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Bonafede Valeria Storia dell'America del Nord A – Barcella

Le società coloniali (fino al 1763)


Tre mondi
Alla fine del '700, quando le colonie inglesi in Nord America avevano già ottenuto l'indipendenza
ed erano diventate Stati Uniti d'America, molti vedevano qui l'inizio di una grande avventura per il
genere umano. Altri invece vedevano la Rivoluzione Americana come una minaccia e un errore, gli
Stati Uniti come un paese popolato da rifiuti del Vecchio Mondo e condannato alla mediocrità, fonte
di ideologie corrotte e corruttrici.
Questa disputa deriva da una disputa intellettuale riguardante la scoperta del continente.
Secondo alcuni le terre americane erano invivibili, piene di piante putride, animali repellenti ed
esseri umani inferiori. Gli insediamenti europei erano inutili e anzi causa di scambi di vizi. Il
filosofo alsaziano Cornelius de Pauw la conquista dell'America è stata “la più grande di tutte le
sventure che mai abbiano colpito il genere umano”.
Altri ritenevano le Americhe essere luoghi di ricchezze e meraviglie naturali, utili per la crescita
della civiltà e l'espansione della cristianità.
Tra fine '700 ed inizio '800 la disputa si trasferì dall'ambiente naturale delle Americhe e i suoi
abitanti alle società euro-americane che vi si stavano formando, in particolare la società
postrivoluzionaria degli Stati Uniti.
Gli Stati Uniti d'America sono lo specchio degli europei sui loro sogni utopici o incubi catastrofici,
di speranze e paure.
Gli osservatori americani concordarono con le valutazioni positive e ottimistiche.
La ricerca di origini e ragioni di esistenza della repubblica fu il tema centrale della storiografia
statunitense sull'esperienza coloniale. Gli storici degli Stati Uniti hanno indagato un passato
prenazionale in funzione di un presente nazionale, sbocco inevitabile del primo. La storia coloniale
viene vista come anticipazione della storia nazionale, con gli emigranti inglesi come unici
protagonisti.
Negli ultimi decenni la prospettiva storiografica è mutata, e così il modo di raccontare la storia
coloniale.
I coloni europei sono diversi tra loro, con vocazioni e progetti spesso divergenti. Non sono inoltre
gli unici protagonisti, in quanto non incontrarono la wilderness, bensì una molteplicità di popoli
nativi con cui si confrontarono e si scontrarono. Gli effetti furono complessi e tragici. Gli inglesi
crearono un vero e proprio deserto di civiltà.
Ad attraversare l'oceano furono anche molti abitanti dell'Africa subsahariana, la cui schiavitù
permanente ed ereditaria divenne un'istituzione centrale della vita pubblica e dell'economia.
Questa è quindi la storia di tre popoli nella costruzione di moderni impero europei nelle Americhe,
in Africa e Asia. Le colonie inglesi erano parte di un vasto circuito atlantico, scambi e relazioni tra
quattro continenti, con diversità di aree regionali, determinando un massiccio incontro di culture.
Nell'enorme numero di persone coinvolte, gli europei erano la minoranza. Prima del 1820 erano
solo 3 mln, in contrasto agli 8 mln di africani. Tra il 1820 e il 1840 il numero raggiunse esuperò
quello degli schiavi, la cui tratta era la norma. Gli americani nativi si stimano intorno ai 70 mln
concentrati in Messico, Perù e Caraibi.
Il Nord America a nord del Rio Grande aveva solo 7-8 mln di residenti, d cui 5 mln nell'area degli
Stati Uniti (questo al tempo del primo contatto con gli europei). Nel primo secolo dopo il contatto le
popolazioni si ridussero del 90%.
questo enorme collasso demografico è dovuto principalmente alle malattie infettive per le quali gli
indigeni non avevano difese immunologiche.
Gli europei furono inizialmente elemento dinamico e in conclusione dominante.
Gli inglesi, francesi e olandesi arrivarono tardi, solo dopo che portoghesi e spagnoli avevano
colonizzato l'America centrale e meridionale. In America settentrionale avevano la Florida (Saint
Augustine, 1565). in Messico Santa Fe (1610).
Quando la Spagna aveva raggiunto io massimo fulgore, tra il 1580 e il 1640, gli abitanti in rivolta
della repubblica olandese dichiararono l'indipendenza (1581), si diedero al commercio e al
contrabbando atlantico.
Nella prima metà del '600 conquistarono basi in Brasile e nei Caraibi, fondarono Nuova Amsterdam
(NY) e fornirono schiavi africani in alto numero.
I francesi si insediarono in Acadia (1605), Québec (1608), Martinica, Guadalupe (1635), Haiti
(1677) e fondarono la Luoisiana (1682).
Per gli inglesi le colonie spagnole erano modello e minaccia insieme. Fondarono insediamenti in
aree non occupate dagli europei, con accesso al commercio indiano e basi di attacco contro gli
Spagnoli. La prima colonia fu Terranova (1583; banchi di pesca merluzzo). Il primo vero tentativo
fallì, con la scomparsa dei coloni inviati a Roanoke Island nel 1587.
dopo il 1600 si riprese con colonie nelle Indie occidentali e sulle coste nordamericane (Jamestown,
1607).
L'Inghilterra si mosse in sincronia con la Francia e in contrasto con essa; si scontrò poi con
l'Olanda.
Alla fine del '500 la Spagna era l'antagonista di tutti, ma con il nuovo secolo presero il sopravvento
le rivalità anglo-francesi e anglo-olandesi.

Inglesi ed altri europei in movimento


Gli insediamenti inglesi nelle Americhe non erano tutti uguali tra loro.
Quelli delle Indie occidentali erano colonie di sfruttamento, con piantagioni di prodotti tropicali e
molti schiavi africani. Nel 1700 la popolazione totale era di 150000 persone, per l'80% africani.
Erano simili alle colonie francesi, olandesi e spagnole. I residenti europei erano una minoranza,
imponevano una ferrea disciplina alla forza di lavoro schiava ed erano principalmente maschi, che
creavano popolazioni razzialmente miste.
Gli insediamenti inglesi nel continente nordamericano erano diversi. Erano colonie di popolamento,
comunità autosufficienti dove la schiavitù esisteva solo in certe aree. Nel 1700 la popolazione totale
era di 250000 persone, di cui il 90% europea. La presenza equa di uomini e donne garantiva una
netta separazione razziale.
La domanda di forza di lavoro schiava veniva dalle regioni meridionali, dove gli schiavi erano quasi
un quarto dei residenti, contro i 5000 su 150000 del nord. Queste ultime erano società basate sul
lavoro libero con i tassi di crescita demografica più alti del continente.
Nel '700 la frattura tra Nord e Sud si approfondì.

Gli insediamenti anglo-americani nel Seicento

Nel 1607 alcuni membri della Virginia Company, una società commerciale, fondarono il villaggio di
Jamestown, nella baia di Chesapeake, che prosperò grazie alla disciplina imposta dal capitano John
Smith e all'assistenza alimentare degli indiani Algonchini. A questa colonia della Virginia si
affiancò nel 1634 quella del Maryland, fondato da Cecil Calvert, un cattolico che voleva offrire
rifugio ai correligionari perseguitati in Inghilterra.
Le due colonie erano simili per ambiente, clima ed economia basata sulle piantagioni di tabacco.
Nel 1662 alcuni proprietari delle Indie occidentali inglesi organizzarono la Carolina, importando
rido, tabacco e schiavitù. Da qui nacquero tre colonie: North Carolina, South Carolina e Georgia,
quest'ultima fondata nel 1733 come impresa filantropica per dare asilo ai debitori inglesi.
Il secondo centro di insediamento fu nel New England, quando nel 1620 dei protestanti intransigenti
in fuga fondarono la Plymouth Colony a Cape Cod. Il Mayflower, la loro nave, arrivò lì per caso, a
causa di una tempesta; stesero uno statuto provvisorio, il Patto del Mayflower.
I puritani fondarono Salem e tramite la Massachusetts Bay Company, guidata da John Winthrop, la
città di Boston, nel 1630. Vennero poi create le vicine colonie di Connecticut, Rhode Island e New
Hampshire.
La religione fu molto importante, ad esempio nella fondazione di Providence, nel 1636, da Roger
Williams, un dissidente dalle idee ritenute stravaganti.
La terza area di colonizzazione fu nel Middle Atlantic, dove nel 1624 gli olandesi avevano occupato
la valle del fiume Hudson. Nel 1664 il Duca di York se ne impadronì e la ribattezzo New York, così
come Nuova Amsterdam divenne New York City. Egli vendette la zona a sud del fiume, che
divenne il New Jersey, poi in larga parte ceduto a William Penn, un esponente delle comunità
religiose quacchere. Nel 1681 nacque così la Pennsylvania, dalla quale si staccò nel 1704 la colonia
semiautonoma del Delaware.
Qui la terra era abbondante e la popolazione scarsa: i gestori delle colonie frazionarono e misero in
vendita le proprietà, attirando dall'Europa compratori medio piccoli che diventassero residenti
stabili, offrendo vantaggi economici, civili e politici (terra a buon mercato, tolleranza e libertà
religiose, autogoverno locale in varie forme).
L'irrigidirsi della monarchia protestante degli Stuart e della chiesa anglicana provocò la partenza di
puritani verso il New England e dei cattolici verso il Maryland.
Il ritorno al potere di Carlo II nel 1660 facilitò sia gli insediamenti in Carolina che le attività del
Duca di York, che sarebbe a sua volta diventato re (Giacomo II).
Le ricerche di libertà politico-religiosa erano organizzate come imprese commerciali con la
benedizione della corona. La Massachusetts Bay Company aveva un decreto regio, il Maryland
cattolico e la Pennsylvania quacchera concessioni territoriali dei sovrani.
L'arrivo di Guglielmo d'Orange portò a una riorganizzazione e centralizzazione dell'intero sistema
imperiale.
I tipi di governo provinciale del '600 erano due.
La Corporation, diffuso nel New England (Massachusetts), raccoglie le risorse di un certo numero
di investitori e le finalizza a un unico scopo collettivo. Avevano consigli e governatori eletti dai
membri della società. Da qui nacquero le istituzioni rappresentative delle colonie. Gli statuti
servirono da modello per le costituzioni.
C'erano poi le colonie “proprietarie” del Sud e del Middle Atlantic, dove i lord proprietari attuavano
le forme di governo che preferivano. I governatori erano nominati dal proprietario, ma comunque
c'erano assemblee rappresentative elettive.
Per quanto riguarda la struttura imperiale inglese, il controllo politico sulle colonie era inizialmente
blando. Importava il controllo commerciale. Al Board of Trade erano preposti i Navigation Acts:
tutte le merci circolanti nell'Impero dovevano viaggiare su navi inglesi; tutti i manufatti consumati
nelle colonie dovevano provenire dalla madrepatria; tutti i prodotti scambiati tra i mercati coloniali
e quelli extraimperiali dovevano passare per l'Inghilterra.
Tutto ciò era molto oneroso per i mercanti, che preferivano importare le merci di contrabbando.
Londra quindi cercò di ridurre l'autonomia politica delle province nordamericane facendone delle
colonie “regie”, con governatori nominati dalla corona e dipendenti da essa. Comune nelle Indie
occidentali e in Virginia.
All'inizio del '700 la maggior parte delle colonie erano regie, ad eccezione di Connecticut e Rhode
Island, Pennsylvania e Maryland.

Crescita e diversità delle colonie all'inizio del Settecento

Alla fine del '700 le ragioni e meccanismi dell'emigrazione europea mutarono: tutta l'Europa era in
movimento.
Nelle isole britanniche l'emigrazione era normale, così come nelle regioni lingua tedesca nella valle
del Reno, nell'Europa continentale. Il popolamento del Nord America fu un'estensione di consolidati
processi di mobilità in Europa.
Il Nord America inglese era inizialmente solo una delle possibili destinazioni, per diventare poi una
forza indipendente molto attraente.
Le migrazioni divennero operazioni di massa molto sofisticate, i cui organizzatori erano vari: il
governo inglese, le compagnie di navigazione transatlantica, gli speculatori americani e infine gli
agenti che cercavano manodopera qualificata.
Molti venivano reclutati come servi a contratto, sette anni di servizi con vitto e alloggio ma senza
salario. In ogni caso lo spostamento era costoso, l'America non era per i poverissimi.
Gli emigranti erano originari delle isole britanniche e di alcune aree del continente, con gruppi
etnici diversi: inglesi meridionali e di Londra, inglesi settentrionali e scozzesi, scoto-irlandesi
presbiteriani, irlandesi cattolici, tedeschi impoveriti dalle guerre o appartenenti a sette religiose,
ugonotti …
I tedeschi si concentrarono nelle regioni agricole del Quakertal, in Pennsylvania; scozzesi e scoto-
irlandesi agricoltori e guerrieri anti-indiani a New York, Pennsylvania e Carolina; inglesi in new
England e regioni costiere meridionali. A sud di NY tensioni fra la costa inglese e l'entroterra
scozzese e scoto-irlandese.
Anche la geografia sociale ed economica era molto differenziata.
Le colonie del New England erano omogenee anche dal punto di vista religioso. La famiglia
puritana era patriarcale e disciplinata, garantendo comunità in rapido sviluppo con élite stabili e
longeve. La famiglia era il cuore dell'impresa economica, producendo per l'autoconsumo, anche
nelle attività urbane, artigianali e commerciali.
Le città portuali (Boston) erano il centro dell'industria del mare. L'economia del NE era piuttosto
varia quindi.
Nelle colonie del Middle Atlantic l'agricoltura produceva per l'esportazione. C'erano enormi
proprietà e le attività manifatturiere e artigianali erano consistenti. Le industrie navali e le attività
mercantili erano concentrate in città portuali. C'era grande eterogeneità etnica e religiosa, con
inglesi, tedeschi, olandesi, svedesi, scoto-irlandesi, francesi, ugonotti ed ebrei. C'erano anche varie
comunità religiose, grazie al pacifismo e tolleranza dei quaccheri.
Le colonie meridionali erano dominate dalla chiesa anglicana, intollerante. La prevalenza era
maschile e le aspettative di vita erano basse. Dipendevano dall'afflusso continuo di emigranti. Non
c'erano gerarchi stabili ed erano di tipo agricolo e rurale. Le attività artigianali e manifatturiere
erano marginali. L'unica città era Charles Town, in South Carolina. Tipiche le monocolture
finalizzate all'esportazione di tabacco, cereali e indaco. La presenza di enormi piantagioni rendeva
necessaria la forza lavoro proveniente dall'Africa. La schiavitù era infatti l'istituzione centrale delle
colonie meridionali.

Gli africani e la schiavitù nordamericana


L'Africa e la tratta atlantica

La terra abbondante e a buon mercato del Nuovo mondo volle dire schiavitù per milioni di africani.
Questo era infatti il sistema più rapido per la richiesta di manodopera.
Inizialmente provarono con gli indiani, ma questi erano esposti alle malattie, morivano rapidamente
e fuggivano in territori che conoscevano bene.
Gli africani invece resistevano bene alle malattie, vivevano a lungo, erano estranei all'ambiente e
avevano il marchio del colore della pelle; erano oltretutto convenienti ed efficienti.
All'inizio del '700 le colonie inglesi nel Nord America e nelle Indie occidentali oltre a quelle
spagnole e portoghesi formavano una rete di scambi tra le aree costiere sull'Atlantico.
Il sistema comportava la produzione di merci sulle coste del Nuovo mondo per i mercati dell'Europa
e l'invio di forza lavoro schiava dall'Africa nera occidentale.
Il numero di importati si aggira intorno ai 5 mln nel '700 nelle aree intorno al golfo di Guinea
principalmente.
Gli schiavi provenivano da Congo, Angola, Nigeria, Senegal-Gambia, Costa d'Oro, sierra Leone-
Costa d'Avorio.
Viene spesso descritta come la più grande e fatale migrazione forzata. L'organizzazione
comprendeva anche il trasporto e distribuzione, la raccolta e la spedizione di schiavi.
La tratta era gestita dagli europei, in particolare nel 1972nil monopolio del commercio degli schiavi
era della Royal African Company. Il contrabbando era però diffuso e dopo il '700 si diffusero
imprese private.
Prima di arrivare ai punti di imbarco le operazioni erano gestite dagli stessi africani; molti stati
africani prosperarono grazie a questa attività (Ashanti).
In Africa la schiavitù era un'istituzione solida ma con caratteristiche diverse. Nelle aree di influenza
musulmana era simile al modello europeo, ma in altre aree vivevano nelle famiglie e partecipavano
alla divisione familiare del lavoro. Era consolidato il commercio degli schiavi di massa. Tra il VII e
VIII secolo fornivano schiavi al mondo mediterraneo e dell'oceano Indiano.
La tratta dipese dalla domanda di forza lavoro nelle Americhe, dalle tecnologie marittime dei paesi
europei, dalla domanda di merci europee da parte dei paesi africani e dalle loro collaudate reti di
comunicazione continentale.
Le sofferenze degli schiavi furono drammatiche, soprattutto durante il middle passage, che durava
30/40 giorni o più e durante il quale moriva il 10/20% degli uomini, per un totale di 2 mln di morti.
Le esperienze sono documentate nel libro “L'interessante narrazione della vita di Olaudah Equiano
o Gustavus Vassa, l'africano”, Londra, 1789.

La schiavitù nel Nord America inglese

Le colonie inglesi del Nord America assorbirono una quota molto ridotta del traffico di schiavi. I
primi schiavi arrivarono portati dagli olandesi, a Jamestown, nel 1619.
i mercati più importanti furono in Virginia e Maryland, ma dopo il 1700 le colonie meridionali
presero il sopravvento, prima con Charleston e poi Savannah.
Gli schiavi arrivavano per due vie, direttamente dall'Africa o tramite le Indie occidentali, in base ai
diversi livelli di maturità.
Gli schiavi freschi andavano disciplinati e andavano nelle Indie occidentali, quelli stagionati
andavano nei mercati più nuovi, principalmente in South Carolina, che però poi cominciò ad
importare schiavi freschi dopo il 1720.
Nelle colonie più settentrionali gli schiavi furono sempre pochi a causa della struttura economica
che non ne aveva bisogno, non da disapprovazione morale.
Nelle colonie più meridionali la schiavitù era invece visibile nella sua forma più estrema.
Nelle “Costituzioni fondamentali della Carolina”, di Locke, viene detto: “Ogni uomo libero della
Carolina avrà potere e autorità assoluta sugli schiavi negri di qualunque opinione o religione”.
Inizialmente la condizione degli schiavi era simile a quella dei servi a contratto europei ma poi
qualcosa cambiò. I prezzi scesero, rendendo più difficile attrarre servi a contratto. I servi poi
vivevano più a lungo, diventando liberi ma senza le risorse per diventare proprietari, armati. Questo
era una minaccia e sfociò in disordini come la Ribellione di Bacon del 1676.
Ci si rivolse quindi agli schiavi africani.
L'introduzione della schiavitù di massa cambiò non solo il sistema economico ma anche quello
sociale e giuridico. Vennero inventate le basi legali: i servi neri avevano contratti più lunghi, la
servitù diventò a vita ed ereditaria, le pene erano pesanti, le violenze contro di loro non punibili. Gli
fu vietato di portare armi, di sposarsi coi bianchi e di avere proprietà.
Delle norme severissime, gli slave codes, prevedevano punizioni orrende e norme molto rigide, a
cui si accompagnò maggiore separazione sociale (l'unico contatto era con i sovrintendenti, giovani
maschi senza proprietà, durissimi nella disciplina). Si era quindi formata una società schiavista a
base razziale.
Nelle più antiche piantagioni di Virginia gli schiavi erano più americanizzati, dati i maggiori
contatti e la possibilità di crescere senza importare africani freschi.
Nelle colonie settentrionali gli schiavi erano più rari ed isolati tra loro e formavano famiglie
regolari.
La resistenza assunse varie forme, dal darsi malati o ubriachi al far finta di essere stupidi nelle sue
forme più blande, fino ad episodi cruenti e fughe frustranti.
Le rivolte erano numerose, come quella di New York del 1741 e la Stono Rebellion del 9 settembre
1739 vicino a Charleston.

Gli americani nativi e gli invasori


Due civiltà a confronto

Se prima della colonizzazione c'erano 5 mln di abitanti nativi, nel 1800 erano 600000. Le epidemie,
le guerre e le migrazioni forzate decimarono la popolazione, bloccarono le attività economiche e
interruppero la trasmissione di sapere fra le generazioni. Gli agenti patogeni erano arrivati prima
che si insediassero i coloni, che quindi trovarono regioni poco o per niente abitate, sentendosi
sollevati da ogni complesso di colpa.
Sulla costa atlantica inizialmente gli indiani sfamarono i coloni e insegnarono loro molte cose. A
loro volta dagli europei i nativi impararono l'uso di vari strumenti e delle armi da fuoco. Gli scambi
però erano ineguali, erano gli europei a dettare le condizioni dello scambio.
A livello linguistico, l'inglese assorbì vocaboli di diverse lingue nordamericane.
Gli scambi furono difficili: né gli europei né i nativi erano omogenei. Gli indiani del Nord America
erano divisi in 12 gruppi linguistici e 2000 gruppi più piccoli.
Se gli europei avevano la tecnologia, un'economia commerciale e monetaria e la parola scritta, i
nativi avevano scarsa tecnologia, economia del baratto e cultura orale e della memoria.
Gli europei avevano un solo Dio, un atteggiamento di sfruttamento, tendenza all'espansione e
superiorità tecnologica, razziale e religiosa; i nativi credevano in una molteplicità di spiriti, si
sentivano parte della natura e avevano un senso di superiorità dovuto al legame con la terra.
Gli europei avevano gerarchie sociali complesse e facevano guerre per ricchezza o fede, mentre i
nativi vivevano in un democratico individualismo con spostamenti stagionali e facevano guerre per
vendetta e onore.
Gli europei avevano un senso lineare del tempo proiettato verso il futuro, i nativi vedevano il tempo
come circolare.
I popoli indiani avevano un forte senso di indipendenza, autostima e superiorità. Il nomadismo
impediva la formazione di abitazioni stabili; l'agricoltura era un'attività secondaria di competenza
delle donne. Quando i colonizzatori cercarono di introdurla lo videro come un tentativo di
trasformare gli uomini in donne.
Gli americani nativi facevano affidamento su strutture politico-sociali che fornivano loro identità e
organizzazione. I capi condividevano il potere con consigli e assemblee di villaggio, le decisioni
erano prese in consiglio. C'era una netta separazione tra le autorità civili, quelle militari e quelle
dedite alla giustizia. I capi erano scelti per le capacità, non per via ereditaria, e nominati da
assemblee guidate dalle donne più anziane. I clan erano gruppi di parentela formati da individui che
discendevano dallo stesso antenato.
Queste organizzazioni hanno storie recenti, essendo il risultato dell'impatto con gli europei.
I clan avevano autorità esclusiva sulla distribuzione della terra per l'orticoltura, sui matrimoni e
sulle vendette.
I rapporti con l'esterno erano regolati da un consiglio degli anziani. In guerra ci si affidava a una
nuova gerarchia di comando formata da un comitato militare esecutivo e un consiglio di guerra.
I Cherokee furono i primi ad adattarsi agli europei, scegliendo capi villaggio che facessero da
portavoce.

La resistenza e le guerre indiane

L'atteggiamento degli indiani nei confronti dei bianchi variò nel tempo. Gli incontri iniziali furono
pacifici a causa di un fraintendimento. Presto l'atteggiamento degli europei cominciò ad apparire
irrispettoso ed aggressivo, e quando fu chiaro che intendevano restare e impadronirsi delle ricchezze
ed evangelizzarli, i nativi iniziarono a vedere gli europei come spiriti potenti e maligni, nemici. Essi
avevano decenni di contatti alle spalle, che avevano generato sospetti, paure e vendette.
Dal punto di vista degli europei i nativi si comportavano ora come cattivi selvaggi.
Gli europei erano inizialmente in difetto a causa di armi inadatte e armature contro i guerrieri delle
foreste, leggeri e veloci. Si diedero allora al massacro dei non combattenti, distruggendo villaggi e
uccidendo vecchi, donne e bambini. Questo metodo, che indignava i nativi, venne utilizzato contro i
Powhatan in Virginia nel 1622 e 1644, gli Algonchini Pequot del New England nel 1636-37, i
Raritan in Nuova Olanda nel 1640-42 e gli Algonchini Wampanoag nel 1675-76.
La posta in gioco era il controllo del territorio. Gli europei erano ossessionati dall'uso indiano della
tortura, mentre questi resistevano orgogliosamente alle sevizie senza lamentarsi.
I popoli del Nord America erano assediati da tutte le parti ma la presenza di molte potenze coloniali
rallentò i tempi dell'invasione.
Gli Apache riuscirono a fermare gli spagnoli mentre in California cedettero agli spagnoli. I Tlingit
combatterono i russi che scendevano dall'Alaska. Nel 1712 i Tuscarora furono sconfitti dai
virginiani. Nel 1715 una coalizione di Shawnee, Cherokee, Catawba, Yamasee, Creek e Choctaw fu
respinta verso l'interno dai caroliniani. Nel 1731 un'alleanza dei Natchez si batté contro i francesi
ma fu sterminata.
Nelle regioni settentrionali inglesi e francesi si inserirono in un sistema di scambi preesistente,
scatenando la competizione commerciale e le guerre per l'impero. Le popolazioni indiane usarono a
proprio vantaggio la concorrenza anglo-francese.
La principale potenza indiana qui era la Confederazione Irochese, formata da cinque nazioni:
Mohawk, Oneida, Onondgas, Cayuga e Seneca, a cui si aggiunse nel 1722 una sesta nazione, i
Tuscarora emigrati da sud. Avendo stretto un patto di alleanza con gli inglesi si batterono contro gli
indiani alleati dei francesi per la sovranità dei Grandi Laghi.
Nel 1701 gli Irochesi si proclamarono neutrali, facendo da cuscinetto ed esercitando un primato
imperiale nei confronti delle altre nazioni indiane.
La potenza militare della confederazione Irochese proteggeva le aree occidentali dalle incursioni dei
francesi e degli indiani ostili.
A sentire la pressione dei bianchi furono soprattutto i Delaware della Pennsylvania occidentale
(Algonchini). Gli emigranti scoto-irlandesi li costrinsero ad abbandonare le loro terre. Si
trasferirono nel territorio dell'Ohio, che intorno al 1740 aveva un'elevata popolazione formata
appunto da genti risentite ed espulse.
Dalla Pennsylvania arrivarono i mercanti, dalla Virginia gli agenti ed infine i coloni.
Nel 1753 il governatore del Canada, marchese Duquesne, inviò gruppi armati di francesi e indiani
che sloggiarono gli inglesi e costruirono Fort Duquesne. Il generale Edward Braddock nel 1755
comandante delle truppe inglesi del Nord America fu sconfitto dai franco-indiani.
Alcuni capi Delaware si offrirono di aiutare gli inglesi ma gli venne detto che “nessun selvaggio
avrebbe ereditato la terra”. I Delaware si schierarono così con i francesi, entrando in un conflitto
che ormai era una guerra imperiale globale, nota come Guerra franco-indiana o Guerra dei sette
anni.

Le colonie britanniche alla metà del Settecento


A metà del '700, i caratteri comuni tra i residenti di origine europea erano il prodotto dei confronti e
degli scontri con i popoli non europei. I rapporti ravvicinati svilupparono una coscienza e
un'identità razziale, un senso di comunanza e solidarietà tra coloni e aumentò invece le distanze con
i connazionali rimasti in Europa.
Gli inglesi d'Inghilterra a loro volta consideravano questi frontiersmen come “indiani bianchi”.
La coscienza razziale dei coloni si sviluppò gradualmente e diventò coscienza di superiorità
razziale; schiavitù e razzismo si rafforzarono a vicenda.
I nativi erano percepiti come una minaccia culturale e militare: nel 1711 l'assemblea della Virginia
votò una legge per “estirpare tutti gli indiani senza distinzione tra amici e nemici”. Questi progetti
di genocidio non si realizzarono.

I coloni dentro l'impero

Il commercio con la Gran Bretagna crebbe: le colonie vendevano materie prime, dal tabacco alla
farina fino al riso, pesce e indaco. Acquistavano merci di ogni tipo, oltre che manufatti e armi. Le
istituzioni politiche erano sempre più omogenee a causa del maggior controllo imperiale. Tutte le
colonie avevano assemblee provinciali bicamerali con una camera elettiva; il diritto di voto era
legato alla proprietà.
Il governatore era di nomina regia e il sistema giudiziario si basava sul diritto comune inglese per i
bianchi e sugli slave codes per gli schiavi africani.
Tutti si consideravano sudditi del sovrano inglese e con il Bill of Rights del 1689 avevano
guadagnato alcuni importanti diritti: quello all'inviolabilità della casa e alla protezione da arresti
arbitrari, a processi tramite giuria, alle libertà di parola e coscienza, di viaggiare e commerciare.
Questi principi ebbero interpretazioni differenti: alcuni sottolineavano l'autorità del sovrano, del
governatore reale e dei funzionari inglesi (court parties), altri i poteri del Parlamento e delle
assemblee locali (country interests).
Le divisioni non avvennero dunque tra Inghilterra e America ma all'interno di entrambe le
comunità.
I movimenti religiosi del dopo 1975 (Grande Risveglio) vedevano le pubblicazioni religiose come
materiale a stampa più diffuso nelle colonie. Gli edifici ed eventi religiosi avevano dimensioni
comunitarie e funzioni sociali e politiche. Si ricordano le prediche del teologo del Massachusetts
Jonathan Edwards e dell'inglese George Whitefield, che miravano a “risvegliare” la fede popolare.
Questo però provocò reazioni negative da parte delle istituzioni religiose e infine la loro spaccatura.
Nacquero sentimenti antigerarchici e di tolleranza e pluralismo. Favorirono inoltre la formazione di
fedeltà religiose non localistiche bensì intercoloniali.
La struttura sociale era simile a quella della madrepatria ma con qualche differenza.
Quelle includenti neri erano più gerarchiche, mentre quelle formate da soli bianchi lo erano meno in
quanto mancava la nobiltà ereditaria. La mobilità sociale era più elevata.
I ceti sociali riconosciuti dagli anglo-americani erano tre: i better sort comprendevano proprietari
terrieri, grandi mercanti, alti funzionari imperiali e uomini d'affari, agricoltori ricchi e professionisti.
I middling sort comprendevano agricoltori, negozianti ed artigiani. I lower sort comprendevano i
braccianti, i lavoratori e i servi a contratto.
C'era grande deferenza e dipendenza , con rituali codificati.
Le diversità più evidenti si riscontravano nelle città, porti oceanici e quindi luoghi di comunicazione
transatlantica e continentale.
Si formarono i primi centri di istruzione superiore: Harvard College a Cambridge (Boston) e Yale
College a New Haven (Connecticut). Questo portò a forme di integrazione culturale fra i ceti
superiori coloniali ma anche una spaccatura tra l'esperienza elitaria e cosmopolita e quella popolare
e localistica.
I legami intercoloniali si rafforzarono per via delle guerre imperiali contro i francesi, espulsi dal
Nord America. I conflitti erano causati da due espansionismi territoriali in conflitto: gli inglesi
procedevano dalla costa atlantica verso l'interno, mentre i francesi li aggiravano dal Canada e
Luoisiana.
Al termine della Guerra dei sette anni, Fort Duquesne venne ribattezzato Fort Pitt, vennero presi
Québec e Montréal, Detroit. Con la pace di Parigi del 1763 gli inglesi presero ai francesi il Canada e
i territori nella valle del Mississippi, oltre che la Florida dagli spagnoli. La Luoisiana a ovest del
Mississippi e Nouvelle Orléans furono date alla Spagna.
Nel 1754 le autorità imperiali convocarono ad Albany una conferenza di delegati deòòe province
centro-settentrionali per un trattato con gli Irochesi, promuovendo forme di coordinamento contro i
nemici comuni. Venne approvato provvisoriamente un Piano di unione, stilato da Benjamin
Franklin, che prevedeva l'istituzione di un'assemblea rappresentativa intercoloniale con presidente
di nomina regia. Le reazioni però furono sospettose e il Piano fu respinto.

Rivoluzione e Costituzione (1763-1789)


Le molte rivoluzioni americane
La Rivoluzione Americana può essere interpretata in tre modi.
Il primo la vede come un movimento di indipendenza nazionale. Gli europei nel Nord America
inglese formarono col tempo comunità coloniali autonome e una coscienza della loro differenza
dalla Gran Bretagna, un agente di dominio esterno. Si scontrarono fino a conquistare
l'indipendenza, dopo una guerra, la Dichiarazione di indipendenza e il trattato di pace firmato a
Parigi nel 1783. la guerra d'indipendenza viene vista come parte dell'ideologia nazionale e in quanto
tale vengono negati conflitti sociali e lotte intestine.
La seconda interpretazione la vede come un movimento di cambiamento sociale, che decise il fatto
che gli americani sarebbero stati padroni a casa loro. Restava però la questione del chi avrebbe
governato. La Dichiarazione pose fine al dominio britannico in termini di principi rivoluzionari tra
cui l'uguaglianza originaria di tutti gli uomini. Questo però non era vero, in quanto la presenza di
gruppi di africani e di divisioni per status civile, politico, ceto sociale, etnia e religione fece sì che
questi stessi gruppi si scontrassero tra loro. Molti anglo-americani si schierarono con i patrioti, altri,
i lealisti, con la politica imperiale. La Rivoluzione fu dunque anche una guerra civile.
La terza interpretazione guarda allo sbocco della Rivoluzione, la costruzione di un nuovo stato
nazionale. Durante la guerra con la Gran Bretagna le colonie divennero stati sovrani distinti. La
definizione stessa di “Stati Uniti d'America” suggeriva più una pluralità di soggetti che un corpo
unitario. Lo scontro fu però una partita a tre tra anglo-americani, inglesi e nativi americani.
Dopo la pace di Parigi del 1763 i francesi furono espulsi dal Nord America e ciò modificò i rapporti
di forza. Gli anglo-americani si sentivano meno dipendenti dalle armi imperiali per la loro sicurezza
e iniziarono a pensare che i soldati inglesi non fossero invincibili. Pensarono di poter avanzare nel
continente senza resistenza.
Iniziò anche una nuova fase del conflitto tra anglo-americani e nativi americani. Nelle regioni dei
Grandi Laghi gli indiani Ottawa, Delaware e Irochesi Seneca si sollevarono e assediarono le
guarnigioni britanniche. Gli inglesi mantennero le posizioni ma bloccarono l'afflusso di civili.
Il governo di Londra cercò di regolare il movimento verso Ovest con la Royal Proclamation del
1763, vietando di attraversare la Proclamation Line. Questo venne visto come un tentativo illegale
del re di porre un limite all'espansione, un diritto riconosciuto dagli statuti coloniali.
I livelli di spese militari erano elevati e Londra riorganizzò il sistema fiscale imperiale per ottenere
maggiore controllo, irritando ulteriormente i coloni.
Il debito pubblico era elevato e ci si aggiunse una recessione economica dovuta all'elevato tasso di
esportazione di manufatti inglesi verso le colonie a cui si accompagnava un basso tasso di
esportazione di materie prime coloniali.
La guerra franco-indiana portò nuova crisi commerciale e malumori.
Molti coloni iniziarono a pensare in termini di autonomia dei mercati coloniali e di sovranità
economica americana.

La lotta per l'indipendenza


L'economia coloniale era prospera e il reddito pro capite in incremento; questo grazie
all'introduzione di nuove tecnologie, al maggior capitale disponibile per gli investimenti, alla
diversificazione dei prodotti e all'aumento del loro valore di mercato e infine all'esplosione
demografica. La maggior parte erano bianchi ma c'erano enormi ondate di emigranti.
Il termine “americano” veniva usato principalmente dagli inglesi e in termini negativi. Fu tra il 1763
e il 1775 che gli “americani” cominciarono lentamente ed orgogliosamente a sentirsi tali.
Gli inglesi erano furiosi perché gli americani commerciavano di nascosto coi francesi, oltre a
disattendere altre leggi. Non erano solo questioni commerciali: c'era una diversa percezione della
legalità che gli inglesi attribuivano all'incapacità dei coloni di autogovernarsi, e che i coloni
attribuivano invece alla volontà di Londra di intromettersi nei loro affari interni e di governare
direttamente le varie parti dell'impero.
Le misure imperiali furono tre in due leggi del Parlamento londinese: il Revenue Act del 1764 e lo
Stamp Act del 1765.
Il primo era contro al contrabbando e introdusse bolle di accompagnamento per le merci, aumentò il
numero dei doganieri, estese i compiti di controllo alla marina militare, trasferì i processi per
contrabbando dalla magistratura ordinaria a quella del viceammiragliato e riorganizzò la struttura
dei dazi sui prodotti d'importazione. Le tariffe furono ridotte.
Lo Stamp Act inece prevedeva che documenti, transazioni e prodotti dovessero essere accompagnati
da bolli appropriati da acquistare presso rivenditori autorizzati.
Le entrate così procurate dovevano restare nelle colonie, per coprirne le spese.

Tassazione e rappresentanza

I coloni si risentirono moltissimo: gli si chiedeva di pagare di più, era previsto l'intervento della
magistratura militare e c'erano bolli su ogni cosa, che andavano pagati in sterline in una società
basata sul baratto. Il malcontento acquistò un carattere politico-costituzionale ed ebbe due reazioni.
Una sosteneva che le tasse fossero sbagliate e ingiuste, l'altra che erano incostituzionali, in quanto
mancava la rappresentanza dei coloni in Parlamento, conclusione a cui si giunse durante
un'assemblea di elettori di Boston. La tassazione non è parte del potere legislativo o di governo.
Gli anglo-americani si consideravano inglesi a tutti gli effetti e questo li portava a mettere in
discussione l'autorità del Parlamento di Londra dove non erano rappresentati e a trasferire la loro
lealtà ad altri organi rappresentativi, le assemblee coloniali. In nome id questi diritti fecero atti e
presero posizioni molto radicali.
Contro lo Stamp Act convocarono un'assemblea intercoloniale a New York parlando
dell'incostituzionalità degli atti del Parlamento. Patrick Henry aveva redatto una risoluzione di
protesta sovversiva, in cui incitava alla disobbedienza.
La resistenza allo Stamp Act era invocata in nome di alcuni principi generali: che il governo
legittimo deriva dal consenso del popolo; che quando il governo supera certi limiti il popolo ha il
diritto di ritirare il consenso; che è dovere di ogni persona opporsi con qualunque mezzo legittimo a
una legge ingiusta e che è giusto invocare i propri diritti naturali.
Un funzionario inglese, Thomas Whately scrisse in un pamphlet che il Parlamento rappresentava
virtualmente tutti gli inglesi, secondo il principio della rappresentanza virtuale.
Il movimento del 1765 coinvolse le élite politiche ed economiche e i ceti popolari.
Nell'estate e autunno del 1765 ci furono moti di piazza da cui nacquero associazioni popolari di
resistenza (sons of liberty e daughters of liberty).
Nel 1766 il Parlamento revocò gli Stamp Acts ma approvò un Declaratory Act riaffermando
l'indipendenza delle colonie e l'infondatezza delle loro pretese di autonomia.
Con i Townshend Acts del 1767 vennero imposti dazi sulle merci circolanti dentro l'impero. Ci
furono proteste e boicottaggio che culminarono con il massacro di Boston il 5 marzo 1770 e con il
Boston Tea Party del 16 dicembre 1773.
con gli Intolerable Acts del marzo 1744 il governo britannico chiuse il porto di Boston, abolì
l'assemblea elettiva del Massachusetts, inasprì le norme repressive e diede più potere al governante
e ai militari. Il boicottaggio venne così rinnovato.

La Dichiarazione d'indipendenza

La nuova assemblea intercoloniale, il Primo congresso continentale, a Filadelfia nel 1774, vide
confrontarsi due posizioni: dei delegati, tra cui Joseph Galloway della Pennsylvania riconoscevano
l'autorità del Parlamento a Londra ma con l'istituzione di un'assemblea nordamericana.
Altri, gli indipendentisti, tra cui Richard Henry Lee della Virginia, sostenevano che nelle colonie
l'autorità dovesse appartenere a parlamenti locali autonomi, ciascuno dei quali sottoposto all'autorità
della corona. C'era quindi una doppia sovranità.
Thomas Jefferson, nel suo “Esposizione sommaria dei diritti dell'America britannica” prese in
considerazione l'ipotesi di una separazione.
Il Primo congresso continentale voleva dare risposte immediate alla crisi. I delegati chiesero la
revoca degli Intolerable Acts e un boicottaggio dei prodotti inglesi. Il Congresso era extralegale così
come anche l'applicazione delle sue decisioni. I Comitati di osservazione si diffusero in tutte le
colonie e facevano propaganda alla causa, oltre a favorire la nascita di parlamenti alternativi a quelli
legittimi.
Nel 1775 Londra ordinò l'arresto dei dirigenti della rivolta del Massachusetts. Da Boston i
comandanti militari inglesi inviarono truppe verso Concord. Da Boston i patrioti inviarono
messaggeri e si ebbero scontri con la milizia di Concord. Gli inglesi ripiegarono su Boston, che
venne assediata per un anno in modo incruento. A Filadelfia si riunì il secondo congresso
continentale, con compiti di governo. Il comandante scelto era un virginiano, George Washington. Il
17 marzo 1776 le truppe inglesi abbandonarono Boston.
Nel gennaio 1776 lo scrittore radicale Thomas Paine scrisse nel suo pamphlet “Senso Comune” che
l'indipendenza delle colonie era necessaria, opportuna, inevitabile. Ebbe un enorme impatto
sull'opinione pubblica e fu il più influente pamphlet scritto nel periodo rivoluzionario.
Nel maggio/giugno 1776 l'idea dell'indipendenza fu assunta dal secondo congresso continentale.
Bisognava pensare ad un nome: non più Colonie Unite, ma Stati Uniti d'America.
Il 2 luglio il congresso votò all'unanimità la mozione e la preparazione di un testo esplicativo fu
affidata a Jefferson, Adams, Franklin, Livingston e Sherman. La sua approvazione finale giunse il 4
giugno 1776.
Il documento conteneva accuse a George III. L'elegante introduzione teorica annunciava il verbo
rivoluzionario, i diritti inalienabili degli individui, i principi di uguaglianza e libertà, il diritto
all'autogoverno repubblicano e alla rivoluzione.
La conclusione tagliava i legami con la madrepatria, con il Parlamento, con il re, e proclamava che
le colonie erano diventate stati liberi e indipendenti.

Gruppi sociali e culture politiche nella rivoluzione


Parate di giubilo e brindisi salutarono la nascita degli USA e la morte della monarchia e del dominio
britannico, oltre che la nascita di un nuovo ordine politico. Si evocava la continuità con la
Rivoluzione inglese di metà '600. La festa ufficiale della nuova repubblica divenne il 4 luglio.

Guerra civile e differenze sociali

Non tutti gli anglo-americani erano favorevoli all'indipendenza, soprattutto nei primi tempi del
conflitto: anche dopo la formazione della Continental Army, nel luglio 1775, Washington e i suoi
ufficiali continuarono a considerarsi sudditi della corona.
Anche in Gran Bretagna l'opinione pubblica era divisa.
I lealisti, chiamati Tories, provenivano da aree politiche e sociali conservatrici o legate agli interessi
dell'impero, da minoranze etniche non-inglesi e dai ceti mezzadrili delle campagne meridionali;
erano circa un quinto dei coloni.
Gli indipendentisti, o ribelli/patrioti, o Whig (ma adottarono anche il nome yankee, originariamente
derisorio), erano i due quinti dei coloni e venivano dalle élite mercantili e terriere, da ceti intermedi
e popolari importanti, dal ceto politico formatosi localmente, dalle denominazioni religiose
protestanti non anglicane.
I restanti due quinti dei coloni non si schieravano, erano indifferenti o pacifisti come i quaccheri. I
Tories e i Whig cercarono di portarli dalla loro parte con la convinzione o con la forza.
Dove i lealisti erano più numerosi si combatté una guerra civile che divenne quasi una guerra
religiosa. Nel Maryland, a New York, in Carolina e Georgia assunse tratti particolarmente cruenti.
Altrove la guerra civile era più strutturata, e si formarono milizie sia di patrioti sia di lealisti che
combatterono a fianco degli eserciti regolari. Fra le milizie lealiste c'erano i Dragoni Americani del
re di Benjamin Thompson, il Reggimento Reale di New York di sir John Johnson, l'American
Legion di Benedict Arnold e altre.
Parecchi neri del nord si schierarono con i ribelli e dare libertà in cambio di arruolamento divenne
la politica di alcuni governi rivoluzionari.
Nel sud furono gli inglesi a promettere la libertà, a cui almeno 5000 neri risposero.
Anche molte nazioni indiane si schierarono con gli inglesi, come i Cherokee. Invece la
confederazione irochese si divise tra maggioranza filo-inglese e minoranza filo-americana,
generando una guerra civile nella guerra civile.
I patrioti euro-americani avevano visioni diverse: i dirigenti e sostenitori della Rivoluzione avevano
esponenti dei gruppi più facoltosi delle colonie. Si consideravano membri della better sort della
società, gentlemen cosmopoliti e colti che si propongono come leader naturali per virtù, talento e
preminenza sociale. Questo non sempre era ben accetto, causando la rottura dei rapporti di
deferenza sociale e l'emergere di nuovi protagonisti.
Nel centro-nord emersero associazioni e comitati di artigiani e piccoli commercianti della middling
sort benestante. Questo si tradusse in partecipazione politica e coinvolgimento nella lotta armata sia
nell'esercito regolare sia nelle milizie popolari.

Repubblica e libertà

I patrioti concordavano sul fatto che le società e i governi postrivoluzionari sarebbero stati
repubblicani.
Confluirono nel discorso varie tradizioni di pensiero politico inglese ed europeo.
La prima rimanda alle rivoluzioni inglesi del '600, dei “ Due trattati sul governo” del 1690 di John
Locke. Secondo Locke, gli uomini hanno alcuni diritti fondamentali, inalienabili, intangibili, in
particolare il diritto alla vita, alla libertà e alla proprietà. Il governo deve garantire l'esercizio di
questi diritti e non manometterli. Per Locke l'autorità politica esisteva con il consenso dei cittadini,
altrimenti era arbitraria e poteva e doveva essere rovesciata.
La seconda tradizione risale all'Inghilterra medievale, alla Magna Charta Libertatum del 1215 che
esaltava il rule of law, ovvero il governo della legge, intesa come un freno all'arbitrio del re, a lui
superiore e da lui intangibile. Nel regno della legge di era liberi perché in pieno controllo della
propria persona e della proprietà. In questa interpretazione, a differenza di quanto diceva Locke, le
libertà non erano diritti naturali dell'uomo, bensì immunità o privilegi storici dei sudditi inglesi.
La terza tradizione era repubblicana e si basava sul “Dei discorsi sopra la prima Deca di Tito Livio”
di Machiavelli, del 1513-20. Da qui gli inglesi d'America impararono che le repubbliche erano
possibili e desiderabili purché i cittadini fossero virtuosi e che le repubbliche erano fragili e i valori
si corrompevano facilmente. Contrapponevano le libertà repubblicane al dispotismo monarchico.
Queste tradizioni avevano sia tratti comuni sia differenze: condividevano la convinzione che le
libertà fossero prodotti di condizioni storiche speciali, mai acquisite definitivamente. Questo però
ispirò atteggiamenti di sospetto verso il governo inglese.
Per il costituzionalismo inglese (Locke) le libertà avevano dimensione privata e negativa, per il
repubblicanesimo, pubblica e positiva.
Tutti consideravano la proprietà un fondamento di libertà ma per i lockiani aveva un carattere
espansivo ed acquisitivo mentre per i repubblicani era strumento di uguaglianza purché piccola ed
equamente distribuita.
Tutti gli americani accettavano il principio che “tutti gli uomini sono creati uguali”, ma spesso lo
definivano in senso restrittivo; i conservatori settentrionali credevano nelle gerarchie sociali.
Per quanto riguarda il diritto alla ricerca della felicità, poteva indicare l'aspirazione al bene
collettivo, alla felicità del popolo oppure l'aspirazione al libero godimento individuale dei diritti.
Altri repubblicani più popolari erano più egualitari e radicali; gli interessi della comunità
prevalevano su quelli degli individui.

La nascita della repubblica


La Continental Army del generale Washington fu lo strumento del coordinamento e promosse un
senso di comune appartenenza. Fu affiancato da milizie statali più localistiche con svariati vantaggi:
combattevano in casa loro, conoscevano l'ambiente e attaccavano improvvisamente con imboscate.
Gli inglesi conquistarono le città ma il 95% degli americani abitava in aree rurali vastissime. La
strategia americana era di resistere e ritirarsi, stancando gli avversari. Poterono inoltre contare
sull'appoggio militare, economico e diplomatico della Francia.

La guerra e l'organizzazione dei nuovi stati

I comandi britannici passarono subito all'offensiva e nell'estate 1776 le truppe del generale Howe
occuparono New York City e poi Filadelfia nel 1777. all'interno però andò diversamente: i soldati
inglesi provenienti da ovest furono fermati a Oriskany, quelli da nord, al comando di Burgoyne
furono sconfitti e presi prigionieri dal generale Gates a Saratoga.
Nel febbraio 1788 la Francia riconobbe l'indipendenza dei nuovi stati e strinse con loro un'alleanza
militare. Già nel 1777 combattevano alcuni volontari francesi, ma ora si aggiunsero le truppe di re
Luigi XVI. Nel 1779 si unì anche la Spagna.
Tra il 1778 e il 1780 gli inglesi occuparono Savannah e Charleston. L'esercito americano fu
sbaragliato a Camden da Lord Cornwallis. Nell'ovest però, a King's Mountain in North Carolina i
patrioti massacrarono una colonna di americani lealisti nell'ottobre 1780. Nel 1781 Cornwallis
marciò verso nord e occupò Yorktown in Virginia. Qui fu assediato dalla Continental Army e dai
francesi.
La caduta di Yorktown provocò una caduta politica in Gran Bretagna, le dimissioni del governo
Tory di Lord North e la fine delle operazioni militari regolari.
Vennero avviate trattative di pace che si conclusero il 3 settembre 1783 con il trattato di Parigi, in
cui si riconobbe l'indipendenza degli stati uniti e la loro sovranità su un territorio che aveva come
confini il Canada, il Mississippi e la Florida, che venne ridata agli spagnoli.
Nell'estate 1776 si stesero le costituzioni statali, e si decise di adottare costituzioni scritte, precise e
trasparenti. Questi documenti venivano preparati da convenzioni elette allo scopo e poi sottoposti a
ratifica popolare. Le assemblee costituenti erano istituzioni che consentivano ai cittadini di
esercitare un'attiva sovranità e di tradurre in pratica il concetto del popolo come potere costituente.
Le prime costituzioni statali miravano a limitare l'autorità dei governanti. Le assemblee erano due,
una camera bassa e una alta, con membri scelti o eletti con criteri diversi. I privilegi dei cittadini
furono consacrati in formali dichiarazioni dei diritti, di cui la prima e più famosa fu quella della
Virginia nel 1776. furono istituiti sistemi giudiziari indipendenti.
I repubblicani conservatori tendevano a limitare il diritto di voto ai proprietari benestanti ad
aumentare le prerogative delle camere alte e dei governatori. La Costituzione del Massachusetts del
1780 ne è un esempio.
I repubblicani radicali affidavano tutto il potere ad un'unica camera dei rappresentanti eletta
annualmente, affiancata da un comitato esecutivo di 12 persone. Potevano votare ed essere eletti
tutti i maschi adulti che fossero contribuenti. Un esempio è la Costituzione della Pennsylvania del
1776.
Il 15 novembre 1777 venne approvata una carta di cooperazione fra gli stati, gli Articoli di
Confederazione, che istituivano una salda lega di amicizia fra gli stati. Questi crearono un unico
organo centrale, il Congresso Confederale, dove sedevano le delegazioni degli stati membri in
condizioni di parità. Il Congresso fungeva da corpo legislativo ed esecutivo.
La bandiera adottata nel 1777 suggeriva la pluralità dei soggetti in campo mentre l'aquila presente
sul nuovo stemma , il Gran Sigillo degli Stati Uniti, rappresentava una potente immagine unitaria.
C'era quindi fusione tra pluralità e unità: l'indipendenza aveva determinato che gli americani non
erano parte del popolo della Gran Bretagna, ma non se essi fossero un unico popolo o molti popoli.
Dopo la pace del 1783 i problemi non scomparvero. Il Congresso ebbe difficoltà a gestire i territori
e non seppe condurre una politica estera continentale verso la Spagna. Non riuscì infine a far
rispettare il trattato di pace.

La Costituzione del 1787

Ci si rese presto conto dell'impossibilità di un'efficace politica commerciale confederale, e alla


preoccupazione economica se ne aggiunse una politico-sociale. In Massachusetts scoppiò una
rivolta di agricoltori veterani della Rivoluzione, guidati dal capitano Daniel Shays. Fecero appello
ai principi rivoluzionari, dicendo di esercitare il diritto di disobbedire ad un governo ingiusto.
Sedata la ribellione si realizzò che un potere centrale più forte poteva servire a difendere la
tranquillità sociale contro una nuova guerra civile; si accelerò così il processo di revisione
costituzionale.
La nuova convenzione, a Filadelfia nel maggio 1787, vide Washington a presiedere e altri
personaggi come Madison (Virginia), Hamilton (New York), Franklin, Morris, Wilson
(Pennsylvania).
I delegati erano in maggioranza massoni: la massoneria era una delle più importanti associazioni
volontarie maschili delle colonie. Era un'associazione illuminista con aspirazioni cosmopolite,
universali, miranti al perfezionamento dell'umanità. Era laica, tollerante, repubblicana e
interclassista.
Madison in particolare rovesciò il discorso del repubblicanesimo classico e sostenne che una
repubblica estesa e diversificata era migliore di una piccola e omogenea. Il conflitto e il
compromesso fra gli interessi, infatti, avrebbero prodotto stabilità politica. Andava quindi
incorporato un sistema di separazione dei poteri.
Si decise di scrivere una nuova costituzione, il cosiddetto Piano della Virginia, a cui alcuni opposero
il Piano del New Jersey, che comportava solo modifiche e aggiustamenti degli Articoli.
Il Piano della Virginia prevedeva una complessa architettura di governo che attribuiva i tre poteri
fondamentali a tre organi distinti e indipendenti, con forme di controllo reciproco. Si cercava di
bilanciare l'autorità del nuovo governo centrale con quella già esistente negli stati.
Il potere legislativo era affidato ad un Congresso bicamerale formato dalla Camera dei
rappresentanti e dal Senato. La Camera era eletta dai cittadini ogni due anni e i suoi membri erano
distribuiti tra gli Stati in proporzione alla popolazione. I requisiti per l'elettorato venivano decisi
dagli stati stessi. Il Senato era espressione diretta degli stati, ognuno rappresentato in modo
prioritario da due membri. I senatori erano scelti dalle assemblee legislative statali e stavano in
carica sei anni, anche se un terzo di loro veniva rinnovato ogni due anni. Nonostante avessero eguali
poteri, ciascuno aveva prerogative speciali. Solo la Camera poteva iniziare leggi tributarie o mettere
in stato d'accusa il presidente. Solo il Senato approvava i trattati internazionali oppure le nomine
presidenziali di alti funzionari e magistrati federali.
Il potere esecutivo era affidato a un presidente affiancato da un vicepresidente. Erano eletti per
quattro anni da un collegio di grandi elettori designati dagli stati. Ogni stato aveva un numero di
elettori pari alla somma dei rappresentanti e dei senatori che esso mandava in Congresso. Il
presidente aveva il potere di firmare e rendere esecutive le leggi del Congresso, di respingerle con
un veto e restituirle all'assemblea per un riesame. Era comandante in capo delle forze armate,
amministrava le finanze pubbliche, stipulava trattati internazionali, nominava ministri e
ambasciatori, sempre con il consenso del Senato o l'autorizzazione del Congresso.
Il potere giudiziario era in mano a una Corte Suprema e a un sistema inferiore di tribunali federali. I
giudici erano nominati dal presidente con il consenso del Senato ed erano inamovibili.
La Costituzione poteva essere modificata con emendamenti purché proposti dai due terzi dei
membri di Camera e Senato e ratificate da tre quarti degli stati.
Gli uomini di Filadelfia non avevano alcun mandato per fare quello che avevano fatto, ma trovarono
una scappatoia. Il compromesso prevedeva infatti che la ratifica del documento avvenisse stato per
stato e in via indiretta, tramite apposite convenzioni elettive; era sufficiente in consenso di nove
stati.
Nel 1788, nonostante mancassero ancora la North Carolina e il Rhode Island, si raggiunse il numero
di ratifiche previsto.

Costituzione e Rivoluzione
Gli oppositori della Costituzione, tra cui i virginiani Lee, Henry e Mason e il governatore di New
York George Clinton temevano un governo potente e centralizzato che diventasse strumento di
tirannia oligarchica. Denunciarono la mancanza di una Costituzione che garantisse i diritti
individuali. La difesa di Madison spiegò la logica della nuova costituzione in una serie di brevi
saggi di grande abilità tattica e intelligenza teorica (“ il federalista”). Ottennero il consenso degli
interessi commerciali e proprietari, ma anche degli strati artigianali urbani radicali.
La Costituzione del 1787 era un documento che riorganizzava i rapporti tra gli stati a favore di una
più forte autorità centrale. Madison scrisse che era di carattere misto e presentava sia elementi
nazionali che federali. Negò inoltre che si trattasse di un vero governo nazionale.
La repubblica americana sembrò essere multipla, fondata insieme sulle sovranità separate degli stati
e dei rispettivi popoli, e su quella unitaria del nuovo sovrano, cioè l'intero popolo degli Stati Uniti.
Questo ordinamento cominciò ad essere chiamato federazione e ad essere distinto dalla
confederazione, intesa come patto tra stati che restavano pienamente sovrani.
La Costituzione era un documento repubblicano che creava un ordinamento fondato sul consenso
dei governati e si modellava sulle costituzioni statali più conservatrici.
La separazione dei poteri, le elezioni indirette, i mandati scaglionati intendevano isolare le
istituzioni dall'influenza dei cittadini.
La Costituzione era però anche un documento sociale ed economico, e rifletteva il processo
rivoluzionario come movimento razzialmente connotato.
In Nord America esistevano tre popolazioni distinte, e una sola aveva cittadinanza nel nuovo
ordinamento: i nativi americani, esclusi perché assimilati a nazioni straniere, il popolo dei cittadini
formato da persone libere e infine gli schiavi neri. I piantatori meridionali imposero che il conteggio
della popolazione degli stati (in base al quale erano distribuiti i seggi alla Camera) includesse anche
gli schiavi.
Al nord la schiavitù fu gradualmente soppressa ma restò la convinzione che gli schiavi non fossero
membri costituenti della società.
La questione degli americani nativi si legava alla questione del territorio sul quale esercitare la
sovranità. Per molti, l'indipendenza degli americani di origine europea segnò la fine di ogni
indipendenza. Tutte le terre non occupate dai bianchi entrarono a far parte del dominio federale.
L'Ordinanza del nordovest, del 1787, riguardava l'amministrazione del territorio compreso tra il
fiume Ohio, i Grandi Laghi e il Mississippi. Il Congresso vi estese le libertà religiose e civili e vietò
la schiavitù. I nuovi stati formatisi avevano il diritto di entrare nella confederazione a condizione
che avessero 60000 abitanti liberi e che si dessero costituzioni repubblicane. I nativi erano nominati
per garantire che non sarebbero stati provati delle terre senza consenso, che sarebbero stati trattati
con lealtà, giustizia e umanità e che non sarebbero stati invasi e disturbati se non in giuste e
legittime guerre autorizzate dal Congresso.
Questo documento era di fatto un'integrazione della Costituzione e ne condivideva il carattere
fondante.
Era evidente che libertà e autogoverno non riguardavano i nativi americani.

La nuova Repubblica (1789-1828)


Il radicalismo della Rivoluzione americana
La Rivoluzione cambiò profondamente il Nord America. Creò una nuova entità politica, gli Stati
Uniti, e una società diversa dalle precedenti.
I protagonisti della Rivoluzione erano convinti di assistere all'alba di un'epoca di libertà, avendo la
possibilità di cominciare da capo a costruire il mondo.
I coloni prerivoluzionari erano sudditi di una monarchia imperiale; vivevano in comunità divise in
caste e dominate dal rango, tenute insieme da relazioni paternalistiche di dipendenza personale e
responsabilità reciproca, governate sulla base di principi gerarchici. Gli eventi rivoluzionari
travolsero quest'ordine anche se non lo distrussero completamente.
Il mutamento più visibile riguardò la società politica, dove si modificarono i rapporti tra i
governanti e i governati.
Con l'aumento della partecipazione effettiva al voto si erose l'autorità sociale delle classi superiori e
il nesso tra l'autorità sociale e l'autorità politica.
Si erose anche l'autorità patriarcale e anche le donne acquisirono spazi di autonomia, in casa e fuori,
che però non si tradussero in uguaglianza civile e politica.
La Dichiarazione d'indipendenza fondò la sovranità dei nuovi stati e degli Stati Uniti sui diritti degli
individui, e la legittimità dei loro governi sul consenso dei governati; affermò il diritto di un popolo
a separarsi da altri popoli e a cambiare forma di governo quando questi principi non fossero
rispettati.
Questo ebbe una grande risonanza internazionale e il suo linguaggio influenzò direttamente i
rivoluzionari francesi del 1789. Qui Napoleone fu paragonati a un Washington francese, almeno
fino a quando non venne incoronato imperatore.
Le condizioni storiche nei due paesi erano diverse. In America c'erano strutture politiche meno
dense, gerarchiche e centralizzate; i nordamericani erano pochi e dispersi in un vasto continente
mentre i francesi erano numerosissimi. I luoghi del potere politico erano decentrati, non c'era
neanche una vera capitale, mentre la Francia era il cuore del mondo europeo, e ne rimase sconvolto,
con enormi ripercussioni.
La società nordamericana aveva al suo interno una questione sociale specifica sconosciuta in
Francia, la schiavitù a base razziale.
A Santo Domingo, porzione sotto dominio francese dell'isola caraibica di Hispaniola 450000
schiavi africani, quasi il 90% della popolazione locale, diede inizio a una guerra civile nel nome
degli ideali di libertà e uguaglianza, sotto la guida di Francois-Dominique Toussaint L'Ouvertoure.
Fondarono una seconda repubblica del Nuovo Mondo, una repubblica nera, Haiti.
Questo episodio gettò i cittadini bianchi degli Stati Uniti nell'orrore, mentre per i loro schiavi
divenne leggenda e speranza.
La comunità bianca era anche attraversata da differenze e gerarchie. Le relazioni sociali del vecchio
regime non scomparvero, i diritti di cittadinanza rimasero legati alla proprietà. Le disuguaglianze di
reddito e risorse economiche erano enormi. La crisi economica provocò un aumento della povertà e
l'avvio di manifatture tessili con manodopera femminile avviò la nascita di una classe di lavoratori
proletarizzati.

Federalisti e repubblicani
Le guerre franco-inglesi, dopo il 1793, provocarono una frattura nell'opinione pubblica americana e
portarono allo scoperto due visioni politico-sociali in contrasto fra loro: i federalisti filo-inglesi e i
repubblicani filo-francesi.
I federalisti volevano una società ordinata e guidata da un'élite, fondata su un'economia indirizzata
sulle politiche fiscali e monetarie di un forte governo centrale e su un governo costituzionale basato
sull'equilibrio dei poteri.
I repubblicani volevano una società di uomini liberi e liberati dai vincoli della tradizione e un
governo decentrato e limitato nei suoi poteri, fondato sulla sovranità popolare e sulla partecipazione
di tutti. Il confronto fu aspro.
Tra il 1790 e il 1830 la popolazione si moltiplicò e venero occupati più territori.
Nel 1789 George Washington fu eletto presidente. La composizione politica delle due sessioni del
primo Congresso vedeva pochi antifederalisti con una maggioranza solida dei federalisti. Bisognava
inserire una Dichiarazione dei diritti dei cittadini, attuare le norme costituzionali, sperimentare
l'effettiva portata dei poteri federali e ripagare l'enorme debito pubblico, contratto soprattutto nei
confronti della Francia.

I federalisti e la costituzione del governo centrale

I federalisti cercarono di dare maggiore autonomia al titolare del potere esecutivo. I capi o segretari
dei dipartimenti esecutivi erano responsabili solo nei confronti del presidente e rimovibili a sua
totale discrezione. Venne nominato segretario della guerra Henry Knox, segretario degli Affari
esteri Thomas Jefferson e segretario del Tesoro Alexander Hamilton.
Quest'ultimo propose di consolidare i debiti interni ed esteri degli Stati Uniti in un unico debito
nazionale coperto dall'emissione di obbligazioni federali. Propose che gli affari finanziari federali
fossero gestiti da una banca centrale modellata sulla Banca d'Inghilterra. Queste proposte
provocarono conflitti.
Si scontrarono così due letture divergenti della Costituzione, quella restrittiva e statalista di
Jefferson e quella estensiva e federalista di Hamilton.
La Corte Suprema fu organizzata con il Judiciary Act del 1789, che ne definì le dimensioni: un
presidente o Chief Justice e 5 giudici aggiunti. I giudici si impegnarono subito per affermare
l'autorità del governo federale.
Nel 1791 venne proposto il Bill of Rights, che doveva includere delle modifiche al corpo della
costituzione federale e alcuni principi secondo cui tutto il potere appartiene al popolo, e dunque ne
deriva. Il progetti finale vide solo un elenco di restrizioni al potere del governo federale
comprendente dieci emendamenti.
Questi specificavano le libertà e garanzie procedurali di cui i cittadini non potevano essere privati
dal governo federale. Definivano libertà personali sottratte alle interferenze governative, tra cui la
libertà di stampa, di parola, di riunione, di petizione, di religione e la garanzia di un giudizio di
fronte a una giuria imparziale.
Infine la clausola costituzionale incaricava il Congresso di fissare norme uniformi per la
naturalizzazione dei nuovi arrivati. La naturalizzazione per acquisire la cittadinanza era di grande
rilievo, ma metteva il governo in conflitto con il potere degli stati. Si stabilì quindi che si potesse
ottenere la naturalizzazione dopo una residenza di due anni, dopo aver dimostrato buon carattere e
giurato fedeltà alla Costituzione.
Con il Naturalization Act del 1795 si allungò il periodo a cinque anni e si aggiunse la rinuncia
formale ad ogni titolo nobiliare.
Si fece però strada un sistema politico conflittuale e competitivo che mandò in crisi la Costituzione.
Questa opposizione voleva contrastare il governo tramite crisi provocate dalla politica finanziaria di
Hamilton. La sua politica scatenò un dissenso sociale diffuso, anche con l'imposta sugli alcolici del
1791. Nell'estate 1794 in Pennsylvania ci fu in risposta la Ribellione del Whiskey, a cui il governo
rispose chiarendo che non avrebbe tollerato alcuna resistenza extralegale alle sue decisioni.

I repubblicani e l'organizzazione del conflitto politico

Nel 1794 c'erano organizzazioni antigovernative, i cui dirigenti erano Jefferson e Madison. Questi si
definivano repubblicani e si richiamavano ai principi della Rivoluzione e della Dichiarazione
d'indipendenza e accusavano i federalisti di un dispotismo centralizzatore di tipo monarchico.
Quando arrivò negli USA il nuovo ambasciatore di Francia Edmond Genet, fu accompagnato da
manifestazioni popolari di entusiasmo filo-francese e filo-rivoluzionario. Washington riconobbe il
governo rivoluzionario francese ma proclamò la neutralità americana tra i belligeranti.
Quando nel 1795 venne fatto il trattato di Jay con la Gran Bretagna i repubblicani accusarono i
federalisti di intesa controrivoluzionaria.
Le elezioni presidenziali del 1796 videro due contendenti: il federalista Adams e il repubblicano
Jefferson. Vinse Adams per via degli effetti paradossali delle procedure costituzionali.
Sotto la presidenza Adams le cose precipitarono. Il trattato di Jay migliorò i rapporti con
l'Inghilterra ma li peggiorò con la Francia, che reagì sequestrando le navi americane neutrali che
trasportavano merci britanniche. Quando si arenò anche un tentativo di negoziato ci fu un'ondata di
opinione antifrancese.
Nel 1798 venne approvata una legislazione d'emergenza, gli Alien and Sedition Acts, che limitò olte
libertà. Gli immigrati potevano essere imprigionati o deportati, la naturalizzazione richiedeva 14
anni. Il vicepresidente Jefferson rispose facendo appello ai diritti degli stati contro un potere
tirannico. Poi nel 1800 Jefferson fu eletto presidente e gli Alien and Sedition Acts decaddero.
Per i repubblicani si trattava di un conflitto tra il popolo e l'aristocrazia, per i federalisti tra i veri
patrioti e la canaglia repubblicana.
Erano federalisti i mercanti urbani settentrionali, gli agricoltori del New England.
Erano repubblicani i piantatori della Virginia, gli artigiani delle città e i negozianti, artigiani e
agricoltori che operavano in un'economia di mercato.
Con le elezioni del 1800 si decise di cambiare la Costituzione: l'Emendamento XII prevedeva che i
voti per presidente e vicepresidente fossero espressi e computati secondo liste distinte.
Per i fondatori della repubblica i partiti erano dannosi, ma comunque negli Stati Uniti si giunse a un
ricambio pacifico ed ordinato dei gruppi dirigenti. I repubblicani avevano ampie maggioranze,
tant'è che a Jefferson succedettero Madison e Monroe.
All'inizio degli anni Venti gli americani vivevano in un regime monopartitico, animato solo da
scontri personali e di corrente tra i repubblicani, la cosiddetta era dei buoni sentimenti.

Governi, territori, mercati


La politica del libero commercio neutrale con tutti i contendenti creò conflitti, in particolare con la
Gran Bretagna, che era in grado di controllare l'Oceano Atlantico. Con l'Embargo Act del 1807 il
Congresso votò la sospensione totale degli scambi con le potenze che violavano i diritti del naviglio
statunitense, e qualche anno dopo, nel 1812, entrò in guerra con la Gran Bretagna. La guerra fu un
disastro perché l'esercito era impreparato e la flotta minuscola. La marina britannica occupò
addirittura Washington nel 1814. Il trattato anglo-americano firmato a Gand stabilì il ritorno allo
status quo prebellico.
La dichiarazione di guerre era stata votata dai war hawks, desiderosi di nuove terre, in particolare
attraverso l'invasione del Canada. I rappresentanti degli stati atlantici del nordest invece si erano
schierati contro l'avventura bellica.

Guerre e conquiste territoriali

L'espansione territoriale ebbe maggiore successo in altre direzioni.


Il governo federale ebbe una funzione decisiva nella cosiddetta conquista del West: acquistò nuovi
territori, cacciò i residenti nativi, protesse i coloni costruì vie di comunicazione.
Nuove migrazioni portarono alla formazione dei primi stati oltre i monti Appalachi, Kentucky e
Tennessee. Nel 1821 nacquero gli stati dell'Ohio, dell'Indiana e dell'Illinois, come stati liberi.
Alabama, Mississippi e Louisiana come stati schiavisti. Questi si trovavano oltre al Mississippi
perché nel 1803 il governo aveva acquistato dalla Francia la provincia della Luoisiana, vitale ai
commerci.
I territori dell'Acquisto della Louisiana furono esplorati da Lewis e Clark.
Ogni nuovo stato che entrasse nell'Unione doveva includere nella sua costituzione una clausola
irrevocabile: le terre pubbliche erano e rimarranno a esclusiva e totale disposizione degli Stati Uniti.
Agli stati fu inoltre vietato di stipulare atti di compravendita con gli americani nativi residenti nei
loro confini.
L'avanzata verso ovest fu accompagnata dalle guerre. Con il trattato do Greenville nel 1795 si
impose la presenza di insediamenti stabili in Ohio. Nell'Indiana un capo Shawnee, Tecumseh, formò
una lega di resistenza distrutta a Tippecanoe nel 1811.
Bisognava ripulire completamente le regioni a est del fiume Mississippi. Cherokee, Creek, Choctaw
e Chickasaw vennero rimossi con la forza e deportati dall'esercito lungo il Trail of Tears sul quale
morirono in 4000 per fame e malattie.
Per unire questi territori servivano vie di comunicazione e l'intervento pubblico fu decisivo. Le
prime strade pavimentate erano private e a pedaggio. Poi, con gli investimenti federali, arrivarono la
National Road e i canali artificiali.

Politiche mercantili e mercati

Durante la Rivoluzione l'economia aveva sofferto, con periodi di assestamento. Le risorse si


trasferirono dal commercio alla produzione domestica di merci non più importabili o destinate
all'esercito. Ci fu un aumento temporaneo dell'autosufficienza.
Il reddito del paese però diminuì drasticamente anche a causa dell'enorme debito pubblico e
dell'inflazione, un ostacolo alla ripresa dei commerci.
Si cercò il consolidamento del debito pubblico e la creazione di una banca centrale che imponesse
una moneta stabile.
Nel “Rapporto sulle manifatture” del 1791 si immaginava un grande mercato continentale unificato,
ma il progetto fu respinto, anche se le singole proposte vennero applicate.
Gli americani costruirono un sistema mercantile relativamente chiuso. Nel 1789 fu avviata una
politica doganale, nel 1816 si alzarono i dazi e portarono al protezionismo degli anni venti.
La Banca degli Stati Uniti visse una ventina d'anni prima di essere riorganizzata del 1816.
Nel periodo della neutralità tra Francia e Gran Bretagna i commerci degli Stati Uniti fiorirono, ma
nel successivo periodo dell'embargo ci fu il blocco dei commerci: l'economia americana fu isolata.
Ma ci furono anche cambiamenti positivi: i prezzi dei manufatti aumentarono e gli investimenti ne
furono stimolati. Dopo il 1815 però i commerci ristagnarono nuovamente. Ci fu comunque un avvio
di sviluppo manifatturiero, soprattutto nelle aree urbane del nord.
Nel New England si assistette a due novità: una in termini di produzione, infatti nel 1813 nacque
una fabbrica tessile integrata e una finanziaria, con l'appoggio di una società per azioni.
Le relazioni di mercato si affermarono prima in campagna che in città: si svilupparono coltivazioni
razionali ed intensive del terreno, con rotazioni, allevamento di bestiame, produzione di latte e
formaggi.
Nel sud la situazione era più complicata: si passò lentamente dal tabacco al cotone.
Il lavoro divenne strumento di ascesa sociale.

Una repubblica anglo-americana


Gli Stati Uniti si pensarono come una repubblica nuova, euro-americana e protestante, e come una
società politica maschile.
Si trattava di una mutazione antropologica che finiva con il trasferire agli euro-americani quei
caratteri di radicale diversità che erano stati sempre attribuiti agli indiani.
Jefferson voleva un popolo che parlasse la stessa lingua, con leggi simili e senza “macchie” di
colore. Ci si riteneva parte della diaspora anglosassone e protestante verso occidente; si condivideva
una sorta di nazionalismo razziale e religioso intriso di convinzioni sulla propria superiorità.

Uomini e donne della repubblica

La cittadinanza politica era prerogativa maschile. Le donne non erano considerate capaci di
esercitare il diritto politico ed erano subordinate a relazioni di dipendenza patriarcale. All'inizio
però il suffragio non era basato sul sesso, quindi gli uomini indigenti non potevano votare mentre
alcune donne non sposate sì. Con l'abolizione dei requisiti di censo si tornò alla prevalenza
maschile.
Il valore della cittadinanza politica e del voto derivava anche dalla loro non universalità, dalla loro
negazione ad altri.
La dimensione maschile della cittadinanza politica non fu messa in discussione dalla rivoluzione.
I maschi fondavano il loro essere uomini su basi molto solide: il controllo della proprietà terriera e
del commercio, il patriarcato in famiglia e il paternalismo nella società.
Artigiani, commercianti e agricoltori si consideravano sostegni economici e capi indiscussi
dell'aggregato domestico, ma anche cittadini indipendenti e virtuosi.
I cambiamenti economico-sociali dell'inizio dell'800 disgregarono questo mondo, e sempre più gli
uomini dovettero pensare alla lor maschilità in rapporto non all'indipendenza derivante dalla
proprietà, grande o piccola che fosse, bensì al successo individuale in un mercato instabile e
spietato: erano i cosiddetti self-made men.
Nella società postrivoluzionaria le donne ebbero comunque un ruolo centrale, quello di madri
repubblicane. Molti stati istituirono sistemi scolastici elementari pubblici, gratuiti e aperti a
entrambi i sessi: le donne acquistarono così un peso politico e divennero le garanti morali del futuro
della repubblica.
Si definì la separazione dello spazio sociale in due aree distinte per sesso: la sfera della donna e la
sfera dell'uomo.
C'era quindi una frattura di genere: l'espressione artistica e dei sentimenti e la riflessione spirituale e
religiosa appartenevano alla sfera della donna, mentre dall'altra c'era un popolo democratico rozzo e
distratto.

La religione della repubblica

Il secondo Grande Risveglio fu un fenomeno dell'Ovest che si sviluppò intorno al 1805 e si


protrasse fino agli anni venti. Questo mutò profondamente il panorama del paese e lo ricristianizzò.
Le chiese furono soppiantate dalle dinamiche denominazioni evangeliche dei presbiteriani, battisti e
metodisti.
I battisti erano sorti in Inghilterra e Olanda all'inizio del '600 e si erano diffusi anche in Rhode
Island.
I metodisti erano sorti in Inghilterra nel '700 ed erano organizzati da missionari inviati dalla
madrepatria.
Le varie denominazioni avevano alcuni tratti comuni: corpi teologici molto semplificati, disprezzo
anti-intellettualistico per le sottigliezze dottrinali, la credenza che la salvezza fosse aperta a tutti.
Esaltavano la natura personale, diretta, dell'esperienza religiosa e davano valore a visioni, sogni e
apparizioni. Le loro organizzazioni erano decentrate, poco gerarchiche e tolleranti.
Tutto ciò contribuì a democratizzare la religione e sacralizzare la democrazia.
La religiosità protestante contribuì in maniera decisiva a plasmare il discorso pubblico sull'identità
della nuova repubblica e sulla sua presunta peculiarità rispetto al resto del mondo.
C'era un'idea dell'America come terra promessa che convinceva gli americani del loro speciale
destino.
Nacque quindi un nuovo nazionalismo: si parlava di un carattere nazionale distinto e riconoscibile
ma allo stesso tempo il paese era giovane e il carattere nazionale non ancora formato. Il significato
della nazione era dunque terreno di un conflitto ideologico. Si sviluppò la convinzione di essere un
unico popolo con un avvenire comune.
Dal punto di vista cristiano l'impresa collettiva era la manifestazione del disegno provvidenziale di
Dio. Dal punto di vista mondano le istituzioni repubblicane fornivano strumenti efficaci per evitare
le contraddizioni che avevano distrutto le repubbliche del passato.
Dopo il 1820 il 4 di luglio cominciò ad essere celebrato in modo unitario e la Dichiarazione
d'indipendenza divenne un testo sacro; i dirigenti della Rivoluzione furono trasformati in padri della
patria. Questo voleva consolidare la memoria storica della formazione del paese e far dimenticare
fratture sociali e geografiche.

La capitale federale, Washington City


Washington nutriva un culto monumentale di sé: quando venne eletto presidente della convenzione
costituzionale di Filadelfia e poi primo presidente degli Stati Uniti divenne il simbolo dell'unità del
paese e della politica al di sopra delle parti, incarnazione repubblicana di monarca costituzionale e
patriottico. Addirittura il suo nome sarebbe stato dato alla nuova capitale federale.
La fondazione di questa capitale federale fu però caratterizzata da difficoltà e fallimenti.
La Costituzione del 1787 stabilì che il governo dovesse avere sede in un distretto autonomo il cui
territorio fosse ceduto dagli stati e che fosse sotto l'autorità esclusiva del nuovo governo federale.
Il piano urbanistico della nuova città evocava la struttura governativa disegnata dalla Costituzione:
una griglia policentrica segnata da tre punti significativi.
Il primo era il Campidoglio, che ospitava il Congresso. Il secondo la Executive Mansion, abitazione
e ufficio del presidente e infine la sede della corte suprema.
Si immaginava la capitale come una città non produttiva e non autosufficiente, tutta politico-civile,
senza un'autorità militare, vulnerabile alle pressioni esterne, aperta e accessibile, quando in realtà
era chiusa e isolata.
Il piano urbanistico di Pierre Charles L'Enfant si ispirava alla reggia di Versailles: monumentale e
autoritaria.
L'idea iniziale era che la città si sviluppasse dal mercato, e non dal denaro pubblico. Dato
l'insuccesso del tentativo, il governo federale si rivolse non più al popolo sovrano e al mercato ma a
quegli stati da cui affettava indipendenza, a cui si aggiunsero gli schiavi.
Per tutta la prima parte dell'Ottocento Washington City rimase un villaggio di poche migliaia di
abitanti in un'area spopolata. Nel 1814 fu bruciata dagli inglesi e ridipinta di bianco, guadagnandosi
l'appellativo di Casa Bianca.
Washington rimase un avamposto isolato: si pensava dovesse sorgere in campagna, lontano dalle
influenze corruttrici della vita urbana.
Venne pensata come il centro propulsivo della vita della repubblica ma non si riuscì nell'intento.
Solo all'alba del '900 con Roosevelt Washington diventò una capitale imperiale.

Democrazia e schiavitù (1828-1860)


La democrazia in America
Con la separazione formale tra proprietà e diritti politici, la repubblica si fondava ora sul suffragio
di tutti i maschi bianchi adulti: era quindi una specie di suffragio universale per l'epoca.
Alle elezioni del novembre 1828 votò il 57% degli aventi diritto per cinque candidati, tutti
repubblicani: il segretario di Stato Adams, il segretario della guerra Calhoun, il segretario al Tesoro
Crawford, il presidente della camera dei rappresentanti Clay e il generale Jackson.
La campagna fu vinta da Adams, i cui seguaci si chiamarono repubblicani-nazionali.
Nel 1828 prevalse Jackson, i cui seguaci si chiamarono democratico-repubblicani. I repubblicani
formarono il partito Whig: gli Stati Uniti avevano nuovamente un sistema basato sulla competizione
fra due partiti.
I nuovi partiti erano diversi da quelli di inizio secolo. I vecchi federalisti e repubblicani
jeffersoniani erano associazioni di élite politiche. Erano i gruppi parlamentari di partito a nominare i
candidati alle cariche pubbliche.
I democratici e i Whig si rivolgevano invece a un elettorato esteso. Gli apparati di partito
sceglievano i candidati, proponevano programmi coerenti e gestivano le campagne elettorali.
Sostenevano la presenza di partiti.
Si diffusero relazioni commerciali basate sul mercato e sullo scambio monetario; il denaro stesso
era fonte di uguaglianza contro i privilegi.
Si diffusero i termini middle class, un ceto intermedio industrioso e benestante, businessmen,
uomini intraprendenti e molto occupati, e self-made men.
Ci fu però un aumento nelle disuguaglianze: da una parte la nuova aristocrazia formata da
discendenti di famiglie eminenti, dall'altra la classe operaia.
L'economia di mercato acquistò un andamento ciclico, legato a fattori interni e internazionali. Si
consolidò un regime economico-sociale chiamato capitalismo e sistema capitalistico, ma anche un
regime politico-sociale chiamato democrazia, il governo della maggioranza in cui non c'era
distinzione tra governanti e governati.
Questo comportò l'accettazione del conflitto politico e un'acquisizione di istinti egualitari nella vita
pubblica, nei costumi sociali e nei sentimenti privati.
Si diffuse il termine individualism per celebrare la democrazie e i diritti naturali, la libera impresa e
il governo minimo, l'indipendenza e la dignità personale.
Jackson era di origini popolari, apparteneva all'élite terriera e mercantile della costa atlantica e era
noto per la sua carriera militare. Era un self-made man che aveva acquistato autorevolezza pubblica
ed era diventato proprietario di schiavi.

Mercato e partiti politici


I conflitti dei due partiti emergenti riguardarono i modi dello sviluppo, e cioè se l'economia di
mercato dovesse essere indirizzata e protetta dal governo federale oppure no.
Sotto Adams ci furono alte tariffe doganali, aiuti federali alla costruzione di strade e canali e
un'autorevole banca centrale. Questo programma divenne il nucleo del programma dei repubblicani
nazionali, protezionisti il cui motto era “Libertà e Unione, ora e per sempre, una e inseparabile”.
Dopo il 1834 si riformò il partito Whig come formazione di minoranza per contrastare Jackson e il
suo partito democratico.
I democratici avevano idee opposte: diffidenza jeffersoniana verso il governo federale e fiducia in
un mercato capace di autoregolarsi. Erano il partito del popolo, costituito da grandi proprietari
terrieri, mercanti, agricoltori, negozianti, artigiani e lavoratori urbani e rurali esclusi dalla
prosperità.
La battaglia più famosa fu la guerra contro la Banca del 1832-33: questa aveva compiti sia pubblici
che privati e Jackson ne attaccò le funzioni pubbliche arrivando a rifiutare di rinnovarne l'atto
costitutivo.
Nelle proteste contro le tariffe doganali si faceva riferimento ai diritti degli stati di non rispettare atti
di dispotismo del Congresso. Nel 1832 la South Carolina minacciò la secessione e Jackson trovò
una soluzione di compromesso che portò a una prima riduzione tariffaria.

Il trionfo del mercato

Il governo federale adottò una politica di laissez faire. Gli stati adottarono leggi che liberalizzarono
le attività bancarie. Il free banking stimolò l'espansione economica ma ne accentuò anche
l'andamento disordinato.
Si svilupparono le corporations, imprese con scopi e caratteri misti, pubblici e privati che
necessitavano di un riconoscimento specifico dello stato; dopo il 1830 si stabilirono norme per la
loro formazione e divennero il principale strumento per raccogliere capitali privati a fini privati di
profitto.
Le ferrovie si svilupparono e sostituirono le vie fluviali. Ebbero un carattere propulsivo
nell'occupazione del continente e divennero le prime grandi corporations private. Fu parte di una
crescita generale segnata dalla dinamicità dell'iniziativa privata.
Nel sud si impennò la coltivazione del cotone mentre nel nord e ovest di grano e mais. L'avvento
della meccanizzazione aumentò la produttività e diminuì il fabbisogno di manodopera, causando
una rivoluzione demografica e il declino della fertilità. Questo però non rallentò l'aumento della
popolazione al cui incremento naturale si aggiunse poi anche quello artificiale costituito
dall'immigrazione transatlantica.
Era visibile un processo di industrializzazione: il capitale non era abbondante, ma era assai mobile
ed integrato dall'afflusso di denaro europeo. Le merci divennero meno care e di migliore qualità di
quelle europee.
Gli americani si pensavano come artefici delle loro fortune, costretti a combattere con forze più
grandi di loro. I legami di solidarietà comunitaria ispirarono forme di resistenza e protesta collettiva
tra i lavoratori delle manifatture contro il sistema di fabbrica e la schiavitù del salario.

La democrazia dei partiti

La democrazia americana era una democrazia dei partiti, che divennero organizzazioni popolari di
massa, grazie anche all'invenzione di nuove procedure organizzative.
Nel 1831 i repubblicani nazionali tennero una convenzione, un congresso di delegati che aveva il
compito di scegliere i candidati del partito alle cariche di presidente e vicepresidente. Più tardi
fecero così anche i Whig e i democratici.
Si formò un ceto di uomini politici designati dai partiti e scelti dagli elettori che sembrò occupare
tutti gli spazi disponibili.
Tramite lo spoils system, si implicò che il partito al potere assegnasse gli impieghi pubblici agli
attivisti più fedeli come premio per la loro fedeltà.
La politica era una carriera e un'occasione di promozione sociale. Il controllo che si assunse sulla
burocrazia pubblica emancipò le istituzioni repubblicane dal predominio delle vecchie élite e delle
loro gerarchie sociali informali.
I democratici e i Whig svilupparono sistemi di mobilitazione dell'elettorato tramite quotidiani,
periodici, opuscoli, volantini, parate e feste, oltre a veri e propri apparati propagandistici.
Il candidato democratico Van Buren venne attaccato in questo modo in favore di Harrison, che però
morì di polmonite un mese dopo l'elezione.
I partiti erano strutture organizzative stabili, i cui club locali avevano carattere territoriale ma
raccoglievano anche specifici gruppi sociali, etnici e generazionali.
La fedeltà di partito divenne indice di coerenza e l'espressione di voto era un atto pubblico e un
evento comunitario.
I democratici vinsero le elezioni del 1836, 1844 e 1852 ma vennero sconfitti dai Whig nel 1840 e
1848.
negli anni '30 nacquero formazioni politiche minori, come il Workingman's Party e l'Anti-Masonic
Party, questo indica che c'erano valori, interessi e problemi che non erano adeguatamente
rappresentati dai due partiti maggiori.

Rivoluzioni nello spazio e nel tempo


Destino manifesto

Gli americani bianchi erano individui assai mobili, in particolare verso ovest. Il ricambio nelle città
di vecchio insediamento era rapidissimo.
Molti agricoltori meridionali si trasferirono nelle campagne settentrionali. All'interno del continente
si formarono gli stati di Michigan, Iowa, Wisconsin, Minnesota e Arkansas.
Oltre alla resistenza delle nazioni indiane ci si scontrò con stati e imperi di tipo europeo. I nuovi
territori infatti appartenevano al Messico o erano rivendicati dalla Gran Bretagna.
Il Messico era diventato indipendente nel 1821. L'occupazione francese della Spagna durante le
guerre napoleoniche e la politica di restaurazione del re borbone Ferdinando VII avevano scatenato
dei movimenti indipendentisti nelle colonie d'oltreoceano. Sorsero nuovi stati in conflitto con la
madrepatria e anche il Brasile portoghese divenne un regno autonomo.
Il segretario di stato del presidente Monroe, John Quincy Adams elaborò la cosiddetta dottrina
Monroe, che consentì di assumere una posizione preminente nell'emisfero occidentale.
Il governo riconobbe le repubbliche del Cile, Colombia, Messico, Perù e Province Unite del Rio de
la Plata e pensò a una dichiarazione congiunta con il governo britannico, ma Adams volle che fosse
unilaterale, tutta statunitense.
I principi enunciati erano tre: gli Stati Uniti si opponevano a ogni futura colonizzazione europea nel
continente; si astenevano dal prender parte alle guerre in Europa; consideravano eventuali interventi
della Santa Alleanza contro i nuovi governi repubblicani americani come la manifestazione di un
atteggiamento ostile verso gli Stati Uniti.
La scoperta dell'Oregon Trail (1842-43) consentì l'arrivo di migliaia di pionieri e la formazione di
insediamenti stabili.
Nuovi accordi commerciali con la Cina fecero sognare nuove vie transoceaniche di traffico con
l'Oriente.
Il presidente democratico james Knox Polk dichiarò lo stato di guerra nel maggio 1846 contro il
Messico, dove molti immigrati statunitensi si erano stabiliti, in Texas. Si impadronirono della
California e occuparono la capitale di Città del Messico. Con il trattato di pace di Guadalupe
Hidalgo del 1848 ottennero la ratifica delle conquiste fatte. New Mexico, Arizona, Utah, Nevada e
California entrarono a far parte del territorio dell'Unione. La scoperta dell'oro in California portò al
suo popolamento da parte di immigrati e avventurieri.
Ci fu un'ondata di entusiasmo nazionalista, e il giornalista John O'Sullivan coniò il termine “destino
manifesto” per descrivere la missione imperiale statunitense che era frutto evidente di un disegno
della provvidenza.

I nervi del paese: notizie e velocità

La conquista dello spazio fu accompagnata dalla conquista del tempo, cioè della velocità di
comunicazione (esempi nelle guerre).
Le virtù della stampa e del telegrafo, delle ferrovie e della tecnologia a vapore accelerarono i tempi
della vita politica e imperiale, commerciale e quotidiana. Diedero agli americani una nuova idea
dello spazio. Per alcuni si trattava di strumenti di Satana, per altri di progresso.
Dopo il 1844 le linee telegrafiche divennero onnipresenti. Il telegrafo era un mezzo per tenere
insieme la nazione e rafforzare la democrazia, dando la consapevolezza di vivere sotto un unico
governo rappresentativo e di appartenere ad un unico popolo.
Gli uomini d'affari riuscivano a condurre rapide transazioni commerciali e finanziarie in tutto il
paese.
Il telegrafo influenzò il modo di operare della stampa: la raccolta di notizie divenne velocissima e
accurata ma anche costosa. Perciò si formò la Associated Press nel 1848, un'agenzia cooperativa
che forniva informazioni a tutti i giornali abbonati.
Giornali come il New York Herald nacquero dopo il 1830 e operarono come imprese commerciali
competitive.
L'ampia circolazione della parola scritta era connessa alla capacità di leggere e scrivere. Si arrivò
alla riorganizzazione dei sistemi scolastici pubblici che divennero universali e gratuiti, finanziati
dalle tasse locali e da fondi statali. Lettura e scrittura erano diventate fondamentali.

La schiavitù in America
Intorno al 1850 era possibile distinguere la formazione di tre aree regionali con specificità piuttosto
evidenti. L'agricoltura era l'attività principale ma nel nordest atlantico c'erano anche ampie attività
manifatturiere, commerciali e finanziarie in un contesto di sviluppo urbano; nel nordovest c'era
l'agricoltura commerciale basata sulle fattorie a conduzione familiare e nelle città la produzione
industriale di generi alimentari e macchine agricole. Nel sud invece c'era l'agricoltura delle grandi
piantagioni schiaviste. A queste corrispondevano tre mercati distinti, con tratti sociali distinti, e
ognuna si autorappresentava in maniera diversa.
New England e Virginia si vedevano come i poli contrapposti di una storia nazionale comune. I
dirigenti del New England, federalisti, e quelli della Virginia, repubblicani-democratici, avevano
visioni opposte. Emerse un regionalismo occidentale.

Il sud e l'Unione

Il confine era la presenza della schiavitù a base razziale: il sud schiavista e il nord libero.
L'agricoltura al sud era meno meccanizzata e sfruttava la forza lavoro locale. La produzione
manifatturiera era un quarto di quella del nord, vi giungevano pochi immigrati dall'Europa e la
rivoluzione dei trasporti non fu molto sentita.
L'élite meridionale preferì investire nell'agricoltura e negli schiavi. I piantatori erano imprenditori
capitalistici che miravano al profitto, antiprotezionisti e favorevoli al libero scambio.
Erano anche presenti in politica, con la maggioranza dei giudici nella Corte Suprema, le cariche nel
Congresso federale e tutti i presidenti degli anni '40.
Il Compromesso del 1820 consentì l'ammissione all'Unione del Missouri schiavista n cambio di
quella del Maine libero e stabilì che il territori dell'Acquisto della Louisiana fossero divisi in due, in
base alla presenza di schiavitù.
Il Compromesso del 1850 consentì l'ammissione del Texas schiavista in cambio di quella della
California e stabilì che gli altri territori strappati al Messico fossero aperti ai coloni sia schiavisti
che non.
La schiavitù era un'istituzione non solo economica ma anche politico-sociale, dominata da due
figure: gli schiavi neri,la cui percentuale era assai maggiore nel Deep South (South Carolina,
Louisiana, Mississippi) e i piantatori schiavisti, una quota minoritaria e decrescente della
popolazione di origine europea.
La cultura politica, soprattutto a occidente, prevedeva il suffragio universale maschile e l'elezione
diretta di molte cariche. C'era una massiccia presenza fisica e centralità simbolica dell'istituzione
della schiavitù.
Secondo gli schiavisti il loro sistema era migliore di quello del nord, per i bianchi ma anche per i
neri. Si presentava il sud come una civiltà bianca egualitaria e dedita all'autogoverno, ma guidata da
un'aristocrazia agraria benevola e cortese, che provvedeva al benessere della sua gente, lontana
dallo spietato individualismo del mercato.

La condizione degli schiavi

I bianchi erano terrorizzati dalle masse dei neri, dall'eventuale girare della ruota della fortuna che li
vedeva imporsi su di loro.
Nelle piantagioni la disciplina era rigida, le punizioni corporali crudeli, il lavoro pesante e il tempo
libero si limitava alla domenica e alla notte. Questo ebbe effetti catastrofici sulle sue vittime, la cui
umanità e capacità di resistenza però consentì loro di ritagliarsi spazi di autonomia e margini di
negoziazione.
Erano soggetti attivi, che con musiche e danze produssero espressioni culturali nuove e originali. La
famiglia era una delle istituzioni centrali della comunità, come luogo di affetti e di trasmissione di
identità.
Per quanto riguarda la religione, gli schiavi erano cristiani protestanti, ma questo non distrusse i
precedenti sistemi religiosi africani. Del cristianesimo gli schiavi fecero uno strumento di
consolazione e speranza.
Gli schiavi attuarono forme di resistenza latente e ribellione e alcuni fuggitivi divennero militanti
antischiavisti, come Duglass e Tubman. Le ribellioni, la più famose delle quali è quella di Nat
Turner del 1831, furono represse nel sangue.
Negli anni '30 e '40 si sviluppò un movimento abolizionista minoritario animato da forti
motivazioni etiche, da ideali di uguaglianza e da un senso di missione; includeva le donne ed era
interrazziale. Il movimento era radicale, militante e nordista.
Le crisi degli anni cinquanta
Il sud si chiuse a salvaguardia della schiavitù dei neri, mettendo in discussione i legami culturali e
politici con il nord. Con la cosiddetta gag rule imposero il divieto di discutere qualunque mozione o
petizione che avesse a che fare con la limitazione o l'abolizione della schiavitù. Provocarono
scissioni nelle principali denominazioni religiose e la nascita di chiese meridionali filo-schiaviste
come la Methodist Episcopal Church South e la Sputhern Baptist Convention. Approvarono un
Fugitive Slave Act federale nel 1850 che consentiva ai padroni di inseguire gli schiavi fuggiaschi
nei territori liberi e di riprenderseli senza processo. Svilupparono un nazionalismo meridionale e si
cominciò a parlare di secessione.
Dopo il 1850 l'agitazione antischiavista crebbe anche in seguito alla pubblicazione del romanzo “La
Capanna dello zio Tom”.
Nel 1848 nacque il Free Soil Party, di dissidenti democratici e Whig che volevano che i territori
occidentali restassero suolo libero. Contemporaneamente si formò l'American Party, una formazione
xenofoba che si dissolse in breve tempo.
Nel 1854 venne approvato il Kansas-Nebraska Act, con cui erano i residenti stessi a decidere se
consentire la schiavitù o meno sul territorio.
La tensione investì i grandi partiti. L'ala meridionale dei Whig appoggiò il Kansas-Nebraska Act,
mentre quella settentrionale era contraria e lasciò il partito, che cessò di esistere. Gli ex Whig e gli
ex democratici si unirono ai Free Soiler e formarono il nuovo partito repubblicano.
Nel 1856 vinse le elezioni un democratico, James Buchanan, e dopo il 1856 i repubblicani crebbero
rapidamente, grazie al loro regionalismo e al fare appello a passioni, interessi e ideali regionali.
Nel 1860 si scissero anche i democratici. Il partito candidò Douglas e l'ala meridionale
Breckinridge.
Nel nord lo scontro avvenne tra il repubblicano Lincoln e il democratico Douglas, nel sud tra il
democratico Breckinridge e John Bell del Constitutional Union Party, che predicava la
conciliazione. Lincoln prevalse.
Nel dicembre 1860 la South Carolina attuò la secessione, seguita da Mississippi, Florida, Alabama,
Georgia, Louisiana e Texas. Questi si proclamarono Stati Confederati d'America e un'entità politica
indipendente.

Nascita di una nazione (1860-1877)


Una casa divisa
La Confederazione volle costituirsi in nazione indipendente: il suo sistema economico-sociale era
omogeneo, così come le provenienze etniche, le tradizioni politiche, la lingua e la religione.
Il nord fece appello a una nazionalità comune che includeva il sud e sviluppò un nuovo aggressivo
nazionalismo per ricomporre con la forza l'Unione smembrata e per rafforzarne il governo.
C'erano però altre tensioni, con le guerre in Messico, Venezuela, Colombia, Paraguay, Argentina,
Brasile e Uruguay.
La Guerra civile nordamericana non fu una vera guerra civile, in quanto fu combattuta da due entità
politico-territoriali distinte.
Furono limitate le atrocità indiscriminate contro i civili con il Lieber Code del 1865.
I dirigenti del nord ritenevano che i cittadini e gli stati meridionali fossero in rivolta contro il
governo legittimo: da questa diversità di vedute si originarono i diversi termini di “guerra di
ribellione”, “guerra fra gli Stati” e “guerra per l'indipendenza meridionale”.
A metà dell'800 il lavoro a base razziale era scomparso nel nord degli Stati Uniti e nei nuovi stati ex
spagnoli. Nell'America delle piantagioni l'economia schiavista era ancora viva e vegeta. Nell'arco di
mezzo secolo la schiavitù fu però abolita ovunque.
La schiavitù americana era peculiare per via dell'enorme numero degli schiavi stessi, 4 milioni solo
negli Stati Uniti. Non ci fu emancipazione graduale, e l'abolizione si presentò come un evento
concentrato nel tempo e traumatico. La schiavitù era inoltre confinata a una specifica regione
geografica.
Il sud e il nord avevano molte differenze: il sud era rurale, localista, gerarchico, patriarcale, statico,
conservatore, dominato dal lavoro non-libero e da élite che ostentavano spirito aristocratico. Il nord
era individualista, egualitario, competitivo, industriale, urbano e nazionale.
Il senatore newyorkese Seward parlò di un “conflitto irreprimibile”, Lincoln di “casa divisa” e
necessità di diventare “o tutta una cosa o tutta un'altra”. There's no middle ground.

Guerra
All'inizio la separazione ebbe successo. Nel marzo 1861 gli Stati Confederati d'America, con
capitale Montgomery, in Alabama, adottarono una loro Costituzione. La schiavitù e il commercio
interstatale degli schiavi erano esplicitamente consentiti. Si indissero delle elezioni generali nel
1861 e si stabilì un mandato di sei anni. Jefferson Davis, del Mississippi, venne eletto presidente
provvisorio e Alexander Stephens della Georgia vicepresidente.
I problemi principali erano due: uno politico, ossia rafforzare la Confederazione che comprendeva
solo gli stati del Deep South e introdurre quelli dell'Upper South, e uno simbolico, liberarsi di forti
federali fedeli al nord rimasti isolati nel territorio confederato.
Lincoln era contrario ad ogni compromesso sulla questione dell'espansione della schiavitù, ma non
era un abolizionista. Decise che l'Unione si sarebbe solo difesa contro il sud, e affermò quindi la sua
autorità su Fort Sumter, in South Carolina, sperando in una reazione, che venne.
All'appello anti-insurrezionale del nord i meridionali risposero con il volontariato di massa e
patriottico. Registrarono inoltre alcuni successi politici immediati, guadagnando la Virginia,
l'Arkansas, il Tennessee e il North Carolina. La capitale passò a Richmond, in Virginia.
La Confederazione aveva però solo 9 mln di abitanti, contro i 22 mln dell'Unione. Il nord aveva il
monopolio della produzione industriale, dei mezzi di comunicazione moderni, delle grandi attività
commerciali e mercantili, delle risorse finanziarie, delle conoscenze scientifiche e tecnologiche, del
lavoro specializzato. Era autosufficiente mentre il sud dipendeva dalle importazioni.

Campi di battaglia

La guerra durò 4 anni, dal 1861 al 1865. Dopo essersi inizialmente affidate ai volontari entrambe le
parti ricorsero alla coscrizione obbligatoria. La Confederazione arruolò 900 000 uomini, l'Unione
più di 2 mln. Il numero di morti fu altissimo, così come il costo complessivo.
Questo era dovuto ai caratteri nuovi della guerra: fu condotta da grandi masse, con tecnologie
industriali e armi micidiali. Divenne lotta per la vittoria senza condizioni; i contendenti si battevano
per valori assoluti e ogni compromesso equivaleva alla sconfitta.
La spavalderia meridionale pagò inizialmente quando nel luglio 1861 presero Bull Run, in Virginia,
mettendo in fuga la resistenza. Questo evidenziò l'impreparazione di tutti; l'Unione lanciò un
programma di riarmo sotto il generale McClellan e bloccò dal mare i porti meridionali.
La Confederazione introdusse la leva obbligatoria, mentre l'Unione avviò un'operazione a tenaglia
nell'ovest per il controllo del fiume Mississippi.
Nell'estate si accese il fronte della Virginia settentrionale. McClellan marciò su Richmond ma
dovette ritirarsi costretto dal generale del sud Lee, che divenne un eroe popolare. Lee tentò
un'offensiva in territorio unionista ma fu fermato ad Antietam.
Il 22 settembre Lincoln annunciò che avrebbe emesso, in data 1 gennaio 1863, un Proclama di
emancipazione degli schiavi. Non voleva inimicarsi gli schiavisti rimasti nell'Unione né ostacolare
un eventuale rientro dei secessionisti, quindi disse: “Ciò che faccio a proposito della schiavitù e
della gente di colore, lo faccio perché credo che serva a salvare l'Unione”.
Procedette quindi ad un'emancipazione parziale ma sostanziosa, presentandola al pubblico come
una misura, appunto, per salvare l'Unione, una misura di guerra per disarticolare le retrovie del
nemico.
Il Proclama aveva anche importanti risvolti politici internazionali. Il sud aveva cercato di essere
riconosciuto come stato indipendente dalla Francia e dalla Gran Bretagna, sperando in aiuti
economici e militari, ma questi rimasero neutrali.
Ci furono alcuni incidenti, derivati anche dal fatto che gli inglesi vendevano navi da guerra alla
Confederazione. Nel giugno 1864 Londra si impegnò ad interrompere le vendite e i rapporti con
l'Unione migliorarono.
Si trattò quindi di uno scontro tra due sistemi sociali. Il governo del nord autorizzò il reclutamento
dei neri nelle forze armate, e questi ne approfittarono.
In Virginia Lee respinse un'invasione unionista a Chancellorville e invase di nuovo il nord, entrando
in Maryland e Pennsylvania. Lee ordinò un assalto alle posizioni nemiche che si risolse in un
massacro e nel frattempo, nell'ovest, Grant discese il Mississippi guadagnando la vittoria unionista a
Chattanooga, in Tennessee. Il 4 luglio 1863 ci furono le vittorie di Gettysburg e Vicksburg.
Questo tipo di guerra ebbe un impatto profondo su tutti. I volontari non erano abituati alla disciplina
di organizzazioni impersonali. La guerra di trincea, così logorante, non consentiva che gli atti di
eroismo apparissero sublimi, bensì futili. Si diffuse un senso di impotenza e di terrore e una
solidarietà cameratesca molto intensa, che pose seri problemi di disciplina, con molte diserzioni.
Nel 1864 Grant fu nominato comandante supremo degli eserciti federali. Colpì durante il nemico,
senza lasciargli riprendere fiato, e in Virginia spinse così Lee verso sud. Il generale Sherman
penetrò dal Tennessee nella Georgia e occupò Atlanta, raggiungendo poi Savannah.
Nell'aprile 1865 Lee si arrese a Grant e il presidente della Confederazione Davis fu catturato e
arrestato. La guerra era finita.

Dietro le linee

Sia il nord vittorioso che il sud sconfitto uscirono trasformati dalla guerra.
Il sud fu costretto a ripudiare i diritti degli stati e il governo minimo. Adottarono misure di
centralizzazione militare, politica ed economica. Amalgamarono le milizie statali in un unico
esercito, assunsero il controllo dell'ordine pubblico, accentuarono il prelievo fiscale, requisirono i
raccolti di cotone, i prodotti agricoli e gli schiavi.
L'Unione estese i suoi poteri, indirizzò le attività economiche, regolò l'ordine pubblico, unificò
l'esercito e gestì la coscrizione obbligatoria. Il presidente esercitò un ruolo autonomo e decisivo.
Il Congresso approvò una serie di leggi che si ispiravano alla tradizione protezionista, nazionale e
interventista, acquisendo poi un carattere permanente e strategico.
Il governo federale impose tariffe doganali elevatissime con il Tariff Act, creò una banconota unica
nazionale, i greenbacks, con il Legal Tender Act, istituì un sistema bancario centrale con il National
Banking Act, assicurò la proprietà di poderi a chi li coltivasse per 5 anni con il Homestead Act,
cedette terre alle società ferroviarie con il Pacific Railroad Act e agli stati con il Land Grant College
Act, organizzò un'Accademia nazionale delle scienze e aprì i confini all'immigrazione con
l'Immigration Act.
Questi cambiamenti suscitarono anche malumori e proteste. Il partito repubblicano, i governi
federale e statale e il mondo degli affari formarono un'alleanza. Corruzione, inflazione e leva
obbligatoria erano diffuse. Pagando si poteva però evitare il servizio militare, causa della rivolta di
New York City del luglio 1863.
La Confederazione vide la requisizione dei raccolti e l'inflazione come cause delle rivolte per il
pane nelle città e della disaffezione collettiva nelle campagne. C'era tensione sociale tra schiavisti e
non schiavisti. Anche le élite meridionali mostrarono disaffezione verso il modo di condurre la
guerra.
Le lamentele continue e la mancanza di un vero dibattito impedirono a Davis di articolare e
drammatizzare le ragioni della guerra dinanzi al largo pubblico, e di fare una propaganda efficace.
Lincoln agiva in un contesto diverso. I partiti rimasero vitali e competitivi e ciò ebbe effetti positivi.
Il predominio di un forte partito repubblicano minimizzò le spinte centrifughe degli stati e gli
sbandamenti dei cittadini.
Nel 1854 Lincoln fu rieletto sotto l'etichetta di National Union Party.
La bontà della causa del nord fu sostenuta per mezzo dei mezzi di comunicazione di massa, come il
telegrafo, gli sketch e la fotografia.

La ricostruzione dell'Unione
La politica della Ricostruzione

Nel dicembre 1863 Lincoln presentò un piano che prevedeva il perdono per i ribelli che giurassero
fedeltà agli Stati Uniti e accettassero il Proclama di emancipazione.
Nel 1864 appoggiò l'idea che l'abolizione della schiavitù avvenisse tramite un emendamento
costituzionale federale, l'Emendamento XIII. Il 14 aprile 1845 fu assassinato da un attore
simpatizzante del sud, John Wilker Booth.
Fu il vicepresidente Andrew Johnson a succedere a Lincoln e a continuarne la politica. Era un ex
senatore democratico del Tennessee e un virulento razzista.
Emanò i black codes, per tenere gli ex schiavi nelle piantagioni con forme di servitù appena velate.
Questi limitarono i diritti dei neri e imposero loro tasse proibitive.
Alla fine del 1865 gli ex confederati avevano ripreso il potere e i repubblicani decisero di agire.
I repubblicani moderati approvarono due leggi, nel 1866. Una rafforzò i poteri ed estese la durata di
vita del Freedmen Bureau, un ufficio federale che doveva aiutare i neri emancipati a compiere il
difficile passaggio dalla schiavitù alla libertà. L'altra, il Civil Rights Act, era una legge sui diritti
civili che cercava di contrastare i black codes meridionali. Johnson pose il veto ad entrambe.
Il Congresso scrisse l'Emendamento XIV, con cui si affermava che tutte le persone nate negli Stati
Uniti erano cittadini e godevano di tutti i privilegi e le immunità della cittadinanza e che questi
privilegi e immunità non potevano essere ristretti o negati dagli stati.
Il Congresso fece ricorso all'esercito e con il Military Reconstruction Act raggruppò gli stati
meridionali in cinque distretti militari. Ai comandanti di ciascun distretto fu assegnato il compito di
promuovere nuove assemblee costituenti statali.
I legislatori cercarono di limitare l'autorità del presidente sul Congresso e di rimuoverlo tramite
impeachment, anche se non raccolsero la maggioranza.
Nel 1868 fu eletto un repubblicano, il comandante supremo delle forze armate unioniste Grant. Egli
approvò l'Emendamento XV per cui il diritto di voto non poteva essere negato per ragioni di razza,
colore o precedente condizione di schiavitù.
La fine della schiavitù fu un evento traumatico per gli schiavi, per i padroni e per il sistema
economico-sociale. I black codes non furono però invenzioni americane: erano già in uso nelle
Indie occidentali britanniche.
In Giamaica, nell'ottobre 1865, ci fu una piccola ribellione nera seguita da una vasta a feroce
repressione bianca.
Dopo il 1867 ci fu il periodo noto come Ricostruzione militare o Ricostruzione radicale o
Ricostruzione nera, in cui i neri parteciparono alla democrazia multirazziale ed ebbero il suffragio
universale maschile, oltre che importanti porzioni di potere politico. I neri meridionali votavano
quindi il partito di Lincoln, che li aveva liberati.

La democrazia multirazziale e il suo fallimento

I governi statali del sud erano guidati dia repubblicani bianchi, in genere meridionali da sempre filo-
unionisti o attivisti di origine settentrionale, che venivano malvisti ed insultati.
I neri ebbero un ruolo di primo piano in South Carolina, dove conquistarono seggi nella Camera
bassa e in Senato. A livello locale furono parecchi gli schiavi appena liberati che ricoprirono cariche
pubbliche.
Gli ex schiavi non avevano esperienza nella democrazia e la fine della schiavitù rivoluzionò la vita
di tutti i neri. Iniziarono ad esercitare le forme più elementari di libertà, si rafforzarono le chiese
nere e fondarono società di mutuo soccorso, associazioni fraterne, logge massoniche. Costruirono
sistemi scolastici elementari e medi ma anche istituti universitari neri.
L'autonomia economica fu la più difficile da conquistare. In alcune aree gli ex schivi poterono
acquistare piccoli appezzamenti delle piantagioni che si erano frantumate; in altre divennero
braccianti. Si diffuse la mezzadria.
L'aristocrazia terriera meridionale mantenne il potere economico nel sud e cercò di riprendersi
quello sociale e politico con una durissima offensiva contro i governi della Ricostruzione.
All'offensiva politica si aggiunse quella illegale e violenta delle associazioni segrete come il Ku
Klux Klan, fondato nel 1865 e autoscioltos nel 1869, nonostante le assemblee locali continuassero
ad operare.
Dopo il 1870 i democratici meridionali ripresero gradualmente il potere nei governi locali,
espellendone neri e repubblicani.
Nel 1876 tra il democratico Tilden e il repubblicano Hayes vinse quest'ultimo. Hayes pose termine a
qualunque pressione militare federale nel sud e ritirò gli ultimi soldati.
Il nord perse così la battaglia contro un sud demoralizzato, sconfitto e impoverito. Questo perché il
nord, nell'impegno a favore dell'uguaglianza, era incerto e diviso.
Il paese riunificato continuava ad essere percepito come una nazione bianca. La segregazione a base
razziale arrivò nel sud solo negli anni '90.

La nazione e il continente
Il nazionalismo meridionale si sciolse in fretta e il ceto dirigente non tentò di costruire seriamente
una nuova nazione: non ne aveva la volontà politica. Nel sud non ci furono casi di resistenza armata
popolare, se non quando i vincitori cercarono di imporre con la forza i diritti politici e civili dei
neri: allora sì che si creò un movimento popolare potente.
Una specifica identità meridionale continuò ad esistere, ma come identità regionale. Il regionalismo
meridionale contrastava con quello occidentale che acquisì nuovo dinamismo e celebrò la
proiezione verso il futuro. Avevano però elementi comuni che diedero a entrambi una popolarità
notevole fuori dalle regioni d'origine.
Si formarono entità nazionali fondate anch'esse su nazionalismi democratici solo per bianchi: in
Canada, Australia e negli insediamenti anglo-boeri in Sud Africa.

L'idea di nazione

I dirigenti settentrionali repubblicani manifestarono la convinzione che il paese non fosse più una
federazione di stati, bensì una nazione unitaria, e che su questo si fondassero le garanzie di libertà
dei cittadini. Ne parlarono Seward, senatore e segretario di stato di Lincoln, Lincoln stesso, Mazzini
e Marx.
A conflitto finito la retorica si intensificò venandosi di toni romantici; venne data drammatica
serietà al nuovo sentimento nazionale. Il ricordo del sacrificio e del dolore fu consolidato in
pubbliche celebrazioni, in giornate della memoria, nella produzione incessante di storie e immagini
della guerra che fu. Il culto della bandiera divenne un fenomeno di massa.
Ci fu anche una significativa novità linguistica: dal tradizionale plurale riferito agli Stati Uniti, si
passò al soggetto singolare.
Del linguaggio del nazionalismo si appropriarono alcuni esponenti neri per elaborare progetti di
liberazione per il loro popolo. Alcuni pensavano che i neri facessero parte della nazione
statunitense, altri che fossero una nazione nella nazione e che dovessero creare un loro stato-
nazione separato nelle Americhe, altri ancora parlavano di ritorno in Africa.
Tramite l'Emendamento XIV della Costituzione si affermarono due novità: la costituzionalizzazione
dello ius soli, ossia il diritto ad acquistare automaticamente la cittadinanza per il solo fatto di
nascere sul territorio nazionale; e l'esistenza di una cittadinanza originata dall'appartenenza agli
Stati Uniti e non ai singoli stati.
La cittadinanza nazionale era però chiaramente maschile. Gruppi di donne inviarono petizioni al
Congresso affinché l'emendamento in discussione garantisse anche il loro diritto di voto. Le
richieste di suffragio femminile furono respinte dal Congresso e nacque quindi un nuovo
movimento suffragista articolato in due organizzazioni distinte: la National Woman Suffrage
Association di Elisabeth Candy Stanton e Susan Anthony e la American Woman Suffrage
Association di Lucy Stone.
Nel primo decennio del dopoguerra il nazionalismo portò a termine la sua missione di conquista
territoriale.
Si ebbe i completamento della prima ferrovia transcontinentale lungo la direttrice favorita dal nord,
e cioè da Omaha in Nebraska alla baia di San Francisco.

L'estremo ovest

Queste vie di comunicazione aprirono il Far West e le sue ricchezze a nuove ondate di americani in
movimento.
Tra il 1861 e il 1896 entrarono nell'Unione Kansas, Nevada, Nebraska, Colorado, North Dakota,
South Dakota, Montana, Washington State, Idaho, Wyoming e Utah.
La prosperità delle foreste finì nelle mani di grandi società che sfruttavano il legname in aree
vastissime; gli allevatori introdussero la carne bovina nella dieta nazionale. Mandrie di centinaia di
capi erano condotte dal Texas verso nodi ferroviari molto distanti da pochi mandriani a cavallo, i
cowboy. Gli allevamenti poi si spostarono più vicino alle ferrovie.
Il Far West e alcuni suoi tipi umani entrarono rapidamente nel folklore nazionale e nazionalista.
C'erano cittadini, indiani, neri, cinesi e donne. I protagonisti delle leggende erano però i cowboy
liberi e selvaggi, i fuorilegge e gli avventurieri come William “Buffalo Bill” Cody, “Wild Bill”
Hickok, Martha “Calamity Jane” Canary e Wyatt Earp.
Le loro gesta romanzate consolidarono l'ideale dell'americano come eroe individualista e
autosufficiente, solitario e virile conquistatore di un intero continente.
Anche il passaggio del Far West fu raffigurato con retorica conquistatrice e nazionalista. Queste
rappresentazioni della natura occidentale erano manifestazioni di un orgoglio nazionale che esaltava
le capacità trasformative di una società tecnologica in espansione.
Negli anni precedenti alla guerra civile i tradizionali sentimenti di ostilità dei bianchi verso i
“selvaggi” si sedimentarono in discorsi scientifici sulla loro inferiorità genetica e sull'ineluttabilità
della loro scomparsa.
Prima degli anni '50 si era cercato di tenere le nazioni indiane separate dai bianchi, rimuovendole e
riconoscendo loro una sorta di indipendenza con dei trattati. Dopo però si iniziò a concentrarli in
aree più ristrette e direttamente sotto la gestione del governo, le cosiddette riserve. Si passò da una
separazione forzata tra nazioni a una di segregazione di razza. Molti indiani si rifiutarono.
I coloni distruggevano rapidamente le condizioni di vita e le risorse del territorio, portando a una
serie di conflitti armati.
Dopo la Guerra civile l'Oklahoma cessò di esistere, e qui risiedevano Cherokee, Chickasaw,
Choctaw, Creek e Seminole. La lunga resistenza degli Apache si concluse con la reclusione di
Cochise in una riserva in Arizona. I Comanche vennero combattuti dai Texas Rangers. Nelle
pianure centro-settentrionali ci furono tensioni con i Cheyenne e i Sioux.
Ci furono ripetute insurrezioni, le più famose guidate da Red Cloud, Crazy Horse e Sitting Bull, ma
anch'essi vennero deportati e chiusi in riserve.

Un esercito per la nazione?


Il ritiro definitivo delle ex truppe degli stati confederati concluse un periodo di eccezionale autorità
e visibilità dei militari. Tornò ad essere un'istituzione marginale, decentrata e poco consistente.lo

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