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Spreadable media

Hebry jekins: Jenkins parte dall'analisi dei consumi televisivi, per capire le origini dei consumi
mediali e della loro diffusione da parte dei pubblici.

• Passaggio da modello di televisione “per appuntamento” al modello basato sul "coinvolgimento"


• Il modello di televisione “per appuntamento” si verifica quando i telespettatori organizzano la
loro giornata in modo da essere a casa a una certa ora, per poter vedere i loro programmi
preferiti.
• I tradizionali indici di ascolto rappresentano l’audience come la merce principale scambiata con
le pratiche dei media broadcast.

Il secondo modello basato sul “coinvolgimento”, invece, vede l’audience come un collettivo di
agenti attivi, il cui impegno può generare forme alternative di valore di mercato.
• Questa impostazione privilegia le audience disposte a seguire i contenuti su più canali, perché
possono vedere i programmi secondo i propri ritmi, grazie ai videoregistratori, download,
streaming, ecc.
Questo modello dà valore alla diffusione dei testi mediali, poiché queste audience coinvolte è più
probabile che consiglino, discutano, analizzino, passino ad altri, addirittura che generino nuovi
materiali di risposta.

Le sfide della misurazione


I membri delle audience sono “consumatori” e gli indici d’ascolto assumono che la ricezione
equivalga alla comunicazione.

• Le reti televisive e gli inserzionisti acquistano gli indici d’ascolto da un unico fornitore accreditato
(Nielsen) che ha un tradizionale interesse a compiacere entrambe le parti.

• Il sistema degli indici d’ascolto è configurato in modo da dare una moneta coerente per
concludere accordi di business, non per fornire in primo luogo una analisi accurata di tutti quelli
che guardano la tv.

Nonostante i passi compiuti in direzione dello sviluppo di alternative al modello del broadcast, per
quanto riguarda il delivery le strutture degli studi e delle reti televisive privilegiano ancora fatturati
derivanti dalla pubblicità legata alla "prima visione".
• Secondo Craig Engler, l’industria è strutturata per separare il pubblico del broadcast e quello
dello streaming; la colpa pare sia degli inserzionisti che sono interessati solo agli spettatori della
piattaforma che hanno acquistato.

Da “consumatore” a “moltiplicatore
• Grant McCracken ha proposto di cassare il termine “consumatore” perché mette le persone alla
fine di una catena di creazione del valore, e la vita del prodotto si conclude con il suo consumo.
• McCracken nota anche che “consumatore” è stato utile per evidenziare la distinzione fra
produttore e consumatore
• Perciò si propone “moltiplicatore” perché il nuovo termine tiene conto dei modi in cui i membri
del pubblico generano valore attraverso le loro attività.
Valutare il coinvolgimento

Eleanor Baird Stribling classifica “l’ampio spettro di comportamenti dei fan che contribuiscono
valore economico” in quattro categorie di attività:
– due delle quali danno un valore economico diretto ("guardare o essere presenti a un evento" e
"acquistare prodotti") e
– due che danno un valore economico indiretto ("supportare" e "condividere e raccomandare").

Ma come può essere riconosciuto l’investimento dei fan?


• In modo tale che produttori e inserzionisti possano tutti
riconoscere?
• Nell’identificare i segni di un coinvolgimento più profondo e poi proponendo modalità per
coinvolgere i fan come intermediari “dal basso”.
• Le aziende sottovalutano le iniziative con cui gli spettatori impegnati cercano di dimostrare
attivamente il valore del loro coinvolgimento.

Pubblici come merci e lavoro


 Dallas W. Smythe (1981): l’attenzione dell’audience può essere una commodity, una merce
approssimata, impacchettata e venduta nelle transazioni commerciali fra broadcaster e
inserzionisti, ma le audience compiono anche un “lavoro”. Sia come merce che come forza
lavoro, le audience producono valore economico.

 Robert Kozinets (1999) descrive l’emergere di


“comunità di consumo”, gruppi di persone con interessi
simili che “cercano attivamente e scambiano
informazioni su prezzi, qualità, produttori, rivenditori,
etica aziendale e altre caratteristiche che toccano i
consumatori. I clienti fedeli creano i loro gusti insieme,
come una comunità. Online i consumatori valutano la
qualità insieme e negoziano standard di consumo:
svolgono insieme branding e rebranding.

Coinvolgimento transmediale

 Serializzazione dei testi mediali: opere mediali che si rivolgono spesso a un pubblico
impegnato e coinvolto, disposto a seguire ogni nuova puntata.
 Jason Mittel (2006) e Steven Johnson (2005) hanno notato la crescente complessità delle
narrazioni televisive, ipotizzando che queste storie sfruttino le capacità cognitive ampliate
delle audience in rete. Es. Lost.
 Queste complesse narrazioni serializzate ora si estendono al di là del medium della tv sotto
forma di webisodi, fumetti stampati o digitali, giochi per il pc, ecc., e queste forme vanno
ad alimentare il fascino sul pubblico (intrattenimento trans-mediale che gira su più
piattaforme).
 TRANSMEDIALITA’= la possibilità di un contenuto di poter circolare su piattaforme diverse.

 Jason Mittel parla di fandom forense, in quanto, questi programmi favoriscono


coinvolgimenti di lungo periodo per essere gustati e dissezionati online e offline (scavabili
anziché diffondibili) – es. in Lost, in quanto i fan sono portati a fare ricerche approfondite,
dentro la loro cerchia di fan si scambiano idee e interpretazioni, cercano indizi che
accendono il dibattito.
 Jenkins, nel libro "cultura convergente", descrive questi "indizi" come attivatori culturali, in
quanto danno ai pubblici qualcosa da fare.

L'esperienza totale di coinvolgimento

• L’esperienza di coinvolgimento totale dà un’esperienza ponte fra una trasmissione e l’altra; attira
le persone allo spettacolo settimana dopo settimana attraverso queste esperienze. Ciò fa sì che se
ne parli sulla stampa e crea nuove forme di introiti.
• Di tutto ciò, Kim Moses (2009) parla di una metafora del corteggiamento dei fan, in quanto
coinvolti, tanto che il “coinvolgimento” è la connessione emotiva fra spettatori e contenuto
desiderato.
• Questa metafora del corteggiamento mette in risalto l’importanza della costruzione di relazioni,
invece del “sorvegliare”, “estrarre informazioni”, “sfruttare il”, o “far leva sul” coinvolgimento dei
fan.
• Le property dell’intrattenimento aiutano i membri attivi dell’audience a connettersi fra loro
dentro e intorno a quei prodotti (es. Glee – canzoni e cover varie).

Il valore dei pubblici "di culto"

• Questo coinvolgimento dei fan nasce dal fatto che le aziende e l’industria televisiva sta perdendo
potenziali fonti di introiti e queste pratiche trans-mediali danno agli spettatori qualcosa da fare e
qualcosa di cui parlare in rapporto ai contenuti mediali.
• Questi “intermediari dal basso” quindi, così facendo, generano valore grazie al loro impegno nel
diffondere i contenuti mediali al di là del punto iniziale di distribuzione.

Ma quali fan?

• Suzanne Scott (2009) sostiene che i contenuti trans-mediali possono appropriarsi di idee della
produzione culturale dal basso e reindirizzarle verso altri mercati, un processo chiamato
“ridonazione” (regifting).
• L’industria commerciale controlla attentamente il materiale dei fan, assorbendo quello che è
compatibile con i gusti generali; ma ovviamente, bisogna sempre ricordarsi che le scelte
dell’industria rispecchiano gli atteggiamenti dei produttori.

Abbiamo due tipi di fandom:


• Fandom affermativa (fan omologati): comunità di fan che cerca di costruire le proprie fantasie
entro i termini definitivi dal testo originale.
• Fandom trasformativa (fan non – omologati): che cerca di riscrivere i testi nel migliore interesse
dei fan.
• Intorno a ciò, le aziende dei media guardano la produzione dei fan, come un valore che cresce
attorno alle loro proprietà, quindi c’è il rischio che i fan possono essere visti come forza lavoro.

Che cosa costituisce una partecipazione attiva? – "Guardoni" contro partecipazione periferica

• I consumatori diventano produttori.


• Le comunicazioni in rete modificano in modo fondamentale
la natura dell’essere audience e il concetto di partecipazione
• Piramide della
partecipazione (o di
Horowitz): mostra come
la popolazione degli
utenti si restringa man
mano che le attività
prese in considerazione
richiedono più tempo,
denaro, risorse,
competenze e passione.

"Guardoni" contro partecipazione periferica

• Questi modelli dipingono la produzione mediale come la forma più alta di partecipazione
dell’audience, trascurano molti in quanto “inattivi”.
• Infatti, il 90% di persone che non producono attivamente contenuti sono considerati “guardoni”
("lurkers").
• Secondo il progettista di giochi Raph Koster, tutti sono creatori.
• La domanda è di cosa, in quanto, ciascuno ha una sfera in cui si sente a suo agio nel prendere
iniziativa, al di fuori di quella sfera, la maggior parte delle persone sono creativi solo in circostanze
attentamente limitate.
• Inoltre, la partecipazione come un modello con livelli crescenti di intensità di coinvolgimento
nasconde il grado in cui tutti i partecipanti lavorano insieme in una economia che funziona
secondo qualche combinazione logica di mercato e non di mercato, con audience diverse che
svolgono attività di sostegno vicendevole.
• In questa prospettiva, un “guardone” dà valore a chi condivide un commento o produce
contenuti multimediali ampliando audience e in potenza motivandone il lavoro, mentre i critici e i
curatori generano valore per quelli che creano materiali e forse anche gli uni per gli altri.
• Jean Lave e Etienne Wenger (1991):
“partecipazione periferica legittima” notano
che i nuovi arrivati in una comunità di fan si
integrano molto più facilmente e rapidamente
se possono osservare e imparare da
partecipanti più esperti.

Resistenza contro partecipazione


• In molti, hanno letto la creazione di media "grassroots", esclusivamente, come una forza di
opposizione o di rivoluzione (resistenza) contro i media commerciali.
• Per quanto riguarda la partecipazione, le aziende spesso le chiamano “comunità di brand”:
l'intenzione delle aziende è che si formino forti legami sociali grazie alla comune affinità per un
brand.
• I membri delle “comunità di brand” spesso parlano molto di problemi del customer service e
sono critici rispetto alle decisioni di business dell’azienda, nella convinzione che la passione con cui
sostengono i prodotti di un’azienda li renda stakeholder attivi del brand.
• Le comunità possono avere un ruolo di controllo: possono sostenere con entusiasmo un brand
quando dà loro un buon servizio, ma sono anche altrettanto preparate a chiedere cambiamenti nel
comportamento dell’azienda o nei suoi prodotti, quando pensano che quell’azienda stia agendo in
modi che vanno contro gli interessi dei suoi clienti (diritto di proprietà).
• Gli stessi brand possono trovarsi al centro di un gruppo sociale se e quando diventano un
simbolo di duratura affiliazione culturale.
• Questi brand, generano una affinità profonda con audience socialmente connesse nella misura in
cui comprendono una cultura che già esiste e dimostrano quella loro comprensione nel marketing,
nella progettazione e nell’orientamento dei loro prodotti (simbolo di affiliazione culturale).

Audience contro pubblico


• Audience: sono prodotte da atti di misurazione e sorveglianza, di solito senza che si rendano
conto di come le tracce che lasciano possano essere misurate dalle industrie dei media.
• Pubblici: spesso dirigono l’attenzione sui messaggi a cui danno valore: “un pubblico non solo
offre attenzione ma vuole attenzione”.
• I pubblici sono considerati collettività; mentre le audience sono aggregati di individui, ossia
un’entità coerente la cui natura è collettiva.

• Fan: sono intesi come individui che hanno una relazione appassionata con un particolare
franchise mediale, fanno parte delle audience.
• Fandom: i cui membri si identificano coscientemente come parte di una comunità più ampia
verso la quale sentono qualche grado di impegno e di lealtà. Hanno dei tratti di pubblico, in
quanto, “socialità condivisa” e “identità condivisa”. Sono un tipo di collettività e di connettività (il
loro potere è ampliato dall’accesso alle comunicazioni in rete).

Sentire: è l’atto fisico di ricevere un messaggio; spesso le aziende sono organizzate per sentire e
non per ascoltare.
• Ascoltare: è un processo attivo, si attende un messaggio, ci si concentra su di esso e vi si
risponde. La versione del marketing dell’ascolto spesso significa poco più di un monitoraggio
quantitativo
• L’ascolto richiede una risposta attiva: non solo raccoglie dati ma fare qualcosa sulla loro base.
• Fra le azioni possibili c’è il muoversi per rispondere a quello di cui parlano i pubblici: ringraziarli
per il loro entusiasmo, offrire supporto o ulteriori risorse, prendersi a cuore le preoccupazioni e
correggere le idee sbagliate.

Schemi quotidiani di co-creazione


• La cultura di rete sta generando forme più elaborate di co- creazione e di “prod-uso”. Lavorare
insieme per ottenere un risultato che i partecipanti non potrebbero raggiungere ciascuno per
conto proprio
• Il “prod-uso” (produsage) – Axel Bruns (2008): fusione di “produzione” e “uso”, attività svolta da
“produtenti” attraverso processi collaborativi di creazione e ri- creazione. I “valori del prod-uso”
hanno trionfato sui “valori della produzione”. Bruns nota che i produtenti svolgono ruoli di
curatori e promotori, selezionano e promuovono contenuti e creano metadati.

Come molti social, Youtube, ad es., è l’ideale per questo processo. Youtube in sé è un sito di social
networking, in cui i video (e non il “fare amicizia”) sono il mezzo principale di collegamento sociale
fra i partecipanti.
• E’ uno spazio in cui tutti possiamo vedere le audience che svolgono il loro lavoro: il lavoro di
creare significato, di collegare i media con le loro realtà vissute e le loro identità personali e
interpersonali.

Progettare per la diffondibilità


• La diffondibilità è determinata da processi di apprezzamento sociale e non da magie tecniche o
creative e si fonda sulla partecipazione attiva di audience coinvolte.
• I creatori di successo conoscono gli aspetti strategici e tecnici che debbono padroneggiare per
creare contenuti che hanno maggiori probabilità di diffondersi e pensano a che cosa motivi i
partecipanti a condividere informazioni e a costruire relazioni con le comunità che ne determinano
la circolazione.

Testi producenti e risorse culturali


• John Fiske (1989) distingue queste due culture: cultura di massa e cultura popolare
• La prima viene prodotta e distribuita in massa; la seconda sono testi mediali che sono stati
integrati con un significato nelle vite delle persone.
• Solo alcuni materiali della cultura di massa entrano a far parte della cultura popolare
• Se i beni di consumo o i testi culturali non contengono risorse dalle quali le persone possono
trarre i loro significati per le loro relazioni sociali e le loro identità, verranno rifiutati e falliranno sul
mercato; perciò non diventeranno mai popolari.
• Il testo producente (producerly) è un testo che “si presta alla produzione popolare".
– Ha fili sciolti che sfuggono al suo controllo,
– i suoi significati eccedono la sua stessa capacità di disciplinarli,
– le sue lacune sono abbastanza ampie perché in esse si possano produrre interi nuovi testi.
• I materiali che riempiono tutti gli spazi limitano le interpretazioni dell’audience
• L’idea di Fiske del “producente” introduce principi guida per la trasformazione dei beni di
consumo in risorse culturali: apertura, fili sciolti e lacune che consentono a ciascuno di leggere i
materiali in base al proprio retroterra e alle proprie esperienze sono aspetti fondamentali.
Cattura 1
• Fantasie condivise = valori e immaginari condivisi (all'interno di un'audience)
• Quando i produttori fanno parte di una comunità e ne comprendono i valori e le fantasie
condivise, è più probabile che il contenuto che creano risuoni profondamente con gli altri membri
della comunità
• Lewis Hyde dice che la cultura commerciale e quella non commerciale si formano attorno a
fantasie differenti
• Cultura degli scambi non di mercato, ossia riaffermazione di valori tradizionali e nostalgia,
rafforzamento di legami sociali, l’accettazione di obblighi reciproci, o la tranquillità di agire entro
forme sociali familiari (temi dell'"economia del dono")

Ciò che cattura: 2. Humor

• Sottile differenza tra la barzelletta e insulto (Mary Douglas – 1991).


• Una barzelletta esprime qualcosa che una comunità è disposta ad ascoltare; un insulto esprime
qualcosa che una comunità non vuole prendere in considerazione.
• Lo humor è un veicolo grazie al quale le persone precisano e convalidano le loro relazioni con
quelli con cui condividono la battuta di spirito.

Ciò che cattura: 3. Parodia

• Forma popolare strettamente legata al “producente”, uno dei modi in cui le audience
trasformano i brand in risorse per le loro interazioni sociali.

Ciò che cattura: 4. Contenuti non compiuti

• Mettono in moto l’intelligenza individuale e collettiva delle loro audience.


• Questi testi chiedono alle persone di contribuire con qualcosa o le spingono a guardare due volte
perché non possono credere a quello che vedono: devono verificare l’autenticità o capire come sia
stato realizzato.

Ciò che cattura: 5. Mistero

• Quando le audience incontrano questi testi non capiscono le motivazioni e le finalità; e


nemmeno chi abbia prodotto quel materiale. A volte non lo classificano neanche come pubblicità.

Ciò che cattura: 6. Controvertibilità

• Si riferisce ai modi in cui il materiale può provocare un forte disaccordo fra quelli che lo
incontrano, specialmente per valori e giudizi di conflitto.

Ciò che cattura: 7. Tempestività


• Si riferisce ai modi in cui un frammento di media può essere collegato a discussioni molto mirate
all’interno o al di là di un
dato sito di rete sociale:
ad es. corona virus

Ciò che cattura: 8. Voci

• Patricia A. Turner traccia delle distinzioni tra le voci (rumors) cioè costellazioni di speculazioni
informali e temporanee, e le leggende contemporanee cioè voci più consolidate che mantengono
una certa coerenza mentre vengono diffuse.

Ciò che cattura: 9. I media civici


• Sono contenuti che mirano ad aumentare il coinvolgimento civico e a motivare la partecipazione
al processo politico.
• Possono rientrarvi media prodotti da candidati politici, da organizzazioni grassroots e da singoli
cittadini.

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