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STORYTELLING

IL POTERE DEL LINGUAGGIO E L'ARTE DEL RACCONTO

• Cos'è una storia


• Lo storytelling nell'era moderna
• Digital Storytelling
• Transmedia storytelling
• Lo "Storyselling" e il consumo
• 1 Prodotto, logo e storia
• Il linguaggio e il potere della pubblicità
• Lo storytelling politico
• Cos'è una narrazione politica?
• Il politico come storyteller efficace

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Parte di conoscere bene le tecniche del racconto consiste nell'essere
consapevoli della differenza che esiste fra i termini "storia", "racconto" e
"narrazione". Questi termini sono infatti spesso usati erroneamente come sinonimi
ma, seppure simili, non sono tutti la stessa cosa.

Per dare una definizione standard possiamo dire che :

 una storia è l'insieme degli eventi descritti secondo una successione logica e
cronologica (la testimonianza sistematica di fatti memorabili data da un
autore,da un narratore o da un personaggio). È il contenuto di un certo
racconto;
 un racconto è la forma del discorso con cui una certa storia viene raccontata.
È un'elaborazione (solitamente in forma scritta o orale) di vicende reali o
immaginarie. È la forma del contenuto enunciato;
 una narrazione è l'atto attraverso cui una certa storia è concretamente
veicolata da qualche attore (che ha una intenzione retorica) verso qualche
pubblico. È l'azione di enunciazione4.

4
(Andrea Fontana, Story Selling, Rizzoli Etas, Milano 2016)

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Una storia è un dispositivo ordinatore poiché mette in ordine e sistematizza
gli eventi dando loro un senso, una direzione. Dunque, se si vuole raccontare
qualcosa a qualcuno è necessario possedere un contenuto da elaborare in una forma
di discorso(racconto) dotato di trama e genere che sia in grado di rimanere nella
memoria degli interlocutori tramite una procedura linguistica-iconica(con
suoni,immagini,parole ecc.).

Una buona storia deve coinvolgere, far battere forte il cuore ed è per questo
che manda in una specie di trance. Trasformare una storia in narrazione, scritta o
orale che sia, richiede dunque un lavoro molto paziente ed una serie di accortezze
che risultino nella costruzione di una storia che funzioni. Per questo motivo occorre
una strategia di racconto efficace.

Non esiste storia teatrale,filmica o letteraria che non sia nata da una strategia
preliminare. Lo storytelling è,infatti, un'attività strategica prima di ogni altra cosa
poiché in ogni narrazione l'autore punta a trovare la migliore strategia per
comunicare qualcosa ad un destinatario che ascolti e interpreti. Una delle sfide
maggiori è far sì che il contenuto e il mezzo della comunicazione generino attenzione
e rimangano impressi, sotto forma di ricordo, nella mente delle persone. Siamo
costantemente "bombardati" da informazioni al giorno d'oggi e,se non riusciamo a
trovare una strategia narrativa vincente, non arriveremo da nessuna parte. Ma quali
sono le tipologie di storie che generano interesse e che rimangono impresse nella
memoria? Essenzialmente, quelle che si basano sui grandi temi umani come paura
,speranza ,amore ,lavoro , salute/malattia,divertimento,potere,libertà ecc. A questo
punto ci troviamo di fronte ad una domanda cruciale : sono vere queste storie che
sentiamo? La risposta è : sono verosimili. Noi, in quanto lettori, o ascoltatori, siamo
disposti a crederci a patto che siano dotate di un inizio e di una fine. Sappiamo che
non sono totalmente reali, ma non sono neanche menzogne, bensì invenzioni.

Oltre ad essere un qualcosa di strategico e inventivo una storia è anche, in


poche parole, un "cosa" e un "come".

È un "cosa" perché è un atto comunicativo che contiene :

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 un insieme di personaggi: che nel nostro caso potrebbero di volta in volta
essere gli individui,le aziende,i prodotti e i servizi;
 un'articolazione di temi di base strategici per le intenzioni comunicative;
 un sistema di azioni , cioè situazioni in cui un
personaggio(io,voi,l'azienda,l'uomo politico in TV,il nuovo prodotto) ha un
ruolo attivo,consapevole o inconsapevole;
 un'ambientazione spaziale e temporale : i luoghi e le cronologie
(passato,presente,futuro) in cui la storia si svolge e viene raccontata:
 una serie di avvenimenti, circostanze che capitano ai personaggi e che essi
subiscono all'interno di certi tempi storici;
 un pubblico specifico : le narrazioni, essendo gesti strategici, si rivolgono
sempre a un ascoltatore ben definito5.

E una storia è anche un"come" poiché l'esito e l'efficacia cambiano in base al


mezzo che si utilizza e al prodotto comunicativo che si sceglie. Il mezzo influenza
sempre inevitabilmente il "cosa". L'esito della narrazione cambia se si racconta
attraverso una mail,un sito web,un'opera teatrale,un fumetto ecc. Per cui, prima di
costruire una narrazione è necessario chiedersi cosa si vuole raccontare e,soprattutto,
a chi. L'importanza del "chi" risiede naturalmente nella scelta di quale linguaggio
utilizzare e soprattutto su quali media fare affidamento per la diffusione della storia.

Una buona storia è quindi strutturata cosi :

 ha temi definiti (amore,lavoro,paura ecc.);


 è dotata di una trama consistente;
 ha una sua precisa caratterizzazione;
 ha una tensione emotiva;
 si rivolge ad un determinato pubblico attraverso determinati media
comunicativi.

Dopo esserci focalizzati sul "cosa" e il "come" è necessario analizzare anche


il "perché" di una storia. Come spiega Andrea Fontana nel libro Story selling,

5
(ibidem)

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4
possiamo affermare che esistono perlomeno quattro ragioni che orientano la
costruzione di una narrazione:

1. il controllo : ossia necessità di sicurezza. È necessario esercitare controllo


sulle storie in quanto più una narrazione rimane stabile più questa genera
tradizione storica e inalterabilità sociale. Si arriva infatti, in alcuni casi, ad
un'omogeneità di alcuni prodotti che ad un certo punto diventano mitici e
immodificabili;
2. lo sviluppo : quanto più una narrazione si pone come vettore di una nuova
pratica, tanto più genera una tendenza che,se diffusa, poi diventa una routine
sociale di comportamento;
3. la cura : connessa alla necessità di tranquillità e protezione. Quanto più la
narrazione riesce ad attenuare le ferite dell'anima dell'interlocutore, tanto più
questi sarà riconoscente e fedele;
4. l'eccitazione : le storie vengono usate come strumenti di attivazione
emozionale straordinaria per generare sentimenti positivi e di investimento
affettivo sulle cose. Quanto più la narrazione riesce a "incendiare gli animi",
tanto più gli interlocutori saranno pronti a seguirne le imprese.

Una storia o un racconto è efficace quando :

 intrattiene l'ascoltatore;
 è memorabile;
 spinge all'identificazione tramite l'emotività;
 genera appartenenza e coinvolgimento;
 aiuta a comprendere gli avvenimenti più complessi;
 protegge i confini o spinge a superarli;
 provoca la cosiddetta trance narrativa.

Perché una storia funzioni e sia potente questa deve essere innanzitutto
ascoltabile e, altrettanto importante, deve essere memorabile. Sarà sicuramente
capitato a tutti di perdersi in un libro, di non riuscire a staccarsi da uno schermo o di
perdere la cognizione del tempo durante una conversazione con un amico. Quando

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ciò accade ad un certo punto si ritorna alla realtà e ci si sente in qualche modo
cambiati : si è più tonici, o più contenti, più rilassati o più eccitati. Esiste un nome
per questa particolare esperienza di ascolto : "storylistening trance experience" che,
in italiano si potrebbe tradurre come "trance narrativa da ascolto"6. Se al giorno
d'oggi i brand vendono e i politici convincono è perché fanno leva sul nostro innato
bisogno di credere che ci manda in trance narrativa da ascolto. Questo fenomeno è la
conseguenza diretta di una narrazione efficace. Quando ascoltiamo o recepiamo una
storia entriamo in uno stato di coscienza alterata rispetto alla norma in cui siamo
inclini all'identificazione con l'oggetto della narrazione e con chi la narra
sospendendo temporaneamente la nostra incredulità. Nonostante il nostro essere
soggetti razionali e critici siamo comunque portati ad annullare la nostra capacità
critica e ad "autoingannarci". La sospensione dell'incredulità e del dubbio è un
processo che consiste nella volontà, da parte del lettore, di mettere da parte la propria
criticità per godere appieno di una narrazione. Lo storytelling,dunque, sfrutta questa
propensione al credere da parte del lettore.

Quando ascoltiamo una storia, però, non entriamo subito in una trance
narrativa da ascolto. Che sia un film,un libro,un seminario,un comizio elettorale,
esistono delle tappe che ci conducono fino a perderci nella narrazione. La
suddivisone delle tappe è quella che segue :

 contatto : il primo momento in cui si entra fisicamente in contatto con la


narrazione attraverso i nostri cinque sensi;
 familiarità : si inizia a prendere confidenza con la narrazione e ad avere
fiducia in essa;
 immersione : è il momento in cui si entra completamente nella narrazione e
nel suo oggetto. Si inizia,quindi, a perdersi nel libro,film,spot pubblicitario
ecc;
 identificazione : una volta entrati nella storia siamo anche in grado di
identificarci in essa e nei suoi elementi che si imprimono nella nostra
memoria e nelle nostre emozioni;

6
(Sturm 200, Nell 1988, in A. Fontana (a cura di), op. cit. , p..4)

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6
 emersione : quando la narrazione giunge al termine, piano piano ne
emergiamo e torniamo al mondo reale;
 distanziazione : con il passare del tempo quasi ci dimentichiamo della
narrazione, ne prendiamo le distanze ma qualcosa di essa ci rimane
inconsciamente dentro. Rimangono ricordi, immagini, frasi, personaggi ecc ;
 trasformazione : a distanza di tempo, la narrazione ha lasciato qualcosa
dentro di noi, ha messo in moto dei cambiamenti, piccoli o grandi in base alla
persona. Una nuova idea, un nuovo modo di pensare si insinua dentro di noi e
duratura o breve che sia, rimane pur sempre una nostra trasformazione.

Chiaramente queste tappe dipendono anche dal tipo di narrazione, dalle sue
caratteristiche e dal tipo di media scelto per diffonderla e raccontarla. Estremamente
importante, quando si seguono queste tappe, è porsi alcuni quesiti sul destinatario
della propria storia : quali sono i suoi gusti? A quali grandi temi è interessato? Qual è
la sua cultura e cosa lo fa emozionare? Dove si troverà quando ascolterà la mia
storia?

Ma vediamo quali sono quegli elementi che ci portano a perderci in una storia :

 realismo : quando entriamo in un racconto ci convinciamo di essere davvero


in un'altra realtà per cui le storie devono divenire reali;
 resa del sé: una storia esige un abbandono volontario ad essa. Oltre ad
immergerci nel suo mondo come fosse reale dobbiamo avere fede e
abbandonarci ad esso;
 sensorialità cinestesica : ogni storia ha elementi sensoriali e si muove
attraverso mezzi tangibili (carta,TV,web,audio e così via). Dunque, una storia
ci prende anche in base a quanto essa ci coinvolge fisicamente e a come è
raccontata ;
 emozione autobiografica : più una narrazione richiama la nostra storia di vita,
più riusciamo a identificarci in essa e più ci lasciamo andare e ci perdiamo al
suo interno;
 bilocazione spaziale : una storia è in grado di portarci altrove. Così, come
saremo nel nostro "qui e ora" , ci troveremo allo stesso tempo anche nel luogo
della narrazione;

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 distorsione temporale : quando ascoltiamo,leggiamo,vediamo una storia è
come entrare in una macchina del tempo. La narrazione può portarci avanti o
indietro nel tempo e, quando siamo nella trance da ascolto, non ci accorgiamo
davvero dello scorrere di esso. Un minuto potrebbe essere un'ora e così via.

Il nostro bisogno di abbandonarci e identificarci nelle storie è la chiave dello


storytelling. Decidiamo volontariamente di abbandonarci ad un storia, un film,un
pettegolezzo,una pubblicità di un prodotto qualsiasi ecc.

Questo accade perché nella vita abbiamo bisogno ogni tanto di perderci in
una storia e questo nostro bisogno ci porta a lasciarci andare alla trance da ascolto e a
sperimentare quello che viene chiamato il senso del meraviglioso.

Vi è una parte della nostra psiche che ragiona per fiction,cioè ricordi e
ricostruzioni indimostrabili7. Il senso del meraviglioso, infatti, funziona così tanto al
giorno d'oggi perché non siamo più in grado di dimostrare i fatti che ci vengono
presentati. La maggior parte delle volte non sappiamo quasi nulla di quello che ci
circonda : sapete davvero cosa c'è nello yogurt con cui fate colazione? Capite
veramente le dinamiche politiche che sentite al telegiornale? La nostra conoscenza è
quasi sempre di seconda mano ma noi ci lasciamo "convincere" dalla realtà che
pensiamo ci circondi.

Il senso del meraviglioso è così una reazione emotiva e psicologica profonda


che il fruitore di un'operazione narrativa ha quando si confronta,cerca di capire o
viene messo di fronte a un'esperienza di ascolto :

 assolutamente nuova(di cui non sa nulla);


 oppure di cui non si hanno sufficienti informazioni.8

Per questo motivo la narrazione e le storie hanno così tanto potere : attivano il
senso del meraviglioso e ci coinvolgono. Quando ascoltiamo una storia non ci
importa più di sapere se i suoi contenuti sono veritieri o provabili. Ci abbandoniamo

7
(Bruner 1993,2002, in A. Fontana(a cura di), op. cit. , p. 14)
8
(ibidem)

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8
psicologicamente alla narrazione e ci identifichiamo con i personaggi, le loro lotte, i
loro problemi e,si spera, il loro lieto fine.

Una narrazione funzionante è raramente dimostrabile, nonostante sia


verosimile. Essa ci spinge a fidarci, a credere che ciò che ci viene raccontato sia
possibile. Questo accade in continuazione nelle nostre vite di tutti i giorni : crediamo
ai prodotti promossi dal marketing,ai politici improbabili nelle campagne elettorali,
ai discorsi sugli aspirapolvere nelle televendite e a molto altro ancora.

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II. Lo storytelling nell'era moderna

Lo storytelling moderno costituisce un campo molto vasto. Oltre alle forme


tradizionali come racconti popolari, fiabe, leggende, miti e favole lo storytelling
contemporaneo comprende anche rappresentazioni della storia,racconti personali e
commenti politici ed è inoltre impiegato per raggiungere vari obiettivi educativi. Gli
ultimi media che stanno nascendo offrono alla persone nuovi modi per registrare,
esprimere e consumare le storie. Giochi ed altre piattaforme digitali, come nel caso
dell'avventura testuale9 e dello storytelling interattivo, possono essere utilizzati per
permettere all'utente di divenire un vero e proprio personaggio all'interno di un
grande mondo virtuale. Anche i documentari, fra cui i documentari interattivi o web-
doc10, impiegano tecniche narrative proprie dello storytelling per comunicare
informazioni.

9
Le avventure testuali sono programmi per computer che simulano un ambiente nel quale i giocatori
usano comandi testuali per istruire il personaggio della storia ad interagire con l'ambiente in cui si
trova.
10
Con web-doc si intende un particolare tipo di documentario inventato negli anni duemila, un
prodotto multimediale interattivo ed ibrido pensato per una fruizione su internet. Il web-doc si presta
ad una partecipazione attiva dell'utente che può esplorare il documentario seguendo percorsi
personalizzati e secondi i propri tempi.

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10
Una narrazione, per essere trasmessa, necessita di assumere una forma fisica,
ossia di prendere forma in uno dei tanti media esistenti. Grazie alla tecnologia di oggi
esistono numerose possibilità per lo storytelling di svilupparsi e di diffondersi.
Possiamo utilizzare la forma verbale,scritta,cinematografica,coreografica e molte
altre ancora sotto forma di libri, film, rappresentazioni teatrali, messaggi, email,
documentari, jingle di uno spot pubblicitario e chi più ne ha più ne metta,
producendo attraverso ognuno di questi una diversa risposta emotiva nell'audience.

Dunque, quando si decide di costruire una narrazione oltre alle domande


"cosa raccontare?" e "a chi?" è fondamentale porsi la domanda "come?". Spesso le
persone prendono la questione sotto gamba ma la verità è che il media attraverso il
quale la storia è raccontata è importante tanto quanto il contenuto della storia. Ogni
dettaglio conta : il font di scrittura di un documento, le immagini di un sito web, i
video caricati su un blog, tutto deve seguire una precisa coerenza narrativa.

Tutte le storie sono collocate :

 in un tempo storico;
 in uno spazio fisico/virtuale
 in una cultura specifica.

È importante quindi fare un'operazione di narrative positioning, ossia di


posizionamento narrativo all'interno del tempo e dello spazio. Per fare ciò sono
utilizzabili tre diversi tipi di canale :

1. il canale cartaceo: diversi tipi di prodotti come biglietti da visita, cartoline


pubblicitarie,libri aziendali, opuscoli istituzionali ecc. La testimonianza
cartacea è la più definitiva in quanto il canale è estremamente rigido ma allo
stesso tempo duraturo e di maggiore impatto nella memoria delle persone;

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2. il canale relazionale : percorsi di training, workshop, convention, campagne
sociali forti come quella intrapresa da ATM nel 2009 per favorire
comportamenti socialmente sostenibili e rispettosi;

3. il canale digitale : ossia la creazione di prodotti digitalizzati che permettano


di condividere esperienze o magari conoscenze professionali tramite blog,
portali,siti, video-gallery ecc. Interessante è l'esempio di Google che ha
realizzato un video di un paio di minuti che ricostruisce in modo
completamente digitale tutta la storia dell'impresa dalle origini fino ad oggi.

La scelta del canale è influenzata anche e soprattutto dal tempo in cui si


svolgerà la narrazione e dalla cultura dei destinatari.

Narrare attraverso questi diversi canali e media è un processo articolato e gli


strumenti utilizzabili al giorno d'oggi sono molteplici ma, affinché una strategia
mediatica sia di successo è importante che tenga conto di cinque funzioni a cui i
media dovrebbero fare riferimento :

 funzione affabulatoria : la storia e il medium dovrebbero soddisfare il


bisogno di evasione di un pubblico;

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 funzione bardica : la storia e il medium dovrebbero porsi come attivatori di
narrazioni sociali;
 funzione ritualizzante : la storia e il medium dovrebbero generare nuove
"scansioni della quotidianità" , permettendo l'istaurarsi di nuove
micropratiche rituali;
 funzione modellizzante : la storia e il medium dovrebbero permettere di
comprendere meglio il reale o di interpretarlo in modo nuovo,allargando gli
orizzonti di senso individuali e collettivi;
 funzione totemica : la storia e il medium sono chiamati a porsi come elementi
trans-generativi, cioè dovrebbero potersi fruire in una logica incrociata e
multipla.

Fondamentale è non solo scegliere un medium ma anche sviluppare la


strategia migliore per incrociare più media insieme di modo da rendere la narrazione
più memorabile e rimanere maggiormente impressi nella memoria del pubblico.
Infatti al giorno d'oggi un pubblico si può trovare dappertutto e per questo un passo
cruciale è quello di tentare con la propria storia di coprire il più ampio ventaglio di
audience possibile.

II.1 Digital Storytelling

Il Digital Storytelling, o narrazione realizzata tramite strumenti digitali, non è


altro che l'organizzazione di contenuti scelti dal web di modo da creare un sistema
coerente, retto da una struttura narrativa, per ottenere un racconto costituito da
molteplici elementi di diverso formato (video, audio, immagini, testi, mappe, ecc.).
Questa tipologia narrativa presenta alcune caratteristiche principali come:

 il fascino: poiché, trattandosi effettivamente di racconti, non si può non tener


conto del fascino che possiedono le storie;

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 la ricchezza e varietà di stimoli : dovuta alla grande quantità di
codici,personaggi,informazioni e formati diversi l'uno dall'altra che
interagiscono tra loro attraverso molteplici percorsi.

Specialmente nell'ambito del giornalismo,della politica,del marketing e anche in


quello della didattica, il digital storytelling rappresenta un ottima forma di narrazione
grazie alle sue doti comunicative.

Tipologie di Digital Storytelling :

Quali sono gli strumenti adatti per fare Digital Storytelling? In che modo il web,con
le sue innumerevoli applicazioni, consente la creazione di storie?

 Storytelling e Timeline : La realizzazione di "timeline", ossia una linea del


tempo, pone la narrazione sotto forma di eventi ordinati in maniera
cronologica. Le varie risorse individuate nel web intorno a un tema, un
evento, una problematica, un personaggio, vengono disposte in forma di
schede o slide, entro una successione cronologica rappresentata da una barra
e disposte secondo la cronologia opportuna. Alcuni strumenti atti a questo
scopo sono: Whenintime,Xitmeline,Timeglider ecc.
 Lo Storymapping : una forma di storytelling che,attraverso l'utilizzo di
mappe geografiche e immagini, crea, inserendo in esse diversi link a risorse
web relative ad una tematica particolare, un percorso navigabile. Mass media
e testate giornalistiche fanno spesso affidamento su tale forma di storytelling
per le loro inchieste e dossier. Servizi web di questo genere sono Build a
Map, Google Tourbuilder ecc.
 Visual Storytelling : è proprio attraverso l'utilizzo delle immagini che si
riesce a raccontare la storia in questo caso poiché le possibilità di utilizzo di
un’immagine sono svariate: queste possono,infatti, essere disposte in serie
come in una presentazione o slideshow e accompagnate da testi,dalla voce

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registrata di un narratore,da link,possono essere accompagnate da link a
risorse multimediali e/o dalla voce registrata di un narratore; possono inoltre
essere rese interattive di modo da poter aprire, con un semplice clic su di
esse, risorse presenti sul web; si può raccontare un’esperienza attraverso la
raccolta di immagini, tramite album o bacheche di immagini con tanto di
brevi didascalie. Questi sono alcuni servizi di visual storytelling che
esemplificano le diverse possibilità sopra elencate:
1. "Thinglink: immagini interattive
2. Narrable: immagini accompagnate da commento audio registrato
3. Meograph: storie in forma di slideshow, con video, animazioni, link e
registrazione voce
4. Pinterest: raccolte di immagini con didascalie11

 Video Storytelling : per questa forma di storytelling si utilizzano Servizi


Web o Browser Based in cui la storia viene realizzata manipolando dei video
inserendovi testo, link, immagini, annotazioni, , domande, ecc. e ne vengono
fuori dei veri e propri video interattivi che possono contenere al loro interno
elementi multimediali. Si possono usare,ad esempio, Metta,Popcorn
Maker,Storygami ecc.

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https://insegnantiduepuntozero.wordpress.com/2015/02/18/digital-storytelling-cose-come-
utilizzarlo-nella-didattica-con-quali-strumenti-si-realizza/

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Quando si parla di storytelling si intende un'effettiva tecnica narrativa che fa
leva su parole,suoni,emozioni e immagini per attirare l’attenzione del lettore, cliente
o seguace se parliamo di reti sociali. Con gli anni questa tecnica è diventata sempre
più usata e ad oggi,con il boom di internet stiamo conoscendo questa forma che
prende il nome di digital storytelling.

Si possono individuare otto passaggi fondamentali per la realizzazione di un prodotto


del digital storytelling :

1. Definire l'idea iniziale attraverso una breve descrizione;


2. Fare ricerche e raccogliere informazioni su cui poter poi costruire la storia;
3. Scrivere la storia definendo lo stile della narrazione;
4. Tradurre la storia in una sceneggiatura;
5. Registrare immagini, suoni, video;
6. Montare e ricomporre il materiale;
7. Distribuire il prodotto;
8. Raccogliere e analizzare i feedback.

II.1.2 Storytelling a scuola : perché scegliere il metodo


narrativo

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II.2 Transmedia storytelling

Tra le tipologie narrative del digital storytelling ho tralasciato quella del


transmedia storytelling per poterne parlare più approfonditamente in un nuovo
sottocapitolo.

Una narrazione transmediale è un insieme di storie che si sviluppano su più


piattaforme e media e in cui ogni medium coinvolto contribuisce in maniera
specifica ad una migliore comprensione della narrazione.

Grazie alla narrazione transmediale il pubblico ha la possibilità di entrare in


contatto con la narrazione e con il contenuto di base tramite una struttura più
integrale composta da diverse piattaforme mediatiche.

Secondo il sociologo Henry Jenkins13 , si tratta di "un processo nel quale


elementi integrali di una fiction vengono sistematicamente dispersi su molteplici
canali di distribuzione con lo scopo di creare una esperienza di intrattenimento
unificata e coordinata. Ogni medium, idealmente, offre il proprio specifico contributo
allo sviluppo della storia". Ad aggiungersi a questo processo troviamo spesso anche
una ricca raccolta di contenuti creati e prodotti dai fan che possono sia potenziare sia

13
Henry Jenkins è un accademico, un sociologo e un saggista statunitense che si occupa di media,
giornalismo e comunicazione.

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a volte complicare questa idea di "esperienza di intrattenimento unificata e
coordinata"

Jenkins stabilisce 7 principi fondamentali nel transmedia storytelling :

1. Spalmabilità vs. Penetrabilità (Spreadability vs. Drillability);


2. Continuità vs. Molteplicità (Continuity vs. Multiplicity);
3. Immersione vs. Estraibilità (Immersion vs. Extractability);
4. Costruzione di mondi (Worldbuilding);
5. Serialità (Seriality);
6. Soggettività (Subjectivity);
7. Performance.

Spalmabilità vs. Penetrabilità

Come primo punto mettiamo in contrasto i concetti di spalmabilità e


penetrabilità. Il primo concetto, coniato da Henry Jenkins, consiste nell'abilità di un
determinato contenuto di diffondersi nelle varie reti sociali. Jenkins fa una
distinzione tra spalmabilità e viralità affermando che ciò che è virale si diffonde nelle
reti sociali a prescindere dalla volontà di chi lo crea mentre la spalmabilità fa
riferimento ad un contenuto che viene diffuso volontariamente dal pubblico che si
impegna attivamente per far sì che questo circoli nella rete e aumenti di valore
economico e culturale.

Il secondo concetto, quello della penetrabilità, è stato proposto da Jason


Mittell14e, al contrario, fa riferimento alla capacità di un contenuto multimediale di
attirare l'audience e di invogliare i fan ad andare più a fondo nella scoperta della sua
storia e della sua complessità. Non vi è un'opposizione gerarchica tra il concetto di
spalmabilità e quello di penetrabilità. Semplicemente la differenza sta nell'impegno
culturale che essi implicano:

I media spalmabili raramente implicano lavori a lungo termine e riescono ad


attirare grandi quantità di utenti. Al contrario i media penetrabili coinvolgono meno

14
Jason Mittel è un docente al Midbury College negli Stati Uniti. Le sue ricerche si focalizzano su
temi come la storia della televisione, dei media, della cultura e dei nuovi media.

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persone ma richiedono molto più tempo, impegno ed energie per la creazione di un
prodotto.

Continuità vs. Molteplicità

All'interno di un cosiddetto universo narrativo è importante che ci sia il


concetto di continuità, ossia il principio di coerenza e di plausibilità dei suoi
contenuti. Ciò che i fan apprezzano maggiormente, visto il notevole investimento di
tempo ed energie da parte loro nel mettere insieme i pezzi nel tentativo di dargli un
senso, è proprio la coerenza e la presenza fissa di continuità. Grazie invece alla
molteplicità è possibile vedere personaggi ed eventi in prospettive nuove, esplorando
racconti alternativi all'interno dello stesso universo narrativo. Questa caratteristica
dà molto spazio al contributo dei fan e degli utenti in generale che hanno così modo,
senza troppi vincoli, di entrare nella narrazione trans-mediale.

Immersione vs. Estraibilità

Questi due concetti si riferiscono alla relazione che si viene a creare tra quella
che è la narrazione trasnmediale e la vita di tutti i giorni dei suoi fruitori.

Il concetto di immersione fa sì che gli elementi del mondo narrativo possano


uscire da esso ed entrare invece a far parte del mondo dello spettatore alimentandone
la sensazione di essere completamente immerso in tale universo narrativo.

L'estraibilità,invece, è ciò che permette ai fan di estrarre gli elementi che più
amano di un universo finzionale e di trasportarli nel mondo reale. Un esempio può
essere costituito dai parchi di divertimento a tema, come quello dedicato ai supereroi
della Marvel o al mondo di Harry Potter.

Costruzione di mondi

Quando si parla del concetto di costruzione di mondi è importante evidenziare


una caratteristica fondamentale della narratività transmediale: è molto più importante
porre l'attenzione sulla costruzione di un mondo o universo narrativo piuttosto che

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concentrarsi su una trama specifica. Questo perché creare un vero e proprio mondo
rende possibile lo sviluppo di trame parallele ma diverse tra loro che si svolgono
tutte nello stesso universo che è comprensibile nella sua interezza solo se si tiene
conto di tutti i media coinvolti nella costruzione di esso. La peculiarità di questo
concetto è che il senso fondamentale dell'opera può essere appreso anche se non si
conoscono tutte le trame e tutte le parti di essa. Il precursore di questo concetto è
J.R.R. Tolkien che all'interno di un unico mondo, in questo caso la Terra di Mezzo,
ha sviluppato le narrazioni dei suoi romanzi in trame completamente diverse ma
accomunate dallo stesso universo narrativo. (Lo Hobbit del 1937 e il Signore degli
Anelli del 1954-1955).

Serialità

Il concetto di serialità può essere spiegato tramite la distinzione tra storia e


trama: mentre la storia è ciò che ricostruiamo nella nostra mente dopo aver assorbito
tutti i pezzi di informazione possibili, la trama si occupa di prendere questi pezzi ed
organizzarli in un percorso sequenziale. La serialità, dunque, crea pezzi di racconti
dotati di senso e organizza la storia complessiva su diversi episodi ognuno collegato
al successivo. Nel racconto transmediale la serialità è portata all'estremo poiché non
solo si disperde la storia in episodi ma si fa anche in modo che questi ultimi siano
distribuiti non più solo sullo stesso medium ma su diversi media.

Soggettività

Quando una storia viene raccontata da più punti di vista individuali si parla di
soggettività. Questo accade, ad esempio, quando si affida un racconto parallelo ad un
personaggio secondario. La soggettività permette di sviluppare ulteriormente una
storia offrendo una maggiore comprensione dei diversi personaggi e delle loro
vicende. Nel transmedia storytelling questo principio può essere utilizzato
raccontando la soggettività di ciascun personaggio utilizzando,ad esempio, medium
diversi per ognuno.

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Performance

L'ultimo principio è quello della performance: la narrazione transmediale


chiama in qualche modo i fan a contribuire all'universo finzionale con delle proprie
produzioni. Gli utenti possono quindi produrre proprie performance creative
rispondendo a quelli che Jenkins definisce "cultural activators", ossia elementi
presenti nella narrazione che spingono e invitano lo spettatore a partecipare e ad
espandere l'universo narrativo. Un esempio può essere la mappa di Lost, mostrata
durante un episodio della seconda stagione, che i fan hanno ricreato e reso
disponibile online o i video su Youtube dove le persone reinterpretavano delle
performance di Glee ballando o minando in playback i vari numeri musicali.

Negli anni '90, grazie alla diffusione di internet, si è iniziato a pensare a come
raccontare storie al pubblico utilizzando più piattaforme contemporaneamente. Un
esempio potrebbe essere quello dell'alternate reality game (ARG), ossia un gioco che
collega internet alla realtà tramite numerosi strumenti web(siti,blog,.email) e che
consiste in una storia misteriosa in cui il giocatore riceve indizi legati al mondo reale
(come monumenti o veri e propri oggetti nascosti in località specifiche).

Solitamente questi giochi, soprattutto negli Stati Uniti, vengono creati come
veicolo promozionale per prodotti o servizi.

Uno dei primi esempi di transmedia storytelling può essere Matrix. La storia
si sviluppa su vari media : tre film,una serie di cortometraggi animati,due collezioni

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21
di storie a fumetti e diversi videogiochi. Un aspetto ancora più caratterizzante è dato
dal fatto che ogni medium è stato utilizzato da diversi autori per cui la costruzione
della trama è frutto della collaborazione di più autori. Matrix rappresenta un primo
archetipo di narrazione transmediale; non si ha quindi un unico testo di partenza per
comprendere la storia di Matrix ma per capirlo è necessario raccogliere le
informazioni disseminate per tutti i media coinvolti.

Un altro perfetto esempio di transmedia storytelling è costituito dalla serie


televisiva Lost. La struttura principale è la serie tv che godeva di una buona fama e
aveva una gran quantità di fan estremamente entusiasti e coinvolti. Questi fan erano
così coinvolti nei misteri dell'isola da arrivare a dare vita all'enciclopedia
"Lostpedia". I creatori ed i produttori della serie hanno inoltre creato un
ARG(Alternate Reality Game), The Lost experience 44 nel quale si svelavano degli
indizi per risolvere piccoli enigmi di minore importanza. La serie è inoltre integrata
con libri, puzzle, spot pubblicitari, web video, e falsi siti web, come ad esempio il
sito della compagnia aerea finzionale Oceanic (ossia la compagnia dell'aereo che
precipita nella prima stagione sull'isola), dove è possibile per i fan trovare nuovi ed
inediti indizi.

Ecco alcuni esempi di narrazione transmediale nei diversi media :

Nel cinema :

 Star Wars (1977-2016): saga cinematografica, romanzi, fumetti, giochi di ruolo,


 Matrix (1999-2003): film, cortometraggi, videogiochi, fumetti.

Nelle serie Tv :

 Lost(2004-2010): serie,Alternate Reality Game, sito web.


 Glee (2009-2015): serie,videogiochi, album.
 Agents of S.H.I.E.L.D (in onda dal 2013): collegamento con i film del Marvel
Cinematic Universe

In libri, romanzi e fumetti :

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 The Walking Dead (in onda dal 2003): serie televisiva.

Nei videogiochi :

 Assassin's Creed (serie dal 2007): fumetti, romanzi, film (cortometraggi e


lungometraggi).

Anche i professionisti del marketing e della pubblicità hanno fatto uso del
transmedia storytelling di modo da poter pubblicizzare prodotti e servizi su più
media possibili creando intorno ad essi un vero e proprio universo. Uno degli esempi
più rappresentativi di campagne pubblicitarie transmediali è Happiness Factory,
ideata da Jeff Gomez nel 2010 per la Coca Cola.

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23
I vari media e le piattaforme comunicative utilizzabili per interagire con il
pubblico hanno la caratteristica di essere ben diversi tra loro. È perciò fondamentale
che colui che sceglie di comunicare qualcosa sia in grado utilizzare ognuno di essi,
integrandoli tra loro e sfruttando le potenzialità di ciascun mezzo in maniera efficace
di modo da poter offrire al destinatario un'esperienza globale e di successo.

Un altro esempio, quindi, oltre a quello della Coca Cola, può essere quello
della meno conosciuta compagnia assicurativa americana Aflac. Nel gennaio 2013 la
compagnia decise di realizzare e diffondere uno spot, andato in onda inizialmente
solo durante l'intervallo di una famosa partita di football nel quale appariva come
protagonista Aflac Duck, la papera testimonial della compagnia, disteso su un letto
d'ospedale a causa di un infortunio.

In questo spot Aflac ha cercato di trattare un argomento centrale per la


compagnia, ossia l'imprevedibilità di infortuni ed incidenti, aggiungendo un

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approccio originale e simpatico reso anche coinvolgente dalla presenza del tenero
papero.

Lo spot fa al caso nostro quando parliamo di transmedia storytelling perché,


come parte dell'iniziativa, alla messa in onda dello spot è seguita la creazione di un
sito apposito per permettere alla gente di inviare degli auguri di pronta guarigione per
Aflac Duck personalizzabili dall'utente: In soli due giorni e mezzo la papera è
riuscita a ricevere più di quattromila biglietti di auguri. L'intera narrazione ha
continuato ad andare avanti spostandosi anche su altri social network come Twitter e
Facebook, dove post con aggiornamenti sulla salute del povero pennuto ed altri
contenuti hanno seguitato ad apparire. Nel 2015, a distanza di 2 anni dall'evento, il
successo di questa iniziativa era stato così elevato che il profilo Twitter del papero
contava quasi 69mila follower e ancora oggi si aggira su quella cifra.

Il segreto di questa campagna comunicativa, e bene o male di tutte quelle che


seguono i principi dello storytelling, risiede nella conoscenza di due elementi
fondamentali:

 Le caratteristiche dell'audience che verrà raggiunta da questa campagna;

 Gli interessi di tale audience di modo da poter spingere il destinatario a


partecipare e lasciarsi coinvolgere da ogni eventuale iniziativa transmediale.

Come ultimo esempio a questo riguardo porto la campagna del 2013 della
Ferrero "Nutella sei tu". L'iniziativa consisteva principalmente nel rendere i barattoli
di nutella personalizzabili con il nome dell'acquirente, di modo da attirare
l'attenzione e fidelizzare il consumatore. Anche qui, grazie allo storytelling, è
possibile seguire una storia tramite lo spot pubblicitario per poi ampliarla tramite lo
storytelling transmediale.

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25
Lo spot pubblicitario mandato in onda in televisione segue la vita di un
personaggio, Stefano, da quando era un bambino fino all'età adulta, mostrando scene
della sua vita e tutti i modi in cui è stato chiamato dalle varie persone che ha
incontrato nel corso degli anni. Si passa dalla mamma alla sorellina che storpia il
nome di Stefano, le varie fidanzate e i nomignoli tipici tra innamorati, il capo e i
colleghi di lavoro che si riferiscono a lui come "quello nuovo", la moglie che lo
chiama "amore" e così via. Passando in rassegna momenti importanti della vita come
quello del matrimonio, del primo giorno di lavoro, della prima volta che si viene
chiamati papà da un figlio si mette in atto la tipica tecnica dello storytelling che mira
ad un coinvolgimento emotivo dello spettatore, volto ad instaurare un legame tra lui
e il brand. Proprio a questo scopo lo spot si conclude con il messaggio finale "per noi
rimarrai sempre Stefano" mostrando il barattolo di Nutella personalizzato con il
nome dell'uomo ormai adulto.

La campagna si avvale della strategia dello storytelling transmediale poiché si


sviluppa, non solo sotto forma di spot pubblicitario, ma anche sotto forma di
iniziativa di marketing tramite social network del calibro di Facebook e Instagram, di
un sito web dove è possibile venire a conoscenza di tutte le iniziative e i contenuti
della campagna,di eventi organizzati in tutta Italia e addirittura sotto forma di App di
Facebook, la Youtella App.

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Un'iniziativa importante è stata quella del Buongiorno Entusiasmo Tour,
un'operazione pubblicitaria che ha portato degli enormi scivoli rossi in moltissime
città italiane per attirare più persone e far sì che l'iniziativa restasse impressa nella
memoria. Trattandosi questa di una narrazione transmediale l'idea è stata proprio
quella di spingere coloro che accettavano di fare un giro sullo scivolo a condividere
su piattaforme come Facebook e Instagram le loro foto mentre si divertivano sullo
scivolo.

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27
Per quanto riguarda,invece, l'app di Facebook Youtella, la particolarità che
spingeva le persone ad interagire con la campagna era la possibilità che l'app offriva
di creare una cover o un'immagine del profilo personalizzata con il proprio nome ed
il barattolo di Nutella di modo da promuovere e diffondere l'iniziativa anche sul
social network.

Ciò che rende quindi un prodotto di storytelling efficace è la capacità da parte


del mittente di generare facilmente attenzione nei confronti del messaggio che vuole
comunicare ingegnandosi nella creazione di storie avvincenti e di qualsiasi tipo di
contenuti che corrispondano agli interessi e alle preferenze del target che vuole
colpire.

Si può quindi definire un buon storyteller colui che, qualunque sia lo scopo
della comunicazione, riesce ad arrivare al pubblico, al consumatore o ad un qualsiasi
destinatario in maniera efficace ed empatica, destandone l'interesse e spingendolo a

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28
voler partecipare spontaneamente alla narrazione portandolo spesso ad affezionarsi
più velocemente e ad apprezzare maggiormente la relazione con lui.

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29
III. Lo "Storyselling" e il consumo

Anche se non nel modo in cui siamo abituati a vederla oggi, la pubblicità
esisteva già dall'antichità in varie forme e si è evoluta sempre di più nel tempo fino a
divenire fondamentale per la nostra società.

A Pompei, per esempio, è ancora possibile, nonostante la devastazione


provocata dal vulcano nel 79 d.C., trovare scritte sui muri delle case romane che
rappresentavano veri e propri inviti a votare per un certo partito politico o insegne di
una bottega che mostrano le fasi della lavorazione della stoffa, per pubblicizzarne la
qualità. Per quanto assurdi possano sembrare,questi resti sono la riprova che la
pubblicità iniziava già a divenire parte integrante della società del tempo.

La situazione cambia drasticamente con l'invenzione della stampa in Europa


grazie al tedesco Johannes Gutenberg nel 1455. Pochi anni dopo, più precisamente
nel 1479, il tipografo britannico William Caxton diffonde per la prima volta un
opuscolo per promuovere le sue pubblicazioni, mentre i primi antenati dei volantini
iniziano a circolare nelle città europee all'inizio del Cinquecento. Un esempio
particolare è quello della Germania, dove, per invogliare le persone a prendere parte
alla lotteria, si inizia a disegnarne i premi.

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30
Nel 1630 appare il primo annuncio pubblicitario successivo all'invenzione
della stampa e viene inserito in un giornale d'epoca in cui era riportato
semplicemente il nome del prodotto.

La comunicazione pubblicitaria segue parallelamente le esigenze


economiche, sociali, politiche e culturali di un paese. L'Italia della fine del XIX
secolo dipendeva ancora prevalentemente da un'economia agricola, era estremamente
povera e le differenze socio-economiche fra Nord e Sud del paese erano ancora nette.
Le prime comunicazioni pubblicitarie (al tempo chiamate réclame) iniziano a
diffondersi con la nascita dei giornali tra la metà dell'Ottocento e gli inizi del
Novecento. Sulle ultime pagine dei quotidiani, quali la "Domenica del Corriere", la
"Tribuna Illustrata" e l' "Illustrazione Italiana", appaiono i primi annunci
pubblicitari.

Agli inizi la pubblicità veniva fatta principalmente con solo testi e disegni,
nonostante la maggior parte della popolazione fosse analfabeta e non erano in molti a
potersi permettere il lusso di comprarsi un giornale ogni giorno. Per questo la
pubblicità era estremamente semplice ed immediata, caratterizzata principalmente da
testi brevi e da verbi all'imperativo come : «Bevete...», «Prendete...», «Al vostro
farmacista chiedete...».

Negli Stati Uniti, quando negli anni '20 si iniziava a diffondere la radio nelle
case, era considerato inopportuno inserire messaggi pubblicitari durante le
trasmissioni poiché si riteneva che non dovessero arrivare all'interno delle case dei
cittadini, essendo queste dei luoghi privati da non invadere. Fu il programma di
successo "Amos 'n' Andy" ad infrangere questa sorta di regola trasmettendo per la
prima volta delle interruzioni pubblicitarie nel corso del programma.

Con la rivoluzione industriale ed il notevole aumento nella produzione di


merci la pubblicità è divenuta sempre più essenziale fino a diventare quella che
conosciamo noi oggi. Questo fenomeno coinvolge masse enormi di persone ed è
un'industria che investe ingenti capitali, impiega intelligenze sopraffine e dà lavoro a
milioni di persone.

La svolta narrativa delle scienze sociali ha coinciso con l'esplosione di


Internet a metà degli anni 90 e questo ha contribuito a favorire la rapida diffusione

42

31
dello storytelling in numerose discipline. Sempre più ONG*,agenzie governative e
grandi aziende hanno iniziato a scoprirne l'efficacia : "la NASA,Verizon,Nike, e
Lands End considerano lo storytelling come l'approccio oggi più efficace negli
affari" constatava nel 2006 Lori L. Silverman, consulente americana in
management.15 Per capire la connessione tra storytelling e consumo è necessario
comprendere che,al giorno d'oggi, prima si comprano le storie dei prodotti e poi si
comprano i prodotti, prima si fa propria la storia di un candidato politico e poi lo si
vota. Questa è ormai la realtà degli oggetti di consumo e del mercato : sono diventati
pura narrazione. Il consumo contemporaneo ormai fa affidamento principalmente su
comunicazione,pubblicità e influenzamento del pubblico.

Eric Fromm16 diceva "è molto meglio essere che avere". Oggi, a quanto pare,
non è più così. Consumiamo, non tanto per fare colpo sugli altri e mostrare il nostro
status sociale, ma per costruirci un'identità basata su una storia, e spesso la nostra
storia è costituita in gran parte da ciò che possediamo.

Naturalmente l'economia,la politica, la pubblicità e così via devono adattarsi a


questo nuovo tipo di consumo e a questo nuovo tipo di società. Non è più importante
solo la qualità di un oggetto ma soprattutto la storia con cui lo si presenta.

Nella vita di tutti i giorni siamo circondati da numerose "strategie del


racconto" : basti pensare ai politici che, attraverso il racconto dei loro programmi,
riescono ad instillare dubbio, paura o speranza a loro piacimento. Ma le tecniche
narrative sono davvero ovunque intorno a noi : nelle campagne mass-mediatiche
delle agenzie comunicative, in TV, sul web, nella comunicazione e promozione dei
brand da parte degli esperti della pubblicità fino ad arrivare alla nostra mente, la
nostra memoria e al nostro modo di raccontare noi stessi anche semplicemente
quando conosciamo una persona nuova.

Le strategie del racconto si applicano a moltissimi aspetti ma i più comuni sono:

15
(C. Salmon, op cit. , p.9 )

16
Eric Fromm è stato uno psicologo, sociologo, filosofo, psicanalista ed accademico tedesco.

43

32
 gli individui : tutti noi siamo continuamente chiamati a raccontarci,
anche quando ci presentiamo ad un colloquio di lavoro;
 le organizzazioni e le istituzioni : ad oggi le organizzazioni, che siano
profit o non profit, devono costruirsi un'identità e un marchio,
raccontare una storia ed un'identità d'impresa per mantenere una
propria coerenza e generare sentimenti di fiducia tra le persone. Basti
pensare a come,ormai, anche i territori, le località turistiche, vengano
pubblicizzate attraverso video-storie per trasmettere la vera essenza
del luogo ed attirare flussi di turisti;
 Prodotti e servizi: gli oggetti, siano essi tangibili o non, si basano oggi
su una dimensione simbolica che va ben oltre l'oggetto stesso.
Prodotti come la Coca Cola o la Nutella non sono solo cose da
comprare ma sono ormai simboli di generazioni e della nostra
comunità.

Nonostante questi tre elementi siano ben distinti tra loro la tecniche della
narrazione non variano molto, sia che vengano usate per raccontare le gesta di un
personaggio mitologico, sia che servano a pubblicizzare un prodotto o un
personaggio pubblico.

L'importante è seguire delle "regole" per quanto riguarda la tecnica narrativa da


usare:

 comprendere il momento narrativo di consumo dell'audience;


 definire scopo e temi fondamentali della propria narrazione;
 rendere la storia più dinamica utilizzando diversi stili di narrazione e tecniche
del racconto;
 decidere quali media e strumenti utilizzare per la diffusione della narrazione;
 scegliere il tipo di linguaggio adatto;
 stabilire quali e quante siano le risorse economiche disponibili.

L'economia odierna, sempre più basata sulla narrazione, per essere efficace ha
bisogno di studiare la società, le sue abitudini e i bisogni maggiori di ogni
determinato periodo. Nella nostra vita, infatti, tutti noi attraversiamo delle fasi in cui

44

33
siamo maggiormente concentrati su degli aspetti piuttosto che su altri, e abbiamo
determinati bisogni che magari fino a poco tempo prima non avevamo. Il consumo
deve adattarsi a queste nostre fasi, studiarle, capirle e offrirci esattamente ciò di cui
sentiamo e crediamo di avere così tanto bisogno.

Ma non siamo arrivati a questo momento ed a questo tipo di economia dal


nulla. Abbiamo alle spalle una lunga storia del prodotto, del suo logo e,
naturalmente, della sua narrazione.

III.1 Prodotto, logo e storia

Negli anni Novanta e agli inizi del 2000, secondo gli esperti di marketing, a
dominare il mondo del mercato e delle vendite non era il prodotto di per sé, ma il
marchio che lo rappresentava. Durante quegli anni un brand famoso significava
fedeltà : chi era appassionato del marchio Ford guidava solo Ford per tutta la vita, chi
acquistava una macchina da cucire acquistava solo Singer e questa fedeltà si
trasmetteva di generazione in generazione. Sul proprio marchio un'azienda poteva
puntare tutto, poteva considerarlo il simbolo della sua identità. Agli inizi degli anni
Duemila la situazione appariva ancora invariata : le grandi imprese continuavano ad
investire miliardi in campagne pubblicitarie basate sul loro logo e si continuava a
credere che marchi come Coca Cola e IBM potessero continuare a produrre enormi
profitti per decenni.

Nel giro di una decina di anni le cose si sono evolute completamente. Se


prima il marketing osannava i marchi e i brand adesso questi iniziavano a perdere
potere, sostituiti dalle storie. Come disse William Ryan, l'uomo che ha modificato
totalmente l'immagine della Apple in occasione dell'uscita dell'iMac, "Siamo entrati
nell'era della narrazione". La più grande sfida per le aziende era a quel punto
diventata quella di trovare il modo migliore per comunicare la propria storia nella
maniera più efficace possibile.

45

34
Secondo il NDP Group, società americana di indagini di mercato, intorno alla
metà dei consumatori che nel 2003 affermavano di essere fedeli ad una marca non lo
era più già dopo un anno. Questa nuova instabilità dei consumatori minava le grandi
imprese rendendole fragili e portando alcune a perdere il loro potere e il loro valore
commerciale in maniera brusca e netta. Un esempio può essere la Nokia che, mentre
nel 2002 si trovava al sesto posto nella classifica mondiale delle marche, l'anno
successivo ha perso sei miliardi di dollari a causa di un repentino crollo delle vendite.

Già dagli anni Novanta si vennero a creare veri e propri movimenti


antimarchio, attivisti di ogni tipo che contestavano la dittatura del logo sulla vita
della società, il dare etichette ad ogni attività umana di natura commerciale o non
commerciale e la commercializzazione attraverso il branding di tutto, anche delle
ONG comunitarie e delle battaglie ideologiche.

Queste contestazioni colpirono anche il grande marchio della Nike : a partire


dal 1995 nei grandi paesi industrializzati si iniziano a condurre numerose inchieste in
Africa, in Asia e il America Latina per scoprire quali fossero le condizioni di lavoro
di coloro che fabbricavano i vestiti e le comode scarpe Nike. Ciò che ne venne fuori
fu una pubblicità estremamente negativa per l'azienda : in Cina come anche in
Indonesia e in Vietnam gli operai ricevevano una paga ben al di sotto del salario
minimo legale, lavoravano spesso sette giorni alla settimana sopportando turni che
potevano raggiungere anche le dodici ore al giorno.

46

35
Le condizioni di lavoro negli sweatshop, letteralmente laboratori del sudore,
della Nike divennero rapidamente note in Canada, in Australia, in Europa, negli Stati
Uniti. Phil Knight, amministratore delegato della Nike, prese la parola in una
conferenza stampa nel maggio 1998 a Washington annunciando che sarebbero state
messe in atto una serie di iniziative allo scopo di migliorare le condizioni di lavoro
agli operai Nike in tutto il mondo. Knight stesso affermò che i prodotti Nike ormai
erano diventati sinonimo di "salari da schiavi,lavori forzati e abusi".

Queste iniziative, però, sarebbero servite solo a mettere a tacere lo scandalo


degli sweatshop ma il problema rimaneva fondamentalmente un altro : come fare a
conferire nuovamente prestigio al nome della Nike?

Di una cosa si era certi : il marchio ormai era irrimediabilmente danneggiato.


Si decise,perciò, di tornare alle vere e proprie basi del marketing , la cui funzione
fondamentale è una : vendere. Questo obbiettivo si può raggiungere in vari modi ma
quello migliore a questo punto sembrava essere attraverso il coinvolgimento emotivo
e duraturo del consumatore. Per molti anni i marchi erano stati in grado di farlo
egregiamente, basti pensare alla mela della Apple, ma i legami che questi marchi
creavano con il consumatore erano estremamente fragili.

Alla fine degli anni Novanta, infatti, il nome, lo slogan, i prodotti e


soprattutto il marchio della Nike provocavano tutto un altro effetto sugli ex
consumatori più fedeli. L'azienda ormai si era invischiata in un racconto infamante

47

36
fatto di sfruttamenti e condizioni di lavoro impossibili e le orribili storie dietro il suo
marchio avevano ormai fatto il giro del mondo. Urgeva trovare una soluzione e
cancellare dalla mente dell'opinione pubblica queste brutte storie sostituendole con
storie edificanti.

Nel 1999 la Nike decise di commissionare uno studio ad alcuni ricercatori


universitari americani. Uno di loro, David M. Boje, aveva partecipato alle campagne
contro la Nike e sosteneva che le imprese fossero organizzazioni narrative, percorse
da molteplici racconti, terreno di un dialogo costante tra narrazioni che si
oppongono o si completano.17 Secondo lui era fondamentale che un'organizzazione si
impegnasse a comunicare sia all'interno sia all'esterno tramite strategie che
alternassero narrazione a contronarrazione.

Ai racconti di sfruttamento bisognava opporre nuovi racconti, una


contronarrazione. Per difendere la propria reputazione la Nike aveva bisogno di
diffondere storie diverse : riformando la politica del lavoro e impegnandosi nella
difesa dell'ambiente la Nike creava una nuova identità narrativa per se stessa
cambiando,così, il proprio racconto.

A partire dagli anni Duemila, perciò, i responsabili delle grandi aziende,


soprattutto americane, si immersero in una vera e propria campagna di ricostruzione
narrativa delle proprie marche. Molti smisero di rivolgersi agli esperti di marchi per
optare per i guru dello storytelling a cui tanti teorici del branding iniziarono a
convertirsi. Ashaf Ramzy, un importante consulente in marketing che possiede
un'agenzia chiamata "Narratività" ad Amsterdam afferma che "La gente non compra i
prodotti, ma le storie che questi prodotti rappresentano. Così come non comprano
marche, ma i miti e gli archetipi che queste marche simboleggiano."

Secondo gli esperti di marketing non è più sufficiente far sì che una marca
diventi famosa e conosciuta da una grande quantità di consumatori anonimi, al
contrario bisogna creare una relazione emozionale tra una marca e coloro che ne
comprano i prodotti. A tale scopo è necessario che le marche ritrovino e propongano
un'identità coerente e forte che riesca a raggiungere sia i consumatori sia tutti i

17
(ivi, p. 30)

48

37
collaborati dell'azienda : dipendenti,investitori,fornitori ecc. Riuscirci è possibile se
si costruisce un racconto coerente in cui condensare tutti gli elementi costitutivi di
tale azienda : la sua storia,la natura dei suoi prodotti,la qualità del servizio offerto
alla clientela, i rapporti tra collaboratori e colleghi, l'atteggiamento nei confronti
dell'ambiente e molto altro ancora.

Abbiamo visto, quindi, come in meno di 15 anni il marketing abbia


attraversato diverse fasi. Si è passati infatti dai prodotti ai loghi e poi dai loghi alle
storie. Naturalmente marche e loghi esistono ancora e sono sempre presenti, ma ad
attrarci adesso non è più lo status che essi ci conferiscono ma le storie che ci
raccontano.

Quando si ha un prodotto che è perfettamente uguale ad un altro i metodi per


vincere la concorrenza sono più di uno : o si abbassa il prezzo, o si aggiunge valore
al prodotto raccontandone la storia e rendendolo, così, unico. Poiché i consumatori di
oggi sono esposti in media a circa 3000 messaggi commerciali e pubblicità al giorno,
le marche che vogliono spiccare hanno necessariamente bisogno di distinguersi
raccontando magari una storia originale,onesta, tanto accattivante da spingerci a
volerne fare parte.

Naturalmente, nonostante la grande efficacia dello storytelling nel marketing,


non tutti ne hanno un'opinione positiva. È il caso, ad esempio di Seth Godin, scrittore
e imprenditore statunitense che afferma che "Chi si occupa di marketing appartiene a
una razza particolare di bugiardi. Costoro mentono al consumatore perché così vuole
il consumatore". Ad esempio aggiunge "Ci sono neomamme persuase che la felicità
stia nell'ultimo prodotto uscito per la cura del bambino,ci sono appassionati di
bodybuilding convinti che il nuovo integratore nutrizionale permetterà loro di avere
un corpo perfetto". Per concludere afferma che "Le storie ci permettono di mentire a
noi stessi e soddisfano i nostri desideri. Il consumatore trae soddisfazione non dal
bene o dal servizio, ma dalla storia che lo accompagna".

Altri invece sostengono pienamente lo storytelling e affermano che gli esperti


di marketing dovrebbero farsi storyteller e non ragionare più secondo "piani
strategici" ma concepire la marca come un racconto e le campagne pubblicitarie

49

38
come vere e proprie "sequenze narrative" da proporre non più a consumatori ma ad
una vera e propria audience.

III.2 Il linguaggio e il potere della pubblicità

Il linguaggio pubblicitario, dovendo essere compreso da tutti, o quasi tutti i


consumatori, presenta una grande varietà linguistica. Nel 1966 il linguista e
semiologo russo, a cui si deve lo studio della teoria della comunicazione linguistica,
Roman Jakobson (1886-1982), individua sei funzioni del linguaggio. Queste sei
funzioni sono fondamentali per l'analisi del linguaggio pubblicitario.

Questa teoria, che è anche la sua più nota, suddivide le funzioni del
linguaggio in :

1. Funzione referenziale, informativa o denotativa (attenzione centrata sul


contesto);
2. Funzione emotiva o espressiva (attenzione posta sull'emittente);
3. Funzione fàtica o di contatto (per stabilire, mantenere o interrompere il
contatto con un’altra persona);
4. Funzione conativa, interattiva o persuasiva (il focus è sul destinatario);
5. Funzione poetica (influisce sulla forma della comunicazione);
6. Funzione metalinguistica (utilizzata dalla lingua per riflettere sulla lingua
stessa).

Il linguaggio pubblicitario può essere analizzato seguendo tale classificazione


poiché ogni pubblicità contiene, almeno potenzialmente, tutti i fattori della
comunicazione ed anche tutte le funzioni. Lo stesso Jakobson afferma: “In ogni
messaggio possono coesistere e sovrapporsi tutte queste sei funzioni, o comunque
molte di esse, anche se generalmente una soltanto diventa predominante nella

50

39
struttura gerarchica che viene a formarsi e sulla quale si fonda l’unicità di ciascun
messaggio”.

Nonostante possa apparire paradossale la pubblicità fa raramente affidamento


alla funzione referenziale : il messaggio fornisce informazioni sul prodotto come
nome della marca e immagine di esso ma non si presenta quasi mai come pura
informazione.

Una delle più presenti nel linguaggio pubblicitario è sicuramente la funzione


emotiva. Essa ha a che fare con la capacità dell'emittente di esprimere le proprie
emozioni e la propria identità all'interno del messaggio pubblicitario. Con il passare
del tempo l'aspetto emotivo e persuasivo della pubblicità non ha fatto che aumentare
facendo sempre più leva su fattori emozionali in grado di indurre comportamenti e
scelte del consumatore basate sulla persuasione. A questo proposito Calabrese (1975)
afferma che “tale funzione si esprime per lo più attraverso le interiezioni e le frasi
esclamative. In pubblicità tutto ciò è pienamente realizzato attraverso frasi che
manifestano lo stupore, la meraviglia per le doti e le prestazioni di un prodotto”.

Anche tramite una funzione fàtica o di contatto è possibile per un messaggio


pubblicitario suscitare emozioni nel destinatario. Essa ricorre ad elementi emotivi di
modo da attrarre lo spettatore e creare un contatto coinvolgendolo emotivamente. Si
tratta quindi di una funzione essenziale poiché si basa sullo slogan per attirare
attenzione e interesse da parte di un pubblico ormai già fin troppo sommerso da
infinite quantità di messaggi pubblicitari ogni giorno. Prendiamo ad esempio
l’azienda Apple, con il suo slogan “Think Different” : è chiaro come voglia attirare
l'attenzione dei consumatori affermando di non vendere solo prodotti ma vere e
proprie innovazioni.

La funzione probabilmente più importante nell'ambito del linguaggio della


pubblicità è la funzione persuasiva o conativa. Essa è infatti incentrata sul dare
ordini, consigli e sull'utilizzo dell'imperativo per indurre l'emittente ad acquistare un

51

40
determinato prodotto o scegliere un determinato servizio . Un esempio può essere lo
slogan della Coca Cola "Bevi Coca Cola!" o "Passa a Vodafone!" della Vodafone.

La funzione estetica o poetica è anch'essa estremamente importante nei


messaggi pubblicitari, poiché si focalizza sulla forma del messaggio e sul modo in
cui esso è realizzato. Secondo Eco (1972) “insieme alla componente emotiva quella
estetica è la più importante. L’uso della figura retorica ha innanzitutto finalità
estetiche. Vige nella pubblicità il precetto barocco per cui è del poeta il fin la
meraviglia”. Infatti, ciò che rende la comunicazione memorabile è proprio l'aspetto
estetico del messaggio e della forma in cui è posto. Anche Sabatini (1968) si
sofferma in modo particolare su questa funzione, sottolineando come la pubblicità,
per attirare l’attenzione di un pubblico generalmente distratto, utilizzi spesso come
modello la letteratura. Secondo Sabatini la pubblicità ricalca i moduli espressivi e
ritmici della poesia italiana contemporanea da autori come Ungaretti o Quasimodo
alle tecniche del futurismo.18

Anche se raramente, il messaggio pubblicitario può svolgere una funzione


metalinguistica. Si tratta di una funzione in genere assente dai messaggi pubblicitari
anche se ci sono esempi di annunci pubblicitari in cui il messaggio si riferisce a se
stesso o alla pubblicità (ad. es. "Basta pubblicità" o "Attenzione! La pubblicità può
essere pericolosa per il vostro portafoglio e per il vostro cervello").19

Una conclusione chiara a questo punto è che non esiste una funzione
prevalente nel linguaggio pubblicitario. Nessun messaggio può essere solo fàtico,solo
referenziale o solo poetico ma, per poter ottenere un messaggio pubblicitario efficace
e di successo si ha bisogno di tutte queste funzioni insieme, ognuna nella misura
necessaria..Le funzioni del linguaggio possono quindi essere compresenti e
manifestarsi a tutti i livelli.

18
https://linguaggioetraduzionenellapubblicita.wordpress.com/il-linguaggio-della-pubblicita/
19
http://web.tiscali.it/a_fianda/it/lgp/c2.html

52

41
Allo scopo di persuadere il destinatario il linguaggio pubblicitario si affida a
due strategie secondarie :

o Punta al coinvolgimento del destinatario, affidandosi alla funzione conativa


della lingua;
o Mira all’esaltazione del prodotto e delle sue caratteristiche grazie alla
funzione estetica o poetica della lingua, mettendo quindi ad esempio in risalto
i colori di tale prodotto o utilizzando una musica di sottofondo
particolarmente coinvolgente e che "entri facilmente in testa".

Per raggiungere un range sempre più ampio di persone la pubblicità si è


dovuta adattare a diverse varietà di linguaggio e di espressioni, come anche di segni,
immagini,parole,numeri. Non solo, il linguaggio è arrivato a comprendere anche
parole provenienti da lingue straniere, soprattutto dall'inglese, e a toccare anche
svariati registri come quello colloquiale e linguaggi settoriali come quello scientifico
e quello medico.

Allo scopo di attirare l'attenzione il più possibile, spesso la pubblicità


trasgredisce le regole linguistiche utilizzando tecnicismi che non le appartengono o
addirittura facendo uso del cosiddetto "fantalinguaggio" , ossia un linguaggio ludico
che,appunto, gioca con le parole per renderle ancora più espressive, talvolta
inventandole completamente.

Un altro elemento importante del messaggio pubblicitario è la ripetizione


dello stesso. È fondamentale per il linguaggio pubblicitario formulare una
comunicazione rapida ed efficace, limitando la lunghezza del messaggio per evitare
di annoiare il destinatario e assicurandosi che esso sia più conciso possibile. La
ripetizione del messaggio, dunque, fa in modo che questa comunicazione breve ma
efficace resti impressa nella mente delle persone, che queste lo vogliano oppure no.

Il messaggio di per sé, infatti, non basta : nonostante risulti spesso irritante
per il destinatario, la ripetizione del messaggio fa parte della struttura della

53

42
comunicazione pubblicitaria poiché essa mira ad attirare l'attenzione di tutti, anche di
chi spontaneamente non mostrerebbe alcun interesse a ricevere informazioni riguardo
quello specifico messaggio. È quindi una pratica comune a tutte le strategie
pubblicitarie quella di affidarsi alla ripetizione per attirare l'attenzione e soprattutto
per superare la barriera della cosiddetta memorizzazione selettiva dell'utente, ossia
ciò che,in base ai propri interessi, la persona sceglie di ricordare oppure no.

Poiché queste continue ripetizioni portano spesso il pubblico a stancarsi di


sentire e risentire un messaggio è necessario che questo venga modificato spesso e in
maniera costante. Si può modificare lievemente il messaggio attenendosi però
sempre alla stessa strategia oppure si può persino creare una specie di storia seriale,
fatta quindi ad episodi, di modo da creare come una "saga" pubblicitaria. Un esempio
di questa seconda ipotesi può essere la pubblicità di Lavazza ambientata in Paradiso
o le varie serie ad episodi tipiche delle compagnie telefoniche di Tim,Wind o
Vodafone che impiegano solitamente gli stessi personaggi ogni volta in un episodio
diverso. È necessario apportare queste modifiche frequentemente per assicurarsi
sempre che il consumatore non si stanchi e non perda interesse nel prodotto che si
vuole pubblicizzare.

54

43
IV. Lo storytelling politico

Per poter conquistare un elettorato, in politica, è necessario saperne


raccontare i drammi. Questo perché la politica, essendo un qualcosa di estremamente
complesso e critico, non è altro che una fiction,un dramma vero e proprio. Il solo
fatto che vi siano gruppi selezionati di persone in grado di prendere decisioni capaci
di influenzare la vita di milioni di persone e di determinare il futuro di una nazione o
del mondo ci fa capire quanto sia importante la componente drammatica nella
politica. Perché cosa c'è di più drammatico di una manciata di persone che tengono
in mano il destino di un'intera nazione?

Un politico non può essere una persona qualunque. Un politico deve


possedere caratteristiche psicologiche particolari, adatte ad un vero leader, come il
carisma,la resilienza,la concentrazione, l'abilità nell'influenzare i pensieri e i
comportamenti altrui e, anche se non tutti se lo aspetterebbero, deve essere abile nel
raccontare. Deve essere in grado di immaginarsi rappresentazioni plausibili
dell'esistenza umana e fornire soluzioni efficaci. Essendo lo scopo quello di ottenere
più voti possibili, l'uomo politico deve tentare di risultare sempre credibile e in grado
di entrare in sintonia con il suo elettorato.

Infatti, è proprio attraverso la sua narrazione che il leader politico riesce ad


avvicinarsi e ad instaurare un rapporto confidenziale con gli elettori. Deve mettersi

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44
nei loro panni, tentare di sentire ciò che percepiscono loro e regolarsi di
conseguenza, cercando di orientarne le aspettative. Il segreto è riuscire a influenzare
le loro azioni, ma ancora di più le loro emozioni : entusiasmarli quando si ha bisogno
di una spinta per raggiungere un obiettivo, rassicurarli quando sembra non esserci più
speranza e tutto sembra andare per il verso sbagliato.

Le neuroscienze contemporanee hanno dimostrato attraverso numerosi studi


sul cervello che quando ascoltiamo un racconto le aree cerebrali di chi racconta e di
chi ascolta si sincronizzano e per questo se ci viene raccontato qualcosa succede che:

 la stessa azione che ci viene raccontata viene simulata nel nostro cervello;
 Il meccanismo neurale tra chi parla e chi ascolta permette una comprensione
esperienziale diretta dell'emozione comunicata;
 l'emozione ci porta a catapultarci nel mondo del racconto che ci viene riferito.

Perciò, per chi se lo stesse chiedendo: sì, le storie orientano i nostri neuroni tanto da
trovare grande impiego anche nel nostro sistema politico.

I politici del nostro tempo hanno quindi a che fare con un nuovo tipo di leadership, la
leadership "marsupiale" che non si basa solo sui contenuti ma anche e soprattutto
sulla risonanza emotiva. Una leadership "marsupiale" è una leadership narrativa che
costruisce un mondo,lo narra e permette agli altri di parteciparvi dal momento che
ormai la politica non è più solo realtà spettacolo, ma è andata ben oltre: è diventata
fiction drammatica,cioè un prodotto costruito ad hoc da individui e gruppi per
generare consenso e non solo.20

IV.1 Cos'è una narrazione politica?

Abbiamo stabilito che la politica di oggi è una fiction drammatica. Ma quindi


cos'è una narrazione politica?

20
(A. Fontana E. Mieli, Siamo tutti Storyteller, Giulio Perrone Editore, Roma 2014)

56

45
Il racconto politico non corrisponde,innanzitutto,alla storia di un soggetto
politico ( individuo o partito che sia) poiché la storia non è altro se non l'insieme dei
fatti che quel soggetto politico ha compiuto o ha intenzione di compiere. Più che di
storia qui si parla di racconto politico, ossia della rappresentazione che quel soggetto
politico decide di interpretare. Dunque la narrazione politica consiste nella
narrazione o rappresentazione che ne risulta.

La narrazione è dunque la pratica grazie a cui un narratore e un destinatario


mettono in comune una storia : ma quali storie,come e perché vengono messe in
comune dipende dalla relazione che sussiste tra il narratore e il destinatario.21

Il leader politico,quindi, utilizza il racconto politico per costruire quel tipo di


rapporto emotivo che potrà poi tramutarsi in preferenze di voto da parte delle
persone.

Grazie alle scienze della narrazione e all'utilizzo della tecnica specifica dello
storytelling si possono seguire e rispettare i requisiti fondamentali per una
narrazione,in questo caso politica, di successo.

Secondo le scienze della narrazione ogni storia dovrebbe possedere delle


caratteristiche fondamentali per funzionare. Ecco quali sono i sette capisaldi della
narrazione da osservare quando si decide di raccontarsi :

1. Penetrazione = la narrazione deve penetrare nelle storie di vita degli elettori;

2. Credibilità = una narrazione politica ben costruita forma sempre una rete che
tiene conto del sistema culturale e delle sue variabili interpretative;

3. Significato = una storia politica credibile interagisce con il mondo, ha una


vita propria e, diventando parte integrante del mondo reale è in grado di
influenzarlo;

21
(ivi, p. 16)

57

46
4. Riuso e serialità = una narrazione efficace deve contemplare un carattere di
serialità per adattarsi allo sviluppo degli episodi concatenati della vita.
Oggi,infatti, i racconti vengono aperti, vengono chiusi e possono essere
riaperti in qualsiasi momento.

5. Personalizzazione condivisibile = le narrazioni politiche sono soggettive


poiché tentano, tramite il punto di vista di un personaggio, di spingere chi
ascolta ad identificarsi con il personaggio. È infatti tramite il personaggio
politico che gli elettori entrano nella storia politica, ne assorbono i valori, ne
vivono i conflitti;

6. Performatività culturale = una narrazione ha ripercussioni anche dal punto di


vista culturale poiché dà alla comunità un obiettivo da raggiungere,
un'esperienza da vivere e un qualcosa da fare;

7. Molteplicità mediatica = al giorno d'oggi la tecnologia e i nuovi media hanno


un enorme impatto sulla comunicazione. Una narrazione deve essere quindi
trans-mediale, deve ossia uscire da più canali comunicativi sfruttandone
ciascuno appieno amplificando così la portata del contenuto della storia.

Nel panorama politico, oltre al leader, troviamo anche i suoi rivali.


Politicamente parlando, siamo tutti avversasi di qualcuno. Il nostro racconto è quindi
sempre opposto a quello di qualcun altro, che si tratti di narrazione politica oppure
no.

La politica di oggi è sempre più satura di veri e propri scontri di narrazioni.


Questa "battaglia" non si vince solo costruendo un proprio racconto, ma anche
imparando a gestire le contro-narrazioni che altri costruiscono in base ai loro valori e
alle loro proposte.

Un racconto politico attira costantemente le critiche dei cosiddetti avversari


politici, che altro non sono se non degli oppositori. L'oppositore è colui che intende :

 Insidiare ed indebolire la struttura garante della narrazione;

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 Impedire il contatto con l'elettore;
 Ostacolare la diffusione delle storie di fatti;
 Chiudere le porte delle storie future;
 Infangare un soggetto con cattiva pubblicità e gossip.

Davanti ad una situazione del genere il focus della narrazione si sposta dalla
proposta politica all'avversario politico e i temi di scontro finiscono con l'allontanarsi
sempre di più dai bisogni del pubblico che si ritrova costretto ad assistere ad una
sorta di linciaggio, ben lontano da quanto vorrebbe realmente vedere e sentirsi
raccontare.

IV.2 Il politico come storyteller efficace

L'uomo politico che decide di voler potenziare la propria leadership e di


attirare l'attenzione degli elettori deve mettere in circolazione storie che li portino ad
interessarsi agli avvenimenti che lo riguardano come farebbero per il protagonista di
una grande narrazione, sia questa un libro,un film,un'opera teatrale ecc.

Ma come si fa ad ottenere un racconto politico che sia efficace?

Si tratta di un processo piuttosto articolato ma basterà focalizzarsi su tre livelli


fondamentali :

1. la strategia del racconto, ossia la visione ad ampio raggio del soggetto


politico;

2. l'insieme dei contenuti attraverso i quali ci si racconta (la propria storia


raccontata tramite lettere,interviste,discorsi,pubblicazioni ecc.);

3. Il mix finale dei media in cui strategia e contenuti si incarnano nel tempo.

È proprio grazie al racconto politico,quindi,che soggetto politico ed elettori


entrano in contatto attraverso un incontro, un confronto e uno scambio di storie.

59

48
Le storie diffuse dal candidato divengono parte integrante della sua identità politica
ed è per questo che il leader ha bisogno di creare un insieme di storie che:

 rappresentino la propria identità;


 forniscano garanzia della propria abilità politica.

Il leader deve perciò tentare di capire quali siano i temi d'interesse degli
elettori di modo da creare una connessione tra questi e la propria storia biografica
così da aumentare il proprio potere di persuasione e arrivare alla sensibilità del suo
pubblico sempre più disorientato,confuso e complesso.

L'arte di governare, ormai, fa sempre più affidamento sull'antica arte di


narrare e,quindi, sulla scienza della narrazione. L'uomo politico, prima di tutto, deve
superare la grande sfida di dover conquistare il cuore degli elettori. Non potrà,quindi,
contare solo sulla sua immagine o sulle sue abilità peculiari,ma dovrà essere in grado
di raccontare la propria storia non sotto forma di episodi autobiografici e serie di
aneddoti ma come vera e propria strategia del racconto.

Tramite questa strategia il leader riesce ad individuare quegli episodi e quei


tratti della propria vita da condividere nella creazione di una connessione profonda
con il pubblico che non punta più ad un riconoscimento verso una posizione politica
precisa (destra,centro o sinistra) ma verso un determinato individuo.

Non a caso, il successo di ogni grande politico è quasi sempre dipeso dalla
narrazione che ha scelto di raccontare, dalla storia che ha fatto circolare per ottenere
consensi e dal personaggio che ha deciso di interpretare.

Infatti, per appassionare pienamente è fondamentale costruire una storia che


coinvolga sul piano interiore ed emotivo. Nell'ambito politico,ad esempio, dobbiamo
capire che le storie funzionano se contengono eroi che sperimentano verità sulla
vita,che soffrono,provano paura e dolore,le cui vittorie riempiono gli spettatori di
gioia e orgoglio,in cui ci si possa rispecchiare o riscattare.

Un esempio interessante e neanche troppo datato di storytelling applicato alla


politica si può ritrovare all'interno della campagna elettorale di George W. Bush alle
elezioni presidenziali del novembre del 2004. Il candidato repubblicano si era recato

60

49
nella città di Lebanon in Ohio il 6 maggio 2004 per prendere parte ad un meeting.
Tra le tante persone a recarsi a vedere l'arrivo del presidente c'erano anche una
ragazzina con il padre e con un'amica di famiglia. La ragazzina si chiamava Ashley
Faulkner e si trovava lì per un motivo tanto preciso quanto drammatico. Sua madre
era stata una delle vittime dell'attentato a New York dell'11 settembre e Ashley, che
era stata portata proprio dalla madre quattro anni prima a vedere Bush,aveva deciso
di tornarci nuovamente anche se questa volta con l'amica di famiglia Linda Prince.
La foto ,dai Faulkner chiamata "La stretta", scattata dal padre della ragazzina,Lynn
Faulkner,ritrae George W. Bush che stringe tra le braccia l'adolescente di sedici anni
dopo aver saputo della sua tragedia familiare. Inizialmente inviata solo agli amici di
famiglia via email, la foto ha iniziato poi a circolare su internet tra i sostenitori di
Bush e sono bastati pochi giorni perché facesse il giro degli Stati Uniti.

Nel giro di poche settimane la foto si è diffusa così tanto che la lobby
conservatrice The Progress for America Voter Fund ha proposto a Lynn Faulkner di
realizzare uno spot elettorale per raccontare la storia di Ashley. Il padre della ragazza
accetta e da una semplice foto nasce Ashley's Story, uno spot che sarà poi trasmesso
sulle reti statunitensi trentamila volte, soprattutto nei nove stati in cui il risultato tra
repubblicani e democratici era ancora incerto, cambiando, almeno secondo numerosi
osservatori di entrambe le parti, il corso delle elezioni del 2004. Sicuramente Karl
Rove, il consigliere principale per la comunicazione di Bush, e il resto del suo team
hanno fatto un ottimo lavoro ma il cittadino che meritava di essere ringraziato più di
tutti era sicuramente il repubblicano Lynn Faulkner, cittadino di Lebanon,Ohio.

Ashley's Story si apre con Lynn Faulkner in maniche di camicia, in piedi in


casa propria, lo sguardo rivolto alla telecamera. L'uomo racconta di come sua moglie
Wendy sia morta l'11 settembre a causa dei terroristi. Nella stanza si riconosce una
vecchia foto di Wendy in mezzo alle due figlie e una voce narrante fuori campo
racconta : "Dalla morte di sua madre Ashley,la bambina dei Faulkner,si è chiusa in se
stessa". In quel momento viene mostrata una foto di Ashley distesa su un'amaca
intenta a leggere un romanzo ed il narratore prosegue affermando che quando George
W. Bush era andato a Lebanon Ashley,come quattro anni prima insieme alla madre,
era andata a vederlo.

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Nel frattempo iniziano a scorrere immagini di Bush che stringe mani tra la
folla e a seguire appare Linda Prince,l'amica di famiglia che quel giorno aveva
accompagnato Ashley e che si era rivolta al presidente raccontandogli di come la
ragazzina avesse perso la madre al World Trade Center. Ashley stessa a quel punto
appare in una ripresa girata nel giardino di casa sua e ripete ciò che Bush le aveva
detto : "So che è difficile. Come stai?" È stato in quel momento, come racconta
Linda Prince, che il presidente ha preso Ashley tra le braccia stringendosela al cuore
e gli occhi della ragazzina si sono riempiti di lacrime. Ashley stessa afferma : "È
l'uomo più potente del mondo e vuole assicurarsi che io stia bene".

Il video si conclude mostrando la foto della prima pagina di giornale che


racconta di come Bush abbia consolato la figlia di una vittima dell'11 settembre e con
la dichiarazione del padre di Ashley, Lynn Faulkner che afferma : "ciò che ho visto
quel giorno è ciò che voglio vedere nel cuore e nell'anima di un uomo che occupa le
più alte cariche del nostro paese".

Secondo uno studio realizzato dal Center for Public Integrity lo spot è stato il
più costoso della campagna elettorale di quell'anno : una spesa di 6.5 milioni di
dollari, per l'esattezza. Oltre ad essere stato mandato in onda in televisione durante le
ultime tre settimane prima delle elezioni è stato parte di un'operazione di
comunicazione estremamente vasta che includeva anche la creazione di un sito
Internet, la spedizione di più di 2,3 milioni di opuscoli, una campagna di chiamate
telefoniche automatiche e l'invio di milioni di lettere in tutto il paese. Ashley's Story
ha riscosso un successo così grande da essere senza precedenti rendendo questo
videoclip persino oggetto di studio per i ricercatori in materia di comunicazione.

L'efficacia di un tale trovata è stata riconosciuta sia dalla fazione


repubblicana che da quella democratica poiché, basandosi su una storia personale e
reale, trattava un tema difficile come quello del terrorismo e lo inseriva in un
contesto che potesse arrivare alla gente comune. Nonostante lo spot elettorale potesse
essere visto come una strumentalizzazione di una tragedia ricevette ben poche
critiche proprio per il suo carattere personale ed onesto in cui tutti avrebbero potuto
rispecchiarsi.

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La caratteristica fondamentale dello spot è quella di riuscire a comunicare
motivazione e positività provocando un impatto emotivo memorabile sullo
spettatore. In un rapido minuto vengono mostrati i personaggi e le loro testimonianze
e questo basta a rendere credibile e coerente il racconto. Un aspetto che va notato è la
totale assenza di interventi da parte del presidente che, nonostante sia una figura
centrale della storia, non parla neanche una volta . Non espone alcun programma
politico né idee di alcun tipo, viene semplicemente raffigurato come simbolo di bontà
e speranza, specie grazie alle testimonianze dei personaggi che ne riportano le gesta
come si fa con i santi.

La frase chiave dell'intero messaggio è quella pronunciata da Ashley riguardo


il presidente : "È l'uomo più potente del mondo e vuole assicurarsi che io stia bene".

Secondo quanto afferma il padre di Ashley, Lynn Faulkner, l'intervento di


Bush era riuscito a sbloccare Ashley,permettendole di affrontare il suo dolore e
agendo da guaritore : "Quando il presidente Bush l'ha presa tra le braccia Ashley ha
mostrato più sentimento e dolore di quanto non avesse fatto nei tre anni precedenti.
Ha detto che era la prima volta dall'uccisione di sua madre che si sentiva sicura".
L'uomo, aprendo e chiudendo il racconto, ci mostra Bush come appariva ai suoi
occhi, il mediatore di un miracolo, portatore di sicurezza e protezione.

Tutti gli elementi inseriti nel filmato aiutano a confermare la veridicità del
messaggio centrale dello spot, ossia la frase "È l'uomo più potente del mondo e vuole
assicurarsi che io stia bene", come la foto della madre con le bambine, l'articolo di
giornale, Bush tra la folla e mentre si congratula con un pompiere di New York.
Tutto questo a sostenere il racconto di un uomo politico che consola ed ha a cuore la
vita della figlia di una vittima dell'11 settembre.

Proprio come pensava Lynn Faulkner la storia di Ashley e la fotografia di lei


tra le braccia di Bush poteva essere interpretata quasi come un'immagine sacra
poiché utilizza i codici narrativi di una parabola evangelica che racconta di gesta, di
miracoli e di guarigione.

Grazie allo storytelling,dunque, il leader può analizzare,sviluppare e


controllare la narrazione,di sé o dei suoi avversari, facendo sì che ogni singolo

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52
racconto si confaccia al personaggio politico e agli obiettivi politici che si è preposto
nella creazione della sua narrazione politica.

Il politico che decide di narrarsi deve,infine, tenere a mente che per essere un
efficace storyteller, e ricevere voti, è necessario :

 generare storie coerenti ricordando che il racconto è potere;


 promuovere ideali sociali all'interno delle sue narrazioni;
 spingere alla consapevolezza e non al semplice e banale consenso, restando
vicini all'elettore e alla realtà;
 accelerare la relazione tra individuo e comunità, perché narrare è fare;
 connettere esperienze di vita in modo significativo;
 attivare percorsi sociali e azioni economiche concrete.

In conclusione è importante sottolineare come, considerando il potere che la


narrazione ha su di noi, occorra mostrare un profondo rispetto per le storie e per chi
le consuma e le usa. Occorre,quindi, fare attenzione ai diversi significati che gli
individui conferiscono alle storie.

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