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26/06
Post UniCredit
La principale banca d'Italia annuncia di voler lasciare i social media
[employer branding: far crescere nei possibili lavoratori il desiderio di lavorare per
un’azienda poiché si stimano i valori di questa. Strategia usata su Linkedin].
Su Twitter ci sono tutti quei stakeholder, portatori di interesse per Unicredit. Solitamente i
pubblicati stampa vengono affiancati ad una strategia Twitter.
Facebook è di un’azienda privata, che utilizza modelli di business per dare visibilità ad alcuni
individui e post, di conseguenza il dialogo non risulta di qualità, non avviene tra persone
realmente interessate a quell’argomento.
Non è una legge dover avere un account in tutte le piattaforme, bisogna capire gli ambiti più
adatti al proprio brand e ai propri valori.
Anche Lush si è ritrovato a fare lo stesso, chiudendo i vari social e attivando chat nel sito;
risposte via e-mail e telefono. Anche se le varie pagine dei vari Paesi sono attive ma sempre
con una strategia di risposta ai clienti e non semplice promozione dei prodotti.
Lush ha una brand identity così forte che non ha bisogno di andare a cercare altri
consumatori online, Circa un terzo del traffico verso il sito di Lush (un milione di persone al
mese) è diretto, gli altri ⅔ arrivano da Google. Il brand produce traffico, e spesso costa
meno e dura di più di qualsiasi campagna di advertising digitale.
Creare una community e costruire un brand forte, che permette di essere indipendente dai
vari social. Però ha un costo anche non essere su Facebook: significa investire nelle altre P
e in PR. le 4 P: Prezzo, Prodotto, posto (luogo fisico) e promozione
Sono le persone che portano traffico condividendo contenuti ed esperienze attraverso i
propri social media. In realtà Lush porta avanti l’advertising digitale, utilizzando video su
Youtube. Inoltre dopo la scelta ci sarà un Hype assurdo e il brand deve essere preparato
con Pr per rispondere alle numerose domande e anche critiche.
Bottega Veneta è un altro brand che non si trova nei social.
Bisogna sempre chiedersi il perché delle scelte di marketing. Il problema del non essere nei
social è che nel momento in cui ci sono delle crisi, critiche, non si può rispondere a queste.
Tradigital marketing (momento intermedio): mass e online media, sempre push orientation,
messaggi in uscita con abilità interattiva, attenzione guadagnata attraverso l’interruzione,
personalizzazione e rilevanza
Che cos’è il marketing? Il marketing è l’insieme delle attività di impresa realizzate al fine di
governare e indirizzare il flusso di beni e servizi da chi produce a chi consuma (National
Association of Marketing teachers)
Adesso si tende a parlare sempre meno di target, bensì di pubblici, senza l’idea di doverli
bombardare.
Nel marketing i bisogni cambiano perché cambia la società. Tra i bisogni si aggiunge quello
del Wi-fi, come anche l’idea che le batterie devono durare di più.
Per esempio con la pandemia i bisogni fisiologici sono ritornati ad essere importanti,
problemi di connessione, di intrattenimento.
Consumo di status, consumo consapevole
02/05
Soft skills:
- time management
- communication
- adaptability
- problem solving
- teamwork
- creativity
- leadership
- interpersonal skills
- work ethic
- attention to detail
Il marketing deve essere capace di individuare dei bisogni, anche latenti (di cui gli utenti
non sono consapevoli) e rispondere attraverso prodotti, servizi o contenuti di comunicazione.
Tenendo conto i modi di funzionare del cervello e la relazione tra cervello e cuore.
Oggi il consumo è sempre più comunitario e attivo. Il consumatore entra a far parte in
maniera diretta della catena del valore e contribuisce, insieme agli altri consumatori,
all’innovazione di prodotti e servizi.
C’è la possibilità di scrivere alle aziende chiedendo di inserire qualche funzionalità; cambiare
qualcosa al prodotto, ecc…
Es: il movimento che è nato per invogliare le aziende di produzione della pasta a scrivere il
minutaggio per la cottura della pasta in maniera più evidente.
Questa è una grande fortuna, prima si spendevano tantissimi soldi per capire cosa volevano
le persone.
Bisogna ascoltare quello che si dice nei social, possono emergere dei suggerimenti che
possono essere colti non soltanto dal diretto interessato, facendo parlare di sé.
Da un lato c’è il produttore e dall’altra il consumatore, sempre di più queste due figure si
sono intrecciate: prosumer (concetto introdotto negli anni 80, periodo in cui si intercettò il
desiderio dei consumatori di sentirsi unici, di voler personalizzare i prodotti per distinguerli
dai prodotti di massa, con i social questa pratica è aumentata).
Grazie alle campagne, ai post i consumatori di pasta hanno cambiato il packaging della
pasta. Prima si facevano i focus group, creando delle discussioni sul prodotto, divisi: nord,
sud, e centro in Italia, dal costo considerevole.
Design a genuine brand: aumentano le fake news e quindi i brand vogliamo che siano
affidabili e autentici.
Barilla nel suo sito non mostra soltanto i suoi sughi pronti e la pasta. Attraverso una
collaborazione con national geographic e google street view mostra di più: i segreti della
produzione dei sughi, i campi nei quali vengono raccolte le materie prime, gli stabilimenti
Corporate storytelling:
Questa è la differenza rispetto al passato: il terreno su cui atterrano i nostri messaggi. Il
vecchio modello aziende / consumatori non esiste più, perché imprese e pubblico fanno
parte della stessa comunità digitale, e le persone a cui ci rivolgiamo si aspettano di entrare
in dialogo con i brand. Non sono più semplici consumatori da convincere: le persone
vogliono scegliere di aderire a dei marchi perché sono trasparenti, credibili e
rispettosi degli stessi valori in cui anche loro credono, e che molto spesso coincidono
con una produzione che sceglie criteri di ecosostenibilità, con filiere certificate e sostenibili,
che rispettano i lavoratori e che producono beni di qualità non destinati a una rapida
obsolescenza (Paolo Iabichino). Si tratta del brand activism.
Digital 2023: global overview report (we are social ogni anno pubblica questo report)
L’Italia presenta la popolazione più anziana, dopo il Giappone. Bisogna sicuramente
considerarlo dal punto di vista comunicativo, non si può usare un certo linguaggio oppure
determinati riferimenti che potrebbero non essere intesi.
03/05
C’è una crescita nell’uso dei cellulare e di dispositivi come Alexa e una diminuzione dell’uso di
computer e tablet.
Landing page: pagina di atterraggio delle campagne pubblicitarie. Utilizzata per convertire:
dalla campagna/prodotto -> all’acquisto oppure ad iscriversi alla newsletter, che permette di acquisire
dati dei potenziali clienti.
Mobile first web Design: bisogna sempre verificare che una campagna si adatti a dispositivi cellulari.
Marketing locale: è una ricerca che prevede l’utilizzo di alcune parole chiave accompagnate da un
qualificatore geografico (“vicino a”). Circa il 30% di tutte le ricerche (ovvero qualcuno cerca prodotti o
servizi nei dintorni) ha intenti locali. E ogni giorno, a livello mondiale abbiamo 3,5 milioni di ricerche
sul motore di ricerca di Google: quindi parliamo di circa 1,2 miliardi di ricerche locali. Ogni giorno.
Le persone stanno cercando queste informazioni proprio perché vorrebbero venire da te (numero di
telefono, orari) Se non le trovano, non ci vengono; e se le trovano errate magari si arrabbiano. Essere
presenti sulle Google Maps permette anche di essere scoperti e di far conoscere il nostro brand
anche a chi usa le app per altri motivi.
Le persone cercano sempre di più le attività che sono “aperte ora”. E se fai la ricerca da smartphone,
esiste un apposito filtro per selezionare solo le attività aperte in quel momento.
Google My business offre subito la situazione reputazionale dell’attività che abbiamo cercato.
possiamo sapere subito e senza sforzo cosa ne pensano gli altri. Il monitoraggio non si deve limitare
alle recensioni: sulle schede locali troviamo anche le foto e i video caricati dagli utenti, e anche le
domande e risposte. Tutto quello che riguarda Google.
Tutti gli smart speaker (Google Home, Alexa) riescono a rispondere alle domande con intenti locali
del tipo “dimmi un ristorante vicino qui”, pescando i dati delle schede locali.
Qualunque strategia di marketing si conclude con il monitoraggio per capire se la strategia è stata
efficace.
Altro elemento importante per la creazione di un piano editoriale. I social media sono molto legati ai
processi di acquisto delle persone.
benchmark: confronto
Youtube: un motore di ricerca in cui troviamo il marketing di interruzione, Pertanto richiede un’attività
di SEO al pari di Google.
08/05
Il grande vantaggio di utilizzare il digitale è che il ROI (il ritorno sull’investimento, non
necessariamente economico), nell’epoca pre digitale era di difficile quantificazione, online posso
sapere quante persone sono entrate nel sito nelle ultime settimane, capire da dove provengono, se
hanno già visitato il sito, ecc. Utile per conoscere il percorso d’acquisto: da dove arrivano e cosa
fanno prima di acquistare. Il ROI è quindi adesso misurabile: la possibilità di valutare costantemente
ciò che funziona e ciò che non funziona permette di investire in modo oculato e redditizio.
Frequenza di rimbalzo: arrivo nella pagina e dopo pochi secondi vado via.
Se è alta la frequenza di rimbalzo, sarebbe meglio sistemare il sito, migliorandolo; oppure ripensare
l’esperienza dell’utente.
Inoltre il digitale consente anche di svolgere azioni flessibili: se ci sono errori nella pagina di un
catalogo, non si può risolvere; invece il digitale permette di controllare le keywords più efficaci e
quindi cambiarle.
è opportuno studiare regolarmente il mercato, per vedere cosa si dice dei concorrenti, quali sono i
temi più discussi nel nostro segmento, come vengono presentati i prodotti.
Trovare nuovi clienti attraverso un modello semplificato del marketing: lead generation “il lead è un
utente potenzialmente interessato ai prodotti/servizi dell’azienda. è il cosiddetto contatto qualificato, di
cui si conoscono alcune informazioni personali di base perché magari si è registrato al sito in cambio
di approfondimenti o materiali da scaricare (webinar, e-book, tutorial).
Ma come si costruisce con lui una relazione di fiducia? attraverso il funnel marketing
Ha una forma ad imbuto e in base alla fase che viene affrontata occorre pensare determinati
contenuti. Un percorso che prevede uno straniero che va attratto, diventa un visitatore (mi dà e-mail)
viene convertito in leads, bisogna “chiudere” facendoli diventare consumatori e infine, deliziarli
attraverso eventi, contenuti smart in modo che arrivino a promuovere il prodotto con i propri amici
attraverso il passaparola.
L’obiettivo dei social media manager è far si che le persone consiglino il prodotto, attraverso il
passaparola.
Nella parte alta le persone non mi conoscono in quanto azienda, l’obiettivo è di farmi conoscere,
generare notorietà attraverso post, blog, infografiche, digital magazine, podcast, ecc (la produzione di
contenuti per dare un senso alla presenza online nei social media). Lo sconosciuto diventa un
prospects, qualcuno che prende in considerazione l’azienda per risolvere il suo problema
Successivamente bisogna creare dei contenuti per convincerlo, rafforzando l’interesse della persona,
usando promozioni (potrebbero essere rivolte esclusivamente alla singola persona che aveva già
mostrato interesse), eventi. In questa fase diventa un leads
Ultima fase; produrre contenuti che facilitano la conversione all’acquisto, la partecipazione o facendo
qualcosa che si vuole che quella persona fa. Trasformandolo in consumatore.
Questa strategia non implica che le fasi vengano seguite tutte, può accadere che dalla prima fase si
passi direttamente all’ultima.
Call to action: chiamata all’azione, da definire e monitorare costantemente, per esempio “clicca qui”
“vediamoci…”
Possibile domanda d’esame: Che rapporto c’è tra SEO e Social Media? Quando si realizza un post
bisogna usare anche delle parole chiave come si fa nella SEO, la SEO sa anche cosa piace e cosa
cercano le persone che verranno trasformate in parole chiave e invece nei social verrà trasformato in
piano editoriale.
Attraverso la SEO riesco a capire quali sono i contenuti di valore per le persone che si vuole attirare.
Al quarto posto ci sono le email, che permettono di costruire una relazione con le persone
remarketing: quando gli oggetti che sono stati cercati negli ultimi giorni vengono proposti, sotto forma
di pubblicità, creando messaggi pubblicitari personalizzati attraverso la proliferazione.
09/05
Pensiero strategico
approccio per sapere che tipo di pensiero bisogna adottare per una strategia
Digital strategy: si pone a metà fra il piano di marketing e la social media strategy
Nessun canale può essere considerato a sé stante. Bisogna comprendere bene i bisogni delle
persone a cui rivolgiamo la nostra proposta di valore, conoscerne le motivazioni e le abitudini
d’acquisto
ANALISI:
- Audit “ascolto”: interno ed esterno, utilizzando delle società che permettono di fare un’analisi
della propria azienda; è difficile realizzare un'autoanalisi.
- digital reputazione: vedere cosa si dice dell’azienda online
- Benchmark: si guarda l’operato dei competitor diretti, in particolar modo si prende come
riferimento le aziende leader e quelle più innovative, Per capire cosa si potrebbe cambiare
nella propria azienda e delle ispirazioni.
- conversation map: chi parla dell’azienda, dei suoi prodotti e servizi e a chi si rivolgono
queste persone.
Nessun canale può essere considerato a sé stante. Bisogna comprendere bene i bisogni delle
persone a cui rivolgiamo la nostra proposta di valore, conoscerne le motivazioni e le attitudini di
acquisto.
Non bisogna mai stancarsi di riflettere sul valore della nostra proposta, in modo da mantenerla
attrattiva, competitiva e di facile accesso.
Problema reputazione di Airbnb, ha creato una crisi abitativa generale. Bisogna fare un’attività di
relazioni pubbliche parlando ai giornalisti e ai media, informandoli di iniziative volte a migliorarsi.
Back to Kotler
Il marketing efficace deve:
- comprendere il cliente e i suoi bisogni, consapevoli e latenti;
- trovare il modo di rispondere a questi bisogni creando valore per il cliente;
- analizzare costantemente il contesto di mercato e la sua evoluzione
La vision riguarda l’invenzione del futuro, ovvero quello che l’impresa aspira a diventare
Vision dell’Ikea; “migliorare la vita quotidiana del maggior numero di persone possibili”
Vision e Mission Amazon: “Il nostro obiettivo è realizzare l’azienda che sia quanto più costumer
centric, in modo che possano trovare qualsiasi cosa che pensano di acquistare online”
Valori Patagonia: qualità, ambientalismo. giustizia, integrità, non vincolati alle condizioni.
Nella comunicazione bisogna tenere conto di tutti questi valori.
Cucinelli -> il grande sogno della mia vita è sempre stato quello di lavorare per una dignità
morale ed economia dell’umanità
La reputazione (sempre audit interno) è il valore più prezioso di qualsiasi mittente, in qualsiasi
contesto. Più dei soldi, più delle reti, più della qualità dei prodotti/servizi a disposizione (certo, queste
variabili aiutano..)
Di quali risorse e competenze (anche manageriali) dispone l’impresa? sono risorse e competenze che
rendono l’impresa unica? come si crea valore per i mercati?
Dopo aver ricostruito la storia, i valori dell’azienda si passa all’ascolto esterno, dell’ambiente in cui
l’azienda è inserita, analizzando i competitor.
- micro environment: analizzare i clienti, competitor, fornitori, distributori, canali e partner
- macro environment: scansione del paesaggio per fattori esterni o trend che possono
interessare la tua organizzazione: politica, economia, sociale, culturale, tecnologica, etnica,
legale
Per fare marketing occorre leggere sempre report, ricerche di mercato ecc.
Matrice SWOT:(analysis): azione conclusiva dell’analisi
- punti di forza
- punti di debolezza
- opportunità
- minacce
10/05
Cosa vuol dire fare un audit interno nell’ottica di una social media strategy?
occorre capire:
- Qual è lo stato dell’arte dei social media in azienda?
- Con quale strategia ci muoviamo?
- Come rispondono i nostri pubblici? (un pubblico passivo o ingaggiato)
- Quali sono le azioni e gli strumenti attivati?
- Qual è l’impatto sul business? Occorre parlare con i responsabili dell’azienda.
è uno studio/analisi che permetterà di costruire la social media strategy e il piano editoriale
Instagram:
- ciascuna azienda dovrebbe avere i propri # e gli # di settore, l’importante è non esagerare
- chi seguiamo e da chi siamo seguiti?
- c’è un link dal profilo al nostro sito?
- qual è la nostra voce sui social media
- rispondiamo ai commenti?
Ogni organizzazione ha un proprio stile e una propria immagine, che usualmente traspare in ogni suo
artefatto e in ogni sua azione di comunicazione. Si chiama brand identity
Che cos’è un brand?
Ha una parte visibile “identità visiva” (marchio e immagine) e una parte meno visibile, ma che esiste
(valori, status, personalità, cultura). Ecco perché la semiotica ha rilevanza.
Trademark: rinvia al marchio e alla necessaria salvaguardia giuridica dell’uso esclusivo di una parola,
di una forma, di un colore da parte di un’impresa.
Attributi di prodotti che diventano unici e non potrebbero essere ripresi da altri marchi: come la
classica bottiglia della Coca Cola oppure la curvatura delle patatine Pringles
Logo: abbreviazione della parola “logotipo” derivante da logos (parola) e tipo (abbreviazione di
“carattere tipografico”). Tecnicamente quindi, il logo è una particolare esposizione tipografica del
nome di una marca e non il marchio nel suo complesso.
Nike è un marchio, perchè c'è il logotipo “Nike”; il pittogramma “il baffo e il payoff “just do it”
Come osserva Laura Minestroni “un prodotto si realizza in una fabbrica [mente], mentre il brand nella
mente delle persone”
La marca appartiene al regno dell’immateriale: è un’idea, un territorio simbolico, una proposta
discorsiva.
ll prodotto è qualcosa di tangibile: ha una forma, un volume, un imballaggio; presenta determinate
caratteristiche e, soprattutto, tramite il prezzo, ha un valore economico stabilito.
La marca invece apparterrebbe al regno dell’immateriale: è un’idea, un territorio simbolico, una
proposta discorsiva.
15/05
I social media devono prevedere, dopo la pubblicazione di un post, che se ne parlerà e in che modo.
Airbnb deve monitorare il discorso pubblico che la vede al centro di polemiche.
Un continuo esercizio di pensiero: come risolveresti un problema?
Caso “control”: il body funziona, il visual meno. Questa azione di control è stata fatta partendo da
domande quali “cosa si fa per la festa della mamma?” “come promuoviamo questo nuovo prodotto?”
partendo dall’idea che ci sia una censura, un tabù. Infatti rimane il dubbio su quale sia l’ente che ha
censurato la creatività, infatti non sono stati fatti nomi perché probabilmente non c’è un ente.
è stato utilizzato il "purché se ne parli” concezione che adesso non va più bene. Prima andava bene
anche che si parlasse male del brand, adesso no, andrebbe a rovinare la reputazione del brand.
Inoltre in questo modo si prende in giro la persona.
“il consumatore, utente, cliente, la persona che ti è accanto non puoi prenderla in giro, non la puoi
fregare. Devi parlar chiaro, essere onesto sempre, nel bene e nel male. Non tradire il consumatore
perché lui, così come tua moglie, se ne accorge e dopo è dura, ah quanto è dura” (Ogilvy)
- i pubblici.
Chi sono le persone con cui voglio ingaggiare una conversazione? Come usano i social media
queste persone? Qual è lo scenario di mercato in cui opero?
Partiamo dall’assunto che i clienti che abbiamo sono i migliori. Intervistiamoli, in modo da
comprendere meglio i loro bisogni e la loro percezione del nostro servizio. Conosceremo anche le
ragioni della loro fedeltà.
Bisogna avere tutti una serie di strumenti/software per capire come si comportano i nostri pubblici.
Hotjar viene collegato al nostro social, ci dice le aree delle pagine in cui le persone si soffermano di
più. Clarity è gratuito.
Web listening: ubersuggest funziona molto per la SEO; google trends, twitonomy, similarweb,
brandwatch, tweetreach.
Quali temi e quali keywords sono più funzionali ai nostri obiettivi? chi sta parlando di noi? Quali utenti
è meglio ingaggiare?
Creiamo social media team variegati, mettendo insieme persone con abilità diverse.
Cookies: frammenti di dati sugli utenti estrapolati quando si entra in determinate pagine web
Si dividono in
- cookies tecnici: ci permettono di navigare meglio, riconoscono il device di fruizione; salvano
alcuni dati durante più operazioni (come i carrelli con all’interno i propri possibili acquisti), non
richiedono il nostro consenso
- tutti gli altri cookies: interesse commerciale, richiedono esplicito consenso, proliferazione,
raccolgono informazioni relative alle attività marketing, intercettano gli interessi degli utenti,
memorizzano i siti visitati (cronologia delle pagine visitate), quali app si utilizzano in quanto
tempo; raccolgono dati sugli acquisti effettuati, prodotti più guardati sui negozi online,
geolocalizzano da dove si collegano, collegano informazioni da diversi dispositivi,
memorizzano le interazioni con gli annunci trovati.
I cookies non tecnici creano un profilo dell’utente a scopo pubblicitario e di marketing:
- raccolgono informazioni relative all’attività online
- intercettano gli interessi dell’utente
- memorizzano i siti visitati (cronologia delle pagine viste), quali app si utilizzano e per quanto
tempo
- raccolgono dati sugli acquisti effettuati, prodotti più guardati sui negozi online
- geolocalizzano da dove si collegano
- collegano le informazioni da diversi dispositivi
- memorizzano le interazioni con gli annunci trovati
In un’attitudine sempre più data-driven, dove i dati sono ormai base essenziale a livello strategico e in
cui tracciabilità e personalizzazione sono elementi distintivi, la scomparsa dei cookies di terzi parti
costringerà i marketer ad un netto ripensamento a livello di approccio, metodo, pensiero.
Instaurare un rapporto di fiducia e coltivare relazioni a lungo termine, oltre a una profonda
conoscenza del pubblico, saranno fondamentali in un futuro senza cookies.
Saranno individuati i principali influencer e creator della Rete. Con essi potranno essere messe in
atto specifiche azioni di marketing.
Tutto quello che è stato trovato entrerà a far parte di una matrice Swot. (ultimo elemento della fase di
analisi).
Campagne multisoggetto
16/05
Dopo la fase di analisi, si entra nella fase strategica in cui verranno prese delle decisioni. Pochi brand
hanno il privilegio di comandare (come Coca Cola e Nutella)
PIANIFICAZIONE
- Gli obiettivi: alla base della strategia ci devono essere sempre degli obiettivi chiari. Decidere
di aprire una pagina fb o avviare un’attività di email marketing non è una strategia, ma un
mezzo per raggiungere un obiettivo di marketing e comunicazione.
Gli obiettivi devono essere SMART: specifici, misurabili, raggiungibili, rilevanti e che abbiano una
dimensione temporale.
- Specifici. “migliorare l'immagine aziendale” non è un buon obiettivo: troppo vago. Assicurarsi
che un determinato target percepisca che i prodotti dell’azienda abbiano il miglior rapporto
qualità/prezzo del mercato è un buon obiettivo. Non significa niente dire “voglio aumentare il
traffico del mio sito”. Meglio specificare che si vogliono “aumentare le visite del 20% in un
anno”.
- misurabili: Se non lo saranno, come potremo sapere se li abbiamo raggiunti o meno?
- Realistici: bisogna essere ambiziosi ma anche oggettivi. Bisogna tenere conto della storia e
della cultura aziendale, delle risorse disponibili, del contesto di mercato. La digitalizzazione di
una realtà aziendale non è un processo semplice
Brand awareness: La reach, il numero di persone che il nostro post raggiunge, è una metrica da
controllare; in particolar modo il tipo di engagement (la gente ha fatto qualcosa con i post).
Le persone che condividono opinioni positive su un brand e sui suoi contenuti hanno un valore
inestimabile per l’impresa.
lead generation: avere email di potenziali clienti che da sconosciuti diventano sempre più conosciuti
Lead nurturing: coltivare i lead, accompagnarli nella crescita. Perché dovrei seguire Ikea su fb?
potrebbe essere un modo per essere a conoscenza di sconti, oppure per prendere ispirazione nella
fase di arredamento.
L’importanza della community, in situazioni di crisi, la community se è fedele e condivide i valori è
coinvolta, diventando i primi difensori del brand. Quindi bisogna costruire una community, oppure
intercettarne alcune già esistenti, rivolgersi ad esse per farle diventare proprie.
A chi rivolgo la mia proposta? per decidere il segmento di pubblico, si fa una segmentazione del
mercato.
- segmentazione geografica: parlare ai cittadini di una città, oppure allargarsi coinvolgendo
un'intera regione, oppure in un luogo in cui c’è un determinato clima (per esempio se si è un
brand di costumi, gelati, ecc). Attraverso una segmentazione geografica, con la
geocalizzazione possono prendere forma una serie di azioni
- demografica: gruppi di età, genere, lavoro, condizione socio economica, educazione, etnia.
Sulla base dell’età si distinguono macro categorie millennials, boomers, gen z, gen x,
maturists
Adesso si tende a non usare più il target come modello (troppo generale, non si riportano le abitudini,
definizione ampia, persone che possono desiderare il tuo prodotto), preferendo il buyer persona
(definizione specifiche, sappiamo quali sono gli hobby), andando a considerare altri elementi, al di là
di quelli demografici. Con queste conoscenze è possibile proporre alla nostra personas prodotti in
maniera più efficace ed efficiente.
Modello di social technographics: definisce alcune categorie di clienti in base alla modalità di
interazioni che preferiscono:
- social snackers: apprezzano l’interazione con le aziende, ma non voglio essere disturbati,
vogliono essere loro a cercarli;
- social stars: pretendono l’interazione, considerano i social come la loro prima scelta per
l’interazione con le aziende
- social savvies: si aspettano l’interazione social con le aziende. Considerano gli strumenti
social come parte della loro vita di tutti i giorni
- social skippers: disprezzano l’interazione social con le aziende. Preferiscono l’interazione con
queste attraverso canali stabiliti
Dopo aver costruito la buyer persona o le buyer personas, cerchiamole nei media, stabilendo in quali
sarà possibile trovare i nostri soggetti, scegliendo in quali posizionarci. Una distinzione che si fa
riguardo ai media:
- media proprietari: il sito, punto vendita, blog, pagina fb, profilo instagram, canale youtube (In
questi ultimi casi, i dati non vanno all’azienda ma comunque rappresentano il brand)
- media a pagamento: spazio che acquistiamo, pubblicità, promozioni. Opportuno stabilire un
budget per i contenuti da realizzare.
- media guadagnati (earned): passaparola, menzioni, recensioni.
I media guadagnati sarebbero l’obiettivo principale, ma per raggiungerlo non bisogna tralasciare gli
altri.
Suddivisione dei social media in 4 aree:
- social community: condivisione, socializzazione, conversazione (fb, anche se fb è possibile
ritrovarlo in tutte quattro le aree; linkedin): costruire e sfruttare reti social
Costruzione e sfruttamento di reti. Alla base della social community c’è il profilo. Il profilo ci consente
anche di promuovere immagini di noi diverse a seconda dei contesti.
The cluetrain manifesto è stato scritto nel 99, da professionisti del marketing in cui spiegavano che
stava cambiando tutto e hanno fatto delle tesi:
1) i mercati sono fatti di conversazione
2) i mercati sono fatti di essere umani non di segmenti demografici
3) le conversazioni fra esseri umani suonano umane. E si svolgono con voce umana
4) Sia che fornisca informazioni, opinioni, scenari, argomenti contro o divertenti digressioni, la
voce umana è sostanzialmente aperta, naturale, non artificiosa.
Rientrano anche i forum di discussione, wikipedia
- social publishing: condividere conoscenza, user generated (youtube, soundcloud,
wordpress)
- social commerce: etsy, tripadvisor, yelp (adesso è anche su instagram, ovunque)
- social entertainment: spotify, candy crush, brawl stars, fifa,
Tutti i social media sono centrati su reti di relazioni e puntano alla partecipazione. Questa struttura
non va intesa come un monolite, ma come un modo per focalizzare le funzionalità più importanti di
ciascuna piattaforma.
Linkedin si distingue per la professionalità
17/05
I social network sono nati per mettere in contatto persone di colore di alcune città americane
shareability: i social media sono degli ambienti di condivisione che costruiscono, rappresentano,
problematizzando le relazioni e gli sguardi reciproci. I social media sono uno specchio, ci mostrano la
nostra immagine riflessa. Ecco, le nostre identità sono costruite e gestite in maniera tale da sfruttare
al meglio il capitale sociale di cui ciascuno di noi dispone. La vita viene vissuta per condividere.
Senza la condivisione delle informazioni una rete non sarebbe né viva né sociale. Sono le piattaforme
ad invogliare la condivisione.
I social network offrono l’occasione di un costante, silenzioso monitoraggio delle identità, dei consumi
e dei modi di stare in rete dei propri contatti.
Lurking e coveillance sono pratiche (di sorveglianza/spionaggio) istituzionalizzante e mediatizzate
previste dalle piattaforme.
Digital branding: Le reti sociali e di media, comprendono anche la marca. La marca diventa un nodo
esplicito della rete sociale dell’individuo e, come avviene per le relazioni personali, la relazione
con essa non è più connotata sul fronte della semplice soddisfazione nei confronti del
prodotto/servizio ma svolge una funzione identitaria.
- Brand identity: tutto quello che la marca realizza in maniera consapevole, quello che vuole
che traspare ai consumatori. Logo, baseline, colori, font, tono di voce, immagini
- Brand image: il modo in cui ti riconoscono gli altri: reputazione, emozioni, impressioni, qualità
percepita, fedeltà.
In questo modo il brand perde, per così dire, qualsiasi psicologismo: non è più una realtà fondata
sulle percezioni (la mitica brand image) ma una vera e propria entità relazionale, il cui valore è dato
dal reticolo di interazioni sociali di cui fa parte e che la marca stessa è in grado di sviluppare.
Nel momento in cui c’è un divario, è un problema.
La marca è un’identità relazione, una promessa, bisogna che ci siano più soggetti.
I motivi per cui le persone fanno “amicizia” con i brand sui social media:
- interesse al loro prodotto
- interesse alle promozioni
- per intrattenimento
- offerta di un incentivo
- interesse al settore
- per comunicare con il brand: relazione
- hanno amici che seguono o a cui piacciono i contenuti del brand
Una presa di posizione in termini valoriali da parte delle aziende. Da quel valore viene costruita una
community di persone che condividono quei valori.
I motivi per cui le persone interrompono l’amicizia con i brand sui social
- troppi messaggi promozionali (46,0%)
- informazioni non pertinenti (41,1%): contenuti che non hanno valore per le persone a cui sono
rivolte
- troppi tweet
- uso di un linguaggio non adatto
- troppo tranquillo
- non mi rispondono (15,3%): bisogna dimostrare di esserci
Regola 80/20: soltanto il 20% dei post deve far leva sull’acquisto del prodotto.
Facebook: è un mezzo per comunicare con le persone attraverso chat, messaggi, commenti, tag ma
anche per mezzo di un semplice like.
è il luogo della disintermediazione. Nell’ambito della comunicazione politica è lo strumento ideale
per comunicare ai cittadini senza la mediazione giornalistica. Perché la disintermediazione sia reale,
però, è necessario che il flusso di comunicazione sia bidirezionale: non solo dai mittenti ai
destinatari ma anche dai destinatari agli emittenti, che dovrebbero interagire con i commenti in
entrata.
Anche un mezzo espressivo e un dispositivo di lettura, ci permette di vedere quello che fanno i nostri
contatti.
I politici (anziani o che parlano agli anziani) sono principalmente su fb. Su fb determinate fasce sociali
e fasce dell'establishment dialogano senza intermediazione.
L’algoritmo dà priorità ai contenuti che generano engagement. Diversificare la distribuzione dei
contenuti e scegliere che cosa pubblicare qui.
Facebook è anche un dispositivo di lettura: è anche una piattaforma che consente di vedere/leggere
quello che gli amici e, in generale, i propri contatti fanno/pubblicano.
Qual è il nostro obiettivo? creare engagement (ormai metrica principale), attraverso la rilevanza tra
quello che si vuole dire e ciò che le persone vogliono ascoltare.
Social publishing
condivisione di video: Youtube, vimeo. niconico
condivisione di immagini: instagram, pinterest, flickr
podcast, musica, contenuti didattici, contenuti riguardo la condivisione della conoscenza.
Blog
Il marketing originale era interruzione; nel content marketing si coltiva una relazione.
Outbound marketing: invasione nella vita delle persone, senza che il cliente glielo abbia chiesto (es: i
volantini che vengono inviati direttamente a casa; le telefonate)
Inbound marketing: io (cliente) vado nel sito di un brand, lascio la mia email, da qui vengono inviate
delle email di sconti, promozioni ecc.
Il content marketing valorizza una concezione della comunicazione: la comunicazione come scambio.
Una buona comunicazione d’impresa, oggi, deve fare, deve dare, non solo dire.
Dare per ricevere è da sempre il miglior modo per coinvolgere l’altro.
Illy fa promozione culturale, senza scrivere “acquista il nostro caffè”. Anche perché nella storia
comunicativa di Illy, da sempre è stata arte.
Ogni minuto nel mondo vengono prodotti e diffusi 211 milioni di contenuto. Ebbene, l’unico modo per
competere su questo campo è la creazione di contenuti autentici e di qualità. Servono delle belle
storie. Per essere credibili e non autoreferenziali, e intercettare quindi gli interessi e le esigenze dei
diversi stakeholder, bisogna calare le storie in un contesto più ampio.
Es: Eni; S. Pellegrino ha creato un magazine con contenuti non soltanto volti a mostrare il prodotto.
Dentro questi magazine non troviamo solo le storie di San Pellegrino, Tim o Mediolanum. Ciascuna di
queste piattaforme di comunicazione racconta, a partire dai valori, di marca, la cultura del gusto, della
convivialità, innovazione tecnologia, empowerment personale e professionale.
Il content marketing è legato al branding, non al marketing del prodotto.
Redbull: realizzano podcast con un professionista di Formula 1 in cui non si parla del prodotto
Il content marketing non è una novità di questi anni. E non ha a che fare direttamente con il digital
marketing. Un giornale degli anni 80 era un giornale rivolto ad agricoltori realizzato da una marca
produttrici di trattori.
1900 Guide Michelin offre il servizio agli automobilisti, informandoli su posti di servizio e posti dove
andare a mangiare.
Che cosa c’entra il mondo della ristorazione con quello degli pneumatici? Niente, ma conoscono i loro
clienti ed esigenze.
Non si comunica (o promuove) il prodotto, ma si focalizza l’attenzione sul brand, sulla sua awareness
e sulla sua autorevolezza. Attraverso i contenuti è possibile far conoscere la propria filosofia, i
prodotti, creando una sintonia con il pubblico. Un editore pensa al posizionamento del suo giornale, al
tono di voce, al contesto mediatico, ai contenuti ma, soprattutto, ai suoi lettori.
Perché il content marketing funzioni bisogna superare la soglia di percezione del valore delle
personas di riferimento. Non è a loro che dobbiamo parlare, ma di loro!
“Il content marketing è come un primo appuntamento, se parli solo di te stesso non non ce ne sarà un
secondo”.
22/05
Vedendo ciò che le persone cercano su google, con i nostri contenuti possiamo metterci a
disposizione delle persone.
Bisogna conoscere a fondo i propri clienti: bisogna pensare con la loro testa e parlare con la loro
lingua.
ES di collegamento content marketing e strategy: Velux è un’azienda che produce finestre per i tetti.
Si sono resi conto che tra le ricerche che fanno le persone ci sono argomentazioni riguardo alle
mansarde, quindi hanno creato “mansarda.it” in cui affronto una serie di contenuti (di content
marketing)
Contenuti:
- puoi farli ridere
- commuovere
- farli sentire persone migliori
- farli sognare di evadere dal loro quotidiano
- Puoi dargli la scusa per perdonare un loro vizio o una loro debolezza
- farli giocare/competere
- spiegargli come risolvere un loro problema
- fargli venire nuove idee
Trovare i formati utili per educare, intrattenere, ispirare e convincere, sapendo che ciascun tipo di
contenuto ha le sue difficoltà,
- il 94% delle persone che usano la piattaforma sono interessate agli eventi in tempo
reale legge news almeno una volta al giorno
- 85% guarda, legge o ascolta almeno una volta al giorno
- 83% twittano rispetto a delle notizie
23/05
Dopo l’analisi, dopo aver scelto gli obiettivi e i pubblici dobbiamo scegliere la/e piattaforma/e
in cui inserirci.
Prima venivano chiamati “canali”, ma è meglio chiamarli luoghi/spazi di comunicazione in cui
molti parlano, condividono, ecc
Twitter nasce come microblogging: postare contenuti attraverso frammenti. Non a caso è il
regno del frammento testuale: poche parole, sintesi estrema (anche perché nasce con un
limite di caratteri da rispettare).
Spesso è una conversazione corale: attraverso gli # vengono radunate le persone a parlare
di un determinato tema. è un social media sharing
Da usare quando bisogna fare pr (pubbliche relazioni)
INSTAGRAM
Piattaforma per fare engagement, storytelling visivo attraverso immagini. è lo strumento
ideale per chi vuole comunicare in termini narrativi attraverso contenuti visivi. La foto è la
vera regina di questa piattaforma. La foto non deve essere solo bella esteticamente e
perfetta, ma deve raccontare una storia, una notizia.
Perché lo storytelling? “Le persone dimenticheranno quello che hai detto, fatto, ma non
dimenticheranno mai quello che gli hai fatto provare”
“Il racconto è presente in tutti i tempi, luoghi e società. Inizia con la storia stessa dell’umanità
non esiste, non è mai esistito in alcun luogo un popolo senza racconti; tutte le classi, tutti i
gruppi umani hanno i loro racconti e spesso questi racconti sono fruiti in
comune da uomini di culture diverse, talora opposte…» (Roland Barthes)
Narrare storie coinvolge, appassiona ed emoziona le persone dalla notte dei tempi.
E un marketing che coinvolge, appassiona ed emoziona, funziona di più.
I reel: Sono, a detta dello stesso Zuckenberg, il formato che ha subito la maggiore
crescita all’interno dell’ecosistema Meta. Il tempo trascorso dagli utenti in
questa sezione è raddoppiato da un anno all’altro.
In termini di tassi di coinvolgimento, superano del 22% gli altri contenuti
I Reel aumentano il traffico, cioè i dati di interazione dell'utente con un dato
contenuto, attirano un pubblico che arriva dall'esterno, quindi potenzialmente
"nuovo". La circostanza per cui i Reel appaiono nella sezione 'Esplora' di Instagram
ha proprio questa finalità. Quando si pubblica un Reel non ci si deve concentrare sui
'mi piace' o sui commenti, quanto piuttosto sulle visualizzazioni.
Più un contenuto è visto, più funziona, più Instagram lo mostra a un alto numero di
utenti.
Caroselli: Sono post che possono contenere fino a 10 elementi, fra foto e video, e
stanno ottenendo risultati importanti sotto il profilo della reach e dell'engagement,
rispetto ai normali post. Con questo tipo di formato, la strategia a monte è ancora più
importante, perché si può raccontare una storia e approfondire contenuti, senza
perdere in immediatezza.
24/05
Influencer marketing - Paola Leo
Cosa fanno gli influencer? Sono dei content creator che co-partecipano, insieme
all’azienda, alla definizione del messaggio comunicando in modo nuovo e diverso il
prodotto (o servizio o l’azienda stessa).
L’influencer è (dovrebbe essere) l’art director dei contenuti che sta realizzando per
l’azienda (o l’art-director per il prodotto che crea con l’azienda) con cui collabora.
Es: Camilla cabello che ha stravolto l’asset iconico di Lancome con il suo packging
basic nero; Nespresso ha personalizzato i prodotti con il logo di Chiara Ferragni e un
pattern.
Tipologie di collaborazioni:
- prodotti regalati in cambio di visibilità (supply by)
- servizi per visibilità (supply by)
- influencer marketing program (creare tot contenuti al mese)
- prodotti inviati per creare contenuti inseriti sul canale proprietario dell’azienda
e non del creator
- servizi per contenuti
- fee su codice promo (codici sconto con una percentuale che viene data ai
creator)
Come si sceglie un influencer:
si valuta:
- la qualità dei follower, chi segue (partecipa alla conversazione del mercato in
cui opera?), il pubblico deve essere in linea col mercato di riferimento
dell’azienda;
- qualità delle persone che seguono: fare un check anche delle persone seguite
dall’influencer, per comprendere e approfondire la sua professionalità, la sua
lealtà ai brand con cui lavora, la coerenza col mercato in cui opera
- quantità e qualità dei commenti, sono partecipati? sono il linea con ciò che
viene mostrato nel contenuto? da chi provengono (bot?)
- engagement rate: indicatore percentuale che dice in relazione a quanto
persone sono esposte al contenuto, quante realmente agiscono.
C’è chi lo calcola in base ai followers e chi in base a chi lo ha visualizzato.
L’influencer deve mettere a disposizione dell’azienda questi dati.
Solitamente per fare questa stima vengono considerati gli ultimi 12 post
oppure se è un campagna legata ad un determinato periodo, si vanno a
cercare i post di quel periodo (es: natale)
- tone of voice: può rappresentare l’azienda? che approccio ha? come gestisce
le critiche? che visual è solito utilizzare? ha una sua coerenza comunicativa?
- autorità - trustability: sa generare una leadership di pensiero nel mercato in
cui opera? chi si fida di lui/lei?
- competenza nel (micro)settore in cui opera
Come si contatta?
- cercare email o agenzia di riferimento per proporre una collaborazione
- Quale social presidia maggiormente?
- ha un sito/blog?
- ha un manager o un’agenzia?
- cosa offro che non sia visibilità?
- l’ho lusingate?
Contratto
- chi fa il contratto a chi?
- obblighi delle parti
- contenuti stabiliti e piattaforme coinvolte
- timing, scadenze
- clausole di esclusività?
- pricing, inquadramento fiscale,
30/05
Transmedia branding: approccio ai fatti e fenomeni della comunicazione,
ultimamente definito in termini scientifici
Lo storytelling è una forma di comunicazione in cui gli elementi della narrazione
vengono dispersi sistematicamente attraverso molteplici canali con lo scopo di
creare un’esperienza di intrattenimento coordinata e unificata. Ci deve essere
coerenza e ridondanza dei contenuti narrativi. “Ogni testo offre un contributo distinto
e importante all’intero complesso narrativo”
Pianificazione sistematica, vale a dire un progetto coordinato all’origine. Perché ci
sia transmedialità, in altre parole, non basta lo storytelling, ci vuole pure il design.
Centralità della dimensione esperenziale.
I vari elementi devono essere diversi, perché se sono gli stessi ma adattati alle
piattaforme si tratta di una campagna crossmediale.
Es: Chanel,spo La web-serie Inside Chanel, un sito che racconta in dieci capitoli la
storia della maison Chanel, è un buon esempio di storytelling transmediale.
Questa definizione può essere declinata nell’ambito del marketing e del branding
Transmedia branding: Un processo di comunicazione, nel quale l’informazione
relativa a un brand è compresa in una narrazione integrata, diffusa attraverso
contributi originali su media diversi, allo scopo di creare una brand experience
interattiva e coinvolgente (Tenderich, 2014).
Es: Heineken per le candidature viene fatto un video, viene coinvolta la community
nella scelta, viene fatto l’evento, il video ecc
Non basta più una buona comunicazione per essere distintivi: bisogna attivare i
diversi pubblici, a partire ovviamente dai consumatori, e far sì che ogni touchpoint
con il brand sia capace di generare contenuti e quindi significazione
Non basta più una buona comunicazione per essere distintivi: bisogna attirare i
diversi pubblici, a partire
The new journalism: il new york times, molta parte dei loro ricavi derivavano dagli
spazi pubblicitari che venivano messi a disposizione. Passando gli anni la quota di
pubblicità si riduce, e aumentano gli abbonamenti (online): attraverso esperti di dati,
storyteller, si cercava di rendere transmediali le notizie e le storie che trattava, le
persone sono disposte a pagare, perché si crea la complicità.
In Italia, abbiamo il caso del Post: coinvolgimento nel progetto di buon giornalismo e
porta le persone ad abbonarsi, infatti la maggior parte dei ricavi deriva dagli
abbonamenti.
Una caratteristica del Post è la presenza di argomenti spiegati bene - > cose
spiegate bene, un’attività che porta alla realizzazione di libri piccoli che affrontano un
determinato tema
The brand experience: i brand devono accettare di non essere più i soggetti di parola
e delegare la libertà di parole agli utenti, creando una piattaforma in cui si discute.
Non esiste un brand senza un pubblico.
Brand activism: progetti che hanno un impatto misurabile. Non si può fare pubblicità
sul nuovo packaging che inquina meno, bisogna dire “scusate il ritardo”.
La marca oggi è chiamata a farsi attore sociale. Si prende una posizione.
Es: Adidas ha creato una partnership (spesso si creano con società che hanno
esperienze che la marca in sè non ha) con Parlier per la pulizia degli oceani.
Dove affronta il problema della rappresentazione della donna. Emergono delle
campagne più culturali che economiche, non si guadagna in termini economici bensì
in termini di identità di marca.
La coop ha preso posizione nelle distinzioni delle famiglie, anche Ikea, Vitasnella.
La sfida per la sostenibilità e l’inclusività, come per tutti i temi sociali, è quella di
riuscire ad inserire questi temi non semplicemente nella comunicazioni, ma nella
propria cultura aziendale, in modo da renderlo autentico ed efficace in termini di
marketing e proposta di valore. In questo modo il marketing può rendersi coerente e
integrato all’identità complessiva, e non semplicemente una scelta di circostanza.
Come scrive Paolo Iabichino, alle marche oggi viene chiesto di «risolvere problemi
reali. Ascoltare le necessità. Fare in modo che le cose accadano. Mettere le persone
in primo piano».
Il brand più trasnmediale è lego: la narrazione attraversa tutte le piattaforme,
creando anche un rapporto molto forte con i fan.
05/06
Brand activism: i brand diventano sempre di più soggetti politici, mediali che lottano
per rendere il mondo migliore.
Quando lo dico ma non lo fanno davvero può diventare un effetto boomerang; per
chi lo fa con costanza e ci crede veramente (come Dove) è un valore in più
Bisogna testare i tipi di post, i tipi di contenuto, le novità, i formati creativi nuovi. Non
bisogna mai dare nulla per scontato, non bisogna affidarsi alla propria sensibilità o
alle proprie previsioni, non bisogna smettere mai di sperimentare.
- sii super selettivo con i contenuti che ricondividi
- ricondividi solamente i contenuti che i tuoi utenti potranno apprezzare
- assicurati che i contenuti siano rilevanti per le tue nicchie
- utilizza contenuti accurati per riempire i vuoti nel tuo calendario
- riproponi contenuti in un nuovo formato
- menziona sempre il creatore originale
Qualunque piano strategico per i social media deve identificare specifici temi e
argomenti su cui il brand investe per favorire la partecipazione e la condivisione.
Nel calendario editoriale vengono proprio scelte delle date, i giorni, gli orari.
3 livelli di ottimizzazione:
- livello base, studiamo il feed del nostro profilo o pagina social e guardiamo
quali post hanno generato maggiori relazioni. Teniamo anche presente le
caratteristiche del social (per esempio: Instagram con le immagini e LinkedIn
coi temi trattati).
- livello medio: creazione costante di nuovi contenuti partendo da un
contenuto che ha funzionato bene in passato, modificando qualche elemento
come il visual (colore, soggetto) o il copy (lungo, corto, emoji)
- livello pro: preparare nuovi calendari editoriali che sono dei test continui,
durante questo lavoro teniamo sempre in mente anche gli obiettivi algoritmi.
Dobbiamo essere pronti a mettere in discussione le scelte a monte fatte
“Bisogna concentrarsi su come essere social, non su come fare Social” (Jay Baer)
06/06
- pensiero laterale
Più è grande l’azienda più si ha a che fare con il social media team:
- analista
- nativo digitale
- comunicatore
- esperto di prodotto
Nelle piccole aziende queste competenze li ha una sola persona.
Nel lavoro del social media manager è fondamentale non rimanere legati a
dinamiche che conosciamo e usare solo quelle che sappiamo funzionino, ma
dobbiamo spaziare e cercare continui aggiornamenti e stimoli.
Quando ignorare
- dissociazioni sintetiche: “non è vero”, “sbagliato”, “macchè”
- indignazione: “vergogna”, “ma come si fa a scrivere una cosa del genere”
- argomenti ad hominem: “sei giovane, non puoi capire”, “si vede che hai
studiato poco la materia”. “non hai figli, non puoi capire”
- generalizzazioni: “voi giornalisti fate sempre così”, “voi donne”, “voi
sindacalisti”...
Ignorare non significa cancellare, dobbiamo garantire a tutti il diritto di esprimere
in pubblico le proprie preferenze personali,
Quando scoraggiare (e cancellare): gli insulti, le parole di odio, gli episodi di violenza
verbale in genere vanno cancellati. Ogni tanto si può decidere di rispondere a un
insulto avvisando che verrà oscurato. In questo modo si dà un segnale a tutti gli altri
partecipanti.
Social media policy: “un documento che spiega quali sono le regole e le procedure
per le attività sui social media che verranno applicate dall’impresa/politico nel social
utilizzato”
Può essere
- interna: si rivolge ai dipendenti e fornisce indicazioni su come deve essere
gestita la presenza sui social media dell’organizzazione e su come devono
essere usati gli account personali.
- esterna: indica agli utenti esterni:
1) le finalità della presenza sui social media dell’organizzazione
2) la tipologia dei contenuti pubblicati
3) i comportamenti non accettati (Spam, off-topic ecc) e offensivi
4) a chi ci si deve rivolgere in caso di abusi
Viene pubblicato il piano editoriale praticamente anche se non in maniera dettagliata
Serve per:
- standard di comportamento
- requisiti di divulgazione
- standard per i post che riguardano la proprietà intellettuale, il diritto d’autore e
le informazioni finanziarie.
Ha a che fare con la reputazione.
Deve essere semplice accessibile e comprensibile.
Può comprendere anche delle linee guida nelle conversazioni di crisi
Nei casi di aziende istituzionali, la social media policy deve essere inviata al
segretario di presidenza
Se non è istituzionale verrà inviata al responsabile di progetto
07/06
Social media crisis management: le crisi arrivano per chi lavora in comunicazione.
Case history: Autostrade per l’italia e il crollo del ponte a Genova, nel comunicato
stampa mancano le scuse, la dimensione umana e sembrano prendere le distanze.
Lo stesso comunicato stampa (di tipo burocratico) viene pubblicato anche sui social
(sbagliato). Dopo diverse ore emerge un altro comunicato stampa, con effettive
scuse.
Solo quattro giorni dopo il tragico evento. in una conferenza stampa che vede
presenti presidente e ad del gruppo, viene presentato un pacchetto di misure a
sostegno delle famiglie coinvolte e della città di Genova. Viene inoltre comunicato un
investimento di 500 milioni di euro che prevede la ricostruzione del ponte in 9 mesi.
Crisi sui social media: Patrizia Pepe pubblica una pubblicità con l’immagine di una
modella molto magra (quasi anoressica). I commenti sono molto polemici, la risposta
è prima di non voler prendere parte a queste provocazioni. Successivamente si
risponde nuovamente (in orari poco consoni) puntando il dito contro chi aveva
scritto, rimarcando il concetto di non aver fatto alcun errore.
Groupalia: approfitta del terremoto per vendere un pacchetto di viaggi. Il tweet non
era solo sbagliato, manca di empatia e di vicinanza a chi ha assistito al terremoto.
Era un tweet stupido, irrispettoso, superficiale. E, vista la volontà di sfruttare
l’hashtag #terremoto, anche un po’ meschino.
Sui social non bisogna copia/incollare pezzi di comunicato stampa. Non bisogna
dare l’impressione di pensare cose tipo “Ecco qui la nostra risposta ufficiale, ci tocca
postarla e la postiamo”. Come sempre, bisogna adattare il messaggio alle diverse
piattaforme. Su Twitter, per esempio, dovremo avere il coraggio di usare l’hashtag
che si riferisce al nostro epicfail. In questo modo ci inseriremo nello stream in
questione, dando visibilità alla posizione aziendale assunta, e dimostreremo che
siamo consapevoli del problema. Poi, nello stesso tweet, riporteremo una sintesi
della posizione assunta dall’azienda e il link alla pagina del sito che contiene il
comunicato ufficiale.
Su Facebook adattate il messaggio al tone of voice abituale. È quello a cui sono
abituati i vostri fan ed è quello che vogliono sentire. Fateli sentire a casa! Fategli
capire che sì, siete umani e avete commesso un errore (chi non ne fa!), ma che
dopo tutto non siete così male.
Quando la crisi finisce, bisogna fare un rebrief. Le conoscenze acquisite non devono
andare disperse ma diventare patrimonio di tutta l’azienda. Tutti gli strumenti utili alla
prevenzione e alla gestione di un evento negativo devono essere aggiornati e
integrati.
Il report serve a tutelare noi stessi e il nostro lavoro, ma anche per capire ciò che
conta per i nostri clienti e la nostra azienda.
- riferimenti precisi
Ci sono delle kpi che riguardano l’advertising
- reach: è la ”portata”, il numero di persone raggiunte dal nostro messaggio
- frequenza: il numero medio di volte che un soggetto è esposto al messaggio
- clickthrough (CTR): il numero di persone esposte a un annuncio o a un link
e che hanno effettivamente cliccato su esso.
Il primo banner della storia, con una percentuale del 30% delle CTR. Oggi la
percentuale è del 0,3%
- Tasso di conversione in vendite: il numero di persone raggiunte dal nostro
messaggio e proseguono, clic dopo clic, fino all’acquisto del prodotto.
- Viewthrough: il numero di persone esposte al nostro messaggio ma che non
fanno clic; in un secondo momento queste persone visiteranno il nostro sito
Catena dell’engagement:
Dimensioni del coinvolgimento:
- primo contatto
- interazioni
- intimità
- influenza
Le metriche devono servire per fare cose, non interessa il numero di follower ma
quello che fanno (like, share, engagement)
No vanity metrics, Si actionable metrics
Misurate solo quello che è veramente importante. Si deve cercare di utilizzare anche
poche KPI, purché però collegate da un rapporto di causa/effetto.
Limitarsi a contare la quantità di interazioni fra persone e brand non basta.
Dobbiamo cercare di conoscere anche il grado di interesse dei pubblici nei vari
touchpoint e come queste esperienze influenzano l’atteggiamento nei confronti della
marca.
Storytelling
Un’espressione abusata, dietro la quale c’è l’idea che le persone – i consumatori, gli
elettori, gli investitori, gli allievi – possano essere conquistate a un’idea, un valore o
un marchio soprattutto attraverso la proposizione di un dispositivo retorico di tipo
narrativo.
Partecipazione e diffondibilità (Spreadability): Partecipando in una brand story, i
consumatori la personalizzano, rendendola importante e mirata in un modo che
difficilmente il brand da solo riuscirebbe a raggiungere.
Inoltre, [i consumatori] sono molto più disposti a diffondere la storia [...], che è un
aspetto essenziale nel successo di un progetto di branding
[...]. La gente vuole interagire con narrazioni che si possono diffondere. (Tenderich &
Williams 2015)
Franchise: Accordo stabilito tra una “compagnia madre” (franchiser) e una o più
altre aziende (franchisee) per lo sfruttamento di beni o servizi di cui la “compagnia
madre” detiene la proprietà intellettuale (il franchise)
Cross promotion: Accordo stabilito tra una “compagnia madre” (franchiser) e una o
più altre aziende (franchisee) per lo sfruttamento di beni o servizi di cui la
“compagnia madre” detiene la proprietà intellettuale (il franchise)
«Un buon franchise transmediale – scriveva Jenkins – è in grado di attrarre
un’audience più vasta offrendo contenuti diversi nei diversi media. Se ogni lavoro
offre esperienze inedite, allora un mercato trasversale espanderà i ricavi possibili
all’interno di ogni singolo media (Henry Jenkins, 2003).»
Transmedia storytelling:
- pianificazione: oggetto transmediale
- coerenza dell’universo narrativo
- non ridondanza dei contenuti
- Reiterazione multimediale
Genera la produzione di contenuti ridondanti o crivellati di contraddizioni disordinate
se non rispettano la coerenza di fondo del franchise
- Correlazione transmediale
Mira ad integrare in modo coordinato e unificato le differenti manifestazioni di un
franchise all’interno del medesimo universo narrativo, spingendo il consumatore a
migrare da una piattaforma ad un’altra per esplorarne ogni angolo.
il franchise non viene più concepito come una matrice singolare, da trasporre su
diversi media attraverso la replicazione o l’adattamento, ma come un sistema plurale
da disseminare in diverse piattaforme attraverso un processo di estensione.
Al centro dell’idea di transmedia storytelling c’è l’esistenza di mondi narrativi ai
quali afferisce una pluralità di narrazioni realizzate su piattaforme mediali diverse.
Ogni media/piattaforma contribuisce ad arricchire la complessità dell’universo
diegetico, raccontando aspetti diversi di un più vasto mondo narrativo.
Worldbuilding
Henry Jenkins: La costruzione di un mondo narrativo è una delle caratteristiche
centrali del transmedia storytelling: ogni testo di un franchise estende la narrazione,
esplorando diversi aspetti del mondo condiviso e mostrando diversi corsi d'azione,
per esempio concentrandosi su eventi soltanto accennati nel testo primario
("mothership").
“La narrazione è divenuta sempre più l’arte della creazione di mondi, dal momento
che gli artisti creano ambientazioni affascinanti non completamente esplorabili e non
concluse in un unico lavoro o in un singolo medium. Il mondo è più grande
del film, e perfino del franchise, dato che le elaborazioni e le congetture dei fan lo
espandono in varie direzioni”
«Una volta per poter fare un film bisognava creare una storia con una buona
narrazione; poi con i sequel divenne importante inventare un buon personaggio che
potesse reggere più storie. Oggi invece si inventano mondi che possano ospitare
molti personaggi e molte storie su più media.»
Mark J.P. Wolf sviluppa una vera e propria estetica basata sui mondi immaginari,
basata sull’ESPERIENZA del mondo finzionale.
Esempi:
- Avatar
- Videogiochi
- MMORPG
Le storie sono elementi costitutivi della marca contemporanea che attraverso
di essi trasmette valori e coinvolge sul piano emozionale i propri destinatari.
Le storie di marca, però, fanno parte anche di quel complesso reticolo di esperienze
che le persone vivono tutte le volte che, in un ambiente mediale sempre più
immersivo e diversificato, entrano in contatto con i brand.
L’identità di marca non è più definita esclusivamente dalle attività aziendali di brand
management ma, sempre più, dai comportamenti di consumo e dalle conversazioni
a cui danno vita le persone a cui le marche si rivolgono.
(Giuseppe Segreto)