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MARKETING
Capitolo 1
Introduzione al processo di marketing management
opportunità di rilievo.
b. La fase strategica. È il momento in cui il marketing, avendo studiato il mercato di riferimento
decide il “cosa” fare. Per “strategia di marketing” si intendono in estrema sintesi tre decisioni:
1. Obiettivi
2. Target
3. Posizionamento
c. La fase operativa. Una volta decisa la strategia, questa deve essere attuata usando le leve
operative del marketing. Tipicamente si parla di marketing mix per intendere i quattro fattori
d’offerta che l’azienda deve calibrare per raggiungere i suoi obiettivi:
1. Il prodotto
Un marketing mix si riferisce spesso alle quattro P di E. Jerome McCarthy:
2. La comunicazione prodotto, prezzo, posizionamento e promozione.
3. Il prezzo I diversi elementi di un marketing mix funzionano in combinazione tra loro.
I marketing mix incentrati sul consumatore incorporano un focus sui clienti nei loro
4. La distribuzione approcci.
Capitolo 2
Il comportamento d’acquisto del consumatore e delle organizzazioni
I potenziali acquirenti rappresentano il principale interesse per chi si occupa di marketing
all’interno di un’azienda. Comprendere con quali modalità questi soggetti effettuano l’acquisto di
un prodotto, o un servizio, è una condizione essenziale per realizzare strategie di marketing
efficaci.
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Per quanto riguarda il comportamento del consumatore, è stata verificata, nel corso di diversi studi
e ricerche, l’esistenza di forti influenze esercitate dalla cultura, dalla classe sociale e dal gruppo di
riferimento, sugli acquisti. Si è notato che tali influenze hanno effetti sia diretti sia indiretti sul
processo d’acquisto. Per effetti diretti s’intende, per esempio, la capacità di influenza su una
particolare decisione che un individuo può esercitare sugli altri membri del gruppo sociale. Per
effetti indiretti s’intende l’influenza della società, del gruppo sociale di riferimento, sui valori
fondamentali di un individuo, come pure sui suoi atteggiamenti e sulla costruzione della sua
personalità.
a. Le influenze dei sistemi e sottosistemi culturali. La cultura è uno dei principali fattori che
influenzano i bisogni, i desideri, i comportamenti di un individuo. Si parla di “fondamenti culturali”
come quegli elementi che incidono sul comportamento quotidiano e che sono determinanti anche
per quanto riguarda alcuni aspetti del comportamento del consumatore. I valori culturali sono
trasmessi all’individuo da tre istituzioni fondamentali: la famiglia, le organizzazioni religiose e le
istituzioni scolastiche, il cui ruolo, nella società contemporanea, sta diventando sempre più
importante. I responsabili marketing dovrebbero quindi avere cura di adattare il marketing mix ai
valori culturali e controllare costantemente le variazioni che vi intervengono. Per esempio, un
valore che sta cambiando nella nostra società, assumendo un peso sempre maggiore, è
l’importanza della carriera e del successo in ambito lavorativo. Questa variazione nei valori culturali
è stata riconosciuta da molte imprese, che hanno concentrato la loro attenzione su prodotti che
permettono un risparmio di tempo e denaro: nel mercato alimentare italiano, per esempio, negli
ultimi anni, si è assistito a un crescente successo di prodotti predisposti per un uso immediato,
come le insalate pre-lavate in busta, o per una rapida cottura come le “Risottate” di Riso Gallo.
b. La classe sociale. Oggigiorno, il migliore indicatore di una classe sociale è probabilmente il tipo
di occupazione ì. Ai fini di questa trattazione l’interesse per le classi sociali concerne
esclusivamente la loro influenza sul comportamento dell’individuo. Le diverse classi sociali, infatti,
tendono ad avere atteggiamenti e valori diversi che condizionano il comportamento dei loro
membri.
c. Gruppi di riferimento e famiglia. I gruppi di persone ai quali l’individuo fa riferimento nella
formazione dei propri atteggiamenti e delle proprie opinioni vengono definiti gruppi di riferimento.
I gruppi di riferimento primari includono la famiglia e gli amici stretti, mentre quelli secondari
includono le associazioni, professionali e non. Può anche accadere che un acquirente consulti un
singolo individuo in merito alla decisione d’acquisto: in tal caso questo individuo viene definito
individuo di riferimento. La famiglia è considerata un gruppo di riferimento importante, tanto che è
stato ipotizzato, da parte di alcuni studiosi, che proprio la famiglia, piuttosto che l’individuo, sia
l’unità significativa di riferimento per lo studio del comportamento d’acquisto del consumatore.
Tale considerazione è basata sull’osservazione che in una famiglia non sempre l’acquirente di un
bene o di un servizio ne è anche l’utilizzatore. Si tratta di una considerazione importante per un
responsabile marketing, per determinare non solo chi effettua materialmente l’acquisto, ma anche
chi lo decide.
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In termini di situazione d’acquisto, sono stati identificati cinque fattori in grado di esercitare una
certa influenza sul consumatore. Tali influenze possono essere percepite da un individuo tanto a
livello conscio quanto a quello inconscio:
a. L’ambiente fisico è la caratteristica più evidente della situazione d’acquisto. Tale caratteristica
include la localizzazione geografica, l’arredamento, i suoi, gli odori, le luci, le condizioni
atmosferiche.
b. L’ambiente sociale aggiunge una dimensione ulteriore alla descrizione fisica della situazione. Le
altre persone presenti, le loro caratteristiche, i loro ruoli apparenti e i loro rapporti.
c. La prospettiva temporale è la dimensione situazione che può essere specificata in unità di
tempo che vanno dalle ore del giorno alla stagione dell’anno. Il tempo può anche essere misurato
in relazione a eventi passati o futuri relativi ai soggetti partecipanti.
d. La definizione del compito all’interno di una situazione sta a significare l’intento personale, o
l’affidamento di tale compito da parte di altri.
e. Le condizioni antecedenti costituiscono l’ultimo fattore che caratterizza una situazione
d’acquisto.
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Esistono moltissimi fattori psicologici che modificano l’interpretazione e l’utilizzo di tali
informazioni e il loro impatto sul processo decisionale del consumatore. Due fattori psicologici
molto significativi al riguardo sono la conoscenza associata al prodotto (product knowledge) e il
coinvolgimento associato al prodotto (product involvement).
a. Il riconoscimento del bisogno rappresenta il punto di partenza del processo d’acquisto. Una
grande varietà di stimoli possono attivare bisogni e desideri e far sì che il consumatore ne prenda
coscienza. Gli stimoli interni possono essere, per esempio, la sensazione di fame e il conseguente
bisogno di procurarsi del cibo, un mal di testa che induce a desiderare un’aspirina o una sensazione
di noia che induce a desiderare di andare al cinema. Il consumatore è invece soggetto a stimoli
esterni quando, per esempio, vede un’insegna di McDonald’s e solo allora si accorge di aver fame:
1. Bisogni fisiologici. In questa categoria sono compresi i bisogni primari del corpo umano, come il
cibo, l’acqua e il sesso.
2. Bisogni di sicurezza. Consistono, per esempio, nella necessità che l’individuo percepisce di
essere protetto da lesioni fisiche, dalle malattie, dalle difficoltà economiche e, più in generale, dagli
eventi imprevisti.
3. Bisogni di appartenenza e amore. Sono legati alla natura propria dell’essere umano, incline alla
vita in forma associata, bisognoso di compagnia e di affetto.
4. Bisogni di stima. Consistono sia nella necessità di autostima, cioè della considerazione della
propria importanza, sia nell’effettiva stima espressa nei suoi confronti da parte degli altri
componenti del gruppo.
5. Bisogni di realizzazione. Questo bisogno può essere definito come la necessità che l’individuo
sente di esprimere sé stesso sempre più pienamente o come il desiderio di realizzare le proprie
potenzialità.
b. La ricerca delle alternative. Una volta presa coscienza di un certo bisogno, l’individuo si mette in
cerca delle possibili alternative per il suo soddisfacimento. Vi sono tipicamente cinque fonti
essenziali alle quali l’individuo può ricorrere per raccogliere le informazioni necessarie:
1. Fonti interne. In tal caso egli ricorrerà alle conoscenze e alle esperienze per così dire
“immagazzinate” nella propria mente.
2. Fonti sociali. Comunicazione con altre persone, come i familiari, i conoscenti, gli amici, i vicini di
casa ecc. Generalmente alcune di queste persone sono selezionate dall’individuo per la loro
particolare competenza su quello specifico acquisto.
3. Le fonti di marketing. Pubblicità, influenza dei venditori, dei commercianti.
4. Le fonti pubbliche. Comprendono le fonti di pubblica informazione, come per esempio gli articoli
di giornale relativi a un dato prodotto e post su Facebook o siti web.
5. Le fonti basate sull’esperienza. Consistono nel maneggiare il prodotto, esaminarlo ed
eventualmente provarlo durante l’acquisto.
c. Le valutazioni delle alternative. Durante il processo di raccolta delle informazioni o, in alcuni
casi, dopo che le informazioni sono state ottenute, il consumatore valuta le alternative in base a
ciò che ha appreso:
1. Il consumatore è informato dell’esistenza di un certo numero di marche.
2. Il consumatore percepisce che almeno alcune di queste marche sono da considerarsi delle valide
alternative.
3. Ognuna di queste marche è caratterizzata da un insieme di attributi.
4. Un gruppo di attributi ha maggiore rilevanza rispetto ad altri.
5. La marca che offre il maggior numero di attributi desiderati sarà la marca preferita.
6. La marca che il consumatore preferisce sarà quella che il consumatore desidererà acquistare.
d. La decisione d’acquisto. Se non intervengono altri fattori dopo che il consumatore ha deciso
quale marca scegliere tra quelle possibili, ha luogo l’acquisto vero e proprio, che pertanto si
configura come il risultato finale della scelta e della valutazione. In realtà, la scelta dell’oggetto
d’acquisto comporta che vengano prese numerose decisioni, quali il tipo di prodotto, la marca, il
modello, il negozio, il metodo di pagamento e ancora tante altre variabili a seconda della
situazione d’acquisto.
e. Le impressioni del dopo acquisto. Se un individuo ritiene che una determinata azione abbia
riposto adeguatamente a uno stimolo, il successo di questo schema “stimolo-risposta” verrà da lui
ricordato anche in seguito. Allo stesso modo, un’azione che in passato non ha risposto
adeguatamente a un bisogno, verrà difficilmente ripetuta in futuro.
Capitolo 3
La segmentazione del mercato
profilo. La ricerca sul campo verrà condotta per determinare la dimensione e il profilo demografico
e psicografico di ciascuno dei tre gruppi identificati secondo il criterio del grado di utilizzo. Il limite
della segmentazione a priori è quello di non poter approfondire i bisogni e le motivazioni
d’acquisto, poiché le variabili utilizzate consentono solo valutazioni induttive; in sostanza si
potranno solo intuire le preferenze di un consumatore heavy user. La segmentazione a priori non
consente di individuare tutti quei consumatori che presentano omogeneità di comportamento e
preferenze rispetto a variabili come i benefici ricercati o l’atteggiamento verso la marca, poiché la
loro individuazione può avvenire soltanto con opportune ricerche di marketing. Essa va considerata
quindi come un primo passo dell’attività di segmentazione, che però per portare a decisioni più
mirate deve essere affiancata da una ricerca più approfondita -> segmentazione a posteriori: che
consiste nel raggruppare la popolazione in segmenti sulla base dei risultati di ricerche effettuate
utilizzando tecniche di analisi che non richiedono di predeterminare rigidamente i criteri di
segmentazione. Attraverso le opportune ricerche di mercato si ottengono info e saranno
determinati la dimensione e il profilo demografico e psicografico di ogni gruppo. Questo tipo di
segmentazione produce vantaggi perché contribuisce ad ottimizzare la strategia di marketing e a
tarare con maggiore efficacia leve del marketing mix. Entrambi gli approcci di segmentazione
possono essere utilizzati validamente: la scelta dell’uno piuttosto che dell’altro dipenderà dal grado
di conoscenza del mercato di una particolare classe di prodotti da parte dell’azienda. Nel caso di
una segmentazione di un prodotto del tutto nuovo un approccio post hoc potrà essere utile a
determinare le caratteristiche chiave del mercato.
I due tipi di segmentazione utilizzati più frequentemente sono la segmentazione in base ai
benefici (benefit segmentation) e quella psicografica ( psychographic segmentation), esiste anche
la segmentazione geodemografica che offre una serie di vantaggi agli operatori di marketing.
La benefit segmentation (in base ai benefici)
Questo approccio si basa sull’assunto che i benefici ricercati dalle persone nel consumo di un
determinato prodotto (bene o servizio) siano la causa fondamentale dell’esistenza di un effettivo
segmento di mercato. Si cerca pertanto di misurare il sistema di valori dei consumatori e la loro
percezione delle varie marche disponibili in una determinata classe di prodotti. Il classico esempio
di questo tipo di segmentazione è quella attuata da Russel Haley per il mercato di dentifrici. Haley
ha individuato 4 segmenti principali per selezionare il testo, il tipo di mezzo di comunicazione e la
lunghezza dei messaggi pubblicitari, nonché il tipo di confezione e la concezione del nuovo
prodotto, per es. una confezione variopinta si appropria più al segmento “sensibili”, con colori
verde acqua per ricordare il fluoro più appropriato al segmento “ apprensivi” ecc. la
segmentazione basata sui benefici è un approccio orientato al mercato, consiste nel tentativo di
identificare i bisogni e i desideri dei consumatori, al fine di soddisfarli tramite la fornitura di beni o
servizi che offrano loro quei benefici ricercati.
La psychographic segmentation (in base alle caratteristiche personali)
Questo tipo di segmentazione è focalizzata sulle caratteristiche personali del consumatore.
L’approccio psicografico, detto anche “orientato allo stile di vita”, segue un modello di
segmentazione post hoc. Nelle indagini campionarie al consumatore viene sottoposta una lunga
serie di domande riguardanti le sue attività, interessi, opinioni ed in seguito in base alle risposte
vengono raggruppati empiricamente.
La segmentazione geodemografica
Questo tipo di segmentazione individua soggetti e nuclei familiari specifici all’interno del mercato
mediante l’uso di indicatori economici, sociali e demografici con cui è possibile creare
classificazioni di famiglie riferite a macroaree in cui la gente vive e consuma. Tali aree sono reali e
individuabili con le coordinate geografiche tradotte in mappe. Questi dati aiutano nella scelta del
mercato target, nelle campagne di direct-marketing, nella selezione dei media e nell’analisi del
potenziale di vendita in determinate aree nella più ampia accezione di “one to one marketing”.
La scelta delle variabili
Le caratteristiche iniziali, quindi, possono essere identificate in base a precedenti ricerche,
all’andamento degli acquisti o alle valutazioni della dirigenza. L’approccio alla segmentazione più
orientato al mercato risulta essere quello basato sul tipo di benefici che il potenziale consumatore
ricerca in un prodotto. La considerazione e la ricerca dei benefici desiderati dal consumatore
costituiscono un approccio alla segmentazione vivamente raccomandato da buona parte della
letteratura di marketing. È molto difficile considerare una variabile di segmentazione giusta o
sbagliata in assoluto, occorre quindi effettuare una valutazione ragionata delle variabili più
convenienti da utilizzare in relazione agli obiettivi che ci si prefigge di raggiungere. Comprendere gli
obiettivi alla base della segmentazione che si sta effettuando facilita la raccolta delle info e la scelta
delle variabili più opportune. La scelta delle variabili dipende da quanto esse apportano un valido
contributo nel far comprendere la sensibilità dei consumatori agli stimoli del marketing. Occorre
quindi individuare le caratteristiche che consentono di segmentare la domanda i gruppi di
consumatori che condividono lo stesso comportamento d’acquisto e di consumo. Per es. se si cerca
di definire come posizionare un prodotto, conviene segmentare il mercato sulla base dei benefici
ricercati e delle occasioni d’uso tramite la combinazione di:
- Caratteristiche del prodotto;
- Livelli di prezzo;
- Canali di distribuzione;
- Tipo di comunicazione.
Nella pratica non si riesce sempre ad indentificare i segmenti in modo nitido e distinto infatti si
arriva a risultati soddisfacenti solo dopo vari tentativi ed errori. Un ulteriore problema da risolvere
è quello del numero di segmenti in cui può essere teoricamente frazionata la domanda di un certo
mercato. Quanto maggiore è il numero di variabili utilizzate contemporaneamente, tanto più
grande sarà il numero di segmenti che si possono ottenere. Ipotizziamo di segmentare un mercato
sulla base di quattro variabili:
- Età;
- Reddito;
- Localizzazione geografica;
- Intensità d’uso.
Ipotizziamo inoltre che ciascuna di queste variabili sia suddivisa in classi:
- età (anni): 15-25; 26-35; 36-45; oltre
- reddito (euro annui): 0-30; 31-60; 61-90; oltre
- localizzazione: nord, centro, sud
- intensità d’uso: alta, media, bassa.
Se combiniamo le classi di ciascuna variabile si possono ottenere 4x4x3x3= 144 segmenti, tutti
definiti e differenti tra di loro. E’ necessario attuare una procedura di segmentazione che porti alla
formazione di un numero più contenuto di segmenti; l’eccessiva frammentazione infatti rende
dispersiva l’allocazione delle risorse, col rischio che i benefici di un eccesso di personalizzazione dei
prodotti risultino inferiori ai costi. L’obiettivo allora è quello di comprendere se i segmenti
individuati sono strategici per l’impresa e meritano di vedere concentrati su di essi gli investimenti
per la realizzazione di appositi programmi di marketing, pertanto si può stimare che il numero di
segmenti non sia inferiore a 4 e né superiore a 12.
Cosa intendiamo con il termine “nicchia di mercato”?
Se da una parte la segmentazione del mercato è definibile come l’insieme delle attività tese a
determinare la suddivisione del mercato (secondo diverse variabili: geografiche; demografiche
come l’età, il sesso, il numero di componenti della famiglia, reddito, occupazione ecc.;
Psicografiche come la classe sociale, stile di vita, personalità; Comportamentali come occasioni
d’uso, fedeltà della marca, atteggiamento verso il prodotto ecc.) in gruppi di consumatori.
Alla base della segmentazione stanno i bisogni del cliente. Al contrario le nicchie di mercato sono
particolari suddivisioni all`interno dei segmenti e si distinguono da quest`ultimi non solo per il fatto
di essere di dimensioni più ridotte, ma soprattutto per l`intensità e la particolarità dei bisogni dei
consumatori che le compongono.
Capitolo 4
La concorrenza
Quali tipi di concorrenza si possono verificare?
Esistono sei tipi di concorrenza:
a) radizionale: formata da coloro che offrono lo stesso prodotto o servizio al nostro stesso
mercato con modalità simili alle nostre. Es: una compagnia aerea considera concorrente
un’altra compagnia aerea che vola sulla stessa tratta.
b) Di categoria merceologica: è formata da coloro che offrono prodotti della stessa
categoria merceologica. Es: soprattutto in certe stagioni, una compagnia che offre snack
può considerare un produttore di gelati come concorrente.
c) Per analogia: consiste in quella società la cui offerta offre lo stesso servizio ma con
modalità differenti. Es: le compagnie aeree possono considerare il treno o le autolinee
come concorrenti su alcune tratte. Basti pensare alla concorrenza treno- aereo sulla
tratta Milano- Roma.
d) Per potere d’acquisto: è formata da tutti quegli operatori che competono per
accaparrarsi la stessa fetta della capacità di spesa dei consumatori. Es: certi prodotti che
sono uno “status symbol” competono con altri prodotti completamente differenti che
procurano lo stesso tipo di immagine a chi li possiede. Quindi, negli anni ’60, un
gioielliere poteva considerare come concorrenti le pelliccerie.
e) Potenziale: consiste in quelle società che offrono prodotti o servizi contigui ai nostri e
che possono facilmente entrare nel nostro mercato e danneggiarci. In questa categoria
rientrano tre tipi di aziende:
1) Nuovi prodotti a mercati esistenti: coloro che sono già presenti presso i nostri clienti
con i loro servizi o prodotti e potrebbero decidere di venderne altri. Es: un bar che
comincia ad offrire anche ristorazione
2) Prodotti esistenti a nuovi mercati: coloro che offrono, in mercati diversi dal nostro,
prodotti o servizi diversi dai nostri ma facilmente convertibili in modo da attaccare il
nostro mercato. Es: produttore di prodotti per barche a vela che decide di offrire
prodotti per tende da giardino.
3) Integrazione di filiera: coloro che possono sviluppare un’integrazione di filiera (verso
l’alto o verso il basso). Es: i produttori di microprocessori che sono entrati nel mercato
dei pc o i grandi gruppi di distribuzione che commercializzano prodotti con il proprio
marchio.
f) Totalmente scollegata: la concorrenza si può originare da una differenziazione slegata
da ogni fattore, ma questi casi sono difficili da prevedere. Coloro che operano in settori
con alti tassi di crescita ed elevati margini di profitto faranno bene a tener presente che
prima o poi qualcuno potrebbe decidere di reinvestire i propri capitali attaccando un
mercato appetibile.
Le 5 forze di Porter
Per descrivere meglio quello che avviene all’interno di un mercato e consentire alle aziende di
muoversi di conseguenza, Michael Porter, negli anni ’80, ha spiegato che la profittabilità delle
imprese è determinata da due fattori: l’attrattività del settore in cui opera e l’intensità della
competizione. In merito a quest’ultima, lui ha individuato 5 fatto che ne determinato l’intensità:
1) Minaccia di nuovi entranti: che si intendono quei soggetti che potrebbero entrare nel mercato
in cui opera l’azienda. Es: sviluppo banda larga da parte di Enel, renderebbe l’azienda
concorrente della TELCO (Tim, Vodafone, Wind, ecc.). La possibilità che nuovi operatori
entrino nel mercato è dovuta a diversi fattori:
- Mercato vasto tanto da esserci spazio per altri fornitori
- No investimenti per entrare nel mercato/ finanziamenti facilmente accessibili
- Gli attuali operatori non posseggono dei significativi vantaggi competitivi.
- Di fronte all’ingresso di nuovi operatori ci si aspetta una reazione blanda (o addirittura
nessuna reazione) da parte degli attuali operatori.
2) Potere contrattuale dei compratori: anche i clienti incidono notevolmente sul livello di
competizione, in quanto loro stessi possono fare concorrenza ai loro fornitori. Le variabili
principali che possono aumentare o diminuire il loro potere nei confronti delle aziende sono le
seguenti:
- Concentrazione dei compratori;
- Possibilità di approvvigionarsi altrove;
- I compratori accedono facilmente alle informazioni e possono fare confronti;
- Esiste una reale possibilità di integrazione di filiera se i compratori non sono soddisfatti
della qualità, dei prezzi o delle modalità di fornitura.
3) Potere contrattuale dei fornitori: i fattori che aumentano questo potere sono:
- Concentrazione dei fornitori
Dopo questa analisi possiamo essere in grado di delineare un profilo comportamentale dei nostri
avversari; ecco di seguito alcune tipologie generali identificate da Kotler:
a) Inerte: quelli che non agiscono prontamente ad un eventuale attacco, questo perché si
sentono sicuro o sono lenti nell’accorgersi dell’attacco o non hanno le capacità finanziarie di
reagire.
b) Selettivo: è quello che reagisce solo ad alcune tipologie di attacchi e quindi è sensibile solo
ad un certo tipo di prodotti o mercati o attacchi.
c) Tigre: quello che reagisce con virulenza a qualunque tipo di attacco
d) Stocastico: si comporta in maniera imprevedibile e irrazionale, non presenta dei profili
identificabili e non si può prevedere il suo comportamento.
Capitolo 5
Le ricerche di marketing
Intanto quando parliamo di ricerche qualitative e quantitative dobbiamo fare riferimento alle
ricerche di marketing che possiamo dire che hanno l’obiettivo di fornire informazioni ai manager
affinché possano assumere decisioni efficaci. La ricerca di marketing si realizza attraverso un
processo, formato da varie fasi:
a) Gli obiettivi della ricerca: i manager e i ricercatori si trovano nella posizione di dover
effettuare ricerche su un problema o una situazione la cui natura non è però del tutto
chiara o ben definita. Alla fine di questa fase dovrebbero essere d’accordo sul contesto di
riferimento relativo al problema che s’intende affrontare, la natura del problema, la
domanda o le domande specifiche alle quali la ricerca dovrebbe trovare una risposta. Fase
fondamentale perché influenzerà il tipo di ricerca che si va a condurre e il disegno di
ricerca.
b) Il piano di ricerca: definisce la natura specifica della ricerca e riporta i criteri di scelta del
campione(insieme di elementi estratti da una popolazione statistica che ne rappresentano
l’universo), le misurazioni e le metodiche analitiche che saranno impiegate. Fondamentale
è decidere se avvalersi di dati primari, secondari o la combinazione di questi.
Dati primari sono i dati raccolti specificamente per la questione affrontata nella ricerca.
Sono di norma molto più costosi rispetto ai secondari ma sono anche quelli necessari per
poter definire strategie specifiche. I dati secondari sono dati raccolti in precedenza per altri
scopi, più economici ma meno validi per le strategie aziendali. Fondamentale in questo caso
è definire il tipo di ricerca. Ci sono due tipi di ricerche quella qualitativa o quella
quantitativa. La ricerca qualitativa ha finalità esplorative soprattutto per avere indicazioni
utili per la soluzione di un problema, non ha di norma rappresentatività statistica. Per
quanto riguarda la ricerca quantitativa ha lo scopo di descrivere fenomeni fornendone una
dimensione di natura quantitativa tramite procedure più sistematiche, attraverso il
reperimento e l'analisi di dati numerici. Si utilizzano campioni rappresentativi dell'universo
di riferimento e ha di norma rappresentatività statistica. I due generi di ricerca qualitativa
più comuni del marketing sono: i Focus Group che consiste nel riunire attorno a un tavolo
un gruppo di 8-12 persone per un tempo di circa due ore, sotto la guida di un moderatore
esperto che seguendo una traccia consente a ognuno di esprimere liberamente le proprie
idee su un certo tema. Con un focus Group si può definire con particolare ricchezza di
sfumature gli atteggiamenti di consumo. Si usano tecniche Creative, proiettive e cognitive.
Spesso le aziende organizzano indagini di tipo qualitativo perché sono meno costosi delle
indagini quantitative e non offrono risultati statisticamente validi, ma consentono
comunque di acquisire molti stimoli validi. Per valutare nuove idee di prodotto, in alcuni
casi i focus group vengono organizzati con consumatori particolarmente innovativi. Il
secondo tipo di ricerca qualitativa sono le interviste individuali in profondità. Si cerca di
approfondire le dinamiche di comportamento e motivazione di alcuni individui presi
singolarmente. Si eliminano quei condizionamenti che possono nascere nel gruppo. È
necessaria quando bisogna ricostruire l'esperienza personale del consumatore.
Generalmente 20-30 sono sufficienti e raccogliere un numero congruo di informazioni. Per
quanto riguarda le ricerche quantitative prevedono che venga somministrato un
questionario strutturato a un campione rappresentativo dei consumatori Le risposte
vengono classificate e poi elaborate con opportune tecniche di analisi statistica dei dati. Le
principali ricerche quantitative sono:
1) L'osservazione per esempio nei supermercati per osservare il comportamento del
consumatore.
2) la Survey raccolta di dati tramite un questionario.
3) ricerca sperimentale quando si agisce su una sola variabile esaminandone l’impatto
sulle altre variabili
4) la ricerca modello matematico. Si impernia su dati secondari per esempio i dati raccolti
dal lettore di codici a barre alla cassa di un supermercato con sviluppo di equazioni che
individuano le relazioni tra le diverse variabili e l'uso di tecniche econometriche per
analizzare l'effetto di tattiche e strategie su vendita.
- Per quanto riguarda le modalità della ricerca possono avvenire in due modi in maniera
interno o esterno. Occorre valutare se esistono le competenze interne per effettuare la
ricerca o se non sia opportuno rivolgersi a società in possesso di competenze particolari.
5) Nel processo di ricerca, una terza fase è la conduzione della ricerca. Per condurre la
ricerca occorre attrezzarsi per la raccolta dei dati e quindi procedere al loro
reperimento. Quest'ultima fase dipende ovviamente dal tipo di dati desiderati. Se si
essere di tipo Comparato o monadico: a) Comparato: è basato sul confronto con i prodotti
della concorrenza. I prodotti vengono proposti senza indicazione della marca o di altri
elementi che possano favorirne il riconoscimento (Blind test). B) monadico: il prodotto
viene sottoposto da solo al consumatore.
- Package test: Vengono analizzati da prima con approccio qualitativo i connotati simbolici e
le percezioni che consumatori assegnano alla confezione del prodotto e si osserva se questa
facilita la comprensione degli elementi differenzianti con cui l'azienda intende proporre sul
mercato la propria offerta, se è coerente con il brand ecc. Successivamente con una
indagine quantitativa viene misurato l'impatto complessivo generato dalla confezione. Si
mostra una foto o il package vero e proprio e gli intervistati devono valutare gli aspetti
estetici e la funzionalità. Si misura inoltre l'attenzione che la confezione riesce a suscitare.
- Name test: È un test che tende a misurare l'impatto del nome di un prodotto sui
consumatori. viene effettuato anche per il nome di nuova azienda eccetera.
- Pricing test: Viene utilizzato per verificare come si modifica l'intenzione di acquisto in
funzione del prezzo. Si può misurare l'elasticità diretta sottoponendo di norma ad un
campione rappresentativo di consumatori diversi livelli di prezzo e verificando come varia
l'intenzione di acquisto. Se si vuole invece misurare l'elasticità incrociata viene costruito
uno scaffale simulato ma quanto più possibile realistico sul quale si collocano i prodotti dei
concorrenti e si cambiano i cartellini dei prezzi verificando come varia l'intenzione di
acquisto. È possibile anche osservare direttamente l'elasticità incrociata direttamente sul
punto vendita che praticano prezzi differenti.
- Advertising test: i messaggi pubblicitari vengono sottoposti a specifiche indagini per
misurare l’efficacia della comunicazione e la qualità dei contenuti creativi. Prima sul piano
qualitativo, prima del lancio dello spot si cerca di valutare il gradimento dei consumatori nei
confronti dei contenuti della pubblicità, la coerenza con gli obiettivi di comunicazione,
l’aderenza alle caratteristiche dei destinatari. Dopo che lo spot è stato mandato in onda, si
effettua test quantitativo, col quale ci si propone di misurare alcune variabili:
1) risposta cognitiva della audience obiettivo: vengono valutati aspetti percettivi legati alla
visione della pubblicità come l’originalità del messaggio, la fiducia verso il , la credibilità
ecc.; la tensione generata; la Chiara comprensione dei contenuti; la sedimentazione
del ricordo.
2) risposta affettiva, come per esempio l'atteggiamento verso la marca e il coinvolgimento
nei confronti del prodotto;
3) la risposta comportamentale, intesa come persuasività e stimolo all'acquisto del
prodotto.
6) Elaborazione dei dati.
Questa fase include la preparazione di dati per l'analisi (editing) e l'analisi vera e propria. Le
tecniche per un’analisi appropriate dei dati raccolti dipendono dalla natura della domanda
oggetto della ricerca e dal disegno della ricerca. I dati di una ricerca qualitativa consistono
in registrazioni di interviste il cui contenuto verrà valutato nella prospettiva di ricerca di
idee e di nuove conoscenze. I dati di una ricerca quantitativa sono analizzabili secondo
diverse tecniche quali:
Regressione multipla: mediante la funzione lineare si esprime la relazione tra una variabile
dipendente e un insieme di variabili indipendenti conosciute a priori. Si usa di norma per le
previsioni della domanda oppure per comprendere da quali fattori è maggiormente
influenzata la soddisfazione dei consumatori.
Strategia corporate
La pianificazione strategica consiste nello sviluppare e mantenere una constante corrispondenza
tra gli obiettivi e le risorse dell’organizzazione. Per ottimizzare questo processo si inizia da un
contesto generale per arrivare al particolare e cioè gli altri dirigenti valutano le prospettive future,
ovvero la loro capacità di realizzarle e su queste prospettive sviluppate in strategie ed obiettivi
generali si costruirà la pianificazione di divisioni ed aree funzionali. Occorre cogliere il momento,
offrire il prodotto giusto al momento giusto, oppure cogliere i segnali ambientali ed attuarli
utilizzando le tre categorie base per attivare la pianificazione: i clienti, i dipendenti e gli investitori.
Modello Abbel
Il modello più usato per identificare le Asa è quello di Abbel e si basa su tre elementi:
- Il gruppo di clienti destinati al prodotto
- Le funzioni o bisogni ai quali è dedicato
- La tecnologia usata per produrlo (es pag.109)
- QUESTION MARKS (punti interrogativi): sono ASA che controllano una bassa quota con un
mercato ad alta crescita.
Dopo aver analizzato le varie aree strategiche d’affari in base a questi principi, la dirigenza deve
decidere il ruolo che ognuna di esse deve avere nel complesso piano strategico dell’impresa.
Quattro sono i tipi di obiettivi a cui può far riferimento un’azienda:
1.Sviluppo (build share): è un obiettivo adatto per le attività “question mark” più premettenti, delle
quali si voglia far crescere la quota di mercato per promuoverle al rango di “stars”.
2.Mantenimento (hold share): un obiettivo finalizzato al mantenimento della quota di mercato
detenuta dall’area strategica d’affari. Adatto per quelle attività come le “cash cows”.
3.Mietitura (harvest): è un obiettivo che mira ad incrementare la liquidità dell’azienda a breve,
senza considerare le conseguenze di lungo periodo. Esso implica che si sacrifichi la quota di
mercato al fine di massimizzare i profitti e la liquidità.
4.Disinvestimento (disinvest): obiettivo che comporta la vendita o il disinvestimento di aree
strategiche d’affari poiché esistono migliori opportunità d’investimento altrove.
Il modello BCG ha suscitate molte critiche, incentrate sul criterio di classificazione delle ASA in base
alla quota di mercato e al tasso di crescita del mercato. Alcune di queste sostengono che:
• Il modello BCG sembra dar per scontato che la principale fonte di finanziamento dell’aerea
strategica di affari sia costituita dalle risorse interne.
• Il modello BCG non tiene in considerazione alcuna misura di profitto e soddisfazione del cliente.
• il modello BCG sostiene l’ipotesi che la strategia aziendale cominci con un’analisi della posizione
competitiva.
Benché queste critiche siano sicuramente valide, in alcuni settori, specialmente quelli a bassa
differenziazione di prodotto e nel caso di aziende di grande dimensione, la matrice BCG
rappresenta comunque un valido strumento di analisi per valutare la posizione delle proprie aree
strategiche d’affari e le conseguenti decisioni di investimento.
La matrice GE (General Electric)
La matrice GE enfatizza tutti i fattori che potenzialmente possono condurre un’impresa a una
posizione di competitività, non solo sula quota di mercato, ma considera anche tutti fattori che
influenzano l’attrattività di un mercato, non solo il suo tasso di crescita.
L’attrattività del settore è un indice composito, alla cui competizione concorrono diversi fattori
come la redditività, la crescita e la dimensione.
- Dimensione: più è grande il mercato, più esso è attrattivo.
- Crescita: i mercati in forte crescita sono più attrattivi di quelli a bassa crescita.
- Redditività: i mercati che consentono alti margini di profitto sono più attrattivi.
La competitività aziendale è un altro indice composito, costituita da altri fattori quali la quota di
mercato, la leadership nella quantità e la quota di mercato comparata a quella dei concorrenti.
- Quota di mercato: più grande è la quota di mercato detenuta dall’ASA, maggiore è la sua
competitività.
- Leadership nella quantità: migliore è la qualità in rapporto alla concorrenza, più forte è la sua
competitività.
- Quota di mercato comparata a quella dei concorrenti: più la quota di mercato si avvicina a quella
dell’azienda leader, maggiore è la sua competitività.
Una volta che le ASA vengono classificate, vengono collocate nella griglia in base ai giudizi che i
manager responsabili della valutazione gli hanno attribuito.
ZONA A: attività caratterizzate da un’alta
attività del mercato e da una forte competitività
ZONA B: attività caratterizzate da una posizione
intermedia, sia per attrattività che per competitività
ZONA C: attività caratterizzate da una bassa
attrattività e debole competitività
L’analisi SWOT
L’analisi SWOT è uno strumento di pianificazione strategica utilizzato per valutare l’ambiente
esterno (minacce e opportunità) e interno (punti di forza e di debolezza) all’azienda. L’analisi SWOT
ha lo scopo (mission) di identificare tutte le tendenze e inserirle in un quadro organico,
individuando condizione interne e esterne all’azienda che per loro rilevanza possono influenzare la
loro performance. Essa può riguardare un mercato in cui l’azienda è già presente o in uno in cui
cerca di entrare. Nel primo caso l‘intento è quello di verificare la validità della strategia adottata.
Nel secondo caso consiste invece nel mettere a punto una strategia di ingresso adeguata.
Due sono i vantaggi che derivano dall’analisi SWOT:
- Il contributo di conoscenza fornito dall’esame combinato di variabili interne e esterne all’azienda
- L’insieme di valutazioni in chiave strategica che il processo consente di delineare
Cosa si intende per opportunità/minacce e forze/debolezze?
Ambiente esterno:
- Opportunità: fattori che si ripercuotono sulle prestazioni dell’impresa, possono contribuire alla
creazione di un vantaggio competitivo.
- Minacce: condizioni che possono portare a un declino nelle prestazioni in assenza di
contromisure per fronteggiarli. Esse possono mettere a rischio il successo della strategia di
marketing.
Ambiente interno:
- Punti di forza: risorse o capacità specifiche che l’azienda è in possesso. Se utilizzate in maniera
efficace, le appartano una competenza distintiva rispetto alla concorrenza e le possono consentire
di cogliere opportunità.
- Punti di debolezza: risorsa che manca all’azienda mentre i concorrenti ne dispongono. I punti di
debolezza enfatizzano le minacce e attenuano il valore delle opportunità. Rappresentano
condizioni che ostacolano la realizzazione degli obiettivi, fino a determinare, nella peggiore delle
ipotesi, il fallimento della strategia.
Le fasi dell’analisi SWOT
Operativamente, l’analisi SWOT passa attraverso le seguenti fasi:
- Definizione di forza e debolezza che caratterizzano l’azienda
- Esplorazione dell’ambiente di mercato circostante (minacce/opportunità)
- Graduazione di importanza di minacce/opportunità e punti di forza/debolezza
- Combinazione dei fattori interni con quelli esterni per verificare la presenza di elementi di criticità
- Individuazione di possibili alternative di intervento
Per primo si parte dalla valutazione delle variabili interne, da premettere che punti di forza e di
debolezza sono dei concetti relativi.
Esempio: una prerogativa dell’azienda, la reputazione di marca, diventa un punto di forza solo se
può oggettivamente rappresentare una competenza distintiva nell’ASA in esame. Saranno le
caratteristiche della domanda e la struttura del sistemo competitivo del business a permettere di
stabilire se questo attributo rappresenta un punto di forza o se invece ha un carattere di neutralità.
Sulla base di questo ragionamento, anche un fattore ambientale costituisce per l’impresa una
minaccia o una opportunità in relazione ai punti di forza/debolezza posseduti dall’azienda. Ciò che
rappresenta un’opportunità per alcuni può rappresentare una minaccia per altri.
Esempio: si rende disponibile una nuova tecnologia, un’impresa può considerare questo evento
come opportunità se è in grado di acquisirla per i suoi prodotti più rapidamente dei concorrenti, e
una minaccia nel caso contrario.
L’analisi SWOT presenta una dose di soggettività legata all’esperienza dell’analista. Questa
metodologia stabilisce di razionalizzare il processo con cui vengono acquisiti input utili a definire le
alternative strategiche. Invece, un rischio che si corre è quello di ridursi a una semplice elencazione
di eventi esterni e caratteristiche dell’azienda, senza che da questo si riescano a trarre indicazione
utili per la strategia. I punti di forza e punti di debolezza vengono misurate su due parametri:
- Performance: capacità dell’azienda rispetto la variabile osservata; man mano che ci si sposta dal
valore minimo a quello massimo di una scala pre-fissata di misurazione, ina debolezza si trasforma
in una forza
- Importanza: che indica quanto il possesso di capacità rispetto alla variabile osservata è critica per
l’acquisizione di un vantaggio competitivo
Nel caso di minacce e opportunità, i criteri valutazione fanno riferimento a:
Capitolo 7
Stategia di marketing
La relazione fra strategia di corporate e strategia di marketing
In un’organizzazione correttamente gestita, esiste una relazione diretta fra la pianificazione
strategica e la pianificazione decisa dai responsabili a tutti livelli. Varieranno l’obiettivo immediato
e le prospettive temporali. Nella pianificazione strategica risulta evidente che i piani elaborati da
tutte le diverse aree funzionali devono discendere dal piano strategico generale e allo stesso
tempo devono concorrere alla sua realizzazione. La strategia aziendale deve essere opportuna
talmente articolata in relazione alle singole ASA individuate in sede di pianificazione strategica
generale, E a questo punto che entra in gioco come protagonista la strategia di marketing, alla
quale è demandato il compito di sviluppare la competitività dell’azienda nei diversi business
presidiati. La formulazione l’attuazione della strategia di marketing ricadono sotto la responsabilità
dei marketing manager. Il loro compito è quello di realizzare strategie di mercato specifiche,
concordemente con le linee di indirizzo e gli obiettivi generali fissati.
Obiettivi della strategia di marketing
La definizione degli obiettivi tiene in considerazione tre elementi principali:
1) Cosa succede nell’ecosistema in cui l’azienda opera e cosa probabilmente succederà in futuro.
Questo non solo in termini di mercato (settore di industria, clienti e concorrenti) ma in generale
nella società (legislazione, evoluzione della popolazione, grandi trend come la globalizzazione,
mode, scoperte scientifiche);
2) Qual è la condizione attuale dell’azienda e cosa in grado di realizzare. Quante risorse abbiamo,
quante risorse possiamo mettere in campo, che competenze possediamo;
3) Le aspettative dei vari stakeholder. Quali obiettivi abbiamo ricevuto al piano aziendale, cosa
ricercano gli azionisti, i dipendenti, i sindacati, e la collettività in cui operiamo;
Esempi di obiettivi di marketing: aumento della quota di mercato del 10%, aumento della base di
clienti del 20%, aumento dei clienti fidelizzati il 10%, diminuzione del tasso di abbandono dei
clienti del 10%.
sempre fatto e gli obiettivi che il piano si pone. Questo dà luogo ad un divario relativo all’oggetto
del piano che l’azienda si pone per il raggiungimento degli obiettivi. Si distinguono due divari:
Divario operativo (operational gap) è quel divario che può essere indirizzato con interventi
operativi, ovvero migliorando le azioni attualmente in essere. Per esempio con un aumento di
produttività con un miglioramento del marketing mix.
Divario strategico (strategic gap) È il divario che deve essere indirizzato con azioni strategiche,
ovvero mettendo in essere nuove attività. Per esempio attaccando nuovi mercati, oppure lanciando
nuovi prodotti.
Targeting
Si tratta di un processo che richiede un’approfondita comprensione degli obiettivi della strategia di
marketing, nonché delle linee guida della strategia medesima. Per esempio, la scelta dei segmenti
obiettivo cambia in funzione del fatto che l’azienda sia indirizzata verso obiettivi di volume,
indirizzandosi quindi verso un grande numero di potenziali acquirenti, oppure di profittabilità,
volendo scegliere soltanto clienti profittevoli da scopare in piccole nicchie di mercato. A parità di
caratteristiche, sono quattro i principali criteri che vengono considerati quando si deve decidere se
indirizzarsi verso un certo segmento.
1) capacità dell’azienda di offrire un prodotto di successo
2) andamento crescente della domanda.
3) possibilità di alti profitti
4) intensità competitiva bassa.
In assenza di queste condizioni, è preferibile dirottare le risorse disponibili altrove, a meno che
indicazioni diversi obiettivi strategici suggeriscono comunque un’azione di presidio. Per essere
presenti nei rispettivi mercati, le aziende adottano diverse strategie di copertura in funzione di una
serie di variabili come la loro dimensione è quella della domanda, il tipo di prodotto, le
caratteristiche dei consumatori si parla infatti di marketing indifferenziato, differenziato,
concentrato.
Marketing indifferenziato viene attuato quando un’azienda propone un unico prodotto valido per
tutti i mercati serviti, senza preoccuparsi di adattare l’offerta ai diversi segmenti. È una strategia
solitamente adottata in condizioni di monopolio, oppure nel caso in cui la domanda risulti
particolarmente omogenea o esistono considerevoli barriere all’ingresso per le imprese
concorrenti.
Marketing differenziato, con questa strategia l’azienda opera un’analisi di segmentazione, in virtù
della quale adegua la propria offerta diverse tipologie di acquirenti. È quella più frequentemente
utilizzata, soprattutto perché permette di studiare prodotti capaci di aderire alle esigenze di diverse
tipologie di acquirenti.
Marketing concentrato, in tal caso l’azienda decide di specializzarsi, puntando a servire in via
esclusiva pochi o addirittura un unico segmento di domanda. Questa strategia può essere adottata
sia per virtù, sia per necessità, nel senso che la sua adozione può costituire una scelta per certi
versi quasi obbligata, o al contrario essere frutto di precise scelte di differenziazione.
Il Posizionamento
Il posizionamento consiste quindi nell’individuare uno o più elementi principali per rendere il
marchi, utilizzando una scala graduata i cui estremi figurano appunto gli aggettivi di significato
opposto. Con il grafico a tela di ragno, gli attributi dei prodotti marchi vengono rappresentati come
assi disposti a raggiera, a partire da un punto centrale che ne costituisce l’origine. Anche in questo
caso, i giudizi per attributo che i consumatori esprimono vengono uniti da una linea spezzata, fino
a creare una superficie che offre un’idea visiva della competitività di quel prodotto, marca. Si
possono poi costruire mappe percettive vere proprie, si tratta in questo caso di diagrammi in cui
essi sono definiti dalle variabili che impattano in modo significativo sulle decisioni di acquisto. Il
modo di posizionare le diverse offerte concorrenti risultato di due approcci differenti, ci si può
avvalere di apposite tecniche statistiche di analisi dei dati come l’analisi fattoriale, la cluster
analysis, o il multidimension scaling.
Controllo di marketing
Il controllo è parte fondamentale di qualunque tipo di piano, un piano non è tale se non include
dei criteri di controllo per monitorare l’implementazione. Un piano senza controllo è solo un bel
documento senza alcuna utilità.
Un corretto sistema di controllo articolato in quattro punti principali:
1) Definizione di standard, prima di iniziare i controlli dobbiamo ovviamente decidere cosa
misurare fissare dei criteri precisi su come effettuare le rilevazioni. Scegliere le metriche corrette
non è banale, le metriche devono essere legata agli obiettivi del piano e comprendere tutti gli
aspetti che costituiscono il piano stesso. Prendiamo per esempio un elemento semplice come le
vendite, posso analizzare in tanti modi, posso misurare la quantità di pezzi, oppure il fatturato,
oppure il prezzo medio. La scelta dipende dagli obiettivi del piano, volevo aumentare le vendite in
modo generico aumentare i clienti? Queste scelte dipendono tanti fattori. Per esempio, in certi
settori la gran parte dei profitti viene fatto con i servizi post vendita con i pezzi di ricambio.
2) Misura delle prestazioni, e l’effettiva fase di misurazione, bisogna definire dei processi di
monitoraggio che assicurano la correttezza e l’omogeneità dei controlli. Per esempio, se
effettuiamo delle rilevazioni della soddisfazione del cliente dobbiamo assicurarci che queste siano
effettivamente compilate dai clienti.
3) Analisi dei risultati, una volta rilevati degli scostamenti rispetto al piano è fondamentale capire
perché questo è successo. Spesso però non è così semplice, per esempio, una volta rilevato che
abbiamo venduto meno pezzi del previsto importante capire perché. Il prodotto non è buono?
Il prezzo è sbagliato? L’interpretazione risultati non è banale una corretta definizione delle
metriche può aiutare ad avere informazioni più complete e corrette. Qualunque siano le ragioni
dello scostamento possono essere ricondotte a tre grandi gruppi:
Fattori esogeni, possono essere una crisi di mercato, un evento catastrofico, una crisi di immagine.
Fattori endogeni, ci possono essere tanti motivi perché è un piano non è stato implementato come
previsto
Stime errate, le assunzioni del piano erano errate, il mercato non è la dimensione prevista, il prezzo
non è corretto.
4) Individuazione delle eventuali azioni correttive, una volta individuate le ragioni dello
scostamento del piano bisogna prendere le opportune decisioni correttive. Se l’analisi è stata fatta
correttamente individuare le azioni relativamente semplice anche se potrebbe essere non così
facile. Per esempio, se il prezzo era troppo alto, potremmo non avere la capacità finanziaria la
struttura dei costi adeguata per ridurlo a sufficienza.
Caratteristiche di un sistema di controllo
Secondo Michael Baker un corretto sistema di controllo deve avere alcune caratteristiche che lo
rendono efficace e applicabile.
1) formalità, i controlli devono essere codificati devono essere applicati secondo criteri per
tempistiche standard.
2) necessità, devono essere necessarie di essere percepiti come tali dall’organizzazione.
3) priorità, I controlli devono concentrarsi sugli elementi principali non essere applicati a tutto
quello che è controllabile.
4) misura abilità, devono essere oggettive e quindi basati sul tardi e misurazioni quantitative.
5) regolarità, i controlli devono essere applicati regolarmente secondo un calendario codificato in
base alle caratteristiche dell’oggetto che si vuole controllare.
Applicazione di un sistema di controllo
Possiamo collocare l’attività di controllo in due grandi categorie:
1) controllo sull’efficacia delle singole azioni previste nell’ambito del piano
2) controllo sull’efficacia del nostro piano E sul nostro avvicinamento agli obiettivi
Per esempio, se nella fase di definizione della strategia abbiamo deciso di posizionarci in un certo
modo, sarebbe saggio controllare se i clienti, hanno una percezione del nostro prodotti linea con
quella da noi auspicata.
L’attuazione di un piano di marketing può essere controllato in tantissimi modi tuttavia sono
quattro gli strumenti principali per controllare l’efficacia di un piano di marketing.
Analisi delle vendite, analisi della quota di mercato, analisi dei costi di marketing, analisi
dell’orientamento del comportamento del cliente, analisi dei reclami, indagini presso la clientela,
incontri one to one.
Analisi delle vendite
Ci sono molti modi per controllare le vendite, il più semplice e misurarne l’entità. Possiamo
rivelarla in due modi, numero di pezzi o valore del fatturato. Altro sistema e quantificare lo
scostamento rispetto al piano. Se avevamo in programma di vendere in un anno 1.000.200 pezzi, ci
dobbiamo aspettare di vendere circa 100.000 pezzi al mese. Quindi se a fine giugno abbiamo
venduto 550.000 pezzi, siamo sotto al piano di 50.000 pezzi, il che vuol dire che se non facciamo
azioni correttive, chiuderemo l’anno con 1.150.000 pezzi.
Analisi della quota di mercato
Quest’analisi ci fornisce un’interpretazione dei risultati di vendita che potrebbero essere stati
condizionati, impositivo in negativo, dall’andamento generale del mercato. Tutte le imprese
cercano solitamente di ampliare la propria fetta di mercato, ma vale la pena di notare che la
riduzione della quota di mercato potrebbe essere anche conseguenza di un obiettivo. Può essere il
caso per esempio, in azienda che ha deciso di far crescere i propri margini ottimizzando la propria
rete di distribuzione abbandonando alcune aree geografiche.
Vediamo di seguito due scelte diverse per rilevare la quota di mercato.
Quota del mercato globale: è il totale delle vendite espressi in percentuale delle vendite totali del
settore.
Quota del mercato servito: È il totale delle vendite espresse in percentuale del mercato che
l’azienda è in grado di raggiungere. Per esempio il mercato dove territorialmente l’azienda opera.
Analisi dei costi di marketing
Il rapporto fra costi di marketing e vendite ci fornisce un’indicazione di quante risorse abbiamo
impiegato per raggiungere i nostri obiettivi di vendita. Normalmente si esprime calcolando le spese
di marketing in percentuale del fatturato. Oltre al valore assoluto è importante vedere come si
discosta da quanto previsto nel piano. Infatti mentre alcune voci sono abbastanza controllabili, per
esempio la pubblicità, altre lo sono meno, come le spese per i venditori, che dipendono
dall’andamento delle vendite.
Analisi del comportamento del cliente
Molte imprese tendono a tenere sotto controllo i comportamenti dei clienti e degli altri
partecipanti al sistema di marketing, per esempio distributori, in modo di individuare modifiche nei
comportamenti dei clienti prima che questi abbiano un impatto significativo sulle vendite.
Analisi dei reclami
L’analisi dei reclami consente di individuare alcune vecchie dell’organizzazione dei prodotti
ponendo ove possibile dei rimedi. Siccome sui grandi volumi è fisiologico avere un certo numero di
reclami, è importante analizzare non solo i contenuti dei reclami, ma anche misurarmi la quantità e
il loro andamento nel tempo.
Focus group
Una formula ancora usata anche se piuttosto costosa e quella di radunare un campione di clienti
rappresentativo del target di mercato e farli discutere, con l’aiuto di un moderatore, su un
prodotto, un servizio o sui loro bisogni.
Indagini presso la clientela
Si tratta di indagine a campione a tappeto effettuate tramite moduli o intervistatori.
Incontri one to one
Si tratta di incontri con clienti effettuati direttamente dal management dell’azienda che mirano ad
apprezzare non solo lo stato d’animo del cliente il suo grado di soddisfazione, ma soprattutto le sue
principali aree di focalizzazione o di preoccupazione.
Capitolo 8
Le decisioni relative al prodotto
(derivati del latte). Forma, durata, effettiva rilevanza del ciclo possono variare facendo assumere
alla curva andamenti molto differenti. Anche i prodotti all’interno di una stessa categoria possono
avere andamenti diversi poiché il successo di ciascuno è anche frutto delle abilità di marketing
delle imprese che li producono. Invece, essendo espressione della domanda complessiva, il ciclo di
vita di una categoria tende ad avere un andamento più appiattito e una durata maggiore rispetto a
quella dei singoli prodotti, almeno fino all’introduzione di una nuova tecnologia che soddisfa
meglio la stessa funzione d’uso (per esempio il successo di Whatsapp che ha ridotto fortemente
l’uso degli sms). Una gestione strategica del ciclo di vita richiede particolari abilità, anche perché
sono numerosi i fattori che lo influenzano, alcuni di tipo endogeno, cioè manovrabili dall’azienda,
altri esogeni e quindi al di fuori del suo controllo. Per poter essere utilizzato come strumento di
effettiva diagnosi e di previsione, il modello del ciclo di vita deve consentire di: stabilire qual è la
posizione attuale del prodotto lungo la curva del ciclo di vita; capire il momento in cui lo stesso
transita da una fase all’altra. Se si osservano le serie storiche della domanda di una categoria di
prodotti, si nota come la curva che ne descrive l’andamento spesso differisce dalla consueta curva
a esse per assumere forme differenti. Questa varietà di configurazioni fa sì che sia alquanto
complesso dedurre la posizione nel ciclo di vita di una categoria di prodotti semplicemente
osservando l’andamento passato delle vendite. Per uscire da questa situazione di incertezza,
occorre prendere in esame le percentuali di crescita o diminuzione delle vendite da un anno
all’altro. Quanto alla lunghezza di ciascuna fase, occorre osservare che è improponibile azzardare
una previsione realistica, in quanto il passaggio del prodotto da un punto all’altro nella curva del
ciclo di vita dipende da una somma di variabili (caratteristiche del prodotto, livello di accettazione
da parte dei consumatori, azioni della concorrenza) che possono produrre i loro effetti in modo
combinato. Il concetto di ciclo di vita del prodotto è di estrema importanza, in quanto induce il
management a considerare la pianificazione del marketing in un’ottica di lungo periodo. In termini
molto generali si può affermare che nella fase dell’introduzione l’impresa deve di solito sostenere
alti costi di produzione e di marketing e, poiché le vendite sono solo la fase iniziale, i profitti sono
in genere molto bassi, nulli o addirittura negativi. I profitti aumentano, proporzionalmente
all’aumento delle vendite, nella fase di crescita, in cui i consumatori cominciano a provare e
adottare il prodotto. Quando il prodotto entra nella fase della maturità, i profitti non mantengono
più il passo delle vendite a causa del formarsi di nuovi concorrenti. A questo punto il venditore
potrebbe essere costretto a rivedere il profilo complessivo della propria offerta. A un certo punto
le vendite cominciano a declinare e il venditore dovrà decidere se: smettere di commercializzare il
prodotto, modificarlo aggiungendogli attributi che ne innalzino il valore, cercare nuovi utilizzi del
prodotto, cercare nuovi mercati.
ogni tipo di attività. Il risultato di tale processo è l’ottenimento di prodotti di migliore qualità a un
costo inferiore. Il termine “qualità” viene spesso confuso con il concetto di valore. Il valore, in
effetti, comprende non solo la qualità, ma anche il prezzo e può essere definito come: “Ciò che il
consumatore ha la percezione di ottenere in cambio di ciò che dà”. Nel caso di un’automobile
possono essere velocità e consumi, per i computer la capacità di memoria, la dimensione dello
schermo e la potenza del microprocessore. Elementi che, per quanto fondamentali, raramente
riescono a “distinguere” realmente il prodotto dalla concorrenza, anche perché sono in genere
facilmente imitabili. Più critici, sono invece, gli elementi della qualità cosiddetta “funzionale”
(inerente cioè al “come” viene erogata la prestazione primaria), che molto spesso riguardano
aspetti organizzativamente più complessi, come il comportamento del personale di vendita o il
servizio di assistenza. Sono le due componenti qualitative (sia tecniche sia funzionali) a generare la
qualità “erogata” che viene istintivamente confrontata dal cliente con le proprie aspettative.
La gamma e la linea dei prodotti
La gamma dei prodotti è costituita dall’insieme dei prodotti messi in vendita dall’azienda. Essa può
comporsi di diverse linee di prodotti, cioè di diversi gruppi di prodotti che condividono
caratteristiche, canali di distribuzione, clienti o utilizzi. Il mix di prodotti è definito dalla sua
ampiezza e profondità. L’ampiezza si riferisce al numero di linee di prodotto (Barilla propone due
principali linee di prodotti: pasta e sughi; prodotti da forno). La profondità si riferisce al numero
medio di prodotti per ciascuna linea (nella sua linea di prodotti da forno, Barilla presenta diverse
tipologie di prodotto: biscotti, merendine, fette biscottate). Un problema fondamentale della
pianificazione della linea di prodotti esistente è costituito dalla necessità di decidere quante
varianti del prodotto devono essere incluse nella linea. Vi sono tre ragioni che spingono le
organizzazioni a offrire vari prodotti all’interno di una determinata linea. La prima è che i
consumatori potenziali non ricercano tutti il medesimo insieme di caratteristiche nel loro “prodotto
ideale”. Per esempio, nel mercato del detersivo per lavatrice le preferenze sono nettamente divise
fra detersivi in polvere, detersivi liquidi e pastiglie. In secondo luogo, i consumatori preferiscono la
varietà. Uno straniero potrà apprezzare la cucina italiana, ma ciò nonostante può desiderare di non
mangiare sempre spaghetti. Infine (terzo), è la stessa dinamica della concorrenza a imporre alle
imprese l’utilizzo di linee di prodotto multiple. Molto spesso, tuttavia, le imprese aumentano il
numero delle varietà di prodotto di una determinata linea senza considerare adeguatamente le
conseguenze che queste scelte implicano. Bisognerebbe invece valutare sempre se, con
l’allargamento o l’approfondimento della gamma, il profitto totale tende a diminuire, il valore e la
qualità attribuiti ai prodotti esistenti possono portare conseguenze negative dall’introduzione di
nuove varietà.
Il package
Quando si parla di package, tipicamente si fa riferimento a tre diversi livelli:
- primario: serve a contenere il prodotto (un tubetto di dentifricio, una scatola di biscotti ecc.)
- secondario: è un involucro che avvolge il package primario (la confezione di un profumo)
- terziario: è rappresentato dai cartoni di imballaggio che servono al trasporto del prodotto.
Il package illustra al consumatore gli attributi fisici del prodotto e, soprattutto, della marca, di cui
costituisce la parte visibile. Offre ai potenziali clienti, in un unico elemento, la sintesi di tutti gli
sforzi di comunicazione dell’impresa e, in molti casi, può influire sensibilmente sulla percezione di
efficacia del prodotto. Inoltre, utilizzare una confezione originale, o unica, può essere un buon
metodo per differenziare un prodotto altrimenti relativamente omogeneo. Il package deve anche
essere coerente, in termini di dimensioni e codici colore, con la categoria di appartenenza. Infine,
alcune confezioni particolarmente lussuose possono rendere il prodotto estremamente
desiderabile per il segmento al quale è indirizzato. In sintesi il package primario (e quello
secondario se presente) deve raggiungere questi obiettivi principali: attrarre i consumatori,
comunicare correttamente le caratteristiche del prodotto e i valori del brand, essere funzionale
nell’uso, garantire la conservazione del prodotto, favorire la logistica in termini di trasportabilità e
sistemazione sugli scaffali dei punti vendita. Il package terziario, invece, deve assicurare che non si
verifichino deterioramenti del prodotto nelle fasi di trasporto e stoccaggio.
Lo sviluppo di un nuovo prodotto
Il processo per l’introduzione sul mercato di un nuovo prodotto di largo consumo è complesso,
costoso, rischioso e richiede metodologie, strumentazioni e capacità ben diverse rispetto al
marketing dei prodotti già esistenti. Tale attività può durare anche vari anni. L’impegno delle
aziende nell’innovazione di prodotto non è affatto uniforme, sia perché sono diverse le propensioni
e le capacità, sia perché sono diversi i modi in cui si può attuare. Quello che è bene tenere
presente è che non sempre le grandi novità sono la conseguenza di invenzioni tecnologicamente
straordinarie né le grandi rivoluzioni tecnologiche trovano poi sul mercato un reale successo.
Valutazione del concept
(In quale fase viene stilata la scorecard di J&J? Descriverla)
Una volta generato il maggior numero di idee/concept, l’impegno successivo dell’azienda è quello
di selezionare le varie proposte per poi portare avanti quelle che appaiono realisticamente più
interessanti. Considerato che gli investimenti crescono considerevolmente man mano che il
processo di sviluppo procede, è evidente l’esigenza di effettuare un’attività di rigorosa scrematura
per evitare costi eccessivi o una mortalità troppo alta dopo il lancio. Pertanto, la prima fase del
processo termina con la validazione del concept che consiste in un primo esame della potenzialità
di mercato e della fattibilità produttiva. In questa fase le organizzazioni devono considerare tre
categorie di rischi: il rischio strategico, il rischio di mercato e il rischio interno. Il rischio strategico:
si tratta del rischio che il ruolo o la funzione assolta dal nuovo prodotto nell’ambito del portafoglio
non sia compatibile con uno specifico bisogno o interazione strategica dell’organizzazione. Il rischio
di mercato: è il rischio di non andare incontro, con l’offerta del nuovo prodotto, alle necessità del
mercato, sia in termini di valore aggiunto, sia in termini di differenziazione. Il rischio interno: è il
rischio che il nuovo prodotto non possa essere sviluppato nel rispetto dei tempi e dei limiti di spesa
previsti.
Un esempio è illustrato nella tabella che riproduce la scorecard (strumento per la valutazione di un
nuovo concept di prodotto; sostanzialmente una tabella che consente di riportare in modo
sintetico tutte le valutazioni relative ai parametri significativi) utilizzata da J&J per una prima
valutazione del concept. Nelle colonne sono riportati: i criteri utilizzati per definire le potenzialità
del concetto, i parametri su cui valutare ciascuno criterio, le classi di ciascun parametro, i punteggi
corrispondenti a ogni concept per ogni parametro. Con la scorecard è possibile fare un primo
pronostico sulle probabilità di successo commerciale del prodotto necessario per decidere se
andare avanti o meno con lo sviluppo e il lancio.
che i risultati del test pre-lancio vanno presi in considerazione come bast case scenarios ossia come
previsioni ottimistiche e che i risultati reali devono essere monitorati con attenzione.
- Raggiungere rapidamente e mantenere la copertura distributiva; tra gli obiettivi prioritari per il
marketing dei nuovi prodotti c’è la copertura distributiva che deve essere raggiunta il più
rapidamente possibile e mantenuta, considerata la forte correlazione che sussiste tra copertura e
penetrazione del prodotto nelle famiglie.
- Comunicare il prodotto; Nella prima fase di lancio gli investimenti pubblicitari nel mercato del
largo consumo devono essere molto consistenti. Perché non si generano vendite senza una prima
prova del prodotto da parte dei consumatori. Naturalmente la strategicità degli investimenti
pubblicitari aumenta sensibilmente quando il nuovo prodotto non può fare leva su un brand
esistente.
Capitolo 9
Il marketing dei servizi
momento da un venditore al cliente fa sì che la loro interazione diventi parte stessa del servizio e
fondamentale per la qualità del prodotto.
• La deperibilità: I servizi sono deperibili, ovvero non si possono conservare e non può essere
immagazzinato, la domanda per tale prodotto è limitata ad un determinato periodo di tempo e che
dopo un certo tempo non possono essere più venduti
• L’instabilità della domanda: il loro mercato è instabile, subisce fluttuazioni a seconda ad esempio:
servizi turistici, trasporti aerei, e così via.
• La relazione con il cliente: marketing dei servizi si viene ad instaurare una relazione tra il cliente e
il venditore che va ben oltre il semplice rapporto impresa-cliente. In altre parole l’impresa si rivolge
ad un cliente preciso e ben identificato.
• Il coinvolgimento del cliente: I clienti sperimentano un certo livello di coinvolgimento nella
produzione di molti tipo di servizi, è richiedono un grado di partecipazione del cliente diverso. Il
grado di coinvolgimento del cliente nell’erogazione del servizio dipende dal suo livello di
conoscenza.
Qual è l’importanza della misurazione della misurazione della customer satisfaction, in
particolare nell’ambito del marketing dei servizi?
Per verificare la qualità del servizio e assicurarsi che il cliente si fidelizzi, è possibile utilizzare degli
strumenti, per misurare il grado di soddisfazione del consumatore ( customer satisfaction).
Tale sistema deve presentare alcune caratteristiche:
• La misurazione comprende una combinazione di metodi di ricerca qualitativi e quantitativi,
costituiti principalmente da questionari inviati per posta o via mail, da inchieste telefoniche e da
focus Group.
• La valutazione comprende sia i livelli di soddisfazione del cliente raggiunti dall’impresa, sia quelli
realizzati dalla concorrenza;
• I risultati completi della ricerca devono essere diffusi a tutto il personale aziendale;
• Vi deve essere un impegno forte da parte del personale di tutti i livelli per migliorare la qualità
dei servizi e quindi il grado di soddisfazione del cliente;
Ci sono peculiari difficoltà quando si gestisce il marketing delle aziende del settore servizi?
Quali?
Tra le difficoltà che si può venire incontro quando si gestisce il marketing delle aziende del settore
servizi, possono essere:
• uno scarso orientamento al marketing: ovvero, atteggiamento di puro “orientamento al
prodotto”. Le aziende interessate a soddisfare meglio i bisogni della clientela in continua
evoluzione, sono chiamate a creare nuovi servizi, nuovi canali di distribuzione, per essere in grado
di adattarsi ai cambiamenti della composizione e delle necessità della popolazione.
• la mancanza di creatività nella gestione: limitarsi a cercare nuovi clienti trascurando quelli già
acquisiti cui spesso si associa un’ottica di breve periodo con risultati decisamente gravi per lo
sviluppo e la redditività dell’impresa.
• il tasso contenuto di obsolescenza: il problema dell’obsolescenza allo stesso modo dei produttori
industriali, spesso non sono riuscite a rendersi conto del bisogno d’innovazione che sta alla base di
qualunque mercato.
Capitolo 10
Le decisioni relative al prezzo
Il prezzo è l’unico elemento del marketing mix che produce ricavi quindi è il fattore determinante
della redditività d’impresa e influenza la domanda, cioè le quantità che saranno effettivamente
vendute. La determinazione del prezzo è una delle più importanti e complesse decisioni che
un’impresa deve affrontare per i prodotti o servizi. Esso può assumere una molteplicità di
denominazioni a seconda del contesto di riferimento (ad es. affitto, tasse scolastiche, canone ecc.).
Per il marketing ha rilevanza in quanto è espressione di valore che assume valenza opposta per il
consumatore e il venditore:
- per il consumatore rappresenta il costo, il “sacrificio”, l’ammontare di reddito a cui deve
rinunciare per ottenere un determinato prodotto o servizio;
- per il venditore è l’ammontare dei ricavi che remunerano gli sforzi sostenuti per la produzione e la
commercializzazione di un bene o servizio.
Il prezzo è in grado di mutare l’interesse sei consumatori nei confronti del prodotto o servizio; se i
potenziali acquirenti ritengono che il prezzo sia troppo alto, potrebbero preferire altri concorrenti,
se invece è troppo basso potrebbe indurre diffidenza e riflettersi negativamente anche sul volume
delle vendite. Il prezzo, quindi, costituisce l’espressione più immediata del posizionamento, poiché
spesso identificato con la qualità dell’offerta. Per pricing si intende il processo e la politica di
determinazione del prezzo di un prodotto, bene o servizio. È importante tenere a mente che le
decisioni di prezzo devono essere prese ricercando il migliore equilibrio fra tipo di prodotto
considerato, situazione competitiva del mercato, costi di realizzazione e obiettivi dell’azienda.
Cosa intendiamo per “Modello delle 3 C”?
La determinazione del prezzo è un processo iterativo nel senso che occorre tenere in
considerazione in contemporanea più aspetti e che ogni decisione presa per ciascuno di questi
influenza inevitabilmente gli altri con un meccanismo di feedback continuo. Un punto di
riferimento imprescindibile è il modello generale delle “3C” di Kennichi Ohmae , noto esperto
giapponese di strategie aziendali. I vettori fondamentali del modello, da tenere in considerazione,
vengono indicati da alcuni autori come “Competitors”, “Costs” e “Customers” ( mentre nel modello
di Ohmae invece di costs troviamo corporation). Il quadro di riferimento, in realtà, è molto più
complesso in quanto nel mercato dove l’impresa opera non troviamo solo concorrenti ma anche
altri attori importanti, ad es. lo Stato e le leggi che regolano l’azione delle imprese. Per quanto
riguarda l’offerta è ovvio che è di grande importanza il livello di differenziazione del prodotto,
considerando il prezzo fondamentale. I clienti costituiscono la domanda e sono importanti tanti
altri fattori, quali il contesto socio-economico generale, il livello di reddito del target di riferimento
ecc. a fronte di tali vettori di tipo “oggettivo”, esiste anche un altro aspetto di tipo “soggettivo” cioè
quello relativo agli obiettivi fissati dall’azienda, nel momento in cui decide il prezzo di un prodotto,
che tendono a cambiare nel tempo a seconda del momento del ciclo di vita del prodotto stesso.
Quindi il prezzo è parte fondamentale di un progetto imprenditoriale che deve realizzarsi secondo
uno schema ben strutturato. Il primo passo è quello di identificare sul mercato un bisogni non
soddisfatto, verificando che ci siano presupposti per la fattibilità del business. Ad es. l’impresa X,
avendo la capacità e i macchinari per produrlo con un buon livello di qualità ad un costo variabile
unitario non troppo elevato, stimerà il livello di domanda corrispondente a un determinato prezzo
e poi, considerando tutti i costi, procederà alla verifica della fattibilità economico-finanziaria a
fronte dei determinati obiettivi di redditività.
Due aspetti dell’ambiente di particolare rilievo che tendono di norma a limitare la discrezionalità
dell’impresa, ovvero la concorrenza e le leggi dello Stato.
La concorrenza
Nell’analizzarla occorre tenere presente diversi aspetti: che aiutano l’azienda a decidere se il
proprio prodotto debba essere venduto ad un prezzo simile, superiore, o inferiore a quello dei
prodotti offerti dalla concorrenza:
-il n. delle aziende concorrenti
- la dimensione delle aziende concorrenti
-la localizzazione delle aziende concorrenti
-le condizioni d’ingresso nel settore
-il grado d’integrazione verticale dei concorrenti
-il numero di prodotti venduti dai concorrenti
-la struttura di costo dei concorrenti
-l’immagine dei prodotti sulla concorrenza nel mercato
-le possibilità tecniche e finanziarie dei concorrenti
-le passate reazioni dei concorrenti all’ingresso di un nuovo player sul mercato.
Quali sono le fasi del processo di determinazione del prezzo di un prodotto nuovo?
L’impresa, nel determinare il prezzo di un prodotto o servizio, deve individuare le possibili
alternative d’acquisto in grado di soddisfare la sua esigenza; deve confrontarsi con la concorrenza
facendo riferimento a quei prodotti analoghi che potrebbero costituire l’alternativa. Il passo
successivo è quello di valutare i livelli di differenziazione del proprio prodotto rispetto a quanto
offerto dalla concorrenza. L’impresa avrà margini di manovra nella fissazione del prezzo tanto più
ampi quanto maggiore sarà la differenziazione percepita del prodotto rispetto alla concorrenza e
quanto minore sarà la sensibilità al prezzo da parte del cliente. In caso di una situazione socio-
economica florida e di redito elevato da parte del target di riferimento, ci sarà maggiore
disponibilità da parte dei potenziali acquirenti a pagare un prezzo maggiore (premium price).
Le leggi e i regolamenti dello stato
I prezzi di determinati beni e servizi e lo stesso mercato in senso lato sono regolamentati da leggi,
soprattutto i servizi pubblici. Le imprese non sono sottoposte a questi tipi di regolamentazioni ma
devono tenere in grande considerazione anche l’esistenza di eventuali leggi che vietino
determinate politiche di prezzo, ritenute pratiche illegali in quanto lesive degli interessi legittimi di
determinati soggetti ( consumatori o concorrenti): ad es. le aziende che importano ed esportano
devono continuamente tenere presenti le normative vigenti nei Paesi che hanno approcci di tipo
protezionistico e che impattano pesantemente sulla gestione e sul risultato economico delle
attività.
Quali aspetti influiscono sulla determinazione del prezzo?
Le caratteristiche del prodotto. Gli elementi che incidono sono:
-differenziabilità: far sì che il prodotto sia ben distinto da tutti gli altri nella mente dei consumatori
e che quindi abbia un posizionamento distintivo sul mercato; la contropartita per tale sforzo è la
possibilità di praticare prezzi di vendita più elevati, grazie alla maggiore o minore unicità
dell’offerta;
- deperibilità: non si limita al contesto, quindi non si riferisce soltanto ai “prodotti alimentari
freschi” che non possono essere conservati a lungo, ma si riferisce anche ai prodotti di alta moda
che si limita per un periodo di tempo oppure ai servizi quali i voli aerei con posti vuoti, camere
d’albergo, ristoranti ecc. da qui si comprende facilmente la strategia “last minute” che pur di
lasciare il posto vuoto in aereo, si vende a poco prezzo e contribuirà a migliorare comunque il
conto economico finale, purché il ricavo sia superiore al relativo costo variabile.
Descrivere i 4 principali metodi che consentono di determinare i prezzi tenendo in
considerazione i fattori di costo del prodotto?
I fattori di costo nel pricing
Il prezzo di vendita di un prodotto deve di norma coprire i costi di produzione, promozione e
distribuzione permettendo così all’azienda di conseguire un margine congruo di profitto. La
consapevolezza dei costi è uno degli aspetti più problematici delle imprese, poiché per
determinare con precisione i costi è indispensabile avere una dettagliata rappresentazione dei
processi di produzione e la disponibilità di sistemi contabili evoluti che rendano possibile una
rappresentazione precisa e consentano di imputare correttamente i costi sostenuti dalle singole
attività o prodotti.
Quattro principali metodi che consentono di determinare i prezzi:
1. Il metodo di ricarico (mark up pricing): è impiegato solitamente nella vendita al dettaglio,
consiste nell’applicare una maggiorazione percentuale al costo di produzione o di acquisto di un
determinato bene per ottenere il prezzo di vendita finale, se per esempio il costo finale è di 70
euro il rivenditore può decidere di applicare un aumento in valore assoluto di 30 euro che porta ad
un prezzo di vendita di 100 euro, circa il 42, 85% di maggiorazione in più sul costo del prodotto. Il
mark up va calcolato sul prezzo di vendita secondo due formule: Y/(1-Y) per calcolare la
maggiorazione; per ottenere direttamente il prezzo finale: P= C/(1-Y).
È un metodo intuitivo ed elementare ma anche impreciso visto che non tiene conto del fatto che di
norma un’impresa deve sostenere anche dei costi fissi.
2. Il metodo cost plus pricing: viene definito anche metodo del costo totale, tiene conto dei costi
indiretti e del risultato atteso da ciascuna unità di prodotto. Questo metodo presenta anch’esso un
limite poiché se l’azienda ha un solo prodotto è ovvio che i costi indiretti siano una percentuale dei
costi diretti; se i prodotti sono diversi allora i costi indiretti andrebbero ripartiti con altri criteri sui
singoli prodotti in base all’effettivo impegno di risorse e non come percentuale fissa.
Il prezzo P si calcola: P= (Cd+ kCd) x (1+Mkp) dove
Cd= costi diretti; k= coefficiente dei costi diretti ovvero la percentuale fissa; Mkp= è il mark up o
risultato atteso da ogni prodotto.
3. Il metodo del profitto desiderato ( rate of return pricing): mediante il quale l’impresa cerca di
determinare il prezzo tale da garantire un determinato risultato ovvero recuperare i costi sostenuti
e il conseguimento di un determinato profitto. (vedi esempio pag. 208/209).
4. Il metodo del punto pareggio (break even analysis): metodo molto più strutturato e completo, si
inquadra in una prospettiva più ampia che rende possibile non solo la fissazione del prezzo ma
anche la valutazione della redditività dei progetti, siano essi riferiti a un prodotto o a un servizio.
Esso individua la quantità del prodotto che è necessaria vendere per realizzare il pareggio dei costi
e dei ricavi connessi a uno specifico progetto. Per calcolare il punto di pareggio, bisogna disporre
tre valori: prezzo di vendita per unità di prodotto (PV), costi fissi (CF) e costo variabile per unità di
prodotto (CV). Il punto di pareggio si ottiene dividendo i CF per il margine di contribuzione unitario
( differenza tra prezzo di vendita e costo variabile unitario). Superato il punto di pareggio, se il
prezzo ed il costo restano invariati come presupposto nel modello, il margine di contribuzione
unitario resta sempre lo stesso mentre il margine di contribuzione complessivo tenderà ad
aumentare man mano che incrementa la vendita (vedi procedimento pagine 210-211; pagine 212-
213-214)
Aspetti connessi alla domanda
Nel caso del break even point abbiamo visto come sia possibile effettuare calcoli molto importanti
ad esempio quale quantità dobbiamo vendere per avere il pareggio e quanti pezzi dobbiamo
vendere al prezzo x per avere il profitto y. In realtà dobbiamo anche chiederci se i consumatori
saranno disponibili a comprare quelle quantità che a noi occorre vendere per raggiungere i nostri
obiettivi. La domanda effettiva dipenderà dalle caratteristiche del nostro prodotto rispetto a quelli
della concorrenza, da fattori demografici e psicologici e dal prezzo che andremo a praticare in
quanto avremo di norma che i volumi di domanda saranno tanto più bassi quanto più alto sarà il
prezzo di vendita. L’impresa ha ormai realizzato il prodotto e non può certo agire sui concorrenti;
potrà agire sul prezzo ma dovrà essere consapevole che per ogni livello di prezzo avrà una specifica
funzione di domanda. Le influenze di domanda sulle determinazioni di prezzo riguardano
principalmente la natura del mercato target e la previsione delle reazioni dei consumatori alla
fissazione di un determinato livello di prezzo o a una variazione. I più importanti elementi da
valutare sono tre: i fattori socio-demografici, fattori psicologici e l’elasticità e funzione di domanda
rispetto al prezzo.
sarà minore quindi la manovra avrà minor impatto, poiché la diminuzione percentuale delle
quantità vendute risulterà inferiore rispetto al corrispondente aumento percentuale del prezzo.
Una domanda rigida sarà la condizione affinché tale manovra abbia successo nell’incremento dei
ricavi. Uno dei principali inconvenienti di tale manovra è che, in generale, l’aumento di prezzo non
è gradito dai clienti e in tal senso Philip Kotler raccomanda di evitare che i clienti abbiano la
sensazione che l’azienda stia approfittando di loro.
La variazione dei prezzi, più che a rispondere a un adeguamento a cambiamenti fisiologici nel
mercato di riferimento, sembra rientrare in una precisa strategia di price discrimination volta ad
ottimizzare la redditività aziendale. Per esempio questa strategia si effettua spesso in base al
segmento di clientela per cui diverse tipologie di clienti pagano in modo diverso lo stesso bene o
anche in base all’ubicazione (ad es. in teatro i prezzi si differenziano in base ai posti). Ancora più
significativa la price dicrimination in base alla fascia oraria o al periodo per cui i prezzi variano
normalmente in base alla stagione, giorno e addirittura orario.
APPROFONDIMENTO 10.4- Il prezzo durante il ciclo di vita del prodotto
In relazione al ciclo di vita, i due approcci alla determinazione del prezzo sono la politica di
scrematura (skimming) e la politica di penetrazione (penetration). La politica di scrematura
consiste nell’applicare a un nuovo prodotto un prezzo di vendita relativamente alto. Tale politica è
utilizzata quando l’azienda gode di un temporaneo monopolio e nel caso in cui la domanda del
prodotto sia anelastica, cioè poco reattiva alla variazione dei prezzi. Quando si applica un prezzo di
scrematura l’azienda riesce a compensare eventuali inefficienze di costo, in quanto la temporanea
assenza di prodotti concorrenti impedisce che si inneschino reazioni competitive basate sul ribasso
dei prezzi. Nelle fasi successive del ciclo di vita del prodotto man mano che la concorrenza si
inserisce nel mercato e si verifica una variazione degli altri fattori del mercato, il prezzo di vendita
potrà essere progressivamente ridotto. Una politica di penetrazione, invece, comporta l’adozione
di un prezzo vendita basso per un nuovo prodotto. Tale politica viene generalmente praticata
quando l’azienda prevede un intervento rapido di risposta da parte della concorrenza, quando la
domanda del prodotto può essere influenzata dal prezzo oppure quando i prodotti sono
scarsamente differenziati. Questa politica può risultare utile per ottenere delle consistenti
economie di scala o come strumento fondamentale per la rapida creazione di un mercato di massa
e si riesce a mantenere una contribuzione alla copertura dei costi fissi soddisfacente. Nelle fasi
successive del ciclo di vita di prodotto può essere necessario variare il prezzo di vendita per
adeguarlo ai cambiamenti di mercato. Occorre valutare se il contesto competitivo permette di
sostenere di volta in volta una politica di penetrazione.
Cosa intendiamo per strategie EDLP o High-Low (queste ultime anche dette “HI-LO”
Nell’ambito della vendita a dettaglio esistono questi due approcci per determinare il prezzo in cui il
rivenditore fissa dei prezzi che sono talvolta superiori a quelli della concorrenza ma, nel contempo,
attua frequenti vendite promozionali con prezzi inferiori.
Vantaggi EDLP:
-Limita la guerra dei prezzi. Se i consumatori ritengono che i prezzi siano bassi, il dettagliante non è
costretto alla guerra dei prezzi con la concorrenza;
-riduce il ricorso alla pubblicità, visto i prezzi relativamente stabili non sono necessarie frequenti
campagne pubblicitarie;
-migliora l’assistenza al cliente dato che il flusso dei clienti è più regolare, si può dedicare più
tempo al cliente;
-riduce il rischio di rotture di stock e migliora la gestione del magazzino, quindi la consegna, la
gestione delle scorte e ordini risultano più efficaci;
-aumenta i margini complessivi di profitto, giacché la merce non viene più venduta con ingenti
riduzioni di prezzo e alcuni costi risultano ridotti.
Vantaggi High/Low:
-aiuta a segmentare il mercato perché permette agli esercenti di praticare prezzi superiori sui primi
acquirenti pur continuando a servire i più accaniti “cacciatori di occasioni” a fine stagione;
-crea entusiasmo nel processo d’acquisto della clientela e spinge gli acquirenti a ritornare in
occasione di nuove promozioni;
-movimenta la merce benché i profitti risultino inferiori sui beni offerti a prezzi più bassi;
-evidenzia la qualità del prodotto e servizio al cliente, visto l’alto prezzo iniziale;
-è di più facile applicazione poiché offre alla clientela un mezzo per valutare quanto siano bassi i
prezzi, visto che sono disponibili, sia il prezzo originale sia il prezzo scontato.
Capitolo 11
La gestione dei canali distributivi
Chi sono gli intermediari e quale ruolo hanno nel processo di marketing?
Innanzitutto, l’intermediario è un soggetto che professionalmente svolge attività di
intermediazione tra operatori economici. In questo caso dobbiamo fare riferimento ai canali
distributivi perché gli intermediari operano al suo interno. I canali distributivi sono costituiti dalla
combinazione di organizzazioni attraverso le quali il prodotto passa dal produttore all’utilizzatore o
consumatore finale. Gli intermediari accrescono l'efficienza del sistema nel suo complesso
evitando che ogni individuo o famiglia debba necessariamente rivolgersi direttamente al
produttore Esistono diverse figure di intermediari di marketing che, a vario titolo e con diverse
modalità, concorrono a realizzare il processo di distribuzione. Quindi il ruolo degli intermediari è
quello di combinare la domanda e l’offerta in maniera efficiente e ordinata.
Abbiamo una classificazione degli intermediari:
1.Intermediario 2. Intermediario commerciale (operatore che acquista in proprio i beni e ne
acquisisce la proprietà) 3. Agente (operatore che effettua la l’attività di vendita, di acquisto o
entrambe ma non acquisisce la proprietà dei prodotti commercializzati) 4. Grossista (azienda
commerciale che acquista i prodotti assumendosene la proprietà, li deposita nei propri magazzini,
gestisce fisicamente grandi quantità di merce rivedendole ad altre imprese o a dettaglianti) 5.
Dettagliante (intermediario commerciale che si occupa essenzialmente della vendita al
consumatore finale) 6. Broker (pone in contatto clienti e fornitori) 7. Agente del produttore
(operatore al quale il produttore conferisce un incarico contrattuale, che spesso opera in un
territorio di vendita esclusivo, gestisce linee di beni non in competizione ma correlate e dispone di
una certa autonomia in materia di prezzi e condizioni di vendita) 8. Distributore (grossista che
opera in particolari settori ove sia diffusa la distribuzione selettiva o in esclusiva a livello del
grossista e ove il produttore richieda un forte supporto promozionale; il termine viene usato anche
come sinonimo di grossista).
Le principali funzioni svolte dagli intermediari nei canali di distribuzione sono:
a. Funzione di natura commerciale (acquisto, vendita assunzioni di rischio, ovvero assumersi le
responsabilità sulla proprietà dell’inventario che può diventare obsoleto o deteriorarsi nel tempo)
b. Funzioni logistiche (assortimento, stoccaggio ovvero assemblare e proteggere i prodotti in una
location conveniente per offrire un migliore servizio al cliente, smistamento cioè comprare in
grandi quantità e dividerle in piccole parti per servire i clienti, trasporto)
c. Funzioni di facilitazione (finanziamento cioè estendere il credito ai clienti, valutazione cioè
controllare, testare o giudicare i prodotti e assegnare a questi delle classi di qualità, informazioni e
ricerche di marketing cioè fornire informazioni ai fornitori e ai clienti comprese le condizioni
competitive e i brand)
Esistono due tipologie di canali di distribuzione:
- Diretto, quando il produttore svolge direttamente attività di vendita sul mercato senza
intermediari. Rientrano in tale caso le vendite effettuate direttamente su catalogo, per telefono,
per posta, il telemarketing, vendite online ecc..
- Indiretto che prevede uno più intermediari tra il produttore e il consumatore finale. Questo si
distingue tra - canale breve quando ci si avvale solo dei dettaglianti - canale lungo quando invece è
prevista anche la figura del grossista/agente.
Ci sono alcuni elementi generali da considerare nella pianificazione di un canale:
1. Le caratteristiche del cliente (numero, dispersione ecc.)
2. Le caratteristiche del prodotto (valore unitario, deperibilità ecc.)
3. Le caratteristiche dell'intermediario (disponibilità, attività di marketing svolte ecc.)
4. Le caratteristiche della concorrenza (numero, dimensioni quote mercato, canali distribuzione e
strategie ecc.)
5. Le caratteristiche dell'impresa (dimensione e quota di mercato, condizioni finanziare e budget di
marketing ecc.)
6. Le caratteristiche dell'ambiente (condizioni economiche, norme e vincoli legali, problemi politici
ecc.)
Per quanto riguarda la selezione dei canali dobbiamo fare riferimento al fatto che in molti settori si
sono sviluppati canali di distribuzione divenuti in qualche misura tradizionali e largamente accettati
come efficienti. Le categorie di prodotto a volte possono avere maggiore o minore importanza per
la scelta del canale. Si pensi per esempio ai prodotti deperibili che impongono l'utilizzo di canali
brevi. Un elemento importante nella scelta del canale di distribuzione è il livello di controllo
desiderato dal produttore che, di norma, sarà massimo nel canale diretto e minimo nel canale
indiretto lungo.
Vengono utilizzati quattro criteri per la selezione dei canali:
1. La copertura distributiva desiderata= in quanto i diversi prodotti necessitano di una diversa
copertura distributiva:
- Distribuzione intensiva: quando il produttore cerca di ottenere il massimo livello di copertura
avvalendosi del maggior numero di grossisti e dettaglianti. È il caso dei beni di largo consumo
tenendo presente le caratteristiche del prodotto (basso valore unitario) e bisogni/aspettative
acquirente (alta frequenza e praticità d'acquisto)
- Distribuzione selettiva: ci si limita ad utilizzare solo gli intermediari ritenuti migliori. La scelta può
dipendere dai servizi offerti, da come sono organizzate le vendite all'interno della specifica formula
commerciale o dalla reputazione dell'intermediario
- Distribuzione esclusiva: quando il produttore restringe drasticamente l'ampiezza della
contrattuali consolidati con distributori che operino in città potrebbe trovarsi in difficoltà. In tali
condizioni è opportuno evitare di legarsi troppo e soprattutto di puntare a strutture distributive
che rappresentino prevalentemente un costo variabile anziché fisso.
Come possono essere regolati i rapporti con gli intermediari?
Si possono regolare i rapporti con gli intermediari attraverso:
1. Trade Marketing: specifiche attività di marketing rivolta dalle imprese verso gli intermediari volte
a sviluppare relazioni solide e durature.
Le principali leve operative del trade marketing sono:
•I listing fees. Compenso una tantum richiesto dal distributore al produttore per l'inserimento di
un nuovo prodotto sugli scaffali
•Gli sconti cioè la percentuale del prezzo di vendita al consumo trattenuto da intermediario.
•Attività promozionali
•Logistica
•Category management inteso come gestione efficace ed efficiente in particolare in termini di
spazi dedicati sugli scaffali alle diverse marche di un'intera categoria merceologica all'interno del
punto vendita
•Integrazione e scambio delle informazioni sui prodotti e sul mercato.
2. I sistemi verticali
I sistemi verticali sono canali i cui membri sono legati da una forte interdipendenza di varia natura,
nell'ambito dei quali sono sviluppate relazioni durature al fine di migliorare efficacia ed efficienza
del sistema. Distinguiamo:
•I sistemi amministrativi (administered system)= Sono simili ai sistemi convenzionali di marketing
salvo un maggior livello di pianificazione organizzativa. La dipendenza può derivare dal fatto che
nel canale c'è un'azienda che assume una posizione dominante.
•I sistemi contrattuali (contractual system)= In questo caso società di produzione e di distribuzione
indipendenti stabiliscono accordi contrattuali formalizzati per lo svolgimento di specifiche attività
di marketing possiamo distinguere:
- i gruppi d'acquisto in caso di accordi di cooperazione tra dettaglianti (Conad)
- le unioni volontarie cioè associazioni tra dettaglianti promosse da un grossista (Despar)
- vari tipi di franchising (Ford, Mobil, McDonald's)
•I sistemi aziendali (corporate system)= In tal caso una singola azienda controlla direttamente due
o più livelli del canale di distribuzione. L'integrazione è a valle se è il produttore ad acquistare
aziende all'ingrosso o al dettaglio, a monte se è il grossista o i dettaglianti ad acquistare aziende del
canale in uno stadio precedente.
3. Il commercio all’ingrosso.
Il ruolo dei grossisti
I grossisti sono aziende commerciali che acquistano prodotti in grande quantità conservandoli nei
propri magazzini per poi rivenderli a dettaglianti oppure a utilizzatori industriali. In alcuni settori
industriali i grossisti sono anche distributori in particolare quando detengono diritti di distribuzione
in esclusiva come avviene per la birra o la meccanica agricola. Il grossista crea valore per i
dettaglianti organizzando un processo di distribuzione efficiente ed efficace si assume il rischio
implicito nella gestione di grandi quantità di merce ecc.
Gli elementi che favoriscono una relazione tra produttore e grossista durevole e redditizia sono la
fiducia, la capacità di apportare reciproci benefici e un flusso di comunicazione che tenga nella
debita considerazione problemi e opportunità. I grossisti hanno facilità nel piazzare presso i
dettaglianti prodotti o marche note che detengono quote di mercato elevate; devono fare un
maggior sforzo di marketing per le merci poco note o con quote di mercato modeste. Le aziende
per la distribuzione al dettaglio dei propri prodotti devono assumere molte decisioni (per es. store
e non store retailing, scelta che implica altre decisioni logiche quali per esempio il tipo di negozi di
cui avvalersi – se store based – o quale canale utilizzare nel caso del non-store.)
4. Store retailing. (punto vendita dove il consumatore finale effettua i suoi acquisti)
Differenze strategiche tra store retailing e non-store retailing
È la vendita di beni e servizi nei punti vendita ed è quello che si verifica nella stragrande
maggioranza dei casi. A distinguere i dettaglianti non è solo il genere della merce che vendono ma
anche l'ampiezza (numero di linee o categorie di prodotto) e la profondità(numero di prodotti per
linea) dell'assortimento.
La GDO: classificazione, caratteristiche e principali differenze rispetto al retail tradizionale
La Gdo (Grande distribuzione + distribuzione organizzata) si avvale di supermercati e grandi
magazzini dove si cerca di offrire una nutrita varietà di numerose categorie di diversi prodotti
oppure di ipermercati, discount, hard discount o outlet dove si cerca di offrire un vasto
assortimento a prezzi inferiori.
Grande Distribuzione Organizzata (GDO) = GD+DO
GD = Grande Distribuzione imprese distributrici che sotto forma di unica impresa agiscono su tutto
il territorio nazionale o larga parte di esso, di solito su superfici di vendita medio-grandi.
DO = Distribuzione Organizzata forme distributive di tipo associativo o cooperativo presenti su
tutto il territorio nazionale, o parte di esso, sotto forma di imprese diverse, anche con piccole
superfici di vendita, ma che agiscono sotto un’unica insegna e coordinate da una sede nazionale.
La GDO indica l’insieme di queste due forme ma anche la crescente tendenza delle due ad
integrarsi in gruppi, partnership, strategie comuni.
Esistono i rivenditori specializzati (specialty store) che offrono un profondo assortimento per un
numero limitato di categorie o come per es. Media World che tendono a dominare il mercato con
prezzi bassi (category killer). Soprattutto all'estero si trovano i “convenience store” in Italia “negozi
di prossimità” che offrono come principale vantaggio la posizione, la facilità di parcheggiare e la
rapidità di accesso e uscita e che spesso applicano un mark up superiore.
Le principali tipologie di punti di vendita dello store retailing sono:
- Grande magazzino. Punto vendita operante nel settore alimentare con almeno 400 mq e
almeno 5 distinti reparti
- Supermercato. Punto vendita operante nell'alimentare, superficie superiore ai 400 mq con
vasto assortimento alimentari e anche prodotti per la casa organizzato a self service. Sulla base
della superficie si distingue: •Superette, tra i 200 e 399 mq •Minimarket tra 120 e 199 mq
•Micromarket in caso di dimensioni inferiori
- Ipermercato. Superficie di vendita di almeno 2500 mq organizzato prevalentemente a self
service con vasto assortimento di prodotti alimentari e non.
Capitolo 12
La comunicazione di marketing
Cosa intendiamo per communication mix?
La Communication mix è la comunicazione integrata, sinergica e coerente di diversi tipi di
comunicazione personale e non personale, tra cui la pubblicità, la promozione, le pubbliche
relazioni e la vendita personale.
1) La pubblicità: è una forma di comunicazione non personale soggetta ad un pagamento. Verte
sull’azienda, i suoi prodotti o le sue attività. Tale mezzo può essere costituito dalla televisione dalla
radio o da internet.
2) La promozione: offre alla clientela, agli addetti alla vendita o ai rivenditori un incentivo diretto
all’acquisto di un prodotto.
3) Public relation: si identifica come quella tipologia di comunicazione che mira ad influenzare gli
atteggiamenti, le sensazioni e le opinioni dei clienti o dei non clienti. Gli strumenti principali sono
l’ufficio stampa, gli eventi e le sponsorizzazzioni. In questa prospettiva si inserisce una serie di
nuovi strumenti come il passaparola, il product placement, e i social media.
4) Direct marketing: si avvale di comunicazioni dirette con i consumatori, può essere attuato
inviando per posta lettere, utilizzando il telefono o il web. E un dialogo interattivo fra l’operatore di
marketing e il cliente.
5) Vendita personale: è una comunicazione de-visu con i potenziali clienti, tesa ad informarli sul
prodotto di un’azienda e a persuaderli all’acquisto.
Esempio: nel caso di una nuova bibita analcolica, è probabile che lo sforzo comunicazionale verta
su pubblicità, promozione pubbliche relazioni al fine di: rendere i potenziali compratori
consapevoli del prodotto, informare questi sui benefici esso connessi, convincere i compratori del
suo valore, stimolare compratori ed acquistarlo. Se il prodotto è già radicato ma l’obiettivo è quello
di stabilizzare le vendite durante una stagione di scarsa vivacità del mercato, il mix di attività
conterrà prevalentemente incentivi a breve termine promozioni affinché il pubblico acquisti il
prodotto nell’immediato.
Che relazione c’è tra communication mix e marketing mix?
La Communication mix è la comunicazione integrata, sinergica e coerente di diversi tipi di
comunicazione personale e non personale, tra cui la pubblicità, la promozione, le pubbliche
relazioni e la vendita personale.
Marketing mix: insieme delle leve di marketing che l’impresa definisce e impiega per soddisfare il
consumatore e raggiungere i propri obiettivi di mercato.
Secondo il classico modello delle 4P ideato da McCarthy, le leve fondamentali del marketing mix
sono: prodotto (Product), prezzo (Price), punto vendita (Place) e promozione (Promotion).
La scelta della combinazione ottimale dei fattori di marketing dipende prevalentemente dalla
strategia di posizionamento dell’impresa e dalle caratteristiche del mercato obiettivo
Cosa intendiamo quando ci riferiamo alla forza vendita come leva di comunicazione?
La pubblicità punta a promuovere il prodotto dell'azienda mediante messaggi diramati da mezzi di
comunicazione. La considerazione alla base è che i messaggi sono in grado di raggiungere un
elevato numero di persone e di renderle consapevoli, persuaderla informarla circa l’offerta
dell’azienda punto la pubblicità è uno strumento strategico. Le aziende top spender arrivano
comunque ad investire oltre 100 milioni di euro l’anno in pubblicità. Gli obiettivi propri della
pubblicità vertono sul creare la consapevolezza, facilitare la comprensione, determinare la
convinzione e sollecitare l’acquisto. L’investimento pubblicitario generalmente giustificato dal
ritorno che permette di conseguire punto tale ritorno può riferirsi alle vendite oppure i profitti.
Molti manager utilizzano le pubblicità semplicemente quale strumento più immediato per
massimizzare i volumi delle vendite punto e il fine ultimo del soggetto che ricorre la pubblicità e il
conseguimento di buoni livelli di vendite.
Quali risultati si attendono quando si organizza una promozione vendite e quali sono le
differenze a livello strategico rispetto all’attività di advertising classico?
La promozione è un incentivo o stimolo che, attraverso un’azione tattica di comunicazione di
prezzo, tende a far conoscere, acquistare un prodotto o un servizio. Molti registratori di cassa
utilizzati nei supermercati sono oggi dotati di uno strumento che emette dei buoni acquisto o
coupon a favore del cliente da utilizzare nel luogo da questo stesso. Il tipo, la verità e il valore del
buono cambiano da consumatore a consumatore a seconda degli acquisti che questi effettua: la
Coca Cola ha oggi la possibilità per esempio di distribuire buoni solo i consumatori che acquistano
pepsi evitando così di sprecare denaro in attività promozionali nei confronti dei consumatori che
già scelgono Coca Cola.
L’attività di Consumer Promotion può permettere al produttore di raggiungere obiettivi di svariata
natura: indurre il consumatore a provare il prodotto, ricompensare il consumatore per la sua
fedeltà alla marca, incoraggiare il consumatore ad acquistare maggiori quantità di prodotto.
L'elemento critico di un piano promozionale, consiste nella fissazione degli obiettivi da
raggiungere, che nel caso dei prodotti di largo consumo, sono riconducibili a quattro tipologie:
generare trial, generare re-trial, generare loyality, generale stocking. I sostenitori della promozione
spesso sostengono l’inutilità della pubblicità in quanto la promozione delle vendite sarebbe di per
sé sufficiente.
Capitolo 13
La vendita e la gestione della rete di vendita
Come si costruisce la relazione con il cliente?
È di fondamentale importanza la costruzione di una relazione tra il cliente e l’azienda. L’analisi della
relazione permette di ricostruire l’evoluzione dei bisogni tra prodotti o servizi del cliente nel
percorso d’acquisto a seconda delle fasi in cui si trova. Il lead è un soggetto potenzialmente
interessata all’acquisto, il prospect è invece un utente interessato al prodotto/servizio che è già
entrato in contatto con l’azienda e ha avuto modo di scambiare delle informazioni come per
esempio un contatto telefonico o un’email. Un lead potrebbe essere un utente che si è registrato
sul sito web ma non desidera acquistare nulla mentre il prospekt è un utente con una probabilità
più alta di acquistare il prodotto servizio offerto. Il cliente invece è la persona che ha acquistato un
prodotto servizio in passato ed è registrato nel database clienti dell’azienda se ha dato il consenso
all’uso dei dati personali Può essere ricontattato per azioni di marketing o di fidelizzazione. Una
volta che il cliente entra più volte in contatto con il prodotto servizio diventa un cliente abituale,
l’azienda deve implementare un sistema di relazioni attraverso cui contattarlo in maniera
sistematica e tenerlo aggiornato delle proprie offerte.
Come possono essere effettuate le previsioni di vendita?
Le previsioni delle vendite costituiscono la parte fondamentale dell’attività del reparto vendite di
un’azienda. La crescita di un'impresa si misura in base alle vendite e la sua previsione di vendita
determina i relativi costi, profitti ed investimenti. Le previsioni di vendita sono le stime delle
quantità di prodotto collocabili sul mercato in un periodo di tempo futuro. Con queste stime
l’impresa cerca di conoscere in anticipo quale potrà essere la capacità del mercato di assorbire i
suoi prodotti in base ad informazioni come lo storico di vendite. Il successo sul mercato è legato
non solo a queste variabili esterne ma anche delle azioni che l'impresa e le relative concorrenti
promuovono nei confronti del mercato. La prevedibilità è legata alla capacità dell’impresa di poter
controllare le variabili ed alla capacità di riconoscere le cause che le determinano. La stima delle
vendite può essere basata sull’analisi della serie storica dei risultati ottenuti in passato oppure
sull’analoga rispetto alla domanda di prodotti correlati e sul relativo andamento di mercato. Le
6 Pianificazione del marketing= parte importante che comprende alcuni elementi principali come:
gli obiettivi di marketing che vengono presentati sotto forma di percentuali e rappresentano
particolari risultati da raggiungere; il targeting e il posizionamento che illustrano il tipo di cliente a
cui ci si vuole rivolgere e le motivazioni che hanno condotto a tale scelta. In tale sede verranno
spiegati i criteri seguiti pe effettuare la segmentazione del mercato e la scelta dei segmenti cui
rivolgersi (targeting). Inoltre, si dovrà anche illustra il posizionamento che si desidera avere
motivandolo in dettaglio; il marketing mix che descrive le azioni da portare avanti nell’utilizzo delle
variabili di prodotto, promozione, distribuzione e prezzo, e tutte le motivazioni logiche connesse.
Per quanto riguarda il prodotto bisogna fornirne una dettagliata descrizione, anche della
confezione e delle sue caratteristiche. L’analisi della promozione descrive i componenti del mix di
attività promozionali prescelto e delle ragioni che giustificano tale opzione. Sarebbe utile
presentare l’argomento includendo alcuni esempi di possibili messaggi pubblicitari e dovrebbe
anche essere illustrato il tipo di personale di vendita da utilizzare. La sezione dedicata alla
distribuzione descrive e fornisce la motivazione dell’utilizzo di uno o più canali di distribuzione
ritenuti più idonei al particolare tipo di prodotto oggetto del piano. Tale descrizione deve includere
l’indicazione del tipo di intermediari da usare. Altre importanti considerazioni da fare in questa
parte riguardano il livello di copertura distributiva desiderato, i costi e il sistema di controllo
dell’intero processo. Spesso i canali di distribuzione utilizzati dall’azienda sono già ben definiti e
pertanto la possibilità di scelta sono molto limitate; in questa sede dovranno essere descritti in
modo dettagliato i criteri seguiti per proporre un determinato prezzo, illustrando le analisi
effettuate sui possibili effetti sulla domandi di vari livelli di prezzo in considerazione della
concorrenza e della situazione generale di mercato. Per quanto riguarda la distribuzione dovranno
essere elencati e motivati i prezzi di fabbrica e quelli proposti all’ingrosso e al dettaglio e i relativi
margini.
7. Analisi economico- finanziaria= il piano di marketing deve contenere una stima dettagliata di
tutti i costi necessari per la sua realizzazione come, le spese pubblicitarie, le spese per la
formazione e la remunerazione del personale di vendita, i costi per lo sviluppo del canale di
distribuzione e per la ricerca di marketing. Inoltre, devono essere incluse le stime dei costi da
sostenere per la progettazione e lo sviluppo del prodotto e delle sue componenti, come per
esempio l’allestimento di un prototipo, la progettazione della confezione, ecc. ma anche il costo
come il personale, i materiali, le attrezzature, i fornitori ecc. la stima dei costi da sostenere in
considerazione delle variabili in gioco, numerose e spesso imprevedibili, è tutt’altro che semplice
soprattutto in un contesto socio economico che, a sua volta avrà un ruolo chiave sulle decisioni del
management. Per quanto riguarda l’entità del budget di marketing, questo ovviamente dipenderà
da diversi fattori quali: appeal (espresso dall’intenzione di acquisto, che i consumatori hanno
manifestato in sede di test, e l’attrattività del mercato nel quale il prodotto dovrà confluire); la
strategia dell’azienda: alcune aziende decidono il lancio e gli investimenti connessi in base al grado
di innovazione del prodotto, altre, che invece decidono di puntare su prodotti più sicuri, si affidano
a ingenti investimenti di marketing per acquisire quota di mercato. Altro aspetto importante sarà
quello di stimare un tempo per ottenere il cosiddetto punto di pareggio e cioè quando i ricavi
previsti consentiranno di recuperare i costi sostenuti, prescindendo da oneri finanziari, atipici e
straordinari e dai costi opportunità del capitale investito. Analisi finanziaria: analisi che al di là degli
aspetti economico-reddituali propriamente detti, prende in considerazione l’aspetto temporale del
valore del capitale in funzione della sua disponibilità e impiego nel tempo. Oltre agli oneri
finanziari connessi all’utilizzo di capitale di terzi, analizza il costo opportunità, considera i flussi di
cassa o cash flows attualizzati e, più in generale, affronta il tema complesso della valutazione della
remunerazione degli investimenti e, su tale base, della scelta tra progetti alternativi.
8. Implementazione e controllo del piano di marketing =comprende l’esame e la giustificazione
delle modalità in base alle quali il piano sarà realizzato e controllato. Vengono in genere fornite
indicazioni su chi verrà incaricato di controllare la realizzazione del piano e di apportarvi le
eventuali, opportune, variazioni nel caso in cui si verifichino eventi imprevisti; vengono proposte le
linee guida relative alle modalità di misurazione del grado di successo o d’insuccesso conseguito.
Nella formulazione di un piano di marketing relativo a un’impresa, è necessario che la sua
definizione risulti abbastanza dettagliata, poiché le procedure da seguire per l’implementazione del
piano dovranno essere chiaramente delineate.
9. Sintesi= a conclusione di una dettagliata illustrazione di ognuno degli aspetti già specificati, può
essere utile un commento finale che sottolinei ancora la bontà del progetto e la sua validità dal
punto di vista economico-finanziario.
Approfondimento 14.1: aspetti da considerare nell’analisi dell’ambiente competitivo
Per riuscire a sviluppare piani di marketing di successo è importante avere un’approfondita
conoscenza del proprio settore di attività e delle aziende concorrenti. Gli aspetti da considerare per
poter aiutare il responsabile della pianificazione e sviluppare la migliore strategia di marketing
sono:
- Sapere quali sono le aziende che operano in quel settore, la loro situazione finanziaria e infine la
loro capacità di marketing.
- Sapere quali sono le quote di mercato delle varie marche.
- Sapere quali sono i modelli che vengono offerti da ogni azienda.
- Sapere quali strategie di marketing sono state utilizzate dai leader di mercato.
- Sapere qual è la nostra posizione rispetto alle aziende concorrenti, in termini di forza finanziaria e
capacità di marketing.
Approfondimento 14.3: aspetti da considerare nell’analisi del profitto del consumatore.
La concorrenza del consumatore è della massima importanza per poter sviluppare con successo un
piano di marketing. Gli aspetti che bisogna prendere in considerazione nell’analisi del profitto del
consumatore così come, utilizzati nell’attività decisionale o di ricerca di marketing sono:
- Sapere quante sono le persone che acquistano o utilizzano questo prodotto in generale.
- Sapere quali sono i benefici che offre il prodotto al consumatore da un punto di vista funzionale, e
in che modo di differenziano le varie marche.
- Sapere che benefici offre il prodotto al consumatore in senso sociale e psicologico, e come viene
realizzata quest’obiettivo dalle varie marche concorrenti.
- Sapere quanto è importante l’immagine della marca per i consumatori.
- Sapere quanto sono fedeli a una marca i consumatori.
Capitolo 17
La gestione della marca e la brand equity
Differenze tra brand corporate, di gamma, di linea e di prodotto: come si gestiscono a livello
strategico?
• BRAND CORPORATE: è quello che rappresenta l'azienda, simbolo della sua storia, valori, cultura e
strategie
• BRAND GAMMA: brand utilizzato nell’ambito di diverse categorie di prodotto senza coincidere
con il corporate brand
• BRAND LINEA: unica categoria di prodotti, anche se appartenenti a categorie merceologiche
diverse
• BRAND PRODOTTO: consiste nell’assenare a un prodotto un nome ce contribuisce a identificarne
il posizionamento
Cosa intendiamo per brand equity?
Per brand equity si intendono tutti i valori positivi che racchiude il marchio.
Valore finanziario o prospettiva del consumatore (come vede la marca). Fattori emozionali e codici
di qualità.