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Riassunto - Audience for

fashion
Marketing
Università degli Studi di Roma La Sapienza
14 pag.

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CAPITOLO 1: IL CONSUMO

Consumo, produzione, prosumption

Consumo: non si fa riferimento all’acquisto di un bene o servizio (transazione economica)


che segna semplicemente il passaggio tra produzione e consumo, ma bensì all’uso e
godimento dello stesso da parte di soggetti diversi. Grazie all’economia dell’esperienza e al
marketing esperienziale il consumo del bene può avvenire senza acquistarlo. Il consumatore
oggi è invitato a consumare esperienze e co-creare prodotti con il brand (es. esperienza
museale con aziende di moda e brand per storytelling aziendale, altro esempio è l’unione tra
esperienza enogastronomica e moda es. Gucci Garden a Firenze, o il negozio stesso viene
pensato come un punto dove vivere esperienze senza necessariamente acquistare).
Prima si aveva l’idea di un consumatore razionale del quale si potevano prevedere i
comportamenti di consumo che avvenivano in un solo luogo: il negozio.
Ad oggi gli oggetti sono considerati dei mediatori funzionali attraverso i quali l’individuo fa
esperienza di sé e della vita sociale.
Negli ultimi anni si è assistito all’​Empowerment ​del consumatore con un focus da parte delle
aziende sull’attività del consumatore stesso e non sulla mercificazione -
commercializzazione.

Toffler: “I consumatori dunque producono tanto quanto la produzione consuma” → prosumer


(la maggior parte delle persone consumava quello che produceva per questo definite
prosumer). In seguito è stata definita una separazione tra la sfera della produzione e del
consumo e sparisce la figura del prosumer, poiché ciò che viene prodotto è destinato allo
scambio economico, al mercato, quindi produttore e consumatore sono due figure distinte.
Oggi, esiste ancora la figura del prosumer, poiché il consumatore torna a produrre e viene
reclutato nei processi di produzione e viene persino pagato (outside-in products: prodotti
assemblati con l’aiuto dei consumatori). Più la produzione è di nicchia, più è necessario il
coinvolgimento del consumatore (consumo personalizzato). Il consumatore oggi
consumando produce una personalizzazione dell’oggetto consumato.
Il consumatore nel momento del consumo (acquisto e uso) crea significati per l’oggetto
consumato es. i consumatori sono talmente coinvolti nei confronti di un oggetto consumato
al punto di impegnarsi in pratiche produttive. Il punto di partenza è la dimensione di
coinvolgimento emotivo, di passione e di engagement verso un oggetto.
I consumatori si fanno portavoce delle trasformazioni dei prodotti che consumano.
Prosumption come assunzione di competenze da parte del consumatore e attribuzione di
queste competenze al consumatore da parte del mercato (co-creazione soprattutto in ottica
di web 2.0, dove le risorse co-create sono i feedback del consumatore). Si parla di
prosumption per l’impossibilità di separare la dimensione della produzione da quella del
consumo.
Partecipazione, condivisione, comunicazione si parla di social factory: la produzione è
gestita quotidianamente nella società, si parla di produzione immateriale.

L’engagement del consumatore è vista come opportunità sia per il consumatore, sia per il
produttore: il primo ha la possibilità di operare scelte di consumo più coerenti con le proprie
esigenze e aspettative, il secondo ha un supporto gratuito in termini di comunicazione e
circolazione delle informazioni.
Il consumo tra creatività, identità e mercato

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Attraverso il consumo gli individui costruiscono la propria identità. All’interno del mercato
co-creato troviamo due tipi di risorse: “material practical value” (risorse che emergono in
base a quello che le persone fanno all’interno della società) e “performative-ideological
value” (consumatore come trainante).

Consumer Culture Theory (CCT): il consume è la chiave di accesso all’identità. I


consumatori insieme ai produttori e agli oggetti che essi producono costruiscono la propria
identità. Teoria che definisce il mercato come mediatore che rende disponibili risorse
simboliche e materiali con cui l’individuo può costruire la propria identità. Il consumo è quindi
manifestazione materia dell’immaginazione identitaria, individuale e collettiva. I consumatori
utilizzano il mercato attraverso il consumo per costruire la propria identità. Gli individui
quindi, non sono vittime del consumo, ma attraverso il consumo scoprono chi sono.
Il consumo di moda è una forma di consumo di segni orientata alla produzione di identità e
di stili di vita. Il sistema moda cerca di trasferire significati culturali per gli oggetti che
propone e i consumatori possono incorporare tali significati nella ricerca di self-identity. Sia il
consumo della moda che dei media forniscono al soggetto strumenti per l’interpretazione del
sé.

Consumo, relazioni sociali e co-creation

Il consumo è anche relazione tra consumatori e tra i brand. I consumatori non attribuiscono
valore all’oggetto in sé, ma alla relazione sociale e alle interazioni che abilita con altri
consumatori. Tutto ciò è accentuato dall’accesso alla rete.
Linking value: idea che il valore di un prodotto risieda nella sua capacità di consegnare
esperienze significative al consumatore, di creare comunità e favorire la socialità. Legami
con gli altri attraverso gli oggetti, da qui nascono legami sociali (tribù), relazioni temporanee,
dove persone condividono emozioni, stili di vita ecc…
Se gli oggetti assumono significato nei rapporti con gli individui gli stessi oggetti sono alla
base della costruzione della relazione sociale, i consumatori sono legati da passioni
condivise con un consumo personalizzato, ma allo stesso tempo condiviso nelle fasi di pre-
e post-acquisto.
Il marketing cerca di sfruttare questi legami sociali ad es. creando “brand community”.
Per il consumatore il linking value è il piacere, mentre per l’azienda è il valore che il prodotto
ha nel creare la comunità.
Passaggio dalla dimensione individuale a quella collettiva del consumo: primo contatto
(basso engagement) → decisione di fare il consumatore regolare di un brand ma ancora con
un approccio individualistico al brand stesso → fino a diventare parte della comunità con un
forte senso di ingaggio verso gli altri consumatori/ membri della comunità stessa (ciò
dipende dal livello di engagement dei consumatori) → per poi lasciare definitivamente la
comunità. Nascono così le e-tribes: comunità virtuali di consumo che usano la tecnologia di
rete per affinare le proprie conoscenze sul consumo, per socializzare e organizzarsi.

Da consumatore a fan:
1. Consumo contemporaneo come impegno effettivo nei confronti di un prodotto e/o di
un brand;

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2. Interesse da parte del marketing per i fan deliranti che sono talmente innamorati
dell’oggetto di consumo che non riescono a smettere di pensarci o di parlarne (il click
viene poi monetizzato e l’engagement del fan incorporato a livello aziendale);
3. Costruzione del fandom da parte delle industrie: insieme di strategie attraverso le
quali i brand stimolano la partecipazione dei fan e la loro capacità produttiva. La
creatività è lo strumento che permette al consumatore di sentirsi parte integrante del
progetto. Si parla di Co-creation quando i consumatori impegnati nella relazione con
un brand e con altri consumatori, svolgono un ruolo cruciale nella creazione del
valore del brand attraverso interazioni, dialogo e consumo (come in prosumer). La
co-creazione vede i consumatori non come destinatari passivi delle strategie di
marketing, ma come parte di una relazione attiva ed è proprio la relazione (anche
economica) sulla quale il marketing sta investendo. Tre sono gli elementi alla base
del processo di co-creazione: attivare l’impegno (engagement: impegno in termini di
tempo, conoscenza, risorse e competenze che il consumatore utilizza per aumentare
il suo senso di appartenenza), educare (i consumatori diventano evangelizzatori
raccontando più volte storie sul brand) e arricchire (nozioni imparate dal confronto
con altri consumatori).

C’è un'altra modalità di classificazione dei consumatori:


- Consumatori reattivi: caratterizzati per una predisposizione all’engagement, ovvero di
essere interessati e attivi rispetto a qualsiasi elemento di discussione che possa
emergere attorno al brand;
- Consumatori creativi: relazione duratura con il brand e in cui esperienze e
conoscenze accumulate vengono poste al servizio della community. Creano storie e
le condividono a differenza dei reattivi che tendono a seguire storie pre-esistenti;
- Brand worriors: si impegnano a devolvere la propria conoscenza e a creare il culto
del brand e lo proteggono dal rischio di perdita di intensità (difendono il brand dai
competitors e dai messaggi negativi).
Si distingue tra fandome pre e post internet: prima di internet le comunità erano forum dove
erano ben chiare le regole di appartenenza, gerarchia, competenze richieste e impegno.
Oggi si sono allargati i confini della dimensione comunitaria grazie ai social media.

Il valore dell’esperienza

Consumo come esperienza si rifà all’idea di evento o di evento memorabile (consumo come
qualcosa di memorabile è parte integrante dell’esperienza dei fan).
Per i fan il consumo è un evento: fruizione, interazioni sociali, produzione di discorsi,
partecipazione ad eventi. Tutti questi eventi diventano memorabili, ovvero percepiti come
unici es. oggetti da collezione. Le esperienze sono eventi personali che si verificano in
risposta ad una strategia di marketing coinvolgendo l’intera sfera di vita del consumatore. Le
esperienze sono personali ed esistono solo nella mente del consumatore che è stato
impegnato a livello emotivo, fisico, intellettuale o spirituale.
Parlare di consumo in termini di esperienza significa non concentrarsi sull’oggetto, ma sul
valore ad esso attribuito. Il consumo viene inteso come engagement e partecipazione
capace di assorbire completamente l’individuo. Si parla di fandom, il consumo come
esperienza immersiva e soddisfacente dal punto di vista emozionale e cognitivo. Nell’idea di
esperienza come consumo il rapporto tra consumatore e oggetto è superato in favore di una
serie di relazioni che costituiscono l’esperienza stessa. L’esperienza avvicina soggetto che

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consuma e oggetto consumato generando un campo esperienziale, si crea una relazione tra
consumatore e oggetto del consumo.
Vi sono due dimensioni adottate dall’industria per far vivere esperienze al consumatore:
partecipazione del consumatore così come è stata immaginata dalle industrie; dall’altra la
dimensione dell’esperienza che unisce il consumatore all’evento. L’obiettivo delle aziende
oggi è quello di trasformare un bene o servizio in un evento memorabile es. Disney parchi a
tema (è presente quello che l’azienda ha pensato per il consumatore parco, attrazioni e
atmosfera e quello che il consumatore produce come esperienza. L’esperienza di consumo
oggi è spalmata nel tempo composta da 4 macro-fasi.
Esperienza di pre-consumo (ricerca, pianificazione), esperienza d’acquisto (transazione
economica, interazione con il brand)

CAPITOLO 2: LA MODA NEI MEDIA, I MEDIA NELLA MODA

Immaginazione

Immaginazione è la capacità di leggere negli oggetti materiali la dimensione simbolica ed è


centrale per la costruzione ed espressione dell’identità. Il consumo viene considerato la
manifestazione tangibile dell’immaginazione es. lettura di un quotidiano, si immaginano altri
lettori che nel mentre stanno leggendo un quotidiano. L’immaginazione è il modo in cui le
persone immaginano/prefigurano i propri progetti identitari e individuano strategie per
realizzarli. Gli individui hanno bisogno di allenare ogni giorno le proprie risorse immaginative
per poter assistere allo spettacolo della vita, tutto ciò è possibile attraverso il consumo. Il
consumo cerca di trasformare aspirazioni e desideri in realtà.

Il racconto della moda attraverso i media: dal cinema alla TV

Gli individui fanno riferimento ai media come provider di materiali con cui abitare il mondo
contemporaneo. Il consumo dei media ha a che fare con la rappresentazione. La moda
viene messa in scena dai media per stimolare l’immaginazione diventando materiale
significativo. Da un lato la moda ha bisogno dei media per entrare in contatto con i
consumatori, dall’altro i media utilizzano la moda per raccontare storie e creare occasioni di
riconoscimento reciproco tra testo e audience. I media sono passati da essere strumenti di
comunicazione ad essere parte integrante di un processo di mediatizzazione del fashion. I
nuovi sponsor del mondo della moda (influencer e fashion blogger) provengono sempre di
più dal dominio della comunicazione rispetto a quello della moda stessa.
Anni fa nelle riviste la moda veniva rappresentata come una forma di consumo di consumo
culturale (lifestyle) in cui viene promossa la distinzione sociale, il consumo di moda marca la
distinzione sociale delle élite. La moda necessita però di altre forme di rappresentazione che
possano evidenziarne il movimento es. video (cinemagazine).
Appare fin dai primi anni molto stretto il rapporto tra moda e cinema.
Il punto di svolta della rappresentazione della moda attraverso il cinema ha un momento di
svolta con la diffusione della celebrity couture e il crescente interesse da parte dei fan delle
star del cinema per cosa indossano. La moda oggi è diventata uno degli elementi decisivi
per il successo di una serie TV contribuendo alla definizione della qualità del prodotto e della
sua valutazione estetica. La presenza dei prodotti è l’elemento che più definisce lo stile di
vita della comunità rappresentata es. Gossip Girl dove i brand di moda sono presenti nei
discorsi dei protagonisti e resi visibili. In alcuni casi è la serie televisiva a ispirare la moda

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stessa es. David Beckham per Kent & Curwen ispirato a Peaky Blinders (capi over e di lana
da uomo).
Moda presenta anche in TV con programmi televisivi di factual entertainment es. ma come ti
vesti?, sono programmi che utilizzano la moda e outfit perfetti per la costruzione di una
strategia educativa del buon gusto e delle buone maniere. In queste trasmissioni la moda
viene rappresentata come un sistema di regole ferree.

Fashion Blogger e micro-celebrity nel fashion system contemporaneo

La rappresentazione della moda diventa ancora più significativa quando ci si sposta verso la
TV e i media online con es. fashion blogger dove la moda è centrale. Si osserva lo
storytelling di un processo che si definisce attraverso i vestiti e la moda, le blogger
costruiscono una memoria fotografica e narrativa del loro processo evolutivo. Il blog incarna
la continua rimediazione immaginativa.
Le cosiddette ordinary celebrity o micro-celebrity usano lo stile comunicativo delle celebrità
invitando i propri fan a posizionarsi come fan delle celebrity tradizionali. Si assiste a due
fenomeni:
1. Crescente visibilità delle persone ordinarie nei contenuti mediali
2. Abbattimento delle distanze tra celebrity e fan grazie all’affermarsi dei social media
L’obiettivo delle celebrities è quello di rafforzare la connessione con i fan ponendosi come
persone reali e comuni. L’abbattimento dei confine è possibile anche grazie all’accesso a
posizione di celebrity da parte di persone ordinarie.
Se nei media tradizionali per essere celebri era necessario possedere un particolare talento,
nel web 2.0 l’accesso alla produzione con YouTube o altri media diventa alla portata di molti.

Il fenomeno del self-branding è il risultato di diversi elementi:


- Le persone sono soggetti imprenditoriali responsabili del loro successo o fallimento
sul mercato;
- Gli utenti postano e condividono online contenuti che rappresentano come essi
vogliono essere visti.
Il pubblico è principalmente quello giovanile per il quale è naturale fare esperienza delle
celebrità online, i quali sono motivati dall’essere parte integrante della performance fino a
diventare protagoniste. Negli ambienti online la celebrità può essere praticata da un numero
elevato di persone.
Ciò che rende queste figure apprezzate è la percezione di prossimità, si comportano come
consumatrici felici di condividere le proprie esperienze di spesa come se fossero degli
esperti di mercato.
Il sistema media contemporaneo intensifica il rapporto tra media e moda che aumenta la
disponibilità di risorse immaginative riconducibili alle esperienze di consumo.

Il protagonismo dei brand oltre il costume: dal product placement al branded


entertainment ai fashion film

La moda negli anni ha guadagnato un ruolo di primo piano nel mondo dei media passando
da una posizione ancillare (costume, abiti delle dive) a una crescente importanza e
riconoscibilità.
Ciò è il risultato di due fenomeni:

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1. Crescente protagonismo dei brand nei prodotti mediali: inserimento di un brand in un
contesto narrativo di cui ne è parte in modo coerente. Il brand diventa parte
integrante della storia a cui conferisce realismo e credibilità. I brand sono inseriti nei
contesti rappresentati dal contenuto mediale dove la centralità del consumo si riflette
nei prodotti:
a. Product placement visivo
b. Product placement basato sulla componente audio dove i brand vengono
direttamente menzionati senza che siano mostrati
c. Product placement visivo e audio dove i brand vengono mostrati e citati al
tempo stesso
Permette di attivare associazioni significative tra brand-prodotti-contenuto. Un brand
che si avvantaggia di un contenuto seriale gode anche dell’endorsement che la
celebrity riflette sul brand. Dal punto di vista del marketing il product placement
consente visibilità al brand senza rappresentare un momento di interruzione per i
fruitori dei contenuti. Allo stesso tempo per i produttori cinematografici consente un
abbattimento dei costi di produzione.
Queste strategie sono parte di una brand equity: valore immateriale del brand che
costruisce la fidelizzazione dei consumatori attraverso la conoscenza del brand
stesso e dei prodotti che rappresenta.
Il product placement vuole dunque raggiungere i consumatore attraverso una
moltiplicazione dei touchpoint.
Vi è poi la strategia del brandend content che rispetto a quella del product placement
consiste in un prodotto editoriale ideato da zero dal brand e non inserito all’interno di
un progetto editoriale esistente. Si parla di brand entertainment come una strategia
che mescola pubblicità e intrattenimento avvantaggiandosi di un industria mediale e
di brand sempre più interessati a presidiare lo spazio dei media.
2. Pratiche fandom che si avvantaggiano del protagonismo dei brand

La moda nei film (rappresentata e visibile) è diversa da fashion film che può fare a meno
della moda stessa,sono autonomi rispetto alla moda come prodotto e lavorano sul piano
evocativo. Il fashion film diventa un elemento soggettivo con una sua vita propria e con una
sua personalità valorizzando il flusso esperienziale del consumo. I fashion film sono prodotti
commissionati da brand.
Fashion film effect: rappresentazione degli abiti in movimento.

Transmedia branding: costruire esperienze immersive per il consumato nella


networked society

Transmedia storytelling: il brand sta diventando sempre più un’esperienza di intrattenimento


costruita attraverso il coinvolgimento di diversi brand dove i consumatori possono entrare in
contatto con il brand attraverso diversi punti di ingresso. La transmedialità consente ai brand
di avere diversi punti di accesso per il consumatore, ogni volta diversi tra loro.
Un consumatore molto coinvolto potrà muoversi da un media all’altro utilizzando diverse
competenze necessarie per interpretare ciascun testo.

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I consumatori possono entrare e uscire attraverso diversi touchpoint eventualmente costruiti
anche da altri consumatori, si parla di consumo attivo e partecipativo riscontrabile tra
audience mediali.
Concetto di Spreadability: Diffondibilità e spalmabilità dei contenuti e quelle storie grazie a
basse barriere d’accesso e logiche partecipative che spingono l’audience a costruire
conoscenza condivisa resa ancora più possibile dalla diffusione di dispositivi mobili. Se dal
punto di vista di chi consuma spreadability significa condividere con altri ciò che a livello
emotivo è stato significativo riformulando messaggi che abbiano un potenziale di interesse
all’interno della comunità; dal punto di vista del brand queste pratiche si traducono in un
molteplicità di contatti con audience potenziali. In questo modo i consumatori partecipano
alla storia del brand, i brand infatti sono storie da raccontare che si nutrono
dell’immaginazione e dei discorsi di chi li ascolta.

Concetto di Drillability: i media, i testi e le esperienze fungono da touchpoint per i diversi


aspetti e dimensioni dei brand. Predisposizione allo scavo e alla ricerca tipiche dei fan che
cercano nei testi significati allo scopo di costruire una relazione basata sulla condivisione di
un patrimonio unico di conoscenza.

Concetto di continuity e multiplicity: senso di continuità, coerenza e plausibilità che il


consumatore deve percepire nella sua relazione con il brand attraverso i diversi touchpoint.
Per molteplicità si intende il retelling delle storie dei brand che circolano nelle piattaforma
online. Nel caso di brand di moda con multiplicity si intende anche la collaborazione tra
brand del fast fashion e del lusso es. supreme e louis vuitton.

Oggi il consumatore sperimenta la moda come mondo, come spazio da attraversare e


mappare passando per molteplici esperienze di consumo, legate alla visione di fashion film,
film o serie TV, video online e immergendosi in esperienze non necessariamente finalizzate
all’acquisto.
Il brand è un universo simbolico e attraverso i diversi touchpoint il consumatore si immerge
in questa esperienza complessa di intrattenimento.

Concetto di seriality e subjectivity: moda dal punto di vista della narrazione prodotta dal
brand. Serialità evocata nelle strategie di un brand a diversi livelli. Sempre più oggi i
contenuti dei brand vengono costruiti utilizzando il formato seriale a episodi capace di
mantenere l’interesse del consumatore es. Lady Dior. Il concetto di serialità rimanda anche

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alla capacità dell’audience di ricostruire una storia. Oggi gli elementi significativi di una storia
sono dispersi attraverso molteplici canali, ma è anche possibile il racconto di storie diverse
che valorizzano diversi punti di vista o siano capaci di evocare simulacri di consumatore es.
l’uso di diversi testimonial come nel caso di Burberry permettono al consumatore di
identificarsi.

La comunicazione di transmedialità è certamente più immersiva dell’advertising classico, più


coinvolgente per il consumatore e più impegnativa per il brand.

CAPITOLO 3: UN NUOVO PARADIGMA?

Worn on TV: consumo di moda come pratica di fandom.

La logica transmediale ha creato una sovrapposizione tra consumo di moda e consumo di


media rappresentando un vantaggio in termini di visibilità del brand e amplificazione dei
punto di contatto con i consumatori (engagement e espansione dell’esperienza di consumo).
Oggi i fan elaborano i contenuti di moda sulla base delle rappresentazioni mediali di uno o
più brand e li condividono sui social media.
Prima fan significava un soggetto con pratiche di consumo particolarmente rumorose ed
esuberanti.

Fashion Fandom performativity: dal cosplay alla vita quotidiana (online)

Cosplay e roleplay come riappropriazione (imitazione e performance) dei costumi di un


prodotto mediale es. vestire gli abiti di un determinato personaggio in raduni, convention e
forum online. Gli abiti e gli accessori diventano un modo per immedesimarsi in uno specifico
contesto. Ciò introduce il tema della soggettività nelle pratiche fandom decisa per
comprendere i fenomeni di appropriazione degli outfit nelle pratiche fandom. gli outfit dei
protagonisti delle serie televisive o film hanno una duplice funzione:
1. diventano strategici nel fornire all’audience un’esperienza immersiva del contenuto
mediale
2. costituiscono un punto di contatto tra consumatori e brand di moda.
Vi è una differenza tra l’appropriazione nell’era pre-digitale e era-digitale. Nel primo caso
prevale la dimensione comunitaria (messa in scena del soggetto in quanto fan di un prodotto
mediale), nel secondo caso l'appropriazione simbolica degli oggetti di moda dipende da una
spinta soggettiva, derivante dalla certezza identitaria del soggetto, che si avvantaggia
dell’immediatezza della ricerca in rete di repertori simbolici dai quali attingere per ricostruire
la performance.
I cosplayer comunicano la propria identità come forma di consumismo simbolico
(pre-digitale), nel post digitale le forme di appropriazione degli outfit sono qualcosa di meno
stabile legati alla costruzione di una performance identitaria individuale. Mentre il fan
costruisce una relazione che consiste nell’essere fan e far parte di una comunità fan a
prescindere dai contenuti, le audience attingono dai media tratti identitari non riconducibili al
frame mediale dal quale originano.
I media diventano materiale simbolico e aiutano i soggetti a connettersi tra loro, i contenuti
mediali non hanno più la funzione di intrattenimento, ma diventano politici.

La televisione ha un ruolo strategico per tre ragioni:

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1. E’ parte delle nostre vite culturali
2. E’ uno dei contenuti maggiormente appropriati dai fan
3. Ibridazione della televisione con il web origina fenomeni di social TV e
multiscreening.
Oggi si parla di un ambiente mediale pervasivo sempre accessibile all’interno del quale
scoprire nuovi oggetti es. forum.
Oggi le industrie di moda cercano sempre di più di lasciarsi coinvolgere e soddisfare i
consumatori e hanno cercato di fare una pubblicità meno diretta rispetto al passato es.
product placement o enhanced product placement, che consente attraverso applicazioni e
servizi web di trasformare l’interesse per un prodotto visto in TV per un possibile immediato
acquisto.

Per le industrie i fan sono fondamentali, poiché non solo acquistano i prodotti in enormi
quantità, ma forniscono anche un prezioso feedback sulle tendenze e preferenze del
mercato.
Ci si sposta sulla dimensione esperienziale e quotidiana dell’audience dove non è facile che
le persone possano dirottare i prodotti dell’industria all’interno della loro coltura e fare in
modo che essi soddisfino i loro interessi.
Gli abiti estratti dai fan dalle immagini televisive rappresentano tratti più individuali che
collettivi.

Visual social media, tra rappresentazione, appropriazione e performatività dal basso

La centralità della cultura visiva della nostra società ci impone di assumere le immagini
come oggetto di ricerca o come indicatore per l’analisi di fenomeni culturali complessi.

I visual social media (Pinterest, Instagram, Trumblr) rappresentano un passaggio


fondamentale per definire il legame tra moda, identità e consumo.
Quando si parla di moda l’aspetto del prodotto è probabilmente il primo elemento che mette
in connessione la moda con l’oggetto stesso. Per questo la moda trova nei social media
l’ambiente perfetto per esercitare la propria influenza in termini di apprezzamento estetico.
La moda può diventare arte se vista come funzione educativa del buon gusto.
L’esperienza estetica si avvantaggia di una rappresentazione mediale ibrida ha arricchito
rispetto al passato il consumo di moda. La moda invece si è svincolata dai limiti dell’arte per
rispondere alle esigenze della produzione industriale e affacciarsi a pubblici sempre più
ampi.
Arte e moda stanno convergendo negli ultimi anni enfatizzando la dimensione dell’evento
coinvolgendo spettatori sempre più partecipativi es. Fendi a Roma con il restauro della
Fontana di Trevi.
La moda si è adattata ai nuovi contenuti digitali per cercare di usufruire dell’evento mediale
dei social network es. invitando influencer che producono contenuti condivisibili e
instagrammabili sui social media. Lo show diventa un insieme di momenti
made-for-instagram che esistono e hanno senso in quanto adeguati ai linguaggi e
piattaforme. I social media consentono una comunicazione più intima condivisa con
l’audience.

Molto spesso vengono postati da parte dei fan gli outfit dei protagonisti di una serie
televisiva, il quale costituisce una dichiarazione identitaria con cui presentarsi pubblicamente

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attraverso il proprio storytelling personale. Tale contenuto aiuta a conquistare l’approvazione
dei fan come consumatore mediale conquistando gli l’approvazione sociale. Un altro livello è
quello della produttività dove le immagini degli outfit dei protagonisti di serie TV visualizzate
su Pinterest prevedono un’attività di cut&remix che necessita di una rielaborazione creativa.
Sebbene sembrino due gesti disconnessi, a basso impegno (copia e incolla) si tratta in
realtà di una palestra sociale legata all’abbinamento tra uno stile di vita di un personaggio e
le proprie aspirazioni. Si tratta di una dimensione aspirazionale che sollecita ulteriormente la
creatività dell’audience per la produzione di kit identitari analoghi a quelli visti in TV, ma più
abbordabili. Vi è un terzo livello dell’intelligenza collettiva es. descrivere come e dove
acquistare un abito, fornire informazioni strategiche per ricostruire un outfit in versione
economica ecc…

La moda accessibile: web searchability, touchpoint e contenuti di moda

Vi sono due dimensioni:


1. I fan innamorati dell’oggetto che si traduce in pratiche di investigazione,
appropriazione, bracconaggio. Qui il contenuto non viene solo consumato, ma anche
smontato e analizzato per espandere il piacere del consumo
2. Presenza di dispositivi mobili che consentono una connessione permanente e ne
aumentano la predisposizione alla ricerca di informazioni.
Il searching assume un ruolo decisivo nell’esperienza dei consumatori:
- soddisfa il desiderio di appropriazione del contenuto individuando elementi del
contesto che sfuggono ad un consumatore distratto, mentre amplificano il piacere del
consumo per un consumatore coinvolto;
- Le attività di ricerca sono connesse con il grado di coinvolgimento dei fan nei
confronti del prodotto
- Le informazioni individuate garantiscono ai fan una posizione di rilievo diventando
parte di un capitale culturale alternativo. Il possesso di informazioni identifica lo
status dei fan favorendone la distinzione in termini di competenze ed engagement.
Gli audience sono coinvolti a due livelli: come produttori o come ricercatori di conoscenza.
Tutti oggi possono accedere al web e diventare produttori di contenuto essendo le barriere
d’accesso piuttosto basse. A volte invece l’attività di ricerca si traduce nella condivisione e
nella circolazione del contenuto individuato con una moltiplicazione dei touchpoint utili a
raggiungere i contenuti stessi tra fonti ufficiali e UGC (User, Generated, Content).
I prodotti presenti nel contenuto mediale diventano strumenti di cui il fan si appropria per
giocare e identificarsi con i personaggi es. cosplay dove i fan si impegnano nella
ricostruzione del costume del personaggio preferito.
La predisposizione all’attività di ricerca e l’esistenza di tecnologie di second screen capaci di
soddisfare tale bisogno rappresentando le condizioni ideali per il successo delle strategie di
product placement. Il brand, quindi, agisce da rinforzo per il contenuto mediale perché può
contare sull’engegament dell’audience nei confronti di uno specifico programma televisivo e
agire da touchpoint tra audience e prodotto TV all’interno del web.
Il brand rinforza il contenuto mediale favorendo un legame con la dimensione narrativa e con
i personaggi e celebrità spingendo all’acquisto dei brand presenti nel prodotto TV.
Nella social TV i tempi si accorciano perché è possibile acquistare il prodotto in tempo quasi
reale (shop while you watch).

Interazioni di moda: la cultura delle review e gli advertising generated content

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Il forte engagement nei confronti del prodotto da parte dei fan si traduce sempre più spesso
nei cosiddetti user generated content (UGC) il cui scopo è quello di prolungare il piacere del
consumo oltre i confini del prodotto originale. La circolazione di UGC in rete consente di
aumentare la visibilità dei contenuti originali creando touchpoint digitali ed infinite occasioni
di consumo creando infiniti touchpoint digitali e molte occasioni di consumo.

La relazione tra moda e la produzione di UCG: si parla di consumer generated advertising


(CGA) per condividere opinioni o motivare altri consumatori es. contenuti spesso presentati
come recensioni, unboxing video o tutorial (da consumo individuale ad orientamento al
consumo).

Oggi possiamo distinguere le review: commenti e punteggi prodotti dai consumatori


all’interno di piattaforme di vendita es. Amazon che sono anche market-oriented e governate
dai brand.
Oppure si parla di recensioni o commenti spontanei che circolano in rete e sono motivati
dalla natura partecipativa dell’audience es. forum aperti ed accessibili a tutti. Si tratta di
contenuti più creativi rispetto alle review hanno anche elementi di video, testi e immagini.
La modalità del contenuto dipende anche dalla piattaforma sulla quale il contenuto viene
condiviso es. Twitter si presta maggiormente allo scambio delle informazioni rispetto a
Facebook.

I produttori oggi cercano fan per i propri prodotti, non semplici acquirenti e le pratiche di
fandom diventano sinonimo di consumo. I consumatori, oggi, sono capaci di produrre
contenuti pubblicitari per i brand stessi si parla di sponsored UGB (User Generated
Branding) che possono essere promossi come strategia comunicativa a sè stante. Man
mano che i consumatori condividono la propria esperienza online, rendono un contenuto
disponibile ad altri consumatori.

CAPITOLO 4: Conclusioni. Un viaggio chiamato moda

Customer journey experience

Il consumatore di moda è un consumatore creativo, produttivo, partecipativo e in costante


interazione con i brand e con gli altri consumatori. Inoltre i brand di moda non hanno una
comunicazione orientata all’utilizzo dei media come strumenti ancillari, ma ha l’obiettivo di
valorizzarli come spazi esperienziali da consumare insieme alla moda. Infine, si parla di
consumo come esperienza non riconducibile a singoli gesti, ma legato alla concatenazione
inedita di pratiche quotidiane.
La moltiplicazione dei canali, messaggi ed interazioni rappresenta una straordinaria
opportunità per i brand e al tempo stesso un incredibile dispendio di energie che devono
presidiare diverse piattaforme dovendo correggere e sanare tutta quella circolazione dei
contenuti alimentata dai consumatori stessi (sistema top-down e bottom-up). Dall’altro lato
aumentano i touchpoint e la visibilità del brand.
Il proliferare di comunicazione può provocare incertezza per il consumatore stesso, il quale
mette in stand-by il processo decisionale.

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Oggi il consumo non è più lineare, ma viene percepito come una serie di step più o meno
significativi in cui il consumatore interagisce con i brand.
L’esperienza di consumo è l’esito di scelte e azioni concrete definite come “customer journey
experience”, ovvero l’insieme delle esperienze che un consumatore vive e sperimenta
durante la relazione con un brand. La customer experience è composta da una serie di
elementi cognitivi, emotivi, fisici, sensoriali e sociali che segnano l’interazione diretta o
indiretta del consumatore con una serie di attori del mercato.
L’esperienza di consumo gioca più a livello cognitivo che emotivo.
Dal punto di vista del consumatore queste dimensioni sono percepite come una cosa unica,
mentre dal punto di vista dell’azienda tutte queste dimensioni sono step assegnati a diversi
uffici.
Per un’azienda i momenti significativi nell’esperienza di consumo sono definiti dal marketing
come “momenti della verità”: ogni volta che il consumatore entra in contatto con un brand
ricava una serie di impressioni positive e/o negative, costruendo un percorso formato da
momenti giudicati positivamente o negativamente.
Per gestire questa complessità il marketing ricorre alla customer journey map: mappa che
mette insieme i diversi step del percorso del consumatore nella relazione con il brand
attraverso molteplici touchpoint. Il processo di consumo viene smontato e analizzato come la
risultante di una serie di fasi capaci di accompagnare il consumatore nella fase di scelta e
selezione tra i prodotti nell’acquisto e nella costruzione di un legame di fedeltà: awareness,
familiarity, consideration, purchase, loyalty.

Considerando l’approccio multi-channel capiamo come i diversi canali mediali possono


intervenire nelle diverse fasi del cosiddetto marketing funnel (processo ad imbuto attraverso
il quale si passa dalla conoscenza di un brand alla decisione di intervenire su di esso).
Rappresentazione comunque riduttiva e troppo lineare.
Oggi la customer journey experience map diventa un racconto significativo con cui i
ricercatori devono fare i conti per comprendere il consumo.

Pre-acquisto, acquisto, post-acquisto

Il consumo va analizzato come un’esperienza dinamica che si articola in diverse fasi e per
ciascuna di esse il consumatore entrerà in contatto con diversi touchpoint alcuni sotto il
controllo dei brand altri prodotti dai consumatori stessi.

Fase di pre-acquisto: organizzata intorno ad alcuni elementi quali bisogno, riconoscimento,


ricerca e valutazione. Include l’intera esperienza di vita del consumatore prima dell’acquisto.

Fase di post-acquisto: include l’uso, il consumo, coinvolgimento, eventuali richieste al


servizio clienti. Riguarda l’intera vita del consumatore dopo l’acquisto.

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Le fasi di pre e post acquisto sono contornate da momenti di audiencing. Oggi si è
consumatori anche quando non impegnati direttamente nel processo di acquisto.
L’esperienza di consumo è quindi un processo dinamico composto da momenti e
micro-momenti, essi producono significati e contenuti e li condividono con gli altri.
Esistono tanti consumer journey quanti sono i touchpoint che l’approccio transmediale
propone es. ADV classico, product placement, fashion film, engorsement delle
micro-celebrity ecc.
Il bisogno, il desiderio e l’impulso al consumo di moda comprendono tutti i potenziali
momenti che accompagnano il consumatore fino al momento dell’acquisto.

La ricerca di un capo online, la lettura delle recensioni e la visione di un tutorial su come


indossarlo potrebbero prolungare indefinitamente la fase del pre-acquisto e renderlo
significativo sul piano emotivo ed esperienziale. Se l’acquisto avviene nel flagship store dove
ti immergi nell'atmosfera del brand.

La fase dell’acquisto che prima era concentrata in negozio con opportunità di scelta limitate,
oggi il consumatore può comprare in negozio, visitare il negozio per provare un vestito e
comprare online.
La fase d’acquisto, invece, è quella su cui è possibile attivare un pieno monitoraggio e
ipotizzare interventi mirati in tempo reale. Questa è la fase dove le esperienze di consumo
mediale appaiono meno coinvolte, anche se molti consumatori guardano gli smartphone in
store poichè contengono virtual shopping list.
Una volta acquistato il capo iniziare una seconda fase dove il consumatore prova il vestito e
può decidere di pubblicare una storia su instagram condividendola con i suoi follower. Il
prodotto agisce da touchpoint per ulteriori esperienze di consumo innescando la reazione di
altri ipotetici consumatori.

Il nuovo consumatore è impegnato sia nel consumo, sia nella fruizione e creazione dei
contenuti mediali ad esso correlati.
L’esperienza di consumo è continuativa all’interno di un ecosistema.

Anni fa le competenze estetiche di moda venivano affinate attraverso magazine


specializzati, partecipazione a sfilate, celebrity ecc, oggi si formano con l’immaginario delle
serie TV e micro-celebrity online.

Spunti per uno studio sul consumo: usare la customer journey maps come agenda
della ricerca
La journey map è la visualizzazione del processo che una persona affronta per raggiungere
un determinato obiettivo. Viene costruita inserendo tutte le azioni compiute dal consumatore
dall’inizio del processo (bisogno, curiosità, ecc) al suo completamento compresa la fase di
post-acquisto. La sequenza temporale viene arricchita da commenti che riguardano i
pensieri e le emozioni del consumatore in relazione a ciascuno step.
La struttura della griglia è variabile e dipende dagli aspetti che l’organizzazione vuole
indagare es. mezzi utilizzati dall’azienda per la gestione delle interazioni/ avanzamento del
processo, in questo modo è possibile individuare subito le azioni, le competenze e i mezzi
che hanno funzionato nella relazione con il consumatore.

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Il protagonista della mappa è la persona che vive il momento di consumo, si tratta un
personaggio che simula in modo realistico il comportamento di un consumatore del quale
possiede caratteristiche socio-demografiche, tratti identitari, sociali, culturali e abitudini
comportamentali. Generico da rappresentare più di un consumatore, ma specifico da
rappresentare un target preciso. Vengono ricostruiti i pensieri, le domande e le emozioni
connesse all’esperienza.

La mappa è efficace se riesce a raccontare l’esperienza del consumatore con il prodotto/


servizio come una fotografia in movimento rappresentando la forma di storytelling più adatta
a raccontare esperienze di consumo.
La mappa viene principalmente utilizzata per valutare le azioni di un consumatore in
relazione con l’azienda e pianificare esperienze future, oltre a ragionare su come può essere
impiegata più in generale per comprendere la relazione tra consumatore e brand: come si
concretizza abitualmente, come sta avvenendo ora, come potrebbe concretizzarsi. Oppure
per dettare l’agenda della ricerca sul consumo.
Nel primo caso si tratta di una ricerca del marketing che indaga su specifiche occasioni di
relazione tra azienda/cliente. Nel secondo, si parla di user interaction, user experience,
experience design.
Per analizzare un’esperienza di consumo si considerano:
- Il contesto sociale e culturale in cui avviene il consumo
- Il soggetto e le sue caratteristiche strutturali
- Le sue competenze e l’uso delle tecnologie
- I suoi asset valoriali
- Le sue aspettative di consumo
- Le sue aspettative identitarie connesse al consumo
- Le sue aspettative relazionali connesse al consumo e le affinità con brand e prodotto
- Le sue pratiche di consumo
Bisogna andare oltre all’utilizzo della mappa come strumento di valutazione delle
performance di un brand è per costruire il design dell’esperienza è una vera e propria traccia
di riflessione e di ricerca per comprendere il consumo.

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