Sei sulla pagina 1di 97

COMUNICAZIONE D’IMPRESA

1. IL PROCESSO DI COMUNICAZIONE – IMC: Integrated Marketing Communication

“Comunicare” è un comportamento bidirezionale tra impresa e ambiente, sia interno che esterno.
Obiettivo della comunicazione con l’ambiente interno (consonanza) è il rinforzo dell’identità collettiva
attraverso la condivisione di intenti tra i membri dell’organizzazione “allargata” (vedi dopo) e
l’aderenza tra la cultura aziendale (valori di fondo) e le azioni e affermazioni fatte all’esterno. Nei
confronti dell’ambiente esterno l’impresa acquisisce:

• Informazioni;
• valori legittimanti;
• norme di comportamento;
• significati.

Perché le imprese comunicano? Il macro-obiettivo è il fatto di ottenere una consonanza esterna e


quindi diffondere verso l’esterno una serie di concetti riferiti all’impresa che sono vissuti dall’impresa
quotidianamente e trasferiti e che sono riferiti a tutti gli stakeholder (clienti e fornitori ma anche tutti
gli interlocutori quindi anche potenziali partner, opinione pubblica, organi di stampa ecc.).

Cosa vogliono ottenere le imprese tramite la comunicazione esterna? Visibilità e risonanza esterna.
Per ottenere questi risconti è importante che l’impresa generi consonanza interna e quindi coerenza,
condivisione interna, obiettivi noti e condivisi che prevedano che poi si trasferiscano all’esterno. La
consonanza interna è prevista dall’organizzazione dell’azienda che deve esplicitare il tono da utilizzare,
la forza e l’intensità di comunicazione verso l’esterno ma soprattutto devono definire i principi, gli
obiettivi, i valori, i prodotti e servizi. Quindi la comunicazione interna si forma quando si raggiunge la
condivisione di intenti, valori e progettualità d’azione e, raggiunta la consonanza interna, si proiettano
verso l’esterno con la comunicazione esterna.

I risultati della consonanza sono:

1. credibilità: il consumatore è portato a ritenere che quanto l’impresa comunica corrisponda al


vero. Quindi è la verosimiglianza di quanto un’impresa enuncia e non c’è implicazione
personale. Se ad esempio McDonalds dicesse di fare beneficienza allietando le giornate dei
bambini con un clown in un reparto pediatrico e poi lo fa davvero allora McDonalds è credibile;
2. fiducia: quanto l’interlocutore ritiene che ciò che l’impresa ha promesso a lui corrisponda al
vero. Se invece un’impresa promette una certa prestazione in un prodotto ad un cliente, ad
esempio, il soddisfatti o rimborsati e poi non viene mantenuta allora viene lesa la fiducia. Sia

Comunicazione d’impresa 1
credibilità che fiducia riguardano il carattere individuale (espresso da me )e la differenza è che
la credibilità riguarda elementi di interesse generale, mentre la fiducia riguarda l’affermazione
alla quale l’impresa tenga fede o meno abbia un implicazione pertinente rispetto la relazione
impresa-individuo;
3. legittimazione: quando un’impresa si sposta dal proprio raggio d’azione e quindi quanto gli
interlocutori ritengano che quest’impresa abbia diritto a muoversi rispetto ad un contesto
nuovo. Se l’impresa si muove in un territorio in contrasto con il territorio in cui si muoveva
allora, secondo i consumatori, sarà poco legittimata. Ad esempio, McDonalds anni fa aveva
provato a collaborare con un’azienda di cucine giocattolo provando a realizzarla per veicolare
un messaggio legato all’alimentazione. Quest’azione non è stata ben vista dal mercato e non
è stata legittimata perché ritenuta un’azione subdola per arrivare ad un segmento vulnerabile
come quella dei bambini, non era legittimo che Mc si proponesse come un modello culinario.
È ancora un giudizio individuale;
4. fedeltà: sia comportamentale e quindi il riacquisto ripetuto ma anche attitudinale e quindi
l’essere disponibile ad essere fedele nonostante l’acquisto sporadico. La fedeltà è un legame
che si forma tra l’entità ed il singolo;
5. reputazione: giudizio di carattere collettivo. Le persone ritengono che il Mc sia junk food e
quindi la reputazione è la somma dei giudizi a livello collettivo e la loro proiezione.

Capita che le imprese commettano errori in ambito comunicativo: ad esempio creare consonanza solo
nell’ambito della fedeltà per aumentare il fatturato: la fedeltà è la punta dell’iceberg perché bisogna
creare prima credibilità, legittimazione, fiducia e reputazione per far scaturire poi un certo
comportamento.

L’impresa è un sistema inserito in un contesto con il quale si relaziona tramite la comunicazione e


questo sistema ha diverse caratteristiche:

Comunicazione d’impresa 2
1. sistema sociotecnico: è costituito da un’organizzazione di persone e di beni rivolta a uno scopo
produttivo che prevede l’operare coordinato di gruppi interni es esterni, è quindi l’unione di
tipi diversi di risorse e quindi di risorse umane, finanziarie e materiali e queste risorse devono
collaborare insieme;
2. parzialmente aperto: che interagisce in maniera dinamica ed in modo controllato con
l’ambiente con il quale scambia pressioni, info e risorse materiali ed immateriali. C’è dunque
un interscambio con l’esterno per ottenere risorse umane, finanziarie ed economiche ma
anche per ottenere idee e valori. Se apro una nuova filiale in un nuovo contesto devo entrare
in contatto con questa filiale per capirne meglio i valori, le tradizioni e le culture e poi
adattarmi al contesto e questo è possibile tramite la comunicazione. Quindi l’impresa opera
in un contesto generale all’interno del quale trova il suo ambiente competitivo che deriva dalle
scelte di prodotti-mercati in cui competere e definisce il proprio ambiente transazionale che
comprende tutti i soggetti con i quali vengono intrattenuti i rapporti di scambio. Gli scambi,
che l’impresa fa, posso riguardare:
• flussi inerenti il ciclo operativo e finanziario e quindi gli input di fattori produttivi
materiali ed immateriali ed output di prodotti/servizi realizzati ed investimenti;
• flussi inerenti il governo delle relazioni con i componenti dell’ambiente generale,
competitivo e transazionale quali: relazioni amministrate, conflittuali/competitive e
collaborative;
Il grado di apertura non deve essere però totale in quanto uno flussi smisurati e non controllati
potrebbero causare disordine governativo.
3. economico a finalità plurime: le organizzazioni imprenditoriali, nell’accezione più moderna
della teoria d’impresa, è definita come un organizzazione economica costituita da un
compresso di interlocutori interi ed esterni che, mediante la combinazione di risorse
differenziate, svolge processi di acquisizione e produzione di beni e servizi allo scopo di creare
e distribuire valore tra tutti i suoi partecipanti. Non opera dunque solo nel perseguimento
della generazione di profitto, ma opera anche per dare valore alla collettività attraverso la
soddisfazione dei loro bisogni raggiungendo obiettivi sociali. Deve quindi quadrare a livello
economico-finanziario, ma ci sono finalità plurime, ad esempio, restituzione nei confronti
dell’ambiente e quindi porsi obiettivi che vadano oltre la generazione di profitto, ad esempio,
finanziare università favorendo la crescita del livello culturale, fare azioni di sponsorizzazioni
ecc. non c’è solo generazione di fatturato;
4. organico: funziona come una pianta cioè che è un organismo che ha bisogno di risorse da
trasformare e che poi restituisce al mercato di destinazione. Riceve risorse umane e genera

Comunicazione d’impresa 3
valore con queste persone. Per rinnovare questo ciclo ho bisogno di comunicazione esterna
per reperire le risorse e per assemblarlo all’interno e della comunicazione di marketing per
descriverli perfettamente nei vari mercati di destinazione;
5. autopoietico: significa che si trasforma e non è mai uguale a se stesso perché ci si deve
adattare ai diversi contesti. Se cambia il contesto, il modo di comunicare e gli attori in scena
l’azienda deve comunicare ed adattarsi ai cambiamenti;
6. relazionale: vive in funzione delle relazioni a monte (fornitori ed intermediari) ed a valle
(consumatori);
7. cognitivo: sistema che deve definire obiettivi e priorità e la comunicazione segue tutti questi
step. è un sistema che reagisce alle nuove info e la comunicazione carpisce le informazioni e
le condivide all’esterno;
8. orientato: è un sistema che lavora per obiettivi che vengono raggiunti tramite la
comunicazione.

I portatori di interessi (stakeholder) dell’azienda possono essere distinti in primari e secondari:

La comunicazione d’impresa può essere definita come l’insieme dei processi relazionali che l’impresa
attiva per influenzare gli atteggiamenti ed i comportamenti dei propri interlocutori sociali e di
mercato, nel perseguimento dei suoi obiettivi. Si può affermare che l’impresa utilizza la comunicazione
per comunicare sia con l’interno sia con l’esterno e per interpretare ed influenzare l’ambienti interno
ed esterno. La comunicazione sta diventando sempre più importante perché i consumatori sono
sempre più interessati alle norme, alle politiche retributive, all’importanza che danno alle tematiche
ambientali ecc. e quindi la comunicazione è orientata ad un pubblico che ha interessi diversi. La
comunicazione cresce sempre di più anche perché si amplifica a livello nazionale, una volta solo le
fiere permettevano di far incontrare diverse nazioni mentre oggi con il web le aziende sono in vetrina
e la comunicazione è reattiva ed interattiva e gli spunti di comunicazione sono gestiti dal mercato e
dai competitors e non più dall’alto. Il contesto ed il marketing cambiano e quindi l’azienda deve
adattarsi.

Comunicazione d’impresa 4
Le imprese si trovano ad agire e comunicare in un contesto competitivo radicalmente mutato a causa
di:

• Globalizzazione dell’economia che definisce nuove regole, confini e protagonisti della


competizione; la gamma degli interlocutori della comunicazione di impresa è più ampia e
le politiche di comunicazione devono essere attente sia agli aspetti locali che a quelli
globali.
• Innovazione tecnologica che ha creato nuovi mercati e la convergenza di altri una volta
separati; la comunicazione viene influenzata perché l’ICT mette a disposizione nuovi
strumenti e nuovi modi di comunicare in termini multimediali e interativi.
• Gli elementi qualificanti per il marketing cambiano come ad esempio i profili demografici
dei consumatori (nuovi tipi di famiglia, nuove etnie, nuove culture, incidenza dei singles,
età media...); nascono nuovi stili di vita e il consumo non è più orientato al
soddisfacimento di un bisogno ma all’affermazione di una propria identità, stile di vita,
appartenenza ad un gruppo. Si impone la GdO. I consumatori pretendono beni e servizi
sempre più personalizzati.
• Crescente pressione delle istituzioni e della società civile che porta ad un accrescimento
dell’importanza della dimensione relazionale dell’attività di impresa. L’insieme e la qualità
delle relazioni che l’impresa mantiene e del suo network costituiscono un valore per
l’impresa, valore che deve essere dovutamente comunicato all’esterno con l’obiettivo di
curare l’immagine e l’identità dell’azienda stessa. Tale valore è quantificabile anche
economicamente e in bilancio è rappresentato
dall’avviamento.

La comunicazione integrata d’impresa quindi si basa su tre


strumenti:

1. gli strumenti con il communication mix;


2. i contenuti integrati tra loro;
3. obiettivi integrati tra loro.

Comunicazione d’impresa 5
Solo integrando strumenti, contenuti e obiettivi riesco a raggiungere quella consonanza interna che
mi permette di raggiungere quella esterna.

La comunicazione d’impresa è rivolta verso molteplici destinatari, persegue diversi obiettivi ed assume
differenti contenuti. Per una categorizzazione della comunicazione più vicina alle logiche operative
delle imprese possiamo basarci dunque sul trinomio destinatari obiettivi, contenuti, individuando per
tale via, quattro macroaree della comunicazione d’impresa:

4. comunicazione economico-finanziaria: è destinata ai portatori di capitale di rischio e di


credito, analisti finanziari e società di rating fino ad arrivare agli istituti di vigilanza ed i fornitori
con l’obiettivo di migliorare le relazione con i portatori di risorse finanziare, esplicitando i
risultati dell’impresa e le prospettive di sviluppo futuro;
5. comunicazione commerciale/di marketing: è rivolta principalmente ai clienti finali ed
intermedi, nonché agli influenzatori di mercato. L’obiettivo è quello di migliorare le relazioni
con tali pubblici e sostenere lo sviluppo dell’attività commerciale rendendo esplicito al
mercato il valore della propria offerta, ossia la capacità di soddisfare le esigenze dei segmenti
di domanda selezionati Questa comunicazione ha la capacità di animare la product offering,
portandola a conoscenza del cliente ed arricchendola con valenze di tipo simbolico che
permettono di raggiungere notorietà, immagine, vendite e quote di mercato;
6. comunicazione istituzionale: è rivolta a tutti i pubblici dell’impresa ed ha la finalità di ottenere
un atteggiamento favorevole, la legittimazione ed il consenso nell’ambiente generale e da
parte di tutti gli attori sociali facendo leva su un approccio fondato sulla Corporate Social
Responsability;
7. comunicazione organizzativa: comprende la comunicazione sia verso il personale sia verso i
co-makers, distributori, fornitori, consulenti e collaboratori la cui finalità è quella di
consolidare e diffondere i valori guida, la cultura aziendale e condividere strategie ed obiettivi,
acquistare consenso, adesione e motivazione.

1.1. Il modello di Shannon e Weaver

È un modello matematico che risale al 1949 e nonostante sia stato superato da altri modelli è ancora
parzialmente utilizzato da alcune imprese. Secondo questo modello il processo di comunicazione
prevede la presenza di un emittente ed un ricevente ma non sempre ora la comunicazione è guidata
dall’azienda. Attivare un sistema di comunicazione con un ricevente significa doverlo veicolare con un
canale e quindi codificato, ad esempio se voglio veicolarlo con la radio deve essere un messaggio
verbale. Secondo S&W il problema principale era lo strumento utilizzato e gli elementi che si
interponevano tra emittente e ricevente che erano complicanze di carattere tecnico legate alla natura

Comunicazione d’impresa 6
dello strumento utilizzato; al giorno d’oggi il problema invece è di conoscenze e struttura mentale
dell’emittente rispetto al ricevente. L’emittente che ha un’azienda conosce le caratteristiche tecniche
del prodotto e quindi sarebbe portato a descrivere il prodotto e veicolare il suo messaggio tramite una
comunicazione tecnica degli attributi data dalla sua struttura mentale. Ad esempio, per un prodotto
alimentare si potrebbe dire che contiene vitamine solubili probiotiche che per il ricevente o
rivenditore non è detto sia cosa nota, quindi bisogna veicolare il messaggio tramite le informazioni
utili e comprensibili al ricevente. Quindi il problema dell’impresa è utilizzare il lessico giusto per
attirare e far comprendere al ricevente il messaggio. Il tema di codifica e decodifica afferma che
l’azienda debba essere un sistema autopoietico e quindi pronto ad adattarsi ai cambiamenti
dell’ambiente e la comunicazione deve essere comprensibile al ricevente.

Il rumore è dato dai tanti altri stimoli che raggiungono in modo contemporaneo il ricevente ed uno
dei principale sono i messaggi degli altri riceventi, ad esempio la mia campagna pubblicitaria si
confonderà con le altre campagne di altri competitors e questo è un aspetto di confusione e
fraintendimento.

L’emittente deve scegliere:

• la forma: può essere personale, verbale, scritta;


• lo strumento: è l’evento, la fiera;
• canale generico: se utilizzo la forma scritta e come strumento una campagna pubblicitaria su
carta stampata, il canale generico diventa il fatto di avere la pubblicità su carta stampata;
• il canale specifico: un giornale settimanale, mensile o stampa specializzata;
• veicolo: devo scegliere tra Il Corriere della Sera, Donna Moderna, Grazia ecc.

Il contesto è un contesto con cui l’azienda comunica in continuazione ed è istituzionale, legislativo,


economico ecc.

Scegliere il canale significa essere al momento della codifica, mentre


mi occupo della codifica quando il ricevente interiorizza e comprende
il mio messaggio. Al momento della decodifica ci sono due problemi:
denotazione, il significato da vocabolario che non comporta, per tutti,
la stessa valenza e quindi avere una connotazione diversa.

Secondo S&W il problema era il rumore di altri strumenti, mentre oggi


il problema è che il messaggio arrivi effettivamente al ricevente perché
deve superare una serie di scogli.

Comunicazione d’impresa 7
Il ricevente deve essere esposto al messaggio: se sono un uni e voglio far conoscere la mia offerta
formativa in un’area geografica data, posso affiggere delle pubblicità cartellonistica ma non è detto
che le persone potenzialmente interessate siano esposte a questo cartellone pubblicitario perché
magari non passano da lì e non lo vedono. Se invece la persona abbia visto il cartellone, bisognerebbe
poi arrivare a comprendere se abbia elaborato il messaggio ed associato dei significati. La ritenzione
selettiva invece riguarda il fatto che tratteniamo le informazioni nel nostro cervello, se ad esempio in
un supermercato vedo un prodotto nuovo posso elaborare l’info ma poi non fregarmene più, oppure
immagazzinare l’informazione riguardo il prodotto e ricordarmene in seguito quando ne nascerà
l’esigenza di quel prodotto. L’effetto alone è l’effetto dei ricordo che persiste e che accompagna la
decodifica dei messaggi successivi che arriveranno con riferimento a quel prodotto e può essere
positivo o negativo ed inoltre dato da precedenti azioni di
comunicazione della stessa azienda oppure da quelle di altre
aziende. Ogni azione di comunicazione arriva ad alterare le
precedenti informazioni che io avevo di quel prodotto.

Quindi, la comunicazione secondo SW era fatta dall’emittente verso


il ricevente che può rispondere e reagire ma la prima azione rimane
sempre dell’azienda emittente. La reazione del ricevente avviene
tramite un feed-back:

• cognitivo: se arrivo a conoscenza di quel prodotto


categorizzandolo in un certo modo;
• valutativo: posso decidere anche di non acquistare il
prodotto ma di farmene un’idea a riguardo;
• comportamentale: cercando nuove info sul prodotto,
acquistandone o parlandone con altri.

Molte imprese danno importanza solo al feed-back


comportamentale e quindi all’acquisto del prodotto.

1.2. Il modello di Lasswel

È un modello quasi contemporaneo a quello di S&W e presenta la comunicazione in un’ottica


processuale e la descrive incorporando gli effetti della comunicazione come uno step vero e proprio.
Questo modello serve per capire che non devo utilizzare tutto il budget per una campagna di
comunicazione perché il resto serve per capire e studiare i risultati e quindi rischio di sottostimare

Comunicazione d’impresa 8
l’importanza dei riflessi emozionali e relazionali. Questo modello serve per stabilire gli step ideali di
una campagna di comunicazione e secondo questo modello l’emittente deve essere in grado di
comunicare gli obiettivi che vuole raggiungere che permette di elaborare dei messaggi chiari e
parsimoniosi, che si limitano a dei contenuti essenziali per ciò che voglio raggiungere e che non sia
sovrabbondante perché rischia di arrivare distorta. Braddock nel 1958 pone l’obiettivo sulle
circostanze e sugli scopi secondo il principio della coerenza.

1.3. Il modello di Schramm e Orgood

Questo modello ha il pregio, rispetto agli altri, della perdita dei ruoli di emittente e ricevente
eliminando quella visione asincrona quindi che l’emittente invia ed il ricevente riceve e reagisce ma

c’è una comunicazione dialogica in cui i soggetti si confondono i ruoli e quindi la comunicazione è
interattiva. La comunicazione diventa interattiva negli ambienti digitali anche se le imprese utilizzano
le risorse digitali ancora con una visione gerarchica in un ambiente che invece è orizzontale ed
interattivo: i partecipanti devono poter proporre degli stimoli di riflessione ed io devo reagire
immediatamente, ma la comunicazione può essere dialogica anche nei punti vendita.

1.4. Il modello della pragmatica della comunicazione, Watzlawick 1971

È un modello non pensato per l’impresa, ma traslato in questo mondo nel 1997 ad opera di Baker e
Balmer ma il padre di questo modello è Watzlawick. L’elemento di novità di questo modello è il partire
dal presupposto che la comunicazione sia un comportamento perché qualsiasi comportamento in una
condizione con individui che interagiscono tra di loro ha un valore di messaggio. Tutti i modelli
precedenti prevedevano che l’impresa ad un certo punto agisce, facesse qualcosa mentre W. sostiene
che ogni azione sia comunicazione e non esista entità che non sia un comportamento (“il
comportamento non ha un opposto”). Quindi, la comunicazione è un comportamento, il
comportamento non ha un opposto e non prevede necessariamente un’azione e non è sempre
deliberato. Ad esempio, se devo ridere in un certo momento poco opportuno non sempre questo

Comunicazione d’impresa 9
comportamento è deliberato perché non posso. È importante sottolineare che la comunicazione sia
un comportamento perché ci sono tantissime conseguenze dal punto di vista aziendale:

• il comportamento non è sempre deliberato, consapevole, ma a volte è istintivo → l’impresa


non sempre è un soggetto decisore che progetta in modo consapevole (come nei processi
descritti in precedenza). Le imprese non riescono a controllare sempre i loro comportamenti,
ad esempio, se le azioni sono compiute da persone molto periferiche come un operatore
telefonico a cui è stato appaltato il compito di agire per quell’impresa che non può sempre
governare e controllare il suo comportamento. Le imprese non sono sempre in grado di
controllare le i messaggi di comunicazione;
• alcune imprese sostengono di non fare comunicazione perché non hanno un ufficio marketing
oppure perché non fanno pubblicità, tutte le imprese si comportano in un certo modo:
l’impresa può non presentarsi in rete e questo è un comportamento. Quindi anche il non
compiere azioni è un comportamento. Ad esempio, quando è scoppiato lo scandalo Diesel
Gate di Volkswagen dei dati fasulli dichiarati rispetto al consumo del diesel Volkswagen deve
reagire. Quindi, dato che la comunicazione è un comportamento, non c’è un’impresa che non
comunichi, questo vale anche per quelle che non fanno niente;
• dato che il comportamento si inserisce in una successione di comportamenti da parte della
stessa impresa e non sono atti comunicativi singoli come spesso vengono descritti, allora ogni
comportamento viene letto alla luce degli altri comportamenti limitrofi. Questo si lega al
principio della coerenza secondo cui come io mi comporto oggi viene letto in base a come mi
sono comportato fino a ieri. Quindi i comportamenti sono letti in un’ottica di continuità
rispetto al passato e quindi non sono atti singoli.

Tutti questi principi vengono tradotti da Baker e Balmer nel 1997 con l’Agire Comunicativo
dell’Impresa in cui dicono che la comunicazione è ciò che l’impresa dice, mostra e fa. L’agire
comunicativo dell’impresa si sostanzia in diverse fattispecie gestionali:

• la comunicazione verbale: cosa l’impresa dice;


• le realizzazioni materiale: cosa l’impresa mostra;
• i prodotti: cosa l’impresa produce;
• i comportamenti: cosa l’impresa fa.

Comunicazione d’impresa 10
1.5. Mix comunicativo: gli strumenti

IMMAGINE
COORDINATA

PUNTO
PUBBLICITÀ
VENDITA

COMUNICAZIO
NE NON FORZA
COMUNICAZIONE
CONVENZIONA VENDITA
LE

MARKETING
PROMOZIONE
DIRETTO

PUBBLICHE
RELAZIONI

Internet è stato sostituito con “comunicazione non convenzionale” perché internet è solo uno
strumento di comunicazione inteso come un possibile veicolo di comunicazione, ma in realtà è un
ambiente all’interno del quale posso fare diverse attività di comunicazione. Infatti, ad internet non
corrisponde un certo modo di generare contenuti e obiettivi, cosa che accade con tutti gli altri
strumenti di comunicazione. Ogni box ha dei principi di funzionamento, mentre dentro alla rete posso
generare un punto vendita (ex. E-commerce) o gestire delle promozioni alle vendite o fare pubblicità
ecc. Internet definisce un ambiente, come potrebbe essere la carta stampata.

• immagine coordinata: è il fatto di avere un logo, un’identità visiva. Tante aziende danno dei
nomi che non significano niente per i consumatori, ad esempio se il nome è un insieme dei
nomi dei fondatori dell’azienda. Mentre, un nome come Viakal è più comunicativo e lascia
intendere che sia riferito ad un prodotto per la casa per togliere il calcare;
• punto vendita;
• forza vendita: è necessaria quando non c’è una distribuzione diretta;
• promozione alle vendite: limitate nel tempo e nello spazio. Stimolano le vendite ma lanciano
anche un messaggio di comunicazione che serve anche per far capire l’istituzionalizzazione
dell’impresa, se ad esempio l’impresa regala un viaggio in un territorio sconfinato e verde è
perché ci tiene ai temi dell’ambiente;
• pubbliche relazioni: testimonial;
• marketing diretto: vantaggioso dal punto di vista economico e di rapida interpretazione per i
feedback;
• comunicazione non convenzionale: nasceva con l’idea di essere accessibile a tutti;

Comunicazione d’impresa 11
• pubblicità: solo di alcune imprese.

Più le imprese si comportano in modo orientato e quindi consapevole maggiore sarà l’utilizzo di
comportamenti comunicativi che saranno coerenti tra di loro per costruire la comunicazione di tipo
integrata. La comunicazione integrata è combinazione tra strumenti differenti all’interno del paniere
precedentemente citato, tra soggetti che interagiscono tra di loro per favorire la consonanza interna
ed integrazione anche tra scopi ed obiettivi. Non tutti gli obiettivi sono presenti in tutti gli strumenti,
bisogna seguire due principi in base ai quali scegliere gli strumenti e come usarli: principio della
comunalità e della contribuzione. Il principio della comunalità si adotta quando un contenuto di
comunicazione, un informazione che si vuole raccontare è talmente importante che deve essere resa
comune e quindi presente in tanti strumenti di comunicazione. L’esempio estremo è un contenuto
comunicativo presente in tutti gli strumenti utilizzati da quell’impresa, ad esempio, la data di
fondazione di quell’impresa: Fratelli Carli dal 1811. Questa tradizione di essere un’impresa famigliare
voglio che sia ben comunicativo e quindi lo metto nel logo e diventa un tema ricorrente in tutte le
attività di comunicazione. Se però io facessi così per tutti i messaggi che voglio inviare ai miei riceventi
non dovrei utilizzare tutti gli strumenti perché gli utilizzerei sempre per gli stessi contenuti, quindi non
si può fare comunalità su tutti i contenuti di comunicazione e veicolare tutti i contenuti su tutti gli
strumenti, ci sono degli elementi che voglio veicolare solo attraverso alcuni strumenti perché penso
che quello strumento sia particolarmente adatto per veicolare quella particolare attività. Se decido
che ci sono dei contenuti veicolati solo da alcuni strumenti allora sto facendo contribuzione cioè sto
decidendo che quello strumento contribuisce in modo particolare e quindi ha senso organizzare più
strumenti di comunicazione perché ognuno darà un contributo specifico, quindi comunicazione
integrata vuol dire selezionare l’utilizzo degli strumenti in modo che ogni strumento abbia contenuti
suoi e contenuti per confermare ciò che dicono gli altri strumenti. Ecco perché si parla di integrazione
tra strumenti ed obiettivi perché alcuni strumenti hanno l’obiettivo di stimolare le vendite, le
promozioni, di suscitare interesse come la pubblicità o di dare visibilità all’impresa.

Quindi, un’organizzazione ha a disposizione attività di comunicazione diverse come la pubblicità, il


marketing diretto, le relazioni pubbliche ecc. mentre uno strumento è per esempio la pubblicità su
carta stampata. Lo schema della comunicazione integrata serve anche ex-post, per fare un’analisi della
situazione o per progettare altro.

1.6. La classificazione degli strumenti

Gli strumenti hanno potenzialità diverse e quindi si selezionano sulla base di ciò che si vuole
raggiungere. Tutti quei contenuti che io penso che sono talmente importanti da veicolare con tutti gli
strumenti sono strumenti su cui faccio comunalità perché quell’aspetto è tanto importante per me

Comunicazione d’impresa 12
che lo metto in tutte le attività di comunicazione. Ad esempio, “Galbani vuol dire fiducia” è scritto
sotto al proprio logo in tutte le confezioni, oppure Nutella che utilizza “che mondo sarebbe senza
Nutella” e sono frasi che si chiamano payoff: una frase che accompagna stabilmente un logo. Queste
frasi sono state inserite in tutte le attività ad esempio nelle pubblicità, nel packaging, nelle
manifestazioni eccetera. Quindi questi concetti espressi nelle frasi sono messi ovunque e questo vuol
dire quindi fare comunalità perché il concetto diventa ridondante, più io ripeto questo concetto più
verrà associato alla mia associazione. A volte ci sono altri concetti che invece devono essere veicolati
in modo particolare da alcuni strumenti e faccio contribuzione se questi concetti sono presenti solo in
alcuni strumenti, ad esempio Activia scriveva all’interno della sua confezione che nell’anno
precedente il 50% dei ricavi erano stati investiti in energie rinnovabili, Danone questa informazione
però non la promuoveva attraverso tutti gli strumenti, infatti ad esempio Alessia Marcuzzi nella
pubblicità non lo cita. Danone non ha pensato che quella informazione fosse concepita per spreadarla
con tutti gli strumenti, ma ad esempio solo nel packaging presso il punto vendita. La scritta è stata
messa nella linguetta del barattolo perché l’etichetta interna perché spesso lo si lecca per pulirlo ed
in quel momento si supera il filtro dell’attenzione selettiva perché ho la persona concentrata su questo
gesto. L’azienda ha pensato che lì abbia il consumatore attento e che la tratterrà in memoria. Quindi
il packaging dà un contributo. La comunalità beneficia dell’effetto della mera esposizione, mentre la
contribuzione crea un effetto novità e giustifica il fatto di utilizzare diversi strumenti.

Gli strumenti tra di loro possono essere classificati sulla base di diversi parametri:

• natura del contatto: personale o impersonale. Il contatto personale avviene ad una fiera, nel
punto vendita, marketing diretto in modo telefonico. Mentre il contatto impersonale non
prevede interazione tra soggetti come, ad esempio, la pubblicità o l’immagine coordinata. Il
contatto personale garantisce maggiore empatia e coinvolgimento. Anche la
personalizzazione del messaggio discrimina un contatto personale da impersonale, anche se
un messaggio impersonale non è detto che sia sempre impersonalizzabile. Un contatto di tipo
interpersonale permette sempre di personalizzare un messaggio, mentre se il contatto è
impersonale non sempre lo posso personalizzare. Quando parlo di personalizzazione parlo di
una personalizzazione one to one e quindi per il singolo. Uno strumento impersonale che però
è personalizzabile one to one è ad esempio la newsletter;
• tipologia di flusso: alcuni strumenti prevedono in flusso unidirezionale, altri bidirezionali. Con
i primi non c’è una reazione diretta del ricevente, ad esempio per un cartellone pubblicitario
perché non ho possibilità di fare domande o chiedere approfondimenti mentre per i secondi
intendo che il consumatore può avere una reazione diretta/feedback, ad esempio, nel caso
della newsletter perché posso rispondere chiedendo informazioni;
Comunicazione d’impresa 13
• tempistica di interazione: interazione sincrona e asincrona. Un flusso bidirezionale può
prevedere una risposta immediata oppure l’interazione prevede che si attivi un ulteriore
episodio di contatto successivo. La newsletter è asincrona perché rispondo ma non si attiva
un dialogo immediato, mentre ad esempio il contatto telefonico prevede un contatto
interpersonale con una tipologia di flusso bidirezionale ed interazione sincrona;
• numerosità di soggetti coinvolti: quanti soggetti e come i soggetti vengono coinvolti
temporaneamente e con che tipo di coinvolgimento. Ci sono tre tipi di strumenti: one to one,
one to many e many to many. One to one: strumenti che prevendono l’interazione a uno a
uno nonostante le interazioni siano tante (ex. newsletter); one to many: un messaggio a tanti
soggetti diversi (ex. Pagine pubblicitaria su carta stampata); many to many: strumenti che
coinvolgono contemporaneamente più soggetti perché tutti partecipano e interagiscono
contemporaneamente nella stessa attività di comunicazione (ex. brand community perché
attiva un dialogo costante in cui tutti i partecipanti si alternano e costruiscono un senso
condiviso e comune, anche gli eventi e le manifestazioni sono considerati many to many);
• obiettivo prevalente costi per contatto: se gli strumenti sono push (spinge la vendita del
prodotto come le promozioni alle vendite) o pull (capacità attrattiva seminando dubbi
attraendo la visita nel punto vendita). Da un lato il consumatore è visto come un consumatore
passivo perché con uno sconto io ti porto all’acquisto, mentre la pubblicità lavora con
l’attrazione di attenzione che è di carattere valutativo perché incuriosisce il consumatore
verso un nuovo prodotto;
• estensione del target raggiungibile: quanta varietà di soggetti posso raggiungere con uno
strumento nello stesso momento. Ci sono alcuni strumenti che sono limitate nel tempo come,
ad esempio, le promozioni alle vendite che quindi hanno un estensione del target limitato,
mentre uno spot pubblicitario ha un estensione estrema perché lo posso tenere per molto
tempo e posso raggiungere un target a livello nazionale. Le pubblicità sono però diverse, ad
esempio le pubblicità al cinema hanno un raggiungimento del target limitato. Le newsletter
invece hanno un estensione enorme perché con estensione si intende la numerosità e la
varietà di soggetti che posso raggiungere contemporaneamente;
• rapidità di raggiungimento del target: intesa sia come velocità di azione dello strumento
quindi in un lasso di tempo breve ho una velocità azione enorme come ad esempio la
newsletter, una pubblicità sul periodico ha una velocità di raggiungimento più lenta perché
non tutti acquisteranno quel periodico, sia viene inteso anche il tempo che io ho impiegato
per progettare quell’attività di comunicazione. Quindi, in questo caso la newsletter ha
comunque forte rapidità di raggiungimento perché non ci metto tanto a creare una

Comunicazione d’impresa 14
newsletter, mentre ad esempio uno spot pubblicitario ci mette molto più tempo. Se io intendo
il tempo di raggiungimento del target lo spot televisivo è rapidissimo, mentre se io intendo
anche il tempo di progettazione allora la rapidità di raggiungimento del target aumenta. Il
parametro tempo diventa decisivo quando adotto una strategia di risposta ad una reazione di
un competitor, se io impiego mesi per reagire prontamente allora non sto usando lo
strumento più efficace. Ad esempio, ad ottobre dell’anno scorso Ryanair aveva dovuto
cancellare moltissimi voli ed aveva quindi cominciato a promuovere tramite degli spot altri
voli economici in cui però si accodavano altre lamentele degli utenti. In realtà Ryanair avrebbe
dovuto cercare di promuovere un modo per raggiungere velocemente il target per metterli a
conoscenza dei possibili rimborsi ecc.;
• capacitò di personalizzazione del messaggio: estrema in una newsletter ed in quelli di
carattere interpersonale;
• capacità di esercizio di controllo: esprime quanto l’azienda possa ritenersi in grado di
controllare ed essere certa di quale messaggio arriverà al consumatore e non di quale esito e
di come reagirà. La forte capacità di controllo si ha quando quello che progetto è esattamente
ciò che arriva al consumatore. Nel punto vendita il controllo è molto ridotto perché io posso
scegliere il vestito e le merci ma non posso controllare il loro comportamento o la loro
gentilezza, ad esempio da Footlocker sono impostati per provare a venderti le solette, i
deodoranti ecc. però comunque il controllo è limitato. Anche per il testimonial io posso
decidere che debba farsi vedere in giro vestito con il mio brand però non posso decidere la
sua vita privata o la sua salute. L’immagine coordinata è un elemento altamente controllabile
ed infatti è un marchio registrato che nessuno può alterare però non è personale, interattiva
e many to many;
• costo per contatto: investimento necessario per generare un occasione di contatto. Il costo
per contatto riguarda una sola occasione di contatto, ad esempio uno spot televisivo costa
tanto ma ha un costo per contatto molto basso e le newsletter hanno un costo quasi nullo.
l’obiettivo è il contatto e non le persone raggiunte, quindi se una persona vede la mia
pubblicità tante volte viene contata tante volte, ad esempio, se io vedo la pubblicità tutte le
volte che vado al lavoro ogni giorno devo contare un contatto. Una pubblicità al cinema ha un
costo per contatto più alto rispetto allo spot televisivo perché vista da meno persone, al
contrario degli spot televisivi che raggiungono milioni di persone ma hanno un costo di
realizzazione più alto.

L’intera strategia comunicativa dovrebbe possedere i caratteri di:

Comunicazione d’impresa 15
• condivisione: tutti devono essere portati a conoscenza in anteprima rispetto al contesto
esterno, ci deve quindi essere una conoscenza diffusa di quelle che saranno le attività che
saranno intraprese in futuro;
• continuità/coerenza: la strategia deve essere coerente e mantenersi fedele nel tempo a certe
linee guida e quindi, in una certa parte, prevedibile. Non deve coinvolgere quello che gli
interlocutori già si aspettavano da quella comunicazione e deve essere adottata sia nel tempo
che nello spazio. Le attività di oggi devono essere coerenti e quindi con un certo grado di fit
con ciò che è avvenuto prima, però deve anche esserci coerenza negli strumenti: non posso
avere una campagna pubblicitaria in cui promuovo la mia organizzazione in modo bucolico e
poi, tramite viral marketing, mi propongo come un organizzazione trasgressiva. Quando
Mulino Bianco ha avuto Banderas come testimonial è stata poco consona perché avevamo un
idea stereotipica della famiglia di Mulino Bianco e Banderas stonava infatti è stato sostituito
da due attori più adattabili all’idea di Mulino Bianco. Un altro esempio è quello del Parmigiano
Reggiano durante il periodo di emergenza sanitaria in cui garantisce continuità di servizio
all’interno nei caseifici che vedevano come casa. Quindi stavano raccontando che anche loro
erano chiusi nelle loro case che erano i caseifici garantendo il prodotto come ci è sempre stato
fornito e raccontato: “ogni giorno rimaniamo nelle nostre case […] Parmigiano Reggiano
quello vero è uno solo” quindi anche in una situazione straordinaria Parmigiano Reggiano si è
adattato con le campagne pubblicitarie all’ambiente esterno (emergenza sanitaria)
dimostrandosi assolutamente reattivo, compatibile e prevedibile rispetto a quello che
comunicavano prima di questa situazione;
• differenziazione: le aziende spesso seguono l’omologazione o non la differenziazione
commettendo un errore. Se rendo la mia attività di comunicazione omologa genero
confusione e non spicco rispetto agli altri rischiando anche di avere lo stesso testimonial di
altre imprese che è molto costoso e spesso non ce ne se ricorda. Diventa rischiosa un’attività
non differenziata in cui si avrebbero più possibilità di distinguersi e rimanere in memoria delle
persone,
• chiarezza e comprensibilità: un’attività di comunicazione è chiara se è parsimoniosa e quindi
si limita a trasferire al ricevente poche informazioni essenziali. Siamo tutti esseri razionali
quindi abbiamo in memoria pochissime informazioni, infatti, è importante che le
organizzazione selezionino in modo selettivo le cose che vogliono che memorizziamo di
quell’azienda. Se si inviano troppe informazioni rischiamo di non immagazzinare niente e
quindi si va in over load informativo, skippa totalmente di considerare quell’annuncio o lo

Comunicazione d’impresa 16
interpreta in modo soggettivo e quindi non si arriva a far sapere l’informazione per cui l’attività
era stata progettata.
La comprensibilità invece non ha a che fare con il numero di contenuto
ma con il modo con cui io codifico i contenuti in modo che sia
intellegibile per il ricevente. Ad esempio, l’azienda Tigre vuole
comunicare che il prodotto Tigerfit permette di tenersi in forma e che
sia un prodotto nuovo. Infatti, in termine di chiarezza è abbastanza
bene. Nella descrizione però le fibre alimentari sono descritte come
solubili prebiotiche e quindi poco comprensibili per il consumatore
medio perché non fanno parte del nostro lessico quotidiano, infatti,
non è un linguaggio adatto al consumatore comune. Questa pagina
pubblicitaria, infatti, è pensata per gli intermediari commerciali per cui
un lessico tecnico ed appropriato significa porsi in un modo
professionale però in ogni caso comunque vengono tradotte tra parentesi. Dato che sto
parlando ai rivenditori devo dire come presentare il prodotto, per quale target (famiglie e
bambini) e su quale elemento fare forza (fibre e vitamina D).
In una pubblicità non è importante se è bella perché è soggettivo come parametro, ma è
importante se sia ben calibrata per raggiungere gli obiettivi. I volantini dei discount quando ti
arrivano a casa sono in una carta più scadente rispetto a quella di Esselunga e questo è in
perfetto fit con l’idea del discount;
• realismo: bisogna veicolare contenuti realistici non fornendo una rappresentazione poco
realizzabile;
• declinazione: i miei contenuti devono essere veicolati in diversi modi. Ad esempio, se io voglio
declinare solamente il piacere olfattivo, è difficile declinarlo tramite una pubblicità.

Nella pubblicità di Ebano, che produce Calzanetto, con questa pubblicità celebra
l’azienda in sé (anniversario) ma non è chiaro perché la storia dell’azienda è scritta
sotto in piccolo e quindi ciò che volevano celebrare non trova né spazio né
corrispondenza con le immagini. La foca starebbe a significare che il grasso di foca
è contenuto nel prodotto e che il bambino è idea della giovinezza che Calzanetto
porta alle scarpe ed il guinzaglio rimanda invece all’idea che Ebano produca anche
stringhe per le scarpe ma niente di tutto ciò è scritto. Quindi non rispecchia il
principio della chiarezza in quanto ci sono troppe informazioni, quello della
comprensibilità perché non ha fornito gli elementi interpretativi necessari per
comprendere il messaggio.

Comunicazione d’impresa 17
Nella pubblicità di ASUS invece il messaggio principale è che contenga Intel,
che le prestazioni grafiche sono ottime, che garantisce la comunicazione
video wireless e l’accesso ai multimedia. Se la pubblicità è inserita in un
periodico tecnico e dedicato ad intenditori allora è specifica e chiara,
mentre inserita in un periodico come Grazia non sarebbe consono. Gli
elementi che si vogliono comunicare sono in primo piano però contiene
molte informazioni tecniche e quindi è una pubblicità dedicata ad
intenditori.

La pagina di giornale invece promuove una banca con un inserzione che


rispetta il criterio della chiarezza perché si concentra su alcuni aspetti ed
inoltre è una comunicazione diversa rispetto
a quella delle altre banche perché si utilizza un linguaggio molto più
comprensibile, infatti non rientra nell’area di marketing e
commerciale perché non promuove nessun prodotto, infatti non parla
di TAN/TAEG ecc. ma parla degli elementi fondamentali della banca.
Questi elementi fanno parte della comunicazione istituzionale.

Un’altra pubblicità è quella del gruppo finanziario HSBC in cui fa leva


su i diversi punti di vista come elementi di ricchezza, dichiarandolo in tutte le pubblicità e quindi le
differenze sono valore, infatti questa organizzazione è presente in tutto il mondo. HSBC sfrutta il fatto
che utilizzando ad esempio il termina accomplishment ognuno pensa ad un concetto diverso e crea
questa campagna pubblicitaria in modo speculare a volte utilizzando la stessa parola ma con immagini
diverse ed altre volte utilizzando parole diverse ma con le stesse immagini. Lo stesso principio può
attivare reazioni diverse nei diversi consumatori.

Nel 1999 c’è stata una ricerca condotta da

Stuart e Kerr che attraverso un’analisi qualitativa hanno messo in luce una lista di errori molto
frequenti ed alcuni di questi errori riguardano il risultato, altri riguardano il processo con cui viene
gestita l’attività di comunicazione.

Comunicazione d’impresa 18
Gli errori più frequenti sono:

• eccessiva varianza nel tempo: si prova a fare comunicazione con risorse interne, poi se
diventa corposa si delega un’agenzia esterna. Però ad un certo punto si decide di cambiare ad
esempio l’agenzia di comunicazione perché maggiormente adatta e questa nuova agenzia, per
giustificare un investimento consistente iniziale, propone di cambiare radicalmente. Infatti,
una delle prime proposte è un restyling del logo e questo è molto dannoso. La nuova agenzia
fa del bene se agisce in modo compatibile, se modifica in modo graduale, altrimenti stravolgo
il senso di quello che è stato fatto fino ad ora. Se io oggi propongo un concetto di
differenziazione che stride con quello proposto fino ad ora dovrei proporre un elemento di
rottura per permettere di far smettere di ragionare con conoscenze pregresse. Questo però
per un’impresa è sbagliato perché bisogna costruire rispetto ad un capitale relazionale
pregresso;
• incoerenza tra differenti attività/supporti: sponsorizzo cose diverse rispetto a quello che
affermo in spot pubblicitari oppure quando un organizzazione cambia il logo parzialmente,
che è un’azione molto costosa perché devo cambiarla su tutti gli strumenti, ad esempio, Mc
Donald quando ha ristrutturato tutti i punti vendita esistenti per inserire Mc Cafè ed i toni
caldi perché voleva darsi un’idea più distante rispetto al semplice fast food ma la cassa degli
hamburger è rimasta la stessa perché deve essere riconoscibile rispetto al passato. Infatti,
cambiare significa cambiare radicalmente;
• scarsa coerenza interna/esterna;
• focalizzazione verso obiettivi di breve periodo;
• responsabilità diffuse: a volte non è chiaro chi debba decidere in modo definitivo le scelte di
comunicazione perché non c’è un unico centro di responsabilità;
• atteggiamento impositivo verso agenzie di comunicazione esterne: le imprese spesso fanno
riferimento ad agenzie esterne convinte di affidarsi al consiglio di agenzie esterne, ma in realtà
assumono un atteggiamento prescrittivo e per tanto non si avvalgono dei consigli che
ricevono. Solitamente un’agenzia di comunicazione svolge un brief in cui l’azienda si racconta
ed espone gli obiettivi di comunicazione e di solito a questo incontro ci fa l’account (persona
che fa da ponte tra agenzia e impresa);
• eccessiva attenzione verso aspetti superficiali,
• scarse attività di auditing: non lasciano risorse alla misurazione dei risultati. Le imprese
spesso non formalizzano bene gli obiettivi e quindi non sanno bene cosa misurare e quindi
riduco tutto e solo all’andamento del fatturato.

Comunicazione d’impresa 19
Possiamo parlare di comunicazione integrata solo se ci sono diversi livelli di integrazione:
“armonizzazione tra forme di comunicazione esterne ed interne”

2. LA COMUNICAZIONE ISTITUZIONALE

La comunicazione istituzionale ha la caratteristica di riguardare l’organizzazione nel suo complesso


(profit e non profit) e garantisce che in tutte le altre aree della comunicazione si sarà coerente con
questi elementi. Si dice che la comunicazione istituzionale funga da base e che le altre ne siano una
derivazione, un’applicazione specifica in contesti specifici perché è la più ampia ma anche la più
sintetica. La comunicazione istituzionale coglie l’organizzazione nei suoi obiettivi guida come la
mission, i valori guida ecc. piuttosto che nella specificità dei singoli componenti, processi
(comunicazione organizzativa concentrata sulle modalità in cui raggiungere gli obiettivi), output
(comunicazione di marketing incentrata sul core business/output proposto al mercato). In questo tipo
di comunicazione si parla di come l’impresa si pone nei confronti di tutto il contesto con cui si
relazione, infatti è quella più ampia perché coinvolge tanti stakeholders, infatti riguarda quell’insieme
di relazioni instaurate nel contesto in cui è inserita (contesto sociale, naturale, organizzativo,
economico-competitivo. Quindi, questa comunicazione è espressione di sintesi e al contempo
sostegno del percorso strategico intrapreso dall’impresa e dell’approccio relazionale seguito. Quindi
è evidente che la comunicazione istituzionale si rivolga ad un’audience assai eterogenea nell’ambito
della quale vi sono anche i communication target che tipicamente rappresentano gli interlocutori
privilegiati della altre aree della comunicazione d’impresa (marketing, eco-finanziaria ed
organizzativa: rispetto a queste, la comunicazione istituzionale estende notevolmente gli obiettivi e
rafforza i messaggi di tipo specialistico inserendoli coerentemente in una o più ampia cornice valoriale
e simbolica). Pertanto, essa deve adottare comportamenti anche comunicativi, diversificati e
responsabili, che siano idonei a rispondere sistematicamente a una pluralità di attese ed in ultima
analisi, deve governare nel tempo relazioni di valore basate su una coerenza sostanziale.

Ad esempio, l’obiettivo fondamentale della pubblicità dello yogurt della Coop non
è quello di pubblicizzare lo yogurt ma come Coop scelga e selezioni le materie prime.
Quindi le banane ed il latte le reperisce dai paesi migliori, infatti questa pubblicità
parla di un principio guida espresso nella body copy (parte scritta in basso che
accompagna il claim pubblicitario/strillo/slogan) e dice: “La trasparenza è un
elemento fondamentale nel rapporto di fiducia […]”. I soldi spesi per questa
pubblicità sono stati spesi per spiegare come Coop si relazioni con il commercio
internazionale, al reperimento delle materie prime e nel principio della trasparenza
con cui rende evidente questo principio. Un altro elemento è il simbolo dell’Expo,

Comunicazione d’impresa 20
infatti Coop sta partecipando ad un eventi internazionale in cui sponsorizza la trasparenza con cui
reperisce le sue materie prime.

SAIWA- IL CASO HARMONY


Il packaging dei prodotti fa anche parte della comunicazione istituzionale: in
questo caso quella di Oro Saiwa in cui propone il programma Harmony. Il
packaging spesso è visto solo in modo riduttivo come una confezione, ma in realtà
può essere utilizzato anche per ospitare contenuti di comunicazione istituzionale.
Infatti, in questa confezione non si parla del prodotto, ma della sostenibilità e
dell’attenzione all’ambiente che Oro Saiwa sostiene con i suoi prodotti.
Quest’azione non ha un riverbero sull’output finale ma riguarda l’attività di
responsabilità sociale d’impresa (attività in cui l’impresa si dimostra attenta al
contesto esterno sociale ed ambientale) che fa parte della comunicazione
istituzionale.

Le attività di responsabilità sociale d’impresa e di comunicazione istituzionale


possono esulare dal contesto specifico e caratteristico in cui opera l’impresa
oppure ci si spinge ben oltre. Come nel caso di Rolex in cui racconta il progetto in
cui premia i ricercatori più meritevoli con premi di ricerca e quindi un
finanziamento alla loro ricerca che costa 100.000$. In questa pubblicità propone
i progetti scelti ed uno di questi è quello di una donna che si concentra su un
animale molto raro: il Bucciolo Rinoceronte che lotta contro i bracconieri. Rolex,
in questo caso, si relaziona con l’ambiente e la natura con un’azione di patronage
perché promossa e realizzata totalmente da Rolex e ci racconta come sia attenta
ad un ambiente completamente lontano dal suo contesto di riferimento anche se
l’abbinamento non è strano in quanto si posiziona su un segmento di lusso e quindi un prodotto con
caratteristiche uniche e di nicchia. Quindi, anche in questo caso ritroviamo la caratteristica della rarità
e attenzione al particolare sia nell’animale che negli orologi.

Quindi la comunicazione istituzionale è riduzionismo ed olismo. Si dà così tanta importanza alla


comunicazione istituzionale togliendo risorse alla gestione caratteristica dandole a questa
comunicazione perché sta su un piano diverso, agendo al di sopra delle singole azioni delle attività di
comunicazione delle altre aree. Un investimento a questo tipo di comunicazione con risorse dedicate
garantisce benefici a diverse aree dell’azienda: quando Coop dice che è trasparenza dice che questo
patrimonio di fiducia nella promessa al consumatore di sapere sempre da dove derivino i prodotti,
varrà per tutti i prodotti dell’azienda. Quindi, le azioni di comunicazione istituzionale agiscono
sull’immagine complessiva dell’istituzione.
Comunicazione d’impresa 21
Gli obiettivi sono:

• agire sull’immagine complessiva dell’impresa e non sui prodotti singoli;


• stimolare un atteggiamento favorevole da parte degli stakeholders/shareholders;
• creare un clima di credibilità, legittimazione e fiducia: la credibilità significa che io ritengo che
quanto dichiarato dall’organizzazione corrisponda al vero. La legittimazione invece entra in
campo quando un organizzazione si sposta verso nuovi territori e prodotti;
• contribuire a migliorare il patrimonio di reputazione: la reputazione è intesa come il giudizio
diffuso e sedimentato nel tempo che i diversi interlocutori danno della credibilità delle sue
affermazioni, della qualità e affidabilità dei suoi prodotti e delle responsabilità delle sue azioni.
Questo rappresenta quindi la finalità sostanziale della comunicazione istituzionale. In termini
generali una buona corporate reputation determina fiducia nell’impresa creando un più forte
legame razionale ed emozionale con i dipendenti, i clienti in target e gli altri stakeholder e
agisce inoltre come fonte di autorevolezza e credibilità per tutti i soggetti con i quali l’impresa
intrattiene rapporti.

CORPORATE REPUTATION E VANTAGGIO COMPETITIVO : IL CASO THE BODY SHOP


Un esempio di strategia competitiva basata sulla reputazione è rappresentato da The Body Shop che
opera nel mercato cosmetico dal 1976 e fino dalla fondazione la filosofia è stata sempre riassunta
nello slogan “profits with principles” per la realizzazione di prodotti eco-compatibili e non testati sugli
animali. Dopo l’acquisizione di l’Oreal nel 2006 la reputazione di forte responsabilità sociale rimane
un punto chiave della differenziazione del corporate brand che continua ad assicurare ai suoi
stakeholders. “All our products are made with a love of live, respect for the world we live in, a spirit of
individuality, and commitment to trading fairly. In a word, passion”. L’azienda ha sempre tenuto fede
alle proprie promesse e continua a cercare di sensibilizzare i propri stakeholders sui temi quali la
violenza sui bambini, i danni ambientali ed i test sugli animali continuando inoltre a coniugare le
ragioni del business con un forte impegno etico. Il successo della reputazione, in questo caso fondato
sull’etica, come strumento strategico di competizione è legato soprattutto alla coerenza dimostrata
nel lungo periodo ossia alla continuità dell’impegno etico dell’azienda ed al fatto che tale impegno ha
incontrato appieno i valori dei principali stakeholders quali i consumatori.

Quindi, l’obiettivo determinante è creare nel lungo periodo un contesto relazionale favorevole al
quotidiano svolgimento delle attività d’impresa. Quindi è un’area dalle forti potenzialità perché
sostiene le aree di comunicazione più specifiche e collabora nel fornire una chiave interpretativa della
diverse attività di comunicazione: ad esempio Rolex che parla di ambiente sono due tematiche che
sono però legate da un filo conduttore che è la rarità ed esclusività e diventano quindi compatibili. Ha

Comunicazione d’impresa 22
inoltre la grande capacità di essere robusta e saper parlare quindi a più pubblici di riferimento
contemporaneamente perché lavoro su concetti più alti e quindi espressi nello stesso modo a più
pubblici. Ad esempio, quando Saiwa parla del progetto Harmony parla a mass media, attivisti,
stakeholders ecc. perché sta parlando dell’attenzione all’ambiente che è un principio comunemente
condiviso, quindi posso parlare di contenuti molto ampi. Inoltre, serve a riferire un’ampia gamma di
contenuti che aiutino ad interpretare comportamenti ed attività e di fornire una sintesi di aspetti che
non sarebbe efficace declinare per ciascun potenziale ricevente. Riducendo l’essenza dell’impresa in
poche parole ne garantisce una visione olistica a 360gradi perché la riduce a pochi principi ben scelti
da esibire in ogni ambito di espressione.

In modo riassuntivo gli obiettivi sono:

1. delineare, modificare o rafforzare il posizionamento dell’impresa alimentandone l’immagine


complessiva;
2. stimolare un atteggiamento favorevole verso di essa e verso il suo agire economico-sociale,
da parte degli stakeholders;
3. creare un clima generale di credibilità, legittimazione e fiducia;
4. contribuire al potenziamento del patrimonio di reputazione.

1.7. Pubblic affairs

I pubblic affairs rappresentano l’insieme delle attività di comunicazione che un’organizzazione, sia
profit che non profit, attua più o meno direttamente nei confronti delle istituzioni pubbliche e/o verso
altri soggetti che comunque possono influenzare l’attività dei pubblici poteri, al fine di ottenere il
riconoscimento dei propri interessi. La crescente importanza dei pubblic affairs è dovuta al fatto che i
consumatori apprezzano in modo particolare le aziende che dichiarano la propria posizione su temi
particolarmente sentiti e che vanno ad allineare i propri interessi a quelli della comunità in cui operano
e alla quale si rivalgono. Sono quindi attività della comunicazione istituzionale direttamente indirizzate
alle istituzioni pubbliche o indirettamente verso altri soggetti che possono influenzare attività, indirizzi
per allineare la propria azione risetto alle esigenze della comunità e supporto dei propri processi di
sviluppo. Ad esempio: diffondere i propri valori di ispirazione, rendere partecipi di studi, ricerche di
settore o di macroambiente condotte, condividere proprie conoscenze/esperienze, partecipare a
tavole rotonde/incontri di discussione, creare partnership col settore pubblico, aderire e partecipare
ad attività di associazioni di categoria, dialogare con l’Università ecc. A questo riguardo possiamo
ricordare iniziative di grandi imprese che hanno assunto posizioni ben precise con campagne di
comunicazione sulla prevenzione dell’obesità, molto sentito negli USA. Coca Cola ha presentato nel

Comunicazione d’impresa 23
2003 una campagna pubblicitaria nella quale presentava, accanto al suo prodotto principale, i succhi
di frutta, l’acqua minerale, il tè e altre tipologie di bibite più “sane” e meno caloriche rispetto al
prodotto di punta. Con riferimento alle finalità dei pubblic affairs, appare opportuno distinguere tra
la comunicazione obbligatoria, alla quale sono tenute le imprese che operano in determinati settori,
quale per esempio, l’alimentare e la comunicazione che volontariamente tali organizzazioni attuano
nei confronti dei pubblici poteri. Nel primo caso, infatti, la finalità della comunicazione verso le
istituzioni viene ricondotta esclusivamente all’esigenza di ottemperare a prescrizioni di legge mentre,
ben diverse, sono le finalità della comunicazione volontaria, che consente all’impresa di promuovere
il proprio ruolo nella collettività in cui opera.

Nello svolgimento della pratica dei pubblic affairs sono coinvolte quattro principali categorie di
soggetti:

1. le organizzazioni che, sono rappresentate per la maggior parte dalle imprese ma anche da
organizzazioni non profit e da associazioni;
2. le istituzioni pubbliche che possono operare a livello territoriale, nazionale e internazionale;
3. i mediatori e/o pubblici influenti che sono rappresentati dalle associazioni di categoria e di
consumatori, gruppi di interesse e opinion leader ecc.;
4. gli operatori professionali che sono costituiti da professionisti di pubblic affairs, media, centri
di studi e di ricerche, società che svolgono sondaggi d’opinione ecc.

Lo svolgimento dell’attività di pubblic affairs può prevedere due diversi processi di comunicazione che
variano in funzione del numero di soggetti coinvolti. Il primo processo prevede la comunicazione
diretta tra organizzazioni e istituzioni pubbliche ed il secondo invece prevede una comunicazione
indiretta con la presenza di intermediari. La comunicazione diretta può dar vita anche a partnership
tra l’impresa e le istituzioni pubbliche ed un esempio in merito è rappresentato dall’attività svolta da
Value Retail, la società che ha dato vita al factory outlet centre di Fidenza che, per favorire la creazione
di un atteggiamento positivo nei confronti di un progetto di così grande portata e impatto sul
territorio, ha intrapreso un processo di comunicazione attiva nei confronti delle autorità locali.
L’impresa si è dunque impegnata in alcuni progetto di valorizzazione anche commerciale delle aree
urbane centrali di Fidenza, attraverso la realizzazione di strade e collegamenti, il rifacimento
dell’arredo urbano di alcune vie del centro e l’illuminazione artistica dell’area monumentale de
Duomo. Quindi le organizzazioni possono avere un contatto diretto con le istituzioni pubbliche,
possono agire tramite mediatori come operatori professionali oppure tramite l’opinione pubblica
come nel mondo del calcio. In alternativa possono agire tramite dei mediatori visti come pubblici
influenti (famose) che portano alla ribalta l’attenzione verso un certo tema e quindi fungono da effetto

Comunicazione d’impresa 24
leva in modo parallelo agli operatori professionali. Quando il mondo del
calcio doveva riaprire si sono schierati l’opinione pubblica ma anche
pubblici influenti come ex calciatori che premevano verso le istituzioni

Le aree di attività di pubblic affairs sono suddivisibili in due


macrocategorie:

1. analisi del quadro istituzionale: è un monitoraggio dei temi d’interesse per l’organizzazione,
dell’evoluzione della normativa relativa, delle attività legislative ai diversi livelli che possono
avere delle ripercussioni sull’impresa e naturalmente tutte le informazioni raccolte vengono
trasmesse alle varia funzioni in azienda con un sistema di reporting che consenta di avviare e
mantenere una comunicazione integrata. Efficace. Questo monitoraggio comprende tutte le
organizzazioni, anche quelle più piccole, che devono svolgere un monitoraggio dei temi di
interesse legati alla propria area di attività, anche temi che però non riguardano le aree di
attività dell’impresa. Bisogna cercare di conoscere in anteprima quello che accadrà e fornirsi
un quadro interpretativo degli atti delle istituzioni. Ci sono provvedimenti che sono prese dalle
istituzioni, in questo periodo di emergenza sanitaria, e che sono condivise in base al contesto
ed all’ambiente generale. Per monitorare le fonti ufficiali e tutte le altre banche dati minori
ho bisogno di svolgere un lavoro di back-office di monitoraggio, aggiornarsi a livello legislativo
e presentarsi agli eventi. In questo momento la diffusione delle informazioni è ben espressa,
mentre quotidianamente bisogna utilizzare una lente d’ingrandimento perché tanti argomenti
sono di nicchia;
2. gestione delle relazioni: risente della tipologia di organizzazione: mentre l’analisi del quadro
istituzionale è svolta da tutte le organizzazioni, la gestione delle relazioni è influenzata dalla
grandezza dell’impresa. Ci sono alcune aziende che riescono ad entrare in contatto diretto con
le istituzioni o comunque in modo filtrato con rappresentanti di categoria o opinione pubblica.
Ci sono quindi imprese che devono gestire le relazioni con le istituzioni e spesso sono le
imprese più grandi ed importanti che fanno anche da portavoce per quelle più piccole
negoziando con le istituzioni.

Ci sono 4 approcci che le aziende attivano nei confronti del pubblic affairs e sono visti in un ordine
progressivo rispetto a quanto le aziende attivino approcci verso i pubblic affairs:

1. approccio adattivo: è l’approccio minimo e d’obbligo delle organizzazioni. Non si parla della
gestione delle relazioni ma si limitano all’analisi del quadro istituzionali. Le aziende che hanno
questo approccio si limitano ad adattarsi a ciò che le istituzioni sostengono. Del quadro
istituzionale studio solo ciò che è già effettivo e l’adattamento a volte è tardivo, quasi nulla è

Comunicazione d’impresa 25
l’interazione con le istituzioni ed il raggio d’azione è anch’esso limitato perché si preoccupano
solo di se stesse e di non causa ulteriore danno all’organizzazione facendosi trovare in una
condizione di difetto rispetto a quanto stabilito dalle norme;
2. approccio reattivo: prevede un’attività più complessa con una tempistica reattiva cioè che le
azioni delle organizzazioni siano successive a quelle delle istituzioni o al massimo temporanee.
Quindi queste aziende focalizzano la loro azione su ciò che è effettivo, però si interrogano di
più sulla natura della norme ma comunque il raggio d’azione è limitato anche se n modo più
tempestivo e consapevole rispetto a quello adattivo,
3. approccio proattivo: la tempistica dell’attività prevede di agire in anticipo alle istituzioni,
quindi non solo reagire a quanto accade ma anche farsi porta voce di alcune soluzioni e
studiare degli strumenti che possono essere utili sia a se stessi che alle altre organizzazioni.
Quindi il raggio d’azione è molto più ampio perché si studiano soluzioni che possono essere
utili anche ad altre aziende fungendo da esempio. Si adotta questo approccio quando le
aziende nell’analisi del quadro istituzionale cerco di capirne la ratio di fondo senza limitarmi
ad adattarmi a ciò che accade. Questo non implica avere contatti diretti o essere una grande
azienda, infatti il contatto è comunque mediato con le istituzioni ma aziende che interpretano
la realtà con un grado di analiticità e capacità di sguardo al futuro maggiore rispetto ad altre
organizzazioni. Pur non avendo il privilegio di parlare direttamente con le istituzioni danno un
contributo di creatività nell’adattarsi ad una situazione interpretandola con anticipo ed
essendo un esempio per altri;
4. approccio interattivo: è riservato alle imprese di grandi dimensioni che hanno un contatto di
diretto con le istituzioni e che quindi agiscono come veri e propri porta voce muovendosi con
larghissimo anticipo rispetto alle istituzioni, sono spesso queste organizzazioni spesso che
stimolano un’esigenza. Hanno un raggio d’azione estesissimo perché parlano per tutte le
aziende di un certo settore o addirittura per le aziende a livello nazionale.

1.8. La comunicazione in caso di crisi

Il Crisis Management può essere definito come quel processo ordinato di attività che va dalla
previsione della crisi alla gestione della stessa e delle fasi immediatamente successive. L’obiettivo è
duplice: superare la crisi ed attivare meccanismi di apprendimento in modo tale da evitare l’insorgere
in futuro di eventi critici analoghi. All’interno di tale processo ci sono tre fasi:

1. “Prima della crisi” si attuano tutte le attività per prevedere la crisi:


• attuazione di un sistema di analisi dei rischi, delle aree critiche e dei segnali d’allarme
come potrebbe essere la scarsa motivazione del personale, il non rispetto delle norme di

Comunicazione d’impresa 26
sicurezza, l’insoddisfazione della clientela. Inoltre, bisogna monitorare costantemente
anche gli ambiti di scambio non perfettamente controllabili quali i forum, i gruppi di
discussioni ecc.;
• si elaborano i piani di crisi, dei documenti formali in cui vengono indicate le risorse che
dovranno essere impiegate. Quest’attività è molto importante perché in caso di crisi è più
difficile assumere decisioni in modo lucido e razionale e dunque queste soluzioni vanno
programmate prima.
2. “Durante la crisi” si costituisce il crisis management team che prevede la preparazione di un piano
di comunicazione di crisi e di redazione del manuale di crisi nel quale sono riportati i piani da
seguire. L’attività principale, in questo momento, è la comunicazione della crisi in merito ai
contenuti ed al raggiungimento degli obiettivi e la relativa verifica dell’efficacia della
comunicazione adottata dall’impresa.
3. “Dopo la crisi” bisogna verifica l’efficacia ex-post di quanto realizzato nelle fasi più acute,
comunicando anche i risultati conseguiti ai pubblici di riferimento.

La crisi di riferimento non è una crisi globale ma una crisi riferita ad un’impresa specifica che può
essere traumatica e reputazionale. Il crisis management non è un’attività di comunicazione che
subentra solo nel momento in cui si verifica una crisi ma che dovrebbe essere sempre presente per
prevenire minacce esterne con un’azione ex-ante. In ogni caso, non deve essere un’attività
improvvisata perché prevede di proteggere le fonti di valore aziendale, prevenire le crisi di tipo
reputazionale e come intervenire nel caso di crisi. C’è crisi quando avviene un interferenza delle
attività ordinarie aziendali e quindi è un evento che non permette di proseguire con le proprie routine
come se nulla fosse perché crea una cesura alle routine aziendali. Quindi comporta l’interruzione di
comportamenti aziendali routinari e l’effetto domino, per cui tutti gli eventi negativi si sommano e
succedono. Ad esempio Ryanair quando ha cominciato a cancellare voli a tariffe vantaggiose, all’inizio
la cancellazione era limitata a pochi voli e questa crisi ha però cominciato a gonfiarsi quando anche i
dipendenti/ex dipendenti hanno cominciato a sostenere che il problema non fossero solamente le
poche ferie concesse ma anche come avesse sfruttato i comandanti di volo per il numero eccessivo di
ore di volo e da qui il numero sempre crescente di licenziamenti volontari, scioperi, cancellazioni di
voli per settimane con un’azione che si è gonfiata ed ha creato ancora più scompiglio nel giro di
pochissimi giorni. La concatenazione di eventi avviene in brevissimo tempo e quindi, se non c’è
un’azione di prevenzione o un’attività che preveda immediatamente di far entrare in campo un
assetto emergenziale, i riflessi possono essere molto pericolosi.

Le cause della crisi possono essere due e si distinguono per la prevedibilità. Se si parla di crisi si para
di un elemento di incertezza ovvero il quando si verificherà e quindi:
Comunicazione d’impresa 27
• crisi traumatica: in questo caso non so se mai si verificherà perché la probabilità è troppo
difficile da stimare. Può essere scatenata da un evento naturale imprevedibile e catastrofico
quale l’alluvione, un terremoto ecc. che provocano l’interruzione immediata delle attività.
Possono essere generate anche da azioni dolose e quindi volutamente compiute per fare
danno, ad esempio, la diffamazione online e le fake news che sono molto più frequenti di un
terremoto ma che hanno lo stesso grado di lesione. A differenza delle pubblicità televise
quelle online sono molto più frequenti, dannose e poco gestibili. Quindi in questo caso è
importante pensare alla pragmatica della comunicazione ed all’importanza di un’azione
immediata di fronte all’accusa da parte di qualcuno che può essere consumatori, competitors
per cui l’impresa deve reagire subito. Ad esempio, il problema olio di palma e Nutella che lo
utilizzava. Nutella difronte a questa comunicazione ha deciso un’azione di affronto di una
potenziale crisi abbastanza netta in quanto alla base di tutto c’era un equivoco perché la
coltivazione dell’olio di palma provocava la deforestazione di altre coltivazioni ma questo
danno all’ambiente lo si confondeva con un danno alla salute. Nutella ha cavalcato l’onda ed
ha affrontato questa crisi con un’attività di comunicazione in cui non ci fossero problematiche
legate alla salute se in poche quantità e quindi ha fatto dell’utilizzo dell’olio di palma una
bandiera della capacità di gestire la filiera e di sostenere l’ambiente. Tutto ciò era in
controtendenza rispetto a tutte le altre organizzazioni che invece si fregia di non utilizzare
l’olio di palma esplicitandolo sul packaging. La crisi legata agli errori gravi non è una crisi
gestionale perché io non ero consapevole di aver fatto qualcosa di sbagliato, ma è
potenzialmente un elemento che può generare una crisi ad esempio Body Shop che da sempre
si professa sostenitrice dei prodotti non testati sugli animali qualche anno fa si è accorta che
uno dei fornitori in realtà testava sugli animali e quindi ha rimborsato e tolto dal commercio
il prodotto e dopo aver fatto un controllo ha rimesso in produzione il prodotto. Se Body Shop
che si è sempre dimostrata fedele alla comunicazione istituzionale con un valore di fondo la
lotta contro i test sugli animali, allora l’errore sarà considerato senza una volontà effettiva di
ledere un principio. Se invece, la reputazione dell’organizzazione fosse macchiata da
precedenti allora il tutto sarebbe stato letto in una chiave di assoluta responsabilità e
convivenza. Quindi ogni attività di comunicazione si inserisce in una storia che l’azienda ha
raccontato con ciò che dice, mostra e fa e quindi con tutti i suoi comportamenti;
• crisi gestionale: è prevedibile che si verificherà in quanto è una crisi latente ne senso che non
so quando accadrà ma la crisi è latente all’interno dell’organizzazione perché si sa che alcuni
elementi potrebbero sfociare in una crisi. In questo caso la responsabilità è molto più forte
perché sapeva di avere atteggiamenti che avrebbero potuto condurre ad una crisi e quando

Comunicazione d’impresa 28
emerge allo scoperto la responsabilità di quest’azienda, scatta la crisi. Un esempio è il caso
Parmalat in cui l’azienda era consapevole che stesse emettendo delle obbligazioni sul mercato
ma senza la possibilità di restituire il capitale e quindi stava effettuando una frode ai danni
degli investitori. Un altro esempio è un’azienda che evade le tasse. La crisi può essere in
ambito economico-finanziario ma anche una crisi non determinata da questo ambito, ad
esempio il Diesel Gate in cui Volkswagen era consapevole di truccare i dati.

Quindi le crisi sono distinte sulla base dell’origine ma poi si distinguono anche per:

• eccezionalità: terremoti;
• visibilità: visibilità internazionale come, ad esempio, Diesel Gate o Nestlè per il latte in polvere
oppure con visibilità inferiore come un’organizzazione poco conosciuta che inquina
l’ambiente perché scarica nelle acque. Ad esempio, l’azienda Solvey che immette nelle falde
delle sostanze di colore biancaste che rende l’acqua del mare e le spiagge bianche in stile
caraibico ma che è dannoso per l’ambiente;
• urgenza: ci sono crisi per cui bisogna intervenire subito come ad esempio quando avviene un
terremoto, ma anche per le fake news bisogna intervenire subito.

CRISI CRISI
TRAUMATICA GESTIONALE
squilibri
evento
economico-
catastrofico
finanziari
Diversi gradi di:
azioni
• eccezionalità delittuose Diesel Gate
di terzi
• visibilità
• urgenza
errori gravi
aziendali

IL CASO DOLCE&GABBANA IN CINA - NOVEMBRE 2018

Dolce&Gabbana è presente nel mercato cinese dal 2005 e la spesa annuale (2018) dei consumatori
cinesi in articoli di lusso era pari a $115 miliardi. L’azienda aveva programmato una sfilata molto
importante che si chiamava The Great Show che avrebbe dovuto avere luogo il 21/11/18 e qualche
giorno prima avevano lanciato la campagna pubblicitaria in cui una signorina cinese prova a mangiare
cibi tipici italiani con le bacchette. Questa campagna era stata realizzata in buona fede per favorire
l’incontro tra le due culture ma ha generato una crisi reputazionale perché hanno involontariamente
generato una crisi traumatica perché interpretata in modo offensivo dal popolo cinese il quale
sosteneva che offendesse il ruolo della donna in quanto veniva ridicolizzata ed il loro modo di
mangiare ed il loro approccio al cibo.

Comunicazione d’impresa 29
Queste prime reazioni negative da parte dei consumatori hanno cominciato a
diffondersi in rete e quindi è capitato che nei profili Instagram di Stefano Gabbano
capitassero dei messaggi irriverenti in cui appariva che gli stilisti fossero consapevoli
di aver offeso la cultura cinese e sprizzanti del fatto che li avessero offesi. Quindi,
tramite dei post avevano dichiarato tramite dei post che si trattava di fake news e che
avrebbero comunque prestato la stessa attenzione alla cultura cinese in futuro. Ormai
però la crisi c’era ed è scoppiata in modo pervasivo con boicottaggi davanti ai punti
vendita, punti online che non vendevano più prodotti D&G e video di privati in cui
bruciavano e distruggevano i loro prodotti. Queste reazioni sono state talmente forti
che la sfilata è stata cancellata. I dati dicono che solo dopo due anni, nel 2020, solo il
50% del fatturato cinese è stato recuperato, quindi hanno fatto un doppio errore sia
nella progettazione della campagna, sia nell’incapacità di gestire la crisi e tutto ciò ha
generato un effetto domino.

Gestire la comunicazione in caso di crisi è molto importante e significa perseguire


degli attributi ed obiettivi delle caratteristiche della crisi:

• tempestività: in 4 giorni D&G ha dovuto cancellare un evento molto costoso;


• completezza: deve essere il più completa possibile al fine di evitare la diffusione di notizie da
parte di altre fonti che potrebbero aggravare la situazione dell’impresa. Quando affronto una
crisi è importante trasferire tutte le informazioni di cui sono in possesso perché se ne fornisco
solo un tot rischio di peggiorare la situazione. Se mi accorgo che un fornitore ha utilizzato
prodotti nocivi e ne vengo a conoscenza io devo rendere tutte le informazioni che ho a
riguardo;
• trasparenza: mettersi a nudo e far vedere tutto il processo facendo in modo che le persone
possano ricercare altre informazioni mettendo l’interlocutore nella posizione di fidarsi di me.
Ad esempio, Nike quando è stata accusata di sfruttare la mano d’opera dei bambini per la
cucitura dei palloni sul sito web ha esposto la struttura dei propri costi dimostrando che il
margine di guadagno era in linea con quello delle altre aziende;
• aggiornamento: allo scopo di informare continuamente i pubblici interessati sullo stato di
avanzamento delle azioni intraprese per fronteggiare l’evento critico e per far trasparire tutto
l’interesse dell’organizzazione a risolvere la crisi;
• multidirezionalità: le comunicazione in caso di crisi devono essere robuste, se in grado di
soddisfare le esigenze di tanti pubblici diverse. Nel caso di Costa Crociera bisognava fornire le

Comunicazione d’impresa 30
liste con nomi e cognomi ai familiari, agli isolani temevano la perdita di liquidi tossici in mare,
alla stampa, alle capitanerie di porto ecc.;
• centralizzazione: al fine di assicurare coerenza nella diffusione delle informazioni, infatti viene
individuato un unico porta voce, ovvero un’unica persona autorizzata a rilasciare informazioni
e a interagire con i pubblici interessati e con i media. Tutte le attività di crisis management
devono rispondere ad un unico centro di responsabilità, devo sapere in anticipo che ci sia un
portavoce unico in grado di gestire la crisi perché più soggetti che comunicano creano
confusione.

3. LA COMUNICAZIONE ECONOMICO-FINANZIARIA

La comunicazione economico-finanziaria riguarda decisioni, progetti, vicende, risultati relativi


all’andamento economico, finanziario e patrimoniale dell’impresa, sia in ottica consuntiva che
prospettica. Tutti i soggetti interessati agli interessi economico-finanziari dell’impresa fanno parte
degli stakeholders coinvolti da questo tipo di comunicazione. L’obiettivo dovrebbe essere quello di
raggiungere tempestivamente e uniformemente i potenziali utilizzatori, consentendo loro di
pervenire, in base alle rispettive capacità di analisi, a un giudizio fondato sulla bontà della gestione
aziendale. Quest’area va oltre la comunicazione di base che soddisfa i bisogni di carattere legislativo
(redigere il bilancio ecc.) ed affianco alla comunicazione di base ci sono comunicazione integrativa e
volontaria: quella integrativa completa la comunicazione di base ed aiuta ad aggiungere informazioni
argomentandole, mentre quella volontaria è una comunicazione a cui l’impresa non è obbligata. In
generale questa comunicazione va oltre la redazione di documenti obbligatori ma può occuparsi di
informare altri all’interno ed all’esterno dell’impresa. L’esigenza di informare i terzi è una pressione
che si avverte dal mercato e gli stimoli principali sono stati:

• livello di diffusione dell’investimento in capitale di rischio: ad esempio le start up sono


finanziate anche da singoli oppure il crowdfunding che trovano capitali con call online in cui
spiegano il progetto;
• importanza, completezza, dimensione, efficienza dei mercati finanziari: possiamo investire
anche in altri paesi e non solo in Italia;
• investimento in capitale di rischio crescente: alcuni decenni fa si investiva in prodotti a
rendimento fisso, mentre oggi gli investimenti toccano mercati azionari e capitali di rischio. È
più diffusa l’idea della speculazione del mercato, ma per capire l’andamento è necessario
avere informazioni aggiuntive rispetto ai documenti quali il bilancio che si riferisce a mesi
prima;

Comunicazione d’impresa 31
• investitori istituzionali crescenti: fondi che rilevano aziende sulla base delle prospettive per
fare operazioni di merge.

Tutto ciò ha fatto sì che anche gli strumenti, di cui questa comunicazione si avvale, aumentino:

• pubbliche relazioni: quali conferenze stampa, comunicati stampa, interviste, discorsi interni
o pubblici e pubblicazioni aziendali (report, documenti, libri, relazioni ecc.). Sono strumenti a
carattere personale e contribuisce a legittimare e fornire informazioni puntuali;
• pubblicità: attraverso gli stessi veicoli che si usano per i canali di marketing.

4. LA COMUNICAZIONE ORGANIZZATIVA

All’interno di una comunicazione pubblicitaria possiamo trovare qualcosa che


sia esclusivamente attinente alla comunicazione organizzativa perché non c’è
nessun richiamo al marketing. Infatti, la comunicazione organizzativa si occupa
di quello che riguarda l’organizzazione intesa come insieme di risorse umane,
un tempo questa comunicazione veniva definita anche comunicazione interna. Secondo il testo le due
comunicazioni non sono sinonimi perché “interna” esprime un vecchio modo di riferirsi a quest’area
mentre “organizzativa” esprime il nuovo modo di guardare a quest’area ma in molti testi li usano come
sinonimi, in modo sbagliato perché non sono propriamente sinonimi.

comunicazione interna comunicazione organizzativa


• l’area di azione riguarda la struttura
• comunicazione limitata a risorse interne
ampliata/task environment (risorse facenti
all’organizzazione e che sono vincolate dal
parte dell’organizzazione + coloro che
punto di vista contrattuale quali i
agiscono producendo valore per
dipendenti;
l’organizzazione anche se esterni ad essa
• la comunicazione interna era un sistema
quali partner, fornitori esclusivi ecc.). La
informativo pensata come un’area che
struttura ampliata non è la stessa cosa degli
funzionasse per fornire informazioni alle
stakeholders (porto interessi miei che
risorse interne all’organizzazione per
riguardano l’organizzazione) in quanto non è
orientare i comportamenti dei dipendenti
mirata a ricevere ma a dare. Coloro che
che ricevevano istruzioni;
fanno parte della struttura ampliata hanno
• la dinamica era top-down nel senso che le
un doppio interesse ovviamente però la
informazioni cadevano a cascata dall’alto
struttura ampliata va oltre il perimetro degli

Comunicazione d’impresa 32
verso gli altri livelli gerarchici senza stakeholders ma non include tutti gli
prevedere un feedback di risposta; stakeholders;
• strumenti formali (norme, procedura, • sistema di comunicazione che si avvale si
scadenze ecc.); tanti strumenti anche di carattere many to
• comunicazione prescrittiva perché vincolava many;
certi comportamenti. • flussi bidirezionali;
• finalità di far crescere le risorse immateriali
(know-how) che è quella dell’employer
branding.

Gli ambiti della comunicazione organizzativa:

COMUNICAZIONE RIVOLTA COMUNICAZIONE RIVOLTA ALLA COMUNICAZIONE RIVOLTA AL


ALL’INTERNO DELL’IMPRESA STRUTTURA AMPLIATA MERCATO DEL LAVORO

1.9. La comunicazione ed il ciclo di vita della cultura organizzativa

L’andamento della comunicazione organizzativa osserva questa distribuzione. Parte poco dopo la
nascita della vita organizzativa ed è un’attività molto intensa nei primi anni per poi stabilizzarsi ma poi
torna ciclicamente a risalire.

1. comunicazione gestionale: nasce subito dopo la nascita dell’attività organizzativa e coordina


l’attività di tutti i soggetti per stabilire le routine migliori, in modo tale che il lavoro di tutti sia
funzionale alle fasi successive. In questa fase si parla di efficienza perché si cerca di intersecare
al meglio l’azione di tutte le persone per stabilire le routine migliori che poi dovranno
diventare routine. Nell’area del marketing la comunicazione gestionale si occupa di stabilire il
tempo, le persone, le azioni necessarie per arrivare in fiera ed a ritroso, tramite il diagramma
di Gant, si arriva a quando bisogna svolgere una certa azione. Ad esempio, in questo caso della
fiera, bisogna avere lo stand pronto e quindi bisogna pensare al tempo di lavorazione dello
stand stesso, dei materiali e delle grafiche in base ai tempi dei fornitori. In questo modo
capisco quante persone devono lavorare e come incastrare i loro lavori. Quindi la
comunicazione gestionale si occupa di gestire il mutuo comportamento delle persone che si
devono incastrare per produrre efficienza ma anche efficacia. In realtà la comunicazione
gestionale dovrebbe continuare all’infinito ma in questo caso si ferma perché, se non ci sono
nuovi ingressi nell’azienda, la comunicazione gestionale diventa routine e quindi è prassi;
2. comunicazione di ruolo: interviene dopo la comunicazione gestionale e si occupa della
motivazione dei lavoratori lavorando per famiglie professionali. Questa comunicazione ha
l’obiettivo di stimolare la soddisfazione e la motivazione delle persone che producono valore

Comunicazione d’impresa 33
per l’impresa (struttura ampliata quindi non solo dipendenti), ma ogni famiglia professionale
ha una dinamica diversa ed è sensibile a leve motivazionali diverse. Ad esempio, gli operai
della famiglia professionale, hanno turni con cui passano il cartellino e quindi saranno più
sensibili ad avere giornate libere durante il giorno del compleanno;
3. sviluppo organizzativo: va alimentato lo sviluppo professionale e personale dei dipendenti
attraverso corsi di formazione/aggiornamento con riferimento ad argomenti tecnici o
competenze trasversali quali linguistiche. Quest’attività di long life learning può essere
proposta in modo ciclico, ecco perché lo sviluppo organizzativo viene dopo le precedenti e si
interrompe per poi ripartire dopo un po’;
4. cambiamento organizzativo: è molto breve perché lo stimolo al cambiamento deve essere
una provocazione al cambiamento che metta in discussione le routine e può avvenire solo
dopo che le persone siano state messe in riga con la comunicazione gestionale, supportate,
formate. In questo momento ho modo di poter seminare qualcosa di differente, questa
opzione di frazione deve essere limitata nel tempo e replicata dopo tanto tempo. Non deve
essere solo limitata ma anche filtrata, non deve coinvolgere per forza tutti i soggetti all’interno
dell’azienda.

La comunicazione per il cambiamento organizzativo ha come obiettivo di stimolare qualcosa di nuovo


per l’azienda o anche per l’esterno. Si compone di 4 fasi:

1. esteriorizzazione: è la fase di cool hunting in cui si va alla ricerca di qualcosa di nuovo e


differente, questa fase viene delegata a un soggetto facente parte della struttura ampliata;
2. combinazione: si cerca di combinare le idee tra di loro e con l’ambiente esterno;
3. socializzazione: successivamente si socializza riguardo le idee raccolte, facendole conoscere
ad un gruppo più ampio e si verifica la possibilità e l’efficienza degli stimoli studiati. Se viene
superata anche la terza fase;

Comunicazione d’impresa 34
4. interiorizzazione: tutto ciò che si è dimostrato provocatorio ma efficacie viene diffuso a tutta
l’organizzazione ed a questo punto diventa nuova routine. Quindi tutto ciò origina una rottura
che determina una rottura e quindi poi si ricomincia da capo.

Quindi la comunicazione è vista come uno stabilizzatore dinamico per cui trovo un assetto, sviluppo
le risorse umane, inserisco un elemento di rottura per poi di nuovo stabilizzarmi. Non devo mai
perdere di vista l’equilibrio generale ma cambiando ed evolvendo quando ce n’è bisogno. Quindi la
comunicazione organizzativa vuole orientare i comportamenti e sviluppare le risorse ma nell’atto
pratico significa avere i seguenti sub obiettivi:

• proporre una rappresentazione unitaria dell’impresa: cercare di capire in che direzione si


guarda, quando si propone un innovazione ecc.;
• legare lo sviluppo individuale allo sviluppo dell’impresa: perché l’impresa cresca devono
crescere gli individui e di questo si occupala comunicazione di ruolo;
• sviluppare un immaginario collettivo: capire in che scenario ci stiamo muovendo;
• creare un linguaggio comune: creare chiavi condivise;
• incrementare il know how dal punto di vista procedurale sia dal punto di vista delle
competenze e conoscenze trasversali;
• integrare e correggere le conoscenze che derivano dall’esperienza lavorativa quotidiana:
avere esperienze solo sulla propria area fa perdere la possibilità di guardare oltre ed a modelli
alternativi;
• vivificare e far evolvere la cultura d’impresa intesa come norme, valori e rispetto reciproco
• essere una leva di cambiamento e quindi provocare e innovare;
• canalizzare la diversificazione attorno ad un concetto federativo ed interpretare nuovi
scenari attraverso azioni mirate: se i dipendenti non sono adeguatamente accompagnati nel
capire perché l’azienda fa una certa cosa non si riuscirà mai ad avere consonanza interna per
essere efficaci.

1.10. Gli strumenti della comunicazione organizzativa

• comunicazioni di servizio;
• regole e procedure;
• riunioni;
• gruppi di lavoro e comitati;
• forum tematici in rete intranet;
• posta elettronica;

Comunicazione d’impresa 35
• manuali “welcome book”: manuale che contiene le info di base per i neo inseriti all’interno
dell’organizzazione;
• presentazioni, convention e meeting;
• letteratura aziendale,
• sistemi di obiettivi e piano strategico;
• sistema di formazione e di valutazione.

5. LA COMUNICAZIONE DI MARKETING

La comunicazione di marketing è lo strumento di governo delle relazioni con il mercato intermedio e


finale, volto a migliorare la percezione del valore dell’offerta aziendale e la capacità di soddisfare le
esigenze dei segmenti di domanda selezionati. L’impresa dovrebbe essere a priori a conoscenza degli
obiettivi e la comunicazione di marketing li suddivide in due macrocategorie per diversa natura:

OBIETTIVI ECONOMICI: obiettivi che hanno un evidente manifestazione economica finanziaria, il


cui raggiungimento può essere investigato andando a guardare le variazioni di carattere economico,
patrimoniale.

• incrementi dei profitti: che è diverso dall’incremento delle vendite dettato spesso dalle
promozioni alle vendite;
• stabilizzazione delle vendite: cercare di rendere il più possibile omogenee le vendite di un
prodotto in momenti diversi. Per qualche prodotto, ad esempio, i panettoni sono venduti solo
durante il periodo natalizio e poi avrò un crollo del fatturato fino all’anno successivo e questo
è un problema perché devo sfruttare al massimo la capacità produttiva e lo stoccaggio per far
fronte al picco di stagionalità ma poi tutto ciò mi comporta dei costi. Quindi, se io non riesco
ad avere dei prodotti complementari per quanto riguarda la stagionalità è un grande
problema. Questa caratteristica è molto importante per i servizi, che non possono essere
prodotti in anticipo. La stagionalità può avvenire anche nell’arco di fasce orarie, o mensile, ad
esempio un parrucchiere avrà più clienti nel weekend rispetto ai giorni infrasettimanali. Un
buon esempio di pratiche di attività di comunicazione per stabilizzare in termine di stagionalità
sono gli sconti canvaas che vengono utilizzati nei rapporti tra la grande distribuzione e le
imprese distributrici e sono fatti per l’acquisto di grandi quantità di prodotto con notevole
anticipo rispetto a quello che accadrebbe in base all’andamento della domanda. Ad esempio,
i giocattoli sono molto venduti durante il periodo natalizio e le imprese, per cercare di
allungare questa stagionalità, si cerca di allungare il più possibile la domanda con
un’esposizione preventiva di giocattoli piuttosto che panettoni ecc. . Le aziende produttrici

Comunicazione d’impresa 36
come Lego, Mattel ecc. hanno delle macrocategorie di clienti tramite canali specializzati quali
Toys Center, alla grande distribuzione ed ai piccoli dettaglianti molto specializzati. Il punto di
vendita specializzato vuole avere i giocattoli a novembre e dicembre perché non può ricevere
le consegne prima perché non ha magazzini, ma anche stoccarlo in magazzino comporta i
rischi di obsolescenza, sovrastoccaggio, deperimento ecc. quindi si preferisce avere un
magazzino più piccolo ma sempre innovato.
Quindi, devo trovare chi è disposto ad avere la merce in magazzino con largo anticipo e qui
entrano in gioco gli sconti canvaas nei confronti della grande distribuzione non specializzata
che ospitano solo nel periodo natalizio. Questi prodotti vengono venduti a gennaio/febbraio
ad una fiera a Norimberga e successivamente tramite la forza vendita vengono raccolti altri
ordini la cui spedizione avverrà a luglio. Per convincere le aziende a comprare con così tanto
anticipo ed accollarsi i rischi di magazzinaggio si fanno sconti in termini di prezzo e di
concessioni di vendita (una parte del prodotto lo puoi rendere a gennaio, infatti, con l’Epifania
si smantella il negozio). Quindi questi sconti partono a luglio in cui io svuoto il magazzino
perché consegno ai rivenditori, da luglio fino a settembre riparte la produzione dei prodotti
che verranno stoccati nel magazzino in cui c’erano i prodotti che io ho consegnato alle imprese
di distribuzione ed inserisco tutti quei prodotti che poi vendo ai piccoli dettaglianti. Quindi
tratto il doppio della merce ruotando il magazzino.
Queste due pubblicità sono per limitare i rischi della stagionalità: nel caso della palestra
durante l’estate e per Roadhouse invece durante i giorni infrasettimanali.

Invece, nel caso di Grisbì di Parmalat la stagionalità prevede un crollo della


domanda durante primavera-estate perché ripieno di cioccolato e crema e
quindi inaugura una campagna in cui fa ragionare sul fatto che il biscotto si possa
conservare anche in frigo convincendo i distributori a mettere questi biscotti sia
nel reparto accanto ai Ringo e sia nel banco frigo secondo la ventilazione
espositiva perché possa intercettare domande differenti lavorando
nell’esposizione del punto vendita, sulla campagna pubblicitaria ma non sulle
promozioni alle vendite. Quindi hanno fatto reinterpretare il prodotto uscendo

Comunicazione d’impresa 37
dalla categoria biscotto invernale ed entrando in quella della merenda frigo stimolando anche
la vendita in un periodo diverso dalla stagionalità normale;
• riduzione dell’elasticità al prezzo: l’elasticità esprime la probabilità con la quale varia la
domanda di un servizio al variare del prezzo quindi voglio cercare di rendere la domanda più
rigida perché non risponde in maniera così reattiva al variare del prezzo, i brand di lusso
lavorano su questo concetto. Sono obiettivi di cui mi accorgo perché se ad una sfilata io
propongo prezzi più alti e comunque la domanda non varia, il fatturato è sempre lo stesso e
quindi ho raggiunto una maggiore rigidità della domanda;
• incremento del valore del cliente: uno degli obiettivi economici può essere quello di generare
maggiore profitto a parità di clienti tramite un’azione di cross (estensione del portafoglio
prodotti del brand, se compravo una borsa ora compro anche un cappello) o up selling (da
prodotto base a prodotto di fascia prezzo più alta).

Gli obiettivi economici non si raggiungono se non si lavora anche su quelli comunicazionali.

OBIETTIVI COMUNICAZIONALI: non necessariamente legati a manifestazioni economiche,


pertanto necessitano di un sistema di misurazione a parte. Nonostante gli obiettivi non comportino
una scelta dicotomica vanno suddivisi in quanto le attività e gli strumenti vanno utilizzati in maniera
distinta in base ai diversi obiettivi (principio di comunalità e contribuzione).
acquisizione di informazioni

Ci sono obiettivi comportamentali in cui io miro a raggiungere un


logico-razionali categorizzazione
comportamento nel ricevente che non si limita
OBIETTIVI COMUNICAZIONALI

emozionali memorizzazione
solo all’acquisto di un prodotto ed obiettivi non
OBIETTIVI NON
comportamentali che non vedo sotto forma di COMPORTAMENTALI ideali
soddisfazione

manifestazione economico-finanziaria né un OBIETTIVI


COMPORTAMENTALI valutativi
fiducia
comportamento nel cliente ma stimolo delle relazionali
fedeltà comportamentale e
reazioni, non visibili ma importanti. mentale

lealtà (equità, correttezza,


reciprocità)
Obiettivi non comportamentali

1. OBIETTIVI LOGICO-RAZIONALI:
• acquisizione di informazioni: il consumatore è esposto ed elabora le informazioni quindi
capisco che esiste il prodotto e ad esempio leggo il packaging per capire gli ingredienti del
prodotto o lo cerco su internet;
• categorizzare le informazioni: una volta acquisite dall’esterno devono essere ancorate a
conoscenze pregresse, ad esempio, un prodotto nuovo viene osservato e lo colloco nella

Comunicazione d’impresa 38
mia struttura mentale di riferimento. Se è un detersivo per piatti lo colloco nella mia
memoria in quella categoria e lo metto accanto allo Spic&Span e lo confronto (esempio);
• memorizzazione: è strutturato per livelli, all’apice c’è il ricordo spontaneo, essere top of
mind significa che il soggetto ha trattenuto e categorizzato bene il prodotto che se chiedo
a quel consumatore di citare dei prodotti di quella categoria lo cita (chiedo le prime cinque
marche di pasta e nomina Barilla e De Cecco ad esempio). Il ricordo aiutato invece è
posizionato ad un livello medio e si chiede di ricordare delle marche dando un indizio,
facendo vedere la confezione ecc. mentre il riconoscimento consiste nel fatto di avere uno
stimolo totale, ti faccio vedere delle marche e ti chiedo se sono della pasta (ad esempio
se nomino nomi tipo Barilla, De Cecco e Rummo uno si può ricordare che sono marche di
pasta).

Ad esempio, Bonduelle con la seguente pubblicità si parla di Cuore di Raccolto che è


una linea di prodotti in scatola d ha l’obiettivo di stimolare la vendita del prodotto e
quindi un obiettivo comportamentale ma anche all’obiettivo economico del valore del
cliente stimolando il cross-selling promuovendo anche altri legumi in scatola. L’attività
principale però è l’obiettivo di categorizzazione lottando contro lo stereotipo che il
prodotto in scatola non sia fresco e quindi surrogato del prodotto fresco.

2. OBIETTIVI DI NATURA EMOZIONALE: ad esempio il cucciolone che ha sempre delle


vignette sul prodotto per stimolare emotivamente il consumatore. Il coinvolgimento di naturale
emozionale è presente nelle comunicazioni non convenzionali quindi se sono irriverenti o
comunque innovative perché generano passa parola. L’attivazione di questo obiettivo può essere
data da coinvolgimenti edonistici quali il benessere, la curiosità, il rilassamento, il profumo ecc.
3. OBIETTIVI DI NATURA IDEALE: chiamo in causa l’idea che le persone vorrebbero trasmettere
all’esterno e quindi posso stimolare la convinzione che quel prodotto potrebbe sollecitare ed
esprimere verso l’esterno la propria identità che socialmente si vorrebbe avere.
Questa pubblicità di Converse è una tipica pubblicità d’immagine che non informa
rispetto al prodotto ma dà un’idea ovvero che questo genere di scarpa è un modo
attraverso il quale persone di tipo diverso possono esprimere la propria
personalità. Sullo sfondo una metropoli ed in primo piano due soggetti indefiniti
di età, infatti, l’idea è quella di sfuggire dalla segmentazione sociodemografica per
mostrare uno stile. Quindi, se hai uno stile di vista cosmopolita, fresco e veloce
puoi vestire sneaker ed all’interno di questa macrocategoria Converse. In questo
caso si parla quindi di cosa si voglia esternalizzare.

Comunicazione d’impresa 39
4. OBIETTIVI DI RISPOSTA VALUTATIVA: mirano a far sviluppare un atteggiamento positivo ovvero
uno stato mentale che una persona mostra verso una certa entità ed è basato su convinzioni di
carattere emozionale, razionale e comportamentale. Posso avere un atteggiamento anche se non
ho mai posseduto quel prodotto però devo avere delle conoscenze riguardo la marca. Ogni
consumatore si avvicina in modo diverso ad un prodotto in base al coinvolgimento, all’inclinazione
a giudicare il prodotto in un certo modo ecc. Ad esempio, l’acquisto dello smartphone viene
acquistato con processi differenti: bisogna prima capire il coinvolgimento verso questo prodotto
e se l’approccio sia razionale o emozionale.

Secondo la matrice ci sono persone che hanno un debole coinvolgimento ed un approccio razionale
secondo cui lo smartphone è solo uno strumento e quindi non ci spendono tanto, scegliendo solo tra
pochi parametri in base spesso al prezzo. Se devo cambiare il mio telefono con questo coinvolgimento
probabilmente acquisterò sempre la stessa marca perché non ci dedico troppa attenzione. Ci sono
altre persone invece per cui lo smartphone è uno strumento ma è fondamentale e quindi l’approccio
è razionale ma con un livello di dettaglio alto e quindi la modalità di avvicinamento al prodotto legata
all’apprendimento con un livello di informazione molto alta. Un altro gruppo di persone invece lo
sceglie per piacere edonistico e quindi dal punto di vista emotivo e quindi si misura una fortissima
fedeltà alla marca. Bisogna quindi capire il mio target a quale tabella appartenga e di conseguenza con
quale probabilità e coinvolgimento si rivolgerà al mio prodotto.

INTELLETTUALE EMOTIVO
FORTE apprendimento affettività
COINVOLGIMENTO

DEBOLE routine edonismo

5. OBIETTIVI DI RISPOSTA RELAZIONALE: bisogna conquistare la fiducia e quindi mantenere le


promesse formulate. La fedeltà in questo obiettivo non è intesa come reiterazione degli acquisti,
ma come intenzione di essere fedele e quindi la resistenza a cedere alle alternative nonostante la
convenienza. È un legame basato sulla reciprocità perché ricevo da parte del brand e quindi sono
disposto a dare e finché voglio agire in favore di un brand rimango nell’obiettivo di risposta
relazionale che poi si tradurranno in obiettivi di risposta comportamentali. È fondamentale perché
consolida il legame con un certo prodotto.

Comunicazione d’impresa 40
Obiettivi di risposta comportamentale

1. acquisto o riacquisto di prodotti/servizi: uno degli obiettivi maggiormente perseguiti;


2. raccolta di informazioni: la raccolta attiva di informazione è diversa dall’acquisizione di
informazioni con cui si elaborano le informazioni già disponibili al consumatore. In questo caso
invece le informazioni vengono raccolte attivamente perché stimolato da una attività di
comunicazione si procura personalmente ulteriori informazioni. Questo prevede che il
consumatore spenda energie e risorse per attivare la ricerca di informazioni di suo interesse e
questo testimonia un livello di interesse consistente ed informazioni per cui si ha una disposizione
positiva perché indirizzata ad ambiti definiti importanti per il consumatore. Quindi, ciò che il
consumatore trova è molto più chiaro rispetto ad una ricerca passiva in cui si ricevono una serie
di informazioni di cui solo una parte è interessante ed infine, non essendo informazioni subite,
sono accolte più positivamente;
3. passaparola: gli stimoli lanciati dalle aziende sono poi rimbalzate nella rete da parte di persone
che in modo libero, condividono e diffondono queste informazioni. Anche la recensione digitale
è un passaparola. Il passaparola ha la caratteristica fondamentale della vividness ovvero essere
vivido, ha la capacità di trasferire percezioni molto precise ed accolte con attenzione da parte del
ricevente. Il passaparola è vivido perché ha diverse strategie comunicative, infatti per costruire
un messaggio vivido si può seguire la strada della concretezza (elementi concreti che posso
visualizzare precisamente, ad esempio se voglio stimolare comportamenti pro-ambiente mi parla
precisamente della foresta amazzonica e di quanti alberi sono stati tagliati e di che cosa comporti
e produca in termine di minore ossigeno prodotto ecc.) oppure avere un linguaggio emozionale,
descrivere un problema vicino spazialmente e temporalmente ai consumatori (ad esempio se
fosse stata dimostrata una correlazione tra la diffusione del Covid e l’inquinamento allora una
pubblicità che ci avvicini al rispetto dell’ambiente per evitare la diffusione del virus allora sarebbe
molto vivido come messaggio). Il passaparola è interessante anche perché non è originato
dall’impresa ma da altri consumatori e quindi è ritenuto più credibile perché disinteressato, infatti
se una recensione è troppo positiva si diffida della fonte in quanto si pensa che sia l’erogatore
stesso in modo mascherato e quindi non ci fidiamo. Infatti, il passaparola ha la caratteristica della
spontaneità e neutralità della fonte che generano credibilità e vividness;
4. stimolare partecipazione ad altre iniziative: posso usare una pagina pubblicitaria per partecipare
ad un evento iniziativa particolare;
5. rilascio di informazioni personali: i dati vengono forniti volontariamente e gratuitamente dalle
persone ho raggiunto un obiettivo altamente desiderabile. Ci sono tantissime forme di raccolta
informazioni anche se richiedo una fidelity card, se partecipo ad un evento, se mi iscrivo ad una

Comunicazione d’impresa 41
pagina Facebook ecc. Il rilascio di informazioni ci permette di disporre di dati da fonte primaria
cioè realizzate e raccolte solo per noi ed a nostra disposizione;
6. espressione di un giudizio: compiere l’azione di far sapere un proprio giudizio, ad esempio, la
valutazione e può anche essere reso pubblico trasformandosi in passa parola;

Un modo di rispettare il termine della chiarezza, della non invadenza verso i consumatori che
comprano un prodotto solo per il loro utilizzo e per stimolare una risposta di tipo comportamentale è
il qr code apposto, ad esempio, sulle bottiglie di vino con cui si dà la possibilità al consumatore di
informarsi ulteriormente sulla sua provenienza ed azienda vitivinicola e questa è una ricerca attiva di
informazioni perché solo chi è realmente interessato lo scannizzerà. Il qr code è sempre un obiettivo
di natura comportamentale.

Nella pagina Amazon ci sono più obiettivi di tipo


comportamentale: ad esempio il contatto
dell’assistenza clienti, la promozione (riduzione di
prezzo), consigliare via mail il prodotto (attivare il
passaparola e fornire dati al sistema perché viene
inviata via mail) e la wishlist.

I ristoranti stimolano il passaparola in diversi modi. Nella seguente pagina di TripAdvisor


uno dei componenti più importanti è “Leggi cosa dicono di noi” e rilasciare una recensione
ottenendo una recensione.

Sulle Heineken invece viene esaltato il fatto di essere sponsor della Champions League e
quindi promuove la partecipazione ad un concorso con cui si può vincere un biglietto e
questo è un tipico rimando ad altre iniziative.

è una pagina pubblicitaria riferita all’area economico-finanziarie perché si rivolge ai


nuovi azionisti a cui espoe il suo progetto in ambito economico e quindi di
auemntare il capitale, non ci parla di prodotti quindi non può essere
commerciale/di marketing. BPER dedica la sua pubblicità parlando solo di
una cosa, con un unico obiettivo sta rispettando il principio di contribuzione
(pagina pubblicitaria che contribuisce in modo particolare rispetto alle altre
inserrendosi in un sistema di comunicazioe più incentrato su prodotti e
servizi, con un obiettivo specifico) e della chiarezza (non riempio il ricevente
di stimoli perché un soggetto limitato razionalmente e quindi sono parsimonioso e
metto poche informazioni).

Comunicazione d’impresa 42
Obiettivo: comportamentale, di cui passaparola e non relazionale perché non c’è riferimento alla
relazione tra l’azienda ed il soggetto che riceve l’invito a parlare bene.

Obiettivo: di natura comportamentale e ricerca attiva di informazioni. Quando finisci il rotolo lo puoi
leggere e scoprire che esiste un sito e quindi l’utente può ricercare altre
informazioni. La confezione del prodotto è sempre un supporto, in questo caso
questa era una parte inutile del prodotto che è stato trasformato in attività di
comunicazione e permette all’azienda di perseguire il carattere della coerenza:
sulla confezione non c’è nessun riferimento al sito internet, perché è un
informazione che è predisposta in un altro supporto.

L’obiettivo: anche in questo caso è comportamentale per adesione ad altre iniziative

Nella pubblicità di Borbonese invece si promuove lo stile di chi veste Borbonese e quindi
l’obiettivo è ideale e logico-razionale, in particolare di memorizzazione (l’importanza del
logo molto visibile e texture particolare di Borbonese che è in tutti i suoi prodotti) ed
infine aumento del valore del cliente tramite cross-selling.

LEZIONE 15 LA SEGUO DAL MINUTO 40 CIRCA QUANDO STO STUDIANDO. CIAO.

I SEI BLOCCHI DI COSTRUZIONE DELLA CUSTOMER -BASED BRAND EQUITY


(KELLER)

Keller definisce la customer-based brand equity è definito come un effetto differenziale che produce
la marca nel consumatore a parità di tutte le altre caratteristiche e programmi di marketing. Se
paragono due prodotti che utilizzano le stesse leve del marketing mix, quello che caratterizza una
diversa reazione di un prodotto rispetto all’altra è una cosa che non riuscirei a spiegare se non con
l’effetto della marca. Per poter creare un buon valore della marca si devono compiere vari step e la
piramide si può leggere sia con un’ottica verticale che orizzontale. Nel primo caso si definisce dall’alto
al basso un interesse crescente del consumatore, quindi alla base il consumatore non è molto
interessato, fino ad arrivare alla punta n cui si ottengono delle reazioni più intense perché ho costruito
più valore. Su tanti soggetti riesco ad ottenere un buon livello alla base, ma in pochi li porto all’apice
ed è per questo che è a forma di piramide, ma non posso creare la punta se non ho una base solida.

Comunicazione d’impresa 43
Nell’ottica con cui si legge la piramide secondo l’emisfero destro e sinistro si giudica la parte sinistra
come quella razionale con cui si giudica un servizio, mentre la parte destra è quella emotiva. Anche in
questo caso ci fa capire che non si può fare a meno di nessuna delle due parti e quindi bisogna
coniugare i diversi obiettivi per stimolare entrambe le parti.

1. il primo step dell’IDENTITÀ risponde alla domanda “ci sei?” e quindi cerca di capire se la marca
sia presente nella mente del consumatore e risponde all’obiettivo logico-razionale di
memorizzazione del prodotto/servizio;
2. al livello successivo non si chieda solo di riconoscere che il prodotto esista ma anche di
associare dei SIGNIFICATI e quindi bisogna agganciare delle caratteristiche fisico-tecniche di
performance ed un’idea di soggetto che lo utilizza e questo corrisponde all’obiettivo ideale
che crea un link tra il prodotto e le caratteristiche di vita del consumatore. Quindi la domanda
a cui bisogna rispondere è “cosa sei?” ed in questo momento comincio a raccogliere
informazioni. In questo step ci sono obiettivi: logico razionali di categorizzazione ed obiettivi
ideali;
3. il coinvolgimento è maggiore perché il consumatorie deve REAGIRE alle informazioni ricevute
obiettivi valutativi. Keller dice che la domanda è “cosa sei per me?” e quindi cosa produce in
me quello che ho saputo di te e può attivarmi la sfera razionale stimolandomi giudizi (obiettivi
comunicazionali non comportamentali di natura valutativa), oppure mi stimola delle
sensazioni (comunicazionale non comportamentale di natura emotiva);
4. con qualcuno arrivo a generare una RELAZIONE, l’ultima domanda è “cosa posso fare per te?”.

Non è detto che io riesca ad ottenere questi obiettivi su tutte le persone perché il risultato non è mai
garantito nonostante io progetti con cura il messaggio da veicolare scegliendo strumenti diversi per
obiettivi diversi. Ci sono dei fattori che operano ostacolando il raggiungimento dell’obiettivo e quindi
la mia efficacia. I fattori possono essere individuali o situazionali ed incidono sull’esito della mi attività
di comunicazione, i primi sono quelli che fanno sì che lo stesso sistema di comunicazione non abbia lo
stesso esito su tutti i soggetti. Quindi ad esempio il significato e l’identità possono essere uguali ma le
reazioni diverse, quindi i fattori individuali fanno sì che ci sia un’estrema varianza nell’esito della stessa

Comunicazione d’impresa 44
attività di comunicazione da individuo ad individuo. Quelli situazionali invece spiegano perché ci siano
diverse reazioni nello stesso soggetto alla stessa attività di comunicazione in circostanze diverse, per
esempio, posso visitare lo stesso punto vendita da solo o in coppia e quindi l’esperienza è diversa.

I fattori individuali:

• struttura dei bisogni diversa;


• gusti e preferenze: entro in un punto vendita ed aldilà dei bisogni in quel momento, posso
essere disturbato da colori e musica;
• sistema di valori: non è facile capire quali siano le informazioni prioritarie per le persone, può
essere che la conoscenza della storia dell’azienda sia un valore importante, altri invece
ritengono importante l’ecosostenibilità ecc.;
• attenzione e selettività personali: le persone hanno a priori attenzione verso determinati
servizi, posso essere particolarmente attenta alla categoria delle automobili ecc.

I fattori situazionali:

• influenze gruppo sociale di riferimento: se vedo una pubblicità che vedevo da piccola al
pomeriggio e mi commuovo mentre se la vedo alla sera e qualcuno espone la sua opinione
allora integro la mia idea con quella di latri e quindi la mia reazione può essere diversa;
• insieme dei media utilizzati: messaggio inviato tramite più strumenti e quindi la persona valuta
la pubblicità in modo diverso, ad esempio se è troppo persistente ed a tutte le ore mi annoia;
• contesto di marketing: attività di comunicazione dei competitors, un’iniziativa di viral
marketing può catturare la mia attenzione, ma se poi mi accorgo che lo stesso espediente è
utilizzato da molte altre aziende allora diventa negativo. Ad esempio, Nutella e Coca Cola
avevano cominciato a personalizzare il packaging a poca distanza di tempo e chi sveva provato
per primo la personalizzazione sarà rimasto sorpreso, mentre appena si scopriva che anche
l’altra azienda permetteva la personalizzazione allora cominciavo ad avere una brutta
percezione dell’azienda che avevo scoperto per seconda poter modificare il packaging.

6. GLI STEP DEL PIANO DI COMUNICAZIONE


I passaggi fondamentali:
1. definizione degli obiettivi: se non definisco gli obiettivi non so cosa misuro alla fine. Gli
obiettivi possono essere economici o comunicazionali tra cui comportamentali e non;
2. quantificazione del budget: le imprese spesso non si soffermano o l’affrontano in malo modo
e ci sono diversi metodi:

Comunicazione d’impresa 45
• metodo dell’importo disponibile: è un metodo residuale perché l’impresa affronta gli
investimenti prioritari partendo dal totale della cifra disponibile e terminati gli
investimenti e ciò che rimane viene destinato alla comunicazione- questo metodo non
attribuisce alla comunicazione d’impresa la giusta importanza. Metodo altamente
rischioso ma molto utilizzato;
• metodo degli obiettivi e dei compiti: metodo che si dovrebbe utilizzare perché parte
dagli obiettivi e ci si chiede quali strumenti servirebbero. È il metodo più appropriato;
• metodo della percentuale delle vendite: metodo che contiene diversi errori sia dal
punto di vista procedurale che concettuale. Nel secondo caso perché l’investimento
in comunicazione non è un premio o una sanzione rispetto a quello che sono riuscito
ad ottenere nei mesi passati e quindi è sbagliato perché retroattivo. Inoltre, è
sbagliato perché è basato su un fraintendimento perché visto come un risultato del
passato e non una leva per il futuro ed anche perché non tiene conto delle variazioni
delle circostanze quindi delle variazioni dei prezzi delle attività di comunicazione nel
tempo né del comportamento dei competitors. In questo metodo c’è solo un principio
auto riferito, retrospettivo e non guarda il futuro, non tiene conto delle circostanze
né degli obiettivi. Però purtroppo è uno dei metodi più utilizzati. Secondo il grafico
l’attività di comunicazione va di pari passo con il PIL e quindi, con un anno di ritardo,
reagisco ad un trend che non dipende dalla mia capacità di arrivare a certi obiettivi.
Metodo altamente rischioso ma molto utilizzato;
• metodo della parità concorrenziale: supera i limiti dei metodi sopra citati perché tiene
conto dei competitors e guarda il futuro ma ha il difetto che non traduce in obiettivi
e compiti. È il metodo più contestualizzato perché guarda ai competitors.
È basato su due indicatori: SOW (share of voice) e SOM (share of market) quindi ho la
quota di mercato e la quota di voce ovvero quanto sono visibile rispetto ai
compertitors o meglio quanto spendo in percentuale tra tutti gli investimenti in
comunicazione in quel settore. Questo metodo ammette tre possibili parità:
a) parità autentica (attività di comunicazione in parallelo con i miei risultati
rispetto al mercato in cui sono inserito, quindi quanto più sono leader più
dovrò investire. Se ho il 10% di quota di mercato devo investire il 10%). ;
b) azienda emergente con quota di mercato emergente che vuole visibilità
maggiore rispetto alla quota di mercato per poter apparire di più rispetto ai
competitors;

Comunicazione d’impresa 46
c) impresa si accontenta della share of voice più bassa rispetto alla share of
market ed adotto questa tecnica quando adotto una quota di mercato di cui
sono fiero e ritengo non sia importante ribadire la mia presenza su quel
mercato, quindi posso permettermi di avere una share of voice inferiore
rispetto alla share of market. Questo metodo non parla di obiettivi e non
traduce la share of voice in attività concrete;
3. identificazione del target di riferimento: non bisogna limitarsi solo alla segmentazione
socio. Demografica ma anche a quella psico-grafica (stile di vita della grande mappa di
sinottica che risponde a delle logiche molto profonde);
4. identificazione del messaggio: la marca può essere presentata come prodotto,
organizzazione, persona o simbolo;
5. pianificazione del mix comunicativo: ho a disposizione tutti gli strumenti e so che devo
utilizzarli in modo integrato e non posso immaginare che tutti gli obiettivi siano abbinati
a tutti gli strumenti e quindi devo lavorare con il principio di comunalità e contribuzione;
6. verifica dei risultati: una parte del budget la devo lasciare per misurare i risultati e li devo
misurare perché non tutti gli obiettivi sono visibili e posso usare metodi quantitativi
(restituiscono il risultato sotto forma di numero e sono quindi inequivocabili) o qualitativi
(prevedono restituzione di parole come brainstorming e sono più ampi rispetto a ridurre
tutto ad un numero, però le parole possono essere interpretate in modo più equivocabile
rispetto ai numeri. È più estensivo ma si presta a diverse interpretazioni e quindi può
essere letto alla luce delle attese o dei desideri di chi sta realizzando le indagini). Entrambi
i metodi possono essere basati su fonti primarie o secondarie: secondarie sono dati che
posso recuperare agevolmente ma che non nascono precisamente per l’obiettivo che
avevo, ad esempio, faccio analisi su istituti di credito e se voglio posso acquistare i risultati
di quest’indagine, quindi il vantaggio è che sono disponibili in modo rapido ed a cifre
contenute perché probabilmente i risultati saranno condivisi con altri istituti di credito.
Con i dati secondari non rispondo precisamente agli obiettivi che mi ero prefissata, mentre
con i dati primari ho la positività del fatto che i dati siano riferiti a quali risultati ho ottenuto
dalla mia attività di comunicazione perché sono riservati in quanto gli ho fatti raccogliere
io e quindi li condivido con chi voglio e di conseguenza precisamente pertinenti rispetto a
quello che mi attendevo di conoscere. Per questi motivi richiedono costi e tempi ben più
lunghi. L’analista interno all’azienda deve decidere come misurare, quindi se ricorrere a
dati primari o secondari e con quali metodi qualitativi o quantitativi come misurare e

Comunicazione d’impresa 47
registrare i dati ottenuti e tutto ciò è da pensare con l’intervento di fattori personali e
situazionali che potrebbero sballare ciò che è stato perfettamente misurato.

Lezione 18 la guardo quando studio

7. L’IMMAGINE COORDINATA

L’immagine coordinata parte dalla scelta del nome dell’azienda e deve essere estensibile e quindi
comprensibile anche a livello internazionale. È composta da il marchio dell’impresa, il simbolo
distintivo di un’azienda o produttore che tutela legalmente l’impresa. Differisce dalla marca che invece
è il risultato di tutta l’attività di comunicazione e sono tutti i pensieri che i consumatori fanno. Il
marchio a sua volta è comporto da:

• il naming: il nome dell’impresa (Nike);


• il simbolo/icona (swosh di Nike);
• payoff: frase che accompagna stabilmente il marchio;
• claim pubblicitario: frase che accompagna le attività pubblicitarie.

Il marchio è reso facilmente riconoscibile apponendolo su tutti i supporti dell’impresa, per esempio
l’edificio dell’azienda, che normalmente esisterebbe già e comunque serve, lo personalizzo facendolo
diventare supporto (es. metto lo swosh della Nike su un edificio). Accanto agli stabilimenti ci sono la
divisa, le macchine, le fatture, i documenti di trasporto ecc. che possono diventare tutti supporti per
diffondere il marchio.

Bisogna scegliere:

• il colore perché diventa distintivo della marca (le aziende utilizzano un pantone, ovvero una
combinazione di colori per la carta e per il video perché si vedono in modo diverso e viene
depositato dalle aziende). Scegliere il colore si tratta di differenziarsi rispetto agli altri, ad
esempio Milka che sceglie il lilla per il cioccolato mentre il colore più intuitivo sarebbe il
marrone;
• il carattere: a volte viene registrato anche il font, per proteggerlo legalmente;
• il simbolo: non ci posso mettere tutto quello che voglio, devo fare delle scelte ed è utile per
esprimere:
a) il posizionamento rispetto ai concorrenti: TIM (Telecom Italia Mobile)
inizialmente aveva il seguente logo e nasceva da Telecom, la compagnia
monopolista in Italia per la telefonia fissa e si presentava come prima compagnia mobile.
Con il nome Tim voleva richiamare la parentela con Telecom e darsi una veste

Comunicazione d’impresa 48
istituzionale, conserva i colori di Telecom ed il tema delle onde di SIP (compagnia
precedente a Telecom). Il rosso e blu sono colori istituzionali perché usati spesso nelle
bandiere, nei comuni e quindi faccio riferimento al fatto che quell’operatore si ponga ad
un livello alto e legittimato a livello istituzionale. Tim era l’unica a servire telefonia mobile
finchè nasce Omnitel che però aveva copertura ridotta che si presenta con scritta e colori
completamente diversi. Omnitel utilizza il verde che richiama il verde del dollaro e quindi
l’idea della convenienza e la brillantezza del colore richiama il fatto di
essere una compagnia neonata e di nicchia. La terza compagnia a nascere
è la Wind che si contrappone a TIM anche se la W sembra la M rovesciata di TIM, vengono
riproposte le onde ma in maniera svecchiata perché più fluide ed anche i colori sono simili:
il blu ed il rosso sono diventati azzurro ed arancione, simbolo di contrasto con
TIM. WIND si posiziona in attacco frontale con TIM.
Anche Coca Cola e Pepsi hanno una storia: il carattere sinusoidale riconosciuto
a CC in realtà apparteneva a Pepsi Cola mentre Coca Cola aveva inizialmente una scritta
stampatello. Anche il colore rosso accomuna le due marche e questo scontro va avanti
fino al 1950 in cui Pepsi Cola modifica in modo molto consistente il logo in quanto affianca
al rosso, simile a coca Cola, anche il blu ed il bianco. Coca Cola e Pepsi Cola si sono fatte la
guerra finché non sono arrivate ad un punto in cui si sono spartite il mercato definendo
ognuna le proprie leve e quindi, tutt’ora, chi serve Coca Cola non serve anche Pepsi Cola
(KFC serve Pepsi, mentre Mc Donald serve Coca Cola). Una volt che si sono divise il
mercato anche la loro immagine è cambiata, però questo è stato un passaggio molto
graduale (dal 1900 al 2000). Secondo il principio della coerenza intertemporale tutte le
modifiche sono state graduali nel
tempo ed è stato un percorso
terminato (ad oggi) con Pepsi
Cola che fa abranding ovvero
toglie il nome dal logo.
Quando io parlo di
posizionamento rispetto ai
competitors può riferirsi sia al
fatto che io voglia avvicinarmi,
ma anche allontanarmi da loro,
ad esempio Powerade a Gatorade hanno nomi simili e questo è per cercare di far
memorizzare ai consumatori quali prodotti io venda.

Comunicazione d’impresa 49
b) il segmento target: Rolex inserisce una corona nel logo, pur non occupandosi di corone e
quindi rimanda all’idea di esclusività. Non vengono identificati i prodotti che si vengono
ma si denotano le caratteristiche di esclusività, upper-class, esclusività ecc. Oppure
Trussardi che identifica il levriero con il foulard, che è un cane scelto da poche persone
perché essenziale ed elegante e quindi Trussardi vuole rimandare allo stile (obbiettivo
ideale, identifico con il logo lo stile di vita). Polo Ralph Lauren invece evoca uno stile più
sportivo e casual ma legato allo stile di uno sport esclusivo;
c) la categoria del prodotto: Ariston è un caso interessante perché
all’inizio era composto solo da lettering nato dai nomi dei
fondatori. Ariston decide poi di usare un simbolo in cui si vede
una casa tracciata con un filo da una parte con alimentazione a metano e dall’altro lato
con una presa elettrica. Quindi, in questo modo, chiarisce la sua
categoria di prodotto ed è stato molto importante per Ariston perché
quando si è lanciata nel mercato internazionale si è fatta subito
riconoscere. Barilla invece aveva inizialmente un logo in cui c’era solo
una forma ovoidale che rappresentava il piatto e quando ha inserito
anche la pasta all’uovo ha inserito anche qualcosa che rappresentasse
il tuorlo dell’uovo. Questo logo poi è stato rimodulato perché oggi si
occupa di tanto altro. Sundek invece si occupa di prodotti legati alla
vita all’aria aperta ed al mare e quindi al sole. Un altro logo è Michelin,
contraddistinto dall’omino, che è stato sempre più attualizzato
e rimanda all’idea di Michelin. In tutti questi casi non c’è
riferimento ai prodotti oppure ai competitors;
d) i benefici del prodotto: espressione dei bisogni che posso
soddisfare, ad esempio Gatorade con un lampo sotto il quale ci sono parole che
richiamano il conetto di energia e con questo logo non fa riferimento ad una tipologia di
prodotto ma che tramite i prodotto di Gatorade riesco ad avere prestazioni migliori. Far
riferimento ai bisogni che riesco a soddisfare è molto lungimirante perché evito il
problema di gabbia funzionale in cui ad esempio Michelin è solo pneumatico e se
avvenisse un ampliamento del portafoglio prodotti sarebbe difficile da capire. Quindi,
Gatorade non è solo bottiglia ma ha le strade aperte anche per produrre barrette ecc.
Maserati non fa riferimento ad un automobile ma utilizza nel logo il tridente di Nettuno
che esprime la regalità del re dei mari e la forza, quindi che non è per tutti, non si fa
riferimento alla categoria di prodotti che produce allo stesso di Ferrari, Puma e Vitasnella.

Comunicazione d’impresa 50
Quest’ultima nasce come acqua per favorire la diuresi e poi diventa prodotti da forno,
crackers, barrette ecc. ma tutti i prodotti sono pensati per mantenere sotto controllo il
peso e quindi migliorare l’aspetto estetico e questo è il filo conduttore;
e) la modalità di impiego del prodotto: quindi come utilizzare il prodotto. Dash ha la forma
grafica ed un simbolo che fa riferimento alla centrifuga della lavatrice, nonostante fosse
nato per produrre prodotti per lavare a mano e quindi ha aggiunto la centrifuga. Un altro
esempio è 4 salti in padella, una linea di surgelati che spiega come va utilizzato: in padella
e facendo fare quattro salti, quindi in pochissimi minuti. È importante sottolineare il fatto
che ci voglia pochissimo tempo perché fino a quel tempo si produceva cose che andavano
cotte e quindi ci si metteva tanto perché andavano in microonde. Quindi, 4 salti in padella
è una linea di Findus che si vuole differenziare dalle altre per il solo uso della padella.
Anche il prodotto snack and drink in cui ci sono i grissini, il thè e la nutella mi dà
l’indicazione precisa di come si utilizzi e che io possa bere e mangiare insieme;
f) gli elementi di differenziazione: caratteristiche distintive come:
▪ il paese d’origine attribuisce un valore più alto alla marca, ad esempio, Gucci è un
cognome italiano e fa pensare all’alta sartoria ed è molto importante sottolinearlo,
infatti all’estero ci sono tante aziende con cognomi italiani che ricordano l’italian
sounding che conferiscono valori aggiunti al marchio. Quando queste aziende
vengono acquisite da aziende internazionali non cambiano nomi. Un altro esempio è
Swatch che determina la categoria di prodotto “watch” e dalla s e dalla bandiera che
richiamano la Svizzera. Rolex non mette riferimento all’orologio mentre Swatch sì
perché le iniziative di comunicazione sono valutate sulla base che siano adatte o meno
per la precisa azienda, ad esempio il dépliant di Lidl ha un aspetto ed una carta povero.
Swatch è nato come un orologio di plastica che costava tanto e quindi ha fatto
riferimento al paese d’origine, la Svizzera, che conferiva giustificazione per il prezzo
elevato;
▪ la tradizione è un’altra caratteristica utilizzata ad esempio da De Cecco che utilizza
come payoff la data di fondazione “dal 1886” ed inoltre fa riferimento all’italianità ed
al grano;
▪ artigianalità dell’Olio Carli che in realtà è un prodotto industriale, ma veniva venduto
solo tramite vendite telefoniche come se fosse il frantoio dei Fratelli Carli;

Comunicazione d’impresa 51
g) i rapporti tra marche del brand portfolio: parentela tra marche che appartengono alla
stessa azienda, ad esempio, Nestlé e Nescafé ce lo fanno capire tramite la N allungata,
inoltre Nescafé identifica anche la categoria di prodotto. Nestlé ha avuto una forte crisi e
boicottaggio verso di lei perché si era ritenuto che volontariamente avesse inviato latte in
polvere a paesi in via di sviluppo contribuendo al convincimento di dare latte in polvere
anziché materno ai bambini dicendo che il latte era scadente. Nestlè, infatti, utilizza un
riferimento esplicito tramite il lettering in prodotti che non hanno a che fare con l’infanzia,
mentre in altri prodotti come Nesquik o Nidina (latte in polvere) usa un edit e lettering
distante da Nestlé.

7.1.1 L’IMMAGINE COORDINATA NEL TEMPO

Svelto è una marca che, nel nome, fa riferimento a come questo


prodotto sia in grado di soddisfare un esigenza ovvero di essere
svelto in ciò che promette. Svelto sin dall’inizio sceglie il verde
brillante che fa riferimento al limone verde che ha capacità
sgrassante e la confezione è spesso accompagnata anche dal
bicchiere scintillante che indica il beneficio del prodotto. Il
colore verde diventa un elemento distinguibile per Svelto dato
che lo usa anche nel packaging e quindi si fa comunalità perché
si rinforza questo elemento in più supporti. Il portafoglio prodotto di Svelto si è ampliato e quindi
l’elemento di differenziazione che era il limone verde viene a mancare perché subentrano altre
formulazioni come l’aceto ed anche la modalità d0suo cambia, da sapone per i piatti a prodotto per
lavastoviglie dove non c’è più la caratteristica dell’utilizzo a mano però non posso far venire a meno il
principio di coerenza e quindi le confezioni sono diverse, ma non devono tradire gli elementi essenziali.
Quindi, la scritta Svelto rimane verde, l’icona del limone verde viene sostituita con la scritta aceta e
viene dato molto più spazio al bicchiere scintillante senza la mano perché il prodotto è per
lavastoviglie. Le confezioni sono organizzate in termini di spazio, quando ci sono gli elementi quali il
limone verde viene posto in primo piano, quando non c’è è sostituito dalla scritta aceto. Per garantire
coerenza intertemporale devo stabilire delle gabbie grafiche e quindi dei dimensionamenti nelle
confezioni che anche se manca il limone verde, le persone capiscono che sono appartenenti alla stessa
famiglia di prodotti. Tutto questo si riesce ad avere con un controllo di tutti gli spazi e dimensioni.

Anni fa Svelto decide di diventare anche detersivo per i pavimenti e quindi di entrare in nuova
categoria merceologica, se Svelto si fosse dato un naming più attinente al suo primo utilizzo e quindi

Comunicazione d’impresa 52
al lavaggio dei piatti, avrebbe avuto molta più difficoltà ad entrare in una nuova categoria
merceologica ed ampliare il portafoglio prodotti.

7.1.2 La coerenza di visual identity nel tempo

Il logo può subire modifiche nel tempo ma devono essere graduali, il logo di Maserati è cambiato dal
1926 fino al 50 ma quello di oggi è molto simile a quello del 1950 e comunque è sempre stato legato
al tridente di Nettuno. Quindi, il logo è stato modificato sensibilmente nei primi anni ma poi è solo
stato accurato a livello estetico negli anni.

È importante essere coerenti nei diversi supporti perché i prodotti siano riconducibili tutti alla stessa
marca, ad esempio, Maserati nei diversi supporti quali cartello vetrina, banner pubblicitario e pagina
pubblicitaria utilizza con rigore l’immagine coordinata in modo da ricondurre tutti i supporti alla stessa
casa madre. Nelle due pagine pubblicitarie c’è un attenzione maniacale alle dimensioni: entrambe le
pagine pubblicitarie sono costituite con il logo in alto a
sinistra, il prodotto e la linea del prodotto ed in basso c’è
sempre un dettaglio dell’interno con relativa descrizione
con lo stesso font e sfondo. Sono queste attenzioni che
fanno sì che le attività dell’impresa si rafforzino e siano
efficaci nella memorizzazione. Quando utilizzo la leva
dell’identità visiva io riesco ad amplificare la visibilità di
questo brand.

La marca di dentifricio Colgate ha dato vita ad una serie di sottomarche quale Whitening senza mai
tradire l’identità visiva quindi il rosso ed il font. Nel caso di Nivea, diventa distintivo anche il packaging
blu di latta. Ci sono alcuni servizi per cui è importante curare l’immagine coordinata perché è
scarsamente differenziabile il prodotto che vendono e quindi ad esempio Agip è distinguibile per il
drago con la fiamma che esprime l’idea di energia. Nei contesti in cui il prodotto ha uno stigma
negativo, come la benzina, che si origina dal petrolio che è un energia non rinnovabile è più facile che
non si faccia riferimento al prodotto, ad esempio Q8 non fa nessun riferimento al prodotto che vende.
Solo le imprese nate da poco aggiungono “oil” vicino al marchio perché il consumatore deve
riconoscerle.

Comunicazione d’impresa 53
Un altro logo interessante è Banca Intesa che inizialmente aveva solo la scritta, avendo la scritta Banca
all’interno era perfettamente riconoscibile, però i colori arcobaleno non era molto adatto soprattutto
ai tempi perché la comunicazione degli istituti bancari era prevalentemente scritta ed in bianco e nero.
Quindi successivamente decide di aggiungere i Portici vicino al nome rendendo più riconoscibile il
proprio logo e quindi declinabile anche in bianco e nero rendendosi duttile e adattabile alle situazioni.

Apple invece presenta la mela morsicata poiché il morso si identifica con la parola bite, l’unita di
misura in ambito informatico. Nei primi anni il logo non era così essenziali, la mela era sempre
morsicata ma era a fasce colorate e quindi prorompente dal punto di vista visivo. La scelta era
opportuno che all’inizio fosse appariscente e con tanti colori perché il posizionamento era quello di
essere un prodotto di nicchia ed indirizzato a persone che si occupavano di grafica, ecco perché erano
pertinenti le scelte ai tempi. Mentre, oggi, ha deciso di entrare nel segmento business ed universitario
e quindi il logo era troppo vivace ed invadente e l’ha modificato rendendo più tridimensionale e soft
la mela mangiata, arrivando alla mela morsicata di oggi.

Ogni azienda dovrebbe avere un manuale di immagine coordinata, Fischer è stata la


prima nell’ambito della ferramenta a capire di lavorare sulla preferenza di marca. Il
marchio completo è composto dal marchio, la parola-immagine ed il payoff tutto con lo
stesso lettering e con i colori descritti con il numero del pantone. Inoltre, vengono
descritte le dimensioni in base alle quali combinare payoff, naming e parola-immagine,
ad esempio su un supporto molto piccolo devo sapere quando posso conservare tutti
gli elementi o rinunciare ad altri. Dopodiché c’è la rassegna dei supporti previsti: la
modulistica è la carta intestata e si indica la gabbia grafica in cui si inserisce il logo e le
dimensioni in cui inserire le cose. La stessa cosa succede per le buste, i fax, i biglietti da
visita ecc.

Comunicazione d’impresa 54
COMUNICAZIONE D’IMPRESA II

1. LA COMUNICAZIONE NEL PUNTO VENDITA

1.1 Le promozioni alle vendite

Sono una forma di vantaggio limitate nel tempo e nello spazio dedicate ad un acquirente. Il vantaggio
è sempre legato alla vendita di un prodotto perché ne vogliono stimolare la vendita e possono essere
di prezzo o non di prezzo. Ci deve essere una condizione eccezionale per avviare le promozioni e quindi
iniziative limitate a certe fasce orare o per un certo territorio. I tre elementi principali sono quindi:

• legame alle vendite;


• limitate nel tempo o nello spazio;
• vantaggio per il ricevente.

Il vantaggio, in base alla natura, può essere:

• di prezzo: costo per ogni unità e quindi il sacrificio monetario dell’acquirente è ridotto (es. se
ho sempre pagato un pacchetto di biscotti 3€ ed ora lo pago 2€, vuol dire che ogni biscotto io
lo pago meno);
• non di prezzo: abbinamento di prodotti (es. insieme ad un pacco di pasta, per bundling, mi
regalano un sugo). Non riduce il sacrificio economico per ogni unità di misura ma mi permette
di avere qualcosa in più come regali, prodotti complementari o esperienze come estrazioni di
viaggi;

Vantaggio sulla base del vantaggio temporale che vale sia per le promozioni di prezzo che non:

• immediato: la persona ottiene il vantaggio in modo contemporaneo all’acquisto;


• differito: vantaggio successivo all’acquisto del prodotto.

Ad esempio: se io ottengo uno sconto su una scatola di biscotti è una promozione di prezzo con
vantaggio immediato, mentre se la promozione fosse sulla prossima confezione di biscotti che
acquisto allora l’acquisto è differito.

Ci sono promozioni rivolte non agli acquirenti ma al trade (intermediari) e sono ad esempio gli sconti
canvaas, promozioni di prezzo riservate a catene di distribuzione che si accollano i costi e rischi di
ricevere prodotti molto in anticipo così da permettere alle aziende di produrre partite di merci
vendute ai piccoli dettaglianti. Queste promozioni non è detto che verranno riversate sui consumatori,
spesso si ferma al trade, altre volte viene trasferita a cascata sui consumatori. Solitamente le
promozioni che si vogliono rivolgere all’acquirente sono scritte sulla confezione, altre volte invece non
si capisce se le promozioni sono generate dal trade o dall’industria. Anche le promozioni del trade e
dell’industria possono essere di prezzo, non di prezzo, a vantaggio differito o immediato.

Inizialmente le aziende si preoccupavano solo di vedere e studiare gli effetti delle promozioni durante
il periodo di promozione, ma in realtà ci sono molti effetti che le precedono e le succedono. Le
promozioni sono anticipate dall’effetto di anticipazione in cui si annuncia la promozione e quindi le
persone rinunciano ad acquistare il prodotto. Successivamente ci sono effetti positivi quali:

• l’effetto prova che è una domanda completamente nuova e quindi avvicino dei clienti che non
avevano mai acquistato né il mio prodotto né concorrenti (es. in promozione ci sono i cereali

COMUNICAZIONE D’IMPRESA II 1
ed attraggo persone che non facevano colazione con i cereali e se rimangono soddisfatti
acquisteranno sempre la mia marca perché conoscono solo questa);
• l’effetto di sostituzione che favorisce lo switch da una marca all’altra ma poi si deve studiare
se lo switch è dato solo dalla promozione o se poi rimangono fedeli.

I due effetti negativi del periodo della promozione invece sono:

• l’effetto della cannibalizzazione della gamma secondo cui l’effetto di sostituzione


potrebbe essere stato da una marca appartenente alla mia stessa azienda e quindi ho
spostato acquirenti da una marca all’altra (es. Mulino Bianco mette in offerta gli abbracci
e porta via i clienti a Pan di Stelle). Spostare i clienti da una marca all’altra vuol dire portare
via clienti che acquistavano un prodotto a prezzo pieno e trasferirli ad un prodotto a
prezzo inferiore perché promozionato e poi ho sbilanciato gli equilibri tra diversi prodotti
di una stessa azienda;
• l’effetto del trasferimento interno secondo cui si vende prodotti promozionati a clienti
che comunque l’avrebbero pagato anche a prezzo pieno ed inoltre, durante le promozioni,
hanno acquistato molti più prodotti rispetto a quanto avrebbero acquistato
normalmente.

Nel periodo successivo alle vendite avviene invece l’effetto di depressione, secondo il quale i clienti
non acquistano più perché hanno usufruito delle promozioni. Finito questo effetto si attiva l’effetto di
rimanenza con cui le vendite che hanno raggiunto vendite molto alte si deprimono e poi stabilizzano
ad un livello più alto rispetto quello precedente alla promozione.

Quindi i risultati vanno studiati in un arco temporale ampio.

Ci sono degli effetti negativi di medio-lungo periodo:

1. banalizzazione dell’immagine di marca: ci sono prodotti che non vengono mai messi in
promozione perché si presuppone che siano sempre desiderabili, quindi un prodotto in
promozione riduce il suo valore perché la promozione rende più accessibile i prodotti. Per
evitare la banalizzazione dei prodotti di marca si ricorrono agli outlet in cui l’anno successivo
vengono messi i prodotti vecchi;
2. spirale promozionale: effetto che si riverbera su tutto il contesto e non solo sull’azienda. Più
crescono le attività di promozioni, più il consumatore alzerà il livello oltre il quale scatterà la
sua sensibilità per iniziative promozionali. Quindi, si genera un abitudine del consumatore alle
promozioni e quindi per poter superare quel filtro di attenzione e considerazione selettiva la
promozione deve essere sempre più costosa per l’impresa. La prima settimana dei saldi di fine
stagione sono bassissimi e di settimana in settimana si alzeranno per far si che le persone
sviluppino un profilo per cui non si espongono e non abbiano sensibilità al di sotto di una soglia
molto consistente. Più si agisce verso promozioni eccezionali, più diventano non eccezione e
generano aspettative che si alzano sempre di più e questo è un effetto sistemico che non
colpisce solo ad esempio Poltrone e Sofà che fa promozioni ogni settimana ma anche tutti gli
altri produttori di divani;
3. sviluppo di comportamenti speculativi: nel tempo le promozioni continue e ricorrente
generano profili di persone che si comportano in modo proteso alle promozioni, quindi non si

COMUNICAZIONE D’IMPRESA II 2
sviluppa fedeltà alla marca. Quindi sono soggetti transitori nel mio portafoglio prodotti che mi
sballeranno anche le statistiche;
4. difficoltà di confronto tra i prezzi: le attività promozionali di prezzo creano un eccezione
all’interno di una categoria di prodotto che fa sì che venga messa in discussione il paradigma
qualità-prezzo e quindi la capacità segnaletica di prezzo. Spesso si pensa che il prodotto che
costa di più abbia la qualità migliore, quindi se io trovassi prodotti top di gamma a pochissimo
non capisco più quanto sia congruo spendere per quel prodotto (es. se con il Black Friday trovo
un televisore a 200€ piuttosto che 500€ fa sì che un televisore che prima ritenevo di qualità
medio alta oggi mi sembra improponibile perché con 500€ posso acquistare il top di gamma.
La stessa cosa è successa con la telefonia, se io avessi dovuto acquistare l’IPhone 12 avrei
dovuto spendere 1200€, oggi però lo posso acquistare a rate e con un ricavo per la permuta
del mio vecchio allora mi sembra assurdo costare l’11 che me ne costa 700€. La stessa cosa è
successa quando le compagnie telefoniche mi hanno associato le offerte telefoniche al
telefono perché questo ha leso gli obiettivi di natura valutativa).

Ciò che io scelgo di promuovere, come decido di apparire e soprattutto cosa decido essere il vantaggio
per il consumatore sono aspetti istituzionali. Se un’agenzia mi offe un viaggio in un oasi ecologica sta
incorporando un aspetto istituzionale all’interno delle promozioni. Tramite le promozioni le aziende
cercano anche di differenziarsi ad esempio Conad tempo fa decide di regalare carte di puffi, mentre
Conad regala carte di animali in via di estinzione, Esselunga invece carte regalate alla possibilità di
scaricare musica gratis e quindi indirizzandosi ad un target diverso. Quindi, lo stesso strumento di
regalare promozioni di prezzo immediato viene declinato in maniera diversa e stimolando obiettivi
valutativi e ideali differenti.

1.2 Il packaging

Inizialmente era visto solo come una confezione, ma in realtà entra a far parte del communication mix
in quanto può aiutare a raggiungere gli obiettivi economici comunicazionali. Ad esempio, Nutella è

COMUNICAZIONE D’IMPRESA II 3
proposta anche nella modalità snack and drink per risolvere la stagionalità del prodotto per venderlo
anche nel periodo estivo, in cui quel prodotto non sarebbe utilizzato.

Il packaging può avere tre diverse funzioni comunicative:

1. valore ideale: può attrarre un certo idealtipo di persone e favorire un riconoscimento


immediato del profilo di persone che voglio attrarre ad esempio il packaging biodegradabile
che stimola ad avvicinarsi le persone che hanno una sensibilità verso la tematica. Anche i
prodotti di lusso hanno un packaging particolarmente prezioso tramite limited edition ecc.;
2. valore referenziale: il packaging fornisce delle informazioni obbligatorie per legge o fornite
dall’impresa come l’apporto calorico ecc. che l’azienda vuol far sapere al consumatore e lo
smaltimento della confezione;
3. valore ludico: attiva semplicemente delle emozioni e quindi si parla di un packaging che mi
sorprende come il packaging del Cucciolone che riporta delle barzellette. Il valore ludico non
è sempre associato al valore ideale, possono non essere presenti entrambi.

Spesso il packaging stimola la partecipazione ad altre iniziative, ad


esempio, la confezione dell’ovetto Kinder: stimola ad acquistare tre
ovetti al posto che uno solo e quindi di attivare un obiettivo di
carattere economico ed uno ideale molto forte per le fatine perché
volto ad attrarre le bambine rispetto ai bambini. Nel facing del
prodotto (facciata anteriore) che il consumatore vede anche se non
si ripone troppa attenzione, deve conservare il principio della
chiarezza e quindi ha una valore referenziale perché viene scritto
l’apporto calorico per ogni ovetto. Sempre secondo il principio della
chiarezza tutti i dettagli sono posti ai lati.

Aspetto referenziale: ad alta digeribilità e senza lattosio sono riposti


sul facing. Al lato si trovano invece i dettagli e le
informazioni riguardo lo smaltimento. Il fatto
che sia fatto con latte di origine italiana può
essere un aspetto referenziale logico-razionale
ma anche un aspetto ideale in quanto le persone
esprimano il patriottismo verso la propria
nazione preferendo produttori e materie prime
del proprio paese.

Il facing privilegia i valori referenziali e gli


obiettivi logico-razionali infatti dice che è
latte di riso specificando il tipo di latte e
quello del riso e successivamente ci danno
le informazioni di carattere nutrizionale. Il
packaging favorisce anche la funzione di
memorizzazione, infatti la marca Alpro è
in evidenza. Su un lato si stimola un
obiettivo di natura ideale perché,
nonostante il latte di riso sia un prodotto
vegano, lo si sottolinea apponendoci il
marchio del vegan. Nel lato opposto
invece si stimola aspetto istituzionale

COMUNICAZIONE D’IMPRESA II 4
perché spiega come disciplina le relazioni con i coltivatori e quindi usare questo prodotto significa
provare enjoy rispetto al potere delle piante e di fare del bene. Quindi le aree sono quelle istituzionale
e di marketing perché da una parte ha la finalità di attrarre il consumatore e quindi di essere venduta,
dall’altra dice qualcosa dell’azienda stessa in sé. Quindi stimola il carattere ideale, valutativo rispetto
all’impresa e comportamentali di ricerca attiva di altre informazioni. L’ultima facciata invece propone
di utilizzare questo prodotto in un modo alternativo e quindi che si può bere anche fresco.

Il ruolo strategico del packaging:

• disposizione favorevole: i consumatori lo vedono come uno strumento utile che si può anche
maneggiare solamente per avere informazioni e quindi è ben visto perché non invasivo e non
tanto invasivo come la newsletter quindi l’impresa riesce a raggiungere il consumatore più
facilmente;
• pervasività: possibilità di generare contatti in quanto ci sono tantissime occasioni in cui il
consumatore entra in contatto con il packaging (es. quando vado al supermercato vedo un
sacco di confezioni e ci sono esposta anche se non mi avvicino o se non sono interessata a
quel prodotto);
• permanenza: il packaging è uno stimolo presente per molto tempo anche oltre la vita utile del
prodotto (es. ho comprato una crema che non ho mai messo ma la tengo in bagno e quindi mi
lancia stimoli dal giorno in cui l’ho comprata). La permanenza può anche essere data dalle
confezioni limited edition e quindi che sono conservate o collezionate;
• ruolo di amplificatore per altre iniziative di comunicazione: prodotto sponsor di un altro, ad
esempio Heineken sponsorizza la Champions League;
• famigliarità di brand della stessa azienda: prodotti separati in termini di branding che
durante alcuni periodi, come quello natalizio, vengono invece accorpati rimandando
all’architettura di marca secondo cui i tre prodotti appartengono alla stessa azienda (es. Mon
Cheri, Ferrero Rocher e Pocket Coffee) promuovendo quindi il cross selling.
1.3 Il punto vendita

Oggi è definito un touch point ovvero un posto in cui l’impresa può avere delle interazioni dirette con
il consumatore e quindi stimolare qualsiasi comportamento. Essendo troppo riduttivo il termine Point
Of Sale POS è passato da Point Of Purchase POP che comunque rimaneva troppo riduttivo perché non
sempre i consumatori vanno nei punti vendita per acquistare ma solo per un esperienza, infatti, in
tanti lo definiscono Point Of Experience POE.

• corner: zone all’interno di un punto vendita che vengono scelte dalle imprese in modo
temporaneo o stabile per proporre dei prodotti a cui posso mettere della forza vendita
dedicato. Il vantaggio è quindi quello di beneficiare di un’attrattività/affluenza data dal fatto
che il punto vendita sia plurimarca e quello di non avere dei costi fissi ed un impegno
importante come quelle marche che decidono di avere un punto vendita monomarca. Il corner
vuole essere un tentativo di recuperare la capacità di controllo. Un esempio è la Rinascente;
• flagship store: interamente dedicato al mondo di una marca e quindi totalmente dedicato ad
una marca e gestito dalla stessa azienda per esprimere al massimo gli ideali ed obiettivi di
quella marca. Un esempio è un punto vendita in Via Montenapoleone in cui l’obiettivo non è
solo vendere;
• outlet: possono essere singoli di un’azienda o un parco commerciale (Fidenza Village) e si
propongono prodotti a condizioni vantaggiose che però devono essere prodotti di collezioni
precedenti ed ha il vantaggio di salvaguardare il valore e l’immagine di marca nonostante

COMUNICAZIONE D’IMPRESA II 5
possa proporre prodotti a prezzi molto bassi, attraendo però clienti limitrofi al target più
diffuso che però non è il mio target;
• temporary shop: shop temporanei affittati da una certa azienda ed allestiti solo in un
determinato periodo (es. negozio in centro a Reggio, Tiffany vende sempre attraverso
Rinascente ma di solito a Milano allestisce anche Temporary Shop una volta anche in Duomo
fatto a forma di pacco regalo). Quindi, il vantaggio è il contatto con i clienti in un periodo molto
denso di persone, ma può essere usato anche per testare diversi posti e quindi apro in diverse
città o per testare il formato (superficie che mi serve, come esporre i prodotti ecc.) quindi
posso concludere un contratto temporaneo;
• concept store: raramente monomarca perché la caratteristica che accomuna tutti i prodotti è
il rivolgersi allo stesso target e quindi ha una caratterizzazione ideale molto precisa (es. punto
vendita dedicato all’alpinismo ad alta quota di marche diverse ma anche della stessa marca).
1.4 Come realizzare ambiente di vendita funzionale agli obiettivi di comunicazione

Il modello teorico è del 1992 e presentato da Joe Bitner ed è il servicescape ovvero l’ambiente in cui
vengono erogati i servizi. Il modello sostiene che i 3 elementi utili a qualificare un punto vendita sono:

1. condizioni ambientali: elementi percepiti con organi di senso quali profumi, temperatura,
colori ecc. ed hanno la caratteristica di essere un fattore igienico, fattori che se sono assenti
producono profonda insoddisfazione ma se ci sono non sono molto notati (se l’odore era
fastidioso lo sento, se il profumo è normale non è un dettaglio che aggiungerei ad una
descrizione);
2. layout merceologico: comprende la distribuzione delle aree nel punto vendita e quindi come
vengono dislocati i reparti all’interno del punto vendita che possono essere a griglia o a
isole/libero. Il layout condiziona l’esperienza del consumatore, l’autogrill ha uno pseudo
monopolio perché se mi serve una cosa urgente devo per forza andare in quell’autogrill e
quindi loro possono permettersi di farmi passare per tutte le corsie con una quantità enorme
di beni che in realtà a me non servono. Anche l’Ikea ragiona nello stesso modo, mentre se mi
trovassi nel centro della città non ci sarà mai un punto vendita del genere ma troverò layout
a isole in cui sono libero di muovermi e sperimentare. Il display merceologico si intende la
quantità e qualità di spazio dedicata ad ogni marca e prodotto e quindi tutte le scelte dedicate
al fatto che una marca sia all’altezza degli occhi o dei piedi, oppure il fatto che io scelga di
disporre i prodotti per marca o per categoria merceologica (es. nel reparto della pasta ce le
ho divise per marca, mentre nel reparto delle merendine non ho sempre tutto Kinder, tutto
Mulino Bianco ecc. ma è possibile che io trovi prima quelle al cioccolato, poi vegan ecc.). La
diversa suddivisione delle marche suscita esperienze, categorizzazione logico razionali e
reazioni differenti;
3. segni e simboli: tutto ciò che produce la vestizione del punto vendita e quindi elementi
accessori come l’indicazione sopra la corsia dei prodotti in corsia al supermercato, la
segnaletica per terra ecc.
4. elementi di ambienti esterno → estensione del modello

il modello della Bitner dice che spetta all’azienda decidere tutti questi elementi e gli esiti possono
essere: emozionali in quanto possono provocare pleasure (soggettivo), arousal (attivazione di continui
stimoli, non mi faccia mai annoiare quindi con modifiche perenni dei prodotti, innovazione importata
dai punti vendita di fast fashion quali Zara, Stradivarius ecc. in cui ogni settimana troviamo prodotti
nuovi), dominance è il livello di controllo (es. all’Autogrill sono controllato perché costretto a fare tutti
il giro, mentre controllo io l’esperienza quando sono libero di guardare e provare ciò che voglio).
Questo stato emozionale produce esiti di carattere comportamentale quali passaparola, acquisto dei

COMUNICAZIONE D’IMPRESA II 6
prodotti, interazione sul punto vendita, sperimentazione dei prodotti e permanenza nel punto vendita
in quanto se rimango a lungo sono più soggetta a stimoli ed un punto vendita con tante persone invita
le persone all’esterno ad entrarci. Quindi, gestendo le tre leve di condizioni ambientali, layout
merceologico e segni e simboli si ottengono esiti emozionali, comportamentale e logico razionali in
quanto categorizziamo un punto vendita adatto o meno adatto a noi.

AMBIENTE E CONTESTO

ELEMENTI AMBIENTE
ESTERNO:

- zone della città;

- aspetto dell’edificio;

- presenza di altri negozi; STATI EMOZIONALI

- aspetto altri negozi; - pleasure;


- arousal;
CONDIZIONI AMBIENTALI MODERATORI
- dominance.
- colori;
- intenzione;
- temperatura; - pressione di tempo;
- familiarità;
- musica; - tratti di personalità
- qualità dell’aria dell’individuo;
- fattori situazionali;
LAYOUT MERCEOLOGICO - esperienze pregresse
- disposizione di provare
-distribuzione zone di COMPORTAMENTALI
esposizione; emozioni;
- disposizione all’attenzione.
AVVICINAMENTO VS
- modo di esposizione prodotti;
ALLONTANAMENTO
- possibilità di provare i
- acquisto;
prodotti;
- interazione;
- potersi muovere liberamente; - esplorazione;
- sperimentazione;
- varietà di prodotti
- permanenza.
SEGNI E SIMBOLI

-insegna;

- distribuzione punti di
informazione;

- materiale informativo;

- cartelloni.

È stata fatta una ricerca in cui si è confrontato un pinto vendita Apple in un centro commerciale a
Bologna ed un punto vendita in un quartiere non monomarca di una dimensione simile. Si nota che

COMUNICAZIONE D’IMPRESA II 7
la luce è diffusa, la disposizione sempre uguale, la musica non è mai troppo forte infatti, infatti in un
resell a Modena è stato fatto un controsoffitto per nascondere un affresco perché doveva adattarsi a
tutti gli altri punti vendita. Il layout è diviso in reparti in cui è a isole a cui si può accedere
liberamente, ed altri prodotti invece che sono interamente esposti a parete. A fronte di queste
scelte così simili si è studiato se è vero che gestire in modo così maniacale queste leve produca
sempre gli stessi risultati.

Quello che cambia è il filtro situazionale: perché sei entrato nel punto vendita, nel centro commerciale
molti vanno appositamente mentre nel centro storico molti vanno perché stanno facendo un giro.

Le ragioni per cui si entra: le % dell’acquisto dimostrano che


un punto vendita non è meramente un luogo di acquisto in
cui si va per comprare. Infatti, è molto conosciuto il
fenomeno dello show rooming per cui si provano i prodotti
nel punto vendita e poi comprarli online perché disponibile
a prezzi più vantaggiosi. Questa però è una problematica
per molti punti vendita perché poi gli acquisti confluiscono
su altri canali, infatti alcuni punti vendita nel centro vendita
fanno pagare le prove dei prodotti. Quindi le aziende che si
affidano solo ai dati economici rischiano di sottovalutare
molti strumenti di comunicazione.

Riguardo il tempo di impiego rivela invece che si sta meno di 15


minuti all’interno del punto vendita ma nonostante questo si
vede, per quanto riguarda le condizioni ambientali e attraverso
dei grafici radar, che molti punteggi sono attorno al 2% sia per i
punti vendita del centro commerciale, sia per quelli nel centro
storico.

COMUNICAZIONE D’IMPRESA II 8
Per quanto riguarda il layout merceologico ci sono punteggi
superiori al 4 e quindi significa che sono punti che hanno colpito
particolarmente, ma questi numeri, nonostante siano un po'
diversi non lo sono statisticamente.

Anche per quanto riguarda i segni e simboli i risultati tra centro


città e commerciale sono uguali.

COMUNICAZIONE D’IMPRESA II 9
Piramide riassuntiva in cui sostiene che i punti vendita, anche
solo con una prima visita e in meno di 15 minuti è stato in
grado di stimolare e generare la stessa stimolazione dal punto
di vista emozionale.

Ciò che cambia sono i riflessi comportamentali in quanto i


clienti si sono recati nel punto vendita per motivi diversi.

Questa analisi è utile a dire che se gestisco in modo coerente


e progettato un certo punto vendita riesco a renderlo una
leva di comunicazione efficace e coerente rispetto alle altre
leve della comunicazione. Quindi ogni volta che entrerò in un
punto vendita Apple acquisirò informazioni per accumulo
rispetto a quanto ho acquisito in precedenza.

2. LE PUBBLICHE RELAZIONI

Le PR sono un ambito d’azione della comunicazione d’impresa che comprende una serie di possibili
strumenti, sono un box del communication mix dove c’è una serie di strumenti di tipo diverso. la
caratteristica che accomuna tutti questi strumenti è di avere una connotazione molto forte di tipo
relazionale. Quindi nella maggior parte dei casi prevedono una componente interpersonale e
relazionale molto forte, fanno parte delle PR le relazioni con i media per esempio. Fanno parte delle
PR anche le manifestazioni fieristiche (argomento molto importante per le imprese), ma anche
sponsorizzazioni e testimonial.

Quindi nelle PR come già detto fanno parte anche le manifestazioni fieristiche; sono accomunate dal
fatto che sono attività spesso dedicata a uno scopo di robustezza cioè quando devo condurre
un’azione per cui allo steso tempo comunico con vari pubblici di riferimento: in fiera ad esempio
incontro clienti attuali per cui ho una visione commerciale, logico-razionale, valutativo: faccio
apprezzare quel che propongo, presento qualcosa rispetto ai competitors, a un cliente
prospettico/potenziale presento per primo la mia azienda, ti dico se è un’azienda
Italiana/storica/50anni di storia/specializzati in questo prodotto/cura del dettaglio... poi vado a
presentare i prodotti in una panoramica completa ma sintetica dei miei prodotti (cerco di fare cross
selling presentando anche prodotti che sono continuativi); clienti storici sono quelli che conoscono già
tutto della mia azienda e probabilmente la nuova collezione è anche frutto loro, verso di loro curo la
relazione e le emozioni. In fiera possono anche cercare nuovi creativi per ricerca e sviluppo, nuovi
fornitori, nuovi soggetti per forza vendita o intermediari (distributore in un determinato paese); in
fiera incontro anche i concorrenti, è proprio l’occasione in cui i concorrenti si fronteggiano
apertamente. La fiera è anche un’ottima occasione anche per l’analisi dei risultati: le fiere sono
un’attività di comunicazione rispetto alle quali si sottostimano i risultati. “Quanti ordini avete preso in
fiera?” — Obiettivo comportamentale di breve periodo, si crede di andare in fiera per ottenere ordini.
Così non è, posso essere andato in fiera anche solo per gestire le varie relazioni o per trovare altri
collaboratori. Andare in fiera è anche per obiettivo logico razionale di ricategorizzazione: in fiera
dedico uno spazio con video che mostra le altre utilità del mio prodotto. Sono quindi un insieme di
attività che vogliono formare, sensibilizzare, coinvolgere diversi pubblici riferiti l’impresa

Le Pubbliche relazioni sono un insieme di attività articolate eterogenee che vogliono formare,
sensibilizzare coinvolgere stimolare diversi pubblici riferiti all’impresa. Il compito essenziale delle
pubbliche relazioni è la gestione proattiva dei sistemi relazionali con i pubblici di riferimento e sono
attività che possono avere forme diverse. Gli ambiti delle pubbliche relazioni sono:

COMUNICAZIONE D’IMPRESA II 10
• la società dell’informazione: ovvero cercando di suscitare l’interesse dei media, sfruttandoli
come intermediari per portare all’interesse pubblico un certo argomento caro all’impresa
(comunicazione istituzionale), riuscendo anche per farsi pubblicità senza pagare pagine
pubblicitarie (comunicazione di mktg);
• la società economica: fiere ecc., tutti i possibili interlocutori con i quali l’azienda intrattiene
relazioni di carattere economico (concorrenti, fornitori clienti ecc.) si aggiunge anche la
comunicazione finanziaria attuata per informare i soggetti terzi;
• la società politica: strumento per pubblic affairs in qualsiasi forma su qualsiasi approccio,
prevalentemente su quegli approcci che prevedono un intraprendenza d’azione da parte
dell’impresa, approcci proattivo e interattivo;
• la comunità intera: l’opinione pubblica/opinion leader/gatekeeper attraverso cui voglio far
sapere che l’impresa c’è.

Quindi le pubbliche relazioni si adattano a diversi ambiti e si possono occupare quindi di ogni tipo di
comunicazione quali istituzionali ecc. e si pongono in una via di mezzo tra le promozioni above e below
the line. Infatti, se la pubblicità e le promozioni sono one way perché non dà la possibilità di risposta
da parte del ricevente e non aprono no la strada ad un dialogo, le pubbliche relazioni prevedono una
buona relazione, ad esempio con un evento riesco a mettermi in contatto con diversi pubblici di
riferimento (many to many). Per le PR la ricchezza di feedback che l’impresa raggiunge è ampia in
termini di riscontri ed è più efficiente dal punto di vista delle tempistiche perché ho interazioni
sincrone. Il pubblico di riferimento è molto più ampio per le PR perché promozioni e pubblicità usano
l’attività caratteristica dell’impresa e ne descrivono le caratteristiche dell’output e quindi indirizzate o
ai clienti intermedi o a quelli finali, mentre, le PR sono robuste e quindi parlano a tanti e vari pubblici
di riferimento rendendole uno strumento prezioso nel communication mix. La classica dicotomia è
che la pubblicità è pull e quindi attrae e porta i consumatori ad avvicinarsi all’impresa, le promozioni
lavorano con uno scopo push per vendere il prodotto concludendo un atto di vendita. Rispetto a
questa dicotomia le PR sono vicine alla pubblicità perché vogliono attrarre tutti i pubblici di interesse
esercitando una capacità di portare gli acquirenti ad approfondire le informazioni. Infatti, nelle PR ci
sono le relazioni con la stampa per ottenere visibilità e nei redazionali in cui viene descritta l’attività
dell’impresa vogliono incuriosire e portare a sensibilizzare i pubblici di riferimento. In termini
temporali, le promozioni vogliono ottenere un riscontro di breve periodo, al contrario delle pubblicità
che lavorano sul lungo periodo, questo perché le promozioni in termini di effetti vogliono portare ad
un effetto di carattere comportamentale, mentre le pubblicità vogliono lavorano sul posizionamento
e sull’awareness del brand. Invece, le PR lavorano sulla credibilità e la reputazione perché non si
concentrano solo su promesse di prestazione di un prodotto dell’azienda ma c’è più un principio di
veridicità di ciò che l’impresa sostiene. Quindi le PR si occupano anche della responsabilità sociale
dell’impresa (attenzione all’ambiente ed al sociale) e quindi entra in gioco la credibilità che è un
giudizio individuale e la sua proiezione che forma la reputazione. Quindi le PR sono importanti a
contribuzione di pubblicità e promozioni.

COMUNICAZIONE D’IMPRESA II 11
2.1 Le modalità adottate:

• di carattere interpersonale: interazione diretta tra persone (fiera);


• d comunicazione mediata soprattutto dalla forma scritta (cartella stampa: raccolta di
materiale distribuito agli organi di stampa che si propongono da divulgatori). Possono avere
obiettivi di carattere:
a. informativo e quindi fornire solamente informazioni;
b. descrittivo: descrivo cosa accade (es. azienda che racconta come affronta il momento
coronavirus);
c. argomentativo: motivazione delle scelte/prendere posizione su un certo tema;
d. regolativa: appartiene a realtà che hanno capacità di incidere sui comportamenti e quindi la
comunicazione vuole arrivare a produrre effetti diretti in termini di comportamenti (es.
attività che espone un opportunità di acquisto da parte di un’azienda che are la porta alla
raccolta di altri capitali).
2.2 Gli strumenti utilizzati
1. Relazione con i media
2. Eventi di comunicazione
3. Mecenatismo
4. Sponsorship
5. Patrocinato
6. Pubblicazioni editoriali

Relazioni con i media: attività fatta dagli uffici stampa e possono essere

• gratuite (spontanee);
• a pagamento a volte è evidente che siano a pagamento, altre volte
no. Es. se il quotidiano parla di un nuovo ristorante in una città con
intervista al fondatore e storia di come il progetto è nato, non sono
mai sicura se quell’articolo sia a pagamento e chi sia il mandante ecc.
come invece accade nelle pubblicità;
• forme ibride quali il redazionale che è una forma di promozione di un
certo prodotto o servizio che appare come un gesto spontaneo da
parte di una testata giornalistica (es. apro giornale, 10 idee regalo per
Natale, suggerimento di vari prodotti) che appare quasi come un consiglio da parte dei
giornalisti. Questi non sono pubblicità e non sono pagati in relazione allo spazio occupato,
possono essere spontanei da parte dell’editore e quindi essere gratuite, oppure possono
essere parzialmente a pagamento perché non posso pagare quello spazio però posso avere
COMUNICAZIONE D’IMPRESA II 12
un gentleman agreement per cui posso ottenere uno spazio redazionale se sono un’azienda
che faccio regolarmente pubblicità in quella rivista fare. Questi spazi appaiono vividi perché
mettono a fuoco le caratteristiche fondamentali di quel prodotto, perché quel regalo
potrebbe sorprendere e per quale tipo di target è indirizzato ed hanno le caratteristiche del
passaparola qualificato perché non proviene da un consumatore ma da una rivista di moda.

Quindi non è sempre facile distinguere le pubblicazioni a pagamento da quelle gratuite. Come fa
un’azienda ad entrare negli editoriali?

1. Bisogna organizzare una cartella stampa che un’azienda organizza per raccogliere il materiale
utile a chi volesse scrivere di lei e quindi organizzo una serie di informazioni quali scheda
tecnica del prodotto, aneddoto, prezzo di listino, storia della nascita del prodotto ed una serie
di elementi utili al giornale che viole parlare del prodotto. La cartella stampa deve essere
pronta all’uso e quindi se il giornalista dovesse essere indeciso a parlare di noi, avendo a
disposizione del materiale chiaro ed efficace può fare un taglia e cuci veloce:
a. ci permette di raggiungere più facilmente e in tempo reale dei giornalisti anche lontani;
b. permette ai giornalisti di avere del materiale semilavorato già pronto, spesso fa un copia
e incolla quindi quando si invia deve essere pensato già con un registro linguistico utile ad
essere immediatamente spendibile per un redazionale.
2. Oltre ad essere ben organizzata deve essere inviata alle persone giuste e quindi c’è bisogno di
una media list: lista di persone all’interno delle riviste a cui inviare le informazioni e quindi le
attività dell’ufficio stampa sono indirizzate a persone esterne all’impresa perché specializzate
in un certo settore (es. mi riferisco ad un agenzia che fa da ufficio stampa specializzata in un
settore preciso che hanno contatti diretti nell’ambito che mi riguarda, contatti che alimenta
con le PR).

Quando si vuole incontrare i mass media:

3. Conferenza stampa: flusso bidirezionale o one to many in cui c’è possibilità di risposta, ad
esempio, quelle di Conte in cui proclama il contenuto del nuovo dpcm e lascia spazio alla fine
alle domande dei giornalisti.
4. Comunicato stampa: ha un flusso unidirezionale di carattere interpersonale perché prevede
l’incontro da le persone come il comunicato stampa del Ministro Speranza che indica il colore
delle regioni o il Dirigente che esonera l’allenatore. La persona esprime ed informa qualcosa,
senza possibilità di interazione e può avvenire in modo scritto oppure di persona.
5. Rassegna stampa: repository/archivio di tutto ciò che è apparso sulla stampa in relazione a
quell’azienda, quindi, possono essere raccolte pagine pubblicitarie ma anche interviste
rilasciate ecc.

Eventi di comunicazione: manifestazioni pubbliche in cui le persone si incontrano spontaneamente


nella quale si riesce a gestire la valenza relazionale delle attività di comunicazione. Le manifestazioni
pubbliche possono essere convention, meeting, fiere, open-day in cui posso incontrare partners,
dealers, consumatori ecc.

Molte aziende si occupano di mecenatismo elargendo somme di denaro per scopo di sostegno di cause
di interesse generale, l’azienda compie solo il gesto di dedicare dei fondi ad una causa a cui non è
coinvolta (es. azienda dà soldi per acquistare ambulanze) e prevede minor coinvolgimento e minor
pubblicità in termini di immagine. Le attività di patronage o sponsorizzazione sono pi+ coerenti con
l’attività dell’organizzazione: la sponsorizzazione è rivolta ad una persona/attività e prevede che ci sia
un supporto finanziario, organizzativo (al posto che darti denaro ti aiuto nello svolgimento di una certa

COMUNICAZIONE D’IMPRESA II 13
attività) oppure tecnico (ti do dei macchinari) e quindi la sponsorizzazione è legata al fatto di legare
l’immagine. La differenza con il patronage è che l’attività della sponsorizzazione esiste a prescindere,
mentre con il patronage si costruisce un evento a propria immagine che deve matchare
perfettamente. Quindi ciò che distingue mecenatismo, sponsorizzazione e patronage sono gli
obiettivi: filantropico, abbinamento dell’immagine, creare perfetta corrispondenza d’immagine, il
coinvolgimento e la gestione di cui rispettivamente: semplicemente do, contribuisco alla gestione
dell’evento, mi occupo io di tutto.

Quindi esistono 3 gradi di eventi speciali. il brand è collegato comunque ad un'identità ad un soggetto,
ciò che cambia è il grado di coinvolgimento:

• mecenatismo (minor grado di coinvolgimento): ovvero è un elargizione di denaro a puro


scopo di sostegno di cause di interesse generale (filantropico, ambientale ecc.), non si vuole
avere un legame solido e stabile d’immagine con l’entità a favore del quale viene elargita la
cifra. Il gesto filantropico diventa attività di comunicazione nel momento assume comunque
una valenza comunicativa per l’impresa, anche se poco prevedibile e speciale (come il caso di
Pupa che elargisce soldi a Emergency, svolge attività di CRM Cause Related Marketing, cioè
attività di marketing legate ad una causa benefica);
• sponsorizzazione (grado di coinvolgimento crescente), in questo caso l’organizzazione dà
un supporto finanziario, organizzativo e/o tecnico-professionale ad
un’attività/entità/persona, con lo scopo preciso di abbinarla alla propria immagine, ha un
orizzonte temporale più lungo del mecenatismo, è stabile. A seconda dell’ambito in cui
l’impresa agisce la sponsorizzazione può essere:
a) tecnica ○ sportiva;
b) culturale;
c) sociale

A differenza del patronage l’evento sponsorizzato esisterebbe lo stesso anche senza sponsorizzazione
dell’impresa.

• Patronage (grado di coinvolgimento elevato) l’impresa supporta o favorisce un’idea, un


progetto, un’iniziativa, attraverso diverse forme di coinvolgimento basate sulla condivisione
di tipo valoriale, senza il supporto del progetto il progetto non ci sarebbe, per il resto è uguale
alla sponsorizzazione. L’impresa è il promotore dell’iniziativa è l’unico fattore discriminante.
Per l’impresa il patronage è un vestito cucito addosso, quindi il progetto deve riflettere
perfettamente i valori e le credenze dell’impresa, di cui si assume una piena responsabilità.
Certe volte eventi diventano emblematici per queste imprese, vedi Heineken Jammin' Festival.

Scegliere la sponsorizzazione ed il testimonial deve essere fatto sulla base di una differenziazione e di
un fit:

a. di categoria: se produco abbigliamento sportivo allora scelgo uno sportivo quale la Pellegrini
per i costumi dell’Arena. Il testimonial funge da autorità epistemica e quindi da esperto che
mi dà un consiglio, se poi le prestazioni del testimonial non saranno più all’altezza anche la
qualità ne risentirà;
b. di performance: è un fit di posizionamento, ad esempio se la mia azienda si posiziona in un
segmento medio posso scegliere un testimonial dello stesso segmento ma di una categoria
opposta, se faccio dentifricio scelgo un attore. Quindi il testimonial deve esprimere la medietà
in cui mi posiziono;

COMUNICAZIONE D’IMPRESA II 14
c. d’immagine: somiglianza per altri caratteri quali culturale, di paese d’origine.

Pupa utilizza questa pagina pubblicitaria per fare un accenno alle PR dicendo che devolve
parte dei ricavati ad Emergency.

Nel caso di Hankook per l’Europa League si vuole legare la propria immagine
con un link d’immagine e l’Europa League comunque esistita
indipendentemente da Hankook, infatti è una sponsorizzazione perché
vuole legare la sua immagine a quella dell’Europa League ma non si occupa
di organizzarla, infatti l’E.L. esisterebbe comunque.

Nel caso della mostra la pagina pubblicitaria non è dedicata al prodotto in


primo piano perché qui il prodotto nemmeno c’è, infatti è incentrata sul
fatto che l’azienda Listone Giordano, produttrice di parquet, abbia
organizzato questa mostra d’arte. Quindi, in un’ottica di communalità, si
usa una pagina pubblicitaria per dare risalto ad un’altra attività con l’obiettivo
comportamentale di partecipare alla mostra (c’è scritta la data ma non gli orari), infatti
l’obiettivo fondamentale è quello di conferire valore aggiunto all’azienda che si è
accollata di fare la mostra. Perché, tra le tante cose ha scelto una mostra dedicata a
Michelangelo? L’eleganza può essere un elemento per il quale siano state scelte le
opere di Michelangelo, l’unicità dei pezzi di Michelangelo come l’unicità di ogni tassello
del parquet che lo diversificano dagli altri tasselli, poi c’è la resistenza al tempo e
l’italianità di Michelangelo come quella di Listone Giordano.

Azione di patronage organizzata da Rolex per cui devolve una cifra a 5 borse
di studio dedicate a ricercatori che si occupino di temi ambiziosi e rari, per esempio decide
di conferire questa cifra ad una ragazza che ha fatto una ricerca sul Buccio Rinoceronte per
salvarlo dai bracconieri.

Quindi il patronage è una cosa unica perché inventata dall’azienda, che poi in futuro però
può essere copiato infatti ci sonno degli eventi come il Festival Music Awards, ideato da TIM,
che poi però è passato di mano ad altri e quindi ha cominciato ad esistere nonostante TIM.
Anche il Heineken Jammin’ Festival è stato inventato da Heineken e può fare anche sponsorizzazioni,
infatti è stato abbinato alla Champions League.

2.3 Testimonial e Influencer

Il testimonial deve essere scelto secondo determinate caratteristiche, alcune aziende lo scelgono
secondo la notorietà ed i problemi fondamentali erano come trattenerlo nel tempo e come
controllarlo e contenere le sue attività. Controllarlo significa come si comporta in relazione agli accordi
presi con l’azienda e quindi studiare quante volte quel testimonial dà visibilità a quel brand e quindi
bisogna pensare a come vincolarlo ad usare la mia marca. Bisogna controllare anche come si comporta
nella vita privata perché spesso possono avere pendenze dal punto di vista legale o penale (es. Michael
Jackson) perché questo può ledere l’immagine della marca. Un’altra cosa da ottenere è un vincolo di
esclusività, che è molto difficile da ottenere e come contenerlo, quindi fare in modo che non metta in
ombra la mia marca e quindi pensare solamente al testimonial ma il consumatore non ricorda la
marca. Questo è un problema perché l’azienda paga il testimonial ma non sempre la notorietà ce l’ha
la marca. Inizialmente si usavano escamotage riducendo il numero di fotogrammi in una campagna
pubblicitaria in cui compariva il testimonial: ad esempio Omnitel ha ridotto la presenza di Megan Gale
che all’inizio appariva per tutta la pubblicità e successivamente solamente nel codino (ultimi secondi)
per cercare di non offuscare la marca. Un altro metodo per evitare la cannibalizzazione dell’azienda è

COMUNICAZIONE D’IMPRESA II 15
quello di spogliare il testimonial della sua veste di personaggio famoso e renderlo parte della story
telling del prodotto: ad esempio Wind ha fatto così con Aldo, Giovanni e Giacomo quando invece di
interpretare loro stessi, interpretavano delle persone oppure TIM utilizzava Totti e La De Blasi
qualificati come marito e moglie che utilizzano il prodotto. Non si può cambiare spesso il testimonial,
bisogna cercare di avere un testimonial e mantenerlo nel tempo.

Successivamente il testimonial è diventato un partner per l’azienda: ad esempio caso di Michael


Jordan che era un testimonial di Nike e semplicemente MJ faceva da testimonial all’azienda scelto per
fit di categoria e performance e dichiara di utilizzare un tipo di scarpa. Quando utilizzo un testimonial
può antropomorfizzare due aspetti: l’utilizzatore tipo di quel prodotto (se vuoi avere le mie
performance questa scarpa ti può essere d’aiuto) o identificare l’azienda (es. il dipendete di Conad
che si fa vedere aspettarlo in macchina a controllare i pomodori che non siano ammaccati e quindi
accudire più i prodotti che la propria famiglia), quindi può interpretare l’azienda o l’utilizzatore tipico.
Spesso il testimonial viene interpretato come l’utilizzatore tipico. Ma ad un certo punto MJ ha
cominciato a disegnare le scarpe per Nike e quindi cominciamo a trovare le scarpe MJ X Nike, fino ad
arrivare ad oggi in cui il logo è unicamente Jordan che diventa la marca e ciò che ha visibilità e Nike
sembra quasi una sponsorizzazione tecnica che fornisce il know how per realizzare la scarpa. Quindi
inizialmente l’azienda dovevano semplicemente ridurre la cannibalizzazione della notorietà che veniva
data al testimonial, oggi invece ci si domanda quanto il testimonial possa scegliere l’azienda e quindi
si torna al tema di chi controlla questo processo comunicativo. È il testimonial che sceglie l’azienda o
è l’azienda che si mette a sceglierlo? La stessa cosa succede con gli influencer, infatti si dice che è il
testimonial/influencer che sponsorizza l’azienda partendo da personaggi che hanno notorietà anche
inferiori rispetto a quelli che hanno comparse televisive frequenti.

Come si gestisce il testimonial nel tempo? Quando io cambio testimonial bisogna stare attenti, ad
esempio la Cuccarini ha sostituito la Carrà nella pubblicità di Scavolini che ha mantenuto lo stesso
claim, ha dovuto cambiare testimonial perché la Carrà non individuava più lo stesso segmento target
che Scavolini voleva.

Quindi, inizialmente era sufficiente che l’azienda proponesse ad un personaggio di essere testimonial
per concludere il contratto. Oggi invece, se voglio essere presente sui social network attraverso
testimonial presentati come influencer, sono assoggettata come impresa, ad un arbitrarietà di scelta
di queste figure che selezionano con cura le aziende per il grado di fit perché si parla di abbinare
l’immagine all’azienda. Quindi il processo è bottom up perché è l’influencer che sceglie l’azienda,
infatti sono nati tantissimi influencer legati all’attività sportiva perché non si può più praticare sport
per il Covid e quindi la gente segue le lezioni online. Inizialmente le lezioni erano gratuite e
continuavano ad inondarci di storie e post in cui ci faceva partecipare alla quotidianità e nel tempo
abbiamo familiarizzato con le loro abitudini e ad un certo punto gli influencer hanno avuto bisogno di
monetizzare i propri sforzi durante il lockdown ed alcuni le hanno rese classi chiuse per cui bisognava
pagare per entrare, altre figure invece hanno voluto accettare di legare la propria immagine ad
un’azienda particolare.

Quando i testimonial erano della caratura come Fiorello, Carrà ecc. avevano una credibilità basata su
un loro vissuto che tutti conoscono e che trasferiscono all’azienda. Mentre, se parliamo di personaggi
che non hanno un vissuto, notorietà nel tempo, abilità è una figura in costruzione e quindi corre il
rischio infatti cerca di legarsi ad aziende da cui trarre benefici per la propria immagine e quindi lo pago
molto meno però allo stesso tempo c’è un rischio di essere assorbito dall’azienda stessa.

COMUNICAZIONE D’IMPRESA II 16
Le lattine di Coca Cola in edizione speciale legate agli
eroi Avengers che li utilizza come testimonial (sono
personaggi che possono esistere o meno). Utilizza
questi testimonial per puntare al target di bambini e
ragazzi e quindi puntando sul fit d’immagine legato
all’idea di vigore di energia, forza e giovinezza. Quali dei
valori del packaging si trovano? Un valore ideale, perché
si attrae un certo target di riferimento perché vorrei che
la persona si riconoscesse in loro, valore di permanenza
perché è una limited edition ed anche un obiettivo di cross selling perché si fa la collezione e quindi si
comprano le lattine di tutti gli Avengers ed anche un obiettivo di ricategorizzazione perché Coca Cola
non è più solo una bibita da consumare ma può diventare un complemento d’arredo perché sono
appassionato. Se Coca Cola riesce a farmele collezionare allora ogni giorno che mi sveglio sono esposto
per mera esposizione, pervasività e ridondanza a queste confezioni. Quindi esiste un principio di
rimbalzo tra strumenti di comunicazione diversi.

3. IL DIRECT MARKETING

È un sistema di comunicazione diretto ad interagire con il target definito in modo diretto, interattivo
e personalizzato, ottenendo risposte misurabili (es. ordine, richiesta di informazioni, visitazione punti
di vendita). Quindi gli elementi distintivi sono:

1. target specifico: bisogna suddividere il target di riferimento in cluster;


2. interattività: quindi con una possibilità di riscontro da parte del ricevente che può dare
feedback/entrare nel link/collegarsi al sito/utilizzare il coupon nel punto vendita. Uno degli
elementi fondamentali del dm è registrare quali reazioni si siano generate e quindi quando mi
reco nel punto vendita mostro la mail con il coupon ecc. Quindi il flusso è bidirezionale perché
è importante avere un riscontro che non sempre è volontario (es. ricevo una mail ed il sistema
è in grado di capire se è stata aperta o scaricata e se i link sono stati cliccati);
3. misurabilità del feedback: le risposte spesso sono comportamentali (es. aderire ad iniziative
in un punto vendita, rilascio di informazioni personali, compilazione di questionari e
conclusione delle vendite);
4. varietà di strumenti utilizzati: è possibile personalizzazione del messaggio non tanto che mi
dica “Ciao Ludovica” ma che siano personalizzati ed inviati a target di persone interessate e
quindi si inviano con l’applicazione di filtri per persone interessate. Ad esempio, se a gennaio
riaprono le piste da scii ed io sono un hotel vicino a località sciistiche non è necessario che
l’hotel mandi tante mail concretamente diverse con una personalizzazione nell’incipit ma
quello che è importante è che quando arriva la mail al consumatore questo deve pensare che
questa mail sia stata fatta espressamente per lui. Quindi la newsletter dell’hotel deve
suddividersi per persone che abbiano già visitato l’hotel e persone che l’abbiano già visitato.
Quindi, per le persone che non l’hanno mai visitato c’è bisogno che l’hotel si presenti, se
invece sono un cliente occasionale è inutile descrivere tutte le caratteristiche ma bisogna
concentrarsi sulle reali novità dall’ultima volta che l’hotel è stato frequentato. Ovviamente
queste mail devono rispettare il criterio della chiarezza e quindi scegliere solamente alcune
informazioni per evitare l’over load informativo. Per i clienti abituali invece dovrò spiegare le
procedure attivate per il Covid ma comunque si fidano del mio hotel per il rapporto di fiducia
e la loro preoccupazione sarà se l’esperienza vissuta ed i benefici delle le altre volte sarà
paragonabile ad ora e quindi la newsletter sarà dedita a spiegare le soluzioni trovate per trarre
sempre gli stessi benefici. Questo significa di individuare dei cluster di persone con esigenze

COMUNICAZIONE D’IMPRESA II 17
simili tra di loro e quindi sottoinsiemi di persone con caratteristiche simili tra loro, quindi
omogenei al loro interno ed eterogenei rispetto agli altri cluster.
3.1 Perché il direct marketing è c resciuto così tanto?
• frammentazione della società: è un fenomeno per il quale è sempre più difficile tracciare un
ipotetico ciclo di vita del consumatore basandoci su dati sociodemografici. Molti anni fa, se le
aziende avessero potuto adottare strumenti di marketing diretto ed un consumatore di 50
anni fa sarebbe stato più facile perché fino a qualche decennio fa lo stile di vita delle persone
era facilmente immaginabile basandosi su sesso, età e localizzazione geografica e quindi più o
meno intorno ai 27 anni erano sposate con figli piccoli e tutto ciò comportava abitudini dal
punto di vista dei consumi e quindi era facile capire per l’hotel, la banca ecc. le strategie da
adottare per i 27enni perché più o meno tutti avevano le stesse caratteristiche in termini di
spesa e priorità ecc. Se noi provassimo a ragionare adesso un target in termini
sociodemografici, perché se pensiamo oggi ad una persona di 27 anni la sua condizione, la
possibilità di spesa ecc. sono totalmente diverse: ci sono persone che hanno famiglia, ma altri
che ancora studiano in sede o fuori sede, altri che hanno famiglia ma che ancora studiano
oppure che lavorano da tantissimo tempo con o senza famiglia propria. Quindi la
segmentazione sociodemografica non basta più e bisogna inquadrare i target secondo altri
criteri quali criteri psicografici basati sugli stili di vita che tiene conto di aspirazioni, interessi,
modo di gestire il tempo libero ecc. come, ad esempio, Sinottica che definisce 13 stili di vita.
Il marketing diretto permette di individuare le persone sulla base della segmentazione
psicografica e quindi nasce per superare i limiti dei caratteri sociodemografici;
• new media: capacità di raggiungere un target ristretto ma dislocato a livello di
posizionamento geografico e con costi molto contenuti;
• riduzione dei costi di elaborazione digitale dei dati: si possono cercare dei dati primari e
quindi solamente miei con un ricevimento/evento e si possono avere a disposizione template
e nominativi e quindi direzionare la newsletter a persone specifiche e tutto questo avviene in
portali gratuiti. Se noi scriviamo una newsletter abbiamo indirizzari nostri e non, quando
compiliamo per spedire una newsletter a volte si possono anche condividere questi indirizzari
con altre persone. Questi sistemi riescono a rilevare quando la mail è stata aperta, se è stata
aperta, quante volte è stata aperta ecc.;
• iper-competizione: competizione comunicativa perché sono sempre più aziende ad escogitare
mezzi per arrivare prima alle persone, iperselezionando i soggetti a cui è indirizzato;
• evoluzione dei consumatori: abbiamo più possibilità di raggiungerli.
3.2 La pianificazione delle attività di direct marketing

Le attività vanno pianificate con molta curare quindi bisogna:

• stabilire gli obiettivi (es. avere ulteriori recapiti, riposizionamento del prodotto/servizio);
• segmentazione: analizzando caratteristiche profonde ed ampliando confini di carattere
nazionale e quindi anche stili di vita analoghi ma in altri posti del mondo;
• costruzione/acquisizione database: basati su dati primari raccolti dall’azienda e già disponibili
con coordinate che desidero e dati secondari che sono immediatamente disponibili ma non
esclusivi perché accessibili a me ma anche ad altri;
• scelta degli strumenti: direct response advertising, direct mail, telemarketing ecc. ma
comunque c’è bisogno di una selezione accurata;
• attuazione del piano.

I risultati più voluti sono:

COMUNICAZIONE D’IMPRESA II 18
1. redemption: può essere lorda o netta. Non sempre tutti questi contatti vanno a buon fine e
quindi raggiungono il destinatario e quindi la redemption lorda tiene conto il numero di
𝑛𝑢𝑚𝑒𝑟𝑜 𝑑𝑖 𝑠𝑜𝑔𝑔𝑒𝑡𝑡𝑖 𝑐ℎ𝑒 ℎ𝑎𝑛𝑛𝑜 𝑟𝑖𝑐𝑒𝑣𝑢𝑡𝑜 𝑛𝑒𝑙𝑙𝑎 𝑐𝑎𝑠𝑒𝑙𝑙𝑎 𝑑𝑖 𝑚𝑎𝑖𝑙
iniziative inviate (es. 𝑚𝑒𝑠𝑠𝑎𝑔𝑔𝑖 𝑖𝑛𝑣𝑖𝑎𝑡𝑖
). Dopodiché si
𝑛𝑢𝑚𝑒𝑟𝑜 𝑑𝑖 𝑠𝑜𝑔𝑔𝑒𝑡𝑡𝑖 𝑐ℎ𝑒 ℎ𝑎𝑛𝑛𝑜 𝑎𝑝𝑒𝑟𝑡𝑜 𝑙𝑎 𝑚𝑎𝑖𝑙
misura quella netta (es. );
𝑛𝑢𝑚𝑒𝑟𝑜 𝑑𝑖 𝑚𝑎𝑖𝑙 𝑎𝑟𝑟𝑖𝑣𝑎𝑡𝑒 𝑎 𝑑𝑒𝑠𝑡𝑖𝑛𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒
2. click through rate: quando ci sono link all’interno della mail e quanto sono considerati, quindi
tra le persone che hanno considerato la mail quante persone hanno cliccato sul link;
𝑛𝑢𝑚𝑒𝑟𝑜 𝑑𝑖 𝑠𝑜𝑔𝑔𝑒𝑡𝑡𝑖 𝑐ℎ𝑒 𝑟𝑖𝑐ℎ𝑖𝑒𝑑𝑜𝑛𝑜 𝑙𝑎 𝑝𝑟𝑜𝑣𝑎
3. trial rate: ad esempio all’interno della mail c’era la
𝑡𝑢𝑡𝑡𝑒 𝑙𝑒 𝑟𝑖𝑠𝑝𝑜𝑠𝑡𝑒 𝑟𝑖𝑐𝑒𝑣𝑢𝑡𝑒
prova del prodotto e voglio vedere quante persone cliccano sul link;
4. order rate: ovvero nel caso ci sia la possibilità di effettuare una transazione economica, questo
indicatore rappresenta quante persone, a seguito dell’attività di comunicazione, hanno
effettuato un acquisto.

4. LA PUBBLICITÀ

Secondo Kotler (2005) è qualsiasi forma a pagamento di presentazione e promozione non personale
di idee, beni servizi da parte di un promotore ben identificato. Quando si dice che un testimonial fa
pubblicità ad un’azienda non è corretto perché diventa pubblicità quando il testimonial viene proposto
in uno spot pubblicitario/pagina pubblicitaria ma non quando per strada utilizza una certa marca.
Inoltre, può presentare beni, servizi ma anche idee come la pubblicità sociale o istituzionale che
presenta un certo approccio verso una tematica. Infine, questa forma di pubblicità deve provenire da
un promotore ben identificato e quindi incontrovertibile e certo agli occhi del consumatore che sia
uno spazio a pagamento.

Approcci alla pubblicità:

1. approccio delle teorie economiche: secondo cui l’obiettivo dell’uomo è ottimizzare i risultati
avendo beni chiari obiettivi e bisogni delle persone ed essere costantemente alla ricerca di ciò
che soddisfa in modo migliore questi bisogni. Quindi siamo ancora nell’idea che il
consumatore sia in grado di selezionare la scelta ottima, la pubblicità, di conseguenza,
dovevano fornire il maggior numero di informazioni possibili perché si riteneva che il ricevente
fosse in grado di codificarle e paragonare le alternative migliori. Lo scopo era quello di risaltare
le caratteristiche ed offrire al ricevente razionale tutti gli strumenti per massimizzare il suo
risultato;
2. approccio comportamentista: ma preso ci si è resi conto che il ricevente non è in grado di
stimare le alternative scegliendo quella migliore e quindi il compito della pubblicità diventa
quello di offrire tutti gli strumenti per poter effettuare delle scelte pensando al modo in cui
vengono formulate le caratteristiche perché il modo influisce sulla scelta. L’approccio
comportamentista è basato sul fatto che a produrre un esito siano scelte intuitive e quindi si
usa la pubblicità in modo causale o prescrittivo con un effetto di causa-effetto. Iniziano a farsi
strada una serie di precetti rispetto alla pubblicità come, ad esempio, l’utilizzo di un certo
colore che favorisce una certa scelta ecc. Inizia a farsi strada una serie di credenze rispetto alla
pubblicità, per esempio, l’utilizzo di un certo colore che favorisce una certa scelta o l’utilizzo
di una forma personale piuttosto che impersonale e secondo queste teorie avrebbero
prodotto un certo atteggiamento. In questo si pecca perché si pensava che, maneggiando
alcuni aspetti della pagina pubblicitaria, si potesse quasi in automatico avere delle risposte
come se il rispondente fosse un rispondente passivo che rispondono con determinati impulsi
a delle pagine, gestite in un certo modo. Quindi, avevano un approccio predittivo, di causa ed
effetto molto preciso. La pubblicità era vista come una leva da azionare per generare in un

COMUNICAZIONE D’IMPRESA II 19
rispondente (quindi non esiste una realtà che è vista in modo oggettivo), visto come un
individuo come tutti gli altri, e non intriso in un contesto sociale, quindi capace di essere
attivato con delle semplici leve (es creando una pubblicità con un certo colore, con un certo
approccio, avevi una risposta emotiva previsa). Queste teorie incontravano molto il favore dei
manager, perché illudevano di avere delle ricette universali da poter utilizzare. La questione
è molto più complicata, perché gli individui sono diversi tra di loro, hanno differenze anche a
livello individuale che crea delle risposte differenti;
3. approccio psicologico: ritiene il ricevente un soggetto attivo, fino all’approccio
comportamentista ci si occupava solamente di grafica mentre ora si fa più attenzione al
ricevente e quindi in base a chi ci si rivolge si modula il messaggio. Quindi la pubblicità deve
partire dall’idea che l’azienda debba conoscere molto bene le caratteristiche del target di
riferimento, sia su cosa comunicare sia verso chi comunicare perché spesso non c’è
interazione diretta e quindi il rischio di commettere errori è molto alto e bisogna cercare di
arginarlo. Quindi le pagine pubblicitarie vanno filtrate per argomenti, soggetti riceventi e
contenuti;
4. approccio psico-sociale: a complicare ancora di più lo scenario, arrivano le teorie psico-sociali,
che tengono in considerazione non solo la diversità individuale, ma che anche il contesto
influenza le decisioni. Quindi oltre ai filtri individuali, si aggiungono anche i filtri situazionali
(alcuni riferiti proprio al gruppo sociale di riferimento).

Quindi la pubblicità oggi non è più una leva da utilizzare per far scattare qualcosa nel consumatore,
ma bisogna riconoscere che a seconda dei soggetti e del contesto, bisogna modularne il messaggio in
un certo modo differente (quindi prima di mettere in moto un sistema pubblicitario, bisogna chiederci
chi vogliamo attivare e come attivarlo).

4.1 Tipologie di pubblicità

Sono dei parametri con cui descrivere una pagina pubblicitaria con determinate caratteristiche che la
differenziano da altre pagine:

1. TIPOLOGIA DI ATTIVAZIONE → attivazione del carattere cognitivo e quindi pubblicità improntate


a stimolare il ragionamento del consumatore:
• pubblicità pratica: se fornisce info che stimolano argomentazioni che fanno sì
che il consumatore possa conoscere bene il prodotto e valutarlo. Quella pratica
favorisce memorizzazione di alcune info ma non si preoccupa della valenza.
Quella della Bonduelle è una classica pubblicità pratica perché le immagini
possono far nascere ragionamenti tanto quanto le parole. Qui Bonduelle vuole
dimostrare che la linea Cuore di Raccolto siano prodotti in scatola ma raccolti
subito e cotti a vapore e conservati in modo da garantire la qualità del
prodotto. Questo lo dicono sia con le parole e lo spiegano anche con
l’immagine;
• pubblicità critica o referenziale: sostiene con forza la superiorità del prodotto e
quindi spinge sul convincimento che quelle info razionali portino a ritenere quel
prodotto particolarmente meritevole. Nella pubblicità di Chilly invece si punta
sul test fanno a delle donne con problematiche di carattere intimo e sulla parola
di dermatologi. Qui si calca molto di più la mano sul fatto di voler fornire
informazioni che siano che possano davvero convincere in modo approfondito;

→ attivazione del carattere emotivo:

COMUNICAZIONE D’IMPRESA II 20
• pubblicità ludica: semplicemente può essere qualcosa dedito
a stupire e sorprendere e che inizialmente potrebbe essere
qualcosa che non capisco/mi disgusta (es. l’azienda Zefiro che
utilizza Dario Argento lavorando per contrapposizione perché
lo zucchero è dolce e Dario Argento fa film splatter). Nel caso
di Frisk invece il ragazzo urla “saranno finteeeee!” perché le
tette della tipa sono immobili nonostante i sobbalzi
dell’autobus ed alludendo alla mentina Frisk che aveva già
mangiato perché era molto fresca ecc. e questo stimola
l’allegria. Questa pubblicità sceglie la via dell’ironia senza
però una proiezione psico sociale;
• pubblicità ideale: è l’unico a creare un coinvolgimento e proiezione della persona
verso un certo stile di vita. Borbonese esalta la marca vestendo la donna con tutti
prodotti Borbonese e quindi tutto ciò che ci aiuta a qualificare questa donna è
legato a ciò che indossa perché se ti riconosci in questo modello ha senso
avvicinarsi a quest’azienda.

2. PUBBLICITÀ D’IMMAGINE vs INFORMATIVA:


• pubblicità informativa: pubblicità pratica e critica/referenziale in cui il messaggio
centrale è rivolto ad informare rispetto alle caratteristiche del prodotto
• pubblicità d’immagine: spazio dato alle suggestioni perché invece di dare
informazioni di tipo razionale, comunica delle emozioni. Infatti, questa pagina non
fa vedere nemmeno il prodotto in modo dettagliato perché sto stimolando le
persone a venire a vedere il mio prodotto sulla base di suggestione che sono
talmente astratte che a volte non si capisce nemmeno quale sia il prodotto, infatti,
se non si legge bene non si sa che si parla di un’industria di ceramica.

3. Possiamo suddividere la pubblicità in base all’arco temporale degli effetti attesi PUBBLICITÀ
STRATEGICA vs TATTICA:
• pubblicità strategica: non è costruita per il breve termine e quindi non ci si aspetta
che la persona sia stimolata immediatamente di andare a comprare il prodotto ma
piuttosto che si ricordi dell’azienda. In questo caso Mulino Bianco sostiene ed allude
alla differenza con le altre marche che millantano il rispetto alla natura, infatti dice
che una cosa è parlare di natura ed un’altra è rispettarla e sotto spiegano come la
rispettano. Quindi in questa pubblicità non si propone il prodotto che non è nemmeno
citato e quindi l’obiettivo non è quello di promuovere subito il prodotto ma tesa a
ribadire un attenzione particolare ad una tematica vicina all’azienda;
• pubblicità tattica: creata per il breve termine e quindi volta a comportare l’acquisto
di un prodotto. In questo caso Gran Cereale vuole rendere nota la promozione alle
vendite secondo cui acquistando tre prodotti si ottiene un set da colazione e stimolare
un comportamento nel breve periodo. Mulino Bianco sta quindi sostenendo
l’immagine nel lungo periodo ed un’altra per stimolare le vendite dei prodotti.

COMUNICAZIONE D’IMPRESA II 21
4. In base ai contenuti si parla di PUBBLICITÀ DI MARCA vs ISTITUZIONALE: hanno un elemento in
comune che sarebbe l’essere pubblicità che parlano dell’azienda e non di un singolo prodotto, ma
la differenza principale è che quella istituzionale parla dell’azienda non nel suo ambito di
produzione caratteristica, quella di marca invece parla dei prodotti che l’azienda propone. Quindi
ad esempio la pubblicità ideale di Borbonese è una classica pubblicità di marca in cui presenta la
marca ma non rispetto all’azione di valori/principi guida ecc. ma la presenta come
azienda che propone una certa gamma di prodotti. Mentre, invece, la pagina
pubblicitaria dei canestrelli di Mulino Bianco è una pubblicità istituzionale perché
non esalta le caratteristiche del prodotto ma ci parla di scelte di fondo rispetto
all’ambiente che l’azienda ha compiuto. Un altro esempio di pubblicità istituzionale
è la pubblicità di Rolex con il bucero rinoceronte in cui non parla di rolex come
produttrice di orologi ma come azienda attenta al valore della ricerca, al contrario,
una pubblicità di marca di Rolex è la seguente in cui si parla come azienda alla quale
rivolgersi se si vuole un brand di lusso in campo di orologeria e quindi l’area è di
comunicazione e marketing.

5. In base al flusso: PUBBLICITÀ DI MASSA vs INTERATTIVA:


• pubblicità di massa: pubblicità di tipo unilaterale e quindi one to many,
quindi la pubblicità viene pubblicità su un giornale/tv e non c’è risposta
dall’interlocutore. Un esempio è Kinder con Panecioc che possiamo guardare
ma non rispondere;
• pubblicità interattiva: flusso di carattere bilaterale se la pubblicità è
interattiva perché c’è la possibilità di ottenere una risposta che c’è nella
parte inferiore ritagliandolo per chiedere un catalogo. Quindi, non riesco a
mostrare tutti i prodotti che ho e quindi faccio una campagna pubblicitaria
in cui do la possibilità di inviare a casa cataloghi ed attivare un flusso
bidirezionale. La stessa cosa vale quando il coupon da ritagliare si deve portare nei punti
vendita per ottenere degli sconti. Il vantaggio di questa pubblicità è che si riesce ad
ottenere un riscontro in termini di efficacia di quella pubblicità. È pubblicità interattiva
anche quella veicolata tramite canali digitali in cui la persona può aderire o meno ad una
certa iniziativa. La condizione è quindi che ci sia un flusso di ritorno.

6.PUBBLICITÀ COMMERCIALE vs SOCIALE ed anche in questo caso stiamo suddividendo


le pubblicità sulla natura del messaggio:
• pubblicità commerciale: il messaggio è dichiaratamente pensato per
promuovere un prodotto o comunque le caratteristiche di un certo prodotto o
della produzione di un’azienda. Quindi l’obiettivo è la valorizzazione di ciò di cui
si occupa l’azienda. Ikea ci parla della panchina Gian Piero (nome dell’allenatore
appena esonerato) attraverso un messaggio ludico per promuovere la sua
produzione;

COMUNICAZIONE D’IMPRESA II 22
• pubblicità sociale: non parla dei prodotti/servizi e quindi non ha l’obiettivo
di promuovere l’attività dell’impresa e nemmeno di promuovere aspetti
istituzionale (sensibilità a certi temi) ma ha l’obiettivo di sensibilizzare
rispetto a temi di importanza generale e quindi fa da porta voce che utilizza
la sua credibilità e reputazione per portare all’attenzione delle persone un
certo argomento. In quest’altro caso IKEA ci sta lanciando un messaggio per
cui il LED consuma di meno della lampadina normale ed è più eco friendly,
infatti sotto c’è scritto quale risultato si potrebbe ottenere a livello mondiale
se tutti lo facessero. Questa pubblicità è molto diversa da quella istituzionale
di Rolex perché ci parlano dell’attenzione alla natura ma con un riflesso ai
loro prodotti facendo riferimento alla condotta all’impresa, mentre, nella pubblicità
sociale l’impresa sostiene un sacrificio economico per sensibilizzare le persone ad un tema
di interesse generale. La pubblicità sociale non è nemmeno quello progresso in cui il
governo dice di indossare la mascherina perché promossa dalle istituzioni oppure che ci
parla di come votare quando ci sono i referendum.

7. PUBBLICITÀ SINGOLA vs COMPARATIVA:


• Singola: il soggetto della pubblicità è uno ed è stata realizzata in tempo di
Covid, infatti, molto patriottica come pubblicità che quindi fa riferimento
all’orgoglio nazionale. Non è però una pubblicità sociale che ci parla della lotta
contro il virus ma si parla delle caratteristiche del prodotto e quindi del
residuo fisso, limpidezza dell’acqua ecc.;
• Comparativa: nel parlare di un prodotto, si presentano altre alternative e
quindi paragona un prodotto ad altri prodotti. Pur essendo indirizzata a
promuovere un prodotto e quindi l’acqua Santa Croce, lo paragona ad altri.
Questa pubblicità è concessa e legale da poco tempo e quindi ci sono delle
caratteristiche richieste per essere a norma e non essere sanzionata:
a. riferimento esplicito, preciso a dei competitors, quindi, non è pubblicità comparativa
se dice che “è la migliore acqua sul mercato”;
b. paragone su parametri oggettivi, infatti, si dice che l’acqua santa croce è leggera e
pura, ma se io avessi fatto solamente riferimento a questi parametri non sarebbe
stato possibile e fuori norma perché la valutazione sarebbe stata soggettiva. Infatti,
nella parte inferiore della pagina pubblicitaria sono riportati i vantaggi in termini
numerici;
c. riportare i valori dei parametri nella pubblicità, infatti non posso solamente dire che
il residuo fisso è inferiore rispetto a quello di Vitasnella se non dico che è 170,4
rispetto a 177,07.

Ci sono delle pubblicità come quella del detersivo che diceva che era migliore rispetto a quelli
senza marca ma in realtà tutti hanno una marca e questa pubblicità non rispettava i parametri

COMUNICAZIONE D’IMPRESA II 23
della comparativa perché devo fare riferimento a qualcosa di preciso, ad una marca precisa e devo
dimostrare il mio essere migliore.
In questo caso Dash era uscita con una pubblicità finta comparativa perché non lo era. Diceva che
una pubblicità contro Dash dice che un misurino di Dash corrispondeva ad 1 misurino e mezzo del
principale concorrente. Quindi, vedeva in maniera lesiva il suo brand perché si proponeva come il
miglior brand sul mercato a produrre detersivi. Dixan ha ritenuto lesiva questa pubblicità ed infatti
ha controbattuto dicendo che la pubblicità era ingannevole e che era stato stabilito anche
dall’autorità generale della concorrenza e del mercato. Dixan sostiene, inoltre, di essere migliore
perché non ha mai usato strategie come queste.

5. GLI STILI CREATIVI DELLA PUBBLICITÀ

Un'altra modalità di classificazione delle pagine pubblicitarie sono gli stili creativi e quindi
di come una pubblicità proponga un concetto. Tutte le pubblicità sopra citate possono
essere declinate secondo un certo stile creativo, quindi qui si parla di come si gestisce la
narrazione. Questi stili si possono applicare sia alla pubblicità piana (es. sulle riviste) sia agli
spot pubblicitari (es. in tv, al cinema ecc.).

La matrice è formulata da Broadband e si legge per colonne (spiegato dopo) e per righe (in
base all’intensità di utilizzo)

PUBBLICITÀ DI PROMOZIONE PUBBLICITÀ D’IMMAGINE


CHE LAVORANO SUL (NON SEMPRE CONTENGONO
CARATTERE DI RAZIONALITÀ UN ESPLICITO RIFERIMENTO AL
↓ PRODOTTO) ↓

1. MESSAGGIO RAZIONALE: a. RICORSO AD UN i. RIDUZIONE DEL RISCHIO


specificazione degli attributi PERSONAGGIO SIMBOLICO: PERCEPITO O DEL COSTO
di prodotti (es. testimonial) PSICOLOGICO (effetto
facilitazione)
2. MESSAGGIO CON b. EVOCAZIONE DI UNA ii. EVENTO CREATORE DI
ARGOMENTAZIONE: SITUAZIONE ATMOSFERA COLLETTIVA
messaggi con EMOTIVA/VITA VISSUTA:
certificazioni/pareri di simulazione di tensione (es.
esperti come ad esempio pubblicità divano con
certificazioni di esperti amiche che chiacchierano)
3. DIMOSTRAZIONE/EFFETTO c. MESSAGGIO CHE ALLUDE iii. GUADAGNO ECONOMICO
DI PROVA: dimostrazioni ALLA SESSUALITÀ: richiamo
dirette degli effetti dalla alla libido (es. pubblicità
referenza pubblicitaria intimo)

1. Pagina pubblicitaria di una lavastoviglie che ha la caratteristica di essere più


larga delle altre e quindi la caratteristica focus è fisico tecnica del prodotto
ed anche il messaggio sottostante nella foto è dedicato a questa
caratteristica. Questa pagina pubblicitaria è una pubblicità pratica,
informativa e di promozione perché presenta un prodotto dal punto di vista
razionale. La pubblicità si limita a descrivere il prodotto senza calcare la
mano, ecco perché viene posizionata nel primo livello per livello d’intensità.

COMUNICAZIONE D’IMPRESA II 24
2. Messaggio dove ho un’attivazione di carattere razionale ma un po’ più spinta perché
subentra un messaggio che vuole sottolineare la superiorità di questo prodotto e quindi
calco la mano sul messaggio di carattere razionale (es. pubblicità della Chilly).
3. C’è un elemento esterno che ha una dimostrazione diretta ed oggettiva dell’efficacia del
prodotto. Nella seguente pubblicità si parla di cellulite e si dice che un certo numero di
donne ha provato il prodotto ottenendo due risultati che sono riportati come dati tecnici
a testimonianza dell’efficacia del prodotto.

In tutte le pubblicità di promozione si capisce immediatamente di cosa si stia parlando, se la


pubblicità promozionale mi dà delle informazioni sempre più precise man mano che scendo nei box,
la PUBBLICITÀ D’IMMAGINE mi dà suggestioni, mi produce un’idea.

a. Quindi, un tipo di pubblicità che ricorre ad un personaggio simbolico/mitico è la pubblicità di


Listone Giordano in cui sponsorizzava la mostra di parquet, ma senza raffigurare il prodotto ma
Michelangelo che però suggeriva le idee di eleganza, colori neutri, artigianalità italiana, originalità
e rarità, unicità dei pezzi e prestigio dei materiali ecc.
b. Veuve Cliquot ha un obiettivo di riclassificazione perché lo champagne è
utilizzato in momenti formali e da persone adulte. Oltre alla
riclassificazione e quindi utilizzare la figura di due donne giovani, si utilizza
il parco come sfondo per riclassificare anche il momento d’uso come se
dovesse essere utilizzato in una giornata particolare, ma non sempre ad
eventi di gala. Questa pubblicità è d’immagine perché appare solamente
l’etichetta ma non il prodotto, però ci sono indizi che qualificano il
prodotto, o meglio, riposizionarlo rispetto all’idea che abbiamo senza
utilizzare parole. Riesce a comunicare: gli esiti in termini di stati d’animo, il
target, coordinate di carattere visivo (guanti gialli che richiamano l’immagine
coordinata del prodotto che sarebbe l’etichetta gialla di Cliquot).
Questa pagina pubblicitaria è più esplicita per quanto riguarda l’oggetto (divano)
ma pur sempre una pubblicità d’immagine perché non si sofferma sulle
caratteristiche del prodotto. In questa pubblicità voglio raccontare qualcosa del
divano tramite una scena di vita quotidiana: comodità, la nitidezza dell’immagine
vs lo sfondo sfocato ed indefiniti significa che solo ciò che è a contatto con il
divano assume connotati precisi e caratterizza l’ambiente, infatti mostra che il
divano, anche in una casa non finita, crea ambiente. Quindi in realtà
quest’immagine riesce a dare un’immagine molto precisa ovvero che i prodotti siano in grado di
fare casa e concedere relax, comodità e agio anche quando la casa che stai desiderando non è
quella in cui ti trovi/non è finita.
Qualunque prodotto può utilizzare qualsiasi tipo di stile creativo e quindi di qualsiasi colonna/riga
però sicuramente la pubblicità della prima colonna è intellegibile e di rapida comprensione, al
contrario di quella d’immagine che però vince nel tempo soggetta ad un rischio maggiore di skip
nell’immediato e quindi di non sorpassare la soglia di visibilità, però se ottiene attenzione la prima
volta è più facile che venga memorizzata e decodificata. L’informazione tecnica ogni volta mi
rinnova le stesse informazioni, mentre la pubblicità d’immagine ogni volta mi può suggerire
qualcosa di nuovo. Spesso, per le pubblicità promozionali vengono cambiate e rinnovate, mentre
quelle immagine vengono tenute uguali nel tempo.
La pubblicità d’immagine viene utilizzata con la tecnica del teasing (inzigare) che danno indizi ma
non spiega precisamente (spesso in televisione se deve andare in onda un nuovo programma,
vengono mandati dei segnali settimane prima in cui non compaiono le date di inizio ma ad

COMUNICAZIONE D’IMPRESA II 25
esempio si vede un personaggio famoso). La pubblicità d’immagine viene utilizzata quando si
vuole generare effetto curiosità rispetto qualcosa.
c. Il teasing è una tattica utilizzata nelle pubblicità allusive alla sessualità quindi quando si fa
riferimento a questa sfera senza però che il prodotto c’entri qualcosa. In questo caso la pagina
pubblicitaria è di un’azienda ceramica che festeggia i suoi 130 anni uscendo con questa pagina per
descriverci i suoi 130 anni. Ciò che è adagiato sul corpo della donna è un mosaico reticolato da
applicare alla parete, quindi, c’è il prodotto ma è molto stravolto nell’utilizzo e mimetizzato che
sembra una coperta o un oggetto. Quindi utilizza la libido per un prodotto che non c’entra niente
però in questo caso ci dice che parla di forme, progetti e seduzioni e quindi vuol dire che esprime
perfettamente il suo modo di essere e si adatta alle persone perché la ceramica non è prodotta su
larga scala e con uno stile ed una versatilità di forme che altre aziende non hanno e decide di
comunicarci tutto questo con una modalità inattesa.

La teoria del comportamento pianificato spiega le variabili che frenano o spingono una persona ad
adottare certi comportamenti:

1. l’atteggiamento che è originato da ciò che noi pensiamo di questo argomento e quindi dalle
credenze e possono avere un origine emotiva o razionale. Gli stili creativi delle prime due
colonne vogliono incidere sull’atteggiamento: la prima colonna sulle credenze razionali (ciò
che razionalmente penso di un prodotto e che cognitivamente mi fanno pensare che una
lavastoviglie abbia più capacità di carica perché più grande), la seconda colonna invece agisce
sulle credenze emozionali (ho un atteggiamento positivo sullo champagne, non per le
caratteristiche spiegate, ma perché mi hai stimolato a pensare che quel prodotto mi farebbe
stare bene). Quindi le prime due colonne insistono sull’atteggiamento e quindi cosa penso di
quel prodotto/servizio, ma non c’è solo l’atteggiamento: a volte penso che quel prodotto
varrebbe la pena compralo ma intervengono:
2. le norme soggettive (non è importante solo quello che penso io ma anche quello che pensano
gli altri, non sono propensa ad un prodotto ma per influsso del gruppo sociale del gruppo lo
posso vedere in modo più favorevole) e sulle norme soggettive incide il secondo box della
terza colonna, quindi quelle pagine pubblicitarie in cui si crea un
evento che genera un atmosfera collettiva (scena nella quale
l’utilizzo di un certo prodotto stimola ammirazione da parte di altri
e quindi è in gioco l’effetto che io fare sugli altri utilizzando quel
prodotto/servizio), bisogna però vedere quanto è importante per
le persone l’effetto che si fa sugli altri. Un esempio di questa
pubblicità è quella sottostante dell’Audi, in cu, non ci parla delle

COMUNICAZIONE D’IMPRESA II 26
caratteristiche fisico-tecniche ma non è nemmeno d’immagine perché il prodotto è esplicito
ma è chiaro che voglio creare desiderabilità del prodotto, infatti tutti si fermano a guardare
l’automobile ferma al semaforo dando le spalle ad un edificio storico. Le persone che
guardano l’automobile sono diverse tra loro, giovani e vecchie, sportivi o meno ecc. indicando
che tutti si fermeranno a guardarti e desidereranno l’oggetto che hai tu.
3. La terza variabile della teoria del comportamento pianificato è: il senso di controllo che
comprende le facilitazioni o gli ostacoli a compiere una certa azione e quindi cosa mi può
spingere a fare/non fare un’azione? Se devo essere un teatro e cercare di puntare su qualcosa
di specifico per avvicinare i giovani al teatro posso lavorare su quello che le persone pensano
del teatro e quindi sull’atteggiamento razionale oppure si carattere emotivo ma al di là di
quello che io penso o di quello che pensano agli altri, ci sono delle circostanze esterne che non
mi permettono di andarci. Oppure, ci sono persone che dicano “questo prodotto non faccia
per me” ma ci sono delle facilitazioni che mi inducono a comprare quel prodotto (sconti e
promozioni). Quindi le circostante esterne possono essere positive o negative.

i. RIDUZIONE DEL RISCHIO PERCEPITO E DEL COSTO: il senso di controllo


agisce su questo livello, mi piacerebbe tanto acquistare quel prodotto ma
ci sono dei limiti che non posso superare e l’azienda ha capito che il
problema sta lì e che lì deve agire. La pagine di Buitoni promuove la pasta
della pizza ma senza lavorare sull’atteggiamento perché le persone hanno
un atteggiamento positivo sulla pizza fatta in casa, ma lavorando sulla
norma soggettiva e quindi stupire qualcuno facendo bella impressione
come il brodo di Star con cui si faceva impressione sulla suocera ma Buitoni
nemmeno su questo vuole lavorare. Decide di lavorare sul fatto che la
gente non sappia impastare la pizza e quindi la deve prendere fatta, i limiti
sono esterni alla mia volontà ed esterni al mio controllo e quindi limiti che
non posso preparare. Buitoni dice quindi “ce la fai a srotolare un rotolo di
pizza?” “ce la fai ad adagiarlo sulla teglia del forno e guarnirlo?” e quindi il consumatore
ce la sa per forza smantellando i nostri alibi, cioè smontano gli ostacoli che noi vediamo
all’adozione di un certo prodotto/servizio.
ii. Le norme soggettive agiscono su questo livello
iii. GUADAGNO ECONOMICO: vorrei andare a teatro per fare bella
figura ma costa troppo e quindi alcune pubblicità lavorano sullo
smantellare questo alibi e quindi l’accento è posto sul guadagno
economico ed è il senso di controllo ad agire su questo livello. In
questo caso si smantella l’alibi del sacrificio economico con un 50%
di sconto sulla fattura. L’argomento fondamentale è legato alla
variabile del senso di controllo perché voglio ridurre l’alibi che le
persone si danno riguardo il prezzo che bisogna corrispondere per
quel prodotto.

Quindi, per riassumere la matrice:

1. La prima colonna e la seconda insistono sull’atteggiamento: in particolare la prima lavora su


credenze razionali per le quali avere atteggiamenti razionali, mentre la seconda colonna sulle
credenze di carattere emotivo e quindi mira a sviluppare un atteggiamento positivo
alimentando credenze ideale.
2. La terza colonna agisce sulle altre due variabili: il box centrale (pubblicità automobile) lavora
sulla orma soggettiva, mentre il box 1 e 3 lavorano sul senso di controllo, il primo box
COMUNICAZIONE D’IMPRESA II 27
sull’abbassare gli ostacoli che troviamo legati al concetto di rischio o limiti nell’utilizzo del
prodotto, mentre il terzo mira a smantellare gli ostacoli di carattere economico.

Io ogni pubblicità la posso guardare da tantissime prospettive:

• Quale attivazione utilizza? Pubblicità pratica, referenziale, ideale, ludica che danno luogo
rispettivamente a pubblicità promozionali e d’immagine (di carattere ludico o ideale)
• Classificazione in base a valori di fondo (istituzionale) o di marca, a seconda dei flussi
unilaterali o bilaterali e quindi che permettano o meno risposta.

Di che tipo di pubblicità si tratta? → pubblicità critica, pratica, ideale, ludica, strategica vs tattica,
istituzionale vs di marca ecc.

Qual è lo stile creativo? matrice

Esempio: tipo di pubblicità → pubblicità tattica perché vuole far scaturire


un comportamento subito, infatti dice di chiamare il numero o andare sul
sito oggi. È una pubblicità di marca perché ci parla di ENEL in quanto
erogatore di un servizio, infatti non sta dicendo che ha deciso di finanziare
delle borse di studio rispetto all’economia circolare e quindi non ci parla
delle scelte di ENEL a prescindere dai prodotti, ma ci sta parlando del core
business di ENEL, che è quello di darci un servizio. È una pubblicità
informativa se guardo il body copy, perché descrive un prodotto, ma se la
guardo d’impatto lo stile informativo che usa, nella matrice di Broadband,
indica una scena di vita vissuta. È una pubblicità di massa perché, pur
richiamandoci ad un’azione immediata, non richiede una risposta
codificata, bidirezionale a questo annuncio. È una pubblicità singola e
commerciale (non sta parlando di problemi di carattere generale).

Stile creativo → scena di vita vissuta (stimolare lo shock


che prenderei se trovassi la macchina imbrattata)

tipo di pubblicità → Pubblicità d’immagine perché più


che parlarmi di prezzi, clausole, tipologie di danni
coperti ecc. e quindi si propone come risolutrice di un
possibile problema. Pubblicità strategica perché non
sta proponendo una nuova tipologia, non ci sta facendo
muovere nel breve periodo ma semplicemente farci
rinvigorire il pensiero che abbiamo verso la compagnia
assicurativa. Pubblicità di marca perché viene messo in
luce il core business dell’azienda, di massa, singola,
ludica in quanto stimola il sorriso per il gatto.

FINIRE LEZIONE 30

31?

6. LA PIANIFICAZIONE DELLA PUBBLICITÀ

COMUNICAZIONE D’IMPRESA II 28
1. Elaborazione della strategia: obiettivi, inserire la campagna pubblicitaria nel communication
mix e quindi capire come deve intrecciarsi con i messaggi che verranno veicolati attraverso gli
altri strumenti e come si inserisce la campagna pubblicitaria in continuità e coerenza alle
iniziative passate.
2. Definizione del target: persone a cui puntare scegliendo la strategia creativa (tono e
personaggi) e gli strumenti. La segmentazione è psicografica e lavora sugli stili di vita delle
persone, che però non deve sovrapporsi a quello che l’azienda ha fatto in precedenza e quindi
al target generico dell’azienda: l’impresa può puntare a diversi target di riferimento, se ha più
brand distingue i target di riferimento e quindi posso dedicare i prodotti a delle sottocategorie
(es. se sono un teatro e faccio un lancio della vendita di abbonamenti propongo tante linee di
prodotti per diversi cluster). Quindi il target è unico ma con le diverse campagne si possono
suddividere in cluster diversi he hanno bisogno di messaggi e strumenti di indirizzo diversi.
3. Strategia creativa: traduzione delle strategie, pensando ad un target di riferimento, in una
pubblicità su carta stampata e quindi arrivare alla creazione della pubblicità. Devo scegliere il
tipo di pubblicità e quindi se singola, comparativa, se strategica o tattica, di massa o creativa,
di promozione o d’immagine ecc. ed a questo punto so cosa devo dire, a chi dirlo e come
realizzarlo.
4. Scelta dei mezzi/veicoli e del timing: questa viene definita la vera e propria pianificazione ed
è un aspetto decisivo perché ho in mano la campagna ma devo stabilire come renderla
disponibile, dove e quando. Il mezzo è la tipologia di media che utilizzo (al cinema, radio ecc.)
ed all’interno devo scegliere il veicolo che può essere generico o specifico e quindi ad esempio,
all’interno del mezzo carta stampata devo decidere se la voglio generalista o specializzata e
quindi se pubblicare su un quotidiano o un periodico. Il veicolo specifico è la testata che scelgo
e quindi posso scegliere periodici generici possono scegliere Grazia, Donna Moderna, Vanity
Fair ecc. Poi devo scegliere il timing e quindi il dove e quando ma anche il flight ovvero gli slot
e quindi decidere se devo fare una campagna a onde in cui ci saranno dei periodi in cui esco
con molti annunci e poi avere un periodo di silenzio, oppure se fare un’attività di spreading
distribuendo la campagna pubblicitaria su tutto il periodo (ad esempio un anno). Ovviamente
questa scelta dipende dagli obiettivi, se il mio è la stabilizzazione delle vendite devo lavorare
su periodi specifici per allungare la stagionalità, mentre se la pubblicità è di sostegno di
immagine del brand posso fare spreading e quindi diluire il messaggio nel tempo.

Quando scelgo i mezzi ci sono dei pro e dei contro:


a. LA TELEVISIONE:
PRO CONTRO
Costo per contatto basso: investimento alto ma Elevata soglia di ingresso e investimento
ripartito su un audience molto ampio. Quindi iniziale: ho tantissima competizione e quindi
posso generare molti contatti con un costo deve essere programmata tante volte,
molto contenuto. l’investimento iniziale per essere visibili in tv è
molto alto. Cosa diversa dal quotidiano in cui
me la cavo con qualche centinaio di €.

COMUNICAZIONE D’IMPRESA II 29
Potenziale di creatività ed espressività: posso Bassa selettività: i dati di audience non sono
sollecitare tutti i sensi ben riportati e non riesco a scegliere bene la
mia nicchia, al contrario della carta stampata
in cui invece posso scegliere bene il giornale e
quindi il mio target (es. pubblico su un giornale
di giardinaggio).
Velocità di penetrazione: ci sono momenti della Eccessivo affollamento: troppa competizione.
giornata in cui ho l’attenzione di tantissime
persone (es. fascia preserale del weekend riesco
a raggiungere il mio target già dalla prima
uscita)
Flessibilità di format: posso scegliere durate Intrusività: percepita come intrusiva e quindi
differenti e quindi modulare il mio investimenti oggetto di skip.
iniziale
Possibilità di coniugare frequenza e copertura:
frequenza è generare tante occasioni di essere
visto, copertura è essere visto dal target di
riferimento

b. CARTA STAMPATA:
PRO CONTRO
Prestigio ed autorevolezza: se vado su certe Rapida usura dei messaggi: il quotidiano dopo
testate e quindi su certi veicoli specifici, essere stato letto non viene più considerato e
l’apparire su queste riviste legittima una certa quindi non c’è la caratteristica della
azienda piuttosto che in tv in cui si accolgono permanenza.
tutti gli annunci.
Livello investimento basso. Non riesco a raggiungere così tante persone e
quindi non raggiungo l’audience.
Flessibilità del formato e della diffusione Lettura veloce e disattenta: le campagne
geografica: se devo fare comunicazioni devono lanciare un segnale che rimanga
localizzate mi posso riferire alla stampa. facilmente impresso.
Velocità di penetrazione alta e tempi di Qualità di stampa scarsa nei quotidiani:
preparazione molto brevi. pubblicano in b&w.
Alta frequenza di contatti pro capite per la forte Eccessivo affollamento nei periodici: il 50% è di
fedeltà: se io esco quotidianamente su un pubblicità, addirittura all’interno dell’articolo.
quotidiano, i cittadini ed i lettori, in una
settimana potranno vedere il mio annuncio fino
a sette volte. Stesse cose se seleziono una rivista
di settore che viene sfogliata più volte e quindi
genero molti contatti in modo ravvicinato e
quindi arrivo ad essere memorizzato.
Forte capacità selettiva: posso scegliere
argomenti specifici ed altamente tematici.

c. LA RADIO:

PRO CONTRO
Carattere amichevole. capacità espressive limitate: manca la
stimolazione visiva

COMUNICAZIONE D’IMPRESA II 30
Estensione geografica ed eterogeneità. Ascolto distratto: in casa mentre faccio altro o
in auto mentre guido, infatti spesso sono
messaggi non difficili da elaborare e di carattere
ludico.
Costi bassi di entrata e di contatto.

d. CINEMA
PRO CONTRO
Elevate potenzialità di coinvolgimento ed Assenza di dati riferiti alle visualizzazioni e
espressive: ha le stesse capacità espressive di quindi di quanto questa pubblicità sia stata
quella televisiva e quindi possono rimanere seguita.
impresse. È molto difficile skipparla perché le
mettono prima del film.
Flessibilità geografica: posso lavorare a macchia Alto costo per contatto: le sale sono più piccole
su aree selezionate con cura su cui vale una certa ed il numero di proiezioni al giorno non sono
promozione ecc. altissime.
Capacitò di raggiungere pubblici specifici: Bassa copertura: posso lavorare su una parte del
programmazione con largo anticipo e quindi target di riferimento.
prima dell’horror, del film drammatico ecc. e
quindi mi posiziono nel punto più idoneo al
target che ho di riferimento.
Tempi di produzione e di penetrazione lunghi: è
come produrre un cortometraggio e quindi sono
necessari lunghi tempi di produzione.

Analisi critica degli indicatori a cui le aziende si affidano per allocare il budget:

• Analisi della copertura netta: avere ben in testa il target di riferimento → numero di soggetti,
appartenenti al target di riferimento, raggiunti almeno una volta. I soggetti sono
persone/teste, se invece io parlo di contatti se raggiungo la stessa testa 10 volte le conto tutte
e 10. L’analisi della copertura può essere del 1% su 100000 persone e quindi che ne ho
raggiunte 1000.
• Analisi della penetrazione/reach: se io rapporto i soggetti raggiunti al totale del target arrivo
alla % della copertura che è la penetrazione/reach. Quindi ho raggiunto almeno una volta l’1%.
• Analisi del numero di contatti lordi: numero di volte in cui sono stato visto da qualcuno
appartenente al mio target. Se Ludovica Medina fa parte del mio target e lo vede 10 volte,
allora io la conto 10 volte. Tiene conto quindi delle duplicazioni e triplicazioni ecc. e
dell’audience accumulata quindi che l’audience può accumulare più views. Dai contatti
derivano tutti gli altri indicatori.
𝑛𝑢𝑚𝑒𝑟𝑜 𝑑𝑖 𝑐𝑜𝑛𝑡𝑎𝑡𝑡𝑖 𝑙𝑜𝑟𝑑𝑖
• OTS (opportunity to see): 𝑛𝑢𝑚𝑒𝑟𝑜 𝑠𝑜𝑔𝑔𝑒𝑡𝑡𝑖 𝑎𝑝𝑝𝑎𝑟𝑡𝑒𝑛𝑒𝑛𝑡𝑖 𝑎𝑙 𝑡𝑎𝑟𝑔𝑒𝑡 𝑟𝑎𝑔𝑔𝑖𝑢𝑛𝑡𝑜
𝑠𝑝𝑒𝑠𝑎 𝑡𝑜𝑡𝑎𝑙𝑒
• CPC (costo per contatto): 𝑛𝑢𝑚𝑒𝑟𝑜 𝑐𝑜𝑛𝑡𝑎𝑡𝑡𝑖 𝑙𝑜𝑟𝑑𝑖 . Solitamente è intorno al centesimo/euro, una
campagna pubblicitaria genera decine di milioni di contatti e quindi i costi per contatto sono
bassissimi.
𝑛𝑢𝑚𝑒𝑟𝑜 𝑐𝑜𝑛𝑡𝑎𝑡𝑡𝑖 𝑙𝑜𝑟𝑑𝑖
• GRP (gross rating point): = 𝑟𝑒𝑎𝑐ℎ × 𝑓𝑟𝑒𝑞𝑢𝑒𝑛𝑧𝑎.
𝑛𝑢𝑚𝑒𝑟𝑜 𝑠𝑜𝑔𝑔𝑒𝑡𝑡𝑖 𝑎𝑝𝑝𝑎𝑟𝑡𝑒𝑛𝑒𝑛𝑡𝑖 𝑎𝑙 𝑡𝑎𝑟𝑔𝑒𝑡 𝑋 100
Se io ho 100.000 soggetti che voglio raggiungere e genero 200.000 contatti vuol dire che è
come se avessi coperto due volte il mio target: 200.000/100.000=2. Il GRP dà lo stesso risultato
sia che io abbia raggiunto tutti per due volte, sia che io abbia raggiunto solamente di 10% 20

COMUNICAZIONE D’IMPRESA II 31
volte. Solitamente si sceglie chi ha il GRP più alto, ma se io stabilisco che dopo che uno veda
la mia pubblicità 10 volte se la ricorda, non ha senso spendere soldi in più per innalzare il GRP.
• AOC (audience over cost): se nel costo per contatto io ho che ho speso 10.000€ per avere
1000 contatti, questo indice indica quante persone ho raggiunto con ogni euro e quindi è il
1
contrario del CPC 𝐶𝑃𝐶
• Indice di selettività: quanto uno strumento specifico mi abbia aiutato a raggiungere proprio
𝑛𝑢𝑚𝑒𝑟𝑜 𝑑𝑖 𝑠𝑜𝑔𝑔𝑒𝑡𝑡𝑖 𝑎𝑝𝑝𝑎𝑟𝑡𝑒𝑛𝑒𝑛𝑡𝑖 𝑎𝑙 𝑡𝑎𝑟𝑔𝑒𝑡 𝑟𝑎𝑔𝑔𝑖𝑢𝑛𝑡𝑖
un certo tipo di persone e non altri. .
𝑛𝑢𝑚𝑒𝑟𝑜 𝑡𝑜𝑡𝑎𝑙𝑒 𝑠𝑜𝑔𝑔𝑒𝑡𝑡𝑖 𝑟𝑎𝑎𝑔𝑔𝑖𝑢𝑛𝑡𝑖

7. LA COMUNICAZIONE NON CONVENZIONALE

Ci sono alcune caratteristiche che ne hanno favorito la diffusione:

• affollamento comunicativo crescente: le aziende non possono intraprendere gli stessi sentieri
battuti da altre aziende e quindi quelli tradizionali, ma devono intraprenderne altri. La
comunicazione non è più bottom up e quindi fatto dall’azienda, ma molti contenuti delle
attività ora sono definite dal pubblico (es. nelle brand community non ci sono le aziende ma
sono direttamente i consumatori a parlare);
• sviluppo di comunicazione below the line: ciò che agisce al di sotto della soglia di un essere
esplicito in termini di comunicazione. Molti hanno la caratteristica di essere strumenti pull e
quindi attrarre i consumatori, a differenza di quelle pull che lo spingono;
• personalizzazione: come consumatori desideriamo essere raggiunti in modo individuale ed
anche partecipare in modo individuale, avendo la dimostrazione di essere importante. Anni fa
Nike, per i mondiali, è uscito con uno spot in cui faceva vedere tutti quei calciatori che l’hanno
sponsorizzata e cercando sulle nazionali ed i giocatori più promettente però ai primi turni
uscirono le nazionali più blasonate e quindi online cominciò il fenomeno dello spuffing ovvero
della presa in giro in cui a uno a uno i giocatori venivano cancellati specie. Questo per dire che
l’impresa fa di tutto per controllare gli spot, ma le iniziative di marketing non convenzionale
sono la prova del fatto che la guida del processo comunicativo non sia sempre nelle mani delle
aziende;
• forte spinta alla partecipazione: il consumatore non è più passivo nel ricevere una pubblicità
che deve generare persuasione e convincimento. Siamo molto lontani da questa logica perché
qui è il consumatore che decide, si parla di body rental quando una persona si tatua un logo
di un brand in modo autonomo e questa è una forma di sponsorizzazione di un brand;
• sviluppo della tecnologia: quindi la connessione a livello globale a
livello di tempo e spazio ed aiuta anche ad accorciare i tempi di
realizzazione perché se penso qualcosa lo scrivo e lo pubblico
direttamente. Questo ha favorito le iniziative nell’ambito di real
time marketing e quindi strettamente legate al momento, un
esempio è la pubblicità digitale di Barilla dopo una partita di calcio
in cui l’Italia era stata esclusa da qualche competizione. Quando
parlo di qualcosa che è appena accaduto aggancio l’informazione ad
un emozione/informazione saliente nella mente delle persone
perché appena accaduta e quindi ti sorprende perché si è in grado di adattarsi. Allo stesso
modo ci sono annuncio auto foam in strada che si adattano al tempo metereologico;
• abbassamento dei costi di ricorso alle nuove tecnologie: inizialmente, il viral marketing, era
definito di guerrilla marketing ed è nato con un libro che si chiama il marketing è guerra e
veniva utilizzato dalle imprese per avere una comunicazione potente ma ad un prezzo

COMUNICAZIONE D’IMPRESA II 32
ridottissimo. Questo non è più vero però oggi perché la rete è cresciuta in termini di domanda
ed offerta.

Attività di guerriglia marketing:

• stickering: appiccicare in giro per la città stickers che a volte avviene ai


limiti della legalità, altri invece sono legali come la seguente
sorprendendoci in un luogo in cui non spesso non è destinata alla
comunicazione. Questo costa molto meno rispetto ad altre ma richiede
comunque un certo budget, soprattutto se effettuato con le
autorizzazioni. AStyle è nata con la guerriglia marketing inondando la
città con il logo sottoforma di stickers;
• fake site: falsi siti per generare anche fake news che costituiscano oggetti di cui parlare e
catalizzare l’attenzione attorno ad una certa azienda. Anche queste sono iniziative che non si
riesce a riconoscere se fatte dalle aziende o dai consumatori. Può essere anche ai danni
dell’impresa ma che generi molta pubblicità alla stessa impresa ;
• body rental: persone che decidono di occupare una parte del loro corpo tatuandosi un logo
di qualsiasi azienda/squadra/nome di personaggio famoso ecc. Questo modo di diffondere un
certo logo veicola solamente l’immagine coordinata ma si carica di valori ulteriori come
l’obbiettivo di carattere ideale perché le persone che vedo con questo logo hanno un certo
stile di vita ed alimenta l’idea di una proiezione sociale di coloro che sono vicini a questo
brand;
• graffiti:
• twisted protest: o flash mob, fatti per stupire e catalizzare l’attenzione su un certo tema in un
certo momento ed utilizzati negli ambiti più disparati fino ad essere utilizzati nel mondo della
cultura per promuovere gli spettacoli teatrali e quindi le compagnie erano nei centri città per
promuovere una certa forma d’arte oggi ostacolata dalle normative vigenti e quindi per
riportare l’attenzione su un dato argomento. Ci sono anche flash mob con dialettica più
aggressiva per discutere su un certo tema e con un contraddittorio tra le tesi (discussione tra
persone che ambiscono allo stesso oggetto);
• ooP art: le out of place art sono tutte quelle installazioni in cui c’è una componente oggettiva
per generare attenzione. Tempo fa si era inscenata una scena di delivery con babbo natale da
un’impresa di logistica e delivery. Un’altra è stata quella organizzata da Canwood per
promuovere le autoradio inscenando un incidente con un auto in fiamme e quindi transennata
per fare scena ed avvicinandosi a questa scena si poteva sentire solamente l’autoradio a tutto
volume nell’auto perché era l’unica a non essere stata distrutta. Oppure vengono usate
nell’ottica di teasing per preannunciare l’uscita di qualcosa. Un anno Louis Vuitton, a Parigi, si
inscenò una finta vendita di prodotti contraffatti per il problema dei prodotti fake e quindi
all’inizio sembrava un affronto alla marca ma poi si capiva che era fatto dalla marca stessa.

7.1 Viral marketing

Sono attività che stimolano il fatto che i consumatori parlino di un certo prodotto e quindi si porta in
ambito digitale i plus del passaparola in ambito offline ovvero la caratteristica della vividness perché
con il passaparola digitale si fa riferimento a qualcosa che è disponibile nella mente dei consumatori.

In passato si utilizzavano delle forme frictionless, ovvero delle forme inconsapevoli di marketing virale
perché le persone diffondono idee e fanno passaparola inconsapevolmente. Erano nate caselle di
posta elettronica in cui, alla fine di ogni mail, veniva inserita una vignetta ludica con scritto che il
messaggio era realizzato da credimail e questo era marketing virale perché la persona si faceva
COMUNICAZIONE D’IMPRESA II 33
promotore della diffusione di un messaggio. Diverso è invece se c’è una forma classica in cui c’è
un’azione proattiva del consumatore che sceglie di diffondere un certo messaggio consapevolmente
e questa è l’azione classic. C’è sia la consapevolezza di chi diffonde, il consumatore non mette la sua
propria firma e quindi non cambia lo stimolo ma solo se ne fa promotore ed è quello che avviene
quando ricondividiamo link online. Si entra nel marketing virale active nel momento in cui la persona
elabora o propone un messaggio e quindi avviene quando persone appassionate di una marca
producono tutorial di una data marca, oppure le persone che giocano alla play che online diventano
influencer/gamer. Un marketing virale attivo è anche quando un influencer inserisce un prodotto nella
narrazione di una giornata e quindi può essere postato e ricondivido. È incited quando è incitato
dall’azienda e quindi viene ingaggiato dall’azienda che propone alle persone di diventare fonte di
marketing virale, per esempio Baci Perugina che proponeva alle persone di creare nuove frasi da
inserire nei baci perugina e quindi si è creato un passaparola di frasi ed aforismi. Se l’attività nasce a
livello sociale è invece social non convenzionale in cui un gruppo di persone stabilmente parla di un
dato argomento, ad esempio attraverso Instagram soprattutto in questo periodo in cui Nike ecc.
incitano a ripostare e ricondividendo attraverso la pagina del personal trainer una foto
dell’allenamento/post allenamento. In questo caso cresce la reputazione del personal trainer, sia per
la piattaforma che ha reso possibile questo e quindi Nike Training Club ecc. e l’azienda che li organizza.
Tutto questo corrisponde alle caratteristiche dette prime, fa crescere una comunicazione che parte
dal basso, altamente personalizzata perché sono io che scelgo di postare, fare una conversazione ecc.,
stimola e gratifica la partecipazione di tutti perché più si partecipa più ci si sente parte attiva e quindi
si parla di co-creazione perché viene affidato alle conversazioni collettiva. Questo comporta anche dei
rischi, ma il tutto è amplificato da Internet che permette una fluidità e circolarità di comunicazione e
la rapidità di raggiungimento del target.

L’impresa non può stabilire a priori risposte preconfezionate alle domande che arrivano dalla
comunità e queste aziende, soprattutto in questo periodo, in cui si sono dovute adattare. Quindi stare
sul pezzo in termini di marketing virale è dispendioso sia a livello economico che di tempo perché
bisogna rispondere subito e stare al ritmo.

Molto spesso la comunicazione non convenzionale abbraccia tante forme che sono spesso confuse e
quindi non c’è chiarezza nel classificare le forme però ha la caratteristica della circolarità della
comunicazione. Siamo lontano dalle idee di Shannon e Weaver, dalla comunicazione dialogica di un
alternarsi ordinato di emittente e ricevente poiché stiamo parlando di conversazioni che coinvolgono
molte persone a livello globale. Un esempio sono le brand communities che rientrano nel marketing
tribale e sono un ritorno alle origini della comunicazione ed è un processo che vuole arrivare ad un
interscambio fluido ed orizzontale ed aperto di un certo tema. Quindi si osservano sempre di più le
brand communities perché sono attività organizzate all’insaputa dell’organizzazione promuovendo la
personalizzazione dei contenuti e la ricerca precisa delle informazioni. Rispondono anche alla logica
delle nuove tecnologie, infatti sono brand communities online. Le più famose sono le brand
communities di Levi’s e Harley Davidson ma ce ne sono anche alcune di nicchia.

Per parlare di una brand communities bisogna avere 4 caratteristiche “il quadrifoglio” della tribù:

1. attrae sulla base di un tema e quindi ha un raggio di attrazione inteso come un insieme di
soggetti che possono essere presenti in tutto il mondo e quindi ha la possibilità di attrarre
moltissime persone all’interno di sé. per entrare a far parte di una comunità bisogna
condividere idee e passioni ecc., non è un rituale a giudicare se una persona possa entrare o
meno a far parte di una brand communities, ma è un riconoscimento di sé, un auto
riconoscimento;

COMUNICAZIONE D’IMPRESA II 34
2. ha bisogno di luoghi e tangibilità, a volte il luogo può essere anche virtuale che esiste nella
rete. l’importante è che ci sia la possibilità di rappresentarlo e renderlo vivido. in altri casi
invece si tratta di luoghi ispirati e quindi ad esempio i fan club hanno come luogo, anche se
non è detto che ci si trovi lì, il comune o la città di nascita del cantante ad esempio: i fan di
Ligabue hanno come riferimento il bar Mario a Correggio;
3. rituali che fanno riferimento ai riti d’iniziazione delle tribù. Sono delle consuetudini condivise
dai membri e chiamate le regole d’ingaggio da parte delle persone che rientrano nelle BC e
tutto ciò che riguarda il comportamento, ad esempio: in questa BC non si usa un certo
linguaggio, non sono ammessi messaggi commerciali in riferimento alla marca, il tenore e la
lunghezza dei messaggi che vengono inviati;
4. ricorrenze ovvero appuntamenti che la BC si dà e portano la community a fare un punto della
situazione e può essere che si incontrino anche fisicamente.

Quindi la BC risponde alla logica di una tribù e per essere definita tale deve avere i 4 connotati sopra
citati.

Le communities sono importantissime per le imprese perché permette, senza sforzo dell’impresa, di
mantenere viva la dialettica e la consapevolezza di far crescere ed evolvere il concetto di quel brand.
Queste Communities lavorano ogni giorno, ad esempio quelle legate ad un attore, per mantenere vivo
il ricordo, infatti, ce ne sono molte di cantanti che non cantano più, solo per ricordarlo. Ovviamente,
all’interno della BC, se l’azienda delude possono essere argomenti negativi ma spesso sono persone
molto appassionate e quindi la proteggono. Se la colpevolezza diventa netta le BC avvertiranno un
senso di delusione e quindi potrebbero diventare un luogo pericoloso. Però, a parte questi casi, nel
ciclo di vita del prodotto le BC sono i game keeper ovvero i primissimi che ordinano e comprano i
prodotti e lo diffondono agli altri. Non sono solo importanti perché alimentano il valore e la
reputazione ma anche perché partecipano attivamente alla generazione di nuove idee e prodotti ed
infatti si chiamano BC NPD (new product development) ed a cui le aziende fanno riferimento per
raccogliere suggerimenti, nuove idee e possibili miglioramenti dei prodotti.

7.2 Ragioni di adesione alle BC

Se è intriseca vuol dire che è per me e basato sul mio giudizio e su ciò che io sento, quelle estrinseche
invece inseriscono un individuo in un contesto sociale per la ragione del rapporto con gli altri e quindi
il desiderio di ammirazione degli altri o di aiutarli. In entrambi i casi possono essere funzionale, se
produce un utilità in termini razionali, edonistica se produce piacere:

• funzionale intrinseca: es. quando non funziona la rete e lo cerco online, trovo la risposta nelle
BC;
• funzionale estrinseca: es. persone che postano perché vogliono rendersi utili, quindi se sono
la persona che ha appena risolto questo problema ed entro in una community spiegando
come ha risolto un problema;
• edonistica intrinseca: le persone trascorrono tempo nelle BC per passare tempo, nonostante
non abbiano un problema e quindi per una motivazione autotelica perché la BC non è un
mezzo ma un fine perché mi piace avere conversazioni riguardo un dato argomento;
• edonistica estrinseca: il fatto di essere apprezzato dagli altri se le mie idee vengono prese in
considerazione se valorizzate.

Capire perché le persone entrano nelle BC è importante per le aziende ed infatti vengono inseriti dei
rewards per tenere le BC vive.

7.3 Product placement


COMUNICAZIONE D’IMPRESA II 35
È un attività che in UE è stata tardiva perché fino a pochi anni fa non era concessa. Prevede che un
brand venga presentato con un programma audio visivo quale una fiction ecc., essendo che fosse
vietato i prodotti non potevano rientrare in nessun prodotto. Oggi, invece, è possibile ed è anche
segnalato in basso. Il product placement si può anche estendere ai libri come “Il diavolo veste Prada”
che è un tipo di PP cinematografico. Il PP rientra nel marketing non convenzionale perché sorprende,
stupisce ed il brand viene inserito in qualcosa che non è un sito o cartellone pubblicitario. Si può
adottare il PP cinematografico in 4 diversi modi corrispondenti ad un grado di presenza ed obiettivi
comunicativi differenti:

1. screen placement: forma più semplice meramente visiva, il logo o il marchio è sullo sfondo e
non fa parte della narrazione essendo presente solamente in un fotogramma. L’obiettivo è di
mera esposizione ed il prodotto è solamente presente in modo non invasivo ed in modo che
il consumatore non possa skipparlo nonostante magari io non me ne accorga, però non
possono, se lo noto, evitarlo perché fa parte del film. La vita di una pellicola è lunghissima e
quindi di conseguenza anche quella della pubblicizzazione del brand;
2. script placement: il soggetto interagisce con il prodotto, che viene utilizzato, oppure la marca
viene pronunciata come 007 che usa l’Aston Martin. Tanto più usi il prodotto, più difficile è
evitarlo e più facile è notarlo per il consumatore;
3. spot placement: dentro al film si vede una pubblicità/spot di un prodotto come i personaggi
che guardano la tv ed in tv c’è uno spot. Ad esempio, nel film Immaturi si fa pubblicità al “viva
la mamma” di Beretta. Lo spot permette di memorizzare più facilmente il brand ma non ha
implicazioni di caratteri ideali;
4. plot placement: il prodotto è centrale nella narrazione del film e quindi conferisce una svolta
al film, stabilmente legato ai protagonisti e condiziona tutta la storia. Uno degli esempi più
celebri è Forrest Gump in cui Tom Hanks riceve un paio di Nike che gli permettono di correre
e fare il giro del mondo senza una meta precisa.

La pasta Garofalo ha voluto ribadire la sua vicinanza a qualunque tipo di coppia dopo aver “criticato”
Barilla per aver sempre e solo promosso la famiglia tradizionale tra uomo e donna. Quindi Garofalo
subito ha approfittato del passo falso di Barilla e si è subito mostrata pro a qualunque tipo di unione.
Il viral marketing richiede anche di parlare ed affrontare temi non di produzione.

COMUNICAZIONE D’IMPRESA II 36
PUBBLICITà
Tipologia

ludica :
stupore/sorprede/disgusta/iron ideale: coinvolgimento/proiezione
Attivazione carattere emozionale
izza (es. Frisk) della persona verso uno stile di vita
(es. Borbonese)

critica : superiorità del prodotto, do


pratica : info x argomentazione,
Attivazione carattere cognitivo informazioni razionali per farlo
il consumatore conosca meglio
preferire
il prodotto

IMMAGINE : INFORMATIVA : messaggio carattere


suggestioni/emozioni razionale
STRATEGICA : ricordare
TATTICA : stimolare vendita prodotto
Valori di fondo impresa

DI MARCA: propongo il ISTITUZIONALE : promuovo valore


prodotto dell'azienda (es. Enel plastica riciclata)

DI MASSA : flusso unilaterale INTERATTIVA : flusso bidirezionale,


Flusso
one to many coupon da restituire

SOCIALE : sacrificio economico


COMMERCIALE : promuovere
dell'azienda con cui incita i
Natura del messaggio prodotto/caratteristiche del
consumatori ad avere un
prodotto
comportamento responsabile

COMPARATIVA : c'è un confronto che


SINGOLA
deve rispettare seguenti regole:
1. riferimento esplicito al competitors
2. paragone su parametri oggettivi
3. riportare i valori dei parametri
Stili creativi
insiste l'atteggiamento/credenze cognitive ed emotive
TEORIA DEL COMPORTAMENTO
PUBBLICITà DI PROMOZIONE PUBBLICITà D'IMMAGINE
PIANIFICATO : atteggiamento, norme
(razionalità) (suggestioni, produce un'idea)
soggettive, senso di controllo

senso di controllo → riduzione del


messaggio razionale : attributi ricorso ad un personaggio
rischio percepito e del costo: metodo
fisico-tecnici dei prodotti simbolico
per oltrepassare un dato limite (es.
Buitoni con pasta della pizza)
messaggio con argomentazione :
evocazione di una scena di
sottolineare la superiorità del norme soggettive → evento creatore
vita vissuta
prodotto di atmosfera collettiva
dimostrazione/effetto prova :
messaggio che allude alla
dimostrazione effettiva che quel
sessualità senso di controllo → guadagno
prodotto funzioni/stato testato
economico

INIZIATIVA DIRECT MARKETING


elementi distintivi
suddivisione del target in cluster
personalizzazione messaggio
interattività: il consumatore è un soggetto attivo e
quindi il flusso è bidirezionale
redemption netta/lorda :
tasso di risposta, quante
feedback misurabili → persone hanno ricevuto la
mail e quante le hanno
aperte

click through rate : quante


persone hanno cliccato sul
link in una mail
trial rate : quanti hanno
fatto una prova
order rate : quanti hanno
comprato

Potrebbero piacerti anche