Sei sulla pagina 1di 23

GUIDA GALATTICA PER CHI NE HA PIENI I COGLIONI DI LINGUAGGI AUDIOVISIVI

LA MORTE DELLA PRODUCT ECONOMY

Negli ultimi 120 anni abbiamo vissuto in un’economia di prodotto (aziende producono e vendono secondo un
modello di trasferimento delle risorse).

Nessuno aveva visioni chiare del consumatore e di come i prodotti venissero usati. Le società americane erano
organizzate in compartimenti stagni focalizzati solo sul prodotto.

Non c’erano call center, servizio clienti e possibilità di reso.

Es. Ford: catena di montaggio di Ford (1913) è una metafora di come il prodotto fosse l’unico principio guida. I clienti
potevano scegliere un solo colore (nero perché asciuga + velocemente) e il costo per unità della macchina Ford
precipita.

Con Ford abbiamo l’ascesa della supply chain: processo che permette di portare sul mercato un prodotto o servizio
dal fornitore al cliente.

Fino alla fine degli anni ’80 il cliente è uno sconosciuto. Spesso capitava che i prodotti non funzionassero bene e per
questo nascono i reparti di assistenza clienti; reparti che si trovavano in fondo alla supply chain e dipendevano dalla
produzione (i dati del cliente erano ancora sconosciuti).

L’ERA DEL CONSUMATORE

Oggi i clienti sono più informati e la proprietà non è importante.

I clienti moderni si aspettano che le aziende forniscano servizi immediati e continui, che li stupiscano e sorprendano
su base regolare.

IL PARADOSSO DELLA SHARING ECONOMY

Sharing economy: qualsiasi forma di consumo collaborativo. È un modello economico basato sullo scambio e la
condivisione di beni, servizi e conoscenze, al fine di ridurre il consumismo e risparmiare.

I clienti oggi “vogliono una corsa in auto, non l’auto; il latte, non la mucca”

Es. Amazon: ha portato il concetto incentrato sul cliente uno step avanti. Amazon stabilisce relazioni dirette con i
clienti, ci sono quindi abbonati individuali e ognuno ha la propria home page, cronologia, etc.

In passato le aziende si concentravano sul portare un prodotto sul mercato e venderne il maggior numero possibile.
Oggi le aziende partono dal cliente, i clienti devono essere intercettati e le loro esigenze devono essere soddisfatte
(+ informazioni si acquisiscono sul cliente e meglio è per poter soddisfare le esigenze e creare una relazione
duratura).

Abbonamento: un pezzo di scrittura sotto un documento. È un mutuo accordo, una relazione. Oggi gli abbonamenti
avvengono perlopiù via digitale.

CUSTOMER JOURNEY E CUSTOMER EXPERIENCE

Quando il cliente viene intercettato dalle aziende inizia un viaggio. Il brand deve fare in modo che il viaggio del
cliente sia il più positivo possibile.
Il customer journey inizia nel momento in cui c’è coincidenza tra uno stimolo al consumo e la percezione di un
determinato bisogno e deve proseguire con la fidelizzazione del cliente.
Fasi del viaggio:
- awareness: conoscenza e consapevolezza. Ricerche per capire come soddisfare l’esigenza.
- consideration: valutazione. Si soppesano le alternative a disposizione.
- decision: decisione su come soddisfare il bisogno.

Es. ClassPass Inc: servizio di abbonamento mensile per avere lezioni di ginnastica. La società sta implementando la
tecnologia per semplificare il processo di cancellazione. I clienti apprezzano la possibilità di potersi disiscrivere
quando vogliono.

I BIG DATA

Big data = grande volume di dati che inonda l’azienda ogni giorno. Sono dati eterogenei per fonte e formato,
analizzabili in tempo reale. È importante ciò che l’azienda fa con i dati.

Negli ultimi anni il mercato dei Big Data è cresciuto di più del 20% ogni anno.

5 V dei big data:


- volume: quantità di informazioni.
- velocità: grande velocità per archiviare, catalogare e riutilizzare i dati.
- varietà: ogni dato è diverso e ha una provenienza specifica e diversa dagli altri.
- veridicità: qualità e affidabilità dei dati.
- Variabilità: mutevolezza del significato in base al contesto.

LE DMP

DMP sta per piattaforma di gestione dati. È una risorsa che aggrega diversi tipi di dati da fonti online, offline e
mobile. Le DMP raccolgono principalmente dati anonimi per profilare, analizzare e rivolgersi a clienti online.

DMP: piattaforma tecnologica che processa grandi quantità di dati relativi alle caratteristiche e al comportamento
degli utenti in azioni rivolte a loro. Sono impiegate principalmente per ottimizzare la compravendita di spazi
pubblicitari online.

Le aziende devono essere capaci di sfruttare diversi tipi di informazioni provenienti da diverse fonti e raccogliere
tutte le informazioni in un unico posto centralizzato, al fine di ottenere la business intelligence necessaria per
ottenere benefici.

I dati assunti dalle terze parti permettono di costruire profili più specifici della personalità e dei potenziali bisogni del
consumatore.

CDP (customer data platform): evoluzione delle piattaforme di gestione dati e servono per offrire una customer
experience più personalizzata. Il loro obiettivo è aggregare varie fonti di dati (online e offline) per creare una visione
unica del cliente e massimizzare le vendite.

Es. poster young & rubicam: donna che piange nel poster con testo sotto. L’azienda è stata in grado di raccontare
una storia e costruire un messaggio interessante e convincente. Oggi come ieri i dati devono essere interpretati e
gestiti al fine di ottenere messaggi toccanti.

TIPOLOGIE DI STORYTELLING

- educational storytelling: strumento usato nei processi di apprendimento. Favorisce la memoria e la


condivisione del sapere.
- visual storytelling: in ambito grafico, raccoglie l’attenzione degli utenti.
- advertising storytelling: es. spot delle auto che non raccontano perché un’auto è superiore ma dicono che
con quella macchina puoi distinguerti dalla massa etc.
- corporate storytelling: tendenza a personalizzare l’identità delle imprese mediante la loro storia (es.made in
italy).
- Journalism storytelling: intercettare il pubblico con capacità narrativa.

DATI E STORYTELLING

Es. Andrea Contri: le compagnie telefoniche hanno scoperto il suo numero di telefono e lo tartassano di chiamate ma
non usano l’approccio giusto per rendere la loro offerta interessante. Hanno quindi trovato il dato (numero di
telefono) ma non sanno parlare al cliente. Ciò ci fa capire che le piattaforme di gestione dati (DMP) servono solo nel
momento in cui qualcuno analizza i dati e li usa per creare un messaggio efficace nei confronti di un target.

CREARE STORIE D’IMPATTO

Il nostro cervello ha una preferenza per le storie. Dati e fatti costituiscono la spina dorsale di una storia (es. orario,
magnitudo e danni di un terremoto) ma è il flusso della storia che lega i dati assieme. Le storie aggiungono
abbellimenti che rendono i dati memorabili.

Il dato ci dice cosa sta succedendo ma le storie spiegano perché il dato è importante e catturano l’attenzione.

I nostri cervelli sono cablati per trovare connessioni tra gli eventi. Siamo soliti cucire insieme i punti di dati per
trasformarli in una storia coesa in base alla quale decidiamo come comportarci.

Le storie sono strumenti eccellenti per passare la conoscenza da una persona all’altra.

Con l’invenzione della stampa e la nascita del protestantesimo assistiamo alla prima guerra mediatica della storia. La
stampa ha dato per la prima volta la possibilità a due parti di intraprendere una guerra con testi ironici e immagini
irriverenti che mettevano in ridicolo l’avversario. È grazie alla stampa che crebbe il numero di lettori e la circolazione
delle idee.

FAKE NEWS

Con la nascita dei social non era stata prevista la deriva dovuta al fatto che un’informazione democratica e iper-
diffusa potesse dare vita a numerose notizie false o verosimili.

Viviamo in un’epoca in cui chiunque può creare una storia vera o falsa che sia ed è sempre più difficile dimostrarne la
veridicità.

Secondo Andrea Fontana pensare significa:


- mescolare le informazioni (blending cognitivo).
- credere ad alcune informazioni piuttosto che ad altre (avere un sistema di credenze).

Le notizie (anche false) non nascono dal nulla ma poggiano su una visione del mondo che esiste dentro di noi e sulla
base della quale leggiamo la realtà.

Ogni giorno mettiamo in pratica scorciatoie mentali che possono definire la psicologia della disinformazione.

Information disorder: termine bello per dire fake news.

Le fake news sono notizie false ma credibili. Siamo portati a credere alle fake news a causa delle costruzioni mentali
del nostro cervello. Sulla base di queste costruzioni creiamo simulazioni della realtà partendo dal presupposto che
ciò che pensiamo è automaticamente vero.
Confirmation Bias: pregiudizi cognitivi che portano a credere solo alle informazioni in linea con la nostra visione del
mondo. Siamo abituati a credere solo a ciò che conferma le nostre credenze e siamo naturalmente attratti da ciò che
sappiamo già.

Il web e i social hanno aumentato la portata dell’information disorder.

COME COSTRUIRE CONSENSO SUI SOCIAL

11 regole di Goebbels:
- semplificazione e nemico unico: scegliere un avversario e insistere sull’idea che sia lui la fonte di ogni male
(es. ebrei).
- contagio: riunire tutti i nemici in un’unica categoria (es. tutti i musulmani sono terroristi).
- trasposizione: dare sempre colpa all’avversario e riversare su di lui i propri difetti.
- esagerazione e deformazione: trasformare ogni aneddoto in un fatto da cui dipende la sopravvivenza della
società.
- volgarizzazione: ogni propaganda deve essere popolare e adattare il suo livello al meno intelligente degli
individui a cui è diretta (tipo folle di Le Bon).
- orchestrazione: la propaganda deve limitarsi a poche idee ripetute instancabilmente. Se una bugia viene
ripetuta tante volte alla fine diventa una verità.
- rinnovamento: pubblicare notizie e idee che denigrano l’avversario.
- verosimiglianza: presentare informazioni confermate, almeno all’apparenza, da fonti solide.
- silenzio: non realizzare dibattiti su argomenti su cui non si hanno motivazioni convincenti. Nascondere anche
le notizie che favoriscono l’avversario.
- trasfusione: utilizzare miti o pregiudizi nazionali o culturali per risvegliare una componente viscerale che
alimenti determinate pratiche politiche.
- unanimità: convincere i cittadini del fatto che è necessario pensarla come gli altri, creando falsa unanimità.

PR E STORYTELLING

L’arte di raccontare storie è impiegata come strategia di comunicazione in ambito politico, economico e aziendale. Le
PR (pubbliche relazioni) sono lo strumento ideale per esprimere l’essenza di un brand, diffondendo storie che diano
credibilità.

Chi si occupa di pubbliche relazioni deve trovare strade creative per conservare al centro dell’attenzione il nome del
brand per cui lavora. Ciò significa osservare le tendenze economiche, politiche e sociali che potrebbero influenzare
azienda o cliente. Fondamentale è creare contenuti originali da raccontare al proprio pubblico; se si dà al pubblico
una storia si può stabilire una partnership proficua.

Bisogna dire che il proprio prodotto/servizio è nuovo, diverso o più specifico rispetto agli altri.

L’ufficio stampa si occupa di gestire e veicolare il flusso di informazioni. Colui che gestisce le informazioni è l’addetto
stampa che deve saper gestire le relazioni con gli organi di informazione; deve essere aggiornato sul panorama dei
mass media e sui giornalisti di riferimento che formano i contatti (tanti contatti formano la mailing list).
L’ufficio stampa veicola le comunicazioni attraverso i comunicati stampa. In caso l’evento da comunicare sia di
notevole rilevanza, l’ufficio stampa potrebbe indire una conferenza stampa.

I marchi lungimiranti si stanno spostando dallo storytelling allo storyliving, contenuti a bassa fedeltà e intimi filmati
in tempo reale.

Es. shopify: collabora con influencers fornendo prodotti che vengono inseriti in video e storie tipo get ready with me,
a day in the life, etc.

Es. Volkswagen: la pubblicità del superbowl le si è ritorta contro nel momento in cui greenpeace l’ha dipinta come
Darth Vader a seguito dello scandalo delle emissioni.
Es. Microsoft: la stessa azienda si è “auto-boicottata” nel momento in cui ha ritenuto lo spot per il lancio dell’xbox
360 come fuori policy a causa della violenza.

Alcune storie possono essere raccontate su alcuni media ma su altri no: Es. mercedes-benz con il video realizzato da
“studenti” e condiviso su youtube nel quale il sistema di rilevamento collisione dell’auto investiva Hitler da bambino.

Il messaggio deve essere:


- forte (deve farsi notare e ricordare. Es. poltrone e sofà)
- preciso (raccontare esattamente a cosa serve/cos’è il prodotto o il brand.)
- appealing (deve suscitare un’emozione. Es. spot P&G per le olimpiadi)
- riferito (non sempre si fa riferimento esattamente a ciò che si vuole mettere in luce ma il testimonial non
deve catturare tutta l’attenzione. Es. poster di Belen che causavano incidenti stradali ma nessuno ricorda a
che marchio fossero riferiti).
- positivo (magari deve incoraggiare a compiere un’azione. Es. spot di save the children).
- ripetuto o passa inosservato, rivelandosi inutile o inefficace (es. spot wind di padre e figlio che è passato
pochissimo e non lo ricorda nessuno)
È quindi importante che la comunicazione sia crossmediale ossia che utilizzi tutti i mezzi in maniera strategica,
coerente, contestualizzata per ottenere il miglior risultato possibile.

ROI: return on investiment. Si tratta del guadagno che l’azienda ha per denaro investito pro capite. Oggi si cerca di
massimizzare il ROI con investimenti chirurgici.

INTUIZIONI VINCENTI MA INUTILI

- un cliente soddisfatto passerà naturalmente la parola, si sentirà coinvolto e cercherà di partecipare al


miglioramento del prodotto.
- fidelizzazione: i clienti mantengono un atteggiamento positivo nei confronti del brand e si fidano dello
stesso.
- offerta: se un’offerta ha parametri che la fanno ricordare, il cliente ne parlerà con altri e si creerà una catena
di interessati al prodotto.
- monitoring: tenere sotto controllo qualità dell’offerta per eliminare parti negative e rafforzare quelle
positive.

DA EXPERIENCE ECONOMY A PERSONALIZZAZIONE B2ME

Negli ultimi 20 anni ci si è focalizzati interamente sulle esperienze ma ormai siamo entrati nell’età dell’individuo dove
prevale la personalizzazione Business 2 me.

I brand devono collegarsi con i clienti in una scala one to one. Media come Facebook, WhatsApp, messenger, etc.
favoriscono i contenuti iper-personalizzati ancora più dei video virali.

Es. Facebook: nel 2018 ha apportato cambiamenti al proprio algoritmo, limitando i contenuti pubblici a favore dei
contenuti che creano community e conversazioni tra familiari e amici.

ABOVE THE LINE E BELOW THE LINE

Parlando di campagne pubblicitarie parliamo o di pubblicità mirata (rivolta a uno specifico gruppo di utenti) o di
pubblicità generica (rivolta alle grandi masse di pubblico).

- Above the line: pubblicità generica, in senso più classico tipo manifesti pubblicitari, giornali, riviste.
- below the line: pubblicità mirata. Il rapporto col pubblico è diretto e si può sviluppare un’attività di vicinanza
come col guerrilla marketing.
Mescolando above the line e below the line si ottiene il marketing through the line che utilizza in contemporanea
alcuni elementi di entrambi. Aiuta a mettere in piedi campagne pubblicitarie integrative che funzionino sul web, in
tv, su riviste e simili.

TOTAL AUDIENCE IN ITALIA

Oggi in Italia ci sono 112 milioni di schermi. 42 milioni sono televisori e i restanti sono un mix di tablet, smartphone,
pc e simili.

La tv del prossimo decennio sarà sempre più connessa on demand. Ci sarà una misura crescente di contenuti brevi.

Le abitudini di visione stanno mutando e così dovrà fare il mercato. I contenuti in rete dipendono strettamente dagli
investimenti pubblicitari e a vincere la prima battaglia della tv digitale in streaming è soprattutto sky.

Le recenti innovazioni stanno fornendo opzioni preziose al processo di acquisto degli annunci e promettono di
migliorare l’esperienza dei consumatori.

- tv tradizionale: le agenzie acquistano la pubblicità per conto degli inserzionisti, definendo a chi si rivolgono in base
all’età e al sesso. Gli annunci nazionali vengono venduti tramite broadcast, mentre gli annunci locali vengono venduti
tramite emittenti locali.
Il vantaggio del tradizionale acquisto televisivo per gli acquirenti è che possono raggiungere un vasto pubblico con un
solo ordine in un ambiente affidabile, trasparente e sicuro.

La ricordabilità di uno spot è determinata dalla posizione seriale, definita da due parametri:
1. posizione seriale ordinale: gli spot posti all’inizio vengono ricordati meglio così come quelli posti alla fine. Quelli
posti nel mezzo invece non vengono ricordati anche a causa dello zapping (il tempo di reazione ci porta a cambiare
canale a seguito della prima pubblicità e la tendenza a tornare in anticipo al canale appena lasciato, per non perdere
un programma, ci fa tendenzialmente assistere all’ultima ma non alle pubblicità nel mezzo).
2. posizione seriale timelag: via via che trascorre il tempo diminuisce l’attenzione dello spettatore e anche la capacità
di ricordare la pubblicità.

Costi pubblicitari nella tv generalista, il prezzo varia in base a:


- fascia oraria (prezzi più alti a cavallo tra l’ora di pranzo e la prima serata)
- stagione dell’anno
- lunghezza del messaggio
- inserimento dello spot all’interno di una trasmissione particolare

Es. prezzi: 35.000 per spot in prossimità del tg1 nei giorni feriali di luglio e agosto, sale a 48.000 tra ottobre e
novembre.

Termini da ricordare:
- reach: rapporto percentuale tra numero di individui colpiti da un certo messaggio pubblicitario in un
determinato periodo e il target complessivo che vorremmo raggiungere.
- frequenza media di esposizione: numero di volte in cui il pubblico è stato esposto al messaggio.
- gross rating point (GRP): combinazione di reach e frequenza media di esposizione, misura l’effettiva
pressione pubblicitaria.
- costo per rating point (CPRP): è in base ad esso che si stabilisce il valore economico di una campagna. È il
rapporto tra le spese di una campagna pubblicitaria e la stima dei gross rating point ottenibili. L’obiettivo è
ottenere il massimo dei GRP con il minimo della spesa.
- CPM: indicatore di costo relativo, è utile per confrontare l’efficacia di una stessa campagna su media diversi.

-digital tv: gli annunci video digitali hanno una pubblicazione flessibile che viene completata in tempo reale. Il
criterio di misurazione si basa sulle impressions.
Il video digitale viene acquistato e venduto con piattaforme di domanda e offerta in modo automatizzato ma non
esiste una singola fonte di misurazione affidabile che consenta una visione completa del mercato.
Acquisto pubblicità online:
- banners e buttons
- pop up e pop under
- rich media
-
Bisogna pianificare gli spazi in modo da intercettare il target. Prima di tutto si pubblica l’annuncio e l’utente che
clicca sull’annuncio arriva su una landing page. A quel punto l’utente legge e decide se compiere l’azione proposta o
meno. Ognuno dei passaggi ha un costo in visitatori e a ogni step se ne perderà una parte.

click through rate: valori bassi indicano una cattiva pertinenza delle parole chiave con l’annuncio o un annuncio mal
formulato in partenza.

-adressable tv: modalità di erogazione di annunci pubblicitari sulla tv digitale che permette di mostrare annunci
specifici diversi da famiglia a famiglia in tempo reale, in base alle caratteristiche del nucleo familiare.
Se i dispositivi usati per accedere ai programmi tv sono connessi a internet (es. smart tv), le moderne tecnologie di
tracciamento permettono di sapere in tempo reale quali programmi guarda ogni singolo nucleo familiare e possono
disporre di annunci pubblicitari targettizati.

PROGRAMMATIC ADVERTISING

Il programmatic advertising è uno strumento per la pubblicità online che consente di raggiungere il target corretto al
momento giusto e al minor costo. Si tratta di un processo digitale basato sull’acquisizione di dati che consentono di
individuare l’utente in target, registrandone le azioni e i comportamenti.
In base alle informazioni ottenute vengono acquistati spazi pubblicitari in modalità automatizzata.

La rivoluzione del programmatic advertising è la possibilità di poter leggere e interpretare i dati per definire la
migliore strategia di marketing e visibilità online con il cliente tipo.

Funzionamento delle programmatic advertising:


- le aziende acquisiscono dati e profilano i clienti attraverso le DMP.
- si aprono degli spazi che compravendono spazi pubblicitari e avviene l’asta.

REAL TIME BIDDING

Si basa su una vera e propria asta che si svolge in microsecondi, durante la quale i dati degli utenti che frequentano
un sito vengono messi all’asta in modo che possano essere comprati da un’azienda.

Se nello stesso momento mille persone entrano nello stesso sito, ognuna vedrà un annuncio che si basa sulla propria
navigazione online perché l’azienda deve comunicare esattamente con il singolo.

GOOGLE ADSENSE

Si tratta di un servizio di banner pubblicitari offerto da Google. Con Adsense si possono pubblicare annunci
pubblicitari guadagnando in base al numero di visite o ai click sugli annunci.

Il servizio è in grado di gestire gli annunci degli inserzionisti adattandoli al contenuto della pagina web in base alla
pertinenza.

Con Adsense è possibile personalizzare il banner così da adattarlo meglio alla pagina.

Adsense permette di far guadagnare gli affiliati grazie a un algoritmo che scansiona il contenuto delle pagine e
inserisce annunci a tema in base alle parole chiave trovate. Inoltre, offre un servizio di statistiche che segnala il
numero di click e impression giornalieri e totali.
BROADBAND TV

- subscription video on demand: servizi di abbonamento con canone periodico (netflix, prime video, now tv).
- transactional video on demand: servizi pay per viev con acquisto di ogni singolo contenuto (google play,
playstation store).
- Advertising video on demand: servizi di distribuzione gratuiti come youtube o rai play, mediaset play.
- premium video on demand: trasmissione on demand di contenuti premium come anteprime
cinematografiche presenti contemporaneamente nelle sale.

SOCIAL TV

Si intende l’attività di interagire attraverso i social, ad esempio pubblicando commenti, opinioni o voti, con i prodotti
fruibili attraverso la tv.

L’interazione è bidirezionale e può avvenire direttamente attraverso la tv oppure attraverso altri dispositivi.
La diffusione di queste pratiche porta lo spettatore a utilizzare contemporaneamente e in modo sequenziale
molteplici schermi di diversa natura funzionale. Si ha una spartizione dell’attenzione tra più schermi e l’ibridazione
fra modalità di visione in privato e in gruppo.

L’analisi dei comportamenti dello spettatore attraverso l’attività sui social è usata per stabilire e predire il successo di
programmi e serie tv.

la social tv amplifica la capacità di feedback degli spettatori sulla televisione e in Italia coinvolge circa 27 milioni di
persone.

Non abbiamo più un atteggiamento passivo nei confronti del contenuto televisivo, non aspettiamo un orario definito
per vedere uno show e questo può essere definito total audience.

I brand devono diventare popolari e di tendenza immettendo i loro hashtag nel flusso di dati presenti sul web (es.
durante xfactor vengono fatti un sacco di post ovunque e le aziende potrebbero fare instant marketing sfruttando
questa moda).
Es. con la serie LOL chi ride è fuori abbiamo assistito alla creazione di commenti e meme via Twitter che sono poi
stati ripresi da diversi brand nella creazione dei loro post.

PRODUCT PLACEMENT

Il product placement è una forma di marketing che consiste nel far apparire o fare riferimento a un prodotto o brand
in maniera naturale all’interno di una struttura narrativa autonoma e già costituita (film, serie tv, programma). Ciò
avviene in cambio di un compenso monetario o extra monetario.

Non si può parlare di product placement quando l’inserimento di prodotti o marchi avviene per scopi puramente
artistici.

Il product placement è anche definito pull marketing perché incrementa la conoscenza del brand e la brand
awareness.

Il calo delle visualizzazioni sui televisori tradizionali ha portato gli inserzionisti a cercare qualcosa di più coinvolgente
dei commercial tradizionali. Oggi, infatti, il pubblico ignora sempre di più gli annunci tradizionali o li blocca ed è
fondamentale che un inserzionista possa trarre vantaggio da mezzi come il product placement.

Visual product placement: il marchio viene posizionato in primo piano o sarà lasciato sullo sfondo e aumenteranno
le inquadrature sullo stesso per non ridurne l’efficacia.

La fantascienza si presta molto al product placement (es. io, robot, film con Will Smith).
Es. riuscito: castaway rappresenta un grosso sposnor alla compagnia fedex. È stato infatti costruito uno spot per il
superbowl in cui il protagonista, dopo 5 anni sull’isola, torna a consegnare il pacco.

Script placement: è incisivo perché è il protagonista che cita in modo esplicito il prodotto, inserendolo nella
narrazione. È una forma pubblicitaria indiretta utilizzata poco frequentemente perché più difficile da realizzare.

Es. programmi che sfruttano bene product placement: xfactor, american idol, grande fratello, mastherchef. Tutti
danno inizio a una comunicazione multicanale vincente.
Masterchef in particolare ha collaborato con ford (auto ufficiale della sesta stagione) che ha realizzato eventi e
progetti digitali che hanno coinvolto i protagonisti della trasmissione, rafforzando la brand consideration.
(ricordiamo il ford social restaurant, una cena gourmet che costa un tweet o un post durante la quale gli ospiti
potevano seguire e commentare in diretta le puntate).

Videoclip e placement: il video musicale è il mezzo di comunicazione privilegiato per le azioni di product placement
perché il pubblico tende a vedere più volte e a condividere i video musicali.

Digital product placement: sostituisce il product placement fisico. I vantaggi sono derivati dal notevole risparmio di
tempo e da una maggior rilevanza del placement stesso una volta realizzato.
Con l’approccio digital è possibile essere inseriti perfettamente in uno show con un preavviso minimo di due
settimane.
Il digital product placement può essere anche postumo; infatti, un marchio ha la possibilità di stipulare accordi di
product placement in base ai quali il prodotto potrebbe essere inserito digitalmente nelle repliche dei programmi tv.
Questo tipo di product placement consente di personalizzare i prodotti posizionati in base al mercato di riferimento.

Vantaggi e svantaggi del product placement digitale:


- il regista e gli attori non hanno bisogno di adattarsi al prodotto
- il posizionamento può essere controllato in qualsiasi dettaglio
- il product placement può essere rimosso o aggiornato in qualsiasi momento ed è adattabile ai target group,
ossia a seconda di chi vedrà lo show si può scegliere che placement fare
- il prodotto non può essere integrato intensivamente nella trama e non è possibile un’interazione completa
degli attori col prodotto
- non è possibile inserire contenuti aggiuntivi sotto forma di nuove scene

GLI INFLUENCER

Product placement su youtube:


- video haul
- video recensioni: si parla del prodotto da recensire esternandone quasi sempre pareri molto positivi.
Talvolta sono convenzionati con il produttore.
- apparizione in candid camera/esperimenti sociali: spesso si assiste a esperimenti sociali con la presenza di
marchi che appaiono quasi per caso (Es. dentifrici spremuti nelle scarpe di un malcapitato).
- sullo sfondo: può capitare di inserire sullo sfondo dell’inquadratura un poster di un videogame o una trousse
di un noto marchio di make-up.
- creare rubriche ad hoc.
- challenge e video tag: es. Marshmallow challenge, oreo challenge.

Product placement su Instagram: molti utenti taggano nelle loro foto I brand che amano anche senza alcun genere
di sponsorizzazione, dando visibilità al brand.

I vlogger sono coloro che hanno fatto della produzione di video sui social un vero e proprio mestiere. La cosa
importante è trovare un filone e specializzarsi in maniera verticale (es. in Italia funzionano molto gli accenti, il
dialetto e il cibo come ad es. con casa Surace).

Il ROI di una campagna di influencer marketing: il 49% delle persone si fida dei consigli degli influencer.
Per organizzare una campagna di influencer marketing è bene: fissare un budget; imparare quanto guadagna ogni
influencer per ogni pubblicazione; stabilire un obiettivo e definire degli indicatori per misurare il rendimento.

Importanti per l’influencer marketing sono:


- impressions: quantità di volte in cui le persone vedono un contenuto sul web.
- reach: numero di persone a cui è arrivato il contenuto. Quante persone hanno visualizzato la campagna.
- engagement: azioni che gli utenti esercitano nei confroni del post stesso (like, commenti, condivisioni).
L’engagement è una delle chiavi per calcolare il ROI
- conversion: un @ o testo sottolineato che, cliccandoci sopra, rimanda su un altro sito. Le conversion
possono misurare la percezione del brand o far crescere la propria community.

BRAND INTEGRATION

Le attività off air esulano dalla programmazione televisiva pura ma sono comunque determinanti per il successo di
un’azienda in tv.

Si intendono come off air gli accordi di licensing per la realizzazione di prodotti il cui nome del programma venga
associato al brand, eventi off air che permettano di sviluppare engagement sul territorio.

La brand integration è il punto di partenza da cui le aziende possono costruire progetti multipiattaforma a lungo
termine che facciano breccia nel cuore del pubblico.

NATIVE ADVERTISING

È una forma di pubblicità contestuale online che consiste nell’inserimento di contenuti pubblicitari all’interno di
contesti coerenti con questi ultimi.
Es. inserimento di una pubblicità di scarpe da calcio all’interno di un articolo che parla di una partita di calcio o di un
calciatore.

Il native advertising nasce conseguentemente al dilagare del fenomeno definito come banner blindness, ovvero la
cecità da banner o meglio l’indifferenza nei confronti di una pubblicità che la rende completamente inefficace.
Una pubblicità di tipo contestuale non interrompe l’attenzione dell’audience di riferimento.

BRANDED CONTENT

Il branded content è un contenuto editoriale creato ad hoc per raccontare e rappresentare i valori della marca.

Branded content significa integrare il marchio all’interno di un’esperienza di intrattenimento. Può assumere la forma
di programmi tv, eventi, siti dedicati a community, film, etc. e può avvenire su svariate piattaforme e ambienti.

LOVEMARK

Il valore emozionale supera il valore d’uso.

kevin roberts disse che le marche avrebbero prima o poi “finito la benzina”, quindi bisogna pensare a un futuro oltre
le marche.
Creare un rapporto emozionale e di lunga durata col consumatore è la chiave per far prosperare la marca, stabilendo
una connessione più profonda tra le due entità.

Il lovemark offre un’esperienza che sorpassa le aspettative del consumatore. Esso arriva diretto al cuore, creando
una relazione tanto forte da creare una dipendenza affettiva.
Bassi livelli di amore ma alti livelli di rispetto identificano marche che hanno buone potenzialità e possono fare un
lavoro di branding per diventare lovebrand.

Bassi livelli di rispetto e alti livelli di amore denotano fenomeni di straordinario successo ma solo momentanei.

Alti livelli di amore e rispetto rappresentano i lovebrand che presentano una forte immagine imposta sul mercato e
che crea attaccamento fra il consumatore e quel brand.

Per diventare un lovemark servono:


- mistero: la marca dev’essere misteriosa e catturare periodicamente l’attenzione.
- sensualità: costruire approcci multisensoriali che permettano ai prodotti e servizi di lasciare tracce emotive.
- intimità: correlarsi alle aspirazioni personali dei consumatori. Creare vicinanza affettiva tramite impegno,
empatia e passione. Questo genera lealtà del consumatore.

Es. di brand lovemark: LEGO


Un bambino perde il personaggio di un set lego per il quale ha risparmiato tutti i soldi di Natale e scrive una mail
all’azienda sperando di poterne ottenere uno nuovo. L’azienda risponde positivamente e promette di spedire il
personaggio perduto e degli extra a patto che il bambino ascolti sempre il papà e non porti più fuori casa i suoi lego.

MOMENTO DECISIONALE D’ACQUISTO

La crescita di internet e l’incremento degli acquisti online hanno dato luogo a approfondimenti e studi sui
comportamenti degli utenti.
È stato quindi introdotto da google il concetto di ZMOT (zero moment of truth). Si tratta del momento successivo
alla ricezione dello stimolo in cui si effettuano delle ricerche per conto proprio che condizioneranno la fase
decisionale d’acquisto. Il web è il canale principale per lo ZMOT.

FMOT (first moment of truth): quel momento in cui l’acquirente identifica il prodotto sullo scaffale decidendo se
acquistarlo o meno. Si crea il bisogno e si spingono i consumatori attraverso uno stimolo.

SMOT (second moment of truth): dopo l’acquisto. È l’esperienza del consumatore quando usa il prodotto o servizio.

TMOT (third moment of truth): momento in cui il consumatore esprime il proprio feedback sul prodotto

IL PHYGITAL MARKETING

Fusione tra physical e digital, rappresenta tutte le attività che i brand realizzano per creare un ecosistema integrato
in cui il mondo fisico e la dimensione digitale convivono. Si tratta dell’esemplificazione del circolo virtuoso che si crea
tra online e offline e l’obiettivo fondamentale è quello di garantire il miglior customer journey possibile.

Es. tesco homeplus: sono stati sistemati pannelli uguali ai bancali del supermercato alle fermate della metro per
permettere alle persone in attesa di fare shopping come fossero al supermercato, incrementando le vendite online.

Il digitale non è il nuovo marketing ma è un tool del marketing che si va a innestare su quello tradizionale. Abbiamo
diversi strumenti per massimizzare il ROI:
- click & collect: il cliente compra e paga online ma ritira la merce in negozio.
- showrooming: si prova ad esempio un vestito in negozio e lo si compra online.
- research online purchase offline: ci si informa online e si compra in un negozio fisico.

Gli italiani per cui il digitale ha un ruolo nel percorso d’acquisto sono 35,5 milioni. Molti sono infoshopper (navigano
solo per raccogliere e comparare informazioni), altri sono eshopper (si servono di internet in ogni fase del processo
d’acquisto) e altri sono cherry picker (acquistano solo occasionalmente online).

Il pubblico del digital shopping non è per forza tecnologico, la chiave del successo online si configura infatti come un
mix di immediatezza comunicativa e facilità d’uso.
Oggi sono in calo i Money Saver, gli utenti più propensi al risparmio, che online comparano prezzi, consultano
volantini e leggono opinioni di altri utenti, in modo da poter organizzare al meglio i propri acquisti. Questo gruppo
passa infatti da 5,5 a 5,1 milioni, a dimostrazione del fatto che, sebbene il prezzo sia fondamentale nell’e-commerce
e abbia contribuito alla sua diffusione capillare, non è l’unica cosa che conta

Google ha scoperto che il 53% delle conversioni arrivano da una ricerca su una parola o frase generica. Abbiamo la
tendenza a effettuare ricerche generiche per poi affinare sempre più l’obiettivo.

Come catturare clienti:


- bisogna dare fiducia al visitatore, iniziando con messaggi di benvenuto e fornendo informazioni utili e
interessanti per convincerlo di essere nel posto giusto.
- la presenza di commenti di altri acquirenti, voti, like, etc. dà credibilità al sito.
- bisogna concentrarsi sul cliente e capire com’è arrivato sul sito per fidelizzarlo
- bisogna dare importanza non solo a chi acquista ma considerare anche le iscrizioni alla newsletter per avere
promozioni o chi lascia commenti.

LA SEARCH ENGINE OPTIMIZATION

Si tratta dell’ottimizzazione per i motori di ricerca, anche detta SEO.

Identifica l’insieme delle attività volte all’ottimizzazione del codice e dei contenuti di un sito web per una migliore
indicizzazione sui motori di ricerca dello stesso e a un miglior posizionamento in funzione di determinate keyword.

Le keyword sono frutto di un’analisi preliminare finalizzata a un incremento del traffico profilato al sito web.

Esistono 3 categorie di SEO:


- SEO on site: tutte le tecniche di ottimizzazione di un sito nei suoi aspetti generali (es. velocità di
caricamento, prestazioni, sicurezza).
- SEO on page: migliora l’ottimizzazione delle singole pagine che compongono il sito e uno degli aspetti più
importanti è l’uso appropriato delle keyword. Le keyword vanno inserite in modo strategico in alcuni punti
del contenuto, sia nel titolo che all’interno dei sottotitoli e paragrafi. Le immagini devono essere alleggerite
mediante strumenti di compressione.
- SEO off site: attività che avvengono al di fuori del sito web e avvengono su altri siti. Lo scopo di queste
ultime è migliorare l’autorevolezza del sito principale agli occhi del motore di ricerca (più un sito è
autorevole e più è in alto nel motore di ricerca).

Importanti in ambito di SEO sono le quantità di backlink ossia i link che puntano a un determinato sito. I backlink
solitamente si basano su anchor text dai quali, cliccandovi, si accede a altri siti.
Il backlink è il collegamento che altri siti concedono verso il nostro sito web e sono chiamati anche incoming link.
Il link interno collega due sezioni dello stesso sito web mentre il link esterno viene usato per trattare in modo più
specifico l’argomento di cui si parla all’interno di un contenuto.

Come si valuta la qualità dei backlink in entrata? I parametri fondamentali sono autorevolezza e pertinenza. La
quantità è importante ma non quanto la qualità dei backlink.
Penguin è l’algoritmo di google che premia i link di alta qualità ma penalizza quelli di scarso valore (se un sito ha
molti backlink di pessimo valore non ne trarrà nulla di buono ma sarà penalizzato).

All’interno della pagina di vendita si deve essere capaci di inserire elementi di ridondanza che aumentino la
risonanza del soggetto nei search engine.

LA MULTICANALITÀ

È diventata una potente risorsa per estendere le attività. L’utilizzo di più dispositivi per compiere ricerche e
effettuare acquisti sta diventando parte integrante della nostra vita.
PROSUMERS O CONSUMATTORI

Oggi è difficile definire, capire e conquistare i consumatori. Il consumatore camaleonte ha preferenze e sfaccettature
spesso contrastanti che richiedono risposte adeguate e tempestive da parte delle imprese (servizi e comunicazioni
personalizzate sono una priorità).

Bisogna entrare in contatto con i consumatori digitali attraverso canali informativi vicini alla community e fornire
così ai consumatori dettagli sui possibili prodotti, prezzi e informazioni.

I nuovi consumatori sono sempre più informati e vogliono comunicare le proprie esperienze e partecipare allo
sviluppo dei prodotti, passando dall’essere clienti passivi a co creatori.

La tecnologia digitale sta trasformando il processo d’acquisto del consumatore non solo in relazione a modalità,
luoghi e tempi ma anche rispetto alle aspettative e all’interazione con tutti i fornitori coinvolti nel processo. In
sostanza è la fiducia ad essere la più grande risorsa delle aziende.

SUGGERIMENTI PER LE IMPRESE

- dialogare col consumatore


- offrire servizi su misura
- fornire una brand experience totalizzante
- erogare servizi multicanale coerenti
- rendere i consumatori dei business partner

Le aziende devono concentrare i propri sforzi nella costruzione della fiducia online, devono concentrarsi nel gestire e
facilitare una forte relazione con i clienti.

Per stare al passo i marchi intelligenti si stanno concentrando meno sulla copertura e più sulla generazione di un
coinvolgimento trasparente e di qualità.
La definizione di coinvolgimento oggi è riferita a quei comportamenti che hanno un impatto più tangibile sul valore
del marchio

Aziende come adidas e new york times stanno lavorando per sviluppare un dialogo intimo e significativo con le
comunità più piccole e preziose, creando contenuti approfonditi e ricercati, lasciando che poi i fan proseguano con le
conversazioni.

Adidas: ha deciso di adottare un approccio popolare. Ha costruito squadre di micro-influencers per connettersi con i
clienti a livello più intimo. Il suo programma tango squad serve a collaborare coi giovani atleti che hanno influenza in
comunità di nicchia.

The british museum: utilizza tecnici esperti per educare e coinvolgere un seguito globale. Invita esperti e dipendenti
interni a partecipare alle iniziative sui social e i live stream del museo riuniscono migliaia di spettatori provenienti da
centinaia di paesi diversi.

IL PIANO DELLA COMUNICAZIONE

Brand identity, identificazione target, analisi del mercato, concept, strategia, tattica

La strategia è il procedimento tramite il quale il brand decide di produrre una serie di attività tattiche che rispondono
a un concetto che sta a monte. È la linea che unisce tutte le attività di comunicazione, rendendole finalizzate a un
unico scopo.

Es. strategia: Heineken è sponsor ufficiale della champions da decenni perché sembra automatica l’addizione birra +
maschi = calcio.
LA SWOT ANALYSIS

Strenghts (punti di forza) e weaknesses (punti di debolezza) descrivono fattori interni all’azienda e sono riferiti alle
qualità del brand e alle qualità del prodotto.

Opportunities (opportunità offerte dal mercato) e threats (minacce presenti sul mercato) sono fattori esterni che
fanno riferimento al mercato competitivo. Le minacce potrebbero essere gli aspetti logistici, difficoltà burocratiche,
alti costi di acquisizione dei nuovi clienti o le abitudini radicate nei consumatori

Un’analisi swot analizza un progetto o un business focalizzandosi su ciascuno dei fattori, aiutando a mettere a fuoco
le caratteristiche distintive dell’attività e del mercato di riferimento.

Con le informazioni raccolte da una swot analysis è più facile capire se procedere e come muoversi

CREARE UN BRAND DI SUCCESSO

- restringere il focus per significare qualcosa nella testa dei clienti


- definire la propria categoria o crearne una nuova
- definire un chiodo verbale che definisca l’essenza dell’idea e lo stesso a livello visivo
- creare uno slogan memorabile

Es. Melegatti: il visual hammer (chiodo visivo) del pandoro Melegatti è la confezione sempre riconoscibile che è stata
completamente snaturata dalla collaborazione con Valerio scanu.

Es. altro scandalo Melegatti: “ama il tuo prossimo come te stesso, basta che sia figo e dell’altro sesso”, il post fa
talmente tanto scandalo da costringere l’azienda a dissociarsi pubblicamente.

BRAND POSITIONING

Si tratta della posizione occupata da un brand nella mente dei consumatori sulla base della differenziazione rispetto
ai competitor.

Kotler nel suo “principi di marketing” spiega che per facilitare il processo di acquisto, i prodotti, servizi e brand
vengono posizionati nella mente dei consumatori per categorie. I brand devono quindi essere attenti a tutti gli
elementi che possono comunicare qualcosa sulla maraca, visto che i fattori di differenziazione che andranno a
determinare il brand positioning possono riguardare vari aspetti del business.

L’obiettivo del marketer dev’essere quello di guidare la percezione dei consumatori nei confronti del marchio. È
necessario valutare bene su quali caratteristiche incentrare la propria strategia.

Value proposition:
- alcuni brand propongono benefici elevati a prezzi elevati (Es. starbucks che si propone con un prezzo più alto
rispetto al solito, promettendo un beneficio superiore rispetto ai competitor). Il pericolo per questi brand è
rappresentato appunto dai competitor che possono offrire lo stesso servizio a prezzi più bassi.
- alcuni brand puntano a posizionarsi nella mente del consumatore proponendo benefici scarsi a prezzi bassi
(es. primark).
- infine, ci sono marche che puntano su benefici elevati a prezzi bassi ma questo è un posizionamento difficile
da sostenere nel lungo termine.

La mappa di posizionamento: le variabili sono prezzo e qualità. Prendendo in esame le auto abbiamo mercedes che
è posizionato come marca che fornisce alta qualità a un prezzo elevato e dacia che sembra essere un brand di scarsa
qualità a prezzi bassi.
Il limite di questo tipo di mappa è il numero limitato di variabili utilizzate.
Affinchè il cliente percepisca il brand in un certo modo c’è bisogno di azioni concrete. Le iniziative devono essere la
prova viva del posizionamento scelto dall’azienda ed è essenziale che questa strategia sia sostenibile nel tempo. Una
volta raggiunto un determinato posizionamento l’azienda deve focalizzarsi sul monitoraggio, cercando di garantire
continuità e coerenza.

Il top of mind è il momento in cui si è riusciti a raggiungere un posto d’elezione nella mente dei clienti e significa
essere il primo brand/prodotto che viene in mente al consumatore quando si manifesta un bisogno d’acquisto.

LA BRAND REPUTATION

La brand reputation è la somma di una serie di asset strategici e di azioni dettate dalla strategia che riguardano:
identità, immagine, notorietà, riconoscibilità e posizionamento.

L’azienda deve saper gestire strategicamente ognuna di queste aree con l’obiettivo finale di rafforzare la brand
reputation e di moltiplicare l’impatto dell’azienda nei confronti del proprio mercato di riferimento.

BRAND IDENTITY

L’identità dell’azienda è data da elementi fondamentali come nome, payoff, logo, colori.

Gli elementi identitari devono essere definiti in base al percepito che si vuole trasmettere al target di riferimento e
per farlo è necessario fare un’analisi interna e di mercato.

La brand identity è l’idea che l’azienda ha di sé

BRAND IMAGE

È ciò che il pubblico percepisce di un’azienda


La brand image è il risultato di una serie di azioni legate alla brand identity.

Una volta che un’azienda è riuscita a ottenere un’immagine positiva può contare su una certa inerzia da parte del
proprio target di riferimento.

Il meccanismo della fedeltà fa in modo che il consumatore tenda a conservare un buon ricordo di un’azienda che ha
saputo raggiungerlo in maniera corretta.

BRAND AWARENESS

Indica sia il livello di notorietà sia il livello di riconoscibilità del marchio.

Da una prima fase in cui il target non conosce il brand si passa a una fase intermedia chiamata brand recognition
ossia il momento in cui il cliente associa spontaneamente la marca a una certa categoria di prodotti e servizi.

Il brand positioning rappresenta uno strumento strategico che sviluppa in un possibile cliente un richiamo immediato
a un determinato brand. È quando il prodotto o il brand viene percepito come la potenziale soluzione a una
necessità.

l’approccio alla base del posizionamento non è creare qualcosa di nuovo e diverso ma manipolare ciò che è già
presente nella mente: es. molecola; un soft drink che non può competere con coca cola e pepsi ma che si presenta
come l’alternativa “che esiste”, al 100%italiana.
Molecola punta sull’italianità artigianale che colpisce un pubblico d’elite e per questo possiamo dire che il brand si è
posizionato perfettamente in contrasto col prodotto della concorrenza, spiegando ciò che il prodotto non è.
IL PROCESSO EMPATICO PER ENTRARE NELLA MENTE DEL CONSUMATORE

Comprendere le esigenze e le prospettive del cliente è il primo passo perché porterà a un prodotto che è orientato ai
consumatori e offre loro una bella esperienza.

Per conoscere il cliente è indispensabile usare le informazioni come base per comprendere ciò che spinge il cliente.

Sviluppando personaggi della base di clienti le aziende possono avvicinarsi alla psiche del consumatore.

La mappatura dell’empatia è un processo collaborativo per ottenere approfondimenti sui consumatori. Una mappa
dell’empatia può rappresentare un segmento di consumatori e fornire un quadro completo del cliente e delle azioni
che potrebbe intraprendere.
La mappatura dell’empatia ha 4 quadranti etichettati come “cosa dice?”, “cosa fa?”, “cosa pensa?”, “chi e cosa
ascolta?”.

L’azienda nel momento di mappatura dell’empatia deve sospendere ogni giudizio. La sospensione del giudizio è un
vero e proprio esercizio di riflessione su quanto avviene di fronte a noi, senza prendere posizione.

MAPPATURA DELLA CUSTOMER EXPERIENCE

Oggi le aziende hanno dati sufficienti per comprendere il consumatore ma fanno ancora fatica a comprenderne le
motivazioni e le influenze. Qui entrano in gioco le mappe di viaggio dei clienti.
Le mappe delle customer experience consentono alle aziende di capire le esigenze dei consumatori e costruire
relazioni risolvendo quelle che si trovano in ogni punto di contatto.

IL BUZZ MARKETING

Si tratta di quell’insieme di operazioni di marketing non convenzionale volte a aumentare il numero e il volume delle
conversazioni su un prodotto o un servizio e accrescere quindi la buona reputazione e la notorietà del brand.
Buzz marketing (come ronzio delle api) permette di raggiungere nel minor tempo possibile un gruppo di utenti
omogeneo per interessi rispetto a un tema o a una categoria di prodotti/servizi.

Il buzz marketing è la strategia di coloro che usano il web per parlare e far parlare di prodotti o brand. Normalmente
funziona tramite il passaparola tra consumatori (conversazioni telefoniche, sms, post, blog, e-mail e qualsiasi altro
messaggio che sia un’interazione tra persone).

BLOG MARKETING

Wordpress è sia uno strumento di pubblicazione gratuito sia un sistema di gestione dei contenuti. Un blog creato con
wordpress è estremamente flessibile.

Come le aziende usano i blog e i blogger? Il blogger sta in alto e la sua influenza si afferma in quanto proveniente da
un esperto certificato e riconosciuto tale dalla community che lo segue.
L’approccio tradizionale prevede la preparazione di una cartella stampa che viene inviata alle testate giornalistiche
online, ai magazine ma anche a una selezione di blog. Un’altra alternativa è chiedere al blogger di pubblicare un post
su un determinato prodotto in cambio di un corrispettivo economico.

Spesso i blogger sono visti come celebrity e come tali sono coccolati. Si cerca di far parlare il blogger del proprio
brand per fare in modo che mostri un dato prodotto al proprio network di contatti.

Un blog aziendale può servire per aiutare a portare traffico al proprio sito, aiuta inoltre ad accrescere l’autorevolezza
dell’azienda e può portare risultati positivi sul lungo periodo.
WORD OF MOUTH

Questo termine corrisponde al passaparola.

Il 67% delle decisioni d’acquisto è influenzato dal passaparola ed è molto utile in questi casi il dialogo consumer to
consumer.

Il word of mouth si basa sulle conversazioni che avvengono offline e vengono poi amplificate dai social.

Come funziona il word of mouth? Normalmente l’ambassador riceve un pacco che contiene un prodotto e dei
sample per gli amici, con annessa una guida su come svolgere la propria attività di ambasciatore del prodotto.
Un ambasciatore sviluppa un numero di conversazioni con gli amici, ognuno dei quali, a sua volta, sviluppa
mediamente altre 3 conversazioni.

Contenuto di un vip pack:


- prodotto per l’ambassador
- sample per gli amici
- buoni sconto da distribuire per spingere l’acquisto del prodotto
- guida della campagna.
Questo tipo di “coccola” al consumatore aumenta la lealtà verso il produttore.

Una campagna di passaparola dura circa 5/6 settimane. A metà e a fine campagna chi ha partecipato compila un
form, rispondendo a domande relative alla qualità del prodotto e a tutti quei criteri che sono considerati interessanti
dall’azienda.

Il word of mouth abbatte le barriere di credibilità e superiorità.

IL FUNNEL, STRUMENTO DI STRATEGIA DI MARKETING

L’imbuto (funnel) è uno strumento utile per creare strategie di marketing.

Composizione dell’imbuto:
- awareness: presenza scenica, la pubblicità per far conoscere il brand/il prodotto.
- understanding: far capire come funziona il prodotto, a cosa serve e perché.
- relevance: quanto il prodotto è ritenuto importante dal pubblico.
- credibility: il prodotto è credibile rispetto ai competitor?
- superiority: come si dimostra che il prodotto è migliore dei concorrenti?
- price

La leva che spinge le eprsone a pensare che un prodotto sia migliore di un altro è provarlo e qui interviene il word of
mouth come strumento di marketing. Esso produce reach creando il buzz marketing e aumenta la credibilità perché
il consiglio d’acquisto fatto da un amico trasforma i consumer in ambassadors.

IL CENTRO MEDIA

Il centro media è un’agenzia attraverso la quale le aziende delegano la pianificazione della pubblicità sui vari mezzi
disponibili.

Il centro media pianifica la campagna pubblicitaria dell’azienda e si occupa della:


- raccolta delle informazioni
- identificazione spazi pubblicitari
- richiesta offerte
- consulenza per gestione del budget
- raccolta dettagli tecnici
- elaborazione e gestione del media plan, timing/ calendario delle uscite
LA RADIO

La radio nasce in Italia il 6 ottobre 1924.


Un decreto regio del 1925 stabilisce, per evitare la nascita di emittenti private, il monopolio assoluto dello stato sulle
comunicazioni senza fili. Nel gennaio 1925 nasce il radiodiario con l’intento di propagandare il nuovo mezzo e
conoscere le opinioni di un pubblico ancora da formare.

L’evoluzione dei palinsesti delle radio private: per coprire tutta la giornata di programmazione la musica era
fondamentale. Il palinsesto delle radio libere era infatti costituito da musica di vari generi e stili, strutturata per
rubriche.

I network nazionali iniziano ad affermarsi a metà degli anni ’80. In assenza di finanziamenti pubblici la pubblicità
costituisce l’entrata più sicura per garantire una sopravvivenza economica alle radio.
Alcune emittenti si dotano di concessionarie pubblicitarie e iniziano ad acquistare le frequenze al fine di ampliare il
proprio raggio di emissione.

Costi e affidabilità della pubblicità via radio: un passaggio di 30 secondi in media si aggira fra pochi euro e qualche
centinaio. La pubblicità via radio è adatta a qualsiasi tipo di business ma soprattutto alla promozione di eventi e
offerte speciali.

La pubblicità via radio è complementare con l’internet marketing perché molte persone cercano qualcosa su internet
dopo averne sentito parlare in radio e, soprattutto, la radio raggiunge gran parte delle persone che usano poco
internet.

- Per far conoscere il prodotto/servizio si può prevedere una frequenza giornaliera bassa per periodi lunghi.
- per promuovere un evento o un’offerta speciale limitata bisognerebbe optare per un’alta frequenza
giornaliera per un breve periodo di tempo
- per pianificare tutto l’anno ma il budget non lo consente si dovrebbe ricorrere al flighting, ovvero a
campagne pubblicitarie di 3-4 settimane ripetute più volte durante l’anno.

L’ascoltatore deve ascoltare il messaggio radiofonico almeno 3-4 volte per essere portato a compiere un’azione.

La radio è stata il primo mezzo social interattivo. A partire dall’introduzione delle telefonate in diretta l’ascoltatore
può intervenire nella trasmissione.
Ad oggi molti programmi si basano sulla partecipazione degli ascoltatori in risposta a sondaggi su cui si sollecita il
contributo del pubblico sui temi proposti.

Il linguaggio della radio: bisogna essere veloci e accattivanti per catturare e trattenere l’attenzione di un pubblico
distratto da molte offerte. I dialoghi sono influenzati dalle modalità informali del parlato faccia a faccia creando un
effetto di realtà a scapito della chiarezza.

Facebook è il social più utilizzato dalle emittenti ed è il pilastro della social radio.

IL PODCAST

È un mezzo nato agli albori degli anni 2000. Il podcast libera i programmi radiofonici dal vincolo dell’orario della
messa in onda e permette la loro persistenza.
L’ascolto casuale ma elettivo e personalizzato dei podcast valorizza i programmi di contenuto e di qualità che
rimangono validi e attuali anche a distanza di tempo.

TEORIE DEL COLORE

Dare nomi di fantasia ai colori è ciò che li rende maggiormente riconoscibili e gli conferisce anche maggiore appeal.

Il sesso maschile preferisce generalmente colori più brillanti e dalle tonalità più scure mentre il sesso femminile
preferisce colori più tenui e con tonalità più chiare.
LA BRAND EXPANSION

Consiste nel tentativo di ricontestualizzare il proprio prodotto in una nuova categoria di consumo. Sfrutta
l’amplificazione dei benefici della marca madre su nuove famiglie di prodotti.

Non sempre la brand expansion ha successo: es. zippo the woman perfume (profumo per donna prodotto dalla
marca di accendini), eva longoria’s she steakhouse for women (steakhouse per sole donne).

REBRANDING

Si tratta di un processo per cui un prodotto o un servizio sviluppato e distribuito con un nome, un marchio, viene
reimmesso nel mercato sotto un altro nome o una diversa identità.

Rebranding di successo:
- Mcdonalds nel 2007 attua un cambiamento radicale che ancora oggi è fondamentale nella sua strategia di
marketing, diventa un fornitore di cibo essenziale a un costo giusto e per questo il marchio si tinge di verde.
Nel menù vengono inoltre inclusi alimenti salutari e freschi e l’immagine diventa più pulita ed elegante.
- burger king torna a utilizzare il logo usato tra gli anni Settanta e novanta, valorizzando l’heritage del
prodotto ma aggiornandola ai nostri tempi.
- juventus e inter: entrambe le squadre hanno un brand globale dalla forte identità in svariati settori,
raggiungono target globali e differenti fasce d’età. Forse il calcio è però l’ambiente dove la vera forza del
marketing sta nel riconoscersi nei valori antichi, nella storia di una squadra e nei colori tradizionali.

Rebrand.com è il sito per studiare i rebrand.

CROWDSOURCING

Il termine Crowdsourcing è un neologismo che definisce un modello di business nel quale un’azienda o un’istituzione
affida la progettazione, la realizzazione o lo sviluppo di un progetto/ oggetto/ idea ad un insieme indefinito di
persone non organizzate in comunità preesistenti.

Ad esempio, al pubblico può essere richiesto di sviluppare nuove tecnologie, portare avanti un’attività di
progettazione, definire o sviluppare un algoritmo, o aiutare a registrare, sistematizzare o analizzare grandi quantità
di dati.

inizialmente il crowdsourcing si basava sul lavoro di volontari ed appassionati che dedicavano il loro tempo libero a
creare contenuti e risolvere problemi. L'enciclopedia Wikipedia viene considerata da molti un esempio di
Crowdsourcing Volontario.

Oggi il crowdsourcing rappresenta per le aziende un nuovo modello di Open-Entreprise, per i freelance la possibilità
di offrire i propri servizi su un mercato globale.

Come funziona il crowdsourcing? Il crowdsourcing può essere visto come un modello di produzione e risoluzione dei
problemi.
Gli utenti, la crowd, solitamente si riuniscono in comunità online, le quali forniscono una serie di soluzioni che
vengono poi vagliate dal gruppo stesso alla ricerca delle soluzioni più adatte.
Grazie al crowdsourcing, le soluzioni possono provenire da utenti non professionisti o volontari che lavorano al
problema nel loro tempo libero, o da esperti e piccole Imprese che erano sconosciute all'istituzione committente.

A cosa serve il crowdsourcing?


- i problemi vengono studiati a un costo basso e in breve tempo
- il pagamento o non è previsto o si basa sul risultato
- ascoltando gli utenti le organizzazioni hanno la possibilità di conoscere direttamente i desideri dei
consumatori.
- grazie al proprio contributo la comunità sviluppa un senso di appartenenza all’organizzazione
Crowdsourcing di successo: crash the super bowl operata da doritos prevedeva che I fan creassero il loro annuncio
pubblicitario per vinere un viaggio per andare a vedere la partita.

GUERRILLA MARKETING

Il primo a definire il termine è stato Jay Conrad Levinson nel 1984. Levinson lo indica come una forma di promozione
pubblicitaria non convenzionale e a basso costo ottenuta attraverso l’utilizzo creativo di mezzi e strumenti aggressivi
che fanno leva sull’immaginario e sui meccanismi psicologici degli utenti.

Es. di guerrilla marketing: è stata diffusa in rete la leggenda di 4 cineasti scomparsi in una foresta del Maryland nel
1994, di cui furono ritrova te le riprese a distanza di anni; un sito web trattava del caso, e dopo poco uscì nei cinema
"The Blair Witch Project”.

Capisaldi del guerrilla marketing:


- budget limitato
- investimenti basati sul tempo, l’energia e l’immaginazione
- è sempre combinazione di diversi metodi di marketing

Il costo per contatto è il costo che l’inserzionista paga per ottenere contatti attraverso i mezzi pubblicitari. Nella
"Guerrilla Tradizionale" il CPC è calcolato sulle presenze delle persone che vedono l’evento. In base a questi
numeri, ed ovviamente agli orari ed a quante volte l’evento si ripeterà, potrò quantificare mediamente il mio CPC.

Es video guerrilla: West jet ha fatto accadere un miracolo di Natale per i passeggeri di un suo volo. Al terminal di
partenza tutti avevano la possibilità di chiedere un regalo a babbo Natale e al terminal di arrivo i passeggeri
trovavano ad aspettarli i regali richiesti.

LO STREET MARKETING

Lo Street Marketing è una forma di Marketing NON-Convenzionale che si applica esclusivamente per le strade vere e
proprie di una città o al massimo all’interno di strutture, come i centri commerciali, e privilegia come strumenti il
corpo e l’azione dei performer.

Es. Per promuovere un detersivo si sceglierà di dare vita alla performance in mercati rionali dove c’è una maggiore
concentrazione di casalinghe, il target di riferimento del prodotto; mentre per lanciare una linea di Streetwear
verranno privilegiate le zone della città più frequentate dai giovani nel tempo libero.

Lo street marketing si può definire come uno strumento dell’ambient marketing che si applica in un’originale
formula di marketing one to one da realizzarsi in prossimità di punti vendita o in luoghi ad alta concentrazione dei
target prescelti.

Elementi dello street marketing:


- luoghi ad alta concentrazione di pubblico
- uso di performer
- uso di richiami visivi
- uso di richiami sonori come recitazione, musica
- coinvolgimento diretto del pubblico

AMBIENT MARKETING

Si tratta dell’associazione non autorizzata di un brand ad un evento mediatico. Accade sovente che un brand paghi
per diventare l’unico sponsor ufficiale di un dato evento ma che poi si intrometta un altro brand con un’azione di
marketing non convenzionale.
I FLASH MOB

Dall’inglese Flash e Mob, il termine FlashMob è stato coniato nel 2003 per indicare una riunione, che si dissolve in
poco tempo, di un gruppo di persone in uno spazio pubblico; questo con la finalità comune di mettere in pratica
un’azione insolita.

Il flashmob è sostanzialmente classificabile come un evento di Guerrilla, dato che la sua forza è il divenire virale
online.

La durata ideale è di circa due minuti e ha delle fasi necessarie:


- presentazione del contesto
- evento sorpresa
- utente che si sente parte dell’evento
- utente che si diverte a vedere le reazioni dei passanti colti di sorpresa
- finale emozionante

I VIDEO

Il Linguaggio Audiovisivo è una sorta di macrolinguaggio, risultante della fusione di più linguaggi costitutivi. Si tratta
di linguaggi con proprie autonome tradizioni, evoluzioni e regole e che, integrati nel più complesso Linguaggio
Cinetelevisivo, si adattano e si trasformano dando vita a varianti linguistiche.

Il Linguaggio della Ripresa deriva in parte dalla fotografia, la quale a sua volta è debitrice in parte del linguaggio
pittorico. La ripresa cinetelevisiva, però, dà vita ad una Impostazione compositiva completamente differente da
quella dell’immagine fissa, grazie al continuo movimento.

Il linguaggio dell’illuminazione gestisce la quantità di luce, la sua distribuzione e il colore. In campo cinetelevisivo
sono il direttore della fotografia e i tecnici che lui coordina che si occupano di questo ambito. La resa è modificata
anche da specifici tecnici in postproduzione.

Il Linguaggio dell’Ambientazione: Questo linguaggio è quello che consente, attraverso la costruzione di ambienti o la
scelta di ambienti già esistenti e la costruzione o scelta di oggetti, di far interagire i personaggi con la realtà vera o
fittizia che li circonda.
Il Linguaggio dell'Ambientazione è una variante di quelli più generali dell'Architettura, dell'Arredamento e del
Design, ed è strettamente imparentato col linguaggio scenografico teatrale.

Il linguaggio della caratterizzazione: per quanto riguarda la fiction deriva dal mondo del teatro, e per quanto riguarda
le opere TV dal mondo dello spettacolo quali il circo, il varietà, il vaudeville, la rivista.
A loro volta questi linguaggi sono parte di tradizioni linguistiche più ampie, dalle quali solitamente provengono i
quadri e i tecnici delle realizzazioni cinetelevisive: le arti e le industrie della Moda, del Make-Up e dell’Acconciatura.

Il montaggio è l'unico dei linguaggi costitutivi che non ha alcuna somiglianza o parentela con altri: è nato con il
cinema e la tv e non potrebbe esistere in nessun altro luogo. Nei programmi tv in presa diretta il compito del
montaggio spetta al regista e ai suoi collaboratori in sala regia. Negli altri casi spetta al montatore ed ai suoi
collaboratori.

La musica svolge nei film funzioni diverse, tra le quali quella più frequente è la sottolineatura dei momenti
emotivamente più intensi. In quest'ultimo caso il lavoro è simile a quello del classico compositore, negli altri casi è
più vicino alla creazione di musica pop o di stacchi musicali per i programmi radio.
Quanto conta la musica nella pubblicità? Una ricerca su 600 spot televisivi ha evidenziato che ci sono categorie di
prodotti in cui la colonna sonora è importante; ad esempio, esistono differenze sostanziali tra beni di consumo,
banche e viaggi dove saper comunicare empatia e fiducia è fondamentale.

In passato, negli anni d’oro della pubblicità TV, dai ‘70 agli ’80, i cosiddetti Jingle erano determinanti nel successo di
una campagna di advertising perché il meccanismo del ricordo scattava più velocemente.
A fine anni ’90 un brand di particolare appeal era in grado di lanciare o rilanciare un brano ormai dimenticato tramite
una massiccia campagna di advertising del proprio prodotto. Es. inserire una canzone in una pubblicità levis era
garanzia di successo nelle classifiche e la simbiosi tra musica e pubblicità era talmente forte che venivano realizzate
compilation di brani contenuti negli spot.

CORPORATE SOCIAL RESPONSIBILITY

La Corporate Social Responsibility è l’impegno dell’impresa ad assumere un comportamento giusto, Imparziale ed


equo, che tenga conto delle ripercussioni economiche, sociali e ambientali del proprio operato.

Come specificherà l’Unione Europea nel 2011: «la Responsabilità Sociale delle Imprese consiste nell’impatto che esse
hanno sulla società».

Cosa spinge le aziende verso il marketing delle corporate social responsibility? La rafforzata consapevolezza dei
consumatori di quanto questi processi siano fondamentali.

Perseguire una Politica di responsabilità cociale significa, adottare un orientamento strategico e operativo volto a
rispondere alle aspettative economiche, ambientali, sociali degli stakeholder di riferimento dell’organizzazione.

Es di corporate social responsibility: lego ha collaborato con UNICEF per promuovere i benefici del gioco nella
crescita dei bambini. Inoltre, l’azienda è riuscita a bilanciare il 100% del proprio consumo energetico con energia
proveniente da fonti rinnovabili.

IL GREENWASHING

Il termine fu coniato in America nei primi anni ’90 per descrivere il comportamento di alcune aziende che avevano
associato la propria immagine a tematiche ambientali per distogliere l’attenzione dell’opinione pubblica dalle
responsabilità derivanti dall’inquinamento.

Oggi è una pratica abbastanza diffusa e associata a quelle aziende che si servono della comunicazione per attribuire
valenze di carattere ambientale alle proprie attività nonostante esse siano guidate solo in parte, o affatto, da logiche
di marketing sostenibile. Si tratta perlopiù di operazioni di facciata come campagne pubblicitarie dal contenuto
ingannevole.

Tattiche di greenwashing:
- creare slogan e proclami ambientalisti che sono però vaghi o rischiano di essere fraintesi.
- suggestioni sottili come suggerire attraverso il packaging che alcuni prodotti siano sostenibili.
- spostare l’attenzione su elementi, caratteristiche del prodotto che sono davvero rispettosi dell’ambiente ma
che nascondono altri elementi che non lo sono affatto.
- indurre il consumatore a pensare che acquistando un determinato prodotto o servizio sta facendo qualcosa
di buono per l’ambiente ma omettendo di informarlo sull’impatto generico e complessivo di quella categoria
di servizio o prodotto.

Es. di greenwashing: Nel gennaio 2010 San Benedetto è stata condannata a pagare una multa di 70.000 euro per
avere presentato, nei messaggi pubblicitari, la propria bottiglia di plastica come “Amica dell’Ambiente”. I messaggi di
San Benedetto, pubblicati nel 2008 e nel 2009 su diversi giornali nazionali, insistevano sull’eco-sostenibilità delle
nuove bottiglie prodotte con meno plastica, meno energia e più amore per l’ambiente, e sui contenitori classificati
come eco-friendly che avrebbero permesso di ridurre almeno del 30% la quantità di plastica impiegata e quindi di
contenere il consumo di energia.
La società è stata premiata nel progetto coop for Kyoto come una delle aziende più virtuose nel risparmio delle
emissioni di CO2. In realtà San Benedetto non ha mai effettuato studi per dimostrare la veridicità delle affermazioni
ambientali.
WIN DEL MARKETING ITALIANO

- l’Italia non va ai mondiali e Ikea sfrutta l’occasione per promuovere le sue panchine, scatenando la risposta
di poltrone e sofà.
- L’Italia è devastata dagli incendi e Taffo (agenzia funebre) se ne esce con la frase “se ti piace bruciare, vieni
qui, ti cremiamo noi”.
- durante la pandemia, il marketing team di burger king ha realizzato un appello per incoraggiare la propria
clientela a ordinare da varie catene di fast food, compresa la concorrenza: “prendere un whopper è sempre
meglio ma anche ordinare un big mc non è così male”.
- dall’agenzia Hub09 è nata una campagna social che invita le marche di pasta a rendere più visibile il
minutaggio necessario alla cottura. È nata così l’idea di ridisegnare le confezioni dei principali marchi di pasta
evidenziando in grande il numero dei minuti necessari: il movimento dei grandi minuti. A conferma della
campagna social ben condotta alcune aziende hanno davvero realizzato packaging con la lettura facilitata
(es. Garofalo).
- Barilla, in collaborazione con Spotify, lancia playlist timer, raccolte musicali la cui durata corrisponde al
tempo di cottura dei formati di pasta più amati del brand.

IL CASO AIRBNB

Nel 2009, a un anno dalla fondazione del brand, quest’ultimo si trovava in difficoltà. Un pomeriggio Brian, Joe e
Nathan (i fondatori) si riunirono per analizzare i risultati relativi alla città di New York con l’obiettivo di chiarire cosa
era che impediva o scoraggiava le persone ad usare Airbnb. Gli ospiti erano scoraggiati perché le foto non erano
abbastanza professionali e così i fondatori decidono di comprare una fotocamera professionale per poter fotografare
le loro strutture.

L’obiettivo, quindi, deve essere quello di sviluppare empatia, cioè la capacità di comprendere i bisogni del tuo
cliente, e nel Design Thinking la chiara definizione del problema dell’utente è il primo passo per trovare una
soluzione in modo da aiutare un’azienda a disegnare un’organizzazione più User-Centric, Rilevante e infine più
Efficiente.

Potrebbero piacerti anche