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Domande Segreto

1) Cosa è il transmedia storytelling? => cosa è lo storytelling e cosa si intende con storytelling
transmediale

Lo storytelling consiste nel raccontare delle storie che coinvolgano emotivamente gli utenti all’interno
di queste, perché è più semplice ricordare ciò che le persone ci hanno fatto provare, piuttosto che
ricordare quello che un brand ha detto.

Lo storytelling transmediale consiste nel raccontare diverse storie sfruttando le diverse forme mediali,
questo non vuol dire dover trasportare la stessa storia nei media diversi, ciò non avrebbe effetto e
contribuirebbe all’overload informativo. Si creano diverse storie partendo da un progetto coerente e
unificato, che vengono traslate nei diversi media in modo che l’utente passi da una piattaforma all’altra
per avere una visione d’insieme. Inoltre alla base dello storytelling trasmediale sta la creazione di
un’esperienza unificata e condivisibile che porti gli stessi utenti ad indentificarsi nelle storie e ha
diffonderle (spreadability) e cercare a loro volta di creare e diffondere le proprie storie personali.

2) Esempio di comunicazione di brand e d’azienda che sfrutta il transmedia storytelling

Chanel, con la Web series Inside Chanal racconta la storia del brand attraverso 10 capitoli

3) Perché lego è un brand transmediale per eccellenza (come Lego applica questi principi)

Lego è un brand trasmediale che espande le narrazioni in maniera progressiva: dalle serie tv, ai parco
giochi, ai giochi online, ecc. Alla base c’è l’attività di bricolage dei mattoncini che permettono di
scomporre e ricreare un prodotto; di combinare mattoncini di prodotti diversi; e combinare elementi di
prodotti diversi per cui ha senso che Gadalf sia a bordo della morte nera, infatti permette l’unione di
unità narrative formando più mondi narrativi. Inoltre Lego valorizza la partecipazione sfruttando le
piattaforme e dando la possibilità agli utenti di condividere i loro pensieri e proposte come in Lego
Ideas questo sito in cui i consumatori sono invitati a proporre nuovi prodotti che il brand può realizzare.

4) Diversi tipi di segmentazione e marketing => come si segmenta il target

Abbiamo diversi tipi di segmentazioni:

- Geografia: sulla base della città, paese, densità di un posto, clima, ecc
- Demografia: sulla base dell’età, genere, reddito, livello di istruzione, ecc
- Benefici: si racchiudono insieme quelle persone che prevedono lo stesso beneficio da uno stesso
prodotto/servizio
- Comportamentale: le persone vengono raggruppate in gruppi sulla base dei loro comportamenti di
acquisto rispetto ad un brand o un prodotto, es: quanto spesso acquistano un prodotto, secondo
quali utilizzi, ecc
5) Cosa è la segmentazione: è un processo che inizia con l’identificazione e il successivo accorpamento
delle persone in gruppi omogeni sulla base di caratteristiche in comune.
6) Social carency è la capacità di un brand di adattarsi al modo in cui i consumatori gestiscono la loro vita
sui social media.
7) Impronte social: sono il frutto dell’identità digitale di chiunque utilizzi i social media. Le impronte sociali
rappresentano le tracce delle attività svolte nei social, sono molto utili agli operatori di marketing
perché possono permettere di capire il processo che ha comportato un consumatore all’acquisto; in
che modo le persone fanno le ricerche ecc. Si parla anche lifestream: la visione cronologica delle attività
svolte nei social.
8) Diversi tipi di media => media a pagamento, proprietari e acquisiti
I media a pagamento sono quelli in cui, per operare, è previsto un pagamento come nel caso dei display
ad e social ad. I media proprietari sono i media proprietari del brand/impresa come il sito ecommerce,
sito internet, blog. I media Acquisiti sono quei media in cui non è previsto un pagamento ma risultano
essere molto utili perché questo è il luogo in cui avviene il passaparola, le recensioni ecc. L’obiettivo
sarebbe proprio la presenza in questi ultimi, ma per farlo occorre sfruttare anche gli altri due.

9) Perché è sempre più necessario acquistare gli spazi media e sponsorizzare i post

Gli spazi media sono importantissimi perché rappresentano il luogo in cui può avvenire la relazione tra
Brand e Consumatori, una relazione però orizzontale in cui gli stessi consumatori possono prendere
sempre più parte nella realizzazioni di contenuti e nel processo produttivo in quanto sono prosumer.

Sponsorizzare i post è importante in quanto permette di aumentare la visibilità di quel post, che in casi
di mancata sponsorizzazione sarebbe molto bassa. È anche molto utile perché in questo modo anche
chi non segue il brand può venire a conoscenza dei prodotti, del brand e dei contenuti di valore.

10) Perché il concetto di target è sempre meno usato ed è stato sostituito dal termine buyer persona

Il concetto di target risulta essere troppo generico e potrebbe racchiudere al suo interno due persone
del tutto diverse solo perché accumunate dall’età per esempio, dall’essere entrambi uomini, ecc- Per
questo motivo si preferisce il termine buyer personas, nel quale si cerca di creare un utente ideale, il
quale diventerà il protagonista dei nostri messaggi/contenuti: parleremo di loro. Nella buyer personas
identifichiamo un nome, un’età, gli studi fatti, il lavoro, se è sposato, gli hobby, ecc..

11) Esempio di target

Per esempio identificare come il target di riferimento un uomo, tra i 40-50, che vive per una grande
impresa e che guadagna tra i 40.000 e 50.000

12) Cosa è il cluetrain manifesto

È un manifesto realizzato nel 99 da esperti di marketing (Levine, Locke e Weinberger) i quali avevano
percepito che qualcosa stava cambiando, contiene 95 tesi, in quanto il mercato stava diventando
sempre più composto da conversazioni tra umani, nei quali si da voce a sentimenti, pensieri, opinioni
da ascoltare in quanto derivano da una voce umana, aperta, non artificiosa. Le conversazioni possono
cambiare le pratiche commerciali tradizionali

13) Che significa prosumer, si tratta di un nuovo consumatore reso possibile dal web 2.0 e dai nuovi social
media i quali hanno permesso il passaggio da un utente passivo ad un utente attivo. Infatti il
consumatore è un utente attivo che oltre a leggere i contenuti proposti da altri come brand, politici,
istituzioni possono creare loro contenuti (user generated content) e allo stesso modo prendere parte al
processo produttivo condizionandolo. Gli utenti ormai controllano le attività dei brand e fanno in modo
che i valori professati vengano rispettati e inoltre possono far si che i brand abbraccino nuovi valori,
sociali, culturali e politici portando a forme di brand activism generate dal basso.
14) Il sito di lego => Legoidea

Si tratta di un esempio di transmedia branding in cui si genera la partecipazione degli


utenti/consumatori, grazie a questo sito possono condividere le loro idee su prodotti futuri che
vorrebbero che Lego realizzasse.

15) Si parla di Lego come brand fagico, perché?

Lego è un brand di natura fagica in quanto ha la capacità di assorbire proprietà, valori, caratteristiche di
altri prodotti e brand, come nel caso di Lego Dimension un gioco crossover che combina un’interazione
online e offline. Combina elementi lego e videogiochi. Segue la stessa logica della serie Skylanders,
di Disney Infinity e degli Amiibo di Nintendo; in cui il giocatore ha delle minifigure Lego e un portale
che può essere giocato nel gioco stesso.

16) Cosa è il media franchise

Dobbiamo specificare prima cosa si intende con franchise ovvero il contratto tra una compagnia madre
e una o più aziende per cedere la proprietà intellettuale del prodotto a queste.

I media franchise invece sono un insieme di testi in forme mediali diverse e di prodotti tra loro correlati
incentrati su più personaggi o su un’ambientazione comune.

17) Nel libro tuten solomon di parla di un modello chiamato social ethnographics, quali sono gli utenti che
vengono distinti?

Il modello social ethongraphics è stato realizzato da Forester individuando 4 tipologie di utenti:

- Social stars: usano i social per interagire con i brand


- Social savvies: si aspettano l’interazione sui social e considerano questi come parte integrante della
loro vita
- Social snackers: sono d’accordo sull’interazione online con il brand ma non vogliono essere
disturbati quindi preferiscono essere loro a cercare il brand
- Social skippers: non concepiscono l’interazione online con il brand, preferiscono altri canali
-
18) Cosa è la social media policy (interna vs esterna)

La social media policy è un documento importantissimo che deve essere realizzato. Si tratta di un
documento in cui vengono specificate le regole e le procedure che il brand deve rispettare durante la
sua attività nei social. Si divide in interna: rivolta ai dipendenti in cui si stabiliscono le attività che
andranno fatte nei social e se è previsto che i dipendenti abbiano account personali collegati all’azienda
ed eventualmente i contenuti che devono realizzare.

La social media policy esterna, la si trova nel sito del brand, infatti deve essere facilmente reperibile, è
rivolta agli utenti. Vengono elencate le finalità dell’utilizzo dei social, i contenuti che si intendono
realizzare, i comportamenti da evitare (comportamenti violenti, spam) e a chi rivolgersi in caso di abusi.

19) Può anche esserci un piano di crisi nel social media policy? La social media policy deve prevedere un
piano per la gestione di una crisi, è necessario perché in comunicazione le crisi sono dietro l’angolo.
20) Cosa è un piano editoriale e perché è importantissimo per un’azienda quando un’azienda intraprende
un piano di marketing

Il piano editoriale è importante nell’attività di content marketing, racchiude le tematiche e argomenti


che si intendono affrontare nei social da parte di un brand, pianificando i contenuti da pubblicare nelle
varie piattaforme. Nella pubblicazione dei contenuti bisogna ricordare la regola dell’80/20 per cui 20%
dei contenuti possono riguardare attività promozionali rivolte al prodotto; il restante 80% deve
soffermarsi su dei contenuti di valore per gli utenti: informazioni chiave, contenuti di intrattenimento,
ecc.

21) Area del publishing, l’azienda pubblica contenuti, in cosa consiste quest’area?

Questa area è volta alla realizzazione di contenuti i quali acquisiscono un valore molto importante e
possono essere di diversi tipi: foto, testi, immagini, video, audio, infografiche, case studies ecc.
Attraverso i contenuti si veicola conoscenza. In questa area occorre specificare che i contenuti non
vengono realizzati soltanto da aziende/istituzioni/politiche, anche gli utenti prendono parte alla
creazione (user generated content). In questa area rientrano i blog, siti in cui si affrontano delle
tematiche e le informazioni vengono costantemente aggiornate; siti di microblogging (Twitter) simili a
blog ma con un limite di parole acconsentito; siti di media sharing: Instagram, Youtube, ecc.

22) Le 4 aree che vengono identificate nel libro tuten salomon

Le 4 aree dei social sono: social community che ha a cuore la costruzione di una relazione; social
pubblishing; social entertainment, si usano i social come forme di intrattenimento e per far divertire;
social commerce; utilizzo dei social per vendere e acquistare prodotti e servizi, si cerca di creare una
relazione tra venditore e acquirente.

23) Cosa si intende per content publishing (esempi di contenuti e marketing, cosa può pubblicare
un’azienda)

Il content publishing si focalizza sulla creazione di contenuti i quali hanno una centralità nell’attività di
social media marketing, devono essere contenuti di valore per le persone, bisogna ricordare infatti la
regola dell’80/20. Il termine contenuti mette insieme molti elementi: infografiche, casi studio, fogli
bianchi, newsletter, podcast, blog, articoli, video, ecc. Con questi contenuti bisogna cercare di dare
qualcosa agli utenti. Perché questo nuovo marketing non si basa solo sul fare, ma anche sull’avere.

Un esempio di regola dell’80/20 è l’attività realizzata da Redbull per cui ha creato un podcast sul tema
della formula 1 con l’aiuto di un esperto, vediamo qui che non parla solo del suo prodotto.

24) Cosa è il CRM

Il CRM è il Costumer relationship management e si occupa della gestione della relazione con i
consumatori, in modo che questa relazione sia quanto più possibile positiva in modo che i consumatori
riacquistino anche in un secondo momento. Questo perché a livello economico è più fattibile
mantenere gli stessi consumatori piuttosto che trovarne di nuovi. Bisogna controllare quello che i
consumatori dicono sul brand utilizzando gli earned media e cercare di ottenere informazioni su cosa
loro piace per magari proporre nuovi prodotti.

25) Le 4 p del marketing (leve del marketing): le 4 p del marketing sono essenziali perché si concentra su di
queste per la creazione di offerte che abbiano valore per i clienti/possibili clienti. Queste 4 p sono: il
prodotto, prezzo, promozione, punti vendita (la distribuzione del prodotto), con l’avvento del web 2.0 e
dei social media si sta aggiungendo un’altra p: partecipazione, poiché il consumatore/cliente ha assunto
un ruolo di prosumer e può partecipare al processo di produzione del prodotto influenzandolo.
26) Differenza tra crossmedialità e transmedialità

Questi due termini sono diversi in quanto nel primo caso si tratta della pubblicazione di una stessa
storia/oggetto in media diversi, adattando la storia semplicemente ai vari media; nel secondo caso
abbiamo storie ed elementi di storie segmentati in più piattaforme: possiamo avere una storia primaria
e da questa si generano altre storie (più o meno sconnesse) che prendono vita in media diversi.

27) Caratteristiche del transmedia branding (parola legata al transmedia branding => costruiamo
esperienza)

Tenderich ha definito il transmedia branding come il processo di comunicazione in cui l’informazione


della marca è compresa in una narrazione integrata, diffusa attraverso contributi originali e media
diversi con lo scopo di creare un’esperienza interattiva e coinvolgente. Il transmedia branding si
caratterizza per la narrazione integrata utilizzando i media diversi; la partecipazione; il mettere al
centro un’esperienza, coinvolgendo emotivamente gli utenti.

28) I vari livelli per una strategia di social media marketing


29) Social entertainment, come possiamo usare i giochi come forma di comunicazione
I giochi social rientrano nel settore del social entertainment, rappresentano un settore in forte crescita,
in cui oltre all’esperienza di intrattenimento e divertimento vengono usati anche per veicolare messaggi
pubblicitari (in-game advertising) in quanto i giocatori, grazie all’esperienza immersiva dei giochi, i
giocatori sono più propensi ad accettare la pubblicità; Inoltre la scelta per capire in che giochi la
pubblicità debba posizionarsi è molto simile alla scelta dei social media, bisogna tenere conto della
segmentazione, delle funzionalità del gioco ecc. Se ci si posiziona in un gioco molto amato da parte di
un utente; questo può trasmettere questo amore anche al prodotto/brand che appare nella pubblicità;
inoltre spesso i giocatori tendono a volersi identificare con i personaggi che interpretano nel gioco,
quindi magari l’identificazione può essere agevolata acquistando i capi che indossando od oggetti che
utilizzano. Inoltre può essere utile per un brand creare un advergame, si tratta dei giochi creati da una
marca, solitamente imitando alcuni giochi già esistenti; non è un’attività volta al profitto in quanto si
tratta solitamente di giochi disponibili online; ma è volta ad aumentare la notorietà del brand.

30) Si fa riferimento agli ARG, cosa si intende e perché sono utili (giochi)

Gli ARG rientrano nel social entarteinment, sono dei giochi di realtà alternativa, dei generi crossmediali
di fiction in cui si utilizzano i vari media per veicolare i messaggi (Infatti sono una forma articolata di
transmedia storytelling) e si creano delle situazioni iniziali di collaborazione e successivamente di
competizione tra i giocatori in quanto alla fine una sola persona può vincere. Spesso questi giochi sono
sponsorizzati da alcuni brand e solitamente i giocatori tendono molto ad apprezzare il brand per
l’esperienza che ha fatto provare. Sono forme articolate di transmedia storytelling in quanto per
raccontare una storia utilizzano più media, solitamente distribuendo indizi nei vari media

31) Esempio di ARG

Un esempio è Futour 2045 ha coniugato ARG con narrazione collaborativa per la costruzione di una
metodologia per la formazione di transmedia storytelling.

questo gioco crea la possibilità grazia all’omonima azienda di effettuare un viaggio nel futuro, un
viaggio molto costoso, di sola andata, 30 anni dopo rispetto all’anno in cui la persona si trova.
Ovviamente il giocatore sa che si tratta di una finzione, ed è prevista una dinamica continua di ingresso
ed entrata, ma nel momento in cui è immerso nelle condivisioni degli altri utenti e utilizza il sito è come
se si trovasse catapultato. Inoltre vengono combinate anche esperienze offline come workshop ed
eventi di formazione.

Utilizzato come piattaforma di metadesign, utilizzando le regole (che normano la progettazione, in


modo da preservare la continuity e la coerenza tra le diverse espansioni) e i vincoli per la progettazione
di narrazioni esterne all’universo funzionale di Futour come nel caso di 48,3.

32) 48,3 di ARG

È un ARG, iniziato da una richiesta della società biotecnologia Amgen alla scuola Holden di Torino di
creare attorno ad uno dei loro farmaci una narrazione transmediale che coinvolgesse una ventina di
informatori scientifici. Con i responsabili della società è stata costruita la storyworld da cui sono emersi
gli elementi emozionali (divisi in emozioni: speranza, prospettiva di vita, orgoglio; e paure: paura di non
essere il miglior farmaco; non essere più leader; timore del competitor) da cui poi sono stati individuati
i temi.

L’obiettivo da una parte era mostrare agli informatori che l’azienda stava dalla loro parte e poi di creare
un transmedia mindset, attraverso un’esperienza immersiva coerente con gli obiettivi del brand e il
prodotto.
Sono state scelte le piattaforme: un corriere per le spedizioni; una community intra-aziendale; fb; posta
elettronica; sito istituzionale fake; spazio fisico (due centri congressi): vediamo un mix tra piattaforme
digitali e spazi fisici che rimandano ai due tipi di personaggi: Frate e hacker.

Le pratiche di comunicazione transmediale messe in atto dalle comunità legate al brand sono
elementi chiave nell’elaborazione partecipata dei discorsi sull’identità e i valori identitari del brand
stesso.

33) Modello del networked brand narratives (insights)

Questo modello si focalizza sualla condivisione delle narrazioni del brand utilizzando non solo I
linguaggi dei mezzi di comunicazione, ma anche gli stessi mezzi che permettono una relazione tra brand
e utenti. Il modello è rappresentato da una bussola divisa in 4 quadranti, nel primo quadrante abbiamo
la narrazione per insights, qui il brand fa una sorta di auto analisi della sua brand identity con l’obiettivo
di individuare la sua vocazione e poi cerca anche gli insight dei consumatori attraverso le piattafarome
web in modo da individuare dei valori che condividono entrambi;

Poi si passa ad agganciare la partecipazione, diffondendo una storia che sia di valore per gli utenti, nel
quale possano identificarsi e che porti questi a diffonderla (spreadability) e a creare le loro performance
(Per esempio attraverso degli # possono anche loro raccontare le loro storie)

Terzo quadrante: immersione nel flusso per cercare di capire la community, quali sono I linguaggi, I
valori, i luoghi di aggregazione.

Infine abbiamo la call to action, un invito a partecipare alla narrazione (co-creazione) sia in online
(attraverso pulsanti di condivisione ecc) sia offline (per esempio partecipando a degli eventi).

34) Cosa è la spreadability

Letteralmente vuol dire diffondibilità, riguarda la capacità di una storia di essere disperdibile
allontanandosi da chi la ha realizzata, viene diffusa in modo tale che sempre più persone possano
leggerla e identificari a quella storia.

35) Dobbiamo immergerci nel flusso, cosa si intende con questo processo: questo processo rientra nel
terzo quadrante e consiste nel riconoscere il modo in cui è formata la nostra community, i linguaggi che
usa, i valori, gli influencer coinvolti, luoghi, gusti. In questa fase si preferisce sostituire la segmentazione
tradizionale con l’identificazione per raggruppamenti.

36) Chi sono gli influencer (caratteristiche) e cosa è l’influencer marketing

Sono dei content creator che si occupano della realizzazione di contenuti di intrattenimento,
informativi ecc per gli utenti e vengono pubblicati nelle varie piattaforme (possono trovarsi in una sola
o più piattaforme). Devono avere delle competenze nell’ambito in cui si focalizzano, essere coerenti nel
modo di presentarsi/operare; essere capaci di creare una community fedele; avere un capitale sociale
di relazioni, credibilità e fiducia che può essere determinante nella costruzione della sua identità.

L’influencer marketing è una pratica complementare al content marketing in cui l’influencer coo-
partecipazione con un brand alla creazione di contenuti prendendo parte alla creazione del messaggio
della marca.

37) Caso Uffizi e Ferragni (cfr uffizi su Tik Tok)


Un social media team si compone di:
- Un responsabile/strategist che traccia le strategie e definisce gli obiettivi;
- Il content creator che si occupa della creazione dei contenuti fino alla pubblicazione;
- Il graphic designer che fornisce una grafica adeguata, in linea con il brand;
- Il community manager si occupa della comunicazione con i clienti sui social media;
- Il social media advertiser che progetta le campagne, test e contenuti in grado di
portare un ritorno economico in azienda;
- Il social media analyst che studia i dati emersi dalla presenza sui social;
- Il responsabile per l’influencer marketing che si occupa si occupa di tutto il mondo
delle pubbliche relazioni, crea e monitora i contenuti che gli influencer producono e pubblicano.

38) Modello LARA

Rientra nell’attività del social recovery, attività volta far migliorare nel consumatore la percezione del
brand. Il paradigma LARA è composto da 4 fasi:

- Listem/ascolto: si monitorano le conversazioni sul brand/prodotto


- Analisi: si analizza quanto è stato detto
- Relate: si collegano le informazioni raccolte con quelle dell’azienda
- Azione: si utilizzano le informazioni raccolte per migliorare l’azienda
39) Brand activism

È un’attività in cui è coinvolta la marca come attore sociale, prendendo parte in delle tematiche
controverse, mostrando la propria opinione e posizione. Non deve essere un’attività soltanto di
“facciata” per fare profitto e far vedere che anche il brand si esposto in quell’argomento; deve essere
un’attività che si interseca con il core business dell’azienda e quindi presentare dei valori che l’azienda
fa propri. Esempi di brand activism sono rappresentati da Ikea che si pone a favore delle coppie
omosessuali; oppure Dove che dà sempre ha invitato le donne ad apprezzarsi per la loro bellezza
naturale e le loro imperfezioni; svelando i misteri dietro alle modelle da copertina.

Questo tipo di attività non presenta dei vantaggi a livello economico e quindi di profitto, ma i vantaggi
riguardano sicuramente l’identità di marca e il posizionamento che la marca assume nella mente delle
persone, soprattutto se si tratta di persone che hanno a cuore quelle tematiche e quindi potrebbero
decidere di supportare il brand.

Potrebbe succedere che questo tipo di attività parta dal basso, da dei stakeholder.

40) Cosa è un lovemark

Un lovemark è un brand che oltre ad essersi guadagnato il rispetto è stato in grado di creare una
relazione affettiva con il consumatore, il quale prova dei sentimenti simili a quelli dell’innamoramento.
Questo è possibile attraverso i diversi touchpoint tra brand e clienti e anche attraverso narrazioni di
storie in cui le persone possano riconoscersi e sentirsi emotivamente coinvolte.

41) Social media strategy: fasi


- Analisi, suddivisa in ascolto interno ed esterno. Questa fase è volta ad analizzare sia il modo di
operare dell’azienda e anche a stabilire quelli che sono i valori, la mission (la ragione d’essere) e la
vision (la visione futura, come il brand si promette di diventare). Nell’analisi esterna invece si
analizza il mercato, quali sono i clienti, i competitor, gli influencer e anche i temi maggiormente
affrontati.
Queste analisi possono essere combinati nell’analisi SWOT.
- Pianificazione: si stabiliscono gli obiettivi (SMART) e la segmentazione e le buyer personas (di loro
dobbiamo parlarne nei nostri contenuti)
- Implementazione: si stabilisce il budget, i contenuti (piano editoriale) e i canali nei quali inserirsi
- Valutazione: si usano le KPI per vedere se le attività che stiamo svolgendo ci permettono di
raggiungere gli obiettivi prefissati
42) Social media listening

È l’attività di ascolto, monitorando le conversazioni online. È fondamentale per capire cosa le persone
pensano dei prodotti e più in generale del brand. Attraverso questa attività potremmo venire a
conoscenza di aspetti che non vanno bene; oppure sapere cosa invece piace; cosa cambierebbero,
inoltre potrebbero esserci informazioni che se ascoltante permetterebbero di rafforzare il sentiment
positivo della community nei nostri confronti. Inoltre attraverso questa pratica si potrebbero conoscere
i trend in costante crescita, che il brand potrebbe sfruttare.

Questa attività è resa possibile dai social, ma è un’attività che veniva fatta anche prima ma in una
maniera molto più dispendiosa a livello economico attraverso focus group.

43) Come si struttura un’attività di ascolto

Si divide in ascolto interno ed esterno. Nell’ascolto interno si susseguono una serie di domande per
capire i like, se riceviamo commenti, chi commenta, se c’è interazione; se i contenuti piacciono, se
rispondiamo ai commenti, che toni usiamo, ecc..

Nell’audit esterno invece cerchiamo di capire bene chi sono i nostri consumatori, come sono, cosa
fanno ecc; chi sono i nostri competitor, come usano i social, se sponsorizzano i post, le strategie che
usano; si monitorano anche i trend e gli influencer

44) Nella ricerca di Boccertieri, si parla del sé neo liberale, cosa si intende?
45) 4 strategie (performance) di relazione
46) Cosa sono le echo chambers
47) Cosa è l’ingiunzione alla partecipazione

Si tratta delle piattaforme, le quali attraverso le lo affordance, il modo in cui sono realizzate, sollecitano
gli utenti sia alla relazione ma anche alla partecipazione nella creazione dei contenuti.

48) Cosa è lo ZMOT

Rappresenta il momento zero della verità, lo stadio del processo decisionale di acquisto im cui il
consumatore stimolato da un bisogno, raccoglie informazioni in rete e valuta se acquistare o meno un
dato prodotto, prima di entrare in contatto con questo (recandosi nel punto vendita).

Abbiamo anche il FMOT: il primo momento verità: è il momento in cui il potenziale cliente entra in
contatto fisico col prodotto, nel momento in cui si trova davanti allo scaffale e decide quale prodotto
comprare tra le varie alternative.

SMOT, secondo momento verità, avviene dopo l’acquisto. Il cliente dopo aver acquistato il prodotto
verifica se le sue aspettative sono state soddisfatte sulla base dell’esperienza d’uso e consumo e sulla
base di questo momento orienta le decisioni successive.

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