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CONSUMI

Il marketing esperienziale secondo Bernd Schmitt:


applicazione a The Disney Store Italia

Lia Zarantonello

1. Introduzione: il marketing esperienziale

Negli ultimi vent’anni, l’esperienza di acquisto e quella di consumo


sono progressivamente entrate a far parte del dibattito per la definizio-
ne di strategie di marketing innovative e adeguate alla mutata realtà so-
ciale. L’attenzione per gli aspetti esperienziali del consumo ha origini
lontane (Brown s.d.), ma è soltanto negli anni ’80 che si è sviluppato un
ramo di ricerca accademica, grazie soprattutto ai contributi di Hol-
brook e Hirschman (1982). Le radici di quest’orientamento affondano
nella volontà di considerare aspetti del consumo sino ad allora in gran
parte ignorati, come l’importanza delle emozioni e del simbolismo, la
natura affettiva, razionale e d’azione del consumatore e il suo desiderio
di divertimento e piacere, il ruolo del consumatore oltre all’atto d’ac-
quisto, nell’uso del prodotto e nella scelta del brand (Addis e Holbrook
2001).
Partendo da questi presupposti, negli ultimi anni sono state formu-
late teorie di marketing che cercano nell’offerta e nella pianificazione di
esperienze un valore aggiunto, attraverso il quale l’impresa può soddi-
sfare i consumatori e differenziarsi dai concorrenti. Ciò è dovuto al fat-
to che gli individui sono sempre più maturi, esigenti e selettivi nei con-
sumi (Fabris 1995; 2003) e «danno per scontato le caratteristiche e i be-
nefit funzionali, la qualità dei prodotti e una brand image positiva.
Quello che vogliono sono prodotti, comunicazione e campagne di
marketing che abbaglino i loro sensi, tocchino il loro cuore e stimolino
la loro mente. Vogliono prodotti, comunicazione e campagne con i qua-
li relazionarsi e che possano incorporare nel loro stile di vita. Vogliono
prodotti, comunicazione e campagne di marketing che forniscano un’e-
sperienza» (Schmitt 1999, 22). Allo stesso tempo, l’attuale situazione di

Lia Zarantonello è laureata in Relazioni Pubbliche presso l’Università Iulm di Milano.

MICRO & MACRO MARKETING / a. XII, n. 3, dicembre 2003 387


crescente saturazione presente in tutti i livelli del sociale rende necessa-
ria un’azione più decisa da parte dei soggetti che comunicano (Code-
luppi 2001). L’offerta di esperienze, dunque, sembra permettere all’im-
presa di distinguersi marcatamente dai concorrenti, comunicando inten-
samente il proprio immaginario di marca (Codeluppi 2000) e rendendo
il consumatore partecipe di quest’ultimo.
Attualmente non esiste un marketing esperienziale unanimemente
accettato e condiviso, ma molteplici teorie basate su presupposti diffe-
renti (O’Sullivan e Spangler 1998, Pine e Gilmore 2000, Schmitt 1999).
Nonostante ciò, è possibile intendere quest’approccio come un insieme
di strategie aziendali finalizzate alla produzione di esperienze che coinvol-
gano il consumatore in modo intenso. Una delle teorie oggi ritenute più
valide e autorevoli è quella elaborata da Schmitt (1999). L’obiettivo di
questo scritto è analizzare quanto proposto dall’autore, individuandone
i punti di forza e di debolezza. A tal fine, si presenterà la teoria nei
suoi concetti fondamentali, per poi applicarla al caso italiano The Di-
sney Store.

2. Il marketing esperienziale secondo Schmitt

La teoria di Schmitt prende spunto da concezioni di carattere neu-


robiologico e psicologico, tra le quali spicca la visione modulare della
mente di Pinker (2000). Sulla base di questi contributi, l’autore eviden-
zia come qualsiasi esperienza non debba essere considerata da un punto
di vista unitario, bensì da uno modulare: egli, infatti, sostiene che «la
modularità della mente, ovvero il pensiero secondo il quale la mente è
composta da aree funzionali specializzate, offre una metafora significati-
va e una lezione pratica per il marketing esperienziale: le esperienze
possono essere suddivise in differenti tipologie» (Schmitt 1999, 63-64).
Anche nell’ambito dei consumi, dunque, l’esperienza può essere
scomposta in più moduli o Strategic Experiential Module (Sem), ognuno
dei quali si caratterizza per proprie strutture e processi interni e con-
sente all’impresa di raggiungere determinati obiettivi:

• il Sense ha il compito di fornire al consumatore piacere estetico,


euforia, bellezza e soddisfazione attraverso un coinvolgimento polisen-
soriale. Il livello di stimolazione fornito deve essere valutato con molta
attenzione: se inferiore a quello ottimale, l’impresa potrebbe non rag-
giungere gli obiettivi prefissati; se superiore, essa potrebbe produrre un
«totalitarismo estetico» (Schmitt e Simonson 1997, 281), ovvero una si-
tuazione di eccesso comunicativo sgradevole per il consumatore;

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• il Feel riguarda la stimolazione di un’esperienza di tipo affettivo.
Per far ciò, l’impresa deve essere in grado di suscitare nell’individuo
stati d’animo, emozioni e sentimenti di varia natura e intensità, ma co-
munque positivi. L’obiettivo è instaurare un legame stretto tra brand e
consumatore, aumentando la possibilità che questo rimanga fedele;
• il Think richiama l’intelletto dell’individuo, attivando esperienze
creative, cognitive e di problem solving. Attraverso questo modulo,
l’impresa può portare innanzitutto a una rivalutazione di se stessa, dei
propri prodotti e brand. Essa, inoltre, può condurre a veri e propri salti
di paradigma nella società, mettendo in discussione vecchi assunti e
aspettative;
• l’Act spinge l’individuo a vivere esperienze relative al corpo, ade-
rire a uno stile di vita e interagire con altri individui. L’obiettivo è ar-
ricchire la vita del consumatore, migliorando le sue esperienze fisiche e
mostrandogli modi alternativi di agire;
• il Relate mette in relazione l’individuo con un ampio contesto so-
cio-culturale. Stimolando questo modulo, l’impresa può proporre il pro-
prio brand come nuova base delle relazioni sociali, portando il consu-
matore a relazionarsi con gli altri individui attraverso l’acquisto e l’uso
dei propri prodotti. Lo scopo finale è la creazione di una brand com-
munity, nella quale la marca è assunta come centro di organizzazione
sociale e il consumatore ricopre un ruolo attivo.

Per stimolare uno o più moduli, l’impresa deve ricorrere ai fornitori


o Experience Provider (ExPro), che costituiscono una sorta di marketing
mix esperienziale. Si tratta di:

• comunicazione, interna ed esterna;


• identità visiva/verbale, ovvero nome, logo e altri codici di marca;
• presenza del prodotto, intesa come design e packaging del prodot-
to, product display e brand character;
• co-branding, che comprende eventi, sponsorizzazioni, partnership,
licensing e altri accordi cooperativi;
• spazio fisico, come edifici, uffici, fabbriche e punti vendita;
• sito Web e nuovi media;
• persone, ovvero chiunque possa essere associato all’impresa o al
brand, dal personale di contatto ai rappresentanti aziendali.

Con questi fornitori l’impresa può stimolare uno o più moduli, dan-
do così origine a diversi tipi di offerta. In particolare, si possono co-
struire: un’esperienza mono-modulare, derivante dall’attivazione di un
solo modulo; un ibrido esperienziale, derivante dall’attivazione di più

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1 S 2 S

F F

3 S 4 S

F R F

A T A T

FIG. 1. L’Experimental Whell.


Fonte: Adattato da Schmitt (1999, 213).

moduli; un’esperienza olistica, risultante dall’interazione di tutti i mo-


duli e fine ultimo della teoria di Schmitt. Lo strumento da utilizzare nel
processo di costruzione è l’Experiential Wheel (fig. 1), che evidenzia i
collegamenti tra moduli e consiglia un ordine di stimolazione. Il punto
di partenza è il Sense, in grado di attrarre e motivare il consumatore.
Poi vi è il Feel, che rende l’esperienza soddisfacente a livello personale.
Il Think, invece, aggiunge una dimensione cognitiva all’offerta. Il mo-
dulo successivo è l’Act, il quale implica un impegno di tipo comporta-
mentale. Il Relate, infine, rende l’esperienza rilevante in un contesto più
ampio. L’impresa può scegliere se stimolare i moduli gradualmente,
passando da un’esperienza mono-modulare a una olistica, o contempo-
raneamente, creando da subito un’esperienza olistica: mentre nel primo
caso l’Experiential Wheel servirà per sviluppare prodotti già esistenti,
nel secondo esso sarà adottato per lanciare prodotti nuovi. Ad ogni
modo, una volta completato il processo di costruzione, si definisce
l’Holistic Playing Field: un campo d’azione che delimita qualsiasi opera-
zione futura.
Il secondo strumento di pianificazione proposto da Schmitt è l’Ex-
periential Grid (fig. 2). Esso mette in relazione moduli e fornitori e per-
mette di studiare quattro aspetti strategici, centrali per la gestione del-
l’esperienza:

390
Identità visiva Presenza del Sito Web e
Comunicazione Co-branding Spazio fisico Persone
verbale prodotto nuovi media

Sense Arricchire vs. semplificare

Estendere vs. restringere


Intensificare
Feel Collegare
vs. moderare

Think

Act
Separare

Relate

FIG. 2. L’Experimental Grid.


Fonte: adattato da Schmitt (1999, 219).

• l’intensità, che riguarda l’uso di uno specifico ExPro per stimola-


re uno specifico Sem. Graficamente, è rappresentabile all’interno di
ogni cella della griglia. L’impresa deve valutare il giusto livello di stimo-
lazione, scegliendo se intensificare o moderare la propria offerta;
• la portata, relativa all’uso di più ExPro per stimolare uno stesso
Sem. Graficamente, è rappresentabile con una freccia orizzontale che
simula l’addizione di più fornitori per ogni modulo. L’impresa deve de-
cidere se arricchire o semplificare uno specifico Sem, utilizzando uno o
più ExPro;
• la profondità, relativa all’uso di uno stesso ExPro per stimolare
più SEM. Graficamente, è rappresentabile con una freccia verticale che
simula l’estensione di un fornitore da un’esperienza mono-modulare a
una olistica. L’impresa deve stabilire se estendere o restringere uno spe-
cifico ExPro, attivando uno o più Sem;
• il legame, che riguarda le relazioni tra gli elementi della griglia.
Graficamente, è rappresentabile con una curva che taglia trasversalmen-
te le celle. L’impresa deve capire quale legame instaurare tra Sem ed
ExPro, scegliendo se collegarli o separarli.

Moduli, fornitori, ruota e griglia sono i concetti fondamentali svi-


luppati da Schmitt: nel prossimo paragrafo essi saranno applicati al caso
italiano The Disney Store.

391
3. Applicazione a The Disney Store Italia

Uno degli ambiti di applicazione più studiati del marketing espe-


rienziale è costituito dai punti vendita e, in particolare, dai concept sto-
re. Facendo propria la tradizione di The Walt Disney Company, la ca-
tena The Disney Store propone in tutto il mondo luoghi nei quali gli
individui possano entrare in contatto con l’immaginario disneyano.
Nata negli Stati Uniti nel 1987 e arrivata in Europa nel 1991, la catena
ha aperto il primo punto vendita in Italia a Torino nel 1996, seguito da
Firenze, Venezia e Modena nel 1997, Padova e Bergamo nel 1998,
Roma, Napoli e Bari nel 1999, Milano nel 2001. I Disney Store italiani
sono rilevanti nel panorama internazionale poiché perseguono strategie
di tematizzazione localizzata: questo vale soprattutto per i punti vendita
situati in importanti centri storici, economici e culturali, ritenuti tra i
più spettacolari al mondo. Dall’autunno 2002, inoltre, l’Italia è uno dei
due Paesi europei scelti per la sperimentazione del concept store «Di-
sney Play», rivolto ai più piccoli.
Per applicare la teoria di Schmitt, s’intende partire dagli Strategic
Experiential Module. L’esperienza offerta da The Disney Store Italia si
compone di tutti e cinque i moduli:

• il Sense è presente per l’attivazione di vista, tatto e udito. La vista


è stimolata dai punti vendita stessi, dalla loro spettacolarizzazione e te-
matizzazione. Ogni elemento è altamente eye-catching e progettato per
attirare l’attenzione del consumatore. Ciò è evidente soprattutto negli
store di Firenze, Venezia, Roma e Milano, nei quali il tema Disney è as-
sociato rispettivamente al Rinascimento, alla tradizione veneziana, al-
l’antica Roma e alla moda. Il tatto è stimolato dalla merce, spesso priva
di packaging e posta su scaffali facilmente raggiungibili anche dai più
piccoli. L’udito è stimolato dal maxi-schermo che trasmette ininterrotta-
mente video sonorizzati sulle novità disneyane;
• il Feel è attivato sfruttando il legame esistente tra gli individui e il
brand Disney. Gli store sono concepiti per far sentire il consumatore
parte di un mondo fantastico, cordiale e rassicurante, privo di violenza
o volgarità, rispecchiando in questo modo l’immaginario creato dalla
Company nel corso degli anni. I prodotti, inoltre, richiamano ricordi
personali e suscitano emozioni legate ai personaggi disneyani, conosciuti
attraverso film e fumetti. I commessi o «cast member», infine, danno
all’atmosfera un tocco umano e famigliare;
• il Think è presente poiché, varcando la soglia degli store, il con-
sumatore è incoraggiato a immergersi nell’immaginario disneyano, di-
menticando i problemi esterni e liberando la propria immaginazione.

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Nei Disney Play di Bergamo e Modena, fantasia e creatività sono attiva-
te anche attraverso aree dedicate: nel «Corner delle vanità», ad esem-
pio, le bambine sono invitate a sedersi a una postazione di bellezza e
giocare. Altre stimolazioni sono individuabili nei concorsi a premi;
• l’Act è attivato in ognuna delle sue tre accezioni. Le esperienze fi-
siche stimolate sono il movimento, l’esplorazione e, limitatamente ai Di-
sney Play, il gioco. In secondo luogo, gli individui sono invitati ad ade-
rire a uno stile di vita ben preciso, conforme all’immaginario disneyano
e all’insegna di valori tradizionali come la famiglia, l’educazione e la fi-
ducia. Infine, è favorita l’interazione tra individui: tra consumatori e
cast member in tutti gli store, tra soli consumatori nei Disney Play;
• il Relate è stimolato innanzitutto attraverso il richiamo al brand
Disney, insieme alle sue valenze e specificità: tale brand è relazionale
per eccellenza, in quanto evoca valori positivi e buoni sentimenti, tra i
quali condivisione e altruismo. Allo stesso tempo, gli individui sono
spinti a relazionarsi con altri attraverso i prodotti venduti. Ciò, tuttavia,
avviene soltanto se essi acquistano un articolo per donarlo, quando cioè
il prodotto diventa regalo. Non a caso, The Disney Store Italia si posi-
ziona come «miglior negozio di articoli da regalo».

Per stimolare questi moduli, la catena s’avvale di tutti gli Experience


Provider tranne sito Web e nuovi media. Considerando il rapporto im-
presa-consumatore, sono impiegati:

• la comunicazione esterna, con particolare attenzione a relazioni


pubbliche e promozioni. Tra le forme promozionali preferite vi sono
gli sconti diretti sui prodotti, il buono sconto e la consegna di un
omaggio al raggiungimento di una spesa minima. Poca importanza
hanno invece direct marketing e pubblicità, per la quale non è mai
esistito un budget;
• una potente identità visiva/verbale, che richiama l’immaginario di-
sneyano e sfrutta il cognome di colui che viene descritto come il pionie-
re dell’economia delle esperienze (Pine e Gilmore 2000). Il brand, com-
posto dai termini «Disney» e «Store», a livello denotativo indica che si
tratta di punti vendita disneyani, mentre a livello connotativo ricorda le
esperienze associate al pervasivo nome «Disney» e crea aspettative pre-
cise sui prodotti venduti. Anche visivamente il brand è immediato. La
parola «Disney» è scritta in caratteri corsivi rossi che riproducono la
firma di Walt, mentre «Store» è scritta in stampatello minuscolo grigio,
in caratteri più moderni e meno aggraziati. Accanto a questa versione
ufficiale del logo, ve ne sono altre nelle quali il colore delle parole cam-
bia. Se da una parte il lettering rimane immutato, dall’altra il colore è

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uno strumento con il quale giocare, conferendo al logo sfumature se-
mantiche differenti in base al contesto;
• la presenza del prodotto, intesa come merce, packaging e brand
character. La merce è esposta in modo da essere una parte centrale
dell’esperienza: essa è abbondante, onnipresente, colorata, morbida e
invitante, raramente racchiusa in packaging. Anche i brand character
costituiscono una presenza fondamentale, in quanto a riprodurre i per-
sonaggi del brand non sono solo i prodotti, ma anche gli elementi sce-
nografici;
• il co-branding, specialmente le sponsorizzazioni. Sinora The Di-
sney Store Italia ha supportato eventi di carattere culturale o sportivo,
tra i quali spicca la Mini Run di Firenze;
• lo spazio fisico, ovvero i punti vendita. Nel mondo, i Disney Sto-
re hanno subito alcune trasformazioni: dal 1987 al 1995 essi apparten-
gono alla fase «Pink & Green», caratterizzata dai colori rosa e verde
pastello; dal 1995 al 2000 alla fase «Piperail», che riproduce un set ci-
nematografico; dal 2000 alla fase «New Concept», che propone un
design più fresco, tecnologico e moderno. Dal 2001, inoltre, la catena
sta specializzando i punti vendita, dividendoli in «Disney Play» e «Di-
sney Home». Nel nostro Paese la prima fase non è presente, poiché è
antecedente all’apertura del primo store. La seconda è presente sia nel-
la sua versione standardizzata (Torino, Padova, Napoli e Bari), sia in
quella localizzata (Firenze, Venezia e Roma). In quest’ultimo caso, i ne-
gozi si caratterizzano per elementi «Piperail», come la montagna di pe-
luche o il maxi-schermo, e per l’integrazione del tema Disney con uno
tipico della città. La terza fase è presente solo a Milano, in versione lo-
calizzata. Il punto vendita milanese, infatti, si caratterizza per l’unione
del tema Disney a quello della moda e per essere organizzato in più
ambienti (lo studio dello stilista, la passerella, il momento clou della
sfilata). Infine, a Bergamo e Modena è presente «Disney Play», conce-
pito in aree tematiche e dotato di spazi d’evasione come il «Corner
delle vanità»;
• le persone, intese come cast member. Identificabili grazie a una
divisa blu, i commessi dei Disney Store sono cordiali, favoriscono il dia-
logo con gli individui e spingono questi ultimi a provare la merce. Il
loro ruolo è fondamentale, specialmente nei paesi come il nostro dove
non esiste un parco Disney: essi sono infatti l’unico punto di contatto
umano con il brand. Consapevole di ciò, The Disney Store Italia dedica
molta attenzione alla selezione, al training e all’aggiornamento dei cast
member, i quali devono avere una buona conoscenza sia dei prodotti
sia dell’attività della Company.

394
S

R F

A T

FIG. 3. L’Experimental Wheel in the Disney Store Italia.


Fonte: nostra elaborazione.

A questo punto, avendo descritto Sem ed ExPro, si passa ad appli-


care gli strumenti proposti da Schmitt. Attraverso l’Experiential Wheel,
si può notare come The Disney Store Italia abbia stimolato un’esperien-
za olistica sin dall’apertura del primo negozio a Torino, nel 1996: già
allora, infatti, l’esperienza offerta comprendeva aspetti sensoriali, affetti-
vi, cognitivi, d’azione e relazione così come descritti in precedenza. In
questo caso, l’Holistic Playing Field si caratterizza per l’immaginario, il
bestiario e i valori disneyani, oltre che per la definizione dei punti ven-
dita come luogo di riferimento privilegiato nel quale entrare in relazio-
ne con il brand Disney e aggiornarsi sulle novità della Company. Quan-
to affermato è riassunto nella figura 3.
Attraverso l’Experiential Grid, si possono studiare le relazioni esi-
stenti tra Sem ed ExPro. Sulla base di quanto osservato sinora, tali rela-
zioni sono riassunte nella figura 4. Qui di seguito, si riportano alcune
riflessioni sugli aspetti strategici dell’esperienza, insieme ai suggerimenti
ricavabili:

• l’intensità, che si è scelto di esprimere con una scala valoriale a


quattro livelli. Nella griglia prevalgono le celle con assenza di stimola-
zione, mentre quelle con intensità massima risultano incrociando Sense,
Feel e Act con identità visiva/verbale, presenza del prodotto e spazio fisi-
co. The Disney Store Italia dovrebbe innanzitutto colmare le celle vuo-
te, per poi intensificare quelle con una stimolazione debole o media.
L’azienda potrebbe colmare Relate/spazio fisico, proponendo i punti
vendita come luoghi d’incontro alternativi nei quali gli individui si rela-
zionino l’uno con l’altro per mezzo del brand;
• la portata, che si può cogliere leggendo la griglia in senso orizzon-

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Identità visiva Presenza del Sito Web e
Comunicazione Co-branding Spazio fisico Persone
verbale prodotto nuovi media

Sense

Feel

Think

Act

Relate

= assenza di = stimolazione = stimolazione = stimolazione


stimolazione debole media forte

FIG. 4. L’Experimental Grid in The Disney Store Italia.


Fonte: nostra elaborazione.

tale. I moduli più arricchiti sono Sense, Feel e Act, attivati da sei fornitori
su sette, mentre quello più semplificato è il Relate, attivato da soli due
fornitori. The Disney Store Italia dovrebbe innanzitutto arricchire questo
modulo, colmando come si è già suggerito Relate/spazio fisico, ma anche
Relate/comunicazione. A tal fine, si potrebbero sviluppare campagne che
evidenzino la valenza relazionale del brand e dei prodotti Disney Store,
proponendo questi ultimi come possibili regali, intesi come mezzi alter-
nativi attraverso i quali relazionarsi con altri individui. In questo modo,
l’azienda renderebbe più esplicito il proprio posizionamento;
• la profondità, che si può cogliere leggendo la griglia in senso verti-
cale. I fornitori più estesi sono identità visiva/verbale e presenza del pro-
dotto, che stimolano i cinque moduli, mentre quello più ristretto è sito
Web e nuovi media, totalmente inutilizzato. The Disney Store dovrebbe
innanzitutto sfruttare le potenzialità di questo fornitore, attivando da
subito tutti i moduli esperienziali;
• il legame, concentrato nelle celle in cui l’intensità raggiunge il suo
livello maggiore. Qui, infatti, si trovano i legami privilegiati attorno ai
quali The Disney Store Italia si muove: qualsiasi altro ExPro utilizzato
o Sem stimolato è in qualche modo collegato a esse. Una volta utilizza-
to il fornitore sito Web e nuovi media, l’azienda potrebbe integrare la
dimensione virtuale dell’offerta con quella fisica, creando una sorta di
circoli virtuosi e di continui rimandi tra l’una e l’altra dimensione.

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È chiaro dunque che l’esperienza offerta, nonostante sia olistica,
presenta molteplici carenze in termini di intensità, portata, profondità e
legame: tali carenze dovrebbero essere prese in considerazione da The
Disney Store Italia per rendere più ricca, coinvolgente e rilevante la vi-
sita a uno dei suoi punti vendita. Non a caso, più autori sostengono che
i Disney Store nel mondo non rispecchino la tradizione disneyana e non
propongano niente di profondamente diverso da quanto vivibile in
qualsiasi altro negozio. Secondo Pine e Gilmore (2002), The Disney
Store non è stata in grado di far leva sulla conoscenza acquisita dalla
Company nei settori dei parchi a tema, dei film, della musica e del bu-
siness online, producendo così semplici «retail store» al posto di spetta-
colari «retail experience».
Tutto ciò è confermato dai risultati poco entusiasmanti ottenuti da
The Disney Store negli ultimi anni. A partire dal 2000, oltre cento pun-
ti vendita sono stati chiusi. Inoltre, come accennato, nel 2001 è stata av-
viata negli Stati Uniti e in Europa la sperimentazione di due nuovi con-
cept store specializzati: Disney Play e Disney Home, il cui successo po-
trebbe determinare il riposizionamento dell’intera catena. Bisogna an-
che tener presente che, a livello di corporate, i Disney Store rappresen-
tano soltanto una delle difficoltà che la Company sta affrontando. La
crisi economica e gli effetti legati all’11 settembre hanno influito negati-
vamente sulle varie attività, in particolare sui parchi a tema, causando
perdite ingenti e una caduta dei titoli azionari (Visconti 2002).

4. Conclusioni: verso una prospettiva esperienzial-relazionale

Dall’applicazione della teoria di marketing esperienziale al caso ita-


liano The Disney Store è emerso innanzitutto che gli strumenti concet-
tuali e operativi elaborati da Schmitt sono in grado di fornire una visio-
ne completa dell’esperienza offerta, nella sua totalità e nelle sue partico-
larità. Attraverso l’Experiential Wheel, l’impresa può identificare la ti-
pologia d’esperienza nel suo complesso: mono-modulare, ibrida oppure
olistica, a seconda dei moduli stimolati. Questo strumento, dunque, for-
nisce una visione totale di quanto offerto. Al contrario, attraverso l’Ex-
periential Grid, l’impresa può cogliere nel dettaglio le relazioni tra mo-
duli e fornitori, studiare gli aspetti strategici dell’esperienza e valutarne
le possibilità di sviluppo o miglioramento. Questo strumento, dunque,
fornisce una visione particolare di quanto offerto.
Allo stesso tempo, però, la teoria, come del resto il marketing espe-
rienziale più in generale, risponde al desiderio di coinvolgimento e spet-
tacolarità del consumatore odierno, ma non a quello altrettanto impor-

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tante di personalizzazione. Ciò è dovuto al fatto che l’esperienza costi-
tuisce un’offerta economica personale e memorabile, ma non persona-
lizzata (Pine e Gilmore 2000). È personale poiché si manifesta all’inter-
no dell’individuo, con la conseguenza che ogni esperienza viene vissuta
in modo differente da ogni consumatore. È memorabile poiché, mentre
il lavoro dell’impresa svanisce con la performance, il suo valore rimane
a lungo nella memoria dell’individuo. Non è personalizzata in quanto
l’esperienza offerta, non quella vissuta, è uguale per tutti e non è il ri-
sultato di una relazione tra impresa e consumatore finalizzata all’ap-
prendimento reciproco, alla co-determinazione dell’offerta o alla co-
evoluzione tra le parti.
Per personalizzare l’offerta si potrebbe integrare l’approccio relazio-
nale al marketing con quello esperienziale, ottenendo due ordini di pos-
sibili benefici. Da una parte, le tecniche relazionali potrebbero essere
utilizzate per articolare l’esperienza offerta secondo la personalità e gli
interessi di ogni individuo. Dall’altra, si potrebbe gestire con più effica-
cia e consapevolezza il contesto, fisico o virtuale, nel quale la relazione
viene sviluppata e superare una delle principali criticità del marketing
relazionale, in base alla quale l’impresa cerca una relazione con il con-
sumatore senza però condividerne le emozioni (Cova 1997). Una pro-
spettiva esperienzial-relazionale, dunque, permetterebbe all’impresa di
soddisfare maggiormente il consumatore odierno: narcisista, individuali-
sta, desideroso di coinvolgimento e spettacolarità.

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