può essere criticato in quanto talvolta il tipo di programma scelto può
influenzare il comportamento molto più della qualità del rinforzo stesso.
Inoltre, le organizzazioni in genere si basano sul programma più debole = programmi di rinforzo a
proporzione variabile e a intervalli variabili.
Modellare il comportamento
La modellazione viene definita come il processo che porta a rinforzare le approssimazioni che si
avvicinano sempre di più al comportamento richiesto. Ad esempio, da parte di un manager, lodare
o dare feedback costruttivi non costa niente e portano, se associati ad un programma di
modellizzazione del comportamento, a efficaci miglioramenti nella performance lavorativa.
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A tal proposito, si formulano 10 consigli pratici per la modellazione del comportamento lavorativo:
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Normeà le norme sono più complete dei ruoli. Le norme aiutano i membri dell’organizzazione a
capire cosa è giusto e cosa è sbagliato, positivo o negativo. Solitamente non sono scritte o discusse
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ma hanno impatti notevoli sul gruppo. Coloro che non seguono le norme, anticonformisti, sono
rifiutati dagli altri membri.
Norma: indica il comportamento, un atteggiamento, un’opinione o un’azione che giuda il
comportamento
Ostracismo: rifiuto da parte degli altri membri del gruppo organizzativo.
Sviluppo delle normeà quando il team stabilisce cosa è necessario per essere efficaci, le norme
sono informali e si sviluppano secondo diverse combinazioni di questi modi:
- Affermazioni esplicite dei capi o colleghi: il leader fissa delle norme esplicite
- Avvenimenti critici nella storia del gruppo: si può creare una norma successivamente ad uno
storico critico che stabilisce un precedente importante, in maniera che si impediscano le
replicazioni di certi comportamenti sgradevoli
- Supremazia: il primo tipo di comportamento che emerge nel gruppo spesso determina le
aspettative del gruppo stesso (prima riunione formale, ci aspettiamo siano tutte così)
- Comportamenti passati applicati a situazioni presenti: applicare comportamenti già verificatisi
può aumentare la prevedibilità dei comportamenti del gruppo e facilitare l’esecuzione del
compito
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I ruoli orientati al compito per metto al gruppo di definire, chiarire e perseguire un obiettivo
comune. Mantengono il gruppo in carreggiata.
I ruoli di mantenimento favoriscono i ruoli interpersonali per il sostegno. Mantengono il gruppo
unito.
Checklist per i managerà i ruoli di
mantenimento e orientati al compito possono
servire da checklist per i manager che
vogliono far crescere il gruppo. Al ruolo del
coordinatore, valutatore o custode non
sempre ricoperti quando utile, possono
provvedere leader o altri membri assegnati. I
ruoli orientati ai compiti come iniziatore,
guida e stimolo sono importanti perché
puntano all’obiettivo.
Stabilire traguardi ambizioni comporta una
grande motivazione, obiettivi difficili ma
raggiungibili comportano risultati di gruppo
migliori. Gli obiettivi di gruppo sono più
efficaci se i membri li capiscono e si
impegnano a portarli a termine.
I manager internazionali devono tener conto delle differenze culturali rispetto a questi due ruoli.
Dimensione del gruppo
Solitamente i gruppi con 3 persone sono i preferiti, poi quelli da +3 ed infine quelli da 2. Per
definire il numero dei partecipanti ad un gruppo si sono utilizzati de approcci diversi: modelli
matematici e simulazioni effettuate in laboratorio
Approcci matematicià elaborazione di un modello matematico rispetto a dei risultati auspicati del
gruppo. Per problemi di modelli statistici diversi i risultati della ricerca sono inconcludenti. Stime
statistiche indicano da 3 a 13 membri.
Approccio delle simulazioni in laboratorioà presupposto che il comportamento del gruppo debba
essere osservato personalmente in ambienti controllati di laboratorio. Una prima ricerca evidenzia
che il numero ottimale per decisione di qualità sia 3-5, anche se in un’organizzazione potrebbero
esserci più membri al fine di soddisfare più necessità (oltre alla qualità).
Studi più recenti che analizzano la produttività del brainstorming “tu per tu” hanno visto che la
produttività e le idee non aumentano con l’aumento delle persone, invece il brainstorming
“mediato dal computer” porta più idee e produttività all’aumentare della numerosità.
Implicazioni manageriali:
- Non esistono regole rigide per quanto riguarda la dimensione del gruppo ma avaria a seconda
dall’obiettivo che il manager stabilisce
- Se vogliamo decisioni di qualità, gruppi 3-5
- Se vogliamo generare idee, creare partecipazione, socializzazione, formazione, comunicazione
di politiche, +5
- All’aumentare del numero diminuisce tuttavia gli effetti positivi diminuiscono
- I manager devono essere consapevoli dei mutamenti qualitativi a cui porta l’aumento del
numero del gruppo
- All’aumentare del numero, i leader diventano più direttivi e si ha una minore soddisfazione
dei membri
- Si consigliano gruppi di numeri dispari in caso di votazioni per maggioranza
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Composizione di genere
Studi di laboratorio e sul campo mostrano una posizione difficile per le donne che fanno parte di
team misti. L’atteggiamento della maggioranza maschile cambia e da neutrale diventa resistente e
quindi di mantenere il proprio campo. L’atteggiamento della maggioranza femminile cambia da
favorevole a neutrale e disposte a condividere il campo con gli uomini.
Si deve cercare di evitare tendenze discriminatorie nel gruppo.
Si riscontrano, anche in maniera minori, la presenza di molestie sessuali e discriminazioni etniche
nelle organizzazioni. Le donne subiscono più molestie, donne appartenenti a minoranze più degli
uomini, delle donne in minoranza e delle donne bianche. Le donne hanno una percezione più
ampia dei comportamenti che rientrano in “molestia”.
Categorie di comportamento delle molestie sessuali: atteggiamenti impersonali (denigratori in
generale), atteggiamenti denigratori- personali (denigratori verso il genere), pressioni rispetto ad
appuntamento non desiderato, richieste sessuali, contatto fisico di natura sessuale e non,
coercizione sessuale.
Implicazioni manageriali:
in molte circostanze, l’interazione uomo-donna in un team comporta cooperazione e sostegno.
Inoltre, una presenza femminile leggermente superiore dentro ai gruppi contribuisce a risolvere
meglio i problemi del team. Il manager deve assicurarsi che il rapporto tra sessi diversi non sfoci in
molestie verso uomini e donne in quanto vanno contro l’etica e sono inquinanti nell’ambiente di
lavoro.
La commissione per le pari opportunità lavorative considera i dipendenti responsabili di
comportamenti sessualmente molesti perseguibili a livello legale, dove per molestia si intende:
- Anvance
- Richieste di favori sessuali
- Altra condotta verbale o fisica di natura sessuale
Se rappresentano condizioni indispensabili all’impiego, quando incidono su decisioni professionali
o quando creano ambienti di lavoro intimidatori, ostili e offensivi. I datori di lavoro sono
responsabili per le azioni dei supervisori, agenti, collaboratori se egli è o dovrebbe essere al
corrente della molestia.
I manager devono attuale politiche contro le discriminazioni e molestie e adottare un approccio
proattivo come workshop sulla diversità e su come evitare ed individuare molestie.
I primi due sono legati al conformismo. Senza conformarsi alle norme, ruoli, politiche, regole non
si arriva all’obiettivo ma questi devono essere stabiliti e rispettati. Il conformismo puro e semplice
o eccessivo può opprimere il pensiero critico.
Effetto di Asch
Psicologo Asch che condusse esperimenti di laboratorio per far emergere aspetti negativi delle
dinamiche di gruppo. Somministrazione di due carte, una con una linea di riferimento e una con
linee alte diversamente e i rispondenti dovevano individuare quale linea sulla seconda carta fosse
quella uguale alla linea di riferimento. Nei gruppi, tutti erano complici di Asch tranne uno e
ciascuno selezionava volutamente la risposta sbagliata. La pressione del gruppo stava nel fatto che
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l’unico non complice doveva scegliere per ultimo. Solo il 20% di questi non complici è risultato
indipendente e il resto ha ceduto alla pressione del gruppo almeno una volta, il 58% si è
conformato almeno 2 volte.
L’effetto è dunque la distorsione del giudizio individuale per mezzo un’opposizione unanime
scorretta.
Implicazioneà Questo esperimento è stato svolto più volte con risultati contrastanti e con stati di
conformismo alti o bassi in situazioni e con soggetti diversi. I paesi collettivistici hanno un grado di
conformismo più alto rispetto ai paese individualistici. I manager devono sapere della sua
esistenza. Per l’ex Ceo di Ernon, questo effetto doveva essere sostenuto e curato ma portava
indubbiamente ad un clima dittatorio dove tutti obbedivano. Il conflitto e l’assertività possono
aiutare ad avere reazioni giuste davanti a maggioranze immorali.
Groupthink
Si definisce Groupthink Come un modo di
pensare adottato dalle persone
profondamente coinvolte in un gruppo
coeso quando lo sforzo dei membri per
raggiungere l'unanimità supera la loro
motivazione a valutare realisticamente
azioni alternative. Deterioramento
dell’efficienza mentale e della valutazione
della realtà e del giudizio morale, risultati
dalla pressione esercitata dal gruppo. I
membri di un gruppo sono uniti e coesi tra
loro, non estranei come in Asch, e il clima è “di paura ad opporsi nonostante la scelta sbagliata”.
- Gruppi con coesione moderata prendono decisioni migliori rispetto a gruppi molto o poco coesi
- Gruppi con ala coesione, se vittime di groupthink, prendono le decisioni peggiori nonostante
l’alta insicurezza delle decisioni stesse
Prevenire meglio che curare, comporta diversità e aiuta i gruppi a prendere decisioni sensate:
- Ogni membro dovrebbe essere valutatore critico e quindi porta ad esternazione di dubbi o
obiezioni
- I top manager non dovrebbero ricorrere a comitati per approvare decisioni che sono già state
prese
- Stessi problemi dovrebbero essere analizzati da gruppi diversi con leader diversi
- Ricorrere a dibattiti dei sottogruppi ed esperti esterni per avere nuovi punti di vista
- Nella discussione delle alternative più importanti qualcuno dovrebbe essere avvocato del
diavolo per trovare aspetti negativi
- Raggiunto un accordo ciascun membro dovrebbe riesaminare la sua posizione nel caso ci
fossero punti deboli
Inerzia sociale
Viene definita come la diminuzione dello sforzo individuale in concomitanza con l’aumento della
dimensione del gruppo. Spiegazioni a supporto:
- Equità dello sforzo
- Perdita di responsabilità personale
- La perdita di motivazione dovuta alla condivisione dei premi
- Perdita di coordinamento data da più persone coinvolte nello stesso compito
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Team di progetto: eseguire progetti richiede creatività e capacità di problem solving. Gruppi di
ricerca, team di architetti, di ingegneri, di sviluppo. Dato che l’obiettivo è specifico, il fattore
tempo è vitale
è Alta specializzazione per ottenere risultati specifici
è Coordinamento basso per le unità tradizionali, alto per le unità interfunzionali (specialisti di
ambiti diversi)
è Cicli lavorativi diversi per ogni progetto, il ciclo può essere pari alla vita del team per poi
sciogliersi
è Piani, progetti, prototipi, scoperte, nuovo vaccino
Team di azione: squadre, spedizioni, chirurghi, piloti, pattuglie
è Alta specializzazione, alta preparazione e formazione
è Alto coordinamento
è Performance brevi, spesso ripetute con diverse condizioni
è Missioni, combattimento, operazioni chirurgiche
Efficacia dei team di lavoro
Due criteri di efficacia dei team di lavoro: prestazione e vitalità (spesso ignorato)
Prestazioneà il team ha concluso il lavoro? Il risultato corrisponde alle aspettative degli utenti
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Vitalitàà soddisfazione dei membri del team e il loro desiderio costante di offrire il proprio
contributo. Membri disposti a continuare a contribuire allo sforzo del team
Un team non si può dire efficiente se raggiunge l’obiettivo ma si distrugge.
I team di lavoro devono avere un sistema di supporto per essere efficacià organizzazione
orientata ai team
Un team è più efficiente se supportato dall’organizzazione. L’obiettivo del team è di essere in
armonia con la strategia dell’organizzazione e l’organizzazione deve permettere l’autonomia del
team, strumenti adeguati, programmazione ragionevole e adeguata formazione.
Il lavoro di gruppo deve essere consolidato dal sistema di ricompense.
Team di lavoro: membri con competenze di lavoro in team e efficace lavoro di team
I membri necessitano di competenze di lavoro di team
Per avere un team efficace si deve creare team nell’ambiente lavorativo e incoraggiare ad essere
buoni membri. Il team deve massimizzare il potenziale e aderire ad una sola cultura.
Orientare il team verso una situazione di problem solving à visione comune della situazione o del
problema, trovare gli elementi importanti di una situazione problematica, trovare dati rilevanti al
problema o alla situazione
Organizzare e gestire la prestazione del team à aiutare il team a stabilire obiettivi collettivi
specifici accettati, monitorare, valutare e fornire feedback sulle prestazioni del team. Identificare
altre strategie o nuova allocazione di risorse in risposta ai feedback
Favorire una ambiente di team positivo à rafforzare norme di tolleranza, rispetto ed eccellenza.
Premiare l’impegno altrui, aiutarsi e sostenersi. Modello di comportamento auspicato.
Promuovere e gestire conflitto di team à incoraggiare possibili conflitti e scoraggiarne altri, capire
il tipo e la causa dei conflitti e risolverli. Negoziazioni win win per risolvere il conflitto.
Proporre adeguatamente la propria prospettiva à difendere preferenze esplicite, sostenere punti
di vista e non cambiare posizione per altre non motivate, ma cambiarla quando è valida. Difendere
la propria argomentazione in modo cortese.
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11. Diversità di stile: vari soggetti nel team, alcuni guardano al compito, all’obiettivo, al
processo, a domande di funzionamento del team
12. Auto-valutazione: scadenza periodica dove il team esamina la qualità del funzionamento e
quali elementi potrebbero interferire con l’efficacia
Perché i team di lavoro falliscono?
Chi vuole utilizzare un approccio di team deve tener presente i vantaggi ed i limiti di questo
sistema.
Errori tipici del management (scarsa capacità di creare un Problemi sperimentati dai membri del team
ambiente di supporto per il team e il lavoro di gruppo)
- Il team non supera strategie deboli e pratiche - Il team tenta di portare a termine troppe cose in troppo
aziendali scadenti poco tempo
- Ambiente ostile per il team (comando e controllo, - Conflitti personali e conflitti sulle differenze degli stili
ricompense individuali) lavorativi
- Team usati per moda senza impegno a lungo - Troppa importanza ai risultati rispetto ai processi o alle
termine dinamiche di gruppo
- Lezioni non trasmesse da un team all’altro (limitata - Ostacoli imprevisti che portano a rinunciare
sperimentazione coi team) - Resistenza a voler agire diversamente
- Compiti vaghi o contrastanti - Abilità interpersonali mediocri (comunicazione
- Formazione sulle capacità di team non adeguata aggressiva, win lose)
- Mancanza di fiducia - Scarsa alchimia interpersonale (solitari, dominatori,
- Selezione scadente dei membri esperti)
- Mancanza di fiducia
Frequenti errori di gestione dei team
Ciò che minaccia l’efficacia del team sono le aspettative irrealistiche e irrealizzabili, che portano
frustrazione, che porta all’abbandono del team. Questo sfocia dall’intersezione degli errori tipici
del management e dai problemi dei membri del team
Problemi dei membri del team
È frequente intraprendere troppe cose troppo velocemente ed estenuarsi troppo per raggiunger
l’obiettivo, nel correre per un risultato, si perde la dinamica di gruppo. Le aspettative degli
individui devono essere ritenute realizzabili sia dal management sia dai membri. Il team non deve
abbandonare la sua posizione quando trova ostacoli. Il fallimento fa parte del processo di
apprendimento del team stesso.
Una formazione sulle capacità interpersonali può evitare problemi legati al lavoro di gruppo.
Cooperazione vs competizione
Mente la competizione fa parte di tuti noi, la cooperazione è effettivamente il fattore decisivo di
differenziazione nel contesto economico globalizzato del futuro. Dobbiamo avere la capacità di
collaborare con persone che hanno interessi e modi di pensare diversi. Solitamente le donne
trovano maggior valore nella collaborazione, gli uomini sono più restii. Il lavoro di gruppo riesce
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I vantaggi legati alla fiducia tra perone sono superiori al rischio legato al tradimento della fiducia
stessa.
Costruire la fiducia
1. Comunicazione: tenere aggiornati i membri del team e i collaboratori, spiegando le decisioni e
le politiche, con un giusto feedback. Dire la verità ed essere franchi. Discutere problemi e
limiti di un membro
2. Sostegno: mostrare disponibilità ed apertura, aiuto, consigli, sostegno alle idee dei membri
3. Rispetto: la delega (autorità decisionale) è la forma più importante di rispetto manageriale.
Ascolto attivo delle altre idee è il secondo (empowerment)
4. Lealtà: riconoscere i meriti dei collaboratori, assicurarsi che apprezzamenti e valutazioni delle
prestazioni siano obiettivi
5. Prevedibilità: coerenti e prevedibili nelle azioni quotidiane. Mantenere promesse fatte ed
implicite
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virtuali autogestiti
Tipo di team Consiglio o progetto Produzione, progetto, azione
Tipo di empowerment Consultazione, partecipazione, delega Delega
Membri Manager specialisti tecnici Produzione/servizio specialisti tecnici
Base di appartenenza Assegnata (volontaria anche) Assegnata
Rapporto con struttura org. Parallelo o integrato integrato
Grado di comunicazione faccia a faccia Tendenza a zero Varia a seconda dell’uso dell’informatica
Team virtuali
Grazie a tecnologie informatiche è possibile far parte di un gruppo di lavoro anche se non si è in
presenza. Convocazioni elettroniche e i membri partecipano stando in luoghi e in organizzazioni
diverse.
Team virtuale: un gruppo di lavoro composto da membri geograficamente distanti che porta
aventi il business avvalendosi di strumenti moderni di tecnologia informatica.
I team virtuali sono flessibili ed efficienti con alla base informazioni e capacità dei membri e non si
basano sul luogo o momento di lavoro. Il manager deve sempre assicurarsi che i team siano vitali e
ciascuno apprezzato.
Una manca del faccia a faccia può portare minore fiducia, comunicazione e senso di responsabilità.
Vantaggi: migliore coordinamento, riunioni con breve preavviso, poche spese di viaggio,
sostenibilità ambientale, minimizzare tempi morti, favorisce eterogeneità
Dalla ricerca:
- Gruppi virtuali formati tramite internet seguono un processo di sviluppo simile a quello dei non
virtuali
- Le stanze di chat su internet creano maggiore lavoro e approdano a decisioni più limitate
rispetto a incontri faccia a faccia
- Utilizzo efficace del groupware richiede formazione ed esperienza pratica
- Un leader ispiratore ha effetto positivo durante i brainstorming
- Gestione dei conflitti difficoltosa per i gruppi asincroni perché non ci sono faccia a faccia
- Se almeno un membro è da remoto il gruppo è motivato a più disciplina nel coordinamento e
comunicazione e quindi più produttiva per tutti. La situazione cambia quando si ha una coppia.
Considerazioni pratiche: questi gruppi non sono una soluzione generale. Possono essere un
problema con i non pratici dell’informatica. Il contatto visivo nella prima parte di lavoro di gruppo
è essenziale. L’interazione faccia a faccia periodica stimola un legame sociale tra i membri e facilita
la risoluzione dei conflitti.
Indispensabile: avere il sostegno del top management, formazione pratica, missione chiara,
leadership efficace e tempi pianificati di attività e scadenze
Gestire e creare un team virtuale:
Formare il team - Definire la mission, aspettative e norme di lavoro, obiettivi e scadenze
- Reclutare membri con capacità complementari eterogenee con capacità e volontà
- Avere sponsor che sostenga il progetto
- Favorire la socializzazione e corretta gestione geografica, dare informazioni biografiche
Preparare il team - Accertarsi che tutti i membri abbiano connessione e sappiano usare le tecnologie
- Garantire compatibilità hardware e software
- Assicurarsi che tutti i membri siano in grado di gestire il lavoro sincrono e asincrono
- Fare che i singoli seguano gli obiettivi di gruppo, scadenze e compiti individuali
Costruire il lavoro in - Coinvolgere tutti i membri del team
team e la fiducia - Organizzare incontri faccia a faccia, team building e svago
- Promuovere la collaborazione tra i membri del team per lavori intermedi
- Sistema di segnalazione dei conflitti
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Motivare e guidare il - Tabellone per segnare progressi del team verso gli obiettivi
team - Festeggiare successi in modo virtuale e non
- Aprire le chat con elogi e riconoscimenti
- Informare i manager di linea dei successi e progressi compiuti
Team auto-gestiti
Team auto-gestiti: lavoratori ai quali viene affidata la supervisione gestionale del loro ambito di
attività
La supervisione gestionale implica la delega di attività che solitamente sono dati ai manager,
perché capaci di eseguire ottimi lavori in autonomia. I collaboratori, in questi casi, agiscono come
supervisori di loro stessi. La gestione delle responsabilità è gestita indirettamente da manager e
leader esterni.
Secondo uno studio, i consiglieri di team sfruttavano 4 strategie di influenza indiretta:
1. Creare relazioni: comprendere la struttura di potere dell’organizzazione, costruire
fiducia e interesse per i singoli
2. Fare scouting: cercare informazioni all’esterno, trovare problemi del lavoro in team,
facilitare la risoluzione dei problemi di gruppo
3. Persuadere: acquistare supporto e risorse esterne, influenzare il team ad essere più
efficace e a seguire gli obiettivi
4. Favorire l’empowerment: delegare l’autorità decisionale, facilitare il processo
decisionale del team e fare coaching
I team autogestiti sono anche detti semi-autonomi, gruppi lavoro autonomi e super-team.
Un’organizzazione pronta ad usare questi team deve cambiare filosofia gestionale, struttura,
pratiche di selezione, formazione e remunerazione. All’interno dell’impresa deve avvenire un
capovolgimento delle autorità e controllo.
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Fase 2. Generare una molteplicità di soluzioni, dalle più scontate alle più creative à
Dopo aver trovato il problema e le cause, si devono trovare soluzioni. I principali ostacoli che i
manager trovano in questa fase sono:
- Giudizi affrettati
- Scelta di idee o soluzioni non disponibili subito
- Allocazione delle risorse per trovare soluzioni alternative inefficace
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Per questo motivo il processo decisionale dovrebbe avvenire con calma, vedendo le alternative e
investire tempo nel trovare soluzioni
Il processo viene fatto finché tutte le soluzioni possibili sono state provate o finché il problema
non cambia.
Ottimizzazione: risoluzione dei problemi tramite la scelta della migliore delle soluzioni possibili
Si basa su un insieme di presupposti altamente auspicabili ma non realmente applicabili:
- Avere informazioni complete
- Non essere toccati da sentimenti emotivi
- Valutare con attenzione e onestà le alternative
- Tempo e risorse abbondanti
- Collaboratori che disposti a sostenere e implementare le decisioni
Seguire il processo razionale in maniera realistica porta a:
- Migliorare la qualità delle decisioni, saranno più logiche in base alle conoscenze e competenze
disponibili
- Il ragionamento è trasparente e possibile da analizzare
- Se reso pubblico, questo modello scoraggia azioni non legali
Modelli decisionali non razionali
Questo modello è un tentativo di descrivere quello che avviene e si basa su questi presupposti:
- Il processo decisionale è incerto
- I decisori non hanno informazioni complete
- Difficile prendere decisioni ottimali
Due modelli decisionali non razionali sono: modello normativo (Herbert Simon) e modello Garbage
can.
Modello normativo di Simon
Modello che i manager adottano quando prendono decisioni con razionalità limitata.
Razionalità limitata: coloro che prendono decisioni sono limitati e ostacolati da alcuni vincoli
I vincoli possono essere di tipo personale (mente umana, personalità, temporali), risorse interne
(capitale umano e sociale, tecnologia, risorse finanziarie) o esterne (non manipolabili direttamente
come vincoli legislativi, tassi di occupazione) che limitano il processo decisionale.
Le limitazioni imposte dalla realtà diminuiscono il numero di informazioni in possesso e quidni la
decisione non sarà ottimale ma soddisfacente:
Processo di satisficing: optare per la prima soluzione che incontra uno standard minimo di
soddisfazione
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Motivazioni legate alle cause più frequenti dell’inefficacia del processo decisionale:
- Processi e pratiche mal definite
- Poca chiarezza di vision, mission e obiettivi aziendali
- Riluttanza dei leader a prendersi responsabilità
- Carenza di informazioni affidabili e tempestive
Modello Garbage can
Si basa sull’idea che il processo decisionale sia accidentale. Secondo questo modello, le decisioni
sono il risultato di un’interazione complessa tra quattro flussi indipendenti di eventi:
1. Problemi
2. Soluzioni
3. Attori del processo
4. Opportunità di scelta
Le interazioni sono casuali e gli elementi si combinano in maniera accidentale. Secondo questo
modello, il processo decisionale non segue delle fasi ma delle soluzioni possono essere abbinate a
qualsiasi problema in un determinato momento. Alcuni individui hanno certi incarichi solo perché
hanno meno carico di lavoro.
Questo modello ha quattro implicazioni:
- Più evidente per settori basati su innovazioni scientifiche (potenziale del processo
decisionale casuale)
- Molte decisioni sono prese per sbaglio o per opportunità significative
- Spesso le decisioni sono spinte da fattori politici e capire le conseguenze
- Maggiore probabilità che si risolvano i problemi importanti e non quelli secondari perché
più rilevanti
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Queste eristiche si usano in maniera automatica senza esserne consapevoli per ridurre l’incertezza
delle decisioni e sono frutto di esperienze passate. Aiutano i decisori a valutare i problemi che si
presentano.
Le euristiche possono causare errori sistematici che impattano sulla qualità delle decisioni,
soprattutto quando sono legati al tempo. Analizzeremo 8 bias.
1. Euristica della disponibilità: Tendenza del decisore a basare le decisioni su informazioni già
presenti nella sua memoria che sono accessibili e si riferiscono a eventi accaduti in un passato
recente. Solitamente sono più accessibili se hanno importanza rilevante (disastro aereo) o
quando riguardano emozioni forti (uno sparo). Questa euristica attribuisce probabilità troppo
alta al verificarsi di eventi rari. Questa euristica è responsabile in parte dell'effetto attualità
2. Euristica della rappresentatività: quando si valuta la probabilità che un evento si verifichi
basandosi su impressioni legate ad avvenimenti simili (valuto bene uno studente perché
proveniente dalla stessa uni di un ragazzo che conosco). Può portare a decisioni errate e non
precise
3. Bias di conferma: due comportamentià la prima è decidere inconsciamente di fare qualcosa
prima di accertarsi che la decisione sia quella giusta, la seconda e la ricerca di informazioni che
confermano la nostra decisione
4. Bias di ancoraggio: Si verifica quando i decisori sono influenzati dalle prime informazioni
ricevute anche.se sono irrilevanti, le informazioni, impressioni, dati, feedback e stereotipi delle
frasi iniziali influenzano le decisioni successive
5. Overconfidence bias: tendenza a essere eccessivamente ottimisti nelle proprie stime
previsioni, soprattutto quando si hanno domande con difficoltà moderata elevata. L' eccesso di
ottimismo influenza in modo significativo a decisioni degli imprenditori di avviare continuare
nuove attività.
6. Bias retrospettivo: quando la conoscenza di un risultato influenza le convinzioni sulla capacità
di prevedere un risultato (il prof fa sempre le interrogazioni il martedì e te studi solo quel
girono, ma una volta il prof interroga mercoledì e te non sei pronto). Solitamente ne siamo
soggetti quando si riesamina la decisione e ritentiamo di ricostruire il processo che ci ha
portato a prenderle.
7. Framing bias: in base a come sono poste le domande scegliamo solitamente quella che ci fa
ottenere più benefici con meno sacrifici
8. Escalation of commitment bias: Intensificazione dell'impegno, ovvero la tendenza a
perseverare indecisione inefficaci anche quando la situazione negativa possa scomparire
(spendo tanto in un'auto vecchia). Alcuni effetti per ridurre questa euristica
- stabilire obiettivi minimi di performance e paragonare il risultato con gli obiettivi
- durante lo svolgimento di un progetto ruotare i manager nelle posizioni chiave
- incoraggiare i decisori a diminuire il loro coinvolgimento emotivo nel progetto
- far sapere i costi necessari al perseguimento del progetto
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Identificare Raccogliere evidenze e Raccogliere evidenze Raccogliere i punti di Integrare tutti i dati, valutarli
problema o dati interni circa il circa il problema vista degli stakeholders criticamente e prendere una
opportunità problema da affrontare, delle ricerche interessati dalla decisione
valutandone la rilevanza pubblicate decisione e considerare
e validità le implicazioni etiche
Processo decisionale basato sull’evidenza in 5 frasi. Nella prima fase si raccolgono dati sul
problema da affrontare, successivamente si integrano i punti di vista degli stakeholder e visioni
etiche. Questo processo valuta i fatti con obiettività i debita bias individuali. Si ricorre a fonti
diverse per rendere l'ambiente più sistematico.
Le evidenze in questo processo hanno tre finalità:
- prendere una decisione à l’evidenza viene usata quando questa è conseguenza diretta
dell’evidenza (voglio una macchina rossa a basso costo, prendo info sulla macchina, prendo
quella rossa al prezzo più basso)
- influenzare una decisione à l’evidenza viene usata quando il processo decisionale associa
dati obiettivi e input qualitativi come intuito e negoziazione con gli stakeholders (nelle
assunzioni le referenze, impressioni soggettive, dati obiettivi derivanti dall’esperienza del
candidato)
- sostenere una decisione à l’evidenza viene usata quando una decisione viene raccolta o
modificata per legittimare una decisione già presa. Questo tipo di applicazione porta effetti
positivi (convincere soggetti esterni che l’organizzazione segue fini sani in un contesto
complesso, crea fiducia e predisposizione positiva) e negativi (ostacola l’offerta di input e il
coinvolgimento dei collaboratori, facendo credere che il management voglia agire a propria
discrezione)
Usare l’evidenza nei primi due casi è positivo e devono essere incoraggiati. Quando si usa
l’evidenza per sostenere delle scelte si deve tener presente che questa pratica ha risvolti positivi e
negativi, per questo motivo non va sempre evitata, ma il management deve valutare i casi in cui
potrebbe essere opportuno ignorare le evidenze contrarie e seguire lungo la propria linea di
azione.
Sette principi per l’implementazione
Pfeffer e Sutton propongono sette principi per l’implementazione che possono aiutare le
organizzazioni a integrare il processo decisionale basato sull’evidenza
1. Considerare l’organizzazione un prototipo incompiuto à favorire la mentalità secondo la
quale l’organizzazione è un prototipo incompiuto e potrebbe essere rotto o da riparare,
evitandola convinzione che nulla debba essere cambiato all’interno
2. Bando alla chiacchere, attenzione ai fatti à misurare e monitorare l’efficacia
dell’organizzazione e la soddisfazione dei clienti
3. Guardare sé stessi e l’organizzazione con gli occhi di un esterno à solitamente il manager ha
ottimismo e visione distorta del proprio talento e delle possibilità di raggiungere il successo.
Possono però sottovalutare i rischi e avere il commitment bias, per questo abbiamo bisogno
di figure terze per giudicarci
4. Il management basato sull’evidenza non è prerogativa dell’alta dirigenza à le organizzazioni
migliori sono quelle in cui tutti i collaboratori e il top management applicano il processo
decisionale basato sull’evidenza. I manager devono trattare i dipendenti come se dovessero
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inventare, implementare… per questo devono avere la formazione e le risorse giuste per
applicare il processo decisionale basato sull’evidenza
5. Bisogna sapersi vendere à per “vendere” il processo decisionale basato sull’evidenza bisogna
saper fare ricorso a storie e casi accattivanti
6. Fermarsi è meglio che andare avanti facendo le cose sbagliate à può succedere che i
collaboratori siano spinti a fare azioni che sanno essere inefficaci e potrebbero avere
comportamenti ostruzionistici basati sull’evidenza
7. La migliore domanda diagnostica: che cosa accade quando si sbaglia? à senza errore non si
apprende e aiuta a migliorare il sistema
Difficoltà di applicare il processo decisionale basato sull’evidenza
Può essere difficile avvalersi delle evidenze migliori in fase decisionale perché le evidenze sono
troppe, le evidenze di buona qualità sono insufficienti, le evidenze non sono pertinenti, altri
cercano di depistare il decisore, il decisore inganna sé stesso, gli effetti collaterali hanno maggiore
peso di rimediare, le fandonie sono più convincenti
DIRETTIVO (Bassa tolleranza, Orientamento al compito) COMPORTAMENTALE (Bassa Tolleranza, Orientamento alle persone)
- Bassa tolleranza per l'ambiguità - Più orientato verso le persone
- Quando prendo una decisione e più - Buon rapporto di lavoro con colleghi
orientato al compito e alle questioni - Apprezza interazioni sociali e scambi di opinioni
tecniche - Da sostegno, apprezza suggerimenti, cordiale
- Nelle soluzioni è efficiente logico e - Preferisce informazioni verbali a quella scritta
sistematico. - Evitano il conflitto
- Stile orientato all’azione e deciso e si - Più orientate verso i bisogni degli altri
concentra sui fatti - Possono avere un approccio poco convinto nel processo
- Nel raggiungere velocemente i risultati decisionale
sono autocratici, esercitano il potere e - Possono avere problemi a dire no e a prendere decisioni
controllo, focus al breve termine sgradevoli
Stile decisionale: la combinazione del modo in cui un individuo percepisce le informazioni e vi
risponde
Orientamento al valore: evidenzia quanto un individuo nel momento della decisione si concentra
sugli aspetti tecnici e sul compito piuttosto che al lato sociale e personale
Tolleranza verso l’ambiguità: quanto un individuo sente la forte necessità di strutturare e
controllare la sua vita
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Implicazioni pratiche
Poche persone hanno uno stile dominante, gli stili decisionali variano a seconda del lavoro preso in
considerazione e dalla posizione che si occupa e del paese in cui si trova. quattro modi per
utilizzare la teoria degli stili decisionali:
1. la conoscenza degli stili aiuta a capire noi stessi, il nostro stile, i punti di forza e debolezza
ed essere facilitati a migliorarsi personalmente
2. accresce la nostra capacità di esercitare influenza sugli altri
3. la conoscenza degli stili ci rende consapevoli di come i singoli, avendo le stesse
informazioni, traggono decisioni diverse con diverse strategie decisionali. I diversi stili
rappresentano a lavoro una fonte di conflitto interpersonale
4. non esiste uno stile decisionale migliore degli altri e valido per tutte le situazioni, ma è
meglio usare un approccio contingente scegliendo lo stile più adeguato alla situazione
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Usare la votazione per prendere decisioni non è consigliabile perché potrebbe creare una
spaccatura nel gruppo tra chi ha vinto e chi ha perso. per risolvere questi ostacoli siano tre
tecniche di problem solving
- brainstorming
- nominal group
- tecnica Deplhi
Brainstorming
Tecnica sviluppata da Osborn per migliorare la creatività. Il suo fine è quello di aiutare i gruppi a
generare molte idee e alternative per risolvere i problemi. Un gruppo viene convocato per
valutare il problema del giorno e ciascuno deve generare in silenzio idee o alternative per risolvere
il problema. Il silenzio porta contenuti più originali. Le idee sono poi scritte, raccolte in maniera
anonima (idee più controverse) e il gruppo si riunisce per valutare le varie alternative. Durante il
processo i manager devono attenersi a queste regole:
1. Sospendere il giudizioà Non criticare le idee generate durante la prima fase
2. costruire sulle idee degli altri à Incoraggiare i partecipanti a sviluppare le idee degli altri
3. incoraggiare idee bizzarre à favorire il pensiero libero, più stravaganti sono meglio è
4. dare importanza alla quantità più che alla qualità à scrivere e generare più idee possibili
andando oltre a quelle idee preferite
5. curare l’aspetto visivo à usare penne di colore diverso per scrivere su oggetti da
appendere al muro
6. restare concentrati sul tema à presenza di un facilitatore per guidare la discussione ed
evitare divagazioni
7. parlare uno alla volta à non si interrompono altri, non si scartano idee altrui e si tiene
sempre atteggiamento rispettoso
Si possono affinare le capacità del brainstorming con la formazione, è utile per nuove idee ma non
è adatto per valutare alternative o selezionare soluzione appropriate
Tecnica del nominal group
Questa tecnica sta serve ad aiutare i gruppi a generare idee, valutare e selezionare le varie
alternative. Consiste in un incontro strutturato di gruppo. Il gruppo viene convocato per discutere
di un problema, una volta focalizzato il tema, ciascuno espone per iscritto le proprie idee in
silenzio. In cerchio ciascuno sceglie un’idea della propria lista, tutte le idee sono scritte sulla
lavagna e non vengono discusse subito.
Completato l'elenco inizia la discussione dove possiamo criticare o difendere le idee e dove
vengono dati anche chiarimenti rispetto ad un'idea per raggiungere un accordo. Per agevolare la
discussione si può utilizzare il metodo dei 30 secondi: ciascun membro può parlare a favore o
contro qualsiasi idea per massimo 30 secondi.
Altrimenti, i gruppi possono creare una matrice sforzo/benefici e trovare i costi e i potenziali
benefici di ciascuna idea.
Alla fine, i membri indicano la loro preferenza e il capogruppo somma i voti per stabilire l'idea
vincente. Prima della decisione finale, il gruppo può optare per una seconda valutazione rispetto
alle idee più votate.
Questa tecnica riduci la difficoltà nel processo decisionale perché:
- separa la fase di brainstorming e quella di valutazione
- propone una partecipazione equilibrata tra i membri del gruppo
- sia una votazione per raggiungere l'accordo
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Questa tecnica si usa in varie situazioni e genera più idee del brainstorming.
Tecnica Deplhi
Questo metodo è stato sviluppato per effettuare previsioni tecnologiche. È un processo applicato
alla comunicazione di gruppo durante il quale esperti, anche in diverse zone geografiche,
generano idee ed esprimono giudizi in forma anonima.
In questo caso le idee vengono raccolte con questionari o comunicazioni via internet. Il manager
espone il problema, vengono poi selezionati i partecipanti e formulato un questionario che viene
poi inviato. Il manager riassume le risposte e le rispedisce ai partecipanti. Si chiede poi a ciascuno
di riesaminare la propria proposta, di assegnare priorità agli argomenti considerati e di restituire
entro un periodo specificato il questionario. Questo iter viene fatto finché non si hanno le
informazioni necessarie.
Questa tecnica è utile quando non possiamo organizzare incontri in presenza, quando disaccordi
possono compromettere la comunicazione, quando alcuni individui potrebbero essere
predominante nella discussione e quando c'è alta probabilità di groupthink.
12.6 CREATIVITÀ
C'è sempre più un crescente bisogno di prendere decisioni rapidamente e l'organizzazione deve
stimolare la creatività e l'innovazione dei collaboratori. In alcuni casi la creatività e l'innovazione
sono le chiavi del successo. la creatività fa parte delle quattro fasi del processo decisionale
razionale e in qualsiasi momento si debba risolvere un problema, anche nel brainstorming.
Definizione caratteristiche individuali associate alla creatività
Creatività: processo volto allo sviluppo di qualcosa di unico il nuovo ricorrendo all’immaginazione
e alle proprie abilità
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La creatività può portare a risultati semplici o complesse. si possono avere tre tipologie generali di
creatività:
1. qualcosa di nuovoà creazione
2. combinare o sintetizzare qualcosa à sintesi
3. migliorare o modificare le cose à modifica
Il comportamento creativo è influenzato da varie caratteristiche della persona, motivazione, agire
fuori dagli schemi, sviluppano una conoscenza tacita esplicita rispetto a un interesse o
un’occupazione.
In generale i creativi sono insoddisfatti dello status quo e cercano nuove soluzioni ai problemi e
tendono ad essere curiosi, non sono solo geni o persone introverse, nemmeno degli “adattatori”.
Non ci sono poi differenze tra uomo e donna di livelli di creatività.
Caratteristiche individuali associate alla creatività:
Capacità intellettuali - capacità di vedere i problemi da altre prospettive e non avere limiti
- saper riconoscere quali idee sono sviluppabili
- saper persuadere influenzare gli altri
conoscenza tacita ed esplicita rispetto a un settore, argomento, servizio
stile di pensiero - preferenza verso nuovi modi di pensare scelti personalmente
aspetti personali - propensione a superare ostacoli
- propensione ad assumere rischi ragionevoli
- propensione a tollerare l'ambiguità
- autoefficacia
- apertura l'esperienza e coscienziosità
motivazione intrinseca il compito -
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Il cambiamento genera conflitto e il conflitto genera cambiamento. Gestire il conflitto non evita il
cambiamento o di avere il massimo del successo, ma è un investimento che porta un
miglioramento nell'organizzazione traendo vantaggio dal cambiamento che avviene. Una buona
gestione del conflitto permette di restare in contatto con nuovi sviluppi e creare soluzioni
adeguate alle minacce nascenti.
Conflitto: processo per cui una parte percepisce che i propri interessi sono ostacolati o influenzati
negativamente da un'altra parte
Questo può rafforzarsi o indebolirsi nel tempo ma deve essere gestito.
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Qualsiasi tipo di interazione che non abbia conflitti recenti ridurrà la stereotipizzazione e quindi
ridurrà l'in-group thinking. Più contatto porta meno pregiudizi.
Il numero di relazioni negative è significativamente correlato con le elevate percezioni di conflitti
tra gruppi. Le relazioni negative vanno oltre gli effetti positivi collegati alla creazione di legami
amichevoli tra gruppi.
Legami di amicizia tra gruppi diversi può essere possibile anche se tuttavia sopraffatti dalle
relazioni negative tra gruppi.
La priorità dei manager nel caso di conflitti tra gruppi e quella di identificare ed eliminare specifici
legami negativi tra gruppi (come conflitti di personalità). Se si vuole minimizzare il conflitto si deve
agire all’interno del gruppo evitando pettegolezzi di terzi e sostenere atteggiamenti positivi verso
il gruppo.
Il livello di conflitto tra gruppi percepito tende ad interventi suggeriti:
aumentare quando: -eliminare interazioni negative specifiche tra i gruppi
- il conflitto nel gruppo è alto - formazione sul team building e preparare i collaboratori per un lavoro di gruppo
- interazioni tra gruppi o tra membri dei interfunzionale
gruppi sono negative - incoraggiare le amicizie e buoni rapporti tra i gruppi e i reparti
- pettegolezzi i terzi su altri gruppi influiscono - sostenere atteggiamenti positivi nei confronti di altri gruppi
negativamente - evitare o neutralizzare pettegolezzi negativi tra i gruppi e i reparti
Conflitti interculturali
Relazioni tra culture diverse dipendono dal fatto di evitare o minimizzare un conflitto reale o
presunto. Si devono superare le differenze culturali, neutralizzare gli stereotipi e ricorrere in caso a
consulenti internazionali per costruire relazioni interculturali.
E consulenti possono aiutare a distinguere eventuali conflitti tra gruppi o di personalità tra conflitti
basati sulle differenze culturali.
Modi di costruire relazioni interculturali (dal più al meno importante): buon ascoltatori, sensibili ai
bisogni degli altri, collaborativi, avere una leadership inclusiva, essere accomodanti, creare
relazioni tramite conversazioni, essere comprensivi, evitare conflitti, prendersi cura degli altri
13.3 GESTIRE I CONFLITTI
Stimolare i conflitti funzionali
In alcuni casi i gruppi che devono prendere decisioni non riescono ad ottenere un risultato
sostanzioso. Un conflitto funzionale tenuto sotto controllo potrebbe attivare uno spirito creativo. I
manager possono puntare su un conflitto spontaneo oppure ad un conflitto programmato punto
Conflitto programmato: conflitto che suscita opinioni diverse a prescindere dai personali
sentimenti dei manager
In questi conflitti chiunque deve difendere o criticare le idee basandosi su fatti rilevanti e non su
preferenze personali e rispettare il proprio ruolo. Due tecniche sono l'avvocato del diavolo e il
metodo dialettico.
L’avvocato del diavolo à assegnare a qualcuno un ruolo critico. Questo conflitto programmato è
volto a stimolare il senso critico e una forte adesione ai dati di fatto. Consigliabile alternarsi il ruolo
per evitare reputazioni negative. Rivestire questo ruolo è un buon addestramento per lo sviluppo
delle abilità comunicative e analitiche
Metodo dialettico à sviluppare un dibattito tra punti di vista opposti per una migliore
comprensione del problema. Analisi della tesi e dell’antitesi. I manager devono sostenere un
dibattito strutturato basato su punti di vista opposti. Svantaggio: voler vincere potrebbe far
perdere di vista il fulcro della discussione. Questo metodo necessita di una formazione più forte
rispetto alla precedente.
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I metodi sembrano paritari a livello di risultati. Rispetto ai gruppi orientati al consenso, i gruppi che
hanno utilizzato questi due metodi hanno prodotto decisione di qualità migliore. Una ricerca
recente dice però che il metodo dell’avvocato del diavolo produce risultati più efficaci.
La scelta delle tecniche è indifferente e vede l’esperienza dei manager stessi. È necessario
stimolare un conflitto funzionale quando si è alto rischio di conformismo o groupthink. Prima di
prendere una decisione ci deve essere discussione e il leader deve sapere come creare tensione e
accendere un dibattito.
Esiste una relazione positiva tra grado di dissenso della minoranza e l’innovazione di gruppo
quando si ha un processo decisionale partecipativo.
Itinerario dell'avvocato del diavolo Metodo decisionale dialettico
1 si crea un itinerario per l'azione 1 si crea un itinerario per l'azione
2 l'avvocato del diavolo deve criticare la proposta 2 vengono identificati i presupposti sottostanti la proposta
3 la critica viene presentata ai deciso chiave 3 viene prodotta una contro proposta basata su presupposti diversi
4 si riuniscono le informazioni aggiuntive rilevanti nella 4 i portavoce di ciascuna posizione presentano e discutono i valori
discussione delle loro proposte davanti ai decisori chiave
5 si prende la decisione necessaria per adottare, modificare o 5 viene presa la decisione per l'adozione di una o l'altra posizione o un
abbandonare il corso d’azione proposto compromesso
Integrante: Premuroso:
persone con questo stile confrontano i contenuti e collaborano a Meteo da parte le sue preoccupazioni favore degli altri.
Alta preoccupazione
trovare il problema generando e valutando soluzioni alternative Appianatore, minimizza le differenze e valorizza i punti in
per poi trovarne una. Questo stile è utile quando si hanno comune. Usato per gestire conflitti dove possiamo ottenere
questioni complesse generale malintesi e risolvere i conflitti qualcosa in cambio ma è adeguata in caso di problemi complessi.
per gli altri
radicati in sistemi con valori contrapposti. Soluzione di lunga Valorizza la collaborazione ma propone soluzioni temporanee.
durata perchè trova i problemi profondi ma richiede tempi lunghi
Favorevole al compromesso:
Comporta dare e ricevere. Utile quando le parti hanno obiettivi opposti o hanno
lo stesso grado di potere. Non comporta perdenti ma porta a soluzioni
temporanee che possono soffocare una risoluzione del problema più creativo
Bassa preoccupazione
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13.4 NEGOZIAZIONE
Negoziazione: processo di dare avere in atto tra parti interdipendenti coinvolte in un conflitto
Due tipi di negoziazione
Negoziazione distributiva: da una “torta” qualcuno trae porzioni maggiori a spese dell'altro
(contrattare un prezzo). Strategia win lose.
Negoziazione integrativa: in molti conflitti ci sono più argomenti e ciascuno attribuisce ad essi un
valore diverso. La negoziazione integrativa che può arrivare a un accordo migliore per entrambe le
parti. Win win.
Le parti, tuttavia, non considerano vantaggiose tali soluzioni perché ciascuna di queste
presuppone che suoi interessi siano direttamente in conflitto con quell'altra parte “se è buono per
lui, allora non è giusto per me” (mito della torta fissa).
La negoziazione che crea valore aggiunto è un approccio integrativo che può superare gli ostacoli
culturali:
separatamente insieme
Passo 1: chiarire gli interessi - discutere i rispettivi bisogni
- Identificare bisogni tangibili non tangibili - trovare punti in comune per la negoziazione
Passo 2: identificare delle opzioni - Creare un mercato del valore discutendo su
- identificare gli elementi di valore (denaro, rischio) elementi di valore
Passo 3: progettazione di pacchetti di accordi alternativi
- mescolare e abbinare elementi di valore nelle
- identificare scambiare soluzioni differenti
combinazioni possibili
- pensare in termini di accordi multiple
Passo 4: selezione di un accordo - discutere selezionare tre pacchetti attuabili
- analizzare i pacchetti proposti dall’altra parte - pensare a termini di accordi creativi
Passo 5: accordo perfetto - discutere questioni risolte
- sviluppare un accordo per iscritto
- creare i rapporti per negoziazione future
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14.1 DIMENSIONI BASE DEL PROCESSO COMUNICATIVO E IMPATTO DEI SOCIAL MEDIA
La comunicazione è definita come lo scambio di informazioni tra un mittente e un destinatario e la
deduzione (percezione) del significato tra le parti coinvolte. È quindi necessario ideare programmi
di comunicazione che rispecchino le esigenze dell’organizzazione
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questo modello perché ritenuto non realistico poiché quest’ultimo parte dall’assunto che la
comunicazione trasmetta, da un individuo all’altro, significati voluti, presumendo che chi legge o
ascolta capisca perfettamente ciò che intendiamo comunicare. Per tali motivazioni, i ricercatori
hanno iniziato ad esaminare la comunicazione come una forma di elaborazione sociale
dell’informazione, durante il quale i destinatari elaborano i messaggi tramite un’informazione
elaborata razionalmente. Tale modo di interpretare il processo comunicativo è stato definito
modello percettivo della comunicazione. Questo, descrive la comunicazione come un processo
nei quali i destinatari creano nella loro mente un significato ci quanto viene detto. Esaminiamo gli
elementi che lo compongono:
• Mittente, messaggio e destinatario: il mittente è l’individuo che desidera comunicare delle
informazioni, cioè il messaggio, mentre il destinatario, è l’individuo, il gruppo o
l’organizzazione a cui il messaggio è rivolto.
• Codifica: consiste nel tradurre un pensiero mentale in un codice o in un linguaggio che può
essere capito da altri e costituisce le fondamenta del messaggio.
• Scelta del mezzo di comunicazione: ci si
può avvalere di una varietà di mezzi al
fine della comunicazione. La scelta dei
mezzi appropriati dipende da molti
fattori, inclusa la natura del messaggio,
il tipo di pubblico e quanto questo
pubblico è vicino, l’orizzonte temporale
per la diffusione del messaggio, le
preferenze e le capacità individuali.
Tutti i mezzi di comunicazione
presentano vantaggi e svantaggi. Le
conversazioni faccia a faccia, ad esempio, sono utili per la comunicazione di questioni
importanti e richiedono un feedback e un’interazione intensa. Le telefonate sono utili per
lo scambio di informazioni rapide ma mancano di informazione non verbale.
• Codifica e costruzione del messaggio: è il processo che avviene quando il destinatario
riceve il messaggio, lo interpreta e gli attribuisce un significato. Il modello percettivo si basa
sulla convinzione che sia il destinatario a elaborare nella sua mente il significato di un
messaggio.
• Feedback: quando il mittente ottiene una qualsiasi reazione dal destinatario.
• Disturbo: rappresenta qualunque cosa vada a interferire con la trasmissione e la
comprensione del messaggio e che può influenzare qualsiasi fase del processo
comunicativo.
Barriere ad una comunicazione efficace
Le componenti essenziali di un processo comunicativo sono due: il mittente deve comunicare con
precisione il messaggio desiderato, altrimenti è improbabile che sarà compreso, e il destinatario
deve percepire e interpretare il messaggio con altrettanta precisione. Qualsiasi elemento che si
frapponga alla trasmissione e recezione è una barriera. La comunicazione non può andare a buon
fine se in una qualsiasi sua fase questa viene disturbata o interrotta. In linea generale le barriere
che possono ostacolare il processo comunicativo sono tre: (1) barriere personali, (2) barriere
fisiche, (3) barriere semantiche.
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con un diverso fuso orario dal nostro. La stessa disposizione degli uffici può rappresentare una
barriera fisica, motivo per cui un numero sempre più crescente di imprese si affida a esperiti in
grado di progettare spazi che favoriscano l’interazione e, laddove necessario, la privacy.
Barriere semantiche. La semantica è lo studio delle parole e del loro significato. Tali barriere sono
spesso tipiche dell’economia globalizzata moderna, dove vi è una crescente diversità e diverse
origini della forza lavoro. In tal caso, il gergo e alcuni termini in voga rappresentano delle tipologie
di barriere semantiche. Il gergo, nello specifico, è dato dal linguaggio, dagli acronimi e la
terminologia specifici di una professione, di un gruppo o di una azienda. Tali termini però
potrebbero non esserne compresi al di fuori. Dobbiamo quindi scegliere bene le parole adeguate
per i nostri messaggi a seconda della situazione e degli schemi di riferimento del destinatario.
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Il linguaggio del corpo e dei gesti. I movimenti del corpo sono fonte di informazioni non verbali
che possono sia migliorare che peggiorare la funzione comunicativa. Posizioni del corpo aperte,
come la tendenza di sporgersi verso l’interlocutore, comunicano immediatezza, termine usato per
esprimere calore, vicinanza e predisposizione alla comunicazione. Un atteggiamento difensivo
viene trasmesso da gesti quali le braccia conserte, le mani incrociate o le gambe accavallate.
L’analisi del linguaggio del corpo da facilmente adito a interpretazioni anche sbagliate e che
possono dipendere in gran parte dal contesto
Il contatto. Di solito si avere contatto fisico con le persone che piacciono. Le norme relative al
contatto fisico variano significativamente da cultura a cultura.
L’espressione del viso. Le espressioni facciali forniscono un notevole numero di informazioni. Il
legame tra le espressioni del viso e le emozioni variano significativamente da cultura a cultura,
occorre infatti fare attenzione all’uso delle espressioni facciali dei diversi collaboratori quando si
opera in contesti interculturali.
Il contatto visivo. Rappresenta un forte segnale non verbale che nella comunicazione svolge 4
funzioni: segnala l’inizio e la fine della conversazione regolandone il flusso; uno sguardo intenso
facilita e monitorizza il feedback perché esprime interesse e attenzione; trasmette un sentimento;
è legato al rapporto tra gli interlocutori. Le abitudini relative al contatto visivo cambiano da cultura
a cultura.
Ascolto attivo
È stata notata una correlazione positiva tra l’efficacia dell’ascolto e la soddisfazione del cliente, a
fronte di una correlazione negativa con l’intenzione, da parte del collaboratore, di abbandonare il
posto di lavoro. Ascoltare un messaggio comporta uno sforzo maggiore del semplice udirlo.
L’ascolto è quel processo che comporta una decodifica e un’interpretazione attiva dei messaggi
verbali; richiede una attenzione e rielaborazione dell’informazione.
Stili di ascolto. Ciascun individuo adotta uno stile di ascolto preferenziale, alcuni presentano una
combinazione di più stili. Gli stili di ascolto principali sono 5:
• Stile che mostra apprezzamento: tende ad ascoltare con uno stato d’animo rilassato,
prediligendo informazioni piacevoli, divertenti e ispiratrici e a non essere in sintonia con
individui con scarso senso dell’umorismo.
• Empatico: interpreta i messaggi prestando attenzione alle emozioni e al linguaggio del
corpo dell’interlocutore, nonché al mezzo di comunicazione, astenendosi dal giudizio
• Olistico: attribuisce un significato al messaggio attribuendo pensieri e azioni specifiche
integrando le informazioni così ricavate con l’analisi delle relazioni tra le idee. Predilige le
presentazioni logiche e senza interruzioni
• In grado di distinguere: tenta di comprendere il messaggio principale e di individuarne i
punti più rilevanti, prende appunti e predilige presentazioni logiche.
• Valutativo: ascolta analiticamente e formula argomentazioni su ciò che viene affermato,
tendendo ad accettare o bocciare i messaggi a seconda delle sue opinioni, pone numerose
domande e tende ad interrompere l’interlocutore
Diventare un ascoltatore migliore. Occorrono energia e forte motivazione per poter veramente
ascoltare gli altri. la sensazione di non essere ascoltati può minare la qualità del rapporto
interpersonale nonchè alimentare sentimenti di insoddisfazione, diminuire la produttività e
peggiorare il servizio alla clientela. La tabella riporta le chiavi di un ascolto efficace
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verso l’alto, un superiore; verso il basso con i diretti subordinati, orizzontalmente con i colleghi e
esternamente con i clienti o fornitori. Vedremo poi come l’efficacia comunicativa è determinata da
un’adeguata corrispondenza tra il contenuto del messaggio e il mezzo impiegato per comunicarlo.
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In opposizione agli individui di collegamento vi sono le talpe organizzative, che usano le voci di
corridoio al fine di ottenere informazioni negative sugli altri al fine di valorizzare il proprio potere
ed il proprio status. Tale comportamento permette alla talpa di sviare l’attenzione da sé stesso e
di apparire più competente di altri.
Le ricerche hanno evidenziato alcuni aspetti importanti relative alle voci di corridoio:
• è un canale più rapido di quelli formali
• è attendibile per il 75%
• le persone vi fanno affidamento quando si sentono insicure, minacciate o poste di fronte a
cambiamenti organizzativi
• non è una forma di comunicazione isolate, ma è integrato a tutte le altre modalità di
comunicazione
tale comportamento deve essere quindi monitorato e influenzato piuttosto che controllato.
Il management by walking around. È una particolare metodologia che richiede ai manager di
camminare per gli uffici e intrattenere conversazioni informali con i collaboratori di tutte le unità e
di tutti i livelli. Alcuni consigli:
1. dedicare una certa quantità di tempo settimanale all’attività
2. mantenere l’attenzione sulle persone con cui si sta parlando evitando distrazioni
3. esercitare l’ascolto attivo e non pensare che il lavoro possa essere l’unico argomento di
conversazione
4. deve essere una conversazione bilaterale, si deve mostrare interesse per i timori e
problemi dell’interlocutore
5. annotare le faccende che devono essere approfondite
6. ringraziare l’interlocutore per il suo tempo e il feedback
Scelta del mezzo di comunicazione: una prospettiva contingente
Ci concentriamo ora sull’analisi del come del processo comunicativo, esaminando quale sia il
mezzo migliore per comunicare attraverso mezzi formali o informali. Si può scegliere tra un
ampissimo ventaglio di mezzi di comunicazione (face to face, telefonata, sms, e-mail..), in tal senso
i manager possono ridurre il sovraccarico di informazioni e migliorare l’efficacia della
comunicazione operando una scelta oculata sul mezzo da utilizzare. Bisogna quindi selezionare i
mezzi di comunicazione in maniera sistematica ed efficace. La selezione die mezzi si basa
sull’interazione tra la ricchezza del mezzo e la complessità del problema oggetto di discussione.
Ricchezza del mezzo di comunicazione. definisce la potenziale capacità dei dati di contenere
informazioni. Se il dato fornisce molta comprensione l’informazione è considerata ricca e
viceversa. La ricchezza del mezzo è quindi la capacità di un dato mezzo di trasmettere informazioni
e favorirne la comprensione. I mezzi possono essere più o meno ricchi. La ricchezza del mezzo di
comunicazione si basa su 4 fattori:
1. feedback (lento o veloce)
2. canale (dato dalla combinazione di caratteristiche audio- visive)
3. tipo visivo di comunicazione (personale vs impersonale)
4. fonte linguistica (linguaggio del corpo e del discorso o dei dati scritti)
la conversazione bidirezionale faccia a faccia è il mezzo di comunicazione più ricco, fornisce un
feedback immediato e permette di osservare molteplici segnali linguistici. Sulla parte opposta
della scala abbiamo le newsletter e i report finanziari. Le email e gli sms hanno un grado di
ricchezza variabile, basso se rivolto ad un pubblico ampio e alto se sono di carattere personale e
favoriscono un feedback di conversazione rapido.
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Complessità del problema. Situazioni con un basso grado di complessità fanno parte della routine,
sono prevedibili e vengono gestite tramite procedure standard. Situazioni con un alto gradi di
complessità, come la riorganizzazione della stessa azienda, sono ambigue ed imprevedibili, difficili
da analizzare e spesso sono anche cariche di una componente emotiva.
Raccomandazioni legate alle situazioni.
Esistono tre zone di efficacia della
comunicazione. la comunicazione è efficace
quando la ricchezza del mezzo si accorda con la
complessità del problema. Mezzi con un basso
grado di ricchezza sono adatti a problemi
semplici e quelli con alto grado di ricchezza a
problemi complessi. La comunicazione non
efficace si verifica quando in situazioni in cui
mezzo di comunicazione e complessità del
problema non sono in linea tra di loro. È stato
inoltre rilevato che l’uso dei mezzi di
comunicazione e significativamente diverso per
livelli organizzativi.
La net generation
Sono coloro nati dal 1977 al 1997 e presentano caratteristiche uniche nel loro genere, non solo in
termini di dimensioni ma soprattutto perché sono cresciuti con la presenza di internet costante
nelle loro vite. La visione del mondo di questa generazione, plasmata dall’uso di internet e delle
tecnologie digitali, fornisce una buona visione su come stanno mutando gli ambienti di lavoro. I
net gener stanno proponendo nuovi approcci alla collaborazione, alla condivisione della
conoscenza e all’innovazione. I ricercatori hanno individuato otto norme della net generation che
racchiudono i loro sistemi di esperienze, atteggiamenti, e aspettative. Essi cercano nella loro vita
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lavorativa lo stesso accesso istantaneo a informazioni complete e contatto personale che hanno
nella loro vita privata.
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Due tipi di potere. il bisogno di potere è uno dei bisogni primari dell’uomo, poiché è appreso e
non innato. Il potere socializzato si ricollega a dimensioni di piani, dubbi personali, volontà di
aiutare gli altri e preoccupazione per gli altri, mentre quello personalizzato riguarda le espressioni
di potere con obiettivo il puro rafforzamento personale. Tutti coloro che perseguono il potere
personalizzato per scopi egoistici contribuiscono a dare una cattiva connotazione al potere. si
parla di potere personalizzato generalmente quando:
• Ci si concentra in misura preponderante sulla soddisfazione dei propri bisogni
• Non ci si concentra sui bisogni dei collaboratori
• Ci si comporta come se si fosse al di sopra delle regole che gli altri sono tenuti a rispettare
Le cinque basi del potere. il potere ha origine su cinque basi diverse, ciascuna delle quali ha
origine da un approccio diverso all’esercizio dell’influenza sugli altri:
• Potere di ricompensa: quando si ottiene obbedienza promettendo o assegnando
ricompense. Queste ultime comprendono anche riconoscimenti verbali o scritti o altre
forme di rinforzo. Solitamente si assiste ad una totale assenza di feedback fino a quando il
lavoro non viene completamente finito, questo è un grande errore e non rende onore agli
sforzi necessari per raggiungere all’obiettivo prefissato
• Potere coercitivo: quando si compiono minacce di sanzioni o penalità
• Potere legittimo: la base di questo potere è legata alla posizione o all’autorità formale.
Questo si può esprimere sia in modo positivo che negativo. Nel primo caso ci si concentra
in modo costruttiva sulla performance lavorativa, nel secondo si tende ad essere
minacciosi o degradanti nei confronti di chi subisce il potere. lo scopo principale è
rafforzare l’ego di chi lo detiene
• Potere di competenza: conoscenze o informazioni qualificate danno all’individui questo
genere di potere rispetto a coloro che invece necessitano di tali informazioni
• Potere di esempio: viene chiamato anche carisma, ovvero quando la personalità del leader
diventa ragione di obbedienza.
Richerche sul potere sociale
Alcune ricerche hanno dimostrato che uomini e donne dimostrano di avere il medesimo bisogno di
potere personalizzato, ma che le donne dimostrano un bisogno più alto innato di potere
socializzato. Questo porta ad una maggiore tensione tra i sessi in tal senso: gli uomini detengono
la maggior parte del potere e oppongono resistenza a qualsiasi cambiamento in termini di esso.
Altri studiosi hanno poi cercato di individuare quali fossero i rapporti tra le basi del potere e i
risultati in termini di performance lavorativa, soddisfazione professionale e turnover:
• Il potere di competenza e di esempio hanno un impatto positivo sulle performance
• Il potere di ricompensa e legittimo un impatto leggermente positivo
• Il potere coercitivo un impatto leggermente negativo
Anche la persuasione razionale si è rivelata una tattica accettata di buon grado. In sintesi, i poteri
in grado di esercitare il miglior risultato sono quelli di competenza ed esempio.
103
tendono, invece, a favorire l’impegno. I collaboratori che si limitano ad obbedire hanno bisogno di
frequenti scossoni al fine di mantenersi orientati su un atteggiamento produttivo mentre i
collaboratori che si impegnano tendono ad essere attivi sin dal primo stadio nel lavoro e non
richiedono un eccessivo controllo. Questo permette un notevole risparmio in termini di energie e
denaro.
Management partecipativo
Il management partecipativo è il processo per mezzo del quale i collaboratori assumono un ruolo
diretto:
1. Nello stabilire obiettivi
2. Nel prendere decisioni
3. Nell’apportare cambiamenti all’interno dell’organizzazione
4. Nel risolvere problemi
La gestione collaborativa, sicuramente, implica molto di più che chiedere ai collaboratori la loro
opinione su qualche questione. I ricercatori affermano che incrementa la soddisfazione, l’impegno
e la performance dei dipendenti. In merito alla teoria di Maslow dei bisogni e al modello delle
104
caratteristiche del lavoro, si prevede che il management partecipativo sia collegato ad un aumento
della motivazione perché aiuta i collaboratori a soddisfare tre bisogni fondamentali: l’autonomia,
l’attribuzione di significato al lavoro, il contatto interpersonale. La soddisfazione di questi bisogni
fa sentire l’individuo più accettato, ne valorizza l’operato e aumenta il suo senso di sicurezza. Il
management partecipativo, però, non può essere applicato a tutte le situazioni. Tre aspetti
influiscono sulla sua efficacia: l’organizzazione del lavoro, il livello di fiducia tra manager e i
collaboratori e la competenza e prontezza a partecipare di questi ultimi. Tale processo risulta
controproducente quando i collaboratori non possiedono una comprensione globale del processo
produttivo (per es. catene di montaggio) o quando non si è istaurato un adeguato livello di fiducia
tra individui.
Delega
Il più alto grado di empowerment è la delega, ovvero il processo mediante il quale a collaboratori
di livelli più bassi viene conferita una autorità decisionale. Questo corrisponde ad una
distribuzione del potere. la delega conferisce, in fase decisionale, non solo voce in capitolo ma
anche la possibilità di prendere decisioni.
Ostacoli alla delega. Nelle organizzazioni è necessario uno sforzo concreto e comune al fine di
attuare il processo di delega, superando questi ostacoli:
• Convinzione che le cose fatte bene devono essere fatte da soli
• Basso grado di fiducia in sé stessi
• Paura di essere considerati pigri
• Definizione vaga del lavoro da svolgere
• Paura della concorrenza da parte dei subalterni
• Riluttanza a correre rischi derivanti dal coinvolgimento di altri
• Scarsità di controllo nel caso in cui qualcosa vada male negli aspetti delegati
• Esempi mediocri da parte dei capi che non ricorrono mai alla delega
Ricerche sulla delega e implicazioni sulla fiducia e iniziativa personale. Attraverso alcune ricerche
è stato possibile dimostrare che vi è stato un grado
maggiore di delega quando:
1. Il collaboratore era competente
2. Il collaboratore condivideva gli obiettivi di
lavoro del manager
3. I manager e i collaboratori avevano tra di loro
un rapporto positivo e di lunga durata
4. La persona a livello gerarchico inferiore è a sua
volta un supervisore
Lo scenario descritto si riconduce ad un unico fattore
determinante: la fiducia. L’evoluzione
dell’empowerment appare come una scala a tre
gradini verso la fiducia: consultazione, partecipazione
e delega. I manager devono quindi partire dalle piccole cose per ascendere in questa scala. Uno
dei metodi migliori per acquisire fiducia è dimostrare iniziativa personale. Questa, è un
comportamento che risulta dall’approccio attivo dell’individuo nei confronti del lavoro, e va oltre a
ciò che viene formalmente richiesto nella mansione.
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Tattiche politiche
Quelle emerse da alcuni studi sono essenzialmente otto:
1. Attaccare o incolpare gli altri: usata per minimizzare un errore o un fallimento. È proattiva
quando l’obiettivo è quello di ridurre la competizione per risorse limitate
2. Strumentalizzare le informazioni: implica il tacere o distorcere le informazioni. Rendere
poco chiara una situazione sfavorevole sommergendo di altro genere di informazioni gli
individui
3. Creare un’immagine favorevole di sé (gestione dell’impressione): rendersi visivamente
piacevoli agli altri. aderire a norme organizzative o attirare l’attenzione su di sé. Prendersi i
meriti per risultati positivi ottenuti da altri
4. Costruire una base di sostegno: ottenere sostegno preventivo per una decisione. Costruire
tramite la partecipazione l’impegno di altri.
5. Elogiare gli altri (propiziazione): accattivarsi le simpatie di persone influenti
6. Formare coalizioni con alleati potenti: unirsi a persone in grado di conseguire importanti
risultati
7. Associarsi con persone influenti: costruire una rete di supporto sia all’interno che
all’esterno dell’organizzazione
8. Creare obblighi: creare debiti sociali
Tali tattiche si possono poi suddividere in reattive e proattive. Le reattive hanno il principale
intento di difendere i propri interessi mentre le proattive quello di promuoverli. Inoltre, gli
individui, in relazione a queste tattiche si possono suddividere in tre categorie a seconda del loro
uso di questi strumenti.
Gestione dell’impressione
La gestione dell’impressione è definita come quel processo con il quale si cerca di controllare e di
manipolare le reazioni di altri in merito alla propria immagine o idea. Riguarda il modo in cui ci si
veste, si parla, o ci si atteggia. Ci concentreremo sulla gestione dell’impressione di tipo
ascendente, ovvero il tentativo di suscitare certe reazioni nei confronti di persone di livello
gerarchico superiore. È bene ricordare che tutti, però, possono diventare oggetto di gestione
dell’impressione.
Aspetti concettuali collegati. La gestione dell’impressione è un interessante crocevia concettuale
tra l’auto-osservazione, la teoria dell’attribuzione e le manovre politiche. I collaborati ad elevato
grado di auto-osservazione (camaleonti che si adattano all’ambiente circostante) saranno
probabilmente più inclini ad impegnarsi nella gestione dell’impressione. Questa tecnica si inserisce
senza alcun dubbio all’interno dei giochi politici, poiché il suo obiettivo è quello di favorire gli
interessi della persona che la mette in pratica.
Fare una buona impressione. Le persone che puntano al successo tengono pronto un
atteggiamento positivo per tutte le occasioni. Vi sono nello specifico tre categorie di tattiche per la
gestione dell’impressione favorevole verso i superiori:
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16. LEADERSHIP
Nella sezione ci occuperemo di fornire una panoramica completa sulla leadership, sia efficace che
inefficace. Tratteremo i seguenti argomenti: tratti della personalità e approcci comportamentali
alla leadership, teorie contingenti della leadership, le teorie full range e altre prospettive
alternative sul tema.
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Cosa e’ la leadership
Il disaccordo su una specifica definizione di leader deriva dal fatto che vi è una complessa
interazione, difficile da descrivere tra il leader, i collaboratori e la situazione contingente. I leader
sono stati definiti quindi secondo una molteplicità di approcci: secondo la personalità e le
caratteristiche fisiche, rispetto ad una serie di comportamenti predefiniti, rispetto all’influenza che
esercitano sui follower, rispetto gli obiettivi raggiunti o ancora dal punto di vista delle capacità. Le
numerose definizioni di leadership rappresentano però quattro elementi in comune, la leadership
è:
• Un processo tra leader e follower
• Legata all’influenza sociale
• Si manifesta a diversi livelli dell’organizzazione: a livello individuale comporta il ruolo di
mentore e deve ispirare e motivare, a livello di team deve generare coesione e risolvere i
conflitti, a livello organizzativo, generare una cultura e creare cambiamenti
• Incentrata sul raggiungimento degli obiettivi
È quindi definita come un processo mediante il quale un soggetto influenza un gruppo di individui
al fine di raggiungere un obiettivo comune. Ci sono due elementi che mancano però nella
definizione sopra: la prospettiva morale e il punto di vista dei follower. Questi ultimi aspetti
possono incidere sull’efficacia della leadership.
Leadership vs management
Alla base di questi approcci vi deve essere una consapevolezza delle differenze tra leader e
manager. I leader gestiscono mentre i manager guidano e, benchè spesso le due attività si
frappongano una comporta una serie di attività diversa dall’altra. Il manager svolge solitamente
funzioni associate alla pianificazione, alla ricerca di informazioni, all’organizzazione e al controllo
mentre il leader ha a che fare con gli aspetti interpersonale del lavoro del manager. Questi ultimi
svolgono un lavoro chiave nella creazione di una visione e di un piano strategico
dell’organizzazione, mentre i manager si occupano di attuare tale piano. In tal senso, il successo
organizzativo richiede una combinazione dei due.
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funzione della corrispondenza tra lo stile di leadership e il contesto. In secondo luogo, il modello
spiega perché alcune persone gestiscono bene determinate situazioni ma non altre. Infine, i leader
devono adattare il loro stile alla situazione.
L’efficacia della leadership è influenzata dall’interazione dei quattro diversi stili individuati e una
varietà di fattori contingenti: direttivo, supportivo, partecipativo e orientato al successo. I fattori
contingenti, invece, sono situazioni variabili che causano la maggior efficacia di uno stile di
leadership piuttosto che di un altro. Vi sono principalmente due gruppi di variabili contingenti: le
caratteristiche dei collaboratori e i fattori ambientali. Le cinque principali caratteristiche dei
collaboratori sono:
• Locus of control: chi possiede un locus of control interno tende a preferire leadership
partecipative o orientate al successo, al contrario, chi lo possiede esterno una leadership di
tipo direttivo o supportivo
• Abilità: anche in questo caso vale quanto detto prima, chi è più abile preferirà leader della
prima categoria, chi meno della seconda e così via anche per le successive caratteristiche
• Bisogno di successo
• Esperienza
• Bisogno di chiarezza
Due fattori ambientali di una certa importanza sono poi: compiti (dipendenti o indipendenti) e le
dinamiche di gruppo
Riformulazione della teoria. Vi sono tre cambiamenti chiave nella nuova teoria rivisitata. In primo
luogo, si pensa che venga coinvolta una più vasta categoria di comportamenti da parte del leader,
che non corrispondono più a quattro ma diventano otto:
• Comportamenti che chiariscono il percorso-obiettivo: fornire indicazioni su come i
collaboratori devono completare i compiti, chiarire standard e aspettative, utilizzo dei
premi in relazione alle performance
• Comportamenti orientati al successo: stabilire obiettivi sfidanti, enfatizzare l’eccellenza,
dimostrare fiducia
• Comportamenti che facilitano il lavoro: pianificare e organizzare il lavoro, consigliare e
controllare il lavoro per aiutare i collaboratori per sviluppare le loro capacità
• Comportamenti supportivi: mostrare interesse per i bisogni e il benessere dei collaboratori
• Comportamenti che facilitano l’interazione: risolvere le dispute, agevolare la
comunicazione, incoraggiare le collaborazioni tra membri
• Comportamenti orientati al processo decisionale di gruppo: porre problemi piuttosto che
soluzioni al gruppo, incoraggiare a partecipare al processo decisionale
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Applicazione pratica
L’applicazione pratica non è stata chiaramente sviluppata. Tentando di colmare questa lacuna si
sono proposte alcune strategie di carattere generale che si articolano su cinque fasi:
1. Identificare i risultati importanti: individuare gli obiettivi che si intende raggiungere
2. Identificare i tipi di leadership rilevanti: identificare i tipi di leadership adeguati alla
situazione
3. Identificare le condizioni situazionali: identificare un insieme di potenziali fattori
contingenti di cui tenere conto
4. Adeguare la leadership alle condizioni situazionali: le possibili variabili sono infinite, in tal
caso bisogna sfruttare le proprie conoscenze sul comportamento organizzativo
5. Determinare come stabilire la corrispondenza: applicare lo stile di leadership individuato
come più idoneo nella fase precedente. In tal caso si possono utilizzare due approcci: il
leader modifica il suo stile o il suo comportamento o si sostituisce l’individuo che detiene la
leadership
Cautela nell’applicazione
In alcuni casi, se i membri del team vengono trattati sistematicamente in maniera diversa, alcuni si
sentono esclusi dalle dinamiche di scambio all’interno del gruppo. Queste sensazioni negative
determinano, poi, un effetto controproducente sull’auto-efficacia degli individui coinvolti nel
gruppo.
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16.5 IL MODELLO FULL RANGE DELLA LEADERSHIP: DALLO STILE LAISSEZ-FAIRE ALLO STILE
TRASFORMAZIONALE
uno degli approcci più recenti è il modello full range, in cui il comportamento di leadership varia in
un continuum che va dalla leadership da evitare a quelle più complesse ed è composto da tre stati:
laissez-faire, transazionale e trasformazionale.
• Laissez-faire: ovvero l’incapacità di assumersi le responsabilità della leadership, evitare il
conflitto, non affiancare i collaboratori nella definizione degli obiettivi, non fornire
feedback sulle performance o essere totalmente assenti. Deve essere assolutamente
evitato.
• Leadership transazionale: è mirata a chiarire il ruolo del collaboratore e le necessità legate
al suo compito e fornire ricompense positive o negative a seconda delle performance. Si
basa principalmente sull’assegnazione di premi per stimolare la motivazione
• Leadership trasformazionale: è atta a generare fiducia, cerca di sviluppare la capacità del
follower a loro volta come leader e in cui gli stessi leader si sacrificano e fungano da
modelli morali, convogliando la propria attenzione e quella dei follower su obiettivi che
vanno oltre le esigenze più immediate del gruppo di lavoro. Questo stile promuove livelli
più alti di coinvolgimento, fiducia, impegno o lealtà da parte dei follower
È stato dimostrato però che la maggiore efficacia viene ottenuta dalla combinazione di
comportamenti di leadership transazionali con quelli trasformazionali.
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Implicazioni manageriali. Vi sono tre implicazioni manageriali che derivano da questo tipo di
approccio:
1. I leader sono incoraggiati a fissare aspettative di performance alte in quanto promuovono
uno scambio di qualità con i collaboratori
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2. Nonostante quando vi sono somiglianze tra leader è follower la qualità del rapporto è
spesso migliore, bisogna prestare attenzione a non creare un ambiente di lavoro troppo
omogeneo. La forza lavoro con caratteristiche diversificate apporta infatti notevoli benefici
3. Coloro che si trovano in una situazione mediocre di scambio tra leader e collaboratore
possono cercare di influenzare positivamente la situazione con un approccio assertivo, che
introduce elementi di novità alla relazione.
Leadership condivisa
In determinati contesti una sola catena di comando potrebbe risultare meno ottimale della
condivisione della responsabilità di leadership su più individui. Il concetto di leadership condivisa si
basa sull’idea che occorre condividere informazioni e collaborare per ottenere migliori risultati, è,
nello specifico, un processo di influenza dinamico e interattivo tra gli individui appartenenti ad un
gruppo al fine di guidarsi l’un l’altro al raggiungimento degli obiettivi del gruppo e della
organizzazione. Questo tipo di leadership può comportare un tipo di influenza laterale ma anche di
tipo gerarchico verso l’alto o il basso. è più probabile che tale metodo si riveli necessario quando si
lavora in team, per la gestione di processi complessi che si basano sulla conoscenza, che
richiedono indipendenza o creatività.
La leadership di servizio
La leadership di servizio si basa sul conetto che i grandi leader fungono da servitori, ponendo i
bisogni degli altri e dei collaboratori come priorità assoluta. Tale metodo si concentra
sull’incremento del servizio rivolto agli altri piuttosto che su quello rivolto a sé stessi. In questo
caso risulta molto poco probabile che i leader assumano comportamenti egoistici o che
danneggino gli altri. tale leadership è positivamente correlata alle performance, alla soddisfazione
lavorativa e alla creatività. Definiamo le caratteristiche del leader di servizio
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• cambiamenti legati al mercato, agli azionisti e ai clienti. Gli azionisti assumono un ruolo
sempre più attivo, esercitando forti pressioni al cambiamento delle organizzazioni. Le diverse
abitudini di consumo impongono di fornire sempre prodotti ad alto valore. Per quanto
riguarda i cambiamenti del mercato, le aziende si vedono costrette ad accrescere la loro
produttività a fronte della sempre più feroce competizione. Inoltre, il ciclo economico
altalenante continua a porre cambiamenti in risposta alla crescita o al calo di domanda.
• Pressioni socio-politiche. Questo tipo di forze è creato da eventi sociali o politici. Ad esempio,
la crescente attenzione al cambiamento climatico e il continuo aumento dei costi energetici
sono diventati motivazione di un cambiamento organizzativo verso una maggiore
sostenibilità. Anche i cambiamenti di tipo politico sono molto importanti ed è molto difficile
per le imprese prevederli.
Forze interne
Le forze interne al cambiamento derivano dall’interno dell’organizzazione e possono essere
impercettibili o manifestarsi con segni esteriori forti.
• Problematiche/prospettive legate alle risorse umane. Questo tipo di problemi nasce dalla
percezione dei collaboratori su come sono trattati sul posto di lavoro e dalla
corrispondenza tra i bisogni e desideri dell’individuo e quelli dell’organizzazione. Quando i
collaboratori sono insoddisfatti si verificano alti livelli di assenteismo e turnover. Le
organizzazioni, in tal caso, possono intervenire utilizzando diversi approcci
all’organizzazione del lavoro, riducendo i conflitti di ruolo, il sovraccarico di lavoro,
l’ambiguità ed eliminando le cause di stress
• Comportamento/decisioni del manager. Un eccessivo conflitto interpersonale tra
manager e subordinati è segnale della necessità di cambiamento. Entrambe le parti
potrebbero aver bisogno di una formazione interpersonale, o banalmente, di essere tenute
separate perché incompatibili. Un comportamento inadeguato del leader può dar luogo a
problemi legate alle risorse umane che necessitano di un cambiamento.
119
tendono ad attuarsi quando altre aziende del settore applicano le stesse soluzioni.
Comportano un certo grado di non familiarità e quindi incertezza
• I cambiamenti radicalmente innovativi sono i più difficili in assoluto da applicare e tendono a
comportare maggiori rischi, al tempo stesso, possono determinare maggiori benefici. Tali
cambiamenti devono trovare appoggio nella cultura organizzativa e si concludono con un
fallimento se sono incoerenti con i tre livelli della cultura: manifestazioni osservabili, valori
dichiarati e assunti di base.
Il modello di cambiamento di lewin
Lo studioso ha elaborato un modello in tre fasi del cambiamento pianificato, che spiega come
iniziare, gestire e stabilizzare il processo di cambiamento. Prima di passare alla descrizione delle
fasi è necessario mettere in luce gli assunti alla base del modello:
1. Il processo di cambiamento implica l’apprendimento di qualcosa di nuovo e l’interruzione
degli atteggiamenti, dei comportamenti e delle pratiche organizzative in uso
2. Il cambiamento non si verifica senza motivazione
3. Le persone sono il cuore di qualsiasi cambiamento organizzativo. Infatti, il cambiamento, a
qualsiasi livello, richiede un cambiamento dell’individuo
4. Il fatto che gli obiettivi del cambiamento siano molto desiderabili non significa che non si
verifichi comunque della resistenza al cambiamento
5. Un cambiamento per essere efficace richiede che si rinforzino i comportamenti e le
politiche organizzative nuove
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Un approccio sistemico adotta una prospettiva più ampia del cambiamento organizzativo. Si basa
sul concetto che qualsiasi cambiamento, indifferentemente dalla dimensione, ha un effetto a
cascata all’interno dell’organizzazione. Tale modello offre ai manager una struttura per individuare
che cosa cambiare e per stabilire come valutare il successo di un’azione di cambiamento. Le
quattro componenti principali sono:
• Input: qualsiasi cambiamento organizzativo dovrebbe essere coerente con la missione, la
visione e il piano strategico dell’organizzazione. La definizione della missione rappresenta
la ragione di esistenza dell’azienda, mentre la visione ne determina l’obiettivo a lungo
termine, descrivendo cosa l’organizzazione vuole diventare. Pertanto, la visione richiedere
un confronto con le altre imprese e la creazione di piani strategici per il raggiungimento
dell’obiettivo, ovvero di cambiamento.
• Piani strategici: questi delineano la direzione aziendale a lungo termine e le azioni
necessarie per raggiungere tali obiettivi. Attraverso un’analisi SWOT è possibile un
confronto utile all’elaborazione di una strategia organizzativa efficace.
• Obiettivi del cambiamento: rappresentano le componenti dell’organizzazione che
potrebbero essere modificate. La scelta della leva di cambiamento giusta si basa su una
diagnosi dei problemi oppure su un’identificazione delle azioni necessarie per raggiungere
un obiettivo. Come illustrato dall’immagine gli elementi sottoponibili ad un’azione di
cambiamento sono quattro: gli accordi organizzativi, i fattori sociali, i metodi e le persone.
Ciascuno di essi contiene un sottoinsieme di caratteristiche organizzative più specifiche. Vi
sono poi altri due elementi da ricordare rispetto agli obiettivi del cambiamento: Il primo, le
doppie frecce che collegano tutti gli obiettivi di cambiamento e che indicano che il
cambiamento si ripercuote sull’intera organizzazione; il secondo, che la componente delle
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persone si trova al centro del riquadro perché tutti i cambiamenti organizzativi finiscono
per determinare un effetto sui dipendenti.
• Output: rappresentano i risultati finali che ci si aspetta dal cambiamento. Questi ultimi
dovrebbero essere coerenti con il piano strategico. Il cambiamento può essere indirizzato a
livello organizzativo, di gruppo o a livello individuale.
Applicare il modello sistemico del cambiamento. Tale modello può essere applicato secondo due
modalità diverse: come strumento di ausilio nel processo di pianificazione strategica, una volta che
p manager hanno definito gli obiettivi strategici possono utilizzare gli obiettivi del cambiamento
nello sviluppo dei piani d’azione per sostenere la strategia, oppure utilizzarlo come schema di
individuazione delle cause di un problema organizzativo.
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da individui che sono definiti agenti del cambiamento. Questi ultimi aiutano le organizzazioni a
gestire i problemi di vecchia data in modo nuovo.
Come funziona lo sviluppo organizzativo. Gli agenti del cambiamento diagnosticano i problemi e
ne prescrivono un intervento, verificandone i successi. Se dalla valutazione non emerge un
cambiamento positivo le informazioni ottenute vengono impiegate per affinare l’analisi e valutare
l’efficacia dell’intervento:
1. Diagnosi: si ricorre a interviste, sondaggi e osservazione diretta per individuare il problema
e le sue cause. Bisogna in tal caso elaborare domande diagnostiche mirate
2. Intervento: è dato dai cambiamenti attuati per risolvere il problema esistente ed è calibrato
in base alle cause. L’elemento da ricordare è che non esiste un insieme di misure applicabili
a tutte le situazioni, si deve piuttosto intervenire sulla base delle teorie e modelli
3. Valutazione: l’organizzazione è chiamata a produrre misure di efficacia, a seconda del
problema esistente. La valutazione finale dovrebbe basarsi sul confronto tra efficacia pre e
post intervento.
4. Feedback: se dalla valutazione emergono risultati positivi è necessario congelare i nuovi
comportamenti nel modo migliore. Se, al contrario, i risultati sono negativi questo può
essere indice di due problemi: la diagnosi iniziale era sbagliata oppure l’intervento non è
stato effettuato efficacemente. In tal caso l’agente è tenuto a raccogliere maggiori
informazioni sulle fasi uno e due
Ricerche e implicazioni pratiche. Dagli studi legati allo sviluppo organizzativo sono emersi i
seguenti risultati con le annesse implicazioni pratiche:
• La soddisfazione di un collaboratore in presenza di un cambiamento cresce quando il top
management dimostra un alto livello di coinvolgimento. Il cambiamento organizzativo ha,
quindi maggiori probabilità di successo quando il top management si impegna nel processo
di cambiamento e nei confronti degli obiettivi definiti
• Le ricerche sostengono che il modello sistematico del cambiamento organizzativo sia
auspicabile e funzioni. Vi è inoltre una presenza di correlazione positiva tra il cambiamento
comportamentale individuale e quello a livello organizzativo. In tal senso i programmi di
cambiamento sono più efficaci se mirati al raggiungimento di obiettivi sia di breve che di
lungo periodo
• Gli interventi multiformi che utilizzano più di una tecnica di sviluppo organizzativo riescono
a modificare meglio gli atteggiamenti nei confronti del lavoro rispetto agli interventi basati
soltanto su un approccio tecnico-strutturale. È quindi dimostrato che il cambiamento
organizzativo pianificato funziona e che dovrebbero essere utilizzati interventi multiformi
• Alcuni interventi di sviluppo organizzativo non sono legati alla cultura mentre altri sì, quindi
l’efficacia di questi dipende anche da considerazioni interculturali.
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omissioni degli agenti del cambiamento e la qualità del rapporto tra gli agenti e i destinatari del
cambiamento. È necessario quindi comprendere quali siano le principali cause di questa resistenza
al cambiamento.
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membri del team o sovraccarico di informazioni possono generare stress e la nostra risposta a
quest’ultimo può dar vita o meno ad effetti collaterali.
Definizione di stress
Lo stress è una reazione adattativa, mediata dalle caratteristiche individuali e/o da processi
psicologici che si presenta in conseguenza ad azioni esterne che sono particolarmente esigenti da
un punto di vista fisico o psicologico. Suddividiamo la definizione per maggior chiarezza in tre
componenti: (1) richieste ambientali, definite agenti stressanti che producono (2) una reazione
adattativa che varia a seconda delle (3) differenze individuali. Selye fu il primo studioso a
distinguere tra agenti stressanti e reazione allo stress, ponendo particolare enfasi sul fatto che
eventi sia negativi che positivi possono originare la stessa reazione, che a sua volta può essere
utile o dannosa. In tal senso, è stato definito eustress quella forma di stress positivo o che produce
conseguenze positive. Inoltre:
• Lo stress non è semplice tensione nervosa
• Lo stress può avere conseguenze positive
• Lo stress non va evitato
• La completa assenza di stress è la morte
Il manager si deve quindi piuttosto impegnare a gestire questo fenomeno e non ad evitarlo del
tutto.
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• A livello organizzativo: ad esempio un ambiente di lavoro che pone richieste pressanti sui
lavoratori e quindi alimenta lo stress, l’utilizzo crescente delle tecnologie e il sovraccarico
eccessivo di informazioni
• Extra-organizzativi: legati a fattori che risiedono al di fuori dell’organizzazione e che nascono
dal tentativo di conciliare il lavoro con la vita privata
Valutazione cognitiva degli agenti stressanti. La valutazione cognitiva riflette la percezione o
valutazione che l’individuo dà di una situazione o di un agente stressante. Le persone interpretano
in modo diverso gli agenti stressanti e compiono due tipi di valutazione sull’impatto degli agenti
stressanti:
• Valutazione primaria: è una categorizzazione dell’agente stressante come irrilevante,
positivo o stressante. Questi ultimi sono percepiti come pericolosi o difficili da affrontare
• Valutazione secondaria: ha luogo solo ed esclusivamente quando l’agente stressante viene
categorizzato nella fase precedente come “stressante” e implica una valutazione su che
cosa si possa fare per ridurre il livello di stress percepito. La persona prende in esame
quindi le strategie che si possono adottare
Strategie. Le strategie per affrontare lo stress sono caratterizzate da comportamenti e cognizioni
specifiche utilizzate per gestire una situazione. Per gestire agenti stressanti le persone utilizzano
una combinazione di tre approcci:
• Strategia del controllo: utilizzo di comportamenti e cognizioni che anticipano e risolvono
direttamente i problemi. Si tende a gestire la situazione affrontando di petto il problema.
Le persone che tendono a ricorrere a questa strategia sono dotate di auto-stima, auto-
efficacia e capacità di problem solving. Una particolare strategia di controllo è stata
definita distacco psicologico, ovvero il mancato coinvolgimento in attività, pensieri e
sentimenti legati all’attività lavorativa durante il proprio tempo libero
• Strategia della fuga: prevede di evitare il problema anzi che affrontarlo. Gli individui
utilizzano questa strategia quando accettano in modo passivo le situazioni o le evitano
perché incapaci di confrontarsi con esse
• Strategia di gestione dei sintomi: consiste nell’utilizzare metodi come il rilassamento ma
meditazione o l’esercizio fisico per gestire i sintomi dello stress.
Conseguenze dello stress. Lo stress porta conseguenze a livello attitudinale, comportamentale,
cognitivo e fisico. Sul posto di lavoro esso è correlato negativamente alla soddisfazione, al
commitment, alle emozioni positive e alle performance ed è associato a comportamenti negativi
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Le organizzazioni devono poi mettere a punto approcci più mirati a ridurre lo stress, in tal senso ne
identifichiamo due:
• Programmi di assistenza ai dipendenti: riguardano un ampio ventaglio di iniziative mirate
ad aiutare i collaboratori ad affrontare le difficoltà che possono incidere negativamente
sulle prestazioni lavorative
• Approccio di benessere olistico: va oltre la semplice riduzione dello stress e si articola su
cinque dimensioni: la responsabilità (del benessere), la consapevolezza nutrizionale, la
riduzione dello stress e del rilassamento (tecniche di rilassamento per ridurre i sintomi
dello stress), benessere fisico (fare ginnastica con regolarità) e sensibilità ambientale.
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