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Psicologia del lavoro (Università degli Studi Gabriele d'Annunzio - Chieti e Pescara)
Haslam
Presentazione della prima edizione
Che cos’è l’approccio dell’identità sociale e perché è importante
Non si nega l’importanza dei processi individuali, ma è necessario ripristinare l’equilibrio, ammettere che gli esseri umani sono
membri di gruppi psicologici che agiscono in termini di identità sociali condivise e non solo individui che agiscono in termini di
differenze individuali e di identità personali. L’appartenenza a un gruppo può essere una forza organizzativa positiva e produttiva.
L’approccio comprende due teorie fra loro in relazione (entrambe con teoria di ricerca che risale agli anni Settanta):
- teoria dell’identità sociale;
- teoria della categorizzazione del sé.
Entrambe sono state sviluppare nel panorama della psicologia sociale, hanno impiegato qualche anno a evolvere fino alla loro forma
finale. Non si intende con ciò che tali teorie siano ormai “finite e perfette”, ma come tutte le teorie, hanno le loro lacune e contengono
elementi che devono essere elaborati e sviluppati. Con “forma finale” si intende che le idee essenziali sono state sistematizzate in una
forma matura e coerente. Sono “teorie”, quindi comprendono un insieme di assunti e di ipotesi fondamentali e interrelate, che portano
a nuove previsioni da sottoporre a esperimento.
Teoria dell’identità sociale → è una teoria delle relazioni intergruppi. Ha avuto inizio come modo per cercare di dare un senso alla
discriminazione fra gruppi sociale e la sua idea fondamentale era che le persone effettuano confronti sociali fra gruppi, cercano una
distintività positiva per i loro ingroup a confronto con gli outgroup, per raggiungere un’identità sociale positiva.
Teoria della categorizzazione del sé → teoria del gruppo psicologico. Cerca di spiegare come individui diversi siano in grado, in
circostanze particolari, di diventare, agire, pensare e sentire come un gruppo psicologico.
Queste due teorie condividono l’idea che non si può dare un senso a come si comportano le persone quando agiscono in termini delle
loro identità sociali estrapolando alcuni aspetti dalle loro proprietà come persone individuali. Entrambe le teorie condividono l’idea
che la struttura e il contesto sociale siano fondamentali per il modo in cui i processi dell’identità sociale nascono, sono vissuti e danno
forma alla cognizione e al comportamento.
In tutte le organizzazioni esiste una differenziazione interna, non solo perché i singoli nelle organizzazioni hanno ruoli diversi, ma
perché appartengono a gruppi diversi.
Le organizzazioni, in senso + generale, come qualsiasi gruppo, sono differenziate al suo interno e dotate di una finalità, che ha un
impatto psicologico sui suoi membri. Come ad es. società, squadre sportive o famiglie.
Studiare le organizzazioni → campo di interesse per: psicologia sociale, clinica e cognitiva → sociologi, economisti, antropologi,
storici, ecc.
1. Paradigma economico
Frederick Taylor (inizio ‘900), “Scientific Management” (“taylorismo”) → ha rivoluzionato la fabbrica industriale e ha avuto un
grande impatto sullo studio del comportamento organizzativo. T. credeva che la gestione degli operai e del loro lavoro fosse una
scienza esatta e che il compito di ogni manager fosse perfezionare e implementare quella scienza. Sosteneva che i lavoratori dovevano
essere selezionati sistematicamente per il lavoro che dovevano svolgere, in modo da escludere tutti tranne gli “uomini di primo
ordine” → processo di valutazione esaustiva. Sosteneva inoltre, che bisognasse introdurre un “sistema di incentivi a cottimo”, che
comportava ricompensare ciascun lavoratore per una produttività + elevata, facendo in modo che il lavoratore confidasse che la paga
non sarebbe stata variata successivamente. Sottolineava anche l’importanza di “individualizzare il compito di ogni operaio”.
4. Paradigma cognitivo
L’obiettivo generale di questi sviluppi è stata l’identificazione di processi mentali che potessero spiegare particolari schemi di
comportamento organizzativo → trasferire i principi generali della cognizione (esaminando aspetti come la memoria, il giudizio, ecc.)
al dominio organizzativo. Dopo la 2°GM, lo studio della cognizione da parte degli psicologi sociali è stato fortemente influenzato da 3
modelli di base che hanno caratterizzato il pensatore sociale rispettivamente come:
a. Ricercatore di coerenza;
b. Scienziato ingenuo;
c. Economizzatore cognitivo.
a. modello che ha avuto influsso nello studio degli atteggiamenti, dove si partiva dal presupposto che le persone mirino a
gestire e a dare un senso ai loro atteggiamenti e alle loro convinzioni rendendoli fra loro coerenti;
b. sostiene che la sua comprensione sarà basata su una valutazione più o meno razionale, che tiene conto di caratteristiche
dell’ambiente e non solo delle azioni di quella dipendente;
c. vediamo il comportamento degli altri (in particolare dei loro errori) come un riflesso della loro vera natura e personalità,
mentre vediamo il nostro come prodotto della situazione in cui ci troviamo.
L’obiettivo del manuale → definire un percorso nel campo organizzativo che delinei un nuovo approccio, basandosi sui punti di forza
dei paradigmi esistenti, cerca di fornire un’analisi per riconoscere e spiegare come l’appartenenza a gruppi e le relazioni sociali
contribuiscono alla vita delle organizzazioni.
L’idea è che i gruppi non siano solo caratteristiche esterne del mondo che le persone incontrano e con cui interagiscono, ma siano
anche interiorizzate, cossiché contribuiscono al senso di sé della persona. I gruppi definiscono chi siamo, che cosa vediamo, che cosa
pensiamo e che cosa facciamo.
Tajfel → ha coniato il termine di identità sociale per indicare quella parte del sé di una persona che deriva dalla sua appartenenza a
gruppi. Tajfel e Turner poi sono passati a esaminare il funzionamento e le implicazioni dei processi di identità sociale in rapporto a
un’ampia serie di fenomeni sociali.
Teoria dell’identità sociale → basi psicologiche delle relazioni fra gruppi e dei conflitti sociali;
Teoria dell’auto-categorizzazione → ruolo dei processi di categorizzazioni sociale nella formazione e nell’azione dei gruppi.
Considera i processi che portano insiemi di individui a credere di condividere l’appartenenza a un gruppo e come questo poi influenzi
le loro percezioni e il loro comportamento.
È necessario comprendere come l’interazione sociale sia legata alle identità sociali degli individui, ovvero alla loro definizione di sé
in termini di appartenenza a gruppi.
L’approccio dell’id.sociale ritiene che i gruppi non sono solo un contesto passivo per il comportamento individuale, ma che la teoria
organizzativa deve sottolineare di + il modo in cui la psicologia dell’individuo è un prodotto della vita del gruppo e delle sue distinte
realtà psicologiche e sociali.
Studi sui gruppi minimi → Tajfel e colleghi, tentavano di identificare le condizioni minime tali da condurre i membri del gruppo a
discriminare a favore del gruppo a cui appartenevano (ingroup) e contro un altro gruppo esterno (outgroup) → emerse l’idea che il
semplice atto di categorizzare se stessi come membri di un gruppo fosse sufficiente perché gli individui esibissero forme di
favoritismo verso il proprio gruppo.
Comprensione degli studi sui gruppi minimi → l’identità sociale è parte del senso che una persona ha di “chi è”, associato a qualsiasi
appartenenza interiorizzata a un gruppo → ≠ identità personale = conoscenza di sé derivata dagli attributi specifici dell’individuo:
aspetto fisico, qualità intellettuali e gusti peculiari.
Dopo essere stati categorizzati in termini di appartenenza a un gruppo e dopo avere definito se stessi in funzione di quella
categorizzazione sociale, gli individui cercano di acquisire un’autostima positiva differenziando positivamente il loro gruppo.
La teoria dell’identità sociale sostiene che il favoritismo verso il proprio gruppo non è una risposta automatica o specifica della
persona, ma una reazione a particolari circostanze socio-psicologiche → varia con la situazione sociale in cui gli individui si trovano e
non è universale. Gli individui sono perciò inclini a mostrare favoritismo quando un gruppo a cui appartengono è centrale per la loro
definizione di sé.
Oltre la discriminazione: l’impatto della struttura sociale percepita → Tajfel sosteneva che il comportamento può essere rappresentato
su un continuum bipolare: a un estremo l’interazione è data dal carattere e dalla motivazione dell’individuo in quanto tale
(comportamento interpersonale); all’altro estremo il comportamento deriva dall’appartenenza della persona a un gruppo
(comportamento intergruppi).
Tajfel sosteneva che i processi di identità sociale entrano in gioco nella misura in cui quel comportamento è definito all’estremo del
continuum. Il punto esatto in cui gli individui si collocano sul continuum personale-intergruppi è una conseguenza dell’interazione fra
fattori sociali (caratteristiche oggettive del mondo che l’individuo affronta) e psicologici (interpretazione che l’individuo dà di quel
mondo).
Le credenze sulla struttura sociale dell’individuo si trovano su un altro continuum: quello fra un’ideologia di mobilità sociale e una di
cambiamento sociale. Le convinzioni orientate alla mobilità sociale sono date dall’idea che le persone sono libere di passare da un
gruppo all’altro al fine di migliorare o mantenere la propria posizione sociale. La credenza nel cambiamento sociale, invece, ha alla
base l’assunto che non sia possibile sfuggire al proprio gruppo al fine dell’avanzamento personale.
La posizione della credenza di un individuo sul continuum delle credenze sulla struttura sociale sarà in parte determinata dalle
caratteristiche oggettive del mondo che deve affrontare (se una data struttura sia per esempio, permeabile o meno).
Il 3° filone della teoria dell’id.sociale integra elementi dei due precedenti: analisi della discriminazione negli studi sui gruppi minimi e
dello spostamento lungo il continuum interpersonale-intergruppi.
In che modo lo status di una persona, e la base percepita di quello status, influiscono sul modo in cui cerca di avere un senso positivo
di sé stessa? La risposta della teoria dell’id.sociale tiene conto della misura in cui le persone percepiscono: i confini del gruppo come
permeabili e la posizione relativa nel gruppo, su una dimensione di confronto sociale, come sicura (stabile, legittima).
I modi in cui i dipendenti rispondono a forme diverse di cambiamento organizzativo possono essere molto diversi. Tajfel e Turner
hanno identificato 3 strategie di auto-accrescimento:
1) mobilità individuale = associata con una generale convinzione della possibilità di mobilità sociale;
2) creatività sociale;
3) competizione sociale entrambi aspetti di un sistema di credenze del cambiamento sociale.
Comprendere l’impatto della teoria → La teoria dell’identità sociale ha avuto e ha un’influenza notevole nel campo della psicologia
sociale. Sviluppata in Europa e usata per affrontare problemi di antagonismo fra gruppi e competizione sociale, è stata poi applicata a
temi come i pregiudizi, gli stereotipi, ecc. È stata una risorsa importante per i ricercatori convinti che nella psicologia dei gruppi ci sia
qualcosa di + della somma delle loro parti individuali.
● Teoria della categorizzazione del sé → limite teoria id.sociale = offre un’analisi poco sviluppata dei processi cognitivi
associati all’importanza dell’identità sociale. Per affrontare questi problemi è stata sviluppata la teoria della categorizzazione
del sé (Turner e colleghi, anni ’80). Anche se si usa l’espressione approccio dell’identità sociale per indicare queste due
teorie, è ancora importante distinguerle.
Turner parla di “depersonalizzazione” = processo di auto-stereotipizzazione mediante il quale il sé finisce per essere percepito come
intercambiabile dal punto di vista categoriale con altri membri del gruppo di appartenenza. Il comportamento del gruppo è associato
ad un cambiamento nella struttura del sé, un cambiamento nella categorizzazione del sé.
Il processo di categorizzazione del sé: assunti e ipotesi
Le rappresentazioni cognitive del sé assumono la forma della categorizzazione del sé, che è visto come un membro di una particolare
classe o categoria di stimoli → è percepito più o meno equivalente ad altri stimoli in quella categorie e più o meno distinto da stimoli
di altre categorie.
Le categorie del sé e degli altri stanno a livelli di astrazione diversi, e i livelli + alti sono + inclusivi. Categorie di livello inferiore
(biologo, fisico) possono essere sussunte sotto quelle superiori (scienziato).
È utile considerare 3 livelli importanti del concetto di sé sociale, categorizzazione del sé:
- a livello umano (sovraordinato);
- a livello sociale (intermedio);
- a livello personale (subordinato).
La formazione e la salienza (= l’attivazione cognitiva) di qualsiasi categoria del sé sono determinate in parte dal confronto degli
stimoli a un livello di astrazione + inclusivo → la formazione delle categorie del sé è una funzione del metacontrasto fra differenze
interclassi e intraclasse.
Il metacontrasto contestualizza la categorizzazione legandola a un giudizio locale di differenze relative. Il principio del metacontrasto
è un determinante parziale di quali categorie i soggetti usano per rappresentare una data matrice di stimoli e un determinante parziale
della struttura interna di quelle categorie.
Le persone sono diverse per la misura in cui sono percepite rappresentative o prototipiche dei gruppi, così come un passero in genere
è più rappresentativo della categoria “uccello” di un pinguino.
La teoria della categorizzazione del sé prevede che la prototipicità dello stesso esemplare esattamente per la stessa categoria varierà
secondo una legge che è funzione del contesto sociale in cui la categorizzazione ha luogo.
La rilevanza di una categorizzazione a un particolare livello di astrazione porta ad accentuare le somiglianze percepite intraclasse e le
differenze percepite interclassi fra persone definite dalla loro appartenenza a una categoria dello stesso livello.
Lo status degli individui e dei gruppi in quanto rappresentativi delle categorie su cui è basata la percezione della somiglianza, varia
con il contesto. Non ci sono quindi differenze intrinseche e stabili fra le rappresentazioni etichettate ingroup e outgroup e non esiste
identità predefinita e universale in termini della quale una persona definisca se stessa. Le stesse persone possono essere definite come
un ingroup o come un outgroup in contesti diversi.
Queste due forme di attività intellettuale (individuale e sociale) devono funzionare adeguatamente, sono interdipendenti e di pari
importanza.
Capitolo 3: Leadership
Identità sociale e leadership
I leader rappresentano e definiscono l’identità sociale
L’analisi dei leader non può essere staccata dalla considerazione del gruppo in cui sono parte. “Il leader dev’essere sintonizzato sui
bisogni dei followers, sulle loro percezioni e aspettative”. I leader devono rappresentare gli interessi del collettivo nel suo complesso e
non solo i propri interessi personali.
Leader = costituente attivo del gruppo, definisce il gruppo ed è da questo definito → “imprenditori di identità”. Se gli aspiranti leader
abbracciano idee che non sono rappresentative del gruppo, è necessario cercare di ristrutturare il contesto sociale che definisce il
gruppo, per aumentare la prototipicità della loro candidatura. Un leader in carica può rafforzare la propria posizione dando sostegno
alla retorica “loro e noi” con atti di effettiva ostilità verso un outgroup.
La leadership carismatica è un’attribuzione, non un attributo → viene conferita dai follower. Senza un gruppo coeso e teso a un fine
non può esistere leadership efficace, e queste proprietà del gruppo sono a loro volta in gran parte un prodotto dell’identità sociale
condivisa. L’idea dominante che il carisma sia intrinseco alla personalità viene criticata, infatti i leader raggiungono la loro efficacia
soprattutto grazie a una capacità di definire gli obiettivi di un gruppo in modo che rafforzi sia il concetto condiviso del sé dei suoi
membri sia la propria influenza relativa → il carisma è un prodotto emergente. La leadership viene conferita dai followers e il carisma
è il prodotto di una relazione sociale, non un tratto personale.
Concezione romantica della leadership =tendenza ad attribuire il successo del gruppo alle azioni dei loro leader
Identità sociale condivisa come collegamento fra visione del leader e azione dei follower
Il contesto sociale influenza le reazioni dei follower all’effettivo comportamento del leader.
Ricerca di Haslam e Platow → esaminano come l’approvazione di un leader da parte dei follower vari in funzione del modo in cui
quel leader tratta membri diversi dell’ingroup → leader studentesco, Chris, deve decidere chi premiare fra i membri del consiglio
studentesco che avevano appoggiato o osteggiato la decisione del governo di tagliare i finanziamenti all’università. Quando Chris
premiava membri del consiglio che avevano osteggiato il governo, il suo comportamento era un’affermazione di identità; quando
premiava le persone che avevano invece appoggiato la decisione, il suo comportamento rappresentava una negazione dell’identità. Era
+ probabile che gli studenti sostenessero il leader quando il suo comportamento era un’affermazione dell’identità.
La capacità del leader di rappresentare gli interessi del gruppo dei suoi follower influisce sulla sua capacità di ispirarli a impegnarsi,
solo quando il leader ha una storia di difesa dei valori condivisi del gruppo, questo è pronto a scendere in campo per lui e fare il
lavoro necessario.
L’incarnare l’identità dell’ingroup influisce direttamente sulla capacità del leader di mostrare una vera leadership, cioè sulla sua
capacità di aumentare il contributo dei follone agli obiettivi del gruppo. Quasta capacità di leadership dipende non dalle caratteristiche
del leader in sé (cioè dal fatto che sia corretto o meno) ma da una corrispondenza fra il suo comportamento e le esigenze del gruppo
,che varia con il contesto.
Selezione sistematica del leader → i singoli membri del gruppo competono per il ruolo di leader.
Un test dimostra che i gruppi con un leader scelto a caso si comportano meglio di quelli privi di leader o con leader scelto secondo un
metodo ben preciso. Leader scelto a caso → gli individui mostravano un migliore mantenimento del gruppo, poiché deviavano di
meno dalla decisione del gruppo quando ne avevano la possibilità.
Ciò nonostante si è trovato che esistono delle aspettative stereotipiche → i follower tendevano a pensare che il processo di selezione
causale non fosse soddisfacente. Gli stereotipi sulle aspettative sono una risorsa, servono a differenziare i leader che si suppongono
esperti dai loro follower, a spiegare il trattamento differenziale e il rispetto attribuito ai leader e a giustificare quel trattamento
speciale.
La scelta generale del leader può essere vantaggiosa quando il gruppo ha un obiettivo condiviso e ben definito, è incline a comportarsi
in modo democratico ed egalitario, possiede un forte senso di identità sociale condivisa senza che sia stato nominato leader.
Le attribuzioni di leadership sembrano dipendere dal fattp che i follone percepiscano di essere,con i loro leader, sulla stessa barca. La
differenza fra un boss e un leader, è che il primo dice “andate”, mentre il secondo dice “andiamo”. È probabile che l’identità
condivisa venga minata quando si percepisce che i leader ricevano gratificazioni (finanziare x es.) che li differenziano dai followers.
Il comportamento organizzativo è determinato da una razionalità di ordine superiore che tiene conto delle realtà e delle relatività a
livello di gruppo. Poiché la leadership è il prodotto della relazione fra leader e follower, è questa relazione che deve essere coltivata da
quanti mirano a generare una followership. Se le risorse sono dirette al leader preso isolatamente, possono non solo andare sprecate
ma dimostrarsi anche controproducenti.
La natura dei motivatori e dei fattori igienici varia in funzione della categorizzazione del sé
I fattori motivanti tendono ad essere percepiti come fonti di soddisfazione, gli elementi classificati come fattori igienici (condizioni di
lavoro, relazioni interpersonali, ecc.) sono adatti in pari misura a risposte positive e negative e perciò è probabile che siano fonte di
soddisfazione o insoddisfazione → tendenza dei lavoratori ad associare + strettamente alla soddisfazione fattori motivanti che fattori
igienici.
La teoria della categorizzazione del sé ci porta a prevedere che lo schema fondamentale delle risposte ai fattori motivanti e igienici
deve mutare in funzione del livello saliente di astrazione del sé di una persona → ciò che funge da fattore motivante dipende da “chi si
è” in ogni dato contesto: se si è una persona che lavora da sola o che fa parte di un’équipe.
Il ruolo dei fattori igienici nel determinare la motivazione al lavoro non è statico o predeterminato, ma rappresentano dei motivatori
(esito del processo della categorizzazione del sé).
Nei contesti intergruppi, la motivazione è basata su considerazioni legate all’identità sociale, non all’equità
L’equità ha un ruolo motivazionale importante in contesti in cui l’identità personale dei singoli è saliente e questi sono coinvolti in
scambi interpersonali → la teoria dell’equità = i confini tra i gruppi sono permeabili e tutti i lavoratori adottano credenze di mobilità
individuale, condizioni in genere associate con la salienza dell’identità personale.
Quando l’identità sociale condivisa diventa psicologicamente significativa per un individuo, deve essere una determinante potente
della sua motivazione.
Studio di Haslam → gli studenti erano + disponibili a seguire le lezioni ed elencavano + orari in cui avrebbero potuto seguirla quando
la richiesta era formulata in termini di una categoria sociale inclusiva “noi”, rispetto a quando era formulata in termini di una
categoria sociale esclusiva.
Identificazione sociale come base del commitment organizzativo e della cittadinanza organizzativa
6
Il commitment verso l’organizzazione si è dimostrato un predittore di comportamenti come per es. il turnover dei dipendenti →
l’identificazione con l’organizzazione aumenta quanto + l’ingroup è distinto positivamente da altri gruppi.
Quando il comportamento lavorativo è determinato da un’identità personale saliente, è probabile che le persone si impegnino in
attività che migliorano il loro status personale. Invece, quando agiscono in termini di un’identità sociale saliente, è probabile che
lavorino con impegno a promuovere gli interessi del gruppo con cui è associata quell’identità.
Le percezioni di un’identità sociale condivisa danno alle persone molte motivazioni per comunicare e una cornice cognitiva che può
rendere la comunicazione produttiva e di reciproco vantaggio → se gli individui non hanno la percezione di condividere
l’appartenenza a una categoria sociale, avranno meno ragioni per comunicare fra loro e le possibilità di cattiva comunicazione e di
fraintendimenti saranno •.
Se due o + persone condividono un’identità sociale comune, devono voler comunicare per ridurre l’incertezza, per coordinare le loro
azioni, per affiliarsi.
Se l’identità non è condivisa, queste stesse motivazioni dovrebbero essere molto + deboli. Quindi, la collaborazione degli individui a
tali attività dovrebbe essere meno spontanea e alla fine sarà meno produttiva rispetto agli obiettivi organizzativi rilevanti.
+ inclini a passare informazioni a membri del proprio gruppo che a membri dell’altro team. Le differenze fra ingroup e outgroup nel
flusso di informazione erano + forti quando l’informazione era pertinente alla divisione fra ingroup e outgroup a livello di team.
Quando l’info era rilevante per l’organizzazione nel complesso, i dipendenti erano + disponibili a passarla ai membri dell’altro team,
ma quando era di natura personale erano molto meno disponibili a passarla perfino ai membri del loro stesso team.
Questi risultati variano in funzione delle relazioni fra gruppi → quando le relazioni fra i team sono competitive anziché cooperative, si
manifestava una generale tendenza a comunicare meno info relative al team e all’organizzazione.
Una ragione fondamentale per condividere informazioni con gli altri è scoprire di più sul sé → se è inteso puramente a livello
individuale, questo aspetto appare paradossale → se si accetta la possibilità di una definizione sociale del sé, tale per cui in alcuni
contesti altri sono visti come categorialmente intercambiabili con noi (cioè quando “tu” e “io” sono definiti da una percezione di
“noi”), la comunicazione con questi altri può risultare necessaria per definire e coordinare il contenuto e la forma di quel sé
socialmente categorizzato → la comunicazione è un percorso essenziale verso la conoscenza sociale del sé e il comportamento
collettivo orientato al sé.
Secondo l’approccio dell’identità sociale, la condivisione delle informazioni a cui hanno accesso tutti i membri del gruppo può avere
un impatto motivazionale positivo sui gruppi, è essenziale per dare sostanza e contenuto all’appartenenza a un gruppo psicologico.
Ciò che costituisce informazione in qualsiasi contesto organizzativo è di fatto un esito di un processo sociale, non semplicemente
qualcosa di “dato”, oggettivo, come i sostenitori delle teorie cognitive in genere hanno supposto.
Il groupthink è un prodotto di una maggiore salienza dell’identità sociale nel contesto di una minaccia fra gruppi
Gli individui che si categorizzano nei termini di identità sociale comune discutono e negoziano le loro differenze con l’aspettativa di
raggiungere un accordo. Quando è saliente un’identità sociale condivisa, la discussione di gruppo dovrebbe condurre a convergere
verso una posizione prototipica dell’ingroup → in particolari contesti sociali, le decisioni di gruppo dovrebbero essere tanto
consensuali quanto polarizzate.
Il groupthink è un prodotto di una maggiore salienza dell’identità sociale nel contesto di una minaccia intergruppi
La minaccia di un outgroup aumenta la pressione sull’ingroup a mantenere a tutti i costi la propria immagine positiva del sé e verrà
percepita con particolare intensità quando la minaccia è associata a esiti negativi per individui che si identificano fortemente e sono
“bloccati” nella loro appartenenza allo specifico gruppo in questione → se la percezione della minaccia provoca nell’ingroup la
decisione di contrattaccare, si presuppone che tutti i membri siano d’accordo (forte motivazione).
I principi dell’identità sociale e della categorizzazione del sé suggeriscono molti modelli della negoziazione
Fra le prime applicazioni dei principi dell’identità sociale hanno sostenuto che il metodo + appropriato per trattare il conflitto sociale è
realizzare procedure che riducano la salienza delle categorie sociali coinvolte nel conflitto.
Modello di contatto decategorizzato (Brewer e Miller) → il contatto fra i membri dei gruppi in conflitto sarebbe efficace per ridurre
l’ostilità fra i gruppi, purché incoraggi rappresentazioni differenziate e personalizzate dei membri del gruppo → poiché le concezioni
individualizzate non sarebbero coerenti con le credenze stereotipiche che perpetuano il conflitto, farebbero abbandonare quegli
stereotipi e favorirebbero relazioni + armoniose.
Modello dell’identità dell’ingroup (Gaertner e colleghi) → si basa sulle evidenze sperimentali per le quali la ricategorizzazione
produce effetti positivi aumentando l’attrattività dei membri di quello che era l’outgroup, mentre la decategorizzazione arriva allo
stesso risultato diminuendo l’attrattività dei membri di quello che era l’ingroup.
Entrambi questi modelli propugnano strategie di gestione del conflitto che fanno violenza alla realtà sociale che la negoziazione
invece dovrebbe affrontare.
Una negoziazione di successo richiede che il conflitto sia affrontato a un livello opportuno di astrazione
Altro limite di entrambi i modelli (decategorizzazione e ricategorizzazione) è che partono dall’ipotesi che il conflitto intergruppi sia
per definizione negativo e sia quindi da evitare → ma le strategie di gestione dei conflitti non dovrebbero essere limitate solo a quelle
che comportano una risoluzione del conflitto.
I conflitti e le negoziazioni intergruppi coinvolgono identità sociali definite a livello di sottogruppo e a livello sovraordinato
La chiave per risolvere i conflitti non sta nel rafforzare la salienza dell’identità sociale a spese dell’identità del sottogruppo, ma nel
riconoscere e consentire l’espressione dell’identità sia sovraordinata sia del sottogruppo → tesi al centro del modello della doppia
identità di Gaertner e Dovidio (le categoria sociali distinte vengono riconosciute ma sono organizzate all’interno di una categoria
sovraordinata comune).
La salienza dell’identità sociale non deve sopprimere l’individualità o la specializzazione del sottogruppo, ma può semplicemente
tenere sotto controllo questi aspetti per andare verso un obiettivo comune.
Una negoziazione intergruppi di successo riconcilia le differenze dei sottogruppi entro un’identità sovraordinata condivisa
La salienza dell’identità del sottogruppo è necessaria per garantire che la base del conflitto venga affrontata e l’emergente salienza di
un’identità sovraordinata è necessaria perché le parti condividano una motivazione comune a svolgere il lavoro intellettuale creativo
necessario per riformulare le differenze sociali come punti di forza anziché come materia da contendere.
Perché la negoziazione proceda con successo, si renderà necessario mettere in campo un’attività di risoluzione di problemi, mentre le
identità sociali di livello inferiore restano salienti ma le parti ora cercano di riconciliarle con un’identità sovraordinata saliente.
L’identità sociale come determinante delle tattiche di negoziazione e della loro efficacia
Gli ultimatum sono una tattica di negoziazione comune, si avanzano delle richieste alla controparte, con la minaccia di qualche forma
di punizione → quando vengono usati con un outgroup, gli ultimatum spesso hanno la conseguenza opposta a quella desiderata,
perché comunicano ai destinatari uno schema di ostilità intergruppi e così li spingono a un inasprimento del conflitto → dalle ricerche,
se l’ultimatum era equo le reazioni erano favorevoli, se non lo era no, ma erano ancora + negative quando l’ultimatum veniva da un
outgroup. Questa reazione negativa di fronte agli outgroup non equi, Kramer la definisce aggressione moralistica.
Capitolo 8: Il potere
La percezione del potere d’esempio, di competenza e legittimo varia in funzione della categorizzazione del sé
Le forme di potere disponibili alle persone e gli usi a cui cercano di applicarle variano in funzione:
- della categorizzazione del sé di chi usa il potere;
- della sua relazione di categorizzazione del sé con coloro su cui
viene usato il potere.
Potere → non è una proprietà invariante di un individuo, ma la sua forma è un esito del processo di categorizzazione del sé.
Quindi, coloro che sono rappresentativi della stessa categoria sociale del sé rispetto a chi percepisce avranno un potere molto
maggiore rispetto ai membri non rappresentativi o di una categoria diversa.
Gli esperti hanno potere perché noi assegniamo a loro quel ruolo → riconoscimento della loro capacità di rispecchiare le cose che a
noi stanno a cure (valori, credenze, ideali, norme).
Il potere sociale è usato in modo strategico per portare avanti gli interessi dell’ingroup
I membri di un gruppo possono credere sia + probabile finire vittime del potere di un outgroup che non di quello di un ingroup, ma
esistono prove empiriche a sostengo di quest’idea?
Studi di Tajfel → se e come il modo di trattare ingroup e outgroup sia influenzato dal possesso di potere → emerge che se era
disponibile, il potere veniva usato per svantaggiare l’outgroup.
Quando una persona o un gruppo ha accesso al potere il suo uso varia in funzione delle relazioni di categorizzazione del sé fra le parti
coinvolte → l’influenza aumenta se le parti sono percepite come membri della stessa categoria del sé, mentre si prevede che l’uso del
potere coercitivo diminuisca.
Le percezioni e l’uso effettivo del potere dipendono dalla realtà sociale relativa al potere che chi percepisce ha di fronte. Inoltre,
mentre il potere coercitivo degli ingroup di solito verrà sottostimato, devono esistere situazioni in cui verrà accentuato.
L’uso del potere riflette il carattere delle relazioni intergruppi, legato al contesto, e non la carenza cognitiva
Dalla teoria dell’identità sociale segue che → quando gli individui che hanno poco potere o un potere moderato non sono in grado di
avanzare individualmente o lo percepiscono impossibile, dovrebbe essere + probabile che abbraccino un sistema di credenze basato
sul cambiamento sociale che li porterebbe a unirsi ad altri con scarso potere al fine di migliorare la propria posizione collettivamente.
(Cosa che succede x es. al comportamento delle donne in merito al potere sul posto di lavoro)
L’identità sociale fornisce la base per la condivisione del potere e dell’empowerment reciproco
10
Kanter → un modo molto importante x i lavoratori di aumentare i proprio potere, è condividerlo → solo quando la condivisione del
potere ha senso in termini di una teoria del sé collettivo, è probabile che si realizzino i suoi benefici → l’empowerment ha la sua base
non della ridistribuzione del potere, ma nella ricategorizzazione del sé.
Potere e stereotipizzazione
Si ipotizza che i dipendenti abbiano la tendenza a stereotipizzare quanti sono meno potenti di loro e che i dipendenti senza potere
ricevano un trattamento meno personalizzato e + repressivo del dovuto → tuttavia, applicando i principi dell’identità sociale per
rispondere a queste argomentazioni, è stato suggerito che l’analisi convenzionale della relazione fra potere e stereotipizzazione dà per
scontate alcune caratteristiche strutturali e psicologiche importanti nella vita organizzativa → secondo la teoria dell’identità sociale,
quando le relazioni strutturali fra gruppi spingono gli individui senza potere ad associarsi per sfidare collettivamente i potenti,
mettono in campo gli stereotipi come armi in quel conflitto e rafforzano attivamente la differenza di potere.
La produttività aumenta quando la categorizzazione del sé e la definizione dei compiti sono congruenti
Un determinante significativo della produttività in un compito sia la congruenza fra la definizione del sé di una persona e le
caratteristiche dell’ambiente in cui quell’attività si svolge → ipotesi della congruenza
Brown → la chiave per comprendere l’inerzia sociale sta nella mancata corrispondenza fra ciò che è richiesto dall’attività e la
definizione del sé dei partecipanti. Perché le attività del gruppo siano dotate di significato e coinvolgano il sé, i partecipanti debbono
definirsi e agire in termini di un’identità sociale rilevante, ma c’è proprio poco nel canonico paradigma dell’inerzia che renda saliente
l’identità sociale.
Deve esistere un’elevata congruenza fra il livello a cui quel compito è significativo e le attività che rafforzano il sé a livello personale
e in cui i partecipanti sono invitati a impegnarsi.
I compiti che favoriscono una categorizzazione personale del sé, però, in generale dovrebbero produrre una risposta meno entusiastica
quando sono definiti come attività di gruppo.
L’identità sociale è alla base della cittadinanza organizzativa e degli atti di sacrificio personale
Karau e Williams (1993) e Multen (1991) → entrambi i gruppi di ricercatori hanno trovato che l’inerzia sociale si riduce quando i
gruppi sono reali e hanno un significato o un valore preesistente per i loro membri. Karau e Williams hanno trovato che l’inerzia si
riduce quanto + le attività sono intrinsecamente significative, coinvolgono il sé o sono rilevanti per il gruppo → se condividono
un’identità sociale saliente, le persone che partecipano collettivamente ad attività di gruppo si impegneranno nella facilitazione
sociale.
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Se un supervisore chiede a un individuo di fare un’attività sgradevole, la probabilità che la persona la svolga è + alta della probabilità
che le stesse istruzioni siano eseguite da un gruppo → il gruppo può formarsi come modo per sfidare l’autorità di quanti hanno potere
e status.
Uno studio si è interessato di esaminare come il timore della valutazione contribuisca alle scarse prestazioni in un’attività di
brainstorming → “il timore della valutazione può essere responsabile di parte della perdita di produttività osservata nei gruppi di
brainstorming”.
La valutazione della minaccia dei fattori di stress varia in funzione della categorizzazione del sé
I processi di gruppo possono alleviare lo stress quando danno un sostegno permette alle persone di superare le avversità → lo stress
potenzialmente rappresenta una forza sociale e organizzativa sia negativa che positiva.
L’approccio dell’identità sociale condivide con molti altri ricercatori, l’idea che il modello transazionale dello stress rappresenti una
cornice teorica corretta per cominciare ad affrontare le dimensioni psicologiche del processo di stress → limite di questo modello =
incorpora una concettualizzazione individualistica del sé.
Se è saliente la sua identità sociale, la valutazione primaria che una persona dà di un potenziale fattore di stress come minaccia al sé
deve essere orientata al significato che quel fattore ha per il gruppo invece che per quella persona come individuo.
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L’identità sociale condivisa rappresenta una base per il sostegno sociale e il coping
La capacità di far fronte a un fattore di stress dovrebbe variare in funzione della salienza dell’identità sociale e delle circostanze
materiali del gruppo di appartenenza.
Alcuni studi dimostrano che il sostegno sociale fornito dipende dalle percezioni legate all’identità sociale condivisa (es: le persone
sono + disposte ad aiutare uno sconosciuto quando sanno di condividere un’identità sociale con lui).
Tutte le forme di sostegno sociale possono essere viste come prive di autenticità, non sostanziali o indesiderate, se le identità sociali di
chi dà e di chi riceve il sostegno non sono allineate.
I principi della categorizzazione del sé suggeriscono che l’identificazione sociale ha il potenziale di creare una “spirale ascendente”,
in cui l’identificazione aumenta il sostegno sociale, che a sua volta rafforza l’identificazione sociale.
La relazione fra identità sociale e stress-soddisfazione per la propria vita è spiegato dal fatto che l’identità sociale è il fondamento per
ricevere un maggiore sostegno sociale.
L’identità sociale rappresenta una base per la ridefinizione dei fattori di stress ed eustress
Il sostegno sociale ha la capacità di trasformare in modo fondamentale la natura dell’esperienza di stress, in particolare trasformando
lo stress negativo personale in eustress collettivo.
Che i gruppi cerchino di reinquadrare negativamente o positivamente l’esperienza di stress, e come lo facciano, dovrebbe variare in
funzione di fattori strutturali, contestuali e ideologici.
L’identità sociale condivisa è una base per l’efficacia del management mediante tecniche di stress
Anche nelle condizioni in cui i gruppi si impegnano per superare lo stress, le dinamiche di vita di gruppo possono comunque
contribuirvi → in condizioni in cui gli individui si identificano fortemente con un gruppo, saranno pronti ad accettare un livello di
tensione + alto di quello che sopporterebbero altrimenti.
La salienza dell’identità sociale può essere vista come una determinante psicologica fondamentale della disponibilità dei dipendenti a
sopportare e a mettere in atto la gestione mediante regimi di stress come quelli del tipo descritti da Parker.
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Se un’organizzazione cerca di sfruttare la motivazione al lavoro di chi ha una forte identificazione a vantaggio del gruppo, sul lungo
periodo queste persone possono sperimentare un maggiore esaurimento rispetto a chi ha una scarsa identificazione.
Da una ricerca emerge che al crescere dell’identificazione sociale, dei prigionieri cominciavano a opporsi alle autorità delle guardie e
alla fine la loro resistenza contribuiva a un’evasione che rendeva ingestibile il regime delle guardie. Le guardie sempre + preoccupate
e la rivolta portavano a un costante declino del loro senso di identità sociale condivisa.
Questa esperienza dei prigionieri è esempio del fatto che un senso emergente di identità sociale condivisa consente ai singoli di
resistere alle tensioni e di trasformare l’avversità in vantaggio → dall’altro lato le guardie mostravano come l’erosione dell’identità
sociale espone i singoli allo stress che può diventare un fallimento collettivo che prepara la strada al burnout.
La fisiologia dello stress può essere vista come un aspetto di un processo contestuale sociale che deriva dalle condizioni della vita di
gruppo e contribuisce a modellarle. Lo stress non è in primo luogo un problema di biologia, fisiologia o personalità, ma una
dimensione del funzionamento psicologico, il cui carattere testimonia la posizione attuale e quella desiderata dei singoli e dei
collettivi nelle organizzazioni e nella società e la natura delle relazioni sociali fra di esse.
L’azione collettiva non comporta una perdita del sé ma è un’espressione significativa dell’identità sociale
L’azione collettiva è impedita quando gli individui scelgono una strategia di mobilità individuale, quando non è significativa
un’identità come o i leader non sono percepiti rappresentativi → barriere strutturali all’azione collettiva (insormontabili).
L’azione collettiva, le proteste, riflettono una ridefinizione del sé → non una perdita!
L’analisi dell’identità sociale cerca di spiegare e comprendere le azioni dei lavoratori in termini delle realtà sociali che devono
affrontare, non ha senso spiegare le attività delle persone facendo riferimento a norme, valori e obiettivi del gruppo che non siano
rilevanti per le loro stesse azioni.
Quindi, la disponibilità a impegnarsi in un’azione collettiva basata sul gruppo dipende sia dall’identificazione con il gruppo sia dalla
cornice di riferimento e dal contenuto informativo a cui sono esposti i membri del gruppo.
Capitolo 12: Teoria, pratica e politica della psicologia organizzativa: in difesa del pluralismo organico
Integrazione di tutti gli argomenti trattati, si tracciano collegamenti fra questioni pratiche, teoriche e politiche.
Bisogno di una teoria organizzata sostenibile → gli approcci economico, delle differenze individuali e cognitivo ignorano il contributo
dei gruppi alla psicologia individuale (gruppi come fonte di malessere, malattia). Le organizzazioni sono viste come somma delle
componenti individuali.
L’alternativa a questi approcci è data dal paradigma delle relazioni umani, il cui limite però è dato da aspetti teorici e pratici non
specificati.
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